La Gestione Strategica del Supply Chain Management: l ...

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Corso di Laurea Magistrale in Economia e Gestione delle Aziende Prova finale di Laurea La Gestione Strategica del Supply Chain Management: l’articolato caso Dell Inc. Relatore Prof. Stefano Micelli Correlatore Prof. Fabrizio Panozzo Laureando Andrea Camporese Matricola 817819 Anno Accademico 2012 / 2013

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Corso di Laurea Magistrale in Economia e Gestione delle Aziende Prova finale di Laurea

La Gestione Strategica del Supply Chain Management: l’articolato caso Dell Inc.

Relatore Prof. Stefano Micelli Correlatore Prof. Fabrizio Panozzo Laureando Andrea Camporese Matricola 817819 Anno Accademico 2012 / 2013

 

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LA GESTIONE STRATEGICA DEL SUPPLY CHAIN

MANAGEMENT: L’ARTICOLATO CASO DELL Inc.

INDICE:

Introduzione……..……………………………….………………..……………...6

CAPITOLO 1: Il Supply chain management come leva competitiva

1.1. La logistica: cenni storici in breve………………………....................7

1.2. La logistica: definizione………………………………...……….......10

1.3. La catena della fornitura: “la nuova logistica”………………….......15

1.4. La logistica in outsourcing…………..……………………................17

1.4.1. I vantaggi dell’outsourcing della logistica……………………21

1.5. Dalla Supply chain al Supply chain management: la chiave sta

nell’integrazione………………………………….…………………22

1.6. Supply chain management: definizione…………………..………....26

1.7. Integrazione in un Supply chain management, diverse visioni……...27

1.7.1. Una visione comune……………………...…………………...31

1.8. L’importanza di una gestione accurata del Supply chain

management…………………………………………………………36

1.9. Il segreto è la natura della partnership: il “the partnership

model”……………………………………………………………….40

1.10. Il caso Zara…………….……………………………………...…......43

CAPITOLO 2: Dell Computer Corporation e il “Direct model”: Supply chain

management e personalizzazione

2.1. Dell: la storia………….…………………………………………..…47

  3  

2.2. La strategia dei competitors……………………………....…………56

2.3. Il modello diretto di vendita: il direct model………..………………57

2.4. Dell e la Supply chain: uno strumento per competere…………........63

2.5. Il rapporto con i fornitori………………………………………..…..68

2.5.1. Fornitori locali o globali?...........................................................71

2.6. Il virtual integration……………………………………………..…..72

2.7. La condivisione del business con i propri partner………………..…77

2.8. La partnership con EMC………………………………………….....80

2.9. Magazzino e scorte………………………………………………….81

CAPITOLO 3: Dell e l’apertura al canale indiretto: l’inizio di Dell 2.0

3.1. Il canale indiretto: integrazione con distributori e partner…….…….87

3.2. Dell: la nuova strategia……...……………………………………....89

3.3. Introduzione…………………………………………………..……..90

3.4. Il ritorno di Michael Dell al timone e il cambio di visione: l’inizio di

Dell 2.0…………………………........................................................94

3.4.1. Il ritorno alla crescita………………………………………98

3.5. Una nuova gestione strategica del supply chain management………99

3.6. La vendita indiretta in Italia attraverso il canale….………………..103

3.6.1. Il Channel Italy……………………………………………104

3.6.2. Composizione Channel Italy……...……………...……….112

3.7. Strumenti a disposizione dei partner………………...…………….114

CAPITOLO 4: Analisi di un rapporto tra due leader: Dell e Beantech

 

4.1. Dell’s Partners: Beantech srl…..…………………...........................122

4.1.1. Introduzione dell’azienda…………………………………....122

4.2.1. La missione………………………………………………….123

4.2. La partnership con Dell Inc..……………………………………….123

  4  

4.3. I benefici della partnership….…………………………………...…126

4.4. Conclusione capitolo………………………………………...……..130

Appendice 1: Un’intervista esclusiva con il Channel Director Southern

Europe di Dell, Dott. Adolfo Dell’Erba…………………..……………….132

Conclusione…..…………………………………………………………...138

Bibliografia……………………..…………………………………………139

Sitografia……………………….…………………………………………142

Altra sitografia….…………………………….……………………….......142

  5  

A tutti coloro che mi hanno supportato e aiutato.

Al Prof. Micelli, figura determinante per la stesura di questa elaborazione e per il

mio percorso universitario, al Dott. Adolfo Dell’Erba grazie al quale sono riuscito a

rendere questa trattazione unica e completa, a tutti i miei ex colleghi di Dell

Montpellier, ad una ragazza speciale che mi ha sempre sostenuto in questo ultimo

periodo, ai miei amici e a mia sorella Monica.

Un grazie particolare va alle due persone che da 26 anni credono in me e in ciò

che faccio, sostenendo ogni mia decisione e appoggiandomi in qualunque momento

della mia vita.

Grazie.

  6  

INTRODUZIONE

Durante la mia esperienza come stagista presso la sede Dell di Montpellier, sono

rimasto piacevolmente sorpreso dalla strategia dell’azienda orientata al cliente e ad

un’accurata gestione della supply chain.

Per questo motivo ho deciso di sviluppare la mia tesi finale di Laurea Magistrale

proprio su questo argomento e su questo caso aziendale.

La supply chain è un ramo di recente scoperta ma che fin da subito si è dimostrato di

fondamentale importanza per qualsiasi azienda.

La gestione integrata di tutti gli attori facenti parte la catena del valore è uno dei

principali vantaggi competitivi di molte aziende di successo, come ad esempio Dell Inc.

e Zara.

Dell Inc. è un caso di assoluto interesse in quanto oltre ad essersi dimostrata un’azienda

innovativa che nei suoi primi anni di storia è stata capace di riformare totalmente il

mercato dei computer grazie al suo modello di vendita diretto, si è altresì dimostrata

flessibile e pronta a mutare la propria strategia nel momento in cui si è palesata la

necessità.

Questa tesi chiarirà il motivo dei successi e degli insuccessi di un colosso qual è Dell

Inc., le strategie adottate e le opportunità future dell’azienda statunitense, il tutto con un

occhio volto alla gestione della supply chain orientata ai clienti.

Dell Inc., fin dal giorno della sua fondazione, si è vista obbligata ad instaurare dei

rapporti e delle alleanze, con i propri fornitori e partner, caratterizzate da un’elevata

integrazione e fiducia; l’innovativo modello di vendita diretto e, oggi, il rapporto con i

rivenditori, richiedono, infatti, delle partnership caratterizzate da un’elevata

comunicazioni e interazioni quasi giornaliere, solo in questo modo Dell Inc. è in grado

di offrire prodotti personalizzabili a prezzi competitivi e soprattutto a consegnarli in

pochi giorni dall’avvenuto ordine.

Questo lavoro si prefigge l’obiettivo di spiegare quanto appena sintetizzato con una

sfumatura personale dettata dalla mia esperienza diretta nell’azienda oggetto del caso di

studi.

Buona lettura.

  7  

CAPITOLO 1: LA GESTIONE DEL SUPPLY CHAIN

MANAGEMENT COME LEVA COMPETITIVA

1.1. LA LOGISTICA: CENNI STORICI IN BREVE

Definire la logistica non è cosa semplice, migliaia sono, infatti, i contributi e gli studi

forniti da studiosi e specialisti.

La logistica, rispetto al passato, è comunque entrata nel linguaggio d’uso comune e si è

soprattutto imposta come una funzione aziendale di assoluta importanza, al pari del

marketing, delle vendite o del controllo di gestione.

La logistica non è un tema nuovo, da sempre si parla di questa materia, anche se prima

degli anni 50 non veniva vista come uno strumento strategico di business ma più come

uno strumento utilizzato dagli eserciti in guerra per meglio organizzare un attacco.

La logistica aveva a che fare con l’organizzazione dell’approvvigionamento delle scorte

e del trasporto dei materiali militari e delle persone, un’accurata gestione logistica

poteva assicurare la vittoria.

Si attribuisce ad una mancanza di organizzazione logistica la sconfitta inglese nella

guerra d’indipendenza americana, infatti, l’esercito inglese in America, dipendeva

interamente dall’Inghilterra, che doveva rifornire di armi e cibo 12.000 soldati che

stavano combattendo a oltre 5.000 chilometri di distanza.

I rifornimenti si rivelarono totalmente inadeguati, l’organizzazione fu pessima e

l’Inghilterra finì con l’essere sconfitta.

Spesso accadeva che la battaglia venisse vinta dai quartieri generali su un tavolo prima

che il combattimento potesse entrare nel vivo, tanto era fondamentale l’organizzazione

logistica in una guerra.1

Tuttavia, mentre generali ed eserciti hanno compreso l’importanza di tale materia già da

tempo, è solo nel recente passato che le realtà aziendali hanno cominciato a riconoscere

l’importanza della gestione logistica all’interno delle proprie organizzazioni.

È, infatti, negli anni sessanta, che la logistica ha iniziato ad assumere un ruolo interno

all’azienda.

                                                                                                               1 Christopher M. (2005), “Supply Chain Management. Creare Valore con la Logistica”, Financial Times, Prentice Hall

  8  

Veniva considerata come una mera distribuzione del prodotto finito, di conseguenza

l’unica variabile studiata in azienda era rappresentata dal trasporto del prodotto dal

magazzino al distributore/cliente.2

In questi anni il ruolo della logistica era relegato ad attività di supporto, di

organizzazione del magazzino e dei trasporti.

Di logistica “vera” si cominciò a parlare solo negli ultimi trent’anni, precisamente

intorno al 1975, quando le imprese cominciarono a ricercare miglioramenti nell’ambito

della distribuzione fisica del prodotto o del servizio dal magazzino allo stabilimento per

poi finire al cliente.

Si cominciò a riscontrare una prima evoluzione della logistica, in cui le aziende

cercavano di ottimizzare le fasi del ciclo distributivo.

Prima di quegli anni le imprese consideravano solo le funzioni legate alle vendite e alla

produzione, quindi non si interessavano della gestione del magazzino, delle scorte o

dell’approvvigionamento, ritenute una perdita di tempo.

I clienti, all’epoca, ricevevano i prodotti che avevano ordinato solitamente in ritardo e

spesso in quantità inferiori a quanto ordinato, problemi che ora non verrebbero tollerati,

ma che al tempo, non essendo parte di vendite o produzione non venivano valutati.

Negli anni ottanta si assiste ad una piccola rivoluzione dovuta all’introduzione nelle

imprese di nuove logiche gestionali come il Just-in-time, di origine giapponese, o il

Materials Requirements Planning, nato intorno alla metà degli anni sessanta e

finalizzato alla programmazione della produzione, mosso da un principio diventato

famoso: “Ciò di cui necessiti, meno quello che già possiedi, è quello che devi ottenere

(in tempo utile per essere utilizzato)”.

L’attenzione aziendale si sposta presto sulla gestione dei materiali, per questo si inizia a

parlare di “logistica dei materiali”.

La logistica inizia ad organizzare e gestire tutte quelle attività volte ad assicurare la

corretta acquisizione, movimentazione e coordinazione dei materiali, con l’obiettivo di

garantire il costante e provvidenziale rifornimento alla produzione ed alle altre funzioni

aziendali.

Nel momento in cui la logistica diventa una materia studiata ed inizia ad essere

considerata come uno strumento competitivo, produce immediatamente due benefici: la

                                                                                                               2    Prof.  Santora  O.B.  (2012),  Slide  corso  “Operations  and  Supply  Chain  Management”,  Grenoble  Ecole  de  Management,  2012  

  9  

riduzione dei costi e il servizio ai clienti, prima considerato marginale e poco

importante.

Grazie agli enormi vantaggi connessi all’utilizzo della logistica, questa si sviluppa

rapidamente, il termine si diffonde, i consulenti si moltiplicano, i corsi di formazione

diventano sempre più comuni e si iniziano a scrivere anche dei libri su questo nuovo

concetto.

Intorno agli anni novanta si assiste ad un sostanziale cambiamento del concetto di

logistica, passando da una gestione della logistica aziendale, quindi prettamente interna

all’impresa, ad una logistica integrata.

La logistica inizia ad essere considerata come un aspetto interfunzionale, che va

integrato con gli altri attori della supply chain.

Così, il Council of Logistics Management nel 1986, esprime il concetto di losistica

integrata:

“Processo per mezzo del quale pianificare, attuare e controllare il flusso delle materie

prime, dei semilavorati e dei prodotti finiti, e dei relativi flussi di informazioni, dal

luogo di origine al luogo di consumo, in modo da renderlo il più possibile efficiente e

conforme alle esigenze dei clienti”.

-Council of Logistics Management, 1986-

L’ultimo stadio del processo evolutivo è considerato quello che conduce alla nascita del

concetto di supply chain management.

Questa fase è caratterizzata dalla presa di coscienza delle aziende che il miglioramento

della logistica non può prescindere dalla considerazione e dal coinvolgimento anche

degli attori esterni, il ruolo della logistica diventa centrale non solo per l’azienda, ma

per tutta la supply chain, che comincia ad essere gestita come un’unica entità. [Fig. 1]

Il successo dell’azienda dipende da tutti gli attori con i quali collabora all’interno della

catena, quindi le aziende iniziano a considerare anche i processi e i risultati delle

imprese con cui cooperano.

Il supply chain management non è un sinonimo di logistica integrata, ma un approccio

in cui l’azienda è parte di una rete di entità organizzative che integrano i propri processi

per fornire prodotti, servizi e informazioni che aumentano il valore per il cliente.

  10  

Fig. 1: “La nascita della Logistica”; Fonte: Appunti di Supply Chain Management, Grenoble Ecole de Management, 2012

1.2. LA LOGISTICA: DEFINIZIONI

Come detto ci sono moltissime definizioni di questa funzione aziendale così recente, qui

individuiamo le più importanti, cercando di arrivare ad una visione comune di ciò che è

la logistica.[Fig. 2]

Secondo Grando, la logistica “abbraccia quell’insieme di tecniche, metodologie,

strumenti ed infrastrutture impiegate nella gestione del flusso fisico e del correlato

flusso informativo, dall’acquisizione delle materie prime sui mercati di acquisto fino

alla distribuzione dei prodotti finiti collocati presso il consumatore.”3

Lo stesso Council of Logistics Management, nel 1991, definì la logistica come “il

processo di pianificazione, implementazione e controllo dell'efficiente ed efficace flusso

ed immagazzinamento delle materie, dei semilavorati e dei prodotti nonché dei servizi e

delle connesse informazioni, dal punto di origine a quello del consumo con lo scopo di

conformarsi alle richieste del cliente. La logistica è quella parte del processo di supply

                                                                                                               3  Grando  A.    (1993),  “Organizzazione  e  Gestione  della  Produzione  Industriale”,  EGEA,  Milano    

  11  

chain che pianifica, implementa e controlla l'efficiente ed efficace flusso e stoccaggio

dei beni, dei servizi e delle relative informazioni dal punto di origine a quello di

consumo finale, così da soddisfare le richieste dei clienti finali”.4

Un’ultima definizione di logistica, definita da Ailog, dice:

“La logistca è l’insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che

governano nell’azienda i flussi di materiali e delle relative informazioni dalle origini,

presso i fornitori fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al post-vendita”.5

Fig. 2: Processo Logistico, FONTE: Prof. Fabrizio Dallari, Università Cattaneo Castellanza, LIUC, corso di progettazione dei

sistemi produttivi e logistici, facoltà di ingegneria

Gran merito viene attribuito alla logistica in quanto ritenuta la prima funzione aziendale

ad utilizzare e beneficiare appieno dei vantaggi portati dalla rivoluzione informatica che

aveva investito le imprese dell’epoca.

La logistica si occupa di gestire le scorte, il magazzino, la produzione, gli

approvvigionamenti, i trasporti, e per dirigere il tutto al meglio, è assolutamente

necessario disporre di un ottimo sistema informatico.

Si può ritenere che, grazie alla logistica, le aziende abbiano iniziato a considerare i

sistemi informatici come un elemento assolutamente necessario.

                                                                                                               4  www.cscmp.org (2012), The council of Logistics Management  5  Ailog,  Associazione italiana di Logististica e Supply Chain Management, (2011)

  12  

Questa materia ha vissuto diverse fasi prima di affermarsi come una funzione di

assoluta importanza strategica ed aziendale.

Gandolfo, studioso ed esperto in materia, ritiene che inizialmente si possa parlare di

logistica classica, una logistica “primordiale”, che puntava alla gestione dei flussi

materiali ed immateriali, dalla fase di approvvigionamento delle materie prime, per

passare a quelle di produzione, fino a quelle di distribuzione del prodotto.6

Secondo lo scrittore la logistica classica è composta da quattro fasi di sviluppo:

• Prima fase: la logistica non ha un ruolo strategico, si contraddistingue per il

controllo sui costi.

• Seconda fase: la logistica assume un ruolo determinante al raggiungimento del

profitto aziendale. La logistica inizia ad avere un ruolo all’interno dell’azienda.

• Terza fase: la logistica viene considerata fondamentale nell’ottenere vantaggi

competitivi duraturi e nell’ottenere vantaggi strategici nei confronti dei

concorrenti.

• Quarta e ultima fase: la logistica assume un ruolo strategico elevato, viene

considerata una funzione di primo livello, e il suo ruolo diventa assolutamente

strategico per tutta l’azienda. In questa fase il ruolo della logistica si basa sia

sul trovare vantaggi di costo che di differenziazione rispetto ai concorrenti.

[Grafico 1]

                                                                                                               6  Gandolfo A., (2000), “L’evoluzione dei Processi Logistici tra Old e New Economy”, Giappichelli Editore, Torino

  13  

 

Ambito  di  operatività  della  funzione  logistica  

Elevato

Modesto

Grafico 1: Old logistics, i quattro livelli di sviluppo FONTE: Gandolfo A., 2000, (Rielaborazione personale)

Di simile idea sono Ferrozzi e Shapiro, i quali ritengono che la logistica non si sia

sviluppata in un unico momento, ma che abbia attraversato diverse fasi che i due

studiosi individuano in:7

• Prima fase: il momento in cui la logistica ha cominciato ad occuparsi dei

magazzini e dei trasporti.

• Seconda fase: chiamata la fase delle reti distributive, caratterizzata dal

momento in cui la logistica inizia ad affrontare temi più complessi, quali la

qualità dei flussi con cui vengono collegati magazzini, stabilimenti e clienti.

• Terza fase: la gestione delle scorte.

• Quarta fase: quella in cui la logistica si occupa anche degli approvvigionamenti

e della programmazione della produzione.

• Quinta fase: la logistica arriva a definire anche gli aspetti strategici

dell’impresa, quella che abbiamo definito “logistica strategica”.

                                                                                                               7  Ferrozzi C., Shapiro R. (2006), “Dalla Logistica al Supply Chain Management”, ISEDI, Torino  

FASE 1

 

FASE 2

 

FASE 3  

FASE 4  

Ruolo  strategico  

della  logistica  

Circoscritto   Ampio  

  14  

• Sesta e ultima fase: la logistica, dopo essersi occupata praticamente di tutti i

temi aziendali, capisce quanto potrebbe essere utile e profittevole uscire dai

confini aziendali, e gestire l’intera catena come un’unica grande azienda. In

questa fase, la logistica diventa supply chain management e si pone l’obiettivo

di integrare e gestire tutti gli attori della catena.

La logistica ha aperto un nuovo mondo alle imprese, un mondo inesplorato e pieno di

possibilità, è diventata uno strumento strategico fondamentale, capace di concedere, a

chi ne fa buon uso, dei vantaggi competitivi altrimenti non raggiungibili.

Lo sviluppo di questa recente materia ha portato non pochi benefici a quelle realtà che

hanno deciso di investirvi tempo e denaro, tra i più importanti si possono citare:8

• La gestione dei magazzini, precedentemente ignorati, in modo efficiente ed

efficace, permettendo il miglioramento dei metodi di lavoro e dei processi.

• L’attenzione rivolta al tema legato alla dannosità delle scorte. Le scorte, prima

considerate un beneficio, sono state messe in discussione dalla logistica, che ha

iniziato a far capire quanto esse fossero spesso inutili e assolutamente costose

per un’azienda.

• Lo sviluppo del concetto di logistica strategica, ovvero, le aziende hanno

cominciato ad utilizzare la logistica come uno strumento strategico

fondamentale al conseguimento del successo. Quando, per esempio, la

logistica ha portato un contributo sostanziale allo sviluppo del servizio offerto

ai clienti da parte delle imprese.

• La contribuzione alla definizione dei costi delle singole attività.

In sintesi si può affermare che la logistica abbia cambiato il modo di vedere il business

e la strategia di ogni singola azienda.

Ciò che prima non risultava essere fondamentale per il business aziendale, ora viene

visto come necessario, anzi, per molti studiosi, una gestione accurata della logistica è

intesa come il principale vantaggio competitivo ottenibile da una qualunque azienda che

voglia avere successo nel proprio ambito, qualsiasi esso sia.

La strategia aziendale non può più prescindere dalla gestione logistica.

                                                                                                               8  Ferrozzi C., Shapiro R. (2006), “Dalla Logistica al Supply Chain Management”, ISEDI  

  15  

1.3. LA CATENA DELLA FORNITURA: “LA NUOVA LOGISTICA”

La logistica, nonostante la sua importanza, ha avuto una brevissima storia, già a fine

anni 90, infatti, iniziava ad essere nelle sue fasi conclusive.

Il motivo di questa breve vita è semplice, ci si è resi conto che si sarebbero ottenuti

risultati migliori, applicando le stesse teorie che si adottavano alla singola azienda,

lungo tutta la supply chain.

Applicando tali teorie all’intero canale e non più alla singola azienda, la logistica

cambia il suo nome in “gestione della catena della fornitura” o più semplicemente

supply chain.

Il primo caso di “cambiamento logistico” si è visto nel mondo del tessile, un mondo in

cui la velocità di produzione è fondamentale al fine del successo, a causa del sempre più

breve ciclo di vita dei prodotti.

Nel settore tessile non è indicato avere scorte a magazzino, in quanto ciò che oggi è di

moda potrebbe non esserlo domani, quindi, un’accurata previsione è di fondamentale

importanza per queste aziende.

Il modello utilizzato in questo ambito è chiamato quick response e prevede una

condivisione dei rischi di una certa produzione tra fornitore, impresa e cliente.

Questo modello esorta la catena a trasmettersi le previsioni il più presto possibile, a

comunicare quotidianamente, a prevedere la domanda, a continuare a scambiarsi

informazioni e ad essere fortemente flessibili, pronti a rispondere ad una qualsiasi

variazione della domanda.9

Si pensi al caso Zara, azienda nata nel 1975 che propone, a prezzi accessibili,

abbigliamento di moda, disegnato, prodotto e distribuito nei propri negozi in poche

settimane.

Questo modello, chiamato “fast fashion”, permette a Zara di adattare i propri prodotti

alla mutevole domanda e soprattutto di disegnare e progettare nuovi capi durante la

stagione di vendita.

                                                                                                               9  Forza C. e Vinelli A. (1996), “Quick  Response.  La  Compressione  dei  Tempi  di  Progettazione,  Produzione  e  Distribuzione”,

CEDAM, Padova  

  16  

La posizione dei prodotti e le collezioni cambiano circa ogni una o due settimane, Zara,

così facendo, cerca di fare in modo che i consumatori tornino più spesso nei punti

vendita, spinti dalla voglia di scoprire le nuove collezioni.

La politica aziendale si fonda su una struttura operativa integrata, che permette di

controllare l'intera Supply Chain e di rinnovare parte dell'offerta fino a due volte alla

settimana.

Il modello si basa su una mancanza pressoché totale di scorte e su un fortissimo legame

con i propri fornitori. [Grafico 2]

Grafico 2: Zara’s Business system, FONTE: Zara’s business system, Casewriter, 2007, (Rielaborazione personale)

Ho ricordato il quick response per far capire che già negli anni 80 ci si era avvicinati al

concetto di supply chain management.

Tralasciando il settore dell’abbigliamento, alla fine degli anni 80, molte aziende si

resero conto di un problema che affliggeva il business dell’epoca, ovvero la

duplicazione delle scorte lungo i diversi attori del canale, lo stesso prodotto veniva

stoccato presso diversi attori della stessa filiera, creando così inutili perdite di tempo e

costi aggiuntivi.

Sourcing  manufacturing  

Distribution  Retailing  

Design  

  17  

Questo, fondamentalmente, accadeva perché gli attori non conoscevano nulla l’uno

dell’altro, non si scambiavano informazioni e non avevano un vero rapporto, lavoravano

singolarmente mantenendo obiettivi singoli.

Non appena le imprese si accorsero dell’enorme spreco e degli enormi costi aggiuntivi

connessi alle scorte, si cercò un modello alternativo, simile al just-in-time di origine

nipponica, da cui si prese spunto.

Il just-in-time giapponese, in breve, prevede la produzione dei prodotti che sono già stati

venduti o che si prevede di vendere in tempi brevi.

Più precisamente, il just-in-time è una politica di gestione delle scorte che utilizza

metodologie tese a migliorare il processo produttivo, cercando di ottimizzare, non tanto

la produzione, quanto le fasi a monte, alleggerendo al massimo le scorte di materie

prime e di semilavorati necessari alla produzione.

Può definirsi come una serie di attività integrate e coordinate tra di loro, progettate al

fine di ottenere elevati volumi di produzione ma mantenendo il livello di scorte al

minimo ed eliminando gli sprechi.

Per ottenere un simile risultato, il just-in-time prevede un organizzazione tale che

permetta alle parti necessarie al processo produttivo di giungere al momento esatto in

cui devono essere processate, permettendo allo stesso di ottimizzare i tempi senza

accumulare scorte.

Per fare ciò è necessaria un’integrazione e una coordinazione tra le varie fasi del

processo produttivo di assoluto rilievo, sarà questo il principio cardine di un’accurata

gestione del supply chain management.10

1.4. LA LOGISTICA IN OUTSOURCING

Sempre più spesso le aziende si trovano di fronte alla difficile decisione se produrre in

casa uno specifico componente o se farlo produrre ad un’azienda esterna specializzata

nella produzione di quel dato componente, guadagnando in qualità e soprattutto

potendosi specializzare su altre funzioni.

                                                                                                               10 Prof. Baldassarre F. (2012), “Slide Corso di Economia e Gestione delle Imprese”, Università di Bari, Bari

  18  

Ma terziarizzare la logistica non è come terziarizzare un prodotto fisico, materiale, in

quanto alla componente strategica si somma la massa critica, ovvero si aggiungono

provvedimenti di tipo operativo, rendendo la decisione più ardua.

Claudio Ferrozzi e Roy Shapiro, per far luce sul tema dell’outsourcing logistico, hanno

proposto la matrice strategia/efficienza, che individua quattro situazioni in cui si

possono trovare le imprese nel momento in cui si propongono di terziarizzare le proprie

attività logistiche.11

I quattro quadranti della matrice sono rappresentati da due assi: la rilevanza strategica

della logistica, che indica l’importanza attribuita dall’azienda alla gestione logistica e

l’efficienza con cui sta operando la logistica in azienda, che determina il grado di

investimento da parte dell’azienda nella gestione logistica. [Grafico 3]

QUADRANTE 2:

IMPORTANZA > MA POCO

CONSIDERATA

QUADRANTE 4:

MOLTA IMPORTANZA E

RUOLO PRIMARIO

QUADRANTE 1:

RUOLO MARGINALE

QUADRANTE 3:

POCA IMPORTANZA MA

RUOLO PRIMARIO

Bassa Alta

Grafico 3: La matrice strategia/efficienza, FONTE: Ferrozzi C,Shapiro R., Dalla Logistica al Supply Chain Management (2006),

(Rielaborazione personale)

• Quadrante 1: la logistica in azienda non ha un ruolo fondamentale, quindi

l’azienda non investe in essa. Un tipico esempio potrebbe essere rappresentato

da un’azienda manifatturiera che opera su commessa, non appena prodotto

                                                                                                               11 Ferrozzi C., Shapiro R. (2006), “Dalla Logistica al Supply Chain Management”, pp.80-95, ISEDI, Torino

Rilevanza  strategica  della  

logistica  

Attuale  livello  di  efficienza  della  logistica  

 Bassa  

 Alta  

  19  

quanto richiesto, lo consegna al cliente, e lavorando su commessa non

necessita di scorte o magazzino. L’unica soluzione per questo tipo di aziende è

terziarizzare la logistica.

• Quadrante 2: in questo quadrante si trovano le aziende in cui la logistica

dovrebbe essere considerata come un vantaggio competitivo, data l’alta

rilevanza, ma che le imprese non considerano come dovrebbero. La situazione

va modificata al più presto, in modo tale da spostarsi nel quadrante 4 e

considerare la logistica come un vantaggio competitivo. Le soluzioni sono:

cambiare internamente e iniziare a considerare la logistica come uno strumento

di successo fondamentale, o terziarizzarla affidandola a terzi, soluzione più

sicura, ma allo stesso tempo pericolosa, in quanto si affida a terzi una funzione

che dovrebbe garantire il successo aziendale. In questo caso la scelta migliore

potrebbe essere occuparsi della logistica in proprio oppure stringere delle

partnership.

• Quadrante 3: aziende che considerano la logistica come una funzione

fondamentale, ma che in realtà non lo è. Le aziende presenti in questo quadrante

sono quelle papabili per la terziarizzazione. Tali aziende possono svolgere la

logistica “in casa” oppure terziarizzarla proponendosi come aziende “che fanno

logistica”.

• Quadrante 4: situazione in cui la logistica è una funzione di primo livello e viene

considerata come tale dall’azienda, che investe in essa ottenendo vantaggi

competitivi e risultati eccellenti. Una soluzione per migliorare ulteriormente tale

situazione ci sarebbe, ovvero si potrebbe gestire la logistica anche per altre

aziende. Quindi le imprese di questo tipo hanno due possibilità per essere

efficienti: mantenere la logistica interna all’azienda o lavorare anche per altre

aziende, offrendo la loro esperienza e conoscenza in materia.

È chiaro che terziarizzare la logistica è un’ottima idea in alcuni casi e pessima in altri.

