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Politecnico di Torino Corso di Laurea in Ingegneria della Produzione Industriale e Innovazione Tecnologica Tesi di Laurea Magistrale “Supply Chain e Network Planning: Caso Pirelli Tyre Spa” Anno Accademico 2017-2018 Relatore: Prof. Alessandro Chiaraviglio Tutor: Ing. Mariangela Carrieri Candidato: Giorgio Giordano

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Politecnico di Torino

Corso di Laurea in Ingegneria della Produzione

Industriale e Innovazione Tecnologica

Tesi di Laurea Magistrale

“Supply Chain e Network Planning: Caso Pirelli Tyre

Spa”

Anno Accademico 2017-2018

Relatore: Prof. Alessandro Chiaraviglio

Tutor: Ing. Mariangela Carrieri

Candidato: Giorgio Giordano

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A tutti coloro che in questi anni mi hanno supportato, in ogni momento e in ogni decisione. Famigliari e amici senza i quali sarei stato perso.

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Sommario Introduzione

Capitolo I 2

Supply Chain

1.1 Nascita della Logistica 2 1.2 Logistica: Definizioni 4 1.3 Catena di Approvvigionamento 6 1.4 Logistica e Outsourcing 7 1.5 Supply Chain Management 9 1.6 Organizzazione Fisica 11

1.6.1 Struttura 11 1.6.2 Distribuzione 13

1.7 Strategie di Distribuzione e Trasporti 15 1.7.1 Tipologie di Trasporti 15

Capitolo II 18

La Pirelli Tyre Spa

2.1 Storia 18 2.2 Car, Moto & Truck 20

2.2.1 Car 20 2.2.2 Moto 21 2.2.3 Autocarri 22

2.3 Pirelli R & D 23 2.4 Clienti Pirelli 27 2.5 Pirelli Premium 29 2.6 Il Modello Logistico 33

2.6.1 Demand Planning 36 2.6.2 Production Planning 38 2.6.3 Processo Produttivo 39 2.6.4 Network Planning 40

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Capitolo III 44

Network Planning

3.1 Mercato Egiziano 44 3.2 Mercato Sudafricano 45 3.3 Mercato Australiano 46

3.3.1 Pirelly Tyre Australia 46 3.3.2 Clienti Principali 48 3.4 Gestione Scorte 50 3.4.1 Fattori di Incertezza ed Effetti 50 3.4.2 Rifornimento Magazzini 51 3.4.3 Caratteristiche di Stoccaggio del pneumatico 51 3.4.4 Modello di gestione Scorte 52 3.4.5 Modello “S” e gestione a “periodo fisso” 53 3.5 Gestione Operativa del Mercato 58 3.5.2 Scaricamento ed elaborazione Dati 58 3.5.3 Criteri di Pianificazione delle Spedizioni 59 3.5.4 Emissione Ordini 60 3.5.5 Monitoraggio della Rete Logistica 61 3.5.6 Problematiche Principali e Soluzioni 64 3.5.7 Valutazioni delle Prestazioni del Mercato 66 Conclusioni 71 Ringraziamenti 73 Bibliografia 74

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Introduzione Questa tesi Magistrale nasce dalla mia esperienza personale di stagista, svolta nel periodo tra marzo a settembre, presso Pirelli Tyre Spa di Milano, a supporto di una delle principali attività del supply chain management: il network planning. In particolare, durante tale esperienza ho ricoperto il ruolo di network planner occupandomi della pianificazione e della gestione del network logistico e della distribuzione della scorta dai magazzini di fabbrica verso i magazzini di distribuzione regionale presenti in Sud Africa, Egitto e Australia. Durante la mia esperienza come stagista, sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla strategia aziendale orientata al cliente e ad un’accurata gestione dell’intero apparato

logistico. Lo scopo di questa tesi è poter esplicitare, punto per punto, la funzione del Supply Chain Management, descrivendone le caratteristiche che la contraddistinguono e di come questa sia strettamente necessaria per guadagnare un vantaggio rispetto ai vari competitor del mercato. Il Supply Chain Management è l’insieme di soluzioni

integrate di gestione della Logistica che riguardano i processi, le persone, l’organizzazione e la tecnologia. Tali soluzioni aiutano l’azienda a prendere decisioni e conseguentemente ad agire in linea con la propria strategia aziendale. Lo scopo di questo scritto è di analizzare e definire alcuni dei processi del Supply Chain Management all’interno di Pirelli Tyre e di come questi interagiscano tra loro, dalla previsione della domanda, alla gestione e pianificazione della produzione sino alla distribuzione finale. L’intera tesi è stato deciso di organizzarla secondo capitoli. Il primo capitolo, è dedicato alla descrizione e all’analisi della supply chain. In particolare, viene descritto l’intero excursus storico: dalla nascita della logistica in ambito militare all’esordio del supply chain management e della sua evoluzione fino a diventare un riferimento fondamentale per un’impresa per acquisire vantaggio sul mercato. Nel secondo capitolo, invece, è descritto il contesto in cui si inserisce e opera l’azienda. In particolare, facendo riferimento al modello di business adottato dalla

Pirelli viene descritto il suo modello di supply chain e come le diverse funzioni (previsione domanda, pianificazione della produzione e network planning) interagiscono tra di loro. Il terzo capitolo è, invece, dedicato alla descrizione di alcune attività eseguite durante la fase di stage. In particolare, sono descritte le attività della gestione e del planning logistico finalizzate ad offrire un elevato livello di servizio al cliente finale. In particolare, dopo una breve panoramica sui mercati egiziano e sudafricano, mi focalizzerò sul mercato australiano, che ho dovuto seguire per l’intero periodo del progetto formativo.

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Capitolo 1

Supply Chain Nascita della Logistica

Non possiamo definire con precisione quale sia il periodo storico che segna la nascita della Logistica, sappiamo però, che nasce in un contesto esclusivamente militare. Essa infatti, fino al secondo dopoguerra, non veniva vista come uno strumento strategico di business ma più come uno metodo utilizzato dagli eserciti per l’organizzazione di un attacco. La logistica si occupava dell’organizzazione e degli approvvigionamenti di: vettovaglie, munizioni e soldati. L’efficienza della logistica poteva garantire la vittoria finale. Un esempio militare di pessima efficienza sul piano logistico lo troviamo nella sconfitta britannica nella guerra d’indipendenza americana. Le truppe di Re Giorgio infatti, dipendevano totalmente dall’Inghilterra, che doveva occuparsi dei rifornimenti di cibo e armamenti a circa 15.000 soldati che combattevano oltreoceano. A causa della pessima organizzazione gli approvvigionamenti furono del tutto inadeguati e per l’Inghilterra infine fu una totale disfatta. Quello che si verificava nella maggior parte dei casi era che le battaglie venivano vinte “a tavolino” prima ancora che le truppe si scontrassero in campo aperto.

Ciò nonostante solo nei ultimi decenni la logistica ha iniziato ad assumere un ruolo essenziale, non più esclusivamente in contesti militari, bensì anche nella vita delle imprese.

Figura 1: Truppe USA sbarcano in Normandia, 6 Giugno 1944

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In particolare negli ultimi cinquant’anni l’apparato logistica è andato via via

assumendo maggior rilevanza nelle realtà imprenditoriali. Prima veniva considerata come una funzione per distribuire il prodotto finito. Per questo motivo l’unico

fattore su cui ci si focalizzava erano i trasporti dal magazzino al distributore/cliente. Allora il ruolo dei logistici era considerato puramente come attività di supporto del magazzino e dei trasporti. Di logistica vera e propria si cominciò a parlare solo negli anni 70, quando le imprese cominciarono a ricercare miglioramenti nell’ambito della distribuzione fisica del prodotto o del servizio dal magazzino allo stabilimento per poi finire al consumatore. Si cominciò a riscontrare una prima evoluzione della logistica, in cui le aziende cercavano di ottimizzare le fasi del ciclo distributivo. Prima di quel periodo le imprese consideravano per lo più le funzioni produttive e commerciali, senza curarsi troppo della gestione del magazzino, delle scorte o dell’approvvigionamento, ritenute di superficiale importanza. I clienti dell’epoca ricevevano beni che avevano ordinato solitamente in ritardo e spesso in quantità inferiori rispetto a quello di cui realmente necessitavano, problematiche che oggigiorno non sarebbero tollerate in un’azienda, ma che al tempo, non essendo parte di vendite o produzione non venivano considerate. Negli anni ottanta si assiste ad una piccola rivoluzione dovuta all’introduzione nelle

imprese di nuove logiche gestionali come il Just-in-time o il Materials Requirements Planning finalizzato alla programmazione della produzione. L’attenzione delle imprese si sposta presto sulla gestione dei materiali, per questo si inizia a parlare di “Material Logistic”. La logistica inizia ad organizzare e gestire tutte quelle attività volte ad assicurare la corretta acquisizione, movimentazione e organizzazione dei materiali, con l’obiettivo di garantire il costante flusso di approvvigionamento alla produzione ed alle altre funzioni industriali. Grazie agli enormi benefici connessi all’utilizzo di questa nuova funzione aziendale, il termine inizia a diffondersi, i corsi di formazione diventano sempre più necessari e le consulenze su questa nuova materia diventano sempre più richieste. Intorno agli anni novanta si assiste ad un sostanziale cambiamento del concetto di logistica, passando da una gestione della logistica aziendale, quindi prettamente interna all’impresa, ad una logistica integrata. Col passare del tempo assistiamo ad una unificazione di tutti i player che fanno parte di una Supply Chain. L’ultimo stadio del processo evolutivo è considerato quello che conduce alla nascita del concetto di Supply Chain Management. Questa fase è caratterizzata dalla presa di coscienza delle aziende che il miglioramento della logistica non può prescindere dalla considerazione e dal coinvolgimento anche degli attori esterni, il ruolo della logistica diventa essenziale non solo per l’azienda, ma per tutta la Supply Chain, che comincia ad essere gestita come un’unica entità.

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Il successo dell’azienda dipende da tutti i player con i quali collabora all’interno

della catena, quindi le aziende iniziano a considerare anche i processi e i risultati delle imprese con cui cooperano. Il Supply Chain Management si considera non tanto come sinonimo di logistica integrata, bensì come un approccio in cui l’impresa è parte di una rete organizzativa che integrano i propri processi per fornire prodotti e servizi che permettono che aumenti il valore per il cliente finale.

Logistica: Definizioni

Possiamo trovare numerosissime definizioni di questa funzione aziendale così recente, di seguito se ne riportano alcune per poter evidenziare quelli che sono gli aspetti comuni di questa materia. Agli inizi degli anni ’90 il Council of Logistics Management usò come definizione di logistica “il processo di pianificazione, implementazione e controllo dell'efficiente ed efficace flusso ed immagazzinamento delle materie, dei semilavorati e dei prodotti nonché dei servizi e delle connesse informazioni, dal punto di origine a quello del consumo con lo scopo di conformarsi alle richieste del cliente. La logistica è quella parte del processo di supply chain che pianifica, implementa e controlla l'efficiente ed efficace flusso e stoccaggio dei beni, dei servizi e delle relative informazioni dal punto di origine a quello di consumo finale, così da soddisfare le richieste dei clienti finali”. Secondo Alberto Grando, con il concetto di logistica intendiamo una funzione che “abbraccia quell’insieme di tecniche, metodologie, strumenti ed infrastrutture

impiegate nella gestione del flusso fisico e del correlato flusso informativo, dall’acquisizione delle materie prime sui mercati di acquisto fino alla distribuzione

dei prodotti finiti collocati presso il consumatore.” Con l’evoluzione della rivoluzione informatica degli ultimi vent’anni la Logistica ha potuto progredire sempre più diventando ormai un pilastro essenziale nella struttura aziendale. Essa infatti si incarica di coordinare e gestire le scorte, il

magazzino, la produzione, i rifornimenti e tutti i trasporti. Disporre di un sistema

Figura 2: Overall Logistica

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per la gestione globale di tutte le informazioni sui flussi out-bound e in-bound è vitale per l’impresa. La logistica è una disciplina che per consacrarsi nel ruolo che riveste oggi in una realtà aziendale ha dovuto passare per una lunga serie di fasi. Lo studioso ed esperto di Logistica Gandolfo sostiene che il processo evolutivo della logistica passi dal concetto di una logistica cosiddetta “classica”, incentrata sulla coordinazione dei vari flussi, da materie in entrata alle fasi produttive e infine e redistribuzione sul mercato dei prodotti finali dell’azienda. Secondo lo scrittore, gli steps del processo sopracitato sono i seguenti:

1. La Logistica non possiede un vero e proprio ruolo strategico ma si contraddistingue per i costi.

2. La Logistica inizia ad assumere un ruolo di maggior rilevanza nella realtà aziendale poiché è uno degli aspetti determinati per la creazione di profitto.

3. La Logistica è da considerarsi fondamentale per l’ottenimento e il

mantenimento di vantaggi competitivi sul mercato. 4. La Logistica assume uno specifico ruolo strategico ed è considerata una

funzione di primo livello. In questa fase il ruolo della logistica si basa sia sul trovare vantaggi di costo che di differenziazione rispetto ai concorrenti.

Anche secondo gli studiosi Shapiro e Ferrozzi sarebbero diverse le fasi su cui si è articolata l’evoluzione della Logistica prima di diventare la funzione aziendale che

oggi conosciamo. Di seguito si riportano le fasi sopraccitate.

Fase 1: La Logistica si occupa di magazzini e trasporti. Fase 2: Si sviluppa in particolare il tema delle reti distributive, focalizzando

l’attenzione sui flussi tra impianti produttivi, magazzini e consumatori. Fase 3: Gestione Stock. Fase 4: Oltre ai rifornimenti la Logisti inizia anche a occuparsi della

Produzione e della relativa pianificazione. Fase 5: la Logistica definisce uno degli aspetti strategici dell’azienda

diventando quindi “Strategic Logistic”. Fase 6: la Logistica assume un ruolo fondamentale nella realtà aziendale e

a questo punto l’intera catena di fornitura viene gestita come un’attività

imprenditoriale “a sé”. Per questo motivo si inizia a parlare di SCM (Supply

Chain Managment).

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Catena di Approvvigionamento e un “nuovo” concetto di Logistica Nonostante la sua enorme rilevanza, possiamo dire che la logistica per come ne abbiamo parlato finora è stata caratterizzata da una breve vita, che andava concludendosi già vero i primi anni del nuovo millennio. Questo si è verificato basicamente perché il concetto di logistica e supply chain è stato ampliato. Infatti si è capito che la supply chain di una qualsiasi impresa avrebbe dovuto essere gestita come un’azienda essa stessa. Possiamo metaforicamente definirla come

“un’azienda dentro un’altra azienda”. Proprio questo cambio radicale di pensiero e di organizzazione si è giunti a parlare di in seguito di “gestione della catena di

fornitura”. Vi sono molti esempi interessanti da riportare riguardo all’applicazione di tale

cambiamento alla realtà aziendale, uno dei più rilevanti è quello attraversato dal settore del tessile e della moda. Essi sono infatti tipi di industria nei quali si cerca di avere a magazzino un numero molto basso di scorte, sia per una questione di costi ma soprattutto perché si sa che le mode passando in fretta e quindi si cerca di vendere direttamente dalla produzione al cliente finale senza passare troppo per magazzini intermediari. Ovviamente affinché tutto ciò funzioni alla perfezione è essenziale raccogliere e analizzare il maggior numero di informazioni dal mercato. In particolare è di vitale importanza essere in grado di capire la domanda e il suo andamento nel tempo per poter dimostrare una certa flessibilità di fronte a tali mutazioni. Con il caso Zara abbiamo un esempio importante a tal riguardo. Infatti questa formidabile azienda è riuscita a creare un sistema tale per cui i propri prodotti passano dall’essere disegnati e fabbricati a essere venuti mediamente nel giro di

circa 18 giorni. Ovviamente questo evidenzia la straordinaria capacità di Zara di saper essere rapida ed efficiente nella distribuzione ma anche essere assolutamente flessibile di fronte alle richieste dei propri consumatori. Il fatto oltretutto che disponga di una grandissimo numero di stilisti sempre pronti a inventare nuovi capi fanno in modo che l’interesse dei clienti sia maggiore e

quindi i prodotti di ogni collezione sempre più attraenti. Come già anticipato, anche i magazzini di Zara sono marcati da una bassissimo livello di stock. Qui sotto si riporta graficamente un esempio del modello appena descritto.

Design

Source

Manifacturing

Distribution Retailing

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Un ulteriore problema con il quale dovettero fare i conti molte imprese fu il fatto alle volte uno tesso bene da loro prodotto veniva magari immagazzinato lungo diversi punti del canale. Questo a sua volta faceva in modo che ci fossero alti livelli di scorta, assolutamente inutili e quindi costi inutili. Vi si cerco una soluzione al più presto poiché questi sprechi iniziarono pesare fortemente sui bilanci aziendali e pertanto si ricorse all’uso di alcuni modelli. Quest’ultimi ispirati al modello JIT o anche Just In Time. Questa teoria, ideata dalla Toyota implica sostanzialmente che la produzione venga programmata soltanto sulla base di volumi che si ha la certezza di vendere sul mercato. Questo pensiero fa in modo che ci si focalizzi per lo più sui livelli di stoccaggio merci e in particolare che questi vengano ridotti. Tale diminuzione non si riferisce solo ai prodotti finiti out-bound ma anche alle materie prime che utilizziamo e impieghiamo nel processo produttivo, in-bound. Attenzione però che questo non significa che i volumi prodotti siano bassi, semplicemente che per generarli teniamo ad un livello molto basso le nostre scorte. Tutto ciò implica una serie di teorie e comportamenti d avere durante il ciclo produttivo per fare in modo che questo modello si riesca a realizzare. Vi sono infatti precise regole che definiscono il JIT. Questo tipo di organizzazione è uno dei pilastri della gestione della Supply Chain. Logistica e Outsourcing L’outsourcing è uno strumento, se possiamo così definirlo, al quale moltissime aziende oggi ricorrono. Esso permette che venga affidata un terzo ente uno specifico compito o una particolare produzione di un bene. Questo è per l’azienda che sceglie

d i fare outsourcing un’ottima soluzione poiché le garantisce un risultato di maggior

qualità rispetto al prodotto o servizio fabbricato internamente. Tuttavia quando si tratta di Logistica la questione assume una rilevanza differente. Affidare funzioni di supply chain ad un terzo non è garanzia di successo per un’azienda, ma, al contrario, può essere molto rischioso. Esiste una matrice, ideata dagli studiosi Ferrozzi e Shapiro, che esplicita chiaramente il rapporto tra l’efficienza e la strategia, che rappresentano i due assi

su cui è costruita, nel caso di esternalizzazione della componente logistica di un’impresa. Nello specifico essi definiscono quattro principali casi.

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Figura 3: Matrice Ferrozzi-Shapiro

Quadrante 1: Il ruolo della logistica non è il principale all’interno della realtà

aziendale. Proprio per questo motivo il management ha deciso di focalizzarsi maggiormente su altri aspetti, ad esempio la produzione. Ad esempio una impresa che produce servizi, quindi lavora solo se c’è un ordine, nel momento in cui il suo prodotto è stato “fabbricato” viene venduto al consumatore.

Pertanto in un caso come questo non vi è alcun bisogno di avere un apparato logistico interno ma lo si può tranquillamente affidare a un terzo ente. Quadrante 2: Ci troviamo nel punto in cui la rilevanza strategia della logistica è al “massimo” ma siamo al livello più basso per quel che riguarda l’efficienza di questa

funzione aziendale. Ciò evidenzia il fatto che la logistica è sicuramente importante per poter creare un vantaggio in termini di competizione ma non occupa ancora un ruolo primario all’interno della realtà aziendale come invece può fare nel quadrante

a fianco (quadrante 4). Ovviamente per quel che riguarda l’outsourcing ci sono alcune considerazioni da

fare dei pro e dei contro. Avendo comunque un ruolo importante potrebbe essere rischioso affidarla ad un ente esterno. Allo stesso tempo però non è detto che occuparsene internamente sia la soluzione più indicata. Quadrante 3: In questo caso le funzioni logistiche non sono particolarmente essenziali per la vita della nostra impresa anche se il management le considera tali. Possiamo dire che in queste situazioni l’outsourcing potrebbe essere una soluzione

indicata svolgere la logistica “in casa” oppure terziarizzarla proponendosi come aziende “che fanno logistica”.

