Porto a Torre Talao-scalea2020

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Porto a Torre Talao? Nella vita progettare pensando. SALVIATI

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Report on misgovernment affair in South Italy - in 2012 a small group of citizens against the choice of the Public Local Administration to build a port around the monumental rock - protected site - symbol of the city. Few months later all the Council was arrested for involvement with the 'Ndrangheta. The plaint carried out by the citizens was won in 2014.

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Porto a Torre Talao?Nella vita progettare pensando.

SALVIATI

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Porto a Torre Talao?Nella vita progettare pensando.

SALVIATI

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Indice

Perché “Scalea 2020”? Pagina 4Serata a Torre Talao - agosto 2010 – Osvaldo Cardillo » 6Il Marina di Torre Talao – Carmela e Sergio Cotrone » 8Studi sulle tipologie portuali » 10Torre Talao: lo spirito del luogo(a proposito del Marina di Torre Talao) – Sergio Cotrone » 19Non è solo uno scoglio. Non c’è solo una Torre:la cultura risorsa di un territorio – Giuseppe Andrea Cosentino » 22La portualità del Tirreno – Francesco Cirillo » 25Una proposta di legge – Palmiro Manco » 31

Prima edizione 2012Stampato in Italia - Printed in ItalyRealizzazione editoriale: Salviati - MilanoProgetto grafico, elaborazione foto e stampa: Gridei - ScaleaStudi grafici sulle tavole di progetto: architetti Sergio e Guglielmo Cotrone

Proprietà riservata

Ringraziamenti particolari a:Alessandro Bergamo, Vincenzo De VitoMauro Di Marco, Teresa LiguoriMarcello Nardi, Palmiro MancoPiero e Ada Leo - Hotel Talao Scalea

L’espressione “progettare pensando” riportata nel titolo è ripresa daCarlos Martì Arìs nel libro “Progetti per l’Architettura della Città” di Valeria Pezza Electa, Napoli, 2009

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Perché “Scalea 2020”?

Questa pubblicazione è dedicataalla Rocca di Torre Talaoe al progetto di porto turisticoproposto intorno alla Rocca.

Il Comitato Cittadino “Scalea 2020” nasce con lo scopo di mettere a frutto l’impegno delle molte persone che aspirano per Scalea a uno sviluppo sostenibile. è l’Unione Europea che ci propone questo approccio e alla Calabria destina 4800 milioni di euro, da spendere entro il 2015, per difendersi dalla crisi e raggiungere gli ambiziosi obiettivi di Europa 2020, di crescita economica, occupazione giovanile, innovazione e valorizzazione dei territori. Per capire quali inter-venti siano davvero utili per lo sviluppo di Scalea sono indispensabili due cose:• Riflettere, con realismo, sui limiti e gli effetti che la crisi economica dell’Europa sta producendo, e produrrà, nel

sistema locale; una crisi inedita, che già comincia a riflettersi sulla riduzione del danaro e degli investimenti privati.• Considerare, con altrettanto realismo, con attenzione, buon senso e prudenza, i punti di forza del nostro

patrimonio – bellezze naturali, storia, giovani – e su questi dar corpo a strategie intelligenti, di lunga durata, che mettono in movimento un’economia competitiva fatta di azioni capillari che coinvolgono l’intera collettività.

Questo processo è strettamente dipendente dalla competenza, dall’impegno civile dei governi locali e dalla loro capacità di lavorare con i cittadini, ma è anche legato alla crescita di consapevolezza da parte dei cittadini dei loro diritti e della loro facoltà di partecipazione alle decisioni. “Scalea 2020” ha lo scopo, ambizioso, di informare, sensibilizzare e sostenere la collettività di Scalea in questo processo, per tutelare il territorio e incidere sulle scelte progettuali.

Il Comitato Cittadino “Scalea 2020”

In qualità di tecnici e funzionari pubblici, esperti in analisi di progetti e in procedure amministrative, abbiamo analizzato con attenzione i documenti sul Marina di Torre Talao forniti dal Comune di Scalea, il progetto consegnato dalla società concessionaria, gli atti della Regione Calabria, della Soprintendenza ai beni archeologici e di tutti gli altri organismi pubblici che, in questi anni, hanno espresso i loro pareri sulla proposta; riteniamo perciò di fare cosa utile nel fornire alla collettività locale le tante informazioni che abbiamo raccolto. Lo facciamo perché verifichiamo, da parte di molti, la mancanza di dati e informazioni reali sul progetto: una non conoscenza che non aiuta certo la costruzione di una opinio-ne corretta sull’effettiva influenza del progetto del porto turistico di Torre Talao sul futuro sviluppo di Scalea.

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Antonio Perrone, per nome e per conto di “Vita Azzurra” di cui è amministratore, mi chiese di pre-sentare una serata che si rivelò molto interessante. Sito, Torre Talao e argomento: recupero grotte pa-leolitiche. Alcuni amici con me: Alessandro Pepe, Enzo De Vito, Ennio Ianniello e naturalmente Antonio Perrone, maestro di cerimonia e padrone di casa impeccabile. Presente un foltissimo pubbli-co e presenti le autorità: Sindaco, Vice Sindaco e Assessori e straordinaria partecipazione della so-vrintendente ai beni archeologici della Calabria. La serata, centrata sulla Torre Talao, fu occasione per vedere filmati molto belli della nostra martoriata ma sempre incantevole Scalea e anche foto dei re-perti archeologici delle grotte paleolitiche, oggi al museo di Reggio Calabria. La presenza dei politici stimolò un dibattito serio e civile, ma era vero? E Antonio, forte dall’avere alle spalle una associa-zione che da anni gestisce in collaborazione con l’amministrazione comunale di Scalea alcune ma-nifestazioni, ci spiegò a che stadio fossero i lavori di recupero delle grotte a cui noi tutti e il pubblico pre-sente eravamo molto interessati; erano iniziati i la-

