PARTO VAGINALE · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione...

21
PARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ non mostra segni di arresto. Il National Center for Healt Statistics stimato nel 2001 un aumento della percentuale di cesarei al 25%, raggiunto dal 1989. Una tendenza analoga è stata riscontrata nei Pa (Inghilterra, Galles e Irlanda) nel 2000. L’American College of Gynaecology ha per tale ragione raccomandato la necessità di un trai del personale ostetrico nelle tecniche di operatività vaginale, al fin possibilmente ridurre il tasso di operatività addo Le percentuali di parto vaginale assistito mostrano un’ampia varia inter ed intra- Nazionale. I tassi medi attualmente riportati si atte negli USA 2 e nel Regno Unito, con fluttuazioni tuttavia molto marca in quest’ultimo territorio 3 . In Italia il ricorso alle tecniche di opera storicamente molto meno frequente, con percentuali riportate in Tali percentuali sono rimaste sostanzialmente costanti dagli Anni ’80 è assistito ad un graduale cambiamento di tendenza nelle preferenze da utilizzare. L’uso del forcipe, di prima scelta fino a due deca progressivamente riducendosi, parallelamente all’aumento di p ventosa ostetrica, che, tanto negli USA quanto nell’Europa continen Unito è attualmente lo strumento di preferenza. Difficile è stabilire ideale di parti vaginali operativi da raggiungere al fine ottimiz materno e neonatale. Allo stesso modo, la scelta dello strumento da ancor oggi per la maggior parte legata alle preferenze personali, al del singolo operatore, alle tendenze della “scuola” ostetrica consoli in ogni singolo territorio ed alla conseguente familiarità con tecni diversi. L’operatività vaginale è stata da sempre argomento foriero di controv e tecniche classicamente utilizzati non sono mai stati impleme secondo i canoni del moderno concetto di evidenza. La maggior pa personali conoscenze pratiche e teoriche sull’argomento ci sono state nostri predecessori tramite la Letteratura ostetrica o, più spesso, i parto dai nostri “maestri”. Questo insieme di esperienze cliniche r della nostra idea di ciò che è “sicuro ed appropriato”.Tuttavia fallimenti e gli ovvi limiti alle nostre conoscenze ci ricordano quot ancora siamo lontani dalla “best practice” in questo territorio d Scopo del presente capitolo è quello di riproporre evidenze e Letteratura sull’argomento, utilizzando le conoscenze disponib ottimizzare la nostra pratica clinica in Sala Parto. Presupposto es discussione è che il taglio cesareo non può essere la soluzione ad ostetrico, e che solo con un giudizio clinico consapevole e ponderato singole circostanze è possibile assistere al meglio la donna ed il neo più a rischio di tutta la Torna all'indice Aspetti Meccanici del Parto Vaginale Assistito E’ possibile riassumere gli elementi coinvolti nel meccanismo d componenti principali 6 , 6 : 1. Il passeggero (il feto). 2. Le forze (contrazioni uterine). 3. Il passaggio (canale del parto).

Transcript of PARTO VAGINALE · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione...

Page 1: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

PARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio non mostra segni di arresto. Il National Center for Healt Statistics statunitense ha stimato nel 2001 un aumento della percentuale di cesarei al 25%, valore più alto raggiunto dal 1989. Una tendenza analoga è stata riscontrata nei Paesi Anglosassoni (Inghilterra, Galles e Irlanda) nel 2000. L’American College of Obstetrics and Gynaecology ha per tale ragione raccomandato la necessità di un training appropriato del personale ostetrico nelle tecniche di operatività vaginale, al fine di contenere e possibilmente ridurre il tasso di operatività addominale 1 . Le percentuali di parto vaginale assistito mostrano un’ampia variazione geografica inter ed intra- Nazionale. I tassi medi attualmente riportati si attestano al 10-15% negli USA 2 e nel Regno Unito, con fluttuazioni tuttavia molto marcate, dal 4 al 26%, in quest’ultimo territorio 3 . In Italia il ricorso alle tecniche di operatività vaginale è storicamente molto meno frequente, con percentuali riportate intorno al 5% 4 . Tali percentuali sono rimaste sostanzialmente costanti dagli Anni ’80 in poi, mentre si è assistito ad un graduale cambiamento di tendenza nelle preferenze dello strumento da utilizzare. L’uso del forcipe, di prima scelta fino a due decadi fa, è andato progressivamente riducendosi, parallelamente all’aumento di popolarità della ventosa ostetrica, che, tanto negli USA quanto nell’Europa continentale e nel Regno Unito è attualmente lo strumento di preferenza. Difficile è stabilire quale sia il tasso ideale di parti vaginali operativi da raggiungere al fine ottimizzare l’outcome materno e neonatale. Allo stesso modo, la scelta dello strumento da utilizzare rimane ancor oggi per la maggior parte legata alle preferenze personali, al grado di abilità del singolo operatore, alle tendenze della “scuola” ostetrica consolidatesi negli anni in ogni singolo territorio ed alla conseguente familiarità con tecniche e strumenti diversi. L’operatività vaginale è stata da sempre argomento foriero di controversie. Strumenti e tecniche classicamente utilizzati non sono mai stati implementati nè testati secondo i canoni del moderno concetto di evidenza. La maggior parte delle nostre personali conoscenze pratiche e teoriche sull’argomento ci sono state tramandate dai nostri predecessori tramite la Letteratura ostetrica o, più spesso, insegnate in sala parto dai nostri “maestri”. Questo insieme di esperienze cliniche rimane il cardine della nostra idea di ciò che è “sicuro ed appropriato”.Tuttavia, gli occasionali fallimenti e gli ovvi limiti alle nostre conoscenze ci ricordano quotidianamente che ancora siamo lontani dalla “best practice” in questo territorio dell’ostetricia 5 . Scopo del presente capitolo è quello di riproporre evidenze e carenze della Letteratura sull’argomento, utilizzando le conoscenze disponibili al fine di ottimizzare la nostra pratica clinica in Sala Parto. Presupposto essenziale di tale discussione è che il taglio cesareo non può essere la soluzione ad ogni problema ostetrico, e che solo con un giudizio clinico consapevole e ponderato sulla base delle singole circostanze è possibile assistere al meglio la donna ed il neonato nel viaggio più a rischio di tutta la gravidanza. Torna all'indice

Aspetti Meccanici del Parto Vaginale Assistito E’ possibile riassumere gli elementi coinvolti nel meccanismo del parto in tre componenti principali 6 , 6 :

1. Il passeggero (il feto). 2. Le forze (contrazioni uterine). 3. Il passaggio (canale del parto).

Page 2: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

Questa classificazione semplifica la complessa interazione di eventi necessaria al successo del parto vaginale. Ognuno degli elementi considerati è soggetto all’interazione di numerosi altri fattori, la cui combinazione determina l’evoluzione del travaglio e la natura finale del parto. L’utilizzo di forcipe e ventosa offre all’ostetrico la possibilità di modificare le tre variabili sopra menzionate, nel tentativo di giungere all’espletamento del parto attraverso:

1. Correzione di deflessione, asinclitismo o posizione anomala dell’estremo cefalico fetale che ne impediscono o ritardano la discesa, la rotazione e l’adattamento nella pelvi (correzione di una condizione di sproporzione cefalo-pelvica relativa).

2. Sinergia con le forze espulsive generate dalle contrazioni uterine o dalle spinte volontarie della donna.

3. Superamento dell’attrito tra testa fetale e canale del parto.

Torna all'indice

Classificazione La classificazione più appropriata ed attualmente accettata delle operazioni di assistenza strumentale al parto vaginale è quella proposta dall’ACOG nel 1988 8 .Tale classificazione si basa sull’identificazione di due principali determinanti del successo e del rischio materno e neonatale legato a tali procedure: il livello della parte presentata al quale la procedura viene effettuata (misurata all’esame vaginale in cm da 0 a +5, dove il livello 0 corrisponde al piano delle spine ischiatiche) ed il grado di rotazione richiesto. Sulla base di questi parametri è possibile distinguere:

1. “Outlet Procedure” - Procedure a livello dell’introito: o Scalpo visibile all’introito senza separare le labbra vulvari. o Il cranio fetale ha raggiunto il livello del pavimento pelvico. o La sutura sagittale è nel diametro antero-posteriore o in posizione

occipito-anteriore o posteriore destra o sinistra. o La testa del feto è a livello del perineo o subito al di sopra. o La rotazione non eccede i 45°. o

2. “Low Procedure” - Procedure a livello pelvico basso: o La sommità del cranio fetale si trova a > +2 dalle spine ischiatiche

ma sopra il livello del pavimento pelvico. o

Rotazione < 45° (in direzione occipito anteriore destra o sinistra rispetto alla posizione occipito anteriore o in direzione occipito posteriore destra o sinistra rispetto alla posizione occipito posteriore).

rotazione > 45°.

3. “Midlevel Procedure” - Procedure a livello mediopelvico: o Testa fetale impegnata con sommità dell’estremo cefalico tra 0 e

+2. o

Si noti come le applicazioni “alte”, a testa non impegnata, non siano contemplate nella classificazione ACOG, come conseguenza del fatto ormai comunemente accettato che esse non trovano più spazio nella moderna pratica ostetrica. Il grado di difficoltà, il tasso di fallimento ed i rischi delle procedure operative vaginali sono significativamente più elevati per le applicazioni al medio scavo e per le rotazioni >45°.

Page 3: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

Torna all'indice

Indicazioni Le problematiche che portano all’intervento ostetrico in travaglio, sia questo l’applicazione di forcipe, ventosa o il ricorso al taglio cesareo, sono usualmente complesse e richiedono un percorso decisionale attento ed integrato che prenda in considerazione la situazione clinica, i rischi e benefici della procedura da utilizzare, le possibili alternative e, non ultimo, il grado di esperienza e competenza dell’operatore. La maggior parte delle indicazioni sono riconducibili ad una delle seguenti categorie:

Materne.

Fetali.

Combinate.

