Percorso di lettura: la poesia delle donne dal Novecento ... · • Fu amante dello scrittore...

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“ Voci di donne” Percorso di lettura: la poesia delle donne dal Novecento ad oggi Azione teatrale classe 5C a.s 2014/2015

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“ Voci di donne” Percorso di lettura: la poesia delle donne dal

Novecento ad oggi

Azione teatrale

classe 5C

a.s 2014/2015

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Introduzione

Durante le “Giornate delle biblioteche scolastiche” (24-31 ottobre 2014) abbiamo

partecipato all’incontro “Dinnanzi alla rosa impara” tenuto dalla poetessa Monica

Matticoli che ci ha parlato della poesia delle donne dal Novecento ad oggi.

Al termine della conferenza abbiamo deciso di mettere in scena una breve azione

teatrale.

Abbiamo individuato ed analizzato alcune fra le poesie presentate, soffermandoci

sui versi e le strofe che ci hanno colpito maggiormente.

In seguito abbiamo realizzato una piccola performance, durante la quale ci siamo

divise in gruppi a seconda delle poetesse scelte e abbiamo recitato le poesie

relative.

L’utilizzo di semplici ma essenzialielementi scenografici, come candele e fogli di

pergamena, ha contribuito alla creazione di un’ atmosfera intensa ed emozionante.

Sulle note di una dolce melodia eseguita con il flauto traverso e la chitarra

classica,abbiamo dato voce ad alcune poetesse italiane, spesso dimenticate dai libri

di scuola.

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Le poesie

Ada Negri ………………….………………………………………………………….p.4

• “Tempo”

• “Il dono”

Sibilla Aleramo…………...……………………………………………………….. p.6

• “Chiudo il tuo libro”

• “In un momento”

Amalia Guglielminetti….…………………………………………………………p.9

• “La parola”

Joyce Lussu…………………..…………………………………………………………p.11

• “Joyce si descrive”

• “Vorrei sapere quando ti ho perso”

• “C’è un paio di scarpette rosse”

Patrizia Cavalli……………..………………………………………………………….p.15

• Frammenti da “Pigre divinità e pigra sorte”

• Frammenti da “L’io singolare proprio mio”

• Frammenti da “Il cielo”

Mariangela Gualtieri……………………………………………………………….p.19

• “Senza polvere senza peso”

• “Mio vero”

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Ada Negri (Lodi 1870 – Milano 1945)

• Di famiglia proletaria, Ada rimase orfana di padre molto presto. Grazie ai

sacrifici della madre riuscì a conseguire il diploma e a diventare insegnante.

• Si sposò con un uomo benestante ed ebbe una figlia.

• Frequentò i salotti letterari e cominciò a pubblicare con l’editore Treves ma la

sua attività, che pure le era valsa una dispensa speciale per l’insegnamento

nelle scuole superiori, fu causa di litigi col marito da cui si separò nel 1913.

• Seguì un’intensa fase di scrittura: fu molto apprezzata dall’ambiente

dell’epoca e la sua opera le valse il premio Mussolini.

• Nel 1940 fu la prima donna ad ottenere il titolo di Accademica d’Italia.

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“Tempo”

Giorno per giorno, anno per anno, il tempo

nostro cammina! L'ora ch'è sì lenta

al desiderio, tu la tocchi infine

con le tue mani; e quasi a te non credi,

tanta è la gioia: l'ora che giammai

affrontare vorresti, a cauto passo

ti s'accosta e t'afferra - e nulla al mondo

da lei ti salva. Non è sorta l'alba

che piombata è la notte; e già la notte

cede al sol che ritorna, e via ne porta

la ruota insonne. Ma non v'è momento

che non gravi su noi con la potenza

dei secoli; e la vita ha in ogni battito

la tremenda misura dell'eterno.

“Il dono”

Il dono eccelso che di giorno in giorno

e d'anno in anno da te attesi, o vita

(e per esso, lo sai, mi fu dolcezza

anche il pianto), non venne: ancor non venne.

Ad ogni alba che spunta io dico: "È oggi":

ad ogni giorno che tramonta io dico:

"Sarà domani". Scorre intanto il fiume

del mio sangue vermiglio alla sua foce:

e forse il dono che puoi darmi, il solo

che valga, o vita, è questo

sangue: questo fluir segreto nelle vene, e battere

dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti

unicamente perché sei la vita.

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Sibilla Aleramo (Alessandria 1876 – Roma 1960)

Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.

• A 16 anni è costretta a sposare un impiegato della fabbrica diretta dal padre,

dove anche lei lavorava, che l’aveva violentata.

