Polizia Penitenziaria - Dicembre 2009 - n. 168

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Anno XVI - n. 168 Dicembre 2009 Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. DL n.353/03 conv. in Legge n.46/04 - art 1 comma 1 - Roma aut. n. 30051250-002 Nasce il blog della rivista: Sotto l’albero di Natale poliziapenitenziaria.net

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Nasce il blog della Rivista - Rivista ufficiale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

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Anno XVI - n. 168 Dicembre 2009

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La Copertina

I nostri auguri ai lettori

Polizia Penitenziaria - SG&S n. 168 - dicembre 2009

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PUO’ VERSARE UN CONTRIBUTO DI SPEDIZIONE PARI A 20,00 EURO,

SE ISCRITTO SAPPE, OPPURE DI 30,00 EURO SE NON ISCRITTO.

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POLIZIA PENITENZIARIA - Società Giustizia & Sicurezza

Via Trionfale, 79/A - 00136 Roma

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L’EDITORIALEBasta con questo massacro mediaticodi Donato Capece

IL PULPITOSotto l’albero il Blog della Rivistadi Giovanni Battista De Blasis

IL COMMENTORipensare il carcere? Forse si puòdi Roberto Martinelli

L’OSSERVATORIO POLITICOEmergenza carceredi Giovanni Battista Durante

NON SOLO SPORTAlessandro e il calciodi Lara Liotta

LE FIAMME AZZURRELa tassa sulla speranza di vitaa cura di Lionello Pascone

SAPPEINFORMAA Rimini il Salone della Giustizia

Organo Ufficiale Nazionaledel S.A.P.Pe.Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

ANNO XVINumero 168Dicembre 2009Direttore ResponsabileDonato [email protected]

Direttore EditorialeGiovanni Battista De Blasis [email protected]

Direttore OrganizzativoMoraldo Adolini

Capo RedattoreRoberto Martinelli

Comitato di RedazioneNicola Caserta Umberto Vitale

Redazione PoliticaGiovanni Battista Durante

Redazione SportivaLara Liotta

Progetto Grafico e impaginazione © Mario Caputi (art director)

Direzione e Redazione CentraleVia Trionfale, 79/A 00136 Romatel. 06.3975901 r.a. fax 06.39733669

E-mail: [email protected] Sito Web: www.sappe.it

Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionalidi: “Polizia Penitenziaria - Società Giustizia & Sicurezza”

RegistrazioneTribunale di Roma n. 330 del 18.7.1994

StampaRomana Editrice s.r.l.Via dell’Enopolio, 3700030 S. Cesareo (Roma)

Finito di stampare:Dicembre 2009

Questo Periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

Il S.A.P.Pe. è il sindacato più rappresentativo del Corpo di Polizia Penitenziaria 33

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Donato CapeceSegretario Generale Sappe

[email protected]

Direttore Responsabile

Bastacol massacro mediatico

della Polizia penitenziarian queste ultime settimane, la Poli-zia penitenziaria è stata messa incroce con illazioni inaccettabilicirca il ruolo che svolge nei peni-

tenziari italiani. La miglior risposta a queste false, ingratee ingiuste accuse sono i quotidiani gestieroici che compie il nostro Personale, edil comportamento che assume in rappre-sentanza dello Stato. Gesti e comportamenti che avvengonoquasi sempre nel totale silenzio degli or-gani di informazione. Merita allora il massimo risalto media-tico quanto avvenuto a Palmi (RC), contre agenti feriti per aver sventato un ten-tativo di evasione. I nostri Agenti, fatti oggetto anche dicolpi d’arma, sono riusciti con grandeprofessionalità a sventare l’evasione didue pericolosi detenuti che hanno ripor-tato immediatamente in carcere. A loro, e a tutto il Reparto di Polizia pe-nitenziaria di Palmi, il SAPPe ha espressol’incondizionata solidarietà e vicinanzadel primo e più rappresentativo Sinda-cato del Corpo.

Non possiamo non pensare che anchequesto grave episodio possa essere statoil frutto del clima di tensione che si regi-stra nelle carceri italiane, in cui l’esplo-siva combinazione tra il gravesovraffollamento pari a circa 66mila de-tenuti e una carenza di 5.000 unità negliorganici della Polizia penitenziaria deter-mina di fatto livelli di sicurezza assoluta-mente insufficienti per i nostri Agenti,specie per coloro che lavorano ognigiorno, ogni ora, nella prima linea dellesezioni detentive, nelle traduzioni e neipiantonamenti. L’eroico gesto dei nostri valorosi Agenti,che hanno impedito l’evasione dei de-tenuti, dimostra una volta di più, speciein questo periodo in cui la Polizia Pe-nitenziaria subisce critiche false, gra-tuite ed ingiuste, la grandeprofessionalità, il senso del dovere e losprezzo del pericolo dei Baschi Az-zurri, fedeli rappresentati dello Statodemocratico nel difficile contesto peni-tenziario italiano.Altrettanta visibilità merita la notizia cheAntonio Panico, capo dell’omonimo clancamorristico, detenuto in regime di 41bis (il cosiddetto carcere duro) nel pe-nitenziario romano di Rebibbia, è statosalvato dagli uomini dalla Polizia Peniten-ziaria da un tentativo di suicidio. E’ stato proprio il tempestivo interventodegli agenti penitenziari a salvare la vitaa Panico. I poliziotti e le poliziotte penitenziarie nelsolo 2008 sono intervenuti tempestiva-mente in carcere salvando la vita ai 683detenuti che hanno tentato di suicidarsied impedendo che i 4.928 atti di autole-sionismo posti in essere da altrettanti ri-stretti potessero degenerare ed ulterioriavere gravi conseguenze. Sono persone che nelle carceri italianesubiscono con drammatica sistemati-cità, nell’indifferenza dell’opinionepubblica, della classe politica ed istitu-

zionale, continue aggressioni da unaparte di popolazione detenuta aggres-siva e violenta.Nessuno, però, mette in evidenza questinobili gesti delle donne e degli uominidella Polizia penitenziaria. Lo facciamo noi, come primo e più rap-presentativo Sindacato della Polizia Peni-tenziaria, da sempre in prima linea pervalorizzare l’importanza del nostro duroe difficile lavoro, a tutela dell’onorabilitàdel Corpo e di tutti i suoi appartenenti.Abbiamo chiesto di attivare tavoli politicie tecnici per trovare, insieme, soluzionial grave problema del sovraffollamentopenitenziario. Come sindacato abbiamo l’obbligo istitu-zionale di svolgere un’opera di controllosulle questioni che ledono i diritti dei no-stri iscritti e abbiamo l’obbligo morale diperseguire un’attività di proposta e di in-dirizzo sulle problematiche penitenziarie,seguendo le indicazioni che sono fruttodella nostra ventennale esperienza sulcampo. Per questo auspichiamo che si attivipresso il ministero della Giustizia un ta-volo tecnico sulle criticità penitenziarie,presieduto dal ministro Alfano. Il grave momento di crisi che ricade perora unicamente sui trentottomila Agentie sulle loro famiglie ci impone di trovaree discutere su soluzioni che possano es-sere comprese e condivise dai cittadini efatte proprie dal Governo. E noi vogliamo fare la nostra parte. Chiediamo quindi di aprire da subitoquesto tavolo di trattativa tecnica con ilministro Alfano e le altre realtà socialiche operano negli istituti penitenziari,per trovare insieme delle soluzioni con-divise tese a risolvere il grave momentodi crisi che il settore penitenziario sta vi-vendo e che principalmente la Polizia Pe-nitenziaria sta fronteggiando e pagandoin termini di condizioni di lavoro gravosee particolarmente stressanti.

Giornaliimpilati

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Giovanni Battista De BlasisSegretario Generale Aggiunto [email protected]

Direttore Editoriale

Sotto l’albero di Natalequest’anno i nostri lettori

troveranno il BLOG della rivistacosì... dopo un lungo periodo digestazione e dopo una lungasosta sul sito del Sappe che ne haospitato la versione pdf on line,

ecco che, finalmente, sbarca sul web ilblog della Rivista Polizia Penitenziaria- Società, Giustizia & Sicurezza.Non vi nascondo che la realizzazione delsito www.poliziapenitenziaria.net hacomportato un grosso impegno da partedi tutti noi, soprattutto per lo staff tecnico.Ma non potevamo sottrarci a questasfida. Tutti i nostri sforzi sono stati ripa-gati dalla soddisfazione di vedere, final-mente, on line la versione telematicadella gloriosa Rivista del Sappe che, allaveneranda età di diciassette anni, apre uncollegamento virtuale con tutto il mondo.Il blog poliziapenitenziaria.net, ov-viamente, intende solamente affiancarela Rivista cartacea, che continuerà ad es-sere pubblicata e distribuita ai suoi let-tori con lo stesso numero di copie e lastessa linea editoriale, con l’ intento diraggiungere un nuovo target editoriale edallargare, così, il numero dei suoi lettori.Ciò nondimeno, il Blog della Rivista avrà- anche - una vita propria, una propriaredazione e, soprattutto, una propria ver-sione (ulteriore rispetto a quella carta-cea) dove saranno pubblicati altri articolicon periodicità quotidiana, all’interno diproprie rubriche e di propri editoriali.Il nostro ambizioso obiettivo è quello didiventare, anche nel web, un riferimentoeditoriale per tutti gli iscritti al Sappe, maanche per tutti i colleghi della polizia pe-nitenziaria, che cercano un informazionelibera, attendibile ed autorevole cosìcome quella che da quasi diciassette annioffre il mensile di riferimento.In altre parole, con il blog poliziapeni-tenziaria.net, vorremmo completare il

network mediatico del Sappe chiudendo,con un mezzo di informazione quoti-diano, il circolo virtuoso composto dallaRivista mensile (Polizia Penitenziaria -Società Giustizia e Sicurezza) e dal-l’Agenzia di Stampa settimanale (Sap-peinforma).Nessun timore per gli affezionati lettoridi questa Rivista: non abbiamo alcuna in-tenzione di disimpegnarci nella sua rea-lizzazione. Resta intatta la redazione diPolizia Penitenziaria - SG&S, sono con-fermati tutti i suoi collaboratori e riman-gono inalterati tutti gli appuntamentieditoriali.

Ogni mese, così come è stato dal dicem-bre 1994, continueranno ad essere di-stribuite in tutta Italia le ottomila copiedella Rivista.Da questo Natale, però, avremo un nuovostrumento di informazione, una paginaweb nella quale (a fianco della versionetelematica della Rivista) leggeremo tantealtre notizie, arricchite dai commenti deilettori.Inevitabilmente, e come sempre, sarà ilgradimento dei lettori a decretare labontà del nostro lavoro.Auguri a tutti noi.

La homepage diwww.poliziapenitenziaria.net

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Roberto MartinelliSegretario Generale Aggiunto Sappe

[email protected]

Capo Redattore

Ripensare il carcere?Forse si puo’...

asta leggere alcune cifre relativealla situazione delle carceri ita-liane per rendersi conto dellasituazione in cui esse si trovano:

a fronte di una capienza complessiva dipoco superiore ai 42mila posti, oggi ,nei 206 penitenziari italiani, ci sonocirca 66mila detenuti, più di 24mila deiquali (il 37% dei presenti) sono stra-nieri.Tutto ciò viene ormai comunementeriassunto con la parola “sovraffolla-mento” ed è un termine talmente infla-zionato che questi numeri non fanno piùnotizia. Per noi del SAPPE invece, il Sin-dacato più rappresentativo della PoliziaPenitenziaria, si tratta di condizioni dilavoro e di vita impossibili da sostenereper i poliziotti penitenziari e, oltre aldanno di cercare di lavorare in similicondizioni, si aggiunge l’ulteriore dannodi essere considerati – come conse-guenza di una inaccettabile campagnamediatica di linciaggio e massacro al-l’onorabilità del Corpo - la causa delproblema, visto che ormai l’attenzionesi è spostata su presunti - ripetiamo, pre-sunti! - abusi da parte di singoli poli-ziotti.Gli appartenenti alla Polizia Penitenzia-ria sono i primi, e finora unici, rappre-sentanti dello Stato che stanno subendole conseguenze di comportamenti iste-rici di politici dell’opposizione comedella maggioranza parlamentare, chelanciano slogan al proprio elettorato diriferimento proponendo un giorno mag-giore sicurezza e un altro giorno mag-giori diritti per le persone detenute.Tutto ciò è semplicemente disonesto neiconfronti del proprio mandato istituzio-nale e nei confronti della Polizia Peni-tenziaria che, 24 ore su 24 per 365giorni l’anno, deve rimediare alle inca-

pacità della politica di fronteggiare questasituazione.Non è onesto partecipare in massa a pas-serelle mediatiche a Ferragosto in visitanelle carceri per poi arrivare a Natale escaricare sulla Polizia Penitenziaria lecolpe di fatti che traggono le loro originida una mancanza di capacità, soprattuttopolitiche, di fronteggiare questa situa-zione al collasso che noi del SAPPE ave-vamo ampiamente previsto più di tre annifa, nei giorni immediatamente successiviall’approvazione dell’indulto del 2006.E’ ora che la si smetta di innescare isteri-smi collettivi nei confronti dell’opinionepubblica che, guarda caso, non viene in-vece informata della reale situazione incui sono costretti a lavorare migliaia dipoliziotti penitenziari.Sarebbe ora che Parlamento e Governoadottino rapidamente alcune soluzioni le-gislative concrete per ridurre il sovraffol-lamento delle carceri e rendere la penanel contempo afflittiva e improntata allarieducazione. I mali del sistema carcere sono, da anni,sempre gli stessi: sovraffollamento di de-tenuti, carenza di personale di Polizia Pe-

nitenziaria e del Comparto ministeri, ca-serme del personale e strutture peniten-ziarie spesso fatiscenti e che cadonoletteralmente a pezzi, mense di serviziodel tutto scadenti sotto il profilo qualita-tivo e quantitativo, benessere (sic!) delpersonale inesistente, stipendi inadeguatial costo della vita (specie per chi lavorain carceri del Nord Italia). Da tempo im-memore il SAPPE sostiene l’esigenza didefinire i circuiti penitenziari differenziatiin relazione alla gravità dei reati com-messi, con particolare riferimento al bi-sogno di destinare, a soggetti di scarsapericolosità, specifici circuiti di custodiaattenuata e potenziando il ricorso alle mi-sure alternative alla detenzione per la pu-nibilità dei fatti che non manifestanopericolosità sociale. E i detenuti stranieridovrebbero scontare la pena nelle car-ceri dei Paesi di provenienza, non Italia! Ma si deve anche introdurre il lavoro ob-bligatorio per i detenuti. Oggi sono po-chissimi i carcerati che lavorano neipenitenziari e, se è vero – come è vero -che il lavoro è potenzialmente determi-nante per il trattamento rieducativo deidetenuti (perché li terrebbe impiegati

