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SIAMO MISSIONARI NEL QUOTIDIANO? AMBROGIO SPREAFICO Dalla parte dei poveri Domenica prossima la Giornata missionaria mondiale. Dal Papa un invito particolare ai religiosi, nell’Anno dedicato alla vita consacrata, quale ulteriore stimolo alla riflessione a Giornata Missionaria Mondiale ci richiama ogni anno a una dimensione essenziale del vivere della Chiesa, che Papa Francesco ha riassunto così bene nella Evangelii gaudium quando dice: «La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (273). Bisogna tornare a concepire la vita cristiana delle nostre realtà in questa prospettiva missionaria, smettendo di pensare che la missione riguardi solo i missionari che operano in Africa o in Asia. Abbiamo speso tempo a definire i diversi momenti dell’annuncio (primo, secondo annuncio, e così via) e forse si è persa quella passione per l’annuncio del Vangelo che si realizza uscendo da se stessi, dalle abitudini consolidate che ci fanno sentire sicuri, per incontrare, ascoltare, parlare ai tanti che sono lontani dalla vita della Chiesa e dal Vangelo. Si rischia di perdersi a contemplare se stessi, a discutere su noi stessi, con un linguaggio a volte tutto interno, invece di uscire a incontrare la gente. Esiste una fame e una sete della Parola di Dio, che oggi siamo chiamati a cogliere e a cui rispondere nell’incontro e nel dialogo, aiutando a pregare, a conoscere la Parola di Dio, a scoprire l’umanità e la bellezza della proposta di Gesù. Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale ci indica una via sicura perché le nostre comunità si riapproprino dello spirito missionario: l’evangelizzazione dei poveri. Scrive: “All’interno di questa complessa dinamica, ci poniamo l’interrogativo: ‘Chi sono i destinatari privilegiati dell’annuncio evangelico?’. La risposta è chiara e la troviamo nel Vangelo stesso: i poveri, i piccoli e gli infermi, coloro che sono spesso disprezzati e dimenticati, coloro che non hanno da ricambiarti (cfr Lc 14,13– 14). L’evangelizzazione rivolta preferenzialmente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare” (Evangelii gaudium, 48). Mi chiedo: non abbiamo considerato i poveri destinatari delle nostre opere di carità (certo essenziali!), ma poco del Vangelo? Non abbiamo pensato a loro come oggetto di assistenza, senza includerli nel nostro popolo (ovviamente nel rispetto delle differenze)? La Chiesa è chiamata a includere. Il Vangelo del Regno predicato da Gesù si rivolgeva ai discepoli, alla folla e agli scarti della società: malati, indemoniati, peccatori, prostitute, pubblicani, lebbrosi, povera gente. Anzi, il Vangelo del Regno si realizzava proprio nell’annuncio del Vangelo ai poveri (cf. Mt 11,2–6). Bisognerebbe recuperare con urgenza e senza tentennamenti questa dimensione della missione, assieme a quella di un Vangelo che è annuncio di pace in un mondo di guerre e violenza diffusa. Non a caso Gesù inviò i settantadue discepoli perché annunciassero la pace in risposta alla violenza del mondo (“Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”). L DI REMIGIO RUSSO alla parte dei poveri. Non c’è dub- bio sulla scelta di campo cui è chia- mato il missionario cattolico. Su questo punto, papa Francesco è categori- co come anche nell’invito a vivere, cia- scuno per la sua parte, la vocazione della Chiesa nell’annuncio del Vangelo. Concetti semplici che risuonano nel Messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale mis- sionaria 2015. Una chiamata in campo rivolta in modo particolare ai religiosi perché questa Gior- nata «avviene sullo sfondo dell’Anno del- la Vita Consacrata e ne riceve uno stimolo per la preghiera e la riflessione. Infatti, se ogni battezzato è chiamato a rendere te- stimonianza al Signore Gesù annuncian- do la fede ricevuta in dono, questo vale in modo particolare per la persona consa- crata, perché tra la vita consacrata e la mis- sione sussiste un forte legame». Il ragionamento del Papa è semplice: la vi- ta consacrata nella Chiesa è nata come de- siderio di porsi nella più totale sequela di Cristo; poiché tutta l’esistenza di Cristo ha carattere missionario allora «gli uomini e le donne che lo seguono più da vicino as- sumono pienamente questo medesimo carattere». La parte iniziale del Messaggio è impie- gata per spiegare il concetto della missio- nareità del cristiano: «Nel comando di Ge- sù: “andate” sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evan- gelizzatrice della Chiesa. In essa tutti so- no chiamati ad annunciare il Vangelo con la testimonianza della vita; e in modo spe- ciale ai consacrati è chiesto di ascoltare la voce dello Spirito che li chiama ad anda- re verso le grandi periferie della missione, tra le genti a cui non è ancora arrivato il Vangelo». Coloro che si sentono chiamati a questa vocazione hanno poco da pensare a qua- le “stile” adottare per portarla avanti. An- che su questo punto papa Francesco è sta- to preciso: «Non vi possono essere com- promessi su questo: chi, con la grazia di Dio, accoglie la missione, è chiamato a vi- vere di missione. Per queste persone, l’an- nuncio di Cristo, nelle molteplici periferie del mondo, diventa il modo di vivere la se- quela di Lui e ricompensa di tante fatiche e privazioni. Ogni tendenza a deflettere da questa vocazione, anche se accompagna- ta da nobili motivazioni legate alle tante necessità pastorali, ecclesiali o umanitarie, non si accorda con la personale chiamata del Signore a servizio del Vangelo». Così, negli Istituti mis- sionari i formatori so- no chiamati sia ad in- dicare con chiarezza ed onestà questa prospet- tiva di vita e di azione, sia ad essere autorevo- li nel discernimento di autentiche vocazioni missionarie. I giovani che hanno scelto la vi- ta religiosa missionaria sono chiamati dal Pa- pa ad essere piena- mente protagonisti per non lasciarsi rubare «il sogno di una missione vera, di una sequela di Gesù che implichi il dono totale di sé». La dinamica reale di u- na missione è cosa pa- recchio complessa og- gi, specie per la neces- sità di rispettare «altre tradizioni e sistemi fi- losofici e riconoscere ad ogni popolo e cul- tura il diritto di farsi D aiutare dalla propria tradizione nell’intel- ligenza del mistero di Dio e nell’acco- glienza del Vangelo di