La seguente tabella (Tabella 1) raggruppa le principali indicazioni classificabili in tali categorie 6 , 6 , 9 , 1 :

Poche delle indicazioni sopra menzionate sono assolute. Un buon esempio di tale affermazione è rappresentato dalla fase espulsiva prolungata. In passato sono stati applicati limiti arbitrari per la durata del II stadio, non supportati dai dati di numerosi studi successivi che non hanno dimostrato una associazione diretta tra tale durata e morbidità/mortalità infantile1 1 ,1 2 . Un prolungamento del II stadio non sembra essere di per sè indicazione immediata al parto operativo, a meno che non ci sia un deterioramento delle condizioni materne e/o fetali, o un arresto della progressione. Ciò non significa che una rallentata progressione va ignorata. Quest’ultima può infatti essere la spia di una malposizione, di un’attività contrattile uterina inadeguata ! o, più raramente, di una vera sproporzione cefalo-pelvica. I limiti temporali del II stadio vanno dunque considerati come segnali per rivalutare la situazione e riconsiderare la gestione, piuttosto che come tempi fissi per dettare l’intervento chirurgico. Nella maggior parte dei casi, infatti, dopo che la valutazione clinica ha escluso l’esistenza di una sproporzione feto-pelvica assoluta, un intervento appropriato (somministrazione di ossitocici, cambiamento di posizione, incoraggiamento, etc) è in grado di risolvere la situazione senza il ricorso immediato all’operatività. Il ricorso troppo precoce a quest’ultima, d’altra parte, potrebbe invece impegnare l’operatore in una procedura più difficoltosa, con necessità di manovre di rotazione, potenzialmente evitabile con il semplice ricorso alla pazienza 5

, 6 , 9 . Va tuttavia tenuto in considerazione che un’attesa troppo prolungata non fa che accrescere rischi ed insoddisfazioni quando invece le condizioni materne (affaticamento fisico e morale) o fetali non siano ottimali, e in presenza di una malposizione persistente o di un arresto della progressione 6 . Il bollettino ACOG del 2000 relativo all’operatività vaginale propone i seguenti limiti

Page 4: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

temporali per valutare l’opportunità di ricorso all’intervento 2 :

Nullipare:

o 2 ore in assenza di anestesia regionale. o 3 ore in presenza di anestesia regionale.

Pluripare:

o 1 ora in assenza di anestesia regionale. o 2 ore in presenza di anestesia regionale.

Torna all'indice

Controindicazioni Esistono alcune circostanze in cui il ricorso al parto operativo vaginale dovrebbe essere evitato o, quantomeno, espletato solo dopo l’attenta valutazione di rischi e benefici che la procedura comporta. La Tabella II elenca le principali controindicazioni al parto vaginale operativo, alcune delle quali ovvie e comunemente accettate, altre molto più controverse.

La maggior parte degli Autori considera l’applicazione della ventosa ostetrica inappropriata prima delle 34-36 settimane di gestazione, per il rischio teorico di emorragia intraventricolare. La Letteratura sull’argomento è tuttavia molto limitata. Due studi su campione numericamente scarso (117 casi) non hanno evidenziato alcun aumento del rischio di morbilità neonatale per l’uso del vacuum extractor nei neonati di peso inferiore ai 2500 gr e dati non pubblicati su 1272 applicazioni di ventosa in neonati di peso tra 1500 e 2500 gr non hanno mostrato differenze nei tassi di emorragia intracranica 13 . Nonostante tali dati suggeriscano che l’applicazione di ventosa in neonati di basso peso non influisce sul rischio di danno intracranico, ancor oggi le linee guida più autorevoli sembrano controindic! arne l’utilizzo 2 , 3 . Allo stesso modo le tecniche di assistenza strumentale al parto vaginale sono controindicate in feti affetti da patologie da demineralizzazione ossea (es. osteogenesi imperfetta) o da disordini ematologici con tendenza alla diatesi emorragica (trombocitopenia allo immune, emofilia,malattia di von Willebrand), nonché nei casi in cui la posizione della parte presentata sia sconosciuta o il suo impegno allo stretto superiore non sia avvenuto 2 . L’operatività vaginale dovrebbe inoltre essere affrontata solo da operatori che possiedano le abilità tecniche, il grado di training e l’esperienza necessaria nelle procedure messe in atto, specie se si tratta di applicazioni mediopelviche o

Page 5: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

rotazionali, o da personale in formazione adeguatamente supervisionato. La principale controindicazione all’utilizzo di tali metodiche è quindi rappresentata dall’inesperienza dell’operatore o dalla sua mancanza di familiarità con lo strumento utilizzato. Dovrebbe inoltre essere sempre garantita, in caso di fallimento del tentativo di parto per via vaginale, la possibilità di ricorrere al taglio cesareo in emergenza 2 . Controindicata è anche l’applicazione di forcipe e ventosa a dilatazione non completa della cervice, benché a tale regola si possa far eccezione nei casi di estrazione del secondo gemello dopo parto del primo e successivo restringimento del diametro cervicale, nonché nei casi di assoluta emergenza (es prolasso di funicolo) a dilatazione quasi completa, se la valutazione clinica fa presagire la possibilità di estrazione in tempi rapidi. In entrambi i casi lo strumento da utilizzare è la ventosa ostetrica 3 . Per quanto il sospetto di macrosomia fetale imponga un’estrema cautela nel processo decisionale sul ricorso all’operatività vaginale, esso non è di per se una controindicazione.Va tuttavia tenuto in considerazione che in tale situazione è aumentato il rischio di distocia di spalla2. Infine, benché l’esistenza di una sproporzione feto-pelvica assoluta sia da considerare una delle principali controindicazioni al parto vaginale strumentale, vanno considerate con estrema cautela le situazioni di sproporzione relativa, in cui l’ostacolo alla progressione del travaglio può essere corretto da un’applicazione adeguata dello strumento ostetrico solo se un’attenta ed esperta valutazione della situazione clinica suggerisce la possibilità di successo del parto vaginale. L’abilità di giudizio dell’operatore è quindi nella maggior parte dei casi il determinante principale di tale successo, e deve fondarsi su un’analisi metodica, step by step, dei prerequisiti necessari all’espletamento del parto in condizioni di sicurezza. Torna all'indice

Valutazione Clinica Preliminare e Prerequisiti Il percorso che porta alla decisione della modalità di espletamento del parto deve fondarsi su un processo di valutazione sequenziale che integri l’insieme dei dati clinici disponibili, permetta di soppesare sulla base di questi i rischi e benefici delle diverse opzioni possibili per guidare infine l’operatore alla scelta di quella più appropriata, in termini di vantaggio e sicurezza per la madre ed il nascituro.Tutto ciò, ovviamente, deve avvenire nei tempi ristretti, talora brevissimi, che nella maggior parte dei casi l’ostetricia concede. E’ intuitivo come tale processo, decisivo al fine del successo di tutta la gravidanza, necessiti di un bagaglio complesso di conoscenze teoriche, abilità tecniche, esperienza clinica e freddezza emotiva, che solo nel tempo è possibile acquisire, talora a prezzo di errori, e che per alcuni operatori non sarà mai completo. Ai fini pratici, gli step che l’ostetrico deve seguire quando viene presa in considerazione l’ipotesi di un parto strumentale sono i seguenti 5 , 6 :

1. Revisione rapida delle caratteristiche anamnestiche personali e della gravidanza che possano modificare il rischio ostetrico della paziente e del feto.

2. Revisione della progressione del travaglio (partogramma). 3. Valutazione delle condizioni materne (esaurimento delle forze,

disidratazione, grado di collaborazione…) e fetali (CTG ed eventuali metodiche integrative di valutazione del benessere fetale).

4. Esame clinico (palpazione addominale ed esame vaginale, pelvimetria clinica).

Quest’ultimo deve integrare il maggior numero di informazioni disponibili. A tal fine la palpazione dell’addome dovrebbe essere parte necessaria della valutazione della paziente e precedere l’esame vaginale prima di ogni tentativo di parto strumentale.

Page 6: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

Tale valutazione fornisce dati preziosi sulla situazione fetale, sul lato di posizionamento del dorso e, indirettamente, sulla posizione della parte presentata, nonché sulla stima delle dimensioni del feto. Essa è inoltre fondamentale nello stabilire il grado di discesa della parte presentata nello scavo pelvico, integrando le informazioni derivanti dall’esame vaginale sul livello raggiunto dalla sommità dell’estremo cefalico rispetto alle spine ischiatiche.Tale dato, di importanza primaria nel determinare la possibilità ed il grado di difficoltà di un’eventuale parto operativo, è infatti incompleto e spesso fallace se derivato dal solo esame vaginale. L’accavallamento delle ossa craniche (molding) con conseguente deformazione plastica dell’estremo cefalico e la presenza di caput succedan! eum, che spesso caratterizzano le fasi espulsive prolungate ed i travagli complicati da sproporzione feto-pelvica assoluta o relativa, possono dare infatti la falsa impressione alla valutazione per via vaginale che la testa si trovi a un livello più basso di quello reale. Un estremo cefalico impegnato allo stretto superiore (livello da 0 a +5 all’esame vaginale) non sarà mai palpabile per più di 2/5 per via addominale (manovra di Crichton). L’esame vaginale, oltre al giudizio sulla stazione raggiunta dall’estremo cefalico rispetto alle spine ischiatiche, deve valutare l’entità di caput succedaneum e di “molding” delle ossa craniche, e fornire una sensazione su come la testa fetale “riempie” lo scavo pelvico.Tali informazioni permettono di valutare meglio il grado di impegno della parte presentata. Prerequisito fondamentale per il ricorso ad un eventuale parto strumentale è inoltre la conoscenza della posizione dell’estremo cefalico, del suo grado di deflessione ed asinclitismo.Tali dati sono necessari per l’applicazione corretta non solo del forcipe, ma anche della ventosa, e, di conseguenza, per la prevenzione dei possibili danni a questi correlati. Inoltre, il meccanismo di successo primario di tali strumenti si fonda pro! prio sulla correzione di malposizione, asinclitismo e deflessione, e sulla conseguente sostituzione dei diametri meno favorevoli con cui l’estremo cefalico si impegna nello scavo pelvico. Un’incompleta valutazione di questi parametri espone quindi al rischio di complicanze e di fallimento della procedura. Infine, per quanto approssimativa, la valutazione clinica della pelvi ossea può fornire indicazioni utili a definire le relazioni tra parte presentata e scavo pelvico. In particolare, è possibile determinare l’appropriatezza della coniugata diagonale, della concavità sacrale ed il grado di convergenza delle pareti pelviche laterali. La determinazione sistematica di tutti questi parametri ogni qualvolta si sia chiamati ad esaminare una donna in travaglio è un utile esercizio che permette di guadagnare progressivamente l’esperienza necessaria per una valutazione clinica corretta nelle situazioni più critiche che richiedono un intervento 5 , 6 , 6 , 9 . eventuale utilizzo di tecniche strumentali di supporto alla clinica (ecografia) può fornire utili informazioni supplementari sulla stima del peso fetale, e sulla valutazione della posizione, quando questa sia incerta alla sola valutazione clinica 5 . Raccolte tutte queste informazioni, il passo successivo e fondamentale è quello di integrarle, tenendo in considerazione l’appropriatezza delle indicazioni, le condizioni materno-fetali, il grado di difficoltà prevista e le competenze tecniche dell’operatore, per giungere ad una decisione sulla modalità più appropriata del parto. E’ necessario prendere in considerazione le alternative disponibili (attesa ed eventuale intervento “non invasivo”, taglio cesareo, applicazione di forcipe o ventosa) e discuterle con la paziente, nei limiti di tempo e con le modalità dettate dal grado di urgenza, per ottenerne il consenso informato. Se si prende in considerazione l’alternativa di un parto operativo, è inoltre necessario ricordare che alcuni prerequisiti devono essere soddisfatti6:

Dilatazione cervicale completa.

