Torre guaceto
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USCITA DIDATTICA
A
TORRE GUACETO
Lunedì 5 maggio 2014 noi, alunni delle classi 1a A e 1a B di San Donato, ci
siamo recati nella provincia di Brindisi per ammirare la bellissima riserva
naturale di Torre Guaceto.
A Torre Guaceto ci sono alcune specie floreali e faunistiche che sono
rimaste solo in questo posto, e la loro presenza rappresenta di per sé un fatto
importante, perché significa che la zona è assolutamente incontaminata.
La vera valenza, la grandiosità di Torre Guaceto, dal punto di vista
scientifico, è rappresentata dalla sua biodiversità: in nessun altro posto in
Europa c’è un ecosistema, nel suo insieme così piccolo, ma capace di
racchiudere e concentrare una così grande molteplicità di specie.
Inoltre non esiste un altro posto con una duna con caratteristiche e
altezza come quella di Torre Guaceto, sovrastata da macchia mediterranea,
lecceti, secolari, ginepri di 500-600 anni, una zona umida con gli stagnetti, un
parco marino, una zona archeologica ancora intatta; tutte cose, che messe
insieme fanno di Torre Guaceto un gioiello dal punto di vista scientifico.
Etimologia
La denominazione Guaceto deriva dall'arabo GAW SIT, che vuol dire
“luogo dell’acqua dolce”. Infatti, la torre sorge nei pressi di un fiumiciattolo di
piccole dimensioni, di acqua sorgiva, tuttora esistente, che attraversa l’intera
zona umida fino ad inoltrarsi nell’entroterra.
La veridicità dell'origine araba del nome è confermata anche dal fatto che
una delle prime testimonianze topografiche della zona risalgono ad una mappa
araba del XIII secolo, dove la zona viene indicata come "Gaucito”.
Storia Le prime azioni a tutela di Torre Guaceto risalgono al 1970 quando la
marchesa Luisa Romanazzi Carducci al suo ingresso nel direttivo nazionale del
WWF Italia, fece sì che l’associazione prendesse a cuore questo territorio.
Sventate, negli anni successivi, ipotesi di realizzazione di una centrale
elettronucleare e di una lottizzazione a fini turistici, il 18 maggio 1981 il
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, visto il decreto del
presidente della Repubblica del 13 marzo 1976 recepente la convenzione
internazionale di Ramsar del 2 febbraio 1975, dichiara Torre Guaceto “zona
umida di interesse internazionale”.
Nel 1987 il WWF Italia, su incarico del Ministero della Marina Mercantile,
realizza il piano di fattibilità per l’istituzione di una riserva marina a Torre
Guaceto che diventa realtà il 4 dicembre 1991 con decreto dello stesso
Ministero. L’area marina protetta è affidata alla capitaneria di porto di Brindisi.
Nell’ambito del programma comunitario “Natura 2000” e del relativo
programma italiano “Bioitaly”, la Regione Puglia, ai sensi della Dir. 92/43 CEE
“Habitat”, propone Torre Guaceto come Sito di Importanza Comunitaria (SIC)
denominandolo Torre Guaceto Macchia San Giovanni. Sempre la Regione
Puglia individua la zona umida di Torre Guaceto come zona di protezione
speciale (ZPS), ai sensi della Dir. 79/409 CEE “Uccelli”.
Per quanto sopra detto, il Ministero dell’Ambiente, con decreto
ministeriale del 4 febbraio 2000, istituisce la riserva naturale dello Stato di
Torre Guaceto. Il decreto istitutivo individua all’art. 4 l’organismo di gestione
in un consorzio misto fra l’Amministrazione Comunale di Brindisi,
l’Amministrazione Comunale di Carovigno e l’associazione protezionistica
senza fini di lucro WWF Italia. Sempre nello stesso articolo il decreto individua
nello stesso consorzio l’organismo di gestione della riserva naturale marina di
Torre Guaceto.
IL BOSCO DI TORRE GUACETO
TORRE GUACETO è un'oasi protetta situata a 15 km di distanza da Brindisi.
Si tratta di 240 ettari di terreno, una parte dei quali, e dello splendore di Torre
Guaceto, appartengono alla zona boschiva: un misto di tonalità di verde
caratteristico della MACCHIA MEDITERRANEA.
