PIETRO D’AMICO Storia della Filosofia del Diritto

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EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Simone ® , /,%5, ',*,7$/, /'* PIETRO D’AMICO Storia della Filosofia del Diritto (Parte speciale di Michele Roccisano) Excerpt of the full publication

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EDIZIONI GIURIDICHEEIMONSGruppo Editoriale Simone

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PIETRO D’AMICO

Storiadella Filosofia del Diritto

(Parte speciale di Michele Roccisano)

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Alla memoria di mia madre

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AVVERTENZA

Questo libro ha avuto una prima stampa nel 1996 con il titolo «Evo-luzione del pensiero giuridico nella storia della filosofia».

Alquanto arricchito di notizie e contenuti, divenuto sostanzialmen-te un nuovo testo, un manuale di «Storia della filosofia del diritto»,viene adesso pubblicato dall’editore Simone, a cui rivolgo un sentitoringraziamento.

Il nuovo titolo vuole semplicemente essere di maggiore chiarimentoin ordine al medesimo oggetto della materia trattata.

Completa l’opera la parte speciale redatta da Michele Roccisano. Inessa, l’autore enuclea le problematiche ed i momenti di maggiore si-gnificato del percorso storico, filosofico e giuridico, nell’intento di darepiù approfondita esplicazione alle tesi fondamentali avanzate e condi-vise, che rimangono identiche rispetto a quanto proposto nella stampaoriginaria.

Lo studente, che si accosta agli studi di filosofia del diritto, avràmodo di leggere e conoscere le linee culturali e di pensiero basilari chegovernano i vari sistemi di giuridicità, esistiti ed esistenti, nella finali-stica utilità di permettere un approccio consapevole, valutativo e rela-tivistico, sia con il mondo del diritto, sia con le fondamentali «filoso-fie» sottostanti.

Pietro D’AmicoGiugno 2001

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I LIBRI DIGITALI

PIETRO D’AMICO

Storiadella Filosofia del Diritto

(Parte speciale di Michele Roccisano)

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Vietata la riproduzione anche parziale

Finito di stampare nel mese di giugno 2001dalla «Litografia di Enzo Celebrano» - Via Campana, 233 - Pozzuoli (NA)per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - Napoli

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.it

Grafica di copertina Giuseppe Ragno

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I NDICE GENERALE

Prefazione ......................................................................................................... Pag. 9

Premessa ........................................................................................................... » 19

Introduzione: Il diritto e la filosofia ............................................................. » 27

Capitolo Primo: L’antichità

1. Filosofia e religione. Giuridicità razionalistica e giuridicità storicistica . » 312. I primi filosofi naturalisti. I rapporti del primo razionalismo greco con

le culture delle altre civiltà protostoriche. Il concetto di legge in quantolegge scritta ............................................................................................... » 35

3. Il relativismo dei sofisti ............................................................................ » 484. L’assolutismo etico di Socrate. Megarici, cinici e cirenaici .................... » 535. L’idealismo di Platone............................................................................... » 576. Il realismo di Aristotele ............................................................................ » 647. Il cosmopolitismo ellenistico ................................................................... » 718. L’individualismo di Epicuro e la rinuncia alla vita politica ................... » 769. L’impegno civile e la severità etica degli stoici ........................................ » 79

10. Scetticismo ed eclettismo ......................................................................... » 8111. Trasferimenti migratori di popoli e di culture dal sud del mediterraneo

verso Roma. Sopravvento della civiltà romana sulla civiltà ellenistica.La filosofia romana .................................................................................. » 83

12. L’etica stoica di Seneca per un diritto naturale, universale e umano .... » 8713. Il diritto romano nella sua evoluzione storica tra stoicismo, epicurei-

smo, scetticismo, eclettismo. La giurisprudenza romano-classica, il co-stituzionalismo elastico, il legame con la simile giuridicità di commonlaw. Diritto romano e diritti orientali antichi. Il mancato sviluppo dellescienze fisiche e naturalistiche in Roma ................................................. » 89

14. Il messaggio cristiano portatore di una nuova concezione di diritto na-turale universale e umano. Ultimi tentativi di recupero della filosofiaclassica ...................................................................................................... » 103

Capitolo Secondo: Il medioevo

1. Caduta dell’impero romano. Il medioevo. Eresie, apologisti e padri del-la chiesa ..................................................................................................... » 109

2. Primato della religione sulla filosofia ...................................................... » 1123. Spostamento del baricentro della civiltà mediterranea dal sud al nord

dell’Europa. Alto medioevo. Teologia e sapere enciclopedico ............... » 115

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6 Indice generale

4. Il volontarismo divino per un diritto universale in un unico impero cri-stiano. L’opposto diritto consuetudinario anglosassone e la magna char-ta. Il pensiero arabo .................................................................................. » 118

5. La caduta del medioevo tra giuridicizzazione e intellettualismo .......... » 123

Capitolo Terzo: L'età moderna

1. Umanesimo e rinascimento ..................................................................... » 1292. La riforma protestante e la controriforma della chiesa ......................... » 1373. Il ritorno alla parola pura delle sacre scritture e la nascita del sistema

empiristico di diritto anglosassone ......................................................... » 1454. I filosofi naturalisti dell’umanesimo ........................................................ » 1515. Ugo Grozio, iniziatore del giusnaturalismo razionalistico .................... » 1536. Caratteri e conseguenze del giusnaturalismo razionalistico .................. » 1577. Lo stato assoluto di Hobbes ..................................................................... » 1628. Il contrasto tra l’assolutismo di Hobbes e la tradizione giuridica empi-

ristica inglese ............................................................................................ » 1649. Il dibattito tra razionalismo europeo ed empirismo inglese. Il dubbio

cartesiano. La teoria democratica di Locke ............................................ » 16710. I pensatori antirazionalisti del preilluminismo ed i razionalisti dell’illu-

minismo, nell’Europa continentale ......................................................... » 18011. Empirismo giuridico e costituzionalismo inglesi in espansione nelle

colonie nordamericane ............................................................................. » 19312. Immanuel Kant. Sistemazione conclusiva e apparente superamento del

razionalismo ............................................................................................. » 199

Capitolo Quarto: L’età contemporanea

1. Introduzione ............................................................................................. » 2032. L’idealismo, lo spirito assoluto e lo stato................................................. » 2043. Le codificazioni legislative europee di fine settecento. Il passaggio dal

giusnaturalismo al positivismo legislativo .............................................. » 2114. Positivismo legislativo e utilitarismo giuridico inglese .......................... » 2165. Positivismo legislativo e storicismo giuridico ......................................... » 2226. Lo spiritualismo ........................................................................................ » 2297. Il materialismo .......................................................................................... » 2378. L’economia politica come scienza e il diritto come infrastruttura ........ » 2449. Positivismo e dottrina giuridica. Il movimento del diritto libero .......... » 248

10. L’irrazionalismo ........................................................................................ » 26211. Le opposizioni al positivismo. Razionalismo neokantiano e neohegelia-

no. Il realismo giuridico ebraico e nordamericano. Lo scientismo delnovecento. L’ultimo formalismo giuridico di Kelsen e l’istituzionalismodi Santi Romano ....................................................................................... » 267

12. Positivismo giuridico e regimi totalitari del novecento. La frantuma-zione della filosofia razionalistica. Le tendenze attuali degli ordinamentigiuridici di tradizione razionalistica verso l’accostamento con il model-lo opposto di tradizione empiristica inglese ed americana .................... » 283

13. La frantumazione della filosofia razionalistica del ventesimo secolo ... » 294

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7Indice generale

Sintesi e conclusioni valutative .................................................................... » 301

PARTE SPECIALE(di Michele Roccisano)

1. Origini di filosofia e cultura occidentali ................................................. » 3252. Sanscrito e indoariani: il crollo di una teoria germanica ...................... » 3323. Cristo: la nuova anima dell’ebraismo, la nuova legge umanistica e natu-

rale ............................................................................................................. » 3354. La scolastica e Tommaso .......................................................................... » 3405. Lutero e la riforma protestante ................................................................ » 3426. La controriforma ...................................................................................... » 3477. Lo storicismo di Machiavelli .................................................................... » 3508. Il giusnaturalismo di Althusius e Grozio ................................................ » 3519. Telesio, Bruno, Campanella: filosofi naturalisti dell’età moderna ......... » 352

10. Lo stato assoluto di Hobbes ..................................................................... » 35511. L’ebreo Spinoza, la bibbia e il diritto ....................................................... » 35612. Giovambattista Vico ................................................................................. » 36013. Il tradimento illuministico ....................................................................... » 36314. La riscoperta di Nietzsche, incompreso o travisato ............................... » 36615. Il diritto angloamericano, figlio dell’empirismo e dell’antiraziona-

lismo .......................................................................................................... » 37316. Universalismo europeo e costituzionalismo elastico .............................. » 390

Le tesi fondamentali proposte ..................................................................... » 403

APPENDICE

Crisi della giustizia tra positivismo ed empirismo giuridico ......................... » 411

Bibliografia essenziale ................................................................................... » 423

Indice analitico ............................................................................................... » 425

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PREFAZIONE

Un buon libro di filosofia è una buona medicina, un farmaco effica-ce per placare l’aspirazione insopprimibile alla verità. Ma sempre far-maco è. E come ogni farmaco può avere strani e pericolosi effetti colla-terali. Quindi deve essere maneggiato da esperti. In età giovanile e inparticolari soggetti, troppo sensibili al prodotto, va assunto a dosi mi-nime e sotto stretto controllo medico. In ogni caso occorrerebbe legge-re bene le istruzioni per l’uso.

Io e l’autore di questo libro, ipersensibili al farmaco e nell’età criticadell’adolescenza, ne abbiamo assunto dosi massicce e abbiamo quasirischiato di morirne. Si può morire di filosofia, così come si può mori-re di qualunque altra letale malattia, quando, pretendendo di trovarein essa la verità assoluta, si scopre, con scoramento, delusione, dispe-razione, che qualunque filosofo e qualunque sistema filosofico, ancheil più grande e convincente, viene spesso totalmente contraddetto daquello successivo il quale, magari, riesce a convincere altrettanto effi-cacemente.

Giovani liceali, io e Pietro D’Amico ci dibattevamo fra fiammatebrucianti di esaltazione, di entusiasmo, e ondate improvvise di gelidoscoramento.

Siamo stati, via via, impressionati e scossi dalla maieutica di Socra-te e dalla sua cicuta, da Platone che «si rifugia» nell’iperuranio e neldemiurgo, dalla cristallina, spietata grandezza di Aristotele e del sillo-gismo, dal quasi eroismo dei cinici e dalla speculare goliardia dei sofi-sti (viaggiavamo, increduli, con la freccia paradossale che non raggiun-geva mai Achille).

Poi crollavamo nel cupo pessimismo dell’«homo homini lupus» diHobbes e ci rialzavamo verso il «cielo stellato sopra di me» di Kant. Cisiamo sprangati nelle «monadi senza porta e senza finestra» di Leibnize inebriati della maestria dialettica, gelida, gigantesca e ingannatrice,di Hegel...

E ogni volta, provvisoriamente sconfitti, ci chiedevamo: «ma allora,dov’è la verità?». E, a questo punto, ci veniva in mente la crudele, beffar-da risposta del nichilista Basarov nel «Padri e figli» di Turghenev (altroamore della nostra adolescenza): «ti risponderò come l’eco: dove?». In-somma, da quel labirinto non riuscivamo a venir fuori, ed, esausti, fini-vamo regolarmente preda e pasto del «minotauro» (la delusione).

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10 Prefazione

Ecco, occorrerebbe avvertire chi è adolescente, chi cerca la verità,«tutta, ora e subito», che l’impresa, affrontata in questi termini, è de-stinata al fallimento. Noi uomini, tutti gli uomini, di verità possiamoconquistarne, a nostre spese, solo un pezzettino per volta. Mai tutta. Eoccorre convincersi che la verità non potremo trovarla mai in un solopensatore o in un solo sistema, fosse pure il più eccelso.

Con questo saggio Pietro D’Amico, entrando nel mondo affascinan-te del dibattito filosofico, ci ricorda, fra l’altro, proprio questo umanis-simo limite. E ci fornisce un filo rosso per uscire dal labirinto. Beninte-so, di fili di Arianna ce ne sono e ce ne possono essere tanti, offerti datanti validi pensatori, a patto che tutti e ognuno portino a uno sboccosicuro, a «riveder le stelle».

Pietro D’Amico si inoltra nella discussione in maniera discreta, sen-za iattanza, senza la presunzione dello «specialista» e senza la suppo-nenza di chi ritiene di avere la verità in tasca. Del resto, già nella pre-messa si premura di chiarire: «la necessità di porre definizioni e cer-tezze, onde fornire chiara sintesi... comporta carenze ed errori di cuisono consapevole... Mando alla letteratura specializzata per ogni ricer-ca e approfondimento di più ampia portata». In due parole, quindi, sidichiara «non specialista», o, almeno, premette di non volersi accredi-tare come tale.

Forse, dopo aver letto il libro, si può affermare che si tratta di uneccesso di umiltà, ma anche un modo intelligente e accorto per mette-re le mani avanti: gli «specialisti» non avranno motivo di storcere ilmuso poiché lo stesso «intruso» si confessa «indegno di parteciparealla loro mensa». Chissà che, invece, questo atto di umiltà di chi entrain punta di piedi in un campo così vasto e impegnativo non li inducaalla cautela, ad apprezzare il buono e il molto che c’è in questo testo?

Ma davvero Pietro D’Amico è un «abusivo» che penetra di soppiattonel «tempio» della filosofia? Potremmo sospettarlo leggendo la citata«excusatio non petita» della premessa, ma sarebbe un sospetto ingiu-sto e infondato. Il libro non è una irruzione episodica e maldestra. Cipare, piuttosto, che possieda le doti migliori che un’opera possa avere:l’originalità, l’organicità e la concatenazione.

La «tesi di fondo» attorno alla quale il libro è costruito potrà piacereo no, potrà essere condivisa con entusiasmo o rintuzzata con rabbia,ma nessuno potrà mai affermare che sia peregrina o sospesa in aria. Iltesto non è frutto dell’improvvisazione o della folgorazione di un mo-mento. È, invece, il risultato di una elaborazione quasi tormentosadurata anni.

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11Prefazione

È dal periodo universitario che Pietro D’Amico, in lunghe discus-sioni col sottoscritto (a volte diventavano dispute accalorate) anda-va anticipando sprazzi e squarci di quello che sarebbe diventato illibro di oggi. Di nuovo, rispetto ad allora, c’è la scoperta di un filologico che sostiene, collega e legittima quelle idee e intuizioni, e dàloro un senso compiuto. Oggi, quindi, ho poco da obiettare al mioamico.

Cosa ha scritto, dunque, Pietro D’Amico? Tanti libri in uno: una ve-loce ed essenziale storia della filosofia, trattando di filosofia del diritto.Meglio, «una storia dell’etica e della filosofia in generale», come lo de-finisce l’autore, visto che il diritto, attenendo all’agire, «in sostanza èproblema etico», tanto che «è nell’etica che vanno ricercate le traccefilosofiche del diritto... Il diritto nell’etica, l’etica nella filosofia, la filo-sofia nella storia».

Ma è anche un libro a tesi. La tesi è, però, esposta in modo onesto,limpido, non tendenzioso e non surrettizio. Per la verità, Pietro D’Ami-co usa il termine «ipotesi». Ma noi possiamo senz’altro darle il nomepiù impegnativo di «tesi», perché di essa ha tutti i crismi. Qui, comealtrove, pesa il solito eccesso di modestia dell’autore di cui abbiamogià dato conto.

La tesi e la «chiave» del libro ce le consegna lo stesso autore nellasua concisa premessa: tutta la filosofia, tutta la storia della filosofia,tutta la storia in generale (poiché la storia, sostiene più volte l’autored’accordo con Vico, «è storia degli uomini più che delle idee e del loropensiero») si dipana e si dibatte nell’eterno scontro fra dogmatismo eantidogmatismo, fra il razionalismo dogmatico e l’empirismo storici-stico antidogmatico, fra tesi e antitesi, dogma e antidogma.

Paradigma assoluto di questo scontro che dura da millenni è la sto-ria, esemplare e unica, del popolo ebreo nelle sue alterne fortune, vistonelle sue due anime eternamente in conflitto fra loro: l’anima legalistae dogmatica dei farisei, e quella antilegge, antidogmatica, introdottapotentemente da Cristo (il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sa-bato), dal cristianesimo e da Paolo.

Del resto, lo stesso sconvolgente concetto di «figlio di dio», dell’uo-mo-dio, è antidogmatismo puro, è «bestemmia» (e tale fu subito defi-nito dagli «uomini della legge»), è un colpo durissimo al «sistema»,una storia di «golpe» che non poteva rimanere impunito. E, infatti,non lo rimase.

«Le scritture sono il campo di battaglia di quell’antitesi fra dogmati-smo e antidogmatismo giuridico», legge e antilegge, appunto, nota l’au-tore.

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12 Prefazione

È un fatto che l’unica delle civiltà antiche che sia riuscita a sopravvi-vere, nonostante le note, tragiche vicende, è quella ebraica. Così, loscontro fra le due anime dell’ebraismo, originariamente nato solo comefatto ebraico, diviene (o potrebbe essere divenuto) universale, via viache la cultura e la civiltà ebraica si diffondevano nel mondo influen-zando le altre civiltà.

Lo stesso diritto romano classico (empirico e casuistico) potrebbeessere stato ampiamente influenzato dall’anima antidogmatica dellepiù antiche e mature civiltà semitiche, in generale, e da quella ebraicain particolare. A proposito di casuistica, dovremmo ricordare, per esem-pio, che l’empirismo giuridico in Roma raggiunse tale nettezza che nellamentalità romano-classica non si concepiva neppure l’espressione (oggitanto radicata e insopprimibile) «io ho un diritto ......», sibbene «io houn’azione» (il processo romano delle «legis actiones», ma soprattutto ilrituale di garanzia della procedura formulare e consensualistica del-l’epoca classica sono lì a dimostrarlo, per chi voglia ancora vedere ericonoscere questa verità).

Ampiamente controversa rimane, in dottrina, la questione, appun-to, dell’eventuale influenza dei diritti orientali, mediterranei e prero-manici, su quello romano di tutte le epoche, antica, classica, postclas-sica. Quasi sempre, finora, l’ipotesi, più volte e da più parti sollevata, èstata ignorata, rimossa (quasi fosse tabù), o sdegnosamente, altezzosa-mente respinta soprattutto dai romanisti più paludati.

La semplice eventualità che il diritto romano possa non avere avutouna genesi del tutto originaria e autonoma, che possa essere stato par-zialmente «contaminato» o ispirato dai più antichi popoli orientali emediterranei (si pensi che il codice di Hammurabi è di almeno milleanni più antico delle dodici tavole) è stata finora sempre consideratasacrilega e quasi offensiva.

Una sorta di fuoco di sbarramento preventivo, una specie di riflessocondizionato quasi razzistico, un pregiudizio atavico, ideologico, lapaura di veder contestato il secolare sistema della dottrina romanisti-ca consolidata e preponderante, riflesso di quella filosofica, razionali-stica, teologica e dogmatica, hanno impedito a tutt’oggi di aprire o ria-prire questo filone di indagine. Dico «riaprire» perché, nonostante tut-to, esiste una nutrita, seppure quasi sotterranea e catacombale, lettera-tura a riguardo.

In materia di rapporti fra diritto romano e diritti orientali antichi,un’opera fondamentale fu pubblicata da Edoardo Volterra nel 1937 eristampata da Jovine nel 1983. Il libro e le vergognose leggi razzialiprocurarono diversi guai al giovane studioso, come da lui stesso de-

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Page 14: PIETRO D’AMICO Storia della Filosofia del Diritto

13Prefazione

nunciato nella nota di corredo alla ristampa. Eppure quel libro è uncapolavoro di prudenza e cautela scientifiche: vengono esposti e docu-mentati tutti gli elementi che potrebbero indurre a credere a una pro-babile influenza del diritto orientale e semitico su quello romano. Ma,nel contempo, Volterra si affretta a ribadire in ogni pagina ch’egli noncrede che quella influenza vi sia stata. Anzi, per quasi duecento pagine,sostiene «l’originalità dell’antichissimo diritto romano e la sua autono-mia di fronte agli altri diritti orientali» lasciando «aperta» la questionesolo in relazione al tardo diritto romano.

Ma allora, verrebbe da chiedersi, perché fu perseguitato? Perché lacongiura del silenzio contro l’autore e il libro, visto che Volterra for-malmente si allineò con la dottrina imperante e prevalente?

Forse giusto perché l’allineamento e l’ossequio furono, o furono ri-tenuti, solo formali. Evidentemente la professione di fede non parveabbastanza convinta e convincente né ai romanisti, né al romano (e«ariano») regime fascista, dacché non valse a metterlo al riparo dal-l’ostracismo: il libro, molto apprezzato all’estero, in Italia rimase intro-vabile e ignorato, Volterra venne privato dell’insegnamento e dovetteriparare all’estero, come lamenta nella citata nota.

Si deduce che in Italia era considerata azione peccaminosa anchesolo occuparsi di certi studi. Si badi, qui non si intende assolutamente,magari «forzando» l’interpretazione del testo, attribuire a Volterra opi-nioni che egli esplicitamente nega di condividere. Né si vuole dare perscontata, acclarata e certa la circostanza che i diritti orientali abbianoinfluenzato l’antico, il classico, o il tardo diritto romano (lo stesso Vol-terra, in relazione al tardo diritto romano, parla di problema «ancoraaperto»). Si tratta, invece, di sapere se è possibile, per Volterra, ieri, o,più modestamente, mutatis mutandis, per D’Amico e quant’altri, oggi,argomentare attorno a questa ipotesi ed, eventualmente, sostenerla econdividerla, senza, per questo, essere accusati di lesa maestà. Davantial coraggio e alla comprensibile cautela di Volterra si rimane ammiratie imbarazzati come di fronte al Galilei costretto dall’inquisizione adabiurare.

Il testo di Volterra è fondamentale anche perché raccoglie tutta lamassiccia e discorde letteratura sull’argomento (Selden, Mitteis, Wen-ger, Carusi, De Francisci, Nallino, Bonfante ecc.).

D’Amico, «ragionando fra certezze e verosimiglianze», ma costruendoun’impalcatura solida e ben congegnata, inquadra discretamente l’ipo-tesi della probabile influenza del diritto semita su quello romano, nelquadro di un più ampio, complessivo (non solo giuridico), gigantescoscontro fra le due anime dell’ebraismo in tutta la storia fino ai giorni

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Page 15: PIETRO D’AMICO Storia della Filosofia del Diritto

14 Prefazione

nostri, scontro che poi, come già osservato, è il nucleo centrale dellasua tesi.

E così, quando il cristianesimo, nato come piccola setta religiosafondata dall’Ebreo Crocifisso, con Costantino diventa la religione ditutto il mondo, prevale, per ovvie ragioni politiche e utilitaristiche, l’ani-ma rigida e dogmatica (si trattava di tenere in pugno miriadi di popolie civiltà diverse con l’unico elemento unificante: la religione cristiana,accettata o imposta come legge assoluta).

In campo giuridico il cerchio si chiude con la sistemazione giusti-nianea di chiara impronta dogmatica. Al diritto empirico del caso con-creto, succedeva la fattispecie teorica, astratta, dogmatica, avulsa dallarealtà, dalla storia, dagli uomini.

Seguirono i lunghi secoli del medioevo informati, appunto, al dog-matismo, al legalismo, alla filosofia scolastica e tomistica (riflesso del-l’anima farisaica trasfusa dal mondo ebraico nel cristianesimo, notal’autore), fino a che non matura la riforma luterana e calvinista, dainterpretare come vasta, orgogliosa ribellione dell’anima antidogmati-ca ed empirica che era rimasta schiacciata per più di un millennio,come riappropriazione dell’umanità e della realtà.

Tale ribellione, che parte dal campo strettamente religioso, dalla«vexata quaestio» dell’interpretazione delle scritture, dalle «novanta-cinque tesi» sulle indulgenze e dal «de servo arbitrio», approda ad unapiù radicale e generalizzata rivolta contro secoli di cultura dogmaticae oppressiva per l’uomo.

Con la riforma, con le opere luterane (vedi la traduzione della bib-bia), e col principio della libera interpretazione delle scritture (costi-tuenti, in buona parte, la legge più antica e venerata), nascevano, quasicome obbligato e benefico effetto collaterale, la civiltà umanistica,ma anche l’empirismo giuridico anglosassone, essenzialmente, spic-catamente antirazionalista, cioè la giuridicità anglosassone prima,ed angloamericana poi, casuistica, attenta al caso concreto, all’uo-mo, in contrapposizione a tutta la civiltà giuridica latina e giustinia-nea, imprigionata in schemi rigidi presupposti e predisposti, dogma-tici, teorici e avulsi dalla realtà; una giuridicità empirica e casuisticastraordianariamente simile a quella pretorile e giurisprudenziale ro-mano-classica.

In ordine al dogmatismo religioso in particolare e alle possibili, scon-tate reazioni nella storia di ieri (riforma protestante) e di oggi, nonpossiamo resistere alla tentazione di notare che proprio in questi gior-ni c’è un diffuso malessere nella chiesa cattolica olandese, austriaca etedesca, nel clero e tra i fedeli di quelle comunità. Il dissenso minaccia

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Page 16: PIETRO D’AMICO Storia della Filosofia del Diritto

15Prefazione

di sfociare (oggi come ieri) in ribellione massiccia e aperta da partedello stesso clero che sopporta sempre di meno il centralismo curiale el’eccessivo rigore del papato sulla morale familiare e sulla spinosissi-ma questione del controllo delle nascite, materia che, peraltro, non ècompresa fra i dogmi della chiesa e che, nonostante tutti gli sforzi delcardinale Ratzinger per farcela rientrare, esula dalle questioni sullequali il romano pontefice gode della sempre più vetusta, anacronistica,medievale e incomprensibile prerogativa dell’infallibilità.

I teologi tedeschi (Kúng, in particolare) e il cattolicissimo e cristia-nissimo Helmut Kohl che contesta al papa per iscritto la sua disumanadurezza «dogmatica» in materia di morale sessuale senza ottenere al-cuna risposta, non saranno forse dei novelli Lutero, ma certo la situa-zione e le discussioni in atto ricordano, almeno in parte, il contesto nelquale cominciò a maturare la riforma. Tanto più che oggi Roma e ilpapato hanno perso da tempo (grazie anche alla riforma protestante)la deterrenza della scomunica, il primato politico, il prestigio storico eil potere temporale che allora invece avevano ed esercitavano.

Ecco, poi, la veloce, sicura galoppata dell’autore che arriva, via via,fino ai giorni nostri, nei quali, pur persistendo l’eterna lotta fra razio-nalismo ed empirismo, pare di cogliere anche in Italia, almeno in cam-po giuridico, il prevalere dell’empirismo del caso concreto nelle recentiriforme della procedura penale e civile (fenomeno volgarizzato, non acaso, nell’espressione «processo all’americana»).

Un fatto è certo: quando si cerca di confinare in schemi ristretti esoffocanti (dogmatici) la multiforme complessità dei problemi che ciaffliggono, si fa sempre un’operazione sterile, inutile, violentatrice, in-tegralista e fanatica.

Tanti terrorismi (dall’inquisizione, dai roghi del Savonarola e di Gior-dano Bruno, dal quasi-rogo di Galilei, agli eccessi della rivoluzione fran-cese, da una parte, e a quelli della Vandea, dall’altra, sino agli odierni especulari integralismi dei musulmani, dei rabbini e dei coloni ultraor-todossi) non nascono, forse, dalla voglia di sopraffazione del dogmati-co e del fanatico, di chi possiede la verità, di chi crede di averne ilmonopolio, e vuole imporla a tutti gli altri?

Naturalmente, la disamina che fa l’autore è molto più complessa ecompleta di quanto a me tocca illustrare in questa sede. Egli basa tuttala sua «ipotesi» su una puntuale e ininterrotta analisi di tutti i sistemifilosofici, dai presocratici ai post-hegeliani, ai positivisti, agli empiri-sti, scientisti, ecc., scorgendo in ognuno di questi sistemi e in ognunadelle correnti di pensiero indotte le fasi dello scontro titanico comin-ciato millenni fà. Notevole, in particolare, la trattazione dell’«ambiguità»

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16 Prefazione

hegeliana, capace di portare a sbocchi ideologici e storici tragicamen-te, sanguinosamente opposti.

E, allora, tante tessere del mosaico che alcune stagioni fà, nelle fo-cose dispute fra due amici per la pelle, studenti di belle speranze, appa-rivano ed erano effettivamente scompaginate, solo abbozzate, oggi tro-vano la loro giusta collocazione. Il disegno diventa ora perfetto e i con-ti tornano. Quindi, oggi, mi resta poco da obiettare al mio amico.

Ricordo il nostro brillante esame di filosofia del diritto col com-pianto professor Italo Mancini, l’affettuosa attenzione e condiscenden-za che quel luminare ci accordava, quando attorno a un tavolo, beven-do birra scura e fumando un buon tabacco da pipa di cui Mancini,sempre provvisto, ci faceva generosa offerta, parlavamo di Kant e diPlatone, di Spinoza e di Hegel, scoprivamo con entusiasmo il lato «na-scosto» del tanto bistrattato e affascinante Nietzsche di «Così parlòZaratustra», di «Al di là del bene e del male» e della «Gaia scienza».

Credo che risalgano a quell’epoca le radici dell’opera che il lettore siaccinge a scoprire. Certo non è affatto difficile capire in quale direzio-ne batta il cuore di D’Amico, da quale parte egli stia. Ma non si tratta diun parteggiare fanatico e pregiudiziale, bensì di una ragionata e pon-derata «simpatia».

Ad un amico non si nasconde nulla. E quindi, quando lessi la pri-missima bozza del testo, espressi subito all’autore la preoccupazioneche il libro apparisse troppo «totalizzante» nella sua prorompente vo-glia di interpretare la storia (e non solo la storia del pensiero) comescontro fra le due anime dell’ebraismo in perenne lotta fra loro.

Rileggendo la versione definitiva, devo dire che la mia preoccupazio-ne, già eccessiva prima, risulta, ora, davvero infondata. L’autore esponela sua ipotesi in modo onesto e problematico, senza dare nulla per scon-tato e senza fare delle sue idee un’offerta perentoria, da prendere o la-sciare, ma piuttosto con l’umiltà di chi vuole fornire un contributo utilee intelligente alla discussione su temi tanto coinvolgenti e dibattuti, so-prattutto nella più avvertita letteratura ebraico-americana. Penso soprat-tutto a Johnson (che peraltro ebreo non è) e alla sua documentatissima«Storia degli ebrei». Ma anche ad Arthur Cohen («The natural and su-pernatural jew»), a Cecil Roth (autore molto prolifico) e a tanti altri.

Certo, al di là delle intenzioni dell’autore, è un libro per «iniziati»,occorrendo, per la sua piena fruizione, una solida preparazione di basenel campo specifico. Per ovvie ragioni di sintesi, si dà per scontato chemolti complessi temi siano conosciuti dal lettore, e ciò può indurre lasensazione (sbagliatissima) che l’autore scriva solo per un pubblicoselezionato.

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17Prefazione

D’altra parte una pura opera di divulgazione mal si sarebbe prestataall’intento di D’Amico, proteso ad illustrare e dare fondamento ad unatesi complessa e controversa, e non a fare una semplice (semplice?)storia della filosofia del diritto.

In ogni caso qualunque tipo di lettore, purché scevro da pregiudizi eprovvisto di onestà intellettuale, può trovare ciò che cerca.

Anche chi dovesse dissentire sul tema di fondo, potrà senz’altro ri-cavare dal libro un utilissimo e agile «ripasso» dell’intera storia dellafilosofia. E non è poco, se si considera che il settore è bombardato datesti per lo più illeggibili e indigeribili o, per altro verso, troppo banali,semplificativi e semplicistici, sostanzialmente lacunosi, incompleti einutili.

Va riconosciuta a Pietro D’Amico una straordinaria padronanza deitemi trattati, temi che egli, si vede, ha ben sceverato e digerito. La com-plessa materia è esposta con una levità, una capacità di supervisione edi sintesi impossibili in chi non abbia una sicura, lunga, appassionatadimestichezza coi contenuti in discussione.

Capita sovente di dover ammettere che un certo giudizio su un filo-sofo, una certa valutazione su una dottrina o corrente di pensiero è deltutto nuova, inedita, originale. Segno che l’autore ha saputo dire lasua, spesso aprendo nuove piste, senza calcare le orme di nessuno.

Ma è importante soprattutto notare che la sintesi estrema, il riusci-re a definire in due parole l’essenza di un intero e articolato sistemafilosofico è indice certo di anni di speculazione, di elaborazioni checonsentono, alla fine del percorso e al momento della scrittura, di co-gliere la sostanza del pensiero e di metterlo in correlazione e a con-fronto con quelli che lo hanno preceduto e seguito.

Forse il pregio migliore dell’opera è proprio la visione generale e diinsieme dell’intera storia della filosofia in generale e della filosofia deldiritto, in specie.

Tale visione complessiva, quasi panoramica, risulta di estrema utili-tà persino per un lettore superficiale e disattento, poiché talora gli con-sente di ritrovarsi, in nuce, in mezza paginetta, secoli di speculazioni edi dispute sottilissime, spesso reciprocamente altercanti e laceranti.

Oggi, col trionfo dello scientismo, della tecnologia, della telematicae di internet, la filosofia è davvero morta, come afferma Pietro D’Ami-co (peraltro, in buona ed eletta compagnia)? Questo è l’unico assuntosu cui non concordo del tutto. In fondo proprio il libro di Pietro D’Ami-co è un contributo alla sopravvivenza della filosofia, la testimonianzadi un’angoscia sempre assillante e di una ricerca mai cessata. A questomondo, poi, che si tratti degli uomini o delle loro idee, nulla vive in

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18 Prefazione

eterno e niente muore mai del tutto. Dobbiamo proprio noi ricordare,con Vico, che ci sono corsi e ricorsi, e, con Eraclito, che tutto va e tuttoritorna?

A proposito sempre di idee e di uomini, della loro vita vera e dellaloro morte apparente, nonché del reciproco, ci piace chiudere propriocon un passo di un gigante della filosofia, che, giocando sul filo delparadosso fra vita e morte, materia e spirito afferma: «ho udito unsaggio dire che in questa vita siamo tutti morti e che il nostro corpo èuna tomba» (Platone, «Gorgia»).

Michele Roccisano (1)Ottobre 1996

(1) Editorialista, docente di diritto, vive e lavora a Vibo Valentia, dove svolge la professione diavvocato.

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PREMESSA

Il titolo del libro è aderente al suo contenuto: le varie concezioni suldiritto e la giustizia nell’evolversi dei movimenti di pensiero filosoficoche la storia conosce fin dalle origini. In sostanza l’atteggiamento teo-rico della filosofia, nel suo sviluppo, in rapporto con i problemi ineren-ti alla giuridicità..

Non si tratta di rassegna di giuristi e pensatori politici, poiché nonè storia del diritto né storia delle teorie politiche. Tuttavia è rassegnadi filosofi, dei filosofi puri e del loro pensiero circa il diritto e la giu-stizia, ognuno nell’ambito della filosofia del tempo di appartenenza;compresi quei giuristi e pensatori politici maggiormente significati-vi, poiché maggiormente filosofi piuttosto che giuristi e pensatoripolitici.

Ma, invero, non è solo questo.Il discorso evolutivo del pensiero giuridico pone in evidenza la di-

sputa, sempre presente nella storia, tra due opposti atteggiamenti difondo, quello dogmatico o concettuale-razionalistico e quello antidog-matico o storico-empiristico. Alle origini di tale antitesi bisogna risali-re per poi percorrere il suo realizzarsi, il ripetersi, il progredire, ondepoter capire il senso complessivo e finale (ai giorni nostri) dell’evolu-zione, che è la scaturigine di quell’antitesi.

In tale controversia la filosofia, in sé considerata nello specifico,accede scarsamente.

Il pensiero greco antico non si occupa direttamente di diritto, ma dipolitica e di etica (oltre che di metafisica, conoscenza etc.). La filosofiagreca ha breve durata, appena un secolo per quanto concerne i grandisistemi di Platone e Aristotele.

Il mondo romano-ellenistico viene influenzato dalla filosofia greco-classica, ma non produce linee di pensiero originali.

La più alta e raffinata giuridicità romano-classica, fino all’età tardo-imperiale, si esprime con caratteri empirici, i cui contenuti sono pro-dotti dalla libera attività di pretori e giurisperiti (c.d. giurisprudenzadell’età classica, ars boni et aequi, arte dell’utile e dell’equo, in sensooggettivo).

Con Giustiniano si apre la lunga epoca del medioevo, quasi diecisecoli dominanti dalla teologia e dal razionalismo dogmatico-scola-stico.

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• L25 – S. Gentili - Ordinamento finanziario e contabile degli entilocali

• L26 – F. Caringella - Il procedimento amministrativo• L27 – S. Emolo - Le indagini di polizia giudiziaria nel sistema del

nuovo codice di procedura penale• L27/A – M. Bonifazi - Europol• L28 – F. Cavallari - La tassazione dei redditi finanziari• L29 – L. Delpino - Disciplina penale di armi, munizioni ed esplo-

sivi• L30 – P. Martignone - La stima e il risarcimento del danno alla

persona• L32 – A. Sanchirico - Guida all’igiene degli alimenti e al sistema

di autocontrollo - HACCP• L33 – M. Maglio - La tutela dei dati personali• L34 – M. Criscuolo - La responsabilità civile auto• L35 – A. Sgueglia - L’aviazione civile e la liberalizzazione del tra-

sporto aereo• L36 – F. Caringella - Giustizia amministrativa• L38 – F. Caringella - Le autorità amministrative indipendenti• L40 – V. De Lucia, L. Simonelli - L’accertamento con adesione• L41 – P. D’Amico - Diritto privato romano• L42 – P. Piccialli - Il processo penale illustrato• L43 – A. Bosco, P. Piccialli - Il processo civile illustrato

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In copertina: La città del sole (Tommaso Campanella)

Introduzione: il diritto e la filosofiaL’antichità

LL’eta Contemporanea

Parte speciale

Tommaso

9. T

Vico

Excerpt of the full publication

Teresa
Timbro