Nella foto,detenuti in cella

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per l’intero arco della giornatadurante la detenzione - ore cheoggi passano nell’ozio quasiassoluto -; perché permette-rebbe loro di acquisireun’esperienza lavorativa utilefuori dalla galera, una voltascontata la pena), perché nonprovare a percorrere anche que-sta strada? Circa la loro retribu-zione, poi, il 50 per centoverrebbe assegnato all’interessato(che contribuirebbe così anche asostenere una parte dei costi chela collettività sostiene per la sua deten-zione) e l’altro 50 per cento destinato adun fondo istituito dallo Stato per le “vit-time della criminalità”.Sono positive le recenti iniziative del-l’Amministrazione Penitenziaria che, nelquadro degli scopi trattamentali previstidall’Ordinamento Penitenziario, ha datempo intrapreso una serie di progettisperimentali volti a favorire il reinseri-mento socio-lavorativo di soggetti inespiazione di pena mediante la parteci-pazione responsabile e consapevole inprogetti di recupero del patrimonio am-bientale e lavori di pubblica utilità. Gra-zie alla collaborazione intrapresa con ilComune di Roma ed A.M.A. S.p.A. sfo-ciata nella sigla del protocollo d’intesadel 5 agosto 2009, è stata realizzata unagrande operazione di pulizia straordina-ria in cui venti detenuti ristretti presso laCasa di Reclusione di Roma Rebibbiahanno contribuito al ripristino di areedegradate della Capitale. Questa positivaesperienza è stata replicata nella giornatadell’8 dicembre scorso, con il coinvolgi-mento di un più consistente numero didetenuti in espiazione di pena (47 uo-mini della Casa di reclusione e 10 donnedella Casa circondariale femminile degliIstituti penitenziari di Roma Rebibbia),che fin dalle prime ore del mattino sonostati impegnati in attività di recupero delpatrimonio ambientale nei siti dei ForiImperiali e del Parco della Caffarella. Certo, il numero dei detenuti coinvolti èsicuramente troppo esiguo ma per i po-sitivi risultati finora conseguiti, sia sul

piano trattamentale che nei confrontidella cittadinanza che ha visto attivamenteimpegnati in lavori di pubblica utilità co-loro che hanno commesso un reato, ècertamente utile, anche per il futuro, in-dirizzare ogni sforzo al fine di dare con-tinuità ed operatività ad analoghi progettied anzi, come accennavo prima, ad au-spicare l’obbligatorietà del lavoro per tuttii detenuti.Sul carcere, insomma, è davvero il mo-mento di passare dalle parole ai fatti. Le

parole non servono a nulla: sononecessari atti concreti ed efficaci.E il mio augurio è che quando siparla di carcere non ci si occupisolo della condizione dei dete-nuti. E’ soprattutto necessarioavere maggiore attenzione poli-tica e sociale anche e soprattuttoper chi lavora in carceri ancorafatiscenti e sovraffollati, spesso

lontani centinaia di chilometri dal pro-prio luogo d’origine e dai propri fami-liari; per chi vive in caserme ancoratroppo spesso malsane e deprimenti; perchi non ha in Istituto neppure una salabar dove poter consumare un caffè chenon sia quello surrogato delle macchi-nette; per chi quando va a pranzo o acena nelle mense di servizio si trova da-vanti solamente un piatto di pasta scon-dita ed una scatoletta di tonno; per chideve indossare una la stessa divisa tre oquattro anni perché non ce ne sono altre;per chi si sente troppo spesso abbando-nato al proprio destino; per chi oggi sisente linciato e massacrato media-mente per colpa di una certa informa-zione irresponsabile. E’ necessario avere maggiore attenzioneper le donne e gli uomini della PoliziaPenitenziaria, come sempre impegnati –365 giorni all’anno, 24 ore al giorno –a rappresentare lo Stato e le sue legginel difficile mondo carcerario.

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Aperturadi un cancello

Agenti di Polizia Penitenziariaschierati

L’emicicloparlamentare

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Giovanni Battista DuranteSegretario Generale Aggiunto Sappe

[email protected]

Responsabile redazione politica

Emergenza Carceremeeting a Bologna dei

Commissari della

Polizia Penitenziaria

ei giorni 27 e 28 novembre si èsvolto a Bologna il terzo meetingnazionale dei commissari dellapolizia penitenziaria.

Il 27 novembre si è tenuto un convegnodal tema EMERGENZA CARCERE: LA NE-CESSITA' DI RIPENSARE IL SISTEMA.Il tema del convegno pone all'attenzionedell'amministrazione e, più in generale,del mondo politico, il ruolo guida che icommissari del Corpo di polizia peniten-ziaria si prefiggono di svolgere in futuro,nell'ambito dell'amministrazione peni-tenziaria e non solo.Non può, infatti, sottacersi che questoevento ha segnato una svolta storica nel-l'ambito dell'amministrazione peniten-ziaria, dove non si era mai verificato cheuna parte del Corpo, una categoria, unruolo, indicasse tra le sue aspirazioniprincipali quella di individuare delle so-luzioni percorribili per migliorare un'or-ganizzazione, un sistema, quello in cuisono inseriti e da cui dipendono, af-flitta/o da gravi problemi.Neppure la stessa amministrazione peni-tenziaria, nella sua massima espressione,

né, tanto meno, quei dirigenti che da annisbandierano la loro appartenenza ad unruolo guida che in realtà non hanno maisaputo interpretare appieno, se non perottenere esclusivamente benefici econo-mici e di carriera, hanno mai assunto ini-ziative così importanti e futuristiche. Non possiamo che esprimere un grandeplauso ai commissari della polizia peni-tenziaria, di cui mi onoro di far parte, perl'importante iniziativa. Ora, è opportunoche l'amministrazione penitenziaria diaai commissari gli strumenti operativi ne-cessari, a cominciare dal riallineamentoche, così come il Sappe ha evidenziatonel corso del convegno, deve tenereanche conto delle sperequazioni esistentinei ruoli sovrintendenti e ispettori.Al convegno sono intervenute importantipersonalità del mondo accademico, cul-turale e sociale, nonché autorevoli espo-nenti del Dipartimentodell'Amministrazione Penitenziaria, comeil consigliere Riccardo Turrini Vita, diret-tore generale dell'esecuzione penaleesterna e il dott Massimo De Pascalis, di-rettore generale del personale e della for-

mazione. Sono, altresì, intervenuti l'ono-revole Luigi Vitali e il Senatore FilippoBerselli, presidente della commissionegiustizia del Senato.Sono personalmente intervenuto al mee-ting, sia come funzionario del Corpo, siain rappresentanza del Sappe, su delegadel segretario generale, impegnato inun'altra iniziativa.Sono stati affrontati i vari aspetti chehanno determinato la crisi del sistemapenitenziario e le possibili soluzioni.Per quanto ci riguarda noi del Sappe ab-biamo espresso alcune considerazioniche sintetizzo di seguito.Per capire che siamo in una situazione diemergenza basta guardare i numeri. Agennaio 2009 i detenuti erano 39.156, anovembre sono arrivati a 65.702. L'orga-nico della polizia penitenziaria a gennaioera di 39.156, a inizio novembre è arri-vato a 38.604. Quindi, mentre i detenutisono aumentati di 6.642 unità in undicimesi, la polizia penitenziaria è diminuitadi 552 unità nello stesso arco di tempo.Il trend di crescita è di 670 detenuti ognimese, con un incremento dell'11%. Gliistituti sovraffollati sono 177 sui 205 esi-stenti. Gli stranieri sono 24.326, quindi,il 37% come media nazionale, mentre al

Sopra, iltavolodella

Presidenzadel

Meeting di Bologna

sotto a destra,

l’inter-vento diGiovanniBattistaDurante

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Nord la percentuale arriva anche a rad-doppiare in alcune realtà. Circa 5.000detenuti stranieri sono nella condizionedi poter essere espulsi, ma continuanoa rimanere nelle carceri italiane.Circa i due terzi dei detenuti sono in at-tesa di giudizio. Al Nord, circa la metàsono in carcere per reati connessi al-l'uso e/o allo spaccio di sostanze stupe-facenti. Nel carcere di Ferraraaddirittura i tre quinti sono detenuti perquesto tipo di reati.Negli ultimi 10 anni sono morti circa1.500 detenuti, molti dei quali si sonosuicidati. Nello stesso periodo si sonosuicidati circa 70 appartenenti al Corpodi polizia penitenziaria. Tanti altri chie-dono il pensionamento anticipato perpatologie causate dallo stress psico fi-sico.Questi dati ci devono far riflettere ma,soprattutto, ci confermano che se siamoin una situazione di emergenza lo dob-biamo al fatto che nel corso degli ultimianni i problemi del carcere sono statitrascurati da tutti i governi che si sonosucceduti.Spesso si pensa di risolvere i problemidella sicurezza solo attraverso l'uso delcarcere. Si invoca la certezza della penaper dire che coloro che vengono con-dannati ad una pena detentiva devonoscontare l'intero periodo in carcere,confondendo la certezza della pena conla rigidità della stessa. Noi viviamo in unsistema caratterizzato dal principio dellaflessibilità della pena. Lo ha detto chia-ramente la Corte costituzionale con unaormai famosa sentenza del 1974,quando, pronunciandosi sulla legittimitàcostituzionale della previsione dell'erga-stolo nel nostro ordinamento, ha statuitoche tale previsione era ed è legittima,proprio in virtù del fatto che il nostro or-dinamento, attraverso il principio dellaflessibilità della pena, ed a ciò si giungeattraverso l'interpretazione del combi-nato disposto dei commi 1 e 3 dell'arti-colo 27 della Costituzione, consenteanche al condannato all'ergastolo dipoter uscire, a certe condizioni, dopoaver espiato 26 anni di reclusione (siveda l'istituto della liberazione condi-zione). Quindi, se nel nostro ordinamento vigeancora l'ergastolo e possiamo tenere in

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carcere a vita gente come Totò Riina edaltri della sua specie, ciò è dovuto pro-prio al fatto che esiste il principio di fles-sibilità della pena.Cosa deve intendersi, allora, per certezzadella pena, posto che nel nostro ordina-mento vige il principio di flessibilità?Oggi, in Italia, solo l'uno per cento di co-loro che commettono dei reati vengonoassicurati alla giustizia, nel senso chevengono individuati, arrestati e condan-nati. Qualche volta, anche se condannati,non riusciamo neanche a fargli scontarela pena, come è avvenuto nel caso di Ce-sare Battisti.E' questo che rende insicuri i cittadini einefficiente l'intero sistema della sicu-rezza, le cui agenzie non riescono a ga-rantire appieno il controllo dei fenomenicriminali, per ragioni che non possiamoindagare in questa sede. E' questo cherende, invece, più sicuri i criminali chedelinquono con la consapevolezza di re-stare impuniti nel novantanove per centodei casi. Bisogna dire, egoisticamente,che l'inefficienza del sistema aiuta nonpoco il carcere, perché se il numero deicondannati passasse dall'uno al due percento avremmo una popolazione carce-raria di oltre 130.000 detenuti.Quindi, la sicurezza dei cittadini non sipuò garantire attraverso la rigidità dellapena, così come intesa dai più, ma attra-verso la certezza della pena, intesa comecapacità dello Stato di assicurare allagiustizia un numero sempre maggiore dipersone che delinquono, così come la

sicurezza dei cittadini non si può garan-tire limitando le misure alternative alladetenzione, perché è statisticamente di-mostrato che il settanta per cento di co-loro che passano attraverso le misurealternative non delinquono più, mentreper coloro che hanno un impatto imme-diato con la società esterna, senza pas-sare attraverso il filtro delle misurealternative, la percentuale si inverte: ilsettanta per cento torna a delinquere.Quindi, va bene costruire più istituti dipena, ma bisogna soprattutto ripensarel'intero sistema, prendendo magari adesempio quello tedesco, dove il settantaper cento dei detenuti lavora e non esistela giurisdizionalizzazione dell'esecuzionepenale, poiché è il direttore, provenientedalla carriera dei magistrati, insieme al-l'equipe di osservazione, che decide chipuò essere ammesso ai benefici previstidalla legge. Bisognerebbe proporrecome misura alternativa il lavoro sostitu-tivo, nel senso che coloro che sono con-dannati a pene detentive brevi, due o treanni, anziché restare in carcere possanoscegliere di svolgere un lavoro social-mente utile presso enti o comunità, conuna retribuzione non superiore al qua-ranta o cinquanta per cento di quella sin-dacale, in modo da risarcire le vittimedel reato e lo Stato per il danno arrecato.In Germania i detenuti percepisconopoco più di un euro e cinquanta cente-simi all'ora, perché il lavoro penitenzia-rio rende molto di meno di quello svoltoall'esterno. ✦

l’attenta platea delConvegno

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Lara Liotta

[email protected]