vori di pulizia e lo smaltimento del terriccio che aveva interrato le stesse grotte, nonché la preparazione del tracciato del percorso per raggiungerle. Le autorità fecero la loro parte e le idee di possibile utilizzo di tali lavori si intrecciarono in modo interessante. La proposta che ebbe successo fu quella di farne un sito attrezzato per le visite turistiche, ma anche e soprattutto per le visite guidate da dedicare alle scolaresche. Ma era soltanto una finzione!! Sulla Torre Talao vedemmo, sognando, un giardino botanico meraviglioso, un viale e postazioni di riposo per il turista viandante. Il risveglio, cari compaesani e voi sapete che vi voglio bene e senza chiedervi in cambio nulla e senza retorica, è stato brutto ma veramente brutto. Non si parla più di grotte ma di un porto megagalattico che farà sognare altri disancorati da una realtà che non immaginiamo quanto mostruosa possa diventare. Delle caratteristiche di questo fantomatico progetto scriveranno Carmela e Sergio Cotrone che sanno tante più cose di me e che meritano la riconoscenza della cittadinanza per averci svegliato da un torpore a cui noi scaleoti siamo da troppo tempo abituati. Se è da fare un porto, che si faccia, ma è veramente utile? Cerchiamo di capire perché. Ragioniamo insieme e interessiamoci alle cose che avvengono soprattutto quando sono un patrimonio di tutti (mare, coste, spiagge, territorio). Vi chiederete dove sto andando a parare!!?? Perché il Sindaco e gli altri hanno partecipato alla serata di Torre Talao sapendo sicuramente che il pro-getto del porto era soltanto su una scrivania? Perché questo gioco, senza offesa per alcuno, stupido? E noi cittadini chi siamo nell’immaginario di questi am-ministratori? Chi guida oggi il paese ha il dovere di amministrare bene e noi abbiamo il diritto di sapere e allora esigiamo attenzione e verità.

Serata a Torre Talao - agosto 2010Osvaldo Cardillo

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Il Marina di Torre Talao, a Scalea, è il pro-getto di porto turistico proposto dalla CEM spa, aggiudicataria nel 2007 del bando effet-tuato dall’Amministrazione Comunale per l’affidamento in concessione della progetta-zione definitiva ed esecutiva finalizzata alla realizzazione e gestione del porto turistico. 510 posti barca, scavato intorno alla roc-ca di Torre Talao, yachting club, un centro commerciale, attrezzature e servizi e una tor-re di controllo alta 16,5 metri che si erge sulla diga foranea. La Società investirebbe circa 15 milioni di euro per la costruzione dell’opera, stipulan-

do con il Comune un contratto di gestione per 90 anni. Nel settembre 2011, il Comune ha annunciato in un convegno che il progetto ha ottenuto il parere favorevole della Commissione VIA (Valutazione Impatto Ambientale) della Regione Calabria. A seguito di questo atto, il progetto si è rivelato alla collettività in tutta la sua potenziale concretezza, scatenando un acceso dibattito tra chi pensa che il porto sia necessario per lo sviluppo della città, chi pensa che, per quanto rischioso, è meglio che niente nel languire dell’economia locale e chi denuncia l’ennesimo disastro ambientale. Un gruppo di cittadini il 28 dicembre 2011 si è costituito in comi-tato per contrastare l’iniziativa, in base agli studi effettuati, conside-rata più come un rischio, che come una opportunità per il territorio. Italia Nostra si è schierata con loro.

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I punti critici. Due aspetti del progetto vanno innanzitutto chiariti. Il primo riguarda la sua fattibilità tec-nica, cioè quanto sia realmente realizzabile un porto di 510 posti barca in quel luogo e con quella forma. Gli elaborati forniti dall’Ammi-

nistrazione Comunale, relativi al progetto definitivo, non danno rispo-ste chiare ai quesiti relativi alle influenze negative che l’infrastruttura può determinare alla rocca e alla linea di costa. Tali influenze negative vengono di seguito descritte e rappresentate in studi grafici rielaborati. Il rapporto con la Rocca di Torre Talao. Nei documenti della Soprintendenza ai beni archeologici vengono date precise di-sposizioni per la tutela e la salvaguardia della Rocca e delle grotte paleolitiche esistenti alla base del grande scoglio, di cui si sarebbe dovuto tener conto in sede di progettazione definitiva. Tali disposi-zioni, condizionanti per l’emissione dei pareri definitivi, riguardano in particolare: - l’effettuazione di un rilievo planoaltimetrico di det-taglio, che definisca l’esatto perimetro anche sepolto, non visibi-le della rocca per evitare che gli scavi manomettano o distruggano la roccia; a tal proposito la Soprintendenza precisa che “...non sarà consentita alcuna alterazione dell’aspetto della collina me-diante tagli o asportazioni di rocce o parti di esse”; - la pre-disposizione alla base della rocca, intorno all’intero perimetro, di una fascia di rispetto (anello-cuscinetto) con opere di sostegno, larga circa 4 metri a protezione delle formazioni rocciose e delle grotte; tale fascia, nei punti di contatto con i canali consortili Tirello e Sa-legrino, dovrà corrispondere ai margini interni dei due canali e, in prossimità dell’accesso alla grotta principale, dovrà essere più ampia fino alla linea di unione dei punti più avanzati della roccia. Per recuperare al bacino portuale lo spazio necessario a poter gi-rare intorno alla rocca, il progetto definitivo disegna un perimetro

Il Marina di Torre TalaoCarmela e Sergio Cotrone

Foto 1

Illustrazione 1

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dell’isolotto più piccolo di quello attuale (vi-sibile nella foto 1 oggi a circa 5 metri sopra il livello del mare). Considerato il presumibile andamento conico della rocca e, in assenza di un ade-guato rilievo planoaltimetrico in profondità (realizzabile anche mediante telerilevamenti a infrarossi o magnetotermici), è impossibile che l’invaso di progetto, profondo circa 6/7 metri dall’attuale quota, possa essere realiz-zato nel rispetto delle disposizioni della So-printendenza a meno di non manomettere o distruggere gli scogli interrati di cui la vasta documentazione fotografica e storica dei luo-ghi ne dimostra l’esistenza (illustrazione 1). Le trasformazioni della linea di costa determinate dall’inserimento dell’in-frastruttura. Il progetto definitivo (illustra-zione 1) prevede a mare un’imponente diga foranea curvilinea, lunga circa 300 metri, alta 4 metri, che si estende a circa 200 metri dal-la riva con a nord l’imboccatura di accesso al porto e il molo sottoflutto, e a sud una darsena tecnica. Tale infrastruttura a mare determina

la forma del porto “a bacino interno”, che fu, nel 2002, categorica-mente sconsigliata – perché potrebbe provocare alterazioni considerevoli alla co-sta – dal prof. ing. Paolo De Girolamo (docente di Costruzioni Maritti-me presso l’Università di L’Aquila e di Napoli), incaricato dal Comune allo studio di fattibilità dell’opera, il quale consigliava un porto “a moli convergenti” come unica soluzione possibile.

