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Parrocchia “Santa Domenica V. e M.” Torre di Ruggiero QUARESIMA 2015 SUSSIDIO PER LA CATECHESI E LA LITURGIA a cura di don Ferdinando Fodaro IL TESTO VUOLE AIUTARE LA COMUNITA’ E GLI OPERATORI A VIVERE IL TEMPO QUARESIMALE E RIFLETTERE SUI TEMI DEL V CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE DI FIRENZE Sulla via della Croce verso la Resurrezione per diventare uomini nuovi

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Parrocchia “Santa Domenica V. e M.”

Torre di Ruggiero

QUARESIMA

2015  

 

 

 

 

 

 

 

SUSSIDIO PER LA CATECHESI E LA LITURGIA

a cura di don Ferdinando Fodaro

IL TESTO VUOLE AIUTARE LA COMUNITA’ E GLI OPERATORI A VIVERE IL TEMPO QUARESIMALE E RIFLETTERE SUI TEMI DEL

V CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE DI FIRENZE

Sulla via della Croce

verso la Resurrezione per diventare uomini nuovi

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INTRODUZIONE

La Quaresima è il tempo liturgico in cui il cristiano si prepara, attraverso un cammino di penitenza e conversione, a vivere in pienezza il mistero della morte e risurrezione di Cristo, celebrato ogni anno nelle feste pasquali, evento fondante e decisivo per l'esperienza di fede cristiana. Essa si articola in cinque domeniche, dal Mercoledì delle Ceneri alla Messa della "Cena del Signore" (esclusa). Il colore liturgico di questo tempo è il viola, è il colore della penitenza, dell'umiltà e del servizio, della conversione e del ritorno a Gesù.

Il cammino quaresimale è: • un tempo battesimale, in cui il cristiano si prepara a ricevere il sacramento del Battesimo o a ravvivare nella propria esistenza il ricordo e il significato di averlo già ricevuto; • un tempo penitenziale, in cui il battezzato è chiamato a crescere nella fede, "sotto il segno della misericordia divina", in una sempre più autentica adesione a Cristo attraverso la conversione continua della mente, del cuore e della vita, espressa nel sacramento della Riconciliazione.

La Chiesa, facendo eco al Vangelo, propone ai fedeli alcuni impegni specifici: • ascolto più assiduo della parola di Dio: la parola della Scrittura non solo narra le opere di Dio, ma racchiude una efficacia unica che nessuna parola umana, pur alta, possiede; • preghiera più intensa: per incontrare Dio ed entrare in intima comunione con lui, Gesù ci invita a essere vigilanti e perseveranti nella preghiera, 'Per non cadere in tentazione" (Mt 26,41); • digiuno ed elemosina: contribuiscono a dare unità alla persona, corpo e anima, aiutandola a evitare il peccato e a crescere nell'intimità con il Signore; aprono il cuore all'amore di Dio e del prossimo. Scegliendo liberamente di privarci di qualcosa per aiutare gli altri mostriamo concretamente che il prossimo non ci è estraneo.

La quaresima di quest’anno si inserisce a pieno nel cammino della Chiesa italiana che si sta preparando a celebrare il V Convegno Ecclesiale (che si svolgerà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015). Il Convegno affronterà i cambiamenti culturali e sociali che caratterizzano questo nostro tempo e che incidono sempre più nella mentalità e nel costume delle persone, sradicando a volte principi e valori fondamentali per l’esistenza personale, familiare e sociale. Questi cambiamenti incidono soprattutto sul rapporto che ciascuno di noi ha con il Signore. E allora, è necessario un tempo per ricomprendere le ragioni della nostra fede per trovare la forza e le vie guste per comunicarle agli uomini del nostro tempo.

L’atteggiamento che deve ispirare la riflessione è quello a cui richiama quotidianamente papa Francesco: leggere i segni dei tempi e parlare il linguaggio dell'amore che Gesù ci ha insegnato. Solo una Chiesa che si rende vicina alle persone e alla loro vita reale, infatti, pone le condizioni per l’annuncio e la comunicazione della fede.

Questo sussidio si serve delle cinque parole che guidano la riflessione in preparazione al Convegno di Firenze e offre:

Un contributo alla catechesi dei bambini che dovrà essere mediato dai catechisti. Una pista di Catechesi che tutta la comunità vivrà il Venerdì a conclusione della Via

Crucis. L’animazione liturgica durante la messa domenicale.

Certo che questo strumento ci farà crescere nella fede in Cristo e nell’amore alla Chiesa, vi auguro buon cammino e vi benedico.

