Torre guaceto

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USCITA DIDATTICA A TORRE GUACETO Lunedì 5 maggio 2014 noi, alunni delle classi 1 a A e 1 a B di San Donato, ci siamo recati nella provincia di Brindisi per ammirare la bellissima riserva naturale di Torre Guaceto. A Torre Guaceto ci sono alcune specie floreali e faunistiche che sono rimaste solo in questo posto, e la loro presenza rappresenta di per sé un fatto importante, perché significa che la zona è assolutamente incontaminata. La vera valenza, la grandiosità di Torre Guaceto, dal punto di vista scientifico, è rappresentata dalla sua biodiversità: in nessun altro posto in Europa c’è un ecosistema, nel suo insieme così piccolo, ma capace di racchiudere e concentrare una così grande molteplicità di specie. Inoltre non esiste un altro posto con una duna con caratteristiche e altezza come quella di Torre Guaceto, sovrastata da macchia mediterranea, lecceti, secolari, ginepri di 500-600 anni, una zona umida con gli stagnetti, un

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USCITA DIDATTICA

A

TORRE GUACETO

Lunedì 5 maggio 2014 noi, alunni delle classi 1a A e 1a B di San Donato, ci

siamo recati nella provincia di Brindisi per ammirare la bellissima riserva

naturale di Torre Guaceto.

A Torre Guaceto ci sono alcune specie floreali e faunistiche che sono

rimaste solo in questo posto, e la loro presenza rappresenta di per sé un fatto

importante, perché significa che la zona è assolutamente incontaminata.

La vera valenza, la grandiosità di Torre Guaceto, dal punto di vista

scientifico, è rappresentata dalla sua biodiversità: in nessun altro posto in

Europa c’è un ecosistema, nel suo insieme così piccolo, ma capace di

racchiudere e concentrare una così grande molteplicità di specie.

Inoltre non esiste un altro posto con una duna con caratteristiche e

altezza come quella di Torre Guaceto, sovrastata da macchia mediterranea,

lecceti, secolari, ginepri di 500-600 anni, una zona umida con gli stagnetti, un

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parco marino, una zona archeologica ancora intatta; tutte cose, che messe

insieme fanno di Torre Guaceto un gioiello dal punto di vista scientifico.

Etimologia

La denominazione Guaceto deriva dall'arabo GAW SIT, che vuol dire

“luogo dell’acqua dolce”. Infatti, la torre sorge nei pressi di un fiumiciattolo di

piccole dimensioni, di acqua sorgiva, tuttora esistente, che attraversa l’intera

zona umida fino ad inoltrarsi nell’entroterra.

La veridicità dell'origine araba del nome è confermata anche dal fatto che

una delle prime testimonianze topografiche della zona risalgono ad una mappa

araba del XIII secolo, dove la zona viene indicata come "Gaucito”.

Storia Le prime azioni a tutela di Torre Guaceto risalgono al 1970 quando la

marchesa Luisa Romanazzi Carducci al suo ingresso nel direttivo nazionale del

WWF Italia, fece sì che l’associazione prendesse a cuore questo territorio.

Sventate, negli anni successivi, ipotesi di realizzazione di una centrale

elettronucleare e di una lottizzazione a fini turistici, il 18 maggio 1981 il

Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, visto il decreto del

presidente della Repubblica del 13 marzo 1976 recepente la convenzione

internazionale di Ramsar del 2 febbraio 1975, dichiara Torre Guaceto “zona

umida di interesse internazionale”.

Nel 1987 il WWF Italia, su incarico del Ministero della Marina Mercantile,

realizza il piano di fattibilità per l’istituzione di una riserva marina a Torre

Guaceto che diventa realtà il 4 dicembre 1991 con decreto dello stesso

Ministero. L’area marina protetta è affidata alla capitaneria di porto di Brindisi.