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Illustrazione 2

Tav. 2SOLUZIONE PRESCELTA“A MOLI CONVERGENTI”STUDIO Prof. DE GIROLAMO“...l’imboccatura “a moli con-vergenti” facilita il transito dei sedimenti di fronte alle opere portuali e non è in grado di bloccare il trasporto solido longitudinale”

Tav. 4PROGETTO DEFINITIVOCEM spaPORTO “A BACINO”SOLUZIONE SCONSIGLIATA(vedi Tav. 1)

Tav. 1SOLUZIONE SCONSIGLIATA“A BACINO”STUDIO Prof. DE GIROLAMO“...si sconsiglia l’utilizzo di imboccature portuali del tipo “a bacino” le quali inevitabil-mente bloccano gran parte del trasporto solido longitudinale proveniente dalla direzione verso la quale viene orientata l’“imboccatura”

Tav. 3PROGETTO PRELIMINAREelaborato dalComune di ScaleaPORTO“A MOLI CONVERGENTI”STUDIO Prof. DE GIROLAMO“...i risultati degli studi hanno confermato che le opere pro-gettate avranno un modesto impatto sulla dinamica costiera a causa della forma scelta (a moli convergenti)”

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Studi sulle tipologie portuali

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Leggendo, infine, i documenti del progetto de-finitivo, forti dubbi emergono anche sulla ragione-volezza e sulla validità del dimensionamento del porto e della durata della concessione dell’area alla CEM spa: mentre il Consiglio Comunale di Scalea, nel 2003, stabiliva una concessione di 30 anni per un progetto preliminare di 320 posti barca, nel 2008, il contratto stipulato dalla Giun-ta con la società concede l’area per 90 anni e per un porto di 510 posti barca. Sarebbe come se un proprietario desse mandato al suo amministratore

di concedere ad altri il proprio immobile per 30 anni e l’ammi-nistratore lo modifica e lo fitta per 90 anni!

Foto 2 - Sovrapposizione delle due tipologie portualiin grigio: porto “a moli convergenti” (soluzione prescelta studio prof. De Girolamo)in rosso: porto “a bacino interno” progetto definitivo CEM spa (soluzione sconsi-gliata studio prof. De Girolamo)

Statale 18 eviabilità principale

Il decreto VIA si esprime favorevolmente – con prescrizioni – sul progetto definitivo “a bacino interno” (vedi Tav. 4), ma, con rife-rimento agli studi di morfodinamica costiera svolti sul progetto preliminare “a moli con-vergenti” (vedi Tav. 3). Forse, nell’analisi dei documenti, è stata fatta un po’ di confusio-ne... (vedi Foto 2). Il Ministero delle Infrastrutture e Traspor-ti e la Regione, a ogni buon conto, richiedo-no la verifica di fattibilità dell’opera attra-verso le cosiddette “prove in vasca”, ovvero un modello fisico in scala del litorale e del porto, sottoposti, per un certo periodo (an-che mesi), alle simulazioni del moto ondoso delle correnti meteo-marine ecc., attraverso cui analizzare le alterazioni che la struttura potrebbe determinare alla linea di costa.

Nel progetto esecutivo, altre questioni, di vitale importanza per la vivibilità urbana, dovranno essere affrontate: trattandosi di un porto scavato a terra, per esempio, dovran-no essere fornite soluzioni convincenti allo

scarso ricambio idrico del bacino, specialmente nel periodo estivo (per evitare difficoltà ambientali come zanzare, stagna-zione dell’acqua, mucillagini), o all’intorbidimento delle acque in fase di costruzione, o all’inquinamento delle acque in fase di gestione, o alla congestione del traffico lungo la SS18, sia in fase di costruzione che dopo, o alla copertura del canale Tirello alla foce, sconsigliata dal Genio Civile, per il rischio di esondazioni nel centro abitato.

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Il secondo aspetto riguarda la fatti-bilità economica. Molti vedono la co-struzione del Marina di Torre Talao come il miraggio di uno sviluppo economico che potrebbe cambiare il volto di Scalea: la nuova piazza sul porto, il nuovo centro commerciale, gli yacht e i panfili che arri-vano da lontano e si fermano sotto la roc-ca… sono immagini accattivanti, che pro-mettono grandi affari e il ritorno al luogo pittoresco che ritroviamo nelle vecchie foto. Piacerebbe, decisamente, anche a noi; ma un sogno, per diventare realtà, ricchezza e nuovo benessere, va sottoposto ad attente analisi di dati incrociati, scenari e previsioni in settori diversi: flussi del turismo, tenden-ze nel mercato diportistico, programmi re-gionali e mediterranei.

Programmare realisticamente un porto per farne davvero strumento portante dello sviluppo di un territorio è una cosa molto complessa. Lo studio di fattibilità socio-economico

consegnato dalla società promotrice esamina, ahimè, in modo piuttosto sbrigativo l’argomento e non fornisce nessuna risposta convincente ai mille dubbi che ci assalgono. Proviamo a sintetiz-zarli.

Secondo lo studio di fattibilità socio-eco-nomico della CEM spa, i 510 posti barca previsti a Scalea determinerebbero un incre-mento di circa 60/80 posti lavoro: un dato ricavato da un indicatore teorico che calcola 1 addetto diretto ogni 6/8 barche. Dispiace notare che non si fa cenno al fat-to che questi posti di lavoro non sono auto-maticamente determinati dalla quantità di posti barca costruiti (offerta), ma da quanti posti barca saranno effettivamente utilizzati (domanda), né si fa cenno alla relazione fra posti di lavoro e tipologie di barche che si ser-vono del porto: una cosa è ospitare gli yacht e i motoscafi d’alto mare, con certo tipo di guardiania, servizi tecnici, domanda di ma-nifatture specializzate, assistenza turistica, un’altra è ospitare tipologie più modeste di barche e motoscafi, come quelle che già ora fanno parte della “flotta” locale; una cosa è entrare nel network del turismo diportistico internazionale, un’altra è la costruzione di un parcheggio di natanti per il rimessaggio in-vernale.

La domanda di posti barca, con la ricchezza economica che ne consegue, va, come si dice, contestualizzata nel tempo e nello spazio. Un confronto utile è il porto di Cetraro: 500 posti barca provenienti all’80% dal cosentino, occupato per la stragrande maggioranza da barche che non superano i 9 metri, con un numero di addetti che non supera le 10 unità e un solo rivenditore di attrezzature e ricambi nautici.