Gesù». Un approccio che necessita di una forte maturità umana da parte del missionario, il quale pur trovandosi in condizioni am- bientali difficili dovrà avere continua- mente una lucidità tale da sapere sempre «chi sono i destinatari privilegiati dell’an- nuncio evangelico». Davanti a incertezze, «la risposta è chiara e la troviamo nel Van- gelo stesso: i poveri, i piccoli e gli infermi, coloro che sono spesso disprezzati e di- menticati, coloro che non hanno da ri- cambiarti. L’evangelizzazione rivolta pre- ferenzialmente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Ciò dev’essere chiaro specialmente alle persone che ab- bracciano la vita consacrata missionaria: con il voto di povertà si sceglie di seguire Cristo in questa sua preferenza, non ideo- logicamente, ma come Lui identificando- si con i poveri, vivendo come loro nella precarietà dell’esistenza quotidiana e nel- la rinuncia all’esercizio di ogni potere per diventare fratelli e sorelle degli ultimi, por- tando loro la testimonianza della gioia del Vangelo e l’espressione della carità di Dio». In questa opera particolare dell’annun- cio della Buona Novella i consacrati mis- sionari non sono soli, o meglio la respon- sabilità non deve ricadere solo sulle loro spalle. «Per vivere la testimonianza cri- stiana e i segni dell’amore del Padre tra i piccoli e i poveri, i consacrati sono chia- mati a promuovere nel servizio della mis- sione la presenza dei fedeli laici. È neces- sario che i consacrati missionari si apra- no sempre più coraggiosamente nei con- fronti di quanti sono disposti a collaborare con loro, anche per un tempo limitato, per un’esperienza sul campo... Le case e le strutture delle missioni sono luoghi na- turali per la loro accoglienza e il loro so- stegno umano, spirituale ed apostolico», è spiegato nel Messaggio. Da un punto di vista operativo è impor- tante sapere anche che «le Istituzioni e le Opere missionarie della Chiesa sono to- talmente poste al servizio di coloro che non conoscono il Vangelo di Gesù», ma per raggiungere questo obiettivo «i consacra- ti hanno bisogno di una struttura di servi- zio, espressione della sollecitudine del Ve- scovo di Roma per garantire la koinonia (comunione, ndr), così che la collabora- zione e la sinergia siano parte integrante della testimonianza missionaria». Certamente, in quello che il Papa chiama «l’immenso campo dell’azione missiona- ria della Chiesa», ogni battezzato «è chia- mato a vivere al meglio il suo impegno, se- condo la sua personale situazione». Anche perché «la missione è passione per Gesù Cristo e nello stesso tempo è passione per la gente». Dal Lazio «fidei donum» n impareggiabile servizio». Così, Pio XII nell’enciclica Fidei donum del 1957 definiva il lavoro dei sacerdoti dioce- sani occidentali nelle missione all’estero. Nei decenni successivi furono vari i sacerdo- ti che decisero di partire. Come nel Lazio. Dalla diocesi di Civita Castellana, negli Anni 70, appena ordinato partì don Pietro Ruzzi alla volta del Bourkina Faso. Oggi è il diret- tore del laboratorio Analisi presso l’Ospeda- le Cma Saint Camille de Nanoro. Dalla diocesi di Anagni–Alatri è partito don Giuseppe Ghirelli, 62 anni, il quale da 14 me- si è in Etiopia, nella Prefettura di Kobe, a maggioranza musulmana, al confine con la Somalia. Parroco della città di Robe. Invece, dalla diocesi di Tivoli, don Antonio Carvalho, è fidei donum in una parrocchia degli Usa. (Re.Rus.) U « le storie «Tutti chiamati ad annunciare il Vangelo con la testimonianza» ALBANO RITORNO IN AFRICA a pagina 3 ANAGNI LA «CHIAVE» DELL’INSEGNAMENTO a pagina 4 C. CASTELLANA CUSTODIRE IL CREATO a pagina 5 CIVITAVECCHIA FRONTIERA WEB, TERRA DI MISSIONE a pagina 6 FROSINONE A ROMA COL PAPA a pagina 7 GAETA IL RISCHIO «QUINTA MAFIA» a pagina 8 LATINA «UNA RICCHEZZA PER LA COMUNITÀ» a pagina 9 PALESTRINA I CATTOLICI IN POLITICA a pagina 10 PORTO-S. RUFINA DOVE TUTTO È INIZIATO a pagina 11 SORA IL «CORAGGIO» DI SCOMMETTERE a pagina 12 TIVOLI ESSERE VICINI AI FRATELLI a pagina 14 LAZIO SETTE l Papa e i vescovi sinodali vanno a scuola dalla famiglia, per com- prendere il suo mistero e raccontare, con autorità magisteriale, la sua missione e la sua natura davanti alla Chiesa intera e al mondo. Mi piace pensare così il grande tempo del Sinodo. Le riduzioni me- diatiche assalgono come le onde di una tempesta la grande e soli- da barca della Chiesa. Che, come spesso è accaduto dei secoli, sem- bra incapace di affrontare le tormente della storia eppure supera anche le prove più drammatiche. Non c’è ombra, nei padri sinoda- li, delle quisquiglie che l’opinione pubblica sembra rivendicare. Più forte è il desiderio di scoprire il “grande mistero”. Proprio così, in- fatti, chiamava san Paolo il matrimonio cristiano, che rimanda alla legge creaturale ma che è anche segno dell’amore sponsale che u- nisce Gesù alla sua Chiesa. Il Papa, da autentico pastore dei pasto- ri, ha indicato una via: per poter insegnare e governare il Popolo di Dio occorre ascoltare e contemplare la vita e il mistero che la abita. C’è un annuncio straordinario che la Chiesa può fare al mondo di oggi, invecchiato dal peccato e dall’assuefazione a stili di vita quasi disumanizzanti. I padri sinodali sono alla ricerca dei modi con cui vivere la grande carità dell’annuncio evangelico sulla famiglia, vera alternativa alle soluzioni violente e dogmatiche delle culture post- moderne in occidente. Non per nulla le voci più belle e significati- ve, anche al Sinodo, vengono dal sud del mondo. Così anche noi in questi giorni preghiamo per il Papa e i padri sinodali, e attendiamo di sentire la voce apostolica che annuncia la salvezza. Francesco Guglietta I NELLE DIOCESI RIETI SE LA COLPA È DEL FUMO a pagina 12 Per scoprire il «grande mistero» Domenica, 11 ottobre 2015 Avvenire - Redazione Roma Piazza Indipendenza, 11/B - 00185 Roma; Telefono: 06.688231 - Fax: 06.68823209 Email: [email protected] Avvenire - Redazione pagine diocesane Piazza Carbonari, 3 - 20125 Milano; Telefono: 02.6780554 - Fax: 02.6780483 Sito web: www.avvenire.it Email: [email protected] Coordinamento: Salvatore Mazza DIFFUSIONE COPIE NELLE PARROCCHIE: PROGETTO PORTAPAROLA mail: [email protected] SERVIZIO ABBONAMENTI NUMERO VERDE 800820084 AL GEMELLI LA SFIDA DI «NEMO» a pagina 2 IL FATTO

