i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe...

98
-'· I I ti~ i ji;

Transcript of i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe...

Page 1: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

-'·

I

I

ti~

i:ji;

Page 2: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

FRANCESCO MASTRIANI

PARTE PRIMA

.ROM ANZI

Page 3: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

)roprieth letteraria, dell' editore 6av. Gennaro Salvati acquistata

~ogito per notar Tucci.

Page 4: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

PRAN_\CESOO' IIASTRIA~NI

IL

CONTE III CASTEEMORESCOROMANZO

NAPOLISTAB. TIP. CAV. OENNARO SALVATI

(Dasa Editrice)

Maddalenella degrli Spagrnoli, 19

Page 5: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

i-A

Page 6: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

P3arfe P;rima

LA FRANA

Non vi ha certamenite napolitano il quale non abbia veduta lai

Valle di Gragnano, renduta famosa eziandio merceb ' opera

del pennello dei nostri Fergola, Smargiassi e Palizzi. E, per

verita, un paesista non pub avvenirsi in un sito ehe maggiore

varieth gli offra di naturali bellezze, vuoi ridenti ed amene per lusso di

vegetazione e per accidenti di luce, e di acque, vuoi sublimi e solenni per

iscrollate rupi e per g·randezze di ruine. Due dilettosi villaggi, Lettere e

Pimonte, sovrastano alla valle come due ghirlande di flori.

Questa leggiadra valle 6 nonpertanto ricordata non poche volte con

dolore nella storia del paese; perciocch6 di funestissimi casi vi sono ae-

caduti, ini quel sito propriamente che viene da que' villici addimandato it

luogo dellafr·ana.

Noto 6 a coloro i quali da Castellammare traggrono a Gragnano, chie,

alcun poco discosto dalla via, giace un villagrgio a nomne Piazza del Tri-

vione. Situato a pie' del monte di Belvedere, ha sulla destra una parroc-

chiia, aceanto alla quale una stradella conduce sull' erta del monte. Ap-

presso alla chiess vedesi un palagio di vecchia costruzione, le cui spalle

guardano it motite medesimo; e, alcun tempo fa, pidl verso Castellam-

mare, sorgeva il Rione del Tricioacello, nel quale era un molino addi-

mandato it molino delle Capre:alquante villerecce casipole si scorgreano

nelle circostanze di questo molino.

Antiche tradizioni del paese, e qualche cronaca recente narravano

antichii e recenti casi di orribili scoscendimenti del monte per effetto di

alluvioni e di uragani. La posizione perpendicolare del monte, la natura

del suo terreno, ed altre naturali cagioni venivano a corroborare la sto-

ria di cosiffatti disastri avvenuti con grave perdita di uomini, di bestiame

e di case. Ci6 non pertanto, essendo qIueste sciagur·e accadule in tempi

pidi o meno remoti, pidl non vi si pensava dagli abitanti del villaggio, i

quali viveano nella mnaggiore sicurth: del mondo. E,, se alcuna volta i pidi

Page 7: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

vecch'i ricordavano i casi recepti, o a' pid glovani raccontate :venisserossi-miglianti. peripezie, era soltanto per rallegrarsi eb~e pid. non fossero av-venute di tali deplorabili tragedie fiaturali, e subitamente eran poste inobblio, £16 pidi ingeneravano sospotto o temenza alcuna per l' avvenire,,come di accidenti impossibii o loatanissimi.

Ed in questa spensierata sieurezza traevano placidamente i lorogiorni gli abitanti del Rione del Trioloncello, i quali si riducevatio aduna quaraintina di famiglie, -esercitanti per lo pidi il mestiere di caprai,di vignaiuoli e altri simili. Altrettante abitazioni si contavano presso apoco quante 'famiglie ivi erano.

La bonth e la semplicith de' costumi di queste famiglie facevano delRione grata stanza .a qualche artista o viaggiatore che vi si tratteneaper alquanti giorni, allettato eziandio dalla vaghezza rlel sito e dalia sa-lubrith di un' aria elevata e pura, confortatrice della vita.

Stando adunque nella maggior tranquillita e sicurezza que' buonivillici, una sera del mese di gennaio delP>anno 1816, 11 tempo, che du-rants tutto it glorno erasi mostrato souro e minaccigs oe grea fatto udirea brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente intale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

La piogg;ia dirottissimna parea chie reondesse nuova lena, vigrore e.alimento gidi per le falde del monte, ingrossata con tutto eib cui si ab-batteva nel suo precipitoso ca-rimino; sicchë 10 scroscio d' acqua e·ra spa-ventevol eesoffocava ogni altro rumore.II furioso torrente trasportaiva nelsuo cieco impeto masse di rocce calcaree vulcaniche, tronchi e rami dial!beri, sterpi, pietre e quant'altro raccog·lieva gid per la china.

Frequenti lampi gittavano a corti intervalli un sinistro simularrodella luce diurna su quella scena di ruina; ma i tuoni si taceano da qual-chie.temnpo, e soltanto un continuo e sordo muggire si perdeva net fra-casso delle acque che si seioglievano a cateratte.

Di repente, it diluvio cess6, alcun poco: un colpo orribile di ventoscosse quella valle, in cut caddero a precipizio annosi alberi; e quindiscoppio una saetta accompagnata da un tremendo fragore di tuono.

Nel silenzio che tenne dietro a ~questo scoppio di fulmine, una voceumana echieggio nella valle. Questa voce diceva:

- Salvatevi, salvatevi, 0 abitanti del Rione. La ruina delle vostrecase 6 imminente: la frana ci é sopra; il molino 6 rimasto atterrato.

Un grido dli morte succedette a questa voce di piet8.La cas·etta del pietoso che avea parlato fu subissata dalla plena dlelle

acque unitamente al suo padrone.La ruina del molino fece altre vittime; tra le quali un padre con due

figliuoli furono trov~ati morti svhiacciati sotto un tavolo.Quel grido di spavento messo da quella prima vittima avrebb>le do-

vtito indurre gli abitanti del Rione a salvarsi con pronta fuga da qluelsito minaccialo, e che per 10 addietro aveva sofferto tristi esempli dislimili disastri. 191 egli interviene il pidi delle volte che l'uomio, allapresenza di un gran pericolo rimane stordito, immobile, ineapace di unaqlualsiasi determinazione decisiva; mentre sono questi per 10 appunto imomenti in cui é duopo di energia e di operosit8.

Page 8: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

Gli abitanti del Rione, alterr·iti da quello avviso di morte, invece disottrairsi al pericolo che li minacciava, rimnasero nelle loro case prestan-do per-plessi le oreechlie ad ogrni sinistro rumore, e spalaneando gli occhiismarriti ad ogni g~uizzo di lampo. Alcuni spinsero la fiducia fino ad ab-bandonarsi al sonno.

Incautil Non era quella infausta notte al mezzo del suo corso, chieun altro scoppio di tuono vie pidi terribile rimbomnbava come 10 scoppiodella collera di Dip, e nel tempo stesso la pendice franata del monte rui-nava con us fragore indicibile, e atterrava le case che eran pr·esso il viot-tolo non meno chie quelle del Rione.

Cento grida di morte furono soffocate sotto le ruine delle abitazioni.Nessdna peana potrebbe descrivere it quadro straziante che tenne

dietro alla caduta della franla; nB noi ci arrischiamo a tentar·lo, ch8 dapid delle nostre forze 6 l'imnpresa.

Famiglie intere rimasero sepoite sotto venti palmi di terreno; e mne-no sventurati degrli altri furono da estimar coloro I quali trovarono unapronta morte sotto le pietre; laddove altri pidl infelici d'assal si ebberouna d]isperata agonia di pareechie ore, e alcuni eziandio di una intera glor-nata. La maggior parte di queste vittime riposavano tranquillamnente imi-merse nel sonno allorch6 furono colpite dal disastro omnicida.

Lo scavo de' cadaveri eseguito ne' glorni consecutivi presento talespettacolo di commiserazione che abbondanti lagrime pioveano dagrli oc-chi degli astanti. Qui vedevi il cadavere d' un vecehiio, le cui tarde mem-bra si eran forse riflutate alla celerité della fuga; pidl in 16, una mnadreche facendo un arco del proprio corpo ave^a cercato di salvare i suoii fi-gliuolini strettemente abbracciati s3tto di lei; la quale, non ostante gli i-nauditi storzi d' un disperato amnor materno, avea dovuto, schiiacciata,schiiacciare quegl'innocentil Piid Jungri, era it cadavere d' una fanciulla,a meta vestita, il cui ultimo pensie.ro era stato forse un pensiero di pu-dore. Nè tutti vogliamo noverare i dissepolti avanzi di quegli svenituratiabitanti del Rions.

La storia di questo disastro é regristr·ata negli annali del nostro pae-se; e, se offre una pagina di pianito e di luitto, presentla in pari tempo unapagina onorevole per grli abitanti del circonvicini villagrgi; i qIuall, ani-mati da quella cristiana pieta che miai non vien manco nel petto dei na-politani, can ogni loro possa dieder·o opera a raddoleire inl parte grli ef-fetti della frana, qui raccogliendo orfanelli e. vedove; ivi mettendlo a con-tribuzione i ricchi proprietarii di Castellammnare e dintorni a fine di pro-cacciare larghe elemnosine ai superstiti danneggriati nielle, famiglie c nellesostanize.

Né possiamo tacere del provvedimenti efficaci e pronti onde il Co-mune concorse a sollevare le poche famigrlie sfuggile alla rovina dlellafunesta notte.

La mattinla susseguente all'orribile tragedlia, un uomno di bello a-spetto, che non mostrava pidi r cinqluanltanni, vestito coni moltissima sem-plicita, visitava, non sappiamno se per curiosita o per altro motivo, qIuellascena di desolazione. Egli avea gli occhi bagnati di lagrimei, e, a griudli-carne di qluesto testimonio incontrastabile di pieta, ci ora da supporre chie

Page 9: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

un sentimiento di filantropia, non fosse estraneo alle ragioni che lo indu-

cevano secalcare i rottami del sepotto Rione: sv pur quel nobil sentimsn-

Sto non fosse il solo chie in lui parlassa. Infatti, secondo che on cadavere

veniva disseppell to disotto alle rovine, quegrli informavasi del n3me e

dello stato della vittima intelice; e, se una vedo\ra. se un orfano, se 'no

featello era quivi o altrove, quelP' uomo ne preadea nota sopra un veechio

e gid -logroro taccuino. E cib fece per lo spazio di parecchie ore, rimna-

nendo impassibile ailla pioggia; la quate, benché leggiera, rion avea ces-

sato un sol momento dal piangere su qIuelle dolorose macerie.

Quest' uomo parlava con una certa eleganza di favella, area mnodi e-

steemamnente garbati e placevoli: sicché non miolto tempo erai passato da

chie egli era ivi, e una calea di gente incomincib a stringersi inflorno a

lui, in mezzo alla quale una quanitith di mendlichii cercavanio vantaggiarsi

delle disposizioni- caritatevoli che egli addimostrava. E la pid parte d·i

quelli chie lo circondavano, senibravano che da gran temrpo il conosoes-

sero, perciocch6è con alquanta familiarith, n'on digiona di rispetto, gli di-

rizzavano la parola, e risponidevanio alle sue interrograzioni.

E·, mentre costui si occupava a tal modo nel registro de' nomni delle

vittime e dei superstiti, seniza chie nulla rivelasse in ini un uticiale e-

spressamente spedito dall'autorita, e mentre tutti gli si facevanîo di at-

torno, siccome suole intervenice in ogni riscontro che eceiti la curiosith

pei nostri popolüni, un giovinetto, seduto sul Zroneo rovesciato di un al-

hero a qualche distanza dal crocchiio di che parliamo, si. seloglieva in ab-

bondanti lagrime, sembrando comnpreso da profondissimo duolo.

Egli era semplicemente: difeso dalle intemperie da una camicia di

rozza tela e da una specie di calzoni a mezza g;amb~a, come soglion por-

tarli i mnarinai e la gente povera di quei dintorni: avea in tasta it berret-

tone rosso alla foggia dei popolani di Castellammare.

Questo povero vestimento, facea singolar contrasto Coi nobili linea-

menti del suo volto gentile, pallido per dolore e forse per fame. E~gli

non si era curato di avvicinarsi all' incognito assieme cogrli altri per imn-

plorare la liieta di lui o farst registrace a q! cuel taeculuo: parea clIe so-

gira ogni altra cura e pensiero gli stesse nell'animo il gran cordoglio

della pardita di qlualchie pvrsona a lui carl. NB poteva altrimenti essere,

peroechè tra le vittimie del disastro contavansi forse ambo i suoi geni-

tori. Egli plangreva? ma senza empirne l' aria, senza schiamazzo veruno,

piangeva con la rassegnazione d'uni uomio e non d'un fanclullo: quasi

quasi sarebbesi dletto ch'egli volesse nascondere le suie lacrime agrli a-

standi.

Non si tosto> 1' inogniito ebbe a caso levati gli occhi so qluesto fan-.

ciallo, che, allontanati con le mani e dolcemrente imendichi e le altre

persone che il circonidavano, si fece incontro a lui; e, quando fu a poca

distanza, levb una lente agli occhii e lungamente it contempl6 pria di ri-

volgergli la parola.

11 glovinetto, tutto imnmerso nel suo dolore, parea non badasse di es-

ser f'atto ssgno alla sosteauita ossarvazione di quelP> oomo.

Dopo alquanti minuti, P'incogonito, a cui facevan cerchiio quelli stes-

si chie per' 10 dinanzi, cosi dirizzb il discorso a qluel fanciallo;

Page 10: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- Che nomeG hai tu, bel glovinetto ZQuesti, scosso come a soprassalto da questa dlimanda, cessb, dal la-

grimare, rag;grott6 alquanto le sopraccigrlia, guard6 quel signore :alcunpoco fisamente, indi, incoraggiato forse dalla benevola espressione delvolto di lui, gli rispose:

- Mi chiamo L;uigi Montero.- A chi sei figlio t- A chi ero figrlio, volete dlire -rispose it fanclullo con un accorgi-

meiito superiore at suo stato- leri fo aveva mio padre e miia madre, ave-vo un fratello ed una, sorella, ed ogagi.... guardlateli.

E clo dicendo, additava non lungai dalia scena di desolazione, e pro-priamente in su la via che mena alla Piazza del Casale, una specie dicasa, in cai, ricoperti dia un lenzuolo, eran quattro cadaveri di frescotratti dalle ruine.

Quell` uomo fu vivamente cornmosso; port6 uria mano su gli occhi,e stette in silenzio alcun tempo.

- Che cosa faceva tuo padre P- Egli era pilota e chiianiavasi Antonio.- E tuo fratello ?- Mio fratello era imbarcato sui legni della Real Marina; e solo da

quattro glorni iornato nel paese, vivea sotto quiel tetto che glié servito ditomb-a.

- E tu come seamnpasti da morte t- lo dormiva in una parte della casa, la quale é rimasta allagata

ma non sepoIta. La Vergine del Carmine ha voluto salvarmi, essenidomiriuscito di non rimanere affogato dalle acque. Meglio sarebbe stato se cifossi perito !

L' incognito semnbrO riflettere qualehie istante: indi, fermata in mentssua qlualche cosa, disse al fanciullo:

- Non é questo il modo di ringraziare la Provvidenza che hia volutoserbarti in vita. Dio non abbandona le sue creature. Vienii e seguimni.

Cib dicenido, senza dare il tempo al glovinetto di pensarvi, diessi acamminare frettolosamnente 1 l>rese la via che riesce innanzi alla parroc-chia del Trivione; indi, scendenido per la frana de' monti di Lettere, at-traversb il villagrgio di Casale, e spari, senza chie gli abitaniti avesseropidi potuto tenergli dietro cogli ocehi.

Egrli era semipre segruito da quel povero gliovinetto.

Page 11: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

UN UOMO OH-E HA POCHl EQUA;LI

i poco era spuritata l'alba d' un giornio di febbraio dell' anno

1828, e in una bell' abitazione di Castellamnmate, poco disco-Qsta dalla moresca casina del principe d Angri, era un gran

r ~movimnento di servi e di famigliari, un affaccendarsi, un conti-

nuo soniar dlel campanello, un entraire ed un uscire di artieri e di vendli-

tori, i preliminari insomma di qualehe solenne~ avvenimento. E~ che un

tale avvenimento esser dovesse lieto e festoso, il dimostrava la grioia chie

traspariva sulle sembianize della gente di casa.

E poscia, era un ripulire di suppellettill, uno spolverar di poltrone

e di sofA, un allucidar~e i pavimenti a mosaidi della maggrior parte delle

stanze dli quel quartiere, uno spazzolare i tappeti, un riporre i freschii

flori invernali ne' giarri del salotto maggiore: insomma un riforbir della

casa tutta e addobbarla a festa.

Era it di anniversario della nascita del magrnifico don Lorenzo del

Giglio, it piž ricco proprietario di Castellammare, il quale compiva it

sessantesime anno di sua vita.

Da Junga pezza era aspottato dagli abitanti di Castellammiare qluesto

glorno di giubilo della casa del Gigrlio; perocch6é sapeasi chie in questa)

f~austa occasione il dabben uomo di Lorenzo non avrebbe ritinato dal pro- -

fondere a larga mano largh-e limosinie e dlonativi alla povera gente del

paese. Lorenzo era il piid operoso istrumiento della Provvidenza pe' biso-

gnosi, per gl' infermi e sofferenti: era il genio del bene sempre pronto ad

accorrere dovunque una sventura spremesse lagrime da occhi umnani.

Ogni di quest'uomno eccellents e cristiano davvero si procacciava il pidi

sublime piacere dell' animo, placere cui nissuna volutta dei sensi potra

mral agguagliare, quello di veder risplendere per lui la felicita suilla fac-

cia d' una creatura del buon Dio, o di strappare la fosca disperazione dalla

fronte d' un misero. Con quella stessa sollecitudine onde la pidi gran parte

del ricchi si studia di crearsi novelli e pidi stuzzicanti passatempi, Loren-

zo andava con solerte -amore alla ricerca della sventura per alleviarne i

Page 12: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

'tliboli ed iscemnarne gli affanini. Tre o quattr' ore al giorno Lorenzo spen-deva in corse a cavallo o nel suo galessetto inglese per trarre ne' circo-stanti villaggi a spargere la manna della beneficenza sul capo dell'egrioa del languente.

Lo.spirito di carith di cui era caldo il cuore di quest' uomo esemplarenon lilitavast a gittar la moneta ovunque faceasi udire it richiard delsofferente; che in questo caso egli avrebbe circoscritta la sua parte aquIella semplid'emente di cassiere de' poveri, parte nobilissirna, se vuolsi,ed anche non comune, ma sterile: e altera, e chie distrugge il bene;ficionella umiliazione del beneficato.

Egli e incontrastabile che P'elemosina, per quanto bella e santa sisia, é quasi sempre accomrpagnata da un sentimento di superiorita in quiel-lo chie dona e di umiliazione in quello che riceve: avvegnach6 cio non do-vrebbe essere, ove il primo considerasse I atto suo come figlio di un

~dovere.Ma, per· mala ventura, le nozioni de' doveri sono tuttavolta si con-

fuse e leggriere nelP'animno di moldi, ch'egli interviene spassissimo chiesi scambi per azione eroica quella che in sostanza altro non B che I' a-dempimento di un dovere. Perb nel donatore e qluasi sempre un occultosentimento di van'agloria nello .stendere la mano verso il mendico, sic-come in questo (? quasi sempre il rossore dell' umiliazione: perciocch68;non vi ha fronte svilita e dimessa dalla sve~ntura, la quale, purch6 il vi-zio non sia per terzo, non arrossisca nel ricevere l'oibolo della carita.

LoretZO SAPEA FAR L! ELEMOSINA, O, per megrlio dire, sapeva adem-piere con estrema dilicatezza a qjuesto dovere di ogni uomno, e, soprat-tutto, di ogni cristiano.

Lorenzo metteva in questa che dovrebbe essere la precipua occuLpa-zôione d2e' ricchi qIuella medesima avvedutezza, sagracia e a.more che unaltro porrebbe nel trattare di aumentare 11 proprio peculio. Egli non af-fidava ad altre mani che alle sue la cura dli sovveniro· a' bisogni del po-verello o di apprestare assistenza ed aiuto all' infermo; appunto come unavaro é restio a porre i propri interessi nelle mani di un estraneo, pertemia di frode.

Lorenzo, da quel filosofo pratico chie egli era, conoscea che it farela carita. per le mianidi un ammninistratore significa per lo pill darne unameth a qIuesto o ad altri subalterni inicaricati; percincch6é avviene del de-naro come dolle altre merci, le quali soffrono avarie secondo i passalgiche patiscono; tutto all'opposto della maldicenza, la quale si accrescein ragioni delle hocche per le quali passa e cammina. Svenitura delle u-iname cose che. il bene abbia sempre a sminuire, e il male atl aumentarsi I

Lorenizo avevIa un odoraito finissimno nel discoprire la vera sventura .egli avea assoldato una ventina di fattorini, i quali avevano 1' inearico discoprire la vera miseria e la vera sventura, senza dare a' sofferenti e aimiseri 1' umiliazione dlella scoperta.

Per tali vie, prescindendo dalle proprie indagini, Lorenzo venivanell' altrui soccorso, come misteriosa provvidlenza.

Non tuitti i tribolati e i mniseri fannio pubblica mostra de' loro tribolie della loro miseria, anzi qluelli che si ospiongono in sulla pubblica via,

Page 13: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

mettendb in quialchie modo a profitto i piid piecoli cantaggi della loro po-siz~ione, non so>no in generale i pidi int'elici e bisognosi, pero chie questi,avvezzi per 10 pidi a mendicare, nion sentono che poco o niente la vergo-gn"a di stender la mano; senza dire ehe non poche volte fittizii e teatralisono i mali di cui si lagnano e ch'e ingaunano la compassions de" euoricat*itativi.

Ma, spessissimo, anzi quasi sempre, la vera sventura si tiene oe-culta e verg:ognosa, perb che ella sa chie gli uomini fuggono da lei, comeda contag;ioso morbo. Moltissime animea delicate vi sons, le quali, anzi-ché esporsi all' onta di chiedlere P' elemosina, si lasciano perir d'inedia:moltissime anche ve n' ha le quali, dopo tre o quattro rifluti, si scorag-giano, si avviliscono e si abbandonano alla disperazione e a tutti i suoifunesti consigli.

Oh quante famiglie vi sono, le quali venb·ono credule agiate oalmenoprovvedute del hisognev·ole, e che in tre glornia mnala pena mangiano unavolta sola, e cercano di coprire agli occhi dei loro conoscenti edamici lamiseria che le rode, softo apparenze decenti e dignitose ! Cib non pertanto,la fame tion e meno trista e pungente per questi intelicl che hanno il sor-riso ini sulle labbra e P'angoscia nell'animo.

Per queste aniim e delicate a nobili il dolor·e della vergogna vince quellodella fame chie divora i loro corpi.

In altre case, un infermo giace da quialche mese cel fondo di buiaalcova e tra lentuala non cambiate dal di ch' ei si pose a letto. Forse 6 unpadre di numerosa famiglia, forse é un fratello sostegno di quattro o cin-que sorelle, forse é unal tenera madre di molti figliuoletti. Un farmacopotrebbe r·idonare la salute a questo intermo, forse la vital Ma questoformaco costa qualchie lira: un medico ha fatto la carita di serivere il re-cipe, ma il farmacista non vende le sue merei per amor del prossimno. Lafamig~lia non hia piid che vendere, non ha pidi a chi rivolgersi. Molte let-tere sono state scritte ad amici intrinseci ed anchie a parenti; le rispostea queste lettere cominiciano quiasi tutte, pid o meno variate, nel tenor se- .guente: Con ituto it cuore oi avrei seroito, ma... Qulel ma 6 sempre itrifluto piu o meno coloratol rifluto doppiamente vile, perché doloroso:ch4è non solamente la speranza del chiiedente B delusa, ma egrli hia patitoinutilmente la vergogna del chiiedere ! A tal mrodo, qIuelP' idfermo si muoreper maneanza del farmaco, perché un amico intr·inseco, un parente bapreferito perdere al medliatore o alla primiera que' pochi soldi chie egrli hanegati al misero infermo, e la cui maneanza hia dato a questo la morte 1

Ah! che cosa sanno i felici del monldo di cib che puo produirre unalira in una famiglia l

Non poche volte egli interviene chie un mendico, dopo aver chiesta adiedi persone la limosina chie gli viene riflutata, invece di stendere pidioltre la mano per implorare la carita dal prossimro, la stende per impos-sessarsi della borsa del notturno passeggiero.

Ma gill sentiamio i felici del mondo e i pseudo-filosofi op~porci il tri-viale e comune argomento che la limosilna serve ad alimentare 1' ozio espuesso it viziol Andate a lavorare I Ecco la parola che costoro gittano arlpovero invece delP' obolo che qIuesti dimanda loro. Andate a lacorlare ! co-

Page 14: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 13 -

m~e se il lavoro si trovalsse a terra a disposizione di quelli che 10 vogliono

raccogliere; come se centomila poveri non si disputassero il cost detto

lavoro, la cui parte pid proficua 6 sempre pel pidl ardito, pel pid intrigante,

pel pidi astuto, pel piid favorite di mezzi fisici e moralil come se fosse facil

i cosa il trovare a lavorare nelle condizioni presenti della societal

Lorenzo adempiva con ammirabile scrupolosith al pidi dolce e conso-

lante officio che un uomo possa adempiere in sulla t9rra. L'amor del

prossimo non era un sentimento scorioscinto a lui: nessun glorno tra-

montava senza ch' egli avesse arrecato la felicita nel seno, di qualche fa-

mniglia, e ad altri avesse alleviato i mall inseparabili dalla nostra mortal

condizione.

Cid ch' era vie pidi ammirabile in questo uomo st raro era quella spe-

cle di avarizia, se cosi pud chiamarsi, ch' egli metteva in tutto qluello che

risguardava la sua persona e la sua famiglia.. Lorenzo del Giglio era un

piroprietario di oltre a trocentomila ducati; e ci6 non pertanto egli vivea

come il pidi modesto galanituomo: 11 suo desinare non consisteva che in

due semplici pietanze e la sua cena in una sola. La sua casa, addobbata

con ·decenza, non era rifornita a ribocco di tutte quelle inezie che I' ozio

e it lusso inventano.

< Ogni uomo, egli solea dlire, ha I'obbligo di accrescere le proprie

sostanzed e di vantaggiarsi nella propria situazione soriale e nella stima

dei suoi concittadini, non gid pel vano desiderio di una vita oziosa, molle

ed epicurea, ma per essere sempre pid nello stato di glovare ai suoi si-

mili, meno dotati di mezzi fisici e morali, o tr'avagliati da tali traversie e

calamith da renderli soggetti alla carita del prossimo. Allorché un uomo

ha tanto da poter vivere e godere senza eccesso di tutt' i beni che Dio ha

messi, nella sua infinita bonta, a disposizione degli uomini tutti, e allor-

ch6 egli nork ha a temere per sé e pe' suoi la mancanza del iiecessario,

quest' uomo ha 1' obbligo di nonbarattare in futilita l' obolo che gli avanza;

imperci-ocché quell' obolo pud talDolta salDare un altro uomlo dalla morte

o dalla infamia.

( Se bramate di esser ricco, ei soggiunige\·a, siate attivo, operoso,

economo, non isprecate un sol minuto di temipo, siecome on sol qIuattrino,

senza una ragione di utilita o di vero diletto. La piu bella r'icchezza g

quella che si acquista colle proprie oneste fatiche. Iddio benedice gli sforzi

dell' uomo dabbene, sopratutto quando in fondo del cuor di lui evvi il sin-

cero desiderio di glovare al prossimo e di soccorrerlo ne' suoi bisogni.

Ma, quando sarete ricco, ricordatevi che in cima a tutt'i piaceri che le

vostre ricchiezze vi debbono procacciare, esser vi debbe quello di vedere

splendere, per mezzo dli esse, la felicita sul colti umani. Pensate a' vo-

stri figlinoli, ma non defraudate il.povero della parte che gli spetta ; la-

sciate loro in retagrgio il santo timore di Dio, una buona e perfetta edu-

cazionle,un buon nome, I' amor della fatica, qIuel tanto di danaro che hasti

a non renderli soggetti alla famne, e faccia loro una necessitivil lacor·o;

e, sopratutto, lasciate loro il ricordlo e l' esemplo~ delle costre virtld. Iddio

comanda che il suLperfluo si dia a' bisognosi e non a' propri figliuoli. >

Dopo qluanto abbiam detto sulle virts pratiche e su gli eminenti prin-

Page 15: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

cipii di Lorenzo del Giglio, sembraci superfluo il far notare che tutti gli

Satti della sua vita domestica erano in perfetta corrispondenza con quelle

virth a con quei principii. Egli vivea nel modo pidi semplice e austero.

Comeche di umore giocondo e di piacevol conversare, egli era ineso-

rabile in materia di coscienza e di onore: tutto avrebbe perdonato fuor-

ch6 una macchia al suo casato.

Per dire qualche cosa sul passato di questo uomo, accenneremq chea

eg;li era figlio di un onesto negaoziante di Gragnano, non cost i·icco come

lui, me molto agiato, e di una probith parihnente esemplare a noncomuzie.

Fin dall'et8 di ·sedici anni, Lor·enzo erasi addetto al commercio con un'a-

bilith che in breve temnpo 11 rendette Ftammirazione e la stima de' suoi

concittadini. Egli aveva in ispecialith una febbrile operosita, la quale non

permettevagli di abbandonarsi al somno che per poche ore. Tutto ai vedea

cogli occhii proprii, tutto esaminava fla ab moedesimo, tutto faceva di sua

mano, ed egli solo forniva in un glorno 1'opera di dieci coatimessiI

Non deve quindi arrecar maraviglia so in brevi anni igg~iovide Lo-

renzo giungesse a trip~licare: i capitali paterni erad acluid~iIays el fidu-

chi e quel credito che nel commerdio e ne' negozi son 10 hiavi delle

grandi ricchiezze. Svelto, vivace, intëiigente, e, quel che lyifemonta, d' una

probith e di unî esattezza a tutta prova, Lorenzo diventb it maggior·e ap-

poggio della casa di suo padr·e, che to elev6 a sua socio. E, quando tra

la gente di commercio si voleva citare un tipo di virth o ain inimitabile

esempio di onoratezza, si diceviino i due versetti rimati : I del Gtglio,

padre' e.giglio. i

SAlla morte di suo padre; Lorenzo rimase unico possessore di ~lodiriechezze, ed alla testa di numerosi negozii. Suo padre avealo iniziato: in

quella dolce consuetudine della beneficenza; ma il glovine negoziante

dovea digran lunga superare le stesse intenzioni del genitore.

Seguitando 1' impulso del suo cuore e i saldi principii di virtii a di

filantropia che aveva ereditati da suo padre, alla eth di circa trentotto anni

egli sposava una glovane di onesta nia povera famiglia, la quale non gli

recb in dote che un cuor puro e riconoscente. I grenitori di questa fan-

ciulla non sapeano trovar parole capaci ad esprimere la loro gioia e la

loro gratitudine per tanto favore della provvidenza, personificata per loro

nel più virtuoso degli uomini, Lorenzo del Giglio. Ingordo, vile e nemico

di Cristo si mostra pid che altri mai quel ricco, che, sotto if pretesto della

dote, si fa pagare ben caro da una donna il brutto regalo che ei le fa di

diventarle marito. Onde non possiamo trasandare di biasimare altamnento

la consuetudine di molti doviziosi, i quali non isposano che le ricche, 0,

per meglio dire, non isposano chie una dote. ~Pér cost fatto modo, il ma-

trimonio diventa un negrozio di commercio,, una specie di traffico, una

mnaniera di cambiale a vista rappresentata dla una donna. E per questa

ragrione i matrimonfii presso i ricchi non sono quasi mai felici.

Lorenzo a trentatto anni era un bell' uomo, anzi diremmo quasi, un

b~el gliovine, perciocchO egli aves conservata tuttala freschezza, e la glo-

condite della glovinezza, figlie d' una salute :invidiabile. La glovine da lui

impalmata contar poteva un venticinque anni: non potea diesi nel tutto

uina bella donna, ma il suo sorriso era incantevole perché pieno di ma-

Page 16: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 15 -

linconica soavith. Era sulle sembiainze di questa donna qualche cosa c~he

ti sf6rzava a riguardarla con qn sentimento di simpatia e di tristezza. 11

segreto di quest'arcana espressione del suo volto, e, in particolare, del

suo sorriso, era forse riposto nel presentimeitto della sua immatura fine.

Dopo due anni· di matrimonio, Maria (cosi nomavasi la comnpagna di

Loretizo) metteva alia luce una bambina, cui it padre diede il name di

Agar; ed un' altra bambina, nata poco appresso, ei nomava Matilde.

Quests figliuola costb la vita alla madre, la qjuale. per funeste conse-

guenze d'uno sgravo prematuro e difficile, soccombette alquanti mesi

dipoi, con infinito dolore dell' affezionato marito, e con ranimarico di

quanti la conoscevano. Maria mori col nonie di Lorenzo sulle labbra.

Lorenzo rifuse addosso alle due figliuolette quelP' amore tener·issimo

che avea sentito per la loro madre: dedico la sua vita alP>educazione

di queste due fanciulle e al bene dei poverelli ch' ei colisiderava parimente

come suoi figli. Agar e Matilde crebbero due angioletti di bomba e di bel-

lezza; delle quali come 11 paldre audasse lieto e superbo e come si stu-

diasse di formarne il cuore e la mente, il lasciamo immaginare a quei

genitori che hanno ricevuto in dono dal idelo due creatu:re ·sermnamente

belle rimaste poscia orbe della madre loro. ;~

Lorenzo educo le due figliuole da sé medesim , cen quelli2 thiers

sollecitudine onde un coltivatore alleva colle propele mad debitpianti-

cella a lui cara, e dalla quale si aspetta que' florï 7pieëlle frutta chie it

falranno lieto e orgroglioso.

Page 17: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

III.

