NUMERO/260 in edizione telematica - PIERO GIACOMELLI · 2018. 9. 15. · facendolo scendere a...

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NUMERO/260 in edizione telematica 11 settembre 2018 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected]r “Il Consiglio federale, riunitosi in via informale in occasione dei Campionati Italiani Assoluti di Pescara, per una seduta di verifica biennale delle attività tecniche già calendarizzata, nel rinnovare la propria soddisfazione per i risultati complessivamente raggiunti dall’atletica italiana nel corso della stagione 2018, e nel ribadire la volontà di proseguire sulla strada intrapresa, non può altresì ignorare né le difficoltà tecniche-gestionali emerse a Berlino in occasione dei Campionati Europei, né le dimissioni da DT dell’Attività giovanile e dello Sviluppo di Stefano Baldini”. Così testua la nota redatta nel recente sintetico Consiglio federale.. Ci verrebbe da dire che se va avanti così siamo a posto; come pensò l’omino che precipitando dall’ottavo piano del palazzo passava fra il terzo ed il secondo piano. Però, dopo un breve riesame di coscienza abbiamo cercato di pensare che l’atletica nostrana, sul conto della quale negli ultimi tempi non ci siamo dimostrati molto teneri, sta vivendo una radiosa temperie, regalandoci molte grandiosità oltre che proponendoci un radioso futuro. Forse perché più attratti dallo pseudo facile fulgore del passato, ci siamo infatti persi non solo dettagli rilevanti di prospettive future ma anche le folgoranti realtà legate a recenti positivi risultati realizzati in campo locale ed internazionale. In effetti, anche se spesso non ce ne siamo accorti, dobbiamo riconoscere che nel corso della stagione abbiamo raccolto medaglie ed allori ovunque, che gli organi d’informazione hanno finalmente riservato ampio spazio all’atletica divulgandone il suo coinvolgente fascino e che soprattutto i nostri atleti sono stati invitati (spesso addirittura contesi a son di dollari) ai più blasonati meeting, se non di tutto il mondo almeno di mezza Eruropa, dove son stati sempre protagonisti, in primis a quelli della IAAF Diamond League. Senza naturalmente tralasciare tutti gli altri problemi, sia tecnici che organizzativi, positivamente risolti nel corso degli anni recenti e sui quali, forse per legittima discrezione e naturale riservatezza non ce ne hanno granché parlato; neppure i giornali che ospitano la pubblicità della Federazione. E’ pur vero che, come lo ha riconosciuto nel suo comunicato la stessa Federatletica, questo ottimistico ascendere ha incontrato delle difficoltà tecnico-gestionali ma in ogni caso non tali da incrinare la volontà di proseguire sulla strada intrapresa”. Insomma non c’è che da esser soddisfatti e fiduciosi e soprattutto pensare che fa bene il Presidente Giomi a mantenere inalterato il suo ottimismo ed esternarlo al colto ed all’inclita col suo sorriso conquérant (che non vorremmo avesse solo finalità cloroformizzanti) senza reagire contro chi si permettono di criticarlo. Tutto bene, tutto bello, ci verrebbe lì per lì da pensare se non fosse forse il caso di tornare con i piedi per terra e ammettere che “i risultati complessivamente raggiunti dall’atletica italiana nel corso della stagione 2018” non siano stati poi così soddisfacenti come i vertici della Fidal vorrebbero farci credere. Ad majora. Giors

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  • NUMERO/260 in edizione telematica 11 settembre 2018 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected]

    “Il Consiglio federale, riunitosi in via informale in occasione dei Campionati Italiani Assoluti di Pescara, per una seduta di verifica biennale delle attività tecniche già calendarizzata, nel rinnovare la propria soddisfazione per i risultati complessivamente raggiunti dall’atletica italiana nel corso della stagione 2018, e nel ribadire la volontà di proseguire sulla strada intrapresa, non può altresì ignorare né le difficoltà tecniche-gestionali emerse a Berlino in occasione dei Campionati Europei, né le dimissioni da DT dell’Attività giovanile e dello Sviluppo di Stefano Baldini”. Così testua la nota redatta nel recente sintetico Consiglio federale.. Ci verrebbe da dire che se va avanti così siamo a posto; come pensò l’omino che precipitando dall’ottavo piano del palazzo passava fra il terzo ed il secondo piano. Però, dopo un breve riesame di coscienza abbiamo cercato di pensare che l’atletica nostrana, sul conto della quale negli ultimi tempi non ci siamo dimostrati molto teneri, sta vivendo una radiosa temperie, regalandoci molte grandiosità oltre che proponendoci un radioso futuro. Forse perché più attratti dallo pseudo facile fulgore del passato, ci siamo infatti persi non solo dettagli rilevanti di prospettive future ma anche le folgoranti realtà legate a recenti positivi risultati realizzati in campo locale ed internazionale. In effetti, anche se spesso non ce ne siamo accorti, dobbiamo riconoscere che nel corso della stagione abbiamo raccolto medaglie ed allori ovunque, che gli organi d’informazione hanno

    finalmente riservato ampio spazio all’atletica divulgandone il suo coinvolgente fascino e che soprattutto i nostri atleti sono stati invitati (spesso addirittura contesi a son di dollari) ai più blasonati meeting, se non di tutto il mondo almeno di mezza Eruropa, dove son stati sempre protagonisti, in primis a quelli della IAAF Diamond League. Senza naturalmente tralasciare tutti gli altri problemi, sia tecnici che organizzativi,

    positivamente risolti nel corso degli anni recenti e sui quali, forse per legittima discrezione e naturale riservatezza non ce ne hanno granché parlato; neppure i giornali che ospitano la pubblicità della Federazione. E’ pur vero che, come lo ha riconosciuto nel suo comunicato la stessa Federatletica, questo ottimistico ascendere ha “ incontrato delle difficoltà tecnico-gestionali ma in ogni caso

    non tali da incrinare la volontà di proseguire sulla strada intrapresa”. Insomma non c’è che da esser soddisfatti e fiduciosi e soprattutto pensare che fa bene il Presidente Giomi a mantenere inalterato il suo ottimismo ed esternarlo al colto ed all’inclita col suo sorriso conquérant (che non vorremmo avesse solo finalità cloroformizzanti) senza reagire contro chi si permettono di criticarlo. Tutto bene, tutto bello, ci verrebbe lì per lì da pensare se non fosse forse il caso di tornare con i piedi per terra e ammettere che “i risultati complessivamente raggiunti dall’atletica italiana nel corso della stagione 2018” non siano stati poi così soddisfacenti come i vertici della Fidal vorrebbero farci credere. Ad majora. Giors