Redazione sportiva

uella di Alessandro èuna storia di sport e divita. Talvolta quella vita,come quella di moltagente, è stata piena di

mareggiate e di tempeste da af-frontare.Durante le intemperie che lascianodietro macerie non sempre il ri-paro che si trova dalla loro forza di-struttrice riesce a far credere che cisi potrà rialzare indenni o che il soletornerà a sorgere di nuovo.Ma l’uomo ha in sé una forza sopran-naturale per riuscire a tornare a sperare. Se e quando la scoprepuò dire di essere realmente diventato grande, qualunque siala sua età.Alessandro l’ha cercata in fondo al pozzo buio del suo cuorequella forza, ne ha fatto tesoro e ha ricominciato a vivere. Inquel percorso comunque, non è stato solo. Qualcuno di quelloStato che non dovrebbe mai abbandonare i suoi cittadini neimomenti più bui, gli è stato vicino.Questa storia la cominceremo dalla fine.Era un giovanotto pieno di talento quando un’importante squa-dra di calcio delle serie maggiori lo chiamò a giocare in primasquadra. Aveva 18 anni ed il talento del predestinato: estro im-prevedibile e creativo, dribbling brucianti, assist per tutti, tantagrinta e generosità.Se la squadra era in svantaggio era l’ultimo a smettere di cor-rere, di sostenere ed incitare i compagni a non mollare fino aldoppio fischio finale. Già da qualche tempo vari procuratorigli avevano messo gli occhi addosso per incassare i meriti dellesue prodezze portandoselo in qualche prestigioso club. Lui losapeva, ma al di là di qualunque più rosea prospettiva futurache certo, non poteva dispiacergli, quel pallone da prendere acalci era e restava soprattutto un bellissimo gioco.Da piccolo giocava con qualunque oggetto somigliasse ad unasfera: un sassolino, una palla da tennis, una palla di carta, tuttoera buono per palleggiare e sognare di trovarsi in un grandestadio con i tifosi che acclamavano e gli striscioni a coprire legradinate. Soprattutto quando la mamma, dopo l’ennesimovetro rotto glielo toglieva per qualche tempo, non smetteva mainé i sogni né gli esercizi con quelle palle rimediate. Poi leprime sfide per strada, le partite con i fratelli più grandi chelo volevano sempre con loro e mai contro perché cominciavaad essere chiara la sua predisposizione al gol, e la scuola calcioche affinò, non costruì, quel talento che era solo suo.

Alla notizia che sarebbe andato viadal team della città in cui era natoe cresciuto, dispiacere e lacrimedei tifosi, ma c’era anche chi ca-piva che occasioni così importanticapitano poche volte nella vita evanno colte al volo. Per questo amalincuore una parte della tifo-seria accettava.Alessandro se ne andò dal suoambiente lasciando in eredità aicompagni di squadra tanti gol,

un fine stagione nella parte alta della classi-fica e un campionato da incorniciare.Enorme la festa di saluto per quel campione che iniziava altrovela rincorsa verso il grande salto che il calcio poteva rappresen-tare. Tanti abbracci, tante promesse di ritornare più bravo e piùesperto di prima.Alessandro cambiò, maglia, cambiò città e cambiò amicizie.Non passò molto tempo da quando anche nel nuovo ambienteci si accorse che era nato con la palla al piede.Segnava e divertiva: «Proprio una promessa mantenuta quelragazzo», lo dicevano tutti.Poi, vuoi la lontananza, vuoi la malinconia di certi momenti,prese ad uscire spesso la sera coi nuovi compagni.Si divertiva come qualunque giovane poco più che maggio-renne: cinema, locali, discoteche o magari serate passate a cer-care di avvicinare qualche ragazza dopo le cene nei beiristoranti del centro. Tutto scorreva tranquillo tra allenamenti, partite ed uscite. Poiun giorno vide lei che rideva in mezzo al gruppetto delle sueamiche. Biondissima, occhi chiari, bel fisico e quel sorriso cheincantava.Mai visto un sorriso e uno sguardo così.Alessandro chiese agli amici chi fossequella creatura stupenda. Era della città,studiava all’università e aveva il massimodei voti gli dissero.Doveva assolutamente conoscerla ed eracosì testardo che si poteva scommettere che ci sarebbe riuscito.Infatti ci riuscì. Settimane a sperare di incontrarla, ormai avevacapito orari e spostamenti di lei, e ogni volta che capitava o fa-ceva in modo che capitasse, provava a farla ridere, a farle capireche esisteva e che voleva solo starle accanto come nessun’altracosa al mondo. Giulia, così si chiamava, non era indifferenteall’esuberanza e al fisico muscoloso di quel giovanotto. Andòpure a vederlo giocare in casa in una delle partite del campio-

Nelle foto immagini

del racconto

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Una parentesi narrativa: la storia di Alessandro

L’attaccante e ...i difensori

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nato. Lui lo sapeva e la cercò con lo sguardo prima di comin-ciare. Nei 90 minuti segnò due gol da applauso e glieli dedicòcorrendo verso la tribuna e facendo il gesto del cuore che battecon la mano sotto la maglietta.Una settimana dopo i due iniziarono ad uscire regolarmente edin città già si mormorava: «Si sono fidanzati». Erano felici,avevano una luce speciale negli occhi quando stavano insieme.Cominciarono a convivere dopo poco tempo e nulla ne scalfivala chimica perfetta. Più il tempo passava più lui si attaccava alei sentendosi meno di lei e diventandone geloso senza motiviapparenti.All’inizio solo tanti dubbi che Alessandro teneva per sé, poi, daquando lei usciva per andare all’università fino a quando nonrientrava cominciò a non smettere mai di chiedersi dove fosse,con chi fosse, chi poteva esserci di interessante in quell’univer-sità. Lui si era fermato al diploma, e se a lei piacevano più coltigli uomini che bravi nello sport?.Ogni volta era un interrogatorio, un cercare di capire anchesolo dallo sguardo o dai cambiamenti d’umore se fosse occu-pata da altri pensieri. Lei cercava di rassicurarlo in ogni modoma non gli bastava mai che lei gli ribadisse che non aveva altripensieri oltre a lui, a loro, alla vita che vivevano insieme. Se sispazientiva per i dubbi che lui puntualmente nutriva su qualsiasicosa le facesse fuori dall’uscio, la discussione si accendeva dipiù perché, parole di Alessandro: «Chi non ha nulla da na-scondere non perde la pazienza». Scenate e discussioni con-tinue, oggetti che volavano e urla dal loro appartamento.Non era più lui, fuori e dentro il campo da calcio. Parlava e scherzava sempre meno con i compagni di squadra,non segnava più e sembrava che la sua aura dorata si fossespenta come un fiammifero al vento. Nell’ambiente tanta pre-occupazione. Nessuno dei suoi amici riusciva più a farlo tornareil ragazzo gioviale di una volta, a farlo parlare, o a ridonargliun minimo di tranquillità.Poi l’acme di quei sentimenti di gelosia esplose in una giornatache non ti aspetti da uno come lui. Una giornata maledetta incui Giulia, usciva dalla casa di un’amica dove si era organizzatoun gruppo di studio in vista degli imminenti esami. Stava par-lando con un compagno di università chiudendosi la porta dellostabile alle spalle. Rideva e scherzava come Alessandro non leaveva più visto fare da tempo in sua compagnia. Alessandro la

osservava da dentro alla sua macchina,l’aveva seguita saltando l’allenamentodel pomeriggio senza avvisare né il mi-ster né i compagni di dove si trovasse. Si era appostato per tre ore in attesa cheuscisse svelando chissà quali segreti.Per lui quella era la conferma dei suoi

dubbi, delle fondatezza di tutti i suoi sospetti.Prese dal cruscotto qualcosa comprata poco tempo prima. Uscìdalla macchina e non disse una parola. L’amico di Giulia non sapeva chi fosse quel tipo che gli venivaincontro ma qualcosa dovette capire dallo sguardo terrorizzatodi lei. Una due, tre coltellate. Il corpo che cade, le urla di Giuliail sangue sulle mani e per terra a formare una pozza, la vogliadi spegnere tutto e un primo barlume di lucidità che ritornava.

«Che ho fatto? che ho fatto?...» si chiedeva.Alessandro corse a piedi per una decina di minuti. Arrivò da-vanti ad un parco giochi col rimorso che gli attanagliava lo sto-maco. Pianse e quando riuscì finalmente a parlare dopo tantisinghiozzi, telefonò alla stazione dei carabinieri. Disse di an-darlo a prendere perché aveva ferito un uomo. Lo trovaronoancora su quel muretto quei militari increduli. In operazionidi servizio d’ordine allo stadio lo avevano visto segnare gol egioire. Mentre fu condotto in caserma il suo presunto rivale inamore morì in ambulanza.La città e la società di calcio furono scosse daldramma che intanto era rimbalzato fino dallesue parti, a casa dei suoi e tra gli amici delpaese natale.Per Alessandro si aprirono le porte del carcereed iniziò lì una nuova vita, senza scarpini népubblico, senza più il suo amore tormentato,né prospettive o idee di come farcela di nuovo a vivere con quel-l’omicidio, volontario e premeditato secondo il giudice, chesulla coscienza si faceva sempre più pesante ed insopportabile.Non dormì le prime notti. Glielo aveva predetto un vecchio lupodi cella che i primi mesi erano i più duri.Come stavano i suoi? Aveva fatto un gran disastro, aveva paurache non lo avrebbero mai perdonato, e aveva paura a restaredentro. Il carcere non l’aveva mai nemmeno considerato comeuna costruzione del reale fino a quel momento tanto gli era di-stante per prospettive e stile di vita. Temeva di trovarsi tra vecchi criminali incalliti pronti a farglila pelle e temeva pure le divise della Polizia Penitenziaria. Fuaccompagnato in cella da dei ragazzi pressappoco della sua età.Però non sembravano giudicarlo e guardarlo come si attendevadi meritare. Erano gentili nei modi.Provavano a tranquillizzarlo nei giorni più difficili, soprattuttoperché quando la malinconia era troppa si rifiutava di man-giare. Probabilmente temevano potesse farsi del male gli psi-cologi. Lo capì da quanto spesso sorvegliavano quelle diviseblu. Gli psicologi avevano ragione... Alessandro voleva potersparire. Passò del tempo, che sembrava non fluire mai in cella.Si accorse che quel mondo che respirava tra il cemento ed ilferro era fatto di persone e che lui, tutta quell’umanità nascosta,l’aveva sempre ignorata fino a quel momento. Le diffidenzeverso i baschi azzurri svanirono e addirittura, al riparo dallariprovazione di quelli che erano fuori per ciò che aveva fatto,cominciò a sentirsi più al sicuro dentro che fuori. In cella ov-viamente non trovò un criminale incallito come temeva, ma untrentenne con pochi precedenti ed una maxi rissa sulle spallein cui alcuni si fecero male sul serio. Stava lì da qualche mese,non si comportava male nei suoi confronti e spesso si ritrova-vano a parlare un po’ di tutto. Anche quella era una persona,lo comprese allora. Passavano i giorni, passarono i mesi e lestagioni. Alessandro collaborava in carcere guadagnando qual-cosa per sé. La mamma ed il papà andavano spesso ai colloquie gli dicevano di aver pazienza.Le lettere di Alessandro colmavano il vuoto di non poter vederei fratelli più piccoli di lui. In una scrisse loro che cominciavaad abituarsi, che non era né vessato né umiliato.

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Il cibo non era quello del ristorante ma tutto sommato quellidel convento se la cavavano onestamente per come lo prepa-ravano. Scrisse di sentirsi un ragazzo diverso, e che in ognicaso quell’esperienza dolorosa gli stava cominciando a ripor-tare il senso delle cose, di sé stesso. «Al mattino battono i ferri, ci contano e ci ispezionanoanche quando vorremmo dormire, però quando ho mani-festato qualunque esigenza, non hanno mai mancato diprovare a venirmi incontro. Voi non fate cretinate che dob-biate pagare come me e non preoccupatevi senza motivoper come sto, capito?»Anni dopo arrivò anche per lui il giorno del definitivo congedodal mondo penitenziario.Riprese le sue poche cose, salutò un po’ di compagni di sven-tura e si avviò verso l’uscita accompagnato da due agenti in di-visa. Da fuori al cancello, a metà percorso, intravide i suoigenitori, i suoi fratelli e si fermò all’istante. Erano cresciuti!.Iniziò a piangere a dirotto. Loro piangevano a loro volta os-servandolo in lontananza. Un gruppetto di agenti andò incon-tro al ragazzo. Gli dissero di non farsi vedere così, che era tuttofinito, che se ne doveva andare di corsa che non volevano maipiù rivederlo da quelle parti. Lo accompagnarono fino all’in-gresso. Da lì in poi ritornò tra le braccia dei familiari.Quella parentesi si era finalmente chiusa. Ora doveva inventarsiun nuovo modo per risorgere dalle sue ceneri ed andareavanti. La vita, nonostante tutto continuava a scorrere cosìcome aveva continuato a fare mentre si trovava dentro e gli pa-reva di non poterla afferrare più.

L’inizio di questa storia è fermo aduna mattina di fine estate, in un bar.Mentre un ragazzo serviva al banco uncaffè ad un agente della Polizia Peni-tenziaria in divisa. Nel porgerglielo glisi velarono gli occhi. Quel ragazzo eraAlessandro, nel suo nuovo impiego:non aveva mai più rivisto quella divisablu dalla sua dipartita dal carcere enel rivederla si commosse.«Voi siete stati i miei angeli...» e simise a raccontare.Dai racconti in cui l’umanità della Po-

lizia Penitenziaria viene fuori si smentisce il teatrino mediaticodi chi vorrebbe credere e far credere che dietro alla divisa bluche compie con dedizione e responsabilità il servizio d’istitutosi nasconda il lupo.Doverosa e giusta è la difesa dei baschi azzurri da parte di chi,dai sindacati ai vertici dell’Amministrazione Penitenziaria si im-pegna a tutelare l’onore e l’immagine del Corpo. Ma se questatutela continuasse ad essere considerata un atto dovuto oun’azione condotta con spirito di crociata da una sola delleparti in causa, a beneficio della verità sarebbe utile, negli in-termezzi del teatrino di cui sopra, dare altrettanto peso alle te-stimonianze di chi quell’umanità l’ha sperimentata di persona.I difensori difesi dunque anche da coloro che difendono? Ales-sandro, sebbene nato come attaccante di classe, ci direbbe disi, ne siamo certi.