Page 7: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

Rottura delle membrane.

Testa impegnata.

Presentazione di vertice o faccia con mento anteriore.

Conoscenza della posizione.

Assenza di sproporzione cefalo-pelvica assoluta.

Ed inoltre:

Vescica vuota.

Anestesia adeguata.

Familiarità dell’operatore con il corso del travaglio e la valutazione clinica della pelvi e della taglia del feto.

Esperienza dell’operatore (o adeguata supervisione).

Conoscenza delle tecniche utilizzate.

Operatore preparato ad abbandonare la procedura in caso di fallimento.

Possibilità di ricorrere al cesareo se si incontrano difficoltà.

Torna all'indice

“Trial” di Parto Operativo Vaginale In molti casi, quando l’estremo cefalico è a livello pelvico basso o all’introito, è facilmente prevedibile il successo dell’intervento strumentale di assistenza al parto.Tuttavia, nei casi in cui la testa sia a livello più alto, specie quando sia necessario ricorrere a manovre di rotazione, l’esito del parto operativo è ben più incerto. E’ in queste circostanze che entra in gioco il concetto di “trial” (tentativo) di parto strumentale. Dopo spiegazione della situazione alla coppia, la donna viene trasferita in sala operatoria dove tutto è predisposto per il taglio cesareo. Si procede quindi, in anestesia regionale, all’applicazione di forcipe o ventosa. Se questa procede con facilità, si espleterà in sicurezza il parto vaginale. Al contrario, se l’es! trazione si rivela difficoltosa, qualsiasi persistenza nel tentativo andrà evitata, e la procedura immediatamente abbandonata con ricorso in tempi brevissimi al taglio cesareo. Tale approccio, particolarmente utilizzato nel mondo Anglosassone, permette nella maggior parte dei casi l’estrazione in sicurezza del feto, senza un aumento dei rischi

6 e si differenzia quindi dallo scenario del “fallimento di parto operativo”, in cui la possibilità di insuccesso non viene presa preliminarmente in considerazione ed i preparativi necessari per il rapido ricorso al taglio cesareo non vengono approntati. La morbidità neonatale è invece significativamente aumentata in quest’ultimo caso 14

. Non va tuttavia sottovalutato che dati riportati in Letteratura su ampie casistiche denotano un aumento generalizzato del rischio di complicanze nei casi di insuccesso dell’operatività vaginale con successivo ricorso al taglio cesareo 15 , 16 . L’ACOG raccomanda pertanto di evitare il ricorso! al trial di parto strumentale in tutti i casi in cui la valutazione clinica preliminare non sia altamente suggestiva di successo 2 . Torna all'indice

Strumenti e Tecniche FORCIPE - Caratteristiche Tecniche Approssimativamente 700 diversi tipi di forcipe sono attualmente disponibili. Il loro design è semplice e non ha subito sostanziali modifiche nell’ultimo secolo. Lo strumento consiste di 2 bran- che incrociate, ognuna delle quali formata da quattro componenti: le cucchiaie, il colletto, l’impugnatura e il perno. Ogni cucchiaia, che può essere o meno fenestrata, può avere 2 curvature: cefalica e pelvica. La prima è conformata sull’estremo cefalico fetale, mentre la seconda segue la curvatura naturale del canale del parto, ma può variare ampiamente da strumento a strumento.

Page 8: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

Le cucchiaie sono connesse all’impugnatura per mezzo del colletto, che determina la lunghezza dello strumento. Il tipo di articolazione, o perno, varia da strumento a strumento e può essere fisso o scorrevole, consentendo in quest! ’ultimo caso alle due branche il movimento reciproco di scivolamento in avanti ed indietro. Le due branche possono essere tra loro convergenti, incrociate, divergenti o parallele 6 , 9 , 1

, 14 . Sulla base della finalità d’uso, i diversi tipi di forcipe vengono comunemente classificati in tre categorie principali 1 : Forcipi “Classici” caratterizzati dalla presenza di curvatura cefalica e pelvica e di un’articolazione fissa (english lock). Esempi tipici sono il forcipe di Simpson, il Tucker-McLane, il Naegele ed il forcipe di Elliot. I forcipi di questo tipo sono primariamente utilizzati nei casi in cui l’estremo cefalico non richieda rotazione, anche se è possibile il loro utilizzo per compiere manovre rotatorie, come quella di Scanzoni-Smellie. Forcipi Rotazionali Possiedono una curvatura cefalica ma non una curvatura pelvica.Tale caratteristica permette di effettuare manovre rotazionali con minor danno sui tessuti materni. E’ presente inoltre un perno scorrevole che, permettendo lo scivolamento reciproco delle due emibranche lungo il loro asse longitudinale, consente alle due cucchiaie applicate sulla testa fetale ad altezze diverse di correggere un eventuale asinclitismo. Esempi tipici sono il forcipe di Kielland, utilizzato in tutto il mondo, e quello di Barton, prevalentemente in uso negli USA. Una volta che l’estremo cefalico è stato ruotato, la trazione verso il basso può essere effettuata direttamente o dopo sostituzione del forcipe rotazionale con quello classico, dotato di curvatura pelvica che minimizza il danno perineale durante il proce! sso di trazione lungo l’asse del canale del parto. • Forcipi studiati per assistere il parto podalico Mancano di curvatura pelvica ed hanno cucchiaie posizionate sotto il piano del colletto. Quest’ultimo è inoltre allungato.Tali modificazioni permettono l’applicazione e l’estrazione della testa postica mentre il corpo del feto giace appoggiato sul colletto del forcipe. Esempio tipico è il forcipe di Piper. Esula dallo scopo di questo capitolo la descrizione dettagliata della tecnica di applicazione del forcipe. Ci limiteremo ad alcuni concetti generali. E’opportuno procedere, prima dell’applicazione dello strumento, al corretto posizionamento della paziente in posizione litotomica, allo svuotamento della vescica ed alla somministrazione di adeguata analgesia. Quest’ultima dovrebbe prevedere, qualora i tempi lo consentano, l’utilizzo dell’anestesia regionale in caso di applicazioni mediopelviche e rotazionali, mentre può essere sufficiente il ricorso al blocco pudendo e, meno preferibilmente, all’anestesia locale in caso di applicazioni al basso scavo pelvico e all’introito e nelle situazioni di emergenza. L’operatore assemblerà quindi lo strumento prima di procedere al suo utilizzo al fine di controllarne il funzionamento e di simularne mentalmente il corretto posizionamento. Il forcipe viene quindi applicato. Procedure non rotazionali La mano sinistra impugna la branca sinistra che viene applicata al lato sinistro della pelvi materna. La cucchiaia, mantenuta parallela al legamento inguinale destro, viene inserita tra l’estremo cefalico fetale e le dita della mano destra dell’operatore, posizionate sul lato postero-laterale sinistro della vagina a proteggere i tessuti materni dal movimento circolare che la cucchiaia compie per situarsi nella pelvi in posizione corretta. Viene quindi analogamente applicata la branca destra. A questo punto colletto e manici devono trovarsi su un piano orizzontale. Se una delle due branche risulta angolata o giace superiormente all’altra è possibile sospettare la presenza di asinclitismo o malposizione. Piccoli movimenti dei manici possono far scivolare le cucchiaie nella posizione corretta. L’appropriatezza dell’applicazione (bimalare o biparietale) va a questo punto controllata. I “ check point” da verificare sono i seguenti: Il piano del colletto e dei manici deve passare attraverso il punto di flessione