Porto di Cetraro

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Lo studio della CEM spa, a nostro avviso, dovrebbe fornire motivazioni e analisi più approfondite e convincenti a sostegno del-la capacità ipotizzata del Marina di Torre Talao di generare posti di lavoro e sviluppo, poiché è su questo aspetto, come ovvio, che si fonda molta parte del consenso cittadino. Le nostre preoccupazioni riguardano tale aspetto in particolare e sono suffragate dai seguenti fattori:• nel Sud Italia, su ogni 100 posti barca esi-

stenti i valori della domanda oscillano tra 25 e 34 unità (dati 2008 del Ministero dei Tra-sporti): quale è il bacino di utenza del Marina di Scalea? La domanda locale? La domanda proveniente dal Nord Italia o dall’Europa? Quale, secondo la CEM spa, il fattore com-petitivo del Marina di Torre Talao?

• La Regione Calabria ha approvato, nell’ottobre 2011, il Masterplan per la portualità regionale: un sistema portuale di circa 15.000 posti barca, di cui circa 10.000 nuovi. Sulla costa dell’alto Tirreno, da Praja a Vibo Valentia, in oltre 150 km,

sono previsti 13 tra porti e approdi turistici (uno ogni circa 12 km). Per ragioni di sicurezza, i porti dovrebbero essere distanziati da 20 a 40 miglia marine (ca 35-70 km) e l’opportunità di ridurre queste distanze è determinata dalla domanda; se l’attuale domanda oscil-la tra 25 e 34 barche ogni 100 posti, siamo davvero sicuri che c’è un mercato per i 510 posti barca di Scalea in una programmazio-ne territoriale in cui in 150 km sono previsti 5000 posti barca?

• In Calabria esiste attualmente un gran numero di porti turistici realizzati nell’ultimo trentennio, che, lontani dai grandi bacini di utenza, poco sicuri, mal collegati, poveri di infrastrutture, di ser-vizi, di produzioni di supporto, non hanno mai rappresentato la ricchezza annunciata. Quali sono le proposte della CEM spa che garantiscono che il Marina di Scalea non segua la stessa sorte dei marina di Cariati, marina di Schiavonea, Isca Marina, Amantea, e molti altri?

Porto di Amantea

Masterplan per lo sviluppo della portualità calabrese – X-2011

PortoTipologia Esistente/

in previsione

N. Posti barca

N. Posti barca (Stima)

In fasedi progetto Previsione TotaleEsistentiTipo

Litorale tirrenico

Tortora - Praia a Mare Porto turistico In previsione 300 300

Scalea Porto turistico In previsione – 300 300

Diamante Porto turistico/peschereccio Esistente 400 400

Belvedere Marittimo Porto turistico Esistente 247 53 300

Cetraro Porto turistico/peschereccio Esistente 500 500

Paola Porto turistico In previsione – 477 477

San Lucido Approdo turistico Esistente 110 110

Longobardi Porto turistico In previsione 200 200

Amantea Porto turistico/peschereccio Esistente 280 80 360

Nocera Terinese Porto turistico In previsione – 500 500

Lamezia Terme Porto turistico In previsione – 450 450

Pizzo Pontile Esistente 35 265 300

Vibo Valentia Porto industr./commerciale/turistico Esistente 576 576

Tropea Porto turistico Esistente 513 137 650

Nicotera Porto turistico In previsione – 300 300

Gioia Tauro Darsena in Porto industr. -commerciale Esistente 120 120

Palmi Porto turistico/peschereccio Esistente 200 100 300

Bagnara Porto turistico/peschereccio Esistente 60 180 240

Scilla Porto turistico/peschereccioEsistente 100 100

In previsione – 360 360

Villa S. GiovanniBanchina in Porto commerciale/passeggeri

Esistente 230 230

Catona (RC) Porto turistico In previsione – 450 450

Reggio Calabria Darsena in Porto turistico/commerciale/passeggeri Esistente 50 450 500

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Riportiamo infine un dato della manovra economica “Salva Italia”, che prevede, dal 1° maggio 2012, una tassa annuale di stazio-namento per le imbarcazioni da diporto an-corate nei porti italiani. Secondo l’Associa-zione Italiana Porti Turistici, questa norma provocherà una fuga generale dai nostri por-ti e si rifletterà negativamente su tutti i porti in costruzione, che non saranno in grado di completare e collocare sul mercato i posti

barca oggi in corso di realizzazione. Ci chiediamo se la società concessionaria, di fronte a questi sce-nari futuri, sia ancora sicura di voler fare questo investimento. E se sì, ci chiediamo come mai. Ci chiediamo, con maggiore preoc-cupazione, se la comunità di Scalea sia davvero sicura di fare un buon investimento cedendo per 90 anni a imprese private l’ultimo prezioso frammento del suo territorio, con il rischio di ritrovare, per sempre, la Torre Talao recintata e circondata da un desolato, spoglio parcheggio di barche o, peggio ancora, da uno squallido e deserto cantiere abbandonato.

Il costruendo porto di Diamante

Torre Talao: lo spirito del luogo (a proposito del Marina di Torre Talao)Sergio Cotrone

La Rocca di Torre Talao, monumento d’indubbio interesse archeologico, storico, antropologico e paesaggistico, con la sua tor-re cinquecentesca, per gli scaleoti è quello che la Torre Eiffel è per i parigini, il Tower Bridge per i londinesi, la Sagrada Familia per i barcellonesi: emerge come un monu-mento, solitaria e dignitosa, sulla città, perce-pita come un’entità familiare e amica e, nello stesso tempo, come il simbolo tacitamente riconosciuto della sua identità storica e cul-turale.

Dopo aver attraversato, indenne, secoli di storia, e assistito alle naturali trasformazio-ni del paesaggio circostante, oggi la Rocca è posta di fronte a un’ardua ennesima pro-va: diventare l’opera architettonica centrale, obelisco, mausoleo, tempio commemorativo di un porto turistico, in base a un’ipotesi pro-gettuale che propone l’accattivante immagi-ne oleografica dei luoghi all’epoca in cui la Rocca era un isolotto. Se proprio ci affascina il “ritorno al pas-

sato” perché non proporre allora la rimozione del rudere addossato alla Torre, e tornare alla Torre nella sua forma cinquecentesca ori-ginaria, “purificata” da inutili orpelli? Ma ciò non è possibile, dirà qualche storico, poiché anche quel rudere ha valore e va conserva-to e trasmesso al futuro come un’ulteriore testimonianza del nostro passato. A quale periodo del passato ci riferiamo quando pensiamo di mettere la Torre in un catino? Ci sembra davvero che l’approdo naturale di qualche secolo fa sia oggi riproponibile come una con-