Nell’ambito del programma comunitario “Natura 2000” e del relativo

programma italiano “Bioitaly”, la Regione Puglia, ai sensi della Dir. 92/43 CEE

“Habitat”, propone Torre Guaceto come Sito di Importanza Comunitaria (SIC)

denominandolo Torre Guaceto Macchia San Giovanni. Sempre la Regione

Puglia individua la zona umida di Torre Guaceto come zona di protezione

speciale (ZPS), ai sensi della Dir. 79/409 CEE “Uccelli”.

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Per quanto sopra detto, il Ministero dell’Ambiente, con decreto

ministeriale del 4 febbraio 2000, istituisce la riserva naturale dello Stato di

Torre Guaceto. Il decreto istitutivo individua all’art. 4 l’organismo di gestione

in un consorzio misto fra l’Amministrazione Comunale di Brindisi,

l’Amministrazione Comunale di Carovigno e l’associazione protezionistica

senza fini di lucro WWF Italia. Sempre nello stesso articolo il decreto individua

nello stesso consorzio l’organismo di gestione della riserva naturale marina di

Torre Guaceto.

IL BOSCO DI TORRE GUACETO

TORRE GUACETO è un'oasi protetta situata a 15 km di distanza da Brindisi.

Si tratta di 240 ettari di terreno, una parte dei quali, e dello splendore di Torre

Guaceto, appartengono alla zona boschiva: un misto di tonalità di verde

caratteristico della MACCHIA MEDITERRANEA.

Insieme alla nostra guida abbiamo

esplorato questa parte di Torre Guaceto e

molte piante ci hanno colpito e incuriosito.

Ricordiamo, ad esempio, la Sulla Comune.

Si tratta di una leguminosa (parente dei

fagioli) che aumenta la fertilità di un

terreno, perché lo arricchisce di azoto.

Abbiamo poi visto l'Asfodelo, il

crisantemo dei romani e dei greci in

antichità. Questa pianta va in

Letargo Estivo: i suoi fiori sbocciano

in primavera e diventano secchi

verso l'estate. È un bioindicatore,

perché, crescendo solo in terreni

non inquinati, la sua presenza è

indice di ambiente pulito. Le radici

di questa pianta sono commestibili.

Durante la guerra venivano

mangiate dai soldati italiani e tedeschi.

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Abbiamo poi ancora visto altri tipi di piante tra cui il Mirto. Da questa

pianta si ricava lo sciroppo per la tosse e un liquore. I suoi fiori vengono

utilizzati per preparare un prodotto cosmetico che, già dal Medioevo, era

conosciuto come “acqua degli

angeli”. Si tratta di un tonico

per la pulizia del viso.

Impossibile, poi, non

accorgersi del “NONNO” del

bosco, Nonno Gino, un

Ginepro Maschio (senza

coccole) vecchio 600 ANNI. Le

sue radici sono lunghe 3 km

circa e, da sole, trattengono e

stabilizzano la metà del

sistema dunale.

LE TORRI DIFENSIVE: TORRE GUACETO

Proseguendo siamo arrivati vicino alla torre: Torre Guaceto, circondata

da un’immensa prateria dove ci siamo anche stesi, per riposarci un po’!!

Come sfondo c’era l’acqua del

limpido mare costeggiata dalle rocce

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modellate dagli agenti atmosferici. Ed ecco che la guida ci ha spiegato la

funzione della torre e delle altre torri di avvistamento dei nemici, tra i quali i

più noti erano i Turchi.

Queste strutture austere e possenti, testimoni di un clima di paura,

avevano anche lo scopo di lanciare un chiaro segnale finalizzato a dissuadere i

Turchi ormai troppo vicini alle nostre

coste. In caso di attacco, le

segnalazioni venivano fatte con fumo

di giorno e fuochi di notte e

successivamente con campane e

colpi di armi da fuoco, permettendo

così agli abitanti delle masserie

fortificate, dei castelli e dei borghi di

prepararsi a respingere l’incursione.