  • SPIRIDON/2

    agli assoluti assenti anche i mediocri

    L’atletica italiana è riuscita ostinatamente a mantenere il suo profilo basso anche dopo l’ennesima disgraziata avventura internazionale. Europei, mondiali o Olimpiade che sia il leitmotiv della spedizione azzurra non cambia. Convocazioni generose, medagliere striminzito o addirittura assente, contro-prestazioni stagionali della grande maggioranza dei convocati. Così l’allegra brigata continentale, avvilita ma non definitivamente doma, complice la politica federale, ha continuato a disertare l’attività dei grandi meeting post-europei a differenza dei campioni medagliati delle altre nazioni che pure qualche ragione per una vacanza anticipata l’avrebbero avuta. Andamento sconsolante e lontana dall’occhio inquisitore dei riflettori. Che è tutto quello di cui hanno bisogno i gestori della res atletica. Che ci si dimentichi dei risultati, che ci si dimentichi di loro, permettendo di continuare nel cattivo operato sulla peraltro non irresistibile materia prima a disposizione. Così se il responsabile dell’attività giovanile (Baldini) rilascia le dimissioni a mezzo stampa qualche elemento di incomunicabilità federale bisognerà pur ravvisarlo. E cercare di capire se Tortu è la cartina di tornasole di un intero movimento dopo essere stato sbandierato come l’alfiere del rinnovamento. C’è da capire le misteriose ragioni che hanno portato il promettente sprinter a non gareggiare per 45 giorni prima della gara più importante dell’anno. Il suo raccolto è stato magro, un quinto posto europeo senza succo nella finale dei 100 e una squalifica in staffetta e al termine di una prova tutt’altro che convincente. Beh, Tortu come tanti altri è andato in vacanza anticipata ma non premio in Sardegna mollando ogni possibilità di rivincita. E abbiamo scoperto che il suo biglietto era già stato acquistato ben prima delle gare di Berlino secondo una premeditazione che ci sfugge (piccolo infortunio a parte) Non c’è da illudersi. Ci siamo riconsolati con l’abbattimento del primato di Mennea. Ma oggi è normalità scendere sotto i 10”. Rimaniamo convinti che il vero salto di qualità potrebbe avvenire nei 200 dove il potenziale non espresso di Tortu è nettamente migliore dei concreti apprezzabili progressi di un Desalu (20”13). Dunque povertà conclamata: di idee, di rilancio, di organizzazione visto che in questo periodo dell’anno eravamo concentrati su un meeting di Rieti, opinatamente assente dalle scene, nonostante la sua alta confermatissima concentrazione di campioni (e di quotazione) nelle ultime edizioni organizzate. La pagina web del meeting racconta nella sua ultima puntata l’annullamento del 2017. Il certificato di sparizione è ormai un dato vintage. Di cosa si è parlato di atletica nelle ultime settimane? Del sondaggio di Tamberi sull’eventuale partecipazione ai campionati italiani? Siamo ridotti a così poco tanto che il principale vivacizzatore dell’attualità è l’altista che recentemente aveva deciso di assentarsi dai social per ritrovare la serenità agonistica? Il grande interrogativo sul futuro di Tamberi è chiaro. Se i postumi dell’infortunio e dell’intervento chirurgico gli permetteranno di ritrovare la strada dei 2.40 ovvero dell’eccellenza internazionale o se, al contrario, i 2.30-2.33 rimarranno il top invalicabile. Nel secondo caso la prestazione vale un piazzamento neanche eccellente nelle grandi manifestazioni. I campionati assoluti piazzati così distrattamente in calendario quando gran parte della truppa mentalmente ha preparato con maggiore cura i Giochi del Mediterraneo sono sembrati una divagazione ben poco significativa. Il principale quotidiano sportivo ha dedicato alla rassegna la pubblicazione dei risultati limitandosi alla citazione per il primo classificato, dato che fa capire cosa sia diventata l’atletica nella valutazione giornalistica. Colpa del giornalismo autarchico? Diremo anche colpa di chi non ha saputo valorizzare il prodotto facendolo scendere a livelli infimi. Oltretutto a Pescara mancavano un terzo dei top 10 delle graduatorie stagionali italiane. Assoluti snobbati anche da chi ha ridotta visibilità internazionale. Dovremo forse consolarci con la prestazione dell’ex portiere Boranga, capace di scavalcare l’asticella collocata a 1.38 alla bella età di 75 anni?

    Daniele Poto

  • SPIRIDON/3

    fuori tema

    Mentre, Tamberi figlio a parte, la modestia del podio evocava le misure e i fantasmi se non di Del Forno, di Di Giorgio, di Tamberi padre, di Toso o Benvenuti, sicuramente quelli di Crosa, di Azzaro e di Schivo. Mentre la presenza in tribuna di Filippo Tortu offriva facile richiamo alla pletora di opinioni e di richiami censori, spesso squilibrati, espressi su Berlino e sul dopo Berlino del velocista e dell'uomo che gli è padre e allenatore. Mentre i ventitré studenti – esempio, ove non esista, da trasferire di peso in ogni provincia italiana – ingaggiati e addestrati venivano utilizzati in campo dal Comitato abruzzese per offrire un tentativo di continuità, nello stadio che reca il nome di Giovanni Cornacchia, al nobile elenco di un'atletica pescarese forte del ricordo del patriarca Filippo Carboni e via via del D'Agostino padre, di Pietro Mezzazappa, Antonio Arnaudo, Bruno De Luca, Giovanni Sergio Palleri, fino all'immanenza di Augusto D'Agostino. Mentre una parte non irrilevante di dirigenti federali e societari convenuti alla più importante rassegna nazionale trovava risolutorio passare da un bivacco all'altro del sotto tribuna impegnandosi in esercitazioni preelettorali sicuramente decisive per le sorti della disciplina. Mentre l'idea del complotto, alimentata dal diretto interessato e dalla squallida corte dei miracoli legata da comparaggio al marciatore altoatesino, si accingeva ad essere, come previsto, un'autentica puttanata. Mentre un pensoso Consiglio federale convocato informalmente da Alfio Giomi per la mattinata di domenica si impegnava a disegnare ordito e trama di un tracciato tecnico esposto

