La Gestione Strategica del Supply Chain Management: l ...
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Corso di Laurea Magistrale in Economia e Gestione delle Aziende Prova finale di Laurea
La Gestione Strategica del Supply Chain Management: l’articolato caso Dell Inc.
Relatore Prof. Stefano Micelli Correlatore Prof. Fabrizio Panozzo Laureando Andrea Camporese Matricola 817819 Anno Accademico 2012 / 2013
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LA GESTIONE STRATEGICA DEL SUPPLY CHAIN
MANAGEMENT: L’ARTICOLATO CASO DELL Inc.
INDICE:
Introduzione……..……………………………….………………..……………...6
CAPITOLO 1: Il Supply chain management come leva competitiva
1.1. La logistica: cenni storici in breve………………………....................7
1.2. La logistica: definizione………………………………...……….......10
1.3. La catena della fornitura: “la nuova logistica”………………….......15
1.4. La logistica in outsourcing…………..……………………................17
1.4.1. I vantaggi dell’outsourcing della logistica……………………21
1.5. Dalla Supply chain al Supply chain management: la chiave sta
nell’integrazione………………………………….…………………22
1.6. Supply chain management: definizione…………………..………....26
1.7. Integrazione in un Supply chain management, diverse visioni……...27
1.7.1. Una visione comune……………………...…………………...31
1.8. L’importanza di una gestione accurata del Supply chain
management…………………………………………………………36
1.9. Il segreto è la natura della partnership: il “the partnership
model”……………………………………………………………….40
1.10. Il caso Zara…………….……………………………………...…......43
CAPITOLO 2: Dell Computer Corporation e il “Direct model”: Supply chain
management e personalizzazione
2.1. Dell: la storia………….…………………………………………..…47
3
2.2. La strategia dei competitors……………………………....…………56
2.3. Il modello diretto di vendita: il direct model………..………………57
2.4. Dell e la Supply chain: uno strumento per competere…………........63
2.5. Il rapporto con i fornitori………………………………………..…..68
2.5.1. Fornitori locali o globali?...........................................................71
2.6. Il virtual integration……………………………………………..…..72
2.7. La condivisione del business con i propri partner………………..…77
2.8. La partnership con EMC………………………………………….....80
2.9. Magazzino e scorte………………………………………………….81
CAPITOLO 3: Dell e l’apertura al canale indiretto: l’inizio di Dell 2.0
3.1. Il canale indiretto: integrazione con distributori e partner…….…….87
3.2. Dell: la nuova strategia……...……………………………………....89
3.3. Introduzione…………………………………………………..……..90
3.4. Il ritorno di Michael Dell al timone e il cambio di visione: l’inizio di
Dell 2.0…………………………........................................................94
3.4.1. Il ritorno alla crescita………………………………………98
3.5. Una nuova gestione strategica del supply chain management………99
3.6. La vendita indiretta in Italia attraverso il canale….………………..103
3.6.1. Il Channel Italy……………………………………………104
3.6.2. Composizione Channel Italy……...……………...……….112
3.7. Strumenti a disposizione dei partner………………...…………….114
CAPITOLO 4: Analisi di un rapporto tra due leader: Dell e Beantech
4.1. Dell’s Partners: Beantech srl…..…………………...........................122
4.1.1. Introduzione dell’azienda…………………………………....122
4.2.1. La missione………………………………………………….123
4.2. La partnership con Dell Inc..……………………………………….123
4
4.3. I benefici della partnership….…………………………………...…126
4.4. Conclusione capitolo………………………………………...……..130
Appendice 1: Un’intervista esclusiva con il Channel Director Southern
Europe di Dell, Dott. Adolfo Dell’Erba…………………..……………….132
Conclusione…..…………………………………………………………...138
Bibliografia……………………..…………………………………………139
Sitografia……………………….…………………………………………142
Altra sitografia….…………………………….……………………….......142
5
A tutti coloro che mi hanno supportato e aiutato.
Al Prof. Micelli, figura determinante per la stesura di questa elaborazione e per il
mio percorso universitario, al Dott. Adolfo Dell’Erba grazie al quale sono riuscito a
rendere questa trattazione unica e completa, a tutti i miei ex colleghi di Dell
Montpellier, ad una ragazza speciale che mi ha sempre sostenuto in questo ultimo
periodo, ai miei amici e a mia sorella Monica.
Un grazie particolare va alle due persone che da 26 anni credono in me e in ciò
che faccio, sostenendo ogni mia decisione e appoggiandomi in qualunque momento
della mia vita.
Grazie.
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INTRODUZIONE
Durante la mia esperienza come stagista presso la sede Dell di Montpellier, sono
rimasto piacevolmente sorpreso dalla strategia dell’azienda orientata al cliente e ad
un’accurata gestione della supply chain.
Per questo motivo ho deciso di sviluppare la mia tesi finale di Laurea Magistrale
proprio su questo argomento e su questo caso aziendale.
La supply chain è un ramo di recente scoperta ma che fin da subito si è dimostrato di
fondamentale importanza per qualsiasi azienda.
La gestione integrata di tutti gli attori facenti parte la catena del valore è uno dei
principali vantaggi competitivi di molte aziende di successo, come ad esempio Dell Inc.
e Zara.
Dell Inc. è un caso di assoluto interesse in quanto oltre ad essersi dimostrata un’azienda
innovativa che nei suoi primi anni di storia è stata capace di riformare totalmente il
mercato dei computer grazie al suo modello di vendita diretto, si è altresì dimostrata
flessibile e pronta a mutare la propria strategia nel momento in cui si è palesata la
necessità.
Questa tesi chiarirà il motivo dei successi e degli insuccessi di un colosso qual è Dell
Inc., le strategie adottate e le opportunità future dell’azienda statunitense, il tutto con un
occhio volto alla gestione della supply chain orientata ai clienti.
Dell Inc., fin dal giorno della sua fondazione, si è vista obbligata ad instaurare dei
rapporti e delle alleanze, con i propri fornitori e partner, caratterizzate da un’elevata
integrazione e fiducia; l’innovativo modello di vendita diretto e, oggi, il rapporto con i
rivenditori, richiedono, infatti, delle partnership caratterizzate da un’elevata
comunicazioni e interazioni quasi giornaliere, solo in questo modo Dell Inc. è in grado
di offrire prodotti personalizzabili a prezzi competitivi e soprattutto a consegnarli in
pochi giorni dall’avvenuto ordine.
Questo lavoro si prefigge l’obiettivo di spiegare quanto appena sintetizzato con una
sfumatura personale dettata dalla mia esperienza diretta nell’azienda oggetto del caso di
studi.
Buona lettura.
7
CAPITOLO 1: LA GESTIONE DEL SUPPLY CHAIN
MANAGEMENT COME LEVA COMPETITIVA
1.1. LA LOGISTICA: CENNI STORICI IN BREVE
Definire la logistica non è cosa semplice, migliaia sono, infatti, i contributi e gli studi
forniti da studiosi e specialisti.
La logistica, rispetto al passato, è comunque entrata nel linguaggio d’uso comune e si è
soprattutto imposta come una funzione aziendale di assoluta importanza, al pari del
marketing, delle vendite o del controllo di gestione.
La logistica non è un tema nuovo, da sempre si parla di questa materia, anche se prima
degli anni 50 non veniva vista come uno strumento strategico di business ma più come
uno strumento utilizzato dagli eserciti in guerra per meglio organizzare un attacco.
La logistica aveva a che fare con l’organizzazione dell’approvvigionamento delle scorte
e del trasporto dei materiali militari e delle persone, un’accurata gestione logistica
poteva assicurare la vittoria.
Si attribuisce ad una mancanza di organizzazione logistica la sconfitta inglese nella
guerra d’indipendenza americana, infatti, l’esercito inglese in America, dipendeva
interamente dall’Inghilterra, che doveva rifornire di armi e cibo 12.000 soldati che
stavano combattendo a oltre 5.000 chilometri di distanza.
I rifornimenti si rivelarono totalmente inadeguati, l’organizzazione fu pessima e
l’Inghilterra finì con l’essere sconfitta.
Spesso accadeva che la battaglia venisse vinta dai quartieri generali su un tavolo prima
che il combattimento potesse entrare nel vivo, tanto era fondamentale l’organizzazione
logistica in una guerra.1
Tuttavia, mentre generali ed eserciti hanno compreso l’importanza di tale materia già da
tempo, è solo nel recente passato che le realtà aziendali hanno cominciato a riconoscere
l’importanza della gestione logistica all’interno delle proprie organizzazioni.
È, infatti, negli anni sessanta, che la logistica ha iniziato ad assumere un ruolo interno
all’azienda.
1 Christopher M. (2005), “Supply Chain Management. Creare Valore con la Logistica”, Financial Times, Prentice Hall
8
Veniva considerata come una mera distribuzione del prodotto finito, di conseguenza
l’unica variabile studiata in azienda era rappresentata dal trasporto del prodotto dal
magazzino al distributore/cliente.2
In questi anni il ruolo della logistica era relegato ad attività di supporto, di
organizzazione del magazzino e dei trasporti.
Di logistica “vera” si cominciò a parlare solo negli ultimi trent’anni, precisamente
intorno al 1975, quando le imprese cominciarono a ricercare miglioramenti nell’ambito
della distribuzione fisica del prodotto o del servizio dal magazzino allo stabilimento per
poi finire al cliente.
Si cominciò a riscontrare una prima evoluzione della logistica, in cui le aziende
cercavano di ottimizzare le fasi del ciclo distributivo.
Prima di quegli anni le imprese consideravano solo le funzioni legate alle vendite e alla
produzione, quindi non si interessavano della gestione del magazzino, delle scorte o
dell’approvvigionamento, ritenute una perdita di tempo.
I clienti, all’epoca, ricevevano i prodotti che avevano ordinato solitamente in ritardo e
spesso in quantità inferiori a quanto ordinato, problemi che ora non verrebbero tollerati,
ma che al tempo, non essendo parte di vendite o produzione non venivano valutati.
Negli anni ottanta si assiste ad una piccola rivoluzione dovuta all’introduzione nelle
imprese di nuove logiche gestionali come il Just-in-time, di origine giapponese, o il
Materials Requirements Planning, nato intorno alla metà degli anni sessanta e
finalizzato alla programmazione della produzione, mosso da un principio diventato
famoso: “Ciò di cui necessiti, meno quello che già possiedi, è quello che devi ottenere
(in tempo utile per essere utilizzato)”.
L’attenzione aziendale si sposta presto sulla gestione dei materiali, per questo si inizia a
parlare di “logistica dei materiali”.
La logistica inizia ad organizzare e gestire tutte quelle attività volte ad assicurare la
corretta acquisizione, movimentazione e coordinazione dei materiali, con l’obiettivo di
garantire il costante e provvidenziale rifornimento alla produzione ed alle altre funzioni
aziendali.
Nel momento in cui la logistica diventa una materia studiata ed inizia ad essere
considerata come uno strumento competitivo, produce immediatamente due benefici: la
2 Prof. Santora O.B. (2012), Slide corso “Operations and Supply Chain Management”, Grenoble Ecole de Management, 2012
9
riduzione dei costi e il servizio ai clienti, prima considerato marginale e poco
importante.
Grazie agli enormi vantaggi connessi all’utilizzo della logistica, questa si sviluppa
rapidamente, il termine si diffonde, i consulenti si moltiplicano, i corsi di formazione
diventano sempre più comuni e si iniziano a scrivere anche dei libri su questo nuovo
concetto.
Intorno agli anni novanta si assiste ad un sostanziale cambiamento del concetto di
logistica, passando da una gestione della logistica aziendale, quindi prettamente interna
all’impresa, ad una logistica integrata.
La logistica inizia ad essere considerata come un aspetto interfunzionale, che va
integrato con gli altri attori della supply chain.
Così, il Council of Logistics Management nel 1986, esprime il concetto di losistica
integrata:
“Processo per mezzo del quale pianificare, attuare e controllare il flusso delle materie
prime, dei semilavorati e dei prodotti finiti, e dei relativi flussi di informazioni, dal
luogo di origine al luogo di consumo, in modo da renderlo il più possibile efficiente e
conforme alle esigenze dei clienti”.
-Council of Logistics Management, 1986-
L’ultimo stadio del processo evolutivo è considerato quello che conduce alla nascita del
concetto di supply chain management.
Questa fase è caratterizzata dalla presa di coscienza delle aziende che il miglioramento
della logistica non può prescindere dalla considerazione e dal coinvolgimento anche
degli attori esterni, il ruolo della logistica diventa centrale non solo per l’azienda, ma
per tutta la supply chain, che comincia ad essere gestita come un’unica entità. [Fig. 1]
Il successo dell’azienda dipende da tutti gli attori con i quali collabora all’interno della
catena, quindi le aziende iniziano a considerare anche i processi e i risultati delle
imprese con cui cooperano.
Il supply chain management non è un sinonimo di logistica integrata, ma un approccio
in cui l’azienda è parte di una rete di entità organizzative che integrano i propri processi
per fornire prodotti, servizi e informazioni che aumentano il valore per il cliente.
10
Fig. 1: “La nascita della Logistica”; Fonte: Appunti di Supply Chain Management, Grenoble Ecole de Management, 2012
1.2. LA LOGISTICA: DEFINIZIONI
Come detto ci sono moltissime definizioni di questa funzione aziendale così recente, qui
individuiamo le più importanti, cercando di arrivare ad una visione comune di ciò che è
la logistica.[Fig. 2]
Secondo Grando, la logistica “abbraccia quell’insieme di tecniche, metodologie,
strumenti ed infrastrutture impiegate nella gestione del flusso fisico e del correlato
flusso informativo, dall’acquisizione delle materie prime sui mercati di acquisto fino
alla distribuzione dei prodotti finiti collocati presso il consumatore.”3
Lo stesso Council of Logistics Management, nel 1991, definì la logistica come “il
processo di pianificazione, implementazione e controllo dell'efficiente ed efficace flusso
ed immagazzinamento delle materie, dei semilavorati e dei prodotti nonché dei servizi e
delle connesse informazioni, dal punto di origine a quello del consumo con lo scopo di
conformarsi alle richieste del cliente. La logistica è quella parte del processo di supply
3 Grando A. (1993), “Organizzazione e Gestione della Produzione Industriale”, EGEA, Milano
11
chain che pianifica, implementa e controlla l'efficiente ed efficace flusso e stoccaggio
dei beni, dei servizi e delle relative informazioni dal punto di origine a quello di
consumo finale, così da soddisfare le richieste dei clienti finali”.4
Un’ultima definizione di logistica, definita da Ailog, dice:
“La logistca è l’insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che
governano nell’azienda i flussi di materiali e delle relative informazioni dalle origini,
presso i fornitori fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al post-vendita”.5
Fig. 2: Processo Logistico, FONTE: Prof. Fabrizio Dallari, Università Cattaneo Castellanza, LIUC, corso di progettazione dei
sistemi produttivi e logistici, facoltà di ingegneria
Gran merito viene attribuito alla logistica in quanto ritenuta la prima funzione aziendale
ad utilizzare e beneficiare appieno dei vantaggi portati dalla rivoluzione informatica che
aveva investito le imprese dell’epoca.
La logistica si occupa di gestire le scorte, il magazzino, la produzione, gli
approvvigionamenti, i trasporti, e per dirigere il tutto al meglio, è assolutamente
necessario disporre di un ottimo sistema informatico.
Si può ritenere che, grazie alla logistica, le aziende abbiano iniziato a considerare i
sistemi informatici come un elemento assolutamente necessario.
4 www.cscmp.org (2012), The council of Logistics Management 5 Ailog, Associazione italiana di Logististica e Supply Chain Management, (2011)
12
Questa materia ha vissuto diverse fasi prima di affermarsi come una funzione di
assoluta importanza strategica ed aziendale.
Gandolfo, studioso ed esperto in materia, ritiene che inizialmente si possa parlare di
logistica classica, una logistica “primordiale”, che puntava alla gestione dei flussi
materiali ed immateriali, dalla fase di approvvigionamento delle materie prime, per
passare a quelle di produzione, fino a quelle di distribuzione del prodotto.6
Secondo lo scrittore la logistica classica è composta da quattro fasi di sviluppo:
• Prima fase: la logistica non ha un ruolo strategico, si contraddistingue per il
controllo sui costi.
• Seconda fase: la logistica assume un ruolo determinante al raggiungimento del
profitto aziendale. La logistica inizia ad avere un ruolo all’interno dell’azienda.
• Terza fase: la logistica viene considerata fondamentale nell’ottenere vantaggi
competitivi duraturi e nell’ottenere vantaggi strategici nei confronti dei
concorrenti.
• Quarta e ultima fase: la logistica assume un ruolo strategico elevato, viene
considerata una funzione di primo livello, e il suo ruolo diventa assolutamente
strategico per tutta l’azienda. In questa fase il ruolo della logistica si basa sia
sul trovare vantaggi di costo che di differenziazione rispetto ai concorrenti.
[Grafico 1]
6 Gandolfo A., (2000), “L’evoluzione dei Processi Logistici tra Old e New Economy”, Giappichelli Editore, Torino
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Ambito di operatività della funzione logistica
Elevato
Modesto
Grafico 1: Old logistics, i quattro livelli di sviluppo FONTE: Gandolfo A., 2000, (Rielaborazione personale)
Di simile idea sono Ferrozzi e Shapiro, i quali ritengono che la logistica non si sia
sviluppata in un unico momento, ma che abbia attraversato diverse fasi che i due
studiosi individuano in:7
• Prima fase: il momento in cui la logistica ha cominciato ad occuparsi dei
magazzini e dei trasporti.
• Seconda fase: chiamata la fase delle reti distributive, caratterizzata dal
momento in cui la logistica inizia ad affrontare temi più complessi, quali la
qualità dei flussi con cui vengono collegati magazzini, stabilimenti e clienti.
• Terza fase: la gestione delle scorte.
• Quarta fase: quella in cui la logistica si occupa anche degli approvvigionamenti
e della programmazione della produzione.
• Quinta fase: la logistica arriva a definire anche gli aspetti strategici
dell’impresa, quella che abbiamo definito “logistica strategica”.
7 Ferrozzi C., Shapiro R. (2006), “Dalla Logistica al Supply Chain Management”, ISEDI, Torino
FASE 1
FASE 2
FASE 3
FASE 4
Ruolo strategico
della logistica
Circoscritto Ampio
14
• Sesta e ultima fase: la logistica, dopo essersi occupata praticamente di tutti i
temi aziendali, capisce quanto potrebbe essere utile e profittevole uscire dai
confini aziendali, e gestire l’intera catena come un’unica grande azienda. In
questa fase, la logistica diventa supply chain management e si pone l’obiettivo
di integrare e gestire tutti gli attori della catena.
La logistica ha aperto un nuovo mondo alle imprese, un mondo inesplorato e pieno di
possibilità, è diventata uno strumento strategico fondamentale, capace di concedere, a
chi ne fa buon uso, dei vantaggi competitivi altrimenti non raggiungibili.
Lo sviluppo di questa recente materia ha portato non pochi benefici a quelle realtà che
hanno deciso di investirvi tempo e denaro, tra i più importanti si possono citare:8
• La gestione dei magazzini, precedentemente ignorati, in modo efficiente ed
efficace, permettendo il miglioramento dei metodi di lavoro e dei processi.
• L’attenzione rivolta al tema legato alla dannosità delle scorte. Le scorte, prima
considerate un beneficio, sono state messe in discussione dalla logistica, che ha
iniziato a far capire quanto esse fossero spesso inutili e assolutamente costose
per un’azienda.
• Lo sviluppo del concetto di logistica strategica, ovvero, le aziende hanno
cominciato ad utilizzare la logistica come uno strumento strategico
fondamentale al conseguimento del successo. Quando, per esempio, la
logistica ha portato un contributo sostanziale allo sviluppo del servizio offerto
ai clienti da parte delle imprese.
• La contribuzione alla definizione dei costi delle singole attività.
In sintesi si può affermare che la logistica abbia cambiato il modo di vedere il business
e la strategia di ogni singola azienda.
Ciò che prima non risultava essere fondamentale per il business aziendale, ora viene
visto come necessario, anzi, per molti studiosi, una gestione accurata della logistica è
intesa come il principale vantaggio competitivo ottenibile da una qualunque azienda che
voglia avere successo nel proprio ambito, qualsiasi esso sia.
La strategia aziendale non può più prescindere dalla gestione logistica.
8 Ferrozzi C., Shapiro R. (2006), “Dalla Logistica al Supply Chain Management”, ISEDI
15
1.3. LA CATENA DELLA FORNITURA: “LA NUOVA LOGISTICA”
La logistica, nonostante la sua importanza, ha avuto una brevissima storia, già a fine
anni 90, infatti, iniziava ad essere nelle sue fasi conclusive.
Il motivo di questa breve vita è semplice, ci si è resi conto che si sarebbero ottenuti
risultati migliori, applicando le stesse teorie che si adottavano alla singola azienda,
lungo tutta la supply chain.
Applicando tali teorie all’intero canale e non più alla singola azienda, la logistica
cambia il suo nome in “gestione della catena della fornitura” o più semplicemente
supply chain.
Il primo caso di “cambiamento logistico” si è visto nel mondo del tessile, un mondo in
cui la velocità di produzione è fondamentale al fine del successo, a causa del sempre più
breve ciclo di vita dei prodotti.
Nel settore tessile non è indicato avere scorte a magazzino, in quanto ciò che oggi è di
moda potrebbe non esserlo domani, quindi, un’accurata previsione è di fondamentale
importanza per queste aziende.
Il modello utilizzato in questo ambito è chiamato quick response e prevede una
condivisione dei rischi di una certa produzione tra fornitore, impresa e cliente.
Questo modello esorta la catena a trasmettersi le previsioni il più presto possibile, a
comunicare quotidianamente, a prevedere la domanda, a continuare a scambiarsi
informazioni e ad essere fortemente flessibili, pronti a rispondere ad una qualsiasi
variazione della domanda.9
Si pensi al caso Zara, azienda nata nel 1975 che propone, a prezzi accessibili,
abbigliamento di moda, disegnato, prodotto e distribuito nei propri negozi in poche
settimane.
Questo modello, chiamato “fast fashion”, permette a Zara di adattare i propri prodotti
alla mutevole domanda e soprattutto di disegnare e progettare nuovi capi durante la
stagione di vendita.
9 Forza C. e Vinelli A. (1996), “Quick Response. La Compressione dei Tempi di Progettazione, Produzione e Distribuzione”,
CEDAM, Padova
16
La posizione dei prodotti e le collezioni cambiano circa ogni una o due settimane, Zara,
così facendo, cerca di fare in modo che i consumatori tornino più spesso nei punti
vendita, spinti dalla voglia di scoprire le nuove collezioni.
La politica aziendale si fonda su una struttura operativa integrata, che permette di
controllare l'intera Supply Chain e di rinnovare parte dell'offerta fino a due volte alla
settimana.
Il modello si basa su una mancanza pressoché totale di scorte e su un fortissimo legame
con i propri fornitori. [Grafico 2]
Grafico 2: Zara’s Business system, FONTE: Zara’s business system, Casewriter, 2007, (Rielaborazione personale)
Ho ricordato il quick response per far capire che già negli anni 80 ci si era avvicinati al
concetto di supply chain management.
Tralasciando il settore dell’abbigliamento, alla fine degli anni 80, molte aziende si
resero conto di un problema che affliggeva il business dell’epoca, ovvero la
duplicazione delle scorte lungo i diversi attori del canale, lo stesso prodotto veniva
stoccato presso diversi attori della stessa filiera, creando così inutili perdite di tempo e
costi aggiuntivi.
Sourcing manufacturing
Distribution Retailing
Design
17
Questo, fondamentalmente, accadeva perché gli attori non conoscevano nulla l’uno
dell’altro, non si scambiavano informazioni e non avevano un vero rapporto, lavoravano
singolarmente mantenendo obiettivi singoli.
Non appena le imprese si accorsero dell’enorme spreco e degli enormi costi aggiuntivi
connessi alle scorte, si cercò un modello alternativo, simile al just-in-time di origine
nipponica, da cui si prese spunto.
Il just-in-time giapponese, in breve, prevede la produzione dei prodotti che sono già stati
venduti o che si prevede di vendere in tempi brevi.
Più precisamente, il just-in-time è una politica di gestione delle scorte che utilizza
metodologie tese a migliorare il processo produttivo, cercando di ottimizzare, non tanto
la produzione, quanto le fasi a monte, alleggerendo al massimo le scorte di materie
prime e di semilavorati necessari alla produzione.
Può definirsi come una serie di attività integrate e coordinate tra di loro, progettate al
fine di ottenere elevati volumi di produzione ma mantenendo il livello di scorte al
minimo ed eliminando gli sprechi.
Per ottenere un simile risultato, il just-in-time prevede un organizzazione tale che
permetta alle parti necessarie al processo produttivo di giungere al momento esatto in
cui devono essere processate, permettendo allo stesso di ottimizzare i tempi senza
accumulare scorte.
Per fare ciò è necessaria un’integrazione e una coordinazione tra le varie fasi del
processo produttivo di assoluto rilievo, sarà questo il principio cardine di un’accurata
gestione del supply chain management.10
1.4. LA LOGISTICA IN OUTSOURCING
Sempre più spesso le aziende si trovano di fronte alla difficile decisione se produrre in
casa uno specifico componente o se farlo produrre ad un’azienda esterna specializzata
nella produzione di quel dato componente, guadagnando in qualità e soprattutto
potendosi specializzare su altre funzioni.
10 Prof. Baldassarre F. (2012), “Slide Corso di Economia e Gestione delle Imprese”, Università di Bari, Bari
18
Ma terziarizzare la logistica non è come terziarizzare un prodotto fisico, materiale, in
quanto alla componente strategica si somma la massa critica, ovvero si aggiungono
provvedimenti di tipo operativo, rendendo la decisione più ardua.
Claudio Ferrozzi e Roy Shapiro, per far luce sul tema dell’outsourcing logistico, hanno
proposto la matrice strategia/efficienza, che individua quattro situazioni in cui si
possono trovare le imprese nel momento in cui si propongono di terziarizzare le proprie
attività logistiche.11
I quattro quadranti della matrice sono rappresentati da due assi: la rilevanza strategica
della logistica, che indica l’importanza attribuita dall’azienda alla gestione logistica e
l’efficienza con cui sta operando la logistica in azienda, che determina il grado di
investimento da parte dell’azienda nella gestione logistica. [Grafico 3]
QUADRANTE 2:
IMPORTANZA > MA POCO
CONSIDERATA
QUADRANTE 4:
MOLTA IMPORTANZA E
RUOLO PRIMARIO
QUADRANTE 1:
RUOLO MARGINALE
QUADRANTE 3:
POCA IMPORTANZA MA
RUOLO PRIMARIO
Bassa Alta
Grafico 3: La matrice strategia/efficienza, FONTE: Ferrozzi C,Shapiro R., Dalla Logistica al Supply Chain Management (2006),
(Rielaborazione personale)
• Quadrante 1: la logistica in azienda non ha un ruolo fondamentale, quindi
l’azienda non investe in essa. Un tipico esempio potrebbe essere rappresentato
da un’azienda manifatturiera che opera su commessa, non appena prodotto
11 Ferrozzi C., Shapiro R. (2006), “Dalla Logistica al Supply Chain Management”, pp.80-95, ISEDI, Torino
Rilevanza strategica della
logistica
Attuale livello di efficienza della logistica
Bassa
Alta
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quanto richiesto, lo consegna al cliente, e lavorando su commessa non
necessita di scorte o magazzino. L’unica soluzione per questo tipo di aziende è
terziarizzare la logistica.
• Quadrante 2: in questo quadrante si trovano le aziende in cui la logistica
dovrebbe essere considerata come un vantaggio competitivo, data l’alta
rilevanza, ma che le imprese non considerano come dovrebbero. La situazione
va modificata al più presto, in modo tale da spostarsi nel quadrante 4 e
considerare la logistica come un vantaggio competitivo. Le soluzioni sono:
cambiare internamente e iniziare a considerare la logistica come uno strumento
di successo fondamentale, o terziarizzarla affidandola a terzi, soluzione più
sicura, ma allo stesso tempo pericolosa, in quanto si affida a terzi una funzione
che dovrebbe garantire il successo aziendale. In questo caso la scelta migliore
potrebbe essere occuparsi della logistica in proprio oppure stringere delle
partnership.
• Quadrante 3: aziende che considerano la logistica come una funzione
fondamentale, ma che in realtà non lo è. Le aziende presenti in questo quadrante
sono quelle papabili per la terziarizzazione. Tali aziende possono svolgere la
logistica “in casa” oppure terziarizzarla proponendosi come aziende “che fanno
logistica”.
• Quadrante 4: situazione in cui la logistica è una funzione di primo livello e viene
considerata come tale dall’azienda, che investe in essa ottenendo vantaggi
competitivi e risultati eccellenti. Una soluzione per migliorare ulteriormente tale
situazione ci sarebbe, ovvero si potrebbe gestire la logistica anche per altre
aziende. Quindi le imprese di questo tipo hanno due possibilità per essere
efficienti: mantenere la logistica interna all’azienda o lavorare anche per altre
aziende, offrendo la loro esperienza e conoscenza in materia.
È chiaro che terziarizzare la logistica è un’ottima idea in alcuni casi e pessima in altri.
Le aziende che si occupano di logistica e che la offrono come un servizio anche alle
altre imprese, possiedono delle caratteristiche essenziali, tendono, infatti, ad operare in
un settore specializzandosi in esso, guadagnando in esperienza e qualità del servizio
offerto, diventando così competitive in termini di costo e di servizio.
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Come detto, terziarizzare la logistica non è mai semplice, in quanto si tratta di una
funzione estremamente delicata che, se condotta nel modo opportuno, può portare a dei
risultati che nessun’altra funzione aziendale può produrre.