Le aziende che si occupano di logistica e che la offrono come un servizio anche alle

altre imprese, possiedono delle caratteristiche essenziali, tendono, infatti, ad operare in

un settore specializzandosi in esso, guadagnando in esperienza e qualità del servizio

offerto, diventando così competitive in termini di costo e di servizio.

  20  

Come detto, terziarizzare la logistica non è mai semplice, in quanto si tratta di una

funzione estremamente delicata che, se condotta nel modo opportuno, può portare a dei

risultati che nessun’altra funzione aziendale può produrre.

Si possono individuare due estremi di terziarizzazione12:

• c’è il caso in cui l’azienda, abituata a gestire la logistica in casa, decide di

affidarla ad una società specializzata, in cui solitamente l’impresa è abituata a

svolgere tali attività da sola e dunque per un paio di anni ha il controllo totale

di ciò che affida a terzi, conosce i costi, i movimenti, le azioni, ha, in poche

parole, le competenze per valutare le prestazioni dell’azienda terziaria. Il

rapporto tra le due aziende è di attenzione e rispetto, entrambe sono

consapevoli di non poter “imbrogliare”.

• Le cose sono diverse quando si chiede all’azienda specializzata prestazioni di

cui non si hanno conoscenze e competenze interne. La selezione dell’azienda a

cui terziarizzare la parte della logistica diventa più complessa, in quanto c’è

bisogno di un rapporto di fiducia viste le poche competenze interne. Il rapporto

col tempo può avvicinarsi alla partnership e quindi spesso le aziende che

esternalizzano chiedono al fornitore una sorta di esclusiva.

Questi sono i due estremi in cui un’azienda, che decide di esternalizzare la logistica,

può trovarsi, ovviamente nel mezzo ci sono moltissimi altri rapporti e contratti possibili.

L’outsourcing si basa su alcuni presupposti concernenti la realizzazione di nuovi

processi gestionali, il miglioramento del servizio al cliente, l’abbattimento dei costi fissi

e la possibilità di concentrarsi su altre funzioni di successo, specializzandosi in esse.

L’outsourcing logistico permette a quelle aziende che non hanno i fondi o le

competenze per gestire una realtà sempre più fondamentale quale la logistica, di

ottenere dei vantaggi competitivi che non avrebbero ottenuto nel caso tale funzione

fosse stata gestita nel modo sbagliato internamente.

                                                                                                               12 Ferrozzi C., Shapiro R. (2006), “Dalla Logistica al Supply Chain Management”, pp.80-95, ISEDI, Torino

  21  

1.4.1. I VANTAGGI DELL’OUTSOURCING DELLA LOGISTICA

Esternalizzando la logistica, l’azienda in oggetto ha l’opportunità di specializzarsi in

altre attività guadagnando in esperienza e qualità dell’attività.

I vantaggi che l’esternalizzazione di tale funzione può portare sono riconducibili a

quattro categorie principali:

• Di ordine economico e finanziario: inerenti il miglioramento della redditività

operativa (ROI) e di quella netta (ROE). L’affidamento di detta attività ad

aziende esterne permette, infatti, di limitare i costi riducendo gli investimenti

dedicati a tale attività in precedenza svolta internamente e di usufruire dei

vantaggi derivanti dalle sinergie che si creano con le società esterne. La

riduzione degli investimenti nella logistica permette l’allocazione di maggiori

risorse al core business aziendale e quindi ad altre attività in cui l’azienda

rafforzerà la propria esperienza e le proprie competenze. Il costo gestionale di

magazzino si trasforma da costo fisso a costo variabile, e questa riduzione dei

costi fissi rende l’azienda più flessibile e più preparata ad eventuali mutamenti

esterni. Esternalizzare permette anche una maggiore trasparenza dei costi

aziendali e un mantenimento dei costi relativi al personale operativo.

• Sul piano strategico: in quanto la realtà che esternalizza sarà caratterizzata da

una minore complessità gestionale perché la gestione della logistica non

graverà più sulle sue spalle; questo, sommato alla maggiore concentrazione che

tale azienda porrà sul suo core business, rafforza la posizione interna alla

supply chain nei confronti dei competitor, permettendo all’azienda di offrire un

prodotto di qualità maggiore connesso ad un servizio logistico migliore, perché

offerto da società specializzate.

• Inerenti l’ambito operativo: connessi ad un miglioramento del tracking

concernente la merce, che permette un conseguente miglioramento del servizio

offerto al cliente e di previsione interno all’azienda. Si pensi ad Amazon, ogni

volta che si effettua un acquisto, Amazon direttamente sul proprio sito internet,

offre il servizio “traccia il mio pacco”, in cui con un semplice click il cliente ha

la possibilità di controllare lo stato dell’ordine, lo stato della consegna del

proprio prodotto e lo stato del pagamento. [Fig. 3]

  22  

Fig. 3, Tracking della Consegna, FONTE: www.amazon.it

Affidandosi ad una società esterna specializzata, permette anche una migliore

risposta ad eventuali mutamenti nelle condizioni di consegna, in quanto,

l’azienda esterna, essendo più preparata, risulta spesso essere anche più

flessibile ad eventuali cambiamenti in corso.

• Riguardanti l’ambito qualitativo: spesso i partner ai quali si esternalizza,

autocertificano il livello di servizio fornito, assicurando servizi più evoluti

connessi alle competenze specifiche maturate nel settore e agli elevati standard

qualitativi offerti. Il partner, inoltre, spesso è in grado di offrire soluzioni

innovative già sperimentate con altri clienti e quindi poco rischiose nonostante

l’elevato grado di novità.

Concedere ad un’azienda specializzata la gestione della propria logistica risulta quindi

una scelta azzeccata per quelle realtà che non dispongono delle competenze e delle

risorse per gestirla internamente.

1.5. DALLA SUPPLY CHAIN AL SUPPLY CHAIN MANAGEMENT: LA

CHIAVE STA NELL’INTEGRAZIONE

Fino ad ora si è parlato prettamente di logistica, vado ora a considerare il tema relativo

il supply chain management.

  23  

Il supply chain management è un argomento assolutamente attuale che, se compreso e

applicato nel giusto modo, può portare grossissimi benefici alle aziende in termini di

costi, tempistiche, efficacia ed efficienza.

Una buona gestione della supply chain permette di incrementare la competitività e la

qualità del servizio offerto, riducendo l’incertezza.

Intorno agli anni 90 le aziende intuirono che per rispondere al meglio alle nuove

richieste del mercato e della domanda, che portavano verso una sempre maggiore

personalizzazione del prodotto legato comunque ad una richiesta di consegna dello

stesso in tempi brevi, sarebbe stato necessario cercare di diminuire il lead time dei

prodotti assicurando comunque un certo grado di personalizzazione.

Per fare ciò capirono come fosse necessario gestire tutta la supply chain come un’unica

azienda integrata, uno scenario in cui i diversi attori si sarebbero dovuti scambiare

informazioni costantemente e avrebbero dovuto condividere parte degli obiettivi finali.

Si cominciò a capire che solo agendo in questo modo si sarebbe riusciti a rispondere alle

esigenze del mercato, mantenendo una certa competitività che avrebbe poi portato al

successo, non più della singola azienda, ma dell’interna catena.

I partner venivano visti come un estensione dell’azienda, come un qualcosa da gestire

nel modo più efficiente ed efficace possibile, in grado di apportare dei vantaggi unici.

Improvvisamente assunsero un ruolo fondamentale, al pari di marketing e vendite.

I manager delle aziende facenti parte la supply chain, cominciarono a preoccuparsi dei

risultati degli attori della filiera, coordinando, con gli altri colleghi della catena, le

attività per fornire, fabbricare, consegnare i beni e i servizi lungo tutta la filiera

produttiva, in modo tale che ogni fase fosse ben organizzata e avesse lo stesso obiettivo

finale.

La supply chain cominciò ad essere caratterizzata dalla cosiddetta “visibilità totale”,

ovvero la condivisione tra tutti gli attori di obiettivi e informazioni.

Analizzando le principali definizioni della supply chain, si possono individuare alcune

caratteristiche chiave di tale concetto.13

La principale differenza con la più datata logistica è che tutti i contributi pongono

l’accento sulle strette relazioni tra i diversi attori interni alla supply chain stessa.

                                                                                                               13  Pinna R. (2006), “L’evoluzione nella Dimensione Organizzativa della Supply Chain. Dalla Gestione di un Flusso alla Gestione di

una Rete.”, Franco Angeli, Milano  

  24  

Tali legami riguardano sia i flussi a monte, detti upstream, che comprendono i fornitori,

sia i flussi a valle, detti downstream, che coinvolgono gli attori focalizzati sulla

distribuzione dei prodotti finiti.

Un secondo elemento fondamentale, fine di tutti i nostri ragionamenti, e presente in

ogni strategia di ogni processo della supply chain, è il cliente finale, la cui soddisfazione

deve costituire l’obiettivo ultimo e comune, in grado di orientare gli sforzi di tutta la

catena.

Un terzo aspetto caratterizzante la supply chain, è composto dai molteplici flussi, di tipo

sia fisico che informativo, che caratterizzano i legami e le relazioni tra le imprese, flussi

fondamentali al fine di creare le condizioni adatte a gestire la relazione.

Alcuni autori riconoscono tre tipologie di supply chain:14

• direct SC: costituita da un’azienda, un fornitore e un cliente

• extended SC: include i fornitori e i clienti di secondo livello

• ultimate SC: contempla tutte le organizzazioni coinvolte nei flussi a monte e a

valle di prodotti, informazioni e servizi.

Una dimensione di analisi è data dal contenuto del legame tra gli attori della supply

chain.

Nel caso in cui ci sia uno scambio che può interessare risorse materiali, tecnologiche,

finanziarie o uno scambio di conoscenza, si parla di resource transfer ring.

In questo caso, fondamentale è considerare sia l’aspetto statico, inerente per esempio a

chi possiede la risorsa e a dove è localizzata, sia quello dinamico, concernente i flussi

che permettono il trasferimento.

Nell’ipotesi in cui, invece, la relazione non implica uno scambio, bensì la condivisione

di risorse, conoscenze ed esperienze, in modo tale da raggiungere un risultato comune,

si parla di resource pooling.15

Interessante è anche la prospettiva di analisi che si basa sulla natura delle relazioni tra

due attori facenti parte la stessa supply chain, questa teoria, vede la scomposizione del

tema in quattro principali dimensioni:16

                                                                                                               14  Mentzer J.T., De Witt W., Keebler J.S., Min S., Nix N.W., Smith C.D., Zacharia Z.G. (2001), “Defining Supply Chain

Management”, Journal Business of Logistics, pp.11-25 15  Soda (1998), “Reti tra Imprese. Modelli e Prospettive per una Teoria del Coordinamento.” Carrocci Editore, Roma. 16  Secchi R. (2012), “Supply Chain Management e Made in Italy”, Egea, Milano  

  25  

• la stabilità della relazione: più una relazione è stabile, più dura nel tempo

• la reciprocità del legame, intesa come la corrispondenza di obiettivi tra le due

parti e l’organizzazione comune per raggiungerli

• l’intensità del rapporto, quando, per esempio tra due entità si sviluppano più

legami, l’intensità è maggiore. Un’altra caratteristica dell’intensità in una supply

chain, è data dai flussi di scambio di informazioni e risorse tra gli interessati,

chiaramente, più scambi ci sono tra gli attori protagonisti della relazione, più

quest’ultima sarà caratterizzata da un rapporto intenso

• la fiducia: il grado di opportunismo presente nelle azioni dei due attori. Meno

comportamenti opportunistici si presentano, più la relazione sarà caratterizzata

da fiducia reciproca e da obiettivi comuni condivisi.

Quanto detto ci aiuta a definire la supply chain che, in sintesi, possiamo dire essere

l’insieme di tutte le attività riguardanti la creazione di un bene, a partire dalle materie

prime fino al prodotto finito, comprendente la fornitura di materiali, la fabbricazione,

l’immagazzinamento, le scorte, la gestione degli ordini, la distribuzione e la spedizione

del prodotto finito al cliente. [Grafico 4]

In poche parole, la supply chain, è una rete di organizzazioni che sono coinvolte,

attraverso collegamenti a monte e a valle, nei diversi processi e attività che producono

valore per il cliente finale.17

Grafico 4: The basic supply chain, FONTE: Chopra and Meindl, 2001

Proprio i clienti risultano essere il più importante fattore per un’azienda operante

all’interno di una supply chain, in quanto lo scopo principale di una qualsiasi catena è                                                                                                                17  Harrison, A. (2003), “Competing Through Supply Chains”, Department of Management Science and Technology, Lecture Notes

of Supply Chain Management Course, Athens University of Economics and Business, Atene, Grecia

  26  

quello di soddisfare i propri clienti, a tal al fine è necessario che tutti gli altri attori

agiscano in modo efficace ed efficiente e con un’unica visione comune.

1.6. SUPPLY CHAIN MANAGEMENT: DEFINIZIONE

Il concetto di supply chain management venne coniato nel 1982 da due studiosi, Oliver

e Webber, che lo definirono come una tecnica di riduzione delle scorte in aziende

facenti parte la stessa filiera.

Il termine supply chain management si utilizzava per parlare della gestione del

magazzino e delle scorte all’interno di una supply chain.

Tale concetto fu più avanti esteso al fine di includere la gestione di tutte le funzioni

della supply chain.

Secondo Chopra e Meindl18 il supply chain management tratta la gestione dei flussi tra

le diverse fasi di una supply chain al fine di minimizzare i costi totali della catena.

È un concetto il cui primo obiettivo è quello di integrare, gestire e coordinare tutte le

attività della supply chain in un processo unico ed omogeneo.

Unisce tutti i partner della filiera produttiva sia interni che esterni, quindi i reparti

dell’azienda con i fornitori a monte e i distributori a valle, focalizzandosi su come

sfruttare la tecnologia e le competenze per aumentare il vantaggio competitivo.

Essendoci una quantità immensa di definizioni su cosa effettivamente sia il supply chain

management, recentemente il the Council of SCM Professionals, per mettere chiarezza

sull’argomento lo ha definito in questo modo: “Comprende la pianificazione e la

gestione di tutte le attività coinvolte nella ricerca, nella fornitura, nella conversione e

nella gestione delle attività logistiche. Include, inoltre, la coordinazione, l’integrazione

e la collaborazione con i partner della supply chain, che possono essere fornitori,

intermediari, fornitori di servizi, e clienti. In poche parole, il SCM integra e coordina la

supply chain e la gestione dei rapporti tra i vari attori della supply chain stessa.”19

                                                                                                               18 Chopra S., Meindl P. (2007), “Supply Chain Management: Strategy, Planning and Operation”, Prentince-Hall, Upper Saddle

River, New Jersey 19 Ballou, Ronald H. (2007), “The Evaluation and Future of Logistics and Supply Chain Management”, European Business Review,

Vol.19 No.4, pp. 332-348

  27  

 

Grafico 5: I due Tipi di Flussi della Supply Chain, FONTE: http://supplychaininformation.blogspot.it/, Two types of flows in the

supply chain, (Rielaborazione personale)

I punti focali che emergono dalla definizione esposta, risultano dunque essere la

gestione, la coordinazione e l’integrazione della supply chain e degli attori facenti parte

la catena.

Proprio l’integrazione sarà oggetto di approfondimenti nel prossimo paragrafo in quanto

la ritengo essere l’elemento che distingue la gestione della supply chain dalla gestione

del supply chain management.

1.7. INTEGRAZIONE IN UN SUPPLY CHAIN MANAGEMENT,

DIVERSE VISIONI

L’aspetto qualificante il supply chain management è, a detta di molti, l’integrazione.

La ricerca dell’integrazione, affinché sia efficace quando applicata all’intera supply

chain, deve avvenire in primo luogo all’interno dell’azienda stessa tra i vari reparti e

segmenti, che nella maggior parte delle situazioni necessitano di una visione e di un

obiettivo comune.

New  products   Suppliers   Factories   Warehouses   Outlets   Consumers  

  28  

La classica organizzazione “per silos”, infatti, spesso fa emergere un trade-off tra gli

obiettivi, portando le diverse funzioni, sebbene facenti parte la stessa organizzazione, ad

avere obiettivi indipendenti, che spesso non portano ad un risultato complessivo

efficiente.

L’integrazione tra le funzioni aziendali crea poi le condizioni basilari affinché questa

integrazione venga promossa a livello interaziendale.

In assenza di un livello minimo di integrazione interna, quella esterna rischia di

trasformarsi in uno sforzo inutile che non velocizza i processi aziendali e che quindi non

porta reali benefici.

Il percorso evolutivo verso il supply chain management si compone quindi di due fasi

principali, la prima si svolge all’interno dell’azienda e si tratta di una riorganizzazione

interna, mentre nella seconda fase tale approccio va esportato all’esterno, con l’obiettivo

di eliminare quegli ostacoli che solitamente impediscono a due aziende di avere e di

condividere obiettivi comuni.

L’integrazione può concretizzarsi sotto diverse forme.

Una prima classificazione è data da:20

• negoziazione: livello basilare di integrazione tra due o più attori. La

comunicazione si limita ad una discussione riguardante i prezzi di acquisto e di

vendita, ai metodi di pagamento e di consegna della merce. A questo livello si

condividono poche informazioni e soprattutto gli obiettivi restano indipendenti.

• cooperazione: ha come presupposto la razionalizzazione della base dei fornitori

e lo sviluppo di forme contrattuali di lungo termine. Prevede un elevato grado di

cooperazione tra gli attori, che si concretizza in un livello di integrazione

minimo e che vede nella comunicazione il suo punto focale.

• coordinamento: livello intermedio di integrazione, in cui lo scambio costante di

informazioni rende più fluida e efficiente la maggior parte delle relazioni

interorganizzative.

• collaborazione: massimo livello di integrazione, in cui le aziende coinvolte

hanno stessi obiettivi e stessa visione, e soprattutto, sono caratterizzate da uno

                                                                                                               20  Speckman R.E., Kamauff jt J.W., Myhr N. (1998), “An Empirical Investigation into Supply Chain Management: a Perspective on

Partnerships”, Supply Chain Management Review, pp 53-62  

  29  

 

continuo scambio di informazioni e dati e da una comunicazione incessante.

[Grafico 6]

Grafico 6: Forme di integrazione nel Supply Chain Management, Fonte: Spekman et al. (1998), (Rielaborazione personale)

Un’altra classificazione, esposta nel modello analizzato da Lee nel 2000, si basa sul

fatto che tre dimensioni possono determinare il livello di integrazione tra le funzioni

operanti in una supply chain:21

• Information integration: scambio di informazioni che porta ad ottenere un certo

livello di condivisione.

• Coordination and resource sharing: fase di integrazione che si concretizza

nell’allocazione delle fasi decisionali al soggetto meglio posizionato all’interno

della supply chain. Questa fase si caratterizza anche per la tendenza di cambiare

le logiche di allocazione al fine di incrementare l’efficienza globale della supply

chain. Un esempio in questo senso è rappresentato dalle società produttrici di

PC, che, sempre più spesso, fanno fare la configurazione finale e il test del

prodotto finito direttamente ai distributori. Una terza caratteristica di questa fase

è data dalla redistribuzione e dalla divisione delle risorse, in modo tale che a

beneficiarci siano tutti gli attori della supply chain.

                                                                                                               21   Lee H.L. (2000), “Creating Value through Supply Chain Integration”, Supply Chain Management Review, pp. 30-41  

Open  market  negotiations   Cooperation   Coordination   Collaboration  

-­‐price  based  discussions  -­‐adversarial  relationships    

-­‐information  linkages  -­‐WIP  linkages  -­‐EDI  exchange      

-­‐supply  chain  integration  -­‐joint  planning  -­‐technology  sharing    

   -­‐fewer                  suppliers                          -­‐longer-­‐term          contracts      relationships    

  30  

• Organizational relationship linkage: fase che presuppone una stretta relazione

tra le imprese coinvolte. Spesso le imprese che raggiungono un simile livello di

integrazione si caratterizzano per avere obiettivi comuni e sistemi per la

misurazione delle performance condivisi. Un esempio è rappresentato

dall’azienda protagonista di questo studio, ovvero Dell Computer Corporation,

che ha sempre cercato di avere una strettissima relazione, basata sulla fiducia,

l’efficienza e la velocità, con i propri fornitori, che spesso, per rispondere alle

sempre più vaste richieste dell’azienda statunitense, erano obbligate a costruire i

propri siti produttivi vicino quelli della Dell stessa, in modo da rispondere più

velocemente alle richieste quotidiane del loro principale cliente.

Van der Vart e Van Donk nel 2004, invece, studiarono il livello di integrazione

sull’esistenza di tre differenti momenti caratterizzati da elementi distintivi:22

• Transparency stage: fase in cui può trovarsi una supply chain nel caso in cui gli

attori che vi partecipano siano in grado di condividere informazioni rilevanti in

modo organizzato. Questo stadio si caratterizza per la pressoché totale

autonomia di ogni singolo attore nel procedere e nell’agire, infatti, ogni funzione

si comporterà come meglio crede in base alle informazioni ottenute dagli altri

attori della supply chain. In questo stadio il pericolo maggiore è

l’incompatibilità dei sistemi informativi delle diverse aziende, che potrebbe

portare ad uno scambio di informazioni troppo lento e dunque inefficace. Fase

caratterizzata ancora da una certa indipendenza e autonomia dei singoli attori e

da obiettivi singoli e non comuni.

• Committment and coordination stage: le imprese si scambiano informazioni

rilevanti e in modo continuo, ma a differenza della fase precedente, non

agiscono in modo autonomo e indipendente, bensì si cerca un integrazione anche

a livello decisionale e non solo a livello informativo. Gli obiettivi diventano in

parte condivisi, cercando di accontentare tutti gli attori che entrano a far parte

del processo di integrazione.

                                                                                                               22   Van Der Vart, Van Donk D.P. (2004), “Buyer Focus: Evaluation of a New Concept for Supply Chain Integration”, International

Journal of Production Economics, pp. 18-32  

  31  

• Integrative planning stage: l’integrazione si ottiene attraverso la progressiva

centralizzazione dei processi decisionali e di controllo in capo ad un unico attore

della supply chain, che avrà il compito di coordinarla e di gestirla nel migliore

dei modi. Questa azienda sarà quella con maggiori responsabilità in termini di

leadership e con un’importanza focale all’interno della supply chain. In questa

fase si ha un livello massimo di integrazione, dato da intensi rapporti, da uno

scambio di informazioni continuo e da un elevato grado di comunicazione.

Come si può evincere dai tre diversi contributi esposti, l’integrazione tra i membri della

supply chain resta una caratteristica alla quale tutte le aziende dovrebbero aspirare per

riuscire ad ottenere quei vantaggi competitivi che altrimenti non sarebbero

raggiungibili.

Comunicando, scambiando informazioni e avendo obiettivi comuni si possono

prevedere meglio le fluttuazioni della domanda e si può migliorare il prodotto finito,

guadagnando così in flessibilità e in qualità.

Ogni attore ha conoscenze e competenze uniche che nessun altro può avere, grazie

all’integrazione e quindi ad un’accurata gestione del supply chain management si riesce

ad unire le forze ed i vantaggi competitivi di ogni singolo attore e a gestirli come se la

supply chain fosse un’unica grande azienda.

1.7.1. UNA VISIONE COMUNE

Ritengo il contributo di Raffaele Secchi utile per avere una visione comune di quanto

esposto nel precedente paragrafo.

Nel suo libro Supply Chain Management e Made in Italy, lo scrittore ripropone un

modello che sintetizza il concetto di supply chain management.

Anch’egli suddivide il processo di integrazione in tre fasi23:

• La prima fase presuppone che le due imprese siano in grado di scambiare

informazioni in modo strutturato su tutte le funzioni e i segmenti che interessano

l’azienda. Lo scambio preciso e costante, permette poi agli attori di progettare al

meglio i processi futuri. In questo stadio, comunque, i legami sono caratterizzati

                                                                                                               23   Secchi R. (2012), “Supply Chain Management e Made in Italy”, Egea, Milano  

  32  

da un’autonomia tra i diversi attori, che si limitano allo scambio di informazioni

senza progettare pressoché nulla insieme.

• Il secondo livello di integrazione è caratterizzato da uno stretto coordinamento

dei processi a livello interorganizzatvo, oltre ad un continuo scambio di

informazioni. Il coordinamento mira a stabilire i ruoli all’interno del processo, le

responsabilità e gli obiettivi finali.

• Il raggiungimento del terzo livello di integrazione, quello più elevato, si ottiene

cercando un coordinamento strategico, ovvero un coordinamento che miri ad

avere una visione strategica che possa portare ad una relazione di lungo termine.

Tale livello è caratterizzato da una stretta interazione tra gli attori, che spesso,

insieme, propongono soluzioni innovative al fine di ridisegnare la gestione dei

processi condividendo obiettivi e metodi comuni. Le aziende progettano, quindi,

soluzioni gestionali e organizzative caratterizzate da una stretta collaborazione

che permette di superare tutte quelle barriere tipiche di un rapporto

collaborativo.

Per meglio comprendere tale visione, si rimanda alla tabella 1.

  33  

Tabella 1: Integrazione in un Supply Chain Management, Fonte: Raffaele Secchi, Supply Chain Management e Made in Italy, Egea,

2012, (Rielaborazione personale)

Classificate le supply chain sulla base dell’integrazione, resta comunque il problema di

chi ha maggiore responsabilità all’interno della stessa.

L’integrazione tra le aziende, infatti, deve essere coordinata da uno degli attori, in

quanto non si ottiene l’integrazione in modo automatico.

LIVELLI DI

INTEGRAZIONE

OBIETTIVO

PUNTI CHIAVE

Comunicazione Condivisione delle

informazioni

•Condivisione

informazioni rilevanti

•Autonomia processi

decisionali

•Condizioni non

impegnative

Coordinamento Coordinamento

processi

•Condivisione

informazioni rilevanti

•Sviluppo di specifici

meccanismi di

coordinamento (passi

del processo di

scambio delle

informazioni, ruolo

attori ecc.)

Collaborazione Gestione strategica dei

processi di

integrazione

•Creazione informazioni

rilevanti

•Sviluppo soluzioni

innovative con lo scopo

di ridisegnare la

gestione dei processi

•Conseguimento di

risultati eccellenti nel

medio-lungo termine

  34  

Sempre secondo Raffaele Secchi questo ruolo viene svolto da un’impresa guida, le cui

mansioni sono quelle di programmare, progettare e assegnare i ruoli e definire le

modalità di integrazione tra gli attori, in breve deve cercare di gestire al meglio l’intera

supply chain e i rapporti tra gli attori che ne fanno parte.

Tale posizione, l’azienda in questione, la ottiene grazie al possesso di determinate

caratteristiche, quali ad esempio la possibilità di accedere ad informazioni rilevanti, la

capacità di attrarre risorse scarse, le quote di mercato possedute,

l’internazionalizzazione aziendale, le capacità di leadership e il ruolo, solitamente

centrale, ricoperto all’interno della catena, che generalmente la pone in una posizione

privilegiata per poter interagire con soggetti interni ed esterni alla catena.

Signori classifica le supply chain in funzione del diverso attore che assume il ruolo

guida:24

• Supply chain dominate dai produttori: in cui il ruolo di fornitori e distributori

non risulta essere dominante, essi si limitano a fornire componenti (fornitori) e a

distribuire i prodotti finiti (distributori). I legami a monte e a valle si riducono

alle tipiche consegne; il ruolo di distributori e fornitori non va a compromettere

il risultato globale, basta siano precisi e attenti nello svolgere le tipiche funzioni

che vengono loro richieste, la consegna nel caso dei fornitori e la vendita nel

caso dei distributori.

• Supply chain dominate dai distributori: tale autorità dei distributori si manifesta

qualora le loro competenze, sotto il profilo della commercializzazione e della

conoscenza del cliente, siano tali da accrescere le opportunità di vendita di tutta

la supply chain. Grazie alla loro posizione vicina al cliente finale, possono avere

delle competenze uniche riguardanti la domanda che le può porre in una

posizione di assoluto vantaggio nella supply chain.

• Supply chain dominate dai fornitori: qualora tali attori siano in possesso di

competenze distintive e di capacità innovative. Solitamente i fornitori assumono

questo ruolo quando hanno delle competenze tali da indurre l’azienda

produttrice a richiedere aiuto nella progettazione di un dato prodotto, senza il

quale non riuscirebbe ad ottenere determinate caratteristiche richieste dal

mercato.

                                                                                                               24  Signori P. (2004), “La Misurazione dell’integrazione Logistica nel Supply Chain Integrated Management”, Cedam, Padova  

  35  

Detto questo, il passo assolutamente necessario per la creazione di un coordinamento e

di un’integrazione tra le diverse aziende coinvolte, richiede un approccio culturale

comune e quindi un abbandono da parte degli attori della singola visione indipendente a

favore di una visione globale condivisa da tutta la supply chain.

Solo ed esclusivamente ragionando come un’unica impresa allargata si possono ottenere

dei risultati eccellenti altrimenti non raggiungibili.

Il supply chain management, non è altro che una spinta verso l’integrazione che porta a

processi interaziendali di assoluto successo.

Il supply chain management richiede un attenzione particolare nei confronti di quei

processi che portano allo scambio di informazioni, fase fondamentale per il successo

dell’intera catena.

Con l’avvento del supply chain management ci sono state delle mutazioni che il

management aziendale dovrebbe seguire, queste sono:25

• Business orizzonatli e non più verticali

• Elevato scambio di informazioni

• Passaggio dalla produzione di massa a quella personalizzata

• Aumento dell’outsourcing

• Riduzione del numero di fornitori, stringere rapporti più stretti con ogni

fornitore

• Pressione per l’introduzione di nuovi prodotti rapidamente

• Organizzazione e flessibilità aziendale

Per questi motivi una gestione della supply chain accorta è sempre più di fondamentale

importanza.

In sintesi, possiamo evincere da quanto detto finora che il contesto attuale non permette

più alla singola impresa di rimanere competitiva gestendo tutte le fasi critiche

internamente ed in modo indipendente, ma bensì obbliga l’azienda a doversi relazionare

e integrare con altre aziende facenti parte la stessa supply chain, in modo da migliorare

le prestazioni di lungo termine dell’intera catena.