LA MORIENTE

icemm·o al principio del capitol.o prece~derite chie, in casa del

Giglio, in sulle prime oie di un giorno di febbraio 1828, era

cominciato it gran movimento della festa, chie si facea la sera

in occasione dell' anniversario del di natalizio del sig. Lorenzo,

Fin dallo spuntaI· del giorno si vedeano aggruppati presso ilportone

della ·casa del Giglio a Castellammare buon numero di civill e di paesani,

dei quali chi stavasi fumando appoggiato alle colotinette di piperno messe

ai due lati del portone, e chii fermato in sulla via spaziosa della Marina.

Questi crocchi, che la curiosita sembrava in gran parter aver raccolti a

concistori, nonostante it grosso vento sciroccale che goatiava, e chie mi-

nacciava di crepare i terzeruoli delle barchle commerciali, fischiando tra

Sgli alheri dei cavafondi del caritiere, sembrava che aspettassero I' arrive

di qua)chie persona. Imperciocché, or qualcuno meglio ricoprendosi col

feprraiuolo si allontanava dal su cerocchio e prendeva il1largogdella strada,

spignendo gli occhi fini verso la piazza del Mercato, e ritornava indi a poco,

fa·cendo di lontano agli amici un segno col capo, accennando chela per-

sona aspettata non arrivava; or qIualche altro, levandosi in punta di pie-

di, eacciava tutta la faccia da una fasciai di lana o dal havero del pastra-

nio, nel qIuale aveala rinchiusa, e alzava li; occhi suille teste degrli altri

suoi compag~ni, rivolgrendoli benanche dalla parte della Piazza del Mercato.

Secondo chie I' ora s'inoltrava, i crocchi si moltiplicavano, e le ve-

dette avanî.ate parea si portassero collo saguardo insino ad 01tre la Ma-

rinella. Intanto if sommesso par·lare, le conversazioni animnate, I'andareJ

e il venire di alquanti di quei cuiriosi, tra cui quialche ceffo d' uomio con

g:ran barba incolta e con vestimenita che non erano al certo da grran si-

gnore, cresceano sempre piid, ini modo chie la calca imnpediva in qlualchie

mnodo il libero transito nel portone e. nella via. E, siccome suol avveniire,

che folla chiamna folla, la gente si fermnava e si agrgrumava in mezzo alla

strada, senza saper perch4é, o soltanto perché yedea starsi qluivi altra

gente,

Page 18: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

11 vento s' ingargliardiva e scorazzava tra i rioni e le piazze con granfracasso, inlcurvando gli alberi phii robusti, facendo ballare sterpi e! stor-

zanido a correre quelli che men desiderio be aveano. Lo seiroeco 4 vio-

lentissinio a Castellammare, e i suoi effetti sono talvolta disastrosi e

funesti.

Ci piace riprodurre qualche brano delle diverse conversationi che si

facevano tra quei fermati appo il portone della casa' del Gigolio ; per poter

cost far comprendere ai nostri lettori quale si era lo scopo per cui quiella

gente stavasi cold e quale la persona che aspettavano.

- Egli 6 attorno a due ore che 6 uscito -diceva una specie di om ic-

ciattolo che avea sill capo un gran cappello a larghe tese - io 1' he veduto

passar·e dalla Fontana Grande nel suo legnetto a un cavallo, chie hia

comprato l' hanno passato alla fiera di Salerno.

- Chii sa dove diavolo sia ito I - esolamava un altro, vera antitcs i

del primno, perb ch'era lungo quanto un obelisco e magaro come un gatto

di studente -Scommetto che ha. presa la via di Meta o di Vico; dicesi

cief Iacqua di ieri P>altro abbia danneggiato moltissimo alle plantagioni

del grano turco, a che abbia allagato un podere a tal modo da non farci

spu~ntare un filo d'erba.

- E la neve della settimana scorsal Lo so ben io i danni che ha fatto

al mic povero orticello :tutt' i be' cesti di lattuga cappuccina che vi avevo

trapiantati si sono ingialliti e perduti.

- Ma eg;li non pub indugiar lungo tempo a ritornare: in un giorno

comne questo, dee trovarsi a casa ben per tempo. Per me, hio fermato di

aspettarlo quand'anche sapessi che egrli non verrj chie a sera avanzata:

tutte le mie speranze sono riposte in lui.

Presso altro crocchio teneasi presso a po-o la segÙence conversa-

zzone:

- E non si é saputo phii nessuna niotizia di lui P

- Né vivo né morto. Dio sa dove 6 andato a nascondere la sua ver-

gogna.

- Infamia inauClital Roubare al suo benefattore, al padre suo l

- A qluanto si fa ascendere la somma involata B

- A circa mille ducati.

- Dicesi chie il signor Lorenzo non abbiai fat:to altro per tre glornii

continui che piange-re comre un bambino.

- E ne avea ben ragione, corpo della luna l egli 1' amava comeo altro

suo figlio; aveagali data una educazione dla signorotto.

-- 11 signor Lorenzo non piangeva gia la perdita del soo denaro, ma

il vil tradimento del perfido don Luigino. Andrea, it veochio camneriere

del signor Lorenzo, fi;'ii diceva che il suo povero padrone da qIuel di ha

perduto interamentel it uo buon umnore; da quiella glornata della fuga di

don Litiginononé phii riconoscibile inl casa; non ride piti, cade in qIualche

accesso di collera, la quale per 10 addietro gli era straniera; parla tal-

volta solo come un mnatto; insomma é divenuto stordlito come ain uomo

che abbia ricevuto una violenta niazzata ini sul capo.

- Ma questo non toglie che it signor Lorenizo sia sempre quell' an-

gelo di bonth chie è stato per noi tutti.

Page 19: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 18 --

- Speriamo di vederlo pidi lieto quest>oggi che ojil glorno della suanascita I Sento dire che sta sera vi sara gran festa : verranno da Napolisignoroni co' baffi; parlasi anchie d' una mascherata.

Di tal tenore alP' incirca erano i discorsi onde ingannavano la noiadell' aspettare quei bot*ghesi fermati nelle circostanze del portone delGiglio. Siccome si 6 potuto comprendere, quelli erano la maggior parteclienti del Sigrnor Lorenzo, vale a dire, suoi pensionisti, persone che eglisolea benepficare a periodi fissi, o a seconda delle emergenze pii) o menofortunose; e costoro erano in que.sta flata raccolti ad attenderlo con pilžsper~anzoso animno, perciocch6 in un giorno di festa ci era da ripromet-tersi pill pingrui largizioni e straordinarii soccorsi. Molti erano a bellaposta venluti da' vicini villaggi e borghi, i quali aveano con ansia gran-dissima atteso un glorno come qluesto: che prometteva loro da parte delsignor Lorenzo piii g;enerose ispirazioni di beneficenza.

Era passato pressoch6 un paio d' ore che! questa gente aspettava inmezzo alla via, qluando fu veduto dalla jaarte del Mercato grande venirea corsa battuta il carro·rzino del signor Lorenzo guidato da lui miedesimo,il quale aveva a lmanco lato il suo cocchiere; e questi teneva cautamenteavvollo nelle braccia e coperto dal mantello qualche cosa di sommamentedelicato.

11 carrozzino era, secondo, il solito, circuito da poverelli ai quali.erasempre quello un passaggio non vuoto di bene; ma questa volta il car-r'ozzino correva in tanta fretta chie si lasciava indietro tutti quelli chie siaffaninavario a raggiungerlo. Era pur d' uopo pensare che qualche eagiionsdi grran momento costringesse il signor Lorenzo ad eccitare il suo ca-vallo a rapida corsa, perciocch6 non aveva egli l'abito di rimaner sordoalle voci ed ai richiami di carith chie giungevano al suo orecchio duranteil suo cammino.

Quando fu gianto al portone della sua casa, quelli che10o aveano conansia aspettato, nion ebbero il coraggrio né di dirizzargli una parola dicongratulamento e di auguri per lo di del suo natalizio, né di espoi'gli leloro peculiari ric~hieste e suppliche per ottenere da lui sussidli e larg~i-zioni. E diciamo chle non ebbero il coragg~io, imperocché giammial per lopassato non avean veduto il volto del sig;nor Loreazo cosi pallido e scon-fortato: i suoi occhi eranio bagnati di lagrime; e tutto il suo aspetto ac-cusava qualchie sinistro accidente occorso a lui o a persone che il tocca-vano. Abbassato pe.r0 un di loro il montatoio del carrozzino e apertone10 sportellinio, Lorenzo si Frecipit(, in fretta nel portone e quindi su perle scale, senza badar·e alla gente che ivi era raccolta, e seguito dal coe-chiiere che teneva semnpre avvo:to nel le braccia:l-.fardlello.

Che, sara9 ch-e non sara ? ch' e avvenuto? Ohi inio Dio ! Egrli era comeogiammai non l'abbiamo vedaito! N\on ci hia detto neanchie buongiornol Eil cocchiere che aveva pur anco una faccia spiritata1 Chie oggetto eraqIuello chie area nielle b-raccia l chie sara ?1 Dio logSuardi da disgraz~ie, que-st' uomio eccellente.

Q2ueste parole ed altr·e di simil conio si udirono dli repente tra queicrocchii e passare di b:occa ini bocca quasi per tuttai la via declla piazza.indi fu uni enltrare di tutti nel porton-e per sapere qlualchie cofia, per di-

Page 20: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 19 -

mnandare, per informnarsi, per aspettar notizie; perciocch6é le~ immagina-zioni si erano gi8 alcuni poco accese alla vista di quel dolore si straordi-nario in uin giorno dli letizia.

E necessario ed importante di dare la spiegrazione di quello che eraavvenuto al signor Lorenzo, per cui parea compreso da tanto duolo e dlatanta' agitazione.

La sera innanzi a questo griorno, un uomo avea chiesto dire due pa-role in segreto al signor Lorenzo. Alla qual dimanda, costui, che era sigrandemenlte servizievole, erasi tosto levato di mensa, alla quale era se-duto a quell' ora, ed era andato a ritrovare nel salotto di compagonia l' uo-mo che avea miostrato premura di parlargli a quattr'occhi,

Era questi una maniera di agiato villico dei dintorni del paese; aveasembianze piuttosto aperte e sincere.

- Eccomi a servirvi, brav' uomo-avea detto Lorenzo col suo so-lito sorriso di bjonta; e con un gresto aveva invitato il villico a sedere so-pra una delle sedie imbottite del salotto, al che qluegrli si riflutb, conti-nuandlo a tenersi all' impiedi.

-Non ho che una parola a dire a Vostra Signioria, se Ella vuoleavere la bonta di ascoltarmi-disse il villico nel suo dialetto rendulo pidioriginale da una certa pretensione al buon linguaggio.

-Parlate pure con confidenza.- Ebbene, io vengo a supplicar'e la Signoria Vostra che faccia la

grrazia di visita're una povera infermia e gravemeinte, di cui ecco 1' indi-rizzo; la qluale dice di dover comiunicare a Vostra Signoria qualche cosadi una estrema imnportanza e che risgruarda la famiglia stessa della Si-gnoria Vostra.

Un lampo di gloia brill6 dapprima sul volto di Lorenzo, percioccheit suo pensiero ricorse immnantinente al suio Luig:i Montero, orfanello dalui raccotto sulle ruine della valle di Gragnano; che egli avea tenuto insua casa e amato quale altro suo figlinolo, e chîe era fuggito da qualchieanno colla ignomniniosa taccia di ladro. Non si creda pertanto che la giolaonde fu comipreso il cuor di Lorenzo, fosse nata dlalla speranza di sco-prire le orme del ladro fuggitivo e consegniarlo indi nelle mani della giu-stizia punitrice: nacque bensi dal pensiero di poter forse riabbracciareil figl!iuol prodigo, perdonarlo, riconduirlo sotto quel tetto amoroso cho1' ingrato nion avrebbe dovuto giammai abbandonare.

Lorenzo g·itto pJremurosame·nte gli occhii sul brano di carta mlessoglinelle mani dal villico e su cui era scritto:

Rosa Fusconi: abita al plan terr·eno in un portoucino dlietro la cap,-pella dli Sanzta iMaria di Porto Saloo.

-Dite a questa donna chie domnani mattina alle sei e mlezzo in punto,vale a dire in sull' alba, sarb imnmancabilmnente da lei.

11 villico chinj il capo in atto di rinigraziamento; e, fattosi uin pocopidi dappresso al signor Lorenzo, sottovoce grli disse:

- Un'altra g;razia s'implora da Vostra Signoria.- Quale P- Quella di venirP solo.

Page 21: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- Questa é mia consuetudine.

- Bacio le mani di Vostra Signoria-soggiunse 1' uomo della cam-

pagna, e partissi:, dopo aver fatto un grande inchino al signor Lorenizo.

Questi non dormi ttitta la notte, facendo mille pensieri, mille con-

getturei Che cosa aveva a dirgli quella donna ? che cosa aveva di estre-

ma importanza a comunicargli, tranne il caso di qualche segreto relativo

a Luigi Montero g Quest' ultima supposizione fu quella inltorno alla quale

si fermb, la mente ·di Lorenzo, e, per dir cosi, vi si adagib per miodo che

il sonno si abbatteva alla fin fine sulle stanche pupille di lui, quando lo

orologio a pendolo, che egli avea nella sua camera da letto, batte sei colpi.

Lorenzo si gettb in piedi, si vesti in fretta, fe' attaccare 11 cavallo al

auo t*arrozzino a due posti, si gettb sulle spalle un gran ferraiuolo alla

spagnuola, fece salire il cocchiiere al suo flanco a solo oggetto di guar-

dare il legnetto allorché egli ne sarebbe smontato per andare a visitare

1' inferma; raccolse le redini, e sterzb il cavallo alla volta della cappella;

di Santa Maria di Porto Salvo.

L' aria era scura tuttavia, e a mala pena un bigio chiarere rompea

le tenebre della notte sulle cime dei monti di Vico e di Massa.

11 cavallo divorO la via e percorse in un baleno la Piazza del Merca-

to, la vecchia casa delle Assise, la Marinella,.la Piazza della Fontana

Gi*ande, la strada del Cantiere, e si trovb appo la Cappella di sainta iMa-

ria di Porto Salvo.

SLorenzo comiando al cocchiere di aspettarlo in questo luogo, smon-

to, e si diresse al sito indicatogli nel pezzettino di carta che avea nella

mano.

Uni sol portoncino dli rnisero aspetto era dietro la cappella, scavato

quasi nello spaldo di uin monte su cui le eriche, le semprevive, le felci

ed attre plante g;rossolane alimlentavano nella umidith naturalB la loro

lenta vegetazione.

II portonicino era chiuso, Lorenzo picchib leggermente colla inano,

ma non fu udito; rinnov6 il picchio con pidi forza.

- Chi va IA P - grid6 una voce che Lorenzo riconobb-e per qluella dlel

villico dglla sera precedente.

-- Sono io, brav'uiomo -rispose Lorenizo.

- lo, chi t

- Lorenzo del Gigli.o.

- Perdoni, illustrissimop.

E l' uscio venne tosto aperto.

Lorenzo entre.

- Per di qua, illustrissimo, per di qua.

E quell' uomo preced6 Lorenzo, cacciandosi in un;vano anguisto e

nero, dove le tenebre duravano ancora.

Lorenzo seguit6 il villico, e si trov6 in una specie di antro piid chie

di stanza, rischiiarato solamente da un lumicino acceso innanzi ad una

immagine di Santa Maria di Pozzano, per la qluale gli abitanti di Castel-

lammare bianno una divozionie grandissima.

L' umidita che regrnava in qluella stanza era inisopportabile, stil~le

grondavano dalle pareti.

Page 22: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

Lorenzo balestrb uno sgruardo intorno a sB. Da lunghi anni egli eraavvezzo a contemplace quadri di miseria e di sofferenza; eppare, quiestavolta ei sentissi chiudere il cuore pidi del solito. Un tavolo su cui eranoposati it lumicino e un boccale di crela, aloune sedie, e it letto, in cuigiacea l'informa, componeano i mobili dl quel tugurio. CiO noni pertanto,·una certa decenza e nettezza covriva la poverthL di quella camera.

- Rosa, eceo P'illustrissimo signor don Lorenzo -- disse it villicoalla donna, la quale parve che non avesse uito queste pDarole, percioc-ch6 quegli fu costretto a ripeterle, e anche qluesta volta senza risultato,

-- Abbiamo passato una cattiva notte, illustrissimno... Se non fossestato il timore di disturbarla nel sonno, sarei venuto a pregrarla di qui~recarsi, dappoich68 la buona Rosa sembrava ansiosissima di parlare collaSigrnoria Vostra.

Lorento si accostb vieppidi al letto, e poté scorgere un volto di glo-vane donna, assai bello, ma ora distrutto dal male che sembrava averfatto rapidissimi progressi in poco tempo.

- Eccomi a voi, buona donna-grid6 Lorenzo, ed appre~ssb alle naridell' ammnalata una boccettina di etere che egrli solea sempre portar seco.

L,'ammalata trasse dal senio un profondo sospiro, e schius;e lenta-mente gli ocehi aggravati e pesanti,

- Che male ha questa donpat - chiese Lorenzo al villico.- II medico che P'ha visitata due gio rni fa disse ch' era... aspettate..

non ricordo... disse una parola come chi dicesse pietra di monte... tufo.- Tifo, non é vero 7- Ah! si, signore illustrissimo, tifo, disse tifo.-- E che cosa le ordin6 ?- Dapprima i Sacramehti, e poscia le mignatte al oapo... trenta mi-

g ,natte.

- E gliele avete applicate ?- Trenta mignatte, signore illustrissimo, significano almeno una

dozzina di carlini, e .. capite benle... noi povera grente non vediamno que-sta somma... Io voleva anldare ad informarnie....

- Chi duinque BII villico si fermo di botto, comne se si fosse pentito di avP;r pronun-

ziate quelle parole.- Ebbene t- Niente, niente... signrore illustrissimo... Volea dire chi'io cono-

sceva il cuore di vostra signoria illustrissima e volea ricorrere a Lei, mnaRosa non volle.

- Non volle, e perché ·- Ah ! non ne so niente.= Y!oi siete il mnarito di questa donna B-No, signore, io nion 10 sono nience affatto; non sono che suo vici-

no, perché io dormo in qlue]P'altro buco che 6 a mano mnanca del porton-cino... Questa buona donna non hia nessuno chie l' aiuti, nessuno che ven-ga a visitarla..., cioé dico mnale. Unia mattina, quando to mi ritiral daimiei lavori, perché io fatico> alia cascina presso al QSuartuccio, e vennii adlire buon giorno alla mnia vicina, trovai coni essa una signorina che era

Page 23: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 22 -

bella qjuanto una imaginetta, ma avea la faccia cosi bianca... cosi bian-cal... Elia si avea recato nelle braccia quel bambino che li vedete.

Lorenzo gitto un' occhiata al sito che il villico gli indicava, e scorseperduta nell' ombra una cesta, che non avea vedula in entrando: vi si ac-costO con gran premura, chinossi alquanto, e vide addormentato in essaun bambino di men di un anno, cosi leggiadro e di lineamenti si belli edilicati chie era un amore, un angioletto.

- Continluate, brav'uomo, continuate-dicea Lorenzo, senza muo-versi da presso la cesta e cogli occhii immobilmente fissi sulla creaturina.S-lIo vi dicevo dunque, sigrnore illustrissimno, chie qluella signiorina,

allorch6 io entrai per dir buon giorno alla mia vicina, si area recato insul collo quell' aniima di Dio, e la baciava con tanta tenerezza ed amnorech' io mi sen~tii pungrere il cuore e bagnarmi gli occhi. Ma come primaquella donnina mi ebbe vedullo e udito la miia voce (assorta com'era nellas·ua tenerezza verso il bambino, non si era accorta a bella prima dellam:s presenza) mise un piccolo grido; andb a riporre il fanciullo nella ce-sta abbass6, sul volto il lung-o velo verdle che copriva il suo bel cappelli-no, e si invold, come se fosse stata scoperta... Ma, o mio Diol chie heifattolI O la bestia che sono I Rosa mi avea tanto raccomandato di noni direa nessuno quanto io vidi, né di parlare con anima viva di qluella signori-na, ed eceo ch'io ho sciorinato ogni cosa a vostra signoria, da quel bag-giano chie siono... Ma vostra signojria, io la conosco, non parla che quan-do le toeca a parlare, e allora la lingua nton ce P'ha in bocca per far maleal prossimo, sibibene per lo meglio del mnondo e per bene de' cristiani.Siceh6 forse forse io non mni pento di aver messo gidi questa istoriella...Rosa non volea che io gliene avessi toccato una iota a vostra signoria,ma ella si avea gran torto, appunto come quando volle ch'io non fossivenuto a chiedere a vostra signoria un poco di soccorso e di quattrini perle migrnatte. Chi sal forse a quest'ora starebbe bene o meglio assai, men-tre che adesso... Ecrola, che dB poca o nessuna speranza di vita. A fe'mia, avrei fatto cento volte meglio a non darle retta e a correre dla vo-stra signoria, la quale ha i1 segrreto di accomnodar la salute e i guai in uinmodo che sia benedetto Dio e il cuore di zucchero che, ha la signoriavostra r. Che il Sigrnore glielo renida per mille anni sulla salute delle suefiglie !

Mentre il villico parlava a tal mnodo, corroborando it suo discorsocon mille gesti, Lorenzo, collo sguardo fisso sul bamnboletto chie riposavanella cesta, non prestava chie una debole attepzione alle paîole del con-tadino... Il cuore di Lorenzo batteva... batteva .. in un modo 1.. Egrli eraforse in sulle ormle di un terribile segrreto!

QSuel bambino area tutte le semnbianze di Luig·i Montero !Lorenzo si scosse dalla sua mieditazione, e :- Presto, buon' uomo, prendele il miio carrozzino: andate, correte..

menate qlui il salassatore e it dottore don Gannaro che abita alla Strandadel Cantiere n. 24, non si perda tempo: correte.

II villico usci dando mrille bene lizionii a quello chie oi chiamava laProvvidenza in persona.

Lorenzo rimase solo coll'inferma e col b-ambino.

Page 24: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 23 -

La luce del glornio illuminava pallidamente quel tugrurio, affaccian-

dovisi appena di traverso dall'uscio socchfuso

Lorenzo tacc6 il poiso della glacente, e il trov6 appena sensibile.

Egli si tolse dialle spalle il ferraiuolo: e, non ostante 1' eccessivo u-

mido e freddo chie ivi regnava, il pose ini sul concio di coperta che era

1' unico schermo contro il freddo. da etti P' inferma fosse riparata.

A capo di pochi minuti, l' ammnalata parve rian!'marst alquanto.

- Come vi sentite, buona · donnat - gridQ con quanta pidi forza pote

Lorenzo -ho mandato per un medico: fatevi animo.

L'amrnalata apri novellamente gli occhi, afHisolli sul volto di Loren-

zo; indi fece un movimento di. capo che questi comprese.

- Volete sapere chi mii son io 3

L' ammnalata abbass6 le palpebre e tosto le riapri, ci6 che era un se-

gno affermativo.

- lo sono Lorenizo del Giglio, qIuel sigrnore che voi avete mandato

a chiamare per confidargli qualche cosa d'imnportanza, siceome hia detto

if vostro vicino.

A queste yarole, chie I'inferma comprese pidi dal movimento delle

labbra di Lorenzo che dal suono, il quale noni griungeva al su orvcuhio,

ella volse un po' il capo verso la imagine della Madonna di Pozzano, e

guardolla per qualehe tempo, movendo insensibilmente le labbra, come

Sse avesse recitato una prece o un ringraziamento,

Indi, ella fece uno storzo, come per persi a sedere sul letto; ma le

forze non le bastarono a tanto e ricadde pill abbattuta che pria.

La respiraizione delP'inferma era concitata e affannosa; e alcune

volte a balzi convulsivi.

Lorenzo avea tolto nelle sue mani il polso della giacente, e con per-

plessa ansieth ne iva mlisurando i battiti, i quali annunziavano sempre pidi

P' avVicinamento dell ora fatale. E questa temnea Lorenzo nion giungesse

innanzi che la inferma avessegli fatto comprendere qlualche cosa; eppend

facea voti inter·namente e pregava il clelo chie grli ainti domandati arri-

vassero qluanto prima, i quali forse avrebbero dato alla infermna, se non

la vita, almeno il tempo e la facilita di esprimnere i suioi penisier·i, e rive-

lare qualchie cosa chie certamette aver dovea r·elazionîe a Luigi Montero

e a quel bambino che tanto gli somigliava.

L' ammalata, poscia ch-e ebbe fitto gli occhi febbrili sul volto di Lo-

renzo, fece un grande sforzo per parlare ; ma la voce le venne mnanco;

e l' intenzionie di lei si perdé in un sospiro affannoso e Iacerante.

Venne in mnente a Lorenzo di antivenire a)}a intenzione della donna,

e cercar di comprendereqyualche cosa almieno per via di segni e di cenni.

Laonîde, fattosi it pidi dappresso che potè al volto di lei, e alzata la voce:

- Vorreste parlarmi, brava donna; non é vero Z

Colei abbassb le: palpebre e chiinQ legglermente il capo in segno di

affermazione.

- Scomnmetto -- sgrg~inse Lorenzo- che avete a dirmi qjualchie

cosa che riguarda quel bambinotl

Simil segino di affermazione fece 1; infermna; e 11 pulso, chie Lorenzo

noni avea lasciato di tener tra le mani, fui scosso da uni raddoppiamento

Page 25: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 24· -

di battiti di vita. E le pupille della infer;ma parve si ottenebrassero sottoun velame di lacrime, mentre una fosca luce le animava straordinaria-mnente.

11 cuore batteva a Lorenzo con tanta forza che le sue labbra imbian-carono, e le sue membra tremnavand pidi per commnozione che per P'umi-dith. ecce~ssiva che era in quello speco. Con un' altra sola interrogazione'Lorenzo potea conoscere if p.iul importanite,; ma egli, appunto per qIuesto,trepidava e titubava a fare questa interrogazione:- pens6 tergiversaro unpoco e non arrischiare di botto ima dimanda, alla quale una risposta· oun canno affermativo sarebbe stato troppo violenta commozione per lui.

- Conoscete voi Luigi Monterot -dimandb alla inferma, la qualeebbe come un-a maniera di soprassalto di sorpresa, e affissb ardentementele pupille su Lorenzo.... Eidi con un movimento superiore alle sue forze,Idvossi a sedere in mnezzo del letto.

La smorta luce che a stento penetrava in quelP' abituro irivesti tuttala faccia di questa ilonna, sicché Lorenzo ebbe l' agio di osservaria bene.

Bello era i1 volto di lei, comnechb8 ridotto allo stremo dal male che10 avea consulnto, mettendo quasi allo scoperto le ossa: i lineamenti eranodilicati e signorili, a 1' aria del suo volto non addimostrava pidi di cin~quelustri. Una folla di capelli oscuri le inondb le spalle allorch6 -ella alzb ilcapo di su l' unico cuscino.

Lorenzo affrettossi a sorreggeria in questa positura che gli dava spe-ranza ch' ellapotesse parlare, pieg6 a doppio il cuscino e il rincalzo allespalle di lei per darle un puntello; me il capo delP>inferma non regogeva,e ricadde rovesciato all' indietro perdendosl nella massa dei capelli.

E gli occhi le si rinchiusero, e parve? che pidi non udisse la voce diLorenzo, il quale indarno si adoprb a ravvivarla.

L' interma senibrava estinta. Lorenzo abbandond per poco la spon-da del letto, e and6 ad esplorare alla soglia di quel malaugurato portonese griunagesser·o gli aiuti che avea comandati.

Per qlualchie mezz' ora, agitato, morto di freddo, inquieto sulla novellacrisi dell' ammalata, il buon Lorenzo dava ora un occhiio alla giacente,ora all' uscio, ora al bambino, il quale paireva assonnato profondamenbe :era la stanchezza di un pianto di mezz' ora che la creaturina avea fattostimolata dalia famie. Un poco di latte di capra, procacciato da Nicola ilbuon vicino della infermna, era bastato a calmnare 1' irritazione dello sto-maco del bambino e adl ad'dcrmentarlo.

Finalmente comne una buona mezz' ora fu passata tra le smanie diLorenzo, si udi il cigolio delle ruote del sue carrozzino, it quale condu-ceva il coachiere, Nicola il villico, 11 dottore don Gennaro e un salassatore.

- Presto, presto - grido Lorenzo al canto dellf abitato dov' era corsoad incontrarli - Fate presto o la povera ammalata si mnuore.

Que' qluattro, preceduti da Lorenizo, si precipitarono nel portone, asi trovarono sotto l'umida volta ove griaceva la moribonda.

E si affollarono intorno al letto. 11 mnedico volle sentire somrmaria-mente la relazione della mIalattia, e Nicola, nel suo rozzo lingruaggio, maabbastanza chiiaro, parl6 presso a poco a tal mnodo:

- Signor mnedico, ecco qua la cosa corne é andata... Or vi dirn tutto

Page 26: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 25 -quello che io so, perché.... forse . io propriamento non so qluello che

oi é sotto: ma la coscienzil é di Dio, e vi dirb pane pane, vino vino ...

Ecco qua, signor mnedico, illustrissimo don Lorenzo... Or sono sei mnesi e

ventun glorno ch>io vennii ad abitare a flanco di Rosa ( e indic6 P'infer-

ma). perche un consobrino, per affari d' interessi, non volle tenermni pitt

in sua ·hasa, deve io stava, e fui costretto...

- Avant.i... avanti - interruppe: 11 medico - questo non ci entra.

- Ah! scusate signor medico, io vi diceva questo per farvi capire

perch6é yenni ad abitare a fianco della buona Rosa... Dunque, sei mesi ·,

ventuno giorno fa, io ·portai il mici pagliericcio in quel buco che 6 a mano

sinistra qIuando si entra nel portone; e, giacchè arrivai all'avemmaria,

mi coricai, senza darmi alcun pensiero di conoscere chi stava vicino a

me daWl>altra parte; e, siccome io esco ogni di un' ora prima che aggiorni,

e non~ torno a casa che quando si corica il sole, non area veduta la mia

vicina chie una o due volte in una settimana. Una sera, 10 stava per git-

tarmi ~sul mio pagliericcio, parlando col dovuto rispetto delle illustrissi-

me signorie vostre, quando sentli bussare al mio usciolino e mi vidi avanti

Rosa, che! aveVa gi occhi rossi di pianto- Che ci é, mnia buona vicinaP--

le dissi, alzandomi dal pagliericcio su cui gi8 mi era a meth disteso, fu-

mando, col dovuto rispetto, la pipa-Per amor di Dio e di san Catello-

ella mi disse- venite a soccorrere la mia creatura1-La vostr·a crea-

tura l io esclamrai- Signor si, venite, io non so che cosa le ha preso; ha

fatte le labbra verdi e la faccia piid bianca della cera -lIo non sapova che

la mia vicina avesse una figlia o un figlio; entrai nella sua casa per la

prima volta; vidi il bambinello che aver poteva allora un mese o poco piid;

col fatto, if viso di quelP>angiolo facea paura ; aveva chiusi gli occhi, nere

o verdi le labbra, -la faccia come il gesso -- Bisognava chiamare qual-

cuno - diss' io subitamente - quest' anima di Dio se ne va- Appunto

per questo io vi ho incomodato, buion Nicola. Io non posso abbandonare

questa creatura-rispose Rosa- fatemi la carita di chiiamare un me-

dico; tenete, eccovi del denaro-Immaginate, signori illustrissimi, la

miaj sorpresa, allorché questa donna mi pose nelle mani nientemeno che

un grosso pezzo d' argento nuovo, un dodici carlinil La guardai stupe-

fatto, e non sapeva se dovessi prendere o no it denaro; combatteva tra

mille penlsieri; intanto la mia vicina andava su e giui per questa camera,

si stringea le manii sulla faccia, recitava il rosario, e solamava ad ogni

avemaria; Povera mammza! Comze farg·lielo sapere? - Non osai inter-

rogaria su cib che intendea dire, e, poco appresso, io mi recava in casa

del medico, 11 quale venne e per qluella volta salvo il bamnbino.

( Dopo questo avvenimento, si strinse tra noi due una grrande ami-

cizia; ci prestavamo scambievolmnente quei piccoli aiuti che tra poveri

vicini si sogliono scambiare ; ma io non ia vedea che qualche volta di sera.