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ferma, una esaltazione e un rispetto per la sua identità? Considerando gli innumerevoli problemi d’ordine tecnico, archeologico, sto-rico e culturale che questa ipotesi comporta, perché non riflettere sulle ragioni per le qua-li, nei secoli passati, mai a nessuno sia venuto in mente di forzare la natura e di trasformare il nudo approdo, che vediamo in alcune vec-chie foto, in un vero porto? Forse gli antichi, molto più saggi di noi, sapevano interpretare e non contrastare le leggi della natura? Per-ché, oggi, scavare proprio lì intorno? Per le antiche culture ogni luogo aveva una propria identità irripetibile e universale; ma l’insediamento di edifici, soprattutto se rappresentativi o celebrativi, o la realizzazio-ne di grandi infrastrutture, era scelto in base all’esperienza, a una conoscenza fondata sull’osservazione – attenta e paziente – de-gli eventi naturali e della forma dei luoghi: la sacralità, il genius che il luogo esercitava, era una forza spirituale e simbolica enorme, ma non esulava mai, anzi si consolidava, intorno alla forma fisica e alle leggi divine che go-

vernavano gli eventi naturali in quel luogo i quali diventavano parte determinante nelle scelte dell’abitare. I luoghi avevano una vita che, così, non si esauriva nella loro forma fisica, nella loro realtà geo-grafica; diventavano immagine, immediatamente percepibile, di una sacralità e di un mistero che si celavano dietro le apparenze, uno spi-rito che avvolgeva quei luoghi in un’aura di distinzione e di unicità. L’uomo aveva capito che la sua identità è legata al luogo, per ciò che di magico o arcano esso gli evoca, indissolubile da una fisicità che ha imparato, nel corso del tempo, a conoscere e a rispettare, per ciò che al luogo gli uomini hanno affidato.22 23

Preservare la Rocca (non soltanto la Tor-re) significa preservare il nostro genius loci e la nostra identità da interventi che potrebbero modificare irreparabilmente il suo legame storico e simbolico con la città e il paesaggio: è un dovere di cittadino. Che cosa farebbero i parigini se qualcuno proponesse di mano-mettere la Torre Eiffel, o i londinesi se qual-cuno volesse tagliare alla base pezzi del Big Ben? L’ipotesi che ciò possa verificarsi per la Rocca ci lascia confusi e scettici, non solo per le difficoltà tecniche, quanto per la contraf-fazione di un simbolo, per l’artificialità di un ritorno al passato che, più che idea forte di progetto, appare come la consueta, ordina-ria strategia del consenso, costruita toccando le corde sensibili dell’identità culturale di un paese. Far passare per valorizzazione del pas-sato la grossolanità e banalità di un interven-to che infila la rocca in un catino o è un atto, audace e generoso, in ossequio del suo genius loci, o una azione spregiudicata e arrogante di mero sfruttamento mercantile.

Ricordi “d ‘a Turra ‘i mare” Fra gli ultimi anni Venti e i primi anni Trenta, i tempi indimenticabili per noi bambini li trascorrevamo a contatto col mare, particolarmente nelle lun-ghissime belle stagioni. Uno dei luoghi più frequentati era “ ‘a Turra ‘i mare”, con le sue estese scogliere. Ricordo che durante le mareggiate le onde provenienti da sud “da arreta ‘a Turra” e quelle provenienti da nord “da sutta ‘a Tur-ra” si congiungevano e in quei momenti lo scoglio tornava a essere isola. Noi bambini e ragazzi misuravamo le nostre capacità natatorie nell’inoltrarci fra gli scogli e ricordo in particolare che, a partire dalla punta di nord-est, quella che guarda il centro storico, vi erano cinque grotte che venivano nominate sem-plicemente dalla prima “ ‘a prima grutta” alla quinta “ ‘a quinta grutta” che avevano una grandezza crescente. Subito dopo vi era la “punta”, uno scoglio alto da dove cimentavamo le nostre capacità di tuffatori.

Antonio Cotrone

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Non è solo uno scoglio. Non c’è solo una Torre: la cultura risorsa di un territorioGiuseppe Andrea Cosentino

Le grotte di Torre Talao costituiscono il complesso musteriano1 più rilevante della Calabria che ha segnato l’inizio delle ricerche sul Paleolitico Calabrese. Il sito, per quanto definito come il più importante d’Europa, ha anche avuto la triste sorte di essere pressoché sconosciuto. Bisognerà attendere gli anni Duemila per acquisire importanti elementi riguardanti l’ex isolotto. Infatti solo in “Nuove indagini a Torre Talao (Scalea, CS)” si possono evince-re i rilevamenti degli ultimi cent’anni di pa-leontologia nella regione Calabria promossi dall’IIPP, dalla Soprintendenza archeologica 1 Musteriano è un nome dato dagli archeologi a un pe-riodo in cui venivano usati attrezzi prevalentemente di selce, associato principalmente con l’Homo neanderthalen-sis e risalente al Paleolitico medio, la parte centrale del Paleolitico. Gli attrezzi musteriani venivano prodotti dai Neandertaliani e risalgono a 300.000-30.000 anni fa. Nell’Africa settentrionale e nel vicino Oriente erano prodotti anche da umani anatomicamente moderni.XXXVII Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria di Firenze (IIPP), settembre-ottobre 2002, Scalea - Praia a Mare (CS) (E. Cerilli, I. Fiore, A. Tagliacozzo).

della Calabria e dalla Soprintendenza speciale al Museo Nazionale Preistorico Etnografico Pigorini. La relazione del dottor Arturo Palma del Museo Civico del Monte Cetona (SI), componente del comitato scientifico, ha avuto il meri-to, in quella sede, di rendere un quadro esaustivo della storia delle ricerche e degli studi del giacimento di Torre Talao, oggetto di se-gnalazioni, ricerche e scavi sin dall’Ottocento fino agli anni Trenta e agli anni Settanta del secolo scorso. Tale quadro può essere così riassunto. Dalla metà dell’Ottocento insigni archeologi di fama interna-zionale (Domenico Lovisato, Michele La Cava, Giovanni Patroni, Aldobrandino Mochi, R. Vaufrey, Domenico Topa, Luigi Cardi-ni, A.C. Blanc) a più riprese (1879, 1891, 1897, 1912, 1914, 1928, 1932, 1933, 1937, 1957, 1958, 1961) hanno eseguito scavi e raccolto manufatti litici, resti fossili di grandi pachidermi e carnivori, associa-ti a selci, depositati in alcune grotte lungo la parete rocciosa nell’area Nord ed Est della Rocca. I ritrovamenti definiscono un quadro mol-to complesso che sinteticamente può essere così riassunto: 11 strati con spessori variabili da metri 2,27 a metri 0,30 strutturati in brecce con ossami senza presenza di industria litica; formazioni stalagmi-tiche; brecce con resti faunistici e schegge atipiche; ossa rarissime. Nello strato 4 furono raccolti una ventina di strumenti (sensu Bor-des), comprendenti 2 schegge Levallois tipiche, una punta pseudole-vallois, una punta musteriana, 17 raschiatoi, tra semplici, trasversali e convergenti. Appena più abbondante l’insieme dello strato 10: una

trentina circa di strumenti, comprendenti 5 elementi Levallois, 20 raschiatoi di tipi diver-si, 1 coltello a dorso, 2 incavi e 3 denticolati. Vi si associano 90 avanzi di lavorazione. La maggior parte dell’industria proviene dallo strato 8: 219 strumenti, accompagnati da