Sac. Ferdinando Fodaro

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Mercoledì delle Ceneri Ai piedi dell’altare è posto il logo di Firenze2015 Subito dopo il saluto il sacerdote (o un animatore pastorale) presenta il logo:

Con l’austero rito delle Ceneri, accogliamo oggi la Quaresima, cammino della Chiesa verso la Pasqua. Inizia il tempo favorevole per la nostra conversione, quella vera, che coinvolge il cuore nel profondo e si traduce in un ritorno a Dio fatto di decisioni concrete. Celebriamo questa Eucaristia che è simbolo della nostra volontà di intraprendere il cammino quaresimale verso la notte della risurrezione, notte che ci vedrà pienamente rinnovati in Cristo morto e risorto. Con questa Quaresima ci mettiamo in cammino con la Chiesa italiana che si prepara al quinto Convegno Ecclesiale Nazionale che si terrà nel prossimo Novembre a Firenze. Il tema: “In Cristo Gesù il nuovo umanesimo” vuole invitare tutti a riflettere sull’uomo, che è la via centrale della Chiesa e dell’annuncio del vangelo. Vogliamo dedicare questo tempo quaresimale a riscoprire la nostra umanità così tanto amata da Dio da sacrificare il proprio figlio sulla croce! L’impegno in questa quaresima sarà quello di andare verso le “periferie”, fuori da noi stessi, riscoprendo in chi ci è accanto l’uomo, nostro fratello in Cristo Gesù.

PREGHIERA DEI FEDELI

C – Fratelli e sorelle, invochiamo misericordia, consolazione e pace per la Chiesa e per il mondo.

L - Preghiamo insieme cantando [dicendo]: Kyrie, eleison!

1. Per la Chiesa di Cristo ed i suoi Pastori: riscoprendosi sempre bisognosi di penitenza, sappiano percorrere, nella docilità alla Parola di Dio, l’itinerario quaresimale della pre-ghiera, della penitenza e della carità per attuare la conversione a Dio e la riconciliazione con i fratelli; preghiamo.

2. Per tutti i cristiani: avvertano l’esigenza di rinnovarsi nella mentalità e nelle opere quotidiane della vita, reagendo con fermezza al disimpegno morale e sociale delle coscienze, delle volontà e dei cuori; preghiamo.

3. Per l’umanità di oggi: il costante invito quaresimale alla riconciliazione spinga i popoli al dialogo per risolvere i drammi non con la ferocia della guerra, ma con l’opera edificatrice della pace; preghiamo.

4. Per quanti con ferocia alzano la mano come Caino per colpire i fratelli: depongano le armi, smettano di diffondere il terrore tra i popoli e aprano il loro cuore alla conversione verso l’unico vero Dio amante della vita Padre di Misericordia; preghiamo.

5. Per i poveri e i sofferenti: ricevano il conforto dell’aiuto fraterno e partecipino con gioia al cammino di speranza del popolo di Dio; preghiamo.

6. Per quanti sono vittime della corruzione e delle ingiustizie della società, per quanti non hanno un lavoro: questo itinerario verso la Pasqua li consoli e infonda in loro la speranza in un futuro migliore; preghiamo.

7. Per questa nostra Comunità parrocchiale: la Quaresima sia occasione propizia per riscoprire la Parola del Signore come messaggio di salvezza per ogni persona e giungere così rinnovata, alla celebrazione della Pasqua; preghiamo.

C – O Dio, Padre di misericordia, guarda con benevolenza i tuoi figli, accogli il nostro impegno di conversione e ravviva in noi la grazia del Battesimo. Per Cristo nostro Signore. T - Amen.

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1ª Domenica di Quaresima 22 febbraio 2015

USCIRE

Introduzione alla celebrazione: celebriamo oggi la domenica delle tentazioni. Se Gesù vince le tentazioni per ogni uomo, è anche vero che tanti uomini incappano nelle tentazioni. Le tentazioni lo prendono e lo lasciano a terra stramazzato, mezzo morto; d’altra parte ci sono altri uomini che si lasciano vincere dalla tentazione del chiudersi in se stessi. Spesso possono trovare nella chiesa quasi un riparo per non impegnarsi nel mondo.

Gesù vince le tentazioni ed esce verso la Galilea per proclamare a tutti gli uomini la buona notizia. Chiediamo in questa eucaristia di far nostra la prima via che ci propone il Convegno di Firenze: USCIRE. Usciamo anche noi dalle chiese, vinte le tentazioni e arricchiti dall’incontro che abbiamo avuto con Gesù, per portare ad ogni uomo l’annuncio di liberazione.