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Quadrante 4: Questo caso rappresenta la situazione migliore in cui ci si può trovare. Infatti in questo quadrante abbiamo il massimo della rilevanza e dell’efficienza. Ciò significa che all’interno della realtà aziendale la logistica occupa un ruolo fondamentale ed è un mezzo che effettivamente crea un vantaggio competitivo molto importante sul mercato. Quello che succede in casi come questi è che le azienda, dal momento che hanno un ottimo apparato logistico che funziona alla perfezione, possono offrire tale servizio ad altre imprese. Infatti molte aziende di questo tipo sono le stesse che forniscono outsourcing ad altre dal momento che sono altamente specializzate nel campo della Supply Chain. In generale, la cosiddetta “terziarizzazione” delle funzioni logistiche permette, nella maggior parte dei casi, di fare in modo che tale funzione cresca e subisca dei notevoli miglioramento in termini di efficienza. Questo perché chi, come ente esterno se ne incarica, è un esperto del settore e pertanto può fare in modo che il servizio si innovi e si migliori dal punto di vista della qualità.

Supply Chain Management Con il termine Supply Chain Management ci si riferisce a una funzione di monitoraggio e analisi di tutte le attività logistiche di un’azienda, con il fine di

migliorarne le prestazioni e il livello di efficienza. Si iniziò a parlare di una vera e propria gestione dell’apparato logistico di un’azienda nella seconda metà degli anni ’70. In principio veniva considerato più che altro come un insieme di metodologie che miravano in particolar modo all’analisi dei livelli di scorta e al modo in cui questi impattavano sui costi delle aziende. Infatti i logistici iniziarono con il focalizzarsi sui magazzini e sui possibili miglioramento che si potevano apportare all’organizzazione e alla gestione di quest’ultimi. Solo con l’avanzare degli anni si espande questa tipo di nuova gestione anche ad altri aspetti che compongono la catena di approvvigionamento di un’impresa. Solo negli ultimi vent’anni si è realmente capito che la cura dell’organizzazione della Supply Chain è assolutamente indispensabile per fare in modo che l’azienda operi efficientemente nel suo settore di competenza. Oggigiorno infatti la Supply Chain ingloba anche tutte le funzioni che seguono e organizzano la catena produttiva dell’azienda.

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Infatti è proprio per questo motivo che le varie fabbriche programmano la loro produzione insieme ai logistici. Tale collaborazione è indispensabile, non solo per fini di gestione dei magazzini, ma anche per fini commerciali. Va inoltre ricordato che fa parte del Supply Chain Management anche le funzioni commerciali. I venditori infatti collaborano strettamente con i dipartimenti logistici per poter garantire la soddisfazione dei proprio clienti e quindi dei benefici economici dell’azienda. Proprio per questi motivi tutte le funzioni che oggi fanno parte della catena di fornitura gravitano attorno al consumatore e alle sue esigenze. Infatti è anche compito della logistica offrire un servizio il più possibile personalizzato e che meglio si adatti ai requisiti che ci sono stati specificati. Va inoltre ricordato che all’interno si una catena di approvvigionamento sono di fondamentali i flussi di e uscita ma, al tempo stesso, deve esserci una adeguata gestione dei flussi delle informazioni. Questo fa in modo che tutto operi in condizioni di perfetta efficienza. Gli autori del libro “Defining Supply Chain Management”, Journal Business of Logistics (2001), articolano il concetto di SC su tre diversi scenari, ossia:

1. Supply Chain Diretta: include fornitore-impresa-consumatore. 2. Supply Chain Estesa: include fornitori e consumatori. 3. Supply Chain Finale: include tutti gli attori che prendono parte alla catena

e ai processi che la compongono. Un fattore estremamente rilevante è dato dal fatto che, come già detto più volte, l’intera Supply Chain è composta da molti players ma, è degno di attenzione il legame si crea tra questi attori. Infatti è vitale per il funzionamento efficiente della catena che via sia collaborazione e soprattutto scambi di informazioni. Proprio così si riesce a fare in modo che l’intero apparato logistico lavori in piena trasparenza e consapevolezza dei propri processi. Solo grazie alle informazione che si rilevano tra le varie attività è possibile individuare potenziali problematiche e le conseguenti risoluzioni. Tutto ciò è mosso da un obiettivo comune, creare valore e servire il cliente e offrire al cliente un elevato livello di servizio. Dunque non ci stiamo più riferendo a una semplice tecnica per analizzare e ottimizzare la gestione delle scorte, bensì di una funzione globale che monitora e organizza tutte le varie attività di un’impresa. Dai flussi di materiali in-bound a quelli out-bound, dalla pianificazione dei processi produttivi alla fabbricazione dei prodotti e alla loro consegna. Qui sotto troviamo un grafico che esplicita quanto finora descritto.

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Organizzazione Fisica Struttura Progettare un’intera rete logistica è una delle attività che sta alla base Supply Chain Management. Per poterlo fare è necessario analizzare e valutare molti fattori e i relativi rischi. Infatti proprio un’accurata valutazione di queste variabili permettono di prendere le decisioni tali da realizzare una rete efficiente e orientata al cliente finale. Essa prevede decisioni che strategicamente sono caratterizzate da un elevato livello di rischio e complessità. Oltretutto finanziariamente sono richiesti investimenti importanti. Tali decisioni sulla progettazione della struttura fisica del Supply Network riguardano:

Collocare le strutture, che rappresenta una delle scelte maggiormente difficili da assumere, in quanto si tratta di stabilire se uno spazio fisico sia idoneo o meno alle varie operazioni che si intende svolgere. Scegliere una localizzazione significa anche tenere in conto i potenziali di vendita dell’area. Ciò significa che si deve studiare anche la domanda e la sua variabilità. Ad esempio se si registra un significativo aumento della suddetta domanda ecco che si può considerare di esternalizzare i servizi offerti e, tramite tali aziende/supplier terzi si riesce a far fronte alle richieste del mercato senza generare insoddisfazione. Altro fattore che dimostra quanto sia le variabili che influiscono sulla location potrebbe essere il flusso di raw materials. Se ad esempio un’azienda esaurisce del tutto le risorse primarie ed essenziali per la sua attività ecco che questa si vede costretta a migrare altrove. Allo stesso modo, è piuttosto banale pensare come sia ovviamente la richiesta del cliente la principale variabile degna di attenzione. Infatti basta che questi cambi e la domanda si orienti su beni di altro interesse o su uno stesso bene ma prodotto da un competitor perché la mia localizzazione cambi del tutto o quasi. Tutti questi fattori si cerca di combinarli al meglio per poterne trarre il massimo vantaggio in termini di profitto e abbattimento delle spese inutili.

Supplier Manufacturer Distributor Retailer Consumer

Flusso di Informazioni

Flusso di Materiali

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L’assegnare e valutare la capacità. Quando abbiamo finalmente preso una decisone sulla localizzazione della nostra strutture dobbiamo necessariamente procedere con la definizione di quelli che saranno i flussi di rifornimento e la potenziale clientela che avremo in quell’area. Le informazioni, costituiscono l’elemento essenziale dell’analisi che ci

permette di dare delle valutazioni su molti fattori, per esempio i costi (terreno su cui edificare, trasporti vari, costruire la struttura, ecc). Inutile dire che i calcoli per trattare tali informazioni sono piuttosto complicati e per questo motivo possiamo utilizzare alcune diverse metodologie che ci permettono di assegnare e valutare le capacità di queste facilities. Ricorrere all’utilizzo di certi metodi matematici e algoritmi ci supportano a aiutano

nell’individuare soluzioni che, anche se caratterizzate da costi relativamente ridotti, presentano tempi piuttosto lunghi per compiere i calcoli nel caso in cui le facilitiess siano molte. Gli algoritmi cosiddetti “euristici” hanno come caratteristica che ci permettono di trovare delle soluzioni soddisfacenti in tempi relativamente più brevi. Attraverso determinatesimulazioni siamo in grado di dare un giudizio sulle performance. Tutte queste simulazioni e valutazioni ovviamente devono coincidere il più possibile con ciò che viene richiesto dalla direzione.

Peculiarizzare la struttura e determinarne il “ruolo”. Se consideriamo una facility “nel suo piccolo”, dobbiamo ragionare sul suo apporto al fine che ci siamo posti. Per questo motivo ognuna di queste facilities deve ricoprire un determinato ruolo e svolgere determinate mansioni. Nel 1997 in articolo dell’Harvard Business Review dal titolo “Making the Most of Foreign Factories”, Ferdows definisce chiaramente tutti i possibili ruoli che ciascuna facility può ricoprire a livello mondiale e per farlo è necessario che si proceda con l’analizzarne sia le varie aree di competenza di ciascuna che le localizzazioni di queste. Di seguito si riportano quelli che sono i 3 punti da soddisfare per avere una localizzazione ideale: possibilità di accedere a un input a costo relativamente ridotto, possibilità di accedere a tecnologie che sia possibile trovare a livello locale e la distanza dal mercato in cui si intende entrare, e permette lead time più brevi e una migliore distribuzione del prodotto. Con il termine “competenze delle facilities” il professor Ferdows, si riferisce al grado di presenza nello stabilimento di produzione di competenze che vadano al di là del semplice aspetto produttivo. Proprio attraverso l’integrazione di una, o più, delle ragioni di localizzazione che

abbiamo sopraccitato con le competenze permetto al nostro plant di ricoprire uno specifico ruolo.

Di seguito si riportano quelli che sono tutti i potenziali ruoli che è possibile ricoprire in base alla combinazione di cui citavamo poche righe fa. Abbiamo il ruolo

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offshore, che permette di avere input con spese significativamente ridotte di produrre beni a con costi altrettanto bassi. Il ruolo sorgente, che ha un maggior impatto sui rifornimenti e sui vari fornitori. Il ruolo “server” che si occupa di tutti gli approvvigionamenti al mercato locale. Il ruolo “avamposto” che si incarica del trovare le tecnologie e tutte le risorse che possono essere utili allo svolgimento delle attività. Poi viene un odei ruoli principali e più importanti, quello del Leader, che si occupa oltretutto dell’aspetto dell’innovazione. La Distribuzione Quando parliamo di distribuzione ci stiamo sostanzialmente riferendo ai cosiddetti flussi di Out-Bound, ossia dai warehouses del plant produttivo al consumatore che ha richiesto il bene da noi prodotto. Una rete logistica deve sicuramente tenere conto della soddisfazione del cliente che è d’altra parte, l’obiettivo primario di

qualsiasi azienda, ma deve anche tenere in conto altri due fattori che devono essere ottimizzati il più possibile per avere un buon network, l’efficienza e il livello dei

costi. Quest’ultimo ovviamente è essenziale che rimanga il più basso possibile se

vogliamo davvero avere una rete altamente efficiente e profittevole. Dal punto di vista logistico vi sono fondamentalmente due alternative per poter distribuire i propri prodotti:

Consegna indiretta: la quale implica che ci sia una terza entità tra supplier e consumatore. In particolare abbiamo due principali soluzioni. La prima implica che ci sia un magazzino, ossia dal sito produttivo i prodotti vengono trasportati a un altro magazzino (sul mercato) e poi da qui al cliente finale. Altra soluzione sono “punti di transito” i quali sono semplicemente

dei magazzini in cui la merce non può sostare per più di 12 ore, ma entro tale limite deve essere trasferita al consumatore che la ha richiesta.

Consegna diretta: Non vi sono terze entità ma solo fornitore e consumatore. La merce infatti segue questo ciclo. Possiamo inoltre definire due sottotipi di consegna diretta in base alla localizzazione del punto di stoccaggio. In particolare si definiscono: dirette con stoccaggio decentralizzato, il nostro bene va dai magazzini della di export ai negozi; consegna diretta con stoccaggio centralizzato, vale a dire dal magazzino del supplier direttamente al cliente finale senza dover necessariamente passare per un punto vendita.

Sotto si elencano per ognuna delle modalità di distribuzione sopracitate, quali possono essere i relativi vantaggi e svantaggi.

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Consegna diretta con stoccaggio decentralizzato

Vantaggi: Non si sostengono costi per costruire e mantenere centri distributivi. Le scorte presenti localmente fanno in modo che nel caso il cliente abbia un immediato bisogno della merce, i puniti d raccolta/vendita possono immediatamente fornirglielo in quanto hanno già dello stock.

Svantaggi: Avere scorta significa avere spese maggiori e oltretutto si sostengo ulteriori costi derivanti dal fatto che si devono lottizzare le varie spedizioni verso i punti vendita e quindi le spedizioni ci costano anche di più.

Consegna diretta con stoccaggio centralizzato (o drop shipping)

Vantaggi: Non abbiamo costi per immagazzinare la merce presso i punti di vendita, La scorta è pressoi produttore ed oltretutto fa in modo che tale scorta sia molto differenziata.

Svantaggi: Essendo un tipo di spedizione “speciale” è anche caratterizzata

da costi “speciali”. Questi sono dovuti a fatto che ci si serve di una terza

azienda per il servizio dei trasporti e quindi con tariffe significativamente alte, così come la distanza tra produttore e cliente finale che risulta essere maggiore peggiorando l’assetto delle spese già care.

Consegna indiretta tramite deposito (warehousing)

Vantaggi: Più semplice dal punto di vista organizzativo e operativo. Se i magazzini finali sono situati proprio nei mercati/paesi in cui si effettua la consegna a clienti che hanno richiesto il prodotto è ovvio che permette una maggior velocità come tempistiche.

Svantaggi: Ovviamente avere una magazzino significa avere dei costi piuttosto elevati, anche per la manutenzione delle merce. Oltretutto avere tanta scorta è costoso e anche rischioso in caso di cali della domanda.

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Consegna indiretta tramite Punto di transito (cross docking)

Vantaggi: Ovviamente la permanenza delle scorte è molto bassa /inferiore alle 10/12 ore). Questo è sicuramente positivo poiché vuol dire meno costi.

Svantaggi: Il punto di transito deve avere comunque una certa scorta tale da poter rifornire del tutto, e quindi soddisfare, il cliente finale. Tuttavia. Come è molto difficile sapere esattamente quali sono le quantità esatte da mandare dal produttore al rivenditore del transit point.

Strategie di Distribuzione e Trasporti La strategia che può seguire una azienda dal punto di vista dei trasporti dipende principalmente dal livello di servizio che s i vuole offrire al cliente e quindi anche la sua soddisfazione. Proprio a seconda di tali fini viene adottata una strategia, la quale ovviamente deve fare in modo che vi sia un alto livello di efficienza ma anche un ridotto livello di costi nel perseguire gli obiettivi sopracitati. Non siamo sicuramente in grado di dire se esiste una strategia maggiormente corretta o perfetta rispetto ad un’altra. Tutto dipende dal mercato, dalla domanda e

dal modo e la frequenza in cui questa varia nel tempo. Bisogna essere in grado di trovare la miglior soluzione tra budget disponibile e servizio al consumatore e non dimenticare, oltretutto, che oggigiorno i clienti si aspettano dei prodotti sempre più customizzati e questo implica che dalla parte dell’azienda ci sia un’adeguata flessibilità di fronte a tali esigenze. Ad esempio per prodotti ad elevata rotazione e per i clienti che esigono rapidità di consegna (prodotti alimentari deperibili), la consegna diretta con stoccaggio decentralizzato rappresenta una scelta migliore. Invece per prodotti non time sensitive, a media rotazione, le consegne possono essere effettuate tramite deposito o transit point. Tipologie di Trasporti Di seguito si elencano le modalità di trasporto maggiormente utilizzate oggigiorno dalle aziende per la distribuzione dei propri prodotti e le peculiarità che caratterizzano ciascuna di esse.

Trasporto via aerea: Come è piuttosto risaputo si tratta di un tipo di trasporto merci molto caro. Questo perché le varie compagnie hanno tariffe elevate a causa dei vari costi che esse stesse devono sostenere per poter implementare il trasporto. Si pensi al costo dell’aeromobile, del personale di terra e della compagnia, ad esempio. Questo tipo di soluzione in campo

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logistico non è preferibile proprio per i motivi economici sopracitati. Tuttavia i vantaggi di usare un aeromobile per il trasporto dei prodotti al cliente finale sono che, anzitutto, i tempi di consegna sono estremamente ridotti e il cliente può essere accontentato più velocemente. Di solito questi trasporti sono a carico del consumatore proprio a causa della loro eccezionalità

Trasporto con Corrieri espressi: Son trasporti, anche in questo caso, più cari rispetto a quelli tradizionali (ad es. via mare). Questo perché il corriere espresso offre un servizio maggiormente peculiare. Essi infatti son caratterizzati da tempi relativamente brevi e soprattutto offrono alcuni servizi a chi ne usufruisce che permettono di rintracciare il proprio carico, durante il periodo di consegna, in qualsiasi momento. In questo modo sappiamo sempre dov’è il nostro carico e quanto manca prima che arrivi al

cliente che ce lo ha richiesto.

Trasporto via terra (truck): Si tratta di uno dei metodi di trasporto più in auge, soprattutto sul continente europeo dove le infrastrutture permettono che ci sia una buona e rapida circolazione dei mezzi pesanti. Ovviamente il costo che deve sostenere l’azienda dipende da due fattori principale: la

quantità che s intende spedire e la distanza che questa merce dovrà percorrere. Quando si deve organizzare un trasporto via truck vi sono essenzialmente due alternative. Possiamo scegliere di prenotare un intero mezzo solo ed esclusivamente per la nostra merce oppure di riservare una “porzione” del mezzo per i nostri prodotti. Ovviamente tale decisione

dipende dalle quantità che vogliamo spedire e dai relativi costi (se convengono oppure no).

Trasporto su ferro: Il trasporto via treno rispetto al trasporto via camion presenta dei costi più bassi. Tuttavia dal punto di vista dell’organizzazione

essi non sono così differenti. Infatti è possibile per un’azienda che intende

organizzare un trasporto su ferro prenotare un intero convoglio ferroviario oppure scegliere di riservare soltanto alcuni vagoni. La particolarità dei trasporti via ferro è essi possono partire solo quando sono completamente carichi e purtroppo, necessitano sempre di un servizio “ausiliario” di

trasporti. Infatti è necessario che vi siano dei mezzi che portino la merce nelle stazioni di partenza e che le recuperino nei punti di arrivo e la trasportino fino al cliente finale. Ovviamente si tratta di un trasporto caratterizzato la lead time piuttosto prolungati e di solito non si utilizza per merci con elevato valore. Sono molto utilizzati soprattutto nel continente asiatico e americano.

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Trasporto via mare: Si tratta di uno dei tipi di trasporto preferibili quando bisogna effettuare consegne lungo tratte caratterizzate da ampia distanza. La loro convenienza è anche legata al fatto che il punto da cui esce la merce deve essere nelle vicinanze di un porto. Il trasporto su nave è sicuramente “speciale” a cause dei bassi costi ma, d'altronde, presenta lead time molto

dilazionati. Oltretutto dobbiamo tenere in considerazione non solo il trasporto effettivo sul mare dei nostri prodotto ma, anche, il fatto che questi una volta arrivati nei porti di destinazione dovranno subire una lunga serie di controlli da parte delle autorità doganali del posto. Questo genere di accertamenti possono durare anche settimane.

Trasporti via “tubo”: Questo genere di trasporti, non riguarda certamente il caso di un’azienda manifatturiera come la Pirelli Tyre, ma viene utilizzati

per beni diversi. Essi si realizzano grazie a una rete di tubi (per questo motivo vengono anche chiamati trasporti pipeline) che si occupa di smistare liquidi e/o gas. Ovviamente si tratta di reti particolari che richiedono abbondati spese per la loro costruzione e spesso per poterle realizzare si necessita di permessi statali. Un esempio di questo tipo di trasporto è il sistema di importazione del gas dalla Russia.

