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Le coniche

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Le coniche

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Cono e coniche nella storiaIl concetto di cono affonda le sue radici già nella lontana età ellenistica, quando venne studiato da matematici e geometri del calibro di Menecmo ed Euclide, il quale gli attribuì una sua definizione nel libro XI dei suoi “Elementi”, affermando che:

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“ Quando un triangolo rettangolo ruota intorno a un cateto fissato fino a ritornare alla posizione da cui era partito, la figura così racchiusa è un cono. Se il triangolo rettangolo è isoscele, il cono si dice rettangolo; se la rotazione avviene attorno al cateto minore, il cono si dice ottusangolo; se la rotazione avviene intorno al cateto maggiore, il cono si dice acutangolo”.

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L’asse del cono è il cateto che rimane fisso e intorno al quale ruota il triangolo. La base è il cerchio descritto dall’altro cateto.

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Inoltre, secondo la teoria degli stessi Menecmo

ed Euclide, le coniche sono sezioni del cono con

un piano, cioè “Figure che si intercettano sulla

superficie del cono, tagliandolo con un piano

perpendicolare a una sua generatrice “.

In particolare, variando il cono, si ottengono tre

diverse sezioni:

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orthotome quando il cono è rettangolo

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ozytome quando è acutangolo

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amblytome quando è ottusangolo

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Anche Apollonio di Perga, altra grande

autorità in ambito geometrico del III secolo

a.C., si dedicò allo studio delle coniche,

adoperando il termine di ellisse, parabola e

iperbole per andare a catalogare le tre sezioni

di un cono, le quali, come dimostrò, possono

essere ottenute anche semplicemente variando

l’inclinazione del piano di intersezione.

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Inoltre, nelle sue “Coniche”,

egli aggiunse altre due

importanti generalizzazioni,

dimostrando che il cono

non deve essere per forza

retto e introducendo il

concetto del cono a doppia

falda, la cui definizione

corrisponde a quella del

cono circolare.

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Se da un certo punto V si traccia alla

circonferenza di un cerchio non situato nello stesso

piano del punto, una retta prolungata da una parte

e dall’altra, e se, restando fisso il punto, la retta

ruotando lungo la circonferenza, riprende la

posizione da cui ha iniziato a muoversi, io chiamo

superficie conica quella che, descritta dalla retta, è

composta di due superfici opposte al vertice, dove

cresce verso l’infinito. Chiamo vertice di questa

superficie il punto fisso V e asse la retta VC

tracciata per il punto e il centro C del cerchio.

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Chiamo cono la figura delimitata dal cerchio e

dalla superficie conica situata tra il vertice e la

circonferenza del cerchio; vertice del cono il punto V

che è vertice stesso della sua superficie; asse del cono

la retta tracciata dal vertice al centro del cerchio; e

base il cerchio.

Tra i coni, chiamo retti quelli che hanno gli assi

perpendicolari alla base e obliqui o scaleni quelli che

non hanno gli assi perpendicolari alla base.

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In questo modo, Apollonio fece in modo che

l’iperbole assumesse la forma a noi familiare

della curva a due rami, che prima di pensava

essere composta da un ramo solo.

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Ma la concezione di conica è ancora destinata

a variare: infatti, nei secoli XV e XVI, gli artisti

rinascimentali andranno nuovamente a

modificarla, per trovare nella matematica un

supporto geometrico che possa andare a

sostenere un nuovo modo di rappresentare lo

spazio in un piano: la prospettiva.

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Essi, infatti, formuleranno la concezione di una

conica non più frutto della rotazione di un triangolo

o di una retta, come suggerivano Menecmo, Euclide

e Apollonio, ma la interpreteranno come un solido

costruito da un insieme di raggi che proiettano i

punti di una circonferenza da un centro (vertice)

esterno al piano della circonferenza stessa.