    alla complessità della situazione e agli spifferi delle rivalità. E mentre, infine, qualche riflessiva individualità richiamava l'attenzione su come d'un colpo, senza particolari sussulti, il calendario della stagione avesse visto cancellate, per la gioia di Sandro Giovannelli e di Bruno D'Alessio, due gloriose classiche, il meeting di Rieti e l'Amatrice-Configno, restava di visibile attualità l'analisi del percorso che aveva condotto Gianmarco Tamberi a scendere da Ancona e firmare il foglio di presenza agli Assoluti di Pescara. Che il ragazzo, con i suoi atteggiamenti, l'istintiva esuberanza, certamente con i suoi risultati, possa essere considerato un buon ambasciatore dell'atletica, solo i ciechi possono dubitarne: ne avessimo dieci, sparsi tra velocità e ostacoli e mezzofondo, lanci e salti! Quello che sbalordisce è il modo in cui quel foglio di presenza è stato firmato. Se il fine, e qualcuno lo pensa, sia stata pura operazione di marketing studiata a tavolino, va riconosciuto che il colpo è riuscito perfettamente, al punto da scomodare sulla vicenda fogli e firme rilevanti della stampa nazionale. Anche Mauro Berruto – un tempo profeta in pallavolo, rischiosamente definito 'genio' dall'allora capo del governo Enrico Letta nell'affidargli, d'accordo con Malagò, la direzione di un progetto definito 'Destinazione Sport' rimasto lettera morta – ha affrontato l'argomento, scrivendo, a proposito dell'intervento richiesto dei cosiddetti (a)social circa la partecipazione di Tamberi agli Assoluti, che l'atleta cade nel demone della spettacolarizzazione e della dimensione sociale del suo personaggio, che lo sport è altra cosa, che è cosa seria che non passa attraverso un like o una euticon, e che il resto sono stupidaggini da lasciare a chi, senza averne competenza, sparge i suoi cartellini da giudice alle partite della domenica. Opinioni su cui riflettere. Ma altro, che riguarda più strettamente l'atletica e la pedagogia da cui dovrebbe essere sorretta, è forse utile aggiungere. Senza se e senza ma ogni atleta dovrebbe sentirsi in dovere, e società e federazione dovrebbero garantirne l'osservanza, di firmare il foglio di presenza alla massima rassegna nazionale. La regola vale ancor più trattandosi di atleti classificati quali professionisti, e tali sono in realtà: le tasche sono lì a testimoniarlo. C'è qualcuno, in Federazione, che non debba essere necessariamente ed esclusivamente il presidente – dico a caso, il segretario generale, un vice-presidente, un consigliere federale – che non si renda conto dello stato di anarchia in cui versa una disciplina con 400 – mi dicono – atleti in servizio permanente effettivo, stipendi e licenze compresi, con rari obblighi e molti privilegi, ivi compreso quello di gareggiare all'estero con la maglia dello sponsor’ [email protected]

  • SPIRIDON/4

    Ci sono dei momenti in cui ti chiedi che senso abbia la tua vita e magari quella degli altri che hanno condiviso con te storia ed esperienze, quale sia stato il nesso, tra tante situazioni, scelte, emozioni, slanci, speranze, intraprese, delusioni, intuizioni, vittorie e sconfitte… Si tratta di una folla di sensazioni o meglio di una follia di ricordi senza un particolare perché, di un ordine razionale, senza cronologia, ma pregnante e pressante nelle meningi e nel cuore. E ti torna il vaporoso ansimare a fine gara, poggiato a quella staccionata umida del Galoppatoio a Villa Borghese, ornata dai panni delle giovani “Speranze”, che con te avevano corso per la preziosa “Coppa” scaturita da una visione, quella onirica di un missionario dell’atletica leggera, Alfredo Berra. Ecco, che adolescente ti trovi a condividere l’intrapresa complessa e straordinariamente importante, che nasce da un mondo davvero particolare, diverso, unico com’è quello dell’atletica. Sei protagonista di qualcosa di grande tanto quanto il divenire dell’umanità, che in corsa ha traguardato la sua storia millenaria con i mentori di una sorta di filosofia o se preferite i profeti, che non vestono tuniche e mantelli, ma sdruciti soprabiti e vecchi cappelli. Nella sbiadita, ma dolce memoria dell’agone romano, tra quella moltitudine di giovani cursori , nuovi e vecchi professori di educazione fisica, di temprati promotori del podismo di quartiere, c’erano quelli che in mutande o con megafoni e fischietti davano vita alla rinascenza di un movimento, che si sarebbe identificato con l’Italia della crescita e dello sviluppo, degli anni a cavallo dei XVII Giochi Olimpici, da cui sarebbero scaturite le mille opzioni in buona parte colte dalla società civile, attraverso lo sport. L’atletica di Zauli e di Berra, fortemente radicata nella scuola tramite la rete dei Gruppi Sportivi, era formidabile,

    soprattutto per la capacità di generare e formare non soltanto atleti, ma anche e soprattutto quadri di carattere, nelle più diverse declinazioni, indispensabili per la costruzione di un sistema, di una presenza qualificante nella trama di un tessuto di cui la nostra collettività si è ammantata, ha beneficiato, almeno sino alla fine del secolo scorso. Si tratta di quella che voglio chiamare “atletica di mezzo”, ovverossia quel fil rouge o se preferite il filo rosso del destino che, senza stravolgere tonalità tra altri colori, ha di fatto determinato tali concretezze da farci capire, oggi,

    quanto fossero importanti quelle incredibili sinergie tra le scuole, i quartieri e la provincia, tra l’agro e il mare, la comunicazione, l’arte, la scienza e la politica, indipendentemente dal valsente disponibile, in genere scarso e generato da “pagherò”. Se si ha il coraggio di tornare un po’ indietro, ci si accorge che, quanto avvenne nella seconda metà degli anni sessanta con la nascita e l’affermazione del Rinnovamento, non fu altro che la naturale imperativa conseguenza di quella appassionata e generosa seminagione compiuta dall’inizio degli anni cinquanta ed alla saldatura con la concezione ambiziosa e disinibita, che Primo Nebiolo aveva del rapporto con lo sport, prima universitario e poi atletico-centrico. Infine, appunto, la materializzazione complessiva del progetto senza confini, che riguardava l’atletica italiana, come motrice trainante dell’intero aire sportivo, non soltanto nazionale e non autoreferenziale, ma proiettato in un contesto ben più ampio. Bisogna rendersi conto che all’inizio degli anni settanta furono subito cantierizzati i Campionati Europei a Roma (1974), la presa della presidenza europea (EAA) e quindi la scalata a quella della IAAF (1981) contestuale alla organizzazione della Coppa del Mondo. Frutto dell’ambizione e di un grande lavoro di squadra, il Presidente dell’atletica italiana, nemo profeta in patria, diveniva vice presidente, ma non presidente del CONI, Presidente della ASOIF ( Association of Summer Olympic International Federations ) e Membro strategico del CIO, partner di Samaranch nel superamento delle crisi olimpiche da “guerra fredda”. Si andava quindi su di un percorso in permanente salita di livello, a completare un ventennale crescendo “rossiniano”, che si concluse con i Giochi di Seul nel 1988, avendo subito teatralmente uno straordinario successo e una incredibile negativa trasmutazione nel 1987, con l’organizzazione della seconda edizione dei Campionati del Mondo, record di efficienza organizzativa ed economica, bilancio agonistico con un medagliere azzurro senza precedenti, ma con un finale giallo e catartico. Si potrebbe dire di aver vissuto davvero qualcosa fuori dell’ordinario , la metafora della parabola di un periodo di storia compreso tra le fasi ascendenti e discendenti, ma io vado oltre, per dire che, comunque lo si voglia giudicare, quanto avvenuto e fisicamente vissuto insieme a migliaia di fantastici co-attori, la risultanza complessiva, il bilancio visto da ogni angolazione risulta comunque ampiamente positivo e significante di una formula che valeva e varrebbe comunque la pena di adottare, quella che è riuscita a dare, in un arco relativamente breve di tempo, risposte e motivazioni forti anche al senso della vita di chi pensa di aver condiviso nel bene o nel male una causa, quella nobile dell’atletica di mezzo.