Queste dunque sono le tipologie di trasporto più utilizzate oggigiorno nel mondo della logistica. La scelta di un tipo piuttosto che un altro dipende da molti fattori. Ovviamente uno delle variabili maggiormente degne di attenzione sono i costi che si dovranno sostenere ma, al tempo stesso dobbiamo preoccuparci anche dello stato della merce durante la sua consegna. Infatti alle volte è più conveniente per le aziende spendere maggiori quantità di denaro in trasporti più onerosi ma con la certezza che i prodotti non verranno danneggiati per tutto il periodo del viaggio. Bisogna anche considerare che è strettamente necessario che, dopo aver contrattato le tariffe con i vari corrieri, vi sia un’ottima organizzazione dei trasporti e dei carichi. Infatti nel caso di mancate saturazione di container le aziende incorrono al pagamento di penali verso le imprese che offrono servizi di trasporto.

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Capitolo 2

La Pirelli Tyre Spa Storia

La "Pirelli & C." nasce a Milano nel 1872. Il fondatore è il milanese Giovanni Battista Pirelli, che fonda avvia l’attività l’obiettivo di fabbricare articoli tramite la vulcanizzazione del caucciù. Inizialmente l’attività industriale includeva la

produzione di tele di gomma, cinghie di trasmissione, manicotti e raccorderie gommate. Trascorso un breve periodo, ebbe inizio la costruzione del primo opificio, dove oggi sorge il famoso grattacielo "Pirellone”.

La struttura comprendeva originariamente un totale di due fabbricati a due piani di diversa dimensione: quello più grande adibito alla lavorazione e l'altro per attività amministrative. L'originaria dotazione di macchinari consisteva in depuratore, masticatore, mescolatore e calandra, provenienti dalla Francia, oltre a caldaie di vulcanizzazione costruite in Italia. La produzione iniziò nel giugno 1873. Data l'estrema duttilità del materiale, con l'entrata in società dell'esperto commerciante Francesco Casassa, furono previsti vari impieghi e la gamma produttiva fu ampliata con altre applicazioni, come cavi telegrafici sottomarini, giocattoli, impermeabili e materiale per sale chirurgiche. Verso la fine dell’Ottocento, dopo l'invenzione dello

pneumatico per bicicletta, la Pirelli sfruttò immediatamente il knowhow acquisito nella produzione di manicotti in tela gommata per sperimentare quel nuovo tipo di

Figura 4: Il Pirellone poco dopo la sua inaugurazione nel 1958.

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manufatto, in collaborazione alla Bianchi, e realizzarlo per il mercato. Terminata la primigenia fase della "produzione di sviluppo", nel 1897 fu brevettato lo pneumatico per bicicletta tipo "Flexus". Due anni dopo la Pirelli pose in vendita i suoi primi pneumatici per veicoli a motore, in questo caso per motocicletta, seguiti nel 1901 da quelli per autovettura. Il primo treno di pneumatici sperimentali per automobile fu realizzato dalla Pirelli nel 1900, su commissione della Prinetti & Stucchi, per equipaggiare un loro prototipo di quadriciclo quadrimotore, progettato da Ettore Bugatti.

A partire dal 1899, tutti gli pneumatici Pirelli furono contrassegnati con il logo in rilievo, rappresentante una stella a cinque punte iscritta in un cerchio e, per questo motivo, furono popolarmente soprannominati "pneumatici marca stella".

La produzione di questi articoli, per l'epoca tecnologicamente avanzatissimi, riscosse un grande successo di vendite, tanto da costringere l'azienda a costruire un nuovo stabilimento in zona Bicocca e trasferirvi, nel 1906, buona parte della produzione. Nel 1918 viene acquistato anche il villino della Bicocca degli Arcimboldi, utilizzata dapprima come sede del museo della gomma e scuola materna, successivamente come sede di rappresentanza dell'azienda stessa. Nel 1907 arriva la prima affermazione sportiva di grande rilievo, con la Itala 35/45 HP, nel raid Pechino-Parigi. All'inizio del Novecento, inoltre, inizia l'espansione internazionale, prima in Spagna (1902), poi anche in Gran Bretagna (1914) e in Argentina (1919). Negli anni venti ha inizio la presenza nelle gare automobilistiche, che è proseguita fino ai giorni nostri e che ha visto numerose vittorie di gran premi di Formula 1, Rally, Superbike e nella Mille Miglia. Nel settore pneumatici, è da ricordare l'introduzione, agli inizi degli anni cinquanta, del radiale Cinturato (riproposto recentemente in versione supertecnologica ed eco-compatibile), e negli anni ottanta quella dello pneumatico ribassato. Il nuovo millennio vede un'altra rivoluzione: la realizzazione, nel 2000, del processo produttivo MIRS (Modular Integrated Robotized System) per la fabbricazione automatizzata di pneumatici ad alte prestazioni. Nel 2002 entra in funzione la futuristica sala mescole automatizzata CCM (Continuous Compound Mixing). Nel comparto dei cavi, le principali tappe tecnologiche arrivarono nel 1927, con la produzione del primo cavo con isolamento in olio, e negli anni ottanta con la realizzazione dei cavi a fibre ottiche. Negli anni settanta il gruppo diede vita a una fusione con la britannica Dunlop, e nel 1986 tentò invano di acquistare la tedesca Continental. Fallite le due operazioni, nel 1992, Marco Tronchetti Provera succede a Leopoldo Pirelli alla guida del gruppo, posizione che mantiene anche in seguito ai cambi d'azionariato che interesseranno l'azienda.

Attualmente Pirelli è tra i principali produttori mondiali di pneumatici con un posizionamento distintivo sull’alto di gamma, pneumatici Premium ad elevato contenuto tecnologico. Attraverso partnership con le migliori case auto Prestige e

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Premium, Pirelli dispone di un portafoglio di oltre 1.200 pneumatici. Presente in 14 paesi con 22 stabilimenti, Pirelli produce pneumatici per auto, moto, autocarro, autobus e macchine agricole; il Gruppo ha un’ampia presenza commerciale (oltre

160 paesi) equamente distribuita tra mercati maturi ed emergenti. Pirelli si distingue per una lunga tradizione industriale da sempre coniugata con capacità di innovazione, qualità del prodotto e forza del brand. Una forza ulteriormente valorizzata attraverso la Formula 1™, di cui Pirelli è fornitore esclusivo per il

triennio 2014-2016, esteso poi fino al 2018. In linea con la strategia 'green performance', la ricerca e sviluppo Pirelli opera con una costante e crescente attenzione a prodotti e servizi a elevata qualità e tecnologia e basso impatto ambientale.

Car, Moto e Truck

L’azienda nel tempo ha incentrato il proprio Business su 3 mercati in particolare:

Macchine, che rappresenta il business principale per la impresa. Moto. Autocarri.

Vediamo ora di analizzarne ciascuno in modo più specifico.

Car

La strategia di Pirelli nel business Car si fonda su tre pilastri. Il primo è l’accelerazione dello sviluppo del Premium28: è previsto che i volumi di questo segmento arriveranno al 44% del totale nel 2017, rispetto al 38% del 2013, e i relativi ricavi al 60% nel 201729.

Una delle leve strategiche è la crescita nel Premium attraverso il “pull-through30”,

l’effetto trascinamento che le dotazioni di pneumatici in primo equipaggiamento sulle auto Premium esercitano sul mercato dei ricambi. Pirelli ha avviato un ambizioso progetto di ricerca per comprendere più a fondo le esigenze dei proprietari di veicoli Premium, dei concessionari di auto e dei rivenditori di pneumatici, facendo loro apprezzare i benefici della sostituzione del primo treno di pneumatici con quelli approvati dalla casa automobilistica.

L’Azienda ha inoltre sviluppato

elevate capacità di acquisizione e gestione dati, analytics, che Figura 5: Poster pubblicitario pneumatici "Stella"

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permettono di individuare le zone in cui si trovano i veicoli che montano pneumatici Pirelli e di prevedere l’andamento della domanda del mercato. Per fare un esempio, se consideriamo la zona meridionale di Monaco di Baviera, circa il 20-25% dei proprietari di auto lussuose potrebbe possedere il medesimo modello di una marca tedesca. Ovviamente questo è un tipo di informazione molto rilevante per Pirelli in quanto potrebbe instaurare una collaborazione con i concessionari Premium del luogo e fare in modo che gli pneumatici marcati e approvati da quella casa automobilistica. Attualmente il Gruppo sta inoltre lavorando a una gestione delle scorte di più ampia portata, che permetterà al personale di vendita di disporre di maggiori dettagli sui mercati locali per elaborare le loro previsioni. Le attività commerciali sono in fase di intensificazione nelle zone di maggior potenziale Premium e, oltretutto, si progetta di ampliare la rete di vendita retail portandola a circa 9.800 punti vendita dai 5.000 di gennaio 2013. Pirelli investirà nella collaborazione con i rivenditori, premiando quelli di maggior successo e puntando sugli specialisti di prodotti Premium. Inoltre, intende raggiungere una maggiore integrazione tra rete retail, produzione e vendite.

Il focus sul cliente finale sarà sempre il dettaglio di maggior attenzione per la Pirelli sia grazie all’integrazione della rete di vendita retail sia attraverso mirate campagne di marketing, che offriranno specifici servizi per tutti i proprietari di auto Premium. Il rivenditore Pirelli, ad esempio, potrebbe prelevare un’auto per sostituire il treno

di pneumatici mentre il proprietario si trova in ufficio.

Il secondo pilastro della strategia del business Car è costituito dal rinnovamento dell’offerta nel segmento Medium, basato sullo sviluppo di tecnologie specialistiche e su specifiche misure di efficienza. La gamma Medium comprende nicchie di prodotto ad alto margine e in alcuni paesi, come il Brasile, occupa una posizione rilevante.

Il terzo e ultimo pilastro della strategia Car è il piano di efficienze volto a ridurre i costi di circa 290 milioni di euro entro il 2017. Questo obbiettivo sarà raggiungibile attraverso progetti di design-to-cost31, l’utilizzo di una gamma più versatile di

mescole e strutture, la razionalizzazione del portafoglio di prodotti, la maggiore standardizzazione dei componenti, l’incremento della produzione in paesi come la

Cina, la Romania e la Russia, e l’estensione dell’offerta di pneumatici invernali e

Run-Flat anche ai segmenti non Premium.

Moto

Per il business Moto il Piano Industriale prevede il rafforzamento della leadership tecnologica e l’espansione nei nuovi mercati in rapida crescita tramite azioni mirate.

Questi i punti principali:

In Europa, consolidamento della preminenza Pirelli nel segmento Premium, grazie alla capacità innovativa in ambito tecnologico, alla

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presenza diffusa e attenta delle reti commerciali e ad una maggiore vicinanza al cliente finale;

In Nord America, posizionamento di Pirelli ai vertici di tutti i principali segmenti di mercato, attraverso l’ampliamento della rete di distribuzione e

l’implementazione della nuova strategia digitale; In America Latina, conferma della sua superiorità tecnologica e della

posizione di leader incontrastati nel segmento Premium, unita ad un rinnovamento della strategia di vendita e all’uso più intensivo della rete

retail; In Asia Pacifico, Medio Oriente e Africa, rafforzamento della presenza

commerciale e incremento della brand awareness.

Tra i più importanti eventi del 2015 va ricordata l’apertura di un nuovo sito

produttivo di pneumatici per moto in Indonesia. Frutto di una joint venture con Astra Otoparts, un produttore di componenti indonesiano, la fabbrica è situata nei pressi di Jakarta (Subang) e Pirelli ne detiene la quota di maggioranza. L’impianto

indonesiano è destinato a soddisfare la domanda interna, oltre a quella di altri paesi del sud est asiatico: Vietnam, Tailandia, Filippine e Malaysia. Il nuovo stabilimento produce pneumatici Premium e anche di altre gamme.

Autocarri

Nel settore Truck i bisogni delle grandi flotte influenzano significativamente i produttori sia di veicoli commerciali che di componentistica. In questo settore il costo di un singolo pneumatico ha un’enorme rilevanza. Se teniamo in considerazione il prezzo d’acquisto del singolo prodotto e lo moltiplichiamo per il totale dei veicoli che fanno compongono la flotta e in più sommiamo durata e efficienza dei pneumatici (rapportata ai consumi di carburante) si evidenzia il tipo dei risparmi che si possono ottenere.

Tuttavia, la Pirelli ha sviluppato negli ultimi anni un servizio all’avanguardia,

denominato “Cyber Fleet32” il quale prevede l’installazione di determinati sensori

sui pneumatici. Quest’ultimi sono in grado di fornire una serie di dati sulle prestazioni della gomma (ad esempio, il tasso di usura) i quali permettono di individuare specifici aspetti da migliorare. Attraverso questa innovazione si è potuto migliorare sia il tema dell’efficienza che quello della sicurezza. Ha inoltre permesso di ottimizzare la prestazione del pneumatico in termini di risparmio sui consumi di carburante.

Pirelli intende consolidare la propria leadership nel mercato Truck in tutte le aree geografiche:

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America Latina, con l’introduzione della Serie 01, con un’offerta

rinnovata di servizi per flotte e con l’ampliamento della rete di

distribuzione; Africa e mercato mediorientale, con un portafoglio maggiormente vario di

prodotti e l’introduzione del servizio Pirelli Fleet Solutions, ma anche con un ulteriore sforzo volto alla formazione del personale di vendita e ad una più efficace integrazione.

Pirelli R&D

Innovare prodotti, processi e materiali è da sempre la strategia di crescita del Gruppo Pirelli.

Al centro della storia Premium di Pirelli c’è un processo tecnologico in continua evoluzione, che trasforma materie prime come gomma ed acciaio in prodotti ad alte prestazioni per far fronte ai requisiti estremamente rigorosi delle case auto ed alle esigenze dei clienti.

Per essere leader nel settore degli pneumatici non è possibile contare solo sulle proprie risorse interne. Ecco perché Pirelli ha scelto di ricorrere al suo Open Innovation Model: oggi le collaborazioni esterne si concretizzano in almeno 150 progetti con istituti universitari e fornitori. Fra i progetti di ricerca nel campo dei materiali e delle tecnologie innovative ci sono la silice derivata dalla lolla del riso e la tecnologia di de-vulcanizzazione selettiva per permettere il riutilizzo degli scarti. A ciò si aggiungono circa 100 progetti con le case produttrici di auto per lo sviluppo congiunto di soluzioni tecnologiche. Molti di questi riguardano i settori più avanzati della ricerca e sviluppo, dal settore dei materiali a quello dell’elettronica. La Formula 1 è naturalmente un eccellente veicolo pubblicitario, ma è anche una grande fonte di motivazione per la ricerca: aumenta la velocità di cambiamento e la flessibilità, dando ampio spazio al talento. Pirelli affida il motoracing a giovani ingegneri, il cui prezioso lavoro alimenta l’Azienda fornendo dati ed esperienze, specialmente sui materiali, ed indirizzando l’attività di ricerca.

La Formula 1 è di grande aiuto nel trovare nuove soluzioni per il costante miglioramento dei programmi di simulazione e i vari team forniscono riscontri sulle prestazioni degli pneumatici Pirelli. Alcuni dei tecnici specializzati in F1 vengono poi indirizzati nei diversi settori della produzione di pneumatici stradali. Grazie alla F1, gli pneumatici Pirelli vengono realizzati in modo ottimale e più velocemente, proprio perché si opera con i migliori talenti. Per Pirelli la Formula 1 è una palestra: si può solo uscirne migliori e più forti.

Nel 2015 le spese in ricerca e sviluppo sono state complessivamente pari a 214,4 milioni di euro corrispondenti al 3,4% delle vendite di cui 176,5 milioni di euro destinati alle attività Premium (5,8% dei ricavi Premium). L’attività di ricerca e

sviluppo si è concentrata sui prodotti alto di gamma con risultati importanti in

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termini di omologazioni. Nel 2015 Pirelli si conferma leader sul Primo Equipaggiamento dell’alto di gamma, portando a oltre 2000 le omologazioni

conquistate. Particolare attenzione è stata rivolta ai prodotti marcati con l’ottenimento di nuove omologazioni P Zero sui nuovi modelli dei veicoli

tecnologicamente più avanzati quali, ad esempio, la Porsche 911, la Lamborghini Aventador, la McLaren MP4-12C, frutto di uno sviluppo congiunto tra i ricercatori Pirelli e gli ingegneri delle Case produttrici. In particolare, P Zero Corsa System è in primo equipaggiamento sulle supersportive più prestigiose: Aston Martin, Audi, BMW-M, Ferrari, Lamborghini, Lotus, Maserati, McLaren, AMG-Mercedes e Porsche GT.

Figura 6: Omologazioni Primo Equipaggiamento (OE).

L’elettronica nel pneumatico (come il microchip contenuto nel Cyber Tyre) costituisce un indirizzo strategico di innovazione Premium di Pirelli. Questa tecnologia è il risultato della collaborazione fra la divisione Ricerca e Sviluppo di Pirelli e la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano. Il Cyber Tyre, grazie a un sensore delle dimensioni di un euro incorporato nello pneumatico, fornisce informazioni vitali sulle prestazioni del veicolo, sulle condizioni della strada e delle gomme. Attraverso una connessione wireless il sensore “dialoga” con il computer

e la strumentazione di bordo, fornendo al conducente le informazioni raccolte. In un secondo tempo, tutte queste informazioni possono essere trasferite su un computer centrale perché vengano ulteriormente analizzate. Ciò si traduce in livelli di sicurezza e in prestazioni ancor maggiori. Il CYBER FLEET™ è l’innovativo

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sistema di monitoraggio messo a punto da Pirelli per le flotte di autotrasportatori. Grazie ad una scatola telematica e a speciali sensori applicati sulle superfici interne delle coperture, infatti, il sistema trasmette ad un’infrastruttura centrale i valori

relativi allo stato degli pneumatici. Si monitorano, in questo modo, i principali parametri di funzionamento come pressione e temperatura segnalando in tempo reale la situazione al gestore della flotta avvertendolo inoltre in caso di foratura o di altri eventi che potrebbero compromettere la mobilità e sicurezza stradale.

All’attività tradizionalmente focalizzata sullo sviluppo di nuovi prodotti Premium

e alto di gamma si è affiancata la sempre maggior attenzione alla riduzione dell’impatto ambientale. La leadership nei materiali verdi si costruisce

principalmente attraverso la ricerca nei biomateriali (silice da riso, gomma naturale da fonti alternative all’albero della gomma) e nel riciclo. In particolare, il Guayule, un arbusto appartenente alla famiglia delle Asteracee, è stato portato anche nel sud dell’Europa, dove la sua coltivazione è in fase di sperimentazione, e ha delle

proprietà uniche. La gomma naturale del Guayule, infatti, è una valida alternativa a quella estratta dall’Hevea Brasilianensis, ma finora mai utilizzata per la

produzione di pneumatici ad alte prestazioni. Questo è avvenuto grazie a Versalis (Eni), che nel 2013 ha firmato con Pirelli un accordo per la fornitura esclusiva di gomma naturale da Guayule destinata alla produzione di pneumatici. La Pirelli con il suo centro di Ricerca e Sperimentazione ha dato vita a un pneumatico prototipo sperimentato su una Maserati Ghibli, un’auto dalle altissime prestazioni, che ha sfrecciato sui circuiti di testing di Vizzola e Balocco. Dopo soli due anni di sperimentazione in laboratorio, che hanno permesso di prevederne il comportamento su strada, il nuovo prototipo contenente Guayule è stato messo alla prova in tutte le condizioni più estreme ed ha registrato lo stesso livello di prestazioni rispetto agli omologhi realizzati con polimeri sintetici da fonte petrolifera: sostituire questi polimeri con materie prime alternative e rinnovabili è l’obiettivo della ricerca e sviluppo Pirelli, che da anni è leader nelle soluzioni per una mobilità più sostenibile.

I brevetti, quasi un centinaio all’anno per un portafoglio totale di 5000, sono oggetto

del “Premio alle Invenzioni Pirelli”. Le invenzioni premiate non sono tutte quelle oggetto di brevetto (concesso con esame di merito), ma soltanto quelle che hanno dimostrato di associarsi ad un vantaggio competitivo per l’azienda. Al termine

dell’ultima edizione delle targhe d’oro, i numeri aggiornati vedono 177 invenzioni premiate, 376 Targhe d’Oro consegnate e 135 inventori premiati negli anni. La

presenza di Pirelli nel mondo delle corse riguarda più di 300 campionati in 40 paesi. Pirelli è stata confermata fornitore unico per il Campionato Mondiale FIA di Formula Uno, ruolo ricoperto a partire dal 2011, fino al 2016 e sta lavorando in vista del triennio 2017- 2019. L’esperienza in Formula 1 ha permesso di sviluppare

all’interno della R&S di Pirelli nuovi modelli di simulazione che consentono di

ridurre ulteriormente il ‘time-to-market’ e migliorare la qualità dei progetti relativi

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a prodotti stradali, rendendoli più performanti e in linea con le esigenze più elevate e di migliorare la comprensione dinamica, in funzione delle temperature di lavoro e del comportamento dei materiali.