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Lo studio delle conicheLo studio delle curve piane chiamate coniche, e cioè le ellissi, le parabole e le iperboli, risale all’antichità. Un’analisi pressoché completa delle proprietà di tali curve è redatta dall’altro grande matematico greco, dopo Euclide e Archimede: Apollonio di Perga (circa 262-190 a.C.).Egli fu l'autore di un importante trattato sulle coniche suddiviso in 9 libri, di cui solo 8 sono arrivati fino a noi.In esso troviamo la trattazione sintetica delle coniche, viste cioè come risultato dell'intersezione tra un cono retto ed un piano.

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Data una retta a e una retta r che si intersecano in un punto detto V, chiamiamo ϑ l’angolo tra r ed a.La superficie che si ottiene dalla rotazione completa di r attorno ad a, lasciando fisso l’angolo, è detta cono (a due falde).La retta a è detta asse del cono, la retta r invece è detta generatrice.L’angolo generato dall’asse del cono e la sua generatrice è detto semiapertura del cono (ϑ in figura), V è il vertice.

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Chiameremo sezione conica, o semplicemente conica, la curva ottenuta dall’intersezione tra il cono e un piano.

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Nello specifico se intersechiamo il cono con un piano la cui inclinazione rispetto all’asse a è di un angolo a maggiore di ϑ la curva ottenuta si chiamerà Ellisse.

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Il termine Ellisse deriva infatti dal verbo greco “ekléipein” che significa “lasciare mancare” e indica che l’angolo di apertura del cono è minore dell’angolo che il piano forma con l’asse (“manca” di qualcosa rispetto ad esso).

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In particolare parleremo di Circonferenza quando il piano intersecante è perpendicolare all’asse delcono.

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Se il piano secante ha la stessa inclinazione della semiapertura del cono allora avremo un Parabola.

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Il termine Parabola deriva dal greco “parabállein” che vuol dire “uguagliare”.Esso si riferisce all’uguaglianza dell’ampiezza dell’angolo di apertura del cono e di quello formato dall’inclinazione del piano con l’asse.

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In ultima analisi parleremo di Iperbole se il piano secante ha inclinazione minore dell’apertura del cono. In questo caso il piano interseca entrambe le parti del cono, che chiameremo falde. E la curva che si genera ha due componenti separate (non connesse).

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Il termine Iperbole deriva dal greco “hyperbállein” che significa “oltrepassare” e richiama il fattoche l’angolo di apertura del cono oltrepassa l’angolo formato tra il piano e l’asse.

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Le due specie di coniche meglio visualizzabili sono la circonferenza e l'ellisse, entrambe sono curve chiuse. La circonferenza è un caso particolare di ellisse ottenuta quando il piano ha una particolare inclinazione (quando forma con l’asse un angolo retto).Se consideriamo due piani paralleli p, p’ che intersecano il cono perpendicolarmente all’asse,otteniamo, come abbiamo già visto, due circonferenze di raggi rispettivamente R,R’.Osserviamo che i due triangoli VO’R’ e VOR sono simili avendo gli angoli congruenti.Di conseguenza i raggi delle due circonferenze sono in proporzione.

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Possiamo quindi concludere dicendo che:Per proiezione (e quindi per similitudine), tutto ciò

che avviene sull'intersezione di un piano, si

trasforma su ogni altro piano parallelo ad esso

mantenendo angoli e rapporti.

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Apollonio dimostra un'interessante proprietà che è comune a tutte le coniche.Illustriamo tale proprietà per l'ellisse: se si tracciano tutte le corde parallele a una direzione data, i punti medi di tali corde appartengono tutti ad una stessa retta d, detta diametro della conica. Nel caso dell'ellisse della figura la retta AB è il diametro relativo alle corde tracciate.

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Se ora si tracciano le corde parallele al diametro d, i punti medi di tali corde appartengono tutti ad una retta d', detta diametro coniugato della retta d che ha la stessa direzione delle corde tracciate inizialmente; ogni diametro biseca le corde parallele al proprio diametro coniugato; il punto di intersezione tra ogni coppia di diametri coniugati è il centro (centro di simmetria) dell'ellisse.

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L'ellisse ha due assi di simmetria, che sono i diametri tra loro coniugati e perpendicolari, e che si intersecano nel centro dell'ellisse.