So per altro ch-e Rosa, comech6 vivesse in si misero tugurio, solea fare

di buoni pranzi e di pidi squisite cene. E questo e cib chi'io non intendo

come potesse avvenire: dlappoiché Rosa mi confess6, chie la felice memo-

ria di suo marito, morto un mese dlopo dello sgravo di lei, P'avea lasciata

in sullapgagrlia... Ogrni volta chie1' ho interr·ograta su quelbambino ch' io cr·e-

dea suo figlio, mi hia risposto vagamente, e mi ha-detto che, quella crea-

Page 27: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

c 26 -

tura: non e sua; ch' era suo figliuolo di latte; ma, riguardo ai genitori,punto ini bocca; non ho potuto sapere né asino né bestia.... Peraltro ungiorno... Io dird perché ho promesso di spiattellare ogni cosa in coscienza,quantunque Rosa mni abbia raccomandato di cucirmi la bocca su questofatto... Un glorno dainque, essendomi ritirato straordinariamente it mat-tino sul mezzodi, ed esselldo' entrato da Rosa per darle il buongiorno, fuioltre modo sorpreso di trovarci una signorina assai bella, la quale, tenendoilelle braccia quel bimbo, se ]o mnangiava di baci, non seaza far pioveresul visitio della creatura un flume di lagrime... Non cositosto questadamina mi vide, mise un piceol grido, ando a riporre il bambinello~ inquella cesta, e scapp6, come il vento, ovvero come so: avesse in me vedutala befana, il demonio o peggrio. Come capite, io non mni arrischiai a fareveruna dimanda a Rosa relativamente alla signorina ; ma compresi, comelo han capito le sig~norie loro, chi' ella esser dovea la madre di quel put-tino. Rosa sembhrb soonCertata e dispiaciuta ch'io mi fossi trovato pre-sente a qIuella scena; anzi, come ho avato P onore di dire alle vostre si-gnorie, mi fece prometterle ch' io non avrei aparto bocca con anima vivasu questo particolare; lo che promisi... Ora, per venire alla malattia diRosa, non saprei in che modo la 6 cominciata. Una sera, or sono dodicigiorni, ed erano parecchie sere ch' io non la vedea, nelP'aprire che feciil mrio usciolino per andare a riposare sul mio giaciglio, udii una speciedi gemito che veniva dall' abituro di Rosa, la eui porta era dischiusa...Corsi, per istinto di compassione, a vedere che cosa cagionasse quel la-mento, e trovai la sventurata mia vicina in tale stato di abbattimento chîea stento mi riconobbe; ed ebbu appena la forza di pregarmi che le avessiusata la carita di assisterla e di chiamarle un medico .. Io mi prestai contutto il cuore; e quella notte e molte altre consecutive io non mi son di-partito dal suo flanco... Venne il medico, e trovi, chie la misera era presada un male che chiamb tifpo; or·dini, l'applicazione immnediata delle mi-gnatte.... Dimnandai all' infermra se avesse denaro da comprarle, e mni~fe' cenno di no... Mi ricordai allora di aver inteso a parlare della caritjdell' illustre signor don Lorenizo del Giglio, chiiamato la provvideonza diCastellamimare; e palesai a Rtosa P'idea ch-e mi era venute di andlare adiimplorare i sussidii di questo signore; mna fu come se avessi nomninatoil diavolo colle corna; fece un balzo sul suo letto; tremb tutta quanta, emi proibi di porre ad effetto il mnio proponimnento... Allora ho disperatodi salvarla... Senza mezzi, la malattia ha fatto sempre pil rapidi pro-gressi... Ma la sventurata non pensava tanto a sé qIuanto a quella poveracreatura; rni prego che fossi andato a venldere una veste nuova chie si erafatta da poco tempo, e col danaro di quiesta vendita mi ha fatto comprardel latte per nutrire il fanciallo, ordlinandomi di risparmniare quÜeste de-naro il pidl ch 'io potessi. Io ho risecato sulla mlia bocca per comnprrle le-medicine che it medico ordinava; avrei voluto col mio sangrue ridonarlela salute; ma hio veduto il male semnpre piui ingagrliardirsi... L' altro ieria notte la povera Rosa ha delirato che mi facea paura e dolore: dicea lecose piu strane e pidi matte... aspettate, or mi ricordo, dicea presso a pocoqlues te parole: Vattene, infame.... Io non debbo renderlo che a sua ma-dlre. ... Allontanati, mostro dell' inferno... tu set i adeglzo di toccare quel.

Page 28: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 27 -

I' anglolo dlel paradiso... UIcciderD prima it piccolo Gabiriele ansi chedarlo a te, dentonio.. Sentendo queste parole, io mii sono recatoieri mnat-tina dal pa'rroco, gli hio detto del caso di questa infelice, e l'ho pregatodi farla confessare e comunicare, perch! ho creduto chie l' anima sua siazzuffasse cl demonio. In fatti, ieri mnattina, ella ha ricevato i santi sa-oramenti : mi é sembrata pidi ravvi vata; ha ;ch iesto da here; poscia mi hastretto la miano ed ha cominciato a piangere e a singhiozzare! in un modochie non vel saprei dire : mi ha raccomnandlata it piccolo Gabriele, e, dopomnolta riflessione, mi hia detto: - Buon Nicola, fammi la grazia di an-dare dal signor don Lorenzo del Giglio, e supplicalo di venire at piui pre-sto da me, che debbo dirgli qualche cosa di somma importanza - Nonhio mresso tempo in mezzo, a, son corjo dal signor don Lorenzo, nella cer-tezza che Ella, signor don Lorenzo, la salverb; e faccia Dio ch' io non misia ingannato.

('osi parlb> il villico Nicola. Gli astanti lo aveano ascoltato con vivaattenzione, e un mondp di congetture aveano formato clascheduai di loro,Ma Lorenzo, a ~cui stava a cuor·e, se hou di salvare P' inferma, di poria al-mneno ini islato di parlare, pregr6caldameGnte it mnedico di apprestarle qlue-gli ainti e quel rimedii pidi atti a richiamarla in vita, non fosse che peraltro poco tempo.

11 dottor don Gennaro fece applicare gran numero di mignatte alletemple della giacente; ordinb i senapismni a' piedi e scrisse un recipe dasommrinistrariesi al momento.

Tutto ciO fu eseguito a puntino.Dopio mezz' ora, si scorse un gran miglioramento nello stato dell in-

ferma: 11 suo volto parea rischiarato; apri gli occhi e novellamakite affi-solli sul volto di Lorenzo: indi fece comîprendere distintamente che bra-mava di rimaner sola con lui.

Lorenzo fece subitamente allontanare gli astanti; e .si sedbe sullasponda del letto di Rosa.

Costei, anche per via di segni, volle che si fosse recato 11 bambitio.Lorenzo glielo present,; e Rosa distese le smagrite mani sul capo diluii, volse indi al cielo le pupille incadaverite e che gid perdeanlo la lucediel glorno .. e pianse di un pianto seeco e straziante.

Lorenzo comprrese il tutto.- Non abbiate pensiero sulP' avvenire di questo bambino - si affrettž

a dirle - Se Dio vi chiamera a lui, io lo terrb come figlio mio; poiché..esso... é figlio di Luigi, dell' ingrato Luigi, chie tanto ho amato.

Lorenzo piangreva anch'egli e ve.rsava lagrime e baci sul capo dellabella creaturina, la quale qIuesta volta sorridea con amore, e apriva i be-gli occhii in tutta la loro amplezza fissandoli negli occhi.di Lorenro: e-rano gli occhi stessi di Luigi Montero.

Rosa parve tentare uno sforzo supremol fece colle braccia un mo-vimento, a cui Lorenzo, sssorto nelle carezze chie prodigalizzava al bam-bino, non hado...

Rosa erasi levata a sedlere in mezzo al letto; avea preso tra le suerniani il capo del fanclullo, e rivolta a Lorenzo, con chiara e distinta vocegli disse :

Page 29: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 28 -

- Flatilo DivosTraA ..

Uni' altra parola non fu pronunziata, ma venne indovinata da Lorenzo,

il qIuale impallidi come per morte.

- Figlio di chi t parlate, in niome di Dio. . parlate - grid6.

Rosa era ricaduta sul suo cuscino.

Al grido messio da Lorenzo, gli astanti, che erano nell umlido cor-

tile, si cacciarono nella camera ov' era 1. inferma.

11 medico si avvicin6 al letto;~ e fece colP' indice e col medio della

mano dritta una croce nelP> aria.

- MIorta ! - esolamb Nicola; e uno scolipio di pianto rimbomnb6 nelles

umide pareti di quel tugurio.

Page 30: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

IL FlQLIO

ranio passate le nove del mattino, quando Lorenzo rientrb

in casa

fi~l~.1 servi, i qiuali erano tutti in su i preparativi della festadella sera, rimasero estremamente shigottiti veggendo entrare

il loro padrone con una faccia che mettea paura.

Attiguo al suo studio era uno stanzino con un letticciuolo, sul quale

ei si gittava talvolta a riposare ne'dopopranzi di estB. Questo stanzino,

non meno che il vicino studio, era del tutto segoregato dal rimanente della

casa, e formava una specie di santuario, in cui quasi nissuno entrava nelle

ore chle Lorenzo era in casa. Una piecola fuga di stanze separava questi

membri del qluartiere dal g~ran salotto chie era propriamente nel cuore

della casa.

Lorenzo entrb, segu:to sempre dal suo cocchiere collF involto tra

le braccia : attravers6 il salotto, e si cacciO in quel camerino : tolse dalle

braccia del cocchiere I oggoetto che questi parea custodire con gran ge-

losia, e 11 depose sul letticcinolo.

In questo miomento, le grida di un faniciullo si fecero udire.

- Chiamami Andrea, e vattene: bada di non tiatare sul fatto di que-

sto bambino; e, se ti domanderannlo che oggatto recavi ravvolto nel two

ferraiuolo, dirai chie erano semnplicemente bazzecole di casa, qualche cosa

da servire per la festa... per la festa, capisci f - disse Lorenzo, dirug-

ginando i denti e colla pid amar·a ironia.

Lo staEffere non sapea niente dellP accaduto nlel piano matto di Porto

Salvo; ma la faccenda del bambino, la quale rassomigoliava quasi ad un

ratto, avea messo un gran sospettone dli roba grossa nell'animo del

guidatore di cavalli; ed ora questa raccomandazione al silenzio mag-

glormente gli metteva sossopra il cervello. Pur non di meno, non fece

obiezione al comando del suo padrone; e ando a chiamare Andrea, dopo

aver tirata dietro a sé la bussola dello studio del suo signore.

Page 31: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 30 -

Andrea era 11 domestico di confidenza di Lorenzo,

Erano venitil inque o ventisei anni che questo eccellente uomo era in

casa del Gig;lio. Modello dei domnestici, egli era discreto e fedele, affezionato

alla famiglia del suo padrone, verso la quale la sua affezione eraugruale at

rispetto. Egli era quasi alia testa di tutte le faccende di casa; conoscova

tutti gli atti di beneficenza del buo padronie, di cui talvolta era il messo

pidi attivo e lo strumento.

Dal di che una fosca nube era passata sulla fronte di Lorenzo, onte-

nebrando quella invidiabile serenith ch'> ijglia di una coscienza pura e

d' una vita onesta e trantluilla, Anidrea era divenuto anch' egli tristo e ma-

linconico perchaè egli sapea la sorgenlte ben griusta della tristezza del suo

padrone. Andrea era in fainiglia, allorché Lorenzo, dodici anni fa,reduce

dalla valle di Gragnano, area recato a casa; il giovinetto Luigi Montero,

il qluale crebbe di poi qual altrro figliuolo di Lorenzo, amato da questo ed

allevarto con pari amore. N\on and6 guari dalla venuta di questo giovinetto,

e Andrea ebbe agio d' indovinare qual tristo cuore sl ascondesse nel petto

di lui : perocchd, Jungi dal serbare quell' umnilta ch' esser dovea naturale

in un orfanello raccolto per elemosina, questi avea modi alteri e sprezzanti;

torvo e increspato da mali pensieri si aveva il sopracciglio; e, secondo

thie cresceva negli anni, venia su pidi altero che pria. Di che poco o nulla

si avvedea il bupn Lorenizo, pJerciocch6 quel tr·isterello, borioso e traco-

tante verso i famigliari, mostravasi tutto umilth e docilita agli occhi del

suo benefattore, appalesando a tal modo una si fina ipocrisia da trarre in

inganno non pure 11 cuore eccellente di Lorenzo, ma qluanti traevano a

casa del Giglio. Andrea si gruardava dal rivelare i suoi sospetti al padrone

in quanto ai costumi ed alla condatta dell'ortanello; sopportava con ri-

spettosa rassegnazione P' alterezza e non rare volte eziandio le ingiurie di

1111. E lag;rimava nel suo cuore ve'ggendo si mral collocata la beneticenza

del suo signlore. C ii nonpertanto un glorno, it buon A nd rea si and6 a gittare

alle ginocchiia del sulo padrone, col volto tutto bagnato di Jagrimne, e com-

mosso in tal guisa da non poter profferir parola. Lorenzo, comnmosso

anch' egli, il domandb chie cosa cagionasse qIuel suio dolore; ed Andrea,

pianlgendo semrpre, gli confesso cie 1' orfanello Luigi avea spinto P>audacia

fino a colpirgli la guancia. Ciid mise nell'animo di Lorenzo un cordoglio

grandissimo; riprese fortemente l'altero giovine, ilquale, per iscusare

11 fatto, non maneb di svillaneggiare: con calunnie la condotta del buon

servo.

Da quel glorno^ in poi Luigi avea dichiara'to aperta guerra al fedel'

domestico; e tutti i mezzi avea tentato per farlo eacciar di casa, benche

senza frutto, che Lorenzo non sarebbsesi giammai indotto a separarsi da

quel diletto amico piul che servo, neppare se cogrli ocehi propri avesse ve-

duto qualchie mala oper·a di lui.

Allorché Luigi fuggi villanamenite dalla casa del suo benefattore, edi

aveva involata una considerabil .somma di denaro, Andrea comprese e

senti vivamnente il dolore del suo padrone; e, con delicatezza superiore

alla sua condizionie, non rnai gli parl6> in appresso dell'ingrato garzone ;

i cui perversi istinti egli per 10 primio aveva indovinati e scoperti.

Terminiamo il ritratto di questo servo, dicendo che, quantunque ei

Page 32: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

S31 -

conoscesse il ritiro del giovine Luigi, pure tenea sepolto questo segreto

in sé, per sottrarre quello sciagurato allo sdegno del suo padrone, a for·se

alle ricerchie della giustizia.

Andrea entr6 nello studio di Lorenzo; inuanzi di tederlo, una voce

di bambino colpi le sue orecchie; ei si ferm6 nel mezzo della stanza, in-

certo se dovesse o no entrare nello stanzino attiguo allo studio. Ma Lo-

renzo apparve sulla sogrlia dell' uscio. La sua faccia era bianca come per

morte; gli occhii erano incavati e seechi; tutto annunziava in quell' uomo

uno straordinario avvenimento.

- Ha udito qualcuno i vagiti di questo fanciallo - dimand6 Lo-

renzo al suo servo.

- Nessuno, ch' io sa~ppia, signore.

- Chiudete a chiave la bussola del mio studio e di questo recondito

stanzino. A voi solo Andrea, sara permesso di entrare qui. Ascoltatemi

b>ene, Andrea. Al vcustro senno, alla vostra prudenza e alla vostra f edelth

affido quest' oggi un delicato incarico ; e sono sicuro che lo adempire te con

quella scrupolosith ch'io so da tanto tempo in vol.

- Comandate, signgr padrone.

- Nissuno né della famiglia ne estraneo, badate bene, Andrea, nis-

suno dee sap:ere che in questo stanzino evvi un fanciulletto. Un solo (?

conscio del segreto, Biagio il cocchiiere, e Ph Io minacciato di licenziarlo

al momento s' egli riveli a chicchîessia un tal segreto. Su lui dunque vivo

sicuro comne su vol. Andrea, dovete fare in modo che quel banibino non

manichi di niente. Nonpotendoci fidaredi una nutrice, il nutricherete col

latte di capra; e, soprattutto, eviterete che i suioi vagiti rivelino la sua

esistenza alia famiglia.

- Sar8 fatto appuntino com·' Ella comanlda, signor padrone.

- Va benissimo. Ora sentitemi bene: ;per quest'oggi non si parli

pid né di festino ab di ballo.

Cid dicendo, la voce di Lorenzo era soffocata dla un pianto strozzato.

Andrea era rimasto come balordo, e parea non avesse ben capita la

sigrnificatione delle ultimne parole del suo padrone.

Lorenizo continu6 cupamente :

SPidl tardi mandero, un big·;ltto ai Sua~ Eecellenzar l'Ambhasciatore·

chie si diegnava onorare la mia casa; non mieno che a Sua Eccellenza it

comandante della squadra ancorata nel nostro porto, per avvisarli che

questa ser'a nonl avrh luogro la festa: darete il contrordine per la musica,

per la cena e per tutti gli altri preparativi : lirete in mio nome a Filippo,

it mio segretario, che: avverta di qluesta disposizione tutti qIuegrli altri si-

grnori, ai quali avea fatto correr I'invito. Non si parli di gloia né di alle-

grja... 110 Ja mnorte nellYanimna. Ohi se ciid fosse ver·o, non vedrei com-

pita questa gliornata chie chiiude 11 sessantesimo anno di mia vita l Dio,

Dio mio, e chie hio fatto io che mi serbavi a tanto dolore? Perduta, perdcuta

la figlia, la figalia mial!

Lorenizo era caduto sulla poltrona situata innanzi alia sua scrivania,facendo velo agrli occhi; d'ambon1i le palme delle mani.

E piangea dirottamiente? e in uni modo dla lacerare l'animna del buoni

Page 33: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 32

Andrea, il qluale in effetto non potendo pidi contenersi alia vista di quel

dolore chie pareva infinito, ruppe in pianto egli pure; e non di meno nion ar-

rischiavasi a domandare la cagions di quel dolore.

Alquanti minuti passarono nello stogo delle lagrime; ma Lorenzo

si ricompose, rasciugossi gli oechi addivenuti di bracia, e si alzb:

- Che fa mia figlia Agar I

- Non so, signor padrone, ma ella forse ripasa tuttavia; non ho

veduta ancora Leonilda la cameriera delle signorine a preparare la cioc--

colatta.

- A lei mnassirnamente nasconderete con ogni cura questo fanciallo,

intendete bene, Andrea; a lei mnassimamente. Ora andate, e che ogni pre-

parative della tests finisca. Stasera forse invece dei mille torchetti che

doveaho far risplendere le mie sale, fara.te preparare le funebri tede e i

paramenti di morte.

A~ queste parole Andrea chie piangeva come un bambino, e che sen-

tivasi scoppiar 1' anima, non ne potendo pidi, si gittb alle ginocchia del

suo padrone, e, annegando in un mare di lagrime le sue parole, gli disse

in voce supplichevole :

- Signore, per carith, -se non volete che io muola, concedetemi la

grazia di- conoscere la cagaione del vostro dolore. So col mio sangue po-

tessi mitigarlo anche in parte, Iddio sa con qual placere il verserei.

Lorenzo non parl6 : corse a precipitarsi sul ouo amico piid che s;ervo,

lo abbraccib con effusione, e,

- Non ho ancora tutto perduto, egli disse, mi resta un amico.

Poscia con a:lquanta tranquillith riprese:

- Nulla posso io dirti ancora , mio buon Andrea; mna sto sulle orme

di un segreto che sara per me condanna di morte. Dopo aver passata una

vita onorata e benedetta, dopo aver fatto qIuel poco, di bene ai mief simili

che io poteva, oggi forse il disonore, la vergsgna copriranno i miei blan-

chi capelli. Oh ! ma se eib a vero, giuro che io schiaccerb 1' infame, an-

corch6é egrli si trovi agli estremni del mondo. Dio mli concedera tanto di

vita che io possa farmi almeno lo strumento inesorab>ile d'ella sua giu-

stizia.

Andrea era atterrato. Egli non avea veduto glammai il suo padrone

abbandonarsi a simiglianti eccessi di disperato dolore. Ma un lampo ri-

schiarb la mente dell' antico domestico; perocîhé, quando Lorenzo ebbe

pronunciate quelle parole, to schiaccerb 1' infamle, subitamente se gli af-

facciž il pensiero che si trattasse d' una infamia novella di Luigi IVontero ;

pertanto, ei non ardiva interrogare il suo signore; ed entrambi erano ri-

miasti in una immobilith pregna delle piul violente passioni, quando un le.g-

giero picchiio alla bussola della studio fui udito.

- Chi è ? - dimanido can voJce fulminante di collera Lorenzo.

- Son io, padre mio.

Era la vooe di Agar !

.Questa voce fece balzare il cuiore in si terribil modo al padre, ch-e

cadlde affranto sulla poltrona pronunciando, anzi balbettando le parole :

- Ella stessa, ob mio Dio, ella stessa !

Page 34: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 33 -

Eg;li é d' uopo far notare ai nostri lettori che da mnolto temnpo Agar,la figlia di Lorenzo, non entrava nel costui studtio. Iniesplicabile ripugnanzaparea dominarla, per la quale la giovine tremava eziandio e scoloriva inviso ogni volta che le sue pupille si alzavano verse, di lui, o che la voce?del padre giungesse al suo orecchio. Diremo in appresso della sua lungramalattia, per la quale ella si era ritirata presso una sua zia materna di-morante a Lettere. Abbiamno cib creduto necessario di porre eccone~scenzadei lettori, per far loro intendere che sensazione ebbe a provare il padrenelP'udire la voce della figliuola, in un momento in cui egli meno si aspet-tava, e che sconcertava tutti i suoi proponimenti.

Siccome abbiam detto, la bussola era chiusa a ch·iave. Lorenzo si alz6,and6, a chiudere P'uscio dello stanzino attiguo ov'era il bambino; cered didare alle sue sembianze la maggior compostezza che Fottb; indi:

- Silenzio- egli disse sottovoce al servo -silenzio su quanto aveteudito. Ricomponete il vostro volto; rascingate le vostre lagrime. .Cheella non s' avvegrga di nuilla : aprite la bussola e ritiratevi. Badate che qluinon entri alcuno.

Cib fu detto somm~essamente. Andrea si asciugh in fretta gli occhii,e trasse verso la bussola; ma ivi gianto, si fermb colla chiiave in mano,e guardb novellamente il suo padrone, qluasi interrogandolo se dovesseobbedire al suo comando.

- Aprite dunque - disse Lorenzo adagianidosi in su la poltro~na.La bussola fu schiusa Andrea chind it capo innanzi la primogenita

di Lorenzo, non tanto per consueta usanza di rispetto, quanto per nascon-derle il suo turbamnento.

Agar entrO nello studio, e la bussola fu rinchiusa dietro di lei.L.a glSovine era estremamente pallida, avea gli occhi infossati e smorte

le labbra; la gran massa di capelli che orniava il suo capo era presso chetutta agglomerata in sulla coppa della testa, sciogliendosi alcun poco die-tro agli oreechi infino agli omeri. Una semplice veste di color acqua ma-rina formava tutta la sua acconciatur·a.

Ella era entrata con gli occhi bassi, sicchB non p~oté scorgere su lesembianze del padre la tempesta che lo agitava.

- Avanzatevi, figlia mia - le disse Lorenzo, cercando di dare allasua voce 1' accento pidi naturale, e ripiglid:

- Egli é qualche tempo che io non avevo il contento che voi entra-ste in questo studio. Debb>o forse al di che ricorda la mia nascita un talpiacere t

Agar alzb gli occhii timidamente ; e rimase alqluanto inqIuieta veggendola stralunatezza del volto del padre.

- Questo é un glorno ben felice per niot tutti - disse con lenta efloca voce la giovane - é giorno di letizia e di grazie; ed io vengo ad im-plorarne una da voi,~ mio padre.

- Una grazia ? E dovea la figlia mnia,1la cara figlia, aspettare un talglorno per rendermi felice chiedendomi qualchie cosa ch-e le pub far pia-cereB Non sono forse tutti i gliorni eguali per me che tanto amo le fi-glie mie f Parlate, Agar. Già m' accorgo chie qualchie cosa voi dovete chie-dermi che molto addentro al enore vi sta. La pallidezza del vostro voltomi rivela che oggri voi non siete felice.

Page 35: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

Una lagrima pesaste, quasi di piomnpo, si arrestb sulle: eiglia diellafanciulla..

-- Felicel Ah padra mio, egli e gran tempo che io pidi nol sona.E abbass6b la testa; e fina flamma le corse subito at viso, come se

un momenito dopo di aver pCeferito quelle parole, so ne fosse fortementepentita.

-.Ed io lo so, figlia mia; lo so chie da gran temnpo tu cer·chi invallodi sfugrgire all'occhiio della mia tenerezza. Sa it cielo quante lagrIme hodivorate in siletizio, vedendo il peso di nor gra\5e cordoglio su la tua fronteglovanile, per la quale so1tanto rosee immhgini dovrebbero sorvolare.La tua insooenza..

LorenIzo fermossi; e conficc6 un'ardents occhiata sul volto della fi-glia, come se avesse volut6 conficcarla dritto nel cuore di lei.

~A quella parola innocenzoa la glovine fece un balzo sovra s6 mede-shna; e di bel nuovo un incendio ~le inve'sti la faccia.

- La tuia innocenza - ripreise il padre - dovrebbe fugrare ogni tri-sto pensiero. Ti confesso che qualche: volta bo supposto che un disgraziatoamore si foss;e appreso al cuor tuo... Ma tu non potresti collocare i tuooaffetti che in uni uomo degno dli te, in un uomo onorato e incapace di turpi821001.

Agar soffriva un martirio indicibile : le parole del padre erano al-trettanti aculissimi strali che le foravano il cuore. Lorenzo se ne avvide.

- Ma parleremo di cio altra volta; per ora, non intorbidiamo lagiole d iquesto glorno con una conversazione che sembra darti molta pena.Non dimentichiamo che hai da chiiedermi qualche cosa.

Agar non ~aveva la forza di parlare. Un' oppressione orribile pareapesarle sull'animo. Sin da che era entrata nello studio del padre, ella erarimasta alP' impiedi; ma oraisentendosi venir manco le ginocchia, si ab-b~andonb, anzi clie si sedé sorra una sedia dall' altra parte della scrivania.

- Che cosa avete Agariu Scommetto che é qualchie cosa di grave imi-portanza ci8 che avete a dirmii; e cosi deve essere per aver avuto il pia-cere di vedervi in qluesto mio studio. dove son circa due anni chie nonentrate... Parlate, su, figlia mia. Qualanquie cosa abibiate a dirmi, affida-tevi alla mia tenerezza.

- Ebbhene... padre mio... io vengro... ad implorare la vostra piets...-- Per chi P dimandb Lorenzo cot torvo ciglio e con pallid isSimo viso.- Per un... Lambinio... di pochi mesi.Uina piena di lagorime si era quasi congelata negli occhii della glovine

donna; il cui cuore batteva con tanta precipitazione chie it respiro pareaconvulsione.

- Per un bambino di pochi mesi 1 - ripeté il padre, e qluesta voltala voce tradi un turb>amento indicibile - E: dove mBgrlio collocar potrei larnia pietà? - sogrgiunse affissando sempre le ardenti pupille sulla facclacadavei·ica di sua liglia - E chi e t dov'é questo fanciallo ?1 Chii ne é la madre ?

Agar rnise un gremito, ma si sordo che appena gianse al cuore pidchie agrli oreechli di Loreneo.

-- Egli e un... orfanello... - ebbe a stento la forza di risponidere lamisera creatura.

Page 36: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- Un orfanello I- Si, una povera donna it nutriva pe·r... elemosina... e... questa mat-

.tina... la sventurata... 6 niorta.- E colui che vi hia recata questa notizia - disse Lorenzo con in-

credibile freddezza - ha dimenticato di soggiungervi chîe at capezzaledella mnoribonda ci era un uomo che si trova sempre ovunque e un dolore,una miseria, unia sventhra,..

- Chi mai t chiese con ispavento la glovane.i Chi altri se non io3- Voil Oh Dio mio I E voi... av;ete... veduto... il... bambino 1...- L' ho veduto.Agar era fulminata.Lorenzo aggiunse tosto;- Voi avete detto che quellacr·eaturina & orfana.... Avete menitito...

Quel fanciullo ha i suoi genitori.Agar alzb nel massimo terrore gli occhi sul volto del padre; le cui

sembJianze erano ora spaventevoli.- Egli ha i suoi genitori, vi ripeto.. Suo padre vive ancora, e sua mna.I- Per pietà, signore -- esclamb l'atterrita fandiulla.Un ghigono feroce baleno sulle labbra di Lorenzo, il quale finse di non

aver capita P>esclamazione della figliuola.- Oh... non temete... io avr6 pieth di quel fanciullo; percib, chie...

io conosco suo padre... e sua.. madre....Agar provava le: torture delP'inferno... La faccia di Lorenzo era

sconvolta; i suol bianchi capelli gli si erano rizzati sul capo: i suoi oc-chi' vibravano una luce sinistra.

D)i repente, egli si alza dalla poltrona, e si accosta alla figlia.- Voi siete venuta ad imiplorare la miia pieta per quel fanciallo 8...

Ebbente... io sono antivenuto ai vastri desiderit..Ci6 dicendo prese nella sua destra la gelata mano di Agar.- Venite - le 'disse con ferma voce - venite a vedere cib che

ho fatto.Agar si alzb come una mnacchina: nulla·capiva. Pertanto un brivido

di spavento le correa per le memnbra : la sua fronlte era madidla di feeddosudore.

Lorenzo, tenendo stretta la mano della figlia, die' una giravolta allachiave dell' uscio della stanza contigua, e vi trascinO dentro la gliovinetremnante.

- Guardate su quel letto, ei disse, e lascib libera quella mano cheteneva niel suo pugno.

Agar si appressa al letto, vi gitt6 gli occh-i, e mise un grrido d' ir-refrenabile giola.

- Figlio! figlio mio !!E cadde evenuta sul letto, accanto al bambino che si era profondca-

mente addormentatIo.

Page 37: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

LE DUE SORELLE.

gar era stata sovrappresa da una febrbre ardentissima che le.

aves tolto l'uso de' sensi.

Trasportata nel suo letto, la misera era rimasta per molte

ore nello stato di morte, non rivelando la vita che per un bat-

tito qluasi insensibile di polso.

Non 6 possibile il dire il subuglio e la confusione della famigrlia.

Quel glorno che esser dovea di allegrezza e di festa, fu tramnutato in glor-

no di lagrimie.

Lorenzo temendo che la sventurata figrlitiola rivelasse in uno slancio

di amor materno la sua sventura, aveva allontanato dal letto di lei tutti

i famigrliari: eg~li solo e Andrea 1' assistevano.Lorenzo aveva tutto palesalto al suo fedel servitore, il qluale da quanto

sdegnio fosse compreso contro I'autore di tanta infamia e da quanta piethpel suo buon signore, non é mestieri si dica.

Fu detto a tutti chie la signorina era stata colpita da repentina feb-bre; e questa fu op~portuna scusa e giustificazione del contrordine per lafesta della sera.

Lorenzo e A ndrea non abrbandonaroro un momento le sponde del lettodella sventurata glovane.

L' amor di padre, ridesto dal pericolo di morte chie mninacciava la fi-gliuola, facea tacere momeontaneamente l' immenso dolore chie lacerava1' anima di Lorenizo: lo stesso infinito desiderio di vendlelta che grli si eraacceso nel cuore erasi tostamente attutato sotto qtuel prepotente amor pa-terno che tutto dimentica, tutto perdlona.

Nella camera di Agar non fu permesso a nissuno di entrare, trannleal medico che si era mandato a chiiamnare in tutta fretta.

In un baleno, la trista nuova della subitanea mralattia dlella sigrnoriniadel Gigrlio si era divulgata e sparsa in tutta Castsllammnare. Gia era notochie ella, pochi mnesi addietro avea sofferto Jungra e penosa malattia; sic-che P' inquiietudine era universale, e tutti chiedeano del mnale e dell' am-

Page 38: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 37 -

malata, e quasi in agni poveroi abituro si reeitavano rosarii e litanie perla figliuola del buon Lorenzo. Potea dirsi chie unia calamnith pubblica af-fliggesse gli ab tanti di Castellammare.

Viemag;giori .si erano I'agitazione e 11 dolore nella casa del Giglio.I servi 1' un P· altro cogli occhi si dimandavan 10; stato della intermia; e,non si tosto Andrea veniva fuori della camera di lei, era assediato d'in-terrog-azioni, alle qIuali quel sennato domestico daya discrete risposte,cercando d' infondere negli altri quella calma che non era in lui.

Matilde, la sorella di Agar, piangeva soletta niel suo stanzinio. GiBda gran tempo questa dolce figliuola erasi avvezza a riguardare la sorellacome straniera; eppure P' amnava tanto che si staceva in lagrime tutte levolte che vedea la tristezza e il dolore sulla fronte di lei, comeché? nonne potesse indovinare la cagione. Ed ora che la teniera fancialla vedeachiusa a chiave la camera della germana, ne sentiva cost fatta vaga in-quietudine e dolore che non avea neanche il coraggio di prender contodi lei.

E si stava seduta a capo del suo letticciuolo, che ella stessa avevaabballinato, e la sua testolina graziose e pallidetta, ricoperta da foltissimacapellatura bionda e rilucente come raso, or si era appoggiata alle affar-dellate mnaterasse di niven candore; e 11 libriccino di preghiere, che ellasolea recitare ogni di nel levarsi da letto, riposava semiaperto nelle mor-bide e profilate manine della fanciulla, la quale, d'un tratto, fece un saltoe mise un piccol grido.

Lorenzo era entrato in quella cameretta. Egli sembrava uscito di sOper ·la violenta pugna di passioni: il volto era stralunlato e bianco comeil crine che gli si era rizzato sul capo; la guardatura era di matto.

Entrato nella cameretta di Matilde, parea che avesse dimenticato loscopo per coi vi era entrato ; avea gittato sulla figlia un'occhiata distrat-ta; avea dato una ventina di passi in tutt' i versi con andatura si conci-tata che avea del convulsivo; indi, ristatJ improvvisamente in faccia allafanciulla :

- Tu non hai pidi sorella I-le disse...-Agar é morta !- MortalI grido la fanciulla - morta la sorella mia 1 Agar é mortal

Oh I non 6 vero, pap8, non 6 vero IE uno scoppio di lagrrime era per affograrla.- Si, ella é morta - soggiunse Lorenzo che era del tutto uscito di

sé-Myorta, ti dico: o se non é ancora, Dio mi fara la grrazia di farla mo-rire.

E il povero vecchio seguitava a correre qluella cameretta su e gidl ein tutti i versi: avea qualchie cosa del leone che ha ricevuto una cocenteferita.

Matilde or non piangreva, ma ragrguardava il padre come se qIuestinon fosse stato in lutta la lucidezza dfella sua mente.

- Infame ! infame 1 - parlava tra si! Lorenzo chiiudendo i pugni edigrignando i denlti-ma pur vivrO ancora tanto tempo quanto mi basterj.per istritolarti le ossa... Dovunque tu sii appiattato, rettile schiifoso, sa-prb trovare il tuo mnaledetto covile; e tu risponderai alla voce di morteche ti chiamrera... Oh I mialedetto quel glorno che io raccolsi tra le mnie

Page 39: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 383

braccia la serpe: che era in sulla neve, e la mi trassi a casa, e la posi in

sütl focolare per riacce'ndere in essa la vita chie si spegnea 1 E la serpe,

posGia che ebbe riacqtiislata la sua forza, mii mordette ed attossiob il cuq--

re... Va, esacrata razza: umana, alla quale ho fatto tanto bene; ora io ti

odio, ti mnaledico, e mi vergogno di appartenerti.. si, mi vergogrio di es;

sere uomo.

L~orenzo si gitto colle mani tra 1 capelli, suille assi del letto dellDat-

tonita figliuola, che ora dava libero afogo al gonflo torrentv di lacrime

che le straripava dagli occhi.