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SIAMO MISSIONARINEL QUOTIDIANO?

AMBROGIO SPREAFICO

Dalla parte dei poveriDomenica prossima la Giornata missionaria mondiale. Dal Papa un invito particolare ai religiosi, nell’Anno dedicato alla vita consacrata, quale ulteriore stimolo alla riflessione

a Giornata Missionaria Mondiale cirichiama ogni anno a unadimensione essenziale del vivere

della Chiesa, che Papa Francesco hariassunto così bene nella Evangeliigaudium quando dice: «La missione alcuore del popolo non è una parte dellamia vita, o un ornamento che mi possotogliere, non è un’appendice, o unmomento tra i tanti dell’esistenza. Èqualcosa che non posso sradicare dalmio essere se non voglio distruggermi.Io sono una missione su questa terra, eper questo mi trovo in questo mondo»(273). Bisogna tornare a concepire lavita cristiana delle nostre realtà inquesta prospettiva missionaria,smettendo di pensare che la missioneriguardi solo i missionari che operanoin Africa o in Asia. Abbiamo spesotempo a definire i diversi momentidell’annuncio (primo, secondoannuncio, e così via) e forse si è persaquella passione per l’annuncio delVangelo che si realizza uscendo da sestessi, dalle abitudini consolidate che cifanno sentire sicuri, per incontrare,ascoltare, parlare ai tanti che sonolontani dalla vita della Chiesa e dalVangelo. Si rischia di perdersi acontemplare se stessi, a discutere su noistessi, con un linguaggio a volte tuttointerno, invece di uscire a incontrare lagente. Esiste una fame e una sete dellaParola di Dio, che oggi siamo chiamatia cogliere e a cui risponderenell’incontro e nel dialogo, aiutando apregare, a conoscere la Parola di Dio, ascoprire l’umanità e la bellezza dellaproposta di Gesù. Papa Francesco nelmessaggio per la Giornata MissionariaMondiale ci indica una via sicura perchéle nostre comunità si riapproprino dellospirito missionario: l’evangelizzazionedei poveri. Scrive: “All’interno di questacomplessa dinamica, ci poniamol’interrogativo: ‘Chi sono i destinatariprivilegiati dell’annuncio evangelico?’.La risposta è chiara e la troviamo nelVangelo stesso: i poveri, i piccoli e gliinfermi, coloro che sono spessodisprezzati e dimenticati, coloro chenon hanno da ricambiarti (cfr Lc 14,13–14). L’evangelizzazione rivoltapreferenzialmente ad essi è segno delRegno che Gesù è venuto a portare”(Evangelii gaudium, 48). Mi chiedo: nonabbiamo considerato i poveridestinatari delle nostre opere di carità(certo essenziali!), ma poco delVangelo? Non abbiamo pensato a lorocome oggetto di assistenza, senzaincluderli nel nostro popolo(ovviamente nel rispetto delledifferenze)? La Chiesa è chiamata aincludere. Il Vangelo del Regnopredicato da Gesù si rivolgeva aidiscepoli, alla folla e agli scarti dellasocietà: malati, indemoniati, peccatori,prostitute, pubblicani, lebbrosi, poveragente. Anzi, il Vangelo del Regno sirealizzava proprio nell’annuncio delVangelo ai poveri (cf. Mt 11,2–6).Bisognerebbe recuperare con urgenza esenza tentennamenti questadimensione della missione, assieme aquella di un Vangelo che è annuncio dipace in un mondo di guerre e violenzadiffusa. Non a caso Gesù inviò isettantadue discepoli perchéannunciassero la pace in risposta allaviolenza del mondo (“Vi mando comeagnelli in mezzo ai lupi”).

L

DI REMIGIO RUSSO

alla parte dei poveri. Non c’è dub-bio sulla scelta di campo cui è chia-mato il missionario cattolico. Su

questo punto, papa Francesco è categori-co come anche nell’invito a vivere, cia-scuno per la sua parte, la vocazione dellaChiesa nell’annuncio del Vangelo. Concettisemplici che risuonano nel Messaggio delSanto Padre per la Giornata mondiale mis-sionaria 2015. Una chiamata in campo rivolta in modoparticolare ai religiosi perché questa Gior-nata «avviene sullo sfondo dell’Anno del-la Vita Consacrata e ne riceve uno stimoloper la preghiera e la riflessione. Infatti, seogni battezzato è chiamato a rendere te-stimonianza al Signore Gesù annuncian-do la fede ricevuta in dono, questo vale inmodo particolare per la persona consa-crata, perché tra la vita consacrata e la mis-sione sussiste un forte legame». Il ragionamento del Papa è semplice: la vi-ta consacrata nella Chiesa è nata come de-siderio di porsi nella più totale sequela diCristo; poiché tutta l’esistenza di Cristo hacarattere missionario allora «gli uomini ele donne che lo seguono più da vicino as-sumono pienamente questo medesimocarattere». La parte iniziale del Messaggio è impie-gata per spiegare il concetto della missio-nareità del cristiano: «Nel comando di Ge-sù: “andate” sono presenti gli scenari e lesfide sempre nuovi della missione evan-gelizzatrice della Chiesa. In essa tutti so-no chiamati ad annunciare il Vangelo conla testimonianza della vita; e in modo spe-ciale ai consacrati è chiesto di ascoltare lavoce dello Spirito che li chiama ad anda-re verso le grandi periferie della missione,tra le genti a cui non è ancora arrivato ilVangelo». Coloro che si sentono chiamati a questavocazione hanno poco da pensare a qua-le “stile” adottare per portarla avanti. An-che su questo punto papa Francesco è sta-to preciso: «Non vi possono essere com-promessi su questo: chi, con la grazia diDio, accoglie la missione, è chiamato a vi-vere di missione. Per queste persone, l’an-nuncio di Cristo, nelle molteplici periferiedel mondo, diventa il modo di vivere la se-quela di Lui e ricompensa di tante fatichee privazioni. Ogni tendenza a deflettere daquesta vocazione, anche se accompagna-ta da nobili motivazioni legate alle tantenecessità pastorali, ecclesiali o umanitarie,non si accorda con la personale chiamatadel Signore a servizio del Vangelo». Così, negli Istituti mis-sionari i formatori so-no chiamati sia ad in-dicare con chiarezza edonestà questa prospet-tiva di vita e di azione,sia ad essere autorevo-li nel discernimento diautentiche vocazionimissionarie. I giovaniche hanno scelto la vi-ta religiosa missionariasono chiamati dal Pa-pa ad essere piena-mente protagonisti pernon lasciarsi rubare «ilsogno di una missionevera, di una sequela diGesù che implichi ildono totale di sé».La dinamica reale di u-na missione è cosa pa-recchio complessa og-gi, specie per la neces-sità di rispettare «altretradizioni e sistemi fi-losofici e riconosceread ogni popolo e cul-tura il diritto di farsi

D

aiutare dalla propria tradizione nell’intel-ligenza del mistero di Dio e nell’acco-glienza del Vangelo di Gesù». Un approccio che necessita di una fortematurità umana da parte del missionario,il quale pur trovandosi in condizioni am-bientali difficili dovrà avere continua-mente una lucidità tale da sapere sempre«chi sono i destinatari privilegiati dell’an-nuncio evangelico». Davanti a incertezze,

«la risposta è chiara e la troviamo nel Van-gelo stesso: i poveri, i piccoli e gli infermi,coloro che sono spesso disprezzati e di-menticati, coloro che non hanno da ri-cambiarti. L’evangelizzazione rivolta pre-ferenzialmente ad essi è segno del Regnoche Gesù è venuto a portare. Ciò dev’esserechiaro specialmente alle persone che ab-bracciano la vita consacrata missionaria:con il voto di povertà si sceglie di seguireCristo in questa sua preferenza, non ideo-logicamente, ma come Lui identificando-si con i poveri, vivendo come loro nellaprecarietà dell’esistenza quotidiana e nel-la rinuncia all’esercizio di ogni potere perdiventare fratelli e sorelle degli ultimi, por-tando loro la testimonianza della gioia delVangelo e l’espressione della carità di Dio». In questa opera particolare dell’annun-cio della Buona Novella i consacrati mis-sionari non sono soli, o meglio la respon-sabilità non deve ricadere solo sulle lorospalle. «Per vivere la testimonianza cri-stiana e i segni dell’amore del Padre tra ipiccoli e i poveri, i consacrati sono chia-mati a promuovere nel servizio della mis-sione la presenza dei fedeli laici. È neces-sario che i consacrati missionari si apra-

no sempre più coraggiosamente nei con-fronti di quanti sono disposti a collaborarecon loro, anche per un tempo limitato,per un’esperienza sul campo... Le case ele strutture delle missioni sono luoghi na-turali per la loro accoglienza e il loro so-stegno umano, spirituale ed apostolico»,è spiegato nel Messaggio. Da un punto di vista operativo è impor-tante sapere anche che «le Istituzioni e leOpere missionarie della Chiesa sono to-talmente poste al servizio di coloro chenon conoscono il Vangelo di Gesù», ma perraggiungere questo obiettivo «i consacra-ti hanno bisogno di una struttura di servi-zio, espressione della sollecitudine del Ve-scovo di Roma per garantire la koinonia(comunione, ndr), così che la collabora-zione e la sinergia siano parte integrantedella testimonianza missionaria».Certamente, in quello che il Papa chiama«l’immenso campo dell’azione missiona-ria della Chiesa», ogni battezzato «è chia-mato a vivere al meglio il suo impegno, se-condo la sua personale situazione». Ancheperché «la missione è passione per GesùCristo e nello stesso tempo è passione perla gente».