Contributo alla catechesi dei bambini 

Ecco di nuovo la Quaresima:Quaresima deriva dal latino e significa quaranta. Infatti dura 40 giorni; così come i 40 giorni trascorsi da Gesù nel deserto, come i 40 giorni di Mosè sulla montagna, i 40 anni trascorsi dal popolo di Dio nel deserto prima di entrare nella Terra promessa, e i 40 giorni del diluvio universale. È tempo di conversione, di penitenza e di preghiera sull’esempio dei quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto. Durante la Quaresima il colore liturgico è quello viola. Nella Messa non si recita il Gloria l’Alleluia. I gesti che caratterizzano la quaresima sono :  

Preghiera; dobbiamo pregare di più in questo periodo. Digiuno; rinunciare a qualche dolce oppure guardare meno i cartoni, giocare meno con i

videogiochi per aiutare mamma e papà o fare compagnia alle persone sole. Carità; cioè pensare che ci sono persone meno fortunate di noi e che con una piccola

rinuncia le possiamo aiutare

Spunti per la riflessione dei catechisti: La quaresima ci restituisce la possibilità di vivere nel mondo e di affrontarlo con lo spirito di

chi sta nel deserto, di ascoltare la Parola di Dio per poter testimoniare il suo amore nelle nostre giornate. Dobbiamo capire la strada che Gesù ci chiede di percorrere. Sappiamo che dietro a Gesù inizia lenta-mente, ma in modo inesorabile: è una salita. Il Vangelo di Marco non descrive quali sono state le tentazioni di Gesù, ci piace pensare che siano state simili alle nostre. Non dobbiamo preoccuparci delle cose su cui potremmo cadere lungo la via; il vero problema è conoscere il modo con cui combattere il tenta-tore. Non dobbiamo preoccuparci di che cosa possiamo fare, ma dobbiamo contare sull’aiuto di Chi potrà rialzarci. Anche noi, come Gesù, percorriamo il deserto che dovrebbe rivelare la nostra natura profonda di viandanti e la Quaresima è il momento e l’occasione propizia per nuovi atteggiamenti di ami-cizia, di benevolenza, di conversione, di chi pensa bene del prossimo, di chi si fa aiuto concreto. Per fare tutto ciò, oltre che molta fede, ci vuole un atto di coraggio. Digiuniamo da tutto ciò che ci distrae dal Signore e ci fa ripiegare su noi stessi. Sappiamo che dietro a Gesù siamo su una strada, tuttavia ab-biamo bisogno di fratelli e sorelle che ci stiano vicini, che rendano il nostro cammino meno difficile. Questi quaranta giorni siano un tempo favorevole per la nostra conversione, un impegno concreto per far tacere ogni voce che ci allontana da Dio. Ricordiamoci che questo cammino fatto insieme ai fratelli nella Chiesa e nella famiglia è sostenuto e rafforzato da Gesù, Pane Vivo nell’Eucarestia.

Quali sono le cose che ci impediscono di seguire Gesù e dalle quali voglia-mo digiunare?

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Traccia per la Catechesi parrocchiale:

Una comunità “in uscita”

(Genesi 12, 1) Il Signore disse ad Abram: «Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore. Dalla traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, pp. 46 - 47

L’insistenza con cui papa Francesco invoca una Chiesa «in uscita» s’intreccia con il cammino compiuto in Italia sulla strada della conversione pastorale e di una prassi missionaria: «La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. [...] Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. [...] Trova il modo per far sì che la Parola si incarni in una situazione concreta e dia frutti di vita nuova, benché apparentemente siano imperfetti o incompiuti» (Evangelii gaudium 24). Sorge la domanda: come mai, nonostante un’insistenza così prolungata sulla missione, le nostre comunità faticano a uscire da loro stesse e ad aprirsi? Il rischio di un’inerzia strutturale, della semplice ripetizione di ciò cui siamo abituati è sempre in agguato. Gli obiettivi per le azioni delle nostre comunità non possono essere predeterminati o delegati alle tante istituzioni create al servizio della pastorale. Piuttosto, devono essere il frutto di un discernimento dei desideri dell’uomo operato dalle medesime comunità e dell’impegno per farli germinare. Liberare le nostre strutture dal peso di un futuro che abbiamo già scritto, per aprirle all’ascolto delle parole dei contemporanei, che risuonano anche nei nostri cuori: questo è l’esercizio che vorremmo compiere al Convegno di Firenze. Ascoltare lo smarrimento della gente, di fronte alle scelte drastiche che la crisi globale sembra imporre; raccogliere, curare con tenerezza e dare luce ai tanti gesti di buona umanità che pure in contesti così difficili sono presenti, disseminati nelle pieghe del quotidiano. Offrire strumenti che diano lucidità ma soprattutto serenità di lettura, convinti che, anche oggi, i sentieri che Dio apre per noi sono visibili e praticati.