• Come sua madre, che morirà suicida, ha disturbi depressivi dovuti alla

costrizione in cui è obbligata a vivere. Si affida all’amore per il figlio e alla

scrittura: collabora con riviste femministe, scrive recensioni di libri, critiche

letterarie, studi sociologici e commenti sulla vita quotidiana. Nel 1899 le

viene offerto di dirigere una rivista femminile: maturerà consapevolezza della

sua situazione e comprenderà che il solo modo per salvarsi è lasciare il marito

e, con lui, il figlio amatissimo che non rivedrà mai più.

• La sua storia è raccontata nel romanzo “Una donna” del 1906 caposaldo

dell’autobiografismo e del femminismo italiano che ebbe notevole successo

sia in Italia che all’estero.

• Ebbe un amore passionale, profondo e drammatico col poeta Dino Campana e

diventò un’esponente della vita intellettuale del tempo.

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• Attivissima per i diritti delle donne e dei più deboli, antifascista, dopo la II

Guerra Mondiale si iscrisse al PCI. Ha scritto moltissimi articoli per l’Unità e la

rivista Noi donne.

“Chiudo il tuo libro”

Chiudo il tuo libro,

snodo le mie trecce, o cuor selvaggio,

musico cuore…

con la tua vita intera

sei nei miei canti

come un addio a me.

Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli,

meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,

liberi singhiozzando, senza mai vederci,

né mai saperci, con notturni occhi.

Or nei tuoi canti

la tua vita intera

è come un addio a me.

Cuor selvaggio,

musico cuore,

chiudo il tuo libro,

le mie trecce snodo.

Sibilla Aleramo a Dino Campana, Mugello, 25/07/1916

“In un momento”

In un momento

Sono sfiorite le rose

I petali caduti

Perché io non potevo dimenticare le rose

Le cercavamo insieme

Abbiamo trovato delle rose

Erano le sue rose erano le mie rose

Questo viaggio chiamavamo amore

Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose

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Che brillavano un momento al sole del mattino

Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi

Le rose che non erano le nostre rose

Le mie rose le sue rose.

Dino Campana a Sibilla Aleramo, 1917

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Amalia Guglielminetti (Torino 1881 – 1941)

• Proveniente da una famiglia di piccoli industriali con ascendenze rurali e dai

saldi principi cattolici, potè studiare e dedicarsi completamente all’arte del

poetare e della scrittura.

• Donna di straordinaria bellezza, ebbe una vita attivissima, non si sposò mai e

in generale la sua condotta fu considerata scandalosa per l’epoca così come

immorali furono ritenuti molti suoi scritti (poesie, novelle, romanzi e

commedie; fra le raccolte poetiche ricordiamo Le vergini folli e Seduzioni).

Ebbe un amore platonico col poeta Guido Gozzano di cui è testimonianza

l’epistolario.

• Fu amante dello scrittore Pitigrilli, al secolo Dino Segre, con cui ruppe in

maniera scandalosa in un tribunale.

• I temi orgiastici, lesbici e coniugali stanno in una poetica profondamente

contrassegnata dal dannunzianesimo e da un uso, in poesia, di forme chiuse

come il sonetto.

• Collaborò con riviste letterarie e giornali e aiutò Mario Gastaldi a scrivere una

biografia che ridesse dignità e integrità alla sua vita e alla sua opera.

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“La parola”

Tu m'osservi: – È sì dolce quando tace

la tua bocca, se ride così arguta.

Ma perchè quando parla si trasmuta

ed è più amara quanto più loquace?

Sol fatta di silenzio è la mia pace,

vigila il cuore se la bocca è muta.

Se parla, in suono, in voce, va sperduta

quell'intima armonia che in me ti piace.

La parola è un potere violento

che mi strappa una parte di me stessa

e la disperde, come piuma al vento.

Io vorrei, pur con bocca taciturna,

veder l'anima mia in te riflessa,

sentirmi chiusa in te come in un'urna.

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Joyce Lussu (Firenze 1912 – Roma 1998)

• Figlia di Guglielmo Salvadori, filosofo, docente universitario e antifascista,

abbandonò con la famiglia l’Italia nel 1924.

• Visse all’estero gli anni dell’adolescenza in ambienti cosmopoliti,

culturalmente ricchi e politicamente impegnati. Studiò filosofia in Germania,

dove vide nascere il nazismo, e si spostò in Francia e in Portogallo dove si

laureò in Lettere alla Sorbona di Parigi e in Filologia a Lisbona.

• Tra il 1933 e il 1938 viaggiò in più zone dell’Africa dove si battè contro il

colonialismo e lo sfruttamento.

• Entrò a far parte del movimento Giustizia e Libertà e nel 1938 incontrò Emilio

Lussu, compagno e marito fino alla morte e con cui visse la guerra, la

clandestinità, la lotta antifascista.

• Raggiunse il grado di Capitano e nel dopoguerra ricevette la medaglia

d’argento al valor militare, di cui fu fiera sia come resistente che come donna.

• Femminista, fu tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane.