Dal Lazio «fidei donum»n impareggiabile servizio». Così, PioXII nell’enciclica Fidei donum del

1957 definiva il lavoro dei sacerdoti dioce-sani occidentali nelle missione all’estero. Nei decenni successivi furono vari i sacerdo-ti che decisero di partire. Come nel Lazio.Dalla diocesi di Civita Castellana, negli Anni70, appena ordinato partì don Pietro Ruzzialla volta del Bourkina Faso. Oggi è il diret-tore del laboratorio Analisi presso l’Ospeda-le Cma Saint Camille de Nanoro.Dalla diocesi di Anagni–Alatri è partito donGiuseppe Ghirelli, 62 anni, il quale da 14 me-si è in Etiopia, nella Prefettura di Kobe, amaggioranza musulmana, al confine con laSomalia. Parroco della città di Robe.Invece, dalla diocesi di Tivoli, don AntonioCarvalho, è fidei donum in una parrocchiadegli Usa.

(Re.Rus.)

le storie

«Tutti chiamati ad annunciare il Vangelo con la testimonianza»

◆ ALBANORITORNOIN AFRICA

a pagina 3

◆ ANAGNILA «CHIAVE»DELL’INSEGNAMENTO

a pagina 4

◆ C. CASTELLANACUSTODIREIL CREATO

a pagina 5

◆ CIVITAVECCHIAFRONTIERA WEB,TERRA DI MISSIONE

a pagina 6

◆ FROSINONEA ROMACOL PAPA

a pagina 7

◆ GAETAIL RISCHIO«QUINTA MAFIA»

a pagina 8

◆ LATINA«UNA RICCHEZZAPER LA COMUNITÀ»

a pagina 9

◆ PALESTRINAI CATTOLICIIN POLITICA

a pagina 10

◆ PORTO-S. RUFINADOVE TUTTOÈ INIZIATO

a pagina 11

◆ SORAIL «CORAGGIO»DI SCOMMETTERE

a pagina 12

◆ TIVOLIESSERE VICINIAI FRATELLI

a pagina 14

LAZIOSETTE

l Papa e i vescovi sinodali vanno a scuola dalla famiglia, per com-prendere il suo mistero e raccontare, con autorità magisteriale, la

sua missione e la sua natura davanti alla Chiesa intera e al mondo.Mi piace pensare così il grande tempo del Sinodo. Le riduzioni me-diatiche assalgono come le onde di una tempesta la grande e soli-da barca della Chiesa. Che, come spesso è accaduto dei secoli, sem-bra incapace di affrontare le tormente della storia eppure superaanche le prove più drammatiche. Non c’è ombra, nei padri sinoda-li, delle quisquiglie che l’opinione pubblica sembra rivendicare. Piùforte è il desiderio di scoprire il “grande mistero”. Proprio così, in-fatti, chiamava san Paolo il matrimonio cristiano, che rimanda allalegge creaturale ma che è anche segno dell’amore sponsale che u-nisce Gesù alla sua Chiesa. Il Papa, da autentico pastore dei pasto-ri, ha indicato una via: per poter insegnare e governare il Popolo diDio occorre ascoltare e contemplare la vita e il mistero che la abita.C’è un annuncio straordinario che la Chiesa può fare al mondo dioggi, invecchiato dal peccato e dall’assuefazione a stili di vita quasidisumanizzanti. I padri sinodali sono alla ricerca dei modi con cuivivere la grande carità dell’annuncio evangelico sulla famiglia, veraalternativa alle soluzioni violente e dogmatiche delle culture post-moderne in occidente. Non per nulla le voci più belle e significati-ve, anche al Sinodo, vengono dal sud del mondo. Così anche noi inquesti giorni preghiamo per il Papa e i padri sinodali, e attendiamodi sentire la voce apostolica che annuncia la salvezza.

Francesco Guglietta

I

NELLE DIOCESI

◆ RIETISE LA COLPAÈ DEL FUMO

a pagina 12

Per scoprire il «grande mistero»

Domenica, 11 ottobre 2015

Avvenire - Redazione RomaPiazza Indipendenza, 11/B - 00185 Roma; Telefono: 06.688231 - Fax: 06.68823209

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Avvenire - Redazione pagine diocesanePiazza Carbonari, 3 - 20125 Milano; Telefono: 02.6780554 - Fax: 02.6780483Sito web: www.avvenire.it Email: [email protected]: Salvatore Mazza

DIFFUSIONE COPIE NELLE PARROCCHIE:PROGETTO PORTAPAROLAmail: [email protected] ABBONAMENTINUMERO VERDE 800820084

◆ AL GEMELLILA SFIDADI «NEMO»

a pagina 2

IL FATTO

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Page 2: portaparola@avvenire.it Dalla parte dei poveri · nisce Gesù alla sua Chiesa. Il Papa, da autentico pastore dei pasto-ri, ha indicato una via: per poter insegnare e governare il

Dal dipartimento avanzato del Policlinico della Cattolica, che opererà da polo regionale, alle novità che riguardano

l’assistenza diretta ai cittadini, molto sembra muoversi nel settore medico. Ma resta il nodo dei «piccoli» ospedali

n questo periodo storico in cuiil tessuto sociale giovanile vivele contraddizioni del mondo

moderno adulto e ne amplifica le po-vertà, in cui la società multietnica de-ve fare i conti con l’egoismo della glo-balizzazione e le istituzioni faticano adare risposte efficaci alle nuove ri-chieste d’aiuto, diventa fondamenta-le essere propositivi e non farsi da par-te nella sfida educativa verso i giova-ni e il disagio che esprimono». È conquesta premessa che esordisce il pro-getto «Scommettiamo che», pensatoe coordinato per l’associazione di i-spirazione cristiano cattolica «Giova-ni Nuovi» della diocesi di Palestrina,dalla dottoressa Antonella Carpentie-ri. La dottoressa, ricca della sua espe-rienza professionale nei luoghi isti-tuiti a servizio dei giovani, ha struttu-rato un percorso socio assistenziale. Ilpercorso mira a concretizzare, attra-

I« verso l’accoglienza, il sostegno, l’o-rientamento, la formazione e l’inseri-mento al lavoro, il patto che «Giova-ni Nuovi» propone a chi incontra inpercorsi di difficoltà quotidiana ed e-sistenziale: «Io mi prendo cura di te,tu riprendi in mano la tua vita e ne fac-ciamo il bello per cui è stata creata».Il progetto si propone di contrastarele povertà personali dei giovani nelcontesto delle relazioni familiari e so-ciali che si possono generare per mol-teplici motivi, fornendo un sostegnodi carattere emotivo, psicologico e spi-rituale, puntando sul recupero, la va-lorizzazione e le competenze dei gio-vani in difficoltà, attraverso l’attiva-zione di servizi e reti sociali per il re–ingresso alla vita, sostegno di caratte-re metodologico per «l’elaborazione dipiani individuali finalizzati al reinse-rimento sociale. Il modello di riferi-mento nella definizione del progetto,

va nella direzione del “walfare gene-rativo” orientato alla rigenerazionedella persona, e non all’assistenza, al“prendersi cura” e non solo “curare”cioè orientare e promuovere il benes-sere al vivere». Il progetto è stato pre-sentato agli organismi istituzionali deidiciotto comuni dell’area territorialedella diocesi per coinvolgerli nelle fi-nalità e nelle sue fasi principali: attra-verso l’istituzione degli sportelli d’a-scolto; l’istituzione di percorsi alla per-sona individualizzati; reinserimentoin un percorso di crescita; percorsi del-lo spirito.Lo strumento specifico di sviluppo delprogetto «Scommettiamo che» si con-cretizza nel percorso ergoterapeuticoe di reinserimento sociale che trovanell’agricoltura sociale il suo campo disperanza e proposta di nuove oppor-tunità lavorative.