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Nel caso di un'iperbole, che è formata da due rami, le corde possono essere interne, cioè contenute in un ramo, o esterne, cioè tra i due rami. Il diametro relativo alle corde interne non ha punti di intersezione con l'iperbole, e il suo coniugato interseca l'iperbole in due punti ; anche per l'iperbole il punto di intersezione tra ogni coppia di diametri coniugati è il centro dell'iperbole. Come per l'ellisse i due assi di simmetria sono i diametri tra loro coniugati e perpendicolari .

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Nel caso della parabola un diametro, cioè il luogo dei punti medi delle corde aventi una data direzione, è una retta parallela all'asse di simmetria della parabola. In questo caso le corde parallele al diametro trovato non hanno lunghezza finita, non è quindi possibile costruire il diametro coniugato, e nemmeno il centro della parabola.

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Apollonio dimostra inoltre che la retta tangente ad una conica in un punto P (cioè la retta che ha con la conica il solo punto P di intersezione) è strettamente legata alla proprietà precedente;qualunque sia la conica, per P passa un diametro, che è il luogo dei punti medi di un insieme di corde parallele: la retta tangente in P alla conica è la retta parallela a tali corde.

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Per farci un’idea di come è prodotta una conica possiamo aiutarci con un semplice esperimento casalingo. Servono soltanto una torcia elettrica per generare un cono luminoso e una parete.

Puntare una torcia verso il muro.

a) Con che “forma” esce la luce dalla torcia?

b) Che figura si forma sul muro nei casi in cui:• il braccio di colui che punta la torcia è

perpendicolare al muro• il braccio è inclinato rispetto al muro• a cosa si possono associare tali fenomeni in

termini di angoli e piani?

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La risposta alla prima domanda è cono: è facilmente comprensibile se ad esempio si pensa alla forma conica che formano i fari di una macchina (oppure ad una torcia).Vediamo nelle figure seguenti lo schema geometrico di tale fenomeno:

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Per rispondere alla seconda domanda sperimentiamo i seguenti casi:• Puntiamo la torcia in direzione perpendicolare al piano del muro, così facendo il cono geometrico è rappresentato dal cono di luce mentre il muro rappresenta il piano intersecante.La figura ottenuta è una circonferenza.

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• Variamo ora la direzione di propagazione della luce, inclinando leggermente la torcia.Si ottiene in prima analisi un'ellisse, e man mano che l'angolo formato tra il fascio di luce edil muro diminuisce, vediamo un'iperbole.

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Un'interessante applicazione "casalinga" di conica è l'abat-jour: essa proietta un faccio di luceiperbolico.

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Ci sono inoltre molte applicazioni pratiche nella realtà di fasci di luce conici, come i fari di unconcerto, i fari di una macchina o il famoso occhio di bue.

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Proprietà focali delle coniche

Dimostriamo che : Le bisettrici degli angoli OPPOSTI al vertice sono

perpendicolari

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DIMOSTRAZIONE

a e b adiacenti → supplementari;

ma se a + b = piatto → a + b

2= retto;

a2

+ b2

= retto → b’ ⊥ b’’

C.V.D.

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Diamo adesso la seguente definizione:

La retta perpendicolare ad una retta tangente alla conica in un punto si dice retta normale alla conica in quel punto

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TEOREMA

Le rette che congiungono un qualunque punto P di un’ellisse con i due fuochi, hanno come bisettrice la tangente e la normale all’ellisse in P.

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DIMOSTRAZIONE

Fissati i due fuochi F, F’ e la costante positiva 2 a, è determinata l’ellisse, come i luogo dei punti P per i quali : 𝑷𝑭+ 𝑷𝑭′ = 2 a. Preso un punto P qualsiasi dell’ellisse, sulla retta FP consideriamo il punto F* che si trova dall’altra parte di F rispetto a P e tale che sia 𝑷𝑭∗ + 𝑷𝑭′.

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Chiamiamo b la bisettrice dell’angolo con vertice P del triangolo isoscele PF’F*. Vogliamo far vedere che b non ha altri punti in comune con l’ellissi oltre a P, quindi è tangente all’ellissi in P. Sia Q un punto qualsiasi della bisettrice, diverso da P: calcoliamo la somma 𝑸𝑭 + 𝑸𝑭′ delle sue distanze dai fuochi.