• Dal 1958 e fino agli anni ‘90 si occupò di lotta contro l’imperialismo e per la

pace e di formazione soprattutto dei giovani.

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• Morì dopo una vita di lotte e di impegno civile, tenendo in mano un libro di

poesie.

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“Joyce si descrive”

Le mie origini sono acquatiche. Il mio elemento è l’acqua, l’acqua dolce delle

sorgenti dei fiumi, dei laghi; non l’acqua salata del mare, che non placa la sete ma la

rende più ardente e tormentosa, che isterilisce le spiagge uccidendo erbe e fiori col

susseguirsi implacabile delle onde, che ha una riva sola e dall’altra l’infinito ignoto,

troppo grande, troppo potente, troppo deserto. La mia acqua è l’acqua delle

sorgenti che sgorgano sul prato o tra i cespugli, dei fiumi che scorrono tra due rive

visibili e terrestri, dei laghi di cui si può fare il giro a piedi calpestando la solida terra.

Le donne non hanno un proprio nome. Le donne devono sempre portare il nome di

un uomo, o è il padre o è il marito. Il padre me lo sono trovato, il marito me lo sono

scelto: c’è un briciolo in più di autonomia. Mi chiamo Joyce Lussu. È stata una

decisione politica e culturale quella di portare il nome del mio compagno.

“Vorrei sapere quando ti ho perso”

Vorrei sapere quando ti ho perso

in quale data in che momento

forse quel martedì ch’ero triste

o un mese prima d’averti visto

forse quella domenica pomeriggio

ch’ero allegra e parlavo troppo di me

forse in una data remota

inesplicabile e ignota

come il tre marzo del millenovecentotré.

Vorrei sapere dove ti ho perso

in che punto preciso della città

forse davanti ad un semaforo

forse in un bar o in una stanza

forse dentro ad un sorriso

forse lungo una lacrima

che colava giù per una guancia

forse tra le aureole gialle dei lampadari

sospese nella nebbia dei viali.

Vorrei sapere perché ti ho perso

il motivo la necessità dell’errore

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forse perché non c’è tempo

o perché c’è stato l’inverno

e adesso viene la primavera

ma con tanto poco sole

tra i muri d’acciaio e cemento

che tremano per il rumore

delle macchine, delle fabbriche, degli ascensori.

Ma non voglio sapere che ti ho perso che ti ho perso

e dove e quando e perché.

“C’è un paio di scarpette rosse”

C’è un paio di scarpette rosse

numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede

ancora la marca di fabbrica

Schulze Monaco

c’è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio

di scarpette infantili

a Buchenwald

più in là c’è un mucchio di riccioli biondi

di ciocche nere e castane

a Buchenwald

servivano a far coperte per i soldati

non si sprecava nulla

e i bimbi li spogliavano e li radevano

prima di spingerli nelle camere a gas

c’è un paio di scarpette rosse

di scarpette rosse per la domenica

a Buchenwald

erano di un bimbo di tre anni

forse di tre anni e mezzo

chi sa di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni

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ma il suo pianto

lo possiamo immaginare

si sa come piangono i bambini

anche i suoi piedini

li possiamo immaginare

scarpa numero ventiquattro

per l’eternità

perché i piedini dei bambini morti

non crescono

c’è un paio di scarpette rosse

a Buchenwald

quasi nuove

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole.

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Patrizia Cavalli (Todi 1947)

• Oltre all'attività poetica si dedica a traduzioni per il teatro. Nel 1992 Einaudi

ha raccolto nel volume Poesie i due libri Le mie poesie non cambieranno il

mondo (Einaudi, 1974) e Il cielo (Einaudi, 1981), con l’aggiunta della sezione

inedita L’io singolare proprio mio.

• La sua scrittura poetica trova la propria misura in una dimensione quotidiana

e colloquiale.

• Ha tradotto Shakespeare e Molière.

• Con la raccolta Sempre aperto teatro, ha vinto il Premio Letterario Viareggio -

Repaci.

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DaPigre divinità e pigra sorte(2006)

“Amore non è vero che svolazza”

Amore non è vero che svolazza,

sta fermo e dorme invisibile nascosto

in caldo ripostiglio, il nostro corpo.

Ma quale sia precisamente il posto

finché sta fermo nessuno può saperlo,

quello che sceglie non è per tutti uguale.

Io certo non lo sveglio, però smania nel sonno

e so che adesso si è messo di traverso

proprio in quel punto dove mi fa male,

dietro la quarta vertebra dorsale.

“Io so qual è la parola giusta”

Io so qual è la parola giusta.

Io lo so e tu non lo sai

non lo sai perché hai paura

io lo so perché ho il coraggio.

Non è mio questo coraggio

però è mio quando ce l’ho.