Si possono individuare due estremi di terziarizzazione12:
• c’è il caso in cui l’azienda, abituata a gestire la logistica in casa, decide di
affidarla ad una società specializzata, in cui solitamente l’impresa è abituata a
svolgere tali attività da sola e dunque per un paio di anni ha il controllo totale
di ciò che affida a terzi, conosce i costi, i movimenti, le azioni, ha, in poche
parole, le competenze per valutare le prestazioni dell’azienda terziaria. Il
rapporto tra le due aziende è di attenzione e rispetto, entrambe sono
consapevoli di non poter “imbrogliare”.
• Le cose sono diverse quando si chiede all’azienda specializzata prestazioni di
cui non si hanno conoscenze e competenze interne. La selezione dell’azienda a
cui terziarizzare la parte della logistica diventa più complessa, in quanto c’è
bisogno di un rapporto di fiducia viste le poche competenze interne. Il rapporto
col tempo può avvicinarsi alla partnership e quindi spesso le aziende che
esternalizzano chiedono al fornitore una sorta di esclusiva.
Questi sono i due estremi in cui un’azienda, che decide di esternalizzare la logistica,
può trovarsi, ovviamente nel mezzo ci sono moltissimi altri rapporti e contratti possibili.
L’outsourcing si basa su alcuni presupposti concernenti la realizzazione di nuovi
processi gestionali, il miglioramento del servizio al cliente, l’abbattimento dei costi fissi
e la possibilità di concentrarsi su altre funzioni di successo, specializzandosi in esse.
L’outsourcing logistico permette a quelle aziende che non hanno i fondi o le
competenze per gestire una realtà sempre più fondamentale quale la logistica, di
ottenere dei vantaggi competitivi che non avrebbero ottenuto nel caso tale funzione
fosse stata gestita nel modo sbagliato internamente.
12 Ferrozzi C., Shapiro R. (2006), “Dalla Logistica al Supply Chain Management”, pp.80-95, ISEDI, Torino
21
1.4.1. I VANTAGGI DELL’OUTSOURCING DELLA LOGISTICA
Esternalizzando la logistica, l’azienda in oggetto ha l’opportunità di specializzarsi in
altre attività guadagnando in esperienza e qualità dell’attività.
I vantaggi che l’esternalizzazione di tale funzione può portare sono riconducibili a
quattro categorie principali:
• Di ordine economico e finanziario: inerenti il miglioramento della redditività
operativa (ROI) e di quella netta (ROE). L’affidamento di detta attività ad
aziende esterne permette, infatti, di limitare i costi riducendo gli investimenti
dedicati a tale attività in precedenza svolta internamente e di usufruire dei
vantaggi derivanti dalle sinergie che si creano con le società esterne. La
riduzione degli investimenti nella logistica permette l’allocazione di maggiori
risorse al core business aziendale e quindi ad altre attività in cui l’azienda
rafforzerà la propria esperienza e le proprie competenze. Il costo gestionale di
magazzino si trasforma da costo fisso a costo variabile, e questa riduzione dei
costi fissi rende l’azienda più flessibile e più preparata ad eventuali mutamenti
esterni. Esternalizzare permette anche una maggiore trasparenza dei costi
aziendali e un mantenimento dei costi relativi al personale operativo.
• Sul piano strategico: in quanto la realtà che esternalizza sarà caratterizzata da
una minore complessità gestionale perché la gestione della logistica non
graverà più sulle sue spalle; questo, sommato alla maggiore concentrazione che
tale azienda porrà sul suo core business, rafforza la posizione interna alla
supply chain nei confronti dei competitor, permettendo all’azienda di offrire un
prodotto di qualità maggiore connesso ad un servizio logistico migliore, perché
offerto da società specializzate.
• Inerenti l’ambito operativo: connessi ad un miglioramento del tracking
concernente la merce, che permette un conseguente miglioramento del servizio
offerto al cliente e di previsione interno all’azienda. Si pensi ad Amazon, ogni
volta che si effettua un acquisto, Amazon direttamente sul proprio sito internet,
offre il servizio “traccia il mio pacco”, in cui con un semplice click il cliente ha
la possibilità di controllare lo stato dell’ordine, lo stato della consegna del
proprio prodotto e lo stato del pagamento. [Fig. 3]
22
Fig. 3, Tracking della Consegna, FONTE: www.amazon.it
Affidandosi ad una società esterna specializzata, permette anche una migliore
risposta ad eventuali mutamenti nelle condizioni di consegna, in quanto,
l’azienda esterna, essendo più preparata, risulta spesso essere anche più
flessibile ad eventuali cambiamenti in corso.
• Riguardanti l’ambito qualitativo: spesso i partner ai quali si esternalizza,
autocertificano il livello di servizio fornito, assicurando servizi più evoluti
connessi alle competenze specifiche maturate nel settore e agli elevati standard
qualitativi offerti. Il partner, inoltre, spesso è in grado di offrire soluzioni
innovative già sperimentate con altri clienti e quindi poco rischiose nonostante
l’elevato grado di novità.
Concedere ad un’azienda specializzata la gestione della propria logistica risulta quindi
una scelta azzeccata per quelle realtà che non dispongono delle competenze e delle
risorse per gestirla internamente.
1.5. DALLA SUPPLY CHAIN AL SUPPLY CHAIN MANAGEMENT: LA
CHIAVE STA NELL’INTEGRAZIONE
Fino ad ora si è parlato prettamente di logistica, vado ora a considerare il tema relativo
il supply chain management.
23
Il supply chain management è un argomento assolutamente attuale che, se compreso e
applicato nel giusto modo, può portare grossissimi benefici alle aziende in termini di
costi, tempistiche, efficacia ed efficienza.
Una buona gestione della supply chain permette di incrementare la competitività e la
qualità del servizio offerto, riducendo l’incertezza.
Intorno agli anni 90 le aziende intuirono che per rispondere al meglio alle nuove
richieste del mercato e della domanda, che portavano verso una sempre maggiore
personalizzazione del prodotto legato comunque ad una richiesta di consegna dello
stesso in tempi brevi, sarebbe stato necessario cercare di diminuire il lead time dei
prodotti assicurando comunque un certo grado di personalizzazione.
Per fare ciò capirono come fosse necessario gestire tutta la supply chain come un’unica
azienda integrata, uno scenario in cui i diversi attori si sarebbero dovuti scambiare
informazioni costantemente e avrebbero dovuto condividere parte degli obiettivi finali.
Si cominciò a capire che solo agendo in questo modo si sarebbe riusciti a rispondere alle
esigenze del mercato, mantenendo una certa competitività che avrebbe poi portato al
successo, non più della singola azienda, ma dell’interna catena.
I partner venivano visti come un estensione dell’azienda, come un qualcosa da gestire
nel modo più efficiente ed efficace possibile, in grado di apportare dei vantaggi unici.
Improvvisamente assunsero un ruolo fondamentale, al pari di marketing e vendite.
I manager delle aziende facenti parte la supply chain, cominciarono a preoccuparsi dei
risultati degli attori della filiera, coordinando, con gli altri colleghi della catena, le
attività per fornire, fabbricare, consegnare i beni e i servizi lungo tutta la filiera
produttiva, in modo tale che ogni fase fosse ben organizzata e avesse lo stesso obiettivo
finale.
La supply chain cominciò ad essere caratterizzata dalla cosiddetta “visibilità totale”,
ovvero la condivisione tra tutti gli attori di obiettivi e informazioni.
Analizzando le principali definizioni della supply chain, si possono individuare alcune
caratteristiche chiave di tale concetto.13
La principale differenza con la più datata logistica è che tutti i contributi pongono
l’accento sulle strette relazioni tra i diversi attori interni alla supply chain stessa.
13 Pinna R. (2006), “L’evoluzione nella Dimensione Organizzativa della Supply Chain. Dalla Gestione di un Flusso alla Gestione di
una Rete.”, Franco Angeli, Milano
24
Tali legami riguardano sia i flussi a monte, detti upstream, che comprendono i fornitori,
sia i flussi a valle, detti downstream, che coinvolgono gli attori focalizzati sulla
distribuzione dei prodotti finiti.
Un secondo elemento fondamentale, fine di tutti i nostri ragionamenti, e presente in
ogni strategia di ogni processo della supply chain, è il cliente finale, la cui soddisfazione
deve costituire l’obiettivo ultimo e comune, in grado di orientare gli sforzi di tutta la
catena.
Un terzo aspetto caratterizzante la supply chain, è composto dai molteplici flussi, di tipo
sia fisico che informativo, che caratterizzano i legami e le relazioni tra le imprese, flussi
fondamentali al fine di creare le condizioni adatte a gestire la relazione.
Alcuni autori riconoscono tre tipologie di supply chain:14
• direct SC: costituita da un’azienda, un fornitore e un cliente
• extended SC: include i fornitori e i clienti di secondo livello
• ultimate SC: contempla tutte le organizzazioni coinvolte nei flussi a monte e a
valle di prodotti, informazioni e servizi.
Una dimensione di analisi è data dal contenuto del legame tra gli attori della supply
chain.
Nel caso in cui ci sia uno scambio che può interessare risorse materiali, tecnologiche,
finanziarie o uno scambio di conoscenza, si parla di resource transfer ring.
In questo caso, fondamentale è considerare sia l’aspetto statico, inerente per esempio a
chi possiede la risorsa e a dove è localizzata, sia quello dinamico, concernente i flussi
che permettono il trasferimento.
Nell’ipotesi in cui, invece, la relazione non implica uno scambio, bensì la condivisione
di risorse, conoscenze ed esperienze, in modo tale da raggiungere un risultato comune,
si parla di resource pooling.15
Interessante è anche la prospettiva di analisi che si basa sulla natura delle relazioni tra
due attori facenti parte la stessa supply chain, questa teoria, vede la scomposizione del
tema in quattro principali dimensioni:16
14 Mentzer J.T., De Witt W., Keebler J.S., Min S., Nix N.W., Smith C.D., Zacharia Z.G. (2001), “Defining Supply Chain
Management”, Journal Business of Logistics, pp.11-25 15 Soda (1998), “Reti tra Imprese. Modelli e Prospettive per una Teoria del Coordinamento.” Carrocci Editore, Roma. 16 Secchi R. (2012), “Supply Chain Management e Made in Italy”, Egea, Milano
25
• la stabilità della relazione: più una relazione è stabile, più dura nel tempo
• la reciprocità del legame, intesa come la corrispondenza di obiettivi tra le due
parti e l’organizzazione comune per raggiungerli
• l’intensità del rapporto, quando, per esempio tra due entità si sviluppano più
legami, l’intensità è maggiore. Un’altra caratteristica dell’intensità in una supply
chain, è data dai flussi di scambio di informazioni e risorse tra gli interessati,
chiaramente, più scambi ci sono tra gli attori protagonisti della relazione, più
quest’ultima sarà caratterizzata da un rapporto intenso
• la fiducia: il grado di opportunismo presente nelle azioni dei due attori. Meno
comportamenti opportunistici si presentano, più la relazione sarà caratterizzata
da fiducia reciproca e da obiettivi comuni condivisi.
Quanto detto ci aiuta a definire la supply chain che, in sintesi, possiamo dire essere
l’insieme di tutte le attività riguardanti la creazione di un bene, a partire dalle materie
prime fino al prodotto finito, comprendente la fornitura di materiali, la fabbricazione,
l’immagazzinamento, le scorte, la gestione degli ordini, la distribuzione e la spedizione
del prodotto finito al cliente. [Grafico 4]
In poche parole, la supply chain, è una rete di organizzazioni che sono coinvolte,
attraverso collegamenti a monte e a valle, nei diversi processi e attività che producono
valore per il cliente finale.17
Grafico 4: The basic supply chain, FONTE: Chopra and Meindl, 2001
Proprio i clienti risultano essere il più importante fattore per un’azienda operante
all’interno di una supply chain, in quanto lo scopo principale di una qualsiasi catena è 17 Harrison, A. (2003), “Competing Through Supply Chains”, Department of Management Science and Technology, Lecture Notes
of Supply Chain Management Course, Athens University of Economics and Business, Atene, Grecia
26
quello di soddisfare i propri clienti, a tal al fine è necessario che tutti gli altri attori
agiscano in modo efficace ed efficiente e con un’unica visione comune.
1.6. SUPPLY CHAIN MANAGEMENT: DEFINIZIONE
Il concetto di supply chain management venne coniato nel 1982 da due studiosi, Oliver
e Webber, che lo definirono come una tecnica di riduzione delle scorte in aziende
facenti parte la stessa filiera.
Il termine supply chain management si utilizzava per parlare della gestione del
magazzino e delle scorte all’interno di una supply chain.
Tale concetto fu più avanti esteso al fine di includere la gestione di tutte le funzioni
della supply chain.
Secondo Chopra e Meindl18 il supply chain management tratta la gestione dei flussi tra
le diverse fasi di una supply chain al fine di minimizzare i costi totali della catena.
È un concetto il cui primo obiettivo è quello di integrare, gestire e coordinare tutte le
attività della supply chain in un processo unico ed omogeneo.
Unisce tutti i partner della filiera produttiva sia interni che esterni, quindi i reparti
dell’azienda con i fornitori a monte e i distributori a valle, focalizzandosi su come
sfruttare la tecnologia e le competenze per aumentare il vantaggio competitivo.
Essendoci una quantità immensa di definizioni su cosa effettivamente sia il supply chain
management, recentemente il the Council of SCM Professionals, per mettere chiarezza
sull’argomento lo ha definito in questo modo: “Comprende la pianificazione e la
gestione di tutte le attività coinvolte nella ricerca, nella fornitura, nella conversione e
nella gestione delle attività logistiche. Include, inoltre, la coordinazione, l’integrazione
e la collaborazione con i partner della supply chain, che possono essere fornitori,
intermediari, fornitori di servizi, e clienti. In poche parole, il SCM integra e coordina la
supply chain e la gestione dei rapporti tra i vari attori della supply chain stessa.”19
18 Chopra S., Meindl P. (2007), “Supply Chain Management: Strategy, Planning and Operation”, Prentince-Hall, Upper Saddle
River, New Jersey 19 Ballou, Ronald H. (2007), “The Evaluation and Future of Logistics and Supply Chain Management”, European Business Review,
Vol.19 No.4, pp. 332-348
27
Grafico 5: I due Tipi di Flussi della Supply Chain, FONTE: http://supplychaininformation.blogspot.it/, Two types of flows in the
supply chain, (Rielaborazione personale)
I punti focali che emergono dalla definizione esposta, risultano dunque essere la
gestione, la coordinazione e l’integrazione della supply chain e degli attori facenti parte
la catena.
Proprio l’integrazione sarà oggetto di approfondimenti nel prossimo paragrafo in quanto
la ritengo essere l’elemento che distingue la gestione della supply chain dalla gestione
del supply chain management.
1.7. INTEGRAZIONE IN UN SUPPLY CHAIN MANAGEMENT,
DIVERSE VISIONI
L’aspetto qualificante il supply chain management è, a detta di molti, l’integrazione.
La ricerca dell’integrazione, affinché sia efficace quando applicata all’intera supply
chain, deve avvenire in primo luogo all’interno dell’azienda stessa tra i vari reparti e
segmenti, che nella maggior parte delle situazioni necessitano di una visione e di un
obiettivo comune.
New products Suppliers Factories Warehouses Outlets Consumers
28
La classica organizzazione “per silos”, infatti, spesso fa emergere un trade-off tra gli
obiettivi, portando le diverse funzioni, sebbene facenti parte la stessa organizzazione, ad
avere obiettivi indipendenti, che spesso non portano ad un risultato complessivo
efficiente.
L’integrazione tra le funzioni aziendali crea poi le condizioni basilari affinché questa
integrazione venga promossa a livello interaziendale.
In assenza di un livello minimo di integrazione interna, quella esterna rischia di
trasformarsi in uno sforzo inutile che non velocizza i processi aziendali e che quindi non
porta reali benefici.
Il percorso evolutivo verso il supply chain management si compone quindi di due fasi
principali, la prima si svolge all’interno dell’azienda e si tratta di una riorganizzazione
interna, mentre nella seconda fase tale approccio va esportato all’esterno, con l’obiettivo
di eliminare quegli ostacoli che solitamente impediscono a due aziende di avere e di
condividere obiettivi comuni.
L’integrazione può concretizzarsi sotto diverse forme.
Una prima classificazione è data da:20
• negoziazione: livello basilare di integrazione tra due o più attori. La
comunicazione si limita ad una discussione riguardante i prezzi di acquisto e di
vendita, ai metodi di pagamento e di consegna della merce. A questo livello si
condividono poche informazioni e soprattutto gli obiettivi restano indipendenti.
• cooperazione: ha come presupposto la razionalizzazione della base dei fornitori
e lo sviluppo di forme contrattuali di lungo termine. Prevede un elevato grado di
cooperazione tra gli attori, che si concretizza in un livello di integrazione
minimo e che vede nella comunicazione il suo punto focale.
• coordinamento: livello intermedio di integrazione, in cui lo scambio costante di
informazioni rende più fluida e efficiente la maggior parte delle relazioni
interorganizzative.
• collaborazione: massimo livello di integrazione, in cui le aziende coinvolte
hanno stessi obiettivi e stessa visione, e soprattutto, sono caratterizzate da uno
20 Speckman R.E., Kamauff jt J.W., Myhr N. (1998), “An Empirical Investigation into Supply Chain Management: a Perspective on
Partnerships”, Supply Chain Management Review, pp 53-62
29
continuo scambio di informazioni e dati e da una comunicazione incessante.
[Grafico 6]
Grafico 6: Forme di integrazione nel Supply Chain Management, Fonte: Spekman et al. (1998), (Rielaborazione personale)
Un’altra classificazione, esposta nel modello analizzato da Lee nel 2000, si basa sul
fatto che tre dimensioni possono determinare il livello di integrazione tra le funzioni
operanti in una supply chain:21
• Information integration: scambio di informazioni che porta ad ottenere un certo
livello di condivisione.
• Coordination and resource sharing: fase di integrazione che si concretizza
nell’allocazione delle fasi decisionali al soggetto meglio posizionato all’interno
della supply chain. Questa fase si caratterizza anche per la tendenza di cambiare
le logiche di allocazione al fine di incrementare l’efficienza globale della supply
chain. Un esempio in questo senso è rappresentato dalle società produttrici di
PC, che, sempre più spesso, fanno fare la configurazione finale e il test del
prodotto finito direttamente ai distributori. Una terza caratteristica di questa fase
è data dalla redistribuzione e dalla divisione delle risorse, in modo tale che a
beneficiarci siano tutti gli attori della supply chain.
21 Lee H.L. (2000), “Creating Value through Supply Chain Integration”, Supply Chain Management Review, pp. 30-41
Open market negotiations Cooperation Coordination Collaboration
-‐price based discussions -‐adversarial relationships
-‐information linkages -‐WIP linkages -‐EDI exchange
-‐supply chain integration -‐joint planning -‐technology sharing
-‐fewer suppliers -‐longer-‐term contracts relationships
30
• Organizational relationship linkage: fase che presuppone una stretta relazione
tra le imprese coinvolte. Spesso le imprese che raggiungono un simile livello di
integrazione si caratterizzano per avere obiettivi comuni e sistemi per la
misurazione delle performance condivisi. Un esempio è rappresentato
dall’azienda protagonista di questo studio, ovvero Dell Computer Corporation,
che ha sempre cercato di avere una strettissima relazione, basata sulla fiducia,
l’efficienza e la velocità, con i propri fornitori, che spesso, per rispondere alle
sempre più vaste richieste dell’azienda statunitense, erano obbligate a costruire i
propri siti produttivi vicino quelli della Dell stessa, in modo da rispondere più
velocemente alle richieste quotidiane del loro principale cliente.
Van der Vart e Van Donk nel 2004, invece, studiarono il livello di integrazione
sull’esistenza di tre differenti momenti caratterizzati da elementi distintivi:22
• Transparency stage: fase in cui può trovarsi una supply chain nel caso in cui gli
attori che vi partecipano siano in grado di condividere informazioni rilevanti in
modo organizzato. Questo stadio si caratterizza per la pressoché totale
autonomia di ogni singolo attore nel procedere e nell’agire, infatti, ogni funzione
si comporterà come meglio crede in base alle informazioni ottenute dagli altri
attori della supply chain. In questo stadio il pericolo maggiore è
l’incompatibilità dei sistemi informativi delle diverse aziende, che potrebbe
portare ad uno scambio di informazioni troppo lento e dunque inefficace. Fase
caratterizzata ancora da una certa indipendenza e autonomia dei singoli attori e
da obiettivi singoli e non comuni.
• Committment and coordination stage: le imprese si scambiano informazioni
rilevanti e in modo continuo, ma a differenza della fase precedente, non
agiscono in modo autonomo e indipendente, bensì si cerca un integrazione anche
a livello decisionale e non solo a livello informativo. Gli obiettivi diventano in
parte condivisi, cercando di accontentare tutti gli attori che entrano a far parte
del processo di integrazione.
22 Van Der Vart, Van Donk D.P. (2004), “Buyer Focus: Evaluation of a New Concept for Supply Chain Integration”, International
Journal of Production Economics, pp. 18-32
31
• Integrative planning stage: l’integrazione si ottiene attraverso la progressiva
centralizzazione dei processi decisionali e di controllo in capo ad un unico attore
della supply chain, che avrà il compito di coordinarla e di gestirla nel migliore
dei modi. Questa azienda sarà quella con maggiori responsabilità in termini di
leadership e con un’importanza focale all’interno della supply chain. In questa
fase si ha un livello massimo di integrazione, dato da intensi rapporti, da uno
scambio di informazioni continuo e da un elevato grado di comunicazione.
Come si può evincere dai tre diversi contributi esposti, l’integrazione tra i membri della
supply chain resta una caratteristica alla quale tutte le aziende dovrebbero aspirare per
riuscire ad ottenere quei vantaggi competitivi che altrimenti non sarebbero
raggiungibili.
Comunicando, scambiando informazioni e avendo obiettivi comuni si possono
prevedere meglio le fluttuazioni della domanda e si può migliorare il prodotto finito,
guadagnando così in flessibilità e in qualità.
Ogni attore ha conoscenze e competenze uniche che nessun altro può avere, grazie
all’integrazione e quindi ad un’accurata gestione del supply chain management si riesce
ad unire le forze ed i vantaggi competitivi di ogni singolo attore e a gestirli come se la
supply chain fosse un’unica grande azienda.
1.7.1. UNA VISIONE COMUNE
Ritengo il contributo di Raffaele Secchi utile per avere una visione comune di quanto
esposto nel precedente paragrafo.
Nel suo libro Supply Chain Management e Made in Italy, lo scrittore ripropone un
modello che sintetizza il concetto di supply chain management.
Anch’egli suddivide il processo di integrazione in tre fasi23:
• La prima fase presuppone che le due imprese siano in grado di scambiare
informazioni in modo strutturato su tutte le funzioni e i segmenti che interessano
l’azienda. Lo scambio preciso e costante, permette poi agli attori di progettare al
meglio i processi futuri. In questo stadio, comunque, i legami sono caratterizzati
23 Secchi R. (2012), “Supply Chain Management e Made in Italy”, Egea, Milano
32
da un’autonomia tra i diversi attori, che si limitano allo scambio di informazioni
senza progettare pressoché nulla insieme.
• Il secondo livello di integrazione è caratterizzato da uno stretto coordinamento
dei processi a livello interorganizzatvo, oltre ad un continuo scambio di
informazioni. Il coordinamento mira a stabilire i ruoli all’interno del processo, le
responsabilità e gli obiettivi finali.
• Il raggiungimento del terzo livello di integrazione, quello più elevato, si ottiene
cercando un coordinamento strategico, ovvero un coordinamento che miri ad
avere una visione strategica che possa portare ad una relazione di lungo termine.
Tale livello è caratterizzato da una stretta interazione tra gli attori, che spesso,
insieme, propongono soluzioni innovative al fine di ridisegnare la gestione dei
processi condividendo obiettivi e metodi comuni. Le aziende progettano, quindi,
soluzioni gestionali e organizzative caratterizzate da una stretta collaborazione
che permette di superare tutte quelle barriere tipiche di un rapporto
collaborativo.
Per meglio comprendere tale visione, si rimanda alla tabella 1.
33
Tabella 1: Integrazione in un Supply Chain Management, Fonte: Raffaele Secchi, Supply Chain Management e Made in Italy, Egea,
2012, (Rielaborazione personale)
Classificate le supply chain sulla base dell’integrazione, resta comunque il problema di
chi ha maggiore responsabilità all’interno della stessa.
L’integrazione tra le aziende, infatti, deve essere coordinata da uno degli attori, in
quanto non si ottiene l’integrazione in modo automatico.
LIVELLI DI
INTEGRAZIONE
OBIETTIVO
PUNTI CHIAVE
Comunicazione Condivisione delle
informazioni
•Condivisione
informazioni rilevanti
•Autonomia processi
decisionali
•Condizioni non
impegnative
Coordinamento Coordinamento
processi
•Condivisione
informazioni rilevanti
•Sviluppo di specifici
meccanismi di
coordinamento (passi
del processo di
scambio delle
informazioni, ruolo
attori ecc.)
Collaborazione Gestione strategica dei
processi di
integrazione
•Creazione informazioni
rilevanti
•Sviluppo soluzioni
innovative con lo scopo
di ridisegnare la
gestione dei processi
•Conseguimento di
risultati eccellenti nel
medio-lungo termine
34
Sempre secondo Raffaele Secchi questo ruolo viene svolto da un’impresa guida, le cui
mansioni sono quelle di programmare, progettare e assegnare i ruoli e definire le
modalità di integrazione tra gli attori, in breve deve cercare di gestire al meglio l’intera
supply chain e i rapporti tra gli attori che ne fanno parte.
Tale posizione, l’azienda in questione, la ottiene grazie al possesso di determinate
caratteristiche, quali ad esempio la possibilità di accedere ad informazioni rilevanti, la
capacità di attrarre risorse scarse, le quote di mercato possedute,
l’internazionalizzazione aziendale, le capacità di leadership e il ruolo, solitamente
centrale, ricoperto all’interno della catena, che generalmente la pone in una posizione
privilegiata per poter interagire con soggetti interni ed esterni alla catena.
Signori classifica le supply chain in funzione del diverso attore che assume il ruolo
guida:24
• Supply chain dominate dai produttori: in cui il ruolo di fornitori e distributori
non risulta essere dominante, essi si limitano a fornire componenti (fornitori) e a
distribuire i prodotti finiti (distributori). I legami a monte e a valle si riducono
alle tipiche consegne; il ruolo di distributori e fornitori non va a compromettere
il risultato globale, basta siano precisi e attenti nello svolgere le tipiche funzioni
che vengono loro richieste, la consegna nel caso dei fornitori e la vendita nel
caso dei distributori.
• Supply chain dominate dai distributori: tale autorità dei distributori si manifesta
qualora le loro competenze, sotto il profilo della commercializzazione e della
conoscenza del cliente, siano tali da accrescere le opportunità di vendita di tutta
la supply chain. Grazie alla loro posizione vicina al cliente finale, possono avere
delle competenze uniche riguardanti la domanda che le può porre in una
posizione di assoluto vantaggio nella supply chain.
• Supply chain dominate dai fornitori: qualora tali attori siano in possesso di
competenze distintive e di capacità innovative. Solitamente i fornitori assumono
questo ruolo quando hanno delle competenze tali da indurre l’azienda
produttrice a richiedere aiuto nella progettazione di un dato prodotto, senza il
quale non riuscirebbe ad ottenere determinate caratteristiche richieste dal
mercato.
24 Signori P. (2004), “La Misurazione dell’integrazione Logistica nel Supply Chain Integrated Management”, Cedam, Padova
35
Detto questo, il passo assolutamente necessario per la creazione di un coordinamento e
di un’integrazione tra le diverse aziende coinvolte, richiede un approccio culturale
comune e quindi un abbandono da parte degli attori della singola visione indipendente a
favore di una visione globale condivisa da tutta la supply chain.
Solo ed esclusivamente ragionando come un’unica impresa allargata si possono ottenere
dei risultati eccellenti altrimenti non raggiungibili.
Il supply chain management, non è altro che una spinta verso l’integrazione che porta a
processi interaziendali di assoluto successo.
Il supply chain management richiede un attenzione particolare nei confronti di quei
processi che portano allo scambio di informazioni, fase fondamentale per il successo
dell’intera catena.
Con l’avvento del supply chain management ci sono state delle mutazioni che il
management aziendale dovrebbe seguire, queste sono:25
• Business orizzonatli e non più verticali
• Elevato scambio di informazioni
• Passaggio dalla produzione di massa a quella personalizzata
• Aumento dell’outsourcing
• Riduzione del numero di fornitori, stringere rapporti più stretti con ogni
fornitore
• Pressione per l’introduzione di nuovi prodotti rapidamente
• Organizzazione e flessibilità aziendale
Per questi motivi una gestione della supply chain accorta è sempre più di fondamentale
importanza.
In sintesi, possiamo evincere da quanto detto finora che il contesto attuale non permette
più alla singola impresa di rimanere competitiva gestendo tutte le fasi critiche
internamente ed in modo indipendente, ma bensì obbliga l’azienda a doversi relazionare
e integrare con altre aziende facenti parte la stessa supply chain, in modo da migliorare
le prestazioni di lungo termine dell’intera catena.