Page 9: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

dell’estremo cefalico. La sutura sagittale deve trovarsi sulla linea mediana delle cucchiaie. Le cucchiaie devono essere simmetricamente applicate al cranio fetale. Se l’applicazione è corretta viene esercitata una trazione sincrona con le contrazioni e gli sforzi espulsivi materni, che deve seguire un vettore di forza orientato secondo la curvatura pelvica. La trazione verso l’esterno esercitata dalla mano dominante viene integrata da una pressione continua verso il basso da parte dell’altra mano (manovra di Pajot). Il vettore risultante sarà diretto lungo il piano adeguato. La discesa deve essere continua e cominciare con la prima trazione, a meno che questa non sia impedita da difficoltà tecniche con lo strumento o da problemi nel dirigere correttamente la trazione. Se ciò non si verifica, la situazione andrà prontamente rivalutata ed esclusa la presenza di una sproporzione feto-pelvica. Quando la testa discende a livello del pavimento pelvico ed inizia a rendersi visibile all’introito, la direzione della trazione piega verso l’alto per consentire la fuoriuscita della testa e della faccia al perineo. A questo punto può rendersi necessaria l’episiotomia. Alcuni operatori rimuovono lo strumento a questo stadio ed assistono la fuoriuscita spontanea dell’estremo cefalico 5 , 6 , 6 , 9 , 1 , 14 . Procedure Rotazionali Sono classicamente suddivise in quelle che richiedono rotazione <45° e in quelle che richiedono rotazione > 45°. Le prime possono essere facilmente effettuate utilizzando forcipi classici, secondo la tecnica sopra descritta, e si ritiene non siano gravate da rischi significativi per la madre ed il feto. Per la trattazione dettagliata delle tecniche di applicazione nelle diverse posizioni dell’occipite si rinvia il lettore a testi specifici 14 . Quando la rotazione richiesta supera i 45°, i rischi materno-fetali sono ritenuti maggiori, sebbene i dati della Letteratura a questo riguardo non siano chiari. Tali rotazioni possono essere effettuate più agevolmente con l’utilizzo di forcipi specifici, ma è possibile ricorrere anche all’applicazione dei forcipi classici. In entrambi i casi sono necessari un alto grado di esperienza e di abilità tecnica da parte dell’operatore, che ne limitano l’uso solo al personale più esperto ed adeguatamente formato. Le indicazioni a tali procedure sono limitate, classicamente, alle situazioni di malposizione, spesso accompaganate da asinclitismo e deflessione dell’estremo cefalico, che si verificano a livello mediopelvico, ed in particolare all’arresto trasverso profondo. In alcuni casi l’attesa e la somministrazione di ossitocici possono correggere la situazione o permettere di effettuare un’estrazione più agevole a livello pelvico più basso. Qualora questo non si verifichi, è possibile ricorrere all’uso del forcipe dopo aver vagliato tutte le possibili alternative e solo a condizione che l’operatore sia altamente esperto in tali procedure. La tecnica di applicazione dei forcipi rotazionali (Kielland, Barton) prevede l’inserimento della branca anteriore per prima, seguendo una delle tre diverse modalità di applicazione descritte in letteratura (diretta, classica o “wandering”), per la descrizione delle quali si rimanda ancora una volta a testi specifici 1 , 14 . Dopo il posizionamento della branca anteriore sotto la sinfisi pubica, si procede al posizionamento di quella posteriore. Le branche vengono quindi articolate e, deprimendo i manici contro il perineo, si allineano le estremità di questi ultimi correggendo in questo modo l’eventuale asinclitismo, grazie alla presenza dell’articolazione scorrevole precedentemente descritta. A questo punto si procede alla rotazione, che viene genera! lmente effettuata ad utero rilassato, muovendo l’estremo cefalico leggermente verso l’alto o verso il basso fino a trovare il punto in cui la rotazione risulta più agevole. In nessun caso va applicata forza nell’eseguire tale manovra, poichè è a questo stadio che il tratto cervicale della colonna vertebrale è particolarmente vulnerabile.A rotazione avvenuta, è possibile procedere alla trazione sia direttamente, che dopo la sostituzione dello strumento con un

Page 10: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

forcipe classico dotato di curvatura pelvica. In alternativa all’utilizzo di questi forcipi “specializzati”, è possibile effettuare manovre di rotazione con forcipi classici, applicando sempre per prima, in questo caso, la branca posteriore, e ricorrendo alla manovra di Scanzoni qualora si proceda ad una rotazione completa da posizione occipito-posteriore.Tali strumenti, dotati di curvatura pelvica, sono tuttavia molto più traumatizzanti sui tessuti materni durante la fase di rotazione. VENTOSA OSTETRICA Da quando nel 1705 Yonge per primo descrisse un tentativo di estrazione vaginale utilizzando una coppetta di vetro alla creazione della ventosa di Malmstrom nel 1953 sono passati due secoli e mezzo. Nonostante le perplessità iniziali, tale dispositivo ha guadagnato crescente popolarità, virtualmente soppiantando il forcipe in gran parte dell’Europa ed in Africa, e diventando progressivamente lo strumento di prima scelta per l’assistenza al parto vaginale nel mondo anglosassone e statunitense. Caratteristiche Tecniche In tutte le sue possibili varianti, la ventosa ostetrica si compone di tre elementi fondamentali: una coppetta che viene applicata all’estremo cefalico fetale, collegata tramite un tubicino di connessione ad un dispositivo in grado di generare il vuoto e dotata di un sistema di trazione che può essere separato o interno al tubo di connessione stesso. La pressione negativa che si determina all’interno della coppetta è capace di esercitare sulla parte presentata la trazione necessaria ad estrarre il feto. Quando correttamente applicata sul punto di flessione dell’estremo cefalico, essa è inoltre in grado di correggere durante la trazione un’eventuale malposizione, deflessione ed asinclitismo consentendo un processo di autorotazione della parte presentata con sostituzione dei diametri meno favorevoli 6 , 9 . Tipi di Coppette Di fondamentale importanza nel determinare la performance del dispositivo è il tipo di coppetta utilizzata. La Tabella III riporta le coppette attualmente disponibili sul mercato 17 .

Una fondamentale distinzione va fatta innanzitutto tra coppette anteriori e posteriori. Nelle prime i punti di inserzione del dispositivo di trazione e di suzione sono localizzati in posizione centrale.Tale caratteristica permette una corretta applicazione solo per posizioni anteriori e ben flesse dell’estremo cefalico, che deve trovarsi sufficientemente in basso nella pelvi. Nelle posizioni occipito-posteriori ed occipito-trasverse e a livello mediopelvico la presenza della fuoriuscita del tubo di suzione e del sistema di trazione in posizione centrale non permette gli spostamenti laterali e posteriori della coppetta nella pelvi e non consente di conseguenza di raggiungere e posizionare correttamente il dispositivo sul punto di flessione della testa f! etale. E’ intuitivo come l’utilizzo in queste situazioni di coppette anteriori determini un incremento del tasso di fallimenti ed un aumento del rischio di complicanze, più frequenti in caso di scorretto posizionamento. Sono state per questo create coppette apposite per tali applicazioni (coppette posteriori), in cui i dispositivi

Page 11: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

in uscita dalla coppetta sono localizzati in sede periferica, garantendone una migliore manovrabilità 6 , 9 , 17 , 8 , 19 . L’Omnicup, recentemente introdotta in commercio, incorpora nello stesso dispositivo entrambi i tipi di coppette 17 , 19 . Una seconda distinzione riguarda il materiale di cui è fatta la coppetta. Questa può essere rigida (di metallo o di plastica) o soffice (in silicone), di dimensioni diverse, variabili tra i 40 e i 60 mm. Una recente review del Cochrane che ha confrontato coppette rigide e morbide, ha evidenziato una minore incidenza di lesioni dello scalpo fetale a fronte di un aumento significativo del tasso di fallimenti con l’utilizzo delle coppette morbide 20 . Il minor rischio di danno neonatale ha sicuramente contribuito alla diffusione nell’utilizzo di tali coppette.Tuttavia, un’analisi attenta dei dati dei trial inclusi nella metanalisi mostra come le coppette morbide sian! o causa di minori danni cosmetici, lividi e lacerazioni dello scalpo, ma non riducano il tasso di cefaloematomi e di danni neonatali severi e persistenti. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non abbiamo evidenze sufficienti a valutare se vi siano coppette migliori nel prevenire gli outcomes neonatali più gravi, quali l’emorragia sub-galeale e i danni intracranici.Tuttavia, reports in Letteratura suggeriscono un’assenza di beneficio delle coppette morbide nel proteggere da tali complicanze. Il tasso di fallimenti di tali dispositivi è invece alto (16%) se paragonato a quello delle coppette rigide (9%), e per tale ragione essi andrebbero riservati alle estrazioni “basse” che non richiedano rotazione 17 , 19 . Tecnica di applicazione Il dispositivo deve essere testato prima dell’applicazione ed una coppetta di dimensioni adeguate (50-60mm di diametro) utilizzata al fine di garantire la formazione di uno chignon sufficiente sulla testa fetale. L’applicazione corretta dello strumento prevede il suo posizionamento sul punto di flessione dell’estremo cefalico, situato circa 3 cm anteriormente rispetto alla fontanella posteriore lungo la sutura sagittale.Tale applicazione garantisce al momento della trazione il raggiungimento della fisiologica flessione della testa, correggendo un eventuale asinclitismo o defles- sione e permettendo l’autorotazione della parte presentata durante la sua discesa. Al contrario, se il posizionamento è scorretto, la trazione sarà accompagnata da un peggioramento del grado di deflessione ed asinclitismo, che renderà l’estrazione più difficoltosa e traumatica, aumentando il tasso di fallimenti 6 , 9 , 17 , 19 . Dopo aver controllato il posizionamento della coppetta e verificato di non aver incluso al suo interno tessuti materni, si può procedere all’applicazione della pressione negativa in un unico step, fino a raggiungere i livelli raccomandati (80kPa = 600mm Hg). Il suggerimento originario di procedere all’aumento graduale della pressione e concedere tempo per la formazione dello chignon (fino ai 10 minuti secondo le vecchie teorie) si è dimostrato privo di fondamento, non necessario e utile solo a perdere tempo prezioso. Uno chignon adeguato si forma entro 2 minuti e la trazione può cominciare dopo 1 minuto dalla creazione del vacuum senza compromettere efficacia e sicurezza. L’unica differenza dimostrata tra l’applicazione rapida ed il convenzionale raggiu! ngimento progressivo del vacuum è una significativa riduzione dei tempi necessari ad espletare il parto con l’utilizzo della prima modalità.Tempi di applicazioni più brevi sono tra l’altro correlati ad un minor rischio di formazione di cefaloematoma2. Inoltre, non c’è evidenza che ridurre la pressione tra una contrazione e l’altra diminuisca il rischio di lesioni sullo scalpo, nè che livelli di pressione negativa inferiori agli 80kPa proteggano da tali danni 2 , 3 , 6 , 9

, 17 , 19 . La posizione della coppetta deve essere nuovamente controllata dopo la formazione del vuoto per poi procedere alla trazione che, sincrona con le contrazioni, deve seguire la naturale curvatura dell’asse pelvico. La rotazione dell’estremo cefalico avviene automaticamente durante la discesa, ed in nessun caso deve essere forzata da manovre improprie di rotazione esterna e trazione laterale, che possono essere causa non solo di distacco della coppetta ma anche di danni neonatali 17 . Il distacco della coppetta non deve essere considerato come un evento normale o un meccanismo di sicurezza. La rapida ricompressione che si verifica con l’improvvisa perdita del vuoto è stata infatti associata a danni dello scalpo e dei suoi vasi 13 , 17 . Il distacco si verifica con minor facilità in caso di utilizzo di coppette rigide. Di conseguenza, il limite arbitrario di 3 distacchi comunemente raccomandato prima di abbandonare la procedura potrebbe essere eccessivo nel caso si utilizzino questi

Page 12: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

ultimi dispositivi 17 , 19 . Le cause più frequenti di distacco sono riconducibili alla presenza di malposizione, deflessione, asinclitismo, all’applicazione mediopelvica dello strumento o a tentativi di estrazione prima della dilatazione completa. Lo scorretto posizionamento del dispositivo, l’util! izzo di coppette morbide e, non da ultimo, la presenza di una sproporzione feto- pelvica sono ulteriori ragioni di fallimento, mentre la presenza di caput succedaneum sembra influenzare negativamente i tassi di successo solo in caso di utilizzo di coppette morbide 9 , 17 , 19

. Anche in assenza di distacco del dispositivo, l’operatore deve abbandonare la procedura qualora non si verifichi progressione dell’estremo cefalico ad ogni trazione. Non c’è invece consenso sul numero massimo di trazioni effettuabili prima di desistere dall’applicazione. La durata e l’intensità delle forze richieste ad espletare il parto dipendono infatti da un numero svariato di fattori. L’efficacia dell’attività contrattile uterina andrà garantita prima dell’inizio della procedura con la somministrazione di ossitocici in caso di contrazioni uterine inefficaci. Il grado di collaborazione della donna e l’eventuale effetto dell’analgesia epidurale vanno tenuti in debita considerazione e corretti invitando la gestante alla collaborazione attiva durante la contrazione. La mancata esecuzione dell’epi! siotomia può inoltre prolungare la durata della fase espulsiva al piano perineale nelle nullipare.Tutti questi fattori devono essere considerati prima di abbandonare la procedura dopo le “3 trazioni” arbitrariamente entrate in uso come limite massimo di sicurezza.Vacca propone, in una “authority review” sull’argomento, di suddividere in due fasi l’estrazione con ventosa: una fase di discesa dell’estremo cefalico al pavimento pelvico ed una fase di passaggio della testa al perineo. Come regola generale, in una nullipara in analgesia epidurale, 3 trazioni per la fase di discesa e 3 trazioni al piano perineale sono considerate accettabili posto che si osservi un certo grado di progressione ad ogni trazione 17 , 19 . Quanto ai limiti di tempo totali raccomandati per l’espletamento del parto, essi variano in Letteratura tra i 15 ed i 45 minuti. Dati osservazionali hanno dimostrato che, in presenza di attività uterina e sforzi espulsivi materni adeguati, pressochè tutte le applicazioni ! di ventosa si concludono in 15 minuti. Sulla base di questo, un’applicazione che superi i 20 minuti impone di abbandonare la procedura e ricorrere al taglio cesareo 17 , 19 . Torna all'indice

Complicanze La Letteratura relativa ai rischi del parto strumentale è tanto vasta quanto contraddittoria.A confronto con il parto vaginale spontaneo, l’operatività ostetrica è sicuramente più traumatica. La quantificazione del rischio è tuttavia molto complessa, poichè gli studi clinici sull’argomento sono gravati da numerosi bias, quali il grado di esperienza dell’operatore, la variabilità territoriale ed i cambiamenti nel tempo delle definizioni e della pratica clinica, il numero spesso limitato del campione studiato e l’incapacità di raggiungere una potenza statistica adeguata a rispondere alle domande più rilevanti2. Sulla base dei dati disponibili, tuttavia, è possibile affermare che le procedure al basso scavo pelvico e all’introito appaiono relativamente sicure per il neonato, pur comportando un r! ischio aumentato di danno al canale del parto, specie nel caso di utilizzo del forcipe 2 , 5 , 19 . Il giudizio sui rischi delle procedure mediopelviche è invece, come vedremo, più problematico. Descriveremo ora brevemente le principali complicanze materne e fetali legate all’uso di forcipe e ventosa, per poi analizzare i dati della letteratura relativi al confronto dei due strumenti tra loro e di questi con il parto operativo addominale in travaglio. Complicanze Materne Il parto operativo vaginale è stato identificato come una delle variabili indipendenti in grado di causare danno al perineo ed al pavimento pelvico. Una recente metanalisi dei trials randomizzati disponibili in Letteratura ha rilevato come lesioni genitali severe si verifichino con maggiore probabilità in caso di utilizzo di forcipe rispetto al parto assistito con ventosa. Allo stesso modo, l’uso della ventosa appare associato a gradi significativamente inferiori di dolore sia durante che dopo il parto 2 , 23 . Virtualmente tutte le estrazioni con quest’ultimo strumento richiedono infatti minimi

Page 13: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

livelli di analgesia e possono essere effettuate dopo semplice infiltrazione perineale con anestetici locali, mentre per il forcipe sarebbe ideale il ricorso all’anestesia loco-regionale 19 , 23 . Lesioni del Tratto Genitale Il verificarsi di lacerazioni vagino-perineali spontanee e di estensioni dell’episiotomia è conseguenza relativamente comune del ricorso al parto strumentale. Fortunatamente di estrema rarità, per lo più legate alle manovre rotatorie con forcipe, sono le lesioni più gravi a carico della cervice e dei fornici vaginali, con possibile estensione laterale della lacerazione fino al segmento uterino inferiore e conseguente emorragia da interessamento dell’arteria uterina e/o dei suoi rami principali. Altrettanto raro è il coinvolgimento della vescica, il cui danno può causare la formazione di fistole vescico-cervicali o vescico-vaginali. In caso di utilizzo di ventosa, l’impropria applicazione della coppetta con l’incarceramento al suo interno di tessuto vaginale o cervicale può portare a lacerazioni e conseguenti emorragie severe. E’ comunque di fondamentale importanza, in tutti i casi in cui vi sia il dubbio di una lesione traumatica di tali proporzioni, il trasferimento quanto più tempestivo possibile della paziente in sala operatoria per l’esplorazione e la riparazione del danno in condizioni tecniche ottimali 9 . Relativamente meno rari sono invece i danni a carico dello sfintere anale e del tratto anorettale. Un’incidenza più elevata di lacerazioni di III° e IV° grado è stata riportata nella maggior parte degli studi per l’uso del forcipe, sebbene esse possano verificarsi anche dopo applicazione di ventosa. Il rischio risulta inoltre significativamente aumentato nei casi di utilizzo sequenziale dei due strumenti. Ancora non chiarito, inoltre, è il ruolo dell’episiotomia nel proteggere il perineo dai danni più gravi 1 , 15 ,

17 , 19 . Sequele materne a Distanza Una percentuale variabile tra il 6 ed il 10% delle donne va incontro a qualche forma di incontinenza urinaria e/o fecale dopo il parto 17 , 19 . Si ipotizza che il ricorso all’operatività vaginale possa contribuire in modo significativo all’insorgenza di tali condizioni, secondarie al danno traumatico sulla muscolatura pelvica e sulla sua innervazione. Johanson et al hanno riportato a questo proposito la presenza di sintomi urinari ed intestinali in circa il 50% delle donne sottoposte a follow-up a 5 anni di distanza dal parto operativo vaginale, con una maggiore incidenza di disturbi nei casi andati incontro a lacerazione vaginale di III°-IV° grado14. Dal momento che l’uso di forcipe è gravato da danni maggiori sul tratto genitale, ed in particolare sullo sfintere anale, si po- trebbe dunque pensare che anche le complicanze funzionali a distanza siano più frequenti per tale strumento. Benchè alcuni dati disponibili in letteratura siano a favore di tale ipotesi14,19, un recente trial randomizzato con follow-up a 5 anni non ha dimostrato tuttavia alcuna differenza tra forcipe e ventosa nel verificarsi di incontinenza urinaria e fecale1,22. Quanto al confronto tra operatività vaginale ed addominale, i dati non sono neanche in questo caso dirimenti. Parte delle discussioni in corso sul taglio cesareo “on-demand” si basa proprio sul presunto effetto protettivo del parto addominale sulla funzionalità del pavimento pelvico. Le evidenze a favore di tale effetto sono tuttavia ancora inconsistenti ed i dati della Letteratura appaiono al momento scarsi e talora in contrasto con tale ipotesi. In un’analisi con follow-up a 30 anni, infatti, Nygaard e coll. hanno riscontrato la presenza di incontinenza al flatus nel 31, 43 e 36% delle donne con una storia ostetrica rispettivamente di danno sfinteriale, episiotomia e taglio cesareo, concludendo che, indipendentemente dal tipo di parto, qualche forma di incontinenza anale si verifica in un numero sorprendentemente largo di donne di mezza età14. Alcuni Autori suggeriscono per di più la possibilità di insorgenza di disfunzione urinaria e fecale anche in seguito a taglio cesareo, sia elettivo che in travaglio. Quest’ultimo appare inoltre gravato da complicanze intra e post-operatorie superiori rispetto a quelle conseguenti il parto operativo vaginale 1 , 14 . Dati che confrontino la morbidità materna a lungo termine nelle donne sottoposte a taglio cesareo ed in quelle andate incontro a parto vaginale spontaneo e operativo sono al momento troppo scarsi per trarre conclusioni definitive. Studi randomizzati

Page 14: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

con lungo follow-up, sufficientemente larghi e che tengano conto delle possibili variabili confondenti, sono necessari per poter determinare con precisione gli effetti delle singole modalità del parto sull’outcome materno a distanza, in modo da agire nella pratica clinica sulla base di raccomandazioni scientificamente fondate. Danni Fetali

Segni da Forcipe - Traumi superficiali del volto sono comuni con l’uso del forcipe e persistono normalmente solo per breve tempo. Molto raramente una pressione eccessiva sul volto può esitare in danni cutanei o traumi al volto e al capo più severi 5 , 6 , 9 .

Lesioni Nervose - La pressione esercitata dalle cucchiaie del forcipe può essere fonte di danno traumatico del nervo facciale o, più raramente, risultare in altri danni neurologici. La risoluzione spontanea è anche in questo caso la regola. In casi fortunatamente molto rari le manovre rotatorie possono portare a lesioni del midollo spinale 5 , 6 , 9 , 14 .

“Chignon” e segni da Ventosa - Tutti i neonati estratti con ventosa esibiranno segni visibili sullo scalpo, di diversa entità, la maggior parte dei quali è transitoria e di irrilevante significato clinico per il neonato, ma spesso fonte di ansia per genitori non adeguatamente informati.Tali effetti comprendono il caput succedaneum artificiale, o chignon, che si forma per effetto del vuoto all’interno della coppetta e i segni che si creano dove i margini della coppetta si attac- cano allo scalpo. Sia lo chignon che i segni da coppetta spariscono nel giro di pochi giorni senza lasciare reliquati 17 , 19 .

Abrasioni/lacerazioni dello Scalpo - Si verificano in media nel 10% dei parti con ventosa e sono per la maggior parte superficiali e di piccole dimensioni. Esse sono per lo più correlate ad applicazioni scorrette e a trazioni intense e prolungate, nonchè al distacco della coppetta ed all’utilizzo di coppette rigide. La guarigione completa in una o due settimane di tale lesioni, anche se estese, è pressochè la regola 17 , 19 .

Traumi Oculari - Poco comuni, ma possibili, sono i danni all’occhio o alla palpebra, comunemente come conseguenza di applicazioni improprie o difficoltose di forcipe. Possibile è anche il verificarsi di emorragie retiniche, più frequenti tuttavia per l’uso di ventosa (38%) rispetto al forcipe (17%). Estremamente rare sono le sequele permanenti di questi danni, che in ogni caso richiedono un follow-up oculistico a lungo termine

2 , 5 , 17 , 19 .

Ittero neonatale - E’ stato riportato con frequenza maggiore dopo parto con ventosa rispetto al parto spontaneo e a quello con forcipe, senza tuttavia differenze significative nel ricorso alla fototerapia 19 .

Cefaloematoma - E’ una raccolta ematica che si forma nello spazio sub-periosteo e che rimane caratteristicamente confinata ad un osso cranico, dal momento che il periostio non supera le suture. Essa è pertanto usualmente di limitate conseguenze cliniche ed a risoluzione spontanea.Tale lesione, che può formarsi da diverse ore a diversi giorni dopo il parto, può complicare l’uso di forcipe (2% dei casi), ma si osserva molto più frequentemente dopo applicazione di ventosa (14-16%). Raramente, il cefaloematoma nasconde la presenza di una frattura o di altre serie lesioni craniche permanenti 17 , 19 .

Emorragia Sub-Galeale/Sub-Aponeurotica - E’ caratterizzata dalla formazione di una raccolta ematica nello spazio virtuale tra l’aponeurosi dello scalpo (galea aponeurotica) ed il periostio delle ossa craniche.Tale

Page 15: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

spazio, che si estende su tutto il cranio, può raccogliere fino a 260 ml di sangue, che rappresentano una larga parte del volume ematico del neonato.Tale evento costituisce pertanto un danno potenzialmente grave, con una letalità del 14-20%. Esso è conseguenza in più della metà dei casi dell’utilizzo di ventosa (incidenza 1-4% dei parti con ventosa), generalmente in seguito ad un’estrazione difficoltosa e prolungata e/o ad incorretta applicazione della coppetta sullo scalpo. In queste circostanze, all’applicazione della trazione la testa non segue la discesa dello scalpo, e si può determinare la separazione dell’aponeurosi dal cranio, con lacerazione dei vasi venosi sottostanti. Le complicanze più severe di tale lesione (collasso cardiocircolatorio, anemia severa, coagulopatia...) sono largamente dovute al ritardo diagnostico e, di conseguenza, terapeutico. Il pronto riconoscimento di tale condizione è quindi di fondamentale importanza nel garantire la guarigione dei neonati affetti ed è per tale ragione che tutti i neonati dovrebbero essere sottoposti ad attento esame dell’estremo cefalico subito dopo parto operativo e riesaminati ad intervalli regolari in caso di estrazione difficoltosa 19 .

Emorragia Intracranica - Le moderne tecniche di imaging hanno rivelato che tale complicanza nel neonato a termine, per quanto rara, è comunque più comune di quanto un tempo si ritenesse e può verificarsi non solo in seguito a parto operativo vaginale ma anche dopo parto vaginale spontaneo e taglio cesareo. Fattori di rischio per tale temibile evento, in caso di parto strumentale, sono rappresentati dalle estrazioni più difficoltose e prolungate, da applicazioni improprie dello strumento prescelto ma, soprattutto, dall’uso sequenziale di ventosa e forcipe. Allo stesso modo, il fallimento della procedura strumentale vaginale con successivo ricorso al taglio cesareo d’emergenza è gravato da un’aumentata incidenza di tale complicanza 2 , 19 .

Sequele a lungo termine - Conclusioni derivate da studi retrospettivi sulle supposte sequele a lungo termine del parto operativo vaginale possono risultare fuorvianti per mancanza di un adeguato gruppo di controllo. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non ci sono comunque evidenze che dimostrino un outcome peggiore per i bambini nati da parto strumentale. I dati disponibili in Letteratura sono a questo riguardo estremamente contraddittori, in particolare per quanto riguarda il possibile effetto delle diverse modalità del parto sul quoziente d’intelligenza (QI). Nel 1975, Broman e coll. utilizzando i dati del Collaborative Perinatal Project, considerando alcuni possibili confounders, trovarono valori di QI a 4 anni d’età leggermente maggiori nei bambini nati da forcipe mediopelvico rispetto a quelli nati da parto spontaneo. Pochi anni dopo, usando lo stesso database con follow-up a 7 anni d’età, Friedman e coll. ottennero risultati esattamente opposti14. In uno studio più recente che ha preso in esame l’effetto del forcipe sullo sviluppo cognitivo in una coorte di 3413 bambini, non sono state osservate differenze significative tra i 1192 bambini estratti con forcipe ed i 1499 nati da parto spontaneo23. Allo stesso modo, nessuna differenza in termini di performance scolastica, competenze linguistiche e anomalie di sviluppo neurologico è stata osservata al follow-up a 10 anni di 295 bambini nati con applicazione di ventosa confrontati con 302 controlli partoriti spontaneamente24, così come simile è risultato l’outcome a 9 mesi di età di bambini nati in seguito ad applicazione di forcipe confrontato con l’utilizzo di ventosa25. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non è dunque possibile ipotizzare alcuna relazione causale tra parto operativo vaginale e complicanze a lungo termine per il neonato.

Torna all'indice

Page 16: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

Forcipe, Ventosa o Taglio Cesareo? Riguardo alla scelta dello strumento da utilizzare, meriti e limiti di forcipe e ventosa sono stati da sempre oggetto di considerevole dibattito. L’orientamento del mondo clinico verso l’uno o l’altro strumento è stato tuttavia influenzato nel tempo da informazioni raramente di fondata evidenza scientifica, troppo spesso derivate da segnalazioni “acritiche” relative agli effetti sfavorevo- li, o, alternativamente, alla facilità e sicurezza d’uso dello strumento in causa. Ecco perchè ai primi dati apparsi in Letteratura negli anni ’60 sui supposti danni fetali correlati alla ventosa fece seguito inizialmente, specie nel mondo statunitense, un parere nettamente sfavorevole al suo utilizzo. A partire dagli anni ’70, tuttavia, l’effetto combinato del numero crescente di reports negativi sugli effetti d! el forcipe e della recente introduzione in commercio delle ventose con coppette in silicone e plastica, condusse ad un repentino capovolgimento delle tendenze cliniche, con ricorso sempre più ampio all’uso della ventosa. Quest’ultimo strumento, infatti, appariva, sulla base dei primi dati clinici e della propaganda commerciale delle nuove coppette, assolutamente sicuro per il neonato e di estrema facilità d’uso. La popolarità della ventosa continuò a crescere nelle due decadi successive, supportata da reports sempre più positivi sulla sua supposta, pressochè assoluta innocuità, mentre dubbi sulla sicurezza del forcipe, specie per le procedure mediopelviche, continuavano a crescere, alimentati non solo da dati negativi della Letteratura, ma anche dalle prime implicazioni medico-legali legate al suo utilizzo. Alle difficoltà tecniche nell’uso del forcipe, da sempre considerato un’arte di non immediato apprendimento, che necessitava pertanto di training adeguato e risultava patri! monio dell’ostetrico abile ed esperto, si contrapponeva una semplicistica propaganda della ventosa come strumento “a prova di idiota”, di facile utilizzo anche per l’ostetrico di minore abilità. L’esperienza richiesta non solo per effettuare la procedura dal punto di vista tecnico, ma anche e soprattutto per garantire un corretto giudizio clinico nella selezione delle pazienti da sottoporre al parto strumentale, così importante nell’utilizzo del forcipe, diventava per la ventosa un aspetto secondario13. Ma la percezione delle cose non sempre corrisponde alla realtà dei fatti. Non è affatto sorprendente infatti, alla luce di questa evoluzione storica del parto strumentale, il recente campanello d’allarme con il quale la Food and Drug Administration (FDA) statunitense nel 1998 ha voluto richiamare l’attenzione sui potenziali danni gravi e talora fatali derivati dall’uso sconsiderato della v! entosa, strumento per nulla innocuo e tutt’altro che a prova d’idiota. Negli anni tra il 1994 ed il 1998, la FDA indicava infatti la segnalazione di 12 morti e 9 casi di lesioni severe in neonati nati da estrazione con ventosa, un numero significativamente superiore rispetto ai 4 decessi e ai 5 casi di danno severo riportati negli 11 anni precedenti. Questi dati sono certamente in parte imputabili all’aumento nel numero di segnalazioni ed al più largo uso dello strumento rispetto al passato, ma, nonostante il tasso assoluto di complicanze gravi rimanga relativamente basso, devono servire a riconsiderare criticamente la nostra pratica clinica.A conclusione della segnalazione l’FDA raccomanda infatti che l’uso della ventosa sia riservato a specifiche indicazioni ed affidato a personale esperto, con un training adeguato2,13,26. E soprattutto, per citare letteralmente le conclusioni a cui già nel 1962 Aguero ed Alvarez erano giunti nel commentare i risultati dell’utilizzo di tale strumento nella realtà venezuelana,“ non dobbiamo pensare che la ventosa possa essere utilizzata come sostituto indiscriminato del forcipe, e che possa sostituirlo in quelle circostanze in cui il forcipe non è indicato” 13 . Quanto al forcipe, anche in questo caso il processo storico che ha portato in alcune realtà alla sua “quasi demonizzazione” dovrebbe essere rivisto criticamente. Sulla base dei dati attualmente a nostra disposizione, è possibile affermare che le procedure al basso scavo ed all’introito sono relativamente innocue per il neonato5. Non altrettanto semplice è il giudizio sulle applicazioni mediopelviche e sulle manovre che richiedano rotazione > 45°. Tuttavia, nonostante la presenza di dati in Letteratura che documentano gravi danni fetali legati a tali procedure, una lettura attenta e corretta degli studi disponibili sull’argomento, che tenga in considerazione le condizioni fetali e le indicazioni all’intervento e che confronti il forcipe con la principale alternativa disponibile in tra! vaglio, cioè il taglio cesareo, non sembrerebbe supportare tale ipotesi 2 , 5 , 1 . Nel 1979, Chiswick e James pubblicarono una serie di casi, non controllata, che suggeriva un alto tasso di

Page 17: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

morbidità neonatale ed una morbidità del 34.9/1000 per i nati da forcipe di Kielland

27 . Successivamente, due studi che hanno messo a confronto il ricorso al forcipe mediopelvico con il taglio cesareo, non hanno invece dimostrato differenze nei tassi di complicanze neonatali (bassi Apgar scores e pH alla nascita, ricovero in terapia intensiva neonatale, lesioni traumatiche), a fronte di un aumento della morbidità materna (complicanze intra e postoperatorie, perdita ematica, tempi di ricovero più lunghi) nel gruppo sottoposto a cesareo 28 , 29 . Dati in accordo con questi ultimi lavori sono apparsi negli anni più recenti30,31,32. Allo stesso modo, le analisi retrospettive caso-controllo a nostra disposizione sul follow-up a lungo termine di questi neonati, non sembrano indicare differenze! di outcomes tra forcipe mediopelvico, estrazione con ventosa e taglio cesareo 33 , 34 . Alla luce di quanto discusso, e in accordo con quanto recentemente concluso dall’ACOG, si può affermare che esiste ancora un ruolo nella moderna ostetricia per le procedure mediopelviche con forcipe.Tuttavia, viste le potenziali complicanze legate a tali procedure, esse vanno riservate solo al personale di provata esperienza nell’effettuare tali manovre e solo ai casi in cui la valutazione materna e fetale precedente la procedura suggerisca alte chances di successo2,1. Resta comunque da risolvere il problema del training in tali manovre, tanto più rilevante per le procedure mediopelviche con forcipe, la cui esecuzione richiede perfette abilità cliniche nella valutazione feto-materna ed il ricorso ad una tecnica corretta di applicazione e di rotazione/trazione. In passato tali abilità veniva! no formate attraverso un training strutturato e controllato, che permetteva di tramandare l’esperienza di generazione in generazione, in modo da fornire alternative valide al taglio cesareo. Negli ultimi due decenni il numero di parti operativi vaginali a livello mediopelvico, ed in particolar modo il numero di queste procedure effettuate con forcipe, è progressivamente diminuito. In una recente indagine effettuata tra i programmi di residency in ostetricia nordamericani e canadesi, il 95% dei programmi offriva istruzione nelle procedure di operatività ostetrica vaginale, ma nella maggior parte dei casi i parti operativi erano meno del 10% del totale. Per di più, procedure mediopelviche venivano insegnate solo nel 65% dei casi. E’chiaro che, se le procedure mediopelviche non vengono effettuate con opportuna frequenza, è impossibile garantire un training adeguato che permetta al futuro ostetrico di ricorrervi con relativa si- curezza. E questo non è il solo problema. Forse ancora! più importante è lo scarso numero di ostetrici attualmente in grado di istruire le nuove generazioni su tali procedure, in modo da perpetuarne la pratica clinica5. E se queste considerazioni valgono per il Nord-America, cosa dire dell’Italia, terra in cui la “tradizione” del forcipe probabilmente si è già da tempo estinta e gli operatori in grado di effettuare procedure mediopelviche sono ormai poche “mosche bianche”? E terra in cui certamente i programmi di training non eccellono nella formazione pratica dei futuri operatori...Se quindi, nella teoria, il posto per le procedure mediopelviche con forcipe esiste ancora, nella pratica esso è al momento confinato alle abilità di una minoranza di ostetrici e in futuro destinato probabilmente all’estinzione. Tornando al dibattito sullo strumento da utilizzare, tutti questi decenni di storia ostetrica e di Letteratura sull’argomento ci hanno lasciato con conclusioni tutt’altro che definitive. Non ci sono dati che supportino l’ipotesi che la ventosa sia più sicura per il feto del forcipe. Il database del Cochrane ci viene solo marginalmente in aiuto. Una meta-analisi di 9 trials randomizzati, per un totale di 2849 casi, pubblicata da quest’ultimo sull’argomento dimostra infatti che la ventosa è gravata da un tasso significativamente maggiore di fallimento rispetto al forcipe (ma non da un aumento del numero di cesarei), che essa è associata ad una significativa maggiore incidenza di danni fetali, quali cefaloematoma ed emorragie retiniche (che però sappiamo essere lesioni transitorie), così come a magg! iori preoccupazioni da parte della madre sul benessere del neonato. Non ci sono invece differenze tra forcipe e ventosa nei punteggi di Apgar e nella morbidità neonatale. Per converso, a favore della ventosa è il suo migliore impatto sulla donna. Essa infatti è significativamente associata ad un minor ricorso all’uso di anestesia regionale/generale durante la procedura e a gradi meno severi di dolore durante e dopo il parto.Traumi vagino-perineali severi sono inoltre significativamente meno probabili per l’uso di ventosa21.Tale effetto vantaggioso sull’outcome materno ha portato alcuni Autori a

Page 18: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

suggerire quest’ultima come strumento di prima scelta. Ma sono questi i dati rilevanti per guidare la nostra scelta? In realtà, purtroppo, la meta-analisi non risponde alle domande sugli outcomes più importanti. Nulla ci dice sulle differenze a lungo termine nella funzionalità del tratto genito-urinario ed ano-rettale materno. I danni neonatali severi si sono dimostrati poco comuni s! ia per il forcipe che per la ventosa. Verosimilmente, la scarsa numerosità del campione studiato non ha tuttavia permesso di rivelare eventuali differenze tra i due strumenti a questo riguardo. Proprio questi dati, sulla morbidità materna a distanza e sulla morbidità grave e mortalità neonatale, sono i più rilevanti ai fini della nostra scelta clinica. A questo proposito ci viene in aiuto una recente analisi retrospettiva di popolazione pubblicata su BMJ pochi mesi fa15. La coorte di neonati studiata è stata in questo caso di dimensioni veramente ampie (11.639.388 neonati partoriti negli USA tra il 1995 ed il 1998 e 375.351 neonati partoriti in New Jersey tra il 1989 ed il 1993). L’incidenza di complicanze fatali / severe (IVH, morte neonatale, necessità di ventilazione meccanica e difficoltà di alimentazione) si è dimostra- ta sovrapponibile nei neonati partoriti con forcipe e ventosa. Quest’ultima è risultata associata ad un rischio lievemente inferiore di lacerazioni perineali di III e IV grado, ma ad un rischio aumentato di emorragia post-partum e distocia di spalla. Di rilevanza fondamentale è inoltre l’osservazione che l’uso sequenziale ! di ventosa e forcipe o il ricorso al taglio cesareo dopo fallimento del parto strumentale vaginale sono gravati da tassi di complicanze severe e di mortalità significativamente superiori. Ancora più interessanti sono i risultati di uno studio che ha valutato retrospettivamente l’incidenza di danno neonatale severo in una coorte di 83340 neonati nati in California tra il 1992 ed il 1994 da gravide nullipare. Suddividendo il campione sulla base della modalità del parto, il tasso più basso di complicanze gravi/fatali veniva riscontrato per i nati da parto vaginale spontaneo. Un rischio intermedio veniva osservato per i neonati estratti con forcipe o ventosa e per quelli nati da taglio cesareo in travaglio, mentre il rischio più elevato di danno veniva ancora una volta riscontrato nel gruppo di neonati estratti con l’utilizzo combinato di due strumenti e in quelli nati da taglio cesareo dopo fallimento dell’estrazione strumentale. Quello che è più interessante notare è che l’analisi dei dati non solo non mostrava alcuna differenza nelle complicanze neonatali severe tra forcipe e ventosa ma anche e soprattutto che l’operatività vaginale era gravata dallo stesso rischio di danni gravi e di mortalità del taglio cesareo in travaglio.Tali danni, da sempre ritenuti conseguenza del ricorso al parto strumentale, potrebbero in realtà dipendere dal travaglio stesso, il cui decorso disfunzionale e prolungato porta alla necessità di intervento, qualunque esso sia16. Benchè condotto su una larga popolazione, ovvia limitazione di questo studio è la raccolta retrospettiva dei dati, con i possibili bias che questa comporta, compresa l’assenza di precise informazioni sulle caratteristiche dei parti operativi vaginali. Nonostante ciò, tuttavia, esso è fondamentale nel suggerire che il danno neonatale può verificarsi prima del ricorso al parto operativo come risultato di forze anomale le! gate a travagli distocici e che non tutte le lesioni neonatali sono frutto di carenze tecniche dell’operatore 2 . Per tornare quindi alla nostra domanda iniziale: quale deve essere nell’ostetricia moderna lo strumento di scelta: il forcipe o la ventosa? O non è forse, per citare testualmente il commento di Drife sull’argomento, “che il dibattito forcipe-ventosa finisce per distrarci dall’interrogarci sulla questione più importante? Ci sono troppi (o troppo pochi n.d.r.) parti operativi vaginali? Qual’è il loro posto nell’ostetricia di questo secolo appena iniziato? Non dovremmo forse spostare la nostra attenzione sul vero dibattito, quello tra parto strumentale e taglio cesareo?”35. E se questo è il dibattito da affrontare, quali sono a questo riguardo i punti fermi? Pochi, se non nessuno, è ancora una volta la risposta. Se infatti, nella necessità di ricorrere al parto operativo, la scelta del taglio cesa! reo è pressochè ovvia nei casi di mancato impegno della parte presentata così come altrettanto ovvio è il ricorso al parto strumentale vaginale nei casi di distress fetale con estremo cefalico al basso scavo pelvico, non esistono verità incontrovertibili che guidino la scelta della modalità del parto nei casi in cui la parte presentata sia a livello pelvico medio. Finchè non saranno disponibili studi randomizzati che tengano conto degli outcomes fetali e di

Page 19: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

quelli materni sia a breve che lungo termine, nonchè del grado di soddisfazione materna, la scelta rimane affidata ad un’attenta valutazione della situazione clinica ed alle abilità tecniche e preferenze del singolo operatore. Torna all'indice

Raccomandazioni Dal bollettino ACOG del 2001 2 sull’operatività vaginale, dai suggerimenti di voci autorevoli 5 , 19 e da quanto esposto in questa rassegna sull’argomento è possibile trarre alcune raccomandazioni fondamentali, in parte legate alle evidenze disponibili, in parte logica conseguenza del buon senso che mai come in quest’ambito dell’ostetricia dovrebbe guidare la scelta clinica. Innanzitutto, va ribadito ancora una volta che il ricorso al parto operativo strumentale deve essere la conseguenza di un processo clinico e decisionale che, dopo aver vagliato attentamente le condizioni materne e fetali ed le informazioni derivanti dall’esame clinico, nonchè il proprio grado di confidenza con le manovre da effettuare, porti l’operatore a scegliere la modalità del parto più sicura e vantaggiosa per la madre ed il futuro nascituro. È fondamentale che gli operatori conoscano le caratteristiche tecniche e le modalità di utilizzo corretto degli strumenti, al fine di garantirne un uso ottimale. Dal momento che le complicanze più gravi tanto per la donna che per il neonato sono significativamente più probabili in caso di insuccesso del parto strumentale con successivo ricorso al taglio cesareo e nei casi di utilizzo successivo di ventosa e forcipe, al fine di evitare tali evenienze è fondamentale non ricorrere all’operatività vaginale quando la probabilità di successo sia scarsa. Il “trial” di parto strumentale è una procedura accettabile solo nelle mani di operatori di alta esperienza, qualora la probabilità di successo sia giudicata elevata e sia possibile ricorrere immediatamente al taglio cesareo in caso di fallimento. Il parto operativo vaginale non è controindicato nei casi di sospetta macrosomia o travaglio prolungato.Tuttavia va usato cautela in questa circostanza per l’aumentato rischio di distocia di spalla. Nel caso in cui si opti per l’estrazione strumentale, sia il forcipe che la ventosa sono accettabili e sicuri nelle mani di operatori sufficientemente familiari con il loro utilizzo. L’esperienza e le attitudini del singolo operatore determineranno ancora una volta la scelta dello strumento più appropriato nelle singole circostanze. In caso di utilizzo di ventosa, l’operatore dovrebbe tentare di ridurre al minimo i tempi di durata dell’applicazione dello strumento, poichè il rischio di cefaloematoma aumenta per intervalli prolungati. E’ da considerarsi appropriato il ricorso e l’insegnamento di procedure che utilizzino il forcipe per manovre rotatorie ed al medio scavo pelvico, purchè esse vengano effettuate in presen- za di condizioni cliniche adeguate e da operatori esperti in tali manovre. Nei casi di parto operativo, il personale che si prenderà cura del neonato deve essere adeguatamente informato sulle modalità del parto al fine di individuare precocemente e trattare le eventuali complicanze. Torna all'indice

Conclusioni Non ci sono aspetti della gravidanza che siano totalmente privi di rischi per la madre ed il feto. Il momento di maggior rischio è proprio quello del travaglio e del parto. Compito dell’ostetrico è quello di guidare la donna in questo percorso, soppesando sempre rischi e benefici di ogni singola situazione e formulando un piano d’azione che garantisca il miglior outcome possibile. Il processo del parto è certamente una delle

Page 20: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

sfide più difficili che l’ostetrico si trova ad affrontare, spesso con decisioni che richiedono tempi di reazione molto brevi. Quando tali decisioni prevedono l’intervento, il parto operativo vaginale rimane ancor oggi un’alternativa sicura qualora la scelta delle candidate sia appropriata e lo strumento prescelto correttamente utilizzato da mani esperte. Se si ritiene che la probabilità di successo del parto vaginale sia bassa, o se la confidenza dell’operatore con le procedure da effettuare è scarsa, il taglio cesareo è probabilmente l’opzione più adeguata.Va tuttavia sottolineato che quest’ultimo non è privo di complicanze, sia materne che fetali, e tali considerazioni vanno messe sul piatto della bilancia al momento della scelta. E’ chiaro quindi che il parto vaginale operativo è ancora un’opzione importante nella pratica ostetrica. Se tuttavia vogliamo che rimanga tale anche in futuro, è imperativa la programmazione di un training sistematico del personale in formazione al fine non solo di mantenere, attraverso una corretta formazione, la sicurezza di tali procedure, ma anche di garantire il “tramandarsi” dell’arte ostetrica che in caso contrario è destinata irrimediabilmente a rimanere patrimonio del passato. Torna all'indice

Bibliografia

1. Patel R, Murphy D. Forceps delivery in modern obtetric practice. BMJ 2004;328: 1302-1305.

2. Operative vaginal delivery. ACOG practice bullettin 2000: No 17. Int J Gynecol Obstet 2001; 74: 69-76.

3. Royal College of Obstetricians and Gynaecologists. Instrumental vaginal delivery. London: RCOG 2000 (Clinical Green Top Guidelines n°26).

4. Parazzini F, Cortinovis I, Restelli S, Bortolus R,Tozzi L.Vaginal operative deliveries in Italy. Acta Obstet Gynecol Scand 1994; 73: 698-700.

5. O’Grady JP, Pope CS, Hoffman DE. Forceps delivery. Best Pract Res Clin Obstet Gynaecol 2002; 16: 1-16.

6. Baskett TF, Arulkumaran S. Assisted vaginal delivery in: Intrapartum care for the MRCOG and beyond. RCOG press 2002. London.

7. Gei AF, Belfort MA. Forceps-assisted vaginal delivery. Obstet Gynecol Clin North Am 1999; 26: 345-70 Atti 216-313 7-11-2004 16:20 Pagina 312-313.

8. American College of Obstetricians and Gynecologists. Committe on Obstetrics: maternal and fetal medicine. Obstetric forceps. Commette opinion no. 59.Washington, DC: ACOG, 1988.

9. Chamberlain G, Steer P.Turnbull’s Obstetrics.Third edition. Churchill Livingstone 2002 London.

10. Park JS, Robinson JN, Norwitz ER. Rotational forceps: should these procedures be abandoned? Seminars in Perinatology 2003; 27 (1): 112-120.

11. Albers LL, Schiff M, Gorwoda JD. The lenght of active labour in normal pregnancies. Obstetrics and Gynecology 1996; 87: 355-359.

12. Meticoglou SM, Manning F, Harman C, Morrison I. perinatal outcome in relation to second stage duration. AJOG 1995; 173: 906-912.

13. Castro MA, Hoey SD,Towner D. Controversies in the use of vacuum extractor. Seminars in perinatology 2003; 27 (1): 46- 53.

14. Cunningham F, MacDonald P, Grant N, Leveno KG, Gilstrap LI, Hankins G, et al. William’s Obstetrics, 21 ed. New York, NY: McGraw-Hill, 2001.

15. Demissie K, Rhoads GG, Smulian JC, Balasubramanian BA, Gandhi K, Joseph KS, Kramer M. Operative vaginal delivery and neonatal and infant adverse outcome: population based retrospective analysis. BMJ 2004; 329: 1-6.

16. Towner D, Castro MA, Eby-Wilkens E, Gilbert WM. Effect of mode of delivery in nulliparous women on neonatal intracranial injury. NEJM 1999; 341: 1709- 1714.

17. Vacca A.Vacuum-assisted delivery. Best Pract Res Clin Obstet Gynaecol 2002; 16: 17-30.

Page 21: PARTO VAGINALE  · PDF filePARTO VAGINALE STRUMENTATO,VENTOSA,FORCIPE Introduzione L’incremento del tasso di cesarei registrato a livello mondiale nell’ultimo decennio

18. Putta LV, Spencer JP. Assisted vaginal delivery using the vacuum extractor. Am Fam Physician 2000; 62: 1316-20.

19. Vacca A. Handbook of vacuum delivery in obstetric practice. 2003 Vacca research. Brisbane.

20. Johanson R, Menon V. soft versus rigid vacuum extractor cups for assisted vaginal delivery. The Cochrane library, Issue 2. Oxford 200.

21. Johanson RB, Menon V.Vacuum extraction versus forceps for assisted vaginal delivery. Cochrane Database Syst Rev 2000.

22. Johanson RB, Heycock E, Carter J, Sultan AH. Maternal and child healt after assisted vagianl delivery: five-year follow-up of a randomised controlled study comparing forceps and ventouse. BJOG 1999; 106: 544-549.

23. Wesley BD, van der Berg BJ, Reece EA.The effect of forceps delivery on cognitive development. Am J Obstet Gynecol 1993; 169: 1091-95.

24. Ngan HY, Miu P, Ko L, Ma HK. Long term neurological sequelae following vacuum extractor delivery. Aust N Z J Obstet Gynaecol 1990; 30: 111-14.

25. Carmody F, Grant A, Mutch L,Vacca A, Chalmers I. Follow up of babies delivered in a randomized controlled comparison of vacuum extraction and forceps delivery. Acta Obstet Gynecol Scand 1986; 65: 763-766.

26. Center for devices and radiological healt. FDA Public Healt Advisory: need for caution when using vacuum assisted delivery devices. May 21, 1998. Available at http//:www.fda.gov/cdrh/fetal598html. Retrieved december 21, 1999.

27. Chiswick ML, James DK. Kielland’s forceps: association with neonatal morbidity and mortality. BMJ 1979; 1: 7-9.

28. Bashore RA, Phillips WH, Brinkman CR. A comparison of the morbidity of midforceps and cesarean delivery. AJOG 1990; 162: 1428-1434.

29. Traub AI, Morrow RJ, Ritchie JW, Dornan KJ. A continuing use for Kielland’s forceps? BJOG 1984; 91: 894-898.

30. Hinton L, Ong S, Danielian PJ. Kielland’s forceps delivery - quantification of neonatal and maternal morbidity. Int J Gynecol Obstet 2001; 74: 289-291.

31. Murphy DJ, Liebling RE,Verity L. Early maternal and neonatal morbidity associated with operative delivery in second stage of labour: a cohort study. Lancet 2001; 358: 1203-1207.

32. Hankins GDV, Leicht T,Van Hook J.The role of forceps rotation in maternal and neonatal injury. AJOG 1999; 180: 231-234.

33. Dierker LJ, Rosen MG,Thompson K, Lynn P. Midforceps deliveries: long term oucome of infants. AJOG 1986; 154: 764-768.

34. Nilsen ST. Boys born by forceps and vacuum extraction examined at 18 years of age. Acta Obstet Gynecol Scand 1984; 63: 549-554.

35. Drife JO. Choice and instrumental delivery. BJOG 1996; 103: 608-11.

Back