                                                                                                               25  Davis D., “State of a New Art: Manufacturers and Trading Partners Learn as They Go”, Manufacturing systems, New York

  36  

1.8. L’IMPORTANZA DI UNA GESTIONE ACCURATA DEL SUPPLY

CHAIN MANAGEMENT

Harrison ritiene che le imprese attualmente competano attraverso la supply chain e che

quindi venga considerato sempre più spesso come una necessità e un vantaggio

competitivo per tutte le aziende.26

Gattorna, ritiene addirittura che al giorno d’oggi la supply chain sia il business stesso,

l’elemento fondamentale per ottenere successo.27

Ciò che caratterizza il mercato e il suo ambiente al giorno d’oggi è la globalizzazione e

la conseguente vulnerabilità di una domanda sempre più esigente, che crea incertezza e

un estremo bisogno di flessibilità.

Il mercato richiede una maggiore qualità nei prodotti associata comunque a tempi di

consegna sempre più brevi, per questo motivo, come più volte ricordato, la logistica è

diventata assolutamente fondamentale in qualsiasi azienda che voglia avere successo ed

ottenere dei vantaggi competitivi duraturi.

In aggiunta, la globalizzazione ha portato le aziende a dover stringere strette alleanze e

rapporti di fiducia sia con i fornitori sia con i clienti, aumentando l’importanza di queste

due figure un tempo considerate marginali e oggi diventate fondamentali.

Già nel 1985 Michael Porter aveva introdotto il concetto di value chain in cui riteneva

la logistica interna ed esterna uno dei punti focali in una catena del valore, al pari di

funzioni ben più quotate come il marketing e le vendite, i servizi offerti al cliente e le

operations.

Solo se un’azienda riesce ad implementare tali attività in un modo efficiente, otterrà un

vantaggio competitivo. [Grafico 7]

                                                                                                               26 Harrison, A., (2003), “Competing Through Supply Chains”, Athens University of Economics and Business, Atene, Grecia 27 Gattorna, J. (2006). "Supply Chains are the Business", Supply Chain Management Review, 2006

  37  

Grafico 7: La Catena del Valore di Michael Porter, FONTE: Michael Porter, Competitive Advantage: Creating and Sustaining

Superior Performance, 1985

Porter ritiene che la catena del valore di un’azienda è una parte di un sistema di valori

più vasto che include fornitori e consumatori, e per questo motivo, egli dice che il

successo di un’azienda non dipende solo dalla sua catena di valore, ma anche dal

sistema di valori di cui fa parte.28

Altro fattore che rende la supply chain estremamente necessaria, è l’enorme crescita

vista in questi ultimi decenni di strumenti quali internet ed e-commerce.

Internet e le nuove tecnologie, come l’ERP, hanno facilitato la condivisione delle

informazioni tra i diversi attori e quindi hanno reso visibili i benefici e i risultati

ottenibili da una coordinazione e da un’integrazione ben organizzata tra le diverse

aziende.

Internet, come ormai tutti noi abbiamo avuto modo di vedere e di sperimentare, si è

affermato come un nuovo canale di comunicazione e come un nuovo strumento di

vendita diretto, permettendo:29

• la diffusione di dati su reti di comunicazione estese (file transfer protocol, telnet)

                                                                                                               28  Porter M.(1980), “Competitive Strategy”, FreePress, New York 29  Micelli S. (2009), E-Business Course, Venezia

  38  

• l’utilizzo di sistemi di ricerca all’interno di archivi elettronici

• la comunicazione con numerosi soggetti, interni ed esterni all’azienda, attraverso

l’utilizzo di messaggistica di vario genere (internet rely chat, mail, mailing lists,

newsgroups, social networks)

• l’adozione di nuove forme di marketing e di pubblicità

• la vendita di prodotti direttamente sul sito dell’azienda, tramite l’e-commerce

• un servzio clienti organizzato e attento

• una maggiore personalizzazione dei prodotti da parte della clientela

(configuratori on-line)

Il supply chain management, connesso all’utilizzo di internet e delle nuove tecnologie

emergenti, risulta estremamente importante in quanto porta a coloro che ne fanno uso

nel giusto modo, dei benefici tangibili non indifferenti.

Permette una riduzione del prezzo dei prodotti e del time to market, assicura una

differenziazione rispetto ai competitor, inoltre, insieme all’avvento del Information and

Communication Technology, permette l’ottimizzazione del servizio al cliente, aumenta

la velocità di comunicazione, riduce i costi di processo e assicura una maggiore

flessibilità aziendale.

Internet ha contribuito all’ascesa del supply chain management, facilitando di molto la

coordinazione, l’integrazione e la comunicazione tra i membri che ne fanno parte.

L’ottimizzazione del supply chain management può essere schematizzata su tre piani:

• Strategico: tratta la definizione della struttura

• tattico: previsione della domanda, della produzione e di vendita

• operativo: programmazione delle operazioni e dei processi e trasferimento delle

informazioni in tempo reale. [Grafico 8]

  39  

 

Grafico 8: Livelli di Ottimizzazione in una Supply Chain, FONTE: Elaboraione personale

Possiamo dire che i principali benefici che può portare una supply chain ben gestita e

ben integrata ad un’azienda che ne fa parte sono:

• diminuzione dei costi di inventario, gestione accurata del magazzino e delle

scorte.

• riduzione dei costi totali di produzione, grazie alla velocizzazione del flusso di

merci interno al processo di produzione e all’integrazione con fornitori e

distributori, che permette di ottenere informazioni utili a prevedere in anticipo

le esigenze della domanda.

• Miglioramento della soddisfazione del cliente, in quanto relazioni integrate,

permettono di ridurre i tempi di produzione, con una conseguente riduzione dei

tempi di consegna, garantendo comunque un elevato grado di

personalizzazione del prodotto. A questo si aggiunga il perfezionamento del

servizio pre e post-vendita offerto al cliente.

A sostegno di quanto detto, riporto uno studio condotto da Accenture, INSEAD e

Stanford University, che dimostra come le aziende leader nella getsione della supply

chain, siano anche più profittevoli e vengano premiate nei mercati finanziari.

Piano  strategico  

Piano  tattico

 

! "#$%&!'()$(*+#,&!

Piano  operativo

 

! "#$%&!'()$(*+#,&!

  40  

Lo studio, svolto tra il 1997 e il 2002, comprende un’accurata analisi di più di 600

aziende “global 3000” operanti in 24 diversi settori industriali.30

Convenendo che il mercato azionario funga da giudice delle performance e delle

strategie aziendali, lo studio ha etichettato come “leader” le imprese con una gestione

efficiente della supply chain e come “ritardatarie” quelle che invece non sembravano

avere una supply chain organizzata; lo studio, ha poi valutato le performance finanziarie

delle varie aziende, confrontandole con quanto stabilito in precedenza in base alla loro

“etichettatura”.

I risultati emersi, risultano abbastanza eloquenti, la crescita media annua composta dalla

capitalizzazione di mercato delle società considerate “leader” superava le “ritardatarie”

in misura compresa tra i 10 e i 30 punti percentuali.

I “leader” hanno presentato un tasso di crescita azionaria maggiore rispetto ai

“ritardatari”, nell’ordine del 20% in più.

Naturalmente questi risultati non si sono riscontrati in tutti i casi analizzati, infatti circa

il 12% delle società ritenute “ritardatarie”, ha osservato tassi di crescita comunque

elevati, ma, visto il limitato numero di casi (solo il 12%), si può ritenere che lo studio

sia abbastanza veritiero e che effettivamente le aziende con una accorta gestione della

supply chain siano, in media, più profittevoli.

1.9. IL SEGRETO E’ LA NATURA DELLA PARTNERSHIP: IL “THE

PARTNERSHIP MODEL”

“In my opinion, Ford seems to send its people to “hate school”, so that they learn how

to hate suppliers. The company is extremely confrontational. After dealing with Ford, I

decided not to buy its cars.”

-Senior Executive, supplier to Ford, october 2002-

                                                                                                               30  R.B. Chase, R.F. Jacobs, A. Grando, A. Sianesi (2011), “Operations Management, nella Produzione e nei Servizi”, McGraw-Hill,

Milano

 

  41  

“Toyota helped us dramatically improve our production system. We started by making

one component, and as we improved, Toyota rewarded us with orders for more

components. Toyota is our best customer.”

-Senior Executive, supplier to Ford, GM, Chrysler and Toyota, luglio 2001-

Non è difficile capire che al giorno d’oggi le partnership sono la linfa vitale di una

qualsiasi supply chain ben gestita.

Le aziende, specialmente nelle economie emergenti, ordinano e comprano più

componenti dai fornitori rispetto a quanto non facessero in passato.

Basti pensare che, secondo il “Purchasing Magazine Estimates”, i cento migliori

produttori degli Stati Uniti, nel 2010 spendevano 48 centesimi ogni singolo dollaro di

vendite per comprare materiali e componenti.

Il business di ogni singola azienda dipende sempre più dai fornitori e dai partner

aziendali.

Non è necessario forzare una partnership, spesso, infatti, molte relazioni non funzionano

e finiscono solo con il peggiorare le cose.

Le partnership sono costose da implementare, richiedono una comunicazione,

coordinazione, integrazione continua, sommato al rischio rappresentato dalla

condivisione delle informazioni, spesso personali e segrete.

Per tali motivi affinchè una partnership sia profittevole dovrebbe essere particolarmente

forte, leale e caratterizzata da una fiducia reciproca.

Le partnership sono giustificate e utili solo se portano a sostanziali vantaggi che

altrimenti un’azienda non otterrebbe se lavorasse singolarmente.

Anche nel caso in cui esse sembrino profittevoli, spesso possono rivelarsi un fallimento

a causa della scarsa compatibilità dei protagonisti, che possono avere obiettivi che non

collimano, o che sono mossi da comportamenti opportunistici, o ancora scarsamente

orientati alla condivisione delle informazioni.

Una partnership può essere interpretata in modo diverso dalle parti coinvolte e spesso

succede che entrambi gli attori pensino che la loro visione sia assolutamente condivisa,

tanto che non ritengono nemmeno opportuno doversi confrontare.

Ciò che serve ad una partnership interna alla supply chain per avere successo, è la

compatibilità tra i due o più attori facenti parte la relazione, la visione e gli obiettivi

  42  

comuni e condivisi, le aspettative dichiarate da tutti i membri e un’incessante

comunicazione determinata da un continuo scambio di informazioni.

La natura delle partnership risulta essere elemento assolutamente fondamentale per il

successo di una qualsiasi supply chain.

Esiste un modello, esposto da Lambert, Emmelhainz e Gardner, chiamato “the

Partnership Model”, utilizzato per comprendere se una partnership può essere

profittevole, interessante per capire se il partner risulta compatibile con la propria

visione di business o meno.31

Il “the partnership model”, fornisce un processo strutturato e ripetibile al fine di

costruire e mantenere relazioni di business su misura, che possono portare a vantaggi

competitivi sostenibili. [Grafico 9]

Grafico 9: The Partnership Model, FONTE: http://thepartnershipmodel.com

Il “the partnership model” si compone di cinque componenti principali:

• Drivers: costituiscono la ragione per la quale due partner dovrebbero decidere di

stringere una partnership. Si tratta dei benefici che si aspettano una relazione

potrebbe loro portare, e sono sintetizzabili in quattro categorie: costi, servizio al

                                                                                                               31 D.M. Lambert, M.A. Emmelhainz, J.T. Gardner (1996), “So You Think You Want a Partner?”, Marketing Management

  43  

cliente, vantaggi collegati al marketing e crescita del profitto. Più i drivers sono

forti, più possibilità ci sono che la partnership abbia successo.

• Facilitators: rappresentano i fattori ambientali che incrementano le possibilità di

successo di una partnership. I facilitators misurano quanto un potenziale partner

sia adattabile a questi fattori e include: la compatibilità della cultura aziendale, la

compatibilità della filosofia del management, la prospettiva di reciprocità e il

grado di simmetria tra i potenziali partner. In più vengono considerati cinque

altri fattori che se presenti rafforzano un rapporto: la condivisione di un

concorrente tra i due attori, la vicinanza fisica delle aziende, la potenziale

esclusività della relazione, le esperienze in relazioni precedenti e la condivisione

di un utente finale comune.

• Components: rappresentano quegli elementi manageriali controllabili in una

relazione, quali lo stile, il livello e il contenuto della pianificazione, parametri e

comandi operativi congiunti, il grado e il tipo di comunicazione tra gli attori, la

condivisione di rischio e competenze, il livello di fiducia e il grado di

investimento congiunto. Sarà attraverso la corretta attuazione di tali componenti

che la relazione potrà ottenere buoni risultati.

• Outcomes: riflettono l’andamento della partnership e la capacità delle società di

ottenere i driver che ci si aspettava prima dell’inizio della relazione.

Il modello è stato proposto da Lambert, Emmelhainz e Gardner con il chiaro intento di

aiutare le parti coinvolte in una possibile partnership a stabilire con criterio se, la stessa,

possa essere conveniente o meno.

1.10. IL CASO ZARA

One day it’s in and the other it’s out, questa frase sintetizza al meglio l’imprevedibilità

del mercato della moda, un giorno è di moda il giorno dopo non lo è più.

Questo rende il mercato estremamente incerto e difficile da prevedere, per cui fare

previsioni accurate risulta quasi impossibile per tutti i marchi facenti parte questo

settore, ma non per Zara.

  44  

Zara è il primo e il più profittevole marchio della Inditex, catena operante nel campo

della moda con ben otto differenti marchi tra cui i noti Massimo Dutti, Pull and Bear e

Bershka.

La strategia di Inditex è quella di avere punti vendita monomarca e ciascuno degli otto

marchi appartenenti all’azienda è dedicato ad uno specifico segmento di mercato.

Inditex è presente in 86 paesi diversi con i suoi otto marchi e conta 5887 negozi.32

Zara è il marchio principale della catena, tanto che con i suoi 12 miliardi di euro di

fatturato, il 5% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sviluppa

all’incirca il 70% del fatturato totale di Inditex.33

Il modello Zara è semplice e in un certo senso geniale, propone prodotti alla moda ad un

prezzo accessibile e soprattutto distribuiti in poco tempo e in modo molto veloce.

Zara punta sul rinnovamento continuo di parte della propria offerta fino a due volte alla

settimana.

Questo modello è chiamato Fast Fashion per il limitato ciclo di vita dei prodotti

proposti.

Zara in questo modo cerca di muovere nel cliente un senso di “scarsa opportunità”,

ovvero rinnovando l’offerta continuamente spinge la clientela a comprare

immediatamente per la paura di non poter ritrovare più quel dato prodotto, che diventa

in un certo senso un prodotto “unico” e di nicchia nonostante il basso prezzo.

Tutto questo è reso possibile da una gestione estremamente accurata ed integrata

dell’intera Supply Chain.

La catena di produzione dell’azienda spagnola è estremamente flessibile e incentrato su

una integrazione a monte e a valle.

Il sistema di produzione e logistico di Zara è incentrato sul just in time e

sull’eliminazione di magazzino e scorte.

Zara ad inizio stagione spedisce ai propri punti vendita solamente la collezione

cosiddetta basic, che costituisce circa il 20% della collezione completa.34

Il restante 80% viene spedito e consegnato con una celerità straordinaria durante la

stagione in corso e in base a continui studi e revisioni fatti sul mercato e sui clienti in

cui si trovano i diversi punti vendita.                                                                                                                32 Puledda V. (2012), “Zara, su Utile e Fatturato ma al Mercato non Basta”, La Repubblica, Roma 33 “Zara Continua a Crescere, Fatturato Inditex primi Nove Mesi +5%”, il Mondo, 2013, www.ilmondo.it 34 Loeb W. (2012), “Zara's Secret To Success: The New Science Of Retailing”, www.forbes.com

  45  

L’acquisto delle materie prime e il design dei prodotti viene fatto da quattro a sei mesi

prima dell’inizio della stagione, in modo tale da avere il tempo di gestire eventuali

problematiche o cambiamenti e da farsi trovare pronti ad inizio stagione. [Grafico 10]

Grafico 10: Supply Chain in Zara, FONTE: Inditex, 2008

Come è facilmente immaginabile, la funzione logistica rappresenta un ambito di

gestione critica per l’azienda spagnola, soprattutto la gestione della distribuzione dei

prodotti, in quanto tutto deve arrivare in tempo e come prestabilito, altrimenti il Fast

Fashion si incepperebbe e non sarebbe più sostenibile.

Velocità e reattività sono due realtà più importanti dei costi in Zara.

Per Zara la gestione della Supply Chain è il vantaggio competitivo principale.

Il marchio spagnolo è riuscito a mantenere la propria posizione di leader del mercato

nonostante l’immensa difficoltà che sta vivendo il settore, grazie alla sua strategia di

gestione della supply chain unica e inimitabile, una strategia che l’ha resa un precursore

e soprattutto che ha reso i suoi prodotti ricercati e acquistabili da chiunque:

  46  

• Risposta veloce alla domanda: Zara segue un modello pull nel gestire le suo

scorte e la sua supply chian. Crea circa 1000 progetti di design ogni mese

basandosi sugli studi, sui trend del momento e su ciò che i propri punti vendita

vendono più rapidamente e in quantità maggiori. In questo modo cercano di

anticipare la domanda. Questo studio di design continuo può far pensare a dei

costi elevatissimi, ma in realtà Zara utilizza sempre gli stessi materiali in modi

differenti, risparmiando così sulle materie prime.

• Piccoli lotti di produzione: Zara mantiene un turnover estremamente rapido,

infatti produce piccole quantità per ogni prodotto. Questo oltre a permettere

all’azienda di approvvigionare i propri punti vendita ogni due settimana,

assicura la possibilità di monitorare quale prodotto e quindi quale design abbia

più successo e quale meno, inoltre garantisce all’azienda di limitare le scorte a

magazzino nonostante il continuo turnover dei prodotti. Questo riduce la

possibilità di produrre in larga quantità prodotti che il mercato non accetterebbe

e non comprerebbe.

• Centro di distribuzione centralizzato: Tutti i vestiti vengono consegnati in

Spagna, il magazzino centrale, da cui poi verranno spediti nei diversi punti

vendita dei diversi paesi. Il magazzino spagnolo funge da deposito temporaneo, i

capi vengono prodotti nelle varie fabbriche Zara, spediti al magazzino spagnolo

che poi provvederà a smistarli e inviarli ai vari punti vendita in giro per il

mondo.

• Sistema IT avanzato: Zara ha un sistema IT molto forte e tecnologico che

permette l’integrazione, la comunicazione e uno scambio di informazioni

continuo sia interno che esterno tra tutti gli attori facenti parte la supply chain.

Questo permette il successo della strategia cosiddetta “Fast Fashion”.

Andrò ora ad analizzare un altro caso aziendale che fa da sempre della gestione del

supply chain management uno dei suoi punti di forza principali, Dell Computer.

  47  

CAPITOLO 2: DELL COMPUTER CORPORATION E IL “DIRECT

MODEL”: SUPPLY CHAIN MANAGEMENT E

PERSONALIZZAZIONE

2.1. DELL: LA STORIA

Tutto nacque nel 1979, quando Michael Dell comprò il suo primo computer Apple e

non appena entrò in casa corse in camera sua e lo smontò interamente per capire come

effettivamente funzionasse quella scatola che tanto lo affascinava.

Nel 1981, IBM introdusse il suo primo PC e presto Michael Dell ne diventò cliente

comprando un computer IBM in quanto più potente di Apple, voleva apprendere il più

possibile e trasformare la sua passione per i computer in un business redditizio.

Iniziò a migliorare il suo stesso computer, comprando memoria, hard disk e monitor più

potenti.

L’idea era quella di implementare i computer IBM per poi rivenderli ricavandoci un

profitto.

Capì che comprando componenti in massa avrebbe ridotto i costi, in quanto avrebbe

potuto ottenere un prezzo migliore rispetto a quello che avrebbe ottenuto se avesse

comprato un solo pezzo.

Al tempo un PC IBM presso un rivenditore costava circa 3000 dollari, ma i componenti

potevano essere acquistati per circa 600/700 dollari, inoltre, i commessi che vendevano

i PC avevano una conoscenza estremamente limitata di ciò che commerciavano, spesso

perché provenienti dalle vendite di televisioni o radio e quindi privi di una vera

esperienza nella vendita dei computer.

Un altro fattore che colpì Michael, fu che i rivenditori acquistavano i PC a 2000 dollari

presso la casa madre per poi rivenderli a 3000 dollari ai clienti finali, ricavandoci così

un profitto netto di 1000 dollari, tra l’altro offrendo uno scarso supporto post-vendita,

senza aumentare il valore finale del prodotto.

Il giovane texano iniziò, così, a pensare a qualcosa di alternativo al modello di vendita

indiretto, che, a suo parere, portava beneficio solo alle aziende e ai distributori e non ai

consumatori, fine ultimo di ogni suo ragionamento.

  48  

Aziende come Apple e IBM, utilizzavano i rivenditori perché necessitavano di leve per

conquistare le vendite nazionali.

In quel periodo tutte le grosse società erano orientate a vendere utilizzando i rivenditori,

era credenza comune che il modello indiretto fosse semplicemente il modus operandi

migliore e più redditizio.

Michael iniziò così a chiedersi come si potesse migliorare il processo di vendita e capì

che vendere i computer direttamente al cliente finale, eliminando il markup dei

rivenditori, avrebbe apportato dei benefici sia all’azienda produttrice che al cliente

finale.

Nel 1983 il giovane studente texano, nel suo dormitorio cercava di migliorare i

computer IBM, salvo poi accorgersi che comprando i componenti e assemblando

l’intero PC gli sarebbe costato meno e avrebbe potuto magari venderlo in futuro ad un

prezzo inferiore rispetto ai PC IBM.

Il 2 gennaio 1984 registrò la sua azienda nello stato del Texas con il nome PCs Limited,

Michael aveva appena diciannove anni.

Fin da subito il business si dimostrò interessante e redditizio, tanto che già il primo anno

l’azienda fatturò mensilmente tra i 70.000 dollari e i 100.000 dollari.

Il 3 maggio 1984, il suo dormitorio universitario diventò la “DELL Computer

Corporation”.

Il giovane ebbe un’idea tanto semplice quanto vincente, i personal Computer potevano

essere costruiti su ordinazione ed essere venduti direttamente al cliente, eliminando il

cosiddetto “middle man” e il markup ad esso connesso.

Questo sarà il concetto alla base del modello di business Dell, modello che per un lungo

periodo di tempo resterà invariato, per essere poi raffinato e riadattato alle nuove

esigenze di mercato.

A testimonianza dell’enorme crescita che stava avendo l’azienda, presto dovette trovare

una soluzione più spaziosa, spostando il business dal suo dormitorio ad un ufficio di

1000 mq.

Assunse un paio di persone addette a rispondere al telefono e a prendere gli ordini ed un

altro paio addette alla manutenzione dei computer.

Anche quest’ufficio si rivelò presto insufficiente e così l’azienda si spostò in un altro di

2350mq.

  49  

Appena dopo altri 4 mesi dovettero spostarsi nuovamente in un nuovo ufficio di

7200mq, fino a stabilirsi nel 1985 in un capannone di 30.000mq, tutto questo in appena

un anno dalla nascita dell’azienda.

Nello stesso anno, il 1985 appunto, la compagnia produceva il primo PC di propria

progettazione, il “Turbo PC”, venduto a circa 800 dollari e caratterizzato da un

processore Intel 8088 in esecuzione a 8 Mhz, un disco rigido 10 MB e un "drive floppy

5,25.  

La PCs Limited pubblicizzava i suoi sistemi in riviste specializzate nazionali per la

vendita di nuove tecnologie.

Il giovane imprenditore comprese che c’era un enorme squilibrio tra quanto veniva

ordinato e acquistato dai fornitori e quanto effettivamente fosse necessario per costruire

le macchine.

Spesso aziende come IBM ed Apple si trovavano i magazzini pieni di scorte, dovuti

all’errata domanda di componenti ai fornitori.

Si ordinavano pezzi senza un vero studio alla base, e nel caso fossero avanzati, si

tenevano in magazzino creando così scorte, che, a causa dell’evoluzione tecnologica,

diventavano presto obsolete, obbligando le aziende a venderli sottoprezzo pur di

liberarsene.

Nei primi anni della sua storia Dell, oltre ad offrire un’elevata personalizzazione dei

propri prodotti, garantiva ai propri clienti un servizio di supporto telefonico no-stop di

24 ore al giorno e assicurava la spedizione delle parti di ricambio per le macchine che

vendeva.

Questo modello risultò fin da subito vincente, tanto che il fatturato dell’azienda crebbe

dal nulla a 6 milioni di dollari nei primi mesi del 1985 fino a raggiungere quota 70

milioni di dollari alla fine dello stesso anno.

Nel 1987 Dell fu la prima azienda statunitense ad offrire un servizio di supporto on-site

entro il giorno successivo alla chiamata.

La società divenne pubblica nel 1988 e nel 1990 il fatturato toccò i 500 milioni di

dollari; l’azienda nello stesso anno aprì un impianto di produzione a Limerick, in

Irlanda, questo per riuscire a rispondere più velocemente alle ingenti richieste dei clienti

europei ed africani.

  50  

Dell cominciava ad avere un’ottima reputazione non solo per i prodotti che offriva, ma

anche per i servizi post-vendita che garantiva.

Il modello, dimostratosi vincente, veniva copiato da molti new entrants del settore.

Nel 1991, per soddisfare anche le richieste dei clienti che necessitavano di un punto

vendita fisico, Dell avviò delle partnership con il canale distributivo tramite accordi con

società del settore come CompUSA, Stamples and PC world.

Gli accordi presi stabilivano che i distributori avrebbero dovuto offrire i computer con

marchio Dell e inoltre garantire un servizio pre e post-vendita degno della fama che

l’azienda si era creata.

Nel 1991 il fatturato aziendale toccò gli 890 milioni di dollari e nel 1992 quasi 2

miliardi, facendo quindi credere che la strategia legata all’utilizzo del middle-man fosse

azzeccata, ma si trattava solo di una falsa speranza.

Proprio l’anno seguente l’azienda texana conobbe la sua prima decrescita e vide crollare

il valore delle proprie azioni in borsa a sette dollari l’una.

Uno dei motivi di questo crollo fu la mancanza di un vero management in grado di

gestire la rapida crescita che stava avendo l’azienda, anche se, a detta di molti esperti

del settore, il vero motivo fu l’utilizzo del canale distributivo deciso appena 2 anni

prima.

Nel 1994, Dell decise così di ritornare sui propri passi, riproponendo “Il Modello

Diretto” e decidendo che sarebbe stato l’unico modello di vendita utilizzato

dall’azienda.  

“The benefit of exiting retail is not just the change in our financial condition. The real

value is that it forced all of our people to focus 100% on the direct model. That

singlemindedness was a powerful unifying force.”  

-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-

Nello stesso anno Michael Dell riuscì a convincere Morton Topfer a lasciare Motorola e

lavorare per lui, Topfer gli promise di restare solo per pochi mesi, aveva 57 anni e,

assieme alla moglie, aveva appena costruito una casa di riposo a Las Vegas, in Nevada,

con il programma di godersi la vecchiaia.

Fu vice presidente di Dell e mantenne la posizione per cinque anni.

  51  

A una settimana dal suo ingresso in azienda rese pubblica la seguente previsione:

"Stiamo guidando Dell affinché divenga il secondo, o terzo produttore hardware a

livello mondiale e forse anche il numero uno nella vendita di pc.”

-Marc Topfer, Dell’s Vice President-

Fig.5: Michael Dell e Morton Topfer nel 1995, FONTE: www.dell.com

Nato a Brooklyn, New York, nel 1936, Topfer aveva conseguito una laurea in fisica

presso il Brooklyn College.

Nel 1971 entra a far parte di Motorola dove ne divenne il presidente.

Dell e Topfer si incontrarono la prima volta nel gennaio 1994 e discussero le loro

filosofie di business per diversi mesi prima che Topfer divenisse vice presidente Dell.

In quel ruolo, Topfer, gestì la pianificazione della produzione della società.

Topfer e Dell lavorarono insieme per dividere il mercato Direct Client to Client in

segmenti più piccoli.

Nel particolare ogni segmento poneva l’attenzione su determinati prodotti per

soddisfare le esigenze specifiche di ogni tipologia di cliente, fu questa una grande

trovata perchè suddivisero il mercato in base ai clienti e non ai prodotti, come invece i

loro competitor erano soliti fare.

  52  

Grazie alla sua decennale esperienza nel mercato Topfer fu, oltre che vice presidente,

anche un mentore per Michael Dell, aiutandolo a far fronte alle esigenze di gestione di

un’azienda multimiliardaria che solo pochi anni prima, proprio a causa di una mancanza

di un management in grado di gestire l’enorme crescita avuta, affrontò la sua prima

crisi.

Anche dopo le sue dimissioni avvenute nel 1999, rimase uno dei consiglieri più vicini a

Dell.

Presentato in breve colui che sembra aver segnato la risalita dell’azienda texana dopo la

brusca frenata vissuta nel 1993, possiamo ritenere che il ritorno all’utilizzo della

strategia diretta si rivelò subito vincente, tanto che le vendite crebbero di circa il 49%

ogni anno, passando da 3.5 miliardi di dollari di fatturato nel 1994 a più di 25 miliardi

nel 1999, mentre solo sei anni dopo la prima decrescita aziendale, DELL registrò dei

profitti aziendali per 1.7 miliardi di dollari. [Grafico 11]

Grafico 11: Dell Annual Reports, Dati dal 1986-1999, FONTE: www.dell.com

Nello stesso anno divenne la prima azienda produttrice di computer negli Stati Uniti con

una quota di mercato pari al 16%, e la seconda al mondo a fronte di una quota del 9.8%,

seconda solo a Compaq.