    Ruggero Alcanterini

  • SPIRIDON/5

    La Svizzera ha mancato per poco l'obiettivo di vincere cinque medaglie ai Campionati europei di atletica leggera a Berlino dove la la delegazione svizzera, al di là dei risultati, ha dimostrato grande determinazione, miglioramenti sul piano individuale collettivo lasciando molte impressioni

    positive. I risultati nel loro insieme e le medaglie, tante in assoluto e tantissime per una nazione che non arriva a 10 milioni d’abitanti sono la misura del successo d’ una delegazione intera. Quattordicesima nella tabella comparativa delle nazioni con l’ Oro della Lea Sprunger (COVA Nyon / 400 ostacoli), l’Argento di Fabienne Schlumpf (TG Hütten /

    3000m siepi) e Tadesse Abraham (SC Uster / maratona ) così come il bronzo di Alex Wilson (Old

    Boys Basel / 200 m). Un signor medagliere a cui dobbiamo accostare tanti piazzamenti. Per questo la tabella di piazzamento è più indicativa in termini di equilibrio di potere tra le nazioni. Perché è più largo. In questa valutazione, una vittoria vale otto punti, un ottavo di un punto. La Svizzera è quindi davanti a Grecia, Belgio o Norvegia. È classificata decima nella tabella di piazzamento. Quindi la delegazione svizzera può essere molto soddisfatta della CE a Berlino. La Svizzera ha conquistato 59 punti, di poco più rispetto al 2016 ad Amsterdam, direte voi ma non dobbiamo dimenticare che la competizione è stata assai più dura quest'anno. Il livello dei giochi è stato elevato, le prestazioni degli svizzeri in media migliori rispetto al 2016 ad Amsterdam. Insomma per i

    Rossocrociati "Berlin 2018" è stato un grande momento per ogni atleta europeo. La competizione per Kambundji and Co. è stata migliore allo stadio olimpico di Berlino, anche perché diversi atleti russi sono stati in grado di competere sotto bandiera neutrale. Non c’è che da essere sodidfatti e guardare in avanti con nuovi progetti e prospettive come ha garantito di

    voler fare la Federazione. (Ciso Ponti)

  • SPIRIDON/6

    Animula vagula, blandula... scelti da Frasca

    Ancora non sappiamo bene se ai Marinai italiani caduti in combattimento sul fronte di Nettuno per la difesa di Roma

    sarà permesso riposare in pace. Quattro cimiteri di guerra, ordinari e semplici - ogni tomba con la sua croce e con

    l’elmetto come s’usa per i morti in combattimento - avevamo lasciato al Sud, nella Piana Pontina, prima del 4 giugno

    1944. A Doganella, ad Abbadia, a Littoria, a Cisterna. Cimiteri italiani, con morti italiani dentro, benedetti da un

    cappellano militare italiano e sui quali noi tutti, prima o dopo, ci eravamo inginocchiati. Solo il marinaio Alberto

    Spagna non si inginocchiò mai perché morì per primo. E sulle croci si leggeva il nome del caduto e la data della

    morte. Più sotto era scritto . Quando fummo fatti prigionieri, i nemici, rendendoci l’onore delle

    armi, rispettarono, con questo loro atto, la memoria dei nostri caduti. E ricordo che i morti di Nettuno, quelli che

    vollero sacrificare la loro vita per la difesa di Roma, non furono soltanto benedetti dal cappellano militare. Il Vescovo

    di Roma. S.S. Pio XII, ricevette in udienza il cappellano del Barbarigo ed ebbe calde parole di comprensione per i

    marinai che combattevano questa aspra battaglia; ed il Santo Padre benedicendo il cappellano benedisse tutti,

    anche quelli morti e quelli che morirono dopo. I morti per Roma non tutti sono sepolti nei quattro cimiteri di guerra.

    Cinquantuno di Essi si trovano, ora, al Verano, in un deposito, trasportati da una commissione tedesca, che si era

    recata a Nettuno per

    recuperare salme di

    soldati germanici.

    Sono stati trasportati

    a Roma i corpi di

    questi nostri fratelli

    dalla carità umana di

    stranieri che hanno

    dimostrato di avere

    più cuore di noi e per

    evitare che i contadini,

    riprendendo la

    coltivazione dei campi,

    con le zolle della terra

    Pontina arassero

    anche le ossa di

    questo sfortunati

    italiani. Ed altri ancora

    ce ne sono nella

    pianura Pontina, cosa

    succederà di essi! Non

    sappiamo ancora

    rispondere. Le mamme

    di questi figli morti di

    mal di Patria

    nell’apprendere la

    triste notizia hanno

    ricevuto il dono di

    Natale. E noi siamo italiani, viviamo a Roma, nella capitale della civiltà e della religione, nella città delle mille chiese!

    In cambio chiediamo che ai marinai caduti in combattimento per evitare l’occupazione di Roma venga concesso un

    pezzo di terra consacrata, dove possano le loro ossa mutilate trovare pace eterna, e non la fossa comune. Non

    chiediamo cimiteri di guerra come quelli alleati di Nettuno, dove i bimbi italiani si sono inginocchiati per pregare a

    mani giunte e per deporre fiori, ma soltanto una tomba umile per questi ragazzi che hanno avuto un nome e che

    tutto hanno offerto alla Patria. Pasquale Stassano – Meridiano d’Italia – anno II – 1948

  • SPIRIDON/7

    Don Bosco, la Fiat e Giovanni Agnelli

    Nello scorso numero di Spiridon abbiamo ricordato la “salesianità” di Giampiero Boniperti, grande Capitano e Presidente della Juventus. La squadra bianconera da sempre rappresenta il fiore all’occhiello della famiglia Agnelli; così, parlare ora della Fiat è sembrato quanto mai opportuno. Ricordiamo come Don Bosco abbia sempre additato, per lo sviluppo e il potenziamento delle istituzioni salesiane, un proficuo rapporto tra congregazione religiosa e società civile. Ed allora vediamo un po’ di rammentare quali rapporti possono esserci stati tra Don Bosco e la famiglia fondatrice e proprietaria della Casa automobilistica di Torino. Per le ricerche ci siamo avvalsi della grande competenza e degli scritti di don Francesco Motto, già Presidente dell’Istituto Storico Salesiano.