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Poiché Q appartiene all’asse del segmento F’F*, si ha: QF + QF′= QF + QF∗. Applicando la disuguaglianza triangolare al triangolo QFF* si ottiene: QF + QF* > FF* = 2 a. Si conclude che è QF + QF′ > 2 a, quindi Q non appartiene all’elisse.

C.V.D

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Anche l’iperbole gode della stessa proprietà che si dimostra in modo del tutto analogo:

Le rette che congiungono un qualunque punto P di un’iperbole con i due fuochi hanno come bisettrici la tangente e la normale all’iperbole

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DIMOSTRAZIONE

Consideriamo la retta t. Per dimostrare che t è tangente all’iperbole in P e che non ha quindi altri punti in comune con l’ellisse P , è sufficiente tracciare un qualsiasi altro punto Q appartenente a t e diverso da P e provare che questo non appartiene all’iperbole.Tracciato Q , sia F1' simmetrico di F1 rispetto a t.

Poichè t è, per ipotesi, bisettrice dell’angolo F1PF1',

PF1 PF1'; la retta t è inoltre l’asse del segmento

FF1' e risulta quindi QF1 QF1'.

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Se Q appartenesse all’iperbole dovrebbe risultare: |QF1QF2| 2a da cui |QF1QF2| |PF1PF2| ovvero |F1Q F1'Q| | PF1PF1'| F1F1' il che è

assurdo poiché nel triangolo F1QF1' la differenza delle misure dei due lati risulterebbe congruente alla misura del terzo lato.Per questo Q non appartiene all’iperbole e dunque tnon è secante ma tangente all’iperbole.

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C.V.D

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La parabola invece, ha una dimostrazione diversa, osserviamo dunque il suo teorema:

La retta che congiunge un punto P qualsiasi di una parabola con il fuoco e la retta per P perpendicolare alla direttrice, hanno come bisettrici la tangente e la normale alla parabola in P.

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DIMOSTRAZIONE

Per dimostrare la proposizione precedentemente enunciata, sfruttiamo l’eguaglianza delle distanze di P dal fuoco F e dalla direttrice d. In questo caso, basta ricordare che in un triangolo rettangolo (come QH’H) l’ipotenusa è maggiore di ogni cateto, per concludere che un punto Q, diverso da P, sulla bisettrice all’angolo del vertice nel triangolo isoscele PFH, non ha ugual distanza da F e da d.

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C.V.D

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Dopo aver dimostrato i teoremi, possiamo applicare la proprietà focale alla riflessione

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La riflessione è un fenomeno fisico connesso conla propagazione della luce. Ogniqualvolta la luceproveniente da una sorgente luminosa incontrauna superficie ben levigata (ad esempio unospecchio o una superficie metallica priva diasperità) parte della luce torna indietro nell'aria(luce riflessa).

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Ricordiamo che il fenomeno fisico dellariflessione è governato dalla leggesull’uguaglianza tra gli angoli che il raggioincidente e il raggio riflesso formano con la rettanormale alla superficie riflettente. Se questa nonè piana, la normale alla superficie in un suo puntoè la retta perpendicolare al piano tangente (cioèla piano che meglio approssima la superficie) inquel punto. Le lampade ellittiche e le camere avolta ellittica sfruttano una proprietà dell’ellisseche permette di prevedere quale sarà il raggioriflesso di un raggio originato in un fuoco.

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Per dimostrare la proprietà, occorrono soltanto

conoscenze di geometria elementare del piano,

precisamente:

-due rette incidenti individuano quattro angoli, le

cui bisettrici sono due rette tra loro perpendicolari

-la perpendicolare ad un segmento nel suo punto

medio (asse del segmento) è il luogo dei punti

equidistanti dagli estremi del segmento

-in un triangolo isoscele, l’asse della base coincide

con la bisettrice dell’angolo opposto alla base

-in un qualsiasi triangolo, un lato è minore della

somma degli altri due (disuguaglianza triangolare).