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Dal 16 al 21 marzo Sestriere ospiterà per il quinto annoconsecutivo le FIS POLICE SKI 2010, Campionati delMondo di Sci dei Corpi di Polizia. Lo Sci Club Teamitalia, incollaborazione con Teamitalia, con il patrocinio della Presi-denza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Gioventùe del Comune di Sestriere, ha voluto riproporre sulle pisteolimpiche della storica meta del turismo invernale la 14ª edi-zione di questa grande manifestazione internazionale intera-mente dedicata alle forze dell’ordine.La settimana dal 16 al 21 marzo 2010 sarà ricca di gare e ri-unirà i più importanti atleti dei Corpi di Polizia italiani estranieri, insieme agli sportivi degli Sci Club pronti a sfidarsisugli stessi tracciati nelle competizioni targate sia FISI cheFIS. Dunque gli atleti italiani e stranieri della Finanza, deiCarabinieri, della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria,dell’Aeronautica Militare, della Polizia Locale, della PoliziaProvinciale, del Corpo Forestale, dei Vigili del Fuoco, dell’E-sercito e degli Alpini potranno competere sulla pista Agnellinelle gare di Slalom Gigante e Slalom Speciale per aggiudi-carsi il titolo di campione del mondo di sci dei corpi dipolizia. Il programma prevede Mercoledì 17 e giovedì 18marzo, le gare di Slalom Gigante e Slalom Speciale femminilee maschile per l'assegnazione del titolo di Campione Italianodi Sci dei Corpi di Polizia e Campione di sci della Polizia Pen-itenziaria. L’evento sarà seguito dalla Rai con Paolo DeChiesa, ex campione della valanga azzurra, che sarà lospeaker d’eccezione.

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Il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

augura a tutti gli iscrittiai loro familiari

e a tutti gli appartenenti al Corpo

Buon Natale e

Felice Anno Nuovo

Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

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Lionello PasconeCoordinatore Nazionale

Anppe

Associazione NazionalePolizia Penitenziaria

Le Pensionidel domani

n relazione alle pensioni che per-cepiranno i nostri giovani, si ri-porta l’articolo del signor MarcoRuffolo, estremamente interes-

sante, pubblicato di recente su un’altrarivista del Settore: Si potrebbe chiamaretassa sulla speranza di vita, Il fatto chegli italiani vivano più a lungo rispetto aquindici anni fa nasconde una contro-partita che in pochi conoscono: la pen-sione sarà più bassa. Con buona pace dichi annuncia che il sistema previdenzialenon sarà toccato. Tutto nasce da un semplice problema: vi-vere di più significa, a parità di condi-zioni, ricevere la pensione per unnumero maggiore di anni, con un costoche lo Stato ritiene fin d’ora insosteni-bile. La soluzione trovata è aritmetica-mente ineccepibile: l’assegno mensilenon potrà più essere quello di prima, manecessariamente più leggero. Lo Stato, invece di pagare poniamo1.000 euro al mese per 19 anni (era lasperanza di vita dei maschi ultrasessan-tenni una quindicina di anni fa), darà905 euro al mese per 21 anni (speranzadi vita attuale). E non è finita qui, perchéogni ulteriore aumento della vita mediain futuro farà scattare di tre anni in treanni un taglio della pensione. Insomma,campare di più non è un regalo ma haun prezzo da pagare alla collettività. Non stiamo ovviamente parlando diquanti vanno in pensione adesso o cistanno per andare: per loro l’assegnopiù o meno resta quello previsto. Stiamoparlando di tutti gli altri: i cinquantennicui manca ancora una decina di anni, esoprattutto i giovani appena assunti o de-stinati ad esserlo, che si porranno subitouna domanda: scegliendo di andare inpensione più tardi, si eviterà la decurta-zione dell’assegno? Per i cinquantenni larisposta è “sì”, almeno in parte.

Per i giovani “no”. Tutto questo non è un progetto, è già de-ciso e scatterà dal primo gennaio 2010.Lo ha disposto la riforma Dini del ‘95, loha tradotto in cifre una legge del 2007,lo ha confermato l’attuale governo. Dun-que, decisione assolutamente bipartisan.Il fatto che non se ne parli tanto è almenoin parte dovuto all’astruso titolo di questanorma, incomprensibile per i non addettiai lavori: Revisione dei coefficienti ditrasformazione. Si tratta di quei numeretti che moltiplicatiper la totalità dei contributi versati dannocome risultato la pensione dovuta a cia-scun lavoratore. Ogni tre anni questi nu-meri andranno rivisti al ribasso manmano che crescerà la speranza di vita.Primo taglio a gennaio, dopo un lungorimpallo tra i governi succedutisi dopoDini. Ma lasciamo parlare i dati, cominciandodalla situazione del lavoratore dipendentecinquantenne (diciamo 52), assunto nel1985. Immaginiamo che voglia andare inpensione nel 2020 all’età minima con-sentita: 62 anni e 35 di contributi. Se nonfosse introdotta la nuova tassa sulla spe-ranza di vita prenderebbe il 62 percento dello stipendio. Con la penalizza-zione avrà invece il 58,5%. Per conti-nuare a prendere il 62%, dovrà aspettaretre anni, fino al sessantacinquesimo annodi età. Se invece il lavoratore aveva decisoin ogni caso di andare in pensione a 65anni, perderà quattro punti percentualidel proprio stipendio: circa 80 euro almese su uno stipendio di 2.000 euro. Prendiamo ora un giovane ventisettenneche dopo un lungo precariato sta final-mente per essere assunto all’inizio delprossimo anno. Nel 2045 avrà 62 anni e35 anni di contributi (di più non è riu-scito ad accumularne). Lasciando il la-voro a quell’età, se non venisse introdotta

la nuova tassa sulla speranza di vita,avrebbe un assegno pari al 60 per centodel proprio stipendio. Con la tassa, ot-terrà solo poco più del 52%. Se invecedecidesse di rinviare il pensionamentofino al sessantacinquesimo compleanno,otterrebbe il 57 per cento, ossia recupe-rerebbe qualcosa ma perderebbe co-munque tre punti percentuali del propriostipendio. Una stangata anche maggioresubirebbe chi avesse fin dall’inizio pro-gettato di andare in pensione a 65 anni:perdita secca di nove punti, che, per unostipendio di 2.000 euro, equivale a quasi200 euro al mese in meno. Tutto chiaro. Ma resta un dubbio, anzidue. Finora ci hanno ripetuto fino allanausea che per salvare il sistema previ-denziale è necessario innalzare l’età pen-sionistica, anche più di quanto giàprevisto. E ora scopriamo che per tutti igiovani lavoratori e i futuri assunti, rin-viare l’addio al lavoro non servirà affattoa evitare un taglio dell’assegno. Ci siaspetterebbe che il sacrificio richiestoandasse in una sola direzione, e invecenon solo si dovrà andare in pensione piùtardi, ma si riceveranno meno soldi. Un doppio onere che per molti critici delnuovo sistema non sembra avere alcunalogica. Secondo dubbio: il taglio dei co-efficienti si applica a tutta la massa deicontributi versati nel corso della propriavita lavorativa e non - come sarebbe piùgiusto per evitare la retroattività - solo aquelli successivi all’introduzione delnuovo sacrificio. Alla fine, tirate le somme, il baratro chedivide giovani e meno giovani non fa cheallargarsi ulteriormente, con i primi co-stretti a pagare, oltre alle conseguenzedella propria precarietà lavorativa, anchequelle della crescente speranza di vita.Su cui sta per abbattersi la nuova tassaocculta. ✦

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Il mondo del lavoro assiste dall’inizio degli anni ’90 ad unasvolta riformatrice che non sembra eccessivo definire epocale.Vuol dirsi del profondo mutamento connesso alla c.d. priva-tizzazione dell’intero sistema del pubblico impiego. I pro-dromi di tale trasformazione sono ravvisabili nel D. Lgs. 503/92(riforma Amato) e nel D. Lgs. 29/93. Infatti, col primo provve-dimento aveva inizio l’opera di ridefinizione del sistema previ-denziale pubblico, mentre col secondo si avviaval’omogeinizzazione del comparto pubblico col settore privato.Tale ristrutturazione radicale discendeva dalla obiettiva con-statazione di una profonda situazione di crisi generata dal ral-lentamento dello sviluppo e dal progressivo invecchiamentodella popolazione, aggravata dalla mancanza di meccanismiautomatici di correzione degli squilibri. Di qui la necessità disoluzioni che, evitando di provocare lacerazioni troppo fortinel tessuto sociale, fossero però in grado di porre rimedio adinamiche insostenibili dei sistemi previdenziali.Tutto ciò, peraltro, tenendo ben ferme alcune linee guida fon-damentali. Vuol dirsi, in primo luogo, del convincimento percui il contratto di solidarietà tra le generazioni non possa con-siderarsi un istituto storicamente superato. Esso richiede, però,un’operazione di ridisegno che individui coerentemente stru-menti e obiettivi, rispetti i vincoli di bilancio e metta il sistemaal riparo da soluzioni meramente temporanee.Vi è, inoltre, l’ulteriore premessa fondamentale secondo cui laprevidenza pubblica a ripartizione non potrà più rappresentare– come ha rappresentato per mezzo secolo – l’unico pilastrosu cui costruire la ricchezza pensionistica delle famiglie.In quest’ottica si è imposta l’operazione di ridisegno di quelgenerale complesso di strumenti di protezione (c.d. welfarestate), tendenti ad impedire un’eccessiva divaricazione socialetra lavoratori e pensionati.Tale intervento è iniziato pressochè ovunque nei paesi avanzatiassumendo la forma di una rinuncia, più o meno marcata, al-l’unicità del pilastro pubblico e alla costruzione di un sistemacon molti pilastri nel quale, accanto alle pensioni pubbliche,compaiono, con un ruolo variamente articolato, forme privatedi risparmio per l’età anziana di tipo collettivo (fondi pensione)e individuali (assicurazioni sulla vita e piani pensionistici per-sonali), nonché moduli di pensionamento flessibile che con-sentano un ritiro graduale dall’attività lavorativa.Così, nel sistema attuale si determinano i presupposti per unaforte espansione dell’industria dei prodotti previdenziale.In Italia, questo processo di ridefinizione è segnato da due ri-forme pensionistiche, del 1992 e 1995, e da una serie di prov-vedimenti minori nel periodo intermedio e in quellosuccessivo; anche se il pilastro pubblico, opportunamente mo-dificato e con prestazioni meno generose, è destinato a rima-nere di gran lunga prevalente, l’elemento qualificante èrappresentato dal carattere misto del nuovo sistema, con lapresenza di una componente privata costituita dai fondi pen-sione destinati a giocare un ruolo sempre crescente nel tempo.Invero, la grandiosa costruzione del welfare state, basata sul-

l’ambizioso principio dello stato sociale mirante al benesseredi tutti i cittadini, a tutte le età, ha lasciato al mercato un com-pito soltanto residuale, quando non addirittura inesistente acausa della mancanza o dell’eccessiva onerosità di strumentiassicurativi per certi tipi di rischi.Cardine di questa evoluzione è stata l’idea che lo stato potessefare meglio del mercato non soltanto sotto il profilo del perse-guimento di obiettivi di equità e di protezione sociale, che almercato stesso sono estranei, ma anche in termini di efficienza;in tal modo si è venuta a privilegiare una finalità redistributivapubblica rispondente ad un ideale di società più giusta, in luogodel meccanismo della capitalizzazione privata.Tuttavia, come già accennato, negli ultimi decenni, la sosteni-bilità finanziaria dei sistemi pensionistici pubblici è stata minatadall’emergere di due fattori fondamentali: a) la diminuzione tendenziale del tasso di crescita dell’econo-mia, che ha inciso negativamente sulla dinamica delle entrate;b) il progressivo invecchiamento della popolazione, che ha for-temente incrementato le uscite. A ciò aggiungasi la tendenzadei processi legislativi sia a intervenire in melius, con un ec-cesso di generosità verso le generazioni presenti e a scapito diquelle future, sia a frammentare il sistema, con una legislazionead hoc che non sempre ha favorito l’equità.Ecco quindi presentarsi l’esigenza di ricercare un giusto equi-librio tra assicurazione e redistribuzione con conseguente ne-cessità di interventi di riforma il cui fulcro centrale è costituitodal tema della cosiddetta privatizzazione della previdenza.Sotto il profilo meramente economico, si può argomentarecome il sistema previdenziale ottimale sembrerebbe essere rap-presentato da un sistema misto, con la presenza simultanea diun’assicurazione pubblica a ripartizione, obbligatoria e uni-forme tra le categorie, e di un’assicurazione privata a capita-lizzazione, integrativa della prima, volontaria e più ritagliabilesulle esigenze e preferenze dei singoli.Siffatto sistema misto dovrebbe essere in grado di bilanciare,meglio dell’alternativa basata su uno soltanto degli schemi, glieffetti disincentivanti della redistribuzione con una prospettivadi relativa sicurezza per le generazioni anziane, l’incentivazioneal risparmio e all’accumulazione di capitale con l’assicura-zione, i rischi sociali con la tutela dei singoli, le libertà invidi-vuali con la partecipazione obbligatoria a un sistema collettivodi risparmio per l’età anziana.Così delineato a grandi linee l’attuale assetto socio-economicodi riferimento è quantomai opportuno sottolineare la rilevanzadelle recenti novità normative in tema di trasformazione del-l’indennità di buonuscita in TFR e la contestuale incentivazionedei fondi pensione nel settore pubblico. Da quanto esposto è possibile trarre talune riflessioni conclu-sive di sicuro rilievo.In primo luogo, la progressiva variazione del sistema pensio-nistico pubblico ha prodotto il passaggio da un sistema retri-butivo a quello contributivo; ciò che significa che anchenell’ambito del sistema pensionistico pubblico le future pen-