    Tra i numerosi risultati acquisiti, rammentiamo come nel 1929 il senatore Giovanni Agnelli, in occasione delle manifestazioni per la beatificazione di Don Bosco, abbia voluto dare un consistente contributo organizzativo fornendo i mezzi di trasporto, necessari per il movimento di vescovi e pellegrini illustri: “Trentacinque automobili nuove fiammanti con i relativi autisti”, scrive lo storico del tempo Eugenio Ceria. Nell’occasione il senatore fa anche adibire un locale della Fiat a dormitorio per un migliaio di allievi ed ex-allievi. Nel mese di giugno dello stesso anno cardinali, vescovi e missionari sono guidati in una visita ufficiale alla Fiat. Significativo un passaggio (riportato nella sua originalità) del messaggio di accoglienza del senatore Agnelli: «Dare questo benvenuto mi è tanto più caro in quanto ricordo di aver conosciuto personalmente Don Bosco e la sua immagine illuminante parla sempre al mio spirito. I discepoli, i seguaci del Beato Don Bosco, di questo grande piemontese, che particolarmente Torino oggi venera e festeggia, sentiranno qui pulsare un ritmo di vita che non sarebbe stato discaro al Beato, il quale fu un sublime eroe della carità cristiana e insieme un ardentissimo apostolo del lavoro umano, un suscitatore eccezionale di energie, uno scopritore di forze secrete, un fondatore instancabile di opifici e di officine. I lavoratori della Fiat saranno fieri, se gli eroici Missionari delle Case Salesiane, le quali coprono veramente la faccia del globo, porteranno nel loro apostolato fra le genti più diverse e lontane, come

    espressione vivida della rinnovata Italia, il ricordo e la visione di questo nostro tempio del lavoro». Non stupisce che il senatore Giovanni Agnelli si dichiarasse ammiratissimo delle doti imprenditoriali mostrate da Don Bosco. Poco si sa sui loro incontri, ma di certo Agnelli ha attinto a piene mani alle officine salesiane quando, nel 1899, ha fondato la Fabbrica Italiana Automobili Torino. Da allora si registra un intreccio singolare tra il cammino della Fiat e quello dei Salesiani.

    Sulla vicenda degli acquisti della “Fiat in zona Mirafiori”, e la costruzione nella zona di un grande Istituto Salesiano, nel prossimo numero di Spiridon riporteremo l’interessante articolo “Miracolo a Mirafiori”, a firma di P. Bairati, pubblicato su Il Sole-24 Ore il 23 dicembre 1984. Pierluigi Lazzarini Exallievo e Storico di Don Bosco

  • SPIRIDON/8

    Dal numero 1, Anno II, 15 gennaio 1934 – XII – di Atletica

    Leggera, Rivista mensile illustrata della Federazione

    Italiana di Atletica Leggera, Direzione e Amministrazione:

    Stadio Nazionale.

    ° Al lavoro per i Campionati europei. La commissione nominata dalla I.A.A.F. per i campionati europei si è riunita a Budapest il 7 gennaio, presenti il prof. Missangy, il dott. Von Hlalt, il dott. Stankovic, il dott. Puccio Pucci, Segretario della FIDAL, il dott. Mario Saini, il dott. Misinsky. Molti gli argomenti all'ordine del giorno, ma due soli d'importanza veramente capitale, l'orario delle gare e la ripartizione dei

    cento atleti invitati a partecipare ai campionati a spese della nazione organizzatrice… Un giornale francese ha in questi giorni criticato l'orario compilato dalla commissione dicendo che le finali degli 800 e dei 1500 avrebbero dovuto svolgersi l'ultimo giorno. Grave errore questo e che dimostra come nello scrivere ciò si sia dimenticato che moltissimi concorrenti ai 1500 siano usi a disputare anche gare di 800 o 5000 metri. Nella ripartizione degli inviti, improntata a quella che è realmente la posizione delle singole nazioni nel campo atletico europeo, la Commissione si è tenuta al concetto che tutte le 27 nazioni europee usufruissero per lo meno di un posto,

    ° Il 15 febbraio avrà dunque inizio a Roma il 1° corso per Allievi Istruttori di Atletica Leggera. L'iniziativa di questo corso si deve al Console Poli, vice Segretario dei GUF e Capo di Stato Maggiore dei Fasci giovanili. Il corso si svolgerà alla Farnesina Militare. Un mese la sua durata.

    ° La migliore risposta ai critici dell'atletica femminile. La offrono la Signora Alice Bigatto in Oldani, che ha praticato l'atletica dal 1923 al 1926, specialista del salto in alto e delle corse con ostacoli, recordwomann mondiale e d'Italia nella staffetta m. 75x4, e la Signora Vittorina Vivenza in Devoti, madre di due figli, olimpionica ad Amsterdam per la gara di lancio del disco. Detiene attualmente il record italiano del lancio del disco a un braccio con m. 35,38 e del lancio del disco a due braccia con m. 60,28. Più volte campione d'Italia, è stata anche una buonissima specialista del salto in alto e del salto in lungo. Ha praticato ininterrottamente atletica dal 1925 al 1930.

    ° Il bilancio dei tesserati al 31 dicembre XII: 16.771. Toscana 2901, Campania 2846, Piemonte 2265, Lombardia 1558, Lazio 1467, Liguria 1319, Emilia 1148, Veneto 869, Marche 544, Sicilia 443, Puglie 398, Venezia Giulia 300, Venezia Tridentina 226, Calabria 212, Sardegna 143, Abruzzo, 77, Umbria 35, Tripolitania 20, Lucania 0.

    ° Dal Comunicato n. 37 della Presidenza Federale. Il fascista dottor Amleto Bartesaghi, previa ratifica del C.O.N.I., è stato chiamato a far parte del Consiglio Direttivo Federale. Il Consigliere Federale fascista dottor Bruno Zauli, che era stato incaricato di reggere in qualità di Commissario straordinario il Comitato della XI Zona, avendo esaurito il suo compito, ha rimesso il mandato affidatogli. La FIDAL rivolge pertanto un elogio e un vivo plauso al Commissario per l'opera di propaganda e di potenziamento da lui svolta in favore dell'atletismo laziale e nomina, previo nulla osta del C.O.N.I., a Presidente del Comitato dell'XI Zona il fascista avv. Mario Nicola.