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2ª Domenica di Quaresima 1 marzo 2015 

ANNUNCIARE Introduzione alla celebrazione: celebriamo la domenica della Trasfigurazione: si sale sul monte dove Gesù ci illumina, ma poi siamo invitati a scendere per poter riuscire a guardare con occhi nuovi la realtà, per scoprire chi ci è accanto. La seconda via che ci propone il Convegno di Firenze è: ANNUNCIARE. L’annuncio nella nostra vita comincia già nel sentirci inviati giù verso gli uomini e non verso la nostra bella e tranquilla tenda. Chiediamo in questa eucaristia di contemplare Gesù sul monte per riconoscere che la nostra esistenza è preziosa ai suoi occhi e donata ai nostri fratelli: siamo invitati a ri-appezzare il dono della vita.

Spunti per la riflessione dei catechisti:

Nella vita di ciascuno c’è un ”monte“ sul quale siamo saliti, grazie al quale ab-biamo fatto un’esperienza, trasfigurandoci. Tutti abbiamo bisogno di trasfi-gurarci non da soli, ma alla luce di quel Gesù che chiede di seguirLo senza tante spiegazioni, come hanno fatto Pietro, Giacomo e Giovanni. La decisione quaresimale sta tutta qui: nel credere che accogliendo la Parola di Gesù possiamo diventare uomini diversi, vincere il male e fare il bene. Dobbiamo se-guirLo fin sopra quell’alto monte: l’altezza che è sintomo di fatica, di salita, di cammino fatto insieme. La vita di tutti è segnata da una salita, da un ripen-samento, da una discesa. La discesa è necessaria per poter portare agli altri l’esperienza che abbiamo fatto sul Tabor. C’è bisogno di stare in disparte con Gesù. È necessario farsi guidare da Lui in esperienze che servano a tracciare per ognuno strade “in disparte”, che ci ricarichino di Lui per poi tuffarci con Lui nella nostra quotidianità. A quell’uomo inchiodato sulla Croce dobbiamo affidare la nostra vita e la vita di quei fratelli che non hanno avuto e non hanno paura di testimoniare col sangue la loro fedeltà. Questi, ora trasfigu-rati, ci diano quel coraggio che rende la nostra fede credibile e autentica.

1. Nella vostra esperienza di fede abbiamo incontrato Gesù?

2. Se abbiamo fatto esperienza del Tabor, siamo capaci di scendere e cam-minare con i nostri fratelli?

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Traccia per la Catechesi parrocchiale:

Una comunità che annuncia

(Mt 28,16)

Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Dalla Traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale

Le tante povertà, antiche e nuove, che la crisi evidenzia ancor di più, si condensano nella povertà constatata da Gesù con preoccupazione: la carenza di operai che annunciano il Vangelo della misericordia (gli apparivano «come pecore senza pastore», ricorda l’evangelista: Mt 9,36). La gente ha bisogno di parole e gesti che, partendo da noi, indirizzino lo sguardo e i desideri a Dio. La fede genera una testimonianza annunciata non meno di una testimonianza vissuta. Con il suo personale tratto papa Francesco mostra la forza e l’agilità di questa forma e di questo stile testimoniali: quante immagini e metafore provenienti dal Vangelo egli riesce a comunicare, soddisfacendo la ricerca di senso, accendendo la riflessione e l’autocritica che apre alla conversione, animando una denuncia che non produce violenza ma permette di comprendere la verità delle cose. Le nostre Chiese sono impegnate da decenni in un processo di riforma dei percorsi di iniziazione e di educazione alla fede cristiana. Il Convegno di Firenze è il luogo in cui verificare quanto abbiamo rinnovato l’annuncio con forme di nuova evangelizzazione e di primo annuncio; come abbiamo articolato la proposta della fede in un contesto pluriculturale e plurireligioso come l’attuale. Occorrono intuizioni e idee per prendere la parola in una cultura mediatica e digitale che spesso diviene tanto autoreferenziale da svuotare di senso anche le parole più dense di significato come lo stesso termine “Dio”.

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3ª Domenica di Quaresima 8 marzo 2015 

ABITARE Introduzione alla celebrazione: celebriamo oggi la domenica della purificazione del tempio. Gesù vuole che la Chiesa sia casa di preghiera. Sembra di sentire le parole di Papa Francesco: usate bene la chiesa, come un ospedale da campo dove si guarisce, si viene condotti a vita nuova. Facciamo nostra la 3ª via propostaci dal Convegno di Firenze: ABITARE. La Chiesa dovrebbe essere la locanda a cui il samaritano affida l’uomo stramazzato perché ne abbia cura: è Gesù stesso che le ha dato i mezzi per curare le ferite dell’uomo. Chiediamo allora al Signore in questa eucaristia di saper abitare come comunità cristiana i nostri quartieri, con una cura particolare nel far sentire la nostra presenza accanto a chi si sente escluso e non amato.

