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PERTINENTE AL MILLESIMO Il destino dell’uomo di gusto non è possedere, bensì influenzare ciò con cui viene a contatto. Uomini, relazioni, oggetti, dalle grandi strutture fino ai i più piccoli dettagli, tutto subisce il suo segreto potere al punto che, quando acquista una qualsiasi cosa, immediatamente la si vede assumere un nuovo aspetto. Un MONSIEUR tende a scegliere con sicurezza e meticolosità ogni oggetto, dando valore anche a quelli apparentemente privi di pregio. Tutto per lui si divide in due fondamentali coppie di categorie: ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; ciò che è alla sua portata e ciò che ne resta fuori. Ammira la bellezza, apprezza la qualità, infine si indirizza sulla cosa più giusta tra quelle che può permettersi. E’ quella che il mio direttore chiama da sempre pertinenza, un modo di procedere semplice, sostenibile e ricco di soddisfazioni, che però richiede una disciplina che va rispettata di giorno e di notte per tutta la vita. Il gusto è una forma di conoscenza ed il sapere è dovere, sicché l’essere in grado di distinguere una cosa ben fatta non lascia alcuna possibilità di accettare approssimazioni. Ogni comportamento diverso non è leggerezza, è tradimento. La vigilanza deve essere continua, su tutto ed in ogni momento, altrimenti si finisce come i tanti che vanno ogni sei mesi a fare i tipi fichi nel ristorante stellato e tutti i giorni che Dio manda in terra rimestano tristemente con a bacchetta di plastica un caffè acido, vecchio, magari servito in uno squallido bicchierino monouso, senza profferir verbo a riguardo. L’intransigenza può rappresentare una croce per chi la esercita e per chi gli sta vicino, ma è senz’altro un incalcolabile vantaggio per quanti si gioveranno delle ricerche, critiche, invenzioni e indicazioni che sollecita. Sono coloro che li apprezzano al punto da indirizzarli a mantenere vivi contesti e prodotti sofisticati, che diversamente si abbasserebbero in breve al minimo comune livello di comprensione. Insomma, il gusto è il patrimonio dei patrimoni dell’umanità e bisogna essere molto cauti nel tacciare di egocentrismo chi lo esercita fino in fondo.

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  • PERTINENTE AL MILLESIMO

    Il destino dell’uomo di gusto non è possedere, bensì influenzare ciò con cui vienea contatto. Uomini, relazioni, oggetti, dalle grandi strutture fino ai i più piccolidettagli, tutto subisce il suo segreto potere al punto che, quando acquista unaqualsiasi cosa, immediatamente la si vede assumere un nuovo aspetto. UnMONSIEUR tende a scegliere con sicurezza e meticolosità ogni oggetto, dandovalore anche a quelli apparentemente privi di pregio. Tutto per lui si divide in duefondamentali coppie di categorie: ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; ciò che èalla sua portata e ciò che ne resta fuori. Ammira la bellezza, apprezza la qualità,infine si indirizza sulla cosa più giusta tra quelle che può permettersi. E’ quellache il mio direttore chiama da sempre pertinenza, un modo di procederesemplice, sostenibile e ricco di soddisfazioni, che però richiede una disciplina cheva rispettata di giorno e di notte per tutta la vita. Il gusto è una forma diconoscenza ed il sapere è dovere, sicché l’essere in grado di distinguere una cosaben fatta non lascia alcuna possibilità di accettare approssimazioni. Ognicomportamento diverso non è leggerezza, è tradimento. La vigilanza deve esserecontinua, su tutto ed in ogni momento, altrimenti si finisce come i tanti che vannoogni sei mesi a fare i tipi fichi nel ristorante stellato e tutti i giorni che Dio mandain terra rimestano tristemente con a bacchetta di plastica un caffè acido, vecchio,magari servito in uno squallido bicchierino monouso, senza profferir verbo ariguardo. L’intransigenza può rappresentare una croce per chi la esercita e per chigli sta vicino, ma è senz’altro un incalcolabile vantaggio per quanti si gioverannodelle ricerche, critiche, invenzioni e indicazioni che sollecita. Sono coloro che liapprezzano al punto da indirizzarli a mantenere vivi contesti e prodotti sofisticati,che diversamente si abbasserebbero in breve al minimo comune livello dicomprensione. Insomma, il gusto è il patrimonio dei patrimoni dell’umanità ebisogna essere molto cauti nel tacciare di egocentrismo chi lo esercita fino infondo.

  • Credere fermamente in qualcosa porta sempre fuori da se stessi, anche setalvolta ci vuole tempo per poter capire come. Pensiamo a personaggi come ilBarone Bic o Sir Lipton. La loro caparbietà nel perseguire il sogno di mettere lemani sulla Coppa America li ha portati a dissipare somme imbarazzantinell’armamento di velieri apparentemente inutili e sistematicamente sconfitti.Possiamo facilmente stigmatizzarli, sostenendo che sostanze del genereavrebbero dovuto essere destinate alla solidarietà. Ma non fu forse, il loro, il piùumanitario modo di spendere una fortuna? Rivolgendomi al buon senso, padredella serenità, e non ai buoni sentimenti, terreno di coltura dei conflitti, iodomando se non è stata una maggior crescita per l’umanità poter vantare nel suocurriculum quei J Class monumentali, che da allora e per sempre ornano le paretidi tutti i circoli nautici, piuttosto che poter contare sull’ennesima fondazionebenefica. L’uomo che vorremmo essere incide positivamente sulle situazioni,inducendo mutamenti che tengano conto della sua presenza nello stesso modo incui un campo magnetico influenza l’ago di una bussola. L’orologio o l’abito cheindossa, ma anche il modo in cui porge il biglietto al controllore, il tono con cuiordina un aperitivo, il gesto con cui elargisce una mancia, lasciano un’impronta eappaiono come un insieme armonioso. Non c’è da stupirsene, perché sono tuttipunti che fanno parte dello stesso disegno. Il modo più facile per far diventarebanali le cose eccezionali è esibirle come fiere al guinzaglio, esercitando su diesse un dominio meramente materiale. Si può invece rendere speciale la cosa più

  • comune trattandola con affetto, complicità e rispetto, tenendola vicina come unvecchio amico. Così l’esclusività si libera dal soffocante legame con la rarità ediviene un carattere che è l’uomo a conferire alle cose, non viceversa. Fino a dovesi può, fino a quando ci si diverte, si ordineranno su misura anche i bottoni delpigiama ed i vasi del terrazzo, perché l’artigianato è la patria naturale del gusto, ilpaese dove si trova a suo agio.

    Man mano che consolidiamo lo stile, però, ciò che possediamo e soprattutto ciòche veramente usiamo assume un carattere personale a prescindere dall’origine.Pur non essendo stato fatto apposta, sembra unico per il solo fatto d’essereentrato in una sfera dove ogni cosa lo è. Uomini dai gusti straripanti e strepitosicome Jean Cocteau, o Noel Coward, hanno potuto anche vestire con capi diconfezione, tanto il modo di indossarli li ricreava come fossero stati fatti per loro.Ciò che dona questa facoltà è l’originalità, non l’eccentricità, altrimenti latroveremmo anche agli infimi livelli degli innumerevoli clown del circo mediatico.La differenza tra un modo naturale di essere ed un caricaturale sforzo di apparireattiene all’autenticità dell’ispirazione e quindi, essendo interiore, è impossibilespiegarla in poche parole. Forse può aiutare il paragone tra un Philippe Daverio edun Roberto D’Agostino, alla cui analisi rinvio chi voglia privatamente chiarirsiqueste sfumature epistemologiche. Ciò che conta è aver scoperto che ad una vitamillesimata, ovvero memorabile e su misura, si può accedere anche senza mezziparticolari. I viaggi sono fatti di partenze, non di arrivi. Così il buon gusto, laclasse, l’eleganza, sono costitute da un progetto omogeneo, non da oggettiscollegati tra loro e dalla nostra natura. Il segreto dello stare ed apparire bene ènel correttamente desiderare, non nel tutto avere. Se ciò cui aspiriamo è roba chepoi usiamo effettivamente e con profitto, ogni passo che compiamo è in avanti.Se invece ci affanniamo nella ricerca di beni inadatti, che si affastellano senzagenerare altro che la corrosiva soddisfazione di mostrarli o parlarne a chi non li

  • ha, pur con gli stivali delle sette leghe restiamo nello stesso posto o addiritturatorniamo indietro, a rimpiangere il tempo in cui cose tanto più semplici ci davanomaggior gioia. Ciò premesso, le istruzioni per la lettura della carrellata che segue,in cui vengono sorvolate le aree più importanti del gusto maschile, dovrebberoessere chiare: ciascuno difenda il diritto di condurre le proprie cose nel modo incui gli si confanno, sapendo che qualsiasi scelta sarà tanto più piacevole a viversie bella a vedersi quanto più sarà stata sinceramente sua.

    La casa – L’espressione personale non verbale appare dominata dal vestire, maciò si deve anche al fatto che l’abbigliamento è un sistema linguistico cosìcompleto e complesso da essere il solo in grado di tradurre un’intera personalitàin un’unica immagine. Da giovani è bene spenderci quanto più possibile, perchénon c’è modo migliore per acquisire i fondamenti del gusto estetico. Quandoassumiamo consapevolezza di ciò che veramente siamo ed amiamo, quando sipone il problema di fondare la nostra piccola nazione, la cosa più importantediventa la casa. E la casa non è tanto un’immagine, quanto un libro illustratocomposto da numerosi capitoli. L’uomo deve sentirsene il protagonista, non ilpadrone. La prima cosa di un’abitazione, dopo la posizione e la salubrità, è laquadratura. Innanzitutto non esiste vita privata senza spazi privati, in secondoluogo lo spazio più nobile è quello inutile e quindi bisogna poterne sprecare unpochino. E’ negli angoli meno usati che si rifugiano gli spiritelli benigni di unacasa, riempiendoli di ricordi e di fascino. Una casa su misura tiene conto delle

  • necessità di tutti coloro che la abitano. Chi ha bimbi piccoli non metta su unmuseo, altrimenti finirà per esserne il custode a tempo pieno e senza altraretribuzione che musi lunghi. Il vero signore, figura mitica che ha ispirato il titolodi un bellissimo libro di Luigi Settembrini, rinuncia agli exploit una-volta-tanto perconcentrare le proprie risorse nell’elevazione del quotidiano. Svegliarsi, lavarsi,vestirsi, mangiare, riposare, bere e fumare ogni giorno nel modo che abbiamolentamente distillato come nostro, ecco quello che fa la felicità. Un uomo che savivere non ha bisogno di tanti oggetti, ma di molti, costanti e qualificati servizi. Ache serve avere un grande attico in centro, se poi quando arriva un ospitebisogna alzarsi per aprirgli la porta, poi di nuovo per fare il caffè e poi ancora edancora per necessità che potrebbe sbrigare la servitù? Se non ce la si può ancorapermettere, per il bene individuale e dell’umanità l’importante è anche solodesiderarla, sapere che i primi soldi eccedenti le necessità primarie verrannodestinati in quella direzione. Avrete invece notato che aumenta il numero dellepiscine e delle collezioni d’arte moderna, mentre diminuisce quello deimaggiordomi e dei cuochi personali, tanto più utili e qualificanti. Tantissimi, purpotendosi permettere un milione di euro o più in orologi ed auto, ne lesinanoqualche migliaio all’anno per le collaborazioni domestiche. Alcuni, tra quantihanno provato, non hanno saputo gestirle e si sono trovati insoddisfatti. Ci puòessere un modo migliore per dimostrare che la tanto auspicata crescita economicapuò indurre il progresso materiale e contemporaneamente mortificare la civiltà?

    Il guardaroba – Ne abbiamo parlato spesso, senza che sia mai troppo. Vestire èun’arte fondamentale ed una manifestazione di rispetto per se stessi attraverso lacura, per la società attraverso la forma, per l’ordine cosmico attraverso lastagionalità. L’abbigliamento maschile, in cui la prevalenza dei capi sugli accessoriè superiore a quello femminile, ha il suo culmine ed il suo laboratorio nellasartoria. Fucina di tentativi, studio di psicoanalisi, confessionale delle vanità, essaè, al pari solo delle barbierie e dei club tradizionali, il luogo maschile pereccellenza. Non a caso, quando si vuol dire che una cosa qualsiasi è concepita su

  • misura, la si paragona ad un abito artigianale. Approfondire gli stili, le fogge, itessuti, i personaggi che hanno fatto la storia del gusto, è una fonte diconoscenze spendibili in ogni campo. Non si deve rinunciare a questa scuola soloper pigrizia, paura, o superficialità. Un abito ben riuscito e veramente nostro è untitolo che vale quanto una laurea ed è altrettanto lungo e difficile da conseguire.Normalmente il dominio del su misura prevede tre gradi di avanzamento,ciascuno a sua volta esperibile a vari livelli. Il primo è la camicia, il secondol’abito, il terzo la scarpa. E’ naturale cominciare a confrontarsi con la propriavisione estetica in camiceria, dove disegnare i propri modelli di collo e di polsi èpiuttosto facile e assai gratificante. Segue la lunga carriera in sartoria, dovedistillare uno stile proprio costa tempo e denaro. Ad un certo punto ci si puòrecare dal calzolaio, le cui gioie richiedono la costanza per superare alcunedelusioni e l’acutezza per analizzare un oggetto la cui forma è tra le piùcomplesse tra quelle conosciute dall’uomo. Anche solo fotografare una scarpa èdifficilissimo, immaginarla è da poeti, da geni, o da folli.

    La tavola – Nell’epoca delle guide che ordinano il mondo a suon di stelle ebicchieri, l’omologazione è cresciuta in pretenziosità senza perdere il suocontenuto alienante. Mangiare e bere sono cose troppo importanti per lasciarledecidere a cuochi o sommelier. Soprattutto se si paga bisogna imparare acomandare, il che non significa impartire ordini autoritari, bensì sapere benequello che si vuole e come ottenerlo senza forzature. Nel ricordare il detto “dimmicome mangi e ti dirò chi sei”, si noti che il “come” sostituisce il “cosa”. Lasaggezza dei padri vuole così ammonirci sul fatto che il rito della tavola è unamanifestazione personale altamente indicativa, palestra di maniere e diconoscenze in cui ogni aspetto del carattere si rivela, ma nello stesso tempo siaffina o si deteriora. E’ il luogo dove la vigilanza deve essere massima el’educazione dei figli più meticolosa.

  • Viaggi - Gli alberghi vogliono somigliare sempre più ad un appartamentoammobiliato e sempre meno ad un castello fatato. Chi ama vivere a propriamisura sa bene come e cosa chiedere, quindi apprezzerà il Grand Hotel coi lacchèalla porta ed il lift in ascensore. Se anche non vi pernotta, appena arriva in unacittà sconosciuta lo utilizza come bar, ristorante, caffè, ufficio informazioni,insomma come quartier generale da cui organizzare le proprie spedizioni. Quandooccupa una suite, ordina la colazione in camera. Se invece dispone di un soloambiente, generalmente la prima colazione la consuma altrove. Non per unpartito preso, ma perché anche le strutture tradizionali di alto profilo hannoceduto alla formula della prima colazione a buffet, che tramuta i loro preziosisaloni in squallide stazioni della metropolitana. Vi si deve sopportare l’odore delleuova al bacon, il traffico degli affamati e talvolta la vista di gente che alle settedel mattino si avventa sul pesce crudo. Per gli uomini che hanno sempre amato lavita millesimata, anzi centellinata per assaporarla nei dettagli, non c’è altrasoluzione che il buon vecchio carrello con pochi prodotti, tipici della zona o sceltidalla maison. Solo lui consente al cliente di sedere a tavola con la sua bellaargenteria e, mentre spalma il burro fresco di giornata su una fetta di pane,sbirciare la tolda di quella navicella zeppa di meraviglie in attesa che attracchi alproprio porto. Marmellate, biscotti, brioches e yoghurt fatti in casa, panna fresca,la crostata come la faceva la nonna, una selezione di the e di caffè. Le uova albacon? Un’ottima scelta, perché in questo caso vengono preparate in cucina enon sotto il naso di chi sta pagando centinaia di euro per poi trovarsi in unbivacco. I luoghi che offrono ancora questa nobile soluzione sono sempre più rari,ma di tanto in tanto, a dispetto delle guide che non la premiano affatto, se netrova ancora qualcuno.

    Marzo 2012