“Amore semplicissimo che crede alle parole”

Amore semplicissimo che crede alle parole,

poiché non posso fare quello che voglio fare

non ti posso abbracciare né baciare

il mio piacere è nelle mie parole

e quando posso ti parlo d'amore.

Così seduta davanti a un bicchiere

in un posto pieno di persone

se la tua fronte si increspa veloce

io parlo ad alta voce nell'ardore

tu non mi dici fa meno rumore

che ognuno pensi pure quel che vuole

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io mi avvicino sciolta di languore

e tu negli occhi hai un tenero velame

io non ti tocco, no, neanche ti sfioro

ma nel tuo corpo mi sembra di nuotare,

e il divano di quel bar salotto

quando ci alziamo sembra un letto sfatto.

“E’ tutto così semplice, sì, era così semplice”

È tutto così semplice, sì, era così semplice,

è tale l’evidenza che quasi non ci credo.

A questo serve il corpo: mi tocchi o non mi tocchi,

mi abbracci o mi allontani. Il resto è per i pazzi.

“Tu mi vorresti come uno dei tuoi gatti”

Tu mi vorresti come uno dei tuoi gatti

castrati e paralleli: dormono in fila infatti

e fanno i gatti solo di nascosto

quando non li vedi. Ma io non sarò mai

castrata e parallela. Magari me ne vado,

ma tutta di traverso e tutta intera.

Da L’io singolare proprio mio (1992)

“Penso che forse a forza di pensarti”

Penso che forse a forza di pensarti

potrò dimenticarti, amore mio.

****

Bella mia vallo a dire a mamma tua!

Io sono bella, ma non sono tua.

Da Il cielo (1981)

“Ti odio perché non ti amo più”

Ti odio perché non ti amo più,

perché non poso perdonarti

di non riuscire più ad amarti.

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Mariangela Gualtieri (Cesena 1951)

• Poeta e drammaturga, comincia a scrivere in seno al Teatro Valdoca da lei

stessa fondato insieme al regista Cesare Ronconi.

• Cura la consegna orale della poesia – con letture di versi in Italia e in vari paesi

del mondo – dedicando attenzione all’apparato di amplificazione della voce e

al sodalizio fra verso poetico e musica dal vivo.

• La sua attività pedagogica è ininterrotta, con laboratori di scrittura e,

attualmente, di lettura di versi al microfono.

• Tra i suoi lavori: Antenata 1992, Fuoco Centrale 2003, Senza polvere senza

peso 2006, Paesaggio con fratello rotto 2007, Bestia di gioia 2010, Caino 2011.

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“Senza polvere senza peso”

a Cesare

Non sono capace, amore, di farti un canto.

Tu sei tutto di spine e di fuoco

e mi tieni lontana dal tuo cuore

pericoloso. Io non so bastarti alla gioia

e così poco così poco mi pare

t'incanto, sollevo quell'ombra scontrosa

che tu sei tutto d'amaro e furore

tu sei in urto e sperdimento

mio velocista, mio primatista del cuore

mio barbarico ragazzo di vento

mio torrente furioso

arrivi alla mia acqua quieta

con onde e sonagli e pepite d'oro.

Vecchio fiume saremo un bel giorno io e te,

io acqua e tu moto, io sponda e tu vento,

io pioggia e tu lampo,

io pesce e tu guizzo d'argento

io luna riflessa, tu cielo tu spada

d'Orione, tu tutto l'amore umano

che tento che tento

d'amarti per bene

mio grembo splendenza.

E tu prendimi

portami con te

come un incendio

nelle tue abitudini.

Da Bestia di gioia(2010)

“Mio vero”

Sii dolce con me. Sii gentile.

È breve il tempo che resta. Dopo

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saremo scie luminosissime. E quanta nostalgia avremo

dell'umano. Come ora ne

abbiamo dell'infinità.

Ma non avremo le mani. Non potremo

fare carezze con le mani.

E nemmeno guance da sfiorare

leggère.

Una nostalgia di imperfetto

ci gonfierà le particelle lucenti.

Sii dolce con me.

Maneggiami con cura.

Abbi la cautela dei cristalli

con me e anche con te.

Quello che siamo

è prezioso più dell'opera blindata nei sotterranei

e affettivo tiepido fragile. La vita ha bisogno

di un corpo per essere e tu sii dolce

con ogni corpo. Tocca leggermente

leggermente poggia il tuo piede

e abbi cura

di ogni meccanismo di volo

di ogni guizzo e volteggio

e maturazione e radice

e scorrere d'acqua e scatto

e becchettìo e schiudersi o

svanire di foglie

fino al fenomeno

della fioritura,

fino al pezzo di carne sulla tavola

che è corpo mangiabile

per il tuo mio ardore d'essere qui.

Ringraziamo. Ogni tanto.

Sia placido questo nostro esserci -

questo essere corpi scelti

per l'incastro dei compagni

d'amore.