  53  

Il prezzo delle azioni crebbe di oltre 40 volte dal 1994 al 1999 e la capitalizzazione di

mercato della società sormontò i 100 miliardi di dollari. [Grafico 12]

Grafico 12: Computer Industry Forecast, Dati dal 1994-2000, FONTE: www.dell.com

Nel 2001 l’azienda consolida la sua posizione di leadership nel mercato statunitense,

riuscendo ad ottenere anche il primo posto worldwide, a fronte di una quota di mercato

pari al 13.3%, superando così l’eterna rivale Compaq, ferma a 11.1%. [Grafico 13 e 14]

Grafico 13: US PC Vendor Market Share, FONTE: Gartner Dataquest, 2002

  54  

Grafico 14: PC vendors Global Market Share, FONTE: Gartner Dataquest, 2002

Nel 2003 l’azienda cambia il suo nome in Dell Inc. per seguire la tendenza aziendale

che la vedeva in un periodo di trasformazione in un’azienda IT produttrice non solo di

computer o server, ma anche di altri prodotti hardware (come ad esempio stampanti o

televisioni), soluzioni, servizi e software.

Raggiunta la leadership nel mercato dei computer Dell decise, infatti, di entrare nel

mercato delle stampanti, dei proiettori e delle televisioni, grazie ad alcune importanti

partnership con attori globali come Samsung e Kodak.

Nel 2004 Michael Dell decide di ritirarsi dal ruolo di CEO per lasciare le redini

dell’azienda a Kevin Rollins.

Lo stesso anno l'azienda raggiunge il terzo posto come service & computer provider in

Cina con una crescita del 60% in cinque anni.

Nel 2007 Michael Dell è costretto a ritornare a capo dell'azienda a causa del calo di

performance avvenuto nel triennio in cui egli era assente.

Annuncia una nuova campagna, denominata Dell 2.0, basata sulla riduzione dei costi e

sulla diversificazione dei prodotti offerti.

Sempre nel 2007 Dell dà il via al programma Dell Partner Direct per VAR (Value-

Added Remarketers) ossia rivenditori a valore aggiunto, è una grossissima novità, in

quanto per la prima volta dopo il fallimentare tentativo del 1991, l’azienda decide di

usufruire dei rivenditori per la vendita dei propri prodotti, aprendo al canale indiretto.

Intorno al 2008 Dell intraprende una nuova strategia e comincia ad acquisire realtà

aziendali di settori diversi con competenze specifiche in determinati campi non familiari

all’azienda di Austin.

L’azienda ad oggi ha acquisito 27 compagnie per incrementare le proprie competenze e

  55  

per allargare le proprie vedute nel campo dei sistemi storage, dei servizi, del cloud

computing e del software.

Tra le più importanti acquisizioni ne citiamo alcune:

• American Compellent, acquisita nel 2011 per 820 milioni di dollari

• Equallogic

• Perot System

• Quest

• Sonicwall

Questo tipo di acquisizioni dimostrano la volontà di Dell di voler essere identificata dal

mercato non solo come un fornitore di hardware ma anche come un venditore di

soluzioni, servizi e software.

Ad oggi, l’azienda occupa il cinquantunesimo posto nella lista stilata da Fortune 500,

con un fatturato di circa 57 miliardi di dollari35, mentre si trova al terzo posto

worldwide con una quota di mercato di circa l’11.6%.

Dell rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso è cresciuta di circa 1 punto

percentuale, il terzo quarter del 2012 occupava sempre il terzo posto ma con una quota

di mercato del 10.5%.36 [Grafico 15]

Grafico 15: Quote di mercato PC vendors 2013, FONTE: www.forbes.com

L’azienda è stata da poco privatizzata con un operazione da 24.9 miliardi di dollari

conclusa dallo stesso fondatore dell’azienda Michael Dell, il quale ora detiene il 75%

del capitale azionario, e dal fondo d’investimento Silver Lake Partner.                                                                                                                35 http://money.cnn.com/, 2013, Fortune 500 36 Gartner e IDC (2013), www.forbes.com, Forbes  

  56  

2.2. LA STRATEGIA DEI COMPETITORS

Nel lontano 1995 un famoso manager a capo di una grossa azienda giapponese, nello

spiegare come la propria azienda sarebbe entrata nel mercato dei PC statunitense, disse:

“Noi abbiamo un fortissimo brand, e cosa più importante, produciamo la maggior parte

dei componenti dei nostri computer da soli. Questo ci darà un enorme vantaggio

rispetto ai nostri competitor statunitensi, che devono comprare le componenti

esternamente.”

Questa strategia si dimostrò completamente sbagliata, infatti, aziende come Sony,

Hitachy e Fujitsu, investirono moltissimo nella produzione dei componenti per

computer per riuscire ad entrare nel mercato dei PC statunitense, ottenendo solamente

una piccola fetta del mercato.

Contemporaneamente, nello stesso periodo, un allora diciannovenne Michael Dell

fondava nella sua stanza del dormitorio universitario la Dell computer Corporation, che

in poco tempo avrebbe ottenuto una porzione del mercato di PC statunitense maggiore

di tutte le più grosse aziende giapponesi messe insieme.

Dell crebbe del 50% ogni anno dal 1995 al 1998 e vide il valore delle sue azioni

crescere del 30.000% in una decade.

Dell non produceva alcun componente da sola, ma era comunque in grado di assemblare

una macchina personalizzata secondo le richieste dei clienti in qualche ora.

Il modello di vendita utilizzato dalle aziende produttrici di computer del tempo era il

modello indiretto, che prevedeva rapporti con distributori e venditori.

Come facilmente immaginabile, questo passaggio aggiuntivo riduceva la marginalità

aziendale e limitava il controllo diretto sui clienti finali, ma allo stesso permetteva di

contare sui rivenditori e agenti per tutti gli oneri concernenti le attività di marketing,

pubblicità, approccio clienti e vendita.

Questo modello permise ai produttori che ne usufruivano di viaggiare su grandi volumi

di produzione, in quanto fecero affidamento su grandi linee di assemblaggio

permettendo loro di avvalersi delle economie di scala.

I computer proposti erano standard, difficilmente personalizzabili, questo perché la

personalizzazione sarebbe costata troppo in termini di costi ma soprattutto di tempo.

  57  

Il cliente interessato a personalizzare il computer avrebbe dovuto contattare il

distributore che a sua poi avrebbe contattato il produttore palesandogli le

personalizzazioni richieste dal cliente da apportare alla macchina.

Questo processo si sarebbe rivelato lungo e inoltre ci sarebbe stato un elevato rischio di

incomprensioni dovute al passaggio di informazioni dal cliente al distributore e poi da

questi al produttore. [Grafico 16]

Grafico 16: Il modello indiretto utilizzato dai competitors, FONTE: www.dell.com

Il modello di vendita indiretto era il più utilizzato da tutti i colossi dell’elettronica del

tempo, e questo diede uno spiraglio all’idea al tempo innovativa di Michael Dell,

un’idea che usciva dagli schemi, ma che con il tempo si sarebbe rivelata vincente, il

modello di vendita diretto.

2.3. IL MODELLO DIRETTO DI VENDITA: IL DIRECT MODEL

Uno studio su Dell Computer non può prescindere da un approfondimento su ciò che

l’ha resa un’azienda famosa e leader del mercato, il direct model.

Il direct model è il principale modello di vendita utilizzato da Dell fin dal giorno della

sua fondazione; si basa sulla vendita diretta dei PC ai vari clienti, concedendo loro la

possibilità di personalizzare la macchina a loro piacimento.

Dell tagliò il cosiddetto middle man instaurando un rapporto diretto con i propri

consumatori, fossero essi aziende o end-users.

Fin dall’inizio, l’intero business dell’azienda fu orientato al cliente, capire cosa

desiderava e consegnare ciò che chiedeva.

Molte aziende utilizzavano il modello diretto solo per vendere ai grossi clienti che

acquistavano centinaia o migliaia di macchine, mentre utilizzavano i rivenditori per

  58  

vendere ai clienti di dimensioni minori; Dell, per contro, applicava il direct model a

qualsiasi cliente, indistintamente che comprasse una o mille macchine.

Dell produceva solo ciò che il cliente ordinava, mentre le altre aziende erano solite

produrre prima di sapere se il cliente desiderasse quella macchina o meno; questo

creava inevitabilmente scorte e riempiva i magazzini di aziende come IBM ed Apple,

magazzini che invece erano vuoti in Dell, permettendo così all’azienda di ridurre i costi.

Proprio in virtù del fatto che Dell non aveva costi di magazzino e costi legati al markup

da garantire ai rivenditori, era in grado di offrire un prodotto, spesso anche

qualitativamente superiore a quello offerto dai competitor, a costi inferiori, questo ha

permesso all’azienda di crescere a ritmi davvero elevati, soprattutto nei primi anni della

sua vita. [Grafico 17]

La strategia aziendale venne ben sintetizzata dalle parole del suo fondatore nel libro da

lui stesso scritto nel 2000 intitolato “Direct From Dell”37:

“As a small start-up, Dell couldn’t afford to create every piece of the value chain... We

concluded we’d be better off leveraging the investments others have made and focusing

on delivering solutions and systems to the customers... If you’ve got a race with 20

players that are all vying to produce the fastest graphics chip in the world, do you want

to be the twenty-first horse, or do you want to evaluate the field of twenty and pick the

best one?”.

-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-

Grafico 17: Dell direct model, FONTE: www.dell.com

                                                                                                               37  Dell  M.,  Fredman  C.,  “Direct  From  Dell,  Strategies  That  Revolutionized  an  Industry”,  2006,  National  Bestseller  

  59  

Grazie a questo modello l’azienda texana inventò un nuovo business model,

focalizzandosi sulla velocità di produzione e di esecuzione, minimizzando le scorte ed

eliminando il magazzino.

L’azienda bypassò i distributori e gli intermediari per vendere direttamente ai clienti

che, nei primi anni, contattavano Dell direttamente al telefono per ordinare il proprio

computer personalizzandolo a loro piacimento.

Il Dell direct model si caratterizzò per la velocità di produzione e di consegna, per i

bassi costi di distribuzione, per il rapporto diretto che aveva creato con i clienti, per il

build-to-order e il just-in-time manufacturing.

Essendo che i materiali e i PC uscivano velocemente dalla fabbrica, le nuove tecnologie

venivano inserite ed offerte ai clienti in modo più semplice rispetto a quanto non

potessero fare le altre aziende concorrenti schiave del modello indiretto, infatti, come

disse Michael Dell in un’intervista al New York Times dell’aprile del 2000:

“Usando questa strategia, se io ho 11 giorni di inventario e i miei competitor ne hanno

80, e Intel fa uscire un nuovo chip da 450 megahertz, significa che io proporrò la nuova

tecnologia 69 giorni prima del mercato.” (Fig.5)

-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-

All’inizio il problema di tale strategia era che molti potenziali consumatori avevano

paura di spendere 4000$ per un computer prodotto da un’azienda senza punti vendita, e

quindi un’azienda virtuale che non permetteva loro di toccare con mano ciò che poi

avrebbero comprato.

Per aggirare tale problema l’azienda decise di concedere una serie di servizi aggiuntivi

che riuscissero in parte a limitare questi dubbi iniziali, tra cui una garanzia di 30 giorni

entro i quali, ci fossero stati dei problemi, il cliente avrebbe potuto chiedere il rimborso

totale di quanto speso.

Per ottenere il successo che poi l’azienda avrebbe ottenuto, fu necessario instaurare un

rapporto continuo e basato sulla fiducia non solo con i clienti, ma anche con i fornitori,

con la quale Dell aveva una relazione quasi quotidiana e ai quali comunicava quale

  60  

fosse l’esatta richiesta giornaliera in modo tale che tutti fossero organizzati e allineati;

solo così si poteva riuscire a non avere scorte e magazzino e a rispondere nel minor

tempo possibile alle richieste, sempre più numerose, dei clienti.

“Quindi non è ‘bene, ogni due settimane consegnate 5000 chassis a questo magazzino,

creeremo le scorte che poi andremo a gestire nel tempo’, bensì è ‘domani mattina

necessitiamo di 8562 chassis alla porta numero 7 del magazzino di Austin alle 7.30’.”

-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-

Affinchè tutto questo fosse possibile, la maggior parte dei fornitori dell’azienda

costruirono le fabbriche dove avrebbero prodotto i componenti da consegnare, nelle

zone limitrofe ai siti produttivi Dell; inoltre, i partner Dell erano soliti collaborare con

l’azienda statunitense per i nuovi progetti, in modo tale da sapere in tempo reale le

necessità dell’azienda.

Dell garantiva ai propri fornitori, una previsione sulle proprie vendite che rasentava la

perfezione; questo permetteva ai partner di sapere con esattezza i bisogni dell’azienda e

di servirla al meglio.

Altro punto focale di tale rapporto, fu il modesto numero di fornitori con i quali Dell

decise di lavorare.

Questa stretta relazione, basata su una forte fiducia, permetteva all’azienda di ottenere

le ultime tecnologie offerte dai fornitori prima che le ottenessero i competitor.

“I fornitori sono effettivamente diventati nostri partner. La regola che noi seguiamo è

quella di avere il minor numero di partner possibile, con i quali manterremo l’alleanza

fino a che essi riusciranno a conservare una posizione di leadership nel loro mercato.”

-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-

Dell, ancora oggi, pone una grandissima enfasi nelle fasi di produzione e di

distribuzione, tutto deve arrivare e partire nei tempi prestabiliti.

L’azienda texana da sempre crede che la gestione della supply chain sia uno dei

vantaggi competitivi più rilevanti, e se non avesse avuto questa filosofia non sarebbe

  61  

riuscita a proporre il modello di vendita che da sempre la contraddistingue e non

sarebbe riuscita ad applicare la sua strategia lungo tutta la catena.

Ogni computer è specificatamente configurato secondo una precisa richiesta del cliente,

i componenti arrivano dai fornitori esattamente nel momento in cui va prodotta la

macchina, che nel giro di pochi giorni viene consegnata direttamente al cliente stesso.

Tutto questo era ed è possibile solo grazie ad un’attenta e accurata gestione di tutti gli

attori facenti parte la supply chain.

Un’altra geniale novità caratterizzante il direct model fu ed è il servizio offerto ai

clienti.

“The first: to really grow our business, we would have to target large companies. The

second: to land large companies, we would have to offer the absolute best support in

the industry. That was how we came up with the idea to provide the industry’s first on-

site service for PC’s. If a customer called us with a problem, we’d say, “We’ll be out

tomorrow to fix it.”

-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-

Dell fa del servizio e del supporto ai clienti uno dei suoi punti di forza principali fin dal

giorno in cui venne fondata.

Già nel 1994 assunse 1300 tecnici disponibili telefonicamente 24 ore al giorno.

Il vantaggio di fornire supporto telefonico era che il 90% dei clienti veniva indirizzato

passo dopo passo alla risoluzione dei problemi via telefono, senza quindi il bisogno di

fare uscire un tecnico per risolvere il problema direttamente dal cliente, cosa che

sarebbe accaduta nel caso in cui il tecnico non fosse riuscito a chiarire il problema da

remoto.

Lo stesso supporto quasi morboso, veniva assicurato anche ai fornitori aziendali.

La qualità del servizio post-vendita offerto da Dell, fu un successo enorme e inaspettato

da parte di tutti gli esperti del settore, competitor e analisti.

Tutti ritenevano, al tempo, il modello di vendita diretto incompatibile con un servizio di

qualità elevato, credevano che con l’aiuto dei rivenditori e dei punti vendita “fisici”, i

competitor di Dell avrebbero sempre avuto un vantaggio in termini di servizio offerto.

Si sbagliarono, infatti, fin dall’inizio, Dell vide una grossa opportunità nel business dei

  62  

servizi, una lacuna dei competitor alla quale nessuno aveva pensato.

Nel 1986, Dell, offrì la prima vera garanzia on-site next business day, che permetteva al

cliente di chiamare il supporto tecnico in caso di problemi e ottenere assistenza diretta

entro il giorno successivo alla chiamata direttamente e comodamente a casa, in ufficio o

ovunque si trovasse il problema.

Improvvisamente il servizio offerto dalle altre aziende risultò vecchio e “fuori moda”.

Anche oggi, quando si richiede assistenza ad un punto fisico in caso di problema al

computer, il tempo necessario affinchè questo venga riparato, varia dalla settimana ai

venti giorni, ben distante dal next business day offerto dall’azienda texana.

Ciò che, a detta di tutti, sarebbe dovuto essere un grandissimo svantaggio per Dell, si

trasformò in un enorme punto di forza.

Dell si differenziava anche per la qualità dei propri prodotti, produceva computer

compatibili con IBM che erano più veloci e performanti di quelli prodotti da IBM

stessa.

Nei primi anni di attività, IBM deteneva il 70% del mercato utilizzando un 6 megahertz

286 OC, Dell propose una macchina con addirittura 12 megahertz.

La mossa successiva fu quella di pubblicizzare la loro macchina comparandola con

quella IBM; la loro, nonostante fosse più performante, costava 1995 dollari, mentre il

PC di IBM costava ben 3995 dollari.

Nel 1986 si presentarono allo “spring comdex”, una fiera per produttori di PC, per

promuovere la nuova tecnologia.

All’apertura della fiera lo stand Dell sembrava essere il solo interesse dei presenti,

presto si formarono due lunghissime code, in una c’era la stampa, nell’altra gli

appassionati che erano completamente stupefatti dalla nuova tecnologia di questa, al

tempo, potentissima macchina.

Dell aveva ottenuto quanto voleva, ovvero, ogni singola persona si chiedeva perché

avrebbe dovuto comprare una macchina meno performante che costava più del doppio

di quella più performante.

Tutti, compresa la stampa, cominciava a consigliare Dell come la migliore marca

qualità-prezzo.

Dell aveva in mano il mercato, e tutto grazie all’innovativo modello di vendita, al suo

supporto clienti e alle coraggiose decisioni prese nei primi anni della sua esistenza dal

  63  

suo CEO nonché fondatore Michael Dell.

Per meglio comprendere il direct model Dell e le sue principali differenze con il

modello di vendita indiretto utilizzato dai competitor, propongo la tabella 2.

TRADITIONAL

MANUFACTURER

DELL

Si cerca di prevedere la domanda Il cliente finale ordina via

telefono/internet

I fornitori forniscono le componenti I fornitori forniscono immediatamente

le parti necessarie alla produzione

della macchina richiesta

Si producono le componenti base Dell assembla i computer come da

richieste dei clienti

I PC vengono assemblati nelle

fabbriche

I computer finiti vengono spediti

direttamente al cliente via corriere

Si creano scorte e magazzino I consumatori si godono il computer

I PC vengono trasportati presso i

rivenditori

Elevato servizio post-vendita (garanzia

next business day on-site)

PC dai rivenditori fino a che non

vengono venduti

Nessuna gestione di scorte o

magazzino

Comprati dai consumatori

Tabella 2: Principali differenze tra Direct Model Dell e il modello indiretto, FONTE: Elaborazione personale

2.4. DELL E LA SUPPLY CHAIN: UNO STRUMENTO PER

COMPETERE

I leader del settore dei PC che cercavano un modo per immettere nel mercato prodotti

sempre più tecnologici e studiavano in continuazione nuovi articoli riducendone il ciclo

di vita, inizialmente tralasciarono la gestione della supply chain, in quanto non

considerata un fattore di importanza strategica.

I computer venivano venduti tramite il canale indiretto, ovvero nel modo classico,

attraverso l’utilizzo di rivenditori e distributori, questo faceva si che le macchine e i

  64  

componenti stessero in magazzino ad “invecchiare” per un periodo medio di due mesi.

I prezzi dei processori, elemento cruciale per un qualsiasi computer, dal giorno della

loro scoperta, sono costantemente diminuiti in media del 30% annuo, quindi più a lungo

questi rimanevano sugli “scaffali”38, più si deprezzavano.

Il ciclo di vita medio di un processore è di circa 6-8 mesi, in più, i costi dei componenti

incidono all’incirca dell’80% sul costo totale del PC, quindi, avere scorte a magazzino

nel settore informatico non può essere un’idea vincente, in quanto una qualsiasi

macchina o componente rischia di diventare obsoleto in poco tempo, obbligando il

produttore a disfarsene a prezzi sottocosto.

Grazie ad una strategia innovativa e ad un’accurata gestione della supply chain,

l’azienda texana riuscì ad ottenere un vantaggio competitivo sui concorrenti che

altrimenti non avrebbe potuto avere.

Dell era in grado di produrre e assemblare ogni PC su ordinazione, lasciando al cliente

un’elevata possibilità di personalizzazione.

L’avvento di internet offrì poi a Dell l’opportunità di rafforzare il proprio modello

diretto, rendendolo addirittura più efficace, efficiente ed economico, grazie alla facilità

di configurazione e di personalizzazione del prodotto direttamente tramite l’utilizzo del

sito internet dell’azienda, lanciato nel 1994.

Niente più telefono o call center, niente più commerciali dedicati, internet permetteva

ad una qualunque persona di personalizzare ed ordinare la propria macchina

direttamente dal sito Dell e comodamente seduto sulla sedia del proprio ufficio.

Internet concedeva all’azienda la possibilità di implementare e migliorare il proprio

modello di vendita, offrendo la possibilità ai propri clienti di personalizzare e ordinare il

proprio computer 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno.

L’azienda non fu la prima ad avvicinarsi all’e-commerce, anche se si può ritenere che

nessuno potesse vantare condizioni migliori per avere successo nel ciberspazio.

A sei mesi dall’apertura del sito, l’azienda realizzava vendite “on-line” per circa 1

milione di dollari al giorno, con un conseguente aumento di vendite totali di circa il

20%.39

Già nel 1997 le vendite giornaliere dell’azienda statunitense toccarono quota 4 milioni

                                                                                                               38  “Dell  computer:  Selling  PCs  like  Bananas”,  The  Economist,  2003  39 McWilliams G., (2003), “Whirlwind on the web”, Transportation and distribution

  65  

di dollari.40

Oggi Dell detiene uno degli e-commerce migliori al mondo in termini di fatturato,

infatti, di circa 58 miliardi di dollari di fatturato annuale, 3.9 miliardi provengono dalle

vendite online, circa il 7% dell’intero fatturato.

La forza di Dell stava nella velocità di produzione e di consegna al cliente, nonostante

proponesse un computer totalmente personalizzabile.

Solitamente entro 36 ore dall’ordine avvenuto on-line, i PC personalizzati uscivano

dalle linee di produzione per essere spediti e consegnati al cliente, anche se si ritiene

che circa l’80% dei PC Dell fossero pronti per la spedizione entro le 8 ore seguenti il

processo di ordinazione on-line.

L’ordine tipo per l’azienda texana funzionava in un modo estremamente semplice: dopo

che il cliente aveva ordinato il computer online o via telefono, Dell processava l’ordine

valutando le condizioni finanziarie dello stesso e la configurazione da esso richiesta.

Questo richiedeva circa due giorni, dopo i quali, l’azienda inoltrava l’ordine ad una

delle fabbriche di Austin, le quali riuscivano a costruire, testare e confezionare il

prodotto nel giro di 8 ore41.

Per la maggior parte delle vendite dirette Dell poteva contare su un pagamento

immediato, che avveniva addirittura prima della consegna delle macchine al cliente,

infatti, l’azienda riceveva il pagamento in media entro 24 ore dall’emissione dell’ordine

on-line; mentre per esempio, Compaq, principale competitor dell’azienda texana e al

tempo leader del mercato, doveva attendere circa 35 giorni, con tempi di attesa medi del

mercato che variavano dai 15 ai 20 giorni.

La cosa interessante è che a Dell vengono fatturati i componenti solo quando lasciano il

magazzino del fornitore, il che significa che quest’ultimo riceve il pagamento all’incirca

45 giorni dopo. [Grafico 18]

                                                                                                               40 (2011), “Case study: Dell, Distribution and Supply Chain Innovation”, http://www.marsdd.com/ 41 Kapuschinski R., Zhang R. Q., Carboneau P., Bill Reeves R. M., (2004), “Inventory Decisions in Dell’s Supply Chain”,

INFORMS  

  66  

Grafico 18: Giorni medi di attesa di ricezione del pagamento da parte dei clienti, FONTE: Elaborazione personale

Con questi numeri, si capisce il motivo per la quale Dell ebbe una crescita esponenziale

in poco tempo e soprattutto il vantaggio competitivo che il direct model assicurava

all’azienda texana.

Dell cerca da sempre di ridurre le sue scorte al minimo, infatti, la maggior parte dei

componenti vengono ordinati al proprio fornitore solo dopo aver ricevuto l’ordine dal

cliente, facendo in modo che fino al momento dell’ordine, le scorte siano a carico del

fornitore stesso.

Anche nel mercato italiano, oggi che, come vedremo più avanti, l’azienda ha deciso di

stringere rapporti con i rivenditori di fatto aprendo al canale di vendita indiretto, le

scorte vengono gestite dai distributori e in parte dai partner, Dell, infatti, offre loro la

possibilità di comprare uno stock di macchine preconfigurate a prezzi vantaggiosi,

svuotando così i propri magazzini e riempiendo quelli dei partner e dei distributori che

fungono in un certo senso da magazzino per l’azienda texana.

Affinchè tutto questo fosse possibile, Dell, ha cercato di sviluppare strette alleanze con

pochi fornitori, in modo tale da creare un rapporto stretto e caratterizzato da levata lealtà

e fiducia, tant’è vero che l’azienda ha ridotto i fornitori da 204 nel 1992 a 47 nel 1997,

fino ad arrivare al 2004 in cui circa quaranta fornitori fornivano l’80% dei componenti.

L’azienda ha sempre fatto delle operations e della gestione della supply chain la sua

0  

5  

10  

15  

20  

25  

30  

35  

40  

DELL   COMPAQ   MEDIA  MERCATO  

GIORNI  DI  ATTESA  RICEZIONE  PAGAMENTI  

  67  

forza principale, a conferma, le operations di Dell sono sempre state e sono tutt’ora,

oggetto di studi ed esami al fine di eliminare gli sprechi di tempo e quei passaggi che

non aggiungono valore al cliente.

Si pensi che il numero totale di interventi coinvolti nella produzione di PC sono stati

ridotti a 60, contro una media del settore di circa 13042. [Grafico 19]

Grafico 19: Numero interventi medi per la produzione di un PC, FONTE: Elaborazione propria

Tale approccio è favorito dall’enorme attenzione riposta da Dell nei confronti dei

componenti comuni e soprattutto dal forte legame di fiducia che connette l’azienda ai

suoi fornitori, ai suoi partner e ai suoi distributori.

I fornitori non conservano in magazzino per più di 8 giorni i componenti da consegnare

a Dell, la maggior parte delle volte la consegna avviene in giornata, questo perché i siti

produttivi dei fornitori non sono più distanti di 15 minuti dalle fabbriche Dell presenti in

Texas, Irlanda e Malesia, consentendo all’azienda un risparmio non marginale dei costi

di trasporto.

L’azienda americana, soprattutto per i componenti principali, è solita collaborare con i

fornitori per abbreviare i tempi e per migliorare le previsioni.

                                                                                                               42  Kapuschinski  R.,  Zhang  R.  Q.,  Carboneau  P.,  Bill  Reeves  R.  M.,  (2004),  “Inventory  Decisions  in  Dell’s  Supply  Chain”,  

INFORMS  

 

0  

20  

40  

60  

80  

100  

120  

140  

DELL   MEDIA  SETTORE  

NUMERO  INTERVENTI  MEDI  PRODUZIONE  PC  

  68  

Proprio le previsioni erano, e sono tutt’ora, un fattore fondamentale per la perfetta

riuscita di questo sistema; l’azienda fornisce, infatti, ai fornitori delle previsioni molto

accurate e precise, in questo modo il fornitore è sempre a conoscenza di cosa produrre e

in che quantità, ciò è permesso dal sistema di previsioni interno all’azienda, che da

sempre è considerata come una funzione essenziale per il successo.43

2.5. IL RAPPORTO CON I FORNITORI

Michael Dell fondò l’azienda, che ora porta il suo nome, con appena 1000$ di capitale

sociale, e come disse lui stesso:

“Con appena 1000$ spendi ogni singolo dollaro molto attentamente. Devi imparare ad

essere economico, efficiente e prudente allo stesso tempo. Devi anche imparare a

sviluppare solo le cose che aggiungono valore alla tua azienda e ai tuoi clienti”.

-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-

Fin dal primo giorno Michael si chiedeva se fosse necessario costruire i componenti

internamente o se affidarsi ad aziende esterne e quindi acquistarli da terzi.

Al tempo, gli esperti di settore, consigliavano di produrre tutto internamente, solo così

si sarebbe potuto avere un controllo totale su tutti i processi aziendali.

L’azienda statunitense, come spesso accadde, non diede ascolto alle voci e ai consigli e

decise di affidare la produzione dei componenti ad aziende esterne specializzate.

Anche questa si rivelò una scelta vincente, lavorando e affidandosi pienamente a

fornitori esperti, Dell poté concentrarsi sul proprio business e su ciò per cui si era

differenziata, ovvero sui clienti e sul modello di vendita diretto.

L’outsourcing permise alla Dell di ottenere componenti di qualità superiore rispetto a

quelli prodotti dai competitor, che invece preferirono produrli in casa, questo perché le

aziende con cui Dell strinse dei rapporti lavorativi, erano le migliori al mondo nel

settore, con decine di anni di esperienza alle spalle.

L’outsourcing permise, inoltre, di affidarsi a più aziende, quindi nel caso un partner

avesse avuto dei problemi di consegna o di lavoro, Dell avrebbe potuto rivolgersi

                                                                                                               43 Christopher M. (2005), “Supply Chain Management, Creare Valore con la Logistica”, Financial Times, Prentice Hall, New York

  69  

immediatamente ad un altro fornitore.

In un’intervista al Washigton Post del settembre 1998, Michael disse:

“I clienti spesso ci dicevano che non volevano entrare nel business dei computer,

dicevano che questo fosse il nostro lavoro. Loro volevano semplicemente sapere che

potevano comprare un ottimo computer e che sarebbero stati supportati a dovere

nell’acquisto. Bene, noi di Dell, la pensiamo esattamente allo stesso modo nei confronti

dei fornitori. È il loro lavoro, noi vogliamo ottenere solamente i migliori componenti in

commercio e vogliamo essere supportati a dovere.”