Non sapremmo dire to stato di mente di Agar durante quella glor-

nata: dapprima, ella era riinasta in una specie di mortale stupefazione.

non riconosceva nissuno. non flatava motto, non dava segni di vita : indi,

a cosi fatto abbattimnento di tutte le facolth era succeduto il deliria; colle

sue stravaganze e colle sue irrefrenalbili smanie: or la misera chiedea del

figlio che credea le avessero rapito e portato in lontani paesi; ora, sem-

brandole chîe il padre 1'avesse ucciso, facea lamenti da spezzare dalla

piethi un macigno; or'a ces 3ate tall smainie, ,sommessamente recitava

avemmnarie e altre preci, credendosi vicina a passare all' eterno sog-

.glornio.

Era una compassione a sentir;la. Andrea che l'assisteva facea gli

occhi grossi, e alcune volte piangeva come un bamrbino.

Non occorre il dire' cori che cura e diligrenza egli apprestasse all'in-

ferma que'rimedii che i medici le prescriveano.

Quando il di tramont6, Agar cadde in una specie di riposo. La· ra-

gione le era tornata 1 Chi se del padre, della sorella, e, cosa mirabile, non

dimandb del figlio.

Passarono tranquillamente le ore della sera.

Vet'so le nove, Agar dimandO in grazia ad Alndrea di voler abbrac-

ciare la sorella.

11 buono ed affezionato servo ch,-e si skntiva balzare it cuore da'lla grioia

ogni volta che Agar p>arlava, perocchi-, nudrendo somma e rispettosa af-

fezione per lei, aves temnuto 10 sconcerto della ragione della povera fan-

ciulla, ebbe un grandlissimo siussulto di placere a quella espressione del

desiderio di lei. E, comeché il sigrnor Lorenzo fortemnente gli avesse rac-

comanidato di non permrettere a nissuno, neanche de'lla famiglia,1l'ingrres-

so nella stanza della inferma, non seppe dir no alla cara padroncina, e

le rec6 innanzi la Matilde.

Agar volle rimaner sola colla sorella...

Andrea, assicuratosi primamnente chie 11 signor Lorenzo erasi gittato

in sul letto, non per dormire, ma per abbandonarsi a tutta la tristezza dei

suoi pensieri,1lasciO le due sorelle sole nella ca mera, la cui bussola chiiuse,

e si trattenine nella stanza contigua.

Agar e Matilde rimasero abbracciate lunga pezza. dando sfogo ad

una tenerezza che si sentivano raddoppiata nel seno. Matilde noni sapea

saziarsi di coprire di haci e di lagrimie la f'accia della sorella, la qluale se

la striig~eva al petto con un furore che pareva insania.

Page 40: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 39 -

gar non piangea, ch6 le sorgenti delle lacrine erano disseccate dalla

febbre e dal delirio... Ma guardava con occhio di pazza la dliletta germana,

di cui chindeva le mani nelle sue con istretta convulsiva.

El!spo piangeano somthiessamnente a non lparlavano, ch8 quando la

commoziozie é grandissima, la parola vien manco sul labbro... Matilde si `

era quiasi coricata a flanco della sventurata sor·ella: i loro volti eran cost

-vicini lI'un l' altro chie le loro labbra si incontravq)no ad ogni momlento, e

quindi un delirio di baci che era unia tenerezza e uno strazio nel tempo

stepso a vedere e a sentire... Una cupa flamma copriva le sembianze di

Agar, le quali poco innanzi erano bianche sicoome lenzuolo di morte.

Un tet*zo d'ora all'incirca era scorso in simiglianti espansioni di muta

tenerezza dalf'una banda e dall'altra, allorché Agar, rizzata alcun poco la

testa di su il cuscino, e guardata fitto in viso la sorella, le rivolse di botto

qluesta interrogazione :

- Dov'6 il figliual mio3

Sapea Matilde if terribile segrretot Non osiarmo rispondere a questa

giusta dimianda che i nostri lettori ci faranno; e soltanto direm 10ro ché

nelle donne, -sopra ogni altra funesta tendenza, domina in pritno luogo la

curiosita del male.

Matilde non rispose che gittando Je brabcia al collo della sorella, e

celando il viso tra i costei scapigliati capelli. La fanciulia soffriva per un

Sarcano sentimento di vergognia e di rossore.

- Dov'é il figlio miog - dimand6 di bel nuovo la scingurata, cer--

cando questa volta di svincolarsi dalia catena che Je braccia della sorella

aveano formato attorno al suo collo.

- Nel camerino attiguo allo studio di pap8- mormord, la fanciulla

all' orecchio dell'infelice madre.

Come sapea Matilde tutto questo t

Siamo sicuri che questa interrogazione non ci verra fatta da riissu-

na donna.

Poco altro tempo ebbero a Primanersi abbracciate le due amatissime

sorelle; perciocché Andrea venne ad avvertire che 11 padrone aveva chie-

sto della signorina Matilde.

Costei dové staccarsi dalle braccia della sorella, la qluale, come vi--

dela sul punto di allontanarsi, se l'attirb sul seno con una angoscia stra-

ziante e chie Matilde non seppe spiegarsi se non al domanf.

- Addio, sorella; addio, Matilde mia. deh ! non dimenticarmni e, so-

prattutto, non disprezzarmi - le disse Agar con accento singolare e con

uno scoppio di pianto che fece rabbrividire la fanciulla.

E11a era gi8 uscita di quella camera, e tuttavia sentiva. la floca voce

di Agar soffocata dal pianto che mormorava:

- Addio, sorella mia... Dio abbia pieta di me e del mio angioletto I

Page 41: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

VL.

LA FUQA I

gar avea fatto un terribile proponimento : involarsi per sempre

alP>aspetto del padre, della famiglia e del paese, pal quale ilQcognome del Giglio era stato piid puro e mnondo di macchia sh~e

il flore. di che portava il nome.

:i,, Agar avea fermo di fugg~ire, nel cUor defia notte, dalla casa pa-

terna, recando seco il frutto della sua colpa e la ricordanza di quelle pure:

affezioni che aveano renduta felice la sua prima glovinezza.

N'on era pidi possibile per lei sostenere lo sguardo del genitore, della

rjily, de' domestici, di tutti quelli che llaveano conosciuta e rispettata.;.

L:~O A'e, per un'anima gentile e sensitiva, é orribile 11 pensiero di és-;

b~~%ire divenuta un oggetto di schierno e ·di' disprezzo agli occhi di quelli che

a;-Tn glorno inrianzi l'aveano colmna degli attestati della pifi sincera stima

e affezionle! Oh come i3 straziante il pensiero di avere incancellabilmetite

~¨macohiato I·onore aella famigrlia.e di aver grittato I'infamnia su i bianchii

·- apelli d'un tenero padre !

Quando la sorella fu partita; quando Andrea, accesa la lampsida

presso al letto di lei, si ritirava per prendere sul sofa della stanza ebon-

tigua quialclho ora di sonno, e chiudea la doppia banda delP'uscio, Agar fu

spaventata dli trovarsi sola alla preSenza del funesto disegno; che le bols

liva nel cervello.

Fuggire ! Nel coor della nofte:lessa sola e con un bambino di pochii

mesi l esporre quella innocente creatura a tutti gli orrori di una notte di

inverno ! E dove andareB Q morire forse in mezzo alla strada, a veder

mnorire qluell'angelo per freddo e per fame ! Ella, educata a tutte le mnor-

bide agiatee de' ricchi, ignara delle strade, in mezzo allFaperta campa-

gna, senza potere recar seco chie on poco di contante e qualche gloia ..

E cib potova esserle rubato!

Q uando Agar si vide sola, ·e itel sil nzio di t utta la casa e della strada,

quandio udi sola:mente i: batti idell' orologio che segnava le dieci, e pensO

alla determinadenïe chec aves: presa, rabbrividi di Spavento, e lacrimie ar-

denti le idflidanarono le eiglia.

Page 42: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

L'aria esterna era fredda e umidissimna.... Levarsi dal calore del

letto, colla febbre; vestirsi come per uscire, mettersi indosso quel poco

chec ella possedeva di danaro e di gloielli come un ladro che spogli una

straniera abitazione; riconoscere nel buio tante camare per le quali do-

veva passare per tor seco il bambino come di fuirto, ecome se questo non

le fosse appartenuto nel pidi sacro vincolo di natura; dischiudere usci

chiusi forse a chiave, irilpedire ogni minimo rumore, soffbcare i vagriti

della creaturina; passare come fantasma attraverso porte serrate e stanze

oscure; e da ultimo, involarsi per it giardino dalla casa paterna per non

riporv·i mai pidi il piede: qIueste itnmagrini erano si orribili che ella si co-

vri pidi d' una volta gli occhi colle palme delle mani, quasi per togliersi

all' orridezza dle proprii pensieri.

Ci fu un momento in cui ella ricordbi, a vol di uccello, tutte le glioie

della infanzia e dell'adolescenza, tutt'i giorni felici trascorsi sotto quel-

1' amoroso tetto chie tra poco ella avrebb- abbandonato e per sempre I E

pens6 a tutte quelle care sollecitudini dell'amore del pidi raro tra i geni-

tori; pens6 alla benedizione che ei le!impartiva ogni sera prima di ridursi

a placido sonno; pens6 alle dimostrazioni, di quelf' affe·zione che si tradu-

ceva nelle piid piecole cure verso di lei, nella incessante anitiveggenza di

tutto eib chie poteva arrecarle un' utilitti o un diletto. Allora la mnisera si·

gBitt6 con la faccia in su i cuiscini, e pianise tanto e si disperatamente che

parve si fosse addormentata per istanchiezza eccessiva. Ma il sonno in

qluel matonetto sarebbe stato una benedizione del cielo; perciocchn forse

non si sarebbe ridesta che 11 domani o cosi addentro nella notte, che non

avrebbe potuto mnandare a compimento la trista idea che pur le si presen-

tava, per isventura, come suprema e funesta necessitl.

Ci fu un momento che ella abbandtond il disegrno di fuggire. Ma subi-

tamente il pensiero che la luce del domani avrebbela forse riposta alla pre-

senza de padre, al quale ella avea recato si grave oltragrgio, tornb a farle

con fermezza abbracciare la funesta determninazione.

Ella aspettava le ore sel della notte per compiere il suo dlisgno. La

miorte stessa pidi non la spaventava: ché Ja preferiva all'onta di ritrovarsi

sotto gli occhi dell'offeso Lorenzo del Gigrlio.

E stette inl una stupida immobilitî insinio a che non udi sonare 1'ora

chie si era nrefissa in miente.

E qluesta nion tard6 a battere, facendo balzare il cuor di lei appun'

come s' ella avesse udito sonare l'ora estrema di sua vita.

Era sospeso ad una pina della spalliera del letto un abitino coa la

immagine di Nostra Donna del Rosario .. Agar vi giltto li occhi a caso;l

alferri, Pabitino con tal trasporto chie il bsl nastro cilestre ond'>era sospeso

Sruppesi a mezzo; ed ella i! portb alle labbra, al cuore; vi stampo ruiJJo

baci, vi recit6 mille pregbiiere; indi, piangrendo semipre sommnessamenfe,

rannod6 il nastro e si pose attraverso il collo la sacra imnmagrine che, fer-

matasi in sul cuor di lei, parve chie alqluanto ne aechetasse la tempesta.

Attinta un poc3 dli forza in quiesti) accomandarsi chr ella fece alla I

mradre degrl' infelici, si riftt6 dal letto, e si trov6 sotto al piede un cosi

morbido tappeto, chie ella frem6 pensando alla differenza chie tra poco avreb-

be sperimentata tra tutti gli agi della vita e I'abbandono e la p>overth.

Page 43: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 4~2 --

L'assalse· un brivido invincibile: tremava come fronda di gilatanoal r·ombazzo dei venti: sentivasi nel capo un peso immenso quasi che vIavesse tenuto un cantaio: le ginocchia non reggevanisi.

Comne fare per ischermirsi dal freddo? Ella non avea sotto la manoche la veste che si era messa it mattino allorch6 entrb nella camnera del~padre. Tutti gli abiti suoi e gli arnesucci per uscire erano riposti negliarmadi elne' cassettoni nella camera ove dormiva Matilde.... Risovve-nendosi della cara sorella, le veinue il pensiero di confidarle la sua fugaper attenere da lei quegrli riiuti che uni simil passo richiedea. Ma un talpensiero si dilegub ben presto nella certezza· in cui ella era chie la sorellanon avrebbe permesso giammai 1'esecuzione del disperato proposito.:

Agar si gittb sulia persona la sola veste che potea porsi; lig6 titiifazzoletto di seta al capo, e~ guard6 intorno a sé con occhii ardenti di la-grime... Non vi era uno scialle, un manto qualunque· da difender sB ela care creatura dalla .rigidezza esterna del freddo.... Ma P amor ma-terno trova dappertutto sfuggite, espedienti e aiuti... Ella affeIrr la co-perta di laha dal letto in cui area riposato, e la si gitt6 addosso in guisadi scialle.

Per buonia sorte, il cassettino dov' ella tenea riposto it denaro e igiolelli non era nella camera in cui dormiva la sorella; sibbene in unostanzino di abbigliamento che spalleggiava non solamente la detta stan-za, ma parecchie altre, senza far nascere il minimo rurnore che avrebbepotuto mandare tutto a vuoto.

Un lume a cera era in sul comodino p>resso al letto in cui ella erastata gittata dalla. violenza della febbre... Agar accese questo lume, dicui colla palma della mano dritta impedi la soffusione della troppa hIce;e si incammin6 con passo vacillante, dapprima al braccio sinistro dellacasa Per torre il de.naro e le giole.

Attravers6 la camera della sorella: costei dormiva profondamente.Agar lanci6 uno aguardo su lei; e, veggenidola riposare con tanta

calma, fece uni terribile paragone col suo proprio stato; avrebbe volutobaciare la germanti, forse per l'ultima volta, ma i1 timore di destarlatrattennela.

La disgraziata fanciulla si caccib nel contiguo stanzino; con manotremante dischijuse P'armadio dov'ella tenea conservato in un cassettineun poco di denaro e le giole; ravvolse il tuttojn altra pezzuola, e ritornO·a passare per la camera della sorella. #

Una gran forza fece la meschina a s6 stessa per resistere al desi-derio che aves di ~abbracciare forse per I'·ultima aotta quella innocentee amiata compagna della sua infanzia: ma un moviftiento, un minimo ru-more avrebbe potuto fare svanire il suo malaugurato disegrno.

Come P'ombra d'una fantasima ella passava pecr quelle stanze rite-nendo il respiro, e cercando sempre di ofluscare colla mano la luce: chepartive dal lume che ella recava seco.

Era fatto il facile: rimnaneva fl piid difficile, cloé P'involare il fanciul-lo, it bambitio delle sue visceri.

Lasciamno immaginare a' nostri lettori tutto cib che soffri quel cuoredi madre per manidare ad effetto it divisato proponimento; i palpiti, i

Page 44: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

transiti, le paure, la verg·ogna, il doloi·e e le angosce de' pidi funesti pre-sentimenti.

Non ci facciaino a descrivere tutti i piecoli incidenti chie avvennerodurante i preparativi di qIuesta sciagrutata fug·a dalla casa paterna. Ci fuun momento chie, disperata, ella fu sul punto d' infrangfersi il capo coni-tro una parete per torsi alle torture che 14 straziavano: ma il pensierodel figrlio, leidette animo, forza e fierseveranza.

Dopo un' ora buona dacché erasi levata di Jetto, si trov6 alla pre-senza del suo bambinol... Ella avea dovato smorzare il lumo; glacch4énello stesso stanzino, dov' era il fanciallo, riposava eziandio it buon An-drea cui qIuella creatura era stata afT:data.

Agoar pensb al dolore del verchio domestico quando al domani eglinon avrebbe pidi ritrovato il fanciullo, e la sua confusione: il sue sba-lordimento alle richieste che gli avrebbe. dirette il padrone. Ma non po-·tea cader dubbio che il fanciullo fosse stato involato da lei, allorché sisarebbe discoperta la sua fuga.

BenchO nelle pid fitte tenebre, la madre indovijnb il sito dov' era itfigliio; ivi distese le sue braçcia tremanti, e dolcemente sollev6 al suo se-no quella creatura, che per la prima voltai si adagrid, diremroo quasi conv61utth, sul seno dolla madre,

Fu davvlero un prodigio chie il fanciullo non piarigesse !Agar si trasse immediatamente da quello stanzino, ricoprendo inltera-

mente colla coperta la creatura chie, poco stanits, fe' udire la sua voce,Ja qluale· fu soffocata da' disperati haci della madre.

Era nella cucina dell'abitazionedel signor Lore-nzo una scaletta se;g~reta:, dohde iâi:scende!·a nel giardino, chie poteva dirsi piuttosto un pic-col podere, ~t-o era granlde; e nella bella stagione qule' begli alberi sicoprivano siffi&(tamente di fronde, che l'orticello rassembrava al uinbosco.

Per qjuesta via la sciagur·ata fanciulla avea divisato partire dalla casapsterna, imperocché malagevole sarebbe stato il dischinudere l'uiscio mag-g~iore delle scale del quartiere, e pidl malagevole ancora l'aprice il por-

Stone, le cui chiiavi si conservavanio dal portinalo.L'usciolino che da·va 1'adito alla scailetta del giardino era chiuso ap-

pena da un lucchietto a mano; sicch4é non presentava diffico!ta per questaparte; e il g~iardino era cinto da un basso muro facilissimo a valicarsi.

Agrar penetr6 nella cuicina.... Non appena messo il piede in questaparte dell'appartamento, il sulo orecchiio fu co1pito dal fragore che il ventofaceva nel contiguo orticello; e it suo cuore di mnadre fu straziato al pen-siero chie P> infelice sua creattira sarebbe stata esposta ai rigori di' unadelle piid orribili notti d' inverno.

Primna di alzare il lucchetto chie chiiudea 1' usciolino , la figliuola diLorenzo cadde in grinocehi nel mlezzo della cucina, e preg6~ con calde la-S rimne pel vecchiio subo padlre, chie sarebbe mnorto per tanto dolore, per labuonla e cara sua sorella Matilde, cui forse ella non dovea pid rivedere;e fInaJlmente prego pel sno bambino, e non per sè stessa.

E qu~este ultime preci furono accompagniate da indicibili traspiorti di

Page 45: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 4~4 -

tenerezza verso quel fanciullino, it quale, incominciando oraziai a senti-

re qualche stimolo di fame, cercava piangendo il suo naturale alimento;

e la· madre si sforzava di soffocar'e quel pianto sotto un diluvio di baci e

di lacrime.

E qui cominci6 per la povera madre una lotta ·straziante tra lei e la

natura; giacché indarno ella tent6 di richiamare le sorgenti inaridite del

primo alimento che i figliuoli libano sul seno della loro genitrice. La na-

tura si vendica della infrations delle sue leggi; e quella madre chie, per

capriccio o- per necessit8, defraud6 il frutto delle sue visceri di quel pri-

mo delizioso retaggio, sara punita nelle piid soavi affezioni del suo cuore.

11 planto incessante del bambino costrinse la madre ad accelerare

la fug~a.

L'usciolino fu aperto... Un buffo di vento smorzb subitamente il moz-

zicone di candela che Agar si era a stento procacciato per combattere

l'oscurich della notte,

Ella si ritrov6 nelle pii1 dense tenebrelI

Avvillippatosi il bambino nello strano suo scialle, e strettolo al se-

no, ella si die' a scendere la diruta scaletta di legno, chie ad ogni istante

minacciava di precipitarla.

Un debolissimo barlume colpl gli occhii ardenti della sventurata, e

in pari tempo un fischio acutissimo di vento e un'aria agrghiacciata la fë-

cero accorta di trovarsi in sulP'ultimo scalino chie mettea nel giardino.

Agar lev6 gli occhii al cielo.

L' oscurith della procellosa notte era vinta appena per somma ven-

tura della disgraziata, da un ultimo raggio della luna che gittava una opa-

ca e lugubre trasparenza sull' oceano di nugolini, chie correano furiosa-

mente per la volta del cielo, sospiniti in ogrni senso da una tempesta di

venti.

Le campagne adiacenti facevano udire it fremito convulsivo di quei

turbini violenti che sradicano le plante e abbattono talvolta i pidi orgo-

gliosi colossi delle foreste.

Agar conosceva la disposizione de'viali e delle stradiediuole del giar-

dino; mosse quindi il pie' vacillante sull'umido terreno, ed avviossi verso

il muro di cinta.

Questo muro era alto quanto una persona e mezzo.

Agar sapeva un sito, dal quale sovente, nei glorni felici ed innoceni-

ti, si affacciava assieme colla sorella sul muro, sorreggendo i piedi sui

rami di un fico, che semnbrava essere nato cola appositamrente per servire

di scala a valicare dall' interno il muro di cinta.

Non sapremmo dire con quanta cura e precauzione la tenera mnadre

cereasse, in quella ascensione, di non recar danno al bamnbino; e con

quanita pena e dolori ella giungesse a discendere dalP'altra parte del muro,

tenendo sempre stretto al seno col sinistro braccio il caro figlio, che ora

piangeva ad alte grida, che si confondeano cogli urli del vento.

Agar si trovava ormai fuori delle paterne mrura, fuori di quella casa

dov'ella avea tratto i pidi begli anni della sua fanciullezza, e dove forse

ella non dovea m ai piui riporre i! piede.

L~a notte era neilPalto del siio corso.

Page 46: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

VII.

LA NUIOVA AQAR

uesta parte esternai del giardino metteva in sulla via del colle

che a Castellamnmare sofirasta."S· Perduto ne' densi nugoloni, fantasma terribile, sorgeva

agli occhi della misera il vecchio castello che die' nome alla

citth, e che ne ricorda 1' antica potenza.

Che fare 3 dove incamminarsi t che via prendereP a chi rivolgersi P

come sostenere la vita della creaturina per altre cinque o sei ore che sa-

rebbe durata la terribile notte P

Agar avea pensato dapprima di andare a chiedere un asilo a quellla

sua zia dimorante a Lettere, la quale aveala gid tenuta in sua casa per

parecchi mesi, e chie, era conscia della sua sventura. Ma un tal pensiero

si dlileguO ben presto, giacch6é ella voleva sopr·attutto che suo padre non

.avesse potuto ritrovare le sue armne, e voleva sottrarsi alla vista di tutti

coloro che l'aveano conosciuta· ed amata.

A Napoli era orm'ai diretto if suo pensiero. Nel cuiore della gran ca-

pitale sarebbele stato facil cosa il sottrarsi ad ogni investigazione, accat-

tando un finto nome e vivendo nel piu modlesto ritiro. Ella si avea addos-

so, tra le giole ed il denaro, una somma di parecchie centinaia di ducati,

con cui per qualchie anno sarebbe rimasta difesa contro il bisogno.

Ma come riconoscere la via di Napoli t Da che parte avrebbe ella di-

retto i suoi passif

Ella ignorava interamente le strade e i camnmini. Vedeva la torre

angioina che le pendeva sul capo comie una minaccia di morte; e poi alla

sua dritta un miacchione di castagni, e alla sinistra una via che sembrava

lungra e spianata.

Agar ricordava che nelle vicinanze era il borgo detto delle Botte-

ghelle, e piid oltre qluello addimandato delle Fratte, dove, fanciulla, solea

da suo padre: esser mnenata a spasso; imperocch6é questo horgo é unio dei

pill belli chie circondino Castellammare, ed i: pieno di amneni casinetti e

dilettosi giardinii.

Page 47: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 46 -

Agar ignor·ava pertanito la via cui dirigersi per mettersi alla volta diNapoli; onde, raccomandatasi alla divina Provvidenza, volth: le spalle alcastello, e tenne. a sinistra.

Camminb per circa mezz'ora, or flanchegrgiata da luride case, or da~poderi, or da snuragrlie nere ed alte... E, quando avveniva di ritrOvarsitra due muraglie, I'aquilone vi passava con tanta g;agliardia, dhe eila do-vea fat·e sup'remi storzi per mantenersi in sul terreno, e son essere tra-sportata dalla violenzà dell' aria.

Era cominciata a venjr giU una sfloratina dli pioggia agghiacciata che?intirizziva le membra dlella misera, la quale, avvicinahdo le sue labbra alviso della creatura, cercava col suo flato infondere in essa un alito di ca-lore, e ricevernie anch'essa dalla respirazidne e dal.tepor naturale delbambino.

I brividi pidl intensi della febbre correvano pelle fibre de'lla tapina,la quale attingeva nell'amor materno le forze per proseguiire il cammiinoe per non soccombere./ La vista intanto incominciava a smarrive la 'suavirth.: ella camminava come una cieca; e si sarebbe detto che obbedlissead un'arcana forza -che la trascinava.

11 vento, cupo e terribile, tagliente come un~a lama di pugnale, pareache la sospingesse innanzi verso una ignota meta, verso il baratro e laImorte.

A capo di mezz' ora, Agar fu costretta di abbaindonarsi su un gransesso che era sotto un' umida volta. La stanchezza, P' abbattimento dellafebbre, la piogrgia di neve, la fittezza delle tenebre non le permetteranodi prosegruire pidi oltre 11 suo cammino.

Ella dunque si gitt6 a sedare colla morte nel cuore su quella pietra;e le lagrime, la cui sorgenite pareva inaridita in qluelle eiglia, ruppero intaile abbondanza che ella ne risenti un momentaneo soilievo.

11 piccolo Gabriele, il quale non avea fatto altro che piangere du-,rante il cammino della mnadre, parea si fosse addormentato.

St·rana contraddizione del cuore di madre l I vagiti del bambino area-no arrecato il pidi pungente: dolore alla misera figrlia di Lorenzo: con tuttoil suo sangue ella avrebbe voluto far zittire il fanelullo, il cui pianto lesqluarciava I'anima, giacché il pensiero che era la fame quella che tor-mentava pidi chie altro la creaturina, era tale da non potervi reggrere. Edora che it bamlbino sembirava acchetato e tranqluillo; ora chie ella non neudiva 10 straziante lamiento, la madre piid ne, soffrva; perocceh sembra-vale che il figlio non piangesse per cagione di uin mortale torpore. D'al-tra parte, le gridla della creatura non facevano accorta la madre dellospaventevole silenzio che la circondava e chie era soltanto interrotto dagliurli disperati del vento.

Ed ora che it figlinolinio tacea, la madre avrebbe data la sua vita percontemplarne le sembianze... Quel poco di luce della luna era sparitointeramente nelle masse di nugole che intercettavano agni trasparenza.

La notte era oscura e profonda: niente si distingudeva, tranne P' or-rore delle stesse tene.bre,

Agar cercava con la piid divorante ansieth co1pire il fiato del bam--

Page 48: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 47 --

bino, e accertarsi almeno chie nobi fosse morto... Maquel fiato era si de-bole, si insensibile, chie la povera madre credé estinto il figlio.

Fu un momento di un'angoscia chie soltianto le madri potranno com-prendere.

Agar si alzo comie tigre ferita nel cuore; spinse alla volta del cielodisfierate grida che il vento strascinava lungri, con'barbara indiffereniza·;

Se, scoperta la faccia del bambino, quasi che ne avesse potuto vedere leseinbianze, si die' furiosamente a baciarlo; ed era un ·furore di haci chenon sapremmno descrivere, un chiamare mille volte a name il fanciullinocome se qluesto avesse potato intendere la~ significazione di quella parolaB rispondervi. Era insomma un delirio d'anigoscia, che se per pochi altri·minuti fosse durato, la misera Agar avrebbe certamnente smnarrito l'utiico·bpne che le era rimasto, un poco di senno.

Ma, per somma felicita, Gabriele fece novellamente riudire la sua

YeAgar mndbNÙ un grido di gioia, e dimentic6 tutt' i suoi dolori e laterribile posizionie in cui si trovava per abbandonarsi alla esagerazionedella materna tenerezza verso quell' arigioletto

Bisognava intanto seguitare il cammino, perocch6 era necessarioallontanarsi sempre piu da Castellammare.

Quello che accresceva le pene della sventurata era l' incer·tezza incui si trovava di aver ben presa la v~ia che mena a Napoli. Ad ogni modo,era inldispensabile alloutanarsi dalla casa paterna.

Raccolte le sue stinite forze, Agar comnpose it fanciullo tra le suebraccia il pidl comodamente che fatto le venisse, e ripiglib tra le tenebreil cammino.

Non era cessata la sfloratina di neve; soltanto il vento si era alcunpoco abbat.tuto, e mettea sordi fremiti nelle aride campagne.

La via si era pian piano allargata, per quanto Agar potea discernerenella fittezza della notte.

Ora incomincia a colpirle le oreechie il ruggire lontano del mare,ch-e romnpeva i suoi flutti contro la spiag;gia.

Gabriele erasi forse novellamente addormentato, griacché piid nonfaceva sentire la sua voce. Agar camminava, e ardenti lagrime le bru-ciavano gli occhi. Ella sarebbe stata pur felice, se un raggio di luce l'a-vesse aimenio rischiarata sulla via che battevano i suoi passi,

Ohi quanto, e trribile la solitudine per una madre chie vede pressoch6élanguire d' inedia il parto delle sue visceri l... Educata fin dalla infanziadal suo geniitore alla lettura de' libri sacri, Agar vedeva nella sua sven-tura, nella sua fugra, nlel suo abbandono, qualchie cosa di simnile alla storiadi Agar, madre d' Ismaele: vedeva nella singolare identita del nomne cheportava una maravigliosa somiglianza colla p:osizione in cui si trovb, laschiava di Abramo.

La povera madre ricord6 la solitudine di Ber·sabea in cui errava lamadre d'Ismnaele e il dolore infinito che lacerb it cuore di lei quanido videesser consumata I' acqlua nell stre... Yeder miorire di sete un fanciullo !

Ed ella, Agar niovella, avrebbe forse tra poco v~eduto morire di fameil suo Gabriele !

Page 49: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 48 --

Queste lugubri immagini attraversavano come febbrile delirio la

mente della glovane, cui le tehebre concentravano anche pidl nello sco-

raggiamento e nella disperazione 1

Di repente, un grido di gioia si sprigionb dal petto della mIisera.~.

OTn lume avea colpito i suoi occhi, un lume lontano che si sperdeva ad

intervalli trale maochie d'un podere o d'un campicello. Quel lume rischia-

rava 1' interno d'uin pag;liaro.

Agar si senti compresa da una gioia soffocante. Avrebbe forse tro-

vato un asilo pel resto della notte,· un alimento pel suo povero figlio, un

po' di paglia su cui ristorare le affrante membra !

Corse con orribile battito di cuore nella direzione di quel lume . Eb-

be la veste lacerata da mille sterpi, tronchi e rami di alberi; ma essa

nulla sentiva, a nulla ponea mente, tranne che a trovare un ristoro per

s6 e pel bambino.

Una sete ardentissima le bruciava le fauci... i piedi le si er·ano ag~-

ghiacciati... e un freddo acutissimo, interrotto a quando a quando da aure

di fuoco che le serpeggiavano nell'interno, le davano senisazioni cost do-

lorose, the ella si sentiva oramai mancare la vita.

Si avvicind, al lurse .. Distinse perfettamente la forma di un uomo

in quel pagrliaio~...

Era una specie di villico, un vecchio coi capelli e bar·ba bianca, alto

e robusto ancora: pareva occupato a votare certi cestoni che area dinan-

zi... Le tenebre che investivano il resto del pagliaio non permiettevano

che si distinguesse quello che era tratto fuori dei cestoni e ammucchiato

in un aingolo.

Agrar si fece animo e fece udire la sua voce a quelluomo che aves

le spalle rivolte a lei.

È impossibile ritrarre 1' impressione che qluesta voce produisse so

quielP' uomo... La sorpresa, Ja paura, il furore, la brutalita si dipinsero

nel bieco sguardo chie egli gitto sulla misera donna...

E nion parl,; ma, interrotto il suo lavoro, die' di piglio ad un vecchio

moschetto da cacciatore che avea dappresso; e, se la infelice glovane,

i ndovinando quel terribile movimento, non fosse stata sollecita a settrar-

si colla fuga all'impensato pericolo che la colpiva, sa il clelo a quale ec-

cesso sarebbesi quel barbaro condotto.

Per buona sorte, quel ribaldo perdé nelle tenebre i passi precipitosi

della sventurata.

Ma... oh disgrazia 1.. Nelfuggire alla ventura nella pid densa oscu-

rita, la misera Agar gitto un grido soff*ocato.

Ella era caduta assieme col bambi~ino in uno stagno prodotto dalle

precedenti inondazioni di pioggia.

Nel riaprire gli occhi alia luce del pieno glorno, Agrar si trovb di-

stesa in sulla sponda di quello stagno...

II suo primo pensiero,, il suo primo sguardo... fu pel bambino, pel

figlio suo, pel suo piccolo Gabriele I

Ah I il fanciullo le era stato rapito !.

L'eco soltanto rispondeva alle disperate sue grrida.

Oh con qIuanta infinith di dolori ella scontava il suo fall:o I

Page 50: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

".'' so'' i prm glrn del msdi api del stss ann 1828, :iiii ri

annunziavasi un g·rande avvenimento, she arrecava sommagioia a tutt' i fainigliari di iluel vasto appartamento.

On ·erede, atteso per lo sylazio di quattro anni, implorato dal cielocolle pid fervide preci, desiderato non pur dai genitori, ma da tutt'i fa-miliari, parenti e, amici, nasceva finalmente ad appagare tante brame, adesaudire tante preci, a colmare tanti voti.

& uesto erede nomavasi Efrrco Giovanni Adolfo di Voltierra, de' cordidi Castelmoresco, marchesi di Gaudixo. e cavalieri d' Ermellinoi da pa-dre in figlio: nasceva nella notte del 2 aprile 1828, dopo qtIasi dieci miesidi gravidanza della madre.

Molte case buccinavansi su questo parto tardivo, che alcuni attribui-vano all'esile complessione della madre, altri a sbaglio in sul tempo dlellagestazionet altri ad ailtre cagioni assurde e.favolose. La verita si era im-portanto che la contessa di Castelmoresco aves sofferto moltissimo, perquanto si diceva, nel dar la luce a qIuesto desiderato primnogenito, che era,aggiustando fede a quelli che lo avean veduto, un portento di bellezza, ecosi grosso e ben forinato che veramente giustificava la straordinaria tar-danza del parto.