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Esistono due leggi che regolano la riflessione della luce, dovute a Cartesio. Per enunciarle faremo riferimento alla seguente figura:

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La prima legge della riflessione afferma che il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie riflettente giacciono sullo stesso piano, detto anche piano di incidenza. La seconda legge della riflessione afferma invece

che l'angolo di incidenza αi e l'angolo di

riflessione αr sono uguali tra loro: ai = ar, dove

l'angolo di incidenza ai è l'angolo che il raggio

incidente forma con la normale alla superficie,

mentre ar è l'angolo che la normale alla

superficie forma con il raggio riflesso.

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Le coniche come luogo di punti

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ELLISSE

PARABOLA

IPERBOLE

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Le orbite dei pianetiJohannes Kepler (1571-1630) enuncerà un'importantissima legge empirica in cui compare una delle curve studiate da Apollonio: ogni pianeta che ruota intorno al Sole descrive un'orbita ellittica.Da allora in poi le coniche si ritroveranno in molti settori della matematica e della fisica.In particolare le coniche giocano un ruolo essenziale nell'ottica e nella costruzione delle lenti.

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La cosiddetta prima legge di Keplero, che è una legge empirica (cioè fondata sui dati osservativi), afferma che le orbite dei pianeti sono ellittiche, e il Sole occupa uno dei fuochi di tali ellissi.

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Successivamente Isaac Newton (1642-1727) dimostra che un corpo soggetto ad una forza centrale, cioè diretta sempre verso uno stesso punto (nel caso dei pianeti è la forza gravitazionale diretta verso il Sole) si muove lungo un'orbita ellittica.Tutte le successive osservazioni astronomiche, da allora e fino ad oggi, hanno confermato tale teoria: le orbite dei pianeti sono curve chiuse, e quindi necessariamente ellittiche. Ma i pianeti non sono gli unici oggetti a orbitare intorno al Sole: ogni anno, infatti, sono avvistate nuove comete, che sono oggetti del sistema solare.

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Le traiettorie delle comete possono essere • ellittiche: in questo caso la cometa è periodica,

come ad esempio la cometa di Halley (la periodicità di questa cometa fu scoperta da Edmund Halley, 1656-1742, fisico e astronomo amico di Newton), che transita per il vertice dell'ellisse più vicino al Sole (il perielio) circa ogni 76 anni (l'ultimo passaggio è stato nel 1986);

• orbite aperte (paraboliche o iperboliche): la cometa ha una velocità troppo elevata per essere catturata dal Sole, e dopo essere passata al perielio si allontana definitivamente.

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Che tipo d’ellissi descrivono i pianeti e le comete? Sono ellissi molto "schiacciate"? Il parametro che fornisce la "schiacciatura" di un’ellisse è l'eccentricità, e l'eccentricità di un’ellisse può variare da 0 (in questo caso l'ellisse è una circonferenza) a 1 (1 escluso).Già Keplero aveva determinato con ottima approssimazione le eccentricità dei pianeti, presentate nella tabella.

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Come si vede sono eccentricità in generale molto piccole; l'orbita di Plutone, che è la più eccentrica, difficilmente si distingue da una circonferenza.

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Le orbite delle comete sono invece generalmente molto eccentriche. Per esempio la cometa di Halley ha eccentricità e=0.97. Il perielio della cometa di Halley è molto vicino al Sole (circa 70 milioni di km, poco più del raggio medio dell'orbita di Mercurio). L'afelio (il vertice più lontano dal Sole) è invece quasi uguale al raggio medio dell'orbita di Plutone (circa 5000 milioni di km).

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ParabolaDalla definizione generale di conica risulta che la parabola è il luogo dei punti del piano che hanno ugual distanza dal fuoco e dalla direttrice.Scelto l'asse simmetria come asse y e posto il vertice nell'origine, sia ad esempio F (0, ƒ) e d abbia equazione y = −ƒ.L'equazione della parabola diventa del tipo: y = ax2

ove a è un parametro legato alla distanza ƒ del

fuoco dal vertice dalla relazione a 1

4𝑓e quindi

f 1

4𝑎.