25 Davis D., “State of a New Art: Manufacturers and Trading Partners Learn as They Go”, Manufacturing systems, New York
36
1.8. L’IMPORTANZA DI UNA GESTIONE ACCURATA DEL SUPPLY
CHAIN MANAGEMENT
Harrison ritiene che le imprese attualmente competano attraverso la supply chain e che
quindi venga considerato sempre più spesso come una necessità e un vantaggio
competitivo per tutte le aziende.26
Gattorna, ritiene addirittura che al giorno d’oggi la supply chain sia il business stesso,
l’elemento fondamentale per ottenere successo.27
Ciò che caratterizza il mercato e il suo ambiente al giorno d’oggi è la globalizzazione e
la conseguente vulnerabilità di una domanda sempre più esigente, che crea incertezza e
un estremo bisogno di flessibilità.
Il mercato richiede una maggiore qualità nei prodotti associata comunque a tempi di
consegna sempre più brevi, per questo motivo, come più volte ricordato, la logistica è
diventata assolutamente fondamentale in qualsiasi azienda che voglia avere successo ed
ottenere dei vantaggi competitivi duraturi.
In aggiunta, la globalizzazione ha portato le aziende a dover stringere strette alleanze e
rapporti di fiducia sia con i fornitori sia con i clienti, aumentando l’importanza di queste
due figure un tempo considerate marginali e oggi diventate fondamentali.
Già nel 1985 Michael Porter aveva introdotto il concetto di value chain in cui riteneva
la logistica interna ed esterna uno dei punti focali in una catena del valore, al pari di
funzioni ben più quotate come il marketing e le vendite, i servizi offerti al cliente e le
operations.
Solo se un’azienda riesce ad implementare tali attività in un modo efficiente, otterrà un
vantaggio competitivo. [Grafico 7]
26 Harrison, A., (2003), “Competing Through Supply Chains”, Athens University of Economics and Business, Atene, Grecia 27 Gattorna, J. (2006). "Supply Chains are the Business", Supply Chain Management Review, 2006
37
Grafico 7: La Catena del Valore di Michael Porter, FONTE: Michael Porter, Competitive Advantage: Creating and Sustaining
Superior Performance, 1985
Porter ritiene che la catena del valore di un’azienda è una parte di un sistema di valori
più vasto che include fornitori e consumatori, e per questo motivo, egli dice che il
successo di un’azienda non dipende solo dalla sua catena di valore, ma anche dal
sistema di valori di cui fa parte.28
Altro fattore che rende la supply chain estremamente necessaria, è l’enorme crescita
vista in questi ultimi decenni di strumenti quali internet ed e-commerce.
Internet e le nuove tecnologie, come l’ERP, hanno facilitato la condivisione delle
informazioni tra i diversi attori e quindi hanno reso visibili i benefici e i risultati
ottenibili da una coordinazione e da un’integrazione ben organizzata tra le diverse
aziende.
Internet, come ormai tutti noi abbiamo avuto modo di vedere e di sperimentare, si è
affermato come un nuovo canale di comunicazione e come un nuovo strumento di
vendita diretto, permettendo:29
• la diffusione di dati su reti di comunicazione estese (file transfer protocol, telnet)
28 Porter M.(1980), “Competitive Strategy”, FreePress, New York 29 Micelli S. (2009), E-Business Course, Venezia
38
• l’utilizzo di sistemi di ricerca all’interno di archivi elettronici
• la comunicazione con numerosi soggetti, interni ed esterni all’azienda, attraverso
l’utilizzo di messaggistica di vario genere (internet rely chat, mail, mailing lists,
newsgroups, social networks)
• l’adozione di nuove forme di marketing e di pubblicità
• la vendita di prodotti direttamente sul sito dell’azienda, tramite l’e-commerce
• un servzio clienti organizzato e attento
• una maggiore personalizzazione dei prodotti da parte della clientela
(configuratori on-line)
Il supply chain management, connesso all’utilizzo di internet e delle nuove tecnologie
emergenti, risulta estremamente importante in quanto porta a coloro che ne fanno uso
nel giusto modo, dei benefici tangibili non indifferenti.
Permette una riduzione del prezzo dei prodotti e del time to market, assicura una
differenziazione rispetto ai competitor, inoltre, insieme all’avvento del Information and
Communication Technology, permette l’ottimizzazione del servizio al cliente, aumenta
la velocità di comunicazione, riduce i costi di processo e assicura una maggiore
flessibilità aziendale.
Internet ha contribuito all’ascesa del supply chain management, facilitando di molto la
coordinazione, l’integrazione e la comunicazione tra i membri che ne fanno parte.
L’ottimizzazione del supply chain management può essere schematizzata su tre piani:
• Strategico: tratta la definizione della struttura
• tattico: previsione della domanda, della produzione e di vendita
• operativo: programmazione delle operazioni e dei processi e trasferimento delle
informazioni in tempo reale. [Grafico 8]
39
Grafico 8: Livelli di Ottimizzazione in una Supply Chain, FONTE: Elaboraione personale
Possiamo dire che i principali benefici che può portare una supply chain ben gestita e
ben integrata ad un’azienda che ne fa parte sono:
• diminuzione dei costi di inventario, gestione accurata del magazzino e delle
scorte.
• riduzione dei costi totali di produzione, grazie alla velocizzazione del flusso di
merci interno al processo di produzione e all’integrazione con fornitori e
distributori, che permette di ottenere informazioni utili a prevedere in anticipo
le esigenze della domanda.
• Miglioramento della soddisfazione del cliente, in quanto relazioni integrate,
permettono di ridurre i tempi di produzione, con una conseguente riduzione dei
tempi di consegna, garantendo comunque un elevato grado di
personalizzazione del prodotto. A questo si aggiunga il perfezionamento del
servizio pre e post-vendita offerto al cliente.
A sostegno di quanto detto, riporto uno studio condotto da Accenture, INSEAD e
Stanford University, che dimostra come le aziende leader nella getsione della supply
chain, siano anche più profittevoli e vengano premiate nei mercati finanziari.
Piano strategico
Piano tattico
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Piano operativo
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40
Lo studio, svolto tra il 1997 e il 2002, comprende un’accurata analisi di più di 600
aziende “global 3000” operanti in 24 diversi settori industriali.30
Convenendo che il mercato azionario funga da giudice delle performance e delle
strategie aziendali, lo studio ha etichettato come “leader” le imprese con una gestione
efficiente della supply chain e come “ritardatarie” quelle che invece non sembravano
avere una supply chain organizzata; lo studio, ha poi valutato le performance finanziarie
delle varie aziende, confrontandole con quanto stabilito in precedenza in base alla loro
“etichettatura”.
I risultati emersi, risultano abbastanza eloquenti, la crescita media annua composta dalla
capitalizzazione di mercato delle società considerate “leader” superava le “ritardatarie”
in misura compresa tra i 10 e i 30 punti percentuali.
I “leader” hanno presentato un tasso di crescita azionaria maggiore rispetto ai
“ritardatari”, nell’ordine del 20% in più.
Naturalmente questi risultati non si sono riscontrati in tutti i casi analizzati, infatti circa
il 12% delle società ritenute “ritardatarie”, ha osservato tassi di crescita comunque
elevati, ma, visto il limitato numero di casi (solo il 12%), si può ritenere che lo studio
sia abbastanza veritiero e che effettivamente le aziende con una accorta gestione della
supply chain siano, in media, più profittevoli.
1.9. IL SEGRETO E’ LA NATURA DELLA PARTNERSHIP: IL “THE
PARTNERSHIP MODEL”
“In my opinion, Ford seems to send its people to “hate school”, so that they learn how
to hate suppliers. The company is extremely confrontational. After dealing with Ford, I
decided not to buy its cars.”
-Senior Executive, supplier to Ford, october 2002-
30 R.B. Chase, R.F. Jacobs, A. Grando, A. Sianesi (2011), “Operations Management, nella Produzione e nei Servizi”, McGraw-Hill,
Milano
41
“Toyota helped us dramatically improve our production system. We started by making
one component, and as we improved, Toyota rewarded us with orders for more
components. Toyota is our best customer.”
-Senior Executive, supplier to Ford, GM, Chrysler and Toyota, luglio 2001-
Non è difficile capire che al giorno d’oggi le partnership sono la linfa vitale di una
qualsiasi supply chain ben gestita.
Le aziende, specialmente nelle economie emergenti, ordinano e comprano più
componenti dai fornitori rispetto a quanto non facessero in passato.
Basti pensare che, secondo il “Purchasing Magazine Estimates”, i cento migliori
produttori degli Stati Uniti, nel 2010 spendevano 48 centesimi ogni singolo dollaro di
vendite per comprare materiali e componenti.
Il business di ogni singola azienda dipende sempre più dai fornitori e dai partner
aziendali.
Non è necessario forzare una partnership, spesso, infatti, molte relazioni non funzionano
e finiscono solo con il peggiorare le cose.
Le partnership sono costose da implementare, richiedono una comunicazione,
coordinazione, integrazione continua, sommato al rischio rappresentato dalla
condivisione delle informazioni, spesso personali e segrete.
Per tali motivi affinchè una partnership sia profittevole dovrebbe essere particolarmente
forte, leale e caratterizzata da una fiducia reciproca.
Le partnership sono giustificate e utili solo se portano a sostanziali vantaggi che
altrimenti un’azienda non otterrebbe se lavorasse singolarmente.
Anche nel caso in cui esse sembrino profittevoli, spesso possono rivelarsi un fallimento
a causa della scarsa compatibilità dei protagonisti, che possono avere obiettivi che non
collimano, o che sono mossi da comportamenti opportunistici, o ancora scarsamente
orientati alla condivisione delle informazioni.
Una partnership può essere interpretata in modo diverso dalle parti coinvolte e spesso
succede che entrambi gli attori pensino che la loro visione sia assolutamente condivisa,
tanto che non ritengono nemmeno opportuno doversi confrontare.
Ciò che serve ad una partnership interna alla supply chain per avere successo, è la
compatibilità tra i due o più attori facenti parte la relazione, la visione e gli obiettivi
42
comuni e condivisi, le aspettative dichiarate da tutti i membri e un’incessante
comunicazione determinata da un continuo scambio di informazioni.
La natura delle partnership risulta essere elemento assolutamente fondamentale per il
successo di una qualsiasi supply chain.
Esiste un modello, esposto da Lambert, Emmelhainz e Gardner, chiamato “the
Partnership Model”, utilizzato per comprendere se una partnership può essere
profittevole, interessante per capire se il partner risulta compatibile con la propria
visione di business o meno.31
Il “the partnership model”, fornisce un processo strutturato e ripetibile al fine di
costruire e mantenere relazioni di business su misura, che possono portare a vantaggi
competitivi sostenibili. [Grafico 9]
Grafico 9: The Partnership Model, FONTE: http://thepartnershipmodel.com
Il “the partnership model” si compone di cinque componenti principali:
• Drivers: costituiscono la ragione per la quale due partner dovrebbero decidere di
stringere una partnership. Si tratta dei benefici che si aspettano una relazione
potrebbe loro portare, e sono sintetizzabili in quattro categorie: costi, servizio al
31 D.M. Lambert, M.A. Emmelhainz, J.T. Gardner (1996), “So You Think You Want a Partner?”, Marketing Management
43
cliente, vantaggi collegati al marketing e crescita del profitto. Più i drivers sono
forti, più possibilità ci sono che la partnership abbia successo.
• Facilitators: rappresentano i fattori ambientali che incrementano le possibilità di
successo di una partnership. I facilitators misurano quanto un potenziale partner
sia adattabile a questi fattori e include: la compatibilità della cultura aziendale, la
compatibilità della filosofia del management, la prospettiva di reciprocità e il
grado di simmetria tra i potenziali partner. In più vengono considerati cinque
altri fattori che se presenti rafforzano un rapporto: la condivisione di un
concorrente tra i due attori, la vicinanza fisica delle aziende, la potenziale
esclusività della relazione, le esperienze in relazioni precedenti e la condivisione
di un utente finale comune.
• Components: rappresentano quegli elementi manageriali controllabili in una
relazione, quali lo stile, il livello e il contenuto della pianificazione, parametri e
comandi operativi congiunti, il grado e il tipo di comunicazione tra gli attori, la
condivisione di rischio e competenze, il livello di fiducia e il grado di
investimento congiunto. Sarà attraverso la corretta attuazione di tali componenti
che la relazione potrà ottenere buoni risultati.
• Outcomes: riflettono l’andamento della partnership e la capacità delle società di
ottenere i driver che ci si aspettava prima dell’inizio della relazione.
Il modello è stato proposto da Lambert, Emmelhainz e Gardner con il chiaro intento di
aiutare le parti coinvolte in una possibile partnership a stabilire con criterio se, la stessa,
possa essere conveniente o meno.
1.10. IL CASO ZARA
One day it’s in and the other it’s out, questa frase sintetizza al meglio l’imprevedibilità
del mercato della moda, un giorno è di moda il giorno dopo non lo è più.
Questo rende il mercato estremamente incerto e difficile da prevedere, per cui fare
previsioni accurate risulta quasi impossibile per tutti i marchi facenti parte questo
settore, ma non per Zara.
44
Zara è il primo e il più profittevole marchio della Inditex, catena operante nel campo
della moda con ben otto differenti marchi tra cui i noti Massimo Dutti, Pull and Bear e
Bershka.
La strategia di Inditex è quella di avere punti vendita monomarca e ciascuno degli otto
marchi appartenenti all’azienda è dedicato ad uno specifico segmento di mercato.
Inditex è presente in 86 paesi diversi con i suoi otto marchi e conta 5887 negozi.32
Zara è il marchio principale della catena, tanto che con i suoi 12 miliardi di euro di
fatturato, il 5% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sviluppa
all’incirca il 70% del fatturato totale di Inditex.33
Il modello Zara è semplice e in un certo senso geniale, propone prodotti alla moda ad un
prezzo accessibile e soprattutto distribuiti in poco tempo e in modo molto veloce.
Zara punta sul rinnovamento continuo di parte della propria offerta fino a due volte alla
settimana.
Questo modello è chiamato Fast Fashion per il limitato ciclo di vita dei prodotti
proposti.
Zara in questo modo cerca di muovere nel cliente un senso di “scarsa opportunità”,
ovvero rinnovando l’offerta continuamente spinge la clientela a comprare
immediatamente per la paura di non poter ritrovare più quel dato prodotto, che diventa
in un certo senso un prodotto “unico” e di nicchia nonostante il basso prezzo.
Tutto questo è reso possibile da una gestione estremamente accurata ed integrata
dell’intera Supply Chain.
La catena di produzione dell’azienda spagnola è estremamente flessibile e incentrato su
una integrazione a monte e a valle.
Il sistema di produzione e logistico di Zara è incentrato sul just in time e
sull’eliminazione di magazzino e scorte.
Zara ad inizio stagione spedisce ai propri punti vendita solamente la collezione
cosiddetta basic, che costituisce circa il 20% della collezione completa.34
Il restante 80% viene spedito e consegnato con una celerità straordinaria durante la
stagione in corso e in base a continui studi e revisioni fatti sul mercato e sui clienti in
cui si trovano i diversi punti vendita. 32 Puledda V. (2012), “Zara, su Utile e Fatturato ma al Mercato non Basta”, La Repubblica, Roma 33 “Zara Continua a Crescere, Fatturato Inditex primi Nove Mesi +5%”, il Mondo, 2013, www.ilmondo.it 34 Loeb W. (2012), “Zara's Secret To Success: The New Science Of Retailing”, www.forbes.com
45
L’acquisto delle materie prime e il design dei prodotti viene fatto da quattro a sei mesi
prima dell’inizio della stagione, in modo tale da avere il tempo di gestire eventuali
problematiche o cambiamenti e da farsi trovare pronti ad inizio stagione. [Grafico 10]
Grafico 10: Supply Chain in Zara, FONTE: Inditex, 2008
Come è facilmente immaginabile, la funzione logistica rappresenta un ambito di
gestione critica per l’azienda spagnola, soprattutto la gestione della distribuzione dei
prodotti, in quanto tutto deve arrivare in tempo e come prestabilito, altrimenti il Fast
Fashion si incepperebbe e non sarebbe più sostenibile.
Velocità e reattività sono due realtà più importanti dei costi in Zara.
Per Zara la gestione della Supply Chain è il vantaggio competitivo principale.
Il marchio spagnolo è riuscito a mantenere la propria posizione di leader del mercato
nonostante l’immensa difficoltà che sta vivendo il settore, grazie alla sua strategia di
gestione della supply chain unica e inimitabile, una strategia che l’ha resa un precursore
e soprattutto che ha reso i suoi prodotti ricercati e acquistabili da chiunque:
46
• Risposta veloce alla domanda: Zara segue un modello pull nel gestire le suo
scorte e la sua supply chian. Crea circa 1000 progetti di design ogni mese
basandosi sugli studi, sui trend del momento e su ciò che i propri punti vendita
vendono più rapidamente e in quantità maggiori. In questo modo cercano di
anticipare la domanda. Questo studio di design continuo può far pensare a dei
costi elevatissimi, ma in realtà Zara utilizza sempre gli stessi materiali in modi
differenti, risparmiando così sulle materie prime.
• Piccoli lotti di produzione: Zara mantiene un turnover estremamente rapido,
infatti produce piccole quantità per ogni prodotto. Questo oltre a permettere
all’azienda di approvvigionare i propri punti vendita ogni due settimana,
assicura la possibilità di monitorare quale prodotto e quindi quale design abbia
più successo e quale meno, inoltre garantisce all’azienda di limitare le scorte a
magazzino nonostante il continuo turnover dei prodotti. Questo riduce la
possibilità di produrre in larga quantità prodotti che il mercato non accetterebbe
e non comprerebbe.
• Centro di distribuzione centralizzato: Tutti i vestiti vengono consegnati in
Spagna, il magazzino centrale, da cui poi verranno spediti nei diversi punti
vendita dei diversi paesi. Il magazzino spagnolo funge da deposito temporaneo, i
capi vengono prodotti nelle varie fabbriche Zara, spediti al magazzino spagnolo
che poi provvederà a smistarli e inviarli ai vari punti vendita in giro per il
mondo.
• Sistema IT avanzato: Zara ha un sistema IT molto forte e tecnologico che
permette l’integrazione, la comunicazione e uno scambio di informazioni
continuo sia interno che esterno tra tutti gli attori facenti parte la supply chain.
Questo permette il successo della strategia cosiddetta “Fast Fashion”.
Andrò ora ad analizzare un altro caso aziendale che fa da sempre della gestione del
supply chain management uno dei suoi punti di forza principali, Dell Computer.
47
CAPITOLO 2: DELL COMPUTER CORPORATION E IL “DIRECT
MODEL”: SUPPLY CHAIN MANAGEMENT E
PERSONALIZZAZIONE
2.1. DELL: LA STORIA
Tutto nacque nel 1979, quando Michael Dell comprò il suo primo computer Apple e
non appena entrò in casa corse in camera sua e lo smontò interamente per capire come
effettivamente funzionasse quella scatola che tanto lo affascinava.
Nel 1981, IBM introdusse il suo primo PC e presto Michael Dell ne diventò cliente
comprando un computer IBM in quanto più potente di Apple, voleva apprendere il più
possibile e trasformare la sua passione per i computer in un business redditizio.
Iniziò a migliorare il suo stesso computer, comprando memoria, hard disk e monitor più
potenti.
L’idea era quella di implementare i computer IBM per poi rivenderli ricavandoci un
profitto.
Capì che comprando componenti in massa avrebbe ridotto i costi, in quanto avrebbe
potuto ottenere un prezzo migliore rispetto a quello che avrebbe ottenuto se avesse
comprato un solo pezzo.
Al tempo un PC IBM presso un rivenditore costava circa 3000 dollari, ma i componenti
potevano essere acquistati per circa 600/700 dollari, inoltre, i commessi che vendevano
i PC avevano una conoscenza estremamente limitata di ciò che commerciavano, spesso
perché provenienti dalle vendite di televisioni o radio e quindi privi di una vera
esperienza nella vendita dei computer.
Un altro fattore che colpì Michael, fu che i rivenditori acquistavano i PC a 2000 dollari
presso la casa madre per poi rivenderli a 3000 dollari ai clienti finali, ricavandoci così
un profitto netto di 1000 dollari, tra l’altro offrendo uno scarso supporto post-vendita,
senza aumentare il valore finale del prodotto.
Il giovane texano iniziò, così, a pensare a qualcosa di alternativo al modello di vendita
indiretto, che, a suo parere, portava beneficio solo alle aziende e ai distributori e non ai
consumatori, fine ultimo di ogni suo ragionamento.
48
Aziende come Apple e IBM, utilizzavano i rivenditori perché necessitavano di leve per
conquistare le vendite nazionali.
In quel periodo tutte le grosse società erano orientate a vendere utilizzando i rivenditori,
era credenza comune che il modello indiretto fosse semplicemente il modus operandi
migliore e più redditizio.
Michael iniziò così a chiedersi come si potesse migliorare il processo di vendita e capì
che vendere i computer direttamente al cliente finale, eliminando il markup dei
rivenditori, avrebbe apportato dei benefici sia all’azienda produttrice che al cliente
finale.
Nel 1983 il giovane studente texano, nel suo dormitorio cercava di migliorare i
computer IBM, salvo poi accorgersi che comprando i componenti e assemblando
l’intero PC gli sarebbe costato meno e avrebbe potuto magari venderlo in futuro ad un
prezzo inferiore rispetto ai PC IBM.
Il 2 gennaio 1984 registrò la sua azienda nello stato del Texas con il nome PCs Limited,
Michael aveva appena diciannove anni.
Fin da subito il business si dimostrò interessante e redditizio, tanto che già il primo anno
l’azienda fatturò mensilmente tra i 70.000 dollari e i 100.000 dollari.
Il 3 maggio 1984, il suo dormitorio universitario diventò la “DELL Computer
Corporation”.
Il giovane ebbe un’idea tanto semplice quanto vincente, i personal Computer potevano
essere costruiti su ordinazione ed essere venduti direttamente al cliente, eliminando il
cosiddetto “middle man” e il markup ad esso connesso.
Questo sarà il concetto alla base del modello di business Dell, modello che per un lungo
periodo di tempo resterà invariato, per essere poi raffinato e riadattato alle nuove
esigenze di mercato.
A testimonianza dell’enorme crescita che stava avendo l’azienda, presto dovette trovare
una soluzione più spaziosa, spostando il business dal suo dormitorio ad un ufficio di
1000 mq.
Assunse un paio di persone addette a rispondere al telefono e a prendere gli ordini ed un
altro paio addette alla manutenzione dei computer.
Anche quest’ufficio si rivelò presto insufficiente e così l’azienda si spostò in un altro di
2350mq.
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Appena dopo altri 4 mesi dovettero spostarsi nuovamente in un nuovo ufficio di
7200mq, fino a stabilirsi nel 1985 in un capannone di 30.000mq, tutto questo in appena
un anno dalla nascita dell’azienda.
Nello stesso anno, il 1985 appunto, la compagnia produceva il primo PC di propria
progettazione, il “Turbo PC”, venduto a circa 800 dollari e caratterizzato da un
processore Intel 8088 in esecuzione a 8 Mhz, un disco rigido 10 MB e un "drive floppy
5,25.
La PCs Limited pubblicizzava i suoi sistemi in riviste specializzate nazionali per la
vendita di nuove tecnologie.
Il giovane imprenditore comprese che c’era un enorme squilibrio tra quanto veniva
ordinato e acquistato dai fornitori e quanto effettivamente fosse necessario per costruire
le macchine.
Spesso aziende come IBM ed Apple si trovavano i magazzini pieni di scorte, dovuti
all’errata domanda di componenti ai fornitori.
Si ordinavano pezzi senza un vero studio alla base, e nel caso fossero avanzati, si
tenevano in magazzino creando così scorte, che, a causa dell’evoluzione tecnologica,
diventavano presto obsolete, obbligando le aziende a venderli sottoprezzo pur di
liberarsene.
Nei primi anni della sua storia Dell, oltre ad offrire un’elevata personalizzazione dei
propri prodotti, garantiva ai propri clienti un servizio di supporto telefonico no-stop di
24 ore al giorno e assicurava la spedizione delle parti di ricambio per le macchine che
vendeva.
Questo modello risultò fin da subito vincente, tanto che il fatturato dell’azienda crebbe
dal nulla a 6 milioni di dollari nei primi mesi del 1985 fino a raggiungere quota 70
milioni di dollari alla fine dello stesso anno.
Nel 1987 Dell fu la prima azienda statunitense ad offrire un servizio di supporto on-site
entro il giorno successivo alla chiamata.
La società divenne pubblica nel 1988 e nel 1990 il fatturato toccò i 500 milioni di
dollari; l’azienda nello stesso anno aprì un impianto di produzione a Limerick, in
Irlanda, questo per riuscire a rispondere più velocemente alle ingenti richieste dei clienti
europei ed africani.
50
Dell cominciava ad avere un’ottima reputazione non solo per i prodotti che offriva, ma
anche per i servizi post-vendita che garantiva.
Il modello, dimostratosi vincente, veniva copiato da molti new entrants del settore.
Nel 1991, per soddisfare anche le richieste dei clienti che necessitavano di un punto
vendita fisico, Dell avviò delle partnership con il canale distributivo tramite accordi con
società del settore come CompUSA, Stamples and PC world.
Gli accordi presi stabilivano che i distributori avrebbero dovuto offrire i computer con
marchio Dell e inoltre garantire un servizio pre e post-vendita degno della fama che
l’azienda si era creata.
Nel 1991 il fatturato aziendale toccò gli 890 milioni di dollari e nel 1992 quasi 2
miliardi, facendo quindi credere che la strategia legata all’utilizzo del middle-man fosse
azzeccata, ma si trattava solo di una falsa speranza.
Proprio l’anno seguente l’azienda texana conobbe la sua prima decrescita e vide crollare
il valore delle proprie azioni in borsa a sette dollari l’una.
Uno dei motivi di questo crollo fu la mancanza di un vero management in grado di
gestire la rapida crescita che stava avendo l’azienda, anche se, a detta di molti esperti
del settore, il vero motivo fu l’utilizzo del canale distributivo deciso appena 2 anni
prima.
Nel 1994, Dell decise così di ritornare sui propri passi, riproponendo “Il Modello
Diretto” e decidendo che sarebbe stato l’unico modello di vendita utilizzato
dall’azienda.
“The benefit of exiting retail is not just the change in our financial condition. The real
value is that it forced all of our people to focus 100% on the direct model. That
singlemindedness was a powerful unifying force.”
-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-
Nello stesso anno Michael Dell riuscì a convincere Morton Topfer a lasciare Motorola e
lavorare per lui, Topfer gli promise di restare solo per pochi mesi, aveva 57 anni e,
assieme alla moglie, aveva appena costruito una casa di riposo a Las Vegas, in Nevada,
con il programma di godersi la vecchiaia.
Fu vice presidente di Dell e mantenne la posizione per cinque anni.
51
A una settimana dal suo ingresso in azienda rese pubblica la seguente previsione:
"Stiamo guidando Dell affinché divenga il secondo, o terzo produttore hardware a
livello mondiale e forse anche il numero uno nella vendita di pc.”
-Marc Topfer, Dell’s Vice President-
Fig.5: Michael Dell e Morton Topfer nel 1995, FONTE: www.dell.com
Nato a Brooklyn, New York, nel 1936, Topfer aveva conseguito una laurea in fisica
presso il Brooklyn College.
Nel 1971 entra a far parte di Motorola dove ne divenne il presidente.
Dell e Topfer si incontrarono la prima volta nel gennaio 1994 e discussero le loro
filosofie di business per diversi mesi prima che Topfer divenisse vice presidente Dell.
In quel ruolo, Topfer, gestì la pianificazione della produzione della società.
Topfer e Dell lavorarono insieme per dividere il mercato Direct Client to Client in
segmenti più piccoli.
Nel particolare ogni segmento poneva l’attenzione su determinati prodotti per
soddisfare le esigenze specifiche di ogni tipologia di cliente, fu questa una grande
trovata perchè suddivisero il mercato in base ai clienti e non ai prodotti, come invece i
loro competitor erano soliti fare.
52
Grazie alla sua decennale esperienza nel mercato Topfer fu, oltre che vice presidente,
anche un mentore per Michael Dell, aiutandolo a far fronte alle esigenze di gestione di
un’azienda multimiliardaria che solo pochi anni prima, proprio a causa di una mancanza
di un management in grado di gestire l’enorme crescita avuta, affrontò la sua prima
crisi.
Anche dopo le sue dimissioni avvenute nel 1999, rimase uno dei consiglieri più vicini a
Dell.
Presentato in breve colui che sembra aver segnato la risalita dell’azienda texana dopo la
brusca frenata vissuta nel 1993, possiamo ritenere che il ritorno all’utilizzo della
strategia diretta si rivelò subito vincente, tanto che le vendite crebbero di circa il 49%
ogni anno, passando da 3.5 miliardi di dollari di fatturato nel 1994 a più di 25 miliardi
nel 1999, mentre solo sei anni dopo la prima decrescita aziendale, DELL registrò dei
profitti aziendali per 1.7 miliardi di dollari. [Grafico 11]
Grafico 11: Dell Annual Reports, Dati dal 1986-1999, FONTE: www.dell.com
Nello stesso anno divenne la prima azienda produttrice di computer negli Stati Uniti con
una quota di mercato pari al 16%, e la seconda al mondo a fronte di una quota del 9.8%,
seconda solo a Compaq.