-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-

Il direct model diede un valore aggiunto anche ai suppliers, infatti, consentiva loro di

ottenere feedback immediati riguardanti i componenti prodotti, questo perché il rapporto

diretto che Dell aveva con i propri clienti, assicurava all’azienda la possibilità di

ottenere un riscontro quasi immediato sui prodotti offerti.

Nel caso il problema dipendesse da un componente, l’azienda poteva contattare

immediatamente il fornitore e chiedere una miglioria, una modifica o stabilire come

procedere per accontentare le richieste del cliente.

Questo diede a Dell un ulteriore vantaggio competitivo, perché i competitor, utilizzando

il modello indiretto, avevano qualche passaggio in più e quindi in caso di problemi, i

clienti avrebbero prima contattato il rivenditore, che poi a sua volta avrebbe dovuto

contattare il produttore, che poi in caso avrebbe contattato il fornitore per cercare una

soluzione al problema, facendo passare troppo tempo per accontentare la richiesta del

cliente.

Un altro punto di forza che permetteva all’azienda statunitense di avere un rapporto di

favore con i fornitori, era rappresentato dalla loro capacità di prevedere le richieste e i

bisogni dei clienti.

Dell fece del sistema di forecasting uno strumento assolutamente necessario, tanto che

grazie a questa capacità, l’azienda sapeva esattamente cosa ordinare, in che quantità,

quando ordinarlo, a chi ordinarlo, dove farlo pervenire e come.

Dell, secondo uno studio condotto da Jonathan Byrnes nel mese di giugno del 2003 per

Harvard Business School, aveva una precisione nello svolgere le proprie previsioni di

  70  

vendita che si aggirava intorno al 70/75%, questo grazie al rapporto quotidiano di

fiducia che l’azienda aveva con i propri clienti.44

Tutto questo, per i fornitori, significava una diminuzione dei tempi morti, una maggiore

precisione nella produzione, nella consegna e permetteva a loro volta di prevedere la

quantità esatta di componenti da produrre in un dato periodo.

Durante la mia esperienza in Dell ho avuto modo di testare di persona il sistema di

previsione aziendale, elemento considerato fondamentale.

Ogni settimana veniva chiesto ad ogni Channel Account Manager di dare una stima

precisa delle opportunità, classificandole in commit nel caso in cui la percentuale di

riuscita dell’affare fosse elevata e submit nel caso in cui invece la chiusura non fosse

stata certa.

Ogni stima doveva contenere il numero più o meno preciso di macchine coinvolte

nell’opportunità, il prezzo indicativo dell’affare, la percentuale di riuscita e anche i

competitor contro i quali si stava gareggiando.

Ci veniva richiesto di essere il più precisi possibile, in quanto tale sistema permetteva

all’azienda di conoscere il carico produttivo ed economico da sostenere per la settimana

successiva, assicurando così la possibilità di anticipare i clienti, ordinare la giusta

quantità di componenti ai fornitori e farsi trovare assolutamente preparati nel momento

del bisogno.

Per questo motivo veniva richiesto a noi commerciali di mantenere un rapporto

continuo con i propri clienti, tanto che si arrivava a contattare il cliente anche due volte

a settimana, anche solo per sapere se ci fossero nuove opportunità da inserire nel

gestionale.

La velocità con cui l’approccio diretto consentiva di offrire i prodotti al mercato aiutava

i fornitori a guadagnare quote di mercato più velocemente con le loro tecnologie.

Quando, per esempio, Dell cominciò a collaborare con Sony per la distribuzione delle

batterie al litio montate nel notebook Latitude XP, non fu solo una strategia vincente per

l’azienda di Austin, che fu la prima produttrice di computer a proporre un notebook con

una batteria che durasse così tanto, ma lo fu anche per Sony.

Sony, infatti, sapeva come combinare una batteria al litio con una o due celle, ma non

come combinarla con dieci celle che un notebook richiedeva.

                                                                                                               44 Byrnes J. (2003), “Dell Inc.: a New Story”, Harvard Business Review, Cambridge

  71  

Dell aiutò Sony a rendere la batteria al litio compatibile con i notebook, aprendo loro le

porte di un mercato che poi si sarebbe dimostrato vastissimo e molto redditizio.

L’azienda statunitense, cercando di applicare sempre per prima le nuove tecnologie

offerte, si dimostrò un “pioniere” della tecnologia offerta dai fornitori.

In un certo senso, credo che Dell abbia incoraggiato l’intera industria a crescere e a

migliorare.

Chiedere ai fornitori di essere precisi nelle consegne, rapidi nei progetti ed efficienti,

aiutò questi ultimi a migliorarsi e a diventare più competitivi.

Dell arrivò ad avere rapporti con circa 150 fornitori, crescendo, si rese conto che le

relazioni con sempre più fornitori cominciavano a diventare costose ed impegnative,

bisognava progettare i componenti, renderli compatibili con i computer Dell e testarli in

continuazione, questo richiedeva un rapporto diretto e continuo con i propri partner che

costava in termini di tempo e di denaro.

Oggi, proprio per evitare tali costi, la regola dell’azienda è avere rapporti semplici e

avere meno partner possibili e soprattutto dislocati il più vicino possibile ai propri siti

produttivi, infatti, ad oggi circa 40 fornitori forniscono il 90% dei componenti necessari.

2.5.1. FORNITORI LOCALI O GLOBALI?

Espandendosi, Dell, dovette decidere se usufruire dei fornitori locali nelle zone in cui si

espandeva, o se rendere globali i fornitori con la quale aveva avuto degli ottimi rapporti

in passato.

Decisero che la prossimità avrebbe pagato e dunque chiesero ai loro fornitori locali di

seguire la strategia aziendale e di diventare dei global suppliers, servendo fabbriche

Dell in tutto il mondo e costruendo dei siti produttivi a poca distanza da quelli

dell’azienda statunitense.

Ovviamente, prossimità avrebbe significato minori costi di trasporto per Dell e

maggiore facilità di comunicazione, progettazione e relazione con i propri fornitori, e

soprattutto, avrebbe significato ottenere i componenti con una velocità immediata, cosa

che, in un mercato in cui i costi di ogni singolo pezzo precipitavano con una media di 1

punto percentuale a settimana, avrebbe permesso ad entrambi di guadagnare in velocità

di risposta alle richieste dei clienti.

  72  

Un’altra volta, quest’intuizione si rivelò giusta e redditizia.

Un esempio è dato da un fornitore che iniziò il rapporto con Dell in Irlanda, una volta

venuto a conoscenza del fatto che l’azienda avrebbe aperto un sito produttivo in

Malesia, decise di costruire esso stesso una propria fabbrica a pochi minuti di distanza

da quella Dell, e lo stesso fece quando Dell si espanse in Brasile e Cina.

Quando si lavora con un global supplier, le incongruenze nel sistema di forecasting e

nella qualità dei prodotti richiesti per lo più spariscono, grazie agli stretti rapporti

quotidiani che un global supplier permette.

Lavorare con dei global supplier, in breve, significa ragionare con un’unica testa e

come un’unica entità e questo ha fatto la fortuna dell’azienda texana e dei suoi partner.

2.6. IL VIRTUAL INTEGRATION

Virtual Integration significa gestire un business in comune con un partner che l’azienda

considera come un estensione di se stessa e quindi come se fosse parte del proprio

business e della propria strategia.

Questo è ciò che ha sempre contraddistinto Dell dai suoi competitor, il cercare di

rendere ogni singola partnership e ogni singola collaborazione unica.

Nel fare ciò l’azienda ha implementato una serie di misure affinchè riuscisse ad attuare

rapporti duraturi e soprattutto leali.

Inizialmente il modello diretto permise a Dell di stringere dei rapporti che altrimenti

non avrebbe potuto avere, sia con i clienti finali che con i fornitori.

Rapporti che nessun altro poteva vantare, rapporti duraturi e caratterizzati da un’elevata

dose di lealtà e fedeltà.

I fornitori con i quali l’azienda texana cooperava, erano praticamente un ampliamento

dell’azienda stessa, un segmento aggiuntivo e venivano trattati come tali.

I fornitori erano dei partner che lavoravano insieme a Dell, spesso affidando dei loro

ingegneri all’azienda statunitense in modo tale da sviluppare insieme prodotti e progetti.

La regola principale di Dell è sempre stata quella di avere il minor numero possibile di

fornitori e partner con i quali implementare relazioni che durassero fino a che essi non

avessero mantenuto la leadership nel loro settore, era un modo per premiare i pochi

partner con i quali si aveva un rapporto, cercando di farli sentire unici e importanti.

  73  

La capacità di stringere simili rapporti con i fornitori non è una casualità, ma il risultato

di una strategia precisa ed attenta, infatti, Dell ha implementato diverse misure con il

fine di ottenere rapporti più duraturi e leali, tra cui45:

• La richiesta ai fornitori di costruire i propri siti produttivi in zone limitrofe alle

fabbriche Dell

• Lo sviluppo da parte dell’azienda statunitense del programma di certificazione che

è unico tra tutti i produttori di PC. Scott Perry, direttore senior delle vendite di

Maxtor Corporation, produttore di dischi rigidi per computer, ha dichiarato che il

processo di certificazione Dell è estremamente utile e preciso, un programma che

insegna agli ingegneri della Maxtor la lingua, i processi e le metriche utilizzate

dall’azienda texana. Il processo di certificazione per i fornitori, non è altro che la

programmazione di corsi di qualche giorno, in cui gli ingegneri delle imprese

partner hanno la possibilità di sviluppare la visione aziendale e conoscere gli

strumenti a loro disposizione. Tali conoscenze sono assolutamente fondamentali,

in quanto, sempre a detta di Scott Perry, Dell pretende che gli ingegneri della

Maxtor supervisionino sia i processi della loro azienda che quelli di Dell, ma nel

modo e con gli strumenti che l’azienda texana mette loro a disposizione.

Nella sede Dell di Montpellier, ogni due mesi circa, l’azienda organizzava degli

incontri di due tre giorni con i propri partner italiani, con lo scopo di fornire loro

una formazione che li integrasse nella strategia dell’azienda texana. Dell

organizzava eventi, corsi e meeting inerenti le novità e i cambiamenti, in cui

spiegava e rendeva partecipi della strategia i partner presenti. Spesso questi eventi

diventavano momenti di svago, in cui si aveva la possibilità di conoscere le

persone con cui si lavorava quotidianamente al telefono e in cui ci si poteva

conoscere anche al di fuori dell’ambito lavorativo, rafforzando così i rapporti che

già si erano instaurati in precedenza.

• Dell è solita inviare saltuariamente i propri ingegneri presso le aziende partner, al

fine di monitorare i loro progressi, aiutarli nella comprensione dei processi e nel

migliorare la qualità degli stessi e dei prodotti da loro forniti. Gli ingegneri

                                                                                                               45 Jeffrey H. Dyer and Nile W. Hatch (2004), “Using Supplier Networks To Learn Faster”, MIT Sloan Management Review,

Massachusetts

  74  

conducono delle analisi e se qualcosa non dovesse andare nel migliore dei modi,

mettono a disposizione delle funzioni aziendali dei partner tutta la loro

competenza al fine di risolvere il problema sul nascere.

• Dell ha lavorato duramente implementando le sue stesse operations interne per

facilitare la condivisione di informazioni e strumenti con i partner, in modo tale

che tutti possano essere perfettamente integrati e che i processi siano fluidi e

rapidi. A riguardo, Scott Perry dichiara che grazie agli strumenti messi a

disposizione dei partner/fornitori, i componenti difettosi vengono inviati da Dell

alla Maxtor nel giro di 25/30 giorni, contro una media del settore di 90/100

giorni.

• Dell, solitamente, coordina e gestisce la condivisione di informazioni con i propri

fornitori e partner principali, attraverso meeting, anche telefonici, settimanali e

attraverso report finanziari trimestrali.

• Dell è stata una delle prime aziende produttrici di PC a creare un portale web per

propri partner che ha reso la collaborazione ancora più limpida e trasparente.

Attraverso l’utilizzo di tale portale, chiamato Premier Page, i partner hanno

accesso ai sistemi Dell e alle informazioni riguardanti i prodotti, le specifiche

tecniche, i costi e l’architettura del prodotto.

Nei casi in cui la tecnologia in questione sia abbastanza stabile, l’azienda si aspetta che

la relazione duri moltissimi anni, mentre nel caso in cui la tecnologia sia più volatile,

l’azienda è consapevole del fatto che la partnership sarà diversa, meno duratura e meno

stretta.

Simili rapporti sono stati resi ancora più semplici a partire dalla fine degli anni 90, anni

in cui internet ha conquistato il mercato, permettendo uno scambio di informazioni

continuo e a velocità disarmante.

Il virtual integration comprende anche il rapporto che Dell ha con i propri clienti, non

solo con i fornitori.

Il modello di vendita diretto ha sempre dato la possibilità all’azienda di ottenere

informazioni specifiche e direttamente dai propri clienti, permettendole di poter

  75  

instaurare alleanze quasi amichevoli con gli stessi46.

Un esempio è dato dal rapporto stabilito con l’azienda Boeing, che nel 2000 comprò

circa 100000 computer marchiati Dell.

Vista la dimensione dell’accordo Dell trasferì trenta suoi tecnici in Boeing facendoli

lavorare a stretto contatto con l’azienda cliente, affinchè essa rimanesse soddisfatta non

solo dei prodotti offerti e proposti dall’azienda texana, ma anche dai suoi servizi e dalla

sua serietà.

Il modo in cui lavoravano i tecnici faceva capire che erano perfettamente integrati in

Boeing e anche se rimanevano nel libro paga dell’azienda statunitense, per quel

particolare periodo fungevano da dipendenti Boeing a tutti gli effetti.

Dell non è la tipica azienda con la filosofia “ecco a lei i suoi computer, ci sentiamo per

il prossimo ordine”, alcuni clienti e talune opportunità sono grandi abbastanza da

giustificare un team on-site e un trattamento particolare.

Possiamo sintetizzare lo sviluppo delle relazioni e delle partnership che Dell ha avuto e

ha con i propri fornitori e clienti tramite l’utilizzo dello schema sotto. [Grafico 20]

                                                                                                               46  Magretta  J.  (1998),  “The  Power  of  Virtual  Integration:  an  interview  with  Dell  Computer’s  Michael  Dell”,  Harvard  Business  

Review,  Cambridge  

  76  

Grafico 20, Three models in the computer’s industry, FONTE: www.forbes.com, New York

Concludo questo paragrafo con una citazione del COO di Dell, Kevin B. Rollins:

“Il nostro business model è basato sulle relazioni dirette, non solo con i nostri clienti,

ma anche con i nostri fornitori e partner. Strette relazioni con essi, influenzano tutto, a

partire dal sistema di pianificazione e di previsione fino ad arrivare al miglioramento

della qualità, del prezzo, delle scorte e dei prodotti stessi. Noi siamo alla continua

ricerca di modi per far si che i nostri fornitori e i nostri partners si integrino al meglio

al nostro modello di business.”

-Kevin B. Rollins, COO Dell Inc.-

  77  

2.7. LA CONDIVISIONE DEL BUSINESS CON I PROPRI PARTNERS

Nell’insegnare ai partner il proprio business, Dell scoprì che uno dei problemi maggiori

era quello di farli adattare ai loro ritmi, alla loro velocità.

Quando l’azienda capì quanto importante sarebbe stato ridurre le rimanenze per

applicare al meglio il proprio modello di business diretto, una delle prime cose che

dovette fare fu quella di convincere i propri fornitori a smettere di pensare a quanto

magazzino gli avrebbero permesso di svuotare, ma di iniziare a pensare al tempo che i

loro componenti avrebbero impiegato a muoversi dalla linea di produzione, attraverso il

magazzino Dell, per poi finire nelle case degli utenti finali.

Quello che Dell voleva far capire ai propri partner era di passare dal “quanto” al

“quanto veloce”.

La maggior parte dei fornitori erano abituati ad utilizzare la classica strategia basata

sulla consegna di molti prodotti ad una grossa fabbrica, che li avrebbe mantenuti in

giacenza per qualche tempo più o meno lungo.

Questo permetteva ad entrambi di guadagnarci in economie di scala, ma allo stesso

tempo faceva perdere valore ai componenti, che spesso rimanevano in magazzino per

lunghi periodi fino ad essere svenduti pur di liberarsene.

Ciò che Dell richiedeva ai fornitori era esattamente il contrario di ciò che erano abituati

a fare con gli altri vendors, ovvero, consegnare i componenti richiesti dall’azienda nella

quantità pretesa e soprattutto ad intervalli molto più ravvicinati, spesso la richiesta era

ed è tutt’ora giornaliera.

“Look, here is what our customers are saying they want and need from us. We’ve

figured out a way to meet those needs, but we need your help. Don’t send us stuff the

way you have in the past. Instead, ship us inventory every day or every hour, just when

we need it. We’ll buy from you faster. And if you can do that we’ll buy a whole lot

more.”

-Michael Dell, CEO e Fondatore Dell Inc., Direct From Dell, 2007-

I benefici di questo modello erano che la domanda dell’azienda sarebbe stata sempre

abbastanza costante e consistente, i fornitori avrebbero avuto una domanda più stabile e

  78  

non sarebbero mai stati obbligati a chiudere le loro fabbriche per mesi a causa di troppe

scorte.

Essi dovevano capire che tale modello avrebbe portato enormi benefici ad entrambi gli

attori.

Per ottenere ottimi risultati utilizzando tale strategia, assolutamente cruciale fu

l’informazione e come l’informazione perveniva al partner.

Internet ebbe un ruolo dominante e le recenti scoperte tecnologiche nel campo dello

scambio di informazioni, permisero l’applicazione di tale modello in un modo più

fluido e semplice.

Dell condivideva, in tempo reale, tutto con i propri fornitori, previsioni, risultati,

richieste, scorte, magazzino, giacenze, dati qualitativi, progetti, feedback e tutto questo

per cercare di ridurre sempre di più il tempo di stazionamento che avevano i

componenti/prodotti nelle fabbriche e dei suppliers e di Dell stessa; l’obiettivo era

quello di ridurre il tempo che passava da quando il prodotto era terminato a quando esso

entrava nelle case del consumatore.

Per fare questo Dell creò dei web-based links per ogni fornitore, grazie ai quali lo

scambio di informazioni risultò più semplice e rapido.

Dell, per determinati prodotti, non aveva nemmeno magazzino.

Un esempio è rappresentato dall’ottimo rapporto con Sony, che produceva per loro i

monitors ai quali poi sarebbe stato applicato il marchio Dell.47

Lavorarono duramente insieme per ottenere un massimo di mille resi ogni milione di

monitors.

Ottenuto tale risultato, Dell decise di non controllare nemmeno più i prodotti Sony,

talmente era la fiducia; farsi spedire i prodotti, aprirli per controllare che tutto fosse

perfetto, testarli e poi spedirli ai clienti, sarebbe stato solo un costo aggiuntivo e un

processo che avrebbe rischiato di danneggiare i prodotti stessi.

Per questo motivo Dell chiese alla Sony di ridurre il tempo e la frequenza di consegna

della merce.

Decise di dire a Sony: “noi quest’anno compreremo tre milioni di monitor, perché non

ce li consegnate tutti i giorni in base alla quantità di cui necessitiamo?”

Essendo abituati a gestire e consegnare una quantità elevatissima di prodotti,

                                                                                                               47 Dell  M.,  Fredman  C.,  (2006),  “Direct  From  Dell,  Strategies  That  Revolutionized  an  Industry”,  National  Bestseller  

  79  

 

inizialmente Sony era un po’ confusa, non capiva esattamente quali potessero essere i

reali benefici, pensavano che Dell avrebbe ordinato meno prodotti, quindi erano

assolutamente scettici riguardo la proposta.

Poi capirono grazie a questo emtodo Dell avrebbe ordinato molti più monitors perchè

avrebbe avuto la possibilità di consegnarli ai clienti con una velocità molto maggiore e

permettendole di pianificare e gestire molti più ordini.

Il passaggio successivo è stato quello di contattare UPS, azienda di trasporti, e

convincerli a ritirare quotidianamente presso le fabbriche Dell di Austin 10000

computer e allo stesso tempo ritirare il corrispondente numero di monitor presso le

fabbriche Sony in Messico.

Poi, durante la notte, i tecnici UPS avrebbero fatto in modo che ad ogni computer

corrispondesse un monitor e il mattino seguente le scatole sarebbero state pronte per

essere consegnate dai corrieri direttamente ai clienti che li avevano richiesti. [Grafico

21]

Grafico 21: Partnership Dell-Sony, FONTE: Elaborazione personale

UPS  

END  USER  

DELL   SONY  

  80  

Una volta che Sony comprese i reali benefici di tale metodo, tutto fu più semplice sia

per Dell che per il fornitore.

Ovviamente questa strategia che all’apparenza sembra semplice, è in realtà

estremamente complicata e richiede un grado di integrazione tra i due attori

assolutamente elevato, uno scambio di informazioni continuo e un livello di

pianificazione molto accurato.

2.8. LA PARTNERSHIP CON EMC

Nel 2001, due tra le aziende leader nel proprio settore, decisero di creare un’alleanza

storica.

Un’alleanza durata dieci anni, a cui Dell ha deciso di porre fine nell’ottobre del 2011 a

causa dei massicci investimenti messi in atto dall’azienda statunitense per acquisire

aziende produttrici di storage e per creare al proprio interno le competenze necessarie

alla produzione di dette soluzioni.

In questi dieci anni di partnership, Dell non solo ha venduto sistemi storage con il nome

di EMC, ma ha proposto anche una miriade di prodotti assemblati da EMC e venduti

dall’azienda texana con il proprio marchio.

Quando Dell e EMC decisero di collaborare, erano in ordine l’azienda di computer più

conosciuta a livello mondiale e la maggiore realtà nel mercato degli storage.

Durante la partnership, Dell contribuì per circa il 10% annuo al fatturato di EMC,

viceversa EMC contribuì per circa il 50% del fatturato storage dell’azienda texana48.

Insieme, le due aziende, hanno implementato più di 80.000 soluzioni in 10 anni.49

Fondamentalmente questo rapporto decennale ha funzionato perché EMC produceva ed

offriva le sue soluzioni hardware e software a Dell, permettendole poi di rivendere il

tutto applicandoci il proprio brand, che era più conosciuto e che quindi riscuoteva più

successo.

Spesso accadeva che entrambe le aziende offrissero gli stessi prodotti a prezzi

leggermente differenti, questo creava non poca confusione nella testa dei consumatori,

finendo con il creare frizioni tra i reparti commerciali delle due società.

                                                                                                               48 Wexler S. (2011), “Dell And EMC Exit Partnership Stronger Than Ever”, http://www.networkcomputing.com/ 49 2008, “Tra Emc e Dell una Partnership che Durerà fino al 2013, Dell Rinnova l’alleanza per altri Cinque Anni”, www.itespresso.it

  81  

Accadeva che venditori di Dell e venditori di EMC, gareggiassero per la stessa gara

pubblica o per lo stesso cliente, offrendo gli stessi prodotti, cercando di abbassare il

prezzo per prevalere sulla soluzione proposta dall’altro, abbassando così i relativi

margini aziendali.

Inevitabilmente questo ha creato dei contrasti tra le due aziende, tant’è vero che nel

2008 venne firmato un nuovo accordo che avrebbe prolungato il rapporto per cinque

ulteriori anni, facendolo terminare nel 2013, ma a causa di detti problemi, Dell decise di

recedere dai suoi obblighi contrattuali nell’ottobre 201150.

Come anticipato, Dell negli ultimi quattro o cinque anni, ha investito all’incirca due

miliardi di dollari al fine di incrementare le sue conoscenze interne e di acquisire società

esterne con elevate competenze in ambito storage.

Parte di tali investimenti servirono ad acquisire società nel campo del systems

management, del cloud computing e del software, del calibro di: EqualLogic, Exanet,

Boomi, Insite one, Scalent e Ocarina.

Nel 2011, l’azienda texana, acquisì per 1.15 miliardi di dollari la 3Par Storage and

Visrtualisation Systems, che mise le due aziende, precedentemente alleate, in diretta

competizione nel mercato compellent.

Lo stesso anno annunciò ulteriori investimenti per 1 miliardo di dollari per migliorare le

soluzioni Dell in tutto il mondo e per aprire un centro di ricerca e sviluppo in Israele e

negli Stati Uniti.

Dell era pronta ad agire da sola dopo dieci anni di profiqua alleanza con uno dei

maggiori attori nel settore delle soluzioni storage.

2.9. MAGAZZINO E SCORTE

Avere scorte a magazzino, è stata una forma di sicurezza che le grosse aziende hanno

adottato per rispondere ad eventuali fluttuazioni della domanda, a problematiche legate

alla fornitura e a problematiche generali che ogni azienda durante la sua vita incontra.

Dell decise di andare contro corrente e di lavorare senza scorte a magazzino, questa per

l’azienda non fu solo un’opportunità, ma un imperativo finanziario che l’ha

contraddistinta dal giorno in cui è stata fondata ad oggi.

                                                                                                               50 Preimesberg C. (2011), “Dell, EMC End Storage Reseller Partnership Two Years Early”, http://www.eweek.com/

  82  

“The longer you keep it the faster it deteriorates -- you can literally see the stuff rot.

Because of their short product lifecycles, computer components depreciate anywhere

from a half to a full point a week. Cutting inventory is not just a nice thing to do. It's a

financial imperative."

-Kevin Rollins, Dell’s CEO, Fast Company’s interview, Nov 2004-

Tenendo conto che i componenti in questo settore si deprezzano di circa l’1% la

settimana, significa che ogni sette giorni un computer perde in media l’1% del proprio

valore, la decisione di non avere magazzino rende l’idea del vantaggio competitivo che

Dell ha ottenuto e ottiene tutt’ora.

Studiando un po’ di dati sul inventory turn, che è il costo delle merci a conto economico

diviso per il valore delle rimanenze, i prodotti Dell nel 1992 perdevano all’incirca il

10% del proprio valore, solo per il fatto che rimanevano in giacenza in magazzino 10

settimane prima di essere venduti, nel 2001 Dell limitò il deprezzamento a meno

dell’1% e ad oggi questo deprezzamento è stabile sugli stessi valori che vanno dall’1 al

2%.[Tabella 3]

Tabella 3: Dell’s inventory turnover data, FONTE: Charles Atkinson, Inventory Management Review (Rielaborazione personale)

Andando a studiare i dati proposti dalla stessa Dell, si potrà notare come l’azienda abbia

puntato fin dall’inizio all’eliminazione delle scorte a magazzino per evitare costi

aggiuntivi su dei prodotti, che come detto, si deprezzavano ad una velocità

YEAR

INVENTORY

TURNOVER

WEEK’S INVENTORY

1992 4.79 10.856

1993 5.16 10.078

1994 9.4 5.532

1995 9.8 5.306

1996 24.2 2.149

1997 41.7 1.247

1998 52.40 0.992

1999 52.40 0.992

2000 51.40 1.012

2001 63.50 0.819

  83  

disarmante.[Grafico 22]

Grafico 22: Percentage of consolidated Net Sales and Gross profit margin, FONTE: Dell annual report, www.dell.com

Come spiegato dall’azienda stessa nel suo report annuale, il profitto lordo pari al 15.1%

nel gennaio del 1994, fu in larga parte influenzato negativamente dai 70.3 milioni di $

di svalutazione del magazzino e dei costi connessi ad esso; esclusi questi costi, il

profitto lordo sarebbe potuto essere del 17.5%.

Come si può vedere dalla tabella, nel 1995 il profitto lordo crebbe di nuovo fino ad

arrivare al 21.2% e questo in larga parte grazie al fatto che Dell riuscì a limitare il

tempo di giacenza dei suoi prodotti in magazzino ad una media di trentadue giorni,

mentre nel 1993/1994 si aveva una media di 35 giorni.

Nel 1996, questo dato scese ancora fino a toccare quota trentuno giorni.

Ma fu nei due anni successivi che Dell riuscì ad ottenere i risultati migliori, infatti, nel

1997 l’azienda ebbe una giacenza media per prodotto pari a tredici giorni, mentre nel

1998 riuscì ad abbassare il magazzino a sette giorni per prodotto. [Grafico 23]

Grafico 23: days supply in inventory 1996-1998, FONTE: Dell anual report, www.dell.com

Negli anni successivi tale dato continuò a diminuire grazie al fatto che l’azienda

cominciò a produrre solo ed esclusivamente ciò che gli veniva ordinato dai clienti.

  84  

Questa mentalità e questa strategia permise all’azienda di continuare a diminuire i

giorni medi di giacenza dei propri prodotti a magazzino fino ad ottenere il risultato

record di tre giorni nel 2004, per poi stabilizzarsi ad una media di quattro giorni a

prodotto nel 2005/2006.

Ad oggi l’inventory day medio si è stabilizzato sempre sui tre giorni a prodotto.

[Grafico 24]

Grafico 24: days of supply in inventory 2002-2006, FONTE: Dell annual report, www.dell.com

Il raggiungimento di un simile risultato ha permesso all’azienda di ridurre i tempi di

consegna delle macchine, di ridurre i costi di mantenimento e di ottenere un rapporto

diretto ed immediato con i fornitori che, visti i tempi sempre più brevi di consegna delle

macchine, dovevano essere sempre più efficaci ed efficienti nell’innovazione e nella

consegna.

Questa strategia, se da un lato permetteva a Dell di ridurre drasticamente i costi,

dall’altro esponeva l’azienda a dei grossi problemi nel caso di mancato

approvvigionamento di parti e componenti presso le loro fabbriche.

Prendiamo il caso in cui, per problemi di trasporto, le parti ordinate dall’azienda non

fossero arrivate in tempo alle fabbriche, avendo Dell deciso di non tenere nulla a

magazzino, questo avrebbe significato un inevitabile ritardo nella produzione, che si

sarebbe trasformato in un ritardo nella consegna al cliente.

"When a labor problem or an earthquake or a SARS epidemic breaks out, we've got to

react quicker than anyone else, there's no other choice. We know these things are going

to happen; we must move fast to fix them. We just can't tolerate any kind of delay."

-Dick Hunter, Dell’s supply chain director-

Nel 2002 uno sciopero indetto dai sindacati vide il blocco totale di 29 porti della costa

occidentale che si estendevano da Los Angeles a Seattle e di centinaia di navi

contenenti merce di tutti i tipi.