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La parabola è concava verso l'alto o concava verso il basso a seconda che sia a > 0 o a < 0.

Se l'asse è parallelo all'asse y, ma il vertice non è nell'origine, l'equazione della parabola diventa:

y = ax2 + bx + c.

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Ellisse e iperboleAnche l'ellisse e l'iperbole ammettono un asse di simmetria; anche in questo caso scegliamo taleasse come asse y. A differenza della parabola, l'ellisse e l'iperbole ammettono due vertici, poniamoli in posizione simmetrica rispetto all'origine.

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Se poniamo F (0, c) e supponiamo che la direttrice abbia equazione y = h, a conti fatti si ricava che le equazioni canoniche delle due coniche sono rispettivamente:

la prima delle quali rappresenta una ellisse, la seconda una iperbole.

h2x2 k2y2 1 h2x2 k2y2 1

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Le equazioni evidenziano che le curve hanno un secondo asse di simmetria, che è l'asse x, poiché le incognite compaiono solo con gradi pari; essendo simmetriche rispetto a due assi perpendicolari, sono simmetriche rispetto alla loro intersezione che è l'origine degli assi.

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Sfere di DandelinNella geometria, le coniche furono studiateinizialmente nello spazio in quanto curve«solide».Il legame semplice e suggestivo tra teoriapiana e teoria «solida» viene stabilito nel1822 dal matematico franco-belga GerminalPierre Dandelin.

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Diremo che una sezione conica possiede una o due sfere di Dandelincaratterizzate dalla proprietà:

«Una sfera di Dandelin è unasfera interna al cono ed ètangente sia al piano che alcono, cioè interseca il piano inun unico punto e il cono in unacirconferenza».

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Ogni sezione conica ha associata una sfera di Dandelin a ciascuno dei suoi fuochi: Un ellisse possiede due sfere di Dandelin,

entrambe tangenti alla stessa falda del cono

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Un’ iperbole ha due sfere di Dandelin che toccano le falde opposte del cono

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Una parabola possiede una sola sfera di Dandelin

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Riprendendo la notazione riguardo la semiapertura del cono e l’inclinazione del piano p, diremo che esistono due sfere inscritte in una superficie conica e tangenti al piano p se l’angolo q non è uguale all’angolo aformato dall’asse della superfice col piano p; ne esiste una sola se q=a

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I punti di contatto delle sfere iscritte nella superficie conica e tangenti al piano p della sezione si chiamano fuochi della conica.Si chiama invece direttrice corrispondente ad un fuoco la retta comune a p e al piano che passa per il circolo di contatto della superficie conica con la sfera iscritta corrispondente al fuoco stesso.Ogni ellisse e ogni iperbole ha due fuochi e due direttrici corrispondenti, ogni parabola ha un solo fuoco e una direttrice corrispondente.

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L’interesse per le sfere di Dandelin deriva dal fatto che è nota un’elegante dimostrazione del matematico belga Dandelin dell’equivalenza tra la definizione di conica data da Apollonio e la definizione di conica come luogo geometrico soddisfacente proprietà di carattere metrico.

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Non può sfuggire l’importanza della dimostrazione di questo teorema in quanto è possibile parlare delle coniche e studiarle rimanendo nel piano.La dimostrazione può essere rivista a partire dalla definizione del fuoco, arrivando ad una dimostrazione di esistenza delle sfere di Dandelin.Procediamo quindi, alla costruzione geometrica dei fuochi per ciascuna conica.

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EllisseI fuochi dell’ellisse ottenuta intersecando un cono con un piano sono i punti di contatto delle due sfere tangenti (internamente) alla superficie conica.

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DimostrazioneSia r una qualunque generatrice del cono e siano P,P' e P' rispettivamente i punti in cui r taglia l’ellisse, la circonferenza di contatto col cono della sfera di centro O' tangente in F' al piano e la circonferenza di contatto col cono della sfera di centro O" tangente in F" al piano. Dalla costruzione risulta evidente che il punto P è esterno alle due sfere.I due segmenti PF' e PP' sono uguali perché segmenti di tangenti condotte da un punto esterno ad una stessa sfera.