Il nuovo Trattamento di Fine Rapporto

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sioni degli italiani dipenderanno semprepiù da quanto si versa. A ciò aggiungasila graduale eliminazione della pensionedi anzianità. Di qui l’ineluttabilità del-l’adesione ai fondi pensione complemen-tari onde mantenere un sufficiente livellodi reddito anche successivamente allacessazione del rapporto lavorativo. Tale valutazione appare ancor più fon-data in ipotesi di lavoratori con ridottaanzianità contributiva ovvero neo assuntiper i quali la prospettiva del trattamentodi quiescenza prossimo venturo appareben lontana dagli attuali livelli econo-mici, aggirandosi intorno al 48-50%della base pensionabile. Ulteriore corollario di quanto sopra èrappresentato dalla necessità, per coloroi quali dovessero optare per l’adesioneai fondi pensione e, comunque, per i neoassunti, di effettuare versamenti non ec-cessivamente modesti che produrreb-bero una previdenza complementareinsufficiente a garantire il livello reddi-tuale goduto sino al momento del collo-camento a riposo. In buona sostanza larivoluzione copernicana rappresentatadalla riforma implica un mutamento dimentalità per cui il lavoratore dovrà af-frontare piccoli sacrifici oggi per mante-nere il suo potere d’acquisto domani.Pertanto, si imporrà una decisa azione di

Polizia Penitenziaria - SG&S n. 167 - novembre 2009

Il giorno 15 novembre 2009, il Gonfalone dell’ANPPe ha partecipato a Teramo, allamanifestazione dell’80° anniversario della Fondazione dell’Associazione NazionaleAlpini - Sezione Abruzzi. Al raduno sono intervenuti migliaia di Alpini di tutte le Sezioni della Regione con unacoreografia spettacolare di cui protagonista è stata la folla, la cittadinanza. Una ceri-monia davvero suggestiva, particolare in ogni aspetto. Era presente alla manifestazione, insieme allo stendardo il Coordinatore Nazionaledell’ANPPe Lionello Pascone.

Teramo: Raduno degli Alpini

L’Ispettore Giuseppe Cancellosi socio ANPPe della sezione di Alessandria èstato colpito da un grave lutto familiare con la perdita della moglie Sig.ra RosaMaria Palmieri. La Segreteria Nazionale dell’ANPPe e la Redazione della Rivistasi uniscono al dolore della Famiglia Cancellosi esprimendo sentite condoglianze.

Rovigo: intervista

al socio Anppe

Marino Siviero,

testimone storico

della storia

raccontata nel

Film “Prima Linea”

Alessandria:Lutto nell’ANPPe

sensibilizzazione degli organi di governo,parlamentari e forze sociali tesa ad allar-gare la base retributiva per il calcolo delTFR attraverso l’inclusione di ulterioriemolumenti quali l’indennità di poliziaovvero di istituto ed anche affinchè i me-desimi organi facciano opera di convin-cimento ed intermediazione nei confrontidella controparte pubblica per l’incenti-vazione del finanziamento dei fondi conulteriori accantonamenti equivalenti aquelli volontari posti dalla contrattazionecollettiva a carico dei lavoratori. L’azione delineata dovrà, per una mag-giore efficacia, inserirsi in un contesto didefiscalizzazione dei contributi capace diagevolare l’avvio e la maggiore adesioneai fondi medesimi.Non ultimo, sarà compito preminentedelle organizzazioni sindacali concorrerea selezionare con estrema attenzione ilsoggetto gestore del fondo dalle cui capa-cità e professionalità dipenderà la reddi-tività dei fondi e, conseguentemente, leprestazioni finali.Tale scelta non dovrà essere disgiuntadalla formazione di un capace ed oculatoorgano di controllo all’interno del qualesarà indispensabile collocare rappresen-tati di assoluta affidabilità e competenzain materia.

Avv. Antonio Nicolini

ercoledi 18 novembre 2009, aRovigo, c’e’ stata la presenta-zione del film La Prima Linea(recensito sullo scorso numero

della Rivista), pellicola che porta sul grandeschermo la storia del terrorista SergioSegio, autore del libro Miccia Corta. Il filmnarra l’assalto al Carcere di Rovigo del 3gennaio 1982, dove Segio (interpretatodall’attore Riccardo Scamarcio) libera lasua fidanzata Susanna Ronconi (interpretatada Giovanna Mezzogiorno), assaltando conun’auto bomba l’ala ovest del carcere pro-vocando un vortice di violenza e sangue chesegnerà per sempre una triste data da ricor-dare per la città di Rovigo. Marino Siviero attualmente socio ANPPedella Sezione, c’era, e le pallottole che fi-schiarono a pochi centimetri da lui nonerano una finzione scenica. Il ricordo di Si-viero, ex agente di Custodia è ancora vivo. Il 3 gennaio 1982, giorno dell’assalto al car-cere di Rovigo da parte di un commando diPrima Linea, lui era sul muro di cinta, pro-

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t a g o n i s t a ,quindi, di unadelle azionimilitari piùc l a m o r o s edegli anni dipiombo. «Allora - dice- il muro dicinta nonaveva le pro-tezioni tra-sparenti di

adesso. Io ero nella garitta in cemento,vidi avvicinarsi al muro delle persone. Poimi spararono contro, un vera grandinatadi colpi, mi venne d’istinto gettarmi aterra poi provai a far fuoco col mio mitrad’ordinanza, ma l’arma si inceppò. Provaiancora a rialzarmi ma le raffiche eranointense. Poi l’esplosione, come un terre-moto. Pezzi dell’A112 che conteneval’esplosivo schizzarono dappertutto, iltetto addirittura dentro al carcere. SergioSegio entrò nel carcere dalla breccia perliberare Susanna Ronconi e le altre tre de-tenute. Poi uscirono mentre le armi con-tinuavano a crepitare. L’azione durò unadecina di minuti, il mio collega che inter-venne era a pochi metri, sul muro di cintama dall’altra parte. Pensò che fossi rima-sto ucciso. All’inizio non pensai chel’obiettivo dell’attentato fosse l’evasione,ero in servizio al carcere da una ventinadi giorni, facevo il servizio di leva.Quando mi spararono contro ritenni che

l’obiettivo fossimonoi agenti. In quelperiodo non eranorari episodi di atten-tati contro le Forzedell’Ordine. Poiquando fu chiaro cheerano evase quattrodetenute la responsa-bilità di Prima Lineafu quasi automatica.Dopo un anno misono congedato, maoggi mi sono iscrittoall’ANPPe che da unpaio di anni si è co-stituita anche a Ro-vigo e io sonoorgoglioso di farneparte».

Nelle foto, le fasi dellaCerimoniasvoltasi aTorino

Torino: Festa decennale ANPPe

l giorno 19 novembre 2009, è stato cele-brato il Decennale della Sezione ANPPedi Torino, alla presenza del CoordinatoreNazionale Lionello Pascone. Nella circostanza, la Sezione è stata inti-tolata alle Vigilatrici Penitenziarie MariaGrazia Sisca e Rosetta Casazza, Medaglied’Oro al Valor Civile alla memoria, vittimedel dovere, mentre il Labaro è stato de-corato della Medaglia d’Argento. Sono in-tervenuti il Provveditore Regionale delPiemonte e della Valle d’Aosta Aldo Fa-bozzi, il Gen. Giosuè Camilleri, un Asses-sore Provinciale, il Direttore della CasaCircondariale Lorusso-Cutugno. Il Provveditore Regionale, che ha portatoil saluto del Capo del DipartimentoFranco Ionta, ha ricordato i suoi primipassi nell’amministrazione al fianco degliAgenti di Custodia; parimenti, il Gen. Ca-milleri, che ha rammentato alcuni epi-sodi della sua carriera; l’Assessore ha,invece, fatto presente che l’Associazionedovrà racchiudere anche il personale inservizio, per un’armonia ancor più signi-ficativa tra il passato e il presente. Sono stati, quindi, consegnati attestati ebenemerenze a tutti i pensionati presentied è stata deposta una Corona al Monu-mento ai Caduti dal Corpo dell’internodell’istituto. Una ricorrenza particolar-mente sentita e riuscita ottimamente gra-zie all’impegno proficuo di SavatoreSpatafora e di Carmine Visilli, responsa-bili della Sezione, che hanno davvero sa-puto rendere intensi i vari momenti dellamanifestazione.

Buone FesteLa Segreteria Nazionale dell’ANPPe augura a tutti gli iscritti, ai loro familiari e a tutto il personale in congedo Buon Natale e

Felice Anno Nuovo✦

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Monza: Sportello

di supporto

psicologico per il

personale della

Casa Circondariale

La direzione dell’istituto di Monza,in un’ottica generale del benesseredel personale, si è attivata ed ha ri-cevuto la disponibilità da parte del-l’Azienda Ospedaliera San Gerardodi Monza, per l’attivazione di unosportello di sostegno psicologico, ri-servato agli operatori della Casa Cir-condariale, consentendo agli stessidi elaborare gli eventi critici che siverificano nella realtà penitenziaria.Il servizio, oltre ad avvalersi di unalinea telefonica dedicata, viene atti-vato direttamente presso la strutturaospedaliera, in modo da garantire lariservatezza dell’accesso al servizioda parte del personale.Il progetto, inoltre, è stato approvatoil 17 novembre 2009 anche dal Prov-veditorato Regionale della Lombar-dia.

(ove soventevi sono copiose perdite di acqua) ed ilposto di servizio in detti ingressi lascianodavvero perplessi. Da ultimo, ma non perimportanza, l’edificio dove ci sono gli uf-

Nella foto,Guido

Battistacon il suostrumento

ella Casa Circondariale di Frosi-none, sono state segnalate nume-rose disfunzioni di caratterestrutturale, l’istituto è sempre più

disagiato e invivibile: in particolare sonostate evidenziate carenze nella casermaagenti, lungo i corridoi e sono visibiliperdite d’acqua (dalle lampade). I tele-foni, da utilizzare nei casi di necessità,non funzionano e le stanze del personale

sono fatiscenti.Al piano terra, lo spaccio, è un am-biente indecoroso; i bagni sono obso-leti, mancano di sapone e di cartaigienica e l’apparecchio asciugamanipresenta dei fili scoperti; manca altresìla placca per coprire la presa.Dei due ascensori esistenti, uno è fermoda anni e l’altro, recentemente, è statoadibito con chiave solo a montacarichi,costringendo così tutto il personale afare uso delle scale per utilizzare i trepiani della caserma.Nella sala TV adiacente allo spaccio,sempre sporca, è ubicato un piccolo te-levisore mal funzionante. Nella mensa, non risulta attivata la Com-missione avente funzioni di controllo,con prelievi e analisi saltuarie, cosìcome non risulta istituito il registro aciò adibito. La struttura e la pulizia delbagno dell’ingresso ai reparti detentivi

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L’assistente capo Guido Battista in servi-zio presso la Casa Circondariale di Be-nevento, fa parte dell’orchestra a Plettrodi Ripalimosani (CB). Ultimamente, il nostro musicista sta con-

Frosinone e Velletri: Gemellaggio per il degrado

seguendo il diloma di mandolino.Attualmente in orchestra è impegnatosia con il mandolino che con la man-dola tenore. Il suo repertorio spazia dal classico allacanzone napoletana, dalle canzoni ita-liane anni’50 alla musica spagnola.Negli ultimi anni ha partecipato a quasi50 concerti, tra i quali anche la Festadella Polizia di Stato di Campobasso.Altre importanti partecipazioni al Festi-val di Trivento, al Santuario di Castel-petroso, al Festival del Mandolino epianoforte di Potenza. Le sue esibizioni sono state ammiratein molti paesi del Molise e del CentroItalia.

Benevento: più di cinquanta

concerti per Guido Battista

AVVISO AGLI ISCRITTI:

SONO IN DISTRIBUZIONE

PRESSO tutte LE SEGRETERIE

LOCALI I GADGET ANNUALI

DEL SAPPE: CALENDARI,

PENNE E ANGENDINE.

BUONE FESTE A TUTTI

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Come Frosinone, anche nella Casa Cir-condariale di Velletri, sono emersenotevoli disfunzioni e inconve-nienti, che si indicano come adesempio nella Portineria A, l’im-pianto dell’aria condizionata nonfunziona. I servizi igienici sono fatiscenti: il ru-binetto perde acqua, la porta è rottae il Water e il lavabo sono incrostati. Nella Cucina, la cappa non aspira e icoperchi sono rotti. Nell’Ufficio So-

vrintendenti e Ispettori, le sedie e i divanisono rotti, non vi è un personal compu-ter né la stampante, non vi è l’impiantodell’aria condizionata. Nel Reparto AS, manca un adeguato ri-cambio d’aria e l’impianto d’aria condi-zionata. Nella Sezione C, mancano lesedie e l’ufficio si trova in mezzo al cor-ridoio.