53
Il prezzo delle azioni crebbe di oltre 40 volte dal 1994 al 1999 e la capitalizzazione di
mercato della società sormontò i 100 miliardi di dollari. [Grafico 12]
Grafico 12: Computer Industry Forecast, Dati dal 1994-2000, FONTE: www.dell.com
Nel 2001 l’azienda consolida la sua posizione di leadership nel mercato statunitense,
riuscendo ad ottenere anche il primo posto worldwide, a fronte di una quota di mercato
pari al 13.3%, superando così l’eterna rivale Compaq, ferma a 11.1%. [Grafico 13 e 14]
Grafico 13: US PC Vendor Market Share, FONTE: Gartner Dataquest, 2002
54
Grafico 14: PC vendors Global Market Share, FONTE: Gartner Dataquest, 2002
Nel 2003 l’azienda cambia il suo nome in Dell Inc. per seguire la tendenza aziendale
che la vedeva in un periodo di trasformazione in un’azienda IT produttrice non solo di
computer o server, ma anche di altri prodotti hardware (come ad esempio stampanti o
televisioni), soluzioni, servizi e software.
Raggiunta la leadership nel mercato dei computer Dell decise, infatti, di entrare nel
mercato delle stampanti, dei proiettori e delle televisioni, grazie ad alcune importanti
partnership con attori globali come Samsung e Kodak.
Nel 2004 Michael Dell decide di ritirarsi dal ruolo di CEO per lasciare le redini
dell’azienda a Kevin Rollins.
Lo stesso anno l'azienda raggiunge il terzo posto come service & computer provider in
Cina con una crescita del 60% in cinque anni.
Nel 2007 Michael Dell è costretto a ritornare a capo dell'azienda a causa del calo di
performance avvenuto nel triennio in cui egli era assente.
Annuncia una nuova campagna, denominata Dell 2.0, basata sulla riduzione dei costi e
sulla diversificazione dei prodotti offerti.
Sempre nel 2007 Dell dà il via al programma Dell Partner Direct per VAR (Value-
Added Remarketers) ossia rivenditori a valore aggiunto, è una grossissima novità, in
quanto per la prima volta dopo il fallimentare tentativo del 1991, l’azienda decide di
usufruire dei rivenditori per la vendita dei propri prodotti, aprendo al canale indiretto.
Intorno al 2008 Dell intraprende una nuova strategia e comincia ad acquisire realtà
aziendali di settori diversi con competenze specifiche in determinati campi non familiari
all’azienda di Austin.
L’azienda ad oggi ha acquisito 27 compagnie per incrementare le proprie competenze e
55
per allargare le proprie vedute nel campo dei sistemi storage, dei servizi, del cloud
computing e del software.
Tra le più importanti acquisizioni ne citiamo alcune:
• American Compellent, acquisita nel 2011 per 820 milioni di dollari
• Equallogic
• Perot System
• Quest
• Sonicwall
Questo tipo di acquisizioni dimostrano la volontà di Dell di voler essere identificata dal
mercato non solo come un fornitore di hardware ma anche come un venditore di
soluzioni, servizi e software.
Ad oggi, l’azienda occupa il cinquantunesimo posto nella lista stilata da Fortune 500,
con un fatturato di circa 57 miliardi di dollari35, mentre si trova al terzo posto
worldwide con una quota di mercato di circa l’11.6%.
Dell rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso è cresciuta di circa 1 punto
percentuale, il terzo quarter del 2012 occupava sempre il terzo posto ma con una quota
di mercato del 10.5%.36 [Grafico 15]
Grafico 15: Quote di mercato PC vendors 2013, FONTE: www.forbes.com
L’azienda è stata da poco privatizzata con un operazione da 24.9 miliardi di dollari
conclusa dallo stesso fondatore dell’azienda Michael Dell, il quale ora detiene il 75%
del capitale azionario, e dal fondo d’investimento Silver Lake Partner. 35 http://money.cnn.com/, 2013, Fortune 500 36 Gartner e IDC (2013), www.forbes.com, Forbes
56
2.2. LA STRATEGIA DEI COMPETITORS
Nel lontano 1995 un famoso manager a capo di una grossa azienda giapponese, nello
spiegare come la propria azienda sarebbe entrata nel mercato dei PC statunitense, disse:
“Noi abbiamo un fortissimo brand, e cosa più importante, produciamo la maggior parte
dei componenti dei nostri computer da soli. Questo ci darà un enorme vantaggio
rispetto ai nostri competitor statunitensi, che devono comprare le componenti
esternamente.”
Questa strategia si dimostrò completamente sbagliata, infatti, aziende come Sony,
Hitachy e Fujitsu, investirono moltissimo nella produzione dei componenti per
computer per riuscire ad entrare nel mercato dei PC statunitense, ottenendo solamente
una piccola fetta del mercato.
Contemporaneamente, nello stesso periodo, un allora diciannovenne Michael Dell
fondava nella sua stanza del dormitorio universitario la Dell computer Corporation, che
in poco tempo avrebbe ottenuto una porzione del mercato di PC statunitense maggiore
di tutte le più grosse aziende giapponesi messe insieme.
Dell crebbe del 50% ogni anno dal 1995 al 1998 e vide il valore delle sue azioni
crescere del 30.000% in una decade.
Dell non produceva alcun componente da sola, ma era comunque in grado di assemblare
una macchina personalizzata secondo le richieste dei clienti in qualche ora.
Il modello di vendita utilizzato dalle aziende produttrici di computer del tempo era il
modello indiretto, che prevedeva rapporti con distributori e venditori.
Come facilmente immaginabile, questo passaggio aggiuntivo riduceva la marginalità
aziendale e limitava il controllo diretto sui clienti finali, ma allo stesso permetteva di
contare sui rivenditori e agenti per tutti gli oneri concernenti le attività di marketing,
pubblicità, approccio clienti e vendita.
Questo modello permise ai produttori che ne usufruivano di viaggiare su grandi volumi
di produzione, in quanto fecero affidamento su grandi linee di assemblaggio
permettendo loro di avvalersi delle economie di scala.
I computer proposti erano standard, difficilmente personalizzabili, questo perché la
personalizzazione sarebbe costata troppo in termini di costi ma soprattutto di tempo.
57
Il cliente interessato a personalizzare il computer avrebbe dovuto contattare il
distributore che a sua poi avrebbe contattato il produttore palesandogli le
personalizzazioni richieste dal cliente da apportare alla macchina.
Questo processo si sarebbe rivelato lungo e inoltre ci sarebbe stato un elevato rischio di
incomprensioni dovute al passaggio di informazioni dal cliente al distributore e poi da
questi al produttore. [Grafico 16]
Grafico 16: Il modello indiretto utilizzato dai competitors, FONTE: www.dell.com
Il modello di vendita indiretto era il più utilizzato da tutti i colossi dell’elettronica del
tempo, e questo diede uno spiraglio all’idea al tempo innovativa di Michael Dell,
un’idea che usciva dagli schemi, ma che con il tempo si sarebbe rivelata vincente, il
modello di vendita diretto.
2.3. IL MODELLO DIRETTO DI VENDITA: IL DIRECT MODEL
Uno studio su Dell Computer non può prescindere da un approfondimento su ciò che
l’ha resa un’azienda famosa e leader del mercato, il direct model.
Il direct model è il principale modello di vendita utilizzato da Dell fin dal giorno della
sua fondazione; si basa sulla vendita diretta dei PC ai vari clienti, concedendo loro la
possibilità di personalizzare la macchina a loro piacimento.
Dell tagliò il cosiddetto middle man instaurando un rapporto diretto con i propri
consumatori, fossero essi aziende o end-users.
Fin dall’inizio, l’intero business dell’azienda fu orientato al cliente, capire cosa
desiderava e consegnare ciò che chiedeva.
Molte aziende utilizzavano il modello diretto solo per vendere ai grossi clienti che
acquistavano centinaia o migliaia di macchine, mentre utilizzavano i rivenditori per
58
vendere ai clienti di dimensioni minori; Dell, per contro, applicava il direct model a
qualsiasi cliente, indistintamente che comprasse una o mille macchine.
Dell produceva solo ciò che il cliente ordinava, mentre le altre aziende erano solite
produrre prima di sapere se il cliente desiderasse quella macchina o meno; questo
creava inevitabilmente scorte e riempiva i magazzini di aziende come IBM ed Apple,
magazzini che invece erano vuoti in Dell, permettendo così all’azienda di ridurre i costi.
Proprio in virtù del fatto che Dell non aveva costi di magazzino e costi legati al markup
da garantire ai rivenditori, era in grado di offrire un prodotto, spesso anche
qualitativamente superiore a quello offerto dai competitor, a costi inferiori, questo ha
permesso all’azienda di crescere a ritmi davvero elevati, soprattutto nei primi anni della
sua vita. [Grafico 17]
La strategia aziendale venne ben sintetizzata dalle parole del suo fondatore nel libro da
lui stesso scritto nel 2000 intitolato “Direct From Dell”37:
“As a small start-up, Dell couldn’t afford to create every piece of the value chain... We
concluded we’d be better off leveraging the investments others have made and focusing
on delivering solutions and systems to the customers... If you’ve got a race with 20
players that are all vying to produce the fastest graphics chip in the world, do you want
to be the twenty-first horse, or do you want to evaluate the field of twenty and pick the
best one?”.
-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-
Grafico 17: Dell direct model, FONTE: www.dell.com
37 Dell M., Fredman C., “Direct From Dell, Strategies That Revolutionized an Industry”, 2006, National Bestseller
59
Grazie a questo modello l’azienda texana inventò un nuovo business model,
focalizzandosi sulla velocità di produzione e di esecuzione, minimizzando le scorte ed
eliminando il magazzino.
L’azienda bypassò i distributori e gli intermediari per vendere direttamente ai clienti
che, nei primi anni, contattavano Dell direttamente al telefono per ordinare il proprio
computer personalizzandolo a loro piacimento.
Il Dell direct model si caratterizzò per la velocità di produzione e di consegna, per i
bassi costi di distribuzione, per il rapporto diretto che aveva creato con i clienti, per il
build-to-order e il just-in-time manufacturing.
Essendo che i materiali e i PC uscivano velocemente dalla fabbrica, le nuove tecnologie
venivano inserite ed offerte ai clienti in modo più semplice rispetto a quanto non
potessero fare le altre aziende concorrenti schiave del modello indiretto, infatti, come
disse Michael Dell in un’intervista al New York Times dell’aprile del 2000:
“Usando questa strategia, se io ho 11 giorni di inventario e i miei competitor ne hanno
80, e Intel fa uscire un nuovo chip da 450 megahertz, significa che io proporrò la nuova
tecnologia 69 giorni prima del mercato.” (Fig.5)
-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-
All’inizio il problema di tale strategia era che molti potenziali consumatori avevano
paura di spendere 4000$ per un computer prodotto da un’azienda senza punti vendita, e
quindi un’azienda virtuale che non permetteva loro di toccare con mano ciò che poi
avrebbero comprato.
Per aggirare tale problema l’azienda decise di concedere una serie di servizi aggiuntivi
che riuscissero in parte a limitare questi dubbi iniziali, tra cui una garanzia di 30 giorni
entro i quali, ci fossero stati dei problemi, il cliente avrebbe potuto chiedere il rimborso
totale di quanto speso.
Per ottenere il successo che poi l’azienda avrebbe ottenuto, fu necessario instaurare un
rapporto continuo e basato sulla fiducia non solo con i clienti, ma anche con i fornitori,
con la quale Dell aveva una relazione quasi quotidiana e ai quali comunicava quale
60
fosse l’esatta richiesta giornaliera in modo tale che tutti fossero organizzati e allineati;
solo così si poteva riuscire a non avere scorte e magazzino e a rispondere nel minor
tempo possibile alle richieste, sempre più numerose, dei clienti.
“Quindi non è ‘bene, ogni due settimane consegnate 5000 chassis a questo magazzino,
creeremo le scorte che poi andremo a gestire nel tempo’, bensì è ‘domani mattina
necessitiamo di 8562 chassis alla porta numero 7 del magazzino di Austin alle 7.30’.”
-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-
Affinchè tutto questo fosse possibile, la maggior parte dei fornitori dell’azienda
costruirono le fabbriche dove avrebbero prodotto i componenti da consegnare, nelle
zone limitrofe ai siti produttivi Dell; inoltre, i partner Dell erano soliti collaborare con
l’azienda statunitense per i nuovi progetti, in modo tale da sapere in tempo reale le
necessità dell’azienda.
Dell garantiva ai propri fornitori, una previsione sulle proprie vendite che rasentava la
perfezione; questo permetteva ai partner di sapere con esattezza i bisogni dell’azienda e
di servirla al meglio.
Altro punto focale di tale rapporto, fu il modesto numero di fornitori con i quali Dell
decise di lavorare.
Questa stretta relazione, basata su una forte fiducia, permetteva all’azienda di ottenere
le ultime tecnologie offerte dai fornitori prima che le ottenessero i competitor.
“I fornitori sono effettivamente diventati nostri partner. La regola che noi seguiamo è
quella di avere il minor numero di partner possibile, con i quali manterremo l’alleanza
fino a che essi riusciranno a conservare una posizione di leadership nel loro mercato.”
-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-
Dell, ancora oggi, pone una grandissima enfasi nelle fasi di produzione e di
distribuzione, tutto deve arrivare e partire nei tempi prestabiliti.
L’azienda texana da sempre crede che la gestione della supply chain sia uno dei
vantaggi competitivi più rilevanti, e se non avesse avuto questa filosofia non sarebbe
61
riuscita a proporre il modello di vendita che da sempre la contraddistingue e non
sarebbe riuscita ad applicare la sua strategia lungo tutta la catena.
Ogni computer è specificatamente configurato secondo una precisa richiesta del cliente,
i componenti arrivano dai fornitori esattamente nel momento in cui va prodotta la
macchina, che nel giro di pochi giorni viene consegnata direttamente al cliente stesso.
Tutto questo era ed è possibile solo grazie ad un’attenta e accurata gestione di tutti gli
attori facenti parte la supply chain.
Un’altra geniale novità caratterizzante il direct model fu ed è il servizio offerto ai
clienti.
“The first: to really grow our business, we would have to target large companies. The
second: to land large companies, we would have to offer the absolute best support in
the industry. That was how we came up with the idea to provide the industry’s first on-
site service for PC’s. If a customer called us with a problem, we’d say, “We’ll be out
tomorrow to fix it.”
-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-
Dell fa del servizio e del supporto ai clienti uno dei suoi punti di forza principali fin dal
giorno in cui venne fondata.
Già nel 1994 assunse 1300 tecnici disponibili telefonicamente 24 ore al giorno.
Il vantaggio di fornire supporto telefonico era che il 90% dei clienti veniva indirizzato
passo dopo passo alla risoluzione dei problemi via telefono, senza quindi il bisogno di
fare uscire un tecnico per risolvere il problema direttamente dal cliente, cosa che
sarebbe accaduta nel caso in cui il tecnico non fosse riuscito a chiarire il problema da
remoto.
Lo stesso supporto quasi morboso, veniva assicurato anche ai fornitori aziendali.
La qualità del servizio post-vendita offerto da Dell, fu un successo enorme e inaspettato
da parte di tutti gli esperti del settore, competitor e analisti.
Tutti ritenevano, al tempo, il modello di vendita diretto incompatibile con un servizio di
qualità elevato, credevano che con l’aiuto dei rivenditori e dei punti vendita “fisici”, i
competitor di Dell avrebbero sempre avuto un vantaggio in termini di servizio offerto.
Si sbagliarono, infatti, fin dall’inizio, Dell vide una grossa opportunità nel business dei
62
servizi, una lacuna dei competitor alla quale nessuno aveva pensato.
Nel 1986, Dell, offrì la prima vera garanzia on-site next business day, che permetteva al
cliente di chiamare il supporto tecnico in caso di problemi e ottenere assistenza diretta
entro il giorno successivo alla chiamata direttamente e comodamente a casa, in ufficio o
ovunque si trovasse il problema.
Improvvisamente il servizio offerto dalle altre aziende risultò vecchio e “fuori moda”.
Anche oggi, quando si richiede assistenza ad un punto fisico in caso di problema al
computer, il tempo necessario affinchè questo venga riparato, varia dalla settimana ai
venti giorni, ben distante dal next business day offerto dall’azienda texana.
Ciò che, a detta di tutti, sarebbe dovuto essere un grandissimo svantaggio per Dell, si
trasformò in un enorme punto di forza.
Dell si differenziava anche per la qualità dei propri prodotti, produceva computer
compatibili con IBM che erano più veloci e performanti di quelli prodotti da IBM
stessa.
Nei primi anni di attività, IBM deteneva il 70% del mercato utilizzando un 6 megahertz
286 OC, Dell propose una macchina con addirittura 12 megahertz.
La mossa successiva fu quella di pubblicizzare la loro macchina comparandola con
quella IBM; la loro, nonostante fosse più performante, costava 1995 dollari, mentre il
PC di IBM costava ben 3995 dollari.
Nel 1986 si presentarono allo “spring comdex”, una fiera per produttori di PC, per
promuovere la nuova tecnologia.
All’apertura della fiera lo stand Dell sembrava essere il solo interesse dei presenti,
presto si formarono due lunghissime code, in una c’era la stampa, nell’altra gli
appassionati che erano completamente stupefatti dalla nuova tecnologia di questa, al
tempo, potentissima macchina.
Dell aveva ottenuto quanto voleva, ovvero, ogni singola persona si chiedeva perché
avrebbe dovuto comprare una macchina meno performante che costava più del doppio
di quella più performante.
Tutti, compresa la stampa, cominciava a consigliare Dell come la migliore marca
qualità-prezzo.
Dell aveva in mano il mercato, e tutto grazie all’innovativo modello di vendita, al suo
supporto clienti e alle coraggiose decisioni prese nei primi anni della sua esistenza dal
63
suo CEO nonché fondatore Michael Dell.
Per meglio comprendere il direct model Dell e le sue principali differenze con il
modello di vendita indiretto utilizzato dai competitor, propongo la tabella 2.
TRADITIONAL
MANUFACTURER
DELL
Si cerca di prevedere la domanda Il cliente finale ordina via
telefono/internet
I fornitori forniscono le componenti I fornitori forniscono immediatamente
le parti necessarie alla produzione
della macchina richiesta
Si producono le componenti base Dell assembla i computer come da
richieste dei clienti
I PC vengono assemblati nelle
fabbriche
I computer finiti vengono spediti
direttamente al cliente via corriere
Si creano scorte e magazzino I consumatori si godono il computer
I PC vengono trasportati presso i
rivenditori
Elevato servizio post-vendita (garanzia
next business day on-site)
PC dai rivenditori fino a che non
vengono venduti
Nessuna gestione di scorte o
magazzino
Comprati dai consumatori
Tabella 2: Principali differenze tra Direct Model Dell e il modello indiretto, FONTE: Elaborazione personale
2.4. DELL E LA SUPPLY CHAIN: UNO STRUMENTO PER
COMPETERE
I leader del settore dei PC che cercavano un modo per immettere nel mercato prodotti
sempre più tecnologici e studiavano in continuazione nuovi articoli riducendone il ciclo
di vita, inizialmente tralasciarono la gestione della supply chain, in quanto non
considerata un fattore di importanza strategica.
I computer venivano venduti tramite il canale indiretto, ovvero nel modo classico,
attraverso l’utilizzo di rivenditori e distributori, questo faceva si che le macchine e i
64
componenti stessero in magazzino ad “invecchiare” per un periodo medio di due mesi.
I prezzi dei processori, elemento cruciale per un qualsiasi computer, dal giorno della
loro scoperta, sono costantemente diminuiti in media del 30% annuo, quindi più a lungo
questi rimanevano sugli “scaffali”38, più si deprezzavano.
Il ciclo di vita medio di un processore è di circa 6-8 mesi, in più, i costi dei componenti
incidono all’incirca dell’80% sul costo totale del PC, quindi, avere scorte a magazzino
nel settore informatico non può essere un’idea vincente, in quanto una qualsiasi
macchina o componente rischia di diventare obsoleto in poco tempo, obbligando il
produttore a disfarsene a prezzi sottocosto.
Grazie ad una strategia innovativa e ad un’accurata gestione della supply chain,
l’azienda texana riuscì ad ottenere un vantaggio competitivo sui concorrenti che
altrimenti non avrebbe potuto avere.
Dell era in grado di produrre e assemblare ogni PC su ordinazione, lasciando al cliente
un’elevata possibilità di personalizzazione.
L’avvento di internet offrì poi a Dell l’opportunità di rafforzare il proprio modello
diretto, rendendolo addirittura più efficace, efficiente ed economico, grazie alla facilità
di configurazione e di personalizzazione del prodotto direttamente tramite l’utilizzo del
sito internet dell’azienda, lanciato nel 1994.
Niente più telefono o call center, niente più commerciali dedicati, internet permetteva
ad una qualunque persona di personalizzare ed ordinare la propria macchina
direttamente dal sito Dell e comodamente seduto sulla sedia del proprio ufficio.
Internet concedeva all’azienda la possibilità di implementare e migliorare il proprio
modello di vendita, offrendo la possibilità ai propri clienti di personalizzare e ordinare il
proprio computer 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno.
L’azienda non fu la prima ad avvicinarsi all’e-commerce, anche se si può ritenere che
nessuno potesse vantare condizioni migliori per avere successo nel ciberspazio.
A sei mesi dall’apertura del sito, l’azienda realizzava vendite “on-line” per circa 1
milione di dollari al giorno, con un conseguente aumento di vendite totali di circa il
20%.39
Già nel 1997 le vendite giornaliere dell’azienda statunitense toccarono quota 4 milioni
38 “Dell computer: Selling PCs like Bananas”, The Economist, 2003 39 McWilliams G., (2003), “Whirlwind on the web”, Transportation and distribution
65
di dollari.40
Oggi Dell detiene uno degli e-commerce migliori al mondo in termini di fatturato,
infatti, di circa 58 miliardi di dollari di fatturato annuale, 3.9 miliardi provengono dalle
vendite online, circa il 7% dell’intero fatturato.
La forza di Dell stava nella velocità di produzione e di consegna al cliente, nonostante
proponesse un computer totalmente personalizzabile.
Solitamente entro 36 ore dall’ordine avvenuto on-line, i PC personalizzati uscivano
dalle linee di produzione per essere spediti e consegnati al cliente, anche se si ritiene
che circa l’80% dei PC Dell fossero pronti per la spedizione entro le 8 ore seguenti il
processo di ordinazione on-line.
L’ordine tipo per l’azienda texana funzionava in un modo estremamente semplice: dopo
che il cliente aveva ordinato il computer online o via telefono, Dell processava l’ordine
valutando le condizioni finanziarie dello stesso e la configurazione da esso richiesta.
Questo richiedeva circa due giorni, dopo i quali, l’azienda inoltrava l’ordine ad una
delle fabbriche di Austin, le quali riuscivano a costruire, testare e confezionare il
prodotto nel giro di 8 ore41.
Per la maggior parte delle vendite dirette Dell poteva contare su un pagamento
immediato, che avveniva addirittura prima della consegna delle macchine al cliente,
infatti, l’azienda riceveva il pagamento in media entro 24 ore dall’emissione dell’ordine
on-line; mentre per esempio, Compaq, principale competitor dell’azienda texana e al
tempo leader del mercato, doveva attendere circa 35 giorni, con tempi di attesa medi del
mercato che variavano dai 15 ai 20 giorni.
La cosa interessante è che a Dell vengono fatturati i componenti solo quando lasciano il
magazzino del fornitore, il che significa che quest’ultimo riceve il pagamento all’incirca
45 giorni dopo. [Grafico 18]
40 (2011), “Case study: Dell, Distribution and Supply Chain Innovation”, http://www.marsdd.com/ 41 Kapuschinski R., Zhang R. Q., Carboneau P., Bill Reeves R. M., (2004), “Inventory Decisions in Dell’s Supply Chain”,
INFORMS
66
Grafico 18: Giorni medi di attesa di ricezione del pagamento da parte dei clienti, FONTE: Elaborazione personale
Con questi numeri, si capisce il motivo per la quale Dell ebbe una crescita esponenziale
in poco tempo e soprattutto il vantaggio competitivo che il direct model assicurava
all’azienda texana.
Dell cerca da sempre di ridurre le sue scorte al minimo, infatti, la maggior parte dei
componenti vengono ordinati al proprio fornitore solo dopo aver ricevuto l’ordine dal
cliente, facendo in modo che fino al momento dell’ordine, le scorte siano a carico del
fornitore stesso.
Anche nel mercato italiano, oggi che, come vedremo più avanti, l’azienda ha deciso di
stringere rapporti con i rivenditori di fatto aprendo al canale di vendita indiretto, le
scorte vengono gestite dai distributori e in parte dai partner, Dell, infatti, offre loro la
possibilità di comprare uno stock di macchine preconfigurate a prezzi vantaggiosi,
svuotando così i propri magazzini e riempiendo quelli dei partner e dei distributori che
fungono in un certo senso da magazzino per l’azienda texana.
Affinchè tutto questo fosse possibile, Dell, ha cercato di sviluppare strette alleanze con
pochi fornitori, in modo tale da creare un rapporto stretto e caratterizzato da levata lealtà
e fiducia, tant’è vero che l’azienda ha ridotto i fornitori da 204 nel 1992 a 47 nel 1997,
fino ad arrivare al 2004 in cui circa quaranta fornitori fornivano l’80% dei componenti.
L’azienda ha sempre fatto delle operations e della gestione della supply chain la sua
0
5
10
15
20
25
30
35
40
DELL COMPAQ MEDIA MERCATO
GIORNI DI ATTESA RICEZIONE PAGAMENTI
67
forza principale, a conferma, le operations di Dell sono sempre state e sono tutt’ora,
oggetto di studi ed esami al fine di eliminare gli sprechi di tempo e quei passaggi che
non aggiungono valore al cliente.
Si pensi che il numero totale di interventi coinvolti nella produzione di PC sono stati
ridotti a 60, contro una media del settore di circa 13042. [Grafico 19]
Grafico 19: Numero interventi medi per la produzione di un PC, FONTE: Elaborazione propria
Tale approccio è favorito dall’enorme attenzione riposta da Dell nei confronti dei
componenti comuni e soprattutto dal forte legame di fiducia che connette l’azienda ai
suoi fornitori, ai suoi partner e ai suoi distributori.
I fornitori non conservano in magazzino per più di 8 giorni i componenti da consegnare
a Dell, la maggior parte delle volte la consegna avviene in giornata, questo perché i siti
produttivi dei fornitori non sono più distanti di 15 minuti dalle fabbriche Dell presenti in
Texas, Irlanda e Malesia, consentendo all’azienda un risparmio non marginale dei costi
di trasporto.
L’azienda americana, soprattutto per i componenti principali, è solita collaborare con i
fornitori per abbreviare i tempi e per migliorare le previsioni.
42 Kapuschinski R., Zhang R. Q., Carboneau P., Bill Reeves R. M., (2004), “Inventory Decisions in Dell’s Supply Chain”,
INFORMS
0
20
40
60
80
100
120
140
DELL MEDIA SETTORE
NUMERO INTERVENTI MEDI PRODUZIONE PC
68
Proprio le previsioni erano, e sono tutt’ora, un fattore fondamentale per la perfetta
riuscita di questo sistema; l’azienda fornisce, infatti, ai fornitori delle previsioni molto
accurate e precise, in questo modo il fornitore è sempre a conoscenza di cosa produrre e
in che quantità, ciò è permesso dal sistema di previsioni interno all’azienda, che da
sempre è considerata come una funzione essenziale per il successo.43
2.5. IL RAPPORTO CON I FORNITORI
Michael Dell fondò l’azienda, che ora porta il suo nome, con appena 1000$ di capitale
sociale, e come disse lui stesso:
“Con appena 1000$ spendi ogni singolo dollaro molto attentamente. Devi imparare ad
essere economico, efficiente e prudente allo stesso tempo. Devi anche imparare a
sviluppare solo le cose che aggiungono valore alla tua azienda e ai tuoi clienti”.
-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-
Fin dal primo giorno Michael si chiedeva se fosse necessario costruire i componenti
internamente o se affidarsi ad aziende esterne e quindi acquistarli da terzi.
Al tempo, gli esperti di settore, consigliavano di produrre tutto internamente, solo così
si sarebbe potuto avere un controllo totale su tutti i processi aziendali.
L’azienda statunitense, come spesso accadde, non diede ascolto alle voci e ai consigli e
decise di affidare la produzione dei componenti ad aziende esterne specializzate.
Anche questa si rivelò una scelta vincente, lavorando e affidandosi pienamente a
fornitori esperti, Dell poté concentrarsi sul proprio business e su ciò per cui si era
differenziata, ovvero sui clienti e sul modello di vendita diretto.
L’outsourcing permise alla Dell di ottenere componenti di qualità superiore rispetto a
quelli prodotti dai competitor, che invece preferirono produrli in casa, questo perché le
aziende con cui Dell strinse dei rapporti lavorativi, erano le migliori al mondo nel
settore, con decine di anni di esperienza alle spalle.
L’outsourcing permise, inoltre, di affidarsi a più aziende, quindi nel caso un partner
avesse avuto dei problemi di consegna o di lavoro, Dell avrebbe potuto rivolgersi
43 Christopher M. (2005), “Supply Chain Management, Creare Valore con la Logistica”, Financial Times, Prentice Hall, New York
69
immediatamente ad un altro fornitore.
In un’intervista al Washigton Post del settembre 1998, Michael disse:
“I clienti spesso ci dicevano che non volevano entrare nel business dei computer,
dicevano che questo fosse il nostro lavoro. Loro volevano semplicemente sapere che
potevano comprare un ottimo computer e che sarebbero stati supportati a dovere
nell’acquisto. Bene, noi di Dell, la pensiamo esattamente allo stesso modo nei confronti
dei fornitori. È il loro lavoro, noi vogliamo ottenere solamente i migliori componenti in
commercio e vogliamo essere supportati a dovere.”
-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-
Il direct model diede un valore aggiunto anche ai suppliers, infatti, consentiva loro di
ottenere feedback immediati riguardanti i componenti prodotti, questo perché il rapporto
diretto che Dell aveva con i propri clienti, assicurava all’azienda la possibilità di
ottenere un riscontro quasi immediato sui prodotti offerti.