Nell’ambito dei pneumatici vettura, inoltre, Pirelli ha lanciato nel 2015 il nuovo

pneumatico Cinturato All Season. Il nuovo prodotto arricchisce l’offerta Pirelli che

propone così una soluzione valida per tutto l’anno, in pieno rispetto delle ordinanze locali e dei più alti standard di sicurezza su qualsiasi fondo stradale: perfetto in estate, senza il decadimento prestazionale che presenta invece lo pneumatico invernale con il caldo; ottimale per condizioni invernali non estreme, tipiche di un contesto urbano, consentendo di evitare il tradizionale cambio stagionale delle gomme, e, soprattutto, anche in caso di foratura, grazie all’esclusiva tecnologia Seal

Inside, consentendo di proseguire la marcia senza necessità di fermarsi per sostituirlo, auto-sigillandosi. Il nuovo pneumatico di casa Pirelli è destinato a gommare vetture di media o piccola cilindrata di recente immatricolazione ed è disponibile nei calettamenti da 15, 16 e 17 pollici. La grande sfida che i tecnici Pirelli hanno dovuto affrontare nello sviluppo di questa nuova copertura è stata quella di presentare un prodotto che racchiudesse in sé il meglio di una gomma estiva e il meglio di una gomma invernale. Per ottenere questo risultato, gli ingegneri di Pirelli sono partiti dal disegno battistrada direzionale, che consente un’ottimizzazione della capacità di espulsione dell’acqua, attraverso gli ampi canali longitudinali e laterali, riducendo notevolmente il fenomeno di acquaplano. Grazie all’innovativo disegno, anche il rumore è stato ridotto, sia all’esterno del veicolo, in pieno accordo con le sempre più stringenti normative europee in materia di inquinamento acustico, sia all’interno dell’abitacolo, a tutto vantaggio del piacere

di guida. Un ulteriore tratto distintivo del nuovo Cinturato All Season è rappresentato dalla tecnologia della lamellatura 3D: il disegno battistrada dell’All

Season, infatti, è concepito in modo tale che su fondi asciutti o bagnati le lamelle 3D, ottimizzando il movimento del tassello, garantiscano migliori prestazioni in frenata e in curva, uniformando il profilo di usura della gomma e allungandone così la durata. In caso di fondi innevati, invece, aprendosi, i tasselli consentono di catturare i cristalli di neve, offrendo un’ottima tenuta di strada. Non a caso, l’All

Season è contraddistinto dalla certificazione invernale 3PMSF (three-peak-mountain with snowflake), cioè il simbolo con una montagna a 3 cime e un fiocco di neve applicato sul fianco dello pneumatico ed anche dal simbolo M+S, che ne certificano l’assoluta sicurezza nelle condizioni invernali. Ultimo livello di sviluppo su cui si è concentrato il lavoro dei tecnici Pirelli ha riguardato la mescola battistrada. Grazie alla tecnologia Full Silica, essi sono riusciti ad ottenere una mescola in grado di performare al meglio in un ampio range di temperature e di condizioni climatiche: l’ottimale dispersione della silice all’interno della mescola e

l’utilizzo di polimeri funzionalizzati di ultima generazione ha consentito, infatti, di

migliorare notevolmente la capacità termica della gomma. L’insieme di queste

innovazioni tecnologiche è valso al nuovo Cinturato Pirelli All Season la vittoria,

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alla prima prova, di uno dei test più prestigiosi della stampa specialistica internazionale. Il nuovo All Season, infatti, si è aggiudicato il primo posto nei test dell’autorevole rivista tedesca Autobild, promosso con il voto di “Esemplare”,

grazie ad “una tenuta laterale stabile ed una performance di tenuta su bagnato

ottima”. Il nuovo Cinturato è, inoltre, l’unico pneumatico All Season disponibile

sul mercato del ricambio con tecnologia Seal Inside. Nelle misure più importanti, il Cinturato All Season è dotato di questa nuova tecnologia costruttiva che consente di proseguire la marcia senza perdite di aria anche in caso di forature fino a 4 mm. In casi del genere, infatti, il mastice sigillante, presente all’interno dello

pneumatico, forma una guaina che avvolge il corpo estraneo dal momento in cui penetra, impedendo così la fuoriuscita di aria e la conseguente perdita di pressione. Quando l’oggetto viene estratto, il mastice stesso sigilla il foro d’uscita. Il mastice

è a sua volta ricoperto da un’esclusiva pellicola che serve a proteggerlo anche prima

del montaggio dello pneumatico sul cerchio. La tecnologia Seal Inside rappresenta un ulteriore vantaggio per il consumatore, garantendogli maggiore sicurezza e tranquillità: si pensi che circa l’85% delle accidentali cause di perdita di pressione

è dovuto proprio alla foratura da parte di oggetti esterni. Inoltre, questa tecnologia può essere utilizzata su ogni tipo di veicolo e non necessita di cerchio dedicato o di sistemi di monitoraggio della pressione.

Nel 2014 Pirelli ha ampliato l’offerta nei segmenti delle tecnologie Run-Flat e Self Sealing. Grazie al Run-Flat in caso di foratura, l’auto può continuare a viaggiare

anche per lunghe distanze. Tale tecnologia è in dotazione a BMW, Mini, Mercedes e Corvette. Il pneumatico self-sealing crea una sigillatura quasi istantanea intorno a corpi estranei che penetrano nella copertura, come i chiodi, trattenendo l’aria

all’interno ed eliminando di fatto la necessità della ruota di scorta. Nel 2014 Pirelli

ha portato a termine il ramp-up di questi prototipi, sviluppati per la Volkswagen, e produrrà un milione di questi rivoluzionari pneumatici per Volkswagen, Porsche e Bentley. Un altro campo di innovazione è quello della riduzione della rumorosità. Nel 2014 Pirelli ha realizzato pneumatici con la tecnologia PNCS (Pirelli Noise Canceling System), che producono dai 3 ai 5 decibel di rumore in meno e riducono del 50% la rumorosità all’interno dell’abitacolo. La nanotecnologia, le risorse

rinnovabili e l’elettronica incorporata negli pneumatici offrono nuove possibilità di

progresso tecnologico per il prossimo futuro.

Clienti Pirelli

L'attività di Pirelli è rappresentata da due segmenti principali: Consumer (pneumatici per vetture, SUV, veicoli commerciali leggeri e moto) e Industrial.

Tali business sono a loro volta focalizzati su due diversi canali di vendita: il Primo Equipaggiamento, direttamente rivolto ai maggiori produttori mondiali di veicoli e il Ricambio, relativo alla sostituzione degli pneumatici di veicoli già in circolazione.

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Nell'ambito del Primo Equipaggiamento Pirelli può contare in Europa su una quota di mercato dei prodotti Premium che sfiora il 20% nel 2015 rispetto al 14% su cui l'Azienda si attestava nel 2011. Nel segmento Prestige, che rappresenta l'altissimo di gamma, Pirelli si avvicina al 40%, con una crescita rispetto al 36% del 2011.

Nell'ambito del Ricambio vi sono due macro tipologie di clienti: Rivenditori Specializzati e Distributori. I Rivenditori Specializzati sono gli specialisti dello pneumatico che operano sul mercato in qualità di imprenditori indipendenti e costituiscono un fondamentale punto di contatto fra il Gruppo e il consumatore finale. A essi viene dedicata particolare attenzione in termini di sviluppo condiviso, per la valorizzazione dell'offerta di prodotto integrata con un servizio di elevata qualità, in linea con i valori Pirelli e con le aspettative dei consumatori. Pirelli può contare nel 2015 su circa 11.000 rivenditori fidelizzati a livello globale, con una particolare concentrazione in Europa, Asia-Pacific e Sud America (circa 80% del totale punti di vendita). Il grado di affiliazione varia in base al mercato e alla presenza stessa di Pirelli: si va da una fidelizzazione più soft (fidelity Club), che ha come obiettivo principale per Pirelli la copertura territoriale e per il rivenditore il supporto alle vendite; a programmi di franchising, in cui attraverso l'esclusività di partnership si lavora fortemente sullo sviluppo del business del punto di vendita a tutto tondo; fino al grado di affiliazione massimo, rappresentato dai punti di vendita di proprietà Pirelli (311 punti di vendita a livello mondo). I Distributori rappresentano partner fondamentali per garantire continuità nei rifornimenti degli pneumatici agli altri rivenditori, specializzati e non, grazie all'offerta di un servizio di consegna e distribuzione capillare su tutto il territorio.

La relazione con il cliente viene principalmente gestita da Pirelli attraverso due canali:

La struttura di vendita operante sul territorio, che ha contatto diretto con la rete di clienti e che, grazie ad avanzati sistemi di gestione delle informazioni, può elaborare e rispondere a tutte le esigenze informative dell'interlocutore; la struttura di vendita è costantemente formata su tematiche di prodotto e commerciali grazie al contributo della Commercial Academy, una delle 10 Accademie di formazione dedicate allo sviluppo continuo e all'aggiornamento delle competenze della popolazione.

I Contact Center di Pirelli Tyre, 32 nel mondo con oltre 150 persone, che sviluppano attività sia di supporto informativo sia di gestione dell'ordine (inbound), telemarketing e teleselling (outbound).

Caratteristiche del Business Model Pirelli

Nel medio termine Pirelli punta a sovraperformare il trend di crescita del settore degli pneumatici. L'obiettivo è migliorare il ritorno sugli investimenti e la

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generazione di cassa, creando valore per tutti gli stakeholder: dagli azionisti ai dipendenti, dalle comunità locali, ai fornitori, ai clienti e a quegli oltre 10.000 partner commerciali che ogni giorno vendono prodotti Pirelli.

Il modello di business si basa su un semplice concetto: un percorso che unisce le case automobilistiche Premium e il cliente Premium lungo l'intera catena del valore.

Il segreto consiste nel seguire adeguatamente il produttore di veicoli. Pirelli equipaggia le auto di fascia alta. Successivamente presidia il mercato dei ricambi, il "replacement", attraverso tutti i canali: specialisti tyre, rivenditori e concessionari auto. Per Pirelli la velocità di acquisizione ed elaborazione delle informazioni e la tempestività nel rispondere alle esigenze del canale ricambi sono la chiave di successo.

Pirelli Premium

Pirelli punta a essere il principale partner tecnologico dei più prestigiosi produttori di auto nel mondo. È leader nelle omologazioni auto Premium, sia nel winter sia nel summer, nelle varie tipologie di prodotto e battistrada, e al secondo posto nell'all season. Nel 2014 ha ottenuto più di 200 omologazioni. Con un portafoglio di oltre 1.500 omologazioni, Pirelli è oggi uno dei principali fornitori di pneumatici delle case auto Premium.

Quasi ogni singolo modello di auto Premium necessita di una specifica tipologia di pneumatico e i tecnici Pirelli sviluppano esattamente lo pneumatico ideale per ogni

Figura 7: Pneumatici Premium in esposizione al Salone dell'Auto.

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tipo di auto, oltre a pneumatici che rispondono a diverse esigenze climatiche o che hanno tecnologie innovative come i Run-Flat e i Self-Sealing. Queste variabili ampliano costantemente il portagolio di prodotti. Ad esempio, le diverse caratteristiche climatiche di Germania, Canada, Russia e Giappone richiedono penumatici winter differenti. Gestire tale complessità è uno dei principali obiettivi e richiede costante ricerca di efficienza. A tale proposito Pirelli ha avviato processi di de-complexity che puntano a semplificare e standardizzare la produzione di alcuni componenti e processi. Un'agilità resa possibile solo grazie alla flessibilità dell'organizzazione aziendale.

Il segmento Premium è il punto di forza di Pirelli. È quello con maggiori barriere tecnologiche da superare, ma anche quello che offre la maggiore profittabilità.

Fra il 2011 e il 2014, Pirelli ha incrementato la propria quota di mercato Premium sul primo equipaggiamento dal 14% al 20%. Nello stesso periodo, la quota detenuta nel settore Prestige - vale a dire Ferrari, Maserati, Lamborghini, Porsche, Bentley, Aston Martin e McLaren - è passata dal 30% a circa il 50%. Il modello di business è composto da due momenti fondamentali. Ottenere le omologazioni dalle principali case automobilistiche è solo il primo degli obbiettivi da raggiungere. La sfida successiva è fare in modo che il cliente scelga i prodotti Pirelli per il secondo e il terzo treno di pneumatici.

Il grado di fidelizzazione al brand è più alto nel mercato Premium. La maggioranza dei clienti, una volta sperimentato l'elevato livello prestazionale di un prodotto Premium, sceglie lo stesso pneumatico anche al momento della sua sostituzione. Se un cliente si rivolge al concessionario dal quale ha acquistato l'auto, il concessionario è portato a consigliare lo stesso brand di pneumatici del primo equipaggiamento. C'è anche la possibilità che la garanzia su un'auto decada qualora il veicolo non monti pneumatici omologati: questo è uno dei vantaggi della focalizzazione sul Premium.

Per crescere sul canale ricambi, Pirelli può contare su una serie di leve tra cui un'intera gamma di pneumatici "marcati" che hanno sui fianchi un simbolo speciale che li identifica come specifici per un certo modello di vettura. Ad esempio, i pneumatici marcati BMW sono identificabili da una stellina sul fianco, MO significa Mercedes Original, AO sta invece per Audi Original e MGT per Maserati. Scegliendo gli pneumatici marcati, il cliente si garantisce un'esperienza di guida e prestazioni ottimali, in linea con gli obbiettivi della casa auto. Pirelli può contare sul più ampio portafoglio di pneumatici marcati dell'intero settore. La mappatura della distribuzione delle auto e i "Big Data" offrono grandissime opportunità. Tramite il sistema di geo-marketing, Pirelli riesce ad identificare per ciascuna area urbana quali auto e quali pneumatici sono stati acquistati, dove l'auto viene usata, quante vetture montano pneumatici Pirelli e quando questi dovranno essere sostituiti.

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Si tratta di informazioni essenziali per poter comprendere appieno i clienti, la rete dei concessionari e quei punti vendita a cui i clienti - in un periodo variabile dai tre ai quattro anni - si rivolgeranno per la sostituzione del secondo o terzo treno di pneumatici. La mappatura e l'analisi dei dati permettono alla casa produttrice di scambiare informazioni precise con i rivenditori, consentendo loro di avere in magazzino gli pneumatici giusti al momento giusto e di massimizzare i ricavi. Nei programmi di marketing, Pirelli ha tre obiettivi principali: copertura della rete dei concessionari auto e collaborazione sugli pneumatici marcati; crescita della rete di vendita retail; coinvolgimento dei propri clienti attraverso attività marketing digitale che fanno leva sulla presenza di Pirelli nel Motorsport e in Formula 1. Per la prima volta nella storia dell'industria degli pneumatici, Pirelli ha adottato un approccio consumer centric.

La struttura organizzativa di Pirelli a livello mondiale è basata su una matrice che combina funzioni con aree geografiche. Il tutto è concepito in modo da rendere il più stretto possibile il legame fra i produttori di auto Premium e i clienti che guidano tali auto, per l'intero ciclo di vita della vettura. Questo processo è declinato in tutte le regioni. In particolare il legame tra casa auto Premium e cliente finale è gestito attraverso quattro processi interfunzionali che coinvolgono l'headquarter e i mercati locali: sviluppo di prodotto, gestione della supply chain, gestione del cliente e gestione del brand equity. A livello di Region, linee guida di Gruppo e best practice sono implementate negli impianti, nei centri di R&D e nelle strutture di marketing e vendita.

Con la propria produzione, Pirelli si colloca a un livello tecnologicamente avanzato, efficiente e localizzato in prossimità dei mercati di vendita. È la strategia local-for-local. La capacità di produzione è pari a circa 72 milioni di pezzi nella divisione Consumer, di cui il 50% Premium, e di 6,3 milioni di pezzi nella divisione Industrial. I prodotti della divisione Industrial vengono realizzati completamente in paesi con costi industriali competitivi, nei quali si produce anche il 78% degli pneumatici Consumer.

L’assetto produttivo odierno è il risultato di un percorso iniziato nel 2008, quando

è stata ridisegnata la mappa dei siti produttivi con la realizzazione degli impianti in Romania, Cina e Messico in sostituzione di parte della produzione nei mercati maturi. Il risultato è stato l’ottenimento di maggiori efficienze e riduzione dei costi.

Per Pirelli, l’idea di Premium va oltre il prodotto e non si limita a definirne le

caratteristiche tecnologiche. Premium è l’elemento distintivo del nostro modo di

lavorare, finalizzato alla creazione di valore per tutti gli stakeholder, dagli azionisti ai clienti.

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Tecnologia e innovazione appartengono al DNA di Pirelli fin dalla sua fondazione. A ciò si aggiunge una comprensione sempre maggiore del cliente e delle sue esigenze. Sono questi gli elementi alla base del Piano Industriale 2013-2017 presentato a Londra nel novembre 2013.

Il Piano Industriale traccia le linee guida di creazione del valore nelle quattro aree di business: Auto, Moto, Truck e Agro. Queste, in sintesi, le principali strategie di sviluppo:

Crescita nei segmenti di prodotto a maggior valore aggiunto; nel 2016 il Premium rappresenterà il 60% dei ricavi del business Car rispetto al 55% del 2014;

Maggiore competitività dell’offerta nel segmento Medium del business Car,

con particolare attenzione a prodotti con tecnologie come winter e self-sealing, unitamente a miglioramento dell’efficienza dei costi di produzione

tramite la standardizzazione di piattaforme/ processi e il maggior utilizzo di impianti nei paesi con costi industriali competitivi;

Consolidamento della leadership nel business Industrial in mercati chiave come Sud America, Medio Oriente e Africa; sviluppo del business in Europa grazie a una maggiore competitività dell’offerta e alla totalità della

produzione realizzata in stabilimenti con costi industriali competitivi; ricerca di partnership nell’area Asia-Pacifico;

Innovazione costante dei prodotti in tutte le Business Unit; entro la fine del 2017 verranno introdotte 14 nuove linee di prodotto per Auto, 21 nel business Moto e 11 nel Truck; tra i nuovi pneumatici in arrivo per l’Auto

sei sono per la stagione invernale, studiati per le specifiche esigenze climatiche di ogni regione; è inoltre prevista la crescita di prodotti di nicchia, come il Run-Flat e il Self-Sealing, e di modelli con la tecnologia di riduzione della rumorosità PNCS;

Implementazione di un nuovo programma di efficienze, con l’obiettivo di ridurre i costi di 350 milioni di euro nel periodo 2014-2017, pari all’1% dei

ricavi di ogni anno; Gestione attenta del capitale circolante; Selettività degli investimenti, privilegiando i progetti a più alto rendimento.

Il Piano Industriale definisce i seguenti principali obiettivi per il 2017:

Redditività, espressa in termini di margine, superiore al 15%; Ritorno sugli Investimenti (ROI) al 28%, in miglioramento rispetto al 22%

del 2014; Generazione di cassa per l’orizzonte temporale del Piano pari a 1,6 miliardi

di euro (312 milioni di euro nel 2014); Politica di distribuzione dei dividendi pari al 40% dell’utile netto

consolidato.

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Modello Logistico

Di seguito si analizzano gli aspetti che determinano il modello di Supply Chain dell’azienda e le principali attività che lo caratterizzano.

Possiamo definire il cliente finale come l’elemento centrale della catena logistica,

in quanto rappresenta il punto di partenza dell’analisi e del dimensionamento del

supply chain management che ha come obiettivi prima quello di efficacia e poi di efficienza: ove per efficacia si intende prestare maggior livello di servizio al cliente e per efficienza minimizzare i costi. L’obiettivo di efficacia è condizione necessaria

ma non sufficiente per una gestione della supply chain di successo: quest’ultima,

infatti, non può ambire alla minimizzazione dei costi e quindi alla creazione di maggior profitti per l’impresa prescindendo dal livello di soddisfacimento del

cliente. Se il cliente, infatti, non è sodisfatto del servizio non sarà più disposto a comprare il bene prodotto dall’impresa, e questo rappresenterebbe una perdita dei

ricavi per l’impresa, e dunque l’obiettivo di efficienza avrebbe una resa inferiore

sulla profittabilità dell’Azienda.