  85  

Allo sciopero aderirono circa 10000 lavoratori, fu una catastrofe per moltissime

aziende.

Gli analisti pensavano che Dell ne avrebbe risentito in modo maggiore a causa del suo

just-in-time-manufacturing, il suo build-to-order e la decisione di non avere scorte a

magazzino.

La flessibilità e la velocità di risposta di Dell, permisero all’azienda di reagire, contro

ogni previsione, infatti, l’azienda, grazie allo stesso rapporto con i fornitori, era a

conoscenza di eventuali blocchi mesi prima e potè così organizzarsi di conseguenza.

In questo caso Dell rimase in costante contatto con i suoi fornitori in Cina, Malesia e

Taiwan, tenendoli sempre pronti a rispondere ad un eventuale sciopero e allo stesso

tempo inviò un team di 10 funzionari logistici presso diversi porti della costa

occidentale per monitorare la situazione.

Una volta avuta conferma dello sciopero, l’azienda noleggiò immediatamente 18 boeing

747 da UPS, Northwest Airlines, China Airlines e altre compagnie.

Un 747 poteva trasportare l’equivalente di 10 camion, ovvero, abbastanza parti per

produrre 10.000 PC.

Il costo di un aereo, vista l’emergenza assoluta, salì a 1.1 milioni di dollari, ma siccome

Dell si mosse in anticipo, bloccando gli aerei prima dell’ufficialità dello sciopero,

mantenne i costi intorno ai 500 mila dollari ad aereo.

Grazie a questa grande capacità di previsione e alla loro flessibilità, un aereo nel giro di

33 ore era in grado di fare andata e ritorno ed essere pronto nuovamente, permettendo

così all’azienda di non subire contraccolpi evidenti.

Dell, alla fine, fece ciò che, a detta tutti, sarebbe stato impossibile per un’azienda come

quella texana, sopravvisse ad un blackout di 10 giorni e riuscì a consegnare ogni singolo

ordine al cliente senza un minimo ritardo, dimostrando al mondo intero che si potevano

ottenere ottimi risultati anche senza avere scorte.

Dell, ad oggi, assembla intorno agli 80.000 computers ogni 24 ore, mantiene i propri

prodotti finiti non più di 2 ore nelle sue fabbriche e un massimo di 72 ore se viene

considerato l’intero processo di produzione.

"Speed is at the core of everything we do."

-Dick Hunter, Dell’s supply chain director-

  86  

Lo stesso Hunter, ritiene il magazzino una sorta di ignoranza aziendale, secondo lui, le

aziende creano magazzino a causa della loro scarsa capacità di previsione e di controllo

della loro supply chain.

"Most companies love a big order backlog; when the semiconductor industry has six

months' worth of orders, they're happy. If I've got more than three days' backlog,

Michael is calling me."

-Dick Hunter, Dell’s supply chain director-

Questa nuova strategia, implicò anche un nuovo modello finanziario.

Normalmente le aziende del settore, erano solite pagare i loro fornitori fino a trenta

giorni prima che il PC fosse disponibile sul mercato e venisse pagato dai consumatori,

ma Dell, con il suo build-to-order model, riceveva i pagamenti dai consumatori

immediatamente via carta di credito, addirittura prima che cominciasse a produrre il PC

ordinato dal cliente.

Riceveva l’ordine, veniva pagata, ordinava i componenti ai fornitori e nel giro di 4-5

giorni spediva la macchina al cliente.

Questo permetteva all’azienda texana di autofinanziarsi immediatamente, e di pagare i

fornitori dopo aver ricevuto il pagamento dall’end-user.51

"By collecting money for products from customers before it owes money to its suppliers,

Dell has made it so its suppliers finance the cost of Dell's operations,"

-Tom Mentzer, executive director of the integrated-value chain. University of tennesse-

Questo capitolo ha reso l’idea di come il direct model abbia influito al successo ottenuto

da Dell fino ai primi anni del 2000, di come avesse cambiato il modo di vedere e di

agire di molte aziende dell’epoca e di come per Dell il rapporto con gli altri attori della

catena, nel suo caso con clienti e fornitori, fosse il fine di ogni ragionamento.

Nel prossimo capitolo andremo a studiare la seconda parte della storia di Dell, segnata

dall’epocale cambiamento di strategia e dalle nuove tendenze del mercato.

                                                                                                               51 Breen B. e Aneiro M., “Living in Dell Time”, Fast Company, http://www.fastcompany.com/

 

  87  

CAPITOLO 3: DELL E L’APERTURA AL CANALE INDIRETTO:

L’INIZIO DI DELL 2.0

3.1. IL CANALE INDIRETTO: INTEGRAZIONE CON

DISTRIBUTORI E PARTNER

Andrò adesso ad analizzare i motivi principali per la quale un’azienda conosciuta per il

suo modello di vendita diretto e per l’aver eliminato dal suo processo di vendita il

cosiddetto “middle man”, abbia negli ultimi anni deciso di avvalersi delle competenze e

dei punti vendita dei rivenditori e dei distributori.

In generale il modello di vendita indiretto comporta costi minori rispetto al modello

diretto, soprattutto ora in cui la dimensione degli affari tende ad essere sempre più

contenuta e breve, utilizzare il canale indiretto sembra sia diventato un prerequisito per

ottenere successo.

L’esperienza di molte realtà aziendali, dimostra che l’uso del canale indiretto di vendita

può essere un fattore critico al fine di espandere la copertura del proprio mercato.

Questo è particolarmente vero in mercati quale quello dell’IT, dell’elettronica e delle

comunicazioni.

Il canale indiretto di vendita ora conta per circa il 70% del mercato totale, mentre nel

2007 contava per il 66% e nel 1997 “solo” per il 53%.52 [Grafico 25]

Questa tendenza all’utilizzo del canale indiretto ha permesso alle imprese di segmentare

meglio i propri clienti e di espandersi in nuovi mercati, soprattutto verso quelli

emergenti, utilizzando le competenze e le esperienze uniche che sono i rivenditori e i

distributori possono avere di determinati mercati.

                                                                                                               52  Neel  D.  (2007),  “Positive  Growth  and  New  Market  Perspective,  Paint  Health  Outlook  for  Pervasive  Technology  Channel”,  Accenture  analysis,  Accenture  

  88  

Grafico 25: Percentuale mercato indiretto e diretto anno 2012, FONTE: Accenture (Rielaborazione propria)

Analizzando questi dati, si può comprendere che un’azienda che decide di usufruire solo

del canale diretto per vendere i propri prodotti, non potrà mai raggiungere risultati

eccellenti, in quanto il mercato diretto conta solo per il 30% delle vendite totali.

Al fine di ottenere i vantaggi che tale modello di vendita è in grado di garantire,

l’azienda deve assolutamente studiare bene con quali distributori o rivenditori stringere

la partnership, lavorarci a stretto contatto e cercare di implementare decisioni e progetti

insieme, avendo così una visione comune.

Una recente analisi condotta da Accenture nel 2009, indica i vantaggi di costo offerti dal

PERCENTUALE  MERCATO  1997  

DIRECT  CHANNEL  

INDIRECT  CHANNEL  

PERCENTUALE  MERCATO  2007  

DIRECT  CHANNEL  

INDIRECT  CHANNEL  

PERCENTUALE  MERCATO  2012  

DIRECT  CHANNEL  

INDIRECT  CHANNEL  

53%          47%                                  34%  66%            

 

                                                           30%    

70%                                                

  89  

canale indiretto.53 [Grafico 26-27]

Grafico 26: Tradeoffs between deal size and volume for direct Grafico 27: Channel-specific IT distribution costs

and indirect channels, Accenture (2009) Accenture (2009)

Come possiamo notare dalle immagini, il canale indiretto assicura costi minori rispetto

al canale diretto: sul piano della distribuzione dei prodotti, a carico del rivenditore

stesso; nell’entrata in nuovi mercati, resa più semplice dal fatto che l’azienda può

usufruire della rete di clienti di cui il rivenditore dispone per approcciare il nuovo

mercato, senza aver costi aggiuntivi derivanti da attività di marketing e comunicazione;

migliori performance di vendita, grazie alle competenze del rivenditore scelto per

distribuire i propri prodotti; conoscenza della logistica e dei trasporti del paese.

Questi appena esposti sono anche i motivi principali per cui Dell nel 2007 decise di

cambiare la sua strategia, mantenendo sempre il modello diretto di vendita ma offrendo

anche un’alternativa ad esso, il canale indiretto.

La nuova strategia dell’azienda statunitense, è quindi quella di offrire ai propri clienti

entrambi i modelli, in modo tale da poter accontentare tutte le richieste dei clienti, anche

quelle di coloro che non vogliono comprare on-line o via telefono, ma che preferiscono

avere la possibilità di vedere e toccare il computer prima di acquistarlo.

                                                                                                               53 (2008), “Cost of IT Distribution”, Global Technology Distribution Council, St. Petersburg

  90  

3.2. DELL: LA NUOVA STRATEGIA

Finora abbiamo approfondito in modo esauriente il tema connesso al modello che ha

reso Dell l’azienda più famosa al mondo e che l’ha portata ad essere leader nelle vendite

dei PC intorno agli anni 2000, ovvero il direct model.

Nel 2006 però, l’azienda texana, dopo aver vissuto una brusca crisi, dovuta in parte al

brutto periodo che stava vivendo il mercato dei PC, in parte dalla sua strategia datata

che non permetteva di presidiare i nuovi segmenti di clienti, soprattutto all’estero,

decise di evolvere il proprio sistema aprendo al canale di vendita indiretto.

3.3. INTRODUZIONE

Nel 2003 l’azienda texana ha cambiato il suo ormai vecchio nome Dell Computer

Corporation in Dell Inc., questo per seguire l’evoluzione aziendale che stava

intraprendendo percorsi diversi, passando dalla mera produzione di PC, all’offerta di

una larga varietà di prodotti tecnologici e servizi.

Nel 2005 il mercato software contava per circa il 15% del fatturato aziendale, il 9%,

invece, era composto dai servizi offerti dall’azienda ai propri clienti.54

“Cambiare il nome da Dell Computer Corporation a Dell Inc., rappresenta l’evoluzione

da un’azienda produttrice di hardware a fornitrice di una grande varietà di prodotti

tecnologici e servizi. Inoltre, il brand Dell è cresciuto e ora l’azienda viene

riconosciuta semplicemente come Dell. Il cambiamento del nome in Dell Inc., si

avvicina in modo più chiaro al nostro brand.”55

-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-

Nel luglio del 2004, Michael Dell annunciò che si sarebbe dimesso da CEO dell’azienda

e nominò come sostituto Kevin Rollins.

Rollins e Dell avevano lavorato a stretto contatto per molti anni, tanto che i loro uffici

erano separati solo da una parete di vetro.

                                                                                                               54 “Dell computer to change name to Dell Inc.”, Europemedia, 2003 55 Spooner J. G. (2003), “Dell to Tweak Name to Fit New Identity”, CNET News

  91  

Nonostante la sua grande esperienza e la stima che Michael aveva nei suoi confronti,

Rollins, visse due anni e mezzo abbastanza difficili, in cui la crescita aziendale rallentò

e l’azienda mancò le stime degli analisti per due anni consecutivi.

Il supporto ai clienti proposto dall’azienda cominciò ad essere criticato, ma questo non

dipese da qualche strana decisione presa dallo stesso Rollins, quanto da una scelta fatta

nel 2001 di spostare i centri dedicati al supporto clienti in India.

Per questo venne deciso di riportare gli stessi centri negli Stati Uniti a fine 2004.

Dell nel 2005 ritirò dal commercio quattro milioni di laptops per problemi legati alla

batteria prodotta dalla Sony, ma non prima che la notizia raggiungesse giornali e

televisioni. Inevitabilmente fu per l’azienda un durissimo colpo.

Nel 2005 il governo investigò l’azienda per le sue pratiche finanziarie, rea secondo loro

di aver modificato il bilancio per raggiungere i target finanziari.56

Come se non bastasse, un errore di pricing contribuì ad aumentare i guai per l’azienda

texana: Dell tagliò i prezzi di alcuni PC al fine di guadagnare quote di mercato, ma la

richiesta e quindi il volume dei PC prodotti cambiò di poco.

Le critiche cominciarono ad arrivare da ogni parte, “Dell offre prodotti noiosi”, “le

iniziative di marketing sono troppo basiche”, “Il servizio offerto dall’azienda è di bassa

qualità”, queste alcune di quelle ricorrenti.

Numerose ricerche svolte dall’azienda stessa, invece, stabilirono che il problema stava

nella scarsa capacità di leadership del proprio management e quindi nell’incapacità di

gestire un’azienda leader del proprio settore.57

L’azienda cominciava ad avere dei problemi, i ricavi netti continuavano a crescere ad

un tasso di crescita minimo e decisamente inferiore di anno in anno.

Come possiamo evincere dal grafico 27 qui sotto riportato, nel gennaio 2004 l’azienda

ottenne ricavi netti per circa 41 miliardi di dollari, ottenendo un più 17% year on year.

Nel gennaio 2005, dopo i primi sei mesi di operato come CEO di Rollins raggiunse un

più 18% toccando i 49 miliardi di dollari, mentre nel 2006 la crescita cominciò a

rallentare, Dell ottenne circa il 13% in più di ricavi rispetto all’anno precedente e nel

febbraio 2007, dopo appena due anni e mezzo dalle dimissioni di Michael Dell,

l’azienda ottenne ricavi netti per 57 miliardi di dollari contro i circa 56 dello stesso

                                                                                                               56 Lipton J. (2007), “Dell’s Investigation Comes To a Close”, Forbes, New York 57 Corcoran E. (2007), “A Bad Spell for Dell”, Forbes, New York

  92  

periodo dell’anno prima, con una crescita di appena l’1.8%.

Il margine lordo nel febbraio del 2007 mostrò addirittura una perdita di circa l’1.5%

rispetto all’anno precedente, così come il reddito operativo e il reddito netto, tutti e tre

in calo da due anni, ovvero già dal 200658.

Grafico 28: Financial reporting Dell, FONTE: www.dell.com

Qualcosa stava accadendo, Dell non era più l’azienda che aveva dimostrato di essere

fino ai primi anni del 2000.

Un altro indicatore del brutto periodo che stava avendo era dato dall’andamento

dell’azienda texana in borsa, il grafico sotto mostra il calo subito dalle sue azioni dal

2005, in cui valevano circa 160 dollari l’una, al 2007, in cui sfiorarono quota 80 dollari

l’una.

                                                                                                               58 FORM  10-­‐K,  Dell  Inc.,  ottobre  2007,  Annual  Report

  93  

Grafico 29: Andamento Dell in borsa, FONTE: www.dell.com

Come conseguenza, Dell, fino al 2006 azienda numero uno al mondo, perse quote di

mercato a favore di Hewlett Packard, passando nel 2007 al secondo posto, con il 14.3%

del mercato contro il 15.9% detenuto nel 2006 e il 16.8% nel 2005. [Grafico 30]

Grafico 30: Global PC market share, FONTE: www.computerworld.com

L’azienda di Austin stava dilapidando quanto di buono aveva fatto nei suoi primi

vent’anni di vita, necessitava un cambiamento immediato.

  94  

3.4. IL RITORNO DI MICHAEL DELL AL TIMONE E IL CAMBIO DI

VISIONE: L’INIZIO DI DELL 2.0

Nel gennaio 2007, un po’ come successe per Apple con il ritorno di Steve Jobs nel

1997, Dell Inc. richiamò come CEO dell’azienda il dimissionario Michael Dell,

fondatore dell’azienda.

Queste le parole di Samuel A. Nunn59:

“La dirigenza crede che la leadership e la visione di Michael siano essenziali per

primeggiare in un mercato difficile come quello dei PC. Non c’è persona migliore al

mondo che potrebbe gestire la difficile situazione che sta vivendo l’azienda in questo

momento, se non colui che ha fondato la Dell stessa 23 anni fa.”

-Samuel A. Nunn, presiding director od Dell’s board-

Il reintegro del fondatore è avvenuto, a detta di molti analisti, in un momento cruciale

per l’azienda texana in cui ogni singola decisione avrebbe potuto risollevarla o

affondarla definitivamente.

Michael Dell, però, fin dalla sua presentazione nel gennaio 2007, dimostrò grande

flessibilità mentale e lungimiranza:

“Il piano di Dell è quello di fare dell’IT accessibile a millioni di clienti nel mondo. Noi

facciamo questo semplificando l’IT e innovando passando dall’hardware alle soluzioni.

Il Direct Model e stato una fantastica rivoluzione, ma non è una religione. Noi

continueremo a implementare e migliorare il nostro business model, e andremo anche

oltre, se ciò servirà a soddisfare le esigenze dei nostri clienti.”

-Michael Dell, CEO Dell Inc., 2007-

Nel maggio del 2007 Michael Dell decise di aprire al canale di vendita indiretto e di

collaborare con alcuni rivenditori e distributori.

Il primo con la quale decise di cooperare fu Wal-Mart e per pubblicizzare l’alleanza,

                                                                                                               59 Mingis K. (2007), “Michael Dell returns as CEO at namesake company; Rollins out ,Dell has lost market share in recent quarters

to HP”, www.computerworld.com

  95  

Dell, dichiarò che avrebbe venduto i PC presso Wal-Mart a meno di 700 dollari l’uno,

mantenendo il prezzo dei PC quasi invariato nonostante il passaggio obbligato presso i

rivenditori.

Più avanti Dell strinse accordi anche con Best Buy and Stamples negli Stati Uniti,

Gome in China, Carrefour in Europa e Bic Camera in Giappone.

Chiaramente l’offerta Dell negli store dei distributori non fu più personalizzabile come

permetteva invece l’ordinazione on-line, inoltre la direzione aziendale decise di

commercializzare attraverso i distributori solo alcuni modelli attentamente selezionati60.

Abituata fin dalla sua nascita ad avere rapporti solo con i fornitori, come in precedenza

ho spiegato, in questi ultimi anni ha dovuto adattare la propria strategia anche ai

rivenditori per poter presidiare quella fetta di mercato che prima non interessava, i

segmenti small e midsize, composti da coloro che preferiscono comprare i PC

direttamente al negozio potendoli toccare e vedere.

Michael Dell disse a riguardo61:

“Sicuramente la fuori ci sono clienti che non vogliono comprare attraverso il modello

diretto, bene, ora avranno la possibilità di avere prodotti Dell comprandoli nei negozi.”

-Michael Dell, CEO e fondatore Dell Inc.”

Il cambiamento di strategia ha investito un pò tutta l’azienda, compreso il tanto criticato

marketing, che fu rivoluzionato dal rientrante Michael.

Spinta dalle critiche mosse da consumatori ed esperti del settore riguardanti i suoi

prodotti apparentemente noiosi, Dell si concentrò nel mostrare il lato divertente dell’uso

dei computer, come ad esempio i videogames.

Un esempio è dato dalla pubblicità congiunta del proprio notebook “Alienware”, che fu

pensato proprio per l’utilizzo di videogame, con il videogioco “Halo”.

Cambiarono in parte anche i computer e il design, resi più colorati e sinuosi, al fine di

ottenere consensi presso i piccoli compratori.

Modificarono lo slogan, passando dal vecchio “purely yours” al più moderno “Yours is

here”, e per la prima volta iniziarono a comprare spazi pubblicitari in testate

                                                                                                               60  Lawton  C.  and  Vranica  S.  (2007),  “Dell  Pushes  Reset  Button  on  its  Image”,  Wall  Street  Journal,  New  York    61  Peers  M.  (2009),  “Dell  Chooses  Well,  but  Bargains  Less  So”,  Wall  street  journal,  New  York  

  96  

giornalistiche attente al lifestyle come GQ, Popular Science o Oprah, puntando ad una

comunicazione che investisse i piccoli compratori62.

Importante è ricordare come Dell sia entrata nel mercato indiretto con i piedi di piombo,

una prova ne è la strenua trattativa, durata 4 mesi, che ha visto Dell e Best Buy come

protagoniste.

Dell alla fine decise che avrebbe venduto negli oltre 900 stores di Best Buy solamente i

suoi computer top di gamma, come gli Inspiron e gli Xps, mentre avrebbe continuato a

vendere direttamente i PC meno costosi e le stampanti, ovvero quei prodotti che già

avevano riscosso grande successo tra i consumatori.

Questo perché Dell era terrorizzata dal fatto di poter perdere i suoi clienti più

profittevoli, ovvero quelli fedeli al direct model, che vista la possibile tendenza

aziendale a vendere tutto via distribuzione, si sarebbero potuti stancare facendo perdere

all’azienda tutti i benefici e i vantaggi accumulati in tutti quegli anni.63

L’azienda texana decise di subentrare nel mercato indiretto gradualmente, e lo fece

stando particolarmente attenta alla scelta di quali distributori utilizzare e di quali

prodotti vendere indirettamente.

“Ci sono moltissimi rivenditori che ci chiamavano e ci dicevano: “please sell through

us”, ma noi cerchiamo alleanze e relazioni particolari con attori leader nel proprio

settore. Non vogliamo essere presenti ovunque.”

-Michael Dell, CEO e fondatore Dell Inc.-

Dell entrò in circa 10.000 stores in 6 mesi, mentre HP era presente in 110.000

distributori, inoltre, il segmento indiretto inizialmente contribuì al fatturato aziendale di

Dell per circa il 5%, mentre per HP il contributo era del 40/45%.64 [Grafico 31]

Questi numeri dimostrano come Dell inizialmente avesse deciso di non stravolgere

totalmente la propria strategia nonostante i bilanci degli ultimi anni facessero pensare al

contrario, aveva capito stesse passando un periodo particolarmente delicato e aveva

compreso che un cambio graduale sarebbe stata la cosa meno dolora per dipendenti e

consumatori, che altrimenti si sarebbero sentiti traditi e confusi.

                                                                                                               62  Lawton  C.  and  Vranica  S.  (2007),  “Dell  Pushes  Reset  Button  on  its  Image”,  Wall  Street  Journal,  New  York  63  Lawton  C.  (2008),  “Dell  Treads  Carefully  Into  Selling  PCs  in  Stores”,  Wall  street  journal,  New  York  64  Sacconaghi  T.,  Bernstein  S.  C.    (2008),  “Dell  to  Sell  Indirect”,  Harvard  Business  Review,  Boston  

  97  

Grafico 31: Presenza negli stores di Dell, FONTE: Interna Dell, Elaborazione propria

Concludo tale paragrafo estrapolando una parte del testo concernetne il “finanancial

reporting” dell’anno 2007:

“Noi offriamo ai nostri clienti una scelta. Essi possono acquistare i nostri prodotti

telefonicamente chiamando i nostri operatori, o tramite il nostro sito dell.com, in cui

possono configurare, rivedere, vedere il costo di ogni singolo componente facente parte

la macchina scelta e controllare lo stato dell’ordine e della consegna del prodotto.

Recentemente abbiamo pianificato delle alleanze con distributori e rivenditori, i quali

avranno la possibilità di vendere prodotti marchiati Dell nei loro negozi, questo per

raggiugere e accontentare le richieste dei piccoli-medi clienti, i quali preferiscono

vedere i prodotti prima dell’acquisto.”65

-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-

Come più avanti si può evincere continuando nella lettura del rapporto annuale, il

principale obiettivo aziendale rimane sempre il modello di vendita diretto, ma l’utilizzo

dei distributori viene visto come un’opportunità per allargare il proprio mercato e

raggiungere nuovi clienti, sfruttando, sia negli Stati Uniti che in tutto il resto del mondo,

                                                                                                               65FORM  10-­‐K,  Del  Inc.,  ottobre  2007,  Annual  Report  

PRESENZA  NEGLI  STORES  2008  

DELL  

HP  

110.000  

11.000  

  98  

la stretta rete di clienti e di relazioni che ogni singolo partner di Dell ha instaurato nel

corso degli anni, rendendo così l’entrata dell’azienda texana in nuovi segmenti di

mercato più leggera e semplice66.

L’utilizzo del canale indiretto, permette a Dell, di sfruttare oltre che le conoscenze del

mercato dei partners, anche le loro conoscenze del canale logistico e di quello dei

trasporti, fondamentale quando si decide di espandersi in paesi esteri di cui non si

conosce quasi nulla.

Dell 2.0 cominciava a prendere piede.

3.4.1. IL RITORNO ALLA CRESCITA

Grafico 32: Fiscal year 2007/2008, dati in milioni di dollari. FONTE: www.dell.com

Come si può percepire dal grafico sopra, con il ritorno di Michael Dell come CEO

l’azienda ritornò ai suoi standard di crescita.

Nel 2008 Dell raggiunse un profitto netto di 61 miliardi di dollari contro i 57 dello

stesso periodo del 2007, ottenendo un incremento del 6% year on year.

Il margine lordo ricominciò a crescere ad intervalli positivi, ottenendo un +23% rispetto

all’anno precedente.

Dai grafici sotto si può vedere come il 2008 sia stato l’anno della ripresa, l’anno in cui

dopo la tempesta che aveva colpito l’azienda nell’intervallo tra il 2005 e il 2007, Dell

riuscì ad ottenere di nuovo una crescita a segno positivo.

Il profitto per area geografica, come si può evincere da grafici sotto, dimostra che la

scelta di affidarsi ai distributori fu azzeccata; come detto in precedenza, infatti, ha

permesso a Dell di sfruttare i legami e le conoscenze in possesso dei distributori

                                                                                                               66FORM 10-K, Dell Inc., ottobre 2007, Annual Report

  99  

riguardanti il territorio, la logistica, i clienti e soprattutto il mercato locale.

Questo ha permesso all’azienda statunitense di crescere anche nei mercati stranieri,

ottenendo nel 2008 quasi un +16% year on year nella regione EMEA (Europa) e un +

9% nelle regioni asiatiche.

Grafico 33: Profitto globale, FONTE: www.dell.com Grafico 34: Profitto per area geografica, FONTE: www.dell.com

La decisione di vendere tramite il canale indiretto, seppur gradualmente, stava dando i

suoi frutti, Dell stava cominciando una seconda vita.

3.5. UNA NUOVA GESTIONE STRATEGICA DEL SUPPLY CHAIN

MANAGEMENT

Si è detto come il direct model continui a rimanere il cavallo di battaglia aziendale, ma

come “non essendo una religione ma un semplice business model”, non vada seguito

senza apportare modifiche.

Soprattutto negli ultimi anni il mercato dei PC è incredibilmente cambiato, in particolar

modo per quanto riguarda il mercato consumer e i mercati emergenti, e per assecondare

tali cambiamenti, Dell ha dovuto rivedere parte della sua strategia.

Essendo Dell un’azienda che ha sempre posto il cliente e i suoi bisogni al primo posto,

anche in questo caso è stata in grado di ascoltare i cambiamenti e pur sapendo che

avrebbe perso parte della sua filosofia e dei suoi guadagni, ha deciso di aprire a quel

canale indiretto tanto denigrato in passato67.

                                                                                                               67 Rivkin J. W. (2010), “Revitalizing Dell”, Harvard Business Review, Boston

  100  

“Dobbiamo offrire tutti i nostri prodotti e servizi nel modo in cui il cliente vuole

acquistarli, non nel modo in cui noi vogliamo fornirli.”

-Michael Cannon, Dell’s President of Global Operations, 2008-

Al fine di ottenere dei buoni risultati la supply chain di Dell doveva cambiare in modo

quasi drammatico.

Prima di tutto, non sarebbe più stato possibile offrire prodotti personalizzabili

acquistabili tramite il rivenditore, inoltre non sarebbe più stata perseguibile la filosofia

build-to-order, per non parlare del lato finanziario, mentre Dell prima era abituata ad

essere pagata dai suoi clienti entro 24 ore dall’ordine effettuato e a pagare i propri

fornitori circa 40 giorni dopo aver ricevuto il pagamento dai clienti, ora questo metodo

non sarebbe più stato possibile, ma si sarebbe dovuto concedere pagamenti posticipati a

rivenditori e distributori, i quali avrebbero a loro volta accettato pagamenti posticipati

dai loro clienti.

Ci sono comunque numerosi segmenti di mercato che non necessitano del computer

personalizzato consegnato in tempi brevissimi, ma che si accontentano della

configurazione standard consegnata in tempi più lunghi.

Queste le motivazione che hanno mosso e indirizzato le decisioni riguardanti la supply

chain in Dell.

Dell aveva intravisto delle opportunità di guadagno annuali nell’ordine di 3 miliardi di

dollari grazie alla nuova strategia, provenienti da diverse aree aziendali.

La prima è quella relativa alla progettazione del prodotto. Nella produzione di un

prodotto, i costi principali sono rappresentati dai materiali di produzione, che

rappresentano circa l’80% dei costi del prodotto.

Questo 80% dei costi è principalmente attribuibile al prodotto base, quello inerente la

fascia di prezzo entry-level; ogni modifica richiesta è quindi una possibilità per Dell di

aumentare la marginalità aziendale e quindi il guadagno.

Tale sistema però, funzionava solo ed esclusivamente quando il modello di vendita era

quello diretto, in quanto si vendevano pochi prodotti base, tutti i clienti richiedevano un

minimo di personalizzazione vista la possibilità di farlo, ma ora che l’azienda aveva

deciso di aprire al modello di vendita indiretto, a causa della vendita delle loro

macchine tramite l’utilizzo di un distributore, Dell avrebbe venduto molte più macchine

  101  

“entry level”, perdendo così miliardi di dollari a causa degli elevati costi dei materiali.

L’azienda texana, quindi, cambiò drasticamente il proprio processo di progettazione dei

prodotti, implementando specifiche progettazioni e design per ogni fascia di prezzo, in

modo tale da riuscire ad ottenere un margine accettabile per ogni prodotto venduto. In

un certo senso tale decisione aumentò la complessità della progettazione, in quanto si

ebbero più piattaforme di produzione e fu più difficile condividere la stessa piattaforma

per la produzione di più computer, ma in questo modo riuscirono a limitare i costi

connessi alla produzione di ogni singola macchina.