Nel caso il problema dipendesse da un componente, l’azienda poteva contattare
immediatamente il fornitore e chiedere una miglioria, una modifica o stabilire come
procedere per accontentare le richieste del cliente.
Questo diede a Dell un ulteriore vantaggio competitivo, perché i competitor, utilizzando
il modello indiretto, avevano qualche passaggio in più e quindi in caso di problemi, i
clienti avrebbero prima contattato il rivenditore, che poi a sua volta avrebbe dovuto
contattare il produttore, che poi in caso avrebbe contattato il fornitore per cercare una
soluzione al problema, facendo passare troppo tempo per accontentare la richiesta del
cliente.
Un altro punto di forza che permetteva all’azienda statunitense di avere un rapporto di
favore con i fornitori, era rappresentato dalla loro capacità di prevedere le richieste e i
bisogni dei clienti.
Dell fece del sistema di forecasting uno strumento assolutamente necessario, tanto che
grazie a questa capacità, l’azienda sapeva esattamente cosa ordinare, in che quantità,
quando ordinarlo, a chi ordinarlo, dove farlo pervenire e come.
Dell, secondo uno studio condotto da Jonathan Byrnes nel mese di giugno del 2003 per
Harvard Business School, aveva una precisione nello svolgere le proprie previsioni di
70
vendita che si aggirava intorno al 70/75%, questo grazie al rapporto quotidiano di
fiducia che l’azienda aveva con i propri clienti.44
Tutto questo, per i fornitori, significava una diminuzione dei tempi morti, una maggiore
precisione nella produzione, nella consegna e permetteva a loro volta di prevedere la
quantità esatta di componenti da produrre in un dato periodo.
Durante la mia esperienza in Dell ho avuto modo di testare di persona il sistema di
previsione aziendale, elemento considerato fondamentale.
Ogni settimana veniva chiesto ad ogni Channel Account Manager di dare una stima
precisa delle opportunità, classificandole in commit nel caso in cui la percentuale di
riuscita dell’affare fosse elevata e submit nel caso in cui invece la chiusura non fosse
stata certa.
Ogni stima doveva contenere il numero più o meno preciso di macchine coinvolte
nell’opportunità, il prezzo indicativo dell’affare, la percentuale di riuscita e anche i
competitor contro i quali si stava gareggiando.
Ci veniva richiesto di essere il più precisi possibile, in quanto tale sistema permetteva
all’azienda di conoscere il carico produttivo ed economico da sostenere per la settimana
successiva, assicurando così la possibilità di anticipare i clienti, ordinare la giusta
quantità di componenti ai fornitori e farsi trovare assolutamente preparati nel momento
del bisogno.
Per questo motivo veniva richiesto a noi commerciali di mantenere un rapporto
continuo con i propri clienti, tanto che si arrivava a contattare il cliente anche due volte
a settimana, anche solo per sapere se ci fossero nuove opportunità da inserire nel
gestionale.
La velocità con cui l’approccio diretto consentiva di offrire i prodotti al mercato aiutava
i fornitori a guadagnare quote di mercato più velocemente con le loro tecnologie.
Quando, per esempio, Dell cominciò a collaborare con Sony per la distribuzione delle
batterie al litio montate nel notebook Latitude XP, non fu solo una strategia vincente per
l’azienda di Austin, che fu la prima produttrice di computer a proporre un notebook con
una batteria che durasse così tanto, ma lo fu anche per Sony.
Sony, infatti, sapeva come combinare una batteria al litio con una o due celle, ma non
come combinarla con dieci celle che un notebook richiedeva.
44 Byrnes J. (2003), “Dell Inc.: a New Story”, Harvard Business Review, Cambridge
71
Dell aiutò Sony a rendere la batteria al litio compatibile con i notebook, aprendo loro le
porte di un mercato che poi si sarebbe dimostrato vastissimo e molto redditizio.
L’azienda statunitense, cercando di applicare sempre per prima le nuove tecnologie
offerte, si dimostrò un “pioniere” della tecnologia offerta dai fornitori.
In un certo senso, credo che Dell abbia incoraggiato l’intera industria a crescere e a
migliorare.
Chiedere ai fornitori di essere precisi nelle consegne, rapidi nei progetti ed efficienti,
aiutò questi ultimi a migliorarsi e a diventare più competitivi.
Dell arrivò ad avere rapporti con circa 150 fornitori, crescendo, si rese conto che le
relazioni con sempre più fornitori cominciavano a diventare costose ed impegnative,
bisognava progettare i componenti, renderli compatibili con i computer Dell e testarli in
continuazione, questo richiedeva un rapporto diretto e continuo con i propri partner che
costava in termini di tempo e di denaro.
Oggi, proprio per evitare tali costi, la regola dell’azienda è avere rapporti semplici e
avere meno partner possibili e soprattutto dislocati il più vicino possibile ai propri siti
produttivi, infatti, ad oggi circa 40 fornitori forniscono il 90% dei componenti necessari.
2.5.1. FORNITORI LOCALI O GLOBALI?
Espandendosi, Dell, dovette decidere se usufruire dei fornitori locali nelle zone in cui si
espandeva, o se rendere globali i fornitori con la quale aveva avuto degli ottimi rapporti
in passato.
Decisero che la prossimità avrebbe pagato e dunque chiesero ai loro fornitori locali di
seguire la strategia aziendale e di diventare dei global suppliers, servendo fabbriche
Dell in tutto il mondo e costruendo dei siti produttivi a poca distanza da quelli
dell’azienda statunitense.
Ovviamente, prossimità avrebbe significato minori costi di trasporto per Dell e
maggiore facilità di comunicazione, progettazione e relazione con i propri fornitori, e
soprattutto, avrebbe significato ottenere i componenti con una velocità immediata, cosa
che, in un mercato in cui i costi di ogni singolo pezzo precipitavano con una media di 1
punto percentuale a settimana, avrebbe permesso ad entrambi di guadagnare in velocità
di risposta alle richieste dei clienti.
72
Un’altra volta, quest’intuizione si rivelò giusta e redditizia.
Un esempio è dato da un fornitore che iniziò il rapporto con Dell in Irlanda, una volta
venuto a conoscenza del fatto che l’azienda avrebbe aperto un sito produttivo in
Malesia, decise di costruire esso stesso una propria fabbrica a pochi minuti di distanza
da quella Dell, e lo stesso fece quando Dell si espanse in Brasile e Cina.
Quando si lavora con un global supplier, le incongruenze nel sistema di forecasting e
nella qualità dei prodotti richiesti per lo più spariscono, grazie agli stretti rapporti
quotidiani che un global supplier permette.
Lavorare con dei global supplier, in breve, significa ragionare con un’unica testa e
come un’unica entità e questo ha fatto la fortuna dell’azienda texana e dei suoi partner.
2.6. IL VIRTUAL INTEGRATION
Virtual Integration significa gestire un business in comune con un partner che l’azienda
considera come un estensione di se stessa e quindi come se fosse parte del proprio
business e della propria strategia.
Questo è ciò che ha sempre contraddistinto Dell dai suoi competitor, il cercare di
rendere ogni singola partnership e ogni singola collaborazione unica.
Nel fare ciò l’azienda ha implementato una serie di misure affinchè riuscisse ad attuare
rapporti duraturi e soprattutto leali.
Inizialmente il modello diretto permise a Dell di stringere dei rapporti che altrimenti
non avrebbe potuto avere, sia con i clienti finali che con i fornitori.
Rapporti che nessun altro poteva vantare, rapporti duraturi e caratterizzati da un’elevata
dose di lealtà e fedeltà.
I fornitori con i quali l’azienda texana cooperava, erano praticamente un ampliamento
dell’azienda stessa, un segmento aggiuntivo e venivano trattati come tali.
I fornitori erano dei partner che lavoravano insieme a Dell, spesso affidando dei loro
ingegneri all’azienda statunitense in modo tale da sviluppare insieme prodotti e progetti.
La regola principale di Dell è sempre stata quella di avere il minor numero possibile di
fornitori e partner con i quali implementare relazioni che durassero fino a che essi non
avessero mantenuto la leadership nel loro settore, era un modo per premiare i pochi
partner con i quali si aveva un rapporto, cercando di farli sentire unici e importanti.
73
La capacità di stringere simili rapporti con i fornitori non è una casualità, ma il risultato
di una strategia precisa ed attenta, infatti, Dell ha implementato diverse misure con il
fine di ottenere rapporti più duraturi e leali, tra cui45:
• La richiesta ai fornitori di costruire i propri siti produttivi in zone limitrofe alle
fabbriche Dell
• Lo sviluppo da parte dell’azienda statunitense del programma di certificazione che
è unico tra tutti i produttori di PC. Scott Perry, direttore senior delle vendite di
Maxtor Corporation, produttore di dischi rigidi per computer, ha dichiarato che il
processo di certificazione Dell è estremamente utile e preciso, un programma che
insegna agli ingegneri della Maxtor la lingua, i processi e le metriche utilizzate
dall’azienda texana. Il processo di certificazione per i fornitori, non è altro che la
programmazione di corsi di qualche giorno, in cui gli ingegneri delle imprese
partner hanno la possibilità di sviluppare la visione aziendale e conoscere gli
strumenti a loro disposizione. Tali conoscenze sono assolutamente fondamentali,
in quanto, sempre a detta di Scott Perry, Dell pretende che gli ingegneri della
Maxtor supervisionino sia i processi della loro azienda che quelli di Dell, ma nel
modo e con gli strumenti che l’azienda texana mette loro a disposizione.
Nella sede Dell di Montpellier, ogni due mesi circa, l’azienda organizzava degli
incontri di due tre giorni con i propri partner italiani, con lo scopo di fornire loro
una formazione che li integrasse nella strategia dell’azienda texana. Dell
organizzava eventi, corsi e meeting inerenti le novità e i cambiamenti, in cui
spiegava e rendeva partecipi della strategia i partner presenti. Spesso questi eventi
diventavano momenti di svago, in cui si aveva la possibilità di conoscere le
persone con cui si lavorava quotidianamente al telefono e in cui ci si poteva
conoscere anche al di fuori dell’ambito lavorativo, rafforzando così i rapporti che
già si erano instaurati in precedenza.
• Dell è solita inviare saltuariamente i propri ingegneri presso le aziende partner, al
fine di monitorare i loro progressi, aiutarli nella comprensione dei processi e nel
migliorare la qualità degli stessi e dei prodotti da loro forniti. Gli ingegneri
45 Jeffrey H. Dyer and Nile W. Hatch (2004), “Using Supplier Networks To Learn Faster”, MIT Sloan Management Review,
Massachusetts
74
conducono delle analisi e se qualcosa non dovesse andare nel migliore dei modi,
mettono a disposizione delle funzioni aziendali dei partner tutta la loro
competenza al fine di risolvere il problema sul nascere.
• Dell ha lavorato duramente implementando le sue stesse operations interne per
facilitare la condivisione di informazioni e strumenti con i partner, in modo tale
che tutti possano essere perfettamente integrati e che i processi siano fluidi e
rapidi. A riguardo, Scott Perry dichiara che grazie agli strumenti messi a
disposizione dei partner/fornitori, i componenti difettosi vengono inviati da Dell
alla Maxtor nel giro di 25/30 giorni, contro una media del settore di 90/100
giorni.
• Dell, solitamente, coordina e gestisce la condivisione di informazioni con i propri
fornitori e partner principali, attraverso meeting, anche telefonici, settimanali e
attraverso report finanziari trimestrali.
• Dell è stata una delle prime aziende produttrici di PC a creare un portale web per
propri partner che ha reso la collaborazione ancora più limpida e trasparente.
Attraverso l’utilizzo di tale portale, chiamato Premier Page, i partner hanno
accesso ai sistemi Dell e alle informazioni riguardanti i prodotti, le specifiche
tecniche, i costi e l’architettura del prodotto.
Nei casi in cui la tecnologia in questione sia abbastanza stabile, l’azienda si aspetta che
la relazione duri moltissimi anni, mentre nel caso in cui la tecnologia sia più volatile,
l’azienda è consapevole del fatto che la partnership sarà diversa, meno duratura e meno
stretta.
Simili rapporti sono stati resi ancora più semplici a partire dalla fine degli anni 90, anni
in cui internet ha conquistato il mercato, permettendo uno scambio di informazioni
continuo e a velocità disarmante.
Il virtual integration comprende anche il rapporto che Dell ha con i propri clienti, non
solo con i fornitori.
Il modello di vendita diretto ha sempre dato la possibilità all’azienda di ottenere
informazioni specifiche e direttamente dai propri clienti, permettendole di poter
75
instaurare alleanze quasi amichevoli con gli stessi46.
Un esempio è dato dal rapporto stabilito con l’azienda Boeing, che nel 2000 comprò
circa 100000 computer marchiati Dell.
Vista la dimensione dell’accordo Dell trasferì trenta suoi tecnici in Boeing facendoli
lavorare a stretto contatto con l’azienda cliente, affinchè essa rimanesse soddisfatta non
solo dei prodotti offerti e proposti dall’azienda texana, ma anche dai suoi servizi e dalla
sua serietà.
Il modo in cui lavoravano i tecnici faceva capire che erano perfettamente integrati in
Boeing e anche se rimanevano nel libro paga dell’azienda statunitense, per quel
particolare periodo fungevano da dipendenti Boeing a tutti gli effetti.
Dell non è la tipica azienda con la filosofia “ecco a lei i suoi computer, ci sentiamo per
il prossimo ordine”, alcuni clienti e talune opportunità sono grandi abbastanza da
giustificare un team on-site e un trattamento particolare.
Possiamo sintetizzare lo sviluppo delle relazioni e delle partnership che Dell ha avuto e
ha con i propri fornitori e clienti tramite l’utilizzo dello schema sotto. [Grafico 20]
46 Magretta J. (1998), “The Power of Virtual Integration: an interview with Dell Computer’s Michael Dell”, Harvard Business
Review, Cambridge
76
Grafico 20, Three models in the computer’s industry, FONTE: www.forbes.com, New York
Concludo questo paragrafo con una citazione del COO di Dell, Kevin B. Rollins:
“Il nostro business model è basato sulle relazioni dirette, non solo con i nostri clienti,
ma anche con i nostri fornitori e partner. Strette relazioni con essi, influenzano tutto, a
partire dal sistema di pianificazione e di previsione fino ad arrivare al miglioramento
della qualità, del prezzo, delle scorte e dei prodotti stessi. Noi siamo alla continua
ricerca di modi per far si che i nostri fornitori e i nostri partners si integrino al meglio
al nostro modello di business.”
-Kevin B. Rollins, COO Dell Inc.-
77
2.7. LA CONDIVISIONE DEL BUSINESS CON I PROPRI PARTNERS
Nell’insegnare ai partner il proprio business, Dell scoprì che uno dei problemi maggiori
era quello di farli adattare ai loro ritmi, alla loro velocità.
Quando l’azienda capì quanto importante sarebbe stato ridurre le rimanenze per
applicare al meglio il proprio modello di business diretto, una delle prime cose che
dovette fare fu quella di convincere i propri fornitori a smettere di pensare a quanto
magazzino gli avrebbero permesso di svuotare, ma di iniziare a pensare al tempo che i
loro componenti avrebbero impiegato a muoversi dalla linea di produzione, attraverso il
magazzino Dell, per poi finire nelle case degli utenti finali.
Quello che Dell voleva far capire ai propri partner era di passare dal “quanto” al
“quanto veloce”.
La maggior parte dei fornitori erano abituati ad utilizzare la classica strategia basata
sulla consegna di molti prodotti ad una grossa fabbrica, che li avrebbe mantenuti in
giacenza per qualche tempo più o meno lungo.
Questo permetteva ad entrambi di guadagnarci in economie di scala, ma allo stesso
tempo faceva perdere valore ai componenti, che spesso rimanevano in magazzino per
lunghi periodi fino ad essere svenduti pur di liberarsene.
Ciò che Dell richiedeva ai fornitori era esattamente il contrario di ciò che erano abituati
a fare con gli altri vendors, ovvero, consegnare i componenti richiesti dall’azienda nella
quantità pretesa e soprattutto ad intervalli molto più ravvicinati, spesso la richiesta era
ed è tutt’ora giornaliera.
“Look, here is what our customers are saying they want and need from us. We’ve
figured out a way to meet those needs, but we need your help. Don’t send us stuff the
way you have in the past. Instead, ship us inventory every day or every hour, just when
we need it. We’ll buy from you faster. And if you can do that we’ll buy a whole lot
more.”
-Michael Dell, CEO e Fondatore Dell Inc., Direct From Dell, 2007-
I benefici di questo modello erano che la domanda dell’azienda sarebbe stata sempre
abbastanza costante e consistente, i fornitori avrebbero avuto una domanda più stabile e
78
non sarebbero mai stati obbligati a chiudere le loro fabbriche per mesi a causa di troppe
scorte.
Essi dovevano capire che tale modello avrebbe portato enormi benefici ad entrambi gli
attori.
Per ottenere ottimi risultati utilizzando tale strategia, assolutamente cruciale fu
l’informazione e come l’informazione perveniva al partner.
Internet ebbe un ruolo dominante e le recenti scoperte tecnologiche nel campo dello
scambio di informazioni, permisero l’applicazione di tale modello in un modo più
fluido e semplice.
Dell condivideva, in tempo reale, tutto con i propri fornitori, previsioni, risultati,
richieste, scorte, magazzino, giacenze, dati qualitativi, progetti, feedback e tutto questo
per cercare di ridurre sempre di più il tempo di stazionamento che avevano i
componenti/prodotti nelle fabbriche e dei suppliers e di Dell stessa; l’obiettivo era
quello di ridurre il tempo che passava da quando il prodotto era terminato a quando esso
entrava nelle case del consumatore.
Per fare questo Dell creò dei web-based links per ogni fornitore, grazie ai quali lo
scambio di informazioni risultò più semplice e rapido.
Dell, per determinati prodotti, non aveva nemmeno magazzino.
Un esempio è rappresentato dall’ottimo rapporto con Sony, che produceva per loro i
monitors ai quali poi sarebbe stato applicato il marchio Dell.47
Lavorarono duramente insieme per ottenere un massimo di mille resi ogni milione di
monitors.
Ottenuto tale risultato, Dell decise di non controllare nemmeno più i prodotti Sony,
talmente era la fiducia; farsi spedire i prodotti, aprirli per controllare che tutto fosse
perfetto, testarli e poi spedirli ai clienti, sarebbe stato solo un costo aggiuntivo e un
processo che avrebbe rischiato di danneggiare i prodotti stessi.
Per questo motivo Dell chiese alla Sony di ridurre il tempo e la frequenza di consegna
della merce.
Decise di dire a Sony: “noi quest’anno compreremo tre milioni di monitor, perché non
ce li consegnate tutti i giorni in base alla quantità di cui necessitiamo?”
Essendo abituati a gestire e consegnare una quantità elevatissima di prodotti,
47 Dell M., Fredman C., (2006), “Direct From Dell, Strategies That Revolutionized an Industry”, National Bestseller
79
inizialmente Sony era un po’ confusa, non capiva esattamente quali potessero essere i
reali benefici, pensavano che Dell avrebbe ordinato meno prodotti, quindi erano
assolutamente scettici riguardo la proposta.
Poi capirono grazie a questo emtodo Dell avrebbe ordinato molti più monitors perchè
avrebbe avuto la possibilità di consegnarli ai clienti con una velocità molto maggiore e
permettendole di pianificare e gestire molti più ordini.
Il passaggio successivo è stato quello di contattare UPS, azienda di trasporti, e
convincerli a ritirare quotidianamente presso le fabbriche Dell di Austin 10000
computer e allo stesso tempo ritirare il corrispondente numero di monitor presso le
fabbriche Sony in Messico.
Poi, durante la notte, i tecnici UPS avrebbero fatto in modo che ad ogni computer
corrispondesse un monitor e il mattino seguente le scatole sarebbero state pronte per
essere consegnate dai corrieri direttamente ai clienti che li avevano richiesti. [Grafico
21]
Grafico 21: Partnership Dell-Sony, FONTE: Elaborazione personale
UPS
END USER
DELL SONY
80
Una volta che Sony comprese i reali benefici di tale metodo, tutto fu più semplice sia
per Dell che per il fornitore.
Ovviamente questa strategia che all’apparenza sembra semplice, è in realtà
estremamente complicata e richiede un grado di integrazione tra i due attori
assolutamente elevato, uno scambio di informazioni continuo e un livello di
pianificazione molto accurato.
2.8. LA PARTNERSHIP CON EMC
Nel 2001, due tra le aziende leader nel proprio settore, decisero di creare un’alleanza
storica.
Un’alleanza durata dieci anni, a cui Dell ha deciso di porre fine nell’ottobre del 2011 a
causa dei massicci investimenti messi in atto dall’azienda statunitense per acquisire
aziende produttrici di storage e per creare al proprio interno le competenze necessarie
alla produzione di dette soluzioni.
In questi dieci anni di partnership, Dell non solo ha venduto sistemi storage con il nome
di EMC, ma ha proposto anche una miriade di prodotti assemblati da EMC e venduti
dall’azienda texana con il proprio marchio.
Quando Dell e EMC decisero di collaborare, erano in ordine l’azienda di computer più
conosciuta a livello mondiale e la maggiore realtà nel mercato degli storage.
Durante la partnership, Dell contribuì per circa il 10% annuo al fatturato di EMC,
viceversa EMC contribuì per circa il 50% del fatturato storage dell’azienda texana48.
Insieme, le due aziende, hanno implementato più di 80.000 soluzioni in 10 anni.49
Fondamentalmente questo rapporto decennale ha funzionato perché EMC produceva ed
offriva le sue soluzioni hardware e software a Dell, permettendole poi di rivendere il
tutto applicandoci il proprio brand, che era più conosciuto e che quindi riscuoteva più
successo.
Spesso accadeva che entrambe le aziende offrissero gli stessi prodotti a prezzi
leggermente differenti, questo creava non poca confusione nella testa dei consumatori,
finendo con il creare frizioni tra i reparti commerciali delle due società.
48 Wexler S. (2011), “Dell And EMC Exit Partnership Stronger Than Ever”, http://www.networkcomputing.com/ 49 2008, “Tra Emc e Dell una Partnership che Durerà fino al 2013, Dell Rinnova l’alleanza per altri Cinque Anni”, www.itespresso.it
81
Accadeva che venditori di Dell e venditori di EMC, gareggiassero per la stessa gara
pubblica o per lo stesso cliente, offrendo gli stessi prodotti, cercando di abbassare il
prezzo per prevalere sulla soluzione proposta dall’altro, abbassando così i relativi
margini aziendali.
Inevitabilmente questo ha creato dei contrasti tra le due aziende, tant’è vero che nel
2008 venne firmato un nuovo accordo che avrebbe prolungato il rapporto per cinque
ulteriori anni, facendolo terminare nel 2013, ma a causa di detti problemi, Dell decise di
recedere dai suoi obblighi contrattuali nell’ottobre 201150.
Come anticipato, Dell negli ultimi quattro o cinque anni, ha investito all’incirca due
miliardi di dollari al fine di incrementare le sue conoscenze interne e di acquisire società
esterne con elevate competenze in ambito storage.
Parte di tali investimenti servirono ad acquisire società nel campo del systems
management, del cloud computing e del software, del calibro di: EqualLogic, Exanet,
Boomi, Insite one, Scalent e Ocarina.
Nel 2011, l’azienda texana, acquisì per 1.15 miliardi di dollari la 3Par Storage and
Visrtualisation Systems, che mise le due aziende, precedentemente alleate, in diretta
competizione nel mercato compellent.
Lo stesso anno annunciò ulteriori investimenti per 1 miliardo di dollari per migliorare le
soluzioni Dell in tutto il mondo e per aprire un centro di ricerca e sviluppo in Israele e
negli Stati Uniti.
Dell era pronta ad agire da sola dopo dieci anni di profiqua alleanza con uno dei
maggiori attori nel settore delle soluzioni storage.
2.9. MAGAZZINO E SCORTE
Avere scorte a magazzino, è stata una forma di sicurezza che le grosse aziende hanno
adottato per rispondere ad eventuali fluttuazioni della domanda, a problematiche legate
alla fornitura e a problematiche generali che ogni azienda durante la sua vita incontra.
Dell decise di andare contro corrente e di lavorare senza scorte a magazzino, questa per
l’azienda non fu solo un’opportunità, ma un imperativo finanziario che l’ha
contraddistinta dal giorno in cui è stata fondata ad oggi.
50 Preimesberg C. (2011), “Dell, EMC End Storage Reseller Partnership Two Years Early”, http://www.eweek.com/
82
“The longer you keep it the faster it deteriorates -- you can literally see the stuff rot.
Because of their short product lifecycles, computer components depreciate anywhere
from a half to a full point a week. Cutting inventory is not just a nice thing to do. It's a
financial imperative."
-Kevin Rollins, Dell’s CEO, Fast Company’s interview, Nov 2004-
Tenendo conto che i componenti in questo settore si deprezzano di circa l’1% la
settimana, significa che ogni sette giorni un computer perde in media l’1% del proprio
valore, la decisione di non avere magazzino rende l’idea del vantaggio competitivo che
Dell ha ottenuto e ottiene tutt’ora.
Studiando un po’ di dati sul inventory turn, che è il costo delle merci a conto economico
diviso per il valore delle rimanenze, i prodotti Dell nel 1992 perdevano all’incirca il
10% del proprio valore, solo per il fatto che rimanevano in giacenza in magazzino 10
settimane prima di essere venduti, nel 2001 Dell limitò il deprezzamento a meno
dell’1% e ad oggi questo deprezzamento è stabile sugli stessi valori che vanno dall’1 al
2%.[Tabella 3]
Tabella 3: Dell’s inventory turnover data, FONTE: Charles Atkinson, Inventory Management Review (Rielaborazione personale)
Andando a studiare i dati proposti dalla stessa Dell, si potrà notare come l’azienda abbia
puntato fin dall’inizio all’eliminazione delle scorte a magazzino per evitare costi
aggiuntivi su dei prodotti, che come detto, si deprezzavano ad una velocità
YEAR
INVENTORY
TURNOVER
WEEK’S INVENTORY
1992 4.79 10.856
1993 5.16 10.078
1994 9.4 5.532
1995 9.8 5.306
1996 24.2 2.149
1997 41.7 1.247
1998 52.40 0.992
1999 52.40 0.992
2000 51.40 1.012
2001 63.50 0.819
83
disarmante.[Grafico 22]
Grafico 22: Percentage of consolidated Net Sales and Gross profit margin, FONTE: Dell annual report, www.dell.com
Come spiegato dall’azienda stessa nel suo report annuale, il profitto lordo pari al 15.1%
nel gennaio del 1994, fu in larga parte influenzato negativamente dai 70.3 milioni di $
di svalutazione del magazzino e dei costi connessi ad esso; esclusi questi costi, il
profitto lordo sarebbe potuto essere del 17.5%.
Come si può vedere dalla tabella, nel 1995 il profitto lordo crebbe di nuovo fino ad
arrivare al 21.2% e questo in larga parte grazie al fatto che Dell riuscì a limitare il
tempo di giacenza dei suoi prodotti in magazzino ad una media di trentadue giorni,
mentre nel 1993/1994 si aveva una media di 35 giorni.
Nel 1996, questo dato scese ancora fino a toccare quota trentuno giorni.
Ma fu nei due anni successivi che Dell riuscì ad ottenere i risultati migliori, infatti, nel
1997 l’azienda ebbe una giacenza media per prodotto pari a tredici giorni, mentre nel
1998 riuscì ad abbassare il magazzino a sette giorni per prodotto. [Grafico 23]
Grafico 23: days supply in inventory 1996-1998, FONTE: Dell anual report, www.dell.com
Negli anni successivi tale dato continuò a diminuire grazie al fatto che l’azienda
cominciò a produrre solo ed esclusivamente ciò che gli veniva ordinato dai clienti.
84
Questa mentalità e questa strategia permise all’azienda di continuare a diminuire i
giorni medi di giacenza dei propri prodotti a magazzino fino ad ottenere il risultato
record di tre giorni nel 2004, per poi stabilizzarsi ad una media di quattro giorni a
prodotto nel 2005/2006.
Ad oggi l’inventory day medio si è stabilizzato sempre sui tre giorni a prodotto.
[Grafico 24]
Grafico 24: days of supply in inventory 2002-2006, FONTE: Dell annual report, www.dell.com
Il raggiungimento di un simile risultato ha permesso all’azienda di ridurre i tempi di
consegna delle macchine, di ridurre i costi di mantenimento e di ottenere un rapporto
diretto ed immediato con i fornitori che, visti i tempi sempre più brevi di consegna delle
macchine, dovevano essere sempre più efficaci ed efficienti nell’innovazione e nella
consegna.
Questa strategia, se da un lato permetteva a Dell di ridurre drasticamente i costi,
dall’altro esponeva l’azienda a dei grossi problemi nel caso di mancato
approvvigionamento di parti e componenti presso le loro fabbriche.
Prendiamo il caso in cui, per problemi di trasporto, le parti ordinate dall’azienda non
fossero arrivate in tempo alle fabbriche, avendo Dell deciso di non tenere nulla a
magazzino, questo avrebbe significato un inevitabile ritardo nella produzione, che si
sarebbe trasformato in un ritardo nella consegna al cliente.
"When a labor problem or an earthquake or a SARS epidemic breaks out, we've got to
react quicker than anyone else, there's no other choice. We know these things are going
to happen; we must move fast to fix them. We just can't tolerate any kind of delay."
-Dick Hunter, Dell’s supply chain director-
Nel 2002 uno sciopero indetto dai sindacati vide il blocco totale di 29 porti della costa
occidentale che si estendevano da Los Angeles a Seattle e di centinaia di navi
contenenti merce di tutti i tipi.