Ma, innanzi di occuparci del bambino, é mestieri che presentiamoa' nostri lettori i suoi g·enitori, co'quali c' intratterremo a lungo nel corsodi questo racconlo.

Armando Asmodeo di Voltierra, conte di Castelmoresco, era nel1828 uomo a trentacinque anni, di assai bello aspetto. I suoi oechi nerie lucidi, la sua largA fronte non coverta da capelli, perciocchè egli eraalqluanto calvo in sul sincipite, e la proporzionata finezza del naso e dellelabbra, indicavano apertamente uno spirito intelligente eattivo. La forza

Page 51: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 50 -

morale, si chiaramente scolpita sulle sue semibianze, disposavasi alla

forza fisica, un certo indizio della quale era la densith della barba di vel-

Juto che gli copriva il mento e meth delle guance. I pittori e gli sculteri

ivano pazzi per la testa del conte di Castelmoresco, modello impareggia-

bile di severa e maschIia hellezza; era un tipo antico, il tipo romano, la

testa di Coriolano.

I suoi costumi, i suoi modi, il suo linguaggio 10 faceapo stimare e

beni volere da tutti quelli che il circondavano. Se gli si avesse potuto appun-

tare un difetto, questo era uno, spirito sommamente altero e aristocrati-

co, milnuzioso estimatore de'privilegi annessi al nobile lignaggio da cui

scendeva. Coloro the conosoevano addentro la storia della sua famiglia

addeb~itavano questa sua superiore alterigoia non solamnente al sangue che

gli cor'rea per le vene, ma eziandio ad un altro motivo, su cui ver remo a

fermarci tra poco, ed era... la sua poverta I Diciamo poverid, sempre in I

rispetto ai suoi natali. 11 conte adunque, sospettoso che la macchia di po-

v·erth, cui un enorme ingriustizia gli avea legata, rinvilisse i Suoi blasoni, :

procurava di cancellarla nei fastigi d'un animo edegnoso, che si era, per

dir cost, trincerato nella propria dignitl, safnch6 riissuno avesse osato

gittargli in faccia la modica citra della sua fortuna. Forse é da supporsi

eziandio che l'umore tristo ini cui lo poneva il pensiero di essere stato la

vittima della pidl inaudita ingiuistizia paterna era scambiato in lui per

troppo sentimento di 86: mp:desimo e per soverchis superbia:

Comunque fosse, nisftuno poteva, con tutto cib, dargli tacciadi poco

manieroso, dli poco affabile e servizievole; giacehé mai non fu inteso che

alcuno si fosse da lui dipartito lagnoso per maltrattamento ricevuto;

che anzi, tutti quelli che aveano da far con lui non potean chiuder biocca

sulla estrema eleganza- e cortesia delle sue maniere veramente signorili

e nobili. ·

Né si creda che la sua poverta fosse cagione deTla poca ricercatezza

della sua dimora. Non vi era in Toledo un quartiere meglio addobbato e

pidi vistosamente, e con maggior gusto rifornito di tutti quegli splesdori

chie la usanza de'rpicchi e la lor dignifa prescrivono. La casa del cWift di

Caste1moresco era citata 4ual modello di fina eleganza e di magnifico ]us-

so. Servitori, fanitini, valletti ingombravano le sue sale e 11 suo cortile:

cocehii e cavalli inglesi e ar;just empivano le ,sue rimesse e scuderie:

nlulla insomma gli mancava di quella esuberanza di agiatezza che colpi-

see ed abbaglia.

SPull' alto dlel portone del pabi'zzo C... era i1 suo scudo gentilizio che

rappresentava un castello moressoi:dei hassi tempi, sotto al quale un er-

mellinio d'oro col motto MALO MORI QUAM FOEDAR[. (Pluttosto mlorire che

br·utlarmi). Questo medesimo motto era in sulla catena d'aroio rnata di

gem~me, ordine de'cavalieri dell' ermellino creato da Ferdinando I d'Ara-

gona. Diremo alcune parole sulla istituizione di qluest'ordine.

È noto chie questo monlarea ebbe grave contesa con un principe na-

politano, il quale abbraccib le parti del duca Giovanni d'Angib; e, non po-

tendo vineere 11 re di Napoli colla forza si appigrliž al partito del tradi-

mento; s'infinse pard di aver abbanidonata l'alleanza del duca. d'AIngiž,

e simul6 novella amieizia col sovrano; mentre sott' acqIua non lasciava di

Page 52: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 51 -

studiare cogli altri suoi comnplici i mezzi onde fargli la guerra Mha tallarti e simulazioni g·li riuscitono funeste:; percio che, scoperta la trama,il re, sorretto da' moltinabili a lui fedeli, ridusse a mal partito i suoi nemicl.

Fu in questa occasione che Ferdinarndo d' Aragona istitui l'ordine deicavalieri delltermellino per ricompensare la fedeltà di que' personaggi chiesi erano cooperati a sharazzarlo de'suoi avversarii.

II motto malo mori qluam foedart impresso sulP' ermnellino fu ispiratodlalia condotta di questo piccolo animale, il quale fa tanto conto dellapropria bianchezza epulizia, che si lascia prendere da' cacciatori anziché10 lrdarsi nel fango onde questi circondano la sua tana per· impossessar-sene.

Uno degl' illustri personaggi che fu dal re insignito dfi quest'ordinedeJP'Ermellino fu appunto il vecchio marchese di Gaudixo, spagnuolo alsegouito della corte aragonese, itquale uniitamente al titolo del cavaliere

i:di novello ordine, ebbesi in dono il feudo di Castelmoresco coll' annessotitolo di conte, trasmessibile da padre in figrlio. E questo mnarchese di Gau-dixo fu il fondatore della nobile famiglia Caste1moresco, stabilita nel Rea-me di Napoli.

Ritornando di presente al nostro Armando, discendente dall'anticocespite di cui abbiam fatto parola, diremo cly~ i malevoli e la gente che amasempre a trovar pecche sillle spalle del proshimo asserivano che to starzodi che, facea mnostra it conte era dovuto in parte alla bella dote di sua mo-·glie, e in parte ad una seguenza di. debiti che minacciavano di sporcarealqjuanto it candido ermellino dei conti di Castelmoresco. Vedremo in ap-presso quanto di vero a di falso era in siffatte dicerie. Per or·a passiamoa far conoscere ai nostri lettori la compag~na del nostro conte Alrmando,la sposa sulla cui dote si adagiavano i comenti dei critici.

La contessa di Castelmoresco era unla downn di circa trent' annii, disangue spagnuolo, gjaceh6é suo padre era il signor don Pedro Alfarez Vi-stosas y Murillo, uno de'pidi ragg;uardevoli ;hidalgos di Madrid.

Eugenia era nata in Napoli nell' anno 110vantanove, da un parto pre-maturo che avea costato la vita alla madre. Crebbe'esile, delicata, ner-vosa per qluanto bella nelle sue sembiatnze, chie aveano qualche cosa dicost malinconico che il cuore nl'era tocco al solo riguardarla.

Era impossibile di dare trent'anni a qluesta donna che non ne di-mostrava pid di venti, e per la soavith quasi infantile che spirava dal suop7allido visino, e per le fattezze snelle e gentili del suo legrgiadro corpo.

.. Narreremo succintamente F'origfine del matr·imonio del conte di Ca-steT'moresco colla bella Eugrenia Alfarez, Questi particolari non sarannoforse inutili per la p~iena intelligenza de' fatti di cui si comnpone la presente.nostra narrazione.

La miorte del vecchio conte di Castelmoresco, padre di Armando, av-venuta nelle pill straordlinarie circostanze, la maledizione da lui scagliatasul capo diel figliuolo primogenito che veniva diseredato, ed altri partico-lari che aveano fatto gran rumore e mossa la pubblica curiosita soprat-tutto tra i nob-ili, aveano richiamato sul glovine conte P'attenzione univer-sale, tanto pid che il grido del suo ingregrno e delle sue virtU gli attiravanio

Page 53: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 52 ---

la simipatia eziandio di qjuelli che nol conoscevano personalmente; e tro-·vavano cordiale ditesa contre i rigori e la ingiustizia del genitore.

Riserbandoci di narrare diffuisamente le case che abbiam di volomenzionate, ei fermeremo per ora a dire che sopra ogni altra qualita cheil raccomandava peculiarmente alle donne, il grido della sua avvehenzadava loro una gran curiosita di conoscerlo; ed é noto che quando un uo-Kno incomincia a destare la curiosita in una donna, ha gid fatto metA delcammino per interessarla a suo favore.

11 nome del com·e di Castelmoresco er·a sulle labbra di ttitte le alteclassi; e la brama di vederlo era tanto pidi grande quanto hiissuno poteadire di essere intrinseco di lui. Armando avea passato una glovinezza de-dita interamente alla solitudine e a' libri. D'indole fiera e sdegnosa, eiprediligeva i divertimenti campestri, come la caccia e le solitarie ·caval-cate, nelle ore in cui cercava un ristoro alle consuete occupazioni delsuo spirito.

Pochi amief egli si aveva, o, per dir meglio,. non no aveva chlb unoal quale si abbandonava con intera confidenza; e questi era il medicoPierucci, dotto professore di scienze naturali e profondo filosofo pensa-tore.

Armando, nella solitudine e nella tristezza del paterno castello, nontrovava una piacevole diversione che nella compagnia del Pierucci, sullacui vita singolare ed eccentrica diremo in appresso alquante cose.

Durante la vita de.l veechio conte, Armando non era uiscito chie po-chissime volte dall'aevito castello, dove, siccome abbiam detto, passava iglorni tra i libri, la caccia, le cavaleaie e la compagnie del dottore Pie-rucci. Era questi il medico favorito di quasi tutta la nobilth napolitana;e nelle sue visite avea spesso occasione di parlare del giovine Armrando,suo amico, del cut ingegno ei discorreva come di cosa rara e pregevole,che avrebbe un di molto lustro accresciate alla patria; e non mancavadi toccare delle sue esterne qualità, di che le donne specialmente pren-deano piacere a sentir parlare, e molte dimande gli volgeano in riguardoal glovine solitario di Castelmoresco. Alle qjuali il dottore Pierticci ri-spondeva con quell'entusiasmno di amicizia che sovrabbonda in elogri.

Tra le famiglie che il dottore Pierucci frequentava era quella di Al-farez. Durante una lunga malattia della giovinetta Eugenia, il Pierucciebbe occasione parecchie flate di parlare del suo amico Armando di Ca-stelmoresco. Eugenia, era una di quelle fancialle che hanno la fantasia-vivace e piena di poesia. Il racconto della vita solitaria e meditativa delglovine conte, la dlescrizione della sua anima e delle sue fattezze, le lun-ghie lodi chie il Pierucci faceva del suo ingegno, avean fatto una certaimpressionle sulla immagrinazione di lei, la quale era presa da voglia gran-dissima di vedere se in realta Armando fosse quef chie essa sl ei*d foggia-to in suo pensiero.

Ad accreseere la poesia onde il glovine Armando era circondatoaigli occhi della figlia di Alfarez accadde la morte del vecchio conte e lastranezza del costui testamento che diseredava' il primogienito.

Se la ricchezza ha uin fascino per gli occhi del volgo,.una tal qualemodestia e povertfd di fortuna, massime quando 6 figlia di unla prepoten-

Page 54: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 53 -

· el*giusta, ha un fascino anche maggiore pe' cuori bennati e sensitivi.

'HjË~'er saputo che Armando di Castelmoresco era ritnasto diseredato,

mosse a compassione il bell' animo di Eugenia; e si sa che cosa pub es-

sere talvolta o pub divenire la compassione nel petto di glovin donna per

16ggiadro garzone, sorra tutto allorceh attre raccomandazioni vi si aggian-

gono, tra le quali la venusta dell' aspetto.

· · Gli e vero che la maledizione, onde il vecchio conte di Castelmare-

"·sco avea nel suo letto di morte fulminato il capo di Armando, e della

quale ignoravansi le cagioni, gittava una certa ombra di terrdore sulla poe-

sia di che Eugenia rivestiva I'ignota persona del gliovine reprobo; ma

coloro i quali conoscono addentro il cuore della donna sanno che> per

mala sorte, queste deboli e incomprensibili creature si attaccano facil-

mente un poco di pidl agli inomini che hanno riputazione di tristi. Laonde,

noi non vorremmo ficear lo sguardo bene addentro nel cuore della glo-

vinetta Alfarez, per ritrovarvi forse un sentimento maggiore di simpa-

tia per Armando maledetto e fulminato dal suo genitore.

Da circa sei mesi era morto 11 vecchio conte, quando una $era, i

salotti delP'ambasciatore di Francia a Napoli erano aperti ad una festa

splendidissimna, alla quale era stato invitato il flor flore delP'aristocrazia

napolitana ed estera, non meno che i principali membri del corpo diplo-

matico.

Quella sera, ne' salotti dell'ambasciatore vedeasi un vecchio vene-

rando, di bassa statura, di fronte larga e calva, di ocehi ancora vivaci e

profondi, il cui batter continuo di palpebre, attestava una mente indaga-

trice e severa, Questo venerabile vecchio fu introdotto nel salotto mag-

giore dallo stesso ministro francese; e tutti risp.ettosi inchinavansi, e

premur4s il guardavano come si guarda un uomo di fama europea.

Eiera uno de' pid illustri filosofi che noi vantiamo in faccia agli

stranieri, e le cui opere sono rimiaste all' ammirazione e allo studio del

pe;nsatori. Egli era il sommo PASQuaLE GAL~LUPPI.

L'attenizione era maggiore dappoiché in un momento ~tutt' i salotti

furono pieni della voce che 1'illustre uomo avea presentato al ministro

francese il glovine conte Armando di Castelmoresco, sue prediletto al-

lievo.

Armando era vestito tutto di nero; giacche ei portava ancora it lutto

del padre. Era la prima volta ch'egli si mostrava alla nobilth napolita-

4(_, o, er meglio dire, si mostrava nel mondo.

,?,'E-que~tsto suo primo apparire dovea per forza fare grande impres-

stone, per taste ragioni da noi summenzionate. Per comparire nel mnon-

do, egli non avea voluto farsi presentare né da un nobile nè da un miilio-

nario, ma semplicemente da un uomo illustre per merito personale, dal

suo maestro,

L' aspetto del giovine Armando era tutto cib che pub immaginarsi

di pidi bello e dignitoso. Comeché non fosse pid nella prima aurora della

vita, che allora ei conter potea gia un trent'anni, una freschezza invi-

diabile di salute sfolgoreggiava nella maschiia bellezza della sua faccia,

alqu"anto pallida per le ultime disgrazie che lo aveano colpito. L'ordine

itelP'Ermellino, brillava all' occhiello della sua marsina nera: due grossi

Page 55: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

rubini di grandissimio valore, rappresentanti due occhi di demonio, said-

tillavano come due punti di fuoco sulla cravatta di raso nero. Si avrebbe

potuto dire che quel demonietto in pietra preziosa adempiva a un doppio

officio, quello di dare una solenne mentita co' fatti alla fama di poverid;

in cui lo avea messo il testamento del grenitore, e quello di ricordare il

secondo nome di Armando, che era il nome d' uno spirito infernale, cioe

Asnzodeo. Una barba pid nera del suo lutto, pidi densa e profonda del pen-

siero che sembrava investire e corrugare quella bella fronte, finiva di

dare un'aria solenne e maestosa alle sembianze del conte.

Ma sopra tutte queste particolarita che si rianivano a rendere inte-

ressante la sua persona, dobbiamo una menzionarne, cima di tutte le

raccomandazioni appo il bel sesso, quella di essersi saputo chîe il conte

non si era risoluto di uscire dalla sua solitudine che pel semplice motivo

di cercarsi una sposa. 11 testamento del padre (di cui parleremo in ap-

presso) era di tal natura da rendere necessario anzi indispensabile il

matrimonio per lui. Ci si dica se altra raccomandazione e altra attrat-

tiva possa valere pidi di qluesta agli occhi delle figlie di Eva, Essa valea`

piu degli stessi rubini puro sangue, valutati pel prezzo di centomila

franchi.

Finiremo di arnnoverare le qualita. che concorrevano ad accoman-

dare all'attenzione delle dlame il nostro Armando Asmodeo, col dire che

da qualch·e anno un libro correa per le mani di tutte le pid ragguardevoli

signore, un romanzo intitolato La stella nera, a- che l'autore di questo

libro che avea ottenuto un certo grido era per lo appunto Armando di

Castelmoresco.

11 conte era arrivato nella festa pochi momenti prima che fosse co-

minciato il valzero francese.

In un momento, egli avea formato il subbietto di tutte le conversa-

zioni ed il punto di mira di tutti gli sguardi.

Cominciato il valzero, ogni qualvolta una coppia arrivava dappresso

a lui, gli occhi della dama e del cavaliere erarno a lui rivolti; e quindi

il giro della danza travolgeva e strascinava seco i commenti diversi che

qluella ispezione facea nascere.

11 conte non parea che si desse minimamente pensiero di queste par-

ticolari attenizioni, di cui egli era l ogrgetto, o, per meglio dire, non parea

gran fatto dispiaciuto di attirare le occhiate e il sorriso di tante vaghiis-

sime dlame. Egli si affrettO per tanto a prender parte al romore della danza,

e, fattosi presentare ad una giovanetta seduta in un angolo del salotto e

che non ballava fl valzero, le disse inlingua spagnuola:

- Signorina, vorreste darmi l'onore d' iscrivermi per una quadriglia "I

La giovinetta fece col capo un g~entil segno di affer·mazione, e con-

seg·nb al conite le sue tablettes di purissimno avorio.

II conte ne trasse una piccola matita col mnanico d' oro, e segn6 il suo

posto per la terza quadriglia, e un lepggiero pallore copri le belle semrbian-

ze della giovinetta, e il cuore le palpiti, in mnodo violento.

-11I conte di Castelmoresco I - ella mormorb adl una suia amnica chie

le stava dappresso, e guard6 il conte quasi in atto di spaveilto.

Armando, che le avea gih volto le spalle, non udi questa esclamna-

Page 56: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 55 -·

zione, né si accorse del turbamento che aves prodotto in quella giovinetta,che era la pallida Eugenia Alfarez.

Vi sono certe ascose imnpenetrabili simpatie, che si comunicano co-me corrente elettrica tra due individui di sesso diverso. Le anime si par-lan tra loro senza il hisogono dell'umano linguaggio.

Un'occhiata scambievole area deciso della sorte del conte e di Eu-gemia.

Un anno dopo, Eugenia era la moglie del conte Armlando Asmodeodi Castelmoresco.

E quattranni di poi, un sospirato bambino veniva a riannod·are coni pidisaldi vincoli la sorie de' due coningi, e a colmare il pidl ardente.desideriodel loro cuore.

Page 57: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

II.

fL TABLINUM.

bbiamo detto ehe il 2 aprile dellf anno 1828 nasceva at conte di

Castelmoresco un figliuolo, cui davasi il nome di Errico Gio-

vanni Adolfo.

Dicemmo altresi che la contessa aves sofferto molto nel

porre a luce questo desiderato figolio, chie era rimasto nel seno della ma-

dre un poco> pidi del tempo richiesto da natura. Era corsa la voce che que-

sto parto avesse avuta necessith della mano delPuqomo dellfarte, invece

delle consuete levatrici, e ehe it professor Pierucci erasi prestato ad una

difficile operazions. Comunque fosse, la madre, per grazia idel cielo, era

rimasta immune dalle tristi conseguenze diun eattivo parto ; e il bambino

era venuto al mondo sano, grosso e bello che era una gioia a vedere.

La contessa Eugenia, che avea passato quasi tutto il tempo della sua

gravidanza in an remoto casino alle falde del Vesuivio, era tornata in Na-

poli nel tempo dello sgravo, benché prima e dopo, non avesse voluto ri-

covere nissuna delle sue amiche, non vedendo altre persone che la sua ca-

meriera, suo marito e it dottore Pieracci.

Ricordiamo a'nostri lettori c.he nello schindere gli occhi alla luce,

ella aven perduta la sua diletta genitrice.

Era scorso un mese dalla nascita dell'erede dei conti di Castelmo-

resco.

Una mattina, 11 conte, la contessa, don Pietro Alfarez, padre di co-

stei, e il dottore Pierucci erano seduti a colezione nel salottino pompeiano

addimandato il Tabilinum.

Era il di natalizio del conte di Caste1moresco.

Questo salottino era cosi chiamato pevrci0 che Armando I'avea fatto

fabbricare e addobbare alP antica, spendendovi un bel danaro. Non sola-

mnente P>architettura e le suppellettili, ma le pid piecole coserelle erano

appartenute alla classica Pompel o a qTualche altra antica citta romana.

Amante appassionato delle arti e delle lettere classiche, it conite avea

Page 58: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 57 -

avuto questo capriçcio di crearsi un'illusione degli antichi tempi-G;rarl/parte della giornata egli passava in questo salottino, che formnava la sua

delizia : ivi egli abbandonavasi alla prediletta e cara lettura di autori clas-

sici, in cima a' quali sommamente.prediligeva il Tacito, ehe era il suo au-

tore favorito.

Pe:r dire qualche cosa delle opinionli di quest' uorno singolare,: 4 me-

stieri accennare che egli detestava la leggerezza. de'costumi e la pieco-

lezza delle mienti degli uomini der nostro secolo: ci6 gli dava un certo co-

lore di misantropia, la quale non era pertanto nlel fondo del; suo cuore;.

Egli non sapea persuadersi comne la generazione premiente avesse perduto

la dignita delP> anima in tante inettezze e passatempi indegni della gran-

dezza e nobilta degli umani destini, e: quando paragonava gli uomini dei

remoti secoli a quelli del decimonono, un sentimento di amaro disprezzo

gli si elevava nel fondo de]P>anima per gli uomini meschini che pullula-

no di presente sulla faccia della terra. Qualche cosa dell'uomo antico

era nel sang;ue del conte, la cui testa, siccome abbiam detto nel precedence

ca ,pitolo, serviva di modello agli artisti per ritrarre e scolpire una testa

greca o romana.

Ci occuperemo pid ampiamente del suo modo di sentire e di giudicar

le cose, allorche terremo discorso della sua glovinezza piassata nel pa-

terno castello. Per ora ci perdoneranno i nostri leggitori so facciamnouna

rapida descrizione del salottino pompeiano, nel quale ci troviamo al co-

spetto de' quattro personaggi da noi summenzionati.

Questo salotto era scoperto; giacche non corrispondeva a nessuna

delle stanze superiori del terzo piano; era rilegato alP>estremith dell' ap-

partamento: in origine era una terrazza, che it conte avea cinta di mura.

Otto colonine di stile jonio circondavano il tablinulm, tra gP'interstizil

delle quali erano bellamente ordinati fer;toni e ghiirlande con rose di mag-

gio ed altri flori della primavera. 11 pavimento era un mosaico antico,

pezzo archeologico di g~ran valore, chie apparteneva alP' avito eastello, e

che egli avea trasportato a Napoli, dopo la morte del padre. Era questo

il solo dono the avea chiesto e ottenuto da suo fratello minore don Gio-

vanni marchese di Gaudixo.

Le pareti di questo salotto erano ricoperte da dipinture che imita-

vano al vivo gli affreschi di Pompei. Su una di esse vedevasi un sacrifi-

cio d'lside, deith egiziana molto in onore presso i Poinpeani; sovr' al-

tra il ratto di Europa: e su una terza. il ritorno di Ulisse a sua mloglie

Penelope.

Una tavola di cedro, allucidata nel massimo splendore e lavorata con

arabeschi di argento, appareechijata nella stessa maniera onde solevano

appFarecchiiarla quei sibariti figli di Roma, era imbandita nel mezzo del sa-

lotto, e rifo~rnita di tutte quelle prelibate cose che si poneano a que' tempi

in sulle mense de' ricchi. AlP> intorno di qluesta tavola erano disposti pa-

reechi di quella specie di piecoli sofAi $emicircolari su cuii sedevano o,

per dir meglio, si cor·icavanc i Romani nel tricliniunt.

Era costume di antichii tempi di non mai ammettere a pranzo gran

quantita di gente, tranne in qlualchie straordinaria occasione di allegria.

Solevano dire quei nostri rispettabili antenati che i} numero dei convitati

Page 59: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 58 -

ad un banchetto non dev'esset*e maggiore di quello delle musei né mino-

re di quello delle Grazie. r

Una statua di marmo, ch era il ritratto del conte vestito alla roma-

na, era nel fondo del ta~blinum, unitamente ad una maniera di piecola cre-

denza, dov'erano esposti alP' ammirazione degli amici una folla di oggetti

pregevolissimi di antichita.

La colezione fu squisita. Se le bottiglie di prelibato vino non porta-

vano gli anni di qualche console o edile, erano certamente pili vecehie

di ciascuno dei quattro commensa~i edraiati so i loro morbidi letticciuoli.

Un vaso di Pompei era dappresso ad una colonna, ricolmo ~di flori e

di erbe 01ezzanti.

Armando non era vestito colla tunica romana, sicc6me si era fatto

scolpire in marmo, ma indossava una larga veste da camera d:i seta della

Persia. Egli non eingeva quasi mai it collo con nessuna specie di cravatta

tranne ne' casi di stretta cerimnonia.

In riguardo alla contessa Eugenia, ella vestiva pe1 consueto colla

pid grande eleganza non ispoglia di semplicith. Le sue se.mbianze erano

pidl pallide del solito; giacch6 da qualche: settimaria soltanto ella si era

levata di sopra la febbre dello agravo.

I 1 sig. don Pedro Alfarez y 19urillo, e il dottof*e Pierucci erano vestiti

dli nero; il secondo avea una di quelle giubbe turchine colle tasche aperte

su i flanchi e a grossi bottoni dorati le quali erano in usanza nel 1828,

La conversazione erasi eggirata sul tema favorito del conte di Castel-

moresco, le arti. Egli era buon paesista, buon poeta e mediocre sonatore.

- Hai veduto, Pierucci-egli diceva dopo aver tracannata una cop-

pa di nerissima lagrima del Vesurio - hai veduto il quadro del nostro

marchese di C..., a che eg;li non lascia di esporre alP' ammiirazione di tutti

coloro che freqIuentano la sua casa t

- Si, P'ho veduto -rispondeva Pierucci, tutto inteso a fare la dis-

seecazione d'una magnifica sogliola in umido che aveasi dinanzi-é una

copia bella e buona di Carlin Dolce.

- If una cosaccia da meritare le nerbate e i fischi. Lasci stare la

pittura 11 mio -caro marchese, e si dia interamente allParte sua prediletta

di manipolare intingoli.

- Dicesi che in ci6 sia molto valente.

- Ha superato il suo cuoco.

- Ma non credb che possa superare 11 tuo, mio caro conte. To non

hio mai mangiato cosi deliziosamente come in tua casa. Questa sogliola

farebbe risuscitare i Pansa, i Clodii e i Sallusti della tua classica Pom-

peL. Non é vero, signor don Pedro Z

Lo spagnuolo interrogato, si contento di abbassare il capo in atto di

assentimrento.

- Sicché, signor conte, voi compite quest' ogogi...P-dimando il pa-

dre di Eugenia, per dare altra piega alla conversazione; gia~chAé, essen-

dosi tenuto discorso fino a quel momento di lettere e dli arti, egli non area

trovato ad applicare it suo motto, che non si sentiva forte abbastanza in

so questo terveno,

Page 60: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 59 -

- Compisco i miei trentacinque anni-lispose il conte -Sono ap-punto nel mezzo del cam.min di nostra cita, come dice il padre Allighieri.

- 11 quale non si sarebbe lasciato afuggire questa sentenza, se aves-so potuto prevedere che doveai morire a cinquantasei anni- osserv6 ildottore Pierucci.

- Di' meglio-rispose Armando- egli non avrebbe scritto il granverso, so fosse vivuto air tempi nostri, in cuii P'umana vita non valica, atermine medio, il cinqIuantesimo anino.

- Ben saii, mio caro conte-torn6 a dire il Pie~rucci-che Dante ap-.poggib il suo motto sul versetto 10 del salmo 89 dev'e detto: Dies anno-rumz nostrorum... septulaginta anni.

- P>ossa il cielo moltiplicarveli a mille doppi, mio caro genero !-esolamO lon Pedro Alfarez, levando in alto la sua coppa.

- Esaudisca Iddio i voti del buon mio padre e i miei l- esolambl]atimidai Eugenia, battendo la sua coppa conlro quella del grenitore,

- E i miei- esolam6 11 dottore Pieruicci battendo anch' egrli la suacoppa con quella degli altri due commensali; indli soggiunse guardandoil conte can un certo signiificato:

- E saluite per mille anni all' erede dei conti di Castelmnoresco, alneonato contino Errico Giovanni--Adolfo.

Cosa strana l Una trista oechiata si scambib tra il conte, 1a contessae it dottore Pierucci. Armando raggrottb le eiglia; le labbra di Eugeniaimbiancarono come per morte.

- Penso - disse don Pedro Alfarez, che era rimasto straniero aquesta specie di segreto pensiero rapidlissimno chie era corso tra gli altritre personaggi-penso che egli pub, bene accadlere che uin uomo non abbia.a festeggiare it suo glorno natalizio che in ogni qIuattro anni, qIualora que-.sto uomno fosse nato nel 29 febbraio.

- In tal caso- osserv6 il Pierucci -costui meriterebbe dal cieloche si qluadruplicassero i glorni della sua vita, griacehé egrli non conta ilsueJ di natalizio che nei soli anni bisestili.

- 11 clelo adunqlue-disse il conte-quadruplichera la vita allPegre-grio maestro GIOACCHINO ROSSINr, ehie é nato appunto il 20 febbsraio dell'an-no 1792. N\oi siamo quasi coetanei; perocch6é io nonl ho che un anno equalche m~ese pid di lui.

A questo punto della conversazione, un domnestico venne ad annun-ziare al conte P' arrivo di un personagrgio.

- 11 signor don Giuseppe del Piombho.Armaindo impallidi.- Che aspetti nel salotto-disse al domestico.I quattro comnmensali ripresero la merenda e la conversazione.

Page 61: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

III.

UN UOMO ESATTO

Sna buona mezz' ora era passata dalP>arrivo del personaggiio an-

nunziato, allorch6 it conto si rec6 nel salotto di compagnia,

dove quegli aspettava.

Chi era mai codesto don Giuseppe del Piombo f La scervi,

ovvero it colloqujo che seguird, dard pienamente a conoscere chi era que-

sto animale, di cui ci place di tirar su prestamente 11 ritratto in fotogra-

fia per presentarlo ai nostri lettori.

Don Giuseppe del Piombo era im individuo della specie de'mandrilli.

In quanto alia sua etis, egli avea passato, poco pill poco meno, un venti-

mila giorni sulla faccia della terra, e alP'aspotto prometteva di viverne

aimeno un'altra buona met8.

Quando abbiam detto che egli rassomigoliava a un mandrillo, abbiatn

dato sommariamente un' imnmagine del suo volto ; e, dicendo che eg·li

rassomigliaca a questa famiglia di animali, gli facciamodavvero un gran-

de onore; imperciocché, se non sapessimo quanta malvagita covava in

lui, avremmo giurato esser lui not altro che un mandrillo. Figuratevi un

capo schiiacciato, senza fronte, coperto da ispidi e ritrosi capelli bigi, due

occhi iniettati di vene sanguigne, dei qluali era dillicile to stabilire it co-

lore, un naso spaccato nel mezzo dta un'antica mazzata applicatagli per

onoreoole fatto, it che dava alla sua voce qlualche cosa chie avea del g;rac-

chiio della rana e del ragghio del somaro; due labbra che aveano perfetta-

mente la f'orma di quelle d'una scimmia; e finalmente! per coronare qlue-

sto magnifico ritratto, una succida gozzaia circondava i1 collo di questo

bipede, la quale ei si stuidiava di nascondere sotto unla specie di sporco

lenzuolo che gli tenea le veci di oravatta.

In quanto al vestimnento che indossava questo interessante personag-

glo, diremo che uno adrucito soprabitone, con havero enorme copriva in-

teramente il suo corpo, tranne le estremith delle gramba rivestite d' u

paio di calzette di color cenerog;nolo.

Una Spropositata canna d'_India col pomo d'osso nero era nelle su

Page 62: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 1 -

mani, e nel momento in cui it conte entr6 nel salotto, don Giuseppe del

Piombo, colle due m~ani lercissime afferrate alla forinidabile sua mazza,

v· si appoggiava col merito.

Entranho nel salotto, il conto gittb una torva occhiata sul mandrillo,

it quale non si mosse dalla sue posizione magistrale.

-- Entr'ate nel mio studio-gli disse il contesseeco seeco, senza dir-

gli neppure uina parola di cerimonia.

E quegli si levb ritto ritto, e trasse appresso al conte che gli fe' stra-

da nel suo studio, poche stanze discosto dal salotto di compagnia.

Ivi entrati ambedue, Armando ne chiuse la bussola dorata, e si sede

su elastica seggiola ionanzi alla sua- magnifica scrivania.

Don Giuseppe, non invitato a sedere, prese posto sulP>orlo di mo-

:idesta sedia di prospetto a quella di Armando.

- Ohe facciamo, signor conte 7- chiese 11 personaggio con iguella

,sua voce non umana.

- Non mi aspettavo la vostra visita in un giorno come qulesto 1-

disse Armiando.

- In un glorno come questo l E che ci é di strano in questo giorno t

Oggi, come sapete, é lunedi 2 maggio 1828, un glorno come tutti gli altri

della settimana, eccetto che per me, verbigrazia, rappresenta la cifra di

cinquantamnila ducati,

- La glornata non é peranco alla meth del suo corso - disse il

conte estremamente pallido e con voce in cui traspariva una forte agi-

IItazione - D' altra parte, avreste dovuto pensare che oggi B 1' anniversa-

rio del mino natalizio e che perb non mi occupo di affari.