139 schegge di rifiuto, 10 schegge di ravvivamento e 11 nuclei, di cui uno discoidale. La fauna associata al Musteriano, raccolta dal Mochi nel 1914, comprende resti di grandi pachidermi: il rinoceronte di Merk, l’elefante antico, le specie di foresta e di macchia presenti in tutti gli strati, in particolare il Daino, il Cervo e il Capriolo; un po’ più raro il Cinghiale. Tali specie sono accompagnate da Uro, Bisonte e Cavallo. Da notare l’assenza assoluta di Caprini come Stambecchi e Camosci. I Carnivori sono rappresentati dall’Orso bruno, Orso speleo, Iena e Leopardo. Nel 1928 R. Vaufrey, nel suo volume sul Paleolitico italiano (1928), dedica un intero paragrafo al Musteriano di Scalea e ne presenta al-cune figure. In seguito alle osservazioni di Cardini e Blanc, lo spessore del de-posito fu valutato attorno ai 10 metri e alla sua base venne segnalata l’esistenza di una spiaggia tirreniana (1957). Furono progettati scavi, ma purtroppo non vennero mai realizzati. Il riesame del giacimento consentì di identificare un lembo di spiaggia fossile, attribuibile ve-rosimilmente all’ultimo periodo interglaciale, sul quale insiste una serie di strati di notevole potenza e dettaglio che ben si presta a uno scavo. I due studiosi, in pratica, affermarono che la maggior par-te del deposito era ancora in posto e ben scavabile per continuare le ricerche. Nel settore Nord-Est del sito di Torre Talao è presente un deposito pluristratificato costituito da alternanze classiche (limi, sabbie, ghiaie, brecce più o meno cementate) contenenti resti fossili faunistici e industria musteriana. Molto probabilmente questo depo-

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sito si era accumulato all’interno e nell’area prospiciente di una grotta, della quale attual-mente rimangono solo le pareti perimetrali; la volta è stata erosa nel corso degli eventi geotettonici quaternari. Detta grotta si apriva sul versante nord-orientale del piccolo rilievo calcareo, attualmente in corrispondenza di un

terrazzamento artificiale di fattura recente, a quota 15-17 metri sul li-vello del mare. Questo rilievo ha una forma ellittica orientata Nordest-Sudovest (con asse NE-SO di circa 250 metri e asse NO-SE di circa 100 metri), e quota massima di circa 25 metri sul livello del mare. Molto probabilmente gli eventi glaciali del Pleistocene hanno di-segnato la morfologia attuale del rilievo calcareo e ne hanno deter-minato le alterne connessioni con la costa interna. Sui fianchi della collina si aprono altre cavità più o meno grandi e profonde, attual-mente con riempimento scarso o assente. Per cercare di definire le attuali consistenze e possibilità di studio offerte dal deposito, è stato effettuato un intervento di scavo esplorativo nell’area. Il saggio 1 ha permesso di mettere in luce, a una profondità di 2,20 metri dal piano campagna, la superficie di un suolo bruno-rossastro cementato ricco di resti fossili animali. Il saggio 2, localizzato nell’area dei vecchi scavi Mochi e Topa, ha permesso di mettere in luce un grosso blocco di crollo delle pareti e della volta, poggiato su una spessa stalagmite, che copre un deposito ricco di ossa e industria. Circa a 1,5 metri a est di questo blocco, in un piccolo saggio di un metro di lato, è sta-to individuato un livello nerastro ricco di carboni e ossa combuste contenenti abbondanti resti faunistici e di industria; queste eviden-ze indicano che sono ancora in posto parti consistenti di deposito antropico, il cui scavo permetterebbe di avanzare nuovi contributi allo studio delle comunità musteriane del versante tirrenico della Calabria, realizzando nello scoglio di Torre Talao un vero e proprio laboratorio archeologico e ambientale.26 27

La portualità del TirrenoFrancesco Cirillo

Il dibattito tra opposizione e maggioranza, aperto a Scalea sul porto da costruire attorno alla Torre Talao, ripropone un tema vecchio di almeno trent’anni, non solo a Scalea, ma in tutto il Tirreno cosentino. Un tema che viene legato inopportunamente allo sviluppo, all’occupazione, al turismo, che dovrebbero provenire dalla costruzione di porti a cate-na lungo tutte le coste meridionali solcate da migliaia di immaginari yacth, panfili, barche, barconi, navi, traghetti. La richiesta di un porto oramai non si nega a nessuno. Lo stes-so Scopelliti, in una recente visita a Scalea, ne ha sparati nove di nuovi porti da costruire, fra gli applausi e gli entusiasmi del popolo pidiellino tirrenico riunito ad hoc, nella sala consiliare, dal sindaco Basile. Le opposizioni scaleote, attualmente, sono contro il porto attorno alla Torre Talao, ma solo perché lo vorrebbero in un altro luogo, chi alla foce del fiume Lao, che come impatto sarebbe identico, chi lungo la spiaggia. Nessuno che dica che un porto a Scalea, così come in altri paesi della costa, non serve. Così come non

servono in nessun’altra parte della Calabria. Anzi, non solo non ser-vono, ma danneggiano oltre a non essere produttivi. Quando si parla di portualità si mettono sul tavolo una serie di argomentazioni che non trovano riscontro pratico in nessun luogo. Sono gli stessi luoghi comuni che si ripetono per tutte le grandi opere, qualsiasi essa sia. Potrebbe essere un inceneritore, o un cementificio, o una pista da sci, o una teleferica. Escono sempre gli stessi argomenti quali quelli dell’occupazione, dello sviluppo turistico, dell’indotto, ma quando si prendono ad esempio altri porti funzionanti questi occupati non