Come già ampiamente descritto nel primo capitolo, il supply chain management tratta la gestione dei flussi tra le diverse fasi di una supply chain al fine di minimizzare i costi totali della catena ed offrire un maggior livello di servizio al cliente finale. È un concetto il cui primo obiettivo è quello di integrare, gestire e coordinare tutte le attività della supply chain in un processo unico ed omogeneo: esso unisce tutti i partner della filiera produttiva sia interni che esterni, coordinando e gestendo i rapporti tra i vari attori della supply chain stessa.

Nel caso specifico di Pirelli Tyre, il supply chain management si occupa principalmente della gestione di tutte le parti coinvolte, direttamente o indirettamente, nel soddisfare il cliente finale; comprende non solo i produttori e fornitori, ma anche trasportatori, magazzini, rivenditori e anche i clienti stessi. Il SCM si focalizza, dunque, sull’integrazione e coordinazione di tre attività

principali:

1. Demand planning; 2. Production planning; 3. Network planning.

Una gestione efficiente della supply chain richiede numerose decisioni finalizzate ad aumentare il surplus dell’intera catena. Queste decisioni possono essere

raggruppate in tre categorie o fasi, a seconda della frequenza decisionale e del periodo di tempo durante il quale una fase decisionale ha impatto. In tal modo, è necessario che ciascuna categoria di decisioni consideri l’incertezza relativa

all’orizzonte temporale considerato.

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Figura 8: Grafico modello logistico.

Come si evince dal grafico riportato le tre fasi sono le seguenti:

1. Pianificazione strategica e progettazione. Durante questa fase, dato

l’elevato livello di incertezza, l’Azienda decide a livello macro e puramente

strategico l’organizzazione e la struttura della supply chain per i prossimi

anni (almeno 3 anni). Le decisioni riguardanti questa categoria fanno riferimento alla scelta riguardanti le risorse da utilizzare, il ricorso all’outsourcing o alla realizzazione di nuovi siti produttivi e in quest’ultimo

caso, le decisioni riguarderanno la location, la capacità produttiva del nuovo stabilimento, i beni che verranno prodotti, o la costruzione di nuove warehouse e dunque della loro capacità e dei beni che verranno immagazzinati. La pianificazione della supply chain a questo livello, dato il margine di incertezza e di variabilità, non può che essere fatta con un approccio macro per cercare di mitigare e ridurre gli effetti dell’incertezza stessa, facendo

considerazioni generali sui diversi market segments e sulle diverse aree geografiche, piuttosto che sui diversi tipi di prodotto identificati univocamente da un IPcode.

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2. Pianificazione tattica. Le decisioni attinenti questa fase vengono prese considerando come arco temporale il trimestre. La configurazione della supply chain determinata durante la fase strategica è ormai fissata, ed è proprio questa che determina i confini entro cui la pianificazione deve svilupparsi. Anche in questo caso il punto di partenza è l’analisi delle

forecast dei diversi mercati: previsioni che, man mano che l’orizzonte temporale diminuisce, diventano sempre più affidabili ed accurate. Le decisioni relative questa fase riguardano la scelta delle allocazioni dei vari stabilimenti ai diversi mercati, le scelte di inventory policies da seguire ed eventualmente il timing e la dimensione di promozioni di marketing da intraprendere.

3. Pianificazione operativa di medio/breve termine. In questo caso l’orizzonte

temporale preso in considerazione è giornaliero o settimanale. L’obiettivo

di questa fase operativa è quello di gestire nel migliore dei modi possibili gli ordini in arrivo del consumatore finale. Talvolta sono previsti cambi nei piani produttivi o talvolta vengono eseguite delle spedizioni più veloci ai RDW (mediante ferrovia o via aerea) al fine di soddisfare la domanda del consumatore finale. Poiché le decisioni operative vengono prese nel breve termine (minuti, ore o giorni), c’è un minor livello di incertezza riguardo le

previsioni della domanda. Dunque, dati i vincoli stabiliti dai criteri di progettazione e pianificazione, obiettivo della fase meramente operativa, diviene quello di “sfruttare” la riduzione dell’incertezza e ottimizzare le

prestazioni garantendo un maggior livello di servizio.

Di fondamentale importanza è la coordinazione e gestione della diverse attività della Supply chain che avviene grazie all’utilizzo integrato di diversi sistemi

informativi, i più importanti dei quali sono SAP Client e SAP APO.

Il flusso di informazioni attraverso sistemi informativi di ultima generazione diviene essenziale per il raggiungimento di una gestione della supply chain integrata. Come si evince dalla figura in basso (figura 12), il flusso di informazioni tra le diverse attività sopra menzionate (Demand plannig, Production planning and Network planning), percorre la filiera in verso opposto rispetto alla movimentazione fisica del bene finale.

Il primo step, è rappresentato dall’operazione di forecasting: i demand planner,

attraverso l’utilizzo di SAP APO DP, sistema informativo che permette di

migliorare la qualità e l’accuracy delle previsioni di domanda, elaborano e

analizzano i dati relativi alle previsioni di domanda dei vari prodotti tra i diversi mercati. Questi dati vengono poi utilizzati come input per l’elaborazione dei

fabbisogni del mercato (market requirement) attraverso un software ad hoc: l’MT4R.

Il terzo step è rappresentato, invece, dalla predisposizione dei production requirement e dunque dai vincoli cui lo stabilimento produttivo deve far fronte:

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bottleneck, capacità produttiva e/o risorse limitate. Dati, dunque, i fabbisogni del mercato, le previsioni di scorta per il mese futuro e i vincoli di fabbrica si giunge dunque all’elaborazione, o meglio, alla revisione dei piani di produzione per

rispondere alle esigenze del mercato finale.

A questo punto, inizia il flusso “fisico” che vede come protagonista lo pneumatico:

facendo riferimento ai piani di produzione, gli stabilimenti produttivi iniziano a produrre il bene finale ed il network logistico si occupa quindi della distribuzione dei prodotti finiti dalle Factory Warehouses alle Regional Distributor Warehouses per servire dunque la richiesta del distributore finale. Naturalmente gli step descritti si ripetono in sequenza andando ad identificare un ciclo di attività in cui ognuna di queste determina poi lo svolgersi dell’altra.

Di seguito vengono descritte quali sono le attività principali del Supply chain management.

Demand Planning

Punto di partenza e strumento indispensabile per le attività di pianificazione e gestione della supply chain è rappresentato dalle previsioni della domanda. In particolare, l’operazione di forecasting è demandata ai “demand planner”, i quali

attraverso sofisticati software e attraverso il contatto con i commerciali, nonché con distributors e car dealers stilano le previsioni di domanda. Nello specifico si definisce “Demand Plannig” il processo mirato a valutare e gestire la domanda del mercato con l’intenzione di utilizzare queste informazioni per prendere decisioni.

Data l’ampia gamma dei prodotti Pirelli, la previsione è un’operazione davvero

complessa che richiede massima accuratezza e precisione.

In questo capitolo, è esclusa la trattazione di come vengono redatte le previsioni poiché di competenza dei demand planner, ma vengono descritte le modalità attraverso le quali questi interagiscono con le altre funzioni della supply chain. Tuttavia, prima di far questo, è utile introdurre alcuni parametri che permettono di

Figura 9: Sistemi informativi utilizzati nel Demand Planning.

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definire compiutamente l’oggetto della previsione. In particolare si cerca di

definire:

Time bucket: unità di tempo per la quale si desidera prevedere la variabile, nel caso specifico la domanda;

Orizzonte della previsione: anticipo con il quale si vogliono effettuare le stime della domanda. In molte circostanze è necessario prevedere la domanda con un range di orizzonti di previsione e quindi in questo senso il processo di previsione potrebbe avere un unico o più orizzonti;

Frequenza di revisione: frequenza con la quale le previsioni vengono aggiornate (previsioni rolling). Naturalmente, è importante notare che aggiornare le previsioni ha senso solamente a fronte di un miglioramento delle informazioni disponibili;

Prodotto: bene o insieme di beni al quale la previsione fa riferimento; Mercato: area geografica a cui fa riferimento;

Il flusso di lavoro in un processo di Demand Planning per una corretta pianificazione della domanda è il seguente:

1. Analisi della domanda: si compiono un’analisi gerarchia OLAP (On-Line

Analytical Processing) e un’analisi statistica dei dati storici, sono sistemate

le serie storiche e si calcola l’accuratezza della previsione; 2. Previsione delle vendite: è la gestione dei picchi di vendita, dei periodi

senza vendite e degli effetti promozionali (Sales Cleaning: attraverso metodi statistici come gli intervalli di confidenza o la media mobile si va a pulire la serie storica dagli outlier statistici e dalle promozioni); si sceglie l’algoritmo ideale e si genera la base-line storica/prevista;

3. Gestione delle promozioni: analizza la base-line storica e prevista, gli incrementi promozionali storici delle promozioni ed aiuta il commerciale a pianificare correttamente le promozioni per il futuro; fornisce le previsione di vendita (base-line prevista e promo);

4. Collaborative forecasting: si valutano e decidono il clustering di clienti e prodotti e li si classificano con il metodo ABC; la previsione di vendita viene condivisa con tutti gli attori interni (direzione, marketing, commerciale, acquisti, produzione e logistica) e si rilascia un piano della domanda.

All’interno del Gruppo Pirelli, e ancor più all’interno della Supply chain, il modello

previsionale si propone di supportare diversi processi decisionale: dall’acquisto di

materie prime, all’acquisto stampi, dalla pianificazione della produzione alla

pianificazione di distribuzione. A seconda del processo decisionale che si propone di supportare, il modello previsionale sarà caratterizzato da particolari parametri piuttosto che da altri. Basti pensare ad esempio all’acquisto di materie prime: tale

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decisione non richiede una previsione della domanda dettagliata per giorno o misura specifica o Paese di vendita specifico; piuttosto richiede un’accuratezza

della previsione di domanda a livello macro: ad esempio relativa all’intera gamma

prodotta con una particolare mescola con un time bucket esteso. Al contrario, durante il processo di pianificazione della distribuzione, è essenziale avere una previsione di domanda al livello minimo di dettaglio: ossia è necessario avere forecast quanto più accurate e relative ad ogni singola misura, ogni singola area geografica/country e riferita ad un time bucket mensile.

All’interno della supply chain, gli incontri formali periodici sono fondamentali per

formulare e condividere il piano della domanda (consensus forecast): in questo modo tutte le funzioni aziendali hanno un unico dato, condiviso, su cui lavorare e si riescono ad eliminare barriere storiche (come quelle tipicamente esistenti fra commerciale-logistica).

Il rischio è l’effetto “bullwip”: se non c’è un processo collaborativo di Demand

Planning (sia interno sia esterno) ogni attore tenderà ad aumentare la previsione per garantire le scorte di sicurezza. La domanda del cliente finale è quindi sovrastimata procedendo a monte della supply chain. Se abbiamo un processo collaborativo il distributore condivide con tutti gli attori la previsione: l’inefficienza del processo

risiede nel solo mantenimento della scorta di sicurezza presso ogni nodo della supply chain.

Production Planning

Con 20 stabilimenti in 14 paesi, Pirelli ha una presenza produttiva in 4 continenti ed una capacità a fine 2015 di 75 milioni di pezzi Consumer (Car e Moto) e oltre 6 milioni Industrial (Truck e Agro). Il 100% della produzione Industrial ed il 77% della produzione Consumer è effettuata in paesi a maggiore crescita e con una base di costo competitiva. Per il Business Consumer, tale peso è destinato ad aumentare raggiungendo l’80% nel 2017 grazie all’aumento della capacità in Russia, Messico,

Romania e Cina.

Gli investimenti già effettuati fino al 2013 hanno permesso a Pirelli di raggiungere un adeguato dimensionamento degli stabilimenti, caratterizzati da un progressivo upgrade tecnologico in linea con la focalizzazione sul Premium.

Per citare un esempio recente, il Piano Industriale 2014-2017 prevedeva investimenti fino a 1,6 miliardi, con un rapporto sui ricavi in riduzione al 5% del 2017 rispetto al 7% del 2013. Grazie a tali investimenti, nel business Consumer la capacità complessiva ha raggiunto quasi 81 milioni solo nel 2017, con il segmento Premium che ha visto un aumento al 63% del totale.

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Processo Produttivo

Il processo di produzione di un pneumatico è principalmente suddiviso in due fasi:

1. Realizzazione delle mescole in gomma utilizzate per le varie componenti

dello pneumatico: battistrada, fianchi, liner, riempimento tallone ecc.; 2. Costruzione della struttura di base, un vero e proprio “tessuto” gommato,

che supporta tutti i componenti.

La parte gommosa dello pneumatico (battistrada, fianchi e tele) è una particolare miscela, più nota con la dizione “mescola”, composta per lo più da gomma (sia naturale che sintetica), da cariche rinforzanti (principalmente nerofumo e silice) e da plastificanti. La somma di questi componenti costituisce circa il 90% delle mescole, il restante 10% circa è costituito da altri componenti con specifiche funzioni quali, per esempio, agenti acceleranti, antiossidanti, vulcanizzanti ecc. I plastificanti, il nerofumo e la silice sono stoccati in silos dedicati e inviati a un mescolatore chiuso (Benbury), all’interno del quale avviene la prima lavorazione della mescola. Un computer controlla e gestisce le quantità degli ingredienti provenienti dai silos. Gli ingredienti di minor peso vengono invece predosati con opportuni sistemi di controllo. In una seconda fase di mescolazione sono inseriti altri particolari ingredienti, quali vulcanizzanti e acceleranti. La mescola viene quindi scaricata su un mescolatore aperto composto da due grossi cilindri, al fine di completarne la mescolazione e ottimizzarne la dispersione. A seguire, la foglia di mescola viene immersa in una vasca (batchoff) per il raffreddamento.

Figura 10: Stabilimenti Produttivi Pirelli nel mondo.

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La mescola pronta è destinata al battistrada e/o agli altri componenti dello pneumatico; essa passa nella successiva fase di trafilatura o di calandratura e assume la forma adeguata alle successive operazioni. Il cuore della struttura dello pneumatico è rappresentato dalle tele, che sono formate essenzialmente da fili longitudinali (trama) e possono essere di vari materiali.

Le tele vengono quindi tagliate con un certo angolo rispetto alla direzione longitudinale (di marcia, di rotolamento o della trama).

Altre parti fondamentali dello pneumatico sono il battistrada e il tallone. Il primo garantisce prestazioni importantissime quali, per esempio, la frenata su asciutto e bagnato. Il secondo coincide con la zona vicina al cerchio metallico; la base del tallone è costituita dal cerchietto, che fornisce rigidità alla zona a contatto con il cerchio ed è composto a sua volta da una serie di fili d’acciaio. Per arrivare ad avere

uno pneumatico finito, si deve eseguire un vero e proprio assemblaggio (confezione) dei semilavorati prodotti, ovvero dei componenti sinora descritti (battistrada, talloni, tessuti gommati, fianchi ecc.), effettuato mediante apparecchiature confezionatrici. Lo pneumatico così ottenuto (denominato “crudo”) è inviato alla successiva fase di vulcanizzazione, vera e propria reazione

chimica condotta in fase solida. Dopo il raffreddamento, lo pneumatico vulcanizzato viene innanzitutto sottoposto a sbavatura per togliere eventuali imperfezioni che ne alterino l’aspetto; si procede quindi a un’ispezione visiva sia

interna che esterna, per gli pneumatici Truck seguita anche da un controllo ai raggi X in apposite aree schermate. Gli pneumatici vengono quindi controllati per uniformità e bilanciatura.

Network Planning

La pianificazione e gestione della rete logistica di distribuzione di Pirelli Tyre rappresenta una delle sue più importanti attività, che nasce e si sviluppa su due fondamenta:

1. La localizzazione e capacità degli stabilimenti produttivi e dei magazzini; 2. Il consumatore finale: chi è e come questo cambia nel corso del tempo.

Qui di seguito vengono elencati alcuni numeri: pochi, ma rappresentativi dell’intera rete logistica:

250 località (22 stabilimenti, 16 FWHs, 80 RDWHs, 140 distributori); 25.000 SKU (Active Combination Item/Market); 850 item attivi (di cui 550 OE); 50 Item prodotti mensilmente (di cui 420 OE); Gestione simultanea: MakeTo Stock and MakeTo Order (OEM).

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Come già descritto all’inizio del capitolo, l’attività di Pirelli Tyre è rappresentata da due segmenti principali: Consumer (pneumatici per vettura, SUV, veicoli commerciali leggeri e moto) e Industrial (pneumatici per autobus, autocarri, macchine agricole e cordicella metallica).

Tali business sono a loro volta focalizzati su due diversi canali di vendita:

Il Primo Equipaggiamento, direttamente rivolto ai maggiori produttori

mondiali di veicoli; Il Ricambio, relativo alla sostituzione degli pneumatici di veicoli già in

circolazione. Nell’ambito del “Ricambio”, è possibile effettuare una macro

distinzione tra “Rivenditori Specializzati” (Dealers), che operano sul

mercato in qualità di imprenditori indipendenti, e “Distributori”

(Distributors), che rappresentano partner fondamentali per garantire continuità nei rifornimenti di pneumatici ai rivenditori specializzati.

La presenza dei due diversi canali di vendita: Primo equipaggiamento (detto anche Original Equipment o OE) e Ricambio (detto anche Replacement) comporta la necessità di adottare due diversi tipi di sistema di produzione, ove per quest’ultimo

si intende non solo il sistema di trasformazione propriamente detto, ma il sistema integrato in grado di realizzare e consegnare il prodotto per il cliente. Le diverse tipologie produttive adottate, quindi, rispondono a particolari esigenze strategiche dell’Impresa: esse, infatti, dipendono in primo luogo dal mercato di riferimento che

presenta specifiche richieste in termini di dimensione dei lotti, di tempistiche e flessibilità.

Il grafico sottostante ben illustra i due diversi tipi di sistema di produzione adottati dal Gruppo per soddisfare le richieste dei due canali di vendita:

Primo equipaggiamento (OE), direttamente rivolto ai maggiori produttori mondiali di veicoli, viene gestito in ottica Make To Order. In questo caso le case automobilistiche e le concessionarie auto vengono riforniti direttamente dai Factory Warehouses (FW).

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Replacement, canale di vendita dedito alla sostituzione degli pneumatici di veicoli già in circolazione. Questo canale di vendita viene gestito in ottica Make To Forecast: i grandi distributori e/o rivenditori specializzati si rivolgono ai factory warehouse nel primo caso, e ai Replacement Regional Distribution (o RDW Regional Distribution Warehouse) nel secondo caso per fare i propri ordini ed approvvigionarsi.

Punto di forza dell’intera supply chain risulta dunque la gestione simultanea dei due

diversi sistemi di produzione: Make To Order e Make To Stock, ognuna delle quali richiede particolari caratteristiche e implica determinati vantaggi.

Come si è detto pocanzi, la gestione del Primo Equipaggiamento è condotta in ottica

Make To Order, il che richiede:

Collaborazione con le case auto per l’operazione di forecasting; Ricezione degli ordini con preavviso minimo mensile; Visibilità dell’ATP (availability to Purchase), dello stock disponibile per il

prossimo mese; Possibilità di impostare delle priorità sui piani produttivi; Impegno di Pirelli a fornire quanto previsto; Consegne dirette dalle factory warehouses.

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Conseguentemente, si possono evidenziare alcuni vantaggi, come ad esempio:

Miglioramento della gestione della disponibilità (focus sul cliente finale piuttosto che sul mercato Pirelli);

Perfezionamento su base mensile circa il feedback sulla disponibilità; Miglior accuratezza circa le informazioni riguardanti la gamma

commerciale attiva; Riduzione dei costi logistici.

Diversa è invece la gestione del secondo canale di rivendita, il replacement, affidata anche in questo caso ai network planner. Il replacement viene infatti gestito in ottica Make To Stock: la produzione del prodotto finito avviene quindi su previsione con la costituzione di scorte di prodotto finito finalizzate a far fronte ai periodi in cui la domanda risulta maggiore della produzione nel periodo e ad abbreviare il tempo di consegna. La produzione è tipicamente per il magazzino.