85
Allo sciopero aderirono circa 10000 lavoratori, fu una catastrofe per moltissime
aziende.
Gli analisti pensavano che Dell ne avrebbe risentito in modo maggiore a causa del suo
just-in-time-manufacturing, il suo build-to-order e la decisione di non avere scorte a
magazzino.
La flessibilità e la velocità di risposta di Dell, permisero all’azienda di reagire, contro
ogni previsione, infatti, l’azienda, grazie allo stesso rapporto con i fornitori, era a
conoscenza di eventuali blocchi mesi prima e potè così organizzarsi di conseguenza.
In questo caso Dell rimase in costante contatto con i suoi fornitori in Cina, Malesia e
Taiwan, tenendoli sempre pronti a rispondere ad un eventuale sciopero e allo stesso
tempo inviò un team di 10 funzionari logistici presso diversi porti della costa
occidentale per monitorare la situazione.
Una volta avuta conferma dello sciopero, l’azienda noleggiò immediatamente 18 boeing
747 da UPS, Northwest Airlines, China Airlines e altre compagnie.
Un 747 poteva trasportare l’equivalente di 10 camion, ovvero, abbastanza parti per
produrre 10.000 PC.
Il costo di un aereo, vista l’emergenza assoluta, salì a 1.1 milioni di dollari, ma siccome
Dell si mosse in anticipo, bloccando gli aerei prima dell’ufficialità dello sciopero,
mantenne i costi intorno ai 500 mila dollari ad aereo.
Grazie a questa grande capacità di previsione e alla loro flessibilità, un aereo nel giro di
33 ore era in grado di fare andata e ritorno ed essere pronto nuovamente, permettendo
così all’azienda di non subire contraccolpi evidenti.
Dell, alla fine, fece ciò che, a detta tutti, sarebbe stato impossibile per un’azienda come
quella texana, sopravvisse ad un blackout di 10 giorni e riuscì a consegnare ogni singolo
ordine al cliente senza un minimo ritardo, dimostrando al mondo intero che si potevano
ottenere ottimi risultati anche senza avere scorte.
Dell, ad oggi, assembla intorno agli 80.000 computers ogni 24 ore, mantiene i propri
prodotti finiti non più di 2 ore nelle sue fabbriche e un massimo di 72 ore se viene
considerato l’intero processo di produzione.
"Speed is at the core of everything we do."
-Dick Hunter, Dell’s supply chain director-
86
Lo stesso Hunter, ritiene il magazzino una sorta di ignoranza aziendale, secondo lui, le
aziende creano magazzino a causa della loro scarsa capacità di previsione e di controllo
della loro supply chain.
"Most companies love a big order backlog; when the semiconductor industry has six
months' worth of orders, they're happy. If I've got more than three days' backlog,
Michael is calling me."
-Dick Hunter, Dell’s supply chain director-
Questa nuova strategia, implicò anche un nuovo modello finanziario.
Normalmente le aziende del settore, erano solite pagare i loro fornitori fino a trenta
giorni prima che il PC fosse disponibile sul mercato e venisse pagato dai consumatori,
ma Dell, con il suo build-to-order model, riceveva i pagamenti dai consumatori
immediatamente via carta di credito, addirittura prima che cominciasse a produrre il PC
ordinato dal cliente.
Riceveva l’ordine, veniva pagata, ordinava i componenti ai fornitori e nel giro di 4-5
giorni spediva la macchina al cliente.
Questo permetteva all’azienda texana di autofinanziarsi immediatamente, e di pagare i
fornitori dopo aver ricevuto il pagamento dall’end-user.51
"By collecting money for products from customers before it owes money to its suppliers,
Dell has made it so its suppliers finance the cost of Dell's operations,"
-Tom Mentzer, executive director of the integrated-value chain. University of tennesse-
Questo capitolo ha reso l’idea di come il direct model abbia influito al successo ottenuto
da Dell fino ai primi anni del 2000, di come avesse cambiato il modo di vedere e di
agire di molte aziende dell’epoca e di come per Dell il rapporto con gli altri attori della
catena, nel suo caso con clienti e fornitori, fosse il fine di ogni ragionamento.
Nel prossimo capitolo andremo a studiare la seconda parte della storia di Dell, segnata
dall’epocale cambiamento di strategia e dalle nuove tendenze del mercato.
51 Breen B. e Aneiro M., “Living in Dell Time”, Fast Company, http://www.fastcompany.com/
87
CAPITOLO 3: DELL E L’APERTURA AL CANALE INDIRETTO:
L’INIZIO DI DELL 2.0
3.1. IL CANALE INDIRETTO: INTEGRAZIONE CON
DISTRIBUTORI E PARTNER
Andrò adesso ad analizzare i motivi principali per la quale un’azienda conosciuta per il
suo modello di vendita diretto e per l’aver eliminato dal suo processo di vendita il
cosiddetto “middle man”, abbia negli ultimi anni deciso di avvalersi delle competenze e
dei punti vendita dei rivenditori e dei distributori.
In generale il modello di vendita indiretto comporta costi minori rispetto al modello
diretto, soprattutto ora in cui la dimensione degli affari tende ad essere sempre più
contenuta e breve, utilizzare il canale indiretto sembra sia diventato un prerequisito per
ottenere successo.
L’esperienza di molte realtà aziendali, dimostra che l’uso del canale indiretto di vendita
può essere un fattore critico al fine di espandere la copertura del proprio mercato.
Questo è particolarmente vero in mercati quale quello dell’IT, dell’elettronica e delle
comunicazioni.
Il canale indiretto di vendita ora conta per circa il 70% del mercato totale, mentre nel
2007 contava per il 66% e nel 1997 “solo” per il 53%.52 [Grafico 25]
Questa tendenza all’utilizzo del canale indiretto ha permesso alle imprese di segmentare
meglio i propri clienti e di espandersi in nuovi mercati, soprattutto verso quelli
emergenti, utilizzando le competenze e le esperienze uniche che sono i rivenditori e i
distributori possono avere di determinati mercati.
52 Neel D. (2007), “Positive Growth and New Market Perspective, Paint Health Outlook for Pervasive Technology Channel”, Accenture analysis, Accenture
88
Grafico 25: Percentuale mercato indiretto e diretto anno 2012, FONTE: Accenture (Rielaborazione propria)
Analizzando questi dati, si può comprendere che un’azienda che decide di usufruire solo
del canale diretto per vendere i propri prodotti, non potrà mai raggiungere risultati
eccellenti, in quanto il mercato diretto conta solo per il 30% delle vendite totali.
Al fine di ottenere i vantaggi che tale modello di vendita è in grado di garantire,
l’azienda deve assolutamente studiare bene con quali distributori o rivenditori stringere
la partnership, lavorarci a stretto contatto e cercare di implementare decisioni e progetti
insieme, avendo così una visione comune.
Una recente analisi condotta da Accenture nel 2009, indica i vantaggi di costo offerti dal
PERCENTUALE MERCATO 1997
DIRECT CHANNEL
INDIRECT CHANNEL
PERCENTUALE MERCATO 2007
DIRECT CHANNEL
INDIRECT CHANNEL
PERCENTUALE MERCATO 2012
DIRECT CHANNEL
INDIRECT CHANNEL
53% 47% 34% 66%
30%
70%
89
canale indiretto.53 [Grafico 26-27]
Grafico 26: Tradeoffs between deal size and volume for direct Grafico 27: Channel-specific IT distribution costs
and indirect channels, Accenture (2009) Accenture (2009)
Come possiamo notare dalle immagini, il canale indiretto assicura costi minori rispetto
al canale diretto: sul piano della distribuzione dei prodotti, a carico del rivenditore
stesso; nell’entrata in nuovi mercati, resa più semplice dal fatto che l’azienda può
usufruire della rete di clienti di cui il rivenditore dispone per approcciare il nuovo
mercato, senza aver costi aggiuntivi derivanti da attività di marketing e comunicazione;
migliori performance di vendita, grazie alle competenze del rivenditore scelto per
distribuire i propri prodotti; conoscenza della logistica e dei trasporti del paese.
Questi appena esposti sono anche i motivi principali per cui Dell nel 2007 decise di
cambiare la sua strategia, mantenendo sempre il modello diretto di vendita ma offrendo
anche un’alternativa ad esso, il canale indiretto.
La nuova strategia dell’azienda statunitense, è quindi quella di offrire ai propri clienti
entrambi i modelli, in modo tale da poter accontentare tutte le richieste dei clienti, anche
quelle di coloro che non vogliono comprare on-line o via telefono, ma che preferiscono
avere la possibilità di vedere e toccare il computer prima di acquistarlo.
53 (2008), “Cost of IT Distribution”, Global Technology Distribution Council, St. Petersburg
90
3.2. DELL: LA NUOVA STRATEGIA
Finora abbiamo approfondito in modo esauriente il tema connesso al modello che ha
reso Dell l’azienda più famosa al mondo e che l’ha portata ad essere leader nelle vendite
dei PC intorno agli anni 2000, ovvero il direct model.
Nel 2006 però, l’azienda texana, dopo aver vissuto una brusca crisi, dovuta in parte al
brutto periodo che stava vivendo il mercato dei PC, in parte dalla sua strategia datata
che non permetteva di presidiare i nuovi segmenti di clienti, soprattutto all’estero,
decise di evolvere il proprio sistema aprendo al canale di vendita indiretto.
3.3. INTRODUZIONE
Nel 2003 l’azienda texana ha cambiato il suo ormai vecchio nome Dell Computer
Corporation in Dell Inc., questo per seguire l’evoluzione aziendale che stava
intraprendendo percorsi diversi, passando dalla mera produzione di PC, all’offerta di
una larga varietà di prodotti tecnologici e servizi.
Nel 2005 il mercato software contava per circa il 15% del fatturato aziendale, il 9%,
invece, era composto dai servizi offerti dall’azienda ai propri clienti.54
“Cambiare il nome da Dell Computer Corporation a Dell Inc., rappresenta l’evoluzione
da un’azienda produttrice di hardware a fornitrice di una grande varietà di prodotti
tecnologici e servizi. Inoltre, il brand Dell è cresciuto e ora l’azienda viene
riconosciuta semplicemente come Dell. Il cambiamento del nome in Dell Inc., si
avvicina in modo più chiaro al nostro brand.”55
-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-
Nel luglio del 2004, Michael Dell annunciò che si sarebbe dimesso da CEO dell’azienda
e nominò come sostituto Kevin Rollins.
Rollins e Dell avevano lavorato a stretto contatto per molti anni, tanto che i loro uffici
erano separati solo da una parete di vetro.
54 “Dell computer to change name to Dell Inc.”, Europemedia, 2003 55 Spooner J. G. (2003), “Dell to Tweak Name to Fit New Identity”, CNET News
91
Nonostante la sua grande esperienza e la stima che Michael aveva nei suoi confronti,
Rollins, visse due anni e mezzo abbastanza difficili, in cui la crescita aziendale rallentò
e l’azienda mancò le stime degli analisti per due anni consecutivi.
Il supporto ai clienti proposto dall’azienda cominciò ad essere criticato, ma questo non
dipese da qualche strana decisione presa dallo stesso Rollins, quanto da una scelta fatta
nel 2001 di spostare i centri dedicati al supporto clienti in India.
Per questo venne deciso di riportare gli stessi centri negli Stati Uniti a fine 2004.
Dell nel 2005 ritirò dal commercio quattro milioni di laptops per problemi legati alla
batteria prodotta dalla Sony, ma non prima che la notizia raggiungesse giornali e
televisioni. Inevitabilmente fu per l’azienda un durissimo colpo.
Nel 2005 il governo investigò l’azienda per le sue pratiche finanziarie, rea secondo loro
di aver modificato il bilancio per raggiungere i target finanziari.56
Come se non bastasse, un errore di pricing contribuì ad aumentare i guai per l’azienda
texana: Dell tagliò i prezzi di alcuni PC al fine di guadagnare quote di mercato, ma la
richiesta e quindi il volume dei PC prodotti cambiò di poco.
Le critiche cominciarono ad arrivare da ogni parte, “Dell offre prodotti noiosi”, “le
iniziative di marketing sono troppo basiche”, “Il servizio offerto dall’azienda è di bassa
qualità”, queste alcune di quelle ricorrenti.
Numerose ricerche svolte dall’azienda stessa, invece, stabilirono che il problema stava
nella scarsa capacità di leadership del proprio management e quindi nell’incapacità di
gestire un’azienda leader del proprio settore.57
L’azienda cominciava ad avere dei problemi, i ricavi netti continuavano a crescere ad
un tasso di crescita minimo e decisamente inferiore di anno in anno.
Come possiamo evincere dal grafico 27 qui sotto riportato, nel gennaio 2004 l’azienda
ottenne ricavi netti per circa 41 miliardi di dollari, ottenendo un più 17% year on year.
Nel gennaio 2005, dopo i primi sei mesi di operato come CEO di Rollins raggiunse un
più 18% toccando i 49 miliardi di dollari, mentre nel 2006 la crescita cominciò a
rallentare, Dell ottenne circa il 13% in più di ricavi rispetto all’anno precedente e nel
febbraio 2007, dopo appena due anni e mezzo dalle dimissioni di Michael Dell,
l’azienda ottenne ricavi netti per 57 miliardi di dollari contro i circa 56 dello stesso
56 Lipton J. (2007), “Dell’s Investigation Comes To a Close”, Forbes, New York 57 Corcoran E. (2007), “A Bad Spell for Dell”, Forbes, New York
92
periodo dell’anno prima, con una crescita di appena l’1.8%.
Il margine lordo nel febbraio del 2007 mostrò addirittura una perdita di circa l’1.5%
rispetto all’anno precedente, così come il reddito operativo e il reddito netto, tutti e tre
in calo da due anni, ovvero già dal 200658.
Grafico 28: Financial reporting Dell, FONTE: www.dell.com
Qualcosa stava accadendo, Dell non era più l’azienda che aveva dimostrato di essere
fino ai primi anni del 2000.
Un altro indicatore del brutto periodo che stava avendo era dato dall’andamento
dell’azienda texana in borsa, il grafico sotto mostra il calo subito dalle sue azioni dal
2005, in cui valevano circa 160 dollari l’una, al 2007, in cui sfiorarono quota 80 dollari
l’una.
58 FORM 10-‐K, Dell Inc., ottobre 2007, Annual Report
93
Grafico 29: Andamento Dell in borsa, FONTE: www.dell.com
Come conseguenza, Dell, fino al 2006 azienda numero uno al mondo, perse quote di
mercato a favore di Hewlett Packard, passando nel 2007 al secondo posto, con il 14.3%
del mercato contro il 15.9% detenuto nel 2006 e il 16.8% nel 2005. [Grafico 30]
Grafico 30: Global PC market share, FONTE: www.computerworld.com
L’azienda di Austin stava dilapidando quanto di buono aveva fatto nei suoi primi
vent’anni di vita, necessitava un cambiamento immediato.
94
3.4. IL RITORNO DI MICHAEL DELL AL TIMONE E IL CAMBIO DI
VISIONE: L’INIZIO DI DELL 2.0
Nel gennaio 2007, un po’ come successe per Apple con il ritorno di Steve Jobs nel
1997, Dell Inc. richiamò come CEO dell’azienda il dimissionario Michael Dell,
fondatore dell’azienda.
Queste le parole di Samuel A. Nunn59:
“La dirigenza crede che la leadership e la visione di Michael siano essenziali per
primeggiare in un mercato difficile come quello dei PC. Non c’è persona migliore al
mondo che potrebbe gestire la difficile situazione che sta vivendo l’azienda in questo
momento, se non colui che ha fondato la Dell stessa 23 anni fa.”
-Samuel A. Nunn, presiding director od Dell’s board-
Il reintegro del fondatore è avvenuto, a detta di molti analisti, in un momento cruciale
per l’azienda texana in cui ogni singola decisione avrebbe potuto risollevarla o
affondarla definitivamente.
Michael Dell, però, fin dalla sua presentazione nel gennaio 2007, dimostrò grande
flessibilità mentale e lungimiranza:
“Il piano di Dell è quello di fare dell’IT accessibile a millioni di clienti nel mondo. Noi
facciamo questo semplificando l’IT e innovando passando dall’hardware alle soluzioni.
Il Direct Model e stato una fantastica rivoluzione, ma non è una religione. Noi
continueremo a implementare e migliorare il nostro business model, e andremo anche
oltre, se ciò servirà a soddisfare le esigenze dei nostri clienti.”
-Michael Dell, CEO Dell Inc., 2007-
Nel maggio del 2007 Michael Dell decise di aprire al canale di vendita indiretto e di
collaborare con alcuni rivenditori e distributori.
Il primo con la quale decise di cooperare fu Wal-Mart e per pubblicizzare l’alleanza,
59 Mingis K. (2007), “Michael Dell returns as CEO at namesake company; Rollins out ,Dell has lost market share in recent quarters
to HP”, www.computerworld.com
95
Dell, dichiarò che avrebbe venduto i PC presso Wal-Mart a meno di 700 dollari l’uno,
mantenendo il prezzo dei PC quasi invariato nonostante il passaggio obbligato presso i
rivenditori.
Più avanti Dell strinse accordi anche con Best Buy and Stamples negli Stati Uniti,
Gome in China, Carrefour in Europa e Bic Camera in Giappone.
Chiaramente l’offerta Dell negli store dei distributori non fu più personalizzabile come
permetteva invece l’ordinazione on-line, inoltre la direzione aziendale decise di
commercializzare attraverso i distributori solo alcuni modelli attentamente selezionati60.
Abituata fin dalla sua nascita ad avere rapporti solo con i fornitori, come in precedenza
ho spiegato, in questi ultimi anni ha dovuto adattare la propria strategia anche ai
rivenditori per poter presidiare quella fetta di mercato che prima non interessava, i
segmenti small e midsize, composti da coloro che preferiscono comprare i PC
direttamente al negozio potendoli toccare e vedere.
Michael Dell disse a riguardo61:
“Sicuramente la fuori ci sono clienti che non vogliono comprare attraverso il modello
diretto, bene, ora avranno la possibilità di avere prodotti Dell comprandoli nei negozi.”
-Michael Dell, CEO e fondatore Dell Inc.”
Il cambiamento di strategia ha investito un pò tutta l’azienda, compreso il tanto criticato
marketing, che fu rivoluzionato dal rientrante Michael.
Spinta dalle critiche mosse da consumatori ed esperti del settore riguardanti i suoi
prodotti apparentemente noiosi, Dell si concentrò nel mostrare il lato divertente dell’uso
dei computer, come ad esempio i videogames.
Un esempio è dato dalla pubblicità congiunta del proprio notebook “Alienware”, che fu
pensato proprio per l’utilizzo di videogame, con il videogioco “Halo”.
Cambiarono in parte anche i computer e il design, resi più colorati e sinuosi, al fine di
ottenere consensi presso i piccoli compratori.
Modificarono lo slogan, passando dal vecchio “purely yours” al più moderno “Yours is
here”, e per la prima volta iniziarono a comprare spazi pubblicitari in testate
60 Lawton C. and Vranica S. (2007), “Dell Pushes Reset Button on its Image”, Wall Street Journal, New York 61 Peers M. (2009), “Dell Chooses Well, but Bargains Less So”, Wall street journal, New York
96
giornalistiche attente al lifestyle come GQ, Popular Science o Oprah, puntando ad una
comunicazione che investisse i piccoli compratori62.
Importante è ricordare come Dell sia entrata nel mercato indiretto con i piedi di piombo,
una prova ne è la strenua trattativa, durata 4 mesi, che ha visto Dell e Best Buy come
protagoniste.
Dell alla fine decise che avrebbe venduto negli oltre 900 stores di Best Buy solamente i
suoi computer top di gamma, come gli Inspiron e gli Xps, mentre avrebbe continuato a
vendere direttamente i PC meno costosi e le stampanti, ovvero quei prodotti che già
avevano riscosso grande successo tra i consumatori.
Questo perché Dell era terrorizzata dal fatto di poter perdere i suoi clienti più
profittevoli, ovvero quelli fedeli al direct model, che vista la possibile tendenza
aziendale a vendere tutto via distribuzione, si sarebbero potuti stancare facendo perdere
all’azienda tutti i benefici e i vantaggi accumulati in tutti quegli anni.63
L’azienda texana decise di subentrare nel mercato indiretto gradualmente, e lo fece
stando particolarmente attenta alla scelta di quali distributori utilizzare e di quali
prodotti vendere indirettamente.
“Ci sono moltissimi rivenditori che ci chiamavano e ci dicevano: “please sell through
us”, ma noi cerchiamo alleanze e relazioni particolari con attori leader nel proprio
settore. Non vogliamo essere presenti ovunque.”
-Michael Dell, CEO e fondatore Dell Inc.-
Dell entrò in circa 10.000 stores in 6 mesi, mentre HP era presente in 110.000
distributori, inoltre, il segmento indiretto inizialmente contribuì al fatturato aziendale di
Dell per circa il 5%, mentre per HP il contributo era del 40/45%.64 [Grafico 31]
Questi numeri dimostrano come Dell inizialmente avesse deciso di non stravolgere
totalmente la propria strategia nonostante i bilanci degli ultimi anni facessero pensare al
contrario, aveva capito stesse passando un periodo particolarmente delicato e aveva
compreso che un cambio graduale sarebbe stata la cosa meno dolora per dipendenti e
consumatori, che altrimenti si sarebbero sentiti traditi e confusi.
62 Lawton C. and Vranica S. (2007), “Dell Pushes Reset Button on its Image”, Wall Street Journal, New York 63 Lawton C. (2008), “Dell Treads Carefully Into Selling PCs in Stores”, Wall street journal, New York 64 Sacconaghi T., Bernstein S. C. (2008), “Dell to Sell Indirect”, Harvard Business Review, Boston
97
Grafico 31: Presenza negli stores di Dell, FONTE: Interna Dell, Elaborazione propria
Concludo tale paragrafo estrapolando una parte del testo concernetne il “finanancial
reporting” dell’anno 2007:
“Noi offriamo ai nostri clienti una scelta. Essi possono acquistare i nostri prodotti
telefonicamente chiamando i nostri operatori, o tramite il nostro sito dell.com, in cui
possono configurare, rivedere, vedere il costo di ogni singolo componente facente parte
la macchina scelta e controllare lo stato dell’ordine e della consegna del prodotto.
Recentemente abbiamo pianificato delle alleanze con distributori e rivenditori, i quali
avranno la possibilità di vendere prodotti marchiati Dell nei loro negozi, questo per
raggiugere e accontentare le richieste dei piccoli-medi clienti, i quali preferiscono
vedere i prodotti prima dell’acquisto.”65
-Michael Dell, Fondatore e CEO Dell Inc.-
Come più avanti si può evincere continuando nella lettura del rapporto annuale, il
principale obiettivo aziendale rimane sempre il modello di vendita diretto, ma l’utilizzo
dei distributori viene visto come un’opportunità per allargare il proprio mercato e
raggiungere nuovi clienti, sfruttando, sia negli Stati Uniti che in tutto il resto del mondo,
65FORM 10-‐K, Del Inc., ottobre 2007, Annual Report
PRESENZA NEGLI STORES 2008
DELL
HP
110.000
11.000
98
la stretta rete di clienti e di relazioni che ogni singolo partner di Dell ha instaurato nel
corso degli anni, rendendo così l’entrata dell’azienda texana in nuovi segmenti di
mercato più leggera e semplice66.
L’utilizzo del canale indiretto, permette a Dell, di sfruttare oltre che le conoscenze del
mercato dei partners, anche le loro conoscenze del canale logistico e di quello dei
trasporti, fondamentale quando si decide di espandersi in paesi esteri di cui non si
conosce quasi nulla.
Dell 2.0 cominciava a prendere piede.
3.4.1. IL RITORNO ALLA CRESCITA
Grafico 32: Fiscal year 2007/2008, dati in milioni di dollari. FONTE: www.dell.com
Come si può percepire dal grafico sopra, con il ritorno di Michael Dell come CEO
l’azienda ritornò ai suoi standard di crescita.
Nel 2008 Dell raggiunse un profitto netto di 61 miliardi di dollari contro i 57 dello
stesso periodo del 2007, ottenendo un incremento del 6% year on year.
Il margine lordo ricominciò a crescere ad intervalli positivi, ottenendo un +23% rispetto
all’anno precedente.
Dai grafici sotto si può vedere come il 2008 sia stato l’anno della ripresa, l’anno in cui
dopo la tempesta che aveva colpito l’azienda nell’intervallo tra il 2005 e il 2007, Dell
riuscì ad ottenere di nuovo una crescita a segno positivo.
Il profitto per area geografica, come si può evincere da grafici sotto, dimostra che la
scelta di affidarsi ai distributori fu azzeccata; come detto in precedenza, infatti, ha
permesso a Dell di sfruttare i legami e le conoscenze in possesso dei distributori
66FORM 10-K, Dell Inc., ottobre 2007, Annual Report
99
riguardanti il territorio, la logistica, i clienti e soprattutto il mercato locale.
Questo ha permesso all’azienda statunitense di crescere anche nei mercati stranieri,
ottenendo nel 2008 quasi un +16% year on year nella regione EMEA (Europa) e un +
9% nelle regioni asiatiche.
Grafico 33: Profitto globale, FONTE: www.dell.com Grafico 34: Profitto per area geografica, FONTE: www.dell.com
La decisione di vendere tramite il canale indiretto, seppur gradualmente, stava dando i
suoi frutti, Dell stava cominciando una seconda vita.
3.5. UNA NUOVA GESTIONE STRATEGICA DEL SUPPLY CHAIN
MANAGEMENT
Si è detto come il direct model continui a rimanere il cavallo di battaglia aziendale, ma
come “non essendo una religione ma un semplice business model”, non vada seguito
senza apportare modifiche.
Soprattutto negli ultimi anni il mercato dei PC è incredibilmente cambiato, in particolar
modo per quanto riguarda il mercato consumer e i mercati emergenti, e per assecondare
tali cambiamenti, Dell ha dovuto rivedere parte della sua strategia.
Essendo Dell un’azienda che ha sempre posto il cliente e i suoi bisogni al primo posto,
anche in questo caso è stata in grado di ascoltare i cambiamenti e pur sapendo che
avrebbe perso parte della sua filosofia e dei suoi guadagni, ha deciso di aprire a quel
canale indiretto tanto denigrato in passato67.
67 Rivkin J. W. (2010), “Revitalizing Dell”, Harvard Business Review, Boston
100
“Dobbiamo offrire tutti i nostri prodotti e servizi nel modo in cui il cliente vuole
acquistarli, non nel modo in cui noi vogliamo fornirli.”
-Michael Cannon, Dell’s President of Global Operations, 2008-
Al fine di ottenere dei buoni risultati la supply chain di Dell doveva cambiare in modo
quasi drammatico.
Prima di tutto, non sarebbe più stato possibile offrire prodotti personalizzabili
acquistabili tramite il rivenditore, inoltre non sarebbe più stata perseguibile la filosofia
build-to-order, per non parlare del lato finanziario, mentre Dell prima era abituata ad
essere pagata dai suoi clienti entro 24 ore dall’ordine effettuato e a pagare i propri
fornitori circa 40 giorni dopo aver ricevuto il pagamento dai clienti, ora questo metodo
non sarebbe più stato possibile, ma si sarebbe dovuto concedere pagamenti posticipati a
rivenditori e distributori, i quali avrebbero a loro volta accettato pagamenti posticipati
dai loro clienti.
Ci sono comunque numerosi segmenti di mercato che non necessitano del computer
personalizzato consegnato in tempi brevissimi, ma che si accontentano della
configurazione standard consegnata in tempi più lunghi.
Queste le motivazione che hanno mosso e indirizzato le decisioni riguardanti la supply
chain in Dell.
Dell aveva intravisto delle opportunità di guadagno annuali nell’ordine di 3 miliardi di
dollari grazie alla nuova strategia, provenienti da diverse aree aziendali.
La prima è quella relativa alla progettazione del prodotto. Nella produzione di un
prodotto, i costi principali sono rappresentati dai materiali di produzione, che
rappresentano circa l’80% dei costi del prodotto.
Questo 80% dei costi è principalmente attribuibile al prodotto base, quello inerente la
fascia di prezzo entry-level; ogni modifica richiesta è quindi una possibilità per Dell di
aumentare la marginalità aziendale e quindi il guadagno.
Tale sistema però, funzionava solo ed esclusivamente quando il modello di vendita era
quello diretto, in quanto si vendevano pochi prodotti base, tutti i clienti richiedevano un
minimo di personalizzazione vista la possibilità di farlo, ma ora che l’azienda aveva
deciso di aprire al modello di vendita indiretto, a causa della vendita delle loro
macchine tramite l’utilizzo di un distributore, Dell avrebbe venduto molte più macchine
101
“entry level”, perdendo così miliardi di dollari a causa degli elevati costi dei materiali.
L’azienda texana, quindi, cambiò drasticamente il proprio processo di progettazione dei
prodotti, implementando specifiche progettazioni e design per ogni fascia di prezzo, in
modo tale da riuscire ad ottenere un margine accettabile per ogni prodotto venduto. In
un certo senso tale decisione aumentò la complessità della progettazione, in quanto si
ebbero più piattaforme di produzione e fu più difficile condividere la stessa piattaforma
per la produzione di più computer, ma in questo modo riuscirono a limitare i costi
connessi alla produzione di ogni singola macchina.
Michael Cannon, nello spiegare tale nuova strategia agli investitori nel 2009, porta un
esempio:
“Un tipico programma per un desktop Dell può avere più di mezzo milione di
configurazioni diverse. Questo era possibile perché noi avevamo una supply chain così
flessibile da permetterci di offrire quel numero incrediile di configurazioni. Ma se il
cliente si accontenta della configurazione standard, tali possibilità di configurare un
prodotto sono inutili e restano solo un costo che si potrebbe evitare, ecco perché noi
ora dobbiamo abbattere tali costi.”