Nelle foto, alcuneimmaginidelle condizioniin cui sitrovano lestrutture di Frosinonee Velletri

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Si è svolto, venerdì 20 novembre 2009, ad Alessandria, pressola Circoscrizione Al-Nord di viale Michel, il Convegno-DibattitoEmergenza carceri - La Polizia Penitenziaria. L’evento è stato organizzato dal Sappe Piemonte e dai GruppiConsiliari AN-PdL della Regione Piemonte e del Comune di Ales-sandria. Ha partecipato al Convegno il Segretario Generale del SappeDonato Capece, che nel denunciare il sovraffollamento degli at-tuali 13 penitenziari piemontesi, che ospitano circa 4.900 de-tenuti a fronte di una capienza regolamentare delle strutturepari a poco più di 3.300 posti, ha chiesto in particolare ai Par-lamentari eletti in Piemonte di riflettere tutti, auspicando unasvolta bipartisan di Governo e Parlamento, per una nuova po-litica della pena, necessaria e non più differibile, che ripensiorganicamente il carcere e l’istituzione penitenziaria. Sono in-tervenuti, inoltre, il sindaco di Alessandria Piercarlo Fabbio, iConsiglieri Comunali di Alessandria Mario Bocchio e MaurizioSciaudone, il segretario regionale Sappe Nicola Sette, il vice se-gretario Enrico D’Ambola ed altri delegati del Sappe Piemonte.Era presenta anche una delegazione dell’ANPPe, con il segre-tario provinciale Antonio Aloia.Ha concluso il dibattito il Consigliere Regionale del PiemonteMarco Botta facendo presente come oggi nelle carceri italianeci siano più di 65 mila detenuti, dei quali oltre 25 mila sonostranieri, soprattutto extracomunitari. E questi emblematici datifanno comprendere anche ai non addetti ai lavori come i livelli

di sicurezza dei nostri pe-nitenziari siano assai li-mitati e in qualidrammatiche e difficilicondizioni lavorino gliAgenti. I due terzi dei re-clusi sono in attesa digiudizio: anche questorappresenta un’anomaliadel nostro sistema. ✦

Bologna: comunicazione di atti e

informazioni al personale per email

La Casa Circondariale di Bologna è partita con una sperimenta-zione di comunicazione degli atti personali all’indirizzo di postaelettronica dei dipendenti che ne siano in possesso. La direzione ha invitato tutto il personale che sia in possesso diun’utenza di posta elettronica personale a comunicare i relatividati all’ufficio segreteria dell’istituto entro il 10 dicembre 2009,in modo da consentire la registrazione e l’invio per il futuro dellecomunicazioni degli atti, delle circolari, degli avvisi, delle diret-tive e in generale, di ogni notizia che possa avere un immediatointeresse per il personale, mediante invio dei relativi documentiin posta elettronica, in sostituzione del tradizionale modello dellanotifica a mano degli stessi.

Nella Sezione 2 A, mancano le sedie e lescrivanie sono più che antiquate dovevengono utilizzati banchi di scuola. Nel corridoio 3 A, leluci non funzionanoe nella Sezione 4 AAS, mancano lesedie e i termosifoni.Nella Mensa, lacappa non aspiraadeguatamente i va-pori e dalle fogna-ture pervengonoodori molto sgradevoli.Infine, nella Caserma Agenti, regnaovunque l’umidità, nell’ala 01-25 i ser-vizi igienici non funzionano bene e lecondizioni di pulizia sono scarse.Certamente, oltre gli intendimenti, piùche mai indispensabili, occorre inter-venire al più presto per rendere l’isti-tuto vivibile e agibile al personale cheogni giorno lo frequenta e ne subiscele principali disfunzioni.

fici del N.T.P., è pieno di erbacce. Questisono solo alcuni problemi strutturali cheaffliggono l’istituto di Frosinone. Riteniamo indispensabile un interventocon la massima sollecitudine perché gliinconvenienti illustrati possono solo ag-gravarsi ulteriormente e determinareserie conseguenze per l’operatività quo-tidiana e per la sicurezza.

Così a Velletri...

Alessandria: Convegno-Dibattito “Emergenza

Carceri - La Polizia Penitenziaria”

Sopra.il tavolo della Presidenzadel Convegno

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al 3 al 6 dicembre 2009 presso la Fiera di Rimini siè svolto il 1° Salone della Giustizia.Ad inaugurare l’evento sono stati il Presidente dellaCamera Gianfranco Fini e il Presidente della Commis-

sione Giustizia del Senato Filippo Berselli. Il Capo del DAP Franco Ionta, e il Vice Capo Vicario Emilio diSomma, hanno partecipato all’inaugurazione visitando il padi-glione allestito dal Dipartimento e ricevendo l’apprezzamentodel Presidente Berselli e delle altre Autorità presenti per la qua-

lità e i contenuti dell’allesti-mento dello spazio La pena. La Polizia Penitenziaria pre-sente al Salone ha rappresen-tato l’intero Corpo nellacomplessità dei compiti e dellefunzioni svolte. Il primo giorno nella Sala Ra-vezzi, si è svolto il convegno-di-battito L’immagine dellapolizia penitenziaria neimass media, organizzato dalDAP a cui ha partecipato ilCapo dell’Amministrazione Pe-nitenziaria Franco Ionta, Gian-carlo Mingoli, capo redattorecentrale tg1 mattina, FabioTamburini, tg5, Carlo Gelosi,docente di comunicazione isti-tuzionale alla LUMSA e GerardoBombonato, presidente dell’Or-dine dei Giornalisti dell’EmiliaRomagna. Ha moderato il dibattito, laDott.ssa Assunta Borzacchiello,direttore dell’ufficio stampa delDAP.La tavola rotonda ha avutol’obiettivo di mettere a con-fronto, per la prima volta, il ver-tice del DAP con espertidell’informazione in un dibat-tito aperto e propositivo sul

tema della comunicazione sulcarcere, partendo proprio dall’immagine della Polizia Peniten-ziaria.

Alcune immagini

della manife-

stazione

Polizia Penitenziaria - SG&S n. 168 - dicembre 2009

Salone della GiustiziaRimini 3-6 dicembre 2009

Significativo il messaggio del Presidente della Repubblica: «Ilprimo Salone della Giustizia promosso dal presidente dellacommissione Giustizia del Senato costituisce una originalee significativa occasione per un aperto confronto sui temiconnessi all’esercizio della funzione istituzionale. L’ampia,

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qualificata e autorevole adesione allainiziativa rivela l’attenzione che glioperatori del settore pongono per la in-dividuazione di proposte concrete volte a eliminare tutte lepossibili cause di disfunzioni e ritardi. Il salone non è statoconcepito solo come momento di dibattito, ma anche comeuna nuova forma di comunicazione istituzionale che avvi-cina i cittadini alla conoscenza di problemi e realtà chesono spesso evocati, ma i cui termini specifici appaiono dif-ficilmente comprensibili. I visitatori percorreranno ideal-mente le fasi che conducono, sulla base della legislazionevigente, al processo e ai suoi esiti e ne incontreranno i pro-tagonisti approfondendone ruoli e responsabilità. La parte-

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cipazionedei citta-dini rap-

presenterà per gli operatoriun forte stimolo a esaminareinsieme, con equilibrio e se-renità, le condizioni per assi-curare un servizio efficiente etempestivo in grado di garan-tire i diritti dei cittadini nelrispetto dei valori fondantidella Costituzione.»Il Ministro della Giustizia Ange-lino Alfano ha visitato gli spaziallestiti complimentandosi conla Polizia Penitenziaria per ilservizio reso. Lo stesso Alfano, nel suo di-scorso aveva evidenziato «Sonoben lieto di aprire i lavoridella manifestazione. Il Go-verno di cui mi onoro di farparte, avverte fortemente lanecessità di promuovere unaprofonda riforma della giusti-zia, in tutti i suoi settori. E,proprio per onorare questoimpegno preso con i cittadinidurante la campagna eletto-rale, stiamo lavorando ormaida un anno perché con questariforma sia finalmente possi-bile restituire ai processi ci-vili e penali quei requisiti diequilibrio, rapidità ed effi-cienza che affliggono le nostreaule giudiziarie ormai datroppo tempo. A Rimini, perquattro giorni, avremo l’occa-sione di illustrare quanto saràstato realizzato fino ad allorae quanto ancora ci sarà dafare e avremo l’opportunità dispiegarlo al mondo della poli-tica, della magistratura, del-l’avvocatura, delle forzedell’ordine, delle professioni,dell’imprenditoria, dell’uni-versità e dell’informazione,nonché a tutti i cittadini che,mi auguro, vorranno visitare i padiglioni della Fiera epartecipare agli incontri che vi si svolgeranno.» ✦

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Face OffDue facce di un assassino

on una sceneggiatura ricca di colpi di scena, JohnWoo ci racconta una storia di scambio di identità trail buono ed il cattivo. Da otto anni Sean Archer (JohnTravolta), agente dell'FBI, dà la caccia a Castor Troy,

(Nicolas Cage) efferato omicida, colpevole anche dell’assas-sinio di Michael, il figlio di cinque anni di Sean. Sembra la fine di un incubo quando Archer riesce a catturareTroy, ma si scopre che il criminale ha nascosto una bombacapace di radere al suolo la città di Los Angeles. Per scoprire dov'è nascosta la bomba, Archer è costretto adentrare nel carcere dov'è rinchiuso Pollux, il pazzoide fratellodi Castor, assumendo le sembianze del criminale grazie ad unafantascientifica operazione chirurgica. Mentre Archer, trasfor-mato in Castor, sta cercando di ottenere l'informazione giusta,il vero Castor si sveglia improvvisamente dal coma e costringeil chirurgo a trapiantargli la faccia di Archer, che era stata te-nuta congelata. Si rovesciano così i ruoli, Castor, con le sem-bianze di Archer, fa il poliziotto e poi, a casa, il marito e ilpadre. Archer, scambiato per Castor, è costretto ad organizzarela fuga dal carcere per poter dimostrare l'equivoco, mentrerimane la minaccia della bomba. Solo dopo molte peripezie,scontri a fuoco e inseguimenti al cardiopalma, Archer riesciràa ristabilire le giuste identità, a sconfiggere definitivamente ilpericoloso criminale e a tornare a casa dalla moglie e dai figli.

La scheda del FilmRegia: John WooSoggetto e Sceneggiatura: Mike Werb, Michael CollearyFotografia: Oliver WoodMusiche: John PowellMontaggio: Steven Kemper, Christian Wagner Scenografia: Neil Spisak Costumi: Ellen Mirojnick Effetti: Henry Millar Jr., Robert Devine, Richard E.Hollander,Anatomorphex, Video Image, Animal LogicProduzione: David Permut, Barrie M. Osborne, TerenceChang, Christopher Godsick per Douglas/Reuther Production, Paramount Pictures, Touchstone Pictures, WCG Entertainment ProductionDistribuzione: Buena Vista International ItaliaTouchstone Home VideoPersonaggi ed Interpreti:Sean Archer: John TravoltaCastor Troy: Nicolas CageEve Archer: Joan AllenJamie Archer: Dominique SwainSasha Hassler: Gina GershonDietrich Hassler: Nick CassavetesPullux Troy: Alessandro NivolaVictor Lazzaro: Harve PresnellMalcolm Walsh: Colm FeoreAgente Walton: John Carroll LynchHollis Miller: CCH PounderAgente Winters: Lauren SinclairGenere: Drammatico Durata: 137 minuti Origine: USA, 1997

In alto, lalocandina

del filma fiancoalcunescene

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a cura diG. B. De Blasis

Sorvegliato Speciale

rank Leone (interprtato da Stallone), è un detenuto mo-dello, appena tornato da una licenza premio trascorsacon la fidanzata Melissa ed è ormai prossimo alla scar-cerazione definitiva.

Improvvisamente, viene prelevato di notte dalla sua cella e tra-sferito in un'altra prigione, assai più dura, diretta dallo spietatoWarden Drumgoole. Il direttore Drumgoole odia Leone perchè riuscì ad evadere dalpenitenziario, che egli dirigeva, compromettendo la sua car-riera, e ora vuole vendicarsi. Drumgoole usa ogni pretesto per torturarlo fisicamente e mo-ralmente, si serve dei più sadici aguzzini fra le guardie e deipiù spietati delinquenti fra i detenuti. Ma Leone, che non è unviolento, e sta scontando le ultime settimane della pena, riescea dominarsi e a resistere a tutte le provocazioni. Nonostante tutto Frank, che si è fatto molti amici in carcere,riesce a fare il suo mestiere di meccanico, cercando di evitarele provocazioni. Allora Drumgoole organizza un complotto con-tro di lui facendo prima uccidere un suo giovane amico ven-tenne e poi lo fa accoltellare da un detenuto. Infine, gli farivelare che la sua fidanzata verrà stuprata, cosicchè Frank, persalvarla, tenta l'evasione. Dopo una lunga fuga notturna attraverso i pozzi, Leone vienetradito da un amico che Drumgoole ha comprato con false pro-messe, e scatta una caccia spietata contro di lui, da parte ditutti i poliziotti penitenziari. Frank, allora, con uno stratagemma, sequestra il direttore eminaccia di ucciderlo con una vecchia sedia elettrica, sullaquale lo ha legato, con l’intenzione di spaventarlo solamente.Drumgoole, terrorizzato dalla sedia elettrica, confessa davantialle guardie e al Comandante, tutto il piano organizzato controLeone, e la propria responsabilità nella morte dei due detenuti.A questo punto il Comandante delle guardie, già da tempo con-vinto della persecuzione ordita contro Frank, arresta il diret-tore, che sarà incriminato e rinviato a giudizio. Frank Leone finlmente riuscirà ad uscire dal carcere tra gli ap-plausi degli altri detenuti e troverà ad attenderlo la fidanzataMelissa.