Insieme alla nostra guida abbiamo
esplorato questa parte di Torre Guaceto e
molte piante ci hanno colpito e incuriosito.
Ricordiamo, ad esempio, la Sulla Comune.
Si tratta di una leguminosa (parente dei
fagioli) che aumenta la fertilità di un
terreno, perché lo arricchisce di azoto.
Abbiamo poi visto l'Asfodelo, il
crisantemo dei romani e dei greci in
antichità. Questa pianta va in
Letargo Estivo: i suoi fiori sbocciano
in primavera e diventano secchi
verso l'estate. È un bioindicatore,
perché, crescendo solo in terreni
non inquinati, la sua presenza è
indice di ambiente pulito. Le radici
di questa pianta sono commestibili.
Durante la guerra venivano
mangiate dai soldati italiani e tedeschi.
Abbiamo poi ancora visto altri tipi di piante tra cui il Mirto. Da questa
pianta si ricava lo sciroppo per la tosse e un liquore. I suoi fiori vengono
utilizzati per preparare un prodotto cosmetico che, già dal Medioevo, era
conosciuto come “acqua degli
angeli”. Si tratta di un tonico
per la pulizia del viso.
Impossibile, poi, non
accorgersi del “NONNO” del
bosco, Nonno Gino, un
Ginepro Maschio (senza
coccole) vecchio 600 ANNI. Le
sue radici sono lunghe 3 km
circa e, da sole, trattengono e
stabilizzano la metà del
sistema dunale.
LE TORRI DIFENSIVE: TORRE GUACETO
Proseguendo siamo arrivati vicino alla torre: Torre Guaceto, circondata
da un’immensa prateria dove ci siamo anche stesi, per riposarci un po’!!
Come sfondo c’era l’acqua del
limpido mare costeggiata dalle rocce
modellate dagli agenti atmosferici. Ed ecco che la guida ci ha spiegato la
funzione della torre e delle altre torri di avvistamento dei nemici, tra i quali i
più noti erano i Turchi.
Queste strutture austere e possenti, testimoni di un clima di paura,
avevano anche lo scopo di lanciare un chiaro segnale finalizzato a dissuadere i
Turchi ormai troppo vicini alle nostre
coste. In caso di attacco, le
segnalazioni venivano fatte con fumo
di giorno e fuochi di notte e
successivamente con campane e
colpi di armi da fuoco, permettendo
così agli abitanti delle masserie
fortificate, dei castelli e dei borghi di
prepararsi a respingere l’incursione.
Le torri, avendo scopo di
avvistamento più che difensivo, erano di dimensioni ridotte. La maggior parte
era 10m x 10m ed aveva forma troncopiramidale munita di “caditoie“; vi era
una cisterna nella quale confluivano le acque piovane, attraverso un sistema di
canalizzazione che partiva dal terrazzo. La torre era dotata di un vano alloggio
di 5m x 5m, con camino. Questa stanza era raggiungibile attraverso un scala
retraibile in legno. A presidiare le torri vi erano un “ capo torriere” e tre
guardiani.
La difesa veniva messa in atto grazie alle armi da fuoco in dotazione
ovvero: smeriglie (cannoni) e archibugi. La prova che in tali torri venivano
usate le armi da fuoco è confermata dalla forma quadrangolare, necessaria per
posizionare l’artiglieria sui quattro fronti, e dalle caratteristiche delle caditoie.
La parte superiore era raggiungibile attraverso una scala interna. Ogni accesso
era protetto da tre caditoie chiuse nelle quali si inseriva un archibugio.
Quello che vediamo oggi è solo una parte delle torri che, in origine, erano
più alte ed erano circondate da un cortile chiuso dal quale si accedeva
attraverso una porta alla scala che terminava con una sorta di ponte levatoio.
Per maggiore sicurezza fra una torre e l’altra il litorale veniva scandagliato dai
così detti cavallari che perlustravano costantemente i lidi.
ZONA A DI TORRE GUACETO
L’area marina di Torre Guaceto è divisa dallo Stato Italiano in tre zone:
zona A, B e C. Nella zona A rientrano la parte di mare a protezione integrale e
la spiaggia, ricchi di tante piante differenti, scogli, alghe e conchiglie di vario
genere.