-Michael Cannon, Dell’s President of Global Operations, 2008-
Con l’aumento del numero di piattaforme, ci fu anche una drastica diminuzione del
numero di configurazioni possibili, si passò da mezzo milione a 20.000 configurazioni,
a volte, per alcuni prodotti, si arrivava anche a 5000.68
68 Cannon M. (2008), “Supply Chain News: Complete Transcript of Michael Cannon of Dell Describing Plans for Supply Chain
Transformation”, Dell’s Presentation-Supply Chain Digest, Austin, Texas
102
Grafico 35: Differenza configurazioni offerte vecchia e nuova stratgia, FONTE: interna Dell, Elaborazione personale
Un’altra grande area che Dell ha dovuto rivedere, è composta dalla progettazione della
sua supply chain in termini di dove produrre i propri prodotti.
Ancora una volta le decisioni sono state prese in base alla ricerca dell’equilibrio tra
bassi costi e soddisfazione del cliente.
La prima decisione, seppur dolorosa, è stata quella di chiudere il proprio sito produttivo
ad Austin in Texas, per aprirne uno in India, e non per il fatto che il sito americano non
funzionasse o che i dipendenti non lavorassero abbastanza, ma per una mera
convenienza economica in termini di costi e di efficienza.
Lo stesso ha fatto con le fabbriche del North Carolina nel 2010, aprendo nuove
fabbriche in Polonia.
Così Michael Cannon a riguardo:
“I segmenti di mercato sono evoluti, molti clienti sono felici con la configurazione
standard, non richiedono particolari configurazioni, e soprattutto si accontentano
anche se i tempi di consegna si allungano. Noi possiamo accontentare tale domanda
con una nuova supply chain e minori costi geografici.”69
-Michael Cannon, Dell’s president of global operations, 2010-
69 Cannon M. (2008), “Supply Chain News: Complete Transcript of Michael Cannon of Dell Describing Plans for Supply Chain
Transformation”, Dell’s Presentation-Supply Chain Digest, Austin, Texas
0
100000
200000
300000
400000
500000
600000
ANNI 90-‐PRIMI 2000
2007-‐2013
NUMERO MEDIO CONFIGURAZIONI OFFERTE
103
Per quanto riguarda gli attori della supply chain, Dell ha iniziato a collaborare e a
stringere partnership in modo più profondo con compagnie ODM e EMS, in modo tale
che essi potessero aiutare l’azienda a soddisfare al meglio i bisogni dei clienti, al minor
costo possibile.
Cannon e Dell prevedevano una riduzione dei costi nell’ordine di 3 miliardi di dollari, e
secondo la loro opinione gran parte di questi 3 miliardi sarebbe stata possibile grazie ai
suddetti cambiamenti nella gestione della supply chain nel giro di 2-3 anni.
Tenendo conto che nel 2007 Dell dichiarò un fatturato di circa 58 miliardi di dollari,
tale riduzione dei costi avrebbe dovuto contribuire per un 5% del fatturato annuale.
3.6. LA VENDITA INDIRETTA IN ITALIA ATTRAVERSO IL
CANALE
Andrò ora ad analizzare il segmento adibito alla vendita indiretta in Italia e nel mondo,
chiamato dall’azienda “Channel”.
Ho avuto la fortuna di lavorare a stretto contatto con quanto fino ad ora analizzato ed
esposto in questa mia tesi durante il mio periodo di stage durato sei mesi presso la filiale
Dell di Montpellier, in Francia.
Dell Inc. opera tramite tre business unit: America, EMEA (Europe Middle East Africa)
e APJ (Asia Pacific Japan).
L’area EMEA è a sua volta divisa in quattro segmenti: CER (Central Europe Region),
France, WER (Western Europe Region) e UKI (Gran Bretagna ed Irlanda).
L’Italia fa parte del segmento WER, che incorpora anche Olanda, Paesi del Nord,
Danimarca e Spagna.
Sotto una rielaborazione che chiarifica la scomposizione dell’azienda texana per unità.
104
Grafico 36: Scomposizione Dell per unità, FONTE: interna Dell, Elaborazione propria
Come si può evincere dallo schema sopra l’Italia è divisa in tre segmenti fondamentali:
• SMB: Small-Medium Business
• CHANNEL: che lavora con i rivenditori e i distributori
• PUBLIC: che si occupa dei clienti pubblici
Il Channel Italy si divide in due città, Milano e Montpellier.
Dell Montpellier è un sito inaugurato nel 2000, è il quartier generale di DELL per il sud
dell’Europa, ospita oltre 500 collaboratori in maggioranza Francesi, Italiani e Spagnoli
che lavorano nelle varie funzioni Centrali e Operative: Marketing, Vendite, Assistenza
Tecnica, Assistenza Clienti, Informatica, Finanza e Risorse Umane.
Il sito di Montpellier ospita anche la Direzione PME / Grande Pubblico per tutta la zona
Europa Medio Oriente / Africa (EMEA).
3.6.1. IL CHANNEL ITALY
Veniamo ora all’analisi del Channel Italy, nato nel febbraio del 2008 in concomitanza
con l’ingresso in azienda di una figura fondamentale come quella di Adolfo Dell’Erba,
DELL
AMERICA EMEA
FRANCE CER
ITALIA
PUBLIC SMB CHANNEL
WER UKI
APJ
105
il cui contributo all’apertura del Channel Italy si è rivelato fondamentale.
I risultati di questo segmento si sono dimostrati fin da subito eccellenti, basti pensare
che già nel 2011, dopo appena tre anni dal lancio della vendita indiretta, il 25% del
fatturato globale era dato dal canale, quindi sui 60 miliardi di dollari di fatturato, circa
15 provenivano dai rivenditori, mentre nel 2012 Dell ha dichiarato un fatturato di 56.9
miliardi di dollari, di cui il 37% proveniente dalle vendite effettuate dal Channel e
quindi tramite il mercato indiretto70. [Grafico 37]
Grafico 37: Scomposizione fatturato Dell 2012, FONTE: Interna Dell, Elaborazione propria
In Italia tale percentuale raggiunge addirittura il 50%71, questo perché l’Italia, più di
altre realtà, è composta per lo più da piccole e medie imprese che non dispongono delle
risorse da investire in R&D o in determinate aree aziendali che permetterebbero loro di
avere le competenze necessarie per poter offrire prodotti e soluzioni in modo autonomo
e indipendente, senza l’aiuto esterno. [Grafico 38]
Per questo motivo preferiscono rivolgersi a rivenditori specializzati, in modo tale da
ottenere quel supporto e quelle competenze necessarie ad implementare un progetto che
altrimenti da soli non riuscirebbero a proporre.
L’obiettivo conclamato del Channel Director Adolfo Dell’Erba è quello di crescere 70 Beviolandi S. (2013), “Dell assegna a beanTech il titolo di Premier Partner”, ChannelBiz 71 Informazioni interne, Dell Inc., 2013
FATTURATO DELL 2012: 56.9 MLD $
Direct
Channel
37%
63%
106
ancora e di portare al 70% il peso del canale sulle revenue totali.
Grafico 38: Scomposizione fatturato Dell Italia 2012, FONTE: Interna Dell, Elaborazione personale
Oltre a questo, la tendenza di Dell negli ultimi anni, è stata quella di specializzarsi più
nell’offerta di prodotti enterprise e soprattutto di soluzioni software.
Avere competenze e conoscenze in tali campi risulta molto complicato, in quanto si
tratta di soluzioni davvero complesse, per queste ragioni le PMI italiane hanno una
maggiore tendenza ad affidarsi ai rivenditori italiani che offrono le conoscenze e il
supporto necessario all’implementazione e alla configurazione di dette macchine e di
dette soluzioni.
A riguardo:
“In quest’area abbiamo bisogno di partner che portino la nostra offerta alle
aziende. Non vogliamo più essere riconosciuti solo come una pc company, ma anche
come un’azienda enterprise e i partner sono fondamentali per fare cambiare la nostra
percezione sul mercato”
-Adolfo Dell’Erba, Dell’s Channel Director Southern Europe-
Il ruolo dei partner in Italia e nel mondo, e quindi della vendita indiretta, si è dimostrato
FATTURATO DELL ITALIA 2012
Direct
Channel 50% 50%
107
negli ultimi anni di fondamentale importanza, crescendo sempre più di anno in anno.
Ad oggi i partner di Dell a livello globale sono ben 160.000, di cui circa 3.863 sono
coloro che hanno raggiunto il livello di Partner certificati72.
L’azienda nel 2012 ha proposto corsi di formazione a circa 23.000 individui dipendenti
presso i partner, i rivenditori e i distributori dell’azienda texana73.
Il programma Partner Direct offerto dall’azienda di Austin, ad oggi ha ricevuto ben 37
premi e certificati che attestano la validità e la qualità dello stesso.
Nel 2011 in Italia, il programma Partner Direct ha permesso una crescita del 28% lato
client, del 39% lato notebook, del 25% lato desktop, del 34% lato workstation e del
40% lato server, proprio questi ultimi, sono i prodotti che più hanno bisogno dell’aiuto
dei partner e dei rivenditori, in quanto si tratta di soluzioni più complesse che
richiedono delle competenze che spesso le aziende non hanno, per questo sempre più
clienti si rivolgono ai rivenditori ed ai partner per l’acquisto di dette soluzioni74.
Il segmento indiretto ha fatto registrare 672 milioni di dollari di incremento nel Q2 2013
rispetto allo stesso quarter dell’anno precedente, dimostrando e confermando il positivo
trend degli ultimi anni e facendo registrare un aumento di fatturato del solo segmento
indiretto nel 2012 di circa 5 miliardi di dollari. [Grafico 39]
Dell consegna più di 200.000 macchine al giorno, prodotte in 8 fabbriche dislocate in
diverse nazioni e con un business internazionale che investe 180 paesi diversi in tutto il
mondo75.
72 Beviolandi S. (2012), “Dell Aiuta i Partner con il Lancio di Automated Price List”, ChannelBiz 73 Fonti interne, Dell Inc., 2013 74 Beviolandi S. (2013), “Dell: Oggi il 25% del Fatturato Arriva dal Canale”, ChannelBiz 75 Fonti Interne, Dell Inc., 2013
108
Grafico 39: Crescita fatturato Channel worldwide, FONTE: Interna Dell, Elaborazione personale
Quote di mercato Channel Italy Dell lato client
Il Channel Italy sta ottenendo risultati esaltanti che migliorano ogni anno.
Ad oggi, riferendosi al mercato della vendita indiretta, Dell occupa il quinto posto con il
6.97% di quota di mercato posseduta, che assicura all’azienda una crescita di circa il 3%
rispetto all’anno precedente, in un mercato che registra un tasso di crescita negativo pari
al -16% e dominato da HP con il 22.62% di quote di mercato possedute
Dell nel secondo quarter del 2013 ha venduto via partner e distributori 29673 macchine
client (PC, notebook ecc.), facendo registrare una crescita nelle vendite addirittura del
44% rispetto al 2012.
Solo LeNovo è riuscita a fare meglio, toccando addirittura il +60% year on year di
quantità vendute76. [Grafico 40]
76 Fonte interna, Dell Inc., 2013
0
5
10
15
20
25
2009 2010 2011 2012
FATTURATO CHANNEL WORLDWIDE
FATTURATO CHANNEL WORLDWIDE
109
Quote di mercato Channel Italy Dell lato server Grafico 40: Quota di mercato Channel lato client 2013, FONTE: Interna Dell
Quote di mercato Channel Italy lato “enterprise”
Per quanto riguarda il mercato enterprise, quello inerente la vendita di prodotti quali
server, storage e switch, anche in questo caso il Channel ha fatto registrare un
incremento della quota di mercato posseduta pari al 3.71%, che la posiziona al quarto
posto con una percentuale di quota di mercato del 12.75%.
Anche in questo caso il Channel fa registrare una crescita rispetto all’anno precedente,
in un mercato, quello delle soluzioni server e storage, che ha fatto registrare un tasso
negativo pari al -11%.
L’unico competitor diretto dell’azienda texana a far registrae un incremento year on
year è stato Fujitsu, con un +2%.
Il Channel nel 2013 ha venduto 2406 macchine enterprise, registrando una crescita year
on year del 25% rispetto all’anno precedente.
Anche il mercato dei server è dominato da HP che detiene una quota del 47%, ma che
vede le proprie vendite in calo di circa il 19% rispetto all’anno precedente.
La volontà dell’azienda texana per il 2014 è quella di raggiungere e superare IBM
puntando decisa alla vetta del mercato dei server77. [Grafico 41]
77 Fonte interna, Dell Inc., 2013
110
Grafico 41: Quota di mercato Channel lato enterprise 2013, FONTE: Interna Dell
Analizzando il Channel Mix [Grafico 42], dato dal rapporto tra il business generato dal
Channel ed il business totale dell’azienda, il Channel Italy Dell lato enterprise, dimostra
una crescita costante che continua ad aumentare.
Negli ultimi sei quarter il Channel ha contribuito per circa il 50% alle vendite totali e
Dell prevede che già nei primi quarter del 2014 tale risultato aumenti fino a raggiungere
quota 55%.
Il Channel Italy in Europa, si posiziona al primo posto per Channel Mix sia lato server
(+58%) che lato storage (+53%).
L’Italia si posiziona davanti a nazioni ben più quotate come Francia, Spagna o
Germania78.
Grafico 42: Analisi Channel Mix 2013, FONTE: interna Dell
78 Fonte interna, Dell Inc., 2013
111
Analisi “Channel” in Europa
Il Channel Italy occupa la prima posizione per crescita delle vendite lato enterprise e
quinta per crescita di fatturato.
Sotto riporto un grafico che chiarisce quanto appena detto e che dimostra la crescita
continua e l’importanza che il Channel sta avendo per il mercato italiano79.
La grandezza di ogni singola “palla” sta ad indicare il fatturato ottenuto dai singoli
paesi, come possiamo vedere l’Italia (in verde), è tra le nazioni europee che generano
più fatturato lato enterprise.
Quest’anno Dell è riuscita ad aggiudicarsi, per la prima volta dall’apertura del Channel,
due lotti di gara Consip per i server.
Consip è una società per azioni del ministero dell’economia e delle finanze e lavora a
servizio esclusivo della pubblica amministrazione.
La società funge da supporto alle pubbliche amministrazioni per quanto riguarda attività
di consulenza, assistenza strategica e approvigionamento materiali.
Vincere un bando di gara indetto dalla Consip è qualcosa di estremamente difficile e
raro, vista l’enorme concorrenza, ma che assicura spesso un salto di qualità all’azienda
vincitrice.
Il contratto risulterà attivo dal mese di Marzo e secondo il Dott. Ligresti Filippo,
Country Manager Dell Italia, avrà un impatto estremamente positivo sul fatturato e sul
business dell’azienda, tanto da far credere ad una crescita lato enterprise nell’ordine di
8/10 punti percentuali, permettendo così all’azienda di avvicinarsi a quota 30 punti
percentuali di market share, un bel salto rispetto al circa 13% del 201380.
79 Fonte interna, Dell Inc., 2013 80 Dott. Ligresti Filippo, 2013, Fonte interna Dell Inc.
112
Grafico 43: Business results by country 2013, FONTE: interna Dell
3.6.2. COMPOSIZIONE CHANNEL ITALY DELL
In questo paragrafo analizzerò la composizione del Channel Italy.
Il compito principale del Channel è quello di interfacciarsi con quel canale di vendita
mai considerato dall’azienda, ma che da 5 anni a questa parte sembra essere diventato il
futuro della strategia aziendale, ovvero il canale indiretto.
I clienti del canale sono distributori e partner italiani interessati alle soluzioni Dell e in
grado di offrire tale prodotto ai clienti finali, siano essi imprese o clienti privati.
Ad oggi i distributori con cui Dell collabora in Italia sono tre: Esprinet, Sidin e
Datamatic, in più ha rapporti con centinaia di partner.
Il compito dei distributori è quello di supportare una serie di partner dell’azienda texana
nella scelta e nella consegna dei computer marcati Dell, offrendo tutte le soluzioni
dell’azienda e cercando così di coprire tutto il territorio nazionale.
Diversi sono i ruoli interni al Channel Italy, tra cui possiamo ricordare:
113
• Channel Director: Adolfo Dell’Erba, il cui compito è quello di coordinare tutte
le attività del Channel.
• Team leader: sono due, Luigi Cherubino e Cristian Filippin, il cui compito è
quello di coordinare e gestire i due team che compongono il channel italy.
• CAM (Channel Account Manager): i quali sono titolari di un proprio portfolio
clienti diviso per zone. Il loro compito è quello di gestire il proprio portfolio,
supportare i propri clienti nell’acquisto delle soluzioni Dell offrendo un
servizio pre e post-vendita.
• TSR (Technical Sales Representative): figure estremamente importanti in
quanto in possesso di competenze specifiche inerenti le soluzioni enterprise
offerte dall’azienda, soluzioni tipo server, storage, switch ecc. Il loro ruolo è
quello di supportare i clienti dei CAM nella scelta di prodotti enterprise
offrendo un’assistenza e consigliando i prodotti e le soluzioni più adatte ai
bisogni del cliente.
• CRM (Customer Relationship Management): coloro che gestiscono i servizi
post-vendita. I loro principali compiti sono quelli di supportare il cliente nella
gestione di problemi relativi alla consegna del prodotto, ad eventuali guasti o
malfunzionamenti o a qualsiasi problema dovesse presentarsi dopo l’acquisto
del prodotto.
• CDM (Channel Development Management): detti anche field, coordinano le
relazioni con i clienti “porta a porta”. Sono i commerciali che si occupano
delle relazioni sul campo. Ad ogni CDM è assegnato un CAM di riferimento,
le due figure lavorano a stretto contatto e gestiscono i clienti in sintonia. Il
CDM ha il compito di mantenere le relazioni con il cliente andandolo a trovare
e cercando di capire quali possano essere le necessità delle aziende. Lo
consiglia e lo supporta nella scelta dei prodotti e delle soluzioni.
114
Grafico 44: Schema composizione channel italy, Fonte: Elaboraizone personale
Ad ogni CAM e CDM di ogni team, come detto in precedenza, viene assegnato un
portfolio di clienti suddivisi in base alle seguenti zone:
• Nord-Ovest
• Nord-Est
• Centro-Sud
• Roma
Dell mette a disposizione dei propri dipendenti e dei propri partner una serie di
strumenti atti a semplificare la relazione, lo scambio di informazioni in modo più rapido
e a fidelizzare il rapporto con questa nuova tipologia di clienti.
Spiegherò la funzionalità di tali strumenti nel prossimo paragrafo.
3.7. STRUMENTI A DISPOSIZIONE DEI PARTNER
PROGRAMMA PARTNER DIRECT
Progettato da Dell nel 2007 per supportare i propri partner nel raggiungimento di
quattro obiettivi: offrire i prodotti e le soluzioni richieste dai clienti, espandere la
CHANNEL DIRECTOR
TL
TSR TSR
CAM-‐CDM CAM-‐CDM
CAM-‐CDM -‐L1
CAM-‐CDM
CAM-‐CDM CAM-‐CDM CAM-‐CDM
CRM
115
propria azienda, ottenere credibilità, ottenere vantaggi competitivi rispetto ai
concorrenti differenziandosi.
Per queste ragioni Dell ha pensato ad un programma che permettesse ai partner di
usufruire di determinati strumenti e risorse che permettono il raggiungimento di benefici
e vantaggi.
Grazie al sito dell.com/partnerdirect i partner e i distributori possono aggiornare il loro
profilo, partecipare a corsi e training online, partecipare ad eventuali promozioni o
incentivi Dell e controllare il loro storico riguardante gli acquisti, vedendo la loro
situazione finanziaria con l’azienda texana.
Ci sono tre livelli di partner che aderiscono a tale programma:
1. Dell Registered Partner: partner che offrono la tecnologia Dell e che lavorano
sulle problematiche di business di clienti comuni. I vantaggi dell’iscrizione
includono l'utilizzo del logo, l'accesso al sito dei partner Dell per effettuare
configurazioni e ordini, materiale marketing da offrire ai clienti o in
determinati eventi, white paper e servizi finanziari, sconti speciali,
registrazione delle opportunità.
2. Dell Preferred Partner: per ottenere tale certificazione, almeno quattro
dipendenti dell’azienda partner, di cui due addetti alle vendite e due tecnici,
devono aver completato la formazione e i training offerti da Dell. Il partner
deve, inoltre, presentare almeno un fatturato ottenuto nei quattro trimestri
precedeti di 250.000 dollari, 200.000 derivanti dalla parte hardware e 50.000
derivanti dalla parte software. Il beneficio principale rispetto ai Registered
Partner è la protezione automatica di un’opportunità su un dato cliente per una
data linea di prodotto e secondo date condizioni.
3. Dell Premier Partner: i requisiti necessari per ottenere la più elevata
certificazione offerta da Dell sono: otto dipendenti dell’azienda partner, di cui
quattro addetti alle vendite e quattro tecnici, devono aver completato la
formazione ed i training offerti da Dell. Un dipendente deve completare la
formazione relativa alle soluzioni offerte da Dell. Dopo essere diventati
Premier Partner, il relativo logo deve comparire nel sito ufficiale del partner.
Inoltre l’azienda deve avere i seguenti requisiti di fatturato: vendite attinenti un
qualsiasi prodotto coperto da una competenza Partner Direct nei quattro
116
trimestri precedenti, di almeno 1.5 milioni di dollari per partner provenienti da
Regno Unito, Francia, Paesi Bassi e Germania, o di 750.000 dollari per partner
provenienti dagli altri paesi europei; vendite attinenti un qualsiasi prodotto
coperto da una competenza Partner Direct nei quattro trimestri precedenti, di
almeno 250.000 dollari, che devono includere almeno 100.000 dollari derivanti
dalla vendita di licenze software; vendite attinenti un qualsiasi prodotto
coperto da una competenza Partner Direct nei quattro trimestri precedenti, di
almeno 1.5 milioni di dollari per partner provenienti da Regno Unito, Francia,
Paesi Bassi e Germania, o di 750.000 dollari per partner provenienti dagli altri
paesi europei, che devono includere almeno 50.000 dollari derivanti dalla
vendita di licenze software. Oltre ai vantaggi assicurati ai Preferred partner, i
Premier partner godono del più elevato livello di supporto di vendita e dei più
innovativi strumenti di marketing (hanno a disposizione anche un budget
concesso da Dell per organizzare eventi in cui vengano promossi i prodotti
dell’azienda texana); 180 giorni di protezione delle opportunità; migliori
condizioni di pagamento (pagamenti fino a 60 giorni) e un più conveniente
programma di compensazioni per volumi di vendita. [Grafico 45]
Grafico 45: Programma PartnerDirect, FONTE: Elaborazione personale
PREFERRED PARTNER
PREMIER PARTNER
REGISTERED PARTNER
117
DELL FINANCIAL SERVICES
Essere un gigante dell’elettronica ma soprattutto un leader del proprio settore, implica
anche il dover di controllare le tue armi finanziarie.
DFS è stata creata nel 1997 grazie alla partnership tra la finanziaria CIT group e Dell al
fine di proporre soluzioni finanziarie ai clienti di Dell.
Per mettersi al pari con i principali concorrenti come IBM e HP che già disponevano di
una finanziaria propria, Dell nel giugno del 2011 decise di acquisire DFS Canada Ltd,
in modo tale da poter offrire soluzioni finanziarie ai propri clienti del Nord-America.81.
In una transazione separata condotta nel 2012, Dell ha acquisito anche CIT’s Dell-
related assets and sales and servicing functions in Europa, per essere competitiva anche
in Europa e avere la possibilità di offrire soluzioni finanziarie anche ai clienti europei.
DFS è la finanziaria di proprietà dell’azienda texana, con cui la stessa finanzia i propri
progetti e offre ai clienti diverse modalità di pagamento82.
Le acquisizioni hanno permesso a Dell di espandere a livello globale le proprie
soluzioni finanziarie, permettendole di controllare l’intero “ciclo di vita del cliente” e
assicurandole di essere direttamente coinvolta nella trattativa finanziaria con il cliente,
che prima dell’acquisizione conduceva una società alleata.
Queste acquisizioni hanno permesso all’azienda di tagliare i costi, velocizzare il ciclo di
vendite e presumibilmente le permette di ottenere dei profitti migliori.83
A seguito dell’intervista fatta al Channel Director Southern Europe Dell, Dott.Adolfo
Dell’Erba, riposrto le sue parole riguardo la suddetta acquisizione:
“Dell prima di fondare DFS, per le operazioni finanziarie si affidava ad un’azienda che
aveva più di cent’anni di esperienza in questo campo, CIT Group. Decide di acquisire
CIT e di avere una propria finanziaria. Questo per sfruttare uno dei vantaggi principali
e delle competenze uniche di Dell, ovvero quello di generare cash. Per generare cash
ci sono due cose fondamentali: la prima è quella di creare margine, vendendo prodotti
a valore e non a quantità, la seconda è quella di incassare. Dell aveva un enorme
liquidità, dovuta anche al fatto che, grazie al suo direct model, aveva la possibilità di 81 “Dell to Acquire Dell Financial Services Canada from CIT Group”, www.hghbeam.com, 2011 82 Stanley J. (2011), “Dell Cuts Out CIT Middleman In Canada and Europe”, Forbes, New York 83 Morgan T. P. (2011), “Dell Borgs CIT Financing Partnerships in Canada and Europe”, Registrer
118
pagare i propri fornitori con una media di 40/45 giorni dopo aver ricevuto la merce, e
circa 35/40 giorni dopo aver incassato dai consumatori, che pagavano di media entro
24 ore dall’avvenuto ordine. Anche per questo necessitavamo assolutamente di una
nostra finanziaria per poter controllare ogni singolo processo, dalla produzione, alla
vendita, al processo di pagamento. Ora Dell è un’azienda completa.”
-Adolfo Dell’Erba, Channel Director Southern Europe Dell-
DELL PREMIER PAGE
Tool messo a disposizione da Dell per tutti i propri partner, che tramite questo
strumento possono configurare i computer ed effettuare gli ordini in modo indipendente.
Questo strumento permette al partner di configurare la macchina senza però poter
apportare moltissime configurazioni, per questo poi i partner si vedono obbligati a
contattare il commerciale di fiducia in caso di configurazioni più complesse.
I prodotti in premier page hanno già la scontistica riservata al partner che la utilizza.
DELL SOLUTION CONFIGURATOR
Strumento messo a disposizione dei partner Dell da poco tempo, ma di grande aiuto, in
quanto permette loro di poter configurare in assoluta autonomia una qualsiasi soluzione
enterprise, da un semplice server, ad uno storage ecc.
Questo strumento, a detta di molti partner intervistati, è tra i più utili messi a
disposizione dall’azienda texana, in quanto, ogni partner ha al proprio interno le
competenze per implementare e configurare una soluzione enterprise per i propri
clienti.
Il solution configurator, tramite degli “alert”, segnala eventuali errori nella
configurazione al partner, che in autonomia provvederà a configurare la macchina nel
giusto modo.
Una volta terminata la configurazione, il partner otterrà un preventivo a listino con un
numero di riferimento che servirà al commerciale di fiducia per riprendere la
configurazione e applicare la scontistica che ritiene più opportuna per il suddetto
partner.
119
Unica “pecca” di tale configuratore è il fatto che non permette di ordinare il prodotto
configurato, ma questo solo ed esclusivamente per permettere al commerciale di poter
prezzare detta configurazione.
DEAL REGISTRATION
Dell assicura al primo partner che segnali una data opportunità con un dato cliente, una
sorta di protezione.
Il partner registra l’opportunità inserendola nell’apposita sezione deal registration nel
sito a loro dedicato, inserisce i dati del cliente finale e l’entità dell’opportunità.
Ogni deal registration verrà filtrata da Dell stessa, che andrà a controllare che non sia
stata precedentemente registrata da altri partner, in caso tutto corrisponda, la deal
registration viene approvata e permette al partner di ricevere una scontistica superiore a
quella standard, in questo modo lo si protegge dalle offerte di altri concorrenti.
La deal registration, da quando è nato il canale, permette anche ai commerciali della
diretta di vedersi riconosciuta la vendita, in quanto, essendo il partner obbligato ad
inserire i dati del cliente finale con la quale esiste l’opportunità per la quale richiede la
deal registration, la vendita verrà assicurata al commerciale che segue il partner ma
anche al commerciale che segue il cliente diretto, in modo tale da non creare confusione
o malcontenti all’interno dell’azienda stessa.
DEAL REGISTRATION E SUO FUNZIONAMENTO
Quando un dato partner intravede un’opportunità con un proprio cliente, se l’affare
supera i 10.000 euro, ha la possibilità di registrare l’opportunità di vendita tramite la già
menzionata deal registration.
In breve questo permette all’azienda che la sottoscrive di essere protetta da eventuali
attacchi di rivali, forte dello sconto maggiore che Dell assicura alla prima azienda che
registra l’opportunità.
L’azienda per registrate l’opportunità dovrà seguire dei semplici step:
• Entrare nel sito a loro dedicato www.dell.com/partner
• Inserire username e password per accedere al portale dedicato
120
• Cliccare sul link deal registration
• Compilare i campi richiesti nella schermata successiva
• Selezionare i prodotti e inserirli in modo tale da delineare in modo esatto ciò
che ci si aspetta rientri nell’opportunità da registrare. Inserire inoltre un prezzo
121
indicativo per ogni prodotto facente parte l’opportunità.
• Alla fine comparirà una schermata di riepilogo che permetterà di apportare
delle modifiche o di inviare il tutto per l’approvazione da parte del finance
Dell.