Sibari - 390

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escono mai fuori. Si parla di economia e sviluppo e non se ne vedono risultati in altri luoghi dove i porti esistono da anni. Nell’alto Tirreno, a pochi chilometri dal confine ca-labro, precisamente in Basilicata, esiste da decenni il porto di Maratea e basta andarci in un giorno qualsiasi da settembre a giugno per rendersi conto della desolazione in cui versa. Il porto funziona a pieno regime solo nei 20-25 giorni fra luglio e agosto. Nello Io-nio calabrese basta andare ai laghi di Sibari e vedere anche qui il vuoto esistente. Qui si palpa con mano il fallimento totale di que-sta grande opera che doveva essere il rilancio della sibaritide, con annessi villaggi turistici e alberghi e ben 3000 posti barca. Il grande porto di Sibari è diventato una grande palu-de piena di zanzare e i poveri proprietari di case, abbagliati dall’acquisto qualche decina di anni fa, ora cercano di vendere la propria abitazione a qualche altro allocco. Ma non solo le zanzare sono il cruccio per chi gestisce questa struttura, c’è anche la sab-bia che ogni tre-quattro anni chiude l’imboc-

catura del porto bloccando chiunque vi si trova dentro e impedendo l’ingresso a chi vuole entrarvi. Il punto è che la Regione ogni volta deve sborsare centinaia di migliaia di euro, e cioè soldi pubblici, no-stri per intenderci, per ripulire dall’insabbiamento il porto. E se non lo si fa immediatamente scattano le proteste dei sindaci, degli asses-sori, degli imprenditori turistici, con le solite litanie che abbiamo già descritto. Nel Tirreno cosentino, più o meno le problematiche sono identiche. Esiste da diversi anni un solo porto, ed è quello di 28 29

Montebello Ionico Porto di Isca Marina

Cetraro, escludendo quello di Belvedere che non è altro che una piccola darsena ricavata dai blocchi di pietra messi a difesa della linea ferroviaria costruita troppo vicina al mare. Risulta a qualcuno una grossa occupa-zione in questi paesi? Risulta un rilancio dell’economia proveniente da questi porti? Certamente il porto di Cetraro è stato utile ai pescatori che ne usufruiscono con i loro pescherecci per l’intero anno, ma, oltre que-sti, dal punto di vista turistico non ha mosso una sola lira verso il paese se non guadagni per chi lo gestisce. Il punto fondamentale di tutta la discussione sulla portualità è che questa, nel Tirreno cosentino, così come in tutta la Calabria, viene, da sempre, sgancia-ta dalle peculiarità di carattere ambientale. Il porto viene visto come qualcosa che re-sta in aria, che non determina nulla nel suo inserimento nel contesto ambientale. Cose che i costruttori di porti, gli amministratori sempre favorevoli, i supporters vari, eludono sempre dai loro ragionamenti. Come fanno anche in quei ministeri che concedono le au-

torizzazioni, o negli uffici della regione e della provincia e al Genio Civile Marittimo. Tutti conoscono la situazione ambientale, ma la macchina di soldi che produce un porto riesce sempre a oliare bene i gomiti di chi deve mettere i timbri su foglietti di carta, o confezio-nare presunti studi batimetrici o delle correnti da allegare ai pro-getti. Lancio una sfida a tutti. Perché non si fa uno studio in vasca, di tutta la costa tirrenica, in un centro specializzato come quello di Genova o come ce ne sono in Francia e vediamo cosa ne viene fuori.

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D’altra parte tali studi sono stati già fatti, in altro modo, dalla stessa Regione Calabria e dal Ministero dell’Ambiente. Studi che sta-biliscono che la Calabria è la regione d’Italia con il più alto rischio di erosione costiera e di sparizione di spiagge fino al 70%. Una per-centuale che dovrebbe allarmare tutti coloro che parlano appunto di sviluppo e turismo. Perché, di questo passo, non ci sarà una sola spiaggia in tutta la Calabria. Certamente l’erosione costiera non è solo dovuta alla portualità. Ci sono altre cause ma sono tutte concatenate. La prima causa proviene dal saccheggio delle spiagge negli anni Settanta-Ottanta. All’epoca della gran-de speculazione edilizia, ogni fiume aveva il suo impianto di prelievo della sabbia. Milioni e milioni di metri cubi di spiaggia sono sta-ti trasformati in cemento. A questo prelievo selvaggio si sono aggiunti la cementificazione dei fiumi, lo strascico con la distruzione della posidonia, la cementificazione delle spiagge e per ultima la posa in opera di massi a mare per la difesa della ferrovia. Una catastrofe

ampiamente prevista dagli ambientalisti e, come al solito, non ascol-tata in nome dello sviluppo. A Scalea, come a Diamante o a Paola, non si parla di queste cose. Se si costruisce il porto a Diamante e la spiaggia sparisce al nord del paese cosa vuoi che importi al costrut-tore, all’imprenditore, al faccendiere? E se si fa a Scalea e sparisce a sud è lo stesso. A proposito basterebbe vedere quanto successo a Campora San Giovanni: un porto, sponsorizzato da tutti gli ammi-nistratori locali e regionali con una montagna di finanziamenti, è

Porto di Cetraro: trasformazioni della fascia costiera

finito insabbiato e ha bisogno di continui in-vestimenti e interventi con un grande spreco di risorse pubbliche. Ma la cosa più grave di cui non si parla è il fatto drammatico che sono sparite le spiagge a sud verso Falerna e gli operatori turistici che vi operavano sono rimasti senza lidi balneari e ora chiedono alla Regione interventi per 3 milioni di euro per ripascere la spiaggia. Il classico cane che si morde la coda. Quelle stesse persone che pri-ma gridavano allo sviluppo volendo il Porto di Campora ora gridano al finanziamento pubblico per le loro strutture danneggiate dal porto. Chi non crede a queste storie si faccia una passeggiata fino a Campora e se ne potrà rendere conto sia con i propri occhi che parlando con gli albergatori e i proprie-tari dei lidi balneari. A Scalea e a Diamante siamo sulla stessa strada. A Diamante il por-to è fermo perché tutti gli studi sulla costru-zione del molo a mare sono risultati sbagliati e vanno completamente rifatti utilizzando materiali diversi da quelli previsti nel primo progetto. Chi paga i soldi spesi? la Regione

o il privato? A Diamante se lo chiedono in molti, in quanto i lavori sono iniziati nel marzo del 2010 e dovevano essere terminati entro 21 mesi e cioè a dicembre del 2011, quindi c’è un forte ritardo sulla tabella di marcia, e questo nonostante vi sia stata una ricontrattualiz-zazione fra Regione e privato avvenuta nell’ottobre dell’anno scorso. Nel contratto era stato scritto che il 15 novembre scorso avrebbero dovuto cominciare i lavori, il privato avrebbe dovuto assumere 5-10 unità, e il 15 gennaio di quest’anno doveva iniziare la messa in opera