I network planners hanno come obiettivo finale quello di offrire un alto livello di servizio al consumatore finale (in questo caso Distributor o Dealer) che si rifornisce direttamente dalle Regional Distributor Warehouses. Nello specifico, per livello di servizio si intende la capacità dell'Azienda di soddisfare (all'estremo anticipare) le richieste e le aspettative (esplicite ed eventualmente implicite) dei Clienti al momento giusto e con i prodotti/servizi giusti e dunque di evitare il verificarsi di qualsiasi stock-out, ossia il non soddisfacimento della domanda causato dalla non disponibilità dei prodotti.

Dal punto di vista organizzativo, la rete distributiva è suddivisa per aree geografiche: Europa, MEA (Medio Oriente e Africa), NAFTA (Stati Uniti, Canada e Messico), LATAM (America Latina) e APAC (Cina, Giappone, Australia e Sud-est asiatico). In particolare, nel prossimo capitolo si approfondirà il ruolo del network planner, facendo riferimento alla gestione della rete distributiva in una singolo mercato: l’Australia.

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Capitolo III Premessa

In questo capitolo verrà trattato nello specifico il tema del network planning sui mercati da me seguiti nel corso del Tirocinio (Egitto, Sud Africa e Australia). In particolare si analizzerà in modo più approfondito il mercato australiano in quanto è, dal punto di vista logistico, maggiormente completo e degno di osservazione.

Mercato Egiziano

La Pirelli Tyre Spa detiene una filiale presso Alessandria d’Egitto ove è presente,

oltre agli uffici amministrativi, anche un magazzini che serve per il rifornimento dei clienti locali.

Ovviamente la scelta della città non è stata casuale in quando Alessandria come località portuale è uno dei punti strategici per le spedizioni marittime nel Mediterraneo.

Dal punto della distribuzione il mercato egiziano non prevede che vengano effettuate consegne diretta ai clienti finali ma tutte le spedizioni di pneumatici hanno come obiettivo il rifornimento di una magazzino centrale. Da qui poi la logistica locale si occupa di consegnare i prodotti finiti ai clienti finali.

Come tutte le spedizioni anche quelle verso questo mercato si basano su forecast della domanda che vengono preparate dalla Logistica egiziana e in seguito analizzate e rielaborate dal team di reporting italiano.

Il mercato egiziano nel corso del mese presenta una variabilità nelle richieste degli ordini leggermente più alta rispetto ad altri mercati. Questo perché dal punto di vista finanziario l’economia del paese è caratterizzata da una certa instabilità e questo ha

portato più volte la Pirelli a dover effettuare degli innalzamenti dei prezzi per far fronte a un tasso inflazionistico in crescita. Come conseguenza ci sono stati dei forti cali della domanda non previsti dalle previsioni di vendita. Per questo motivo spesso le spedizioni, in termini di volumi, non soddisfano quasi mai i valori stabiliti dalle forecast ma si cerca di mantenere dei volumi più bassi onde evitare di creare dei livelli di scorta eccessivi sul mercato che rischierebbero poi di non essere venduti.

Il mercato egiziano è esclusivamente di ricambio e non prevende alcuna vendita di pezzi di primo equipaggiamento.

Uno dei principale competitor presente su questo mercato è la sudcoreana Hankook Tyre.

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Mercato Sudafricano

Il Sud Africa rappresenta per l’azienda uno dei mercati più rilevanti dell’area

MEAI, sia per ampiezza geografica che per volumi di vendita.

Le spedizioni che si effettuano in questo paese riguardano sia il ricambio che l’OE

(Original Equipment). Nel paese sono infatti presenti due magazzini, siti a poca distanza l’uno dall’altro, destinati ad ospitare rispettivamente gli pneumatici di

replacement e quelli di primo equipaggiamento.

Anche in questo caso non si effettuano consegne dirette ma si soddisfano solo ordini intercompany.

Per tutti gli ordini da Europa le spedizioni impiegano circa 50-60 giorni per arrivare a destinazione. Per questo motivo si cerca di inviare quantità per coprire le forecast di circa 3 mesi in modo tale che ci sia un adeguato livello di scorta per far fronte alla domanda locale.

Gli ordini inter-company vengono destinati al magazzino situato a Elandsfontein che viene rifornito da tutti stabilimenti produttivi di Pirelli nel mondo, eccetto quello argentino.

In particolare non si effettuano spedizioni da Argentina su questo mercato per il semplice fatto che i costi risulterebbero inutilmente alti.

I volumi di OE per il Sud Africa sono nettamente più contenuti rispetto ad altri mercati ma, dal punto di vista strategico, rimane comunque un punto distributivo molto importante per la Pirelli in quanto la domanda è in forte crescita.

Le misure di primo equipaggiamento vengono solitamente fornite dai seguenti siti di produzione:

Slatina (Romania) Silao (Messico) Breuber (Germania)

Uno dei clienti più mercati su questo canale di rifornimento è la BMW.

Dal punto di vista delle infrastrutture, il Sud Africa è uno dei paesi più avanzati di tutto il continente africano. Per questo motivo sul mercato sono presenti diversi competitori nel settore dei pneumatici, tra i più rilevanti spiccano: Michelin, Continental e Bridgestone.

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Mercato Australiano

Nozioni generali

Nonostante dal punto di vista della superficie sia uno dei paesi più grandi al mondo (il sesto in particolare), la popolazione totale dell’Australia si aggira intorno ai

25.000.000. Se consideriamo il livello di motorizzazione (tasso di autovetture ogni mille abitanti), mel 2014 ogni mille abitanti vi erano circa 750 vetture. Dato il grande sviluppo dell’infrastruttura stradale, l’alto tasso di motorizzazione e il gran

numero di automobili in circolazione, il mercato replacement delle gomme offre grandi opportunità dal punto di vista commerciale e oltretutto è caratterizzato da una continua crescita.

Il mercato è inoltre uno dei più promettenti al mondo grazie all’ottima gestione

delle infrastrutture, oltre che alla rapida urbanizzazione e industrializzazione del paese. Tutto ciò contribuisce al fatto che la flotta di veicoli sul suolo asutraliano si in continua espansione.

Negli ultimi anni grazie ai significativi investimenti statali sul piano infrastrutturale si è registrato un notevole incremento della qualità dei trasporti e della connettività stradale e, proprio per questi motivi, la domanda nel settore dei pneumatici ha subito e sta tuttavia registrando dei picchi di crescita.

Pirelli Tyre Australia

Il mercato Pirelli Australia comprende le seguenti regioni: Australia, Nuova Zelanda, Nuova Caledonia e altre isole del Pacifico.

Queste regioni tutte assieme racchiudono una buona parte dell’intera quota di

mercato detenuta dal Gruppo Pirelli sul mercato dei pneumatici con circa 65/70 mila vendite al mese. Si tratta di un mercato caratterizzato da una bassissima stagionalità, praticamente inesistente.

Questo è principalmente dovuto alle calde condizioni climatiche e gli inverni del tutto assenti. Infatti il tipo di pneumatico che vengono venduti sul mercato sono di tipo “summer” o “all-season”. La gamma di prodotti attiva consta di più di 1.500 articoli, che si differenziano per misura, mescole utilizzate, battistrada e/o omologazioni.

In particolare, poiché sul territorio australiano non sono presenti stabilimenti produttivi del gruppo Pirelli, si tratta di prodotti importati dai diversi paesi produttivi, con una maggiore frequenza dagli stabilimenti di fonte Cina (circa il 65% delle importanzioni è Made in China). Questo si spiega considerando soprattutto tempi e costi logistici del trasporto: lo stabilimento di Yanzhou, infatti, è il plant più vicino al continente australiano con circa 40/45 giorni di transit time via mare, la metà rispetto al lead time che abbiamo nel caso di Europa- Australia. Dal momento che, come già accennato, sono di origine cinese più della metà della

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gamma dei prodotti abbiamo non soltanto una riduzione dei costi logistici, ma anche la riduzione dei tempi di trasporto, e una significativa maggior flessibilità della produzione di fronte a improvvise variazioni della domanda. Qui sotto si illustra una mappa rappresentante i lead time medi di trasporto via nave dai vari plant di produzione al mercato australiano.

Australian Capital Territory e New South Wales sono i principali mercati regionali per il settore delle gomme per vetture nel paese e proprio per questo motivo la Pirelli Tyre ha investito nell’edificazione in queste aree di quattro Regional Distributor warehouses il più esteso dei quali, con circa 60.000 pezzi di capacità, è situato nella capitale, Sydney. Gli altri tre magazzini sono invece situati rispettivamente nelle città di:

Perth (capacità massima di 6000 pezzi) Melbourne (capacità massima di 15000 pezzi) Brisbane (capacità massima di 22000 pezzi)

La scelta di erigere i magazzini in queste quattro città riflette la scelta strategica del Gruppo di posizionare i magazzini in prossimità di aree urbane con un maggior tasso di motorizzazione (dove dunque la domanda relativa al ricambio di pneumatici è più alta) e attigue a porti navali, permettendo, dunque, di agevolare la ricezione dei prodotti importati.

Figura 11: Tempi di Consegna dalle varie fabbriche adll'Australia.

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Qui sotto si riporta la redistribuzione dei magazzini sopraccitati sul territotio nazionale.

Clienti Principali

In Australia, il mercato dei pneumatici si differenzia dagli altri perché si focalizza principalmente sul canale del ricambio.

In particolare, l’attività di Pirelli in Australia è rappresentata da due segmenti

principali: Consumer (pneumatici per vetture, SUV, veicoli commerciali leggeri e moto) e Industrial (pneumatici per autobus, autocarri e macchine agricole). Focalizzando l’attenzione sul segmento Consumer-Car, questo a sua volta si focalizza su due diversi canali di vendita: il Primo Equipaggiamento, direttamente rivolto ai maggiori produttori di veicoli e il Ricambio, relativo alla sostituzione degli pneumatici di veicoli già in circolazione. Tuttavia, data la scarsa concentrazione di case auto nel continente australiano, il mercato dei pneumatici è principalmente rivolto al settore dei ricambi.

Nell’ambito del Ricambio vi sono due macro tipologie di clienti: Rivenditori

Specializzati (Dealer) e Distributori (Distributor). I Rivenditori Specializzati sono gli specialisti dello pneumatico che operano sul mercato in qualità di imprenditori indipendenti e costituiscono un fondamentale punto di contatto fra il Gruppo e il consumatore finale. A essi viene dedicata particolare attenzione in termini di sviluppo condiviso, per la valorizzazione dell’offerta di prodotto integrata con un

Figura 12: Magazzini Pirelli in Australia.

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servizio di elevata qualità, in linea con i valori Pirelli e con le aspettative dei consumatori.

La domanda di Distributori e Rivenditori viene gestita in ottica Make to stock (o Make to Forecast): la produzione del prodotto finito e indi la costituzione di scorte presso i magazzini australiani avviene cioè sulla base delle previsioni di domanda. La distribuzione del prodotto al cliente finale è l’ultimo step, ma anche il più

cruciale poiché può determinare la completa soddisfazione o la mancanza di professionalità del fornitore. Tuttavia, alcuni clienti, specialmente i più alto-vendenti, vengono gestiti attraverso consegne dirette (Direct Deliveries): così chiamate poiché i prodotti sono spediti direttamente dai centri industriali al cliente senza che vengano stoccati presso i magazzini intermedi regionali. Si tratta di una tecnica detta anche drop shipping ossia consegna diretta con stoccaggio centralizzato presso il fornitore che presenta notevoli vantaggi per la società, tra cui:

Possibilità di vendere dei prodotti senza doverli preventivamente acquistare,

stoccare in magazzino e consegnarli una volta venduti; Evitare investimenti di denaro per trasporto, stoccaggio merci e personale; Gestione del business da qualsiasi luogo; Massima priorità per il soddisfacimento della domanda poiché si tratta in

genere di fatturazioni nel mese.

Le consegne dirette sono dunque degli ordini che vengono gestiti direttamente dal network planner e dalla logistica locale. In particolare, di seguito vengono descritti i passaggi chiave:

1. Il cliente emette l’ordine; 2. Il network planner verifica la disponibilità dei prodotti richiesti presso il

fornitore e in caso di esito positivo “rilascia la diretta”; 3. Il network planner assieme al team della logistica locale presso il fornitore

alloca item richiesti all’ordine;

4. Il network planner con l’ausilio del team della control tower si occupa della prenotazione del carrier per il trasporto (sia esso via mare/truck/trano/ via aerea);

5. Raggiunta la saturazione dei container, i prodotti vengono fatturati e dunque spediti al cliente finale.

Le operazioni qui sopra descritte vengono eseguite grazie al sistema informativo SAP R3 G20 e al tool dello Slot Management che permette la coordinazioni e la gestione delle varie attività: dalla ricezione dell’ordine, alla conferma dell’ordine

stesso fino al trasporto del prodotto finito.

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Gestione della Scorta

Fattori di Incertezza e relativi effetti

Il sistema logistico Pirelli, così come tutti gli altri sistemi logistici “reali”, ed in

particolare l’azione del network planner, purtroppo, non può lavorare in condizioni di assoluta certezza; infatti tutto il Supply Chain Management ed in particolare il sistema logistico affronta diversi tipi di tipologie di incertezza, quali:

Incertezza della domanda, cioè si possono presentare situazioni nelle quali almeno un sottoinsieme delle decisioni deve essere presa prima di conoscere con esattezza la domanda;

Incertezza sulle quantità che i produttori forniranno, perché potrebbero avere dei problemi produttivi, o potrebbero avere prodotto dei pezzi difettosi che quindi andranno scartati;

Incertezza sui tempi di consegna, legata da un lato a possibili ritardi della produzione, ma anche a possibili problemi nei trasporti quali maltempo, scioperi, incidenti;

Incertezza sui possibili livelli di scorte presenti in magazzino, dovuti ad errori nella registrazione dei flussi di ingresso ed in uscita.

I fattori di incertezza sopra citati hanno ovviamente delle conseguenze sul network planning e, più in generale, sul sistema distributivo aziendale.

Di seguito se riportano alcuni di questi effetti.

In primo luogo, in presenza di incertezza è possibile che si presentino degli stockout ed è dunque utile comprendere cosa accade quando essi si verificano. I due scenari estremi risultano essere:

Caso lost sales: in questo caso la domanda inevasa è completamente persa e quindi si suppone che il cliente non soddisfatto si rivolga ad un altro fornitore o comunque non accetti la consegna dilazionata;

Caso backorder: in questo caso, invece, la domanda insoddisfatta in un determinato periodo di tempo rimane come domanda da soddisfare per i periodi successivi; si assume dunque che il cliente pazienti ed aspetti che il prodotto ritorni disponibile.

La possibilità di andare in stockout rende rilevanti i costi legati al disservizio che lo stockout stesso genera. In particolare, è possibile legare il costo dello stock out a due possibili variabili: numero degli stockout o dimensione dello stockout. In entrambi i casi, alcune voci di costo sono rilevanti:

Customer goodwill o perdita di immagine. La mancanza di un prodotto non si limita ad avere effetti di breve periodo, ma potrebbe avere anche degli

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effetti di lungo periodo, convincendo, nel tempo, i clienti a scegliere un fornitore piuttosto che evitarlo.

Mancate vendite. Nel caso in cui i clienti, o una parte di essi, decidano di non acquistare il prodotto non disponibile, lo stockout provoca una perdita corrispondente al margine perso, cioè al margine che si sarebbe guadagnato se solo il prodotto fosse stato disponibile.

Rifornimento Magazzini

L’approvvigionamento è sicuramente una delle attività più importanti del Network Planning. Il problema del rifornimento dei magazzini è una questione dinamica, in cui le decisioni al tempo t hanno un impatto sulle decisioni al tempo t + 1. In particolare nel caso specifico del settore dei pneumatici, il ciclo di vita del prodotto non è infinito: anche se mai utilizzato, dopo un periodo di circa 5 anni, la gomma viene considerato “overaged” e dunque non più adatta per essere venduta e distribuito. Tuttavia nelle presente trattazione, dal momento che il ciclo di vita del pneumatico è di circa 5 anni, si considera per semplicità che il ciclo di vita del prodotto sia pressoché infinito e dunque trascurabile.

Caratteristiche del pneumatico e del suo stoccaggio

I pneumatici sono composti per resistere al normale deterioramento causato ad esempio dalla luce solare, dall’umidità e dall’ozono. Tuttavia, i pneumatici

immagazzinati devono essere protetti contro queste ed altre potenziali condizioni dannose. Più è lungo il periodo di stoccaggio, più è potenzialmente dannosa la maggiore esposizione. Lo stoccaggio dello pneumatico è una fase importantissima poiché da esso derivano effetti che potrebbero impattare sulle prestazioni dello pneumatico stesso. In particolare, è necessario e consigliabile immagazzinare i pneumatici:

Dove è pulito, buio, asciutto e moderatamente ventilato; A temperature non superiori a 35° C (95F), preferibilmente al di sotto di 25°

C (77F) evitando il contatto diretto con tubi e radiatori caldi; Anche temperature molto fredde, al di sotto del punto di congelamento, potrebbero rendere fragili i pneumatici che devono essere accuratamente riscaldati prima dell’uso;

Se all’aperto, proteggendoli con un’opaca copertura impermeabile, ma

evitare di creare un ambiente chiuso dove possa aumentare la temperatura e crearsi vapore o condensa. È inoltre consigliabile assicurare una corretta ventilazione;

Sempre dal punto di vista dello stoccaggio è sconsigliabile immagazzinarli:

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Su moli, ponti delle navi, o in altre aree non protette; Dove l’area possa essere bagnata, oleosa, e/o unta da benzina o prodotti a

base di petrolio. Inoltre, non immagazzinare su superfici o vicino ad esse che possono macchiare i pneumatici;

In prossimità di agenti chimici come solventi, carburanti, oli, idrocarburi, vernici, acidi, disinfestanti, ecc. ecc.

Dove possono essere soggetti a temperature estreme, a luce diretta del sole o luce artificiale con alto contenuto di raggi ultra-violetti. Una stanza illuminata con normali luci a incandescenza è preferibile ai tubi fluorescenti. NON immagazzinare mai i pneumatici vicino a carica batterie, forni, o camini;

Su asfalto nero o su altre superfici ad alto assorbimento di calore e su superfici altamente riflettenti (es. sabbia o coperti di neve);

Nella stessa area di un motore elettrico o di una fonte generatrice di ozono. Controllare che i livelli di ozono non superino le 0.08 ppm.