    ° Dal Comunicato n. 40. Provvedimento disciplinare. Si squalifica per un periodo di mesi tre a partire dal 15 dicembre XII l'atleta De Florentis Umberto dell'U.S. Savonese, per il seguente motivo:

  • SPIRIDON/9

    I nostri centisti, anche se a ranghi ridotti erano partiti pieni d’entusiasmo,grazie alle passate superbe esperienze di Giorgio Calcaterra, per i Campionati Mondiali della 100 km in programma a Sveti Marti na Mari in Croazia dove alla resa dei conti gli azzurri hanno confermano lo stesso piazzamento della scorsa edizione e nella prova individuale il solito Giorgio Calcaterra (gli anni passan pure per lui) ha chiuso al settimo posto, come due anni fa, con la mini consolazione d’essere il primo degli atleti europei al traguardo in 6h42:35. Il popolare ultramaratoneta romano, tre volte iridato, si è battuto con il suo solito entusiasmo producendosi con un finale in rimonta conclusasi, ahilui, con una volata che lo ha privato della quinta posizione per soli 5 secondi.

    Questi campionati sono stati un’autentica saga per i giapponesi che hanno piazzato quattro atleti nei primi dieci !

    L’oro mondiale è stato nuovamente conquistato dal nipponico Hideaki Yamauchi, protagonista incontrastato con il tempo di 6h28:05 davanti al connazionale Takehiko Gyoba (6h32:51). Terzo il sorprendente sudafricano Bongmusa Mthembu (6h33:47) seguito da Koji Hayasaka, altro giapponese in 6:36:05, e poi quinto lo statunitense. Geoff Burns in 6:42:30, Sesto l’altro rappresentante del l’impero del sol levante Nao Kazami (6:42:30). Seguono nell’ordine 7° Giorgio Calcaterra (6:42:35), 8° Anthony Clark (Great Britain) – 6:43:22, 9° Fritjof

    Fagerlund (Sweden) – 6:44:53, 10° Elov Olsson (Sweden) – 6:46:03.

    E degli gli altri azurri ? non mi pare ci sia granché da dire. Al 27° posto in 7h10:55 troviamo il sudtirolese Achmuller che dimostra ancora la sua solidità con una corsa regolare, quindi 48° l’esordiente Francesco Lupo (Atl. Imola Sacmi Avis) con il tempo di 7h38:21, in linea con il record personale fino a una ventina di chilometri dalla fine prima di calare il ritmo per i crampi. Più dietro Andrea Zambelli, il vincitore della 100 del Passatore di qust’anno che arrivando 67° in 8h08:11 onora comunque la maglia azzurra.

    La graduatoria finale a squadre è la seguente: Primo Giappone (19h37:01) che precede Sudafrica (20h33:49) e Germania (21h02:12), quarti gli Stati Uniti (21h05:41) e quinta la Spagna (21h06:49). Il crono totale del team italiano classificato sesto è stato di 21h31:51

    Tra le donne, senza italiane al via, prima corona mondiale per la bella croata Nikolina Sustic (7h20:34) per lasciarsi alle spalle la tedesca Nele Alder-Baerens (7h22:41) e , tanto per cambiare quattro portacolori nipponiche, con il bronzo a Mai Fujisawa – 7:39:07 seguita dalle connazionali Mikiko Ota (7:39:45) quarta, Aiko Kanematsu quinta in 7:44:58, Yuko Kusunose in 7:49:33. Seguono: Salome Cooper (South Africa) – 7:51:13, Noora Honkala (Finland) – 7:52:04, Kajsa Berg (Sweden) – 7:52:39 e Leonie Ton (Netherlands) – 7:54:55. Naturalmente Oro a squadre anche al femminile per il Giappone (23h03:50), sugli altri gradini del podio Sudafrica (23h56:44) e Croazia (24h13:57).

    (Majda Marianovic)

  • SPIRIDON/10

    “I FIGLI DEL VENTO”numero 4, da Tokyo 1964 a Mosca 1980 Arriva, fresco di stampa il quarto volume della monumentale opera dello storico fiorentino Gustavo Pallicca dedicato alla storia dei 100 metri ai Giochi Olimpici, dal 1896 ad oggi. Basterebbe leggere la prefazione curata da, Roberto L. Quercetani dove, alla fine dice: “Questo lavoro merita di esser compreso fra i libri più autorevoli e interessanti della letteratura sportiva internazionale” per capire l’enorme portata del lavoro contenuto in questo tomo di oltre 500 pagine. Se è vero che in ogni volume, l’Autore ci affascina con storie piccole e grandi, con racconti minuziosi e affreschi sportivi di ampio respiro, è altrettanto vero che questo libro spicca tra gli altri per quantità e qualità di contenuti.La seconda parte del secolo scorso, con una nuova geopolitica e con le sue evoluzioni tecniche e tecnologiche in diversi ambiti rappresenta per la velocità mondiale il salto di qualità verso lo sprint moderno, così come lo pensiamo oggi.

    Sinteticamente vale la pena ricordare che da Tokyo 1964 iniziò il cronometraggio elettrico interamente automatico con partenza del tempo al colpo di pistola e arrivo al photofinish. Città del Messico nel 1968 con i suoi oltre 2200 metri del campo di gara alzò l’asticella della ricerca scientifica con studi sugli effetti dell’altura, fino ad allora quasi inesistenti. Monaco ‘72, a margine delle problematiche politiche fu anche l’Olimpiade che vide la comparsa dell’antidoping, del primo rilevamento automatico delle false partenze e dei tempi espressi in centesimi. Montreal 1976 e Mosca 1980 furono feriti dai boicottaggi ma furono anche edizioni luminose dove iniziò a splendere anche il mito di Pietro Mennea che di Mosca ‘80 ne fu anche uno degli ori olimpici nella finale dei 200 metri. Dire che è un libro che si legge d’un fiato sarebbe pura follia perché sono 500 pagine di storie bellissime e dettagliatissime. E’ invece un libro prezioso da gustare pagina per pagina, nel tempo e senza fretta. Al termine, se il lettore sarà stato bravo a leggere come l’autore a scrivere, sarà pronto il volume 5, quello che ci porterà nell’atmosfera rarefatta delle prestazioni fantasmagoriche dei sub 10” fatti in scioltezza e nella stanza degli orrori del doping. Preparatevi. Chi volesse ricevere il libro o i volumi precedenti può contattare direttamente l’autore al suo indirizzo email: [email protected]