La scheda del Film

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A fianco,la locandina

sotto, alcunescene del film

Regia: John FlynnTitolo Originale: LOCK UP Soggetto: Jeb Stuart, Richard Smith, Henry Rosenbaum Sceneggiatura: Jeb Stuart, Richard Smith, Henry RosenbaumFotografia: Donald E. ThorinMusiche: Bill Conti Montaggio: Don Brochu, Michael N. KnueProduzione: Lawrence Gordon, Charles Gordon Distribuzione: Penta Distribuzione (1989)Pentavideo, Cecchi Gori Home VideoPersonaggi ed Interpreti:Frank Leone: Sylvester StalloneWarden Drumgoole: Donald SutherlandDallas: Tom SizemoreEclipse: Frank McRaeChink: Sonny Landman

Melissa: Darlanne FluegelMeissner: John AmosWilliam Allen YoungGenere: Drammatico Durata: 102 minuti, Origine: USA, 1989

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redo che il modo migliore perrendere omaggio al crocifisso siaquello di richiamare l’attenzionesullo splendido articolo che Na-

talia Ginzburg pubblicò sull’Unità il 22marzo 1988 a proposito diun’insegnante di Cuneoche aveva tolto il crocifissodall’aula. La Ginzburg nonera cattolica ma credo chenessun cattolico avrebbescritto qualcosa di più bellosul problema del crocifisso, quel piccolosegno muto e silenzioso che da oltreduemila anni fa parte della storia delmondo. Nello stesso anno (sentenza n.63/1988)il Consiglio di Stato aveva affermato cheil crocifisso “...a parte il suo significatoper i credenti, rappresenta il simbolodella civiltà e della cultura cristiana,nella sua radice storica, come valoreuniversale, indipendentemente da spe-cifica confessione religiosa”.Natalia Levi (1916-1991) era ebrea edera diventata parlamentare del PCI nel1983. Nata a Palermo aveva trascorsol’infanzia a Torino e aveva visto i fratelliimprigionati e processati per antifasci-smo. Nel 1938 aveva sposato Leone Gin-zburg, docente universitario diletteratura russa. Dopo la morte del marito - ucciso nelcarcere di Regina Coeli dai fascisti nelfebbraio del ‘44, pochi mesi prima del-l’arrivo degli alleati a Roma - era ritor-nata a Torino dove si era risposata e doveaveva avuto inizio il suo splendido pe-riodo letterario. Omaggio a Natalia GinzburgDicono che il crocifisso deve esseretolto dalle aule della scuola. Il nostro èuno stato laico che non ha diritto di

imporre che nelle aule ci sia il croci-fisso. Però a me dispiace che il crocefissoscompaia per sempre da tutte le classi.Mi sembra una perdita. Tutte o quasitutte le persone che conosco dicono cheva tolto. Altre dicono che è una cosa dinessuna importanza.(…) E’ vero. Pure, a me dispiace che ilcrocefisso scompaia. Se fossi un insegnante, vorrei che nellamia classe non venisse toccato. Ogniimposizione delle autorità è orrenda,per quanto riguarda il crocefisso sullepareti. Non può essere obbligatorio ap-penderlo. Però secondo me non può nemmeno

essere obbligatorio toglierlo. Un inse-gnante deve poterlo appendere, se lovuole, e toglierlo se non vuole.Dovrebbe essere una libera scelta. Sa-rebbe giusto anche consigliarsi con ibambini.(…)

L’ora di religione è unaprepotenza politica. E’una lezione. Vi si spen-dono delle parole. Lascuola è di tutti, cattolicie non cattolici. Perchè vi

si deve insegnare la religione cattolica? Ma il crocifisso non insegna nulla.Tace. L’ora di religione genera una di-scriminazione fra cattolici e non cat-tolici, fra quelli che restano nella classein quell’ora e quelli che si alzano e sene vanno. Ma il crocifisso non genera nessuna di-scriminazione. Tace. E’ l’immaginedella rivoluzione cristiana, che hasparso per il mondo l’idea dell’ugua-glianza fra gli uomini fino allora as-sente. La rivoluzione cristiana hacambiato il mondo. Vogliamo forse ne-gare che ha cambiato il mondo? Sonoquasi duemila anni che diciamo“prima di Cristo” e “dopo Cristo”. Ovogliamo forse smettere di dire così?Il crocifisso non genera nessuna di-scriminazione. E’ muto e silenzioso.C’è stato sempre. Per i cattolici, è unsimbolo religioso. Per altri, può essereniente, una parte dei muro(…)Dicono che da un crocifisso appeso almuro, in classe, possono sentirsi offesigli scolari ebrei. Perché mai dovreb-bero sentirsene offesi gli ebrei? Cristonon era forse un ebreo e un persegui-tato, e non è forse morto nel martirio,come è accaduto a milioni di ebrei neilager?

Aldo Maturo*[email protected]

Crocifissoligneo,

opera delCimabue

Quel Cristo muto e silenzioso

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ell’anno 2006 la Scuola di Fo-tografia Professione Fotografoe l’Associazione EvangelicaAmici di Zaccheo hanno or-

ganizzato un corso di fotografia per 10detenuti della Casa Circondariale Ma-schile di Genova Marassi, tenuto dalle fo-tografe Luisa Ferrari e Sabrina Losso. Oltre a svolgere la parte didattica, alle fo-tografe è stata offerta l’opportunitàdi realizzare unreportage foto-grafico sulla vitadei detenuti. Il la-voro ottenuto èquindi il risultatodi mesi di incontrie di un’indagineapprofondita sullavita carceraria aMarassi. Gli scatti sono statipensati e selezionatiin collaborazione con i detenuti, chehanno scelto quali momenti della lororealtà mostrare all’esterno per docu-mentare la loro vita dietro alle sbarre. Lefotografe hanno cercato di rimanere ilpiù possibile obiettive, senza mai la-sciarsi andare a facili pietismi né farsicondizionare da pregiudizi. Per il valore artistico di questo progettoe per la sua valenza sociale e divulgativadi documento riguardante una realtàcontroversa e spesso misconosciuta manumericamente molto importante per larealtà cittadina e nazionale (i detenutisono attualmente circa 750 e Marassi èuno degli istituti di pena più affollati eproblematici d’Italia), le Autrici hannodeciso di pubblicare questo bel volumefotografico di alta qualità, che recuperanello spirito e nella forma la grande tra-dizione della concerned photography, edi organizzare, in concomitanza conl’uscita del libro, una mostra di presen-tazione (che ha ottenuto un considere-vole successo di pubblico) di oltre 60stampe in bianco e nero, accompagnatedagli scritti raccolti durante l’esperienzache le fotografe hanno vissuto all’in-terno dell’istituto di detenzione.

Il crocifisso è il segno del dolore umano.La corona di spine, i chiodi, evocano le suesofferenze. La croce che pensiamo alta incima al monte, è il segno della solitudinenella morte. Non conosco altri segni chediano con tanta forza il senso del nostroumano destino. Il crocifisso fa parte della storia delmondo.Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio.Per i non cattolici, può essere semplice-mente l’immagine di uno che è stato ven-duto, tradito, martoriato ed è morto sullacroce per amore di Dio e dei prossimo. Chiè ateo, cancella l’idea di Dio ma conserval’idea dei prossimo. Si dirà che molti sonostati venduti, traditi e martoriati per lapropria fede, per il prossimo, per le gene-razioni future, e di loro sui muri dellescuole non c’è immagine. E’ vero, ma il crocifisso li rappresentatutti. Come mai li rappresenta tutti? Per-ché prima di Cristo nessuno aveva maidetto che gli uomini sono uguali e fratellitutti, ricchi e poveri, credenti e non cre-denti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, enessuno prima di lui aveva detto che nelcentro della nostra esistenza dobbiamo si-tuare la solidarietà fra gli uomini.E di esser venduti, traditi e martoriati eammazzati per la propria fede, nella vitapuò succedere a tutti. A me sembra unbene che i ragazzi, i bambini, lo sappianofin dai banchi della scuola.Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noiè accaduto o accade di portare sulle spalleil peso di una grande sventura. A questasventura diamo il nome di croce, anche senon siamo cattolici, perché troppo forte eda troppi secoli è impressa l’idea dellacroce nel nostro pensiero. Tutti, cattolicie laici portiamo o porteremo il peso, diuna sventura, versando sangue e lacrimee cercando di non crollare. Questo dice ilcrocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cat-tolici. Alcune parole di Cristo, le pensiamo sem-pre, e possiamo essere laici, atei o quelloche si vuole, ma fluttuano sempre nel no-stro pensiero ugualmente. Ha detto “amail prossimo come te stesso”. Erano parolegià scritte nell’Antico Testamento, masono divenute il fondamento della rivolu-zione cristiana. Sono la chiave di tutto.

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Sono il contrario di tutte le guerre. Ilcontrario degli aerei che gettano lebombe sulla gente indifesa. Il contra-rio degli stupri e dell’indifferenza chetanto spesso circonda le donne violen-tate nelle strade. Si parla tanto di pace, ma che cosadire, a proposito della pace, oltre aqueste semplici parole? Sono l’esattocontrario del modo in cui oggi siamoe viviamo. Ci pensiamo sempre, tro-vando esattamente difficile amare noistessi e amare il prossimo (…) Il crocifisso queste parole non leevoca, perché siamo abituati a vederquel piccolo segno appeso, e tantevolte ci sembra non altro che unaparte dei muro. Ma se ci viene di pen-sare che a dirle è stato Cristo, ci di-spiace troppo che debba sparire dalmuro quel piccolo segno. Cristo ha detto anche: “Beati coloroche hanno fame e sete di giustizia per-chè saranno saziati”. Quando e dovesaranno saziati? In cielo, dicono i cre-denti. Gli altri invece non sanno néquando né dove, ma queste parolefanno, chissà perché, sentire la famee la sete di giustizia più severe, più ar-denti e più forti. Cristo ha scacciato i mercanti dalTempio. Se fosse qui oggi non farebbeche scacciare mercanti.(…)Il crocifisso fa parte della storia delmondo. I modi di guardarlo e nonguardarlo sono, come abbiamo detto,molti. Oltre ai credenti e non credenti,ai cattolici falsi e veri, esistono anchequelli che credono qualche volta sì equalche volta no. Essi sanno bene unacosa sola, che il credere, e il non cre-dere vanno e vengono come le ondedei mare. Hanno le idee, in genere,piuttosto confuse e incerte. Soffronodi cose di cui nessuno soffre. Amano magari il crocifisso e nonsanno perché. Amano vederlo sulla pa-rete. Certe volte non credono a nulla.E’ tolleranza consentire a ognuno dicostruire intorno a un crocifisso i piùincerti e contrastanti pensieri.

* Avvocato, già Dirigentedell’Amministrazione Penitenziaria

Sabrina Losso - Luisa Ferrari

MEA CULPAimmagini dalla ii sezione

del carcere di marassi

LE MANI Edizioni

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Lettera alDirettore

entile De Blasis, vorrei porre alcune domande in merito al nostro lavorodi Agenti di Polizia Penitenziaria e ti chiedo di rispondermicon la massima trasparenza e celerità.

Innanzi tutto mi presento sono l’Ass.te Scalabrella Vinicio e prestoservizio presso la Casa di Reclusione di Orvieto (TR) e di recentemi sono dimesso dalla carica di Vice Segretario Provinciale del-l’OSAPP e mi sono tesserato con voi, nella convinzione che un Sin-dacato come il vostro, il primo sul territorio nazionale, ha bisognodi più iscritti possibili per avere maggior forza. Vengo subito al punto, parlo di me e dei colleghi su tutto il terri-torio Nazionale che sono nella mia stessa situazione.1) Nella C.R di Orvieto siamo dieci agenti in meno tra cui novesono a servizio a turno, uno sta in ufficio. Quelli che sono rimasti raggiungono un minimo di 41 ore ed unmassimo di 54 ore di straordinario mensile. Non è nostra sceltafare tutte queste ore di straordinario ma è la conseguenza dellamancanza di personale che abbiamo. Oltretutto alla fine dell’annoci tolgono bei soldini dalla busta paga con il conguaglio fiscale(ma almeno ce le pagassero tutte come la prima, invece se laprima ora è pagata 10 euro anche la 54ma ora dovrebbe esserepagata a 10 euro e non 5 euro come avviene, altrimenti che con-venienza c’è? E il nostro sacrificio a cosa è valso?).2) Ma la ferita che ci fa più male è quella della legge Brunetta, lalegge per i cosiddetti fannulloni (Volponi) che troveranno sempredelle scappatoie e cosi facendo saremo sempre noi a lavorare. In-fatti a marzo noi che abbiamo lavorato tutto l’anno instancabil-mente ci ritroviamo a pagare conguagli esagerati, con due, tre, oquattro rate che ci vengono tolte dallo stipendio. Invece, quello che durante l’arco dell’anno ha fatto il furbo man-dando la malattia, incassa con l’incentivo arrivando a prenderequasi quanto noi poveri lavoratori che abbiamo sgobbato tuttol’anno con sacrificio e spirito di Corpo (perché io a questi valoriancora ci credo).La differenza tra queste (due) categorie è minima considerandoche loro, stando a casa non hanno neanche l’usura della macchinae il consumo del carburante.Ma la cosa secondo me più importante è che stanno vicini ai i pro-pri figli e alle proprie mogli. La seconda categoria è quella che selo prende nel ...., ci rimette il carburante e il resto che ti ho elen-cato prima. Ti dico questo perché sto vivendo quest’esperienzaqui ad Orvieto.Premetto che ho una bambina anche io di cinque anni ma è natacon un problema (labiopalatoschisi, bilaterale) per il quale usu-fruisco della legge 104 prendo i tre giorni mensili che mi spettanoanche se non mi servono, perchè te lo dico con il cuore in manoe senza vergogna voglio rimanerle vicino. Della legge 151 usufruisco di un mese l’anno perchè non sonouno che se n’approfitta per farsi l’estate fuori.