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Analogamente sarà anche PF" uguale a PP". Sommando membro a membro le due uguaglianze trovate

𝑃𝐹′ = 𝑃𝑃′𝑃𝐹" = 𝑃𝑃"

Abbiamo la relazione: 𝑃𝐹′+ 𝑃𝐹" = 𝑃𝑃" = costante

che costituisce, appunto, la definizione dell’ellisse considerata come il luogo dei punti del piano per i quali è costante la somma delle distanze da due punti fissi detti fuochi.

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Iperbole I fuochi dell’iperbole ottenuta intersecando un cono con unpiano sono i punti di contatto delle due sfere tangenti al piano etangenti (internamente) alla superficie conica.

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Dimostrazione Rivedendo un ragionamento analogo a quellofatto per l’ellisse e osservando attentamente lafigura potremo dire che sarà:

𝑃𝐹" = 𝑃𝑃"𝑃𝐹′ = 𝑃𝑃′

e sottraendo membro a membro le dueprecedenti uguaglianze abbiamo le relazione:

𝑃𝐹" − 𝑃𝐹′ = 𝑃′𝑃" = costanterelazione che costituisce, appunto, la definizionedell’iperbole considerata come il luogo dei puntidel piano per i quali è costante la differenza delledistanze da due punti fissi detti fuochi.

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Parabola I fuochi della parabola ottenuto intersecando un cono con unpiano è il punto di contatto della sfera tangente (internamente)alla superficie conica.La direttrice della parabola risulta l’intersezione del suddettopiano con quello in cui giace la circonferenza di contatto tra

cono e sfera.

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DimostrazioneSiano P un punto generico della parabola; P' il punto in cui la generatrice r passante per P incontra la circonferenza di contatto tra il cono e la sfera; P" la proiezione di P sulla direttrice. Osservando la figura per la nota proprietà delle tangenti ad una sfera condotte ad un punto esterno sarà:

𝑃P′ = 𝑃𝐹Inoltre, i tre punti A, P', P" sono allineati in quanto giacciono sull’intersezione del piano in cui giace la circonferenza di contatto tra cono e sfera con il piano determinato dalle due rette parallele 𝐴𝑉 e 𝑃P"(ambedue parallele all’asse della parabola).

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I due triangoli AVP' e P'PP" sono simili e dato che il primo è isoscele anche il secondo lo sarà.Avremo pertanto:

𝑃𝑃′ = 𝑃𝑃"La proprietà transitiva , applicata alle due uguaglianze stabilite, ci permette di concludere che sarà:

𝑃𝐹 = 𝑃𝑃"Relazione che costituisce, appunto, la definizione della parabola come luogo dei punti del piano equidistanti da un punto fisso detto fuoco e da una retta fissa detta direttrice.

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In conclusione, dall’analisi delle dimostrazioni del teorema di Dandelin sull’iperbole e sulla parabola, si può osservare che: La dimostrazione dei fuochi dell’iperbole è

uguale a quella dell’ellisse, solo che invece di sommare le uguaglianze trovate, bisogna andarle a sottrarre ottenendo così la definizione classica di iperbole;

La dimostrazione del fuoco della parabola invece necessita di qualche osservazione in più sulla figura per ottenere la definizione classica di parabola

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Ritroviamo di nuovo nella realtà questo risultato ponendo su di un tavolo una sfera e illuminiamo tale sfera con una torcia.

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Il cono luminoso genererà dell’ombra che al variare dell’inclinazione della luce assumerà la forma di una conica. Ad esempio se la sorgente di luce è in un piano parallelo al tavolo e passa al di sopra della sfera, avremo una parabola, e se abbassiamo la fonte luminosa si otterrà il ramo di un’iperbole.Il punto di contatto tra sfera e tavolo è il fuoco della conica ottenuta.Possiamo immaginare la sorgente luminosa come il vertice di un cono che proietta di conseguenza il tavolo sarà considerato come il piano di taglio.

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