Dal punto di vista della posizione, le gomme non devono essere mai né appese né impilate. Il corretto stoccaggio prevede infatti che esse vengano disposte verticalmente e girate almeno una volta al mese. Modello Gestione Scorte Esistono numerosi modelli di gestione delle scorte classificabili sostanzialmente in due categorie: a quantità fissa e a periodo fisso. Nel primo caso, si tratta di una modalità di gestione delle scorte basata sul concetto di ordinare una quantità fissata Q, che viene ordinata ogni qualvolta le scorte disponibili scendono sotto un punto di riordino. Operare secondo questa modalità richiede anzitutto un continuo monitoraggio al fine di tenere sotto controllo il livello delle scorte in modo tale che l’ordine possa essere emesso esattamente nell’istante

in cui il livello delle scorte disponibili scende sotto il livello R. Nel caso specifico del sistema logistico di Pirelli, questo non risulta essere un grande ostacolo poiché attraverso il sistema informativo integrato SAP è possibile conoscere l’effettivo livello delle scorte in tempo reale grazie al fatto che tutte le

movimentazioni di magazzino sono opportunamente registrate. Tuttavia questa gestione delle scorte presuppone che nel momento in cui le scorte del prodotto considerato scendano al di sotto della soglia di riordino R, ci sia disponibilità presso il fornitore cosa che, purtroppo, a causa soprattutto della criticità di alcuni stabilimenti produttivi non è fattibile. Inoltre, una seconda criticità è legata alla dimensione della gamma di prodotti presente presso i magazzini. In Australia, come si è detto, il portafoglio di prodotti aperto in gamma include circa di 1500 articoli e dunque effettuare una revisione continua del livello delle

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scorte per ogni singola tipologia di prodotto, implicherebbe l’impiego di troppo

tempo. Infine, i sistemi di gestione a quantità fissa hanno il significativo “difetto” di portare

diversi prodotti ad effettuare gli ordini in momenti diversi. Al contrario potrebbe essere opportuno definire delle politiche di gestione che inducano ad ordinare i diversi prodotti dell’assortimento aziendale nello stesso istante in maniera da poter

sfruttare economie di scala congiunta, per esempio sull’emissione degli ordini o sui

costi di trasporto. Per tutte queste ragioni, di seguito è descritta la politica della gestione delle scorte a periodo fisso e non a quantità fisse, che più si adatta alla gestione effettiva del magazzino di Australia. Il Modello S e la Gestione a “periodo fisso” Nel caso di politiche di gestione delle scorte a periodo fisso si ipotizza che solo periodicamente sia possibile controllare il livello delle scorte o perlomeno che solo periodicamente l’informazione disponibile venga presa in considerazione per scopi decisionali. Nello specifico queste modalità consistono sostanzialmente nell’effettuare degli ordini ogni 𝜏 periodi facendo in modo che le scorte disponibili raggiungano il livello S. Per questa ragione, questa politica di gestione delle scorte è anche nota come base stock policy. A questo punto è bene fare una precisazione riguardante la relazione tra scorte fisiche e scorte disponibili. Nello specifico, le decisioni di planning, vanno prese sulla base delle informazioni circa le scorte disponibili e non le scorte fisiche presenti a magazzino. Trascurando l’eventuale presenza di backorders, le due

grandezze coincidono quando non sono aperti ordini verso fornitori. Se supponiamo che vi sia al massimo un ordine aperto verso fornitore, quando questo viene versato a magazzino, i due livelli di scorta tornano a coincidere. Più in generale, nel caso di sistemi a periodo fisso, le scorte dovranno coprire non solo il Lead Time (ossia l’intervallo di tempo che intercorre tra l’emissione

dell’ordine e la ricezione dei prodotti ordinati), ma un periodo di tempo pari al LT più l’intervallo 𝜏 che intercorre tra due ordini (e dunque due consegne nel caso di LT deterministici) consecutivi. Si definiscono di seguito quali sono le ipotesi alla base del modello di approvvigionamento che verrà illustrato.

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Per semplicità di trattazione si farà riferimento a: Gamma di prodotti riferita ad un singolo market segment, fonte unica, ossia

prodotta in unico stabilimento: Yanzou ( Cina);

Domanda incerta, nota solamente in termini di distribuzione: distribuzione Normale con media e varianza note); 𝐷∼Ɲ ( μ𝑑; 𝜎𝑑)

Lead Time deterministici;

Approvvigionamento di un singolo magazzino sul mercato australiano; Elemento centrale della gestione delle scorte è sicuramente l’emissione dell’ordine.

In particolare, l’ordine emesso al tempo 𝑡0 sarà consegnato al tempo 𝑡0+ LT; secondo la gestione delle scorte a periodo fisso, l’ordine successivo sarà emesso al

tempo 𝑡0+ 𝜏 e sarà dunque consegnato al tempo 𝑡0+ 𝜏 + LT. Perciò l’ordine emesso

al tempo 𝑡0 deve garantire una quantità di scorte sufficiente a coprire la domanda lungo un periodo pari a LT + 𝜏. Nello specifico, questo periodo LT + 𝜏 viene chiamato periodo fuori controllo poiché una volta emesso l’ordine al tempo 𝑡0 , le scorte saranno completamente fuori controllo, cioè dipenderanno solamente dalla domanda, variabile, fino all’istante nel quale l’ordine successivo emesso in 𝑡0+ 𝜏 verrà consegnato all’istante 𝑡0+ 𝜏 + LT.

Figura 13: Grafico Modello.

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Focalizzando l’attenzione sulla politica di gestione delle scorte di tipo S, nel generico istante 𝑡0 in cui viene emesso un ordine le scorte disponibili vengono subito riportate al livello S. Tuttavia, le scorte fisiche disponibili in magazzino non aumentano la quantità ordinata, fino all’istante t0+ LT, quando il livello di scorta fisica e scorta disponibile tornano a coincidere, nel caso LT < 𝜏. Inoltre, nel momento in cui si riceve l’ordine, la scorta fisica è una variabile che

dipende dall’andamento della domanda all’interno del LT. Per questo motivo, non è possibile stabilire il valore puntuale, ma solo il valore atteso della scorta in 𝑡0+ LT che è pari a 𝑆−𝐿𝑇∗ μ𝑑. Questo è, in termini di attesa, il livello più alto raggiunto dalle scorte presenti a livello fisico in magazzino. Le scorte fisiche continueranno poi a scendere fino all’arrivo dell’ordine successivo nell’istante 𝑡0+ 𝜏 + LT. Naturalmente anche il livello delle scorte in questo istante è una variabile casuale che dipende dall’andamento della domanda, ma è possibile conoscerne il livello

atteso che è pari a 𝑆 −(𝐿𝑇+ 𝜏)∗ μ𝑑 (il livello massimo concepibile è chiaramente S, in caso di domanda nulla nel LT). Questo livello delle scorte è anche detto scorta di sicurezza o Safety Stock, cioè la quota parte di scorte preposta a gestire la parte incerta della domanda. Quindi il livello atteso delle scorte varia tra 𝑆−𝐿𝑇∗ μ𝑑 e 𝑆−(𝐿𝑇+ 𝜏)∗ μ𝑑; pertanto la quantità che in media viene ordinata è pari a 𝜏∗ μ𝑑 e la scorta media è pari a:

𝑆 − (𝐿𝑇+ 𝜏/2)∗ μ𝑑. A questo punto, si giunge alla parte finale del problema: trovare il livello ottimo si scorta S. In particolare il livello di scorta S sarà tale da soddisfare non solo la domanda durante il periodo fuori controllo (ossia LT + τ), ma anche l’incertezza

della domanda durante tale periodo. Pertanto, si ha che:

𝑆=𝐶𝑆+𝑆𝑆 In particolare: CS: Cycle Stock o Scorta di ciclo = (𝐿𝑇+ 𝜏)∗ μ𝑑; SS: Safety Stock o Scorta di sicurezza= 𝑧𝛼∗𝜎𝑑𝐿𝑇+𝜏;

𝑧𝛼: valore della normale standardizzata cui corrisponde un valore di probabilità cumulata pari al livello di servizio LS;

𝜎𝑑𝐿𝑇 +𝜏: deviazione standard della domanda che si manifesta durante il periodo fuori controllo, ossia nell’arco di tempo data dalla somma

dell’intervallo di emissione dell’ordine e del Lead time di

approvvigionamento).

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In particolare, poiché per ipotesi si assume che le domande mensili 𝑑𝑖 (ove i indica il generico mese i-esimo) siano variabili aleatorie tra loro indipendenti e identicamente distribuite secondo una distribuzione normale di media μ𝑑 e varianza 𝜎𝑑2, applicando il Teorema del limite centrale, la domanda che si manifesta durante il periodo fuori controllo è una variabile casuale estratta da una distribuzione normale:

𝑑𝐿𝑇+ 𝜏∼Ɲ(𝜇𝑑𝐿𝑇+𝜏; 𝜎𝑑𝐿𝑇+𝜏)

𝜇𝑑𝐿𝑇 + 𝜏 = Σ𝜇𝑑 = 𝜇𝑑∗(𝐿𝑇+𝜏)𝐿𝑇+𝜏𝑖 = 1

𝜎𝑑𝐿𝑇 + 𝜏 = Σ𝜎𝑑2 = 𝜎𝑑2∗(𝐿𝑇+𝜏)

Otterremo dunque come espressione della scorta di sicurezza: 𝑆𝑆= 𝑧𝛼∗ 𝜎𝑑∗√𝐿𝑇+𝜏

Particolare attenzione, è rivolta al coefficiente 𝑧𝛼 (valore della normale standardizzata) a cui corrisponde un valore di probabilità cumulata pari al livello di servizio LS che si vorrebbe offrire al cliente finale. Sebbene l’obiettivo della Pirelli, sia offrire il più alto livello di servizio possibile, approssimabile al 100 %, è necessario tenere in considerazione anche i costi sostenuti per offrire tale livello di servizio. In particolare, offrire un livello di servizio che sia prossimo al 100 % attraverso un incremento delle scorte di sicurezza si traduce automaticamente in un innalzamento del costo di mantenimento delle scorte. Quest’ultimo è un aspetto estremamente

importante da tenere in considerazione. Considerando che la gamma di prodotti aperta sul mercato Australia comprende più di 1500 articolo, il costo di mantenimento delle scorte risulterebbe eccessivamente alto. Prima di descrivere come avviene la scelta del parametro 𝑧𝛼 è necessario fare una puntualizzazione circa la natura dei prodotti venduti in Australia. Come si è detto, il portafoglio di prodotti venduti sul mercato australiano consta di circa 1700 articoli provenienti dalle varie fabbriche.

I suddetti articolo si differenziano per:

Misura: codice a 7 cifre (XXX YY ZZ) così composto: le prime 3 cifre(XX) indicano la larghezza del pneumatico espressa in millimetri; la seconda parte (YY) esprime la distanza della base dal cerchio in percentuale rispetto alla larghezza; le ultime due cifre (ZZ), invece, indicano la misura del diametro espressa in pollici.

Mescola utilizzata.

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Battistrada: ossia il disegno sulla superficie esterna del pneumatico ( es P-ZERO, Scorpion Verde, P1 cinturato, P6 cinturato..).

Omologazioni: ci sono alcuni pneumatici omologati per particolari tipi di vetture nate in seguito ad alcune partnership con alcune case automobilistiche al fine di aumentare le prestazioni del veicolo stesso. (es Audi (AO), Mercedes (*)…);

Market Segment: gli innumerevoli item facenti parte del portafoglio di prodotti sono clusterizzati all’interno di diversi segmenti di mercato. Nello

specifico, il mercato australiano, data la conformità fisica del territorio stesso, è interessato principalmente a prodotti appartenenti a segmenti di mercato di tipo SUV. Qui di seguito si elencano i principali market segment di Australia: 101 – T; 108 – H; 112 – V; 115 - W Y ZR; 120 - RUN FLAT SUMMER; 129 - RUN FLAT SUV; 150 - SUV SUMMER; 160 - VAN SUMMER).

È importante classificare i prodotti e associarli ad un particolare segmento di mercato con lo scopo di individuare con maggior facilità e rapidità le esigenze e le richieste di una particolare fascia di mercato. Proprio da questa segmentazione si individuano i prodotti potenzialmente “più rilevanti e profittevoli” rivolti ad un

determinata clientela a cui si tende prestare un maggiore livello di servizio che, talvolta, si traduce in aumento delle scorte di sicurezza per evitare che si verifichino stockout. In questo modo, dunque, l’impresa da una parte affronta maggiori costi

di mantenimento della scorta a magazzino, ma dall’altra si cautela mettendo da

parte una scorta di sicurezza che servirà a seguito di irregolarità (variazioni della domanda, imprevedibilità dei rifornimenti). Da qui la scelta del parametro 𝑧𝛼: il suo valore sarà tanto più alto, quanto più “profittevole” per l’azienda sarà il

segmento di mercato a cui il prodotto appartiene.

Figura 14: Parametri descrizione pneumatico.

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Operazioni per la gestione del Mercato Scaricamento ed Elaborazione Dati La raccolta dei dati costituisce una delle parti fondamentali del lavoro di network planning poiché permette di avere una situazione aggiornata su ciascun mercato e, di conseguenza, di poter ottimizzare la pianificazione logistica nel mese. Sia per il mercato australiano che per quello sudafricano ed egiziano i dati vengono scaricati da tre fonti differenti:

Oracle Business Intelligence (OBI) SAP SMT (Slot Management System)

Vediamo ora nello specifico in che modo si ricorre a queste sorgenti e per quale motivo. Si precisa che le operazioni che verranno descritte sono sempre relative al caso dell’Australia, anche se sono analoghe nel caso di qualsiasi altro mercato. Per prima cosa si procede ad aggiornare la situazione sullo stock per avere un’idea

dei livelli di scorta di ciascun ipcode nei magazzini.

Queste informazioni vengono scaricate grazie a delle specifiche transazioni di SAP e trasformate in formato xls. E’ compito delle logistiche locali occuparsi

dell’inserimento di questi dati nel sistema, in modo tale che nel momento in cui

vengono scaricati dalla logistica centrale, questi sono attualizzati. Anche i dati sulle bendite vengono scaricate da SAP.

Da OBI si scaricano invece le informazioni relative alla merce in transito. Anche in questo caso è responsabilità della logistica australiana l’aggiornare i dati relativi alle spedizioni che sin sono ricevute durante il giorno e le relative quantità. Per questa ragione i dati sull’in Transit vengono aggiornati ogni giorno a mezzanotte e

caricati su OBI.

Tutte queste informazioni vengono scaricate quotidianamente. La procedura prevede che, una volta trasformati in formato xls, vengano tutti combinati un unico file excel nel quale si può definire chiaramente la situazione del mercato, sia in termini di livelli di stock che di spedizioni di prodotti. Questo documento, chiamato Monitor, permette a ciascun network planner di controllare e organizzare tutte le operazioni logistiche da effettuare.

Il Monitor è uno strumento essenziale anche in termini di analisi in quanto, viene spesso utilizzato anche per definire dei KPIs per descrivere l’andamento del

mercato.

Un’ulteriore fonte di dati è il software Slot Management.

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Come già anticipato questo programma permette di prenotare i mezzi per le spedizioni, specificandone le date di arrivo e partenza e altre eventuali particolarità del carico (dal tipo di container alle misure da caricare con priorità, ad esempio).

Da SMT viene quindi scaricato l’intero piano degli Slot del mese corrente e,

dopodiché, anch’esso viene inserito nel Monitor per poter avere un preciso calendario che indichi tutti i carichi che avverranno nel mese corrente.

Criteri di Pianificazione delle Spedizioni

La pianificazione delle spedizioni dalle varie fonti produttive verso il mercato nel corso del mese attuale viene strutturata tenendo in considerazione una serie di fattori.

Anzitutto si tiene conto di un documento che viene generato al termine del mese precedente: l’Assigned (o “Assegnato”).

Si tratta di un file che mette a confronto le capacità produttive di ogni fabbrica Pirelli con le richieste di ciascun codice per ciascun mercato. Il risultato è la quantità che ogni mercato può ricevere di ciascun Ipcode di cui necessita.

In questo modo per il network planner risulta molto più semplice avere un’iddea

dei quantitativi totali da inviare nel mese e, di conseguenza, di quanti mezzi dovrà prenotare per poterne garantire le consegne.

In particolare la procedura che si segue in questo caso è la seguente.

Si analizzano, per ogni fonte produttiva, le misure che hanno valori di Assegnato maggiori e se ne verifica il piano di Produzione.

Quest’ultimo, anche denominato Plant Monitor; non è altro che un calendario che

ci dice quanto ogni fabbrica produce di ogni Ipcode ogni giorno del mese.

Di seguito di propone un esempio.

Se analizziamo le misure di produzione in Romania necessarie per il mercato australiano. Se vediamo che le misure con valori maggiori di Assigned sono prodotte negli ultimi 10 giorni del mese, pertanto si organizzerà un maggior numero di container proprio in quel periodo, poiché o certo che vi sarà produzione e quindi una maggior disponibilità a magazzino da cui prelevare ciò che serve.

Tuttavia l’Assegnato è un documento che viene generato soltanto una volta al mese,

in particolare durante i primi giorni o al termine del mese precedente.

Infatti, casomai ci fossero dei cambi nei piani produttivi, degli incrementi o degli eventuali tagli alla produzione di certi codici, questi non sarebbero tenuti in

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considerazione nell’Assigned. Per questo motivo è ritenuto un file “indicativo” sul quale non si può fare totalmente affidamento.

Pertanto, per far fronte a questi eventuali imprevisti si genera un ulteriore file: il Deployment.

Quest’ultimo non è altro che un “Assigned quotidiano” che viene aggiornato ogni

mattina tenendo appunto conto dei vari piani produttivi e delle loro eventuali modifiche. Ogni network planner pertanto è tenuto a monitorare il deployment per verificare se sia opportuno apportare delle modifiche al piano di spedizione messo in atto sulla base dell’Assegnato.

Fatte tutte queste considerazioni la prenotazione dei mezzi avviene nel seguente modo.

Su Slot Management si inserisce la sorgente e la destinazione (es. Italia-Australia). In particolare nel caso di Asutralia bisogna specificare in quale magazzino di destinazione si intende fare arrivare la merce (Sydney, Melbourne, Brisbane o Perth).

Dopodiché si indica la data e il tipo di container. A tal proposito ne esistono principalmente 3 tipologie:

F1: saturazione a 20 m3. F2: saturazione a 56/60 m3. F4: saturazione a 80 m3.

I più utilizzati sono quelli F4 e tutti e 3 sono container che vengono spediti via mare.

Inoltre è possibile inserire alcune note riguardo a ciascuno Slot, ad esempio se si tratta di uno container di OE o replacement, o se c’è qualche misura da caricare con priorità.

La prenotazione infine deve essere approvata dalla Control Tower, la quale si occupa anche della prenotazione della nave per il trasporto e della contrattazione dei prezzi con i corrieri.

Emissione Ordini

Gli ordini vengono creati sui vari centri produttivi da cui si intende far partire dei container verso il mercato di interesse.

Dal punto di vista procedurale esso prevede semplicemente che vengano immessi i dati del plant di partenza e del magazzino di arrivo nel sistema e, ovviamente, gli Ipcode che si intende ordinare. Non è necessario inserire tutti i codici che si

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intendono spedire, di solito infatti se ne inserisce soltanto uno in modo tale da creare il Purchase Order nel sistema (SAP) e dopodichè, si aggiungono man mano le varie misure richieste dal mercato.

L’ordine viene emesso sulla base della disponibilità nel plant di export. Se la quantità di un certo codice è disponibile nel plant produttivo nel momento in cui la aggiungiamo all’ordine, allora quella quantità viene confermata sul nostro Purchase Order. Se invece non vi è disponibilità della quantità che intendiamo allocare ecco che l’ordine cade automaticamente in Back Order, ossia dal sistema risulta un

ordine non soddisfatto.

Ovviamente si cerca di emettere gli ordini solo sulla base della disponibilità immediata in quanto sarebbe assurdo lasciare nel sistema una quantità elevata di Back Order.

Nel caso dell’Australia, dove non vi è un solo magazzino dove la merce può arrivare bensì 4, al momento della creazione dell’ordine è essenziale specificare il warehouse di destinazione. Il criterio di smistamento tra i 4 magazzini delle quantità provenienti dai vari centri di produzione nel mondo viene stabilito da uno split definito dalla logistica australiana, che si incarica di verificare i livelli di saturazione dei propri magazzini e di comunicarlo al quartier generale di Milano. Da qui infatti si cerca di organizzare le spedizione anche tenendo in considerazione questo split.

L’ordine viene man mano incrementato fino a raggiungere la quantità che porta alla saturazione di un container, dopodichè viene effettuata la Delivery.

Quest’ultima procedura dipende dalle logistiche locali relative ai plant produttivi

su cui è allocato l’ordine.

Monitoraggio delle Rete Logistica

Come già anticipato gli approvvigionamenti sul mercato vengono pianificati all’inizio di ogni mese o addirittura alla fine del mese precedente.

Ovviamente durante questo periodo si possono intercorrere in una serie di imprevisti che apportano necessariamente delle modifiche al piano di spedizioni originale.

Per questo motivo è essenziale monitorare l’intera rete logistica di nostro interesse

per poter rispondere prontamente a tali fenomeni non prevedibili.

In particolare una procedura ordinaria per poter avere una chiara visuale dello stato attuale delle spedizioni è la stesura degli export targets.

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Quest’ultimi non sono altro che dei calcoli che ci permettono di sapere al giorno

attuale la quantità di pezzi che riusciremo ancora a spedire dalle varie fonti produttive sul nostro mercato.

Gli export targets vengono di solito stabiliti intorno alle seconda settimana del mese.

Il calcolo che ci permette di formulare il target è il seguente.