Ho aperto questa parentesi per farti capire che chi ha voglia di la-vorare deve essere pagato equamente e non ricevere solo le bri-ciole.Questo dovete dire a chi comanda se no il personale rimane a casa.3) Ho detto tutto questo perché io e qualche altro povero agentedisgraziato, che lavoriamo tutto l’anno come forsennati, con il ri-schio di qualche disturbo, lo facciamo perché dobbiamo pagare ilmutuo di casa e altre cose, senza mandare mai la malattia e nonvorremmo vedere questi che si pavoneggiano e ci prendono in girovantandosi di aver preso quasi quanto noi d’incentivo.4) Ma questi Ministri sanno che noi poveri agenti di Polizia Peni-tenziaria operiamo con gente malata (tossici, malati di AIDS, epa-tite, scabbia e via discorrendo)? Questi Ministri hanno capito chela Polizia Penitenziaria è al collasso, è sotto stress per i turni mas-sacranti e non ce la fa più a mantenere questo ritmo?VOGLIAMO DARGLI UN SEGNALE FORTE.Al momento, a mio parere, siete l’unico Sindacato che tenta perlo-meno di tutelarci e farci star bene nelle ore di servizio.Ti chiedo, se possibile, di pubblicare questa lettera sulla vostra Ri-vista, magari anche in un’altra forma o in forma ridotta, perchèho cercato di esprimere quello che pensano gli agenti.Ti Ringrazio del tempo prezioso che mi hai dedicato, colgo l’occa-sione per porgerti distinti saluti.

Vinicio Scalabrella

Caro Vinicio, innanzitutto voglio ringraziarti per la belle paroleche hai indirizzato al Sappe e per la stima che hai espresso perquesta Rivista che è il suo organo ufficiale di informazione.Mi lusinga il fatto che hai voluto affidare alle nostre paginequesto tuo grido d’allarme che ritieni (e lo condivido) possarappresentare il pensiero della stragrande maggioranza dei col-leghi di tutta Italia.Mi chiedi risposte trasparenti e veloci. In realtà la tua lettera contiene molte più risposte che do-mande. A mio avviso, poni un’unica sola domanda (che poi èpiù corretto definire richiesta): Quale puo’ essere un sistemaefficace per allargare la forbice restributiva tra chi lavora (chedeve essere maggiormente gratificato) e chi è assenteista (chedeve essere disincentivato)?Preliminarmente, vorrei rassicurarti sul fatto che siamo consa-pevoli del problema legato al conguaglio fiscale che aumenta inmisura spropositata per coloro che effettuano (sono costretti)parecchie ore di straordinario e del conseguente effetto collate-rale che causa il paradossso per il quale fino ad un tot numerodi ore la retribuzione è di 10 euro, mentre superata una sogliax (per effetto appunto del conguaglio fiscale) la retribuzionescende fino a 5 euro. L’unica soluzione a questa aberrazionefiscale è la completa detassazione degli straordinari, ed è questala strada che stiamo cercando di percorrere. Per quanto ri-guarda, invece, la vexata quaestio degli incentivi, come puoi con-statare dal nuovo accordo sul FESI per l’anno 2009 stiamocercando di percorrere proprio la strada dell’allargamento dellaforbice tra chi lavora e chi no, attraverso una retribuzione sem-pre più legata alla effettiva presenza in servizio.Per il resto delle tue affermazioni, infine, non posso che riba-dire la piena condivisione dei concetti che hai inteso esprimere. Un abbraccio. G.B. de Blasis

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eravamocosì...

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ietro suggerimento di numerosi colleghi proponiamouna nuova rubrica mensile che ripercorre le tappestoriche del Corpo attraverso le foto ricordo scattatenel corso degli anni dal personale.

Con la fotografia si riscopre un ricordo recente ma lontano diusi costumi e usanze degli Agenti di Custodia prima e dalla PoliziaPenitenziaria dopo. Chiunque vuole contribuire alla rubrica èpregato di inviare foto o manoscritti a: Polizia Penitenziaria SG&Svia Trionfale 79/A 00136 Roma, oppure inviare per email il ma-teriale all’indirizzo: [email protected]. E’ opportuno inserire in-sieme alle foto, il periodo, il luogo, la data o altre dati utili allapubblicazione.Iniziamo questo mese con le foto inviate da Antonio D’Amoredel lontano 1968 riferite alla Scuola di Cairo Montenotte. 331

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Due giovani maniaci omicidisono legati da un patto efferato:annegare nel fuoco i peccatidell’America. Colpiscono lecoppie, le aggrediscono incasa loro, e il gioco perversosi conclude con un incendioletale. E nel fuoco scompareanche qualsiasi traccia possapermettere di rintracciarli...Ma non basta: da un casocaldo a un caso freddo, unapista morta che si riapreinaspettatamente grazie a

un nuovo indizio. La scomparsa di Mi-chael Campion ha colpito profondamentel’opinione pubblica. Tutti si sono appas-sionati alla storia del figlio del governa-tore, un ragazzo malato di cuore eadorato dalla gente per la sua sensibilitàe intelligenza. Ora però sembra che nonsia rapimento, ma omicidio. La giovaneprostituta Junie Moon, interrogata a se-guito di una telefonata anonima, alla fineconfessa l’irreparabile... Ma è davverotutto come sembra? Le pressioni su Lin-dsay Boxer e sul collega Rich Conklinperché risolvano al più presto i casi cre-scono a dismisura, e questo fa avvicinareLindsay a Rich come non era mai acca-duto prima, portandola sull’orlo delcrollo emotivo. Ma le Donne del ClubOmicidi sono pronte a correre in suo aiutoanche questa volta, disposte perfino a cor-rere tremendi rischi in prima persona...Ed è proprio in quel momento che i giochisi fanno pericolosi, bollenti... Infernali.

Un monastero isolato, un’improvvisascomparsa, un furto sacrilego e una ma-cabra mutilazione: questi sono i fram-menti dell’enigma che l’ispettore JuanIturri viene chiamato a ricomporre dal-l’arcivescovo di Pamplona. Il monastero è quello di Leyra, in Na-varra, uno dei più antichi e importantidella Spagna. Da lì è scomparso Pello Ur-rutia, integerrimo abate da oltre diecianni. Ma a Leyra è stato anche profanatoil tabernacolo e sono state rubate le ostieconsacrate. E infatti un’ostia è stata re-capitata all’arcivescovo, insieme con undito dell’abate, una pergamena vergatain aramaico e una richiesta: la vita di Ur-rutia in cambio del reliquiario che custo-disce una scheggia della croce di Cristoe che si trova appunto nella cattedrale diPamplona. Iturri viene affiancato nelleindagini dal giudice Lola MacHor, ma ilcaso si complica ulteriormente fino a di-ventare un vero rompicapo quando, inuna piccola e sperduta chiesa di campa-gna, vengono ritrovati i cadaveri di duereligiosi: uno ha il dito indice della manodestra mozzato, mentre l’altro è propriol’arcivescovo, e anche a lui è stato ta-gliato un dito. Risucchiatiin un’ambi-gua spiraledi reticenzee segreti in-confessabili,Juan e Lolai n tu i s conoche la solu-zione del mi-stero èrappresentatada un numero:un numeroprimo che ha un terribile significato perla Chiesa...

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a quarant’anni e lavora a Gine-vra per la Comunità Europea. Èun medico, ma non ha maiesercitato: in realtà è un buro-crate ben pagato senza prospet-

tive di carriera. Poi, una sera, la sua vitacambia radicalmente. Mentre sta tor-nando a casa, la sua autoviene bloccata,due uomini armatigli intimano diuscire, lo droganoe lo chiudono nelportabagagli di unalimousine nera. Iltempo si ferma,sprazzi di coscienzain una cantina buia,sedativi, sonno, in-cubi... Quando ri-prende i sensi, l’uomosi ritrova in un minu-scolo agglomerato di capanne e grotte daqualche parte in Africa e, senza spiega-zioni, gli viene ordinato di unirsi agli altrimedici che assistono i malati del villag-gio. Disorientato e rassegnato a una sorteche non riesce a capire, l’uomo comin-cia così un lavoro massacrante e tuttaviainutile, a causa della carenza di strutturee medicinali adeguati. Eppure, a poco apoco, in lui si fanno strada domande in-quietanti: e se i suoi rapitori incarnas-sero l’ultima, flebile speranza di salvezzaper un’umanità sull’orlo del collasso? Ese la loro missione - irrealizzabile ma ne-cessaria - fosse creare un’oasi di pace edi prosperità per tutti coloro che non sipiegano all’egoismo dei Paesi industria-lizzati? Vincitore del prestigioso GrandPrix de l’Imaginaire, Domani, un’oasi èun romanzo insieme commovente escioccante, che delinea il futuro di unmondo - il nostro mondo - che non vuolearrendersi al suo inevitabile destino.

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Sono passati sei mesi da quando Suzanneè scomparsa nel nulla. Una notte non èrientrata a casa dal lavoro e, da allora, ècome se non fosse mai esistita: nessunanotizia, nessun indizio su cosa le sia ca-pitato, tantomeno una richiesta di ri-scatto. E da sei mesi, suo marito, il commissarioFranck Sharko, vive perseguitato daisensi di colpa, sordo ai richiami delmondo e cieco a qualsiasi luce di spe-ranza. Ma la realtà non si lascia cancellare e ir-rompe nella vita di Sharko sotto forma diuna donna prima mutilata, poi uccisa einfine disposta come una macabra operad’arte. È solo la prima vittima di unalunga serie, firmata da un assassino tantoperverso quanto intelligente. Un assassino che non ha paura di met-tersi in contatto con il commissario, per-ché sopra ogni altra cosa desidera essereapprezzato per la sua mente superiore,per la sua raffinata crudeltà. E Sharko non si sottrae a quel rapporto,anzi ne è affascinato in modo quasi mor-boso. Così il gioco si dipana, serrato e fe-roce, tra le cave di granito in Bretagna ei bassifondi di Parigi, in un alternarsi dipaure e di miraggi, di sfide e di tracce.Perché soltanto un uomo sull’orlo dellafollia può capire fin dove si può spingerela follia incarnata...

Il 27 ottobre 1977, la polizia di Colum-bus, Ohio, arresta il ventiduenne BillyMilligan con l’accusa di aver rapito, vio-

lentato erapinatotre stu-dentesseuniver-sitarie.Billy hav a r iprece-d e n t ipenali

e contro di lui ci sono prove schiaccianti.Ma, durante la perizia psichiatrica ri-chiesta dalla difesa, emerge una veritàsconcertante: Billy soffre di un gravis-simo disturbo dissociativo dell’identità.Nella sua mente «vivono» ben 10 perso-nalità distinte, che interagiscono tra loro,prendono di volta in volta il sopravventoe spingono Billy a comportarsi in ma-niera imprevedibile. Nel corso del pro-cesso si manifestano il gelido Arthur, 22anni, che legge e scrive l’arabo; il timo-roso Danny, 14 anni, che dipinge solonature morte; il violento Ragen, 23 anni,iugoslavo, che parla serbo-croato ed èun esperto di karate; la sensibilissimaChristene, 3 anni, che sa scrivere e dise-gnare, ma soffre di dislessia; e poi Allen,Tommy, David, Adalana e Christopher.Così, per la prima volta nella storia giu-diziaria americana, il tribunale emetteuna sentenza di non colpevolezza per in-fermità mentale. Tuttavia Billy rimane unrebus irrisolto fino a quando, durante ilricovero in un istituto specializzato, apoco a poco non affiorano altre 14 iden-tità autonome, tra cui spicca «il Mae-stro», la sintesi della vita e dei ricordi ditutti i 23 alter ego. E proprio grazie alla

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a cura diErremme

sua collaborazione è stato possibile scri-vere questo libro, che con la passione elo slancio di un resoconto in presa di-retta ricostruisce l’incredibile vicenda diBilly Milligan e ci permette di entrare inquella «stanza piena di gente» che è lasua psiche. Una visita che ci lascia scon-volti e turbati, ma che ci induce a riflet-tere sull’abisso nascosto in ogni uomo.Perché, come scrive lo stesso Billy all’au-tore: «Solo chiudendo la porta sulmondo reale, noi potremo vivere in pacenel nostro».

Dopo la morte diGiovanni Paolo II,avvenuta il 2 aprile2005, la memoriadel Papa che mag-giormente ha se-gnato il XX secolo èstata tenuta vivadalla fede di quanti,ogni giorno, fannoriferimento alla suatestimonianza e alsuo insegnamento.Una vera e propria “eredità” di cui soloora si cominciano a cogliere compiuta-mente i tratti. In un testo ricco di fattiinediti e privati della vita del papa, ep-pure capace di sondare in profondità leintuizioni e le scelte profetiche delgrande Pastore della Chiesa, Gian FrancoSvidercoschi presenta un’analisi lucidae appassionante dell’eredità lasciata daGiovanni Paolo II. Il testo è racchiuso tradue istantanee della morte di Karol Woj-tyla e ricostruisce le origini polacche delpontefice, la sua storia personale, i cam-biamenti mondiali ai quali ha parteci-pato e dei quali è stato spessoispiratore, le sfide del dialogo interreli-gioso, della pace, della santità.

Franck Thilliez

LA MACCHIADEL PECCATONORD Edizioni

pagg. 382 - euro 18,60

Daniel Keyes

UNA STANZAPIENA DI GENTENORD Edizioni

pagg. 544 - euro 19,00

Gian Franco Svidercoschi

UN PAPA CHE NON MUOREL’eredità di

Giovanni Paolo II

SAN PAOLO Edizioni

pagg. 160 - euro 13,50

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E' ancora l'albero del 2007... aspettavol'approvazione del

Piano Carceri per ricomprarlo

...Mirra, Caputo,

avevo detto

Mirra!

Visto che Babbo Natale

non mi ha mai portato

le cose che gli ho

chiesto, quest'anno

provo a scrivere le cose

che NON vorrei nel

2010..

"...eppoi mi hannodetto: «Quest'anno facciamo il presepe vivente e tu ti occupi

della MOF»

IL NATALE DELL’APPUNTATO

CAPUTO

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