---- Igrnoravo che oggi 6 il vostro natalizio, altrimenti avrei rispet-

t ato la vostra bella allegria, Cib nondimeno, vi dirb signor conte, cheio non ci penso un fistolo né al mio di onomastico nde a quello anniver-sario della mia nascita; anzi, per dirvela schietta, non vi saprei direpropriamente in che glorno sono nato, giacche non me ne son dato giam-mnai il minimo pensiero. Un uomo di offari non pensa a queste inettezze.Per voi altri, la cosa é differenite; voi avete le vostre consuetudini, e stabene, come, verbigrazia, fate benissimo a ·non occuparvi di affari neigliorni di allegria. Io pertanto non he a dirvi che due: parole, e vi lascioin liberth. A che ora volete chie io ritorni per quella cambialetta da cin-quantamila ducati f

- Vi hodcetto che oggi non posso occuparmi di afferi. Non vi é il mioagaente. Pstremo vederci nel corso della entrante settimana.

- Impossibile, signor conte; ho hisogno assolutamente di quellasommetta r)el corso di questa glornata. Mi dispiace che sia glorno di fe-sta per voi, ma per me é glorno di lavoro.

QSuesto amaro e crudele motteggio fe' convellere di rabbia il cuoredel nobile, che avrebbe dato il resto de' suoi glorni per non umiliarsi di-nanzi a quella schiifosa creatura, la quale pertanto avea nelle mani lacita civile dell' orgogolioso gentiluomo.

- Vediamo - disse 11 conte cercando di raffr·enare 10 slancio d' irache si senitiva irrompere dal fondo del cuore --- lo vi pagherb sul mo-

lIn ento 10 sconto di questi pochi glorni di aspettativa.

Page 63: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 82 -

- Impossibile I- rispose il don Giuseppe cacciandosi freddIamente

nelle nari unia gran pIresa di tabacco - Ho disposto de' vostri cing~uanta-

mila ducati per un altro a(fare che ho per le mani, e che non vorrei ve-

deri augire .' L'mico mi aspetta> ai rl Cofid'Itlia allia mezz7a in puinto

per combiniare 1' affare urgentissime.

- Non ho pel mromento i fondi necessari a soddisfare la vostra cam-

hiale; h-o d'uopo -di alcuni giorni per prepararli, Vi ho detto che non ci i!

neppure il mio agente.

- Voi sapevate, signor conte, ohe oggi appunto alle ore 18 scade

la vostra obbligazione; avreste percib dovuto appareechiarmi, i mniei mni-

gliaretti qualche glorno prima. Ini commerio, I'esattezza 6 di rigore; e,

se voi, signor conte, dimenticate facilmente i vostri impegal, io non di-

mentico i mriei... Mi rincresce; ma ora daro que' passi che mii conven-.

gono, e domani a prima mattina farb protestare la vostra cambiale, Vi

saluto, signor conte.

E don Giuseppe del Piomibo, fatto un grande inchiino, volgea le

spalle al conte per prendere la via dell'uscio.

Questi, pallido per ira, si alzb, die' un pugno sulla scrivania , a·

gridb :

- Fermatevi.

- Ah ! - eselam6 i1 vecchiotto, tornando indietro - eccomi a' vo-

stri comandi.

Era tale 1' eccesso dello ·sdeg;no otide il conte era preso per doversi

umiliare innanzi a quel rettile, che poco manc6 non gli si avventasse in

sulla persona e 10 stritolasse. Ma questo movimento d'ira fu in lui su-

hitamente represso; ed egli riconobbe la necessitil in cui era di nion f e-

ritare qluel serpe. Ohi quanto soffriva P'alterezza della sua anima nel do-

ver forse miendicare scuse, pretesti e bugie per cercare di piegrare quel-

T' uomo di piombo, e ottenere il respiro di qualche glornata.

- Quest' oggi - mie caro don Giuseppe - gli disse Armnando con

isforzato sorriso - voi siete verso di me di un rigore chie ·non saprei de-

finire; eppure, dovreste usarmi grazia; oggi 6 per me glorno di festa.

Sedetevi e procuriamo d'intenderci da buloni amidi.

- Vi ringrrazio dell' onore, sigrnor conte I rispose don Giuseppe ri-

tornanido a sedersi - ma ri prego di far presto a dlirmi cib che avete a

dir·mi; perocch6é sapete che alia mezza hio un appuntamento; e ormai

siamno a dieci minuti dopo il mnezzodi. Sapeite chie io sono un ulomo esatto

e met ne vanto.

Cioj dicendo, I' uomo esaito area dato un'occhiata ad un magnifico

orologio che era sulla scrivania del conte.

- In poche parole mi shrigrher0. Vi offr·o dieci napoleoni perch6é mi

aspettiate fino a giovedi alla medesima ora di oggi.

- Vi saluto, signor conte; io hio bisogno1 in glornata di cinqluanta-

mila ducati e non di dieci napoleoni.

E si alzava novellamente.

- Ve ne offro venti.

- È impossibile. 10 era sicurissimo che avrei riscossa oggi da voi

Ja somma che mi dovete, e ne avea disposto per un altro affare che p~uo

Page 64: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 3 -

farmi lucrare qualehe. ducato, mentre che con voi ho trattato da buon

vostro servo, e non ci ho guadagnato che quel tanto che avrei ricavato

can qualunque altro impiego del mio denaro.

- Schersate l

!- Dico da senno. Per baccol voi chiamnate gran guadagno it qua-

ranta per cento all'anno, mentre il mio am:ico don Fabrizio ha fatto un

qff~are la settimana passata, pel quale ha dato mille plastre per duemila

e dulgento a capo di tre mesi, con tre buone firme, e con un pegno in ma--

no del valore' di quattromila ducati. Che bel negozio, chi! Quell'uomo 6

nato sotto una prospera stella; si aggiustera q·uattr'uova nel platto, mnen-

tre io debbo logorarmi la testa ed i piedi per correre appresso a qualche

af'aruccio di meschino guadagno. E oggi che me se ne presenta uno non

isvantaggioso. .vorreste che 10 lo perdessi a cagione della vostra inadem-

pienzaf O' impossibile, signor conte; sono addoltirato di dovermi ricusa-

re a' vostri comandi; ma 1' intei-esse in cima a tutto; leviamo di mezzo

P' interesse e resteremo buoni: amici. se volete accordarmi I'onore della

vostra amicizia, mentre voi siete I' illustre e magnifico signor conte di

Castelmoresco ec. ec., ed io non sono che un povero, abietto, meschi-

nissimo milionario.

Un raggio d'infernale soddisfazione brill6 negli occhi di tigre di don

Giuseppe del Piombo, laddove colla pid ~ipocrita umilth e. abiezione si

ravviava una gran presa di leccese in quel sito della faccia, chie dovea

essere un naso.

11 conte restb avvilito; abbass6 gli occhi baldanzosi, e un disperato

scoraggiamento piombb, sul suo cuore. Egli riconosceva la nullità dello

inglegno, della nascita, dlella bellezoza, la nullild dli tutte le pclu eminenti

qualitd jsiche e mor·ali innanzi al Dio delf' attuLale socield : il denaroll

Egi era rimasto immerso in un cupo angoscioso silenzio, disperan-

do di·poter rimuovere dal suo capo la ruina del disonore .che il minac-

ciava.

; - Ebbene, signor conte, al piacere di rivederla - disse la voce

bestiatls. dell' Uiomo-Denaro.

- Un miomenito - esclamb con risolutezza il conte - vi dimando

cinque minuti, cinque soli minuti di udienza.

- Vi ascolto- rispose il Denaro- Ulomo, piegando le braccia, e coni

quelP>aria di padronanza impareggiabile de' figli della fortuna.

- Voi siete un uomo di affari - seguit6 a dire il conte studiandosi

di ripigliare quel contegno e quella freddezza di temperamento che quasi

mnai non P'abbandonavano in tutte le grandi emergenze della sua vita -

Se io dunque vi proponessi un affare chie vi facesse lucrare pidl di quello

che potreste sperare dlal negozio chie avete in mira questa mattina, voi

non sareste meco tanito severo in riguardo alia soddisfazione della mia

cambiale.

- Cio dipende dall'affare chie mi proporrete. Parlate signor conte.

- Vi 6 noto 11 testamento del mio genitore ?

- Questo 6 un fatto di cui il mnondo ha parlato e paria tuttavia; e

debbo dirvi chie sonovi alcuni i qIuali ardiscono non dar torto alla buona

memoria del conte vastro padre perocch6é asseriscono, verbigrazia, aver

Page 65: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 64:--

la vostra mala condotta giustificato il rigore, di cui vi fece vittima.` Cheche fosse, la nascita di' vostro figlio accomoda in parte le cose.... ver-bigrazia;.l.

- Prestatemni ascolto,-- Sono a vol.- Vi B noto che, per effetto del testamento di mio padre, lmio figlio

entra' opamai nel possedimento di quella legittima che sarebbe a' mespettata.

- Della quale flu da ora \ioi siete l'usufruttuario fino alia sua mag-glorith - interruppe -1' usuraio.

- Sapete a che somma ascende it maggiorasco che ricade a mio,figlio t

- Dicono centocinquantamila ducati.- Non 6 questa la cifra esatta. Mio figlio 6 erede di centottantamila

ducati...- Che it vostro deg;nissimo signor fratello, it mnarchiese di Gaudixo,

si ha veduto sfuggire dai denti, poscia che quattro anni di sterilith dellasignora contessa vostra moglie gli avean fatto nascere la speranza di bec-carsi questo boeconcino delicato. 11 peggio é che, a quanto dicesi, il signorcontino vostro figlio gode d' una salute invidiabile, che it cielo possa man-tenergli intatta per mille anni per vostra e sua consolazionel

- Or bene - ripiglib il conte inarcando le sopracciglia e abbassandolo sgouardo - poich6 vi 6 nolo che io sono P'usufruttuario di ceritottanta-mila ducati, comprenderate che ormai la mia posizione B mutata; e possolevarmi qualche obbligazione che mi pesa, e mi pesa assai.

- Non ci é dubbio. Verbigrazia, un' altrai decina di migliaia di ducatidirendita annuale non ci é male: vi si permiette un po'di laisso - dissecon estrema impertinenza il don Gluseppe - ma, verbigrazia, finora voiavete commesso imperdonabili follie; vi siete indebitato fi:no alla gola perfar mostra d' un' opulediza shîe non era nelle vostre facolta e per dare unamentita a quielli che vi credeano povero. Ma questa é una mattezza di nuovoconio; spacciaria da gran signore quando a mala pena si pu6 fare il ga-lantuomo; spendere ·di be'quattrini per certe inezie, per certi caprieci.Che significa, verbigrazia, cotesta sciocchezza di comprare a carissimoprezzo alcune melenserie di mobili rococ6, e di farsi addobbar la casa co-me un principe indiano? che signitica, verbig`razia, if tener quattro o cin-qIue carrozze in rimessa e una dozzina di cavalli nella scuderiat Le so~ncose coteste che mnandano a ruina anche le borse meglio fornite. Senzaparlare della tavola, che 6 un precipizio per la sanita a per la saccoccia;verbigrazia, codesti vini forestieri, codesti cuochi francesi e milanesi, co-desti cristalli chie si rompono cost facilmente... E poi, festino al glornonatalizio, festino al di onomastico, festino alla nascita di unr figlio, festinoper questo, festino per quello... Corpo di Bacco, le mijniere d'oro si esau-rirebberol lo, verbigrazia, non mangio che unla pietaiIza al giorno, beyoacqua puta, e sto bene in salute, e non faccio debiti, e non penso che ametter su qualehe grano per la vecchiezza che é un tempo di malanni edi riposo.... Vol siete un dissipatore, un vizioso di nuovo conio, signorconte garbatissimo; e non dovete poi lagnarvi se gli amici vi hanno ren-

Page 66: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 65 -

duto qualche servigio nelle vostre critiche circostanze e ehe poi non ve-

dentdost soddisfatti con esattezza alle scadenze, danno qualchie passo chie

vi dispiace.

e impossibiile fare intendere a' nostri lettori cibeche avveniva nelP'a-

nimro del conte nell'uIdire le atroci verita che quello scellerato cinico, forte

della superiorita che gli dava il suo credito, non avea ripugrnanza di git-

tare in factia all'altero signore. Come ebbe questi la sofferenza di ascol-

tarlo insino a che quegli ebbe posto fine alla sua omelia t Figuratevi per

poco il carattere del conte di Castelmoresco, e immaginate quel che do-

vesse soffrire alle inisolenti parole di quel fango d' uomo che ardiva in tal

modo insultarlo. Ma una legge imperiosa gli comandava la freddezza, la

.rassegnazione. Una parola, un atto di violenza o di collera avrebbe po-

tuto far abbrtire l'accomodo che egli stava trattando col suo carnefice.

Confessiamo nonidimenG che, se quell'uomo avesse continuato a insultarlo

in qluel modo, non sappiamo a quali eccessi si sarebbe spinto l'oltraggiato

cavaliere. La sua rassegnazione fu un prodigio.

Ed ecco a quali terribili conseguenze menano la inconsideratezza,

la pJrodigalitB, il lussol

Gli ocehi di Armando fulminavano di quello sdegno che gli divam-

pava nel cuore; le sue mani e le sue labbra tremnavano convulse per lo

sforzo inaudlito che egli dové fare in quel miomento per acchetare la tem-

pesta d'ira che gli mettea sossopra tuttoil sangrue. Pure, arriv6 a soggio-

gare s6 medesimno, a contenersi ne'limiti della ragione a della crudel ne-

cessitd: fece per quel vile prostituto del danaro eib che non avrebbe fatto

neanco per sua madre; e sopportb pazientemente uno schiaffo morale mille

volte peggiore di quello applicato materialmnente in sulla guancia.-

- Tutto c16 non vi rig;uarda n6 punto né poco-ei disse procacciandlo

di dare alla sua voce la minor commozione di sdegno che gli fosse pos-

sibile-né credo che il vostro danaro e il credito che vantate verso di me

vi dieno il dritto d' insultarmi.

- lo non v'insulto, ma dico la verith tale qual'6. Nel resto, queste

faccende non mi riguardano, come voi dite : sebbene, verbigrazia, potreb-

bero forse riguardarmi un tantinello sotto it rapporto di quella specie di

tutela morale che i miei cinquantamila ducati esigono che io eserciti ver-

so di voi.

- Basta cosil - grid6 coni voce di tuono il conte di Castelmoresco

I lo non soffro tutela di nessuno ; e ricordlatevi, poich6i voi tutto sapete,

ch'io mi sono spinto a sacrileghi eccessi verso I'autore de'miei glorni per-

ch6e questi ardi un glorno insultarmi nella parte pidl viva del mio cuore.

Ricordatevi questo fatto, signor don Giuseppe; e pensate ohe per un mno-

vimnento di collera perdetti una eredith di centottantamnila ducati.

Don Giusep7pe imbiancb nello schif oso suo volto, giacch6é egli era vile,

come tutti gli esseri della sua specie mlaledetta, e si contenth di dire a

bassa voce:

- Non vorrei espormi agrli effetti della vostra collera; onde vi lascio

it buLon glorno e vado via: ci vogfliono tre minuti per la mezza. Mi rin-

cresce di aver perduto il mio tempo.

E· si alzava per andarsene.

Page 67: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 68 -

11 conto si levb anch' egli e corse a dare una giravolta alla chiavedella bussola.

- Voi non uscirete di qui, se prima rion avrete acconséntito a qluantovi proporr6 per l accomodo del nostro affare.

- Che vuol dire cin P - domandb shalordito don Gjiuseppe--Avrestemal l'intenzione di usarmi violenza f

- Nessuna violenza -, rispose il conte gndandIo a sedere al suo po-sto, dopo aver inessa la chiave della bussola nella tasca di petto della suaveste da camera.

L' uno e I'altro erano ormai in una posizione di paura l'uno rispettoall'altro. 11 conte temeva gli effetti della sua violenza. N9n si tosto quel-I'uomo fosse uscito di casa sua aveva nielle mani di che precipitarlo. DonGiuseppe temeva di trovarsi da solo a solo cojl suo debitore, it quale gliavera ricordato un fatto che non era mnica troppo rassicurante.

- Vediamp; quali ~sono le condizioni che offrite, signor conteZ- Le cohidizioni sono le seguenti : e vGi le 8006ttef6te "Quest'ultima,frase voi le accetterete fu pi-onunziata in modo da far

correre il gelo nelle ossa dell' usuraio, it quale vi lesse apertamente unaformidabile minaccia. Pertanto, non conoscendo le intenzioni del conte,ferm6 in cuor suo di simulare, di fingere di arrendersi alia volonta di lui,e quindi, uscito una voltar fuori di quella casa, correre dal suo avvocatoper disporre la protesta della cambiale.

- Sentiamo le vostre condizioni, signor conte.- Voi siete mio creditore di cinquantamila ducati, la cui obbligazione

scade ques.~ta mattina t- Signorsi.- Vi ricordero, a vol d' uccello, P'infamia dell' usura che avete esatta

da me. Vol mi deste in generi lordi la somma di trentamila ducati; i quallgeneri, offrendomi gran difficolt8 di vendita, io Eui costretto di farli ven-dere da voi stesso; e voi diceste di averne trovato soltanto 1a somma diventiduemila ducati, spacciandoli a diversi compratori. SiCch6, dopo unsolo anno, oggi io doorei pagarvi cinquantamila ducati, non avendone ri-cevuti che soli ventiduemila I' anno passato. La necessith di togliermi dauna imbarazzante posizione mi fece chiudere un occhiio sulla enormnita diquesta usura. So pur troppo chie la cambiale é in perfPetta regola; giac-ché in essa é detto che io vi sono debitore della somma di ducati cinqluan-tamila per altrettanti ricevuti in merce dli mia soddis~fazione: it vostro ti-tolo commnerciale é perfettissimo; e voi avete nelle mani di che toglier-mi domnani la cita civile, di chie bruttare il mrio stemma, di che macchia-re il mio onorato cognome e to intatto canidore dell'avito mnio Ermellino.Ma, per buona ventura, gli esseri della vostra stampa nor sono amati insulla terra; e se oggri voi spar·iste dalla faccia della te·rra, domani nes-suno verrebbe da me a chieder conto di voi, e né poi dimane, e né di quaa un mese. Io sono sicuro chie voi non avete addosso la mia cambiale, giac-ch6 i vostri pari non portano mai con loro i titoli di credito; ma la cami-biale non potra per ora camrninare senza le vostre gambe e andar domani,senza di voi, a farsi protestare. Noi dunque la lasceremo dormire doveella ora si trova; e voi, signor don Giuseppe del Piombo, non uscirete da

Page 68: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 67 -

'questa stanza che quando avrete firmata una dichiarazione legale verso dime, colla quale vi obbligate a ricevere non altro che la somma di trenta-nslla ducati, a rate mensuall di cinquecento ducati. Eccole mie condizioni.Voi guadagnerate ottomila ducati pel tempo chie aspetterete, poich6 ricor-datevi che io non ho ricevuto da voi\ che soli ducati ventiduemila. La miacambiale che scadrebbe oggi sard dichiarata estinta e di nian valore, einvece avrd vigore il bono che io farb quaudo vi placera di uscire dallamia casa, e di eui firmerete 1> accettadione. Voi sarete tr·attato in easa miacon que'riguardi che meritate e con quel lusso di cui mi fate una colpa.

Rinunziamo a dipingere i coloriidella faccia di don Giuseppedel Piom·bo nello udire questo discorsoJ del conite. Fra tante cose che egli avevaprevedute, questa sola non P'avea. In sulle prime, ei pens6 che il suo de-Bitore celiasse; ma ebbe subitaments a convincersi del contrario, quando11 vide composto e acchetato in volto, come un uomo sicuro del fatto.suo.

Egli rimase uno spazio di temnpo in uno stato di tale shalordimentoth-e la lingua gli seese gidi nella gozzaia; e ragguardava it conte con oCchida ebete, e pareva non avesse al tritto capito le intentioni di lui..

Dobbiamo notare che il conte non avea accolto sulle prime questeidee di aperta guerra contro il creditore, al quale avea forse 1' intenzionedi offrire per disconto del suo debito una parte delle novelle sue rendite;ma il pensiero dell' arresto personale eaercitato difatto sulla persona delcreditore gli suggerl una stupenda e curiosa rappresaglia di g;uerra; ed:abbracciolla immediatamente; ed a questo appunto avea pensato quandopronunzia con accento di minaccia le parole : Le condizioni sono le seguenti:e voi le accetter·ete.

Armando si era messo tranqIuillamente a leggere una lettera che avearicevuta quella mattina poco innanzi della venuta di don Giuseppe.

·Alouni minuti passarono in silenzio.- Chie giuoco 6 codesto, signor conteB - dimand6 finalmente P'u-

suraio,Il conte non alz6 gli occhi da su la carta che aveva nelle mani e ri-

spose freddamente:- Ora vi sare assegnata la vostra stanza, dove starete con tutte le

coinodita possibili: avrete sempre un mio servo a vostra disposizione, tran-ne che egli non si allontanerb mai da voi, e vi farebbe qualche violenzanel solo caso che voi voleste chiamar gente dalla finestra o far chiassoin qualsivoglia modo. Voi sarete trattato, verbigrazia, in quella stessamaniera onde sono trattati i dementi.

Un sardonico sorriso balend sulle labbra del conte, massime nel con-traffare la parola verbigraria, che cra il motto favorito di quel carnetice.

- lo trattato da dementel chiiuso in una specie di prigione I Mi ap-pello at vastra onore, signor conte; voi non commetterete una violenzadi simil sorta contro un uomo ch'é venuto con tutta fiducia ne'vostri do-mestici lari: sarebbe quiesto 11 piu enorme abuso di ospitalita. L' onor vo-stro non consenlte che...

- Eg;li é appunto per salvar 1'onolr mio che vi sottopongo al sacrifi-clo di un buon desinare e di· una squisita cena invece del vostro magropasto gliornaliero, e di una bottiglia di ottimo vino invece della vostra boo-

Page 69: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 88 -

cia d'acqua da pozzo. Avrete inoltre la colazione, se la bramate, il caffë,e buoul tabacco per la vostra scatola; un morbido letto con fina biancheria,e quanti libri volete, per occupare placecolmente it tempo. Io spero, infindei bonti, non farvi mica lagnare della vostra villeggiatura nel mio ap-partamento. Sara la: prima volta che un debitore metta in carcere it suocreditore, mna io cib to pel vostro bene. È necessario, signor don Giusep-pe, che penslate un poco alla vostra coscienza, the 6 st impura fogna. Iove ne off'ro P? agio e la fapoltB. Voi siste reechio; poco altro tempo vi ri-mane a vivere; é perB niestieri chie vi diate alcuni pensiero dell'altra vita.Noi non siamo giB immortali su questa terra; I'avarizia 6 un nefando asuccido peccato. 10, verbigrazia, non soffro questo vizio; amo e soccorrola povera gente, sono servizievole verso di tutti, e la solenne massimadella Sapienza : Beatus cir qui post aurum non abiit, nec spreravit inpe-cunia et thesau~ris non è vuota di senso per me:...Voi siete an avaraccio,un servo del denaro, uni ebreo di nuovo conio, signor don Giuseppe gar-batissimo, e non dovete lagnarvi se grli amidi che voi scorticate e si veg-gono da voi minacciati.nelle sostanze e nell' onor·e, danno qualche passoche vi dispiace.

Questa era una specie di fina rappresagolia di che il conte si servivaverso il suo tiranno, imitando e contraffacendo le stesse frasi di cui que-gli aves fatto uso per 01traggiarlo.

- Voi aggiungete l'insulto alla violenza, signor conte.- lo non o' insulto, ma dlico la veritdl tale qual' d - rispose Ar man-

do, seguitando sempre la modesima strace contraffazione.- Nel restoq·ueste f'accende non mi risguardano, come voi diceste, sebbene, verbigra-zia, potrebbero forse riguardarmi un tantinello softo it rapporto di guellaspecie di tutela morale che il mio onore esige che to eserciti verso di voi.

Gli occhi di tigre di don Giuseppe balenarono d'una luce di sangue.- Questa é una infamia inaudita, signor conte, e voi mi darete stret-

tissimo conto di questa soperchieria. Le leggi stanno per tutti; e, ver-hjigazia, non mi manca qualche earlino per togliermni una soddisfazione.Ma non isperate, sigrnor conte, che to acconsenta griammai a sacrefecarei miei interessi. Rimarrb qui finchè a voi placera di ritenermi, e fino ache qual·cuno non sospetterà che io possa essere stato vittima del vostrodebito. E in mia casa un vecchio mnio amico, celibe al pari di mne, colquale io convivo da parecchi anni; e, bench6 egli non sappia mai niulladei fatti miei, darl avviso della mia sparizione alla polizia: e forse que-sta mi saped liberare dalla prigionia in cui volete tenermi... E alloratremate, sigrnor conte.,.

- La vedremo chi di noidue tremera, signor don Giuseppe del Piomr-bo - rispose Armando,

Detto cib, and6 ad aprire la bussola, e chiamo uno dei suoi servi,a coi disse ad alta voce:

- T'ommaso, questo povero gralantuomno (e indlecd 1' tisu~ralo) mi estato raccomandato da persona, di cui fo grandissima stima; 8 mio 0-spite per qlualche tempo; io gl1i assegno la camera azzurra. Servitelo ap-puntino; non gli fate mancar niente, e, soprattutto, guardatelo a vistaperchè, capite...

Page 70: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 69 -

E fe' un gesto col quale fece intendere al servo che quegli era matto.

Don Giuseppe gittb sul servo uno sguardo furioso; cib che fees sup-

porre davVero esser lui fortemente impazzato.

E usci dallo studio del conte , seguendo le orme di Tommaso il do-

mostico.

11 conte di Castelmoresco seguit6 a leggere la lettera che avea nelle

mani. Fornita la quale, son6 i1 campanello.

- Chiamratemi Tommaso - ei disse a uu altro domestico che gli si

era presentato.

Poco stante, Tommaso era dinanzi a lui.

- Tommaso, da queste momento io raddoppio il vostro salario, pur-

che guardiate colla massima circospezione il matto che vi ho affidato.

Voi mi risponderete di lui vita per vita. Badate chec eg·li si studierà di

procacciarsi tutti i mezzi per fuggire. Pensate che la sua fuga sarebbe

un danno irr·eparabile per tutti. Vi proibisco inoltre di fare che parli con

chiochessia. Nessuno dovra entrare nella sua stanza, siccome egli non

dovrà uscirne giamnmai sotto qualsivoglia pretesto. Badate anche di non

farlo mettere alla finestra, dalla quale potrebbe chiamar gente e far ru-

more. Per tutto il resto, non gli fate mancar niente. Ci siamo intesif

- Perf'ettamnente, Non dubiti, Eccellenza.

- Va bene; ora dite alla contessa che avrei a dirle qualche cosa, e

avvertitemi tosto che it dottore Pierucci sara di ritorno,

Il servo inchinossi e and6 ad eseguire gli ordini ricevuti.

La contessa Eug~enia, dopo alquanti minuti, entrava nello studio di

suo marito, il quale accolsela con amabile sorriso, invitandola a sedere

su una po1trona al suo fianco.

- Che fa it piecinot - egli domandolle.

- Dorme come un amore - rispose la contessa - Non ho veduto

giammai sembianze cosi care.

E una lagrima furtiva le bagn6 le ciglia.

- Sapete , Eugenia, che ho ricevuto una lettera dal mio amico il

principe di B.., ilquale, avendogli io per caso tenuto discorso del bisogno

in cui eravamro d'uina governantei pel nostro piccolo Errico, mi scrive per

raccomandarmi una glovane di ornati costumni e di una educazione supe-

riore alla sua condizionle.

- Ebbene, la terremo senz' altro con noi -disse la contessa-po-

scia che viene raccomandata dal principe. Egli é niecessario che il fan-

ciullo nlon istia sempre tra le braccia della sua rustica nutrice.

- Certamente; egli é appunito come voi dite. D' altra parte, questa

governante ,dotata di una certa educazione, potra. farvi una piacevole

compagnia; ma io non vi far6o leggere pertanto ilpostscriptum della let-

tera del principe - soggiunse il conte coni sigrnificato-giacchie se il legr-

g·este, mia cara Eugrenia, sono sicuro che non vorreste pia sentir par-

lare di questa governiante.

- Che ! esolamo Eugenia-che significa "1

SAscollate.

E il conte lesse ad alta voce:

Page 71: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 170 --

< P. S. Mi dimenticaval di dirti, mio earo A mando, che la glovane; in parola 6 di una singolare belleiza. Anticipa cib alla contessa, accib< che vegga se le convenga tenerla sotto gli ochi d'un mauDais sujeta come te.

* Verrb questa sera afare it mio dovere pel tuo giorno natalizio.,La contessa atteggib il labbro ad on mesto sorriso.- Ma voi nulla avete a temere - le pisse il conte - giacché, per

quanto possa esser hella costei, nolsara mai tanto quanto la mia caraEugenia, e particolarmnente mai non sare cost buona ed amabile.

- Cattivo I-esolamb la contessa. ·- lo risponder6 dunque al principe che domani mi faccia venire

.questa g;overnante con un suo biglietto P-Si, Armando, fatela pur venire - si content6 di rispondere la

buona contessa, a cui lo stato di fisica malsania e una invincibile ipocon-dria morale, di cui diremo in appresso le cagioni, davano una certa a-patia e indifferenza sulle faccende della famiglia.

- Non sapete che norità abbiamo in casa, mia cara ESugenial ---riprese il conte , mentre occupavasi a scrivere la risposta ~al principedi B...

- Che cosa tQui Armando pales6 alla mog;lie la scena che era avvenufa tra lui

e il signor don Giuseppe del Piombo, e la forzosa ospitalit8, a cui avevacondannato il suo cryditore.

Lungi dall' esilarare l'animo oppresso della con`tessa, siccome Ar-mando avea sperato, questo fatto non fece che aggriungere fomite alia tri-stezza di lei, che pensava con dolore agli effetti della scioperata condottadi suo marito.

Page 72: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

IV.

CHI ?- AMICI

ochi glorni appresso alla scena che abbiamo descritta, un uo-

mo picrhiava mnodestamente all' uscio di un primo piano d' un

palazzotto in via Sant' Agostino alla Zecca. Erano le sette del

mattino.

L' uomo che avea picchiato mostrava un quarant' annii a un dipres-

so; bench6 avesse il capo quasi tutto bianeo: era vestito com~molta de-

cenza, ed aveva piuttosto I'aspetto autorevole.

L' uscio fu immediatamerite aperto dopo la parola d' ordiine amici in

risposta del chi é.

Un vecchio settuagenario aperse 1' uscio.

- È questa 1' abitaziotte del signor don Giuseppe del Piomnbo 7 -

dimandO P>uomo di quarant' anni.

- Precisamente - rispose il vecchio - Mi recate forse notizie di

luit giacché son cinque glorni che egli é sparito senza che io ne sappia

novella.

- lo vengo da lui direttamente.

- Favorisca dunque, si accomodi: che n' e del mio don Peppe"t

Quell' uomo entrb nell'unica stanza di quell' appartamento; e, come

entrava, di soppiatto balestrava qua e Id un'occhiata.

Due letticefuoli erano in quella succida camera, dalla quoale esalava

un insopportabile fetore di corruzione d'aria. La sporchizia piti manifesta

dominava in quello spazio, ingombro di vocchie suppellettili.

L> incognito si sedé su una delle duie sedie che erano in tutta la stan-

za, senza porre a computo una po1trona, di cui non era restato chie il sem-

plice scheletro, e che maestosamente si prolungava dinanzi alla scrivania

di vecehio pioppo, retaggio forse dell·amico don Peppe.

- Questa é tutta la vostra abitatione?

- Precisamnente, comie vedete; qlueiSto é 11 mio letto e 11 m7io casset-

tone, quell'altro é il letto di don Peppe, quella la sua scrivania.

- 10 sono da lui incaricato di fare per 10 appunto alcune rice`chie

nella sua scrivania.

Page 73: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

i 72 ~

- Ma ch;e cosa n' B di lui, signore 7' Per caritB, parlate.

Un gran sospettone era sorto nelP' animo del vecehio, che don Peppe

non avesse commessa qualohe gran balordaggine, per cui fosse stato pre-

e~o e ritenuto in luogo di castigo.

.- lo non posso dirvi nulla -rispose quellfuomo -saprete tutto da

lui stesso~ al soo ritorno da voi.

- E quando ritornerat

- Cid dipende appunto dalle ricerche che dovrb fare nella sua scri-

vania.

- Ma ditemi almeno, signor mio, con chi ho P>onore di parlare?

- 2 inutile che io vi dica it mio nome e il mio stato. Vi ripeto che

tutto saprete da lui stesso, forse oggi o domani.

- Ah! ci é speranza che...

- Certamente.

11 vecchio pid non dubitb che queWluomo si: fosse qualohe ispottore

di polizia, e non insistette piii 01tre a fargli indiscrete domande, cui que-

gli forse avea P'ordine di non rispondere.

- Debbo pertanto farvi osservare, signor miio, the la chiave della

scrivania é con lui, giacch6 egli non P'abbandona giammai, e seco la trag;-

ge dappertutto. Jo, comech6 conviva con lui da parecchi anni, nulla so

dei fatti suoi; e mi porti it diavolo se ho mai messo l'occhio in queicas-

settini. Egli non mi da contezza alcuna delle sue faccende; e credo thie

nessuno al mondo sappia degli affari suoi pid di quel tanto che ne so io::

- Non vi date nis'suna pena per la mancanza della chiave 1 sog-

giunse impassibilmente que]P' uomno - lo ciO previdi, e ho recato meco

qualche strumento che ne fard le vect.

- Come! vorreste scardinare le toppe dei cassettini I

- Non ci é altro rimedio.

E ci6 dicendo, si alzava e traeva dalla tasca del suo soprabito una

specie di grimaldello.

Parve che questa intenzione di afracassamento non andasse gran

fatto a sangue dell'amico di don Peppe, che, alzatosi in pari tempo,

-- Ma... io non saprei-borbottb-io non ho P'onore di conoscere la

signoria sua... Non so chie carte contAngansi ne'cassettini di qIuesta scri-

vania... Don Peppe potrebbe pigliarsela can me, che ho lasciato violare

la sua segreteria. Se almeno vi foste monito di un suo higlietto!

L incognito sorrise.