Michael Cannon, nello spiegare tale nuova strategia agli investitori nel 2009, porta un

esempio:

“Un tipico programma per un desktop Dell può avere più di mezzo milione di

configurazioni diverse. Questo era possibile perché noi avevamo una supply chain così

flessibile da permetterci di offrire quel numero incrediile di configurazioni. Ma se il

cliente si accontenta della configurazione standard, tali possibilità di configurare un

prodotto sono inutili e restano solo un costo che si potrebbe evitare, ecco perché noi

ora dobbiamo abbattere tali costi.”

-Michael Cannon, Dell’s President of Global Operations, 2008-

Con l’aumento del numero di piattaforme, ci fu anche una drastica diminuzione del

numero di configurazioni possibili, si passò da mezzo milione a 20.000 configurazioni,

a volte, per alcuni prodotti, si arrivava anche a 5000.68

                                                                                                               68 Cannon M. (2008), “Supply Chain News: Complete Transcript of Michael Cannon of Dell Describing Plans for Supply Chain

Transformation”, Dell’s Presentation-Supply Chain Digest, Austin, Texas

  102  

Grafico 35: Differenza configurazioni offerte vecchia e nuova stratgia, FONTE: interna Dell, Elaborazione personale

Un’altra grande area che Dell ha dovuto rivedere, è composta dalla progettazione della

sua supply chain in termini di dove produrre i propri prodotti.

Ancora una volta le decisioni sono state prese in base alla ricerca dell’equilibrio tra

bassi costi e soddisfazione del cliente.

La prima decisione, seppur dolorosa, è stata quella di chiudere il proprio sito produttivo

ad Austin in Texas, per aprirne uno in India, e non per il fatto che il sito americano non

funzionasse o che i dipendenti non lavorassero abbastanza, ma per una mera

convenienza economica in termini di costi e di efficienza.

Lo stesso ha fatto con le fabbriche del North Carolina nel 2010, aprendo nuove

fabbriche in Polonia.

Così Michael Cannon a riguardo:

“I segmenti di mercato sono evoluti, molti clienti sono felici con la configurazione

standard, non richiedono particolari configurazioni, e soprattutto si accontentano

anche se i tempi di consegna si allungano. Noi possiamo accontentare tale domanda

con una nuova supply chain e minori costi geografici.”69

-Michael Cannon, Dell’s president of global operations, 2010-

                                                                                                               69 Cannon M. (2008), “Supply Chain News: Complete Transcript of Michael Cannon of Dell Describing Plans for Supply Chain

Transformation”, Dell’s Presentation-Supply Chain Digest, Austin, Texas

0  

100000  

200000  

300000  

400000  

500000  

600000  

ANNI  90-­‐PRIMI  2000  

2007-­‐2013  

NUMERO  MEDIO  CONFIGURAZIONI  OFFERTE  

  103  

Per quanto riguarda gli attori della supply chain, Dell ha iniziato a collaborare e a

stringere partnership in modo più profondo con compagnie ODM e EMS, in modo tale

che essi potessero aiutare l’azienda a soddisfare al meglio i bisogni dei clienti, al minor

costo possibile.

Cannon e Dell prevedevano una riduzione dei costi nell’ordine di 3 miliardi di dollari, e

secondo la loro opinione gran parte di questi 3 miliardi sarebbe stata possibile grazie ai

suddetti cambiamenti nella gestione della supply chain nel giro di 2-3 anni.

Tenendo conto che nel 2007 Dell dichiarò un fatturato di circa 58 miliardi di dollari,

tale riduzione dei costi avrebbe dovuto contribuire per un 5% del fatturato annuale.

3.6. LA VENDITA INDIRETTA IN ITALIA ATTRAVERSO IL

CANALE

Andrò ora ad analizzare il segmento adibito alla vendita indiretta in Italia e nel mondo,

chiamato dall’azienda “Channel”.

Ho avuto la fortuna di lavorare a stretto contatto con quanto fino ad ora analizzato ed

esposto in questa mia tesi durante il mio periodo di stage durato sei mesi presso la filiale

Dell di Montpellier, in Francia.

Dell Inc. opera tramite tre business unit: America, EMEA (Europe Middle East Africa)

e APJ (Asia Pacific Japan).

L’area EMEA è a sua volta divisa in quattro segmenti: CER (Central Europe Region),

France, WER (Western Europe Region) e UKI (Gran Bretagna ed Irlanda).

L’Italia fa parte del segmento WER, che incorpora anche Olanda, Paesi del Nord,

Danimarca e Spagna.

Sotto una rielaborazione che chiarifica la scomposizione dell’azienda texana per unità.

  104  

 

Grafico 36: Scomposizione Dell per unità, FONTE: interna Dell, Elaborazione propria

Come si può evincere dallo schema sopra l’Italia è divisa in tre segmenti fondamentali:

• SMB: Small-Medium Business

• CHANNEL: che lavora con i rivenditori e i distributori

• PUBLIC: che si occupa dei clienti pubblici

Il Channel Italy si divide in due città, Milano e Montpellier.

Dell Montpellier è un sito inaugurato nel 2000, è il quartier generale di DELL per il sud

dell’Europa, ospita oltre 500 collaboratori in maggioranza Francesi, Italiani e Spagnoli

che lavorano nelle varie funzioni Centrali e Operative: Marketing, Vendite, Assistenza

Tecnica, Assistenza Clienti, Informatica, Finanza e Risorse Umane.

Il sito di Montpellier ospita anche la Direzione PME / Grande Pubblico per tutta la zona

Europa Medio Oriente / Africa (EMEA).

3.6.1. IL CHANNEL ITALY

Veniamo ora all’analisi del Channel Italy, nato nel febbraio del 2008 in concomitanza

con l’ingresso in azienda di una figura fondamentale come quella di Adolfo Dell’Erba,

DELL  

AMERICA   EMEA  

FRANCE   CER  

ITALIA  

PUBLIC   SMB   CHANNEL  

WER   UKI  

APJ  

  105  

il cui contributo all’apertura del Channel Italy si è rivelato fondamentale.

I risultati di questo segmento si sono dimostrati fin da subito eccellenti, basti pensare

che già nel 2011, dopo appena tre anni dal lancio della vendita indiretta, il 25% del

fatturato globale era dato dal canale, quindi sui 60 miliardi di dollari di fatturato, circa

15 provenivano dai rivenditori, mentre nel 2012 Dell ha dichiarato un fatturato di 56.9

miliardi di dollari, di cui il 37% proveniente dalle vendite effettuate dal Channel e

quindi tramite il mercato indiretto70. [Grafico 37]

Grafico 37: Scomposizione fatturato Dell 2012, FONTE: Interna Dell, Elaborazione propria

In Italia tale percentuale raggiunge addirittura il 50%71, questo perché l’Italia, più di

altre realtà, è composta per lo più da piccole e medie imprese che non dispongono delle

risorse da investire in R&D o in determinate aree aziendali che permetterebbero loro di

avere le competenze necessarie per poter offrire prodotti e soluzioni in modo autonomo

e indipendente, senza l’aiuto esterno. [Grafico 38]

Per questo motivo preferiscono rivolgersi a rivenditori specializzati, in modo tale da

ottenere quel supporto e quelle competenze necessarie ad implementare un progetto che

altrimenti da soli non riuscirebbero a proporre.

L’obiettivo conclamato del Channel Director Adolfo Dell’Erba è quello di crescere                                                                                                                70 Beviolandi S. (2013), “Dell assegna a beanTech il titolo di Premier Partner”, ChannelBiz 71 Informazioni interne, Dell Inc., 2013

FATTURATO  DELL  2012:  56.9  MLD  $  

Direct  

Channel  

37%  

63%  

  106  

ancora e di portare al 70% il peso del canale sulle revenue totali.

Grafico 38: Scomposizione fatturato Dell Italia 2012, FONTE: Interna Dell, Elaborazione personale

Oltre a questo, la tendenza di Dell negli ultimi anni, è stata quella di specializzarsi più

nell’offerta di prodotti enterprise e soprattutto di soluzioni software.

Avere competenze e conoscenze in tali campi risulta molto complicato, in quanto si

tratta di soluzioni davvero complesse, per queste ragioni le PMI italiane hanno una

maggiore tendenza ad affidarsi ai rivenditori italiani che offrono le conoscenze e il

supporto necessario all’implementazione e alla configurazione di dette macchine e di

dette soluzioni.

A riguardo:

“In quest’area abbiamo bisogno di partner che portino la nostra offerta alle

aziende. Non vogliamo più essere riconosciuti solo come una pc company, ma anche

come un’azienda enterprise e i partner sono fondamentali per fare cambiare la nostra

percezione sul mercato”

-Adolfo Dell’Erba, Dell’s Channel Director Southern Europe-

Il ruolo dei partner in Italia e nel mondo, e quindi della vendita indiretta, si è dimostrato

FATTURATO  DELL  ITALIA  2012  

Direct  

Channel    50%  50%  

  107  

negli ultimi anni di fondamentale importanza, crescendo sempre più di anno in anno.

Ad oggi i partner di Dell a livello globale sono ben 160.000, di cui circa 3.863 sono

coloro che hanno raggiunto il livello di Partner certificati72.

L’azienda nel 2012 ha proposto corsi di formazione a circa 23.000 individui dipendenti

presso i partner, i rivenditori e i distributori dell’azienda texana73.

Il programma Partner Direct offerto dall’azienda di Austin, ad oggi ha ricevuto ben 37

premi e certificati che attestano la validità e la qualità dello stesso.

Nel 2011 in Italia, il programma Partner Direct ha permesso una crescita del 28% lato

client, del 39% lato notebook, del 25% lato desktop, del 34% lato workstation e del

40% lato server, proprio questi ultimi, sono i prodotti che più hanno bisogno dell’aiuto

dei partner e dei rivenditori, in quanto si tratta di soluzioni più complesse che

richiedono delle competenze che spesso le aziende non hanno, per questo sempre più

clienti si rivolgono ai rivenditori ed ai partner per l’acquisto di dette soluzioni74.

Il segmento indiretto ha fatto registrare 672 milioni di dollari di incremento nel Q2 2013

rispetto allo stesso quarter dell’anno precedente, dimostrando e confermando il positivo

trend degli ultimi anni e facendo registrare un aumento di fatturato del solo segmento

indiretto nel 2012 di circa 5 miliardi di dollari. [Grafico 39]

Dell consegna più di 200.000 macchine al giorno, prodotte in 8 fabbriche dislocate in

diverse nazioni e con un business internazionale che investe 180 paesi diversi in tutto il

mondo75.

                                                                                                               72 Beviolandi S. (2012), “Dell Aiuta i Partner con il Lancio di Automated Price List”, ChannelBiz 73 Fonti interne, Dell Inc., 2013 74 Beviolandi S. (2013), “Dell: Oggi il 25% del Fatturato Arriva dal Canale”, ChannelBiz 75 Fonti Interne, Dell Inc., 2013

  108  

Grafico 39: Crescita fatturato Channel worldwide, FONTE: Interna Dell, Elaborazione personale

Quote di mercato Channel Italy Dell lato client

Il Channel Italy sta ottenendo risultati esaltanti che migliorano ogni anno.

Ad oggi, riferendosi al mercato della vendita indiretta, Dell occupa il quinto posto con il

6.97% di quota di mercato posseduta, che assicura all’azienda una crescita di circa il 3%

rispetto all’anno precedente, in un mercato che registra un tasso di crescita negativo pari

al -16% e dominato da HP con il 22.62% di quote di mercato possedute

Dell nel secondo quarter del 2013 ha venduto via partner e distributori 29673 macchine

client (PC, notebook ecc.), facendo registrare una crescita nelle vendite addirittura del

44% rispetto al 2012.

Solo LeNovo è riuscita a fare meglio, toccando addirittura il +60% year on year di

quantità vendute76. [Grafico 40]

                                                                                                               76 Fonte interna, Dell Inc., 2013

0  

5  

10  

15  

20  

25  

2009   2010   2011   2012  

FATTURATO  CHANNEL  WORLDWIDE  

FATTURATO  CHANNEL  WORLDWIDE  

  109  

Quote di mercato Channel Italy Dell lato server Grafico 40: Quota di mercato Channel lato client 2013, FONTE: Interna Dell

Quote di mercato Channel Italy lato “enterprise”

Per quanto riguarda il mercato enterprise, quello inerente la vendita di prodotti quali

server, storage e switch, anche in questo caso il Channel ha fatto registrare un

incremento della quota di mercato posseduta pari al 3.71%, che la posiziona al quarto

posto con una percentuale di quota di mercato del 12.75%.

Anche in questo caso il Channel fa registrare una crescita rispetto all’anno precedente,

in un mercato, quello delle soluzioni server e storage, che ha fatto registrare un tasso

negativo pari al -11%.

L’unico competitor diretto dell’azienda texana a far registrae un incremento year on

year è stato Fujitsu, con un +2%.

Il Channel nel 2013 ha venduto 2406 macchine enterprise, registrando una crescita year

on year del 25% rispetto all’anno precedente.

Anche il mercato dei server è dominato da HP che detiene una quota del 47%, ma che

vede le proprie vendite in calo di circa il 19% rispetto all’anno precedente.

La volontà dell’azienda texana per il 2014 è quella di raggiungere e superare IBM

puntando decisa alla vetta del mercato dei server77. [Grafico 41]

                                                                                                               77 Fonte interna, Dell Inc., 2013  

  110  

Grafico 41: Quota di mercato Channel lato enterprise 2013, FONTE: Interna Dell

Analizzando il Channel Mix [Grafico 42], dato dal rapporto tra il business generato dal

Channel ed il business totale dell’azienda, il Channel Italy Dell lato enterprise, dimostra

una crescita costante che continua ad aumentare.

Negli ultimi sei quarter il Channel ha contribuito per circa il 50% alle vendite totali e

Dell prevede che già nei primi quarter del 2014 tale risultato aumenti fino a raggiungere

quota 55%.

Il Channel Italy in Europa, si posiziona al primo posto per Channel Mix sia lato server

(+58%) che lato storage (+53%).

L’Italia si posiziona davanti a nazioni ben più quotate come Francia, Spagna o

Germania78.

Grafico 42: Analisi Channel Mix 2013, FONTE: interna Dell

                                                                                                               78 Fonte interna, Dell Inc., 2013

  111  

Analisi “Channel” in Europa

Il Channel Italy occupa la prima posizione per crescita delle vendite lato enterprise e

quinta per crescita di fatturato.

Sotto riporto un grafico che chiarisce quanto appena detto e che dimostra la crescita

continua e l’importanza che il Channel sta avendo per il mercato italiano79.

La grandezza di ogni singola “palla” sta ad indicare il fatturato ottenuto dai singoli

paesi, come possiamo vedere l’Italia (in verde), è tra le nazioni europee che generano

più fatturato lato enterprise.

Quest’anno Dell è riuscita ad aggiudicarsi, per la prima volta dall’apertura del Channel,

due lotti di gara Consip per i server.

Consip è una società per azioni del ministero dell’economia e delle finanze e lavora a

servizio esclusivo della pubblica amministrazione.

La società funge da supporto alle pubbliche amministrazioni per quanto riguarda attività

di consulenza, assistenza strategica e approvigionamento materiali.

Vincere un bando di gara indetto dalla Consip è qualcosa di estremamente difficile e

raro, vista l’enorme concorrenza, ma che assicura spesso un salto di qualità all’azienda

vincitrice.

Il contratto risulterà attivo dal mese di Marzo e secondo il Dott. Ligresti Filippo,

Country Manager Dell Italia, avrà un impatto estremamente positivo sul fatturato e sul

business dell’azienda, tanto da far credere ad una crescita lato enterprise nell’ordine di

8/10 punti percentuali, permettendo così all’azienda di avvicinarsi a quota 30 punti

percentuali di market share, un bel salto rispetto al circa 13% del 201380.

                                                                                                               79  Fonte interna, Dell Inc., 2013 80 Dott. Ligresti Filippo, 2013, Fonte interna Dell Inc.

  112  

Grafico 43: Business results by country 2013, FONTE: interna Dell

3.6.2. COMPOSIZIONE CHANNEL ITALY DELL

In questo paragrafo analizzerò la composizione del Channel Italy.

Il compito principale del Channel è quello di interfacciarsi con quel canale di vendita

mai considerato dall’azienda, ma che da 5 anni a questa parte sembra essere diventato il

futuro della strategia aziendale, ovvero il canale indiretto.

I clienti del canale sono distributori e partner italiani interessati alle soluzioni Dell e in

grado di offrire tale prodotto ai clienti finali, siano essi imprese o clienti privati.

Ad oggi i distributori con cui Dell collabora in Italia sono tre: Esprinet, Sidin e

Datamatic, in più ha rapporti con centinaia di partner.

Il compito dei distributori è quello di supportare una serie di partner dell’azienda texana

nella scelta e nella consegna dei computer marcati Dell, offrendo tutte le soluzioni

dell’azienda e cercando così di coprire tutto il territorio nazionale.

Diversi sono i ruoli interni al Channel Italy, tra cui possiamo ricordare:

  113  

• Channel Director: Adolfo Dell’Erba, il cui compito è quello di coordinare tutte

le attività del Channel.

• Team leader: sono due, Luigi Cherubino e Cristian Filippin, il cui compito è

quello di coordinare e gestire i due team che compongono il channel italy.

• CAM (Channel Account Manager): i quali sono titolari di un proprio portfolio

clienti diviso per zone. Il loro compito è quello di gestire il proprio portfolio,

supportare i propri clienti nell’acquisto delle soluzioni Dell offrendo un

servizio pre e post-vendita.

• TSR (Technical Sales Representative): figure estremamente importanti in

quanto in possesso di competenze specifiche inerenti le soluzioni enterprise

offerte dall’azienda, soluzioni tipo server, storage, switch ecc. Il loro ruolo è

quello di supportare i clienti dei CAM nella scelta di prodotti enterprise

offrendo un’assistenza e consigliando i prodotti e le soluzioni più adatte ai

bisogni del cliente.

• CRM (Customer Relationship Management): coloro che gestiscono i servizi

post-vendita. I loro principali compiti sono quelli di supportare il cliente nella

gestione di problemi relativi alla consegna del prodotto, ad eventuali guasti o

malfunzionamenti o a qualsiasi problema dovesse presentarsi dopo l’acquisto

del prodotto.

• CDM (Channel Development Management): detti anche field, coordinano le

relazioni con i clienti “porta a porta”. Sono i commerciali che si occupano

delle relazioni sul campo. Ad ogni CDM è assegnato un CAM di riferimento,

le due figure lavorano a stretto contatto e gestiscono i clienti in sintonia. Il

CDM ha il compito di mantenere le relazioni con il cliente andandolo a trovare

e cercando di capire quali possano essere le necessità delle aziende. Lo

consiglia e lo supporta nella scelta dei prodotti e delle soluzioni.

  114  

 

 

 

   

 

 

 

Grafico 44: Schema composizione channel italy, Fonte: Elaboraizone personale

Ad ogni CAM e CDM di ogni team, come detto in precedenza, viene assegnato un

portfolio di clienti suddivisi in base alle seguenti zone:

• Nord-Ovest

• Nord-Est

• Centro-Sud

• Roma

Dell mette a disposizione dei propri dipendenti e dei propri partner una serie di

strumenti atti a semplificare la relazione, lo scambio di informazioni in modo più rapido

e a fidelizzare il rapporto con questa nuova tipologia di clienti.

Spiegherò la funzionalità di tali strumenti nel prossimo paragrafo.

3.7. STRUMENTI A DISPOSIZIONE DEI PARTNER

PROGRAMMA PARTNER DIRECT

Progettato da Dell nel 2007 per supportare i propri partner nel raggiungimento di

quattro obiettivi: offrire i prodotti e le soluzioni richieste dai clienti, espandere la

CHANNEL  DIRECTOR  

TL  

TSR  TSR  

CAM-­‐CDM   CAM-­‐CDM    

CAM-­‐CDM    -­‐L1  

CAM-­‐CDM      

CAM-­‐CDM   CAM-­‐CDM   CAM-­‐CDM  

CRM  

 

  115  

propria azienda, ottenere credibilità, ottenere vantaggi competitivi rispetto ai

concorrenti differenziandosi.

Per queste ragioni Dell ha pensato ad un programma che permettesse ai partner di

usufruire di determinati strumenti e risorse che permettono il raggiungimento di benefici

e vantaggi.

Grazie al sito dell.com/partnerdirect i partner e i distributori possono aggiornare il loro

profilo, partecipare a corsi e training online, partecipare ad eventuali promozioni o

incentivi Dell e controllare il loro storico riguardante gli acquisti, vedendo la loro

situazione finanziaria con l’azienda texana.

Ci sono tre livelli di partner che aderiscono a tale programma:

1. Dell Registered Partner: partner che offrono la tecnologia Dell e che lavorano

sulle problematiche di business di clienti comuni. I vantaggi dell’iscrizione

includono l'utilizzo del logo, l'accesso al sito dei partner Dell per effettuare

configurazioni e ordini, materiale marketing da offrire ai clienti o in

determinati eventi, white paper e servizi finanziari, sconti speciali,

registrazione delle opportunità.

2. Dell Preferred Partner: per ottenere tale certificazione, almeno quattro

dipendenti dell’azienda partner, di cui due addetti alle vendite e due tecnici,

devono aver completato la formazione e i training offerti da Dell. Il partner

deve, inoltre, presentare almeno un fatturato ottenuto nei quattro trimestri

precedeti di 250.000 dollari, 200.000 derivanti dalla parte hardware e 50.000

derivanti dalla parte software. Il beneficio principale rispetto ai Registered

Partner è la protezione automatica di un’opportunità su un dato cliente per una

data linea di prodotto e secondo date condizioni.

3. Dell Premier Partner: i requisiti necessari per ottenere la più elevata

certificazione offerta da Dell sono: otto dipendenti dell’azienda partner, di cui

quattro addetti alle vendite e quattro tecnici, devono aver completato la

formazione ed i training offerti da Dell. Un dipendente deve completare la

formazione relativa alle soluzioni offerte da Dell. Dopo essere diventati

Premier Partner, il relativo logo deve comparire nel sito ufficiale del partner.

Inoltre l’azienda deve avere i seguenti requisiti di fatturato: vendite attinenti un

qualsiasi prodotto coperto da una competenza Partner Direct nei quattro

  116  

trimestri precedenti, di almeno 1.5 milioni di dollari per partner provenienti da

Regno Unito, Francia, Paesi Bassi e Germania, o di 750.000 dollari per partner

provenienti dagli altri paesi europei; vendite attinenti un qualsiasi prodotto

coperto da una competenza Partner Direct nei quattro trimestri precedenti, di

almeno 250.000 dollari, che devono includere almeno 100.000 dollari derivanti

dalla vendita di licenze software; vendite attinenti un qualsiasi prodotto

coperto da una competenza Partner Direct nei quattro trimestri precedenti, di

almeno 1.5 milioni di dollari per partner provenienti da Regno Unito, Francia,

Paesi Bassi e Germania, o di 750.000 dollari per partner provenienti dagli altri

paesi europei, che devono includere almeno 50.000 dollari derivanti dalla

vendita di licenze software. Oltre ai vantaggi assicurati ai Preferred partner, i

Premier partner godono del più elevato livello di supporto di vendita e dei più

innovativi strumenti di marketing (hanno a disposizione anche un budget

concesso da Dell per organizzare eventi in cui vengano promossi i prodotti

dell’azienda texana); 180 giorni di protezione delle opportunità; migliori

condizioni di pagamento (pagamenti fino a 60 giorni) e un più conveniente

programma di compensazioni per volumi di vendita. [Grafico 45]

Grafico 45: Programma PartnerDirect, FONTE: Elaborazione personale

PREFERRED  PARTNER  

PREMIER  PARTNER  

REGISTERED  PARTNER  

  117  

DELL FINANCIAL SERVICES

Essere un gigante dell’elettronica ma soprattutto un leader del proprio settore, implica

anche il dover di controllare le tue armi finanziarie.

DFS è stata creata nel 1997 grazie alla partnership tra la finanziaria CIT group e Dell al

fine di proporre soluzioni finanziarie ai clienti di Dell.

Per mettersi al pari con i principali concorrenti come IBM e HP che già disponevano di

una finanziaria propria, Dell nel giugno del 2011 decise di acquisire DFS Canada Ltd,

in modo tale da poter offrire soluzioni finanziarie ai propri clienti del Nord-America.81.

In una transazione separata condotta nel 2012, Dell ha acquisito anche CIT’s Dell-

related assets and sales and servicing functions in Europa, per essere competitiva anche

in Europa e avere la possibilità di offrire soluzioni finanziarie anche ai clienti europei.

DFS è la finanziaria di proprietà dell’azienda texana, con cui la stessa finanzia i propri

progetti e offre ai clienti diverse modalità di pagamento82.

Le acquisizioni hanno permesso a Dell di espandere a livello globale le proprie

soluzioni finanziarie, permettendole di controllare l’intero “ciclo di vita del cliente” e

assicurandole di essere direttamente coinvolta nella trattativa finanziaria con il cliente,

che prima dell’acquisizione conduceva una società alleata.

Queste acquisizioni hanno permesso all’azienda di tagliare i costi, velocizzare il ciclo di

vendite e presumibilmente le permette di ottenere dei profitti migliori.83

A seguito dell’intervista fatta al Channel Director Southern Europe Dell, Dott.Adolfo

Dell’Erba, riposrto le sue parole riguardo la suddetta acquisizione:

“Dell prima di fondare DFS, per le operazioni finanziarie si affidava ad un’azienda che

aveva più di cent’anni di esperienza in questo campo, CIT Group. Decide di acquisire

CIT e di avere una propria finanziaria. Questo per sfruttare uno dei vantaggi principali

e delle competenze uniche di Dell, ovvero quello di generare cash. Per generare cash

ci sono due cose fondamentali: la prima è quella di creare margine, vendendo prodotti

a valore e non a quantità, la seconda è quella di incassare. Dell aveva un enorme

liquidità, dovuta anche al fatto che, grazie al suo direct model, aveva la possibilità di                                                                                                                81 “Dell to Acquire Dell Financial Services Canada from CIT Group”, www.hghbeam.com, 2011 82 Stanley J. (2011), “Dell Cuts Out CIT Middleman In Canada and Europe”, Forbes, New York 83 Morgan T. P. (2011), “Dell Borgs CIT Financing Partnerships in Canada and Europe”, Registrer

  118  

pagare i propri fornitori con una media di 40/45 giorni dopo aver ricevuto la merce, e

circa 35/40 giorni dopo aver incassato dai consumatori, che pagavano di media entro

24 ore dall’avvenuto ordine. Anche per questo necessitavamo assolutamente di una

nostra finanziaria per poter controllare ogni singolo processo, dalla produzione, alla

vendita, al processo di pagamento. Ora Dell è un’azienda completa.”

-Adolfo Dell’Erba, Channel Director Southern Europe Dell-

DELL PREMIER PAGE

Tool messo a disposizione da Dell per tutti i propri partner, che tramite questo

strumento possono configurare i computer ed effettuare gli ordini in modo indipendente.

Questo strumento permette al partner di configurare la macchina senza però poter

apportare moltissime configurazioni, per questo poi i partner si vedono obbligati a

contattare il commerciale di fiducia in caso di configurazioni più complesse.

I prodotti in premier page hanno già la scontistica riservata al partner che la utilizza.

DELL SOLUTION CONFIGURATOR

Strumento messo a disposizione dei partner Dell da poco tempo, ma di grande aiuto, in

quanto permette loro di poter configurare in assoluta autonomia una qualsiasi soluzione

enterprise, da un semplice server, ad uno storage ecc.

Questo strumento, a detta di molti partner intervistati, è tra i più utili messi a

disposizione dall’azienda texana, in quanto, ogni partner ha al proprio interno le

competenze per implementare e configurare una soluzione enterprise per i propri

clienti.

Il solution configurator, tramite degli “alert”, segnala eventuali errori nella

configurazione al partner, che in autonomia provvederà a configurare la macchina nel

giusto modo.

Una volta terminata la configurazione, il partner otterrà un preventivo a listino con un

numero di riferimento che servirà al commerciale di fiducia per riprendere la

configurazione e applicare la scontistica che ritiene più opportuna per il suddetto

partner.

  119  

Unica “pecca” di tale configuratore è il fatto che non permette di ordinare il prodotto

configurato, ma questo solo ed esclusivamente per permettere al commerciale di poter

prezzare detta configurazione.

DEAL REGISTRATION

Dell assicura al primo partner che segnali una data opportunità con un dato cliente, una

sorta di protezione.

Il partner registra l’opportunità inserendola nell’apposita sezione deal registration nel

sito a loro dedicato, inserisce i dati del cliente finale e l’entità dell’opportunità.

Ogni deal registration verrà filtrata da Dell stessa, che andrà a controllare che non sia

stata precedentemente registrata da altri partner, in caso tutto corrisponda, la deal

registration viene approvata e permette al partner di ricevere una scontistica superiore a

quella standard, in questo modo lo si protegge dalle offerte di altri concorrenti.

La deal registration, da quando è nato il canale, permette anche ai commerciali della

diretta di vedersi riconosciuta la vendita, in quanto, essendo il partner obbligato ad

inserire i dati del cliente finale con la quale esiste l’opportunità per la quale richiede la

deal registration, la vendita verrà assicurata al commerciale che segue il partner ma

anche al commerciale che segue il cliente diretto, in modo tale da non creare confusione

o malcontenti all’interno dell’azienda stessa.

DEAL REGISTRATION E SUO FUNZIONAMENTO

Quando un dato partner intravede un’opportunità con un proprio cliente, se l’affare

supera i 10.000 euro, ha la possibilità di registrare l’opportunità di vendita tramite la già

menzionata deal registration.

In breve questo permette all’azienda che la sottoscrive di essere protetta da eventuali

attacchi di rivali, forte dello sconto maggiore che Dell assicura alla prima azienda che

registra l’opportunità.

L’azienda per registrate l’opportunità dovrà seguire dei semplici step:

• Entrare nel sito a loro dedicato www.dell.com/partner

• Inserire username e password per accedere al portale dedicato

  120  

• Cliccare sul link deal registration

• Compilare i campi richiesti nella schermata successiva

• Selezionare i prodotti e inserirli in modo tale da delineare in modo esatto ciò

che ci si aspetta rientri nell’opportunità da registrare. Inserire inoltre un prezzo

  121  

indicativo per ogni prodotto facente parte l’opportunità.