Antonello Sio

Il progetto «Scommettiamo che»

Fra Marino e l’invincibile nostalgia della missioneono ormai più di dieci anni che è torna-to in Italia. Ma quando ripensa a queiquindici anni trascorsi in Mozambico il

suo animo va in giuggiole. Quelli passati inmissione tra il 1989 e il 2004 sono «i più bel-li della mia vita. È stato duro riadattarsi… elo è ancora oggi!». Lo spirito del missionarioè un po’ rimasto a fra Marino Porcelli, chenella Provincia Romana dei Minori continuaancora a occuparsi di animazione missiona-ria. E dal convento di Fonte Colombo, nellaValle Santa reatina, fa spesso la spola con levarie località laziali per cercare di far capire co-me l’attenzione al mondo delle missioni nondebba essere un qualcosa che arriva solo nelmese di ottobre. È invece, ama dire padre Ma-rino, uno stimolo non solo a sentire la re-sponsabilità verso le terre di missione, ma an-che e soprattutto a lasciarsi “ammaestrare”,come comunità cristiane un po’ troppo for-mali e sclerotizzate, da quell’anima genuina

S e vivace che caratterizza le giovani e più fre-sche Chiese del Sud del mondo.Tra i tanti momenti trascorsi nella missioneanimata dai francescani a Homoine, in Mo-zambico, Porcelli tiene a ricordare quel “pro-getto di sviluppo integrato” che quella par-rocchia nel sud dello stato africano volle por-tare avanti nel suo ampio territorio: un’areaprevalentemente rurale, segnata da alte pun-te di povertà assoluta, consistenti sacche di a-nalfabetismo, condizioni igienico–sanitariein gran parte precarie, con tasso di mortalitàinfantile a livelli incredibili. Ebbene, ricor-dando quel progetto il religioso prova ben piùche un “mal d’Africa”: più che nostalgia, scat-ta quasi invidia per quel che significa, a quel-le latitudini, coinvolgimento della comunità,corresponsabilità pastorale, capacità dellaChiesa di “incarnarsi” nel vissuto della gente.Il progetto integrato “Homoine 2000” si arti-colava in quattro fasi: ascolto della comunità

e della società civile, studio ed elaborazionedi un piano di intervento integrato, avvio del-le attività con “interiorizzazione” di tale pia-no, infine revisione dell’intervento e prospet-tive future. Rispetto a tanti progetti pastoralidi casa nostra, balza agli occhi il forte spaziodato alla base, cominciando dalla fase inizia-le di ascolto: in varie occasioni, racconta ilfrancescano, «furono consultati i gruppi dimaggior rilievo della comunità – anziani, ca-techisti, leaders tradizionali, giovani, donne– con l’unico obiettivo di identificare gli a-spetti della vita più critici e a rischio», per in-dividuare, insieme a periti e tecnici, le aree diintervento più urgenti, condividendone in-sieme forme e contenuti. Insomma, un parti-re dal basso: qualcosa che dalle missioni, cuitanto si è chiamati a dare – in termini di pre-ghiere, offerte, invio di aiuti – occorrerebbe im-parare a ricevere in termini di insegnamento.

Nazareno Boncompagni

In missione col saio

In occasione dell’Ottobremissionario, su questa paginapresentiamo qualche esperienzadi chi, nelle nostre realtàecclesiali laziali, ha vissuto ilservizio in terra di missione.Quest’oggi tocca a padre MarinoPorcelli, già ministro provincialedei Frati Minori del Lazio, perquindici anni missionario inMozambico, attualmenteguardiano del convento di FonteColombo (il santuario della«Regula» di san Francesco, cheda qui indicò ai suoi seguaci la«forma vitæ» di chi sceglie dicondividere l’esistenza dei piccolidella società).

La sfida di «Nemo»sanità.Al Gemelli inaugurato il nuovo centroper la lotta contro le malattie neurodegenerativeDI GINO ZACCARI

l nuovo centro di eccellenza perla cura delle malattieneurodegenerative, come la Sla, è

stato inaugurato nei giorni scorsi alpoliclinico romano Gemelli. Si trattadi un progetto realizzato incollaborazione con la fondazioneTelethon, si chiama “Nemo” ed è uncentro multidisciplinare d’eccellenzaper la cura e la ricerca sulle malattieneuromuscolari, di cui oggi siconoscono 150 tipi (tra cui appuntola Sla, distrofie muscolari, atrofiemuscolari spinali), che colpisconoin Italia oltre 40mila persone,attaccando motoneuroni, le cellulecerebrali e del midollospinale che controllano imuscoli e il movimento.Si tratta malattie di cuinon si conoscono le causema che progredisconoirreversibilmente. Questepatologie possonocomparire in qualunquemomento della vita epresentano un processodi evoluzione a voltemolto rapido e in molticasi mortale. A secondadelle tipologie comportano gradi diinvalidità, nella maggior parte deicasi invalidano il movimento, lacapacità respiratoria, lacomunicazione, la deglutizione e lafunzione cardiaca. All’inaugurazionedi questo avveniristico centro erapresente Nicola Zingaretti,Presidente della Regione e il sindacoMarino, ma anche il rettoredell’Università Cattolica del SacroCuore Franco Anelli, il direttoregenerale della FondazionePoliclinico Gemelli EnricoZampedri, il presidente diFondazione Serena Onlus AlbertoFontana. oltre ad uno stuolo dipazienti intrattenuti da mediciclown. Il progetto è figlio di unacollaborazione molto ampia, oltre alpoliclinico e al già ricordatoTelethon, hanno contribuitoassociazioni di pazienti e dipromozione della ricerca, unpoliclinico universitario, istituzioni

Ipolitiche regionali egovernative. Dunque, perusare le parole di EnricoZampedri, direttoregenerale della fondazioneGemelli «un modello diintegrazione tra privato epubblico per garantire apazienti e famiglieassistenza clinica,tecnologia d’avanguardia,innovazione e ricerca,unendo “high tech andhigh touch” in un luogoaccogliente per le personefragili, un fioreall’occhiello per la sanitànazionale». Mario

Sabatelli, uno tra imaggiori esperti di Sla inItalia ha espresso grandeapprezzamento per ilprogetto dichiarando chesi tratta di «un modello disanità unico: approcciomultidisciplinare, alcentro della cura leesigenze complessive delpaziente seguito in ognifase della malattia. Tuttoruota attorno al malato ealla sua famiglia. Ricerca scientificaper dare risposte multidisciplinari aqueste malattie degenerative chenon sono incurabili come sembra».Le prestazioni sanitarie sono erogateper conto del servizio sanitario,quindi senza oneri a carico delpaziente, ed al centro di tutto, dalleterapie allo studio degli ambienti, alrapporto con i medici, l’attenzione èsempre focalizzata alla qualità dellavita del malato. Una vera “cittadella

della salute” dotata diapparecchiature per il monitoraggiodella funzionalità respiratoria ecardiologica, stanze singole conpossibilità di soggiorno per chiassiste il paziente, palestra dotata diattrezzature applicabili per lariabilitazione neuromuscolare. Nellasala infermieri è attivo un sistema divideosorveglianza clinica deipazienti allettati e un sistema di

monitoraggio telemetrico deiparametri vitali. Ma c’è di più, cisono posti letto in stanze“intelligenti” ossia dotate di sistemidi domotica che rendono i pazientiin grado di essere autonomi. Ilcentro è una vera struttura pilota chemette in campo soluzioni innovativea livello internazionale, sia dalpunto di vista delle prestazioniassistenziali, che nella ricerca clinica.