Porto di Amantea

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dei blocchi di massi nel soprafflutto, innal-zando le unità lavorative a 15 persone. Di tutto questo non si è visto niente no-nostante l’assessore Gentile si sia impegnato pubblicamente a un nuovo finanziamento di 1 milione e mezzo di euro per opere che dovrebbero fungere da corollario all’opera stessa, e cioè la costruzione di una strada di collegamento larga nove metri, due ascenso-ri, il rifacimento di magazzini a uso commer-ciale. Ed è all’assessore Gentile che il sindaco di Diamante, Ernesto Magorno, si è rivolto nei giorni scorsi perché la situazione si sbloc-chi e i lavori riprendano. Anche la Regione tramite fax ha sollecitato l’imprenditore San-toro, vincitore dell’appalto del porto, perché rispetti gli impegni presi pena da parte della Regione stessa della salvaguardia dei propri interessi. Ma fra Comune, Regione e privato non si parla di ambiente, né dei rischi che le spiagge del paese corrono. Così come non si parla di erosione costiera in un altro Comu-ne a rischio erosivo, e cioè quello di Paola. Anche qui c’è la corsa per la costruzione del

porto. Anche qui le stesse argomentazioni, gli stessi ragionamenti, le stesse richieste di finanziamenti, senza vedere i guai provocati dal Porto di Campora a pochi chilometri più a sud di Paola, o quelli provocati dal Porto di Cetraro a pochi chilometri a nord di Paola. Conservate questo articolo, ne riparleremo fra qualche anno.

Sibari - Mucillagini e scarso tasso di utilizzazione

Una proposta di leggePalmiro Manco

Oggetto: Modifica della LEGGE REGIONALE n. 26 del 7 dicembre 2009 – Stazione Unica Appaltante – ed integrazione dell’art. 23, commi 4 e 5, d.l. 201/2011 convertito in legge 214 del 23/12/2011 decreto Monti “Salva Italia”.

Durante la discussione “animata”, que-stione “Porto di Torre Talao” a Scalea, struttura portuale dove la spesa prevista è di 15.963.000,00 euro, che prevedeva una partecipazione di capitale pubblico pari a 3.410.000,00 euro, a valersi sui fondi POR somma già revocata dal Presidente Giu-seppe Scopelliti (gara espletata solo dai funzionari comunali). Il Consigliere Comunale Palmiro Manco di Scalea (Cs) e Dirigente regionale di Alleanza per l’Italia, in merito alla questione “appal-ti” interviene con la proposta di modifica del-la LEGGE REGIONALE n. 26 del 7 dicem-bre 2009 – Stazione Unica Appaltante – che Vi inviamo in allegato indirizzata a tutti i consiglieri regionali della Regione Calabria.

Ufficio Stampa ApiScalea

Proposta di modifica Legge regionale n. 26 del 7 dicembre 2007 - Stazione Unica Appaltante. Alla cortese attenzione di tutti i Consiglieri Regionali della Regio-ne Calabria

Premessa La Regione Calabria, durante la Presidenza di Agazio Loiero nel 2007, è stata la prima regione ad istituire e poi nel 2009 ad adottare un sistema di centralizzazione per l’acquisizione di beni e servizi con l’obiettivo di contrastare le infiltrazioni mafiose, previsto nell’art.13 della legge 136/2010 (Piano straordinario contro le mafie), al fine di as-sicurare trasparenza, regolarità ed economicità della gestione dei contratti pubblici. L’organismo è denominato Stazione Unica Ap-paltante regolamentata dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 giugno scorso, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 29 agosto 2011. Il decreto in argomento è finalizzato a promuovere l’istituzione in ambito regionale di una o più stazioni uniche appal-tanti con l’obiettivo di rendere più penetrante l’attività di preven-zione e contrasto ai tentativi di condizionamento della criminalità mafiosa, favorendo la celerità delle procedure, l’ottimizzazione delle risorse e il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

Ritenuto che con legge regionale n. 26 del 7 dicembre 2007 è stata istituita dalla Regione Calabria la «Stazione Unica Appal-tante» Autorità regionale che garantisce ed assicura la correttezza, la trasparenza, l’efficienza della gestione, l’attività di preparazione,

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indizione e di aggiudicazione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture della Re-gione e degli Enti, Aziende, Agenzie ed Or-ganismi da essa dipendenti, vigilati o ad essa collegati e degli enti del servizio sanitario re-gionale. Per le procedure di affidamento di contratti pubblici aventi un importo uguale o superiore a € 150.000 (euro centocinquanta-mila).

OBBIETTIVI E COMPITI DELLA SUAa) La trasparenza del ciclo dei contratti pub-

blici anche al fine di un efficace contrasto della penetrazione mafiosa e di qualsiasi forma di corruzione;

b) la qualificazione delle stazioni appaltanti e degli operatori economici operanti nel territorio regionale;

c) il contrasto del lavoro nero e dell’evasione contributiva;

d) la salvaguardia della salute e della sicurez-za dei lavoratori nella fase di esecuzione dei contratti pubblici.

Come è noto, la SUA può avere un ambito

di operatività regionale, provinciale e interprovinciale, comunale e intercomunale, e l’adesione degli Enti alla stazione unica appaltante attualmente è facoltativa in quanto basata sul presupposto che, affinché lo strumento possa essere veramente utile e funzionale, oc-corre che vi sia una spontanea e convinta adesione da parte dell’Am-ministrazione interessata, basata sulla consapevolezza dei vantaggi che l’affidamento delle procedure di gara a una struttura specializza-ta comporta. Al fine di consentire il risanamento delle istituzioni locali condi-zionate dalla criminalità organizzata, si presenta alla S.V. la presente proposta di modifica della legge regionale n. 26 del 7 dicembre 2007 che intende ripristinare più legalità e controllo verso tutte le ammi-nistrazioni comunali della Calabria. Di conseguenza, si propone di limitare l’autorità regionale e mo-dificare la sua struttura della SUA in due aspetti: a ) L’Ambito di operatività sia solo Regionale/Provinciale; b ) Di rendere obbligatoria, anziché facoltativa, l’adesione alla SUA a tutti i comuni calabresi; di conseguenza, per tutti i progetti, ap-palti e gare con procedure di affidamento aventi un importo uguale o superiore a € 150.000 (euro centocinquantamila) dovranno av-valersi obbligatoriamente della Stazione Unica Appaltante.

Palmiro Manco(Consigliere comunale e Dirigente regionale di Alleanza per l’Italia)

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“La conoscenza scientifica della topografia dei luoghi in cui si opera è elemento indispensabile per un progetto sostenibile”

Carlos Martì Aris