- D'un suo b-iglietto l Ohi questa é cara l questa 6 bella t D' un suo

biglietto I In fatti; la cosa arrebbe avuto pid spicco I sarebbe stata piid cu-

riosa I

Dicendo que·ste cose, 11 grimaldlello cominciava a glocare nella toppa

d'uno dei cassettini.

11 yeechio corse a rattenergli il braccio.

- So questa é assolutamente la vostra intenzione e l'ordine che ave- I

to ricevuto, arreste dovuto mena rcon voi qlualchietestimonio . 10 nion posso

permettere the sia sfracassata la scrivania di don Peppe da una persona

che non hio P'onore di conoscere.

- lo son mandlato qlui da persona di grande autorith. Vi ripeto per

Page 74: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 73 -

la terza volta che don Peppe sa tutto, e ch'egli stesso vi spieghera ogniicosa quando avrete il bene di· rivederlo. Sicché, non m' importunate, elasciate che io faccia le? mie necessarie ricerche.

L'amico di don Peppe era un vecchio di quella stamnpa che, attaccataper lungra consuetudine al pidi pacifico genere di vita, trema all' idea diqualunque accidente possa g;iftarla fuori della consueta stera del suo vi-vere di talpa. Vedendo cost risoluto queWluomo, si pensb di non metterea repentaglio la propria quiete, e, checché potesse avvenire, lasciar cor-rere P>acqua al molino.

11 primo e il secondo cassettino a mano destra furono aperti e rovi-stati colla massima accuratezza, da quell'uomo che metteva in tale ope-ratione line pazienza incredibile. Le carte ch'egli leggeva eratt da lui fe-delmente riposte al loro sito; onde il veechio ebbe a convincersi che I'in-cogn"ito fosse p~ersona autorevole anche perch6, avendo trovato nel secon-do cassettino alquante monele d'oro e altre d argento e rame, si contentodi numerarle con molta gravith, le fece parimente contare dal vecchio,e gli disse:

- Badate chie per setuplice regolarith, io dirb al sigrnor don Peppeche ho numerato assieme con voi il denaro contenuto in questo cassettino.

- Ed egli il trovera fale quaPAé-rispose il vecchio.L'incognito pass6t al cassettino di mezzo. La toppa salti> prestamente

e cominci6 I'operazione della lettura delle carte ivi conteniute.- È incredibile'l-mormiorava quelP>uomo correndo cogrli occhi cia-

schie0un quaderno diquelle scritturacce-Non si pu6 dare malvagith mag-glore ! Quante lagrime di oneste famiigrlie non ha fatto spargere clascu-na di queste carte bollate! quante maledizioni e imprecazioni non sonorinchiuse in questi cassettini! Obbrobrio dell' umanita ! Queste cose egliesolamava, senza cessare dallo sfogliare ed esaminare una per unatutte le carte e cartacce e eartelle ammiucchiate con grande ordine inquello stipo infernale, dove la schifosa e grama usura area il suo male-detto domicilio.

- Eccola finalmente 1 esolamb qIuell'uomo legrgendo una cartellache avea tutta la forma d'unia camb-iale.

Poscia chie ]'ebbe corsa cogrli occhi dalP'un capo alP'altro, F'incogrnitola pieg6> in quattro, la pose in un taccuino chie avea seco, e la intaseb.

-Nion occorre altro-disse alzandosi-Ho trovato qIuella chie salverail signor don Peppe da un brutto guaio. Oggi, o tutto alpidi, domanii, beneper tempo. don Peppe sara qlui. H-o I'onore di salutarvi.

E allontanarsi dalla scrivania, prendersi il cappello, aprire 1' uscioe andar via, fu la faccenda di pochi secondi.

I11vecchio rimase come balordo, e aspetto con ansia l' arrivo dli donPeppe per la dilucidazione del grran mistero.

11 domani di qIuesto avvenimento, Tommaso, il domnestico di confi-.denza del conte di Castelmoresco, entrava nella camera assegrnata a donGiuseppe del Piombo.

- Vengo per ordine di sua eccellenza il conte mio padrone ad an-nunziarvi che voi siete in libertd.

Page 75: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- Ah 1 -eselamb don Giuseppe, e poco manob non morisse dalla

gioia.

Seapp6 di quella casa come un baleno; e, siccome per andare da To-

ledo fino a S. Agoslino alla Zecca, eziandio quando un uomo corra a p r-

dita di fiato, ci vuol sempre uno spazietto di tempo, I' usario, durante: la

sua corsa, faceva a un dipresso Jo seguenti considerazioni tra se:

- La faccenda 6 occorsa siceome io aveva antiveduto. 11 mic vec-

chio amico don Gaetano avra messo la polizia a conoscenza dell;a mia spa-

rizione, e non sara. stato difficile il discoprire la prigionia in cui sono stato

tenuto da questo mio signar conte, che oggi tengo nelle mie unghie. Ogg;i

stesso farb protestare la cambiiale: sarb inesorabile, sarb di piombo, sa-

rb di ferro. E poi farb querela per la prigionia in cui sonb stato tratte-

nuto a viva forza. Ah I voi altri vi pensate che tutto vi Sia permesso

ma P> autorita sta per tutti. Ah! tu credevi di tenere il gatto nel sacco,

me, verbigrazia, signor mio, il gatto é scappato, e guai al tuo candido

ermellino, riverito signor conte 1 Ora I'avrai da fare col tuo caro don Giu- i

seppe del Piomnbo che sa pigliarsi freddamente una vendetta: Ora vedre-

mo se l'arresto personale 6 lettera morta per voi altri. Ah! tu mi hai to-

nuto rinchiuso sei lunghi glorni nella tua prigione; va bene I E tu ci starai

non Inica sei glorni, ma forse, chi sa8 sei anni. Chi sofr·e quel che al-:

trui sof~rire ha fatto, alla santa giustizia ha soddis~fattol E voglioni te-

nere anche tanto di superbia,. codeSti signorini I Li vedi tutto umili,

dimessi e buoni qIuando han hisogno di te; e, quando si va a chiedere loro

il sangue proprio, noi siatno i bricconi, i sanguisughi, gli ebrei. Ma, ver-

bigrazial ora si che mi mletto in saccoccia codesta tua superbia, signor

conte, prestantissimo~; ors si che mi rido de]}e tue minacce. Ecco, ecco

qui la chiave, che tiene chiuso il titolo che ti sara fatale (Ruminando

queste parole, don Giuseppe palpeggiava con amore nella sua saccoccia

la chiave della sua scrivania). Sono stato sempre con una maledetta paura

di vedermi involata questa chiave : l'ho messa di notte sotto al guanciale,

siu cui dormiva. Gual a te, signor contel Vedremo se sarb pagato fino al-

I'ultimo grano... Ed io sarei stato cosi gonzo di contentarmi di trentamiila

ducati, mentre tu mi devi pagarne cinqluantamila, oltre le spese e l'in-

dennizzo della violenza che hai esercitata contro la mia persona.

Queste erano le parole che egli formolava tra i luridi suoi denti, av-

vialndosi a casa can quanta maggiore prestezza si potea.

Dove, comne fu g~iunto, abbracciato il suo don Gaetano in tutta fretta,

corse senza piti alla sua scrivania, e fu un prodigio del cielo se nol colse i

un',apoplessia fulminlante nel trovare aperti i suoi cassettini.

II primo movimento che egli fece fu dli avventarsi addosso alP'amico

dlon Gaetano ed afferrarlo pel collo.

- Ladro assassino I-gridb-A chie apristi i miei cassettini P

Don Gaetano tremando grli confesso 11 fatto del gliorno innanzi.

- Ah I me 1'ha fatta! grid6 come leone.

E, tratto con furia il cassettino di mezzo, mando sossopra tutte le

carte per andare a trovare la cambiale del conte di Castelmoresco. La

qIuale non avendo ritrovata al suo pasto, gitth urla disperate, si strappO

i capelli, e tra if planto e le grida;

Page 76: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 75 -

- H-ai tu veduto-chiese all' appaurato don Gaetano-se quell' uo-mo ha messo in saccoccia o lacerata qualche earta che ha levata di questoeasSettino t

--Precisamente - rispose don Gaetano - e ha detto; Ho trqoatoqluello che salverdr it siglnor don Peppe da un brutto guaio.

- O bestia, o arcibestia, o animale, o carogna, o babbuino, o infa-me; mna tu me la pagheral, vecchio rimbambito; dammi la cambiale a tiaffogo .

E, scagliatosi sul povero vecchiio, lo avrebbe certamente affogato,se, per misericordia di Dio, I'assassino usuraio non fosse stato colpito daun mezzo tocco, che il fe' cadere disteso in sul letto.

Page 77: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

V.

LA COVERNANTE.

ench6 il conte di Castelmoresco avesse scritto al suo amico, 11

principe di B..., di farg·li veniire la governante il domiani che

questi gli area diretto la lettera di raccomandazione, ella non

si present6 nel palazzo del conte che molti giorni appresso.

Non sappiamo se fosse stata trattenuta da qualche indisposizione o

da una certa ripugnanza chie ella si avea di porsi a servire; giacché era

la prima volta che a ciib s'induceva.

11 principe di B..., I'avea conosciuta per casualit8. Una sua parente,

che: era stata a villeggiiare ne' diatorni della parrocchia di Capodimonte,

avea veduto pid d'una volta questa g·iovane di singolare bellezza,. come-

ch6 assai guasta dalle sveniture, la quale abitava in una cameretta a ter-

reno del casino di lei. Un giornio, il principe di B..., essendo andato a

pranzo a Capodlimonte da questa sua parente, ebbe occasione di vedere la

glovane, e ne rimase colpito e per la bellezza signorite del volto, e per

l'aspetto onestissimo clie cattivava subitamente. la premura e 1' affezione.

Tosto informossi del suo stato; e seppe esser colei una glovane ritira-

tissima che non usciva che rare volte, e non ricevera in casa sua anima

viva; aver tolto in fitto qIuella cameretta da solo pochii mesi: ignorarsi i

suoi mezzi di esistenza.

11 principe, al qluale, pochi griorni avanti, il conte aveva pariato del

hisogrno in che si trovaVa di avere una cameriera a governante d'una cer-

ta educazione da poter fare compagrnia alla contessa e vegliare sul fan-

ciulloi penso chie quella gliovane non avrebbe dovuto trovare difficolta di

entrare in una nobile famiglia, non a titolo di governante o dli cameriera,

ma benst di amnica; tanto pidl the qIualche cosa ella aves fatto trasparire

su la sua intenzione di collocarsi in qualchie agiata famig·lia.

II principe non pose tempo in mnezzo a farle fare la proposta di ac-

cettare unia situazione presso la contessa di Castelmoresco. Ella li man-

dO di avere un abboccamento col sigrnor principe;e equesti la ricevette in

casa della sua parente.

Page 78: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

Questo abboccamento fini di convincere il princ~ipe che quella aveadovuto nascere da civilissima famiglia: non fu possibile trarle di boccauna sola parola sulle fortune che avean dovuto travagliarla : disse sol-tanto chiiamarsi Adele Parrini, orfana e senza nessun parente. In quantoalla sua educatione, conoscere, al di fuora delle -arti donnesche, P'ita-liano, il francese, la geogrralia e la storia, della cui lettura formava lasua consueta occupazione.

11 principe e la sua parenite rimasero ammiirati de' modi, del lin-guaggio e, soprattuitto, dell'aspetto di questa glovane, veramente gentile-sco e interessante; non sapeano saziarsi di' sentirla a parlare.

Adele Parrini chiiese timidamente della famiglia Castelmoresco, eparve sommamente compiaciula a udire che sarebbe stata scelta a tenercompagnia alla g·iovane contess`a. Ma la sua fronte si rabbui6 quando lefu soggQiuato che. le si sarebbe affidato unl fanciullo nelle ore in cui la nu-trice non tenealo a petto.

11principe, contentissimo e soddisfatto di lei, disse che avrebbe im-mnediatamente scritto al ·suo amico il conte del prezioso acquisto che in-tendeva fargli fare, e che non cosi tosto ricevutone risposta, avrebbelacon un suo biglietto inviata a casa Castelmoresco.

E cosi fece per lo appunto. Ma Adele, avuta la lettera colla qualedoveva accompagnarsi a casa del conte, non vri si recb in quella stessagliornata. Imperciocch6 il pensiero di perdere la libert8 di sè medesima,di essere ridotta a servire, di trovarsi in casa a lei straniera, di averforse a trattare col servidorame, le metteva nell'animo tal ripugnanza,che era per lei quasi insormontabile.

Ma cib chie le anticipava un tormento crudelissimo al cuore era laidea di dover tenere tra le braccia un bamibino.

F;aremrmo torto allo intendimento de' nostri lettori se supponessimo:hie eglino non abbiano ancora indovinato qual era il vero personaggio na-;costo sotto il nome di Adele Parrini. Egilino han gia capite chie la mi-;terio>sa glovane che debb?, entrare in qrualita di governante nella casa161 conte di Castelmoresco non 6 che la sventurata Agar del Giglio, fug-:ita dalla casa pater·na, per una colpa di cui ella stessa era stata la pidn~felice ed innocente vittima.

S' immaginino adunque i nostri lettori quale dlovesse essere il cor-toglio di qluesta povera madre, furata del suo bambino, pensando cheI figlio d' un' altra dovea riposare sul suo seno, dove il suo caro Gabrieleion avea riposato chie poche ore.

E questa fu la possente ragione per cui ella titubo alquanti glorniznanzi di trarre al palazzo Castelmoresco.

Affrettiamoei di dire che la misera Agar dopo la funesta notte in cuivea perduto il suo bamblino, ebbe per qualche griorno a lottare controi terribile tentazionie del suicidio; dappoich6è ormai ella non vedea neliando chie un orrido deserto. E la sventurata si sarebbe senz' alcun dub-ao tronca la vita, se coloro i quall le avean rapito it caro suio figlio le a-:ssero tolto anchie quel poeo d' oro che portava addosso, e del qIualeirse non ebbero il minimo sospetto.

Educata, oltre a ci6, a seguitare i dettamri della lepgge evangelica,

Page 79: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 18 -

Agar, si creO nella rassegnazionle una nuova virtii, e accettb con umile:tranquillita le sofferenze che it clelo imponevale a disconto forse dellacolpa del suo cuore.

Muitato nome, siccome era necessario, qluando fu giunta in Napoli,ella penis6 di allontanarsi dal cuore della capitale e tolse in litto una ca-meretta a terreno sulla parrocchia del villaggio di Capodimonte, dondela veggiamo dipartiesi per muovere a casa del conte di Castelmoresco.

In questo frattempo, ella non avea pidi avato alcuna notizia della suafamiglia ; e incessanti preci volgeva al clelo per la salute del padre e dellasorella.

Agar, o meglio Adele Parrini, arriv6 a casa Castelmoresco versole dieci del mattino.

11 conte era assente.La nuova governante fu presentata alla contessa Eugenia, la quale

non poté reprimere un moto di ammirazione ne1 gittare lo aguiardo su.quella bella e glovin donna i cui lineamenti gentji e P>aspetto soavissi-mo tradivano la nobilta del cuore e la elevatezza della educadione.

La contessa I'accolse con amabile sorriso; e la invit6 a sedere a sédappresso.

Agar le mnostr6 il bigliet~.to del principe, cui la contessa corse appe-na cogli oechi e gittO sorra una menlsoletta che teneva al fianeo.

- Siete voi napolitanat- Si, signora contessa.- II principe serive che siete orfana e senza parenti.- Cost e, signora contessa - rispose Agar abbassando gli occhi.- Siete nubilePUna flamma di rossore copri le sembianze della povera glovane, che

ebbe a stento la forza di articolare un si signora.La contessa non fece alcun caso di quel pronto rossore che coloro

il viso della giovane, e l'attribut al natural pudor·e d'uina donzella.La contessa intrattennest alcun poco con 181 ragionando di varie co-

se; ed ebbe foccasione d' indovinare i tesori di sensibilith e d' intelligen-za che si ascondevano in quella bella creatura, nella qIuale Eugenia eraormai sicura di ritrovare P'amore di una sorella.

Fornita la loro conversazione preliminare, la contessa volle da séaccompagnare la glovine alla staniza che le era assegnata, gentil came-retta dove nulla mancava degli agri d'una signora.

- Andiam di presente dal piccolo Errico-disse la contessa, e in-vit6 Agar a seguirla.

Attraversarono parecchie stanze, e si trovarono ini una camera do-v' erano un letto per la nutrice` e la culla del bambino.

La nutrice non era in quella stanza; e il fanciullo dormiva nella suacuna.

Agar si era fermata alla soglia di quella camera; mentre la contessaera andata a spiare 11 sonno di suo figlio.

- Dorme -ella disse parlando a bassa voce -Rimanete, vi pregoin questa camera fino al ritorno della balia che non pub indugiare.: E i-

Page 80: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 79 -

nutile che vi raccomandi il mio bambino. Dal vostro linguaggio, dal vo-stro aspetto ho indovinato che voi avete un nobile cuore al di sopra dellavostra condizione. Siate sicura, mia cara Adele, che io cercherb di fare :sparire agli occhi vostri la superiorita in cui la fortuna mi ha c-ollocatarimpetto a voi. Voi sarete la miia sorella, la mia amica; e questo bam-b~ino avra due mnadri invece d' una.

A queste commnoventi parole, Agar· non poté frenare un pianto co-·pioso che le corse agli occhi e le troneb ogni accento. Ella si gittb sulle _i·nriani della contessa che copri di baci e di lagrime.

Eugenia la strinse al seno; e usci di quella camera col cuore pidl:sollevato e contento.

Agar rimase sola col bambino.Vinta dall'eccesso della commozione, ella si abbandonb sovra una

sedia, e die' libero sfogo al planto, che era ormai pianto di giola, di gra-titudine verso la Provvidenza che le faiceva incontrare cosi nobili sensinella sua padronia.

Ella ricordava con fremito di tenerezza le ultime parole della con-tessa; Voi s~arete la mia sorella, la mia amica; e questo bambino abrddue madri invece d' una.

Si alz6 per andare a soIlevare le cortinuece che coprivano la culladel pargoletto; ma tosto ricadde, oppressa da un palpito incredibile edinesplicabile.

Era la prima volta che $lla dovea affisare lo sg·uardo sovra un fan-cipllo dal di che avea perduto il suo caro Gabriele: tutt' i fanciulli le de-stavano un senso d' invidia per la felicita delle loro madli. ;

Pure, questa volta era forza di vincere sé stessa e corrispondereall' affetto che le avea dimostrato la contessa: levossi e con mano tre-mante and6 a sollevare le cortine della culla.

Non si tosto ebbe gittato gli occhi sul fanciullo, ella mise un grangrido.

- Mio figlio ! il mio Gabriele IE, tolto violentemente il bambino dalla cuna, sollevollo tra le brac-

cia, megrlio lo es pose alla luce del sole, il guardo come demente; e, acqui-stata la certezza che quello era lo smnarrito suo figlio, pidi non die' frenoalla tenerezza chie le traboccava dal cuore, e inond6 di baci e di lagrimela faccia del fanciullino che piangeva per essere stato cosi bruscamentetolto al suo sonino.

Un uomo intanto appariva alla sogrlia di quella camiera, mnentre laglovane mnadre si abbandonava, sgovernatai di ogni freno, alla sua tene-rezza escandescente.

QuelP'uomno era it conte Armando di Castelmioresco.11 conte si fermbO alla soglia di quella camera, sorpreso alla vista di

quello eccessivo slogo di un amor delicante.Qualche minulto passo innanzi che la giovane madre si fosse addata

della presenza del conte, che ella non avaa veduto giammai e che non 'conosceva. Scorgendo un uomo in sull'uscio, un lampo della sua presen-te situazione le baleno alla mente scompigliata dal caro edl impensato ri-

Page 81: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 80 -

conoscimento. Il suo primo istiato fu quello d' imnpadronirsi del figlio edi disputarselo contro tutti fino all' ultima stilla di saugrue; ma un altropensiero la co1pi sul momnento, che tal violenza arrebbe potuto farle per-dere per sempre il suo Gabriele e torle aniche la speranza di mai pidlriacquistarlo. D'altra parte, perciocche Iddio le facea ritrovare cost pro-digiosamente il figliuol suo, e la metteva a guardia di lui, facea d' uopoconfidare nei decr·eti della provyidenza e aspettare gli evlenti. Da ultimo,la curiosita di conoscere qualche cosa dello straordinairio avvenimentoper lo quale it suo bambino si trovava cold, entrCl puranche nelle rapi-dlissime considerazioni che fecero di botto arrestar·e i primi moti del ma-terno affetto.

.Ripetiamo chie tutto cio fu pensato da Agar colla prestezza di qluellalogaica naturale che () figlia dell'amore.

Ella ripose tostamente 11 bambino nella cuna, e studiossi di ricomn-porre le alterate fattezze del volto, alP' aspetto di qIuel personaggBio nelquale indovinb il suo padrone.

Avvezzi a studiare nelf' imo del cuore umano ed analizzarne le pas-sioni, diremo che la impressione di sorpresa prodotta nel conte da quellainesplicabile tenerezza fu tosto vinta dal senso di maraviglia e di com-piacimnento che. dest6 in lui la mirabile bellezza della glovane, nella qualeegli pure indovinO la nuova governante. Affrettiamoci di dire che it so-spetto che colei si fosse la vera madre del fanciullo non pass6 neppurper ombra nell'animo del conte, tanto un simile caso era lontano da qual-sivoglia supposizione.

L' estrema glioia, la sorpresa, la viva commozione aveano dato allesemnbianze di Agar una gran vivacita di colorito; i suoi occhii scintillava-no d'ana luce di amore che parea demenza; le sue labbra, che aveano sulcaro figlio dissetata la loro ardente sete di baci materni, erano semiapertee convulse, lasciando intravedere due filari dli denti pidi puri e pid bianchidella spuma del mare. In somnma Agar non si era mal mostrata pill bellaagrli occhi di un uomo; tanto egli 6 vero che l'amor materno trasfondesul volto d'una donna un raggio di sublime avvenenza.

11 fanciullo si era riaddormentato.- Qual lieta ventura fa si che maio figlio abbia cosi prestamente e

in siffatto modo incontrato la vostra simpatia, b>uona glovane ? -disse ilconte avanzandosi verso la cuina del bambino.

- Signore - balbettb la povera madre - chiegrgo scusa... Ella for-se... 6 ..

- Il conte di Castelmoresco - si affrette a rispondere Armando,curioso di vedere che effetto in lel producesse it suo nome.

Agar fece un inchiino e abbass6 gli occhi.- Da quanto tempo siete in mia casa "1- Non é che mezz'ora, signor conte.- La contessa nulla mi ha detto del vostro arrivo. 11 principe B...

mi ha detto di voi, buona glovanle, il pidi gran bene del' mondo; ma i0son sicuro che P> elogio ch-e egli mi ha fatto sars inferiore al vostro me-rito.

- Farb solo di meritarmi l'onore della sua bonta e quella della signora

Page 82: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 81 -

contessa - si content6 di rispondere Agar, senza levare gli oechi dal

suolo dove sembrava che li avesse inchiodati.

- Ma, so non erro, testé, quando io sono giunto in qluesta camnera,

voi, nel baciar quel bambino, avevate le guance bagrnate di lagrime.

- E vero, signor conte'... Le dolci e luisinghiere parole che pocanzi

la signora contessa ha avuto la degnazione di rivolgermi mi hanno tal-

mente commossa di piacer·e a di riconoscenza chie non ho saputo frenare

le lagrrime e lo slancio della mia imprudente tenerezza verso questo an-

giolo, che la signora contessa ha confidato al mio amore.

Questo linguaggoio, superiore alla condizione in cui Agar appariva

agli occhi di Armando, fece si grande impressione sull'aniimo di costui,

che rimase per qualche tempo a contemplare la griovane, rapito da un

sentimento di rispetto e di ammirazione.

Una vivissicia flamma avea sovraccalorato le sembianze di Agar.

- Non & Adele Parrini it vostro nomne%

- Si, signor conite.

- 11 principe mi ha parlato della vostr·a compiuta educazione, della

quiale ho gi8 un testimonio evidebtissimo nel vostro distintissimo linguag-

gio. Egli 6 chiaro, a vedervi, che la sventura soltanto vi ha ridotta alia

mer'cenaria*eésistenza che avete abbracciata. Ma slate sicura, Adele, che

nella dimora del conte di Castelmoresco voi dimenticherete interamente

di trovarvi in casa a voi straniera. Tutt' i riguardi dovati alla vostra edu-

cazione vi saranno usati. Intanto, per darvi una pruova sul momento dlel

come io sappia distinguere il kero merito, accresco il vostro stipendio

fino a venti scudi il mese.

- Signor conte, codesta eccessiva bonth... mi confonde. Io non me-

rito i favori di cui ella mi colma.

- Non ho che una sola raccomandazione a farvi, Adele, la quale

sembrami anche inutile e superflua. Amate questo fanciullo.

Agar non rispose che gittandosi novellamente sul pargoletto, cui

questa volta ella bacib con alquanta ri serbatezza, per non desta rne il dolce

sonno. Ma i suoi occhi si riempirono di nuove lagrime, che solcarono ta-

citamente le belle sue grote.

11 conte non sapea spiegarsi questa viva e singolare tenerezza. Un

temnerario sospetto gli si affaccib alla mente, il quale fu tosto dileguato

dal soavissimo candore scolpito sulla fronte di qluella giovane.

- Siete conitenta della vostra stanza, Adelet-dimandolle Arman-

do, dopo qualche momento di silenzio.

- lo ne sono confusa, signor conte.... È troppa la felicita che mi

circonda. Faccia Dio che io non esca giammal dla qluest' adorabile fami-

glial

Agar, immobile dappresso alla cuna di suo figlio, cogli occhii levali

al cielo e colle miani congiante in atto di ringraziamnento verso i favori

della celeste Provvidenza, presentava qualchie cosa di sommamente su-

blime e toceanite.

11 conte la guardava con quello stesso rapimento onde si g:uarderebbe

un capolavoro di arte. Gli atti, le parole, 1'accento della donzella aveano

tocco il suio cuore.

Page 83: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- S·2 -

- E voi noni ne uscirete mai piid, Adele; riceyietene la mnia parola

di cavaliere.

Cii> dicendo, per un movimiento involoutario, distese la sua destra

verso la glovane, Ja quale vi fe'cader sopra un bacio di riconoscenza.

11 comte impallidi.

Poco stante, Agar tomb6 a rimanere sola col suo bambino.

Non potremmo dire quello che avveniva nel capo della povera glo-

vane. Ella resto qualche tempo immobile al suo posto, daccanto alla cuna

di suo figlio, sul quale ella figgev lo sguardq di fuoco.

- E co;onon ne uscirete mal piid I Riceoetene la maia parola di ca-

valiere I ella ripeteva lentamente, e assorta ini un pensiero che le facea

battere il cuore in modo indicibile-lo dunquie rimarrei sempre dappree-

so al figlio mio, il quale forse on giorno potrebbe diventre conte di Ca-

stelmoresco ! Rieco, nobile, educato in tutta la ricercatezza delle dovizie I

mentre che, se io reclamassi i miei dritti di madre, domani forse.... Ja

miseria, P'abbandono, la vergogina... Un giorno forse egli mi maledirebbe

di non averlo lasciato nella cuna dorata dove ora si trova; mi maledireb-

be di avergli conservata la macchia della sua co1pevole nascita, mentr'e

avrei potuto cancellarla soffocando if mio malinteso affetto materno... Ma

come il figlio mio si trova quit O miio Dio, che inesplicabile mistero é

mal questol C omunque sia, adoriamno i disegni della Provvidenza, e non

11 attraversiamo, Mio figlio sara l'erede del conte di Castelmroresco, ed

io, sua madre, non sarb che la sua governaniel

Non avea finito di esprimere tra s6 qluesta sua stabile determinazio-

ne, che una donna entrava nella stanza.

Era la nutrice del piccolo Errico.

Page 84: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

Pari Terraii

DON QUSMANO DI VOLTIERRA

I nanzidi proseguire questa narrazione, e necessario volgerci al-

cun poco indietro, perché i nostri lettori abbiaino piena conoscenl-

za dei fatti precedenti a quelli chie abbiamo gia esposti.

Antico 6 il palazzo di Castelmoresco nella provincia di... L'epoca

della sua costruzione si perde ne' tempi in cui le nostre terre eranlo gre-

che province; ma esso venne ricostruito ed amrpliato da quel rinomato

P>ietro di Martino, autore dell'arco trionfale con bassirilievi e statue, in-

nalzato nel Castel Nuovo alth memoria del primo Alfonso d' Aragona.

La contrada che circonda questo castello é or depressa in amene

sinuosith e vallette, or rilevata da ridenti poggi carichi di oliveti bellis-

simi; ma quella parte che s'incorpora nel feudo é piuttosto piana, a ricca

di campi a seminare, di grassi pascoli per gregggi ed armenti, e di boschi

per abbanidonarsi al dilettoso disagio della caccia, della quale i Castel-

mioresco prendeano sommna vagrhezza.

Un flum1cello proveniente da' dintorni spezza gradevolmente il se-

minato con varii tortuosi giri e capricci; indi, raccolto e ingrossato, for-

ma una larga mnacchia, che di poi novellamente si restringe per andare

a pagare il sue tributo al mare.

E il castello situato in amena posizions. La naturale feracita del suolo

6 disposata alla salubrith dell'aria, la quale, dolcissima e fEesca in su i

vicial colli, e alcun poco pid <gida ed estuosa appo le maremme.

La selva che serviva di diljorto di caccia dei signori di Castelmnoresco

era stata in certo modlo 11 risultato della incuria degli agricoliori. Imper-

Page 85: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 84~ -

cioeché, il flume di che abbiamo parlato, e che scorre li presso, non es-gsedo rattenuto nelle sponde, incommncib a far greti in vari siti, inisinoa che, abbandonato il suo letto, si die' all' impazzata a sfuriare su i campicir·costanti, i quali, perduta la loro antica ubertosith e bellezza, genera-rono qua e IA giunghieti ed altre maniere di piarite grossolane e fr·utici, chein poco temipo presero l'aspetto di boscaglia, in cui non mnancava l'al-lettatrice seivaggina, della quale sovrammodo eran ghiotti que' gentiluo-mini dall' ermnellino. Ma egli intervenne che non solamente vi si udisserole voci de' piumniferi· abitanti de' boschi o delle lepri e de' cinighinli: sib-bene quella formidabile dei lupi e di altri feroci animali, che venivano inquella foresta a cercare amica stanza.

Non ci faremio a descrivere 1' interno del castello, ch6 lunga e arduane sarebbe la.dipintura, e di poco vantagrgio a' fatti che abbiamo tra mani.Bastera I'accennare che nel tempo in cui if novello dominio aragoneseebbe a sostenere la guerra baronale, il castello, che era stato di frescoricostruito per ordine di Alfonso I, accoglieva nelle sue vaste mura nu-merose famiglie straniere propugnatrici delle ragTioni aragonesi ed av-verse alle parti der baroni. Tutta la forma si avea d' una fortezza mnilita-re: era un quadrato con cortine con tre torri altissime e con fossi e valloche ne custodivano l'ingresso.

Dicemmo che uno degl'illustri personagrgi chie, in premic della lorofedelta al monarea Ferdinando I di Aragona ne ricevettero premii edonori, fu i1 vecchio marchese di Gaudixo, don Juan de Voltierra, spa-gnuolo al seguito di quella Corte novella, il quale, assieme col titolo dicavaliere dell'ermellino, ebbesi in dono la contea di Castelmoresco, coltitolo e co' privilegi trasmessibill da padre in figlio.

Da quel tempo insino a noi, it castello fu occupato dalla famnigliaVoltierra, il cui ultimo rampollo fu Armnando Asmodeo.

11 padre di Armando nominavasi don Enrique Gusman. Avremo dataana chiara idea di quest'uomo quando avremo detto che egrli era il tipodel barone de' vecchi· tempi. Non si potrebbe imnaginare un uomo piid pro-tervo, pidi indomabile nel suo carattere, pidl feroce su i suoi prinicipli dinobilta, più attaccato alla fede della vacchia aristocrazia. Tutto cib> che 11secolo decimnonono ha prodotto di bene nella civile legislazione era tenutoin uggia dal sig·nor don Gusmano, che vedeva in ogni novith politica ocivile un attentato alle fondamenta stesse della societ8. Per lui la niobilthera tutto; e l'essere che aveva la sventura di nascere da un tronconon fregiato da lunghe pergamene di diplomi e di titoli, era nB piu némeno che un bue, un asino, un mentone. Iltrionfo della rivoluzione dell'89non avea fatto che vie pill rinfocolare l'odio che questo cocciuto codinonudriva verso ogrni principio di progresso e di liberta.

Don Gusmano viveva in conlseguenza dei suoi principii in perfettasegregazione da ogni essere umnano che non contasse almerio un paiodi quarti di nobilta puro sangue. Relegato nel fondo del suo castello,non ne usciva che rare volte, e quando importanti negozii il chiiamnavanoalla capitale.

Egli vestiva semnpre niella foggia del piid stretto cerimioniiale,; la sua

Page 86: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 85 -

parrucca, che ei non abbandonO giammai, era un modello di elegan-za, siccome it resto d'el suo abbigliamento vistoso per ricehe trine emerletti.

In uno degli spaziosi e lunghi saloni del castello erano i ritratti ditutti g:li antenati della famiglia Voltierra sino al padre di esso don Gu-smano. Un ultimo ritratto; era stato aggaiunto di fresco alla serie di quelleimmagini, ogrnuna delle quali rappt-esentava un codino di meno in sullaterra e un mucchiio di ossa di pidi sotto la terra. Quest'ultimo ritratto eradi donna, ancor fresea e bells: una veste di velluto cremisi scavata sul-I'altezza del petto secondo I antica foggia, copriva quelle forme: due 0-rologi le pendeano alla vita, larghi merletti le ornavano le maniche, euna enorme parrucca femmninile, quasi torre, si alzava dal suo altero,bench6 sorridente volto.

Era questo il ritratto della moglie di Gusmano, madre di Armando,recentemnente passata all' altra vita.