Spunti per la riflessione dei catechisti: La scena di Gesù che, con un frusta in mano, si arrabbia vedendo i venditori del Tempio Santo di Gerusalemme ci lascia forse più stupiti che persuasi. Gesù caccia i mercanti, perché la fede era stata monetizzata, Dio era diven-tato oggetto di compravendita e i “furbi” lo usavano, lo strumentalizzavano per guadagnare. Non ci si mette a mercanteggiare con Dio per ottenere da Lui favori. Alcuni, però, al tempo di Gesù come anche oggi, ritengono che per essere in buoni rapporti con Dio sia necessario offrirgli sacrifici. Forse agi-scono in questo modo perché hanno paura di Lui o diffidano di Lui. Ma si ama veramente Dio, quando ci si mette a mercanteggiare con Lui, come se si vo-lesse comprarlo? Se facciamo dei sacrifici senza metterci il cuore, allora saranno sacrifici fatti senza amore. Dio è un Padre pieno d’amore e tutto quello che attende da noi è il nostro amore di figli. L’amore non ha niente a che vedere con i calcoli inevitabili di chi mercanteggia. Per Dio una sola cosa è importante: amarlo con tutte le nostre forze e amare il prossimo come noi stessi, con tutte le nostre azioni e le nostre parole. I cristiani si radunano in chiesa per pregare insieme e per lodare Dio. La chiesa è la casa in cui viene proclamato il Vangelo di Gesù, che è un messaggio che invita a cambiare vita. È lì, durante l’Eucarestia, che Gesù, realmente presente in mezzo a noi, si offre per la vita del mondo. Coloro che scelgono di vivere secondo il Vangelo, formano la comunità dei cristiani, la Chiesa, che non è più solo una casa. È un popolo in cammino, di cui tutti noi, grandi e piccini, peccatori e santi, gente di qualsiasi colore facciamo parte. Tutti sono benvenuti ,nessuno è tenuto fuori, non c’è nessuna barriera che separa. Noi abbiamo un solo compito: metterci al servizio di Dio e insegnare a tutti coloro che incontriamo cosa vuol dire condividere, secondo l’esempio di Gesù Cristo.

1. Siamo disposti a rovesciare gli idoli che ci siamo costruiti? 2. Ascoltiamo Gesù che ci propone un rovesciamento di vita?

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Traccia per la Catechesi parrocchiale:

Una comunità che abita (Salmo 83)

Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti! L'anima mia languisce e brama gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente. Anche il passero trova la casa, la rondine il nido, dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari,  Signore degli eserciti, mio re e mio Dio. Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi! Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio. Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente, anche la prima pioggia

l'ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion. Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera, porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe. Vedi, Dio, nostro scudo, guarda il volto del tuo consacrato. Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove, stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi. Poiché sole e scudo è il Signore Dio; il Signore concede grazia e gloria, non rifiuta il bene a chi cammina con rettitudine. Signore degli eserciti, beato l'uomo che in te confida.

Dalla Traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale

La dimensione della fede è da sempre iscritta nella configurazione stessa delle nostre città,

con le tante Chiese che raccolgono intorno a sé le comunità nello spazio (la parrocchia è paràoikía, vicina alla casa), e con il suono delle campane che scandisce e sacralizza il tempo. Ma ancor più il cattolicesimo non ha mai faticato a vivere l’immersione nel territorio attraverso una presenza solidale, gomito a gomito con tutte le persone, specie quelle più fragili. Questa sua peculiare “via popolare” è riconosciuta da tutti, anche dai non credenti. Il passato recente ci consegna un numero considerevole di istituzioni, strutture, enti, opere assistenziali ed educative, quali segni incarnati della risposta al Vangelo.

Nelle attuali veloci trasformazioni, e in qualche caso a seguito di scandali, corriamo il

rischio di perdere questa presenza capillare, questa prossimità salutare, capace di iscrivere nel mondo il segno dell’amore che salva. Una vicinanza che ha anche una forte presa simbolica e una capacità comunicativa più eloquente di tante raffinate strategie. Occorre allora un tenace impegno per continuare a essere una Chiesa di popolo nelle trasformazioni demografiche, sociali e culturali che il Paese attraversa (con la fatica a generare e a educare i figli; con un’immigrazione massiva che produce importanti metamorfosi al tessuto sociale; con una trasformazione degli stili di vita che ci allontana dalla condivisione con i poveri e indebolisce i legami sociali).

L’impegno, dunque, non consiste principalmente nel moltiplicare azioni o programmi di

promozione e assistenza; lo Spirito non accende un eccesso di attivismo, ma un’attenzione rivolta al fratello, «considerandolo come un’unica cosa con se stesso». Non aggiungendo qualche gesto di attenzione, ma ripensando insieme, se occorre, i nostri stessi modelli dell’abitare, del trascorrere il tempo libero, del festeggiare, del condividere.