Le torri, avendo scopo di

avvistamento più che difensivo, erano di dimensioni ridotte. La maggior parte

era 10m x 10m ed aveva forma troncopiramidale munita di “caditoie“; vi era

una cisterna nella quale confluivano le acque piovane, attraverso un sistema di

canalizzazione che partiva dal terrazzo. La torre era dotata di un vano alloggio

di 5m x 5m, con camino. Questa stanza era raggiungibile attraverso un scala

retraibile in legno. A presidiare le torri vi erano un “ capo torriere” e tre

guardiani.

La difesa veniva messa in atto grazie alle armi da fuoco in dotazione

ovvero: smeriglie (cannoni) e archibugi. La prova che in tali torri venivano

usate le armi da fuoco è confermata dalla forma quadrangolare, necessaria per

posizionare l’artiglieria sui quattro fronti, e dalle caratteristiche delle caditoie.

La parte superiore era raggiungibile attraverso una scala interna. Ogni accesso

era protetto da tre caditoie chiuse nelle quali si inseriva un archibugio.

Quello che vediamo oggi è solo una parte delle torri che, in origine, erano

più alte ed erano circondate da un cortile chiuso dal quale si accedeva

attraverso una porta alla scala che terminava con una sorta di ponte levatoio.

Per maggiore sicurezza fra una torre e l’altra il litorale veniva scandagliato dai

così detti cavallari che perlustravano costantemente i lidi.

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ZONA A DI TORRE GUACETO

L’area marina di Torre Guaceto è divisa dallo Stato Italiano in tre zone:

zona A, B e C. Nella zona A rientrano la parte di mare a protezione integrale e

la spiaggia, ricchi di tante piante differenti, scogli, alghe e conchiglie di vario

genere.

A proposito di piante, ne

ricordiamo una molto

particolare chiamata

Posidonia, considerata doppio

e triplo bioindicatore, perché

vive nel mare solo se l’acqua è

trasparente. Solo in tali

condizioni, infatti, i raggi solari

raggiungono la posidonia e

attivano la fotosintesi clorofilliana che

arricchisce di ossigeno il mare: 1 m2 di prateria

a posidonia produce 14 litri di ossigeno al

giorno. La posidonia, inoltre, purifica la sabbia

e blocca l’erosione delle spiagge.

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Un indizio sicuro dell’esistenza di una prateria di posidonia è la presenza

di masse di foglie in decomposizione (dette banquette) sulla spiaggia. Per

quanto possano essere fastidiose, hanno una notevole rilevanza nella

protezione delle spiagge dall’erosione.

Quando sulla spiaggia troviamo le cosiddette Polpette di Mare, in realtà

stiamo osservando i Grobili, ciò

che resta delle foglie, del fusto e

della radice della posidonia

sottoposta all’azione del mare.

A Torre Guaceto si trova il

terzo posidonieto europeo. Il

primo si trova nelle isole BALEARI,

e il secondo a ISCHIA.

Vi sono, sulle dune, anche

delle piante pioniere che sono le

prime a colonizzare un ambiente e a renderlo adatto all’insediamento delle

altre specie.

Riguardo alla sabbia, la nostra guida ci ha fatto osservare che la sabbia

nera del Mar Adriatico, in realtà, non è catrame, come crediamo noi, ma lava

che viene dal Vulture, un vulcano della Basilicata. Il fiume Ofanto trasporta

questa lava nella città di Barletta e le correnti forti la scaricano direttamente

nel mare.

ZONA B DI TORRE GUACETO

La zona B della Riserva Naturale di Torre Guaceto è un’area marina

protetta della Puglia che riguarda la parte a Nord della torre fino a Punta

Penna Grossa. Nella zona B è consentita la

balneazione solo dall’alba al tramonto e l’esclusiva

navigazione a remi, a vela o a pedali. In questa zona

è vietata la pesca e la raccolta di ogni tipo di

reperto. Uno splendido tratto di finissima sabbia,

circondato da dune che raggiungono un’altezza di

8-10 metri, si alterna a tratti rocciosi ricchi di alghe del genere Cystoseira.

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Tra i punti più belli della riserva marina, spicca la “spiaggia delle

conchiglie” su cui le correnti marine trasportano un’enorme quantità di

conchiglie. La splendida costa della riserva è, dunque, impreziosita da un

tesoro d’inestimabile bellezza:

conchiglie di forme e

dimensioni diverse e dai colori

meravigliosi, abbiamo potuto

ammirarne qualcuna sul

palmo della nostra mano ed

abbiamo constatato che esse

trovano riparo sotto la sabbia,

visto che ne erano colme.

Fortunatamente, ci hanno

concesso di conservare

almeno uno di quei gioielli, da custodire come ricordo delle splendide acque

cristalline di questo posto incantevole. ZONA C DI TORRE GUACETO

La zona C di Torre Guaceto è una zona marina di riserva parziale dove si

consente, solo a 7

pescatori ben individuati,

di pescare con delle reti

“metrate”, cioè a maglia

larga, in modo che

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riescano a pescare dei pesci molto grandi, cioè già riprodotti e che possono

creare solo danni al mare.

La zona C rappresenta la fascia tampone tra le zone di maggior valore

naturalistico e i settori interni alla Riserva marina; in tale zona ricade la

maggior parte dell’estensione della Riserva naturale protetta.

E’ anche possibile svolgere, oltre alle attività permesse nella zona A e B, le

attività di pesca e la navigazione. Le attività sopraelencate sono normate dal

decreto istitutivo e dal disciplinare provvisorio.

TORRE GUACETO:LA PALUDE

La zona umida o palude rappresenta l’ecosistema che maggiormente

caratterizza e rende unica Torre Guaceto. Si estende dalla Punta di Penna

Grossa fino agli scogli dell’Apani ed è così divisa: 164 ettari appartengono al

territorio di Carovigno e 76 ettari appartengono al territorio di Brindisi.

Inserita fin dal 1981 nella lista della Convenzione di Ramsar, che ha

individuato l’importanza a livello internazionale degli ambienti palustri, la zona

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umida di Torre Guaceto è alimentata da polle sorgive d’acqua dolce. Essendo

posta lungo la costa, però, la zona umida è d’acqua salmastra. La presenza, a

Torre Guaceto, della zona umida e le conseguenti relazioni che si vengono a

creare con gli ambienti limitrofi, rappresentano una delle caratteristiche più

importanti dell’area dal punto di vista naturalistico.

Questo è un ambiente ad elevata produttività e ad alta biodiversità

perché le zone umide sono sede di interessanti fenomeni.

Un primo elemento che ci permette di spiegare questo elevato

dinamismo, è la presenza di gradienti di temperatura e salinità che,

individuano, all’interno della stessa zona, veri e propri “settori” in grado di

essere popolati da numerose specie di vegetali e animali. Altro elemento

importante

sono i punti di

contatto tra il

mare e l’acqua

dolce della zona

umida. Torre

Guaceto, come

molte altre zone

umide, è stata

interessata da

un’opera di

bonifica; per

tale motivo

sono presenti

numerosi canali che mettono in contatto le due zone. In questi punti l’incontro

tra acque di differente temperatura, salinità e densità provoca dei

rimescolamenti, che interessano soprattutto i sedimenti; in tal modo sono

rimessi in circolo elementi organici e inorganici che, in condizioni normali,

sarebbero rimasti intrappolati nel sedimento. Grazie a questi rimescolamenti, i

sedimenti vengono ossigenati, cosa che favorisce la funzione dei

decompositori, molto attivi in questo ambiente; il classico puzzo di uova

marce, caratteristico delle paludi, altro non è che una conseguenza della

decomposizione.

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La zona umida di Torre Guaceto rappresenta un importante sito di ricerca,

sia dal punto di vista ecologico, sia da quello faunistico.

Questa palude è separata dal mare da una fascia dunale ed è affiancata

dalla macchia mediterranea.

Gli specchi d'acqua della

zona umida sono occupati da

vasti canneti a Phragmites

australis. Si chiama in questo

modo perché si trova anche in

Australia. Da questa si ricava

un prodotto antipiretico, cioè

che abbassa la febbre. La

barriera dunale, alta fino a 10

metri ed estesa in lunghezza

per circa 800 metri, risultato

dell'azione millenaria dei venti e del mare, è il regno delle piante pioniere.

NONNO GINO A TORRE GUACETO

Il ginepro occupa la parte più alta delle dune. In genere è un arbusto alto

circa 2 metri, invece a Torre Guaceto è presente nella rara forma arborea del

ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa) con alcuni

esemplari ultrasecolari, tra cui

Nonno Gino, un ginepro

maschio di 600 anni. Le radici di

questo monumento si

estendono per oltre 3 km

assicurando così stabilità alle

dune.

I frutti del ginepro

maturano ogni 2 anni. Per le sue

caratteristiche di specie pioniera

in ambienti sabbiosi e degradati,

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svolge un ruolo importante nel trattenimento e consolidamento del terreno,

grazie anche al suo apparato radicale molto esteso. Contribuisce così

all’evoluzione del terreno stesso e all’arricchimento in sostanza organica,

favorendo l’insediamento di specie meno resistenti ad ambienti ostili e di una

vegetazione più ricca ed evoluta. Viene perciò utilizzato nel recupero e

ripopolamento di terreni denudati, di aree degradate e zone impoverite di

vegetazione.

E’ anche apprezzato nel giardinaggio, in particolare vicino al mare, dove,

sfruttando la sua elevata resistenza al vento salso e all’aridità, è utilizzato

proficuamente per la costruzione di siepi e barriere frangivento e per il

consolidamento di substrati incoerenti (dune di sabbia) in stabilimenti balneari

GINEPRO COCCOLONE

FAMIGLIA: Cupressaceae

GENERE: Juniperus

SPECIE: Juniperus oxycedrus L., subsp. macrocarpa

ALTEZZA: Alto generalmente 5 m circa, solo raramente può raggiungere 15 m.

ALTITUDINE: Da 0 a 400 m s.l.m.

FIORITURA: Febbraio-Aprile

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ASPETTO: è una pianta arbustiva o piccolo albero sempreverde, con corteccia

di colore grigio–rossastro o bruno–rossastro. Il suo tronco è eretto e ramificato

fin dal basso. Ha una chioma piramidale di colore verde vivo parzialmente

aperta.

FOGLIE: Di colore verde, aghiformi e pungenti, lunghe 15-25 mm con due linee

biancastre nella pagina superiore.

FIORI: chiamati coni. I coni dei due sessi sono portati da piante diverse. I coni

maschili sono giallo rossastri mentre quelli femminili verdastri.

FRUTTI: Costituiti da una pseudo-bacca (galbula o coccola) derivante

dall’ingrossamento del cono. Inizialmente di colore giallo- verdastro, a

maturità rosso–bruna, di forma sferica.

HABITAT: Caratteristica pianta della macchia mediterranea, si trova in

ambienti ostili quali le dune costiere (si spinge fino a riva) e coste rocciose.

DIFFUSIONE: Allo stato spontaneo è comune in tutta la penisola e nelle isole.

Protetta in Lazio e Piemonte.

IMPIEGHI FITOTERAPICI Pianta conosciuta fin dall’antichità, ha conosciuto numerosi utilizzi.

Entrambe le sottospecie di Juniperus oxycedrus hanno proprietà medicinali. Si

utilizzano le foglie , i frutti e il legno

Dalla distillazione a secco del legno si ottiene un olio essenziale, l’olio di

Cadè, usato già dai romani per imbalsamare i morti e per la cura delle malattie

della pelle. L’olio ha proprietà antisettiche e stimolanti. Usato per la cura di

affezioni della pelle, quali l’eczema , la psoriasi ed alcune forme di acne. L’olio

di Cade è impiegato a fini cosmetici per la fabbricazione di shampoo.

Nel passato le galbule sono state usate in differenti formulati come

antireumatico, contro la sciatica, nella cura del raffreddore e di disturbi

dell’apparato respiratorio.

Rami fogliosi e frutti sono stati inoltre utilizzati, anche per uso interno, per

le proprietà aperitive, carminative, depurative e diuretiche.

Benchè gli effetti per tutte queste indicazioni siano innegabili, vi sono

significativi rischi in caso di uso prolungato o sovra dosato, in particolare

durante la gravidanza o in caso di affezioni renali

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CURIOSITÀ SUL GINEPRO

Il nome “ginepro” deriva dalla parola celtica “juneprus”, che significa

“acre”. Il nome greco del ginepro, “arkeuthos”, significava “allontanare”,

“respingere”; forse per le foglie pungenti, che si riteneva fossero capaci di

respingere gli spiriti maligni.

Il detto “trovarsi in un ginepraio” si riferisce ai rami intricati del ginepro e

alle sue foglie pungenti per indicare metaforicamente una situazione difficile e

problematica.

Nelle campagne emiliane, agli inizi del ‘900, si usava bruciare un ramo di

ginepro nelle notti della vigilia di Natale, di San Silvestro e dell’Epifania. Anche

il suo carbone, come quello del ceppo, veniva utilizzato in riti superstiziosi. Si

riteneva che il forte profumo, cacciasse i serpenti, mentre dalle bacche e dalle

foglie si ricavava un succo capace di far guarire dai morsi degli animali

velenosi, come riferisce anche Dioscoride. Secondo la tradizione cristiana,

invece, aveva il potere di purificare dai peccati.

Più di ogni altra cosa il ginepro veniva usato per essere bruciato in caso di

malattie, soprattutto infettive. I Greci e i Romani credevano, infatti, che il

fumo aromatico che proviene dalla combustione di questa pianta avesse il

potere di purificare l’aria, o addirittura potesse prevenire malattie come

lebbra e peste bubbonica.

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Anche durante la Seconda Guerra Mondiale, le infermiere francesi

ricorrevano a fumigazioni ottenute da questa pianta per purificare le sale degli

ospedali.

Angelo de Gubernatis racconta che nei monti del pistoiese, la gente

appendeva sulla porta di casa un rametto di ginepro, per allontanare le

streghe. Queste, prima di entrare nelle abitazioni, trovandoselo davanti, non

potevano fare a meno di contare le tantissime foglioline, sbagliando e

ricominciando da capo. Alla fine, spazientite, le streghe dovevano allontanarsi

per paura di essere viste e riconosciute. Il ginepro, quindi, aveva il potere di

tenere lontane streghe e spiriti maligni, per questo i suoi rami venivano anche

appesi alle porte delle stalle per preservare la salute del bestiame e venivano

posti sul tetto delle case appena costruite.

In Garfagnana è usanza fare l’albero di Natale con il ginepro, non si usa

mai il pino o l’abete. La sera della vigilia, inoltre, si brucia nel camino un

ramoscello di ginepro, respirandone il profumo.

Il legno del ginepro veniva utilizzato per costruire utensili da cucina (ad

esempio il mestolo per girare la polenta), così da impregnare col suo dolce

aroma tutte le pietanze preparate.

Alcuni arbusti di ginepro vengono utilizzati in Giappone nell’arte Bonsai

poiché permettono di ottenere forme molto originali e ardite.

LA LEGGENDA DEL GINEPRO

La leggenda del ginepro narra che quando Erode ordinò la “Strage degli

Innocenti” e voleva uccidere Gesù, la Madonna e San Giuseppe fuggirono in

Egitto. Una notte durante il viaggio, reso aspro dalla neve, la Madonna chiese a

una ginestra un po’ di riparo per il bambino. La ginestra rifiutò seccamente e

anzi drizzò i propri rami ancora più in alto, così che i viandanti non si potessero

riparare. Allora il sacro trio riprese il cammino, mentre i soldati di Erode si

facevano sempre più vicini. Chiesero ad altre piante un rifugio, ma tutti gli

alberi si rifiutarono di nasconderli. Avevano paura che i soldati dessero loro

fuoco per aver offerto riparo ai viaggiatori ricercati. Infine la Madonna si

rivolse disperata a un ginepro: “Per pietà, permetti che ci ripariamo sotto i tuoi

rami: abbiamo freddo e i soldati di Re Erode si avvicinano, se ci trovano

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uccideranno il bambino.”. “Venite! Venite pure, ci penserò io” rispose il

ginepro. E per proteggerli piegò i rami fino a terra e infittì e indurì le sue foglie,

rendendole pungenti.

Quando i soldati

arrivarono frugarono

tutto il bosco,

controllarono anche il

ginepro, ma si punsero

e lasciarono stare. Il

mattino dopo aveva

smesso di nevicare.

Maria, riconoscente,

benedisse il ginepro

profetizzandogli che, con il suo legno, si sarebbe costruita la Croce. Maria e

Giuseppe ringraziarono il ginepro e ripresero il cammino, portando in salvo

Gesù.

IL LEGNO DI GINEPRO Il legno del ginepro coccolone è tra i più compatti e duri tra quelli dei

nostri alberi, tanto che, prima dell'avvento delle moderne motoseghe, i boscaioli

che tagliavano legna nella macchia per

fare il carbone evitavano di tagliare il

ginepro per non danneggiare i preziosi

arnesi.

Si tratta di un legno pregiato, scuro

e profumato, durissimo ma di facile

lavorazione, quasi incorruttibile.

Veniva impiegato per la fabbricazione

di mobili, arnesi e suppellettili, tini,

botticelle, recipienti per l'acqua solai ed imbarcazioni.

Per la sua compattezza è adatto per lavori di intarsio e per scolpire statue.

I tronchi degli esemplari arborei sono stati utilizzati, fin dall'epoca romana,

come travi nella costruzione delle case.

Page 17: Torre guaceto

USI IN CUCINA

Il ginepro era molto amato già al tempo dei Romani e Apicio lo indicava

come spezia indispensabile nella cucina di un cuoco e ottimo sostituto del

pepe.

Il ginepro è stato da sempre impiegato per il suo caratteristico profumo:

le bacche per dare un gusto particolare ai piatti, il legno per costruire botticelle

nelle quali aromatizzare l’aceto. Le bacche del ginepro hanno un sapore

acidulo per questo smorzano bene cibi forti come la selvaggina e i crauti.

Molto apprezzate anche per insaporire preparazioni di patate o pesce al

cartoccio.

La galbula del ginepro coccolone può essere usata direttamente per

preparare i liquori con proprietà digestive e per aromatizzare arrosti e piatti di

cacciagione, in modo del tutto analogo alle galbule di Juniperus communis L.

Il legno del ginepro è molto profumato, per questo viene usato per

affumicare i salumi (è il caso del rinomato speck del Trentino) e posto nei forni

a legna per dare aroma al pane durante la cottura.

ALLE ORIGINI DEL GIN

Molto utilizzato nella preparazione di alcolici facendo fermentare il succo

delle bacche e quindi distillando (gineprato e acquavite di ginepro). e per fare

liquori tramite distillazione dello spirito sulle bacche (gin).

Il ginepro, infatti, costituisce la base del gin, la bevanda alcolica inventata

dagli Olandesi nel XVII secolo e che tanto successo continua a riscuotere

ancora oggi.

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CROSTINI AL PATÈ DI POLLO

Ingredienti:

polli 3 (solo frattaglie)

cipolla 1

salvia 2 foglie

capperi sotto sale 5

3 bacche di Ginepro

vino bianco 40 ml

aceto di vino bianco 40 ml

burro 25 gr

pane casareccio 4 fette

olio extravergine d’oliva q.b.

pepe q.b.

sale q.b.

Preparazione:

Mettere da parte i fegatini e versare il resto delle frattaglie in padella

con cipolla a fette, salvia, capperi dissalati, bacche di ginepro, vino,

aceto di vino e far cuocere il tutto a fuoco lento per 15 minuti;

aggiungere poi i fegatini e far cuocere per altri 10 minuti condendo con

sale, pepe .

Infine, frullare il tutto ottenendo una crema di pollo da far riposare

per 8 h, in modo che si solidifichi leggermente.

Al momento di servire, scaldare le fette di pane e spalmarle sui

crostini il patè di pollo.

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RISOTTO AL ROSMARINO E GINEPRO

Ingredienti

Riso 500 gr Panna 250 ml Cipolla 1 Rosmarino 1 rametto 10 bacche di Ginepro Vino Bianco mezzo bicchiere Parmigiano 3 cucchiai Brodo q.b. Sale q.b. Burro 1 noce

Preparazione:

Rosolare la cipolla tritata con il burro, aggiungere poi il riso, sfumarlo con il vino e continuare a farlo cuocere aggiungendo il brodo. A fine cottura versare la panna, il rosmarino tritato, le bacche di ginepro e mantecare con abbondante parmigiano.

Page 20: Torre guaceto

CARRÈ DI MAIALE AL FORNO

Ingredienti:

1000 g carrè di maiale;

sale;

pepe;

alcune bacche di ginepro;

salvia;

rosmarino;

pochi semi di cumino;

6 cucchiai di olio d'oliva;

poco vino bianco

Preparazione:

Massaggiare un pezzo di carrè di maiale di 1000 g di peso con sale, pepe e

un trito di bacche di ginepro, salvia, rosmarino e pochi semi di cumino. Far

riposare ed insaporire per 2-3 ore in un luogo fresco e poi porre la carne in una

teglia da forno unta con 6 cucchiai di olio. Passare al forno già caldo a 200° C e

far cuocere, rigirando spesso e bagnando con poco vino bianco. Quando la

carne è ben rosolata e morbida all'interno, affettarla e bagnarla con il fondo di

cottura deglassato con poco vino bianco. Servire caldo.

Page 21: Torre guaceto

CRAUTI IN UMIDO

Ingredienti: 1500 g di cavolo cappuccio

150 g di pancetta

30 g di burro

Vino bianco secco

Brodo

Aceto di vino bianco

Timo

1 cipolla

Alcune bacche di ginepro

4 cucchiai di olio d’oliva

Sale

Pepe

Preparazione:

Pulite il cavolo e tagliatelo a striscioline sottili. In una capiente casseruola

scaldate il burro e quattro cucchiai di olio, insaporitevi la cipolla e la pancetta

tritate, mescolando spesso. Spruzzate con vino e aceto, lasciate consumare

fino a perdere la metà del liquido. Aggiungete il cavolo, il timo e alcune bacche

di ginepro. Mescolate e coprite il tutto con il brodo tiepido. Lasciate cuocere a

fiamma molto bassa per due ore circa, mescolando ogni tanto e aggiungendo

brodo qualora fosse necessario. Prima di spegnere, regolate di sale e pepe.

Servite i crauti caldi con carni di maiale, cotechini o zamponi.

Page 22: Torre guaceto

PERE CARAMELLATE

Ingredienti

Pere 4 Zucchero 2 bicchieri Vino Bianco 2 bicchieri Chiodi Di Garofano 2 chiodi Bacche Di Ginepro q.b.

Preparazione:

Mettere le pere in una pentola e coprirle con zucchero, vino bianco, chiodi di garofano e bacche di ginepro. Far cuocere le pere per mezz'ora coperte, a fuoco basso. Scolare e servire queste pere caramellate con il caramello fatto leggermente ridurre.