Sono circa centocinquantale patologie neuromuscolaridi cui non si conosconole cause, e colpisconocon effetti progressivie irreversibili, e che tuttavia«non sono incurabili»

ell’ottica di una sanità più snella efunzionale la Regione Lazio ha re-

so più semplice la procedura burocrati-ca per poter avere strutture ambulatorialinelle quali possano esercitare differentiprofessionisti: Insomma nello stesso stu-dio avremo ad esempio medici e odon-toiatrici con altri colleghi i professioni-sti, il tutto senza il passaggio per lunghee complicate procedure burocratiche chein molti casi finiscono per far naufraga-re tali iniziative. Per aprire uno studio diquesto genere basterà ora comunicare l’i-nizio attività alla Asl di competenza. Èquanto prevede Deliberazione di giuntaregionale n. 447 “Definizione delle tipo-logie di studi medici e odontoiatrici nonsoggetti ad autorizzazione all’eserciziodi attività sanitaria e sociosanitaria” en-trata in vigore con la pubblicazione sulBollettino ufficiale regionale.«Da oggi nel Lazio i cittadini potranno o-ra avere a disposizione anche degli “stu-di polimedici”, in cui trovare sia medicidelle varie discipline sia odontoiatri – sispiega in una nota della Regione – In ba-se a queste nuove norme più professio-

nisti potranno espletare la propria atti-vità nel medesimo immobile, in manie-ra indipendente l’uno dall’altra ma con-dividendo gli spazi comuni, senza l’ob-bligo di richiedere l’autorizzazione al-l’Ente regionale; sarà infatti sufficienteuna semplice comunicazione alla Asl».Siamo quindi di fronte ad una tipologiadel tutto nuova di studi, non soggetti adautorizzazione, in cui medici e odon-toiatri potranno esercitare utilizzando lestesse strutture. Nella nuova normativatroviamo distinte, sia per le disciplinemediche sia per quelle odontoiatriche,le prestazioni considerate a minore in-vasività, con un elenco specifico e det-tagliato, che riporta quelle che possonoessere svolte all’interno di questo tipo distudi. Complessivamente la norma pre-vede un totale di 130 prestazioni: 24 dichirurgia generale; 46 di chirurgia pla-stica e dermatologia; 7 di chirurgia va-scolare e angiologia; 10 di ginecologia,10 di oculistica; 14 di odontoiatria; 18 diotorinolaringoiatra e 1 cardiologica, I-niezioni endovenose sclerosanti.

(Gi. Zac.)

N

Dalla Regione il via liberaai nuovi studi polimedici

n bacino di oltre 100mila abitanti, quello del nord della provincia di Fro-sinone, di fatto senza più un ospedale: quelli di Anagni e Alatri, infatti,

oramai non possono essere più considerati nemmeno tali, visto il progressivosmantellamento dei reparti e il trasferimento del personale verso altri noso-comi. Quello di Anagni, un tempo fiore all’occhiello della sanità provincialeper alcuni reparti all’avanguardia, di fatto è chiuso, a parte il pronto soccorsoe alcuni laboratori e ambulatori. Personale trasferito a Frosinone e, lamenta-no nella città dei Papi, neppure il rispetto dell’Atto aziendale della Asl che pre-vede nuovi servizi, tra i quali il funzionamento delle sale operatorie. Anche l’i-dea di trasformare il nosocomio anagnino con l’ingresso dei privati, seguen-do il modello di Valmontone, pare naufragato. Situazione pressoché identica ad Alatri, dove non è più consentito neppurepartorire. E dire che fino a pochi anni fa arrivavano puerpere da tutto il Lazioattratte dai servizi del “San Benedetto”. Adesso c’è il progetto “Casa del par-to”, nome un po’ altisonante che in realtà cela quello di una casa… scoper-chiata, nonostante l’inaugurazione in pompa magna del 16 settembre: lavorimai ultimati, perfino la mancanza di sedie e tavoli per registrare una nascita.

U

omenica scorsa mentrei Tg continuanvano araccontare l’inizio del

Sinodo e Francesco parlava diChiesa aperta e accogliente,Domenico e Lucia sono ritor-nati l’uno a Bari dove lavora el’altra a Roma dove studia. Lacasa si è svuotata. Noi due suldivano in attesa del messaggioWhatsApp che ci rassicurassedel loro arrivo a destinazione.«Buonanotte ragazzi. E’ statocaotico ma bellissimo avervi a-vuto qui. Papà e mamma».Caotico direte? Si, caotico. Per-chè quando Domenico e Luciatornano la nostra casa si riem-pie di giovani che restano connoi per il pranzo e la cena e ol-tre. Qualcuno resta a dormire.Con questo stile cerchiamo di

vivere il nostro “eremo di fa-miglia” dove la semplicità nonsi fa incatenare dalle paure. Ecosì tra parole, sguardi, sorrisied abbracci coltiviamo le rela-zioni che trovano un seguitonei gruppi whatApp “giovani”,“sposi” o “amici dell’eremo” neiquali la Parola condivisa si fapresenza quotidiana, che gui-da e accompagna. Francescosogna una Chiesa così: aperta,accogliente, ospedale da cam-po, luogo d’incontro vivo e ve-ro dove le parole sono anchegesti capaci di raccontare l’in-finito. Siamo sicuri che questoSinodo saprà delineare oriz-zonti larghi e includenti dovemisericordia, tenerezza e veritàsi baceranno.

Franca e Vincenzo Testa

D

Il Vescovo con i «Giovani nuovi»

Sinodo.Chiesa aperta, imitandouno stile di vita familiare

Anagni e Alatri, ospedali ko

Nello stesso studio si potranno trovare medico di famiglia e odontoiatra

L’interno del centro “Nemo” del Policlinico «Gemelli»

Fra Marino Porcelli coi suoi bimbi in Mozambico

sanità senza futuro?

innovazione

2 LAZIOLAZIO dalla regioneDomenica, 11 ottobre 2015

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Page 3: portaparola@avvenire.it Dalla parte dei poveri · nisce Gesù alla sua Chiesa. Il Papa, da autentico pastore dei pasto-ri, ha indicato una via: per poter insegnare e governare il