• Alla fine comparirà una schermata di riepilogo che permetterà di apportare

delle modifiche o di inviare il tutto per l’approvazione da parte del finance

Dell.

Una volta approvata l’opportunità, il Partner sarà protetto e sicuro di ottenere, e quindi

di poter proporre, il prezzo migliore per i prodotti registrati, in questo modo sarà certo

che gli altri competitor per potersi avvicinare al prezzo a lui riservato, dovranno

rinunciare ad una buona fetta del proprio margine.

Dell, come si può evincere dalla lettura del capitolo appena concluso, tiene moltissimo

al rapporto con gli altri attori della supply chain, siano essi fornitori, partner o clienti

finali.

Per questo l’azienda texana continua a studiare ed a sviluppare strumenti che rendano la

partnership sempre più semplice, leale e veloce.

Questa propensione all’integrazione e alla condivisione rende Dell una delle aziende

preferite da fornitori e partner.

  122  

CAPITOLO 4: ANALISI DI UN RAPPORTO TRA DUE LEADER:

DELL E BEANTECH

4.1. DELL’S PARTNER: BEANTECH srl

4.1.1. INTRODUZIONE DELL’AZIENDA

Avendo avuto la possibilità di lavorare presso l’azienda che è anche oggetto della mia

tesi, ho deciso di impostare questo paragrafo su una ricerca fatta su uno dei migliori

partner di Dell: Beantech srl.

Beantech è un’azienda friulana nata nel 2001 con il chiaro intento di offrire innovazione

e tecnologia di qualità.

Operando in un vasto mercato in continua evoluzione e saturo di concorrenza, l’azienda

ha presto trovato la sua dimensione specializzandosi nell’offerta di due ambiti

appartenenti l’Information & communication technology, ovvero l’integrazione di

soluzioni informatiche e l’attività di ricerca connessa allo sviluppo software.

Per implementare l’idea, Beantech ha deciso di servirsi di partnership che col tempo

sarebbero diventate stabili ed eccellenti e avrebbero permesso all’azienda di offrire

prodotti e servizi di qualità eccelsa.

Una di queste partnership è quella con l’azienda texana Dell Inc.

Beantech è una piccola azienda che si compone di 30 dipendenti più il management

aziendale.

Nel 2012 ha dichiarato un fatturato di 3 milioni di euro, il 70% di questo proviene dalla

vendita di prodotti marchiati Dell.

A conferma della qualità del lavoro offerto dall’azienda, è una delle poche nel proprio

settore a poter vantare riconoscimenti del calibro della Certificazione della qualità ISO

9001:2008 e dell’accreditamento M.I.U.R.

  123  

4.1.2. LA MISSIONE

Beantech ha deciso di specializzarsi e di offrire ai propri clienti soluzioni informatiche e

prodotti di qualità, e integra il tutto con servizi complementari quali formazione,

consulenza e assistenza.

L’azienda lavora in particolar modo su tre aree principali:

• Tecnologie: infrastrutture IT. Interviene su aree come la progettazione e

l’integrazione di sistemi informativi, offrendo fornitura hardware e software,

installazioni e configurazioni PC, server, storage ecc., virtualizzazione server e

client, sicurezza, assistenza da remoto e sul campo.

• Business analytics: che mette insieme strumenti di business intelligence,

performance management e analytics, e che permette di ottenere dei vantaggi

riguardanti la lettura dei dati al fine di migliorare la propria strategia aziendale.

• Progetti speciali: l'azienda ha ottenuto la pregevole certificazione UNI-EN ISO

9001:2008 per l’assistenza e la consulenza informatica. Beantech ha sviluppato

competenze, esperienze e professionalità che le permettono di proporre ed

implementare soluzioni ad hoc per ogni tipo di cliente.

Fin dalla sua fondazione Beantech ha fatto dello sviluppo e della qualità dei servizi

forniti, il suo principio cardine, per questo collabora con le migliori aziende del settore

come Dell, Microsoft e VMWare.

Questa continua propensione alla perfezione e alla qualità, hanno permesso all’azienda

di ottenere delle certificazioni che la rendono una delle aziende leader nel proprio

settore: Dell Premier Partner , Vmware solution provider professional e Microsoft gold

partner.

4.2. LA PARTNERSHIP CON DELL INC.

Beantech e Dell, un’alleanza nata nel 2010 e che quest’anno culmina con la preziosa

certificazione di Premier Partner concessa da Dell all’azienda friulana.

  124  

Beantech nel 2010 decise di offrire solo ed esclusivamente prodotti client e enterprise

marchiati Dell, questo perché riteneva l’offerta dell’azienda texana completa e di

assoluta qualità.

Dell era, inoltre, in evoluzione, era, infatti, in atto un cambiamento storico di cui

abbiamo avuto modo di parlare in precedenza.

Dell ormai da un paio d’anni aveva deciso di acconsentire alle partnership con i

rivenditori come è Beantech e quindi, quale modo migliore di iniziare una partnership

se non quello con un’azienda in piena evoluzione disposta ad ascoltare, collaborare e

migliorare insieme ai propri partner.

Beantech decise di offrire solamente prodotti Dell in quanto riteneva che il miglior

modo per offrire dei prodotti e delle soluzioni di qualità e quindi per eccellere in un

mercato saturo come quello dell’ICT, sarebbe stato quello di specializzarsi nella propria

offerta e di ottenere delle competenze e delle esperienze altrimenti non raggiungibili e

soprattutto che le altre aziende non potevano vantare.

Inoltre, dimostrando a Dell la propria fedeltà, pensavano che avrebbero potuto ottenere

un trattamento particolare che altri partner non avrebbero potuto ottenere, e così infatti è

accaduto.

Ad oggi Beantech può vantare una conoscenza dei prodotti e delle soluzioni Dell che

nessun altro è in grado di offrire e tale professionalità è stata premiata dall’azienda

texana concedendo all’azienda friulana l’ambita certificazione di PremierPartner.

Beantech si è sempre contraddistinta come Partner d’eccellenza per l’azienda texana.

Il rapporto con Dell si rafforza di anno in anno sempre di più, tanto che gli ordini di

Beantech aumentano ad una percentuale costante ogni anno.

Nel 2011 l’azienda friulana aveva ordinato 370.000€ di prodotti marchiati Dell, nel

2012 le ordinazioni sono quasi triplicate sfiorando quota 890.000€, mentre nel 2013 la

crescita si è assestata su un +11% rispetto all’anno precedente con circa 1.000.000€ di

ordini. [Grafico 46]

  125  

Grafico 46: Ordinato Beantech-Dell 2011-2013, FONTE: Interna Beantech, Elaborazione personale

Circa il 70% di quanto ordinato da Beantech è inerente la parte enterprise ovvero tutto

ciò che concerne server, storage, networking e software, mentre il restante 30% è legato

alla parte client che si riferisce ai notebook, PC, tablet ecc. [Grafico 47]

A questo va sommato circa il 10% degli ordini, quindi circa 100.000 euro, fatti

direttamente ai distributori, che ricordiamo essere Esprinet, Datamatic e Sidin.

Grafico 47: Percentuale Ordinato Beantech-Dell 2011-2013, FONTE: Interna Beantech, Elaborazione personale

1.000.000  

890.000  

370.000  

0  

200000  

400000  

600000  

800000  

1000000  

1200000  

2011   2012   2013  

ORDINATO  BEANTECH-­‐DELL  2011-­‐2013  

PERCENTUALE  ENTERPRISE  E  CLIENT  BEANTECH-­DELL  

CLIENT  

ENTERPRISE  

30%  

70%  

  126  

L’utilizzo dei distributori comporta dei vantaggi quando si tratta di dover vendere

prodotti standard a basso prezzo per lo più client, quindi PC, notebook e tablet.

Questo perché i distributori, come accennato in precedenza, hanno la possibilità di

offrire prodotti marchiati Dell non personalizzabili a prezzi relativamente contenuti e

soprattutto con delle tempistiche che l’azienda texana non riuscirebbe a garantire.

Solitamente se si ordina via distribuzione il partner riceve quanto ordinato nel giro di 48

ore, grazie al fatto che i distributori tengono molti prodotti a magazzino e che quindi

hanno una disponibilità immediata.

Altro vantaggio da non sottovalutare sono le migliori condizioni di pagamento offerte

dai distributori, infatti, se Dell assicura un pagamento a massimo 40 giorni dall’ordine, i

distributori sono soliti accettare pagamenti anche a 60 giorni, per determinati clienti e

determinati importi si spingono addirittura fino ai 90 giorni.

Spesso per alcuni partner tali condizioni sono molto importanti, soprattutto nel caso in

cui il proprio cliente necessiti della merce in tempi brevi.

4.3. I BENEFICI DELLA PARTNERSHIP

Offrendo solo ed esclusivamente soluzioni e prodotti marchiati Dell, al contrario di

molti altri rivenditori, Beantech può vantare dei vantaggi e dei benefici assoluti.

COMMERCIALI DI FIDUCIA

Rapporti di fiducia con i CAM e i CDM Dell. In special modo il rapporto con il CDM,

Stefano Bobbo, iniziato nel 2010, è caratterizzato da piena fiducia reciproca e amicizia.

Questo permette ad entrambe le parti di fidarsi l’uno dell’altro e di lavorare a stretto

contatto continuo.

Vengono programmate visite continue, più o meno una volta ogni settimana e insieme

stabiliscono opportunità e nel caso ce ne siano, implementano il progetto.

Il CAM è Laura Bertero il cui ruolo è quello di dar seguito a quanto CDM e Beantech

hanno progettato. Il CAM registra l’opportunità, sviluppa la configurazione richiesta dal

partner, gestisce le problematiche inerenti prezzi e sconti e, se nelle sue competenze,

gestisce anche eventuali problematiche post-vendita, altrimenti chiede aiuto al CRM

  127  

CDM  

BEANTECH  END  USER  

CRM   CAM  

(Customer Relationship Management), che si interfaccerà direttamente con il cliente

finale per la risoluzione di eventuali problematiche.

Grafico 48: Rapporto Beantech-Dell , FONTE: Interna Beantech, Elaborazione personale

SUPPORTO

Supporto in fase pre e post-vendita. Dell offre la sua assistenza e le sue competenze sia

in fase pre-vendita tramite l’apporto di figure quali CAM e CDM, sia nella fase di post-

vendita nel caso in cui si dovessero riscontrare dei problemi e Beantech per qualche

ragione non fosse in grado di risolverli.

A sostegno del partner e quindi dell’end-user, ci sono i CRM e il supporto tecnico.

I CRM si occupano più di problematiche inerenti il pagamento, la consegna e la

fatturazione, mentre il supporto tecnico è a disposizione del cliente per problematiche

inerenti malfunzionamenti della macchina o della soluzione acquistata.

  128  

Il supporto tecnico di Dell per l’Italia si trova a Montpellier.

Risolve eventuali problemi da remoto e nel caso in cui si palesi il bisogno di un

assistente on-site, l’azienda lo garantisce per tutta la durata della garanzia.

La maggior parte delle volte, trattandosi di computer e server, l’assistenza da remoto è

sufficiente.

Al cliente basterà fornire il service tag della macchina acquistata (un codice che la

identifica), permettendo così al tecnico di capire il problema.

A supporto dei tecnici, Dell ha creato una stanza chiamata datacenter, in cui essi hanno

la possibilità di riprodurre il problema visualizzato dal cliente, in questo modo è come

se il tecnico fosse nell’ufficio del cliente stesso e stesse vedendo dal vivo la macchina

difettosa.

PREMIER PARTNER DELL

Nel terzo trimestre 2013 solo quattro aziende in tutta Europa hanno ricevuto da Dell il

titolo di Premier Partner, il più prestigioso che l’azienda fornisce, e tra queste spicca

l’italiana Beantech, oltre a due svizzere e una finlandese. Per diventare Premier Partner,

non basta essere fedeli e vendere molti prodotti marchiati Dell, ma è necessario ottenere

determinate certificazioni e soprattutto vendere prodotti a valore, ovvero prodotti che

assicurano elevate marginalità all’azienda come Server, Storage, Switch e soluzioni

software.

Queste le parole di Adolfo Dell’Erba a riguardo:

«Si tratta di una realtà strategica per noi. È inserita in un contesto, quello del

Triveneto, dominato da piccole imprese, dove il ruolo dei partner per noi è ancora più

decisivo. Con BeanTech condividiamo ambizioni e obiettivi: si sono sempre dimostrati

un’azienda seria e valida, un valore che gli stessi clienti più volte hanno riconosciuto.»

-Adolfo Dell’Erba, Dell Channel Director Southern Europe-

Tale certificazione assicura all’azienda friulana vantaggi dedicati, tra cui:

  129  

• Dilazioni di pagamento maggiori, ad esempio Beantech è riuscita ad ottenere 45

giorni di credito da parte di Dell

• Rebate, permette all’azienda friulana di ottenere un premio al raggiungimento

dell’obiettivo prefissato con Dell ad inizio anno. Tale premio è in denaro e non

sottoforma di scontistiche particolari, quindi se ad esempio il target stabilito a

fine anno era di due milioni di euro, e Beantech alla fine raggiunge 2 milioni e

200 mila euro, ottiene un premio pari al 2/3% dei 200 mila euro aggiuntivi

raggiunti

• Possibilità di acquistare direttamente

• Possibilità di accedere a corsi di certificazione che assicurano l’opportunità di

vendere non solo prodotti client e enterprise ma anche software e servizi e

quindi ottenere certificazioni che assicurano la possibilità di vendere tutti i

prodotti proposti dall’azienda texana

• CAM/CDM dedicato

• Demo unit, che non sono altro che macchine “prova” concesse ai Premier

Partner al prezzo indicativo di un euro, con lo scopo di permettere loro di

mostrarle ai clienti

• Budget per l’organizzazione di eventi marchiati Dell

• Possibilità di inserire il marchio Dell sul proprio sito internet

  130  

Grafico 49: Vantaggi per premier partner Dell, FONTE: Interna Dell, Elaborazione personale

4.4. CONCLUSIONE CAPITOLO

Dell e Beantech, un rapporto di fiducia nato pochi anni fa con un ampio margine di

miglioramento e di consolidamento, un rapporto di reciproca stima e di elevata qualità

che non sembra avere limiti secondo l’amministratore delegato di Beantech Fabiano

Benedetti, che ricorda i tassi di crescita sempre a doppia cifra fatti registrare nei primi

anni di partnership, destinati, secondo lui, a continuare a crescere in virtù della tendenza

dell’azienda texana di ingrandire sempre più la propria proposta, offrendo oltre

all’hardware anche soluzioni software e cloud di elevata qualità.

Sempre a parere dell’amministratore delegato Benedetti, l’essere inseriti nel tessuto

italiano, un mercato composto per la maggioranza da piccole e medie imprese senza

risorse a disposizione per implementare internamente determinate soluzioni, il ruolo di

partner risulta fondamentale al fine di supportare e assistere tali aziende.

Dell ha fatto la fortuna di Beantech negli ultimi anni, nonostante essa abbia deciso di

proporre solo prodotti e soluzioni marchiati Dell e quindi a volte si trovi nella situazione

DEMO  UNIT  

REBATE  

LOGO  DELL  

EVENTI  CAM/CDM  

CERTIFICAZIONI  

ACQUISTI  DIRETTI  

PAGAMENTI  

PREMIER  PARTNER  

  131  

di non poter competere in quanto non a disposizione di una valida alternativa.

Benedetti ritiene l’offerta proposta dall’azienda statunitense la più completa, tanto da

permettere a Beantech di offrire e proporre soluzioni variegate in un mercato, quello

italiano, estremamente esigente ed eterogeneo.

La proposta server, storage, networking, software e security marchiati Dell hanno

consentito all’azienda friulana di arricchire la propria offerta rispondendo a quasi ogni

esigenza del mercato, e contribuendo a rendere l’offerta molto flessibile, permettendo di

rispondere e di gestire sia le esigenze di PMI che quelle di aziende di grandi dimensioni.

Insomma quella tra Dell e Beantech sembra essere una partnership leale e duratura che

accontenta entrambi gli attori.

  132  

APPENDICE 1: UN’INTERVISTA ESCLUSICA CON IL CHANNEL DIRECTOR

SOUTHERN EUROPE DI DELL, DOTT. ADOLFO DELL’ERBA

Concludo la trattazione della mia tesi di Laurea Magistrale con un’intervista esclusiva al

Dott. Adolfo Dell’Erba, considerato uno degli artefici e grande sostenitore dell’apertura

al canale di vendita indiretto.

Entrato in Dell nel 2007 proprio per sviluppare le relazioni con questo canale mai

considerato e trattato dall’azienda texana, oggi considera il canale indiretto un grande

successo e ritiene che tale rapporto sia destinato a consolidarsi sempre di più.

Egli ritiene il mercato italiano un mercato adatto a questo tipo di modello, un mercato

caratterizzato da piccole e medie imprese con poche competenze e conoscenze interne

per sviluppare determinati progetti in autonomia, un mercato che quindi necessita di

figure quali partner e distributori per implementare e sviluppare specifiche opportunità

progetti e soluzioni.

Ad oggi il canale indiretto di vendita conta per il 50% dell’intero mercato italiano, ma

Dell’Erba punta a raggiungere il 70% entro i prossimi due anni, tanta è la fiducia che

egli ripone in questo modello che abbiamo ricordato più volte essere un’assoluta novità

per Dell Inc.

Riporto sotto la piacevole “chiacchierata” svolta con il Dott. Dell’Erba, persona

estremamente competente, disponibile e piacevole.

Dell è un’azienda che ha avuto successo grazie al modello di vendita diretto da voi

chiamato direct model, un modello al tempo innovativo, che faceva del rapporto

diretto con i clienti la prerogativa principale della strategia aziendale. Poi nel 2007

qualcosa cambiò e l’azienda decise di collaborare con quel canale di vendita mai

considerato fino ad allora, ovvero il canale indiretto.

Volevo capire il motivo di questo cambio strategico epocale.

Innanzitutto tengo a precisare che il mercato diretto conta per il 25% del mercato

totale, mentre il restante 75% è presidiato dal canale di vendita indiretto, il che

significa che se un’azienda come Dell, leader del mercato di vendita diretto vuole

crescere, deve assolutamente fare uno sforzo e collaborare con quella fetta di mercato

  133  

che conta per il 75% del mercato totale.

È stato un cambiamento epocale perché Michael Dell è rientrato in azienda intorno al

2007 da quarantenne più ricco al mondo, da uno che non aveva più sogni se non quello

di portare avanti l’azienda da lui stesso fondata.

Capì una cosa fondamentale, ovvero che il mondo era cambiato, Dell fino ad allora

aveva basato il suo business sui personal computer e quindi sulla parte hardware,

puntando tutto sul canale di vendita diretto, caratterizzato dunque da un rapporto

diretto con il consumatore finale.

Dell vendeva anche altri prodotti, ma tramite alleanze come ad esempio è stata quella

decennale con EMC per quanto riguarda la produzione degli storage, mai fino al

rientro di Michael si era pensato di produrre determinati prodotti o soluzioni

internamente e quindi di investire in competenze interne.

Si comprese che il modello che aveva contraddistinto il business dell’azienda per i

primi 23 anni della sua storia, il direct model, non avrebbe più funzionato, non sarebbe

stato redditizio come lo era stato per tutti quegli anni.

Altra intuizione fu quella di puntare sulla parte soluzioni, Dell già produceva server

con buonissimi risultati (era il terzo vendor al mondo), ma la parte storage veniva

prodotta da aziende specializzate, non internamente, si iniziò quindi a pensare di

produrla personalmente.

Avendo poca esperienza e poche conoscenze inerenti le soluzioni enterprise, si decise di

acquisire aziende leader nella produzione di soluzioni e software, acquisendo così il

know-how e le competenze interne all’azienda stessa.

Era il modo più semplice per entrare in determinati mercati che risultavano essere

delle novità per l’azienda texana.

Dell ha acquisito 27 aziende nel giro di 7 anni, investendo più o meno 13 miliardi di

dollari.

A seguito delle ultime acquisizioni, inerenti soprattutto soluzioni e software, anche il

fatturato aziendale ha subito una mutazione, non è più infatti composto dall’80% di

prodotti client (PC, notebook ecc.) e il 20% di soluzioni e software, ma si assiste ad una

sorta di ribaltamento, il mix diventa 60% client e 40% software, servizi e soluzioni

come storage, networking e molto altro.

Per vendere determinati prodotti però, bisogna essere in possesso di competenze che

  134  

l’azienda texana non poteva vantare, ed è qui che subentrano i partner.

Michael decide di aprire a quel canale di vendita tanto odiato, il canale indiretto, e di

usufruire delle competenze interne dei partner per poter vendere i nuovi prodotti offerti

dall’azienda texana.

In America si è lanciato il programma PartnerDirect nel 2007, in Italia nel 2008.

Essendo una novità, Dell aveva due possibilità per iniziare il nuovo rapporto con i

rivenditori: scrivere la bibbia del canale indiretto in cui dettava leggi e modalità del

rapporto, o creare due tre punti e poi svilupparli insieme ai partner.

Michael Dell dimostrò un’enorme flessibilità anche in questo caso, decidendo di

sviluppare il programma PartnerDirect ascoltando anche i rivenditori stessi, felici di

essere considerati parte integrante della nuova vita dell’azienda texana.

Ecco che inizia una seconda vita per Dell, una vita totalmente nuova caratterizzata da

rapporti con un canale che prima si era dimostrato un acerrimo nemico.

Oggi Dell vanta 140.000 business partner che fino al 2007 promuovevano prodotti che

erano concorrenti di Dell stessa.

La parte canale conta per il 37% del fatturato totale, circa18 miliardi di dollari sui 56

che abbiamo fatto nel 2013, riteniamo quindi che il canale inizi ad avere una certa

valenza sul business totale

Possiamo dire che Dell è un’azienda in continuo divenire. Dopo l’apertura al canale

indiretto, siamo ora di fronte ad un altro momento di cambiamento epocale, l’uscita

dalla borsa e la privatizzazione.

Oggi ci troviamo di fronte ad un nuovo momento di cambiamento, Michael Dell decide

di uscire dalla borsa e di privatizzare l’azienda in quanto stanco di dover rispondere

sempre alle regole ed alle imposizioni dettate dalla borsa.

Così facendo crea la più grande start-up della storia.

Michael Dell ritiene che l’azienda negli ultimi tempi si fosse concentrata più nell’aver

successo in borsa che sul suo obiettivo conclamato fin dalla sua fondazione, il cliente e

la sua soddisfazione.

Il nuovo obiettivo è quello di tornare al passato, focalizzandosi sul cliente e

riacquisendo quella velocità che aveva fatto di Dell un caso di successo per decenni.

  135  

Privatizzando l’azienda si ristabilisce il management aziendale, ora Michael Dell

detiene il 75% dell’azienda, mentre il restante 25% è detenuto dal rappresentate del

fondo Silver Lake che ha contribuito alla privatizzazione.

Il concetto quindi ora è che dovrebbe essere estremamente più semplice prendere

determinate decisioni e concentrarsi sul core business aziendale puntando sempre alla

soddisfazione del cliente finale.

La nuova tendenza sembra essere quella di avere successo nel campo di soluzioni e

software, si tralascerà quindi il mercato dei client? Quanto incide oggi questo

mercato?

Abbiamo deciso di tornare un’azienda vicina ai clienti ma non di abbandonare i

prodotti client, anzi, continueremo a produrli e a venderli, in quanto per noi sono una

sorta di presentazione al mercato, è quel prodotto che ci permette di essere conosciuti e

di allargarci.

I client permettono di aumentare la brand awareness e la penetrazione, perchè sono

prodotti che entrano nelle case dei consumatori finali, ovvero quella fetta di mercato

che tramite il passaparola parla del prodotto acquistato, scrive nei blog, su facebook,

migliorando l’immagine della marca.

Per contro, prodotti quali server, storage e software sono tutti prodotti nei quali noi

primeggiamo, ma rimangono prodotti per un mercato b2b, che non creano conoscenza

del brand.

Inoltre Dell vende 200.000 macchine client al giorno, circa 1 milione a settimana, il

che significa che anche se il mercato dovesse perdere il 5%, comunque assicurerebbe

all’azienda una produzione di circa 950.000 macchine la settimana.

Sono numeri talmente enormi che una decrescita del 5% inciderebbe poco.

Oggi il mercato client vale circa 200 miliardi di dollari, l’anno scorso ne valeva 210,

nonostante la lieve decrescita, la fetta di mercato da dividersi è comunque di 200

miliardi di dollari, per cui tralasciare un mercato così vasto che tra l’altro ci permette

di essere conosciuti, aprendoci le porte di altri mercati, sarebbe un’idea davvero folle.

In sintesi, se sei tra i leader di mercato sul mercato dei PC, notebook e tablet, poi

risulta più semplice rendere noto al mondo intero che non produci solo prodotti client

  136  

ma che hai anche server, storage, soluzioni, switch, software di sicurezza, software

cloud e networking, mentre risulterebbe molto più difficile fosse vero il contrario.

Ecco perché per noi il mercato dei client continua ad avere una valenza assolutamente

primaria.

Dell oggi oltre ai partner si trova a dover gestire anche i distributori, figure che

storicamente hanno bisogno di stock, di scontistiche superiori e di certezze che voi,

abituati al direct model, non dovreste avere nelle vostre corde. Come gestite questo

rapporto?

La distribuzione è stata aperta nel 2010 ed ammetto che è stato un percorso parecchio

complicato.

Dell non aveva il concetto di stock, scorte o magazzino, e quindi parlava un linguaggio

totalmente diverso da quello dei distributori.

La strategia è stata quindi quella di sviluppare una serie di punti insieme ai distributori

stessi per cercare di trovare una soluzione comune.

Tra le varie soluzioni abbiamo creato la SPL (standard pricing list) che non è altro che

una lista di prodotti che noi offriamo ai distributori ad un prezzo prestabilito che

assicuriamo solo ed esclusivamente a loro.

Abbiamo anche creato dello stock in modo tale da assicurare a questi nuovi partner un

approvvigionamento molto più rapido.

Stock e SPL sono composti da macchine pre-cofigurate e standardizzate, quindi poco

personalizzabili, prodotti che rispondono alle esigenze di quella fetta di mercato che

non necessita di una macchina personalizzata ma che si accontenta di un prodotto

abbastanza basico.

Oggi la distribuzione in Italia contribuisce per il 55% del fatturato totale del Channel

Italy, di conseguenza questo mi fa capire che il lavoro sviluppato con essi è stato di

assoluto rilievo.

  137  

Ritiene che il canale indiretto di vendita faccia si che l’azienda si concentri meno sui

bisogni dei propri clienti?

Assolutamente no, io ritengo il contrario.

Abbiamo deciso di usufruire delle competenze e delle conoscenze dei business partner

proprio per offrire ai nostri clienti un servizio più completo.

Usufruire del canale di vendita indiretto non significa essere meno presente come

azienda presso i consumatori, ma al contrario di aumentare la presenza aziendale sul

mercato e presso una determinata tipologia di clienti attraverso la figura del business

partner, che ci permette di assicurare un servizio e un supporto migliore al cliente

grazie alle sue conoscenze, esperienze e competenze.

Come detto prima, inoltre, finchè si vendono prodotti client il supporto telefonico ed

on-line risulta essere più che sufficiente, ma dal momento che si propongono soluzioni

enterprise e software, la necessità di supporto on-site aumenta, il mero servizio

telefonico non è più sufficiente, ed è qui che subentrano i partner migliorando il

servizio offerto dall’azienda stessa.

Possiamo dire di essere assolutamente soddisfatti della decisione presa nel 2007 e del

lavoro che stiamo svolgendo insieme ai partner e ai distributori.

Il mercato è in continua evoluzione, noi non dobbiamo fare altro che farci trovare

pronti quando tali cambiamenti si manifestano.

  138  

CONCLUSIONE

Come si è avuto modo di vedere nel corso della trattazione la gestione strategica del

supply chain management è di primaria importanza per qualsiasi azienda che voglia

avere successo nel proprio business.

Il mercato è in continua evoluzione, ad una sempre maggiore flessibilità viene richiesta

anche una qualità dei prodotti elevata.

Spesso una gestione autonoma e indipendente di tutte le fasi della supply chain da parte

dell’azienda non porta i risultati desiderati, in quanto non permette di soddisfare le

pretese di un mercato così complesso e dinamico.

L’integrazione, la condivisione, lo scambio di informazioni e la continua

comunicazione tra gli attori facenti parte la supply chain, risulta essere fondamentale al

fine di rispondere alle richieste di clienti sempre più esigenti.

Un’azienda come Dell Inc., tra i leader mondiali nella produzione e nell’offerta di PC,

notebook, soluzioni e software, non può prescindere dai propri fornitori e dai propri

partner, essi sono dall’azienda considerati come un’estensione della stessa, per questo

sono pienamente integrati nella strategia aziendale.

Dell Inc., nonostante il successo ottenuto grazie al proprio innovativo modello di

vendita diretto, è stata capace di dimostrarsi un’azienda estremamente flessibile quando

si palesò la necessità di un cambiamento che definirei, per l’azienda texana, epocale.

Cambiamento reso necessario dai prodotti sempre più complessi presenti nell’offerta di

Dell, come soluzioni enterprise e software, prodotti che necessitano di una conoscenza

e di un supporto di assoluto rilievo, che un’azienda come Dell, abituata a fornire un

supporto prettamente telefonico, non era in grado di assicurare.

Per questo motivo, Dell, ha deciso di avvalersi del supporto di figure come i partner e i

distributori, abituati a vendere determinati prodotti e con elevate competenze a riguardo.

Dell è un esempio di un’azienda leader che dopo aver vissuto un periodo di flessione si

è dimostrata assolutamente elastica e disposta ad accantonare la strategia che per anni le

aveva assicurato il successo a favore di una strategia opposta ma più adatta alle nuove

tendenze del mercato, senza mai rinnegare i propri obiettivi e il proprio fine, la

soddisfazione del cliente.

Dell Inc. un articolato caso di grande successo.

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