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Quando è amato, il povero «è considerato di grande valore»; questo differenzia l’opzione

per i poveri da qualunque strumentalizzazione personale o politica, così come da un’attenzione sporadica e marginale, per tacitare la coscienza. «Se non lo hai toccato, non lo hai incontrato», ha detto del povero Papa Francesco. Senza l’opzione preferenziale per i più poveri, «l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mar e di parole a cui l’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone» (Evangelii gaudium 199).

In questo quadro, l’invito a essere una Chiesa povera e per i poveri assurge al ruolo

d’indicazione programmatica. Questo richiamo, infatti, non è come gli optional di un’automobile, la cui assenza non ne muta sostanzialmente utilità e funzionalità. L’invito del pontefice, invece, radicandosi nella predicazione esplicita di Gesù ai piccoli e ai poveri, culminata nel ribaltamento della crocifissione e della risurrezione, dovrà sempre più connotare la Chiesa nel suo intimo essere e nel suo agire.

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4ª Domenica di Quaresima 15 marzo 2015 

EDUCARE Introduzione alla celebrazione: celebriamo la domenica del Figlio dell’uomo innalzato sulla croce. Accogliamo il 4° verbo che il Convegno di Firenze ci propone: EDUCARE. La comunità cristiana nasce attratta dalla croce di Gesù che trasforma la sofferenza in amore.

Educhiamoci ad un amore capace anche di soffrire per l’altro. Chiediamo in questa eucaristia di saper accettare ed amare il diverso (dall’immigrato a chi non la pensa come noi), di saper amare anche chi resta indurito dalla sofferenza e spesso reagisce con violenza. Lo stile delle nostre comunità cristiane diventi stile di accoglienza dei nostri ragazzi, nel contesto scolastico, di famiglia e di svago. Nella locanda che accoglie l’uomo ferito portato dal buon samaritano siamo tutti invitati a lavorare per educare alla vita ed all’amore.

Spunti per la riflessione dei catechisti: In questo brano di Giovanni, Gesù afferma che non è venuto a giudicare il mondo, ma a

salvarlo. Infatti dice: ”Chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Che cosa si intende per “vita eterna”? All’epoca di Gesù, la vita eterna era un premio futuro che ottenevano i giusti per un buon comportamento nella loro vita terrena. Nel Vangelo di Gesù c’è una novità: la vita eterna è un’esperienza che inizia nel presente e si realizzerà in pienezza nel Paradiso. Questa vita si chiama eterna non per la durata infinita, ma per la qualità. Gesù la propone come una possibilità di esperienza presente, infat-ti non dice “avrà”, ma “ha” (adesso!) la vita eterna attraverso la pratica dell’amore. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannarlo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui. Quel Gesù dal quale ci la-sciamo salvare ci è necessario più di ogni altra cosa, lo sentiamo presente nella nostra vita. Vogliamo cercare la luce, la desideriamo, non possiamo far-ne a meno. Secondo l’esempio di Gesù, essa ci illumina, ci dà la vita ed è moti-vo di gioia. Sono le tenebre ad indicarci un mondo spento, senza vita. Dio si è impegnato, attraverso Suo Figlio, a garantirci un mondo luminoso, pieno di vita. Noi non sempre accogliamo questa proposta, ma ci accontentiamo del buio. Invece di vivere in quella gioia che Dio ci dona, preferiamo vivere nel “comodo” delle nostre tenebre. La Quaresima è il momento della conversione che ci chiede un cambiamento di prospettiva: lasciare che Dio sia la nostra Luce per mostrarci dove sta il male, dandoci il coraggio per rinunciare e forza per vivere nella luce. Questa luce non teniamola per noi, ma portiamola nella nostra vita quotidiana, nella famiglia, nella comunità e nei nostri ambien-ti di studio e di lavoro, perché ognuno possa vivere in modo nuovo il suo cam-mino verso Gesù.

1. Quello che siamo,facciamo e che pensiamo ,viene dalla Luce o dalle tenebre? 2. Vivere nella luce è già vivere nella vita eterna?

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Traccia per la Catechesi parrocchiale:

Una comunità che educa

(Deuteronomio 32, 10 – 12)

«Egli lo trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio. Come un’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore, lui solo lo ha guidato, non c’era con lui alcun dio straniero» Dalla Traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale

In questo decennio le comunità cristiane sono impegnate ad aggiornare l’azione pastorale,

assumendo come punto prospettico l’educazione, divenuta una vera e propria emergenza: il mondo digitalizzato e sempre più pervaso dalla tecnica apre prospettive inedite non soltanto sul fronte della ricerca ma anche nelle sue applicazioni, che modificano sempre più le abitudini quotidiane; la cultura si vuole affrancare in modo disinvolto da qualsiasi tradizione e dai valori da esse veicolati, ritenendoli superati e obsoleti; l’urbanizzazione ridisegna gli spazi e i ritmi dell a vita umana, modificando le principali forme dei legami sociali e ambientali; in un’epoca prolungata di crisi generalizzata, la povertà sempre più estesa rischia di alimentare modelli che causano miseria umana e perdita di dignità. Come affrontare queste sfide?