    SCUSI, MI PERMETTE UN COLPO DI SCOSSA ? Sentite questa, che è bella. In Italia c’è il grosso problema della delinquenza “minore” che aggredisce le forze dell’ordine. Negli Usa e in altre 106 nazioni, per ovviare in parte al problema, è in uso da anni il Taser (la pistola elettrica che stordisce l’aggressore), arma di cui Salvini ha di recente autorizzato la sperimentazione (iniziata mercoledì) in 12 città italiane, tra cui Torino. E lì è piombata la burocrazia garantista, con questo regolamento procedurale: prima di usare il Taser devi mostrarlo, senza estrarlo. Se il gesto non ha effetto, puoi estrarlo e puntarlo. Se ancora non basta, puoi accendere i puntatori laser. Se il balordo non desiste, puoi premere il bottone che fa l’arco voltaico tra i due elettrodi, in modo che il malvivente lo veda e ne oda lo sfrigolio. Ad ogni fase devi dire a voce alta cosa stai facendo. Se a questo punto non sei ancora morto sotto i colpi del machete, puoi sparare, avendo cura di evitare, nell’ordine: testa, collo, plesso solare, inguine. Da non usare, sempre e comunque, in presenza di: fiamme libere, distributori di carburante, boschi, materiali infiammabili, donne incinte, minori. Dopo l’utilizzo devi: staccare gli elettrodi dal colpito, chiamare un’ambulanza ed allertare il pronto soccorso, recuperare gli elettrodi, i cavi, la cartuccia esplosa e i coriandoli identificativi (l’arma spara anche dei coriandoli numerati) e consegnare il tutto in ufficio, collegare il Taser ad un apposito computer che scaricherà dalla memoria interna il report di utilizzo, dal quale si evincerà se è stata rispettata tutta la procedura. Capito? I delinquenti, come al solito, se la ridono. [email protected]

    FOTO D’EPOCA Emile Champuis vince a Parigi i Campionati nazionali francesi del 1929

  • SPIRIDON/11

    Il caldo soffocante di quel pomeriggio di luglio diede a Claudia il definitivo colpo di grazia. Eppure le era piaciuta quella passeggiata lungo la strada che costeggiava il lago: su un lato il bosco di conifere, all’opposto la superficie verdissima e colma di sfumature dell'acqua, con l’incessante movimento degli uccelli acquatici che arrivavano a lambire i ciottoli bianchi della spiaggia. Claudia, che avvertiva da un po’ delle strane vertigini, prima di perdere i sensi ebbe l’acume di piegare le gambe e allungare le braccia, evitando così una rovinosa caduta. L’amica Sonia, non si era accorta del suo malessere e quell'evento inaspettato la mise nel panico. Le altre quattro donne della compagnia erano talmente spaventate da non poter fornire alcun aiuto. Con loro c’era un uomo allampanato e ossuto: Anselmo Perini. Il settantenne non si poteva definire di bell'aspetto. Due pungenti occhi neri sbucavano sotto una fronte bassa e rugosa; i capelli radi erano corvini, le sopracciglia e i baffi grigi, il naso aquilino affilato. Indossava un completo di cotone beige e un cappellino tipo baseball dello stesso colore con una vistosa scritta a caratteri cubitali bianchi. Come emerge dalla descrizione, il Perini era un uomo dalla presenza tutt'altro che attraente; tuttavia, il suo tempestivo intervento fu provvidenziale. Estrasse dal suo minuscolo zaino un thermos, versò un po' d’acqua ghiacciata sul fazzoletto immacolato che gli spuntava dal taschino della giacca e tamponò con cura le tempie di Claudia. Quando la donna cominciò a riprendersi, la incitò a bere a piccoli sorsi, infine l'aiutò a rialzarsi e, sostenendola per un braccio, le fece riprendere lentamente il cammino. Sonia, rinfrancata dall’intervento dell'uomo, le si mise al fianco prendendola per l'altro braccio, così, con quella sorta di triade traballante in testa, gli anziani gitanti, che davano piuttosto l'idea di sopravvissuti a una catastrofe, raggiunsero l'hotel.

    Il Perini si diresse subito verso una delle tante poltrone di vimini che stavano sulla ghiaia all’esterno e vi appoggiò cautamente il corpo accaldato della donna. Claudia fu assistita dalle amiche e dell'uomo si persero momentaneamente le tracce. Qualcuna delle soccorritrici disse di averlo sentito gridare: “ Il mio cappello! “ e di averlo visto dirigersi di buon passo verso il lago. Claudia, allungata sulla poltrona, aspettava il suo ritorno, mentre le amiche erano ritornate nelle loro camere. Il suo viso era ancora liscio e sorprendentemente privo di rughe, mentre lo sguardo, attraverso l'espressione dei pacati occhi castani, esprimeva una serena compostezza. I capelli scuri ondulati facevano intravedere pallide striature che tuttavia non sminuivano la freschezza del volto, mentre le mani, lisce e affusolate, seguivano lo stesso canone. Insomma, era una donna che portava egregiamente i suoi sessant’anni.

    Il signor Perini finalmente riapparve. Dopo essersi lasciato cadere sulla poltrona accanto a quella di Claudia, sbuffò facendosi aria con le mani.

    “ Non so come ringraziarla signore, se non fosse stato per lei! “. “ Mi chiamo Anselmo Perini, mi chiami pure Anselmo! “. “ Come vuole… “, rispose Claudia titubante. “ Come posso sdebitarmi? “. Intanto non poteva non notare, con un certo disgusto, l'unghia del dito mignolo della mano destra dell’uomo:

    sembrava una lama appuntita! Le altre dita erano di lunghezza normale. Lui rispose dopo una breve esitazione: “ Si ricorda del mio cappello? “. “ Prego? “, rispose sorpresa la donna. “ Ma sì... Il cappellino beige con la scritta! “. Claudia, sempre più confusa, rispose: “ Mi scusi… Ma il suo cappello proprio non… “. “ Non importa “, ribatté il Perini. “ Fatto sta che durante il suo soccorso l'ho perduto! “. “ Oh! Mi dispiace! Non è molto distante il punto dove… ”, rispose la donna. “ Sono appena ritornato laggiù ma del cappello nessuna traccia! “, precisò l'uomo. Dopo una pausa per

    deglutire, fissare il vuoto e lisciarsi una manica della giacca, riprese: “ Stavo pensando… Se si vuol sdebitare potrebbe regalarmene uno nuovo! ”. Dopo aver pronunciato in fretta queste parole, rifugiò lo sguardo sulla ghiaia dell’ingresso. Claudia rimase di stucco, comunque rispose algida: “ D’accordo… Se è questo che vuole… Adesso mi scusi, salgo in camera! “. Il Perini si alzò lestamente e, dopo un goffo accenno d’inchino, rimase impalato a fissare la donna che si

    dileguava all’interno. Claudia era appena uscita dalla doccia e si stava preparando per la cena. Guardò di sfuggita il minuscolo orologio d'oro appoggiato sul comodino per valutare il tempo che le rimaneva

    prima di vestirsi e truccarsi. Indossò l'accappatoio e se lo strinse alla vita con un profondo sospiro: doveva assolutamente dimagrire! Il recente malessere era stato un avvertimento da non sottovalutare. Si propose così, al rientro dalle vacanze, di intraprendere una dieta ferrea. Uscì così com'era sul balcone, dopo aver attraversato la sua stanza arredata con mobili in stile e calpestando, tra scricchiolii di diverse tonalità, il pavimento in legno d’ulivo.