Le giornate della Caritas, «Per essere misericordia»DI MONICA PUOLO

abato 3 ottobre la Caritas di Porto–SantaRufina ha aperto il ciclo di appuntamentidedicati alla formazione degli operatori di

carità. Presso il Centro pastorale diocesano divia della Storta a Roma, dalle ore 9.00 alle 12.00si è svolta la prima delle quattro Giornate cari-tas dell’anno pastorale. In linea con l’indizio-ne del Giubileo, si è scelto di dedicare una ri-flessione comunitaria alla misericordia. L’aper-tura dell’incontro è stata affidata al direttore Ca-ritas don Emanuele Giannone, che ha condot-to l’assemblea nella meditazione sul brano del-l’evangelista Matteo nel quale sono appuntoraccolte le opere di misericordia corporale.Fulcro dell’incontro sono state le testimo-nianze di vita cristiana ispirate alle opere dimisericordia di una famiglia e di un uomoche si sono sentiti chiamati ad attuare nelleloro scelte la parola del Vangelo. Stefano e A-dele sono una coppia, lui medico lei inse-

gnante elementare, genitori di quattro figli,che tra successi e crisi, impegno e fatiche, han-no deciso di accogliere nella loro famiglia unsettimo componente, dedicando la domeni-ca all’ospitalità di un bambino accolto in ca-sa famiglia. La loro esperienza si può riassu-mere nello slogan da loro stessi ripetutamentecitato: «La politica dei piccoli passi». Com-piendo un passo alla volta, secondo le propriepossibilità, ognuno di noi può perseguire l’o-biettivo di dedicarsi al prossimo senza il ti-more di non essere all’altezza. Michele inve-ce racconta la sua esperienza professionalenell’ambito sanitario e come nel tempo ab-bia maturato la consapevolezza che il propriolavoro poteva diventare espressione dell’ope-ra misericordiosa di visitare gli ammalati, insenso evangelico e non solo in senso medico.Per spiegarlo, Michele fa proprie le parole usa-te dal cardinal Scola, nel corso del suo interventoal convegno su “Salute. Diritto? Dono”: «Ognipiù elementare atto clinico implica un dono di

sé, perché l’operatore sanitario si china sul pa-ziente, accogliendo fino in fondo la sua do-manda di salvezza. A mio parere, il punto di sin-tesi tra diritto e dono, tra salute e sanità, sta inuna corretta relazione tra tre fattori: la cura,l’atto clinico e l’arte terapeutica. L’arte terapeu-tica è l’insieme delle relazioni che si stabilisco-no tra tali soggetti a partire dalla domanda disalute intesa etimologicamente come salvezza.Per far questo non è necessario essere cristianiconvinti: basta non lasciar dormire nel profon-do del cuore quella ricerca di senso che rendeveramente uomo l’uomo. La cura è la ragiond’essere del rapporto tra medico e paziente; inessa l’atto clinico diventa il veicolo – potrem-mo dire quasi il sacramento – dell’arte tera-peutica. In altre parole, considerata nella suainterezza, la cura è l’arte terapeutica del medi-co che passa attraverso ogni atto clinico».L’assemblea dei volontari ha ascoltato con par-tecipazione e condivisione e numerosi sonostati gli interventi, le domande e le riflessioni.

SLe date degli incontri

I prossimi appuntamentiprevisti nel percorso dellaformazione Caritas siterrano il 7 novembre su“Il mandato della Caritasdiocesana”, il 21novembre sul tema “Dallaparola all’azione”, il 16gennaio, riguardo laquestione“Dall’assistenzialismo allapromozione”.Si ricorda che la sede ditutti incontri è presso ilCentro pastoralediocesano in Via dellaStorta, 783, dalle ore 9 alleore 12.(info:http://caritaspsr.blogspot.it)Un momento delle testimonianze

Dove tutto è iniziatoFiumicino.Celebrata la festa di sant’Ippolitoprimo vescovo e martire della diocesi portuenseDI ROBERTO LEONI

emozione prende ilsopravvento al pensiero ditrovarsi ancora una volta qui,

tra queste che oggi sono solorovine, ma che un tempo erano unachiesa bella e gloriosa, voluta nelpunto preciso dove il vescovoIppolito aveva dato la vita per lafede. Qui, dove tutto ha avutoinizio. Merito del cardinaleRezzonico che nel Settecento,quando la diocesi di Porto e SantaRufina era un’immensa campagnafunestata dalla malaria e daibriganti, volle, accanto a questipoveri muri crollati, un piccololuogo di culto con un convento, acustodia delle anticheglorie, in attesa di unfuturo migliore.Fino agli anni Cinquantaquella cappellina,dedicata a sant’Ippolito,plasticamente raffiguratomentre viene gettato nelpozzo i piedi stretti incatene, era pure officiatadai Figli di Santa MariaImmacolata. Poi, piùnulla. Passa il tempo, ementre qualcuno arriva a dubitaredell’esistenza stessa del martire, ègrazie al lavoro degli archeologi chesant’Ippolito può uscire dal lungooblio dei secoli. Si cominciò ascavare ai piedi del campanile finoa ritrovare, con gran meraviglia ditutti, il ciborio del IX secolo,smontato, le quattro colonneaccuratamente messe in croce perproteggere il sottostante sarcofagoall’interno del quale si trovanoancora alcune ossa con il cartiglio:«hic requiescit beatus Ypolitusmartir».C’era dunque, in carne ed ossa, unIppolito primo vescovo di Porto!Che pochi anni dopo fu collocatonella chiesa omonima. E da allora,ogni anno, egli torna a percorrere levie della sua Fiumicino – gentidiverse unite dal mare, dal lavoro edal commercio, oggi come allora.Stavolta il suo viaggio è durato più

’Lgiorni, con soste nellevarie parrocchie dellacittà, un piccolo segnoper far rinascere la fede ela consapevolezza diessere ancora comunitàin cammino, impegnataa custodire edannunciare alle genti ilVangelo dellamisericordia.Cinque ottobre: sotto unsole inaspettato chedisperde le nubi carichedi pioggia, il campanileromanico, muto dasecoli, osserva il lentocorteo che riportaIppolito sul luogo del

suo martirio. A guidarloè colui che, per la serieininterrotta dellasuccessione apostolica,siede oggi su quellastessa cattedra, traslata sìa La Storta, maidealmente congiuntacon questa dell’IsolaSacra. È qui, tra questeantiche mura crollate,che ancora una voltarisuona la parola delVangelo per annunciaresalvezza e speranza a chi cerca Dio.È qui che si torna per crescere nellaconsapevolezza della comunione edella missione che Gesù affidasempre di nuovo alla sua Chiesa. Èqui che diventa improvvisamentechiaro come la storia non è solo unricordo del passato, ma un fiumeche esce dal santuario e porta vitanuova alla città. Una città e un

territorio che hanno e avrannoancora bisogno di fermarsi perascoltare e comprendere le ragioniprofonde della loro speranza.L’eco del Vangelo del buonsamaritano nelle parole dimonsignor Reali, applicate allafamiglia: «nostro prossimo è chigiace ferito sulla strada, che saràpossibile riconoscere solo se si

cammina ogni giorno con gli occhie il cuore aperto, appunto comefece il samaritano. Per trovare lafamiglia bisogna ripartire da quelleferite che sono tante anche fra dinoi, e per capire cosa può essere lafamiglia bisogna riscoprire le piùbelle esperienze che, grazie a Dio,sono ugualmente tante fra di noi,anzi, certo, sono di più».