Don Gusmano avera avuto da questa donna due figli. Armando A-smodeo, col quale abbiamno gid. stretto una certa conoscenza, e GiovanniGusmano, it cadetto di famiglia, di cui diremo succintamente qualchecosa.

Era Giovainni l'opposizione viva di Armando, vuoi nelfisico, vuoinel morale, brutta e lurida creatura della stampa degP idioti, tranne unatal quale actitezza di malvagith che in lui evidentemente lampeggiava. Setogli pertanto questa naturale intelligenza e propensione al male,: in tuttoil resto, questo rampollo de' Voltierra era P>idiotaggine personificata.

Nemico nato del bello, del griusto, del vero, egli era bestiale, zotico,feroce, pervicace e traditore. Alcuni di questi malnati istinti egli avevanutricati nello esempio delle virtU paterne, ed altr·i erano rampollati ecresciuti di per sé, come quelle velenose piante che nascono su pessimaterra, senza che nissuno vi abbia gittato la mala semenza.

L'educazione paterna non era tale da raddrizzare queste torte attos-sicatrici propagg"ini, imperocchsé il serenissimo sig. don Gusmano nonvedeva i suoi figli che per un istante nella griornata, durante il corso dellaqluale, i due giovanetti erano abbandonatialle curedi unaio, modello dellapidi crassa buassaggine, il quale ad altro non pensava che ad empirsi l'e-normne promiinenza che si avea sotto al petto.

Avvengono initanto nell' umana vita certi fenomeni che sorprendonoper bizzarria, e che, se non si riferissero ai fini incomnprensibili dellaProvvidenza, confonderebbero la meschina logica del povero umano cer-vello.

Quale immensa diversita fra i fratelli Armando, bello del volto edella persona, niobile per sentimnento di personale superiorit8, sensitivoa' mali del prossimo e generoso so·,corr·itore degP>infelici, amico svisce-rato del b>ello in tutto e dappertutto, dispregiatore del denaro, e teneris-simo amante delle arti e delle lettere. Giovanni, bru(tissimno dlel volto adella persona, igniobile per istinito dli personale bassezza, per qluanto su-perbo della gr·andezza nella qluale era nato, duro e insensitivo alle altruisventure, guifo maledetto dalia spiecie umana, aborrente da ognri luce, dla

Page 87: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

ogni elevatezza, schifoso rettile che lasciava attossicata hava addietro

a' suoi passi.

Sembraci superfluo il dire che tra questi due fratelli.dovea regnare

la pidi profonda antipatia e avversione, quella stessa che B tra gli opposti

elementi del bello e del brutto, del bianco e del nero, tra l'uomo e la be-

stia feroce. Veramente, if sentimento da cui era preso 11 cuore di Ar-

mandlo pel suo minor featello non era gid I' odio, ma bensi qualche cosa

che molto si avvicina alla pieth. Giammai negli animi sommi ed elevati,

nelle organizzazioni forti e nobili, nei cuori educati al gentil culto delle

lettere e delle arti, giammai non pub 1' odio albergare. È: questa una pas-

sione ignota agli nomini di bella tempera: essa annida solamente nelle

deboli creature e negli animi privi del senso divino che si domandia gusto

del bello.

Non debbe arrecar mar'aviglia il sapere che il vecchio don Gusmano

amaca alla follia il secondogenito Giovanni, e di cuore odiaca il primo-

genito Armando. Bastera it gia detto sul rispettivo carattere di questi

personag;gi per comprendere le cagioni di quest'amore e di quest'odio,

che venivanio sempre pid esercitati ed alimentati ne' gusti e nelle consue-

tudini dei due glovani.

Don Gusmano aborriva i libri: era un enigma a sciogliere se egli

sapesse o pur no leg;gere e scrivere. In tlitto it corso della lunga sua vita,

non avea scritto ailtro che i suoi nomi, cognomi e titoli con una scrittura

che molto si assomigliava ai gerogolifici della lingua ebraica. Un uomo,

che gli avesse parlato di libri o di lettere o di qualche altra di qIueste

ig·nobill arti, era certo di farsi uno spietato nemico nel serenissimo conte

di Caste1moresco, don Enrico Gusmano di Voltierra, inesorabile perse-

guitatore dell' umano pensiero formolato in arabeschi sulla carta. 11 nome

di letterato era per lui consono e sinonimo di quello di settario e peggio:

reputava somma ignominia e vilta in un nobile P' apparare le lettere, e a

stento gli concedeva il sapere apporre la pr-opria firma sulle cartacce no-

tarili; cosa di cui,' a suo detto, un nobile potea benissimo dispensarsi,

mered il suggello colla propria citra, il quale gli levava il fastidio e la

sconvenevolezza d'intingere la penna nel calamaio, a grave rischio di

lordarsi la piunta delle dita con quella mostruosa e lugubre composizione

addimandata inchiostro.

Don G;usmano non avea voluto concedere altri maestri a' suoi fig~li

che quelli che insegnavan loro le discipline cavalleresehe, cioe l'equita-

zione, la scherma, la caccia e il ballo, arti che fan senza de' libri. Ma

che cosa non pub il genio e la volontaB Questa proibizione di entrare nel

tempio di Minerva non fece che accendere le brame del giovane Arman-'

do, e istig·arlo a gustare del frutto vietato dell'albero della scienza.

Primo incitamento e sprone a questa ardentissima brama fu P'oeca-

sione che questi si ebbe di conversare col dottore Pierucci, il qluale per

la prima volta era venuto al castello, per una grave malattia che ebbe il

conte don Gusmano.

Due parole sul Dottore.

Francesco Pierucci era florentino; e, di fresco giunto ini Napoli dai

suoi viaggri, vi esercitava la professione medica con somma lode e ripui-

Page 88: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

tazione. Avea peregrine e vaste cognizioni, e sopratutto dj scienze na-

turali. II Pierucci area conoscinto in Germania~ il celebre medico tedesco

Mesmer, poco tempo innanzi alla sua morte, che avvenue nel 1~815. La

nobilta napolitana accolse· il professore florentino con ogni maniera di

riguardi e di anorificenze; imperocch6 egli avea levato alto grido di sB

per prodigiose cure attenute su' casi di malattie estimate al tutto incu-

rabili.

Caduto ammalato il conte Guismano di Castelmoresco, preg6 un suo

amico in Napoli gli mandasse il medico Pierucci a qualunque costo e per

qualunque compenso che q~uesti chiedesse.

II Pierucci chiese ed ottenne duentila scadi e trattamento nel Castello

per tutto il tempo che durb la malattia del conte.

.Quando il Pierucci trasse la prima volta al Castelmoresco, era gio-

vine d' unventotto anni, e Armando non aveva ancora compito il suo quarto

lustro. 11 medico florentino era basso della persona e gracile; avea sem-

bianze aggradevoli benchè alquanto accigliate e ardite; tip·o del tempera-

mento nervoso: una estrema mobilith era negli occhi suoi. La prepotenza

delle sue facolta intellettive gli aves renduto bigi i capelli a quella eth si

giovanile; sicch6 nell' anno 1828, in cui lo abbiamo ritrovato a Napoli itel

tablinum del conte, il Pierucci, comeché avesse di poco varcato i quaran-

t' anni, avea quasi tutto il capo incanutito. Egli non portava barba di nes-

suria maniera.

La malattia del conte don Gusmano durb alquanti mesi. II Pierucci

fu alloggiato a Castelmoresco con tutti quei rignardi che doveansi al suo

merito. Non guari and6 dalla sua venuta nel castello che si ebbe 1' agio

di conoscere ed estimare le qualita che ornavano il glovine Armando, il

qluale gli venne tanto pid in affezione quanto pidi ingiusta se~mbravagli la

preferenza che don Gusmano concedeva al figliuolo malvagio e idiota.

Questa sua simpatia il Pierucci addimostr6 benpresto al giovinetto, e ne

venne corrisposto conogni maniera di affetto e di riconoscenza; per mnodo

che non pass6, gran temnpo, e una stretta amicizia si strinse tra il medico

florentino e il figrlio del conte, i quali passavano quasi tutta la giornata

assieme, ragionando d' in~finite cose, che arricchivano la miente del gio-

vine di belle e peregrine cognizioni.

II Pierucci avea recato seco a Castelmoresco g·ran qluantith di libri,

non pure dell' arte suaI ma di storia, di filosofia e di belle lettere. I quali

subitamente egli divise col suo giovine compagno, comeché qIuesti nonl

potesse leggerli che di soppiatto per isfuggire allo spionaggio del fra-

tello, alla ridicola autorita del suo aio, ed alla persecuzione del suo ge-

nitore.

Non manch qluell'asinaccio dell' aio di denunziare al conte 1'intrinse-

chezza che passava tra il medico e Armando, la quale, a dire del santo

uomo, compiva l'opera di fare impazzare quest'ultitmro e travolgergrli i1

cervello con tante soonce e torte idee che il signor dottore g~li andava

comunicando in tutt'ore del griorno. Venne a rafforzare qIuest'accusa

I'odio sviscerato di quella imb-elle creatura di don Giovanni, chie mal

soffriva it visibile disprezzo chie l' ospite forestiero non dissimulava verso

di lui.

Page 89: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 88 -

11 conto non poteva apertamente ·avversare la volonth del medico, ape' riguardi d'ospitalitL, tenuti in onore eziandio da selvaggi, e perch6 lasua sanit a f orse la vita, erano ormai nelle mani del capriccioso florentino,che, se avesse ricevuto it minimo sgarbo, sarebbe tosto svignato dal ca-stello per non pidi riporvi il piede. Mla non potendo distogare il suo mnalu-more contro 11 medico, don Gusmano il rivolgea contro il povero Arman-do, e il facea segno alla ingiusta sua collera.

Narreremo una scena che avvenne tra il genitore, I' aio e i due figli,scena di famiglia che dimostrera fin dove spingaer possano le turpi animo-sita, 1' ignoranza, 1' invidia, la pervicacia di stoltipregriudizii; e che moltocontribut a far nascere quei tristi fatti che andremo avolgendo.

Era scorso un mese all' incirca che il dottore Pieracci era a Castel-moresco.

Don Gusmano, inchiodato su una po1trona dai suoi mille reumati-smi, dalla sua gotta e da altri malanni, istigato dalle parole delsuo benia-mino e dallfaio, si aves fatto chiamare Armando.

11 dottore Pierucci era assente, Perciocch6B, secondo la sua filantropicausanza, erasi recato a visitare i poveri intermi della campagnîa.

Armando entri6 nella- camera del .padre con quel contegno che glidavano la nobilth della sua anirnia e il sentimento di superiorith, ondl'erasempre compreso alla presenza di quel bestiale servidorame con cui do-vea trattare.

Don Gusmano era seduto come un giudice che si appareechi a con-dannare a morte un reo: alla sua destra era al iinpiedi il suo predilettocarissimo· don· Giovanni; alla sua sinistra, seduto sovr' altra poltrona,quella maligna falpa di doni Sulpizio, l'aio.

- Che si v ole da me 4 - chiese Armando nel venire innanzi a quelterno tribunalesco, che potea dirsi composto dalla superbia, dalla mal-vagith e dalla idiotaggine.

- Avanzatevi, signorino - gridb con voce fulmninea ilvecchio conte,che ini quel momento avea sentito un atroce puntura della gotta, i cui tor-mentosi accessi egli si accingeva a vendicare sul misero glovine.

Armando die'un passo avanti, e si ferm6 nel mezzo della camera, · ·gittando uno saguardo~ di profondo disprezzo sul fratello e sull' aio, chesemibravano cosi Oontenti di vederlo umiliato.

- Sapreste dirmi, signorino - dimandb il padre che cosa é qlue-sto libro che 6 stato trovato sotto il vostro guancialet

E gli mostri, un libro lig~ato in carta pecora I- 2: Plutarco - rispose il giovine comnpostamente e abbassanido gli

occhii.- Plutarco ! Chie cosa é cotesto Plutarco B Qualehe libro infernale,

qualchie opera di Plutone ZA qIuesto nome don Sulpizio si segnb la fronte, e fece un moto di spa-

vento.Armando sorrise di pieta, e non rispose.i Or dunque, possiam sapere chie cosa é questo libro, grridO nlovel-

lamente il vecchio conite, facendo rintronare la camera colla suia voce al-tisonante.

Page 90: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- Obbedite al vostro signor padre - disse don Sulyiizio in atto ma-

gistrale.

- È la storia di tultti grandi uomini delP> antichith - rispose Ar-

mando.

- E voi vi credete un gr'and' uomo, non 6 vero, sigilorinot - sogr-

giunse don Gusmano - vi eredete un grand' uomo perchB legrgete di tali

libri; e per questa ragione avete messaTîuortuna boria, un' insolenza che

tr·ascende ogrni limite. Per questa ragione voi sdegn~ate di accomunarvi

co' giuochi e co' divertimenti di vostro fratello, che é un modello di docilit8,

di obbedienzat verso di me e verso lo spettabile suo aio don Sulpizio..

SQui I aio fece un grande inchiino col capo in atto di somma mode-

stia. 11 conte riprese :

- Sono stanco di pid tollerare le vostre seapataggini; h~o sentito che

ve la fate continuamente col dotto>re Pierucci, e che assieme leggete di

certi libri, che non ho mai potuto sapere donde vi giungano, per punire

l'audace introduttore nella mia casa di questa peste delle famig;lie. A i

dispetto de' miei comandi, a dispetto del buon esempio di vostro fratello,

voi vi siete ostinato ad essere ribelle ad ·ogni ammronimento, e vivere

come se foste indipendente; e pigoliate licenza di leggere i libri scomuni-

cati e forse chi sa1 osceni e turpi. Io non posso, né debbo tollerare un

simile scandalo nella mia famiglia; onde, per raddrizzare le vostre idee

e il vostro carattere, voi rimarrete chiuso nella stanza del cervo per 10

spazioc di uinmese, e non vedrete anima viva.

La stanza del cer·co altro non era che una specie di prigionie del ca-

stello, luirida, oscura, con vasti ed alti finestroni opachi, la quale area nel

mezzo del pavimento un gran cervo dipinto.

- lo non andrb nella stanza del cervo - disse Armando con fer-

mezza.

E qui don Sulpizio si segnb novellamente, quasi scandalizzato del-

I' ardire del giovine.

- Voi ci andrete - grid6> il padre coni voce fulminea.

E, divenuto cieco di sdegno, trasse con viva forza fl oordone del

campanello.

Un domestico presentossi.

- A voi, Pietro, impossessatevi dli quel signorino, e strascinatelo a

forza nella stanza del cervo, dove sia chiuso fino a nuovi ordlini.

11 domnestico fu sorpreso del comando ricevuto. Tutt'i servi di Ca-

stelmoresco erano avvezzi a rispettare it giovine Armando piui che ogni

altra persona della famiglia, per quella specie di superiorita che eserci-

tano sempre la virth e 1' ingegino sulle anime basse e volgrari. Per lo che

Pietro, ildomestico, si rimaneva irresoluto, e non ardiva di porre le mani

addosso al signorino.

- E cost non avete capito 8 - disse~ don Sulpizio - Obbedite al co-

mnando di sua eccellenza.

11 domestico fece un passo verso Armando; ma qIuesti si trasse alcun

poco indietro, alzS la mano, e g~li die' uno schiaffo sonoro.

A questo, ad un cenlno del conte, don Sulpizio e don Giovanni si al-

zarono per avventarsi contro I' ardimentoso giovine; mna entrambi retro-

Page 91: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 90 -

cedettero quand'o ilvidero slanciarsi come un leone sopra una delle spade

del padre che erano in un angrolo della cam'era.

- Indietro, scingrurati - eselam6 Armando - Nissuno ardisca di

porre le mani su me o ch' io gli tratoro il p"tto.

Cib detto, ratto qual baleno s' involb da qiudl luogo, lasciando nello

shalordimento, nel dispetto, nelP> ira i tre personaggi, chfie si guardarono

P' un 1' altro, e di cui nessuno aveva osat.o tener dietro al reprobo lettor·e

del Plutarco.

Page 92: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

LE OPINlONI DI ARMANDO ASMODEO

rmando fuggi dal castello, e andb a ritrovare il dottore Pie-

rucci, che, siccome dicemmo, era ito a prestare i suoi pietosiuffici a' poveri infermi del villag~gio. 11 rinvenne presso l' u-scio del parco; aves fornito il suo griro di visite. 11 Pierucci,

veduto il glovine piallido e agitato, it domand6 della cagione di quel turba-mlento; equegli tutta la scena raccontb la quale era occorsa nel castello.N\e fu preso di sdegne it florentino; e giurb chie avrebbe fatto sentir ra-glone al signor conte padre, e~d avrebbe ben bene lavato il capo a quel-I' animale di don Sulpizio.

Rimnen6 seco novellamenite al castello il goiovine, ilquale dimialissimavoglia si accontent6 dli questo ritorno in uni luogo dove area tra sB giuratodi non riporre mnai pidi il piedle.

1900 sappiamo ciid chle intervenne tra fl dottor Pierucci e il conte donGusmano; né siamo informati di quiello ch-e precedentemnente avesse qjue-sti deliberato di far·e per puniire la tracotanza del figliuolo.

Cer·to (? che il diottore Pierucci fu sorpreso di trovare del tutto mu-tato a cosi improvvisamente 11 conte sul pr'oposito del fig;liuolo.

-- Faccia pure cib chel~ gli gar~at - rispose don Gusmano alle paroleconciliative del suo medico. - H-o fermno di non piid daemni alcun pensierod i lui; i mperocche non hio l' inte nzione dli abbreviarmi i glorni per uno sea-pato di tal conio. Perda pure il suo tempo nelle pid vituperevoli letture,trasandri pure di vegrliare agrl' interessi dlella famiglia ; impazzi pure a com-porre versi, come~ 11 pIil pezzente muortale di questa terra; mi faccia purea suo verso il sans-culotte eJ il liacobinzo, io F abbandono alle sue follie,e piu non me ne do fastidio al mondo! Ho anche ingrianto a don Sulpiziodi non torsi alcuna briga di questo dliscolo, e di porre tutto il suo amore ele sue cuire adldoso al mio caro Giov·anni, chie non mi ha giammai dato i1mninimio dispiacere. Questi si chie pub0 chiamarsi unbuon figliuolo e che haveramente nobil sangue nelle vene, Io esco mnatto al pensare come slamrinato qluesto letteranto quando nepipure uino de' mriei rispiettabill antenati hia

Page 93: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 92 -

nal aperto un libro in vita sua. Comunque sia, faccia pure a suio talento1 mio signor figlio ; non gli daremo I' occasione di traforarci it petto,iiccome pocanzi ha minacciato di fare a suo fratello e al suo aio. Per me,jso quello ohe mi resta a fare, se eg;li non ritorni sul buon sentier·o e nonsbbandoni _la trista via per la quale si é messo.

Molti anni scorsero da questo giorno. Una calma apparenite era re-gnata nel castello. 1I1 conte don Gusmiano invecchiava~ ne' suoi malanni, eLa gotta, divenuta quasi cronica, gli dava crucci infernali.

Don Giovanni era crescinto nella sua idiotaggine e malvagita. Ogrnigiorno un vizio novello si era in lui sviluppato: I'odio contro il fratellonon era venuto maneo giammaii.

Don Sulpizio era rimnasto nel castello, come membro della famigrlia:il poveruomo era divenuto d' una pinguiedine spavenitevole, la quale mmnac-ciava di affogarlo un bel di: il suo ventre era una voragrine profonda, nellaquale due polli al giorno anclavano a sotterrarsi in compagnia di altri moltianimali, come pesci ed uccelli.

11 dottor Pierucci veniva il maggrio e l' ottobre di ogrni anno a visitareilI suo di letto Armando sotto il'pretesto della salute del conte don Gus mano,il quale non gli facea manear di bei scudi e di lauto trattamento,. come-ch6 gli serbasse in petto broncio continuo per la preferenza ed amiciziache avea sposata pel primogenito.

Or diremo qualche cosa della vita che Armando passava niel castello jquando solo, quando in compagnia del caro Pierucci.

Ma innianzi di discorrere degli abiti che si era fatti in quella solitu-dine, occorre che accenniamo qualche cosa delle opinioni che il glovinefilosofo si era formato su gli uomini e sulla societa, e di cui gid alcunche abbiam tomcato in uno de' precedenti capitoli,

Armnando nutriva il pidl profondo disprezzo per gli nomini dell' eranostra. Avvezzo a riguardare l'uomo nel suo tipo eroico e sublime,nudirito alla lettora di Plutarco, dli Tacito e di Sh-ak<espeare, egrli non sa-pea comprendere come le generazioni presenti fossero cadule nell' imnod' ognri pieciolezza e corruzione, rinunziando interamente alla nobilth delpensiero.

a È curioso e bizzarro spettacolo - egli scriveva al dottor PierucciqIuandoc quLesti era a Napoli, e col quale soleva mnantenere un'attiva cor-rispondenza -6 cuirioso e bizzarro spettacolo il vedere grli uominii pre-senti dirsi positivi e calcolatori, vanltarsi estimnatori glusti del vero va-lore delle cose, e correre in pari tempo appresso alle pidi grrandi frivo-lezze. Quelli stessi chie disprezzano ogni mnaniera di divertimento ingenuoed innocente, si affollano in un teatro per ammirare il passo d' una bal-lerina che riceve in ognii miese quel tanto chec basterebbe a nuarire perun anno dieci famigilie dli onesti artigriani; quegli stessi chle si annoianodella cara compagniia di bella e gliovin donna passerehbbro la loro vitatra i cavalli e i cani. 11 secolo chec si addimnanda secolo di civilta, di lu-mi, di filantropia, viede i suoi figrli dissipar tesori sovra una certa da griuo-co o pier l'acqluisto di anituiali, mentre si avviliscono alle pidi umiilianiti

Page 94: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 93 -

azioni per far denard, ed umiliano coloro che ne sono senza. Non si hia

nessun g;usto pei placeri, e eib nonpertanto si ricercano questi con avi-

dith, solo perch6 si sente sempre un vacuo immenso nella nullitCr del

proprio spirito. Non si ha nessuna galanteria per le donne oneste e gen-

tili, e intanto si spendono di bel quattr·ini per quelle che non hanno che la

virtii di essers alla moda. Si declama contro il vecchio tempo, chiamandolo

barbaro ed incivile, ed a qluesto si dA colpa di aver conculcato i pidi santi

vincoli dell'umnanit8, mentre ora, nel secolo della filantropia, 1' usura

divora la societa; e un uomo che non ha quattrini é un essere esoluso

dal co~nsorzio civile, e risguardato come un pericoloso appestato, per

quanto ingagno e virtdl si abbia, per quanto nobile e bella sia ]' anima

sua,: per quanto amore egli si ab~bia al lavoro.

< Si é predicato contro la schiavildi, contro il vassallaggio: si e det-

to: Non vogliamo che il genere umano sia diviso in due classi, seral epa-

dlroni; e intanto la proprietà impone la sua crudel tirannia sui i pro-

letarli.

* Unio de' caratteri pidi spiecati e ricisi dell' epoca nostra 6 la mate-

rialita ovvero it materialismo. Gli uomnini che popodano di presente il

mondo civile, dal Capo Horn al capo di Buona ;Speranza, dal Capo San

Vincenzo a' Monti Urali, vale a dire nello spazio di 2440 miglia di lun-

ghezza e di 1836 di larghezza, si distinguono per la caratteristica legrge-

rezza, per non dire incomprensibile disprezzo onde risg·uardano la vita

morale. Un solo é il despota dell' attuale societ8, il Denaro I

< Noi ci spaventiamo a gittare uno sguardo su qIuesta profonda de-

grradazione dell' essere morale, assorto in una sola predominante e su-

prema aspiratione, I'oro e P'argento. Ci spaventiamo, non tanto per le

presenti generazioni, quanto per quella che verra appresso : giacché non

vediamo nessuna arginatura al torrente che trascina.

r Che vale 10 scagliarsi contro si turpi tendenze che minacciano sof-

focare i pid niobili istinti dell' umana dignith y Che vale alzar la voce ardi-

mentosa contro codesta febbre del dlenaro che circola nelle vene della

nostra pallidissima e idierma societa civile ? Vow~, com, praetereague ni-

hil I Fiato perduto, inchiiostro sprecato, lagnanze grittate ai quattro venti.

L'uomo attuale non vede, non sente, non ha oechi ch-e pe' montoncini di

piastre, non ha oreechi che pel suono delP' oro.

< Si faccia una pira di tutta l' antica sapienza stillata in milionii di

volumi; si condanni al rogo tutto codesto immenso numero di fogli stam*

pati e piegati inl ottavo, in quarto, in sedicesimo; daceh6 oggi tutto cid é

inutile.

* Ma egrli é pertanto incontrastabile che P' uomo educato alla nobilth

della scienza, alle infinite dolcezze delle lettere, a' piaceri che derivano

dalla coltura del proprio pensiero, e superiore a tutta questa massa di

funghi che non differiscono da questi che pel solo is·tinto dlel danaro che

i funghli non soffr·ono. Una di queste mnacchine a respiro noni darebbse un

solo scudo per applicare tutta la scienza del Vico o del Galilei; mentre

il pid semplice letterato non darebbe la colutid del suo pensiero per tuitti

itesori del mondo, se que.sti il dovessero far divenire idiota. Ecco il

trionfo dell'anima su gP'interessi materiali b

Page 95: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

Non citeremo altre lettere del giovine filosofo, nelle quali piii o mne-

no egli si estendeva su gli stessi principli.

Una volta egli si reeb in Napori col suo amico il dottor Pieriicci, ed

ebbe I'agioidi ascoltare le lezioni del profondo Gallappi. Udite le quali,

volle essergli presentato, e il filosofo accolselo con quell' amorevolezza

onde trattava la studiosa gloventui. Armando si tece suo scolaro durante

il temnpo che rimiase in Napoli; e, quando fu costretto a ritornare a Ca-

stelmoresco, reed seco tutte le opere di quel gran pensatore, per aver

1' agio dli studiarle nella sua solitudine di provincia.

Uscito di minorit8, Armando godeva ormai di que]1a parte del re-

taggio maternio che gli era spettata; plcciola cosa invero se si guardi alla

grandezza delle idee del giovine nobile.

Egli si era fatto venir da Napoli maestri di disegno, di musica e di

lingue: addimostrava somma attitudine alle arti specialmente, alle quali

si ahbbndonava con amore, per non dire con eccesso. In sommo pregio

avea gli artisti, de' quali quando alcuno capitava a Caste1moresco, era

sicuro di trovare nelgiovin signore it pidi lusinghiero accoglimnento. Egrli

stesso era divenuto un buon pittore, e conosceva a perfezione la storia

della pittura di tuitt' i tempi e di tritt':i paesi. Miolti artisti, pittori e scul- 8

- tori, venivano appositamente a Caiste1moresco, chiamati dal gorido di gen-

tilezza che grodeva il glovine castellano; e molti se ne partivano dopo a-

ver ritratto a sco)pito per vari subietti la testa di Armando, tipo, come

dicemmo, delle maschie e belle forme anitiche.

Armanido scrisse un romanzo intitolato: La Stella nera, che fece

stampare in Napoli, e che attirb 1' attenzione unliversale pe' peregrrini pen-

sieri di cut era colmo, per 1 interesse della favola, e per la leggiadria

dello stile; in esso egli area dipinto la sua vita glovanile solto il fattizio

nome di Aroldo. Un colore di fatalismo presedeva al concepimnento di

questo lavoro, cui dava una tinta lugubre e trista. Quest'assurda dottri-

na del fatalismo egli av·eva in certo modo sposata nella lettura delle ope-

re di Lord Byron; la quale fu ini appresso alcun po'corretta, se non del

tutto handita dal sio animno, dalla sana logica e dalla cristiana filosofia

chie spirano i libri del G;alluppi.

Armando preferiva sempre e in tutto lo antico al moderno. 11 roma-

nio e il grreco eranlo per Jui I'ideale del bello, del maestoso e del grande.

A tal proposito, entreremo ini alcuni curiosi particolari delle sue dome-

stiche consuetudiini.

Armrando prendea somma vagheizza ad imitare, in tutti gli usidomne-

stici della sua vita, le romnane costumanze. Egrli portava corti i capelli,

pe' quali area gran cuira, e lunge la barba che ei nutricava con ogni sorta

di finissime essenze odorose.

Stretto osservatore delle antiche costumnanze, Armando celebrava -

rigorosame·nte, come abbiam veduto, 11 suo di natalizio, nel quale aste-

nevasi da ogni mraniera di faccende, siecome; usava pei di festivi. Egli

avea diviso i suoi glorni in fa·sti e nefasti, ed avea presso a poco quelle

medesime superstiziose idee che regnavano appo quella gente degli an-

tichi tempi.

Egli soleva, nello scrivere al Pierucci o al sno maestro ~Galluppi,

Page 96: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

servirsi delle denominazioni romane e dividere il mese in calende, none

e ide come solea dividere il glornio nelle: tre principali sezioni, cio8, pri-

ma ora del mattino, dopo il levar del sole, ora sesta, quella del mezzo-

glorno, e ora duodecima quella che precede if tramontere del sole.

Sulla sua scrivania, era la plessidra, ovvero oriualo ad acqua.

In quanto alle occupazioni della sua glornata, Armnando si alzava at

levarsi del sole, e spendea 1' hora prima dici nlella lettura di libri sacri

o nella meditazione di qualche subietto morale, inidi usciva' a caccia nel

bosco e si abbandonava a tal ginnastico esercizio infino, all'hora tertia

(le nove antimeridiane.) e talvolta fino al tramontar del sole. Lo studio

de' classici, la lettura e la composizione occupavano il rimanenite della

mnattinata fino all' ora del pranzo:, a per meglio dire alla romana, della

coena, che avea luogo in esta alle tre dopo il mezzodi e in inverno, alle

quattro. Estimavano i romanii ghiottoneria i1 pranzo prima di quest' ora;

perch6 Armando, non si tosto venuto in maggioriod, noni volle piii acco-

munarsi al pranzo di famiglia, che si bandiva senza pid allo scoccar del

miezzogiorno.

Egli avea spinito questa imitazione dell' antico a tal segno, che quan-

do nel suo palagio a Napoli dava, per qualche solenne occasione, un gran

convito, volea che non ci fosse mancata qualehe ombra (l)ed anche qual-

che mosca(2). IIbanchetto, che si teneva nel suo salotto pompeliano, era

interamente montato alla romana: era diviso in tre parti, 1' antipasto,

che consisteva ini cibi stuzzicanti l' appetito, ed in prima e seconda mensa.

Non mancava giammai la cost detta pompa, ovvero,.vivanda principale

del banchetto, ed era o una magnifica mnurena, o iJ classico storione, o

il rombo o altro pesce raro e costoso. Le uova erano sempre il primo ci-.

bo che veniva gustato dai convitati, costumanza romana che diede origri-

ne al noto motto a rovo (dal principio).

Queste ed altre cotali consuetudini si aveva il nostro Armando, le

qIuali appalesavano la sua passione per l'antico, che era pure il suo i-

deale, la sua poesia, il tipo del grande e del bello. In fatti, a pensarci su

freddamente, non possiamo al tutto condannare siffatto gusto, quando

g'ittiame uno sgruardo intorno alle cose nostre e agli uomini che si agita-

no nel felicissimo secolo decimonono, a cui abbiamn I' onore di apparte-

nere. Entriamo essenzialmente nel giudizio di Armnando in riguardo alla

inettezza sistematica delle miriadi di esseri umani che popolano le inci-

vilite regioni europee e si affollano nelle numerose vie delle capitali, non

mossi da altro scopo che o da uu ozio vergognoso a da una sete di dena-

ro che spignesi fino alla cecith e al delirio. È indubitato che l'avarizia e

la cupidigoia della moneta sono tali in certuni, i quali, poco o nulia curan-

dosi di credlere alla immortalita dell'anima, credono in buona fede o al-

meno fanno supporre in loro la credenza della mortalitd~ del corpo; giac-

ch6 non si pub altrimienti pensare d'un uomo il quale, godente di tutto lo

ben dell' intelletto, si affatichi a sessant'anni per accomular tesori che

stasera o domani dee lasciare per andarsene ignudo nel seno della ter-

(1) Ogrni invitato potea menar seco alcuni altri chie si addimandavano umlbrae.

(2) Gli scrocconi si chiamavano mzosche (mruscac).

Page 97: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.

- 96 -

ra, come ignudo venne fuori dal seno della madre. Come spiegrare in al-

tra guisa la mattezza di un uomio, per non dire l'infamia, il quale vede

langruire il suo simile, e gli nega un tozzo di pane per paura che quiel

tozzo di pane abbia a seemare le sue sostanze, che non si pqtrebbero coni-

sumare neppure col consumarsi de' secoiit E che diremo della vergo-

gnosa frivolezza de' nostri contemporanei, qulando li vegogiamo perdere

le intere glornate nelle sale da caffé o da trucco in mezzo alle strade t So

non temessimo di allontanarri molto dalla nostra narrazione, ci piace-

rebbe di estenderci un tantino a ritrarre la curiosa fisonoinia di quiesta

boriosa fanciullaia che scaturisce dalle visceri del secolo decimonono.

Ma per avere un'igea complessiva dtella nostra leggerezza specifica, si

guardi all' emblema universale del secolo, il sigaro ! Ecco ilmagnifico ne-

gotiurn in otio, che serve ad occupare tanti milioni di esseri che si dico-

no pensanti, ma che in realtd non sono chie esserifumanti l Che ridevol fi-

guira non farem noi mreschiniissimi figli del secolo X1X, quando gli scul-

tori o pittori tramanderanino ai posteri la nostra immagine col cappello

a cilindro in testa, col bastoncino in mano, colla lente all'occhiio e col si-

garo in bocca l

Ma,lasciando alsçenno de' nostri lettori ll comentare le poche informi

ided che abbiam qui gittate a proposito di quelle che formavano la medi-

tazione del nostro giovine sigrnor Armando-Asmodeo di Castelmoresco,

ripigliamo il racconto delle costui avventure, per rimienarlo al punto dove,

il lasciammo alla fmne della seconda parte.

Page 98: i: ji; - TSpace Repository: Home · a brevi intervalli un sordo muggir di tuono, ruppe improvvisamiente in tale uragano violento che pareva il cielo volesse allagare tutto il villaggio.