A proposito di piante, ne
ricordiamo una molto
particolare chiamata
Posidonia, considerata doppio
e triplo bioindicatore, perché
vive nel mare solo se l’acqua è
trasparente. Solo in tali
condizioni, infatti, i raggi solari
raggiungono la posidonia e
attivano la fotosintesi clorofilliana che
arricchisce di ossigeno il mare: 1 m2 di prateria
a posidonia produce 14 litri di ossigeno al
giorno. La posidonia, inoltre, purifica la sabbia
e blocca l’erosione delle spiagge.
Un indizio sicuro dell’esistenza di una prateria di posidonia è la presenza
di masse di foglie in decomposizione (dette banquette) sulla spiaggia. Per
quanto possano essere fastidiose, hanno una notevole rilevanza nella
protezione delle spiagge dall’erosione.
Quando sulla spiaggia troviamo le cosiddette Polpette di Mare, in realtà
stiamo osservando i Grobili, ciò
che resta delle foglie, del fusto e
della radice della posidonia
sottoposta all’azione del mare.
A Torre Guaceto si trova il
terzo posidonieto europeo. Il
primo si trova nelle isole BALEARI,
e il secondo a ISCHIA.
Vi sono, sulle dune, anche
delle piante pioniere che sono le
prime a colonizzare un ambiente e a renderlo adatto all’insediamento delle
altre specie.
Riguardo alla sabbia, la nostra guida ci ha fatto osservare che la sabbia
nera del Mar Adriatico, in realtà, non è catrame, come crediamo noi, ma lava
che viene dal Vulture, un vulcano della Basilicata. Il fiume Ofanto trasporta
questa lava nella città di Barletta e le correnti forti la scaricano direttamente
nel mare.
ZONA B DI TORRE GUACETO
La zona B della Riserva Naturale di Torre Guaceto è un’area marina
protetta della Puglia che riguarda la parte a Nord della torre fino a Punta
Penna Grossa. Nella zona B è consentita la
balneazione solo dall’alba al tramonto e l’esclusiva
navigazione a remi, a vela o a pedali. In questa zona
è vietata la pesca e la raccolta di ogni tipo di
reperto. Uno splendido tratto di finissima sabbia,
circondato da dune che raggiungono un’altezza di
8-10 metri, si alterna a tratti rocciosi ricchi di alghe del genere Cystoseira.
Tra i punti più belli della riserva marina, spicca la “spiaggia delle
conchiglie” su cui le correnti marine trasportano un’enorme quantità di
conchiglie. La splendida costa della riserva è, dunque, impreziosita da un
tesoro d’inestimabile bellezza:
conchiglie di forme e
dimensioni diverse e dai colori
meravigliosi, abbiamo potuto
ammirarne qualcuna sul
palmo della nostra mano ed
abbiamo constatato che esse
trovano riparo sotto la sabbia,
visto che ne erano colme.
Fortunatamente, ci hanno
concesso di conservare
almeno uno di quei gioielli, da custodire come ricordo delle splendide acque
cristalline di questo posto incantevole. ZONA C DI TORRE GUACETO
La zona C di Torre Guaceto è una zona marina di riserva parziale dove si
consente, solo a 7
pescatori ben individuati,
di pescare con delle reti
“metrate”, cioè a maglia
larga, in modo che
riescano a pescare dei pesci molto grandi, cioè già riprodotti e che possono
creare solo danni al mare.
La zona C rappresenta la fascia tampone tra le zone di maggior valore
naturalistico e i settori interni alla Riserva marina; in tale zona ricade la
maggior parte dell’estensione della Riserva naturale protetta.
E’ anche possibile svolgere, oltre alle attività permesse nella zona A e B, le
attività di pesca e la navigazione. Le attività sopraelencate sono normate dal
decreto istitutivo e dal disciplinare provvisorio.
TORRE GUACETO:LA PALUDE
La zona umida o palude rappresenta l’ecosistema che maggiormente
caratterizza e rende unica Torre Guaceto. Si estende dalla Punta di Penna
Grossa fino agli scogli dell’Apani ed è così divisa: 164 ettari appartengono al
territorio di Carovigno e 76 ettari appartengono al territorio di Brindisi.