Durante la Messa celebratatra i ruderi della basilicail vescovo Reali ha invitatoad aiutare le famiglie feritecamminando ogni giorno«con gli occhi e il cuoreaperti come il samaritano»

DI SIMONE CIAMPANELLA

e esperienze del volontariato e-stivo, pubblicate nelle scorse set-timane su queste pagine, hanno

rappresentato una bella introduzioneal mese missionario di ottobre. La nar-razione a caldo dei ragazzi, come quel-la entusiasta degli adulti, ha davveropermesso a chi non c’è stato di vede-re, quasi toccare, quei luoghi. Luoghidi povertà e umanità non scontati, do-ve il limite del fare mostra la sua ov-vietà e lo stare accanto si rivela inve-ce come un passo piccolo ma forsepiù promettente. Dopo questo lungoe complesso percorso il viaggio so-sterà sabato prossimo presso un’im-portante stazione. Si tratta della vegliaper la Giornata dei missionari marti-ri, che a Porto–Santa Rufina sarà ce-lebrata nella cattedrale dei Sacri Cuo-ri di Gesù e Maria (Via del Cenacolo,45, Roma) dalle ore 20.30. Durante laserata i volontari spiegheranno attra-verso immagini, suoni e parole comeil loro vissuto missionario sia piena-

mente incarnato nel messaggio di pa-pa Francesco, quella lente d’ingrandi-mento puntata sul cuore del Vangelo,dove si legge “dalla parte dei poveri”.La veglia non sarà dunque una sem-plice tappa dell’anno pastorale da po-co iniziato ma un altro dei momentiche la diocesi sta dedicando per co-gliere la Misericordia come la parolae l’opera del cristiano. Un’occasioneper meditare, osservare la strada fatta,vedere nuovi percorsi e decidersi peressi, come è capitato ad Alessia D’Ip-polito, la ragazza che la sera del 17 ot-tobre riceverà dal vescovo Gino Realiil mandato per andare fidei donumin Malawi nei prossimi tre anni. Uninvio che è frutto di anni dedicati dal-l’Ufficio missionario e dalla Caritasdiocesana a diffondere nella diocesi lacultura della gratuità e del servizio pergli altri. Un invio che responsabilizzaognuno a far risuonare qui, nella Chie-sa che la invia, la prossima “vita afri-cana” di questa giovane donna, stan-dole accanto con la preghiera e l’ami-cizia già dalla sera della veglia.

L

Durante la veglia missionarial’invio fidei donum di Alessia

a delegata Usmi, suor Loredana Abate, ha inviato una lettera per l’inizio del-l’anno pastorale incentrata sulla misericordia come tratto che accompagnerà

le iniziative di formazione per i religiosi. Gli incontri (il programma è disponi-bile su www.diocesiportosantarufina.it) si pongono come vere scuole di comu-nità basate sulla consapevolezza che l’adesione alla vita di Cristo è l’essenziale.«Sembra banale e scontata questa espressione – dice suor Loredana – ma Dio,ricco di misericordia, ci da ancora tempo per convincerci che effettivamente sen-za di Lui non possiamo fare nulla! A nulla servono le nostre opere, a nulla ser-ve il nostro incontrarci se non è per far risplendere sempre più e meglio la suabellezza. E, la nostra vita, come spesso papa Francesco ricorda, non ha senso senon è donata; non serve la vita se non serve!». L’impegno verso Dio, verso la sua Chiesa e verso ogni donna e uomo si presen-ta quindi come un’opportunità spirituale per rinvigorire l’esperienza dei con-sacrati «nel nostro quotidiano fatto di lavoro e preghiera, in modo così diversi-ficato e secondo la fantasia dello Spirito di Dio».

Marino Lidi

L

«Servizio, senso della vita»

DI LUDOVICA ZINCONE

l termine del secondo anno diformazione sette operatori per lapastorale battesimale hanno

ricevuto dal vescovo Reali il mandato permettersi al servizio nelle rispettiveparrocchie. Si tratta dei coniugi Luigi eVincenza Ciferri (S. Giovanni Battista –Cesano), Fulvio e Maria Cristina DiGiuseppe (S. Francesco d’Assisi – Marinadi Cerveteri) e Marisa Berto (Sacri Cuoridi Gesù e Maria – La Storta), PatriziaPorta (Natività di Maria Santissima –Selva Candida) e Valerio Zonta (SS.Rufina e Seconda – Casalotti). Laconsegna ha avuto luogo durante laMessa celebrata in occasione

dell’Assemblea ecclesiale diocesana, il 26settembre 2015, presso il Centropastorale diocesano. Monsignor Reali nelconsegnare loro il “Rituale delBattesimo” ha invocato il dono delloSpirito affinché siano aiutati e illuminatinello svolgimento del loro incarico. Ineo–operatori, emozionati e consapevolidell’importanza del compito affidato,hanno dichiarato di accingersi congrande entusiasmo e totale disponibilitàad assumere il delicato incarico diaccogliere e accompagnare i genitori chechiederanno il battesimo per i loro figliin accordo e sotto la guida affettuosa deiloro parroci. Si apre così, anche perqueste persone, un futuro di strettacollaborazione fra presbiteri e laici per il

bene della Chiesa e in accordo con ledirettive del Concilio e le linee delprogetto diocesano di pastoralediocesana, approvato dal vescovonell’aprile 2015. Gli operatori sono statipreparati a svolgere questo importanteservizio dall’Ufficio catechistico e, inparticolare, da suor Rosangela Siboldi,docente della Pfse “Auxilium” eresponsabile del settore. E vanno adaggiungersi agli altri 16 che hannoricevuto il mandato nel 2014. L’Ufficiocatechistico sta operando affinché inogni parrocchia della diocesi vi siaalmeno una coppia di operatori,preferibilmente coniugi, per affiancareadeguatamente i parroci nel preparare igenitori al battesimo.

A

Nuovi operatori per il Battesimoei giorni in cui il sinododei vescovi sta riflettendo

sulle sfide dell’oggi che inter-rogano la Chiesa, l’ufficio ca-techistico diocesano proponeil suo convengo annuale pro-prio su “Famiglia e catechistiinsieme per educare”. L’incon-tro si terrà sabato prossimo dal-le 8.30 al Centro pastorale dio-cesano (Via della Storta, 783).Dopo l’introduzione del vesco-vo Reali, suor Cettina Cacciatoe don Giuseppe Tonello, ter-ranno due relazione sull’im-portante alleanza educativa in-dicata nel tema di quest’anno.

Per affrontare la questione èstato scelto come strumentodei lavori assembleari la di-chiarazione Gravissimus edu-cationis. Questo documentosull’educazione cristiana natoin seno al Concilio Vaticano IIrappresenta infatti una guidasicura per ritrovare ancora og-gi indicazioni preziose sul ser-vizio dell’annuncio cristiano.Seguirà poi il dibattito in aula.La giornata di formazione siconcluderà con l’intervento didon Giovanni Di Michele, di-rettore dell’ufficio.

Fulvio Lucidi

N

Alcluni operatori

Famiglia e catechistiinsieme per educare

Durante l’omelia nella basilica di S. Ippolito

in cattedrale

vita consacrata

Date da ricordare12 ottobre. Collegio dei consultori (ore17, Curia vescovile, Via del Cenacolo,53, Roma). 15 ottobre. Consigliodiocesano per gli affari economici. (ore17, Curia vescovile, Via del Cenacolo,53, Roma). 17 ottobre. Convegno deicatechisti (ore 8.30, Centro pastoralediocesano, Via della Storta, 783, Roma).Veglia per i missionari martiri (ore20.30, Cattedrale dei Sacri Cuori di Gesùe Maria, Via del Cenacolo, 45, Roma).

agenda 11

PORTO SANTA RUFINA

Pagina a cura di don Giovanni Di Michele Curia diocesana

via del Cenacolo 5300123 Roma

e-mail: [email protected] www.diocesiportosantarufina.it

Domenica, 11 ottobre 2015—

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