Si tiene in considerazione la quantità di pneumatici già spediti dall’inizio del mese, dalle varie fonti di produzione, al mercato. Dopodichè dobbiamo calcolare invece in quantitativi di prodotti che ipotizziamo di spedire ancora nelle 2 settimane successive.

In questo ultimo caso si deve analizzare per ogni ip code richiesto dal mercato il piano di produzione e la potenziale disponibilità da cui possiamo confermarci dei pezzi sugli ordini.

Nel caso del marcato australiano, dove c’è una richiesta molto varia per quel che riguarda le tipologie di pneumatici, è ovvio che è un’operazione piuttosto lunga.

Il calcolo effettutato possiamo riassumerlo come segue:

Export Target = quantità spedita + quantità potenzialmente spedibile

I valori stabiliti come target sono quasi sempre diversi da quelli formulati all’inizio

del mese e per questo motivo comportano necessariamente delle modifiche sul piano logistico.

Infatti ogni network planner dovrà verificare se sarà opportuno aggiungere o diminuire le quantità di container da inviare in base ai nuovi parametri stabiliti.

Quest’operazione è di grande importanza poiché i valori degli export target vengono anche trasmessi e analizzati dall’ufficio di reporting.

Attraverso l’acquisizione di questi dati è possibile quindi evidenziare le potenziali criticità che ci possono essere sui mercati serviti dall’azienda e sui vari plant

produttivi da cui deve essere spedita la merce.

Per mezzo quindi della formulazione degli export target è possibile avere un chiara panoramica dell’andamento del proprio mercato ed individuare, se possibile,

eventuali azioni correttive o di miglioramento qualora ci fossero dei drastici cambiamenti rispetto al piano originale.

Un’altra operazione estremamente rilevante e utile per il monitoraggio delle rete

logistica è il calcolo delle misure critiche.

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Questo calcolo si effettua una volta settimana e viene inserito in un rapporto che verrà poi analizzato dalla direzione logistica e della produzione.

Fondamentalmente prevede che vengano individuati per ogni mercato quali sono gli Ip code più critici, ossia i più richiesti ma meno spediti.

Il calcolo che ci porta a definire un codice critico o meno tiene in considerazione: la quantità che abbiamo già confermato in ordine sul mercato di quel codice, la quantità attualmente in transito più le quantità che saranno in transito nei prossimi 2 mesi.

Nel caso di Australia si ragiona sui 3 mesi (attuale + 2 successivi) poiché è considerato un mercato Long Pipeline in cui il Lead time è di circa 90 giorni. In questo modo io considero quanto ho già confermato e devo ancora spedire più quanti pezzi arriveranno questo mese e nei prossimi. Tutto ciò mi permette di capire chiaramente se, a fronte di un tempo di consegna di circa 90 giorni, le quantità che manderò di quel codice sono sufficienti a coprirne i fabbisogni.

Ovviamente il risultato di questo calcolo diventa degno di attenzione se il valore restituito è molto alto poiché rappresenta un chiaro rischio di non riuscire a coprire le richieste del mercato.

Per ciascun mercato si evidenziano 5 Ip code critici e se ne riportano le fonti produttive.

Questo permette ai logistici e ai responsabili della produzione di capire quali misure necessitano di particolari incrementi produttivi e anche di comprendere quali siano i motivi per cui si evidenziano tali criticità.

Si tratta quindi di uno strumento molto utile sia per il monitoraggio dei flussi logistici ma anche per la diagnosi di eventuali problemi sul piano della produzione.

Per fare un esempio a riguardo, nel periodo estivo, le misure maggiormente critiche per il mercato di Australia erano di fonte Romania.

Questo si è verificato in quanto durante l’estate il plant produttivo ha cambiato i

piani di produzione sui codici richiesti dall’Australia orientandosi maggiormente

sui codici per pneumatici Winter.

Ovviamente quest’ultimo è un tipo di gomma la cui domanda dal mercato australiano è praticamente inesistente, per ovvie condizioni climatiche.

Pertanto questo ha fatto in modo che grossi quantitativi dei fabbisogni australiani relativi alle gomme di tipo Summer non siano statti soddisfatti.

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Problematiche e Principali Soluzioni In questo paragrafo si riportano alcuni esempi di problemi verificatosi durante la gestione del mercato australiano e le conseguenti azioni correttive.

Uno dei problemi più frequenti è quello relativo alla mancata disponibilità.

Spesso infatti il mercato ha dei fabbisogni molto alti su un determinato codice ma la per motivi di produzione la disponibilità sul plant da cui si dovrebbe esportare è molto bassa o addirittura inesistente.

Ovviamente come conseguenza le forecast di vendita non potranno essere raggiunte in quanto i magazzini non riceveranno le quantità previste con un’inevitabile

perdita nelle vendite e quindi nel fatturato.

Considerando che la l’azienda è anche quotata in borsa le perdite in termini

fatturazione sono considerate ancora più gravi.

Pertanto una delle potenziali soluzioni può essere la seguente.

Se il codice è prodotto in più stabilimenti nel mondo si può proporre al mercato di prendere quell’Ip code da un nuovo plant rispetto al tradizionale. Ad esempio se un particolare codice non viene più prodotto in Romania si può proporre alla logistica australiana di rifornirci dallo stabilimento britannico che produce lo stesso codice in ingenti quantità.

Ovviemnte questo comporterebbe un costo maggiore per le logistiche del mercato in quanto il plant inglese è certamente più lontano di quello rumeno e in termini di trasporto bisognerebbe pagare di più.

La decisione finale in questo caso spetta solo ed esclusivamente al mercato in quanto il costo è sostenuto dalla Pirelli Australia.

Un’altra soluzione è quella di rifornirsi di un codice differente ma con le stesse

caratteristiche tecniche dell’Ip code orignale.

Infatti, come già citato, ogni pneumatico è indicato con un codice numerico e una descrizione a seguito, ad esempio 2528900 – 265/55 R18 87 cint (MOE).

Dove:

Larghezza = 265 Altezza = 55 Raggio = 18 Indice di Velocità = 87

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Nel caso di Australia, un determinato Ip code molto richiesto per ragioni commerciali fu sostituito con un altro codice ma con le stesse caratteristiche (stessa descrizione) e prodotto nel medesimo stabilimento.

In questo caso si è riusciti non solo a far in modo che non si siano verificate perdite di vendita e che a fronte di un taglio di produzione di un codice si sia comunque garantita la costanza dei flussi di approvvigionamento ma, inoltre, i costi per l’esportazione non hanno subito variazioni poiché era fabbricato sullo stesso plant.

Un altro tipo di problematica che si è riscontrata spesso nel lavoro come network planner del mercato australiano è la de-allocazione di pezzi confermati dagli ordini.

Come è già stato specificato, su ciascun ordine abbiamo una certa quantità di pezzi confermati tale da garantire una saturazione del container a 80 m3.

Ovviamente la quantità totale non può essere inferiore a tale metratura poiché significherebbe fa partire uno slot insaturo, e quindi, sostenere dei costi inutili.

Solitamente si cerca di saturare il container 2/3 giorni prima della partenza di questo.

Per alcune settimane sugli ordini Romania-Australia si sono verificate alcune anomalie che hanno generato non pochi problemi riguardo alla mancata saturazione di alcuni container.

Fondamentalmente ciò che accadde fu che la logistica rumena, senza avvisare la logistica centrale, sconfermava grosse quantità di pezzi dagli ordini pronti per partire dai loro stabilimenti per i magazzini australiani.

Questo si verificò poiché su molti degli Ip code prodotti dallo stabilimento di Slatina (RO) ci furono dei crolli di vendita e quindi di spedizioni. Questo fece in modo che i magazzini di export presenti a Slatina si trovarono improvvisamente pieni di pezzi che non sarebbero mai usciti nel breve termine.

Questo a sua volta comportava l’alto rischio che la Produzione si sarebbe dovuta

fermare onde evitare di sovra-saturare i magazzini.

Per evitare questi potenziali blocchi produttivi molti dei pezzi già confermati venivano spostati dal plant di Slatina al plant di Pitesti. Venivano quindi organizzati dei trasporti da uno stabilimento all’altro per fare in modo che a Slatina ci fosse spazio in magazzino per poter garantire la continuità della Produzione.

Questo rappresentò un enorme problema, poiché se gli ordini erano fissati sul plant di Slatina anche i container erano prenotati sullo stesso plant. Dopo la sconferma e il trasferimento di molti pezzi gli ordini rimasero con quantitativi molto bassi di pneumatici per poter saturare gli slot in partenza.

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In questo caso, piuttosto peculiare, fu possibile risolvere il problema, per alcuni container, organizzando un cosiddetto Double Picking.

Quest’ultimo è misura straordinaria che si può attuare, in accordo con le logistiche

locali, nel caso ci sia un alto rischio che uno slot parta non ottimizzato.

La procedura prevede che alcuni quantità vengano caricate sul magazzino di Pitesti e aggiunte a quelle in ordine su Slatina. In questo modo lo slot in partenza da quest’ultima località si riesce a saturare con pezzi provenienti da altri magazzini.

Ovviamente l’organizzazione del Double Picking prevede che la logistica locale contatti l’azienda incaricata dei trasporti di effettuare questo doppio carico su due

magazzini differenti.

Nel caso di Australia il double picking è stato di vitale importanza per garantire l’ottimizzazione di un gran numero di Slots anche se, in alcuni casi purtroppo, non è stato sufficiente a garantire la completa saturazione dei container.

Valutazione delle Prestazioni del Mercato

Per verificare l’andamento del mercato e le relative prestazioni, sia in termini

commerciali che logistici, si utilizzano alcuni KPIs (Key perfomance Indicators).

Uno dei maggiormente monitorati è il Fill Rate.

Infatti questo indicatore ci fornisce informazioni sul livello di servizio che stiamo offrendo alla clientela locale.

Quest’ultimo si calcola con il rapporto tra ordine evaso e l’ordine totale che

riceviamo:

Fill Rate = Ordine Evaso/Ordine Tot. (unità)

Sostanzialmente tramite questo calcolo siamo in grado di vedere quanto riusciamo effettivamente a coprire, in termini di pezzi, l’rodine originale del nostro cliente.

Dal punto di vista temporale il fill rate viene solitamente calcolato l’ultimo giorno

del mese per poter verificare quanto siamo stati in grado di forni al consumatore rispetto alla quantità che questo ci aveva richiesto.

Si tratta ovviamente di un indicatore essenziale poiché ci fornisce informazioni sul livello di soddisfazione del cliente che è, come ben sappiamo, l’obiettivo primario

dell’azienda.

Nel corso dell’ultimo trimestre (periodo giungo-luglio-agosto) il fill rate relativo al mercato australiano ha subito un innalzamento.

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Questo perché, grazie a una stretta collaborazione tra network planner e production planners, si è riusciti a coprire sia il back order che le forecast di numerosi Ip codes sui quali non vi era stata disponibilità negli ultimi mesi.

Il merito di questa operazione va alla logistica per aver redatto un rapporto dettagliato sui codici maggiormente critici per il mercato e anche alla produzione che è riuscita a inserire tali codici nei vari piani produttivi.

Qui sotto si riporta un grafico nel quale si può chiaramente vedere il miglioramento sopraccitato.

Un altro key performance indicator che viene molto utilizzato riguarda le misure critiche.

Si tratta di un’analisi che viene svolta settimanalmente e trasmessa alla direzione

logistica e produzione.

Questo tipo di analisi è volto a individuare quali sono i 5 codici maggiormente critici per ciascun mercato.

Per definire la criticità si considera la quantità di stock di ciascun codice già presente sul mercato più la quantità in transito per il mese attuale (N), quello successivo (N+1) e a due mesi da quello attuale (N+2).

In questo modo, se consideriamo un singolo Ip code, ho chiaramente idea delle quantità attualmente disponibili sul mercato e dei quantitativi che saranno disponibili nei prossimi 3 mesi. Ragioniamo su 3 mesi poiché, nel caso dell’Australia che è considerata una long pipeline, dobbiamo garantire scorte per

circa 90 giorni.

Ovviamente tutto ciò viene rapportato alle forecast di vendita che abbiamo su quel codice e in base a questo si genera un rischio che è espresso in numero di pezzi.

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Fill Rate AU Market 2018

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L’utilità di questo indicatore sta nel fatto che una volta definiti i 5 codici

maggiormente rischiosi, ossia su cui c’è più richiesta ma meno disponibilità, si

possono implementare delle soluzioni sul piano produttivo che possano far fronte a queste problematiche e compensare queste gravi mancanze, che sono per l’azienda

un grosso costo opportunità.

Un’operazione altrettanto importante è il controllo del livello di scorte del mercato.

Il criterio delle scorte e della relativa gestione è già stato spiegato in questo capitolo, è ovvio comunque che al di là dei criteri con i quali di stabiliscono gli ordini e le quantità da inviare, il livello di stock necessita di una particolare attenzione. Questo perché scorte inutili generano costi inutili che l’azienda cerca in tutti i modi di

evitare.

Tuttavia per quanto si possano seguire tali criteri e cercare di spedire le adeguate quantità al mercato, bisogna sempre tenere conto che quest’ultimo è soggetto ad una certa variabilità.

Quello che purtroppo si verifica in alcuni casi è avere un crollo delle domanda su codici di cui si è già spedita una quantità basata su forecast precedenti e decisamente più alte. Di solito le quantità che si inviano sono tali da poter non trovarsi impreparati o in posizione di eccessivo rischio di fronte a questo genere di imprevisto.

Tuttavia nel caso del mercato australiano vi sono state intorno al mese di maggio 2018 dei significativi ed improvvisi cali della domanda su alcuni codici.

Questo ha avuto come conseguenza che i magazzini si sono trovati con grosse quantità di pneumatici che non avrebbero più venduto.

Una delle cause principali di questo problema fu legato al fatto che le stesse tipologie di gomme furono offerte ai clienti finali da un competitor a un prezzo nettamente più basso.

Ci si è trovati con un livello di scorte pari a circa 95/100 mila pezzi di fronte a previsioni di vendita di 65.000 unità.

Ciò che si è dovuto fare per far fronte a questa costosa problematica è stata un analisi degli Ip code più critici per il mercato e di quelli che invece avevano registrato il suddetto calo di richieste.

In particolare si cercato di utilizzare gli alti livelli di scorta fisica presenti nei magazzini e non più destinati alla vendita per rimpiazzare backorders e mancate coperture di forecast di altri codici sui quali non c’era né disponibilità né

produzione.

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Grazie a questo switch, ideato dalla Logistica centrale a approvato da quella locale si è riusciti a diminuire il livello di scorte di 15 mila pezzi e a fare in modo che in clienti ricevessero pneumatici che aspettavano da tempo o che non gli erano stati promessi a causa della mancata disponibilità. Questo di conseguenza ha fatto anche in modo che il fill rate del mercato e quindi la soddisfazione del cliente siano aumentati.

Il livello di stock ha quindi iniziato a registrare un buon miglioramento dal mese di giugno 2018.

Qui di seguito alcuni grafici relativi ai livelli di stock da gennaio 2018.

0

20.000

40.000

60.000

80.000

100.000

120.000

Stock Level AU 2018

89

.56

2

92

.54

8

96

.23

1

97

.42

0

98

.87

0

83

.24

7

82

.50

0

83

.59

2

81

.18

5

STOCK LEVEL AU 2018

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Ovviamente tali cali nella domanda devono essere registrati dalla sezione del reporting per fare in modo che nella pubblicazione delle forecast ufficiali del mese successivo si tenga conto di questi cambiamenti e si cerchi il più possibile di avere delle previsioni di vendita allineate con la realtà del mercato.

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Conclusioni Possiamo dire con certezza che mentre in passato i mercati godevano di una maggiore certezza, oggigiorno sono caratterizzati da una sempre più accentuata variabilità di domanda e da una forte competizione tra imprese in tutti i settori. Questo a sua volta ha fatto in modo che le aziende si predisponessero di fronte a tale situazione con una certa flessibilità, per poter saper rispondere alle varie richieste dei consumatori. Così come sono più specifiche le richieste sulla qualità del prodotto e anche la consegna di quest’ultimo, infatti i clienti si aspettano e richiedono dei lead time il

più breve possibili. Proprio per questi motivi possiamo riconoscere il ruolo ormai fondamentale che l’apparato logistico ricopre all’interno di una realtà aziendale e di quanto questo sia

determinante nel raggiungere certi obiettivi di bilancio. Al tempo stesso si può riconoscere quanto siano centrali i ruoli del cliente e del fornitore. In passato infatti i loro ruoli erano considerati marginali mentre oggi, anche in seguito alla crisi economica, molte aziende si sono rese conto che un particolare focus su queste due figure è essenziale per la sopravvivenza del business. Se ricordiamo il concetto di Catena di Valore di Porter, notiamo come già all’epoca

la logistica out-bound e in-bound era ritenuta un fattore fondamentale, sullo stesso livello di altre funzioni aziendali. Solo se un’azienda riesce ad implementare tali attività in un modo efficiente, può sperare di ottenere un vantaggio competitivo. Oltretutto dobbiamo anche riconoscere come negli ultimi decenni il ruolo di internet, dei sistemi informativi aziendali e delle teconologie siano centrali in un’azienda poiché permettono di ricevere ed elaborare un gran numero di informazioni che sono rilevanti sia per la logistica che l’impresa in generale. Con la diffusione dell’e-commerce inoltre la Supply Chain ha subito un’ulteriore

evoluzione guadagnando maggiormente un ruolo fondamentale Internet infatti si è affermato come un nuovo canale di comunicazione e come un nuovo strumento di vendita diretto, permettendo:

La diffusione di dati su diverse reti di comunicazione. La comunicazione con soggetti interni ed esterni alla realtà aziendale,

attraverso servizi di messaggistica di vario genere come:chat, mail, mailing lists, , social networks, ecc.

L’implementazione di forme innovative di marketing e di pubblicità; La vendita di prodotti direttamente sul sito dell’azienda. Un servizio clienti organizzato e attento; Una maggiore customizzazione dei prodotti.

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Il Supply Chain Management, connesso all’utilizzo di internet e delle nuove

tecnologie emergenti, risulta determinante in quanto può portare a numerosi benefici. Ad esempio una riduzione del prezzo dei prodotti e del time to market, assicura una differenziazione e rispetto ai concorrenti. Oltretutto con l’affermarsi del Information and Communication Technology, permette di migliore il servizio al cliente, aumentando la rapidità nella comunicazione, riducendo i costi di processo e garantendo flessibilità L’ascesa del Supply Chain Management e di internet è andata di pari passo facilitando notevolmente la coordinazione, l’integrazione e la comunicazione tra i

membri che ne fanno parte. L’esperienza di tirocinio presso la Pirelli Tyre Spa, mi ha permesso di approfondire la conoscenza dei temi riguardati la logistica, disciplina che mi ha sempre appassionato, e di osservare direttamente come si generano i profitti di un’accurata gestione della Supply Chain stessa e come questi abbiano conseguenze dirette sul livello di servizio al consumatore.

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Ringraziamenti Un ringraziamento particolare alla Pirelli Tyre Spa, per l’esperienza che mi è stata

offerta e per la disponibilità di scrivere questa tesi in azienda.

In particolare ringrazio la mia tutor aziendale, l’Ingegner Mariangela Carrieri, che

ha saputo insegnarmi il lavoro ed è stata presente in ogni momento per fare in modo che la mia formazione e l’apprendimento fossero prioritari durante questo tirocinio.

Un ringraziamento anche a tutti i miei colleghi e colleghe, per l’ambiente lavorativo

in cui mi hanno accolto e nel quale mi hanno fatto sentire sempre a mio agio.

Ringrazio anche in particolar modo il mio tutor accademico, il Professore Alessandro Chiaraviglio, per la sua disponibilità nell’aver accettato di aiutarmi in

questo progetto formativo e per avermi seguito con costanza, attenzione e puntualità, elargendomi consigli senza i quali non sarebbe stato possibile redigere questa tesi.

Un ringraziamento particolare alla mia famiglia che in questi anni ha saputo supportarmi sempre, in ogni circostanza, oltre all’aspetto economico anche sul

piano personale, in scelte non sempre così facili.

Infine ringrazio il Corso di Laurea, il quale mi ha permesso di fare esperienze il cui apporto formativo non si è limitato soltanto all’aspetto accademico. Durante questi

5 anni ho conosciuto e creato legami con compagni e professori per i quali sono molto grato.

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