Inserita fin dal 1981 nella lista della Convenzione di Ramsar, che ha
individuato l’importanza a livello internazionale degli ambienti palustri, la zona
umida di Torre Guaceto è alimentata da polle sorgive d’acqua dolce. Essendo
posta lungo la costa, però, la zona umida è d’acqua salmastra. La presenza, a
Torre Guaceto, della zona umida e le conseguenti relazioni che si vengono a
creare con gli ambienti limitrofi, rappresentano una delle caratteristiche più
importanti dell’area dal punto di vista naturalistico.
Questo è un ambiente ad elevata produttività e ad alta biodiversità
perché le zone umide sono sede di interessanti fenomeni.
Un primo elemento che ci permette di spiegare questo elevato
dinamismo, è la presenza di gradienti di temperatura e salinità che,
individuano, all’interno della stessa zona, veri e propri “settori” in grado di
essere popolati da numerose specie di vegetali e animali. Altro elemento
importante
sono i punti di
contatto tra il
mare e l’acqua
dolce della zona
umida. Torre
Guaceto, come
molte altre zone
umide, è stata
interessata da
un’opera di
bonifica; per
tale motivo
sono presenti
numerosi canali che mettono in contatto le due zone. In questi punti l’incontro
tra acque di differente temperatura, salinità e densità provoca dei
rimescolamenti, che interessano soprattutto i sedimenti; in tal modo sono
rimessi in circolo elementi organici e inorganici che, in condizioni normali,
sarebbero rimasti intrappolati nel sedimento. Grazie a questi rimescolamenti, i
sedimenti vengono ossigenati, cosa che favorisce la funzione dei
decompositori, molto attivi in questo ambiente; il classico puzzo di uova
marce, caratteristico delle paludi, altro non è che una conseguenza della
decomposizione.
La zona umida di Torre Guaceto rappresenta un importante sito di ricerca,
sia dal punto di vista ecologico, sia da quello faunistico.
Questa palude è separata dal mare da una fascia dunale ed è affiancata
dalla macchia mediterranea.
Gli specchi d'acqua della
zona umida sono occupati da
vasti canneti a Phragmites
australis. Si chiama in questo
modo perché si trova anche in
Australia. Da questa si ricava
un prodotto antipiretico, cioè
che abbassa la febbre. La
barriera dunale, alta fino a 10
metri ed estesa in lunghezza
per circa 800 metri, risultato
dell'azione millenaria dei venti e del mare, è il regno delle piante pioniere.
NONNO GINO A TORRE GUACETO
Il ginepro occupa la parte più alta delle dune. In genere è un arbusto alto
circa 2 metri, invece a Torre Guaceto è presente nella rara forma arborea del
ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa) con alcuni
esemplari ultrasecolari, tra cui
Nonno Gino, un ginepro
maschio di 600 anni. Le radici di
questo monumento si
estendono per oltre 3 km
assicurando così stabilità alle
dune.
I frutti del ginepro
maturano ogni 2 anni. Per le sue
caratteristiche di specie pioniera
in ambienti sabbiosi e degradati,
svolge un ruolo importante nel trattenimento e consolidamento del terreno,
grazie anche al suo apparato radicale molto esteso. Contribuisce così
all’evoluzione del terreno stesso e all’arricchimento in sostanza organica,
favorendo l’insediamento di specie meno resistenti ad ambienti ostili e di una
vegetazione più ricca ed evoluta. Viene perciò utilizzato nel recupero e
ripopolamento di terreni denudati, di aree degradate e zone impoverite di
vegetazione.
E’ anche apprezzato nel giardinaggio, in particolare vicino al mare, dove,
sfruttando la sua elevata resistenza al vento salso e all’aridità, è utilizzato
proficuamente per la costruzione di siepi e barriere frangivento e per il
consolidamento di substrati incoerenti (dune di sabbia) in stabilimenti balneari
GINEPRO COCCOLONE
FAMIGLIA: Cupressaceae
GENERE: Juniperus
SPECIE: Juniperus oxycedrus L., subsp. macrocarpa
ALTEZZA: Alto generalmente 5 m circa, solo raramente può raggiungere 15 m.
ALTITUDINE: Da 0 a 400 m s.l.m.
FIORITURA: Febbraio-Aprile
ASPETTO: è una pianta arbustiva o piccolo albero sempreverde, con corteccia
di colore grigio–rossastro o bruno–rossastro. Il suo tronco è eretto e ramificato
fin dal basso. Ha una chioma piramidale di colore verde vivo parzialmente
aperta.
FOGLIE: Di colore verde, aghiformi e pungenti, lunghe 15-25 mm con due linee
biancastre nella pagina superiore.
FIORI: chiamati coni. I coni dei due sessi sono portati da piante diverse. I coni
maschili sono giallo rossastri mentre quelli femminili verdastri.
FRUTTI: Costituiti da una pseudo-bacca (galbula o coccola) derivante
dall’ingrossamento del cono. Inizialmente di colore giallo- verdastro, a
maturità rosso–bruna, di forma sferica.
HABITAT: Caratteristica pianta della macchia mediterranea, si trova in
ambienti ostili quali le dune costiere (si spinge fino a riva) e coste rocciose.
DIFFUSIONE: Allo stato spontaneo è comune in tutta la penisola e nelle isole.
Protetta in Lazio e Piemonte.
IMPIEGHI FITOTERAPICI Pianta conosciuta fin dall’antichità, ha conosciuto numerosi utilizzi.
Entrambe le sottospecie di Juniperus oxycedrus hanno proprietà medicinali. Si
utilizzano le foglie , i frutti e il legno
Dalla distillazione a secco del legno si ottiene un olio essenziale, l’olio di
Cadè, usato già dai romani per imbalsamare i morti e per la cura delle malattie
della pelle. L’olio ha proprietà antisettiche e stimolanti. Usato per la cura di
affezioni della pelle, quali l’eczema , la psoriasi ed alcune forme di acne. L’olio
di Cade è impiegato a fini cosmetici per la fabbricazione di shampoo.
Nel passato le galbule sono state usate in differenti formulati come
antireumatico, contro la sciatica, nella cura del raffreddore e di disturbi
dell’apparato respiratorio.
Rami fogliosi e frutti sono stati inoltre utilizzati, anche per uso interno, per
le proprietà aperitive, carminative, depurative e diuretiche.
Benchè gli effetti per tutte queste indicazioni siano innegabili, vi sono
significativi rischi in caso di uso prolungato o sovra dosato, in particolare
durante la gravidanza o in caso di affezioni renali
CURIOSITÀ SUL GINEPRO
Il nome “ginepro” deriva dalla parola celtica “juneprus”, che significa
“acre”. Il nome greco del ginepro, “arkeuthos”, significava “allontanare”,
“respingere”; forse per le foglie pungenti, che si riteneva fossero capaci di
respingere gli spiriti maligni.
Il detto “trovarsi in un ginepraio” si riferisce ai rami intricati del ginepro e
alle sue foglie pungenti per indicare metaforicamente una situazione difficile e
problematica.
Nelle campagne emiliane, agli inizi del ‘900, si usava bruciare un ramo di
ginepro nelle notti della vigilia di Natale, di San Silvestro e dell’Epifania. Anche
il suo carbone, come quello del ceppo, veniva utilizzato in riti superstiziosi. Si
riteneva che il forte profumo, cacciasse i serpenti, mentre dalle bacche e dalle
foglie si ricavava un succo capace di far guarire dai morsi degli animali
velenosi, come riferisce anche Dioscoride. Secondo la tradizione cristiana,
invece, aveva il potere di purificare dai peccati.
Più di ogni altra cosa il ginepro veniva usato per essere bruciato in caso di
malattie, soprattutto infettive. I Greci e i Romani credevano, infatti, che il
fumo aromatico che proviene dalla combustione di questa pianta avesse il
potere di purificare l’aria, o addirittura potesse prevenire malattie come
lebbra e peste bubbonica.
Anche durante la Seconda Guerra Mondiale, le infermiere francesi
ricorrevano a fumigazioni ottenute da questa pianta per purificare le sale degli
ospedali.
Angelo de Gubernatis racconta che nei monti del pistoiese, la gente
appendeva sulla porta di casa un rametto di ginepro, per allontanare le
streghe. Queste, prima di entrare nelle abitazioni, trovandoselo davanti, non
potevano fare a meno di contare le tantissime foglioline, sbagliando e
ricominciando da capo. Alla fine, spazientite, le streghe dovevano allontanarsi
per paura di essere viste e riconosciute. Il ginepro, quindi, aveva il potere di
tenere lontane streghe e spiriti maligni, per questo i suoi rami venivano anche
appesi alle porte delle stalle per preservare la salute del bestiame e venivano
posti sul tetto delle case appena costruite.
In Garfagnana è usanza fare l’albero di Natale con il ginepro, non si usa
mai il pino o l’abete. La sera della vigilia, inoltre, si brucia nel camino un
ramoscello di ginepro, respirandone il profumo.
Il legno del ginepro veniva utilizzato per costruire utensili da cucina (ad
esempio il mestolo per girare la polenta), così da impregnare col suo dolce
aroma tutte le pietanze preparate.
Alcuni arbusti di ginepro vengono utilizzati in Giappone nell’arte Bonsai
poiché permettono di ottenere forme molto originali e ardite.
LA LEGGENDA DEL GINEPRO
La leggenda del ginepro narra che quando Erode ordinò la “Strage degli
Innocenti” e voleva uccidere Gesù, la Madonna e San Giuseppe fuggirono in
Egitto. Una notte durante il viaggio, reso aspro dalla neve, la Madonna chiese a
una ginestra un po’ di riparo per il bambino. La ginestra rifiutò seccamente e
anzi drizzò i propri rami ancora più in alto, così che i viandanti non si potessero
riparare. Allora il sacro trio riprese il cammino, mentre i soldati di Erode si
facevano sempre più vicini. Chiesero ad altre piante un rifugio, ma tutti gli
alberi si rifiutarono di nasconderli. Avevano paura che i soldati dessero loro
fuoco per aver offerto riparo ai viaggiatori ricercati. Infine la Madonna si
rivolse disperata a un ginepro: “Per pietà, permetti che ci ripariamo sotto i tuoi
rami: abbiamo freddo e i soldati di Re Erode si avvicinano, se ci trovano
uccideranno il bambino.”. “Venite! Venite pure, ci penserò io” rispose il
ginepro. E per proteggerli piegò i rami fino a terra e infittì e indurì le sue foglie,
rendendole pungenti.
Quando i soldati
arrivarono frugarono
tutto il bosco,
controllarono anche il
ginepro, ma si punsero
e lasciarono stare. Il
mattino dopo aveva
smesso di nevicare.
Maria, riconoscente,
benedisse il ginepro
profetizzandogli che, con il suo legno, si sarebbe costruita la Croce. Maria e
Giuseppe ringraziarono il ginepro e ripresero il cammino, portando in salvo
Gesù.
IL LEGNO DI GINEPRO Il legno del ginepro coccolone è tra i più compatti e duri tra quelli dei
nostri alberi, tanto che, prima dell'avvento delle moderne motoseghe, i boscaioli
che tagliavano legna nella macchia per
fare il carbone evitavano di tagliare il
ginepro per non danneggiare i preziosi
arnesi.
Si tratta di un legno pregiato, scuro
e profumato, durissimo ma di facile
lavorazione, quasi incorruttibile.
Veniva impiegato per la fabbricazione
di mobili, arnesi e suppellettili, tini,
botticelle, recipienti per l'acqua solai ed imbarcazioni.
Per la sua compattezza è adatto per lavori di intarsio e per scolpire statue.
I tronchi degli esemplari arborei sono stati utilizzati, fin dall'epoca romana,
come travi nella costruzione delle case.
USI IN CUCINA
Il ginepro era molto amato già al tempo dei Romani e Apicio lo indicava
come spezia indispensabile nella cucina di un cuoco e ottimo sostituto del
pepe.
Il ginepro è stato da sempre impiegato per il suo caratteristico profumo:
le bacche per dare un gusto particolare ai piatti, il legno per costruire botticelle
nelle quali aromatizzare l’aceto. Le bacche del ginepro hanno un sapore
acidulo per questo smorzano bene cibi forti come la selvaggina e i crauti.
Molto apprezzate anche per insaporire preparazioni di patate o pesce al
cartoccio.
La galbula del ginepro coccolone può essere usata direttamente per
preparare i liquori con proprietà digestive e per aromatizzare arrosti e piatti di
cacciagione, in modo del tutto analogo alle galbule di Juniperus communis L.
Il legno del ginepro è molto profumato, per questo viene usato per
affumicare i salumi (è il caso del rinomato speck del Trentino) e posto nei forni
a legna per dare aroma al pane durante la cottura.
ALLE ORIGINI DEL GIN
Molto utilizzato nella preparazione di alcolici facendo fermentare il succo
delle bacche e quindi distillando (gineprato e acquavite di ginepro). e per fare
liquori tramite distillazione dello spirito sulle bacche (gin).
Il ginepro, infatti, costituisce la base del gin, la bevanda alcolica inventata
dagli Olandesi nel XVII secolo e che tanto successo continua a riscuotere
ancora oggi.
CROSTINI AL PATÈ DI POLLO
Ingredienti:
polli 3 (solo frattaglie)
cipolla 1
salvia 2 foglie
capperi sotto sale 5
3 bacche di Ginepro
vino bianco 40 ml
aceto di vino bianco 40 ml
burro 25 gr
pane casareccio 4 fette
olio extravergine d’oliva q.b.
pepe q.b.
sale q.b.
Preparazione:
Mettere da parte i fegatini e versare il resto delle frattaglie in padella
con cipolla a fette, salvia, capperi dissalati, bacche di ginepro, vino,
aceto di vino e far cuocere il tutto a fuoco lento per 15 minuti;
aggiungere poi i fegatini e far cuocere per altri 10 minuti condendo con
sale, pepe .
Infine, frullare il tutto ottenendo una crema di pollo da far riposare
per 8 h, in modo che si solidifichi leggermente.
Al momento di servire, scaldare le fette di pane e spalmarle sui
crostini il patè di pollo.
RISOTTO AL ROSMARINO E GINEPRO
Ingredienti
Riso 500 gr Panna 250 ml Cipolla 1 Rosmarino 1 rametto 10 bacche di Ginepro Vino Bianco mezzo bicchiere Parmigiano 3 cucchiai Brodo q.b. Sale q.b. Burro 1 noce
Preparazione:
Rosolare la cipolla tritata con il burro, aggiungere poi il riso, sfumarlo con il vino e continuare a farlo cuocere aggiungendo il brodo. A fine cottura versare la panna, il rosmarino tritato, le bacche di ginepro e mantecare con abbondante parmigiano.
CARRÈ DI MAIALE AL FORNO
Ingredienti:
1000 g carrè di maiale;
sale;
pepe;
alcune bacche di ginepro;
salvia;
rosmarino;
pochi semi di cumino;
6 cucchiai di olio d'oliva;
poco vino bianco
Preparazione:
Massaggiare un pezzo di carrè di maiale di 1000 g di peso con sale, pepe e
un trito di bacche di ginepro, salvia, rosmarino e pochi semi di cumino. Far
riposare ed insaporire per 2-3 ore in un luogo fresco e poi porre la carne in una
teglia da forno unta con 6 cucchiai di olio. Passare al forno già caldo a 200° C e
far cuocere, rigirando spesso e bagnando con poco vino bianco. Quando la
carne è ben rosolata e morbida all'interno, affettarla e bagnarla con il fondo di
cottura deglassato con poco vino bianco. Servire caldo.
CRAUTI IN UMIDO
Ingredienti: 1500 g di cavolo cappuccio
150 g di pancetta
30 g di burro
Vino bianco secco
Brodo
Aceto di vino bianco
Timo
1 cipolla
Alcune bacche di ginepro
4 cucchiai di olio d’oliva
Sale
Pepe
Preparazione:
Pulite il cavolo e tagliatelo a striscioline sottili. In una capiente casseruola
scaldate il burro e quattro cucchiai di olio, insaporitevi la cipolla e la pancetta
tritate, mescolando spesso. Spruzzate con vino e aceto, lasciate consumare
fino a perdere la metà del liquido. Aggiungete il cavolo, il timo e alcune bacche
di ginepro. Mescolate e coprite il tutto con il brodo tiepido. Lasciate cuocere a
fiamma molto bassa per due ore circa, mescolando ogni tanto e aggiungendo
brodo qualora fosse necessario. Prima di spegnere, regolate di sale e pepe.
Servite i crauti caldi con carni di maiale, cotechini o zamponi.
PERE CARAMELLATE
Ingredienti
Pere 4 Zucchero 2 bicchieri Vino Bianco 2 bicchieri Chiodi Di Garofano 2 chiodi Bacche Di Ginepro q.b.
Preparazione:
Mettere le pere in una pentola e coprirle con zucchero, vino bianco, chiodi di garofano e bacche di ginepro. Far cuocere le pere per mezz'ora coperte, a fuoco basso. Scolare e servire queste pere caramellate con il caramello fatto leggermente ridurre.