Una volta approvata l’opportunità, il Partner sarà protetto e sicuro di ottenere, e quindi
di poter proporre, il prezzo migliore per i prodotti registrati, in questo modo sarà certo
che gli altri competitor per potersi avvicinare al prezzo a lui riservato, dovranno
rinunciare ad una buona fetta del proprio margine.
Dell, come si può evincere dalla lettura del capitolo appena concluso, tiene moltissimo
al rapporto con gli altri attori della supply chain, siano essi fornitori, partner o clienti
finali.
Per questo l’azienda texana continua a studiare ed a sviluppare strumenti che rendano la
partnership sempre più semplice, leale e veloce.
Questa propensione all’integrazione e alla condivisione rende Dell una delle aziende
preferite da fornitori e partner.
122
CAPITOLO 4: ANALISI DI UN RAPPORTO TRA DUE LEADER:
DELL E BEANTECH
4.1. DELL’S PARTNER: BEANTECH srl
4.1.1. INTRODUZIONE DELL’AZIENDA
Avendo avuto la possibilità di lavorare presso l’azienda che è anche oggetto della mia
tesi, ho deciso di impostare questo paragrafo su una ricerca fatta su uno dei migliori
partner di Dell: Beantech srl.
Beantech è un’azienda friulana nata nel 2001 con il chiaro intento di offrire innovazione
e tecnologia di qualità.
Operando in un vasto mercato in continua evoluzione e saturo di concorrenza, l’azienda
ha presto trovato la sua dimensione specializzandosi nell’offerta di due ambiti
appartenenti l’Information & communication technology, ovvero l’integrazione di
soluzioni informatiche e l’attività di ricerca connessa allo sviluppo software.
Per implementare l’idea, Beantech ha deciso di servirsi di partnership che col tempo
sarebbero diventate stabili ed eccellenti e avrebbero permesso all’azienda di offrire
prodotti e servizi di qualità eccelsa.
Una di queste partnership è quella con l’azienda texana Dell Inc.
Beantech è una piccola azienda che si compone di 30 dipendenti più il management
aziendale.
Nel 2012 ha dichiarato un fatturato di 3 milioni di euro, il 70% di questo proviene dalla
vendita di prodotti marchiati Dell.
A conferma della qualità del lavoro offerto dall’azienda, è una delle poche nel proprio
settore a poter vantare riconoscimenti del calibro della Certificazione della qualità ISO
9001:2008 e dell’accreditamento M.I.U.R.
123
4.1.2. LA MISSIONE
Beantech ha deciso di specializzarsi e di offrire ai propri clienti soluzioni informatiche e
prodotti di qualità, e integra il tutto con servizi complementari quali formazione,
consulenza e assistenza.
L’azienda lavora in particolar modo su tre aree principali:
• Tecnologie: infrastrutture IT. Interviene su aree come la progettazione e
l’integrazione di sistemi informativi, offrendo fornitura hardware e software,
installazioni e configurazioni PC, server, storage ecc., virtualizzazione server e
client, sicurezza, assistenza da remoto e sul campo.
• Business analytics: che mette insieme strumenti di business intelligence,
performance management e analytics, e che permette di ottenere dei vantaggi
riguardanti la lettura dei dati al fine di migliorare la propria strategia aziendale.
• Progetti speciali: l'azienda ha ottenuto la pregevole certificazione UNI-EN ISO
9001:2008 per l’assistenza e la consulenza informatica. Beantech ha sviluppato
competenze, esperienze e professionalità che le permettono di proporre ed
implementare soluzioni ad hoc per ogni tipo di cliente.
Fin dalla sua fondazione Beantech ha fatto dello sviluppo e della qualità dei servizi
forniti, il suo principio cardine, per questo collabora con le migliori aziende del settore
come Dell, Microsoft e VMWare.
Questa continua propensione alla perfezione e alla qualità, hanno permesso all’azienda
di ottenere delle certificazioni che la rendono una delle aziende leader nel proprio
settore: Dell Premier Partner , Vmware solution provider professional e Microsoft gold
partner.
4.2. LA PARTNERSHIP CON DELL INC.
Beantech e Dell, un’alleanza nata nel 2010 e che quest’anno culmina con la preziosa
certificazione di Premier Partner concessa da Dell all’azienda friulana.
124
Beantech nel 2010 decise di offrire solo ed esclusivamente prodotti client e enterprise
marchiati Dell, questo perché riteneva l’offerta dell’azienda texana completa e di
assoluta qualità.
Dell era, inoltre, in evoluzione, era, infatti, in atto un cambiamento storico di cui
abbiamo avuto modo di parlare in precedenza.
Dell ormai da un paio d’anni aveva deciso di acconsentire alle partnership con i
rivenditori come è Beantech e quindi, quale modo migliore di iniziare una partnership
se non quello con un’azienda in piena evoluzione disposta ad ascoltare, collaborare e
migliorare insieme ai propri partner.
Beantech decise di offrire solamente prodotti Dell in quanto riteneva che il miglior
modo per offrire dei prodotti e delle soluzioni di qualità e quindi per eccellere in un
mercato saturo come quello dell’ICT, sarebbe stato quello di specializzarsi nella propria
offerta e di ottenere delle competenze e delle esperienze altrimenti non raggiungibili e
soprattutto che le altre aziende non potevano vantare.
Inoltre, dimostrando a Dell la propria fedeltà, pensavano che avrebbero potuto ottenere
un trattamento particolare che altri partner non avrebbero potuto ottenere, e così infatti è
accaduto.
Ad oggi Beantech può vantare una conoscenza dei prodotti e delle soluzioni Dell che
nessun altro è in grado di offrire e tale professionalità è stata premiata dall’azienda
texana concedendo all’azienda friulana l’ambita certificazione di PremierPartner.
Beantech si è sempre contraddistinta come Partner d’eccellenza per l’azienda texana.
Il rapporto con Dell si rafforza di anno in anno sempre di più, tanto che gli ordini di
Beantech aumentano ad una percentuale costante ogni anno.
Nel 2011 l’azienda friulana aveva ordinato 370.000€ di prodotti marchiati Dell, nel
2012 le ordinazioni sono quasi triplicate sfiorando quota 890.000€, mentre nel 2013 la
crescita si è assestata su un +11% rispetto all’anno precedente con circa 1.000.000€ di
ordini. [Grafico 46]
125
Grafico 46: Ordinato Beantech-Dell 2011-2013, FONTE: Interna Beantech, Elaborazione personale
Circa il 70% di quanto ordinato da Beantech è inerente la parte enterprise ovvero tutto
ciò che concerne server, storage, networking e software, mentre il restante 30% è legato
alla parte client che si riferisce ai notebook, PC, tablet ecc. [Grafico 47]
A questo va sommato circa il 10% degli ordini, quindi circa 100.000 euro, fatti
direttamente ai distributori, che ricordiamo essere Esprinet, Datamatic e Sidin.
Grafico 47: Percentuale Ordinato Beantech-Dell 2011-2013, FONTE: Interna Beantech, Elaborazione personale
1.000.000
890.000
370.000
0
200000
400000
600000
800000
1000000
1200000
2011 2012 2013
ORDINATO BEANTECH-‐DELL 2011-‐2013
PERCENTUALE ENTERPRISE E CLIENT BEANTECH-DELL
CLIENT
ENTERPRISE
30%
70%
126
L’utilizzo dei distributori comporta dei vantaggi quando si tratta di dover vendere
prodotti standard a basso prezzo per lo più client, quindi PC, notebook e tablet.
Questo perché i distributori, come accennato in precedenza, hanno la possibilità di
offrire prodotti marchiati Dell non personalizzabili a prezzi relativamente contenuti e
soprattutto con delle tempistiche che l’azienda texana non riuscirebbe a garantire.
Solitamente se si ordina via distribuzione il partner riceve quanto ordinato nel giro di 48
ore, grazie al fatto che i distributori tengono molti prodotti a magazzino e che quindi
hanno una disponibilità immediata.
Altro vantaggio da non sottovalutare sono le migliori condizioni di pagamento offerte
dai distributori, infatti, se Dell assicura un pagamento a massimo 40 giorni dall’ordine, i
distributori sono soliti accettare pagamenti anche a 60 giorni, per determinati clienti e
determinati importi si spingono addirittura fino ai 90 giorni.
Spesso per alcuni partner tali condizioni sono molto importanti, soprattutto nel caso in
cui il proprio cliente necessiti della merce in tempi brevi.
4.3. I BENEFICI DELLA PARTNERSHIP
Offrendo solo ed esclusivamente soluzioni e prodotti marchiati Dell, al contrario di
molti altri rivenditori, Beantech può vantare dei vantaggi e dei benefici assoluti.
COMMERCIALI DI FIDUCIA
Rapporti di fiducia con i CAM e i CDM Dell. In special modo il rapporto con il CDM,
Stefano Bobbo, iniziato nel 2010, è caratterizzato da piena fiducia reciproca e amicizia.
Questo permette ad entrambe le parti di fidarsi l’uno dell’altro e di lavorare a stretto
contatto continuo.
Vengono programmate visite continue, più o meno una volta ogni settimana e insieme
stabiliscono opportunità e nel caso ce ne siano, implementano il progetto.
Il CAM è Laura Bertero il cui ruolo è quello di dar seguito a quanto CDM e Beantech
hanno progettato. Il CAM registra l’opportunità, sviluppa la configurazione richiesta dal
partner, gestisce le problematiche inerenti prezzi e sconti e, se nelle sue competenze,
gestisce anche eventuali problematiche post-vendita, altrimenti chiede aiuto al CRM
127
CDM
BEANTECH END USER
CRM CAM
(Customer Relationship Management), che si interfaccerà direttamente con il cliente
finale per la risoluzione di eventuali problematiche.
Grafico 48: Rapporto Beantech-Dell , FONTE: Interna Beantech, Elaborazione personale
SUPPORTO
Supporto in fase pre e post-vendita. Dell offre la sua assistenza e le sue competenze sia
in fase pre-vendita tramite l’apporto di figure quali CAM e CDM, sia nella fase di post-
vendita nel caso in cui si dovessero riscontrare dei problemi e Beantech per qualche
ragione non fosse in grado di risolverli.
A sostegno del partner e quindi dell’end-user, ci sono i CRM e il supporto tecnico.
I CRM si occupano più di problematiche inerenti il pagamento, la consegna e la
fatturazione, mentre il supporto tecnico è a disposizione del cliente per problematiche
inerenti malfunzionamenti della macchina o della soluzione acquistata.
128
Il supporto tecnico di Dell per l’Italia si trova a Montpellier.
Risolve eventuali problemi da remoto e nel caso in cui si palesi il bisogno di un
assistente on-site, l’azienda lo garantisce per tutta la durata della garanzia.
La maggior parte delle volte, trattandosi di computer e server, l’assistenza da remoto è
sufficiente.
Al cliente basterà fornire il service tag della macchina acquistata (un codice che la
identifica), permettendo così al tecnico di capire il problema.
A supporto dei tecnici, Dell ha creato una stanza chiamata datacenter, in cui essi hanno
la possibilità di riprodurre il problema visualizzato dal cliente, in questo modo è come
se il tecnico fosse nell’ufficio del cliente stesso e stesse vedendo dal vivo la macchina
difettosa.
PREMIER PARTNER DELL
Nel terzo trimestre 2013 solo quattro aziende in tutta Europa hanno ricevuto da Dell il
titolo di Premier Partner, il più prestigioso che l’azienda fornisce, e tra queste spicca
l’italiana Beantech, oltre a due svizzere e una finlandese. Per diventare Premier Partner,
non basta essere fedeli e vendere molti prodotti marchiati Dell, ma è necessario ottenere
determinate certificazioni e soprattutto vendere prodotti a valore, ovvero prodotti che
assicurano elevate marginalità all’azienda come Server, Storage, Switch e soluzioni
software.
Queste le parole di Adolfo Dell’Erba a riguardo:
«Si tratta di una realtà strategica per noi. È inserita in un contesto, quello del
Triveneto, dominato da piccole imprese, dove il ruolo dei partner per noi è ancora più
decisivo. Con BeanTech condividiamo ambizioni e obiettivi: si sono sempre dimostrati
un’azienda seria e valida, un valore che gli stessi clienti più volte hanno riconosciuto.»
-Adolfo Dell’Erba, Dell Channel Director Southern Europe-
Tale certificazione assicura all’azienda friulana vantaggi dedicati, tra cui:
129
• Dilazioni di pagamento maggiori, ad esempio Beantech è riuscita ad ottenere 45
giorni di credito da parte di Dell
• Rebate, permette all’azienda friulana di ottenere un premio al raggiungimento
dell’obiettivo prefissato con Dell ad inizio anno. Tale premio è in denaro e non
sottoforma di scontistiche particolari, quindi se ad esempio il target stabilito a
fine anno era di due milioni di euro, e Beantech alla fine raggiunge 2 milioni e
200 mila euro, ottiene un premio pari al 2/3% dei 200 mila euro aggiuntivi
raggiunti
• Possibilità di acquistare direttamente
• Possibilità di accedere a corsi di certificazione che assicurano l’opportunità di
vendere non solo prodotti client e enterprise ma anche software e servizi e
quindi ottenere certificazioni che assicurano la possibilità di vendere tutti i
prodotti proposti dall’azienda texana
• CAM/CDM dedicato
• Demo unit, che non sono altro che macchine “prova” concesse ai Premier
Partner al prezzo indicativo di un euro, con lo scopo di permettere loro di
mostrarle ai clienti
• Budget per l’organizzazione di eventi marchiati Dell
• Possibilità di inserire il marchio Dell sul proprio sito internet
130
Grafico 49: Vantaggi per premier partner Dell, FONTE: Interna Dell, Elaborazione personale
4.4. CONCLUSIONE CAPITOLO
Dell e Beantech, un rapporto di fiducia nato pochi anni fa con un ampio margine di
miglioramento e di consolidamento, un rapporto di reciproca stima e di elevata qualità
che non sembra avere limiti secondo l’amministratore delegato di Beantech Fabiano
Benedetti, che ricorda i tassi di crescita sempre a doppia cifra fatti registrare nei primi
anni di partnership, destinati, secondo lui, a continuare a crescere in virtù della tendenza
dell’azienda texana di ingrandire sempre più la propria proposta, offrendo oltre
all’hardware anche soluzioni software e cloud di elevata qualità.
Sempre a parere dell’amministratore delegato Benedetti, l’essere inseriti nel tessuto
italiano, un mercato composto per la maggioranza da piccole e medie imprese senza
risorse a disposizione per implementare internamente determinate soluzioni, il ruolo di
partner risulta fondamentale al fine di supportare e assistere tali aziende.
Dell ha fatto la fortuna di Beantech negli ultimi anni, nonostante essa abbia deciso di
proporre solo prodotti e soluzioni marchiati Dell e quindi a volte si trovi nella situazione
DEMO UNIT
REBATE
LOGO DELL
EVENTI CAM/CDM
CERTIFICAZIONI
ACQUISTI DIRETTI
PAGAMENTI
PREMIER PARTNER
131
di non poter competere in quanto non a disposizione di una valida alternativa.
Benedetti ritiene l’offerta proposta dall’azienda statunitense la più completa, tanto da
permettere a Beantech di offrire e proporre soluzioni variegate in un mercato, quello
italiano, estremamente esigente ed eterogeneo.
La proposta server, storage, networking, software e security marchiati Dell hanno
consentito all’azienda friulana di arricchire la propria offerta rispondendo a quasi ogni
esigenza del mercato, e contribuendo a rendere l’offerta molto flessibile, permettendo di
rispondere e di gestire sia le esigenze di PMI che quelle di aziende di grandi dimensioni.
Insomma quella tra Dell e Beantech sembra essere una partnership leale e duratura che
accontenta entrambi gli attori.
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APPENDICE 1: UN’INTERVISTA ESCLUSICA CON IL CHANNEL DIRECTOR
SOUTHERN EUROPE DI DELL, DOTT. ADOLFO DELL’ERBA
Concludo la trattazione della mia tesi di Laurea Magistrale con un’intervista esclusiva al
Dott. Adolfo Dell’Erba, considerato uno degli artefici e grande sostenitore dell’apertura
al canale di vendita indiretto.
Entrato in Dell nel 2007 proprio per sviluppare le relazioni con questo canale mai
considerato e trattato dall’azienda texana, oggi considera il canale indiretto un grande
successo e ritiene che tale rapporto sia destinato a consolidarsi sempre di più.
Egli ritiene il mercato italiano un mercato adatto a questo tipo di modello, un mercato
caratterizzato da piccole e medie imprese con poche competenze e conoscenze interne
per sviluppare determinati progetti in autonomia, un mercato che quindi necessita di
figure quali partner e distributori per implementare e sviluppare specifiche opportunità
progetti e soluzioni.
Ad oggi il canale indiretto di vendita conta per il 50% dell’intero mercato italiano, ma
Dell’Erba punta a raggiungere il 70% entro i prossimi due anni, tanta è la fiducia che
egli ripone in questo modello che abbiamo ricordato più volte essere un’assoluta novità
per Dell Inc.
Riporto sotto la piacevole “chiacchierata” svolta con il Dott. Dell’Erba, persona
estremamente competente, disponibile e piacevole.
Dell è un’azienda che ha avuto successo grazie al modello di vendita diretto da voi
chiamato direct model, un modello al tempo innovativo, che faceva del rapporto
diretto con i clienti la prerogativa principale della strategia aziendale. Poi nel 2007
qualcosa cambiò e l’azienda decise di collaborare con quel canale di vendita mai
considerato fino ad allora, ovvero il canale indiretto.
Volevo capire il motivo di questo cambio strategico epocale.
Innanzitutto tengo a precisare che il mercato diretto conta per il 25% del mercato
totale, mentre il restante 75% è presidiato dal canale di vendita indiretto, il che
significa che se un’azienda come Dell, leader del mercato di vendita diretto vuole
crescere, deve assolutamente fare uno sforzo e collaborare con quella fetta di mercato
133
che conta per il 75% del mercato totale.
È stato un cambiamento epocale perché Michael Dell è rientrato in azienda intorno al
2007 da quarantenne più ricco al mondo, da uno che non aveva più sogni se non quello
di portare avanti l’azienda da lui stesso fondata.
Capì una cosa fondamentale, ovvero che il mondo era cambiato, Dell fino ad allora
aveva basato il suo business sui personal computer e quindi sulla parte hardware,
puntando tutto sul canale di vendita diretto, caratterizzato dunque da un rapporto
diretto con il consumatore finale.
Dell vendeva anche altri prodotti, ma tramite alleanze come ad esempio è stata quella
decennale con EMC per quanto riguarda la produzione degli storage, mai fino al
rientro di Michael si era pensato di produrre determinati prodotti o soluzioni
internamente e quindi di investire in competenze interne.
Si comprese che il modello che aveva contraddistinto il business dell’azienda per i
primi 23 anni della sua storia, il direct model, non avrebbe più funzionato, non sarebbe
stato redditizio come lo era stato per tutti quegli anni.
Altra intuizione fu quella di puntare sulla parte soluzioni, Dell già produceva server
con buonissimi risultati (era il terzo vendor al mondo), ma la parte storage veniva
prodotta da aziende specializzate, non internamente, si iniziò quindi a pensare di
produrla personalmente.
Avendo poca esperienza e poche conoscenze inerenti le soluzioni enterprise, si decise di
acquisire aziende leader nella produzione di soluzioni e software, acquisendo così il
know-how e le competenze interne all’azienda stessa.
Era il modo più semplice per entrare in determinati mercati che risultavano essere
delle novità per l’azienda texana.
Dell ha acquisito 27 aziende nel giro di 7 anni, investendo più o meno 13 miliardi di
dollari.
A seguito delle ultime acquisizioni, inerenti soprattutto soluzioni e software, anche il
fatturato aziendale ha subito una mutazione, non è più infatti composto dall’80% di
prodotti client (PC, notebook ecc.) e il 20% di soluzioni e software, ma si assiste ad una
sorta di ribaltamento, il mix diventa 60% client e 40% software, servizi e soluzioni
come storage, networking e molto altro.
Per vendere determinati prodotti però, bisogna essere in possesso di competenze che
134
l’azienda texana non poteva vantare, ed è qui che subentrano i partner.
Michael decide di aprire a quel canale di vendita tanto odiato, il canale indiretto, e di
usufruire delle competenze interne dei partner per poter vendere i nuovi prodotti offerti
dall’azienda texana.
In America si è lanciato il programma PartnerDirect nel 2007, in Italia nel 2008.
Essendo una novità, Dell aveva due possibilità per iniziare il nuovo rapporto con i
rivenditori: scrivere la bibbia del canale indiretto in cui dettava leggi e modalità del
rapporto, o creare due tre punti e poi svilupparli insieme ai partner.
Michael Dell dimostrò un’enorme flessibilità anche in questo caso, decidendo di
sviluppare il programma PartnerDirect ascoltando anche i rivenditori stessi, felici di
essere considerati parte integrante della nuova vita dell’azienda texana.
Ecco che inizia una seconda vita per Dell, una vita totalmente nuova caratterizzata da
rapporti con un canale che prima si era dimostrato un acerrimo nemico.
Oggi Dell vanta 140.000 business partner che fino al 2007 promuovevano prodotti che
erano concorrenti di Dell stessa.
La parte canale conta per il 37% del fatturato totale, circa18 miliardi di dollari sui 56
che abbiamo fatto nel 2013, riteniamo quindi che il canale inizi ad avere una certa
valenza sul business totale
Possiamo dire che Dell è un’azienda in continuo divenire. Dopo l’apertura al canale
indiretto, siamo ora di fronte ad un altro momento di cambiamento epocale, l’uscita
dalla borsa e la privatizzazione.
Oggi ci troviamo di fronte ad un nuovo momento di cambiamento, Michael Dell decide
di uscire dalla borsa e di privatizzare l’azienda in quanto stanco di dover rispondere
sempre alle regole ed alle imposizioni dettate dalla borsa.
Così facendo crea la più grande start-up della storia.
Michael Dell ritiene che l’azienda negli ultimi tempi si fosse concentrata più nell’aver
successo in borsa che sul suo obiettivo conclamato fin dalla sua fondazione, il cliente e
la sua soddisfazione.
Il nuovo obiettivo è quello di tornare al passato, focalizzandosi sul cliente e
riacquisendo quella velocità che aveva fatto di Dell un caso di successo per decenni.
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Privatizzando l’azienda si ristabilisce il management aziendale, ora Michael Dell
detiene il 75% dell’azienda, mentre il restante 25% è detenuto dal rappresentate del
fondo Silver Lake che ha contribuito alla privatizzazione.
Il concetto quindi ora è che dovrebbe essere estremamente più semplice prendere
determinate decisioni e concentrarsi sul core business aziendale puntando sempre alla
soddisfazione del cliente finale.
La nuova tendenza sembra essere quella di avere successo nel campo di soluzioni e
software, si tralascerà quindi il mercato dei client? Quanto incide oggi questo
mercato?
Abbiamo deciso di tornare un’azienda vicina ai clienti ma non di abbandonare i
prodotti client, anzi, continueremo a produrli e a venderli, in quanto per noi sono una
sorta di presentazione al mercato, è quel prodotto che ci permette di essere conosciuti e
di allargarci.
I client permettono di aumentare la brand awareness e la penetrazione, perchè sono
prodotti che entrano nelle case dei consumatori finali, ovvero quella fetta di mercato
che tramite il passaparola parla del prodotto acquistato, scrive nei blog, su facebook,
migliorando l’immagine della marca.
Per contro, prodotti quali server, storage e software sono tutti prodotti nei quali noi
primeggiamo, ma rimangono prodotti per un mercato b2b, che non creano conoscenza
del brand.
Inoltre Dell vende 200.000 macchine client al giorno, circa 1 milione a settimana, il
che significa che anche se il mercato dovesse perdere il 5%, comunque assicurerebbe
all’azienda una produzione di circa 950.000 macchine la settimana.
Sono numeri talmente enormi che una decrescita del 5% inciderebbe poco.
Oggi il mercato client vale circa 200 miliardi di dollari, l’anno scorso ne valeva 210,
nonostante la lieve decrescita, la fetta di mercato da dividersi è comunque di 200
miliardi di dollari, per cui tralasciare un mercato così vasto che tra l’altro ci permette
di essere conosciuti, aprendoci le porte di altri mercati, sarebbe un’idea davvero folle.
In sintesi, se sei tra i leader di mercato sul mercato dei PC, notebook e tablet, poi
risulta più semplice rendere noto al mondo intero che non produci solo prodotti client
136
ma che hai anche server, storage, soluzioni, switch, software di sicurezza, software
cloud e networking, mentre risulterebbe molto più difficile fosse vero il contrario.
Ecco perché per noi il mercato dei client continua ad avere una valenza assolutamente
primaria.
Dell oggi oltre ai partner si trova a dover gestire anche i distributori, figure che
storicamente hanno bisogno di stock, di scontistiche superiori e di certezze che voi,
abituati al direct model, non dovreste avere nelle vostre corde. Come gestite questo
rapporto?
La distribuzione è stata aperta nel 2010 ed ammetto che è stato un percorso parecchio
complicato.
Dell non aveva il concetto di stock, scorte o magazzino, e quindi parlava un linguaggio
totalmente diverso da quello dei distributori.
La strategia è stata quindi quella di sviluppare una serie di punti insieme ai distributori
stessi per cercare di trovare una soluzione comune.
Tra le varie soluzioni abbiamo creato la SPL (standard pricing list) che non è altro che
una lista di prodotti che noi offriamo ai distributori ad un prezzo prestabilito che
assicuriamo solo ed esclusivamente a loro.
Abbiamo anche creato dello stock in modo tale da assicurare a questi nuovi partner un
approvvigionamento molto più rapido.
Stock e SPL sono composti da macchine pre-cofigurate e standardizzate, quindi poco
personalizzabili, prodotti che rispondono alle esigenze di quella fetta di mercato che
non necessita di una macchina personalizzata ma che si accontenta di un prodotto
abbastanza basico.
Oggi la distribuzione in Italia contribuisce per il 55% del fatturato totale del Channel
Italy, di conseguenza questo mi fa capire che il lavoro sviluppato con essi è stato di
assoluto rilievo.
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Ritiene che il canale indiretto di vendita faccia si che l’azienda si concentri meno sui
bisogni dei propri clienti?
Assolutamente no, io ritengo il contrario.
Abbiamo deciso di usufruire delle competenze e delle conoscenze dei business partner
proprio per offrire ai nostri clienti un servizio più completo.
Usufruire del canale di vendita indiretto non significa essere meno presente come
azienda presso i consumatori, ma al contrario di aumentare la presenza aziendale sul
mercato e presso una determinata tipologia di clienti attraverso la figura del business
partner, che ci permette di assicurare un servizio e un supporto migliore al cliente
grazie alle sue conoscenze, esperienze e competenze.
Come detto prima, inoltre, finchè si vendono prodotti client il supporto telefonico ed
on-line risulta essere più che sufficiente, ma dal momento che si propongono soluzioni
enterprise e software, la necessità di supporto on-site aumenta, il mero servizio
telefonico non è più sufficiente, ed è qui che subentrano i partner migliorando il
servizio offerto dall’azienda stessa.
Possiamo dire di essere assolutamente soddisfatti della decisione presa nel 2007 e del
lavoro che stiamo svolgendo insieme ai partner e ai distributori.
Il mercato è in continua evoluzione, noi non dobbiamo fare altro che farci trovare
pronti quando tali cambiamenti si manifestano.
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CONCLUSIONE
Come si è avuto modo di vedere nel corso della trattazione la gestione strategica del
supply chain management è di primaria importanza per qualsiasi azienda che voglia
avere successo nel proprio business.
Il mercato è in continua evoluzione, ad una sempre maggiore flessibilità viene richiesta
anche una qualità dei prodotti elevata.
Spesso una gestione autonoma e indipendente di tutte le fasi della supply chain da parte
dell’azienda non porta i risultati desiderati, in quanto non permette di soddisfare le
pretese di un mercato così complesso e dinamico.
L’integrazione, la condivisione, lo scambio di informazioni e la continua
comunicazione tra gli attori facenti parte la supply chain, risulta essere fondamentale al
fine di rispondere alle richieste di clienti sempre più esigenti.
Un’azienda come Dell Inc., tra i leader mondiali nella produzione e nell’offerta di PC,
notebook, soluzioni e software, non può prescindere dai propri fornitori e dai propri
partner, essi sono dall’azienda considerati come un’estensione della stessa, per questo
sono pienamente integrati nella strategia aziendale.
Dell Inc., nonostante il successo ottenuto grazie al proprio innovativo modello di
vendita diretto, è stata capace di dimostrarsi un’azienda estremamente flessibile quando
si palesò la necessità di un cambiamento che definirei, per l’azienda texana, epocale.
Cambiamento reso necessario dai prodotti sempre più complessi presenti nell’offerta di
Dell, come soluzioni enterprise e software, prodotti che necessitano di una conoscenza
e di un supporto di assoluto rilievo, che un’azienda come Dell, abituata a fornire un
supporto prettamente telefonico, non era in grado di assicurare.
Per questo motivo, Dell, ha deciso di avvalersi del supporto di figure come i partner e i
distributori, abituati a vendere determinati prodotti e con elevate competenze a riguardo.
Dell è un esempio di un’azienda leader che dopo aver vissuto un periodo di flessione si
è dimostrata assolutamente elastica e disposta ad accantonare la strategia che per anni le
aveva assicurato il successo a favore di una strategia opposta ma più adatta alle nuove
tendenze del mercato, senza mai rinnegare i propri obiettivi e il proprio fine, la
soddisfazione del cliente.
Dell Inc. un articolato caso di grande successo.
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