    Il suo alloggio si trovava all'ultimo piano dell'hotel e aveva, appesi al balcone, su tutto il fronte, una serie di vasi colmi di gerani in piena fioritura.

    Osservò, appoggiando le mani alla ringhiera e respirando a pieni polmoni, il bosco di pini secolari e tigli, poi il lago al tramonto, infine le guglie svettanti del gruppo del Brenta, immaginando un panorama ottocentesco con poeti

    e letterati che si avventuravano verso quei monti del Trentino su carri sgangherati trainati da robusti buoi. Poi, continuando a fantasticare e sempre ispirata da quel paesaggio suggestivo, fece una riflessione:

  • SPIRIDON/12 “ L’intero quadro, più che uno scenario alpino ricorda un immaginario paesaggio di qualche grande pittore

    romantico del passato…”. Le sue astrazioni furono bruscamente interrotte dalla comparsa di una presenza all’orizzonte; all'inizio non lo

    riconobbe, poi lo mise a fuoco: era proprio il Perini. Aveva cambiato abito, ora indossava un completo scuro, per questo non l'aveva riconosciuto subito. Nell’immaginario di Claudia quell’intrusione fece l’effetto di un tocco pittorico infelice. Girò sui tacchi e rientrò indispettita.

    Il giorno seguente, nel paese vicino, si teneva il caratteristico mercato settimanale. Di buon mattino, Claudia salì sul piccolo bus dell’hotel, diretta a quell’evento. Trovò il banco che le interessava e cominciò a passare in rassegna i vari modelli di cappelli; non dovette cercare molto perché, poco dopo, le si materializzò davanti il cappellino descrittole dal Perini. Recava addirittura la stessa scritta bianca a caratteri cubitali! Nel copricapo cambiava solo il colore, quello che teneva tra le mani era marrone. Domandò se ne avessero uno beige ma si sentì rispondere dal commerciante che era l'unico rimasto. La settimana precedente era stato venduto il modello di quel colore a un signore anziano, probabilmente un villeggiante. Soddisfatta per l'acquisto e impaziente di liberarsi di quell’impegno grottesco, appena arrivò all'hotel si sedette sulla solita poltrona di vimini. Non dovette aspettare molto perché il Perini, quasi fosse appostato, le si materializzò davanti.

    “ Posso? “. “ Certo signor Perini! “. “ A proposito, le ho trovato il cappello! “. Alla vista dell'oggetto l'uomo balzò in piedi visibilmente emozionato e con entusiasmo esclamò: “ Ma è uguale a quello che ho perduto! Come ha fatto a trovarlo! Grazie Signora! “ e subito se lo ficcò in testa. “ Be', proprio uguale no… Il colore nella sua descrizione era beige, ma questo era l'ultimo rimasto “. Claudia aggiunse con tono perentorio: “ Così, signor Perini, col cappello siamo pari! “. L'uomo la guardò in trance.Claudia non gli concesse altro spazio e alzandosi gli disse: “ Bene, ci siamo sistemati… Ora la lascio, mi devo preparare per il pranzo “. Detto questo, si voltò ed entrò nell'hotel. Il Perini si diresse lentamente verso il lago, sembrava assorto. I giorni seguenti, con la vacanza agli sgoccioli, Claudia non poté fare a meno di notare, con inquietudine, la

    presenza costante del signor Perini. Se lo trovava intorno dovunque andasse: in piscina, nel parco, in riva al lago... Lui si era fatto addirittura cambiare posto a tavola: era riuscito a farsi spostare in un posto strategico, abbastanza

    vicino al suo tavolo e in posizione ideale per averla di fronte. Ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, lui sorrideva producendosi nel solito goffo inchino. Claudia non sopportava più quella presenza asfissiante e contava i giorni che mancavano alla partenza. Quella vacanza la sognava tutto l'anno e ora per colpa di quell'individuo... Si sforzò comunque di non pensarci troppo, la sua natura non era incline al pessimismo. Sorretta quindi dal suo buon carattere arrivò alla fine del soggiorno soddisfatta e ritemprata. Il pomeriggio dell'ultimo giorno, mentre stava giocando a carte con Sonia all’esterno, sentì quest’ultima sussurrare:

    “ Sta arrivando! “, “ Chi? “, reagì allarmata Claudia con uguale tono di voce. “ Il tuo spasimante! “. L’uomo, come un falco in picchiata, planò alle loro spalle. “ Mi perdoni Signora! “. La voce del Perini la fece sussultare. “ Le dovrei parlare… “. Claudia, spazientita e senza neanche voltarsi rispose seccamente: “ Adesso, come vede, non posso! “. Il Perini non fece una piega. “ Mi scusi tanto… Posso aspettare “ e si sedette lì vicino, paziente. Le due donne continuarono a maneggiare carte per dieci minuti buoni. Alla fine Sonia ricompose il mazzo e se ne andò, lasciando Claudia da sola in balìa del Perini. “ Allora signor Perini, cos’aveva da dirmi? “. Esordì Claudia con tono rassegnato. L’uomo nel frattempo si era alzato avvicinandosi e, dopo essersi tolto cerimoniosamente il cappellino, disse: “ Signora, da quando l’ho vista la prima volta! “... “ Insomma… Le vorrei fare un regalino! ”. Claudia notò la forma della mano destra del Perini racchiusa a pugno e ficcata nella tasca della giacca, come stesse

    stringendo qualcosa di estremamente piccolo. “ Senta signor Perini, come le ho già detto lei non mi deve proprio niente! Le ripeto che col cappello siamo pari e

    sia finita qui! “. L'uomo impietrì e, dopo aver deglutito vistosamente, si rimise mestamente il cappellino. “ Mi scusi signora… Mi scusi! “. Dopo aver pronunciato queste parole con voce atona il signor Perini si voltò e, a testa bassa, prese la strada del lago.

    Claudia lo vide rimpicciolire e poi sparire in fondo. Il giorno successivo Claudia salì sul bus che l'avrebbe riportata a casa. Seduta accanto a lei c'era l’inseparabile Sonia.

    “ E anche quest'anno mia cara Claudia, le vacanze… “. Ma l’amica non la stava ascoltando. C’era una mano appoggiata sulla sponda del sedile avanti, una mano che

    sbucava dalla manica di una giacca di cotone beige.

    Sul dito mignolo a lama, sfavillava imperiosamente un anello d’oro con brillante. Ermanno Gelati