Rimane significativa una pagina degli Orientamenti pastorali della CEI: «In una società caratterizzata dalla molteplicità di messaggi e dalla grande offerta di beni di consumo, il compito più urgente diventa, dunque, educare a scelte responsabili. D i fronte agli educatori cristiani, come pure a tutti gli uomini di buona volontà, si presenta, pertanto, la sfida di contrastare l’assimilazione passiva di modelli ampiamente divulgati e di superarne l’inconsistenza, promuovendo la capacità di pensare e l’esercizio critico della ragione» (Educare alla vita buona del Vangelo 10).

Il primato della relazione, il recupero del ruolo fondamentale della coscienza e dell’interiorità nella costruzione dell’identità della persona umana, la necessità di ripensare i percorsi pedagogici come pure la formazione degli adulti, divengono oggi priorità ineludibili. È vero che le tradizionali agenzie educative (famiglia e scuola), si sentono indebolite e in profonda trasformazione. Ma è anche vero che esse non sono solo un problema ma una risorsa, e che già si vedono iniziative capaci di realizzare nuove alleanze educative: famiglie che sostengono famiglie più fragili, famiglie che attivamente sostengono la scuola offrendo tempo ed energie a sostegno degli insegnanti per trasformare la scuola in un luogo di incontro; ambiti della pastorale che ridefiniscono e rendono meno rigidi i propri confini e così via.

Il nuovo scenario chiede la ricostruzione delle grammatiche educative, ma anche la capacità di immaginare nuove ‘sintassi’, nuove forme di alleanza che superino una frammentazione ormai insostenibile e consentano di unire le forze, per educare all’unità della persona e della famiglia umana. In questo senso l’educazione occupa uno spazio centrale nella nostra riflessione sull’umano e sul nuovo umanesimo. Il prossimo Convegno ci impegna non soltanto nella comprensione attenta delle ricadute di queste trasformazioni sulla nostra identità personale ed ecclesiale (la nozione di vita umana, la configurazione della famiglia e il senso del generare, il rapporto tra le generazioni e il senso della tradizione, il rapporto con l’ambiente e l’utilizzo delle risorse d’ogni tipo, il bene comune, l’economia e la finanza, il lavoro e la produzione, la politica e il diritto), ma anche sulle loro interconnessioni.

Educare è un’arte: occorre che ognuno di noi, immerso in questo contesto in trasformazione, l’apprenda nuovamente, ricercando la sapienza che ci consente di vivere in quella pace tra noi e con il creato che non è solo assenza di conflitti, ma tessitura di relazioni profonde e libere.

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5ª Domenica di Quaresima 22 marzo 2015 

TRASFIGUARE Introduzione alla celebrazione: : celebriamo la domenica del chicco di grano. I greci chiedono di vedere Gesù: ma questo è possibile solo con una comunità trasfigurata dall’amore. Accogliamo la 5ª via del Convegno di Firenze: TRASFIGURARE. Il cristiano è uno trasfigurato dall’amore che unisce l’umano e il divino, la fede e le opere, la vita sacramentale e la testimonianza nel mondo. Chiediamo in questa eucaristia di donare la vita come Gesù nel segno del chicco di grano. Che tutti coloro che sono stati sfigurati dalla vita, possano essere trasfigurati dall’amore di Gesù.

Contributo alla catechesi dei bambini 

Nella Settimana santa la Chiesa celebra i misteri della salvezza portati a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo ingresso messianico in Gerusalemme.

La Settimana santa ha inizio la domenica delle Palme “della Passione del Signore” che unisce insieme il trionfo regale di Cristo e l’annunzio della Passione. Fin dall’antichità si commemora l’ingresso del Signore in Gerusalemme con la solenne processione, con cui i cristiani celebrano questo evento, imitando le acclamazioni e i gesti dei fanciulli ebrei, andati incontro al Signore al canto dell’”Osanna” Il Santo Triduo, Giovedì – Venerdì – Sabato Santo, è il vertice di tutto l’anno liturgico. La Messa del giovedì sera è già l’inizio del Triduo santo della passione, morte, sepoltura e risurrezione del Signore che termina poi con i Vespri della domenica di Pasqua. GIOVEDI' SANTO - ULTIMA CENA La Chiesa fa memoria questa sera dell’Istituzione dell’Eucaristia, del sacerdozio ministeriale e ricorda il «mandato» del Signore: «Fate questo in memoria di me», «Amatevi come io vi ho amato», fino a consegnare la vostra stessa vita. Ogni comunità si raduna attorno ai propri presbiteri nell’unica celebrazione. L’Evangelo di Gesù che lava i piedi ai suoi durante la cena, è l’altro modo per dirci che cosa egli fece della sua vita; è la sconvolgente manifestazione di Dio che si china dinanzi agli uomini per compiere un gesto da schiavo, per deporre ai loro piedi la propria vita, tutta versata per lavarli. VENERDI' SANTO nella passione del Signore In questo giorno, per antichissima tradizione, la Chiesa non celebra l’Eucarestia. La Liturgia che si celebra oggi è detta «Celebrazione della Passione del Signore», essa è una vera azione sacramentale cui bisogna dare precedenza sul pio esercizio della «Via Crucis», invitando i fedeli a parteciparvi numerosi. SABATO SANTO Veglia Pasquale «Per antichissima tradizione questa è la notte di veglia in onore del Signore» (Es 12,42). I fedeli, portando in mano, secondo l’ammonimento del Vangelo (Lc 12,35 ss), la lampada accesa, assomigliano a coloro che attendono il Signore al suo ritorno in modo che, quando egli verrà, li trovi ancora vigilanti e li faccia sedere alla sua mensa. L’intera celebrazione della Veglia pasquale si svolge di notte; essa quindi deve incominciare dopo l’inizio della notte e terminare prima dell’alba della domenica».

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Spunti per la riflessione dei catechisti: Gesù è venuto per tutti, il suo esempio incuriosisce alcuni e ci fa riflettere. La fede di alcuni è iniziata per curiosità e per qualcuno anche per sfida. Gesù ha aspetti che attraggono, parole che vanno nel profondo, richieste che su-scitano domande. Gesù va molto al di là delle nostre intenzioni e si rivela per quello che è: un chicco di grano che, morendo, è capace di dare nuova vita. Quando le nostre forze calano, quando tutto sembra perduto, il chicco che non si vede prepara una forza di vita impensata. Gesù lo annuncia come veri-tà, ci chiede di aprire gli occhi sulla vita nostra e degli altri, perché in essa rivediamo senza paura le chiamate di Dio a un’esistenza vissuta in pienezza, anche nella malattia, anche nella morte. In quest’ultima tappa della Quaresi-ma siamo invitati a seguire con più decisione e disponibilità la figura di Gesù. È Lui che ci invita ad essere docili, come i chicchi nella mano del seminatore che cadono nella terra per nascere poi sotto forma di spighe di grano, che diventeranno pane per tutti. La logica che Gesù ci consegna è quella di “perdersi“, di “consumarsi” per seguire Lui. Anche noi, come il chicco, dobbia-mo “morire “ e apparentemente perdere la nostra vita per Dio e gli altri. Quando siamo egoisti, cerchiamo una vita comoda, pensiamo ai nostri interes-si e ci giustifichiamo tenendo tutto per noi, la nostra vita non produce frutti, ci fa morire ma non per rivivere. Gesù ci spinge, al contrario, ad essere vivi, a saper scegliere il bene da portare insieme a Lui. La Croce è l’albero che pro-duce frutti dai quali noi possiamo nutrirci, è pane per tutti, è l’Eucarestia.

1. Che cosa significa essere buona terra? 2. Quali sono gli ostacoli che impediscono la maturazione del seme?

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Traccia per la Catechesi parrocchiale:

Una comunità dove la vita si trasfigura

(Apocalisse 7, 9 – 12)

Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. Le gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto msul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Dalla Traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale

Le comunità cristiane sono nutrite e trasformate nella fede grazie alla vita liturgica e sacramentale e grazie alla preghiera. Esiste un rapporto intrinseco tra fede e carità, dove si esprime il senso del mistero: il divino traspare nell’umano, e questo si trasfigura in quello. Senza la preghiera e i sacramenti, la carità si svuoterebbe perché si ridurrebbe a filantropia, incapace di conferire significato alla comunione fraterna. Riascoltiamo le parole del Concilio Vaticano II: «La liturgia, mediante la quale, soprattutto nel divino sacrificio dell’eucaristia, si attua l’opera della nostra redenzione, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e l’autentica natura della vera Chiesa» (Sacrosanctum Concilium 2).

È la vita sacramentale e di preghiera che ci permette di esprimere quel semper maior di Dio nell’uomo descritto sopra. La via dell’umano inaugurata e scoperta in Cristo Gesù intende non soltanto imitare le sue gesta e celebrare la sua vittoria, quasi a mantenere la memoria di un eroe, pur sempre relegato in un’epoca, ormai lontana. La via della pienezza umana mantiene in lui il compimento, perché prosegue la sua stessa opera, nella convinzione che lo Spirito che lo guidò è in azione ancora nella nostra storia, per aiutarci a essere già qui uomini e donne come il Padre ci ha immaginato e voluto nella creazione. «Come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito,