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Denis Diderot Paradossosull'attore Acura diPaolo Alahż EditoriRiuniti

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Denis Diderot

Paradosso sull'attoreA cura di Paolo Alahż

Editori Riuniti

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I edizione ín questa collana : maggio 1993Titolo origínale : Paradoxe sur le comédienTraduzione di Jole Bertolani© Copyrig t Editori Riuniti, 1972Piazza Vittorio Emanuele II, 47 - 00185 RomaCI . 63-3729-5ISBN 88-359-3729-9

Indice

7 Introduzione

71 Paradosso sull'attore

145 Indice dei nomi

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Introduzione

«Non esiste opera di Diderot piú letta, piú commentata, piúcontestata, e piú sicura di sopravvivere, del Paradoxe surk comé-dien, - scrive uno dei migliori e piú preparati studiosi di Dide-rot, Paul Vernière' . - Finc é vi saranno teatri e attori, genus éni-tabik, í1 paradosso farà scandalo [ . . .] . Da Coquelin e SaraBern ardt fino a Copeau, Dussane, Dullin e Jouvet, un'im-mensa letteratura è stata consacrata al Paradoxe da attori indieguati, feriti o semplicemente divertiti . Ora, se questa esegesiconserva, al di fuori delle circostanze temporali, il suo valore,essa risc ia storicamente di restàre vana, finc é non si sarannosvelati con precisione í disegni di Diderot e la funzione esattac e la sua tesi occupa nell'insieme della sua filosofia . Dicia-molo subito: í suol disegni e questa funzione non appaionocon evidenza, e la genesi stessa dell'opera non fa c e renderlipiú oscuri.»

Certo, il Paradoxe non raggiunge l'altezza e il mordente delNeveu de Rameau : il linguaggio è meno nervoso, lo stile menosorvegliato, la forma dialogica è meno funzionale, perc é ilsecondo interlocutore a scarsa realtà dialettica di fronte alprimo. E tuttavia il Paradoxe conserva la vivacità tipica di

' Paul Vernière, Introdzution al Paradoxe sur k comédien, in Diderot, Oeuvresest étiques, Paris, Garnier, 1959, pp . 291-98 . Genus irritabile vatum», Orazio,Epistolae, libro III, epistola II, citato da Diderot nella lettera a Grimm c e fa daprefazione al Salon del 1767 .

2 Perciò in questo caso, diversamente c e per altre opere didemtiane, cisembra meno pertinente quanto scrive Guido Neri nella prefazione alla suaedizione degli Stttidiesteticis di Diderot (Milano, Feltrinelli, 1957), c e cioè«nel Paradosso suŮattore la forma del dialogo è, piú c e mai, l'espressione delmodo di procedere del suo pensiero, della sua tendenza a trasferire contrasti ealternative fuori del quadro rigido della logica formale» . Sulla forma dialogica

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Diderot, offre una lettura avvincente, è pieno di episodi eaneddoti vividi e divertenti, e soprattutto afferra il lettore per laprofonda aderenza a un tema c e non è soltanto specifico delteatro, ma è cosí legato alla realtà e alla vita di tutti i giorni, allanostra esperienza quotidiana e comune . Questa aderenza, tut-tavia, è dovuta al fatto c e il Paradoxe affronta un tema di vastaportata, ed implica quindi una metafisica, una fisica ed un'este-tica, c e sono appunto quelle di Diderot .

Da qualunque parte si guardi dunque al problema costituitodal Paradoxe .sur le comédien, si arriva alla conclusione c e, percapirlo e definirlo, è necessario ricostruirne con esattezza lagenesi, c e poi, nel caso specifico, è abbastanza complicata .

Neppure il Paradoxe sur ů comédien sfugge alla regola pres-soc é generale per í capolavori di Diderot : di essere stati pub-blicati postumi . E vero c e nella sua prima versione, cioè sottoforma di Observations sur Garrick, l'operetta apparve sullecolonne della Correspondance littéraire. Ma può parlarsi, in talcaso, di pubblicazione? I1 periodico diretto da Grimm uscivaogni quindici giorni in poc e decine di copie manoscritte, c evenivano inviate a quei sovrani, principi, signori, c e ne ave-vano fatto l'abbonamento, volendo tenersi informati sulla vitaletteraria di quella c e era allora la capitale non soltanto dellaFrancia, ma dell'Europa . L'aver visto la luce sulla Correspon-dance littéraire non consentí quindi alle Observations sur Garrickuna circolazione píú ampia di quella della piccola cerc ia diqualc e corte ; e l'operetta, del resto rimpolpata, ampliata,rivista piú volte dall'autore, dovette attendere il 1830 per essererealmente pubblicata .

La storia della gestazione e della modificazione del Paradoxe,e poi della sua fortuna, è piuttosto complessa, e conviene ricor-darla con qualc e precisione .

I1 10 ottobre 1769, di ritorno a Parigi dopo un lungo viaggioin Germania, Grimm riprende la direzione della Correspondancelittéraire e affida a Diderot la critica di alcuni nuovi lavori .

cosi spesso usata da Diderot e sulla sua funzione mi permetto di rinviare aPaolo Alatri, Voltaire, Diderot e il «partito filosofico», Messina-Firenze, D'Anna,1965, pp . 443 sgg .

Tra questi è l'opuscolo intitolato Garrick ou les Acteurs anglois,pubblicato quello stesso anno dal libraio parigino Lacombe .L'opuscolo era apparso anonimo come ««tradotto dall'inglese» ;una nota ripresa da A.A . Barbier (autore del Dictionnaire desanonymes) nell'edizione della Correspondance littéraire a cura diToumeux (Paris, Gam ier, 1879, vol . IX, alla data del 15 ottobre1770) aggiunge : «Si sa ora c e l'attore Sticotti è l'autore di Gar-rick ou les Acteurs anglois» . La copia dell'opuscolo conservatanella Bibliot èque Nationale di Parigi reca due annotazioni :dopo « traduit de l'anglois», «par Sticottrv ; in margine a «A Paris,c ez Lacombe, libraire, rue C ristine, 1769», «par Antoine-Fabio Sticotti, d'après Barbien> .Non si tratta però di Antoine-Fabio (o Antonio Fabio, o

Anton Fabio) Sticotti, secondo l'indicazione del Barbierripresa da tutti coloro c e si sono occupati dell'argomento, eneppure di Antonio Giovanni (o Anton Giovanni) Sticotticome vorrebbe l'autore della «voce» Sticotti dell'Enciclopedia

dello spettacolo Bruno Brunelli . Come a dimostrato il Mcldo-lesi', il quale a ricostruito esattamente la genealogia di questafamiglia di attori e autori di teatro e le singole personalità deisuoi membri, un Antonio Fabio Sticotti non è mai esistito : ilcapostipite della famiglia era Fabio, trasferitosi nel 1716 daVenezia a Parigi, e i due suoi figli masc i si c iamavano Anto-nio Giovanni (talvolta nominato come Fabio) e Mic el (dettoKelly) ; ed è quest'ultimo, di cui fino alla monografia del Mel-dolesi non si sapeva praticamente nulla, personaggio c e viag-giò ed operò, oltre c e in Francia, anc e in Ing ilterra, in Prus-sia, in Danimarca e in Svezia, c e polemizzò con Rousseau perla sua Lettre e d'Alembert sur les spectacles e c e occupò un postointeressante nel vivace dibattito sul teatro sviluppatosi attra-verso i paesi d'Europa nel Settecento, è lui l'autore di Garrick.

La broc ure francese è a sua volta una libera traduzione di unopuscolo inglese intitolato Tbe Actor or a Treatise of t e art of

playing, uscito anonimo nei 1750 . Di quest'ultimo era autore,non giàJo n Hill, come è stato sempre ripetuto, e ancora ripete

s Claudio Meldolesi, Gli Sticotti, comici italiani neì teatra d'Europa del Sette-

cento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1969 .

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Vi sono però nel Paradoxe, nella forma in cui ci è poi perve-nuto (e lo vedremo tra poco), alcuni accenni c e Diderot nonpoteva avervi inserito nell'estate del 1773, perc é si riferisconoad avvenimenti svoltisi successivamente. Tale l'accenno allanomina di Necker alla carica di controllore generale delleFinanze, nomina c e avvenne il 29 giugno 1777. Siamo cosíalla seconda revisione del pamp let originario, vale a dire allaseconda stesura del Paradoxe.

Ma non è finita . La copia del Paradoxe di mano di Naigeon 10,c e contiene l'accenno al Necker, non ne presenta però altric e sono anc 'essi relativi ad avvenimenti posteriori all'estatedel 1773, e c e si trovano invece nella copia inviata da Madamede Vandeul, figlia di Diderot, a Caterina II e conservata nellasua Biblioteca imperiale : si tratta delle allusioni al discorsorivolto al pubblico del Covent Garden dall'attore inglese C ar-les MacHin la sera del 30 ottobre 1773, di cui riferiva il SaintJames C ronicle del 6-9 novembre 1773, e a Gabriele de Vergy diDormont de Belloy, la cui prima fu data il 12 luglio 1777, seb-bene il testo fosse stato pubblicato fin dal 1770 . Abbiamo per-ciò la prova c e Diderot redasse una quarta versione delleObservations sur Garrick, cioè una terza versione del Paradoxe, dicui peraltro, al contrario c e per quelle precedenti, è impossi-bile stabilire con precisione la data, anc e se possiamo dire concertezza c e fu posteriore a quella del 1777-78 .

frammento su Colbert pubblicato da Gabriel Bonno (Un article inédit deDiderotsur Colbm, in Publications of t e Modern Language Association ofAmerica, XLIX,1934, pp . 1101-6) .

9 Tale potrebbe sembrare anc e l'accenno a Paris sauvée di Sedaine; maquesta tragedia, messa in scena nel 1782, era stata scritta nel 1770, era statasegnalata da Grimm, nella Correspondance littéraire, fin dal novembre 1772, eDiderot, non solo non l'ignorava, ma era stato anzi incaricato dallo stessoSedaine di rivederne ì1 testo .

10 È l'unica c e porti l'epigrafe : A Zerbiua penserete, sempre rimasta oscura .La spiegazione c e ne propone Jacqueline Bellas (Que signijie ñpigrap e du*Paradoxe sui le comédien»?, in Revued' istoire liuéraire de la France, ott.-dic . 1967,pp- 750-53) appare convincente : i1 verso della Seroapadroua di Pergolesi (ASerpino penserete) inizia una scena in cui la protagonista, per conquistare Uberto,abbandona iljeu dame, c e fino a quel momento a fallito, e joue, invece, lacomédie, riuscendo nel suo intento . La Bellas osserva c e »La servapadrona tra-

; duce perfettamente lo sdoppiamento del personaggio, secondo gli esempi c eDiderot moltiplica nel Paradoxe» . Si veda anc e v.E. Swain (cfr . piú oltre a p . ,67 di questa Introduzione), p. 58, nota 22 .

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I1 Paradoxe surle comédien fu pubblicato per la prima volta nel1830 dall'editore parigino A . Sautelet, al quale era stato ven-duto da Jeudy-Dugour, un francese naturalizzato russo c el'aveva trascritto dalla copia conservata nella Biblioteca impe-rlale di Pietroburgo, tra gli inediti inviati da Madame de Van-deul, figlia di Diderot, a Caterina II . Si tratta quindi della ver-sione definitiva dell'opera .

Allora nessuno dubitò c e quel testo fosse dovuto allapenna di Diderot . Ma nel 1902 Ernest Dupuy trovò per caso aParigi, presso un libraio d'antiquariato, un manoscritto delParadoxe pieno di correzioni e di aggiunte di mano del Nai-geon (oggi conservato alla Bibliot èque Nationale di Parigi,cui il Dupuy ne fece dono), e pubblicandolo in edizione critica(Parigi, Lecène et Oudin) con la messa a raffronto delle succes-sive versioni sostenne c e se le Observations sur Garrick eranocertamente di Diderot, il Paradoxe sur le comédien andava inveceattribuito a Naigeon . Certo, alcune parti corrispondevano aquelle pubblicate con la firma di Diderot nella Correspondancelittéraire del 1770 ; ma il Dupuy sostenne c e Naigeon le avesseutilizzate compilando un pastic e, cioè contaminandole conaltri passi dello stesso Diderot, con brani tratti dalla Correspon-dance littéraire, e perfino con aggiunte e correzioni sue proprie .

Il valente biografo americano della giovinezza di Diderot,Art ur M. Wilson, in un breve saggio pubblicato qualc e annofa", a fatto osservare c e il Paradoxe, considerato come unaspecie di jeu d'esprit quando venne conosciuto nel 1830, colpicome un fuor d'opera perc é deprecava quella « sensibilitâ»nella quale il romantico secolo credeva invece come in undogma ; di conseguenza, vi era una netta e generale predisposi-zione, quando nel 1902 fu pubblicata l'edizione Dupuy, a rite-nere, con un certo sollievo, c e l'autore dell'opera fosse Nai-

" Art ur M. Wilson, Te bibliorap icalimPlicati0fl5 offliderot's «Paradoxesur

k comédien», in Diderot Studies III, Genève, Droz, 1961, pp . 369-83 . L'operasulla giovinezza di Diderot è intitolata : Diderot T e testing years 1713-59 (New

York, 1957) ed è tradotta in italiano (Diderot. gli anni decisivi, Milano, Feltri-

nelli, 1971) . La seconda parte della biografia diderotiana di Wilson (T e appeal

to posterity, c e abbraccia gli anni 1759-1784) è stata pubblicata, insieme con laprima parte, nel suo volume complessivo Diderot (New York, 1972) e in tradu-zione italiana da Feltrirtelli nel 1977 (L'appello ai posten) .

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geon, e non Diderot . «C e il tronfio, verboso, noioso Naigeonpossa essere stato considerato l'autore di un'opera cosí scintil-lante - aggiungeva spiritosamente il Wilson - appare a qual-siasi odierno studioso di Diderot come uno di quei fatti c eprovano, secondo l'insistente affermazione degli esistenzia-listi, come la vita sia assurda .»Ne seguí un ampio dibattito, in cui intervennero, favorevoli

alla tesi del Dupuy, Gustave Lanson, Gustave Larroumel,Luden Brune), André Aulard e René Doumic, contrari EmileFaguet e Maurice Tourneux; e finalmente Josep Bédier, ilquale, dopo aver riassunto í termini della polemica, in un brevesaggio fondato sull'analisi del manoscritto', dimostrò in modoinconfutabile l'autenticità diderotiana del manoscritto Nai-geon (il quale, tra l'altro, copiò dodici pagine senza accorgersidi aver saltato un ampio brano dell'opera, ciò c e non glisarebbe potuto capitare se avesse composto di suo ; e quando siavvide dell'incidente in cui era caduto, corse ai ripari) . Insostanza, il Bédier stabili in maniera assolutamente sicura c ele aggiunte e correzioni apposte da Naigeon, nel suo mano-scritto, all'originale testo diderotiano, sono semplicemente ilriflesso dei rimaneggiamenti e ampliamenti c e lo stesso Dide-rot apportò al pamp let dapprima scritto per la Correspondancelittéraire . Del resto, il Bédier poté giungere a questa conclusionesenza neppure utilizzare l'accenno contenuto nella lettera diDiderot a Madame d'Epinay del 18 agosto 1773, accenno c etaglia la testa al toro e c e è stato identificato quasi trent'annidopo da Herbert Dieckmann" .

Ma, una volta c e sulla base delle prove accumulate il Para-doxe è ridiventato di Diderot, il problema originario è ńap-parso : il paradosso sull'attore sembra essere anc e un para-

2 Josep Bédier, Le Paradoxe sur le comédżen » est-i/ deDiderot?, nei suoi Etu-

des nitiques, Paris, Coliti, 1903 .I' Herben Dreckmann, Stand und Probleme der Diderot-Forsc ung, Bonn,i931 . Ulteriori definitive prove c e l'autore del Paradoxesuriecomédien è Dide-

n,I c non Naigeon a dato Jean De Booy,Quelques renseignements inédits surun/nIflu.teriI du «Réve de d'Alember , in Neopbilologus, XL, 1956 . Si veda anc el' ul Verriière,¡oc. cit. ;J . Undank, Notes supplémentairessurlesdateseilesrетл cгán.ci/u -I'aradnxe sur le comédien» in Studies on Voltaire and tbc eigbteentb century,( ~(,levt •, Institut et Musće Voltaire, 1961, vol . )(V1, pp. 399-401 ; A.M . Wilson,ful . I tt.

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dosso nel pensiero di Diderot stesso . Sono troppo numerosi eprecisi í passi di altre opere o lettere di Diderot c e, almeno aprima lettura, appaiono come contraddittori rispetto alla tesisostenuta nel Paradoxe .

Di conseguenza, un notevole sforzo è stato compiuto neglianni recenti per negare c e nel Paradoxe vi sia un paradosso .Secondo questo punto di vista, il cui principale sostenitore èYvon Beloval, Diderot a sempre creduto nel controllo enell'autodisciplina, cosí come è sempre stato contrario ai tra-sporti della «sensibilità» ; perciò non vi è alcun paradosso nellatesi sostenuta nella sua operetta . Questa posizione a avutonotevole seguito, pur non conquistando un consenso assolutoe generale 14 ; ed anc e in tale incertezza d'interpretazioni, inquesta ambiguità di significato, risiede una delle ragioni delfascino c e il dialogo continua ad esercitare .

I1 Paradoxe sur le comédien riguarda: 1) la riforma del teatro ; 2)

7la creazione drammatica; 3) la psicologia dell'attore ; 4) l'arte ( i, , (A XQ

della recitazione ; 5) i1 problema generale dell'estetica . A consi-derare uno soltanto di questi cinque temi-come per lo piú si èfatto, specialmente da parte degli attori -e soprattutto-sullabase del titolo, c e in tal senso può trarre in inganno- a consi-derare l'opera soltanto come una discussione sulla sensibilitàdell'attore, si cade in un profondo equivoco e non se ne scorgepíú la linea, la struttura, il significato .

Piti precisamente ancora, Diderot articola la sua tesi relativaalla psicologia dell'attore in sette argomenti" : 1) l'emozionenon si ripete a comando ; è impossibile sentire sempre con lastessa intensità ; gli attori c e recitano commossi sono disu-

1J La tesi del Belava) è sostenuta da Gaetano Capone Braga, Il significato de(Paradoxe sur le comédien di Diderot, in Annali della Facoltà dż lettere, filosofia emagistero dell'Università di Cagliari, XVIII (1951), pp . 15-56, ed è accolta da P .Vernière, loi. cit. ; è invece criticata da A. Boutez De Monvel, Etaiprésent des étu-des «dżderotesquew, in lnfòrmatżon littéraire, settembre-ottobrc 1952, p. 135, ed è

sottoposta ad alcune riserve metodologic e da Pierre-Bernard Marquer, Sur

l'est étique de Dżderoς in La Pensée, n . 38 (settembre-ottobre 1951), pp . 124-26 ;

qualc e riserva anc e in A.M . Wilson, loi. cit. Si veda anc e A. W eiss, Diderot etl'an du comédien, in L'Esprit Créateur, numero speciale dedicato a Denis Dżderot,

primavera 1968, pp . 53- .57.ls Cfł. A. [ndrd Vi . libers), <voce» Diderot, in Enciclopedia dello spettacolo,

Roma, 1957, vol . IV, p . 667 .

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guaii; 2) necessità dello studio e della riflessione per inserirel'espressione dell'attore in un sistema generale, stabilito, e pertrasfigurazione il «fantasma omerico», ingrandimento poeticoe modello ; 3) l'emozione si forma in una rappresentazione arti-stica attraverso un processo c e non è paragonabile con quelloc e è determinato da un avvenimento naturale ; 4) l'attore nelpieno possesso dei suoi mezzi è l'attore maturo, e non quellogiovane, per quanto pieno di fuoco; 5) le constatazioni di fattosul controllo degli attori mostrano o la necessità del sanguefreddo o la sostanziale mancanza di emozione; 6) la recita-zione si perfeziona con le prove e le replic e, cioè con la padro-nanza della parte e proprio quando l'originario ardore è supe-rato ; 7) l'emozione paralizza ; c'è impossibilità psic ica a faredue cose insieme, ad essere commossi conservando il propriosenso critico .

Osservate la natura (cioè, diremmo oggi, restate aderenti alla 'I j

~I realtà) : è questo l'essenziale della tesi di Diderot . Occorre j¡quindi molta osservazione della realtà, e poi capacità di rappre-sentarla, d'imitarla, di riprodurla : è questo il significato sostan-ziale dell'opera . Se ne falsa lo spirito a spostare l'accento sull'in-sensibilità dell'attore .

E tuttavia non poteva non accadere c e l'attenzione e lepolemic e si fermassero sui due brevi periodi dell'opera, c esembrano riassumerne tutta l'argomentazione : «E l'estremasensibilità c e fa gli attori mediocri ; è la sensibilità mediocrec e fa l'infinita sc iera dei cattivi attori ; ed è l'assoluta man-canza di sensibilità c e prepara gli attori sublimi'> ; «Esigo c el'attore abbia molto raziocinio ; voglio c e quest'uomo sia unospettatore freddo e tranquillo ; di conseguenza ric iedo da luipenetrazione e punta sensibilità» . Nessuna sensibilità! È l'escla-mazione c e fa íl secondo interlocutore ; ma, occorre ricono-scerlo, è l'esclamazione c e fa qualunque lettore . Non si trattadunque di un paradosso?

«Il primo paradosso del Paradosso- a scritto Claude Roy'-è c e sia opera di un uomo c e sognava di essere attore, nonponeva nessun artista al di sopra dell'attore, e i tratto fonda- ř cA

i6 Claude Roy, LeParadoxe deDiderot, in Les Nouvelles littéraires, 19 dicembre1963 .

1 6

mentale è di essere stato dotato (o afflitto) di una sensibilitàimpetuosa, vulcanica, e di un temperamento eccessivo .»

L'amore per il teatro aveva infatti accompagnato Diderot findall'adolescenza. Allievo al collegio Louis-le-Grand, vi avevaassorbito dai gesuiti, c e lo dirigevano, e particolarmente dapadre Porée, il gusto per i classici . «Si sa quale importanza ígesuiti, fedeli all'insegnamento degli Esercizispińtuali-unire lacultura dell'immaginazione a quella dell'intelligenza - attri-buissero al teatro, - ricorda il Belaval" : - avevano lottato edovevano ancora lottare contro il dramma scolastico e umani-stico dei protestanti in Germania ; non potevano disinteressarsidella scena nel momento in cui essa diventava un luogo di dif-fusione per le idee profane. Perciò essi allestiscono dei palco-scenici in tutte le parti del mondo . La sala di spettacolo siaffianca dappertutto alla sala di studio. Gli allievi (per la mag-gior parte figli di famiglie nobili, c e bisogga educare alle bellemaniere) recitano le parti ; e sarebbe molto sorprendente c eDiderot non abbia fatto, a Louis-le-Grand, apprendistato d'at-tore [ . . .] . Dai soggetti biblici e didatticamente moralizzatori,trattati in latino, í gesuiti si erano volti verso la commediamoderna in volgare, e avevano perfino introdotto delle partifemminili e delle scene alla Molière . Curavano particolar-mente í cori e i balletti, sempre piú numerosi [ . . .] . Questi bal-letti erano allegorici, e la pantomima doveva essere espressiva .Nella sua Dissertano de action scenica il padre François Langmoltiplica í consigli sulla mimica dell'emozione . Una recita-zione piú naturale, piú espressiva : Diderot c iederà qualcosadi diverso? E, come í suoi maestri gesuiti, reclamerà decora-zioni scenic e piú curate e realistic e [ . . .] . Ai suoi maestri,inoltre, Diderot deve senza dubbio l'idea c e bisognerebbepoter rappresentare parecc ie azioni simultaneamente, agiremediante grande concorso di folla, misc iare gli attori a1 pub-blico . Cosí, si tratti delle teorie sull'arte drammatica o della rea-lizzazione sulla scena, l'iniziazione teatrale di Diderot comin-cia sui banc i del collegio : vi riceve alcune idee maestre .»

All'uscita dal collegio, Diderot si appassiona alla vita teatralee comincia a frequentare gli attori ; pensa perfino di diventare

" Y. Belaval, L'est étique sans paradoxe de Diderot, cit., pp . 15 sgg.

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attore lui stesso ; per una quindicina d'anni è assiduo agli spet-tacoli, e cessa di esserlo soltanto verso il 1743, data del suomatrimonio, seguito, l'anno dopo, dall'inizio dell'impegnonell'impresa enciclopedistica . I1 matrimonio, precisa lui stesso,lo a costretto ad abbandonare il teatro, per il quale aveva pas-sione' .

La sua educazione teatrale si svolge dunque dal 1732 al 1743 .Tutta la sua esperienza del teatro lo induce sempre piú a reagirecontro ogni forma di enfasi, di ampollosità, di artificiosità, asostenere una recitazione naturale, vicina al buon senso, ade-rente alla realtà, una dizione c iara, netta, distinta: insommaun tipo di recitazione c e corrisponda all'ideale borg ese c eDiderot persegue nel teatro in generale, anc e e prima di tuttonella drammaturgia (con successo o meno, è un'altra que-stione) : Le Fils naturel, scritto nel 1757, messo in scena nelteatro privato del duca d'Ayen a Saint-Germain-en-Layenell'estate di quell'anno", e in rappresentazione pubblica, alT éâtre-Français di Parigi, soltanto 14 anni dopo, il 26 set-tembre 1771, con esito tanto infelice da non avere una solareplica ; Le Père defamille, composto nel 1758, rappresentato aMarsiglia nel novembre 1760, con una coda in provincia -Tolosa, Bordeaux e Lione - fino alla primavera del 1761, e aParigi («accolto tanto tiepidamente» scriverà piú tardi Diderot,ma in realtà con discreto esito) il 18 febbraio 1761, poi ripresocon maggiore successo nell'agosto 1769 e ancora rappresentatoripetutamente negli anni seguenti 20 ; La Pièce et le Prologue, prima

[č I1 passo è molto gustoso, e merita di essere riportato per intero : «Arrivo aParigi . Stavo per prendere la toga e istallarmi tra i dottori della Sorbona .Incontro una donna bella come un angelo ; o voglia di andarci a letto ; ci vado ;mi nascono quattro figli ; ed eccomi costretto ad abbandonare la matematicac e amavo, Omero e Virgilio c e portavo sempre con me, e il teatro per il qualeavevo passione ; troppo felice d'intraprendere l'Enciclopedia, alla quale avreisacrificato venticinque anni della mia vita» .

" Contro la notizia sempre e da tutti ripetuta c e Le Fili netturel non sia statorappresentato prima del 1771, Jacques Proust a dimostrato c e la »prio a»avvenne nei teatro privato del duca d'Ayen : Le paradoxe du «FUs naturel», inDiderot Stadin IV, edited by Otis Fellows, Genève, Droz, 1963, pp . 209 sgg . lviè anc e la notizia della «coda» provinciale delle rappresentazioni del Père defamil di cui diciamo subito dopo .

20 11 giudizio sulla tiepida accoglienza nel 1761 è in una lettera a Grimm del9 giugno 1777 ; in realtà la »prima» diede il notevole incasso di quasi 4.000

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versione, del 1771, di quella c e, rimaneggiata, diventa nel1781 la commedia Est-i1 bon? Est-i1 mec ant?, né pubblicata nérappresentata durante la vita di Diderot' .

Cosí nella drammaturgia come nella rappresentazione, dun-que, Diderot è sempre stato deciso fautore di una riforma c e sibasi sull'adesione alla realtà, o, come si diceva preferibilmenteallora, sull'imitazione della Natura . L'autocontrollo dell'attorene è una conseguenza necessaria. Ma la sua formulazione nelParadoxe non ne risulta per questo meno clamorosa e parados-sale : l'attore non deve possedere nessuna sensibilità!

Del resto, non è stato Diderot per primo ad avvertire la para-dossalità della sua tesi, dal momento c e a dato alla sua operaproprio il titolo di Paradosso?

La scelta del titolo è sembrata al Dupuy una delle prove c el'opera non fosse dovuta a Diderot bensì a Naigeon, perc é inquell'espressione sarebbe implicito un senso dispregiativo . Mail Belaval a dimostrato c e ciò per Diderot non è vero, e acitato qualc e esempio in senso contrario : «Io c e mi preoc-cupo piuttosto di formare delle nuvole c e di dissiparle, e disospendere il giudizio anzic é di giudicare, voglio anc e dimo-strarvi c e, se il paradosso c e vi o appena esposto non è vero,se non abbiamo parecc ie percezioni tutte insieme e contem-poraneamente, è impossibile ragionare e discutere» ; «Un para-dosso, di cui poc e persone coglieranno la verità» . E poi, Dide-rot non dice forse nella lettera del 14 novembre 1769 a Grimmdi aver scritto «un bel paradosso»? Egli usa cioè il termine nelsenso indicato dall'Enciclopedia : il paradosso «è una proposi-zione apparentemente assurda, perc é contraria alle opinionigeneralmente accettate, ma c e, nondimeno, è vera, o almenopuò assumere un aspetto di verità»' 2 .

livres» (cfr. D . Diderot, Correspondancepubliée par G. Rot etJ . Varloot, Paris,Les Editions de Minuit, 1970, vol . XV p. 62 c nota 24) . II lavoro fu rappresen-tato 25 volte dal 1761 al 1770, 39 volte dal 1771 al 1780, 52 volte dal 1781 al1790 (cfr. Diderot, Le Rêve de /'AŮmbert, ediz . J . Varloot, Paris, Les EditionsSociales, 1971, p . XLIX, 2) .

`] Data alle stampe postuma nel 1834, è stata messa in scena alla Salle Val-ubert dalla compagnia L'Équipe il 30 marzo 1951, ed è entrata nel repertorio

della Comédie il 22 novembre 1955 .22 Nella lingua greca dalla quale a origine, l'aggettivo paradosso» designa

tutto ciò c e soveic ia o contraddice l'opinione comune . »Paradossale, nei

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d

LouisJouvet, c e come vedremo meglio piú avanti a dedi-cato molta attenzione al Paradoxe, propone però un'altra inter-pretazione 23 . Leggendo le speciose considerazioni di Diderotnon bisogna mai, scrive il grande attore francese, dimenticare í1loro titolo: è un paradosso, una scintillante digressione ; intim-lando la sua opera Paradoxe, Diderot a voluto sottolineare ilcarattere anormale, quasi contraddittorio della psicologia

}itt ï dell'attore . Ma Belava) osservar° c e una tale interpretaziones, r

• sarebbe accettabile soltanto se Diderot concedesse al soloattore il potere di sdoppiarsi, mentre invece lo accorda a qua-lunque artista, ed anc e ad altre categorie, ai cortigiani peresempio, e perfino a qualsiasi osservatore . I1 paradosso sull'at-tore non è il paradosso dell'attore .Jouvet stima anc e c e Diderot abbia errato non distin-

guendoo tra il comédien e l'acteur. Ma ciò non è vero : nell'Enciclo-pedia Diderot scrive : «La funzione dei eomédiens esige, per eccel-leM, [ . . .] un gran numero di qualità c e la natura riunisce

r tanto raramente nella stessa persona, da far sí c e si contino piúgrandi acteurs c e grandi comédiens» . La distinzione, dunque, gliè presente ; e ai suoi occ i il comédien è piú grande dell'acteur. I1paradosso è pertanto la verità del comédien, e dovrebbe esserequella dell'acteur. Ma qual è questa distinzione tra í due ter-mini, la cui traduzione in italiano si presenta praticamenteimpossibile?

I1 Larousse scrive: «II termine comédien designa l'attore dram-matico senza distinzione di genere [ . . .] . Nel linguaggio cor

linguaggio moderno, è quindi ogni verità filosofica c e immediatamente col-pisca e sorprenda la comune opinione degli uomini, o anc e la stessa tradi-zione speculativa di fonte alla quale essa si afferma, per quanto poi, control-lata nella sua fondatezza logica, essa possa apparire plausibile, ed anni piú plau-sibile di quella rispetto alla quale si presenta in un primo tempo come parados-sale . Accanto a questo significato píá generico, però, si è venuto determinando,nell'età moderna, quello piú tecnico per cui il «paradosso» non soltanto con-trasta con l'opinione comune o con quella di una tradizione speculativa c ein virtú degli stessi argomenti in esso impliciti possa essere superata, ma restacomunque in irriducibile antitesi rispetto a un piú vasto o diverso sistema diverità, c e esso contraddice ma non può abbattere, pur non potendo esserneabbattuto. (G . [«ido] C. [alogero l , «voce» Paradosso dell'Enciclopedia italiana,Roma, 1335, vol. XXVI, p . 275).

23 In Enηclopédiefтançaae, t . XVII .z, Y . Beloval, op. cit ., p . 169 .

C'o < έ

20

rente si adoperano indifferentemente í termini comédien, acteur,o anc e artista drammatico . La sfumatura tra questi differentitermini rimane sottile . Louis Jouvet dice c e "ci sono acteursc e sono comédiens, e comédiens c e sono acteurs" . Bisogna conciò intendere c e la parte del genio e quella del mestiere pos-sono di volta in volta avere la prevalenza? Sarebbe come direc e si nasce comédien, ma si diventa acteur. Nel XVII secolo è iltermine comédien, nel senso piú vasto, c e viene adopěrato. Lacompagnia dell'Hotel de Bourgogne, specializzata nell'inter-pretazione della tragedia, prende, sotto Luigi XIII, il nome di

"Compagnia reale di comédiens" [ . . .] . Ai giorni nostri, malgradol'uso familiare del termine, si attribuisce al titolo di comédienmaggiore nobiltà c e a quello di acteur'> . Non sembra c eabbiamo fatto un gran passo avanti ; e infatti tutti í vocabolarisono unanimi e recisi su un solo punto : comédien è c i inter-preta moli teatrali, di commedia, di dramma, o di tragedia,indifferentemente . Ma la distinzione tra acteur e comédien?

Ci soccorre in proposito André Villiers2 s : «Nel linguaggiocorrente si adoperano oggi indifferentemente i termini acteur ocomédien, senza preoccuparsi della definizione del Littré :"Acteur è relativo ai personaggi c e agiscono in un lavoro tea-trale, e di conseguenza ai personaggi c e li rappresentano ;comédien è relativo alla professione" . Queste sfumature di lin-guaggio si cancellano davanti a un'altra distinzione, secondo laquale esistono due tipi di interpreti, corrispondenti a strutturedi comportamento e a ideali di espressione nettamente diffe-renti . Louis Jouvet a ripreso la notazione, c e non è nuova,dandole importanza : "Mentre l'acteur non può interpretarec e determinate parti (le altre le deforma adattandole alla suapersonalità), il comédien può invece interpretarle tutte . L'acteurentra nel personaggio, il comédien lo riceve

in sé"26 .Questa

osservazione non deve fuorviarci : in tutti i casi di presa di

-i T

: coscienza del personaggio, è appunto un'anima estranea c eviene ad abitare nell'interprete . Ma la distinzione a il meritodi contrapporre colui c e compone í1 suo personaggio a colui

zs André Villiers, L'art du comédien, Paris, PUF, 1953, pp . 66-67 .2θ Cfr. Louis Jouvet, Arte e commediante, nel volume L'attore, a cura di Lucio

Ridenti, Torino, SET, 1957, p . 9 .

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c e lo piega al proprio temperamento . 11 comédien - la distin-zione obbedisce alla suggestione del linguaggio-prende tutti ívisi della commedia ; l'acteur non a questa diversità e questacapacità di cancellare, si conserva nell'azione qual è .

«L'osservazione va anc e oltre quando Jouvet precisa : "Untragédien, per esempio, è sempre un acteur, cioè un interprete lacui personalità è talmente forte, talmente evidente, c e il

mimetismo lo lascia sempre-anc e quando egli interviene in

larga misura - in possesso della sua personalità" . E quando,d'altra parte, osserva : "L'acteur è un comédien senza pudore", èun po' "esibizionista" . Cosí il tragédien, attore senza pudore, èl'interprete di una certa forma drammaturgica e la sua espres-sione dipende dalle sue disposizioni caratteriologic e. Senzadubbio, si tratta qui di una semplificazione un po' spinta ; Jou-vet osserva molto giustamente : "Vi sono acteurs c e sono comé-diens, e comédiens c e sono acteurs" . I tipi non sono tagliati inmodo cosí netto e sistematico . Basta poco in piú o in meno afare l'acteur - piú vicino alle sue tendenze istintive, con unapersonalità fisica e morale c e s'impone vigorosamente sul per-

sonaggio -o il comédien-c e dimentica se stesso nella compo-sizione del personaggio . La distinzione tra acteur e comédien,mediante un'approssimazione di comodo, ric iama l'atten-zione sulle dominanti o dell'azione pura e personale o delmimetismo della commedia, e mette in evidenza due impor-tanti categorie d'interpreti.»

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Possiamo dunque stabilire c e l'acteurè l'interprete dotato di-`' S ~? > J

forte personalità propria, la quale s'impone sul personaggio, etv "' `

_ • c e perciò è adatto ad interpretare soltanto talune parti ; il come-f?

_ ' dien, invece, piú dotato di spirito mimetico e di capacità imita-tA ? ti T' C-

C tive, può interpretare le parti piú diverse . E c e per Diderot ilcomédien è superiore all'acteur. Dunque il Paradoxe cur le comé-dien investe l'attore in quella c e per Diderot è la sua espres-sione piú alta e completa . «Se si considera lo scopo degli spetta-coli e il talento necessario in colui c e sa sostenervi una partecon successo, -aveva scritto Diderot nell'articolo sul Comédienpubblicato nell'Enciclopedia - la professione di alt oгé prendenecessariamente presso ogni persona dotata di spinto il gradodi considerazione c e gli è dovuto [ . . .] . Coloro c e esercitanotale professione sono l'organo dei propri geni e degli uomini

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piú celebri della nazione [ . . .] . La loro funzione esige, per eccel-lervi, portamento, dignità, voce, memoria, gesto, sensibilità,intelligenza, conoscenza dei costumi e dei caratteri, insommaun gran numero di qualità c e la natura riunisce tanto rara-mente nella stessa persona, da far sí c e si contino piú grandiacteurs c e grandi comédiens .»

Ma, se Diderot pensa piú al comédien c e all'acteur; se il para-dosso è la verità del comédien e dovrebbe essere quella dell'ac-teur ; se il titolo dell'opera significa, come propone Belavate',«Difesa dell'opinione contraria a quella comune secondo laquale l'attore dovrebbe essere dotato di grande sensibilità e discarsa intelligenza, e non meriterebbe il nome e la qualifica diartista» : allora il problema della «sensibilità» dell'attore e quellodella sua capacitadí sdöppiärsi acquistano effettivamente tuttoil ñÏoctecte ad essi è dato nel Paradoxe .

In c e misura è esso paradossale? Rispetto alle idee c e circo-lavano al tempo di Diderot, intanto, appare meno paradossaledi quanto si possa pensare . Ecco per esempio, nel riassunto fat-tone dall'abate Raynal nelle Nouvelles littéraires, il contenutodella lettera sull'Ars du T éâtre di Antoine-François-ValentinRíccoboni, detto Lélio fils, pubblicata nel 1750 : «Secondo l'au-tore l'intelligenza dell'attore consiste nella sua capacità di con-cepire in qualunque momento il rapporto c e ciò c 'egli dicepuò avere col carattere del personaggio c e interpreta, con lasituazione in cui lo pone la scena, e con l'effetto c e tutto ciòdeve produrre sull'insieme dell'azione teatrale [ . . .] . Nel capi-tolo sull'espressione, l'autore a un'idea nuova c e mi parebella e vera . Si crede comunemente c e, per esprimere conforza í sentimenti del suo personaggio, un attore debba esserecompenetrato di questi sentimenti . Riccoboni sostiépe invecec e se si a la disgrazia di sentire veramente quel c e si,deveesp mere,non sie piu m con izione i recitare . sen amen i sisuccedono sulla scena cőn una rapidità c é non esiste nellarealtà. La breve durata di un lavoro teatrale costringe a una pre-cipitazione c e, avvicinando gli oggetti, conferisce all'azioneteatrale tutto il calore c e le è necessario . Se in una scena di

2 ' Y. Beloval, op . d!, p . 170 .

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tenerezza vi lasciate trasportare dal sentimento ric iesto dallaparte, vi ritroverete d'improvviso col cuore stretto, la voce vi sistrozzerà in gola ; se a quel punto dovrete passare rapidamentealla piú grande collera, come vi sarà possibile)» . Sembra di leg-gere il Paradoxe diderotiano.

E Rémond de Sainte- Albine, nel saggio su Le Comédien pub-blicato nel 1747 e anc 'esso recensito dal Raynal nelle Nouvel-les littéraires, sebbene si ponesse all'altro estremo sostenendo latesi della recitazione come immedesimazione, aveva scrittoanc 'egli frasi c e suonano diderotiane, come le seguenti : «È laNatura c e sbozza l'attore, ma è l'Arte c e ne compie la forma-zione»; un attore può eccellere soltanto «se a quella fine per-cezione delle convenienze c e dev'essere la bussola degliautori e degli attori ; bisogna c e diventi autore lui stesso»(dove «autore» significa, evidentemente, creatore) .

Infine la Hamburgisc e Dramaturgie di Lessing (1767-69)sostiene tesi c e sono anc 'esse molto vicine a quelle di Dide-rot, al punto c e c'è stato c i a proposto l'ipotesi c e Dide-rot ne abbia subito l'influenza .

D'altra parte, come negare le contraddizioni tra la tesi deiParadoxe e tante frasi sparse un po' dovunque in altre opere diDiderot? Negli Entretiens sur le Fils nature) (1757) leggiamo peresempio c e un'attrice «dotata d'intelligenza limitata, di pene-trazione comune, ma di grande sensibilità, coglie senza diffi-coltà una situazione psicologica» e sopravanza «tutta la sagaciadel filosofo» il quale analizza; e leggiamo c e « í poeti, gli attori,í musicisti, i pittori, i cantanti di prim'ordine, i grandi ballerini,gli amanti teneri, i veri credenti, tutta questa folla di gente entu-siasta e appassionata, sente vivamente e riflette poco» . In unalettera alla giovane attrice Mademoiselle Jodin, Diderot scrive :«Un attore c e abbia soltanto buon senso e giudizio è freddo ;uno c e abbia soltanto vivacità e sensibilità è folle . È una certacombinazione di buon senso e di calore c e fa l'uomosublime ; e sulla scena come nella vita c i mostra píú di quantosente, fa ridere invece di commuovere». Non si può forse direc e Diderot capovolga nel Paradoxe queste affermazioni

28 Friedric Luiti nella sua edizione del Paradoxesurle comédíen, Strasbourg,Heiti, «Biblioteca Romanica» .

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quando vi scrive : «È l'estrema sensibilità c e fa gli attorimediocri ; è la sensibilità mediocre c e fa l'infinita sc iera deicattivi attori ; ed è l'assoluta mancanza di sensibilità c e preparagli attori sublimi»?

E poi c'è il Neveu de Rameau, dove i1 problema si presenta in

L irelazione all'eccezionale capacità mimetica di cui il nipote del «a T '^ agrande musicista vi fa sfoggio . Anc e qui, è necessario premet-tere una definizione dei termini. J.Mntómimá è sempre statamolto a cuore a Diderot, c e l' a fortemente valorizzata . Peresempio, dopo la prima del Tancrède di Voltaire nel settembre1760, Diderot scrisse al «patriarca», esaltando l'interpretazionedella Clairon : «A , mio caro maestro, se vedeste la Claironmentre attraversa la scena semiriversa sui carnefici c e t'attor-niano, le ginocc ia c e le si piegano, gli occ i c iusi, le bracciacadenti come fosse morta ; se udiste il grido c 'ella landarespingendo Tancredi, sareste piú c e mai convinto c e ilsilenzio e la pantomima anno talvolta una pateticità c e nep-pure tutte le risorse dell'arte oratoria sono in grado di raggiun-gere»' 9 . Nel Neveu de Rameau Diderot a posto una quindicinadi pantomime'", a dedicato alla pantomima tutto un capitolodel suo Discours surlàpoésie dramatique, a cekátodi ìńéitere inrilievo tutto il valore drammatico del gesto espressivo delladanza negli Entretiensc sur le Hic naturel, e nel Paradoxe a lodatoGarrick per le sue straordinarie capacità mimetic e

Ora, bisogna distinguere tra pantomimo e attore . SecondoJaucourt e Marmontel, c e redassero la «voce» Pantomimarispettivamente per l'Enciclopedia e per il Supplemento dell'Enci-clopedia, il pantomimo crea ex ni ilo una rappresentazione illu-

29 Nella Correspondance di Voltaire, ediz . Besterman ; si tratta della lettera n .8660.

10 Vedine l'elenco in Mic èle Duc et, Entretiens sur «Le Neveu de Rameau,Paris, Nizet, 1967, p. 88 .

t! Cfr. M. Perrin, David G'arrick omme de t éâtre, Lille-Paris, 1978 ; e R .V,rolle, Naverre, Garrick, Diderot: pantomime et littérature, in Mntf etjigures,Publications de l'Université de Rouen, Centre d'Art, Est étique et Littérature,Paris, 1974, pp . 201 sgg. Si veda anc e G . M . Bergman, Lagrande mode despanto-n«mes û Paris et lev spectacles de Servandoni, in 7 édtre Researc , t. li, 1960, pp . 71sgg ., in cui si cita «il nuovo stile teatrale, fortemente impregnato di panto-mima', c e Mlle Dumesnil, qualc e anno dopo, nel 1743, lancia nel ruolo diMerope, in cui, secondo la formula di Voltaire, recita «col diavolo in corpo .

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Boria e senza durata, mentre l'attore resta subordinato ad untesto c e non a inventato, sc iavo di un'invenzione anterioree per lui necessitante . Tuttavia, a leggere gli scritti teorici diDiderot, questa distinzione appare assai meno netta, e i due ter-mini sono spesso scambiati, o almeno definiscono due aspetticosí vicini l'uno all'altro, c e Diderot tende a confonderli .Questa confusione può spiegarsi in base alla posizione criticac e Diderot adotta di fronte al teatro del suo tempo . Infatti,rimproverando agli attori una declamazione statica, auspica alsuo posto una recitazione (anzi un jeu, cioè, appunto,uñzíone scenica) viva e naturale, e afferma persino, per l'at-tore, la necessità di diventare pantomimo. «Noi parliamotroppo nei nostri rammi - scrive neg i ntret;ens sur le Filsnaturel- e di conseguenza í nostri attori non vi svolgono suffi-ciente azione scenica» [«n 5î jouent pas assez>)] ; nel Paradoxeafferma c e il dramma deve concludersi con un'azione e noncon un racconto; nel Dż court sur la poésie dramatique giungefino ac ied?Fe2llee scene mute, veri mimodrammi, sempre innome della verità e della naturalezza . Perciò, per volontà deli-berata o per confusione inconsapevole, Diderot assimila inlarga misura l'attore e il pantomimo' .

Ma quando esegue una pantomima, il nipote di Rameaucontraddice i precetti c e sono alla base del Paradoxe sull'auto-controllo dell'attore . Nella «grande pantomima» da lui ese-guita nel Neveu de Rameau, è un crescendo c e lo porta al piúcompleto e assoluto oblio di se stesso : «Cominciava ad entrarenella passione e a cantare a bassa voce . Elevava il tono manmano c e si appassionava maggiormente . Poi vennero í gesti, lesmorfie del viso e le contorsioni del corpo ; e io dico : benone,ecco c e perde la testa [ . . .] . Lui non si accorgeva di niente ; con-tinuava, in preda a un'alienazione spirituale, a un entusiasmocosí vicino alla follia, da esser dubbio c e potesse ritrarsene eda c iedersi se non si dovesse gettarlo in una carrozza e con-durlo direttamente al manicomio [ . . .] . Con l'aria di un energu-meno, roteando gli occ i, sc iumando dalla bocca [ . . .] . Avevacompletamente perduto la testa» .

'2 Cfr. in proposito k osservazioni di Jean-Yves Pouìlloux, in M . Duc et,op . cit., pp . 90-91 .

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Sembra c e la contraddizione sia completa : il nipote diRameau è tanto piú veridico nella sua pantomima in quanto ècompletamente fuori di sé, preda e vittima di una vera e propriaalienazione . Vi è però un'importante distinzione da fare, ed èsuggerita da Roland Desn&' : la distinzione tra la pantomimanel teatro_e Ja_pantómíma nel r~mánzö. Nel teatro fa panto-mima è mezzo d'espressione , vale come linguaggio gestuale ;nel romanzo il mezzo d'espressione è il linguaggio scritto, e lapantomima cessa perciò di essere un supporto della creazionedrammatica, per diventare oggetto di creazione letteraria, il c eè tutt'altra cosa. Basterebbe, per convincersene, ricordare c enella sua ben nota recente messa in scena del Neveu deRameau,Pierre Fresnay non a mai fatto ricorso alla pantomima .

Ma torniamo al confronto fondamentale tra le affermazionicontenute negli Entretiens sur le Fils naturel e quelle dei Para-doxe, perc é è in tale confronto c e la contraddizione tra dueposizioni opposte sembra indiscutibile Fissiamo prima ditutto un punto: gli Entretiens sono del 1757, le Observaüons surGan-ick del 1769, íl Paradoxe sur 1ε comédien del 1773, con suc-cessive rielaborazioni. Ora, gli anni 1769 e seguenti sonoappunto quelli in cui la filosofia diderotiana trova il suo svi-luppo e la sua sistemazione . Certo, ci sono occasioni per cosídire esterne c e anc 'esse influiscono sull'evoluzione del pen-siero di Diderot relativo al teatro e all'attore, e su di esse aric iamato l'attenzione il Wilson" : per esempio la tournée diGarrick a Parigi nell'ottobre 1764, commentando la quale, e ladimostrazione data dall'attore inglese della sua eccezionalecapacità di esprimere in rapida successione una serie di emo-zioni, Diderot scriverà : «Forse c e il suo animo a potuto pro-vare tutte quelle sensazioni, ed eseguire, di concerto col viso,tutta quella gamma di espressioni? Io non ci credo affatto, eneanc e voL>'s . Un altro elemento è l'influenza c e sulle teorie

u Ibidem, p . 104 .<-' A .M . Wilson, tac. cit" E indubbio c e Diderot fu indotto ad accentuare la sua teoria dell'arte

drammatica c e tanto piú è buona quanto piú l'attore è freddo e distaccato,dalla sua interpretazione del nodo di recitare di Garrick . Tuttavia A.M. Wil-x'n, nella sua biografia di Diderot (pp . 623-24), sostiene c e c'era da parte diDiderot, in questa interpretazione, un certo grado di equivoco, facilitato dal

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drammatic e di Diderot a l'esperienza nel campo delle artifigurative fatta attraverso i salons' ó : l'importanza della tecnicagli appare sempre maggiore, ed egli si dimostra sempre piúincline ad apprezzare il «finito» rispetto all'abbozzo, allosc izzo (un particolare, questo, c e torna nel Paradoxe, pas-sando dalla pittura e dalla scultura al teatro, applicato all'at-tore), e nel Salon del 1767 dà della teoria del modello ideale -c e tanta pane avrà nel Paradoxe - la sua migliore formula-zione, e in quello stesso Salon scrive : «Ho visto dipingere LaTour: è tranquillo e freddo ; non si tormenta, non soffre, nonansima; resta freddo, e tuttavia la sua imitazione è piena dicalore. Questo pittore non a mai prodotto niente di getto, ail genio della tecnica; è un meraviglioso meccanico» .

Cosí, ripercorrendo il cammino compiuto da Diderot tra il1757 e il 1769-73, il Wilson, il Vernière, il Belaval anno insi-stito sulla necessaria collocazione del Paradoxe sur le comédiennel quadro della produzione diderotiana e dell'evoluzione delsuo pensiero .

I1 Paradoxe va infatti classificato tra le opere, press'a pocodello stesso periodo, in cui l'autore, alle soglie della vecc iaia,esprime il suo pensiero piú maturo, piú vero e piú intimo .Queste opere sono : Le Neveu de Rameau, c e a occupatoDiderot dal 1761 al 1774 ; l'Entretien mire d'Alembert et Diderot, í1Rêve de d'Alembert e l a Suite de l'Entretien (1769) ; í 1 Paradoxe .sur le

fatto di aver sempre visto l'attore inglese recitare nel c iuso di una stanza e nonsulla scena . «Lo stesso Garrick -aggiunge Wilson - può aver deciso c e Dide-rot aveva in qualc e modo mal interpretato la base della sua arte, perc ésembra c e non abbia mai risposto a un invito, fattogli da Suard, di commen-tare quello c e probabilmente era un manoscritto del Paradoxe Sur le comédien .È possibile c e Garrick fosse imbarazzato . Forse giudicò c e Diderot avessefrainteso, come se una persona e e osservasse un celebre musicista prepararsi asuonare Scarlatti facendo le scale, prendesse 1e scale per una sonata e restasseconvinto di aver visto e sentito tutto ciò c e era necessario per giudicare l'artedel musicista .»

36 Dei Salons si veda l'edizione di Jean Seznec e Jean Ad émar, 4 voll .,Oxford, I 957-67 . Sui Salonscfrs

il lavoro critico di Mic ael T. Cartwrig t, Dide-ot critique d'art et le probléme de l'expression, in Diderot Çtudzes XIII, Genève,Droz, 1969, c e dà anc e conto di tutti i precedenti e della relativa bibliografae dove sono anc e vari accenni al Paradoxe sur le comédien. Si veda inoltreMarie-Louise Roy, Poetik Denis Diderots, Münc en, Fink, 1966, e Else MarieBukdall, Diderot critique d'art, Copen agen, 1980 .

comédien (1769-78 ed oltre) ; il Supplément au voyage de Bougain-ville (1772) ; la «satira» Sur les caractères et les mots de caractère, deprofèssion, etc ., scritta dopo il ritorno dalla Russia (settembre1774) ; l'Entretien d'un P ilosop e avecla Maréc ale de » » (1776) .

Gli Entretiens surle Fils naturel, c e presentano, in fatto di sen-sibilità dell'attore, la piú stridente contraddizione col Para-don, sono del 1757 . Diderot non a ancora approfondito lasua teoria né sull'intelligenza né sulla sensibilità . L'articolosulla fisiologia, c e si rifa alla teoria di Bordeu, uscirà nell'Enń-clopedia soltanto nel 1765. Fino a quel momento, col termine«sensibilità», Diderot indica in maniera generica e vaga moltecose diverse : emozione, passione, tatto, entusiasmo, ecc . Etutte queste modalità della vita affettiva si unificano sottol'idea, anc 'essa abbastanza vaga, di istinto . Quando scrive ilParadoxe, sono passati tanti anni, all'età delle passioni è suben-trata l'età della riflessione e del gusto, e soprattutto Diderot aapprofondito la sua filosofia, si è iniziato al vitalismo di Bordeu, a elaborato la sua nuova posizione nel Rêve de d Alembert,sta per scrivere quella Réfutation d'Helvétius in cui renderà dialettico il suo materialismo, prenďe gli appunti c e rielaborerànegli Elemenčs de p ysíologie . L'intelligenza (il jugement) è postaalle dipendenze del cervello (l'origine du faisceau), mentrel'emotività è diventata periferica, e l'istinto è considerato conun contenuto biologico ben determinato . «Si vede l'evolu-zione di Diderot- commenta í1 Belaval". -Ciò c e prima l'in-teressava nell'istinto, era la sua formazione meccanicamediante l'abitudine ; ma gli si è c iarito c e l'abitudine nonpoteva a sua volta formarsi se non a partire dall'attitudine ; diconseguenza, ciò c e ora gli appare fondamentale nell'istinto,è soprattutto il suo vitalismo, la sua funzione . Di colpo, l'ordine c e caratterizza l'istinto si contrappone al disordine cosíevidente della sensibilità emotiva . D'altra parte, la ragione nonè forse, per eccellenza, una spontaneità orientata, ordinata eordinatrice, e quindi un istinto? Ecco quindi Diderot portatoad aspettare dalla ragione quello c e prima attribuiva alla sensi-bilità. Ma, per far ciò, deve limitare il significato della sensibi-lità, includendovi soltanto l'emozione grezza e la sensiblerie

" Y. Belaval, op. cit., pp . 270 sgg .

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vaporosa degli uomini e dei popoli deboli . In conclusione, lafamosa contraddizione tra gli Entretiens e í1 Paradoxe non è, allalunga, cosí stridente come si è preteso, dato c e si basa su ter-mini c e non anno piú la stessa estensione . E lo è tanto meno,in- quanto il Paradoxe conserva, nella creazione, la funzionedell'entusiasmo .Come riconosce il Mornet, nei Paradoxe "ilppeta trae e ordina con una superiore lucidità í materialiinformi accumulati dall'entusiasmo" . I1 c e significa : senzaintelligenza, niente creazione valida, certo ; ma senza entu-siasmo, niente creazione . Di questo entusiasmo, gli Entretiens cidescrivevano il delirio [ . . .] . Ora, Diderot vuole c e questo deli-rio sia temperato ; esige maggiore severità nella scelta dei mate-ńa1i; tende a razionalizzarlo, non secondo una ragione astratta,ma secondo la ragione-istinto . Si riallaccia al mirabile articolodell'Enciclopedia, apparso nel 1755, c e fa dell'entusiasmo un"capolavoro della ragione". Se infine si aggiunge c e nel Para-doxe Diderot non si attarda piú, come negli Entretiens, sulmomento dell'entusiasmo, e riserva la sua attenzione al lungolavoro c e lo prepara - l'osservazione - o c e lo segue - lamessa in opera -, c e cosa resta della contraddizione tra i suoitesti?»

I1 punto, dunque, c e troppe volte non si è consideratoquando si è polemizzato sul Paradoxe, è c e Diderot, filosofocertamente non sistematico, a adoperato il termine «sensibi-lità», nelle sue varie opere, in differenti accezioni . Altro è la sen-sibilità morbosa (sensiblerie), altro è la sensibilità come emoti-vità, e altro ancora è la sensibilità come gusto e come tatto,come capacità di avvertire e di penetrare . Nel primo significato,per quanto riguarda il Paradosso, Diderot la respinge negliattori come nociva ; invece nel secondo significato, e soprat-tutto nel terzo, ne fa una qualità indispensabile per il grandecomédien. Non per nulla scrive c e «altro è sentire, altro esseresensibili» . Il jugement c e deve sostituire la «sensibilità» nelsignificato deteriore del termine, non esclude affatto, nellaconcezione del Paradoxe, né l'immaginazione né l'entusiasmo :«E il sangue freddo c e deve temperare il delirio dell'entu-siasmo» : il delirio dell'entusiasmo, non l'entusiasmo . Cioècontrollarlo, ordinarlo, renderlo efficace . I1 genio non è la puraeffusione della «sensibilità», ma una misteriosa combinazione

di immaginazione e di autodisciplina . E quando, per esempio,si cita come un'altra contraddizione rispetto al Paradoxe la frasedi Diderot c e confrontando «l'uomo di genio, il grande scrit-tore e l'uomo sensibile» scrive : «Di queste tre qualità nonaccetto c e l'ultima; essa mi basta, si può possederla ed essereprivo delle altre due, c e è raro c e si abbiano senza quella»,facendo cosí, pare, il maggiore elogio della sensibilità, sidimenticano varie cose: si dimentica innanzi tutto c e quellafrase è in risposta a un complimento di Marmontel, il quale loaveva definito «uomo di genio, grande scrittore e uomo sensi-bile», c e il complimento era imbarazzante, e c e Diderot, pernon apparire presuntuoso, non poteva rispondere c e comerispose ; e poi si dimentica c e la sensibilità c e in quellarisposta a Marmontel Diderot riconosceva a se stesso, non èpiú quella del Paradoxe, antitesi dell'intelligenza, sensiblerie ner-vosa c e viene a corrompere la morale : l'uomo sensibiledell'Essai sur les règnes de Claude et de Néron, in cui quella frasetppare nel 1778, è l'uomo di cuore c e è guidato dalla sag-gezza, non dalla passione disordinata .Insomma, come a precisato il Vernière'A, Diderot,

ampliando le Observations sur Garrick e trasformandole nelParadoxe sur le comédien, è giunto alla conclusione - coerente-mente con tutta l'evoluzione e la precisazione del suo pensierofilosofico-c e la sensibilità dell'attore non è c e un caso par-ticolare della teoria della sensibilità sviluppata nel Rêve de(PAlembert, sicc é «il paradosso sull'attore è un annesso al para-dosso sull'uomo» : l'attore partecipa della nostra condizionebiologica e, nel dualismodi struttura c e contrappone il cer-vello al sistema simpatico (nel linguaggio di Diderot, il dia-framma), nón,può essere geniale se non mediante la pienapadronanza del suo essere e mediante la presa di coscienza delsuo mostruoso dualismo . Il passaggio da un'estetica del dia-framma a un'estetica del cervello affiora in tutte le sue operedello stesso periodo, e il panpsic ismo materialistico c e è allabase del Paradoxe costituisce la struttura portante del Rêve ded'Alembert, dove, parlando non dell'attore ma dell'uomo ingenerale, Diderot aveva scritto : «Se a la sfortuna di possedere

38 p. Vcrnière, loc, cit.

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questa disposizione naturale [la "sensibilità"], l'uomo dotatodi grandezza si adoprerà incessantemente a indebolirla, adominarla, a rendersi padrone dei propri movimenti, e a far síc e il cervello [l'origine dufaisceau] conservi tutto il suo domi-nio . Cosí facendo serberà il sangue freddo in mezzo ai mag-giori pericoli [ . .] sarà gran re, gran ministro, gran politico,grande artista, soprattutto grande attore, gran filosofo, granpoeta, gran musicista, grande medico [ . . .] . Gli esseri sensibili,cioè í folli, si trovano sul palcoscenico, mentre lui sta in platea ;ed è lui c e è il saggio» .

I1 Belaval, prendendo probabilmente un abbaglio", includei1 Paradoxe tra le «satire» ; ma le considerazioni c e ne trae nonperdono valore anc e se si respinge tale identificazione'° :«Questa inclusione del Paradoxe nel ciclo delle tre satire nonpermette anc e di precisare le intenzioni di Diderot? Per satiraegli intende la descrizione di un caso concreto : la satirariguarda un tartufo, e la commedia riguarda il Tartufo . La satiraprende di mira un vizioso, e la commedia un vizio . Se esistes-sero soltanto una o due Preziose ridicole, se ne sarebbe potutofare una satira, ma non una commedia . Insomma, la satira staalla grande arte come il singolare sta a1 generale, come l'indivi-duo reale sta al modello ideale . Ora, eccezion fatta per í1 Neveude Rameau, né il saggio Sur les caractères, né il Paradoxe si fer-mano a un solo personaggio : essi costituiscono delle raccoltedi fatti osservati . Lo scopo di Diderot non è dunque di fareopera d'arte, nel senso c e egli non cerca di darci una lezionemorale mediante la pittura di un modello ideale ; il suo scoponon è neppure di fare opera di scienza teorica, come nella Lettresur les aveugles e nella Lettre sur les sourds-muets . Si tratta invece dinotare quei tratti significativi c e c iariscono un carattere, dismasc erare i falsi lineamenti dell'attore per meglio mostrarnela verità : si tratta di un lavoro di psicologia concreta . Questolavoro resta nella tradizione dei nostri moralisti . L'autore vuoleistruire e correggere . Non pici, lo ripetiamo, tipificando í suoimodelli, ma dipingendoli dal vero, tali e quali sono in carne edossa. E può darsi c e Diderot abbia approfittato di queste

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79 Cfr. note 7 e 8 .'a y, Relavai, op . c1 ., pp. 171-72 .

descrizioni dal vivo per liberare quei pensieri semisegreti c eciascuno porta dentro di sé senza troppo osare proferirli, per-c é non sa píú bene, in piena buona fede, in c e misura cicrede e deve farli propri» .

Q

s o łoOsservate la natura, restate aderenti alla realtà ; e perciò fate sí

Swf;~c e sull'impulso emozionale abbiano la meglio la riflessione

źtcritica e l'autocontrollo, c e soli possono mettervi all'altezza ť';+ado.-tdelle interpretazioni c e siete c iamati a dare . Questa è la rac-comandazione c e Diderot rivolge agli attori,guesto íl signifi-cato del Paradoxe Le aggiunte fatte da Diderot al testo dellaversione originaria non fanno c e svolgersi in questa dire-zione, cioè nel senso di una maggiore aćcentuazione dei pro-blemi generali, metafisici ed estetici, oppure relativi allariforma del teatro, c e il problema dell'attore, della sua perso-italità, dell'interpretazione comporta . E sulla riforma del teatroi1 Paradoxe si affianca agli Entretiens sur le Fils naturel (1757) e alDiscours sur la poésie dramatique (1758), completandoli. Tral'altro, Diderot a presente la polemica suscitata dalla Lettre à(l'lembert sur les spectacles di Rousseau (1759), polemica allaquale anno preso parte tra gli altri Marmontel con l'Apologiedu T éâtre (1761), il marc ese di Ximenes con la Lettre sur l'effetmoral du t éâtre, Grimm nella Correspondance littéraire del 15aprile 1759 .

Diderot concorda ćön Róusseau nella diagnosi : riconoscec e il teatro, cosí com'è, è soltanto un divertimento frivolo ingrado di produrre piccole impressioni destinate a dissolversi altermine dello spettacolo ; c e lo spettatore lascia i suoi viziall'entrata della sala per riprenderli all'uscita ; c e gli si offronoracconti adatti ai bambini; c e, dalle patetic égerémiadi díRacine alle rodomóntate di Corneille,_le v_i ~í presentate sullescene sono false. Ma è nella prognosi c e Diďerot si distacca daRousseau : questi vuole abolire il teatro, quello vuole rifor-marlo". Dietro questa diversa conclusione, vi è la diversa con-cezione della moralità e della natura . Rousseau crede in una

4> Dopo Y. Belaval, c e nell'op. cit. a dedicato alcune pagine al confrontoira Rousseau e Diderot, il tema è stato ripreso da Robert Niklaus, Diderol etRousseau . Pour et contre le t éâtre, in Dťderot Studies 1V, cit ., pp . 153 sgg . Di Nik-laus anc e Diderot and Drama, Exeter, 1953 .

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moralità stabilita, accessibile a quell'istinto divino c e è lacoscienza morali Diderot non ci crede. Predicano entrambi il«ritorno alla Natura» (questa espressione, c e è proverbial-mente russoviana, s'incontra tante volte nel Paradoxe) ; ma laNatura non è la stessa cosa per l'uno e per l'altro . Certo, pernessuno dei due la Natura risiede nelle convenzioni sociali,nelle convenienze mondane, nella buona educazione formale ;ma, tutto compreso, Diderot preferisce ancora le convenienzemondane e la buona educazione alla rusticità dei selvaggi . Lostato di natura appare a Rousseau come un'età d'oro in cui esi-stono soltanto sentimenti giusti e ragionevoli ; appare, invece, aDiderot come qualcosa c e si ritempra alle passioni forti,d'ispirazione biologica, e tanto dinamica quanto per Rousseauè statica . Dí qui,yer Diderot, il fatto c e la moralità è sempreda promuovere e da rifare, e proprio perc é la moralità e dafare, il teatro può contribuirvi : a condizione c e sia riformato .

In termini tecnici, questa concezione della natura e dellamoralità si traduce, sul terreno teatrale, in un'esaltazione di

tutto ciò c e è grande, forte, genuino, magari barbarico : S ake-speare diventa un modello . E insistendo nel porre al di sopra di

tutto. l'energia di un modello ideale, a spese, se occorre, delbuon gusto, Diderot si contrappone a Voltaire come il futuroal passato .

E singolare c e Diderot elegga a criterio di elevazione dell'at-tore-c e in tal modo diventa un vero artista, un creatore-lestesse notazioni sulle sue capacità mimetic e c e Rousseau,avevá elencate per manifestargli íl suo disprezzo . «In c e con-siste il talento dell'attore? -aveva scritto nella Lettre á d'Alem-bert.- Nell'arte di contraffarsi, di assumere un carattere diversodal proprio, di sembrare diversi da come si è, di appassionarsi afreddo, di dire ciò c e non si pensa con la stessa naturalezzac e se lo si pensasse realmente, e di finire col dimenticare il pro-prio posto a forza di prendere quello di un altro .» Ebbene,ribatte Diderot, quest'arte può essere utilizzata per migliorarel'uomo; e l'attore intelligente sarà tanto píú apprezzabilequanto piú avrà coscienza dei propri compiti, della loro speci-ficità, e non barerà .

Rousseau aveva esclamato : «Voi altri filosofi, c e vi preten-dete tanto superiori ai pregiudizi>>, salireste sul palcoscenico? E

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Diderot ribatte : «tanto ci salirei, c e da giovane, libero da tutti ipregiudizi, volevo fare l'attore» (Entretiens sur le Fils naturel),c e «io stesso, da giovane, esitavo tra l'università e il teatro»(Paradoxe), c e «ci sono salito quando o fatto parodie e pan-tomime» (Paradoxe) .

Proprio perc é l'attore si caratterizza per lo sdoppiamentoi ra la parte c e interpreta e ciò c e egli è realmente, proprio perquesto non vi è nessun legame necessario tra sdoppiamento eimmoralità, e proprio per questo l'attore c e magari interpretasulla scena un personaggio vizioso o repellente, è invece, nellarealtà, un uomo specc iato, come nell'esempio, ric iamato nel1>aradoxe, di Montménil, tartufo sulla scena, uomo candido eonestissimo nella vita .

I1 Paradoxe sur le comédien può anc e essere letto in unac iave diversa da quella c e certamente è la principale, anzi lasola in cui consapevolmente lo scrisse l'autore (c e mette alcentro del dialogo il problema dell'interpretazione teatrale) :può essere letto, cioè, cercandovi l'inconscia manifestazione diquell'insoddisfazione di sé, c e, come è noto, è stato uno deipiú tenaci motivi conduttori dell'opera di Didęrot'r. Anzi, èproprio tenendo presente c e, forse inconsapevolmente, l'au-tore inseguiva in quel dialogo anc e un problema di caratterepersonale, e comunque esistenziale, oltre c e artistico e inter-pretativo, è tenendo presente ciò c e meglio si può anc ecogliere quanto di sforzato, anc e dal punto di vista di una teo-ria drammatica, vi è nei noti passi sulla «nulle sensibilité'> .

Perc é bisogna riconoscere c e vi è pure qualcosa di sforzatonel modo in cui Diderot sviluppa e presenta le sue tesi . «Dide-rot s'inganna su un solo punto-osserva in proposito ClaudeRoy': - quando illustra la sua tesi con esempi c e vannotroppo oltre. Egli vuole talmente c e lo sdoppiamento sia la

', Sul sentimento di angoscia di Diderot per il fallimento della propriaopera cfr. P . Alain ; op. dt., pp . 446 sgg, con relativa bibliografia . In questa pro-spettiva assume particolare rilievo Le Neveu de Rameau, su cui si veda soprat-tutto Georges May, L'angoisse de l'éc ec et ta genèse du «Neveu de Rameau, in1),derot Studies ¡JI, Genève, Droz, 1961, pp . 285-307 . Cfr. anc e Yves Benot,1)idovt de !'at éisme å 1'antirotoniatúme, Paris, Maspero, 1970, pp . 68-70.

C . Roy, toc. cit.

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c iave del mestiere d'attore, da descrivere con ammirazione gliattori c e mentre recitano una scena d'amore litigano sotto-voce tra loro, c e fanno piangere il pubblico a calde lacrime ein realtà sono in preda a un'irritazione personale c e non anulla a c e vedere con la passione del loro testo . Diderot finiscecol credere c e l'attore possa essere tanto duplice da essereaddirittura spaccato in due . Dimentica qui il consiglio c e eglistesso dava a Mademoiselle Jodin : Se, quando siete sulla scena,non credete di essere sola, tutto è perduto . Sembra in effetti c elo sdoppiamento dell'attore come quello dell'uomo vera-mente padrone di sé, non sia mai un divorzio di sé da sé mauna subordinazione delle sue istanze intenon al propositounieo dell'individuo. Vi è sufficiente gioco nel funzionamentodello spirito umano perc é colui c e piange al funerale di unessere amato possa nel medesimo tempo sorridere della testadel becc ino, senza c e il suo dolore sia meno vivo né menosincero ; perc é colui c e contempla con passione la donnadella sua vita osservi nel medesimo tempo c e il rossetto sullelabbra si è sbaffato, senza per questo essere meno innamorato .Ma se a veramente voglia di ridere a crepapelle, il vedovo êancora veramente in lutto? Se prova repulsione per gli sbaffidel trucco, è ancora innamorato? I1 vero sdoppiamento èsempre una subordinazione dell'accessorio all'essenziale [ . . .] .Nel miglior libro c e sia stato ispirato dal Paradosso, Masks orFaces (1888), il grande uomo di teatro scozzese William Arc erinterroga tutti gli attori importanti del suo tempo . Essi consta-tano tutti c e sono capaci, beninteso, di quello sdoppiamentoc e consiste nel rialzare una sedia caduta nel bel mezzo di unagrande scena di passione, nel sorvegliare con la coda dell'oc-c io le reazioni del pubblico o il lavoro dei loro compagni . Malo spirito si sdoppia qui in funzione del fine c e esso stesso sidetermina, vi è distanziazione e non divisione, sdoppiamentoe non antagonismo, come nel caso degli aneddoti di Diderot[ . . .] . C e occorra un po' di gioco nel congegno per recitareveramente bene, quel margine c e è stabilito - tra il senti-mento e la sua espressione-dalla vigilanza del giudizio, nientedi pici vero, e il Paradosso, in fin dei conti, non è paradossale maevidente. Ma Diderot si lascia trasportare dal suo sogno,dall'immagine c 'egli delinea di un uomo tanto padrone di sé,

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i e sarebbe padrone anc e di un altro sé . Si possono guidare esorvegliare due cavalli attaccati allo stesso carro, ma non si puòcorrere contemporaneamente dietro a due lepri .»

Comunque, per riprendere il discorso interrotto, queste for-zature si possono meglio cogliere e comprendere se si tiene pre-sente la possibilità di leggere il Paradoxe individuandovi unamanifestazione di insoddisfazione di sé, un problema perso-nale e esistenziale di Diderot . Lo a notato il Freer", lo avevagià osservato precedentemente J . Undank°` .

«II problema centrale del Paradoxe - scrive l'Undank - èquello dell'efficacia dell'attore sulla scena, e questo problemasi collega con la questione fondamentale della sensibilitàdell'interprete [ . .] . Tutto il dialogo dipende dal significato edalle ramificazioni del termine "sensibilità" . Per c iarire la suatesi, Diderot fa numerose allusioni a persone di tutte le profes-sioni, alla società, a se stesso, e all'effetto della sensibilità su diesse e su di sé ; sottrae cosí il paradosso alla scena e finisce coldiscutere le virtú e le trappole - soprattutto queste ultime -dellaÇensibilità)stessa . I1 problema si sposta dunque, per fasisuccessive, dall'efficacia della scena all'efficacia personale nellediverse categorie e occupazioni sociali, la sensibilità restandosempre il cardine della discussione. Questo mutamento di pro-spettiva genera una serie di conftsioni, le quali, per quantopossano essere nocive al paradosso e alla teoria estetica c e essodovrebbe dimostrare, servono a sottolineare il fatto c e Dide-rot a lasciato c e la questione dell'attore cedesse sotto la pres-sione del proprio imperioso bisogno di ragionare sul problemagenerale della soddisfazione personale .

«Mosso da una tendenza già riscontrabile nel Rêve de d'A1em-bert (1769), in cui fa della sensibilità una reazione fisica invo-lontaria, un turbamento o una debolezza dell'organismo e lacaratteristica di "tutti gli esseri mediocri", Diderot, nel Para-doxe, crea, senza fare distinzioni, delle analogie tra funzionedella sensibilità nel successo personale e professionale dei rap-

" Alan J . Freer, Ta/ma and Didesot'sParadoxon acting, in Diderot Studies VIII,Genève, Droz, 1966, pp . 23 sgg .

45 J . Undank, Introduzione all'edizione critica da lui eurata deltapièce di Dide-rot, Est-il bon? Est-il méc ant?, in Studies on Voltaire and t e eig teent century,Genève, 1961, vol . XVI, pp . 107 sgg .

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E S c τ:

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presentanti dell'interpretazione artistica - cioè gli attori - e inquello dei rappresentanti della creazione artistica, nonc é deire, dei ministri, dei capitani di marina, degli avvocati e deimedici. E allo scopo d'includere queste diverse applicazionidella sua teoria, Diderot identifica, in modo poco conse-guente, la sensibilità con l'impetuosità, l'ispirazione, l'effu-sione emozionale, la "follia", l'incostanza del temperamento,l'emotività o la disintegrazione dell'io . In armonia con la pro-pria teoria sull'origine fisiologica della sensibilità, la vede lette-ralmente come una vittoria del cuore ; delle viscere e del dia-framma sulla testa, "la compagna del dolore e della debolezza" .Queste generalizzazioni e queste analogie frettolose c e ten-dono a denigrare la sensibilità, anno un curioso effetto : con-tribuiscono a demolire il paradosso stesso, giacc é, come afatto notare F. Vexler nei suoi Studies in Diderot's est etic natura-sm (New York, 1922), "se l'uomo sensibile è un essere capric-cioso e disuguale, sempre assorbito nell'emozione delmomento, incapace di lavorare ad un fine determinato, se èinesorabilmente condannato ad essere pazzo, non sarà buonoa niente, come suggerisce la definizione di Diderot, e non saràmeno disadatto alla carriera teatrale c e a qualunque altra pro-fessione. Perciò, domandiamo con William Arc er, dov'è ilparadosso?" .

«Fortunatamente la veemenza degli attacc i di Diderotcontro la sensibilità non gli a impedito di commettere alcunigravi errori e di fare talvolta, quasi inavvertitamente, delle giu-diziose distinzioni : queste ultime, benc é stornino l'atten-zione dagli eccessi della sua teoria estetica e perfino la contrad-dicano, rendono piú plausibili alcune delle sue esemplifica-zioni. I buoni creatori artistici, per esempio, non sono total-mente privi di sensibilità . E da essa c e traggono la loro ispira-zione; si contentano di dominarla o di controllarla, attendonoc e abbia perduto la sua virulenza . E quegli stessi attori c 'eglici descrive come assolutamente insensibili, intrattengono, inun lungo frammento d'illustrazione, delle conversazioni sottovocedi natura eminentemente passionale durante le loro rappresenta-zioni; dunque la passione non sarebbe piú uno dei segni distin-tivi della sensibilità? Vi sono momenti in cui Diderot sembraincapace di trovare nel reale i mostri fittizi c 'egli si crea .»

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ostituiva un attacco contro a senciò c e, in partenza, ctà -t-jdell'attore, a preso le proporzioni di una polemica corruc-ciata ; fissandosi in un unico scopo, Diderot a rinunciato alledistinzioni, a preso a partito la sensibilità stessa e l' a combat-tuta come fonte di mediocrità e come ostacolo al successo . Eglidefinisce la sensibilità diversamente, secondo il contesto dellasua argomentazione e delle analogie alle quali ricorre, ma nediscerne uniformemente un sintomo infallibile nella perditadel controllo fisico, emotivo e intellettuale : il verbo c 'egli uti-lizza piú frequentemente per descrivere coloro c e non nesono afflitti è "possedersi" . La sensibilità è cosí un ostacolo allaliberta di c i vuole erigere il proprio corpo coscientemënté ësecondo un piano ; colui c e ne è vittima non riesce piú a domi-nare se stesso : è alla mercé di uno slancio interiore, e le sue rea-zioni sono brusc e, violente, irriflessive, automatic e . Non v'èdubbio c e questi sintomi costituivano per Diderot un'osses-sione: erano gli elementi decisivi del suo stato diagnostico, equest'ultimo condannava infatti il malato : un caso disperato .Come sappiamo, Diderot conosceva per esperienza personaleciò c e tali sintomi significavano, e nel Paradoxe non a esitatoa ricorrere due volte a questa esperienza e a presentarsi comeesempio per sostenere la sua tesi 1 . . .] . La partecipazione diDiderot a ciò c 'egli descrive e la sua reazione violenta a questatirannia interiore erano cosí profonde e cosí vive al momentodel Paradoxe, c 'egli semplificò energicamente la discussione

-- -del tema . Eglí teneva a negare qualunque valore alla sensibilità, ~ed è esattamente co c e fece, m larga misura, rifiutando diammettere c e essa ayesse un qualsiasi rapporto çon í principiartistici o morali dell'essere cosciente . Nel dominio artisticoquesta tendenza si manifesta nella sua o_pínigne rádicalé çliç ígrandi attori e í grandi artisti sono osservatori perfettamentesensibilie oggettivi, imitatori del béÍlo iďeäIé nef dominio per-sonale, questa tendenza si afferma nel tentativo -piú decisivoman mano c e rivedeva il manoscritto-di negare alla sensibi-lità ogni traccia della dimensione morale c e solitamenteriveste-qua e là nella sua corrispondenza e nelle sue opere

ibili

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Ma, per riprendere il discorso sul senso esistenziale c e il

.I

leParadoxe presenta accanto a quello estetico, Diderot « a per

e 'cosí dire trovato il suo tema essenziale man mano c e scriveva : ř ll s : : H.

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)i

in altri contesti, alcuni dei quali sono precisamente contempo-ranei alla composizione del Paradoxe [ . . .] . Nel Paradoxe la sen-sibilità - e in fin dei conti la società - porta tutto il peso dellareale sollecitudine c e Diderot aveva per quelle forze interioried esteriori c e ipotecano la libertà degli individui, nei lorosforzi per realizzare se stessi ; essa è dunque il capro espiatoriocol quale Diderot se l'è presa al momento, ma questa vittima cidice molto di piú sul suo carnefice c e su se stessa . II Paradoxecostituisce un capitolo cruciale di una storia completa : tuttosommato, non tradisce c e la complessità delle reazioni diDiderot-e la sua perplessità -di fronte al problema piú vastoposto dal suo senso d'incompiutezza, un problema c e si è for-mato lentamente nel suo spirito e l' a accompagnato per gliultimi quindici anni della sua vita . Come un fosco raggio diluce c e passi attraverso un diamante sfaccettato, quel problemaa attraversato il prisma del suo pensiero e risc iarato ora l'una

ora l'altra delle forze accidentali e jpressive della vita-ilbisogno il caso la società-ora l'una ora l'altra di quef(e potenągineluttabili e insondabili - la sensibilità, l'amore, l'amicizia eg att c e questi sentimenti ispirano o ric iäruano» .

I

I1 Paradoxe surle comédien non era stato ancora pubblicato, ei : /t già aveva inizio la discussione, destinata a protrarsi per oltre un

secolo, circa la sua validità e-aг `taóílità . A dare inizio a1 dióat-Tp~ '4 r' tito furono lememörie d1Talmaj Nato a Parigi nel 1763, Fran-

çoisJosep Talora divenè, fpartire dal 1789, il piú celébieattore drammatico francese . Per trent'anni membro dellaĆomédie-Française, fece anc e numerose tournées sia nellediverse province francesi, sia in Ing ilterra e in Germania, emorI a Parigi nel 1826 . L'anno prima della morte, pubblicò aParigi í suoi Mémoires sur Lekaln et sur l'art dramatique, in cuipolemizzava con Diderot. Ma come sappiamo da un articolointitolato La mort de Tancréde c e lo scrittore Marie Aycardpubblicò nel Courrier français il 27 marzo 1840, una decinad'anni prima dell'uscita dei Mémoires Talora era invece undeciso sostenitore delle teorie drammatic e di Diderot'" . In

'" La ricostruzione molto precisa e documentata di questo episodio e diquanto vi fa séguito è stata fatta da A .J . Freer, 'oc. cit.

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quell'articolo, l'Aycard riferiva un colloquio avuto con Talma.i Marsiglia nel 1814 . «Ciò c e secondo lui doveva impedirel'eccellenza del teatro - scriveva l'Aycard - è c e quando unattore è giovane, per quanto la natura lo abbia dotato ditalento, gli fa difetto l'arte, mentre quando lo studio gli a fattolenalmente apprendere l'arte, la giovinezza lo abbandona .» Etàceva proprio il passo di Diderot : «A c e età si diventa grandiattori? All'età in cui si è pieni di ardore, in cui il sangue bollenelle vene, quando il piú lieve turbamento ci scombussola e lospirito s'infiamma alla minima scintilla? Mi pare di no . Colui

c e la natura a destinato ad essere attore, eccellerà nella suaarte soltanto quando avrà acquistato grande esperienza,quando la foga delle passioni si sarà spenta, quando la testa saràtranquilla e l'animo tenuto a freno» . «"Una sera, in casa delSignor C""", diceva Talma, " o recitato a lungo d'ispirazione- riferiva ancora l'Aycard - abbandonandomi ai miei senti-menti del momento e dimenticando completamente c e eroTalma per credermi Ac ille o Orosmane ; ma, a parte lo spossa-mento in cui mi lasciava questo metodo, ero disuguale : buonoquando ero ben disposto, cattivo quando una preoccupazionepersonale o una cattiva digestione mi riportava, mio malgrado,alla realtà . Ho infine compreso c e dovevo rendermi indipen-dente dalle miserie della vita quotidiana e scuotere il giogodella mia individualità [ . . .] . Ho sentito c e il mio scopo dovevaessere non già d'impressionare me stesso, ma d'impressionaregli altri . L'attore deve infatti agire sulla folla, e per riuscircioccorre c 'egli sia padrone di sé".» Infine l'Aycard riproducevauna lettera scritta da Talora al suo amico A*" , in cui ritro-viamo, quasi parola per parola, un passo del Paradoxe : «Picivivo, caro amico, piú rifletto, piú studio, e piú mi confermonella tuia opinione sulla mancanza d'uniformità negli attoric e recitano d'istinto . Non bisogna attendersi da loro alcunaunità; la loro recitazione è alternativamente forte e debole,calda e fredda, piatta e sublime . Saranno domani mediocri làdove oggi sono stati sublimi ; e in compenso eccelleranno làdove oggi sono stati mediocri. Mentre invece l'attore c e puntasulla riflessione, c e a soltanto quegli slanci c e a studiatisecondo la natura umana, c e recita d'immaginazione e dimemoria imitando costantemente un modello ideale, sarà

4l

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sempre uguale, sempre lo stesso ad ogni rappresentazione . Eglia tutto calcolato, combinato, fissato, ordinato nella sua

mente ; nella sua declamazione non vi è né monotonia né dis-sonanza. I1 calore a un suo sviluppo, i suoi slanci, í suoiabbandoni ; a un inizio, una fase intermedia, un puntoestremo. Son sempre gli stessi accenti, le stesse posizioni, glistessi movimenti ; e se vi è qualc e differenza tra una rappresen-tazione e l'altra, sarà generalmente a vantaggio dell'ultima .Non conoscerà giornate buone e cattive : sarà come uno spec-c io, sempre pronto a riflettere í medesimi oggetti, e a rifletterlicon la stessa precisione, la stessa forza e la stessa verità . A1 paridel poeta, attingerà continuamente al pozzo inesauribile dellanatura, mentre in caso contrario avrebbe visto ben presto lafine della propria ricc ezza» .

Questa lettera dimostra come nei 1814 Talma fosse comple-tamente conquistato alle posizioni del Paradoxe, c e egli cono-sceva direttamente", dopo c e in precedenza aveva letto nellaCorrespondance littéraire le Observations sur Garrick .

A quegli stessi anni deve riferirsi l'episodio raccontato daAdolp Crémieux nelle sue Memorie e ricordato da Cesare Ran-toli' . Quando ero giovane avvocato a Nimes - scrive il Gré-mieux - í1 mio amico Talma, il celebre artista drammatico,venne per sentirmi parlare . Terminata la mia arringa, ero in unbagno di sudore; onde Talma mi c iese, tutto stupito, se la miaeccitazione fosse autentica, intima, sentita . "Certamente -risposi -; voi pure vi sarete trovato spesso nella medesimasituazione ." "Mai - esclamò Talora - mai in vita mia!" "Nonmi darete ad intendere c e restiate freddo attraverso il fuoco ela passione con cui trascinate tutto il pubblico!""Ebbene -disse Talora ridendo-domani ve lo dimostrerò ." L'indomanisi dava l'Andromaca di Racine . Io presi posto nel palco di pro-scenio. Ecco la scena in cui Oreste, vittima delle Erinni, è in

" Quale manoscritto del Paradoxe utilizzò Talmai I1 Freer, c e esaminaquesto problema, giunge alla conclusione c e, essendo numerosi i manoscrittic e circolavano sia in Francia c e in Germania, e perfino in Russia (e Talora erain contatto con ambienti russi), è impossibile rispondere in modo definitivo atale quesito .

'" C. lesarel Rantoli, La sensib,titeà degli attori, in Nuova Auiofagia, gennaio-f raào 1910, pp . 141-49 .

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preda alla piú spaventosa furia . Talma recitò con tanta natura-lezza c e attraverso gli spettatori corse un brivido . A meinvece, pur recitando i suoi versi, Talma lanciava tali freddure ebattute di spirito, c e dovetti convincermi c 'egli non sentivaaffatto l'agitazione in cui aveva posto gli spettatori .»

Senonc é, undici anni dopo la lettera all'amico A***, neiMémoires surLekain et sur l'art dramatique pubblicati a Parigi nel1825, la posizione di Talma appare radicalmente mutata. Èvero c e in quest'opera Talma cita elogiativamente Lekaln, ilquale «col tempo pervenne a regolare tutto i1 disordine c e lasua esperienza aveva dapprima necessariamente gettato nellasua recitazione, apprese a dominare la sua foga e a calcolarne ímoti»; ma subito dopo, istituendo un confronto tra le duegrandi attrici Dumesnil e Clairon, non esitava a prendere par-tito in favore della prima, la cui recitazione, com'è noto, eratutta d'istinto, in contrasto con quella della Clairon, c e erainvece tutta affidata al piú severo e preciso autocontrollo"<.Vi èpoi un passo in cui Talma affronta esplicitamente la tesi diDiderot e c e non lascia dubbi sul capovolgimento del suopensiero avvenuto nei dieci anni'trascorsi tra la lettera all'amicoA''** e i Mémoires :

«Mi sia consentita una digressione sulle due qualità princi-pali dell'attore, la sensibilità e l'intelligenza, c e potrà servire dirisposta a un'opinione di Diderot. Dopo aver detto c e è lanatura c e deve dare all'attore le qualità esteriori, l'aspetto, lavoce, Ip sensibilità, il giudizio e la finezza, e c e spetta allo stu-dio dei grandi maestri, alla pratica del teatro, al lavoro, allariflessione, perfezionare i doni della natura, il c e è perfetta-mente giusto, Diderot aggiunge piú avanti, con una incredibilecontraddizione, c e egli esige dal grande attore molto giudizio,c e lo vuole spettatore freddo e tranquillo della natura umana, ec e di conseguenza deve avere molta finezza e nessuna sensibi-lità. Io attribuisco alla natura stessa dell'ingegno di Diderot lacausa di questo bizzarro paradosso ; infatti egli era dotato diun'intelligenza vasta e attiva, ma mancava di sensibilità ; e í suoi

p " In una autobiografia manoscritta, citata da A.M . Wilson (Diderot, NewYork, 1972, p. 623 e p. 856, nota 30), Edward Gibbon si pronunciava, comeDiderot, in favore della Clairon nei confronti della Dumesnil.

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scritti ne sono la prova . L'ampollosità del linguaggio, c e seguedovunque l'esagerazione delle idee, lo caratterizza . Diderotcomprende tutti i principi astratti e tutte le conseguenze dellecose, ma non capisce niente delle facoltà mobili dei sentimenti .Il suo stile, generalmente enfatico e declamatorio, non ricevemai le varie influenze c e agli scrittori sensibili e delicati sonoimpresse dalle loro emozioni interiori, tanto molteplici ediverse. I1 suo spirito era capace di entusiasmo, ma il suo cuorenon aveva passione, giacc é si esaltava sempre e non era maipenetrato . Di qui la sua eloquenza uniformemente elevata, equel tono monotono di grandezza c e toglie ai suoi discorsilievità e naturalezza. Confrontiamo la toccante semplicità esuprema energia díJeanJacques con l'apparato falsamente ani-mato delle frasi filosofic e di Diderot, e ci convinceremo c equest'ultimo non a mai avuto un solo elemento di :Quélla sen-sibilitaautentica e spontanea c e sottopone la penna dei poeti,il pennello dei pittori e gli organi dei veri attori all'espressionegiusta e naturale delle aglta7lonl dolci, tristi o terribili, c e essisanno rappresentare con la potenza della loro arte . Tra Jean-Jacques e Diderot si distingue la differenza c e passa tra laverità e l'ostentazione, come tra gli attori si discerne la dizionesentita c e è ispirata dalla natura, dalla declamazione conven-zionale c e si può apprendere e i cui accenti non commuo-vono perc é non escono dal fondo del cuore . Diderot nonaveva dunque affatto ciò c e occorre per giudicare del talentodegli attori, e non é da stupirsi c e egli abbia molto esaltatoquello di Mademoiselle Clairon, c e era tutto di maniera, e perciò stesso aveva qualc e analogia con l'ingegno di quel filo-sofo, e c e abbia nello stesso tempo sottovalutato quello diMademoiselle Dumesnil, c e aveva la sua radice in una squisitasensibilità ; si lascia tuttavia sfuggire il riconoscimento c equest'ultima era talvolta sublime, e nell'elogio pomposo c 'eglifa della sua protetta esclama abbastanza freddamente : "Qualerecitazione più perfetta di quella di Mademoiselle Clairon?" .Confesso c e preferisco la recitazione sublime a quella per-fetta» .Questo passo merita un commento . In primo luogo va

osservato c e nel suo giudizio sull'ingegno di Diderot, Talmaprendeva un profondo abbaglio . Negandogli quella sensibilità

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c e, al contrario, era la sola dote c e Diderot riconoscesse a sestesso, il grande attore sbagliava profondamente . «Quandoaffermo c e la sensibilità è il carattere della bontà d'animo edella mediocrità dell'ingegno - aveva scritto Diderot nelleObservations sur Garrick, e il passo ricompare con piccolevarianti di forma nel Paradoxe- faccio uno sforzo di cui poc epersone sono capaci; giacc é, se la natura a creato un'animasensibile, voi lo sapete, è la mia» ; e, come abbiamo già avutooccasione di ricordare, rispondendo a Marmontel, c e avevaesaltato in lui «l'uomo di genio, il grande scrittore e l'uomosensibile», aveva scritto : «Di queste tre qualità, non accetto c el'ultima» . Quanto allo stile diderotiano, è noto come la criticaletteraria abbia radicalmente mutato i suoi giudizi : se i contem-poranei consideravano Diderot come uno scrittore tipica-mente istintivo ed estemporaneo, oggi si sa, anc e per il con-fronto con í manoscritti trovati dopo la sua morte, quantoinvece egli si travagliasse in quel lavoro di lima c e è per unoscrittore il corrispettivo del severo addestramento all'autocon-trollo c e Diderot ric iedeva agli attori . La sua scrittura, poi,era tutt'altro c e pomposa e sentenziosa, anzi a piuttosto ilcarattere della lingua parlata . Perciò tutta la definizione data daTalma del temperamento, dell'ingegno e dello stile di Diderot,ci appare assolutamente inaccettabile, e inficia profondamentela sua pretesa individuazione dei motivi psicologici e stilisticic e sarebbero alla base della teoria teatrale del filosofo .

Ma l freer aggiunge un'altra considerazione . Talma- comedel resto abbiamo già visto in alcuni critici e studiosi di oggi -aveva messo il dito sulla principale debolezza dell'argomenta-zione di Diderot e cioè la sua intransigente e paradossá1è n i-stenza sulla test c e l'attore, per essere grande, debba tota l-mente mancare di sensibilità . Proprio per essere provocante eparadossale, Diderołavévácosí in qualc e modo distorto ilproprio pensiero . In realtà, come dimostrano tanti altri passidello stesso Paradosso, Diderot pensava c e alle doti naturali eistintive l'attore dovesse aggiungere, per diventare veramenteperfetto, una disciplina, una padronanza dei propri mezzi, unautocontrollo, c e si acquistano soltanto a prezzo di grande econtinuo studio, di riflessione, di osservazioni a freddo sucome si comporta la natura umana. Se si prende la teoria di

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Diderot in tutta la sua interezza, e non soltanto in alcune for-mulazioni piú sforzate in cui essa si presenta in qualc e passodel Paradoxe, e se analogamente si considera c e anc e Talma,nei suoi Mémoires, riconosce la giusta parte dovuta all'aspettoriflessivo dell'arte della recitazione, allora le posizioni del filo-sofo e quelle dell'attore appaiono meno distanti . Tanto píú sesí tiene presente c e, usando il termine «sensibilità», Diderottendeva a farlo coincidere con quello di sensiblerie, c e è unacondizione patologica .

Resta il fatto c e tra il 1814 e il 1825 si era fatta stradanell'animo di Talma la concezione romantica del genio ingenerale, e di quello teatrale in particolare ; e c e questa conce-zione non poteva non entrare in urto con la concezione clas-sica c e aveva animato il Paradoxe diderotiano. Nei MémoiresTalma esaltava «quella immaginazione c e, creatrice, attiva,potente, consiste nel riunire to un solo oggetto fittizio le qua-lità di parecc i oggetti reali, c e associa l'attore alle ispirazionidel poeta, lo trasporta in tempi c e non esistono píú, lo fa assi-stere alla vita di personaggi storici o a quelli di esseri appassio-nati creati dal genio, gli rivela come per magia la loro fisiono-mia, la loro statura eroica, il loro linguaggio, le loro abitudini,tutte le sfumature del loro carattere, tutti í moti del loro animo,e perfino le loro speciali singolarità» . In questi termini Talmaformulava la concezione romantica dell'arte della recitazione,basata sull'espressione di forti emozioni e sulla sintesi intuitiva,attraverso quella misteriosa facoltà c e è l'immaginazione .Una tale definizione non poteva non svalutare la consapevo-lezza artistica, quale era stata teorizzata e difesa da Diderot .

Ma poic é sia Diderot c e Talora valutavano entrambi l'im-portanza tanto dell'ispirazione quanto della disciplina nell'artedella recitazione, si spiega come il filosofo e l'attore potesserocompiere ambedue un cammino, sia pure in senso inverso,dalle posizioni degli anni giovanili a quelle dell'età matura .Mentre infatti Diderot era giunto tardi alla formulazioneintransigente e paradossale della necessità per il grande attoredi reprimere la propria sensibilità, Talora, seguendo il cam-mino dei romantici, giungeva nella maturità ad esaltare l'ispira-zione a scapito dell'autodisciplina . Come tra gli Entretiens śur leFits nature) e il Paradoxe sur le comédien si precisa -per dirla con

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Yvon Belava) - il passaggio da quella c e potrebbe c iamarsiun'estetica del diaframma e un'estetica del cervello, cosí, insenso inverso, Talma modifica le proprie convinzioni tra la let-tera all'amico A"' e i Mémoires cur Lekaln etsurÌartdramatίque .

(

Attraverso questi ultimi, il dibattito sulla teoria drammatica-1 η .' Í i , v r

di Diderot e sul Paradoxe sí animò tra il 1825 e il 1830 . Ad esso ( , R s r ( r )partecipafono tra gli altri l'attore Félix Bemier de Malignydetto Aristippe, allievo, compagno ed erede di Talma, con la ,sua T éorie de l'art du comédien ou Manuel t éâtral (Parigi, 1826),

,preceduta dalle Réflexions générales sur l'art du comédien, eRegnault-Warfin con í Mémoires istoriques et critiques sur F.-J.Talma et sur l'art t éâtral (1827) .Nella seconda metà del secolo diciannovesimo il grande ,» .

attore comico Constant Coquelin, nel suo libro su L Art et le

acomédien, pubblicato a Parigi nel 1880, rispondeva ai quesiti sol-levati dal Paradoxe in termini assolutamente diderotiani . Ottoanni dopo, nel libro pubblicato a Londra nel 1888 col titoloMasks or Faces.,l'autore e critico drammatico inglese WilliamArc er raccoglieva í risultati di un'inc iesta su larga scala perc iarire le conclusioni del Paradoxe, e tra le altre pubblicava lerisposte di Adelaide Ristori e di Tommaso Sályini . Quest'u)-timo diceva: «Io non dubito un solo istante c e Coquelin vera-mente creda nella sua teoria alquanto paradossale, e c 'egli siadoperi per metterla in pratica . Ma píú d'una volta, ascoltandoquesto artista perfetto, sentii c e ai suoi caratteri mancava purequalcosa. L'attore c e non sente quanto egli rappresenta è sola-mente unlmeccanismo ingegnosissimo, c e mette in movi-mento mote e molle le quali, alla lor volta, dànno alla suafigura morta una tale parvenza di vita, c e lo spettatore ècostretto ad esclamare : "C e meraviglia! Se fosse viva mi

farebbe ridere o piangere" . Quegli invece c e sente è in gradodi trasfondere questo sentimento nel pubblico, ode esclamare :"Questa è vita! Questa è realtà!" . In una parola, è la forza delsentire c e crea l'artista ; tutto il resto è il lato meccanico dellasua arte, e questo lato meccanico è comune a tutte le arti [ . . .] .10, mentre recito, vivo una duplice vita . Dall'una parte piango,o ?ido,e nello stesso tempo decompongo il mio pianto eilmioriso ín modo c e essi arrivino ä quei cuori ć edejderofintene-

Ed eguale esperienza è stata fatta anc e da tutti í grandi

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I 7V

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H"2 OLI

artisti c e o conosciuti. La Ristori versava sera per sera, aquanto ella stessa mi raccontava, vere lagrime ; ed uno dei piúcelebri artisti c e io abbia conosciuto, m'assicurava c e,quando recita, si sente tutt'uno coi personaggi» .

Era, questa dell'Arc er, la prima di una serie di analog eindagini c e poi si sarebbero susseguite .

Nel i 910 í1 Ranzoli, nell'articolo già ricordato, osservava c edall'inc iesta di William Arc er risultava come gli attori des-sero risposte contraddittorie e come quindi fosse vano atten-dere da essi la soluzione del problema c e è insolubile nell'am-bito delle loro opinioni. Occorre pertanto, continuava il Ran-zoli, cercare le ragioni obiettive c e possono militare a favoredelle due tesi contrapposte, e queste ragioni obiettive sonotutte, secondo il Ranzoli, «a favore della tesi del non sentire» . Sesentii serö, ègIlsëfivéijà, sïlògörerébbero, morirebbero giovani ;invece i grandi attori sono quasi tutti longevi ; e se l'efficaciadella finzione scenica fosse in rapporto diretto con la vivacitàdel sentimento dell'attore, essa andrebbe via via diminuendocol ripetersi delle rappresentazioni, mentre invece accade esat-tamente il contrario . I1 vero artista, concludeva quindi, affina,migliora, perfeziona la sua interpretazione col progredire e ilripetersi delle rappresentazioni .

Nel periodo tra le due guerre mondiali risorge un vasto inte-resse per il Paradoxe . Ne sono testimonianza le Réflexions d'uncomédien sur le «Paradoxe de Diderot» del grande attore, autore,regista e critico Jacques Copeau, pubblicate nella Revue univer-selle nel 1928, poi come introduzione a un'edizione del Para-doxe sur le comédien dell'anno appresso, infine nel volume diNotes sur le métier de comédien, uscito postumo a Parigi nel 1955(Copeau mori nel 1949) ; le Réflexions du comédien di Louis Jou-vet, pubblicate nel 1938 ; il dialogo Le comédien sans paradoxedell'attrice e scrittrice Béatrix Dussane, del 1933 ; vari scritti diAndré Villiers, tra cui il volume su La psyc ologie du comédien,del 1942, l'articolo A propor du «Paradoxe» de Diderot, pubbli-cato nella Revue d' istożre du t éâtre, ottobre-dicembre 1954, ilvolume su L'art du comédien, del 1953, l'eccellente «voce»dell'Enciclopedia dello spettacolo dedicata a Diderot, del 1957 .Infine, tre nuove ampie inc ieste: quella condotta pressoalcuni attori di teatro da Alberto Marzi e Sofa Vignola, pubbli-

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tata nel 1944-45 nella Rivista di psicologia col titolo L'espressionedelle emozioni sulla .scena ; quella raccolta presso 21 eminentiattori da Marc Blanquet nella sua edizione del Paradoxe sur lecomédien, c e è del 1949 (Paris, Editions Nord-Sud) ; e quellapresso 13 giovani attori intervistati da Germaine Lot, Ils re'pon-dent à Diderot in Nouvelles littéraires, 28 febbraio 1963 .

í_: È proprio dalle due prime inc ieste c e Giovanni A . Biancáprende spunto per quello c e costituisce uno dei saggi cri-tici piú interessanti e acuti c e siano usciti sull'argomento50 .I1 Bianca comincia coll'osservare c e fattoLe non a bisogno dísuperare se stesso (cioè la pro ria sensibilità di uscire da sestesso, per studiare śé śťëśso riprodursi poi fedelmente unavolta c e abbia trovato in sé la migliore espressione ; egli devëuscire da se stesso perc é solo fuori di sé può trovare quellaespressione, quella realta superiore nella quale consiste la crea-zione artiśtica. E allora il problema del rapporto tra sensibilità eintelligenza nell'arte diventa quello del rapporto tra arte e vita :e l'arte viene concepita come qualcosa c e è al di fuori, al disopra della vita . «E allora - prosegue - non si tratta piú di unfantasma ideale, di qualc e cosa c e supera gli stretti confinidella realtà vissuta ; si tratta invece della vita stessa, cosí com'è,c e si deve riprodurre come in uno specc io; e il vantaggiodell'intelligenza c e osserva la vita rispetto alla sensibilità c ela vive sta nel fatto appunto c e la prima è piú capace di ripro-durla fedelmente di quanto non sappia fare l'altra . La fred-dezza, la mancanza di partecipazione dell'attore non stanno asignificare c e l'arte si muove su un piano diverso da quello nelquale si svolge la vita, ma, a1 contrario, c eper imitare quanto ! , ,piú fedelmente e_possibile la vita, bis gna staccarsi da essa : "'bisogna sdoppiarsi e guardarla dal di fuori in modo da coglierla 'e renderla nel modo più efficace possibile ; e il modo piú effi-cace significa quello c e dà la sensazione precisa c e si trattidella vita stessa .»

I1 Bianca coglie tuttavia una contraddizione in cui cadeDiderot . Le tesi del Paradoxe- egli dice infatti-sono due, e in

5» Giovanni A . Bianca, dlparadosso dell'attore d~ teatro di Diderot e ilparadossodell'arte, nel volume 7l cinema, l'attore e ťl rapporto arte-vita, Messina-Firenze,D'Anna, 1960, pp . 9-31 .

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contrasto tra loro . Da una parte si sostiene c e l'attore nonsente, perc é per riprodurre perfettamente la vita non bisognaviverla, ma osservarla attentamente e senza partecipazione, daldi fuori ; dall'altra parte invece si dice c e l'arte si svolge su unpiano c e è diverso da quello in cui si svolge la vita, e c e l'at-tore non sente e non partecipa appunto perc é qui siamo fuoridella vita e le cose anno tutte un valore e un significatodiverso da quello c e esse anno nella realtà . Le due tesi sonodiverse e in contrasto tra loro, mentre Diderot, nel servirsi diesse per arrivare a una medesima conclusione, le presenta comese stessero a significare la stessa cosa . Insomma, secondo í1Bianca, Diderot non a risolto il rapporto tra arte evita, oscil-lando tra la tesi c e le fa coincidere e quella c e pone all'arte un«modello ideale)) tratto dalla vita ma con essa non coincidente .I1 fatto è c e le due tesi anno entrambe un proprio fonda-mento, e se fatti e argomenti ci sono c e sembrano confermarel'una, ci sono altri fatti e argomenti c e sembrano militare afavore dell'altra ; ed è appunto per convalidare la sua afferma-zione circa la fondatezza di entrambe le teorie, c e í1 Biancariporta" i risultati delle due inc ieste sopra citate. Egli si muovecioè sullo stesso terreno di Cesare Ranzoli, vale a dire la dimo-strazione - attraverso le risposte contraddittorie degli attori -dell'impossibilità dí pervenire sperimentalmente a controllarela validità o meno della teoria diderotiana~ed anc e, in defini-tiva, del fatto c e sia la tesi diderotiana del non sentire comequella ad essa contrapposta della partecipazione dell'attore aisentimenti c e rappresenta, anno ciascuna una propria parteo un proprio aspetto di verità .

Ripercorriamo anc e noi i risultati di quelle inc ieste, senon altro per l'interesse c e presenta il conoscere come attoridi grande statura abbiano giudicato e giudic ino le caratteri-stic e della loro arte .

L'inc iesta pubblicata dalla Rivista di psicologia era basatasulle seguenti domande : 1) Se il rappresentare mimicamenteuna determinata emozione viene a porre l'attore in una situa-

si Nel capitolo dello stesso volume intitolato Una discussione intorno alteąf rmazioni di alcuni attori, pp . 33-59 .

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zinne somatica identica a quella provata nell'emozione corri-spondente; 2) Se sí, c e sforzo gli occorre per vincere o inter-rompere quel determinato stato? Come avviene il passaggiobrusco dalla rappresentazione dell'emozione all'espressionesorridente con cui riceve l'applauso? 3) Sé_durante la rappre-sentazione distati emotivi a la possibilità di

sdoppiarsi;-fino á ιc e punto riesce a sdoppiarsi ed è al tempo stesso se c é con- !trolla ęil personaggio c e vive sulla scena ; 4) Se nelle emozionireali conserva la coscienza della propria mimica ed è portato acontrollarsi; 5) Se in genere ritiene c e il fatto di essere attoreabbia un'influenza sia pur negativa sulle sue emozioni reali ; 6)Se c'è divergenza tra l'interpretazione c e darebbe e quella c eè costretto a dare per appagare il pubblico ; ossia, vivere il perso-naggio per sé, è diverso dal farlo vivere per gli altri? 7) Dimen-tica di essere il personaggio, nei momenti piú salienti della rap-presentazione? A lungo? O non lo dimentica mai?

Vi è però una serie di osservazioni c e il Bianca fa sul modoin cui sono formulate queste domande, e tali osservazioni sem-brano almeno in parte inficiare in partenza il carattere pro-bante delle risposte . Per esempio, a proposito della terzadomanda : si tratta certamente del punto centrale del pro-blema; ma lo sdoppiamento avviene solo nell'arte, oppure si

verifica sempre, o quasi sempre, nella vita, anc e se in modomeno evidente? Rispondere a quest'ultimo quesito sembrapreliminare proprio per la problematica sollevata dalla tesididerotiana . A proposito della quarta domanda : essa si

potrebbe rivolgere a qualsiasi persona c e viva nel mondo,riguarda cioè insieme il problema dell'espressione nell'arte edell'espressione nella vita : non si a forse anc e nella vita ordi-nańa una coscienza della propria mimica, specie quando si al'intenzione precisa di farsi capire o di suscitare anc e in altriun certo sentimento' . A proposito della quinta domanda : essa

52 Questo problema è al centro del libro di un sociologo americano, ErvingGoffman, La vitaquotidiana come rappresentazione, Bologna, II Mulino, 1970. Sitratta dei modi, spesso straordinariamente sottili, nei quali ciascuno di noitende a fornire di sé un'immagine accettabile, a delimitare il proprio ambitoterritoriale, a comunicare al «pubblico» - c e spesso non è se non una cono-scenza occasionale - un'impressione coerente con la parte c e s'intende rap-presentare. L'impostazione di Gofftnan (nota Luciano Gallino, Le masc ere c e

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potrebbe essere presentata anc e in modo diverso, vedere cioèse le emozioni reali possono avere influenza sull'arte dell'at-tore, aiutandolo a interpretare certe parti, o, al contrario, dan-neggiandolo ; e questa seconda ipotesi non nel caso soltantoc e l'attore śia costretto a esprimere sentimenti c e sono incontrasto con quelli c e egli possiede realmente, ma anc e nelcaso inverso c e proprio la presenza dell'emozione reale impe-disca una perfetta e c iara espressione di essa, come vuoleDiderot . A proposito della sesta domanda : il problema è unaltro : quando un attore (o un artista in genere, o anc e unuomo comune) cerca un'espressione dei propri sentimenti, perc i la cerca? Ci sono casi in cui la cerca solo per sé? Ma se lacerca solo per sé, perc é dovrebbe cercare questa espressione?Non c'è sempre il bisogno di comunicare con qualcuno, anc ese questo qualcuno è solo un personaggio immaginario, anc ese si è convinti di non voler parlare a nessuno, tanto c e siscrive un diario e poi lo si nasconde e non si vuole c e lo legganessuno? L'espressione di un sentimento non risponde semprea questa esigenza di comunicazione, anc e se di fatto non tro-vando nessuno con cui ci si senta incoraggiati a comunicare sifinisce col c iudersi in sé e col parlare in silenzio, fino a convin-cersi c e solo con se stessi si aveva il desiderio di comunicare?

Vediamo comunque le risposte piú interessanti c e furonodate a quell'inc iesta .

Corrado Racca distingue due tipi di attori, il nordico e illatino, gli uni meccanici, gli altri c e invece provano l'emo-zione c e rappresentano, tanto da trovarsi in una situazionesomatica quasi identica a quella provata nell'emozione corri-spondente . «Ma è da studiarsi il fenomeno delle replic e : l'at-tore latino passa per questi gradi : interesse-disinteresse-noia,fino alla ripetizione meccanica . Ripetizione meccanica, però,derivata dalla noia, non sistema di recitazione .» Secondo ilRacca, quindi, si può fare dell'arte immedesimandosi, vivendo

portiamo, in La Stampa di Torino del 17 aprile 1970) è per l'appunto quella«drammaturgia», la persona è vista come un attore c e per necessità o conve-nienza recita una pane, con tutti i problemi e 1e tensioni c e ne seguono. Laparte può essere piú o meno conosciuta ; le reazioni del pubblico possonoessere sottovalutate o addirittura impreviste ; la scena in molti casi non è conse-guente con il soggetto .

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la parte recitata, ma si può anc e farla rimanendo staccati dallaparte: sentendo e non sentendo . «Vi è uno sdoppiamento c ecol crescere dell'emozione sparisce .»

Renzo Ricci afferma c e l'emozione c e prova l'attore sulla { C

scena è relativamente simile a quella reale ; però «vi è piú verosi-miglianza c e verità, per quanto, dopo lo studio preparatorio,l'attore sia nel personaggio e il personaggio sia in lui : fusionenon completa, perc é è sempre l'attore c e controlla, guida ilpersonaggio fino ai momenti di acme drammatica, in cui l'at-tore si abbandona al personaggio» . Nelle emozioni reali Riccidic iara di essere normalissimo e nella vita privata non portanulla dell'attore, «anzi, semmai, un pudore di sé, una nega-zione alla rappresentazione fuori del palcoscenico» .r Maria Melato dic iara c e nella commedia può esprimersi ' v 4 L aTa

senza sentire, «ma la tragedia non può essere interpretata inmodo conveniente se non è vissuta . I1 ringraziare il pubbliconon ric iede sforzo, è gesto esteriore c e non interrompe ilperdurare dell'emozione . Nella Sacraftammasr, quando all'ul-timo atto la madre confessa di aver ucciso il figlio e perc é, ètale la lotta c e avviene nell'intimo sotto l'apparente calma,c e l'attrice rimane spossata e dopo resta per ore nello stessostato d'animo, pur potendo ringraziare come sempre». Qui,come nota il Bianca, la posizione di Diderot appare addiritturacapovolta : il ringraziamento agli applausi del pubblico, c e è lavita, viene compiuto meccanicamente, imitato, si potrebbedire, nella sua esteriorità senza essere vissuto, mentre ciò c eviene vissuto in quel momento è la parte c e si recita. TuttavialaMelato aggiunge c e carattere indispensabile dell'?fljsta è losdoppiamento, c e è sempre in atto. Durante lo spettaćolö 1'artista è due : sé e íl personaggio, e si controlla anc e nei momentidi acme mai può né deve abbandonarti : la verità non è l'arte,l'~rtë per essere vera non deve dimenticare l'estetiéa é Pí~síëmé .L'arte è misu a». II c e, evidentemente, contraddice quantodetto prima ; perc é in questa seconda parte della risposta èimplicito c e l'arte non s'identifica con la vita . È però interes-

5' Titolo italiano del dramma di William Somerset Maug am, Te SacredFlame (1928), andato in scena nel 1930 con la compagnia della Melato al teatroArgentina di Roma .

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sante notare c e anc e la Melato, come-lo vedremo- tutti gliattori c e sostengono c e i1 dramma dev'essere «vissuto»,aggiungono sempre c e in ogni caso l'attore si sdoppia, e c e ilcontrollo di sé rimane un elemento essenziale e una condi-zione necessaria per raggiungere i1 risultato scenico .

Anna Proclemer tende a porre su due piani diversi l'arte e lavita : «La vita della scena a forme troppo diverse da quelle realiper poter essere eguale» ; infatti il pianto vero è per lo píú ineffi-cace: per convincere e commuovere il pubblico occorre il

pianto «studiato e sorvegliato». Anc e Ruggero Ruggenafferma c e l'attore «non deve provare l'emozione c e rappre-senta», deve «sentirla fino a un certo punto», senza c e ciò glitolga il controllo dell'espressione ; e l'esigenza scenica di com-prensibilità per il pubblico è per lui «una seconda natura» .Cose analog e dice Sergio Tofano . Memo Benassi dic iara :L'attore c e rappresenta l'emozione non deve provarla; quelli

c e asseriscono questo sono commedianti» (dove, sarà perfinosupero-uo sottolinearlo, íl termme «commedianti» a un signi-ficato deteriore e non coincide affatto con quello di comédiens

q, : della lingua francese e di Diderot) . Elena da Venezia dice c e«il sentire una parte non è viverla, come nella corrispondentevita reale : bisogna tener conto c e siamo in un mondo di senti-menti creati da noi». Paolo Stoppa afferma c e il rappresentaremimicamente una parte non sempre lo viene a porre in unasituazione somatica identica a quella provata nell'emozionereale corrispondente, ma aggiunge tuttavia c e «in genere, perrendere il dolore sulla scena, si ric iama alla mente un doloreprovato, un qualc e motivoo personale, cosí da prendereun'espressione triste» .E cosí, conclude il Bianca al termine della rassegna delle opi-

nioni manifestate nell'inc iesta della Rivista di Psicologia, il rap-porto tra arte e vita rimane un problema da risolvere .

Vediamo ora i pareri raccolti da Marc Blanquet nella citatasua edizione del Paradoxe sur le comédien.

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Nel 1920 Sara Bern ardt, al termine della sua carriera,1 ¿Rr1 NP~ I) f diceva (lo ricorda Béatrix Dussane nella sua risposta, c e è la

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prima tra quelle raccolte dal Blanquet) : «Se la collera o la pietàp' , -f-

del suo personaggio non gonfia il suo cuore al punto da farloscoppiare, l'attore non saprà mai far dimenticare allo spettatore

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di avere di fronte a sé un eroe immaginario, c e si muove in unquadro fittizio, illuminato da un "c iaro di luna" o da un"sole" entrambi strettamente elettrici» . E Béatrix Dussane a suavolta : «L'attore non è quella "testa di ferro" di cui sogna Dide-rot, ma piuttosto una testa di stoppa c e rapidamente s'in-

fiamma e altrettanto rapidamente si spegne sempre emotiva,come la pellicola fotografica è„sempre sensibile . Un attore, unvero attore, fin dalla prima lettura di un copione-soprattuttoa una prima lettura-si commuove, né píú né meno di c iun-que altro, alle disgrazie di un personaggio, ma la sua emozionetende ben presto ad esprimersi - intendo la sua emozione, enon quella del personaggio di cui legge le parole . Istintiva-mente prenderà un'apparenza fisica a somiglianza dell'eroe,delineerà dei gesti, sí metteva a vivere una seconda vi/a . L'attore è .l'essere in cui l'emozione suscitata da un testo si trasforma dicolpo in atti . Un attore non è forse colui c e agisce?- Tutto ilsegreto psicologico e fisiologico dell'attore è racc iuso nel ter-mine c e indica la sua professione . L'attore è colui c e è

pronto a mutare, ad essere la prima vittima, al tempo stessocosciente e inebriata, dell'illusione c e deve creare . È a sestesso, píú c e allo spettatore, c e egli recita. P

ilquale a vissuto con quegli attori allo stato puro c ésonoattori italiani, lo a mirabilmente espresso in Questa sera si recitaa sogçe/lo.L'attore non recita veramente bene se non finisce colcredere c eß c e si rappresenta sia davvero accaduto».

Jacques ĆopeaT «Contestare all'attore la sensibilitàragione della sua presenza di spirito, significa rifiutarla a qua-lunque artista c e osserva le leggi della sua arte e non permetteìmai al tumulto delle emozioni di paralizzare la sua anima . L'ar-tista regna _con cuore tranquillo sul disordine del suo atelier e

dei suoi materiali . Píú l'emozione lo pervade e lo solleva, píú ilsuo cervello diventa freddo . Questa freddezza e questo tre-more sono compatibili come nella febbre e nell'ebbrezza . L'in-telligenza, risc iarata dall'esperienza e dal ragionamento,costruisce idee coerenti e variate . La sensibilità le anima e leriscalda. All'interno ed entro i limiti di una concezione,l'anima si travaglia, e in questo travaglio si effettua l'operazionemisteriosa, precaria, soggetta ad ogni sorta di circostanze e diparticolarità, c e rivestirà sempre píú esattamente l'idea - ciò

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c e Diderot c iama un "fantasma" o un "simulacro" - con leforme necessarie, coi segni tangibili dai quali lo spettatore rico-noscerà la natura di ciò c e accade dentro l'attore . Via via c e

c$ :, questi modi espressivi trovano la loro misura, il loro accento, la<-i m . +± loro profondità, via via c e prendono possesso_ del corpo e+ ' I s EI1i sue reazioni, essi stimolano a loro volta í sentimenti inte-

riori c e sempre píú realmente s'istallano nell animo dell'at-tore lo riempiono, lo soppiantano. E a questo stadio dellavoro c é nasce maüfraésïsviГuppäinjnjerga çoQqpjsjata,

ottenuta, di cui si può dire e agisce sull interprete come unaseconda atura c e ispira a sua v i1ia le reazioni fisic e e dàloro automa, eloquenza, naturalezza e libertà». E altrove :«L'assurdità del Paradoxe è di opporre í procedimenti delmestiere alla libertà del sentimento, e di negare, nell'artista, laloro coesistenza e simultaneità . Non soltanto la tecnica nonesclude la sensibilità ma anzi la rende possibile e la libera . Egrazie al mestiere c epossiamo abbandonárç i, perc e e grazie

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âděsso c e sapremo ritrovarci» .Jo V c C LouisJouvet «La questione è molto più complessa di come

la presenta Diderot . La psicologia dell'attore non è quella deicomuni mortali Noň é possibile assimilare a ariindividuo

čcl 1 ?( X e ordinario quel particolare campione di umanità c e è l'attore,i1 quale passa la vita ad essere un altro da sé, o almeno a sem-brano . Diderot, c e è uno spettatore, non può studiare l'attorese non attraverso il suo personaggio . Come potrebbe rappre-sentare ciò c e avviene in quel curioso animale tra l'istante incui affronta una parte e l'istante in cui è un eroe? È indiscutibilec e l'attore sarebbe mediocre se la sua sensibilità gli permet-tesse soltanto di provare í sentimenti del suo personaggio e di

appropriarsene . La lucidità, la facoltà di osservazione c e Dide-rot prende per una manifestazione dell'intelligenza dell'attore,

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G,7 a 4 deriva dalla sua sensibilità . L'íntéllí~enza dell'attore, èancora

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H sempre la,suá sensibilità, ejeyatąfLno aji mtuczione. E cio, a5 t s b, Gfa'

tućti gli stadi della sua creazione, quegli stadi, quelle fasi, queie vz+z г

passaggi c e Diderot non a potuto sospettare né concepire,' ° giudicando un personaggio già realizzato . Non è tanto di

disponibilità c e si tratta. All'inizio, è uno stato di vera since-rítà, in, una convinzione totale c e l'attorë deve affrontare lasua parte, se vuole avere qualc e possibilità di trovarne le

L- 9 ~'N 91¡,ьΡM1ć .

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espressioni giuste. Al secondo stadio dell'evoluzione dellaparte, la sensibilità dell'attore deve permettergli di prenderecoscienza di sé e di raggiungere una sorta d'insincerità, dallaquale al terzo stadio, alla terza fase, uscirà quella sincerità affi-nata, controllata, lucida, c e gli permette di recitare, di appa-rire, di simulare il personaggio affidatogli, e di raggiungere cosí,ma senza mai spezzare lo slancio della sua sensibilità, quello"spettatore freddo e tranquillo" sognato da Diderot. La simula- ! ; o2 ~, ~~zinne è una scienza basata sulla conoscenza di se stessi . La luci-

c+-- r O /10 s<dita dell'attore non è c e la sua sensibilità controllata dalla sen-

si s 7

si ilítà st essa». E si veda anc e con quanta finezza Jouvetdiscute altrove'' la teoria diderotiana mostrando, con l'espe-rienza e la maestria c e gli erano proprie, tutta la complessitàdel problema dello sdoppiamento dell'attore e del rapporto trasensibilità e intelligenza nell'interpretazione .

Pierre Blanc ar: «Benc é, ormai da molto tempo, gli iniziati

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concordino nel rifiutare qualsiasi credito al Paradoxe, non èmai stato contraddetto apertamente . Di modo c e, da due-cento anni, il pubblico continua a discuterne con serietà e adaccordare una leale attenzione ai suoi errori preconcetti,nonc é alle negligenze concertate del suo discernimento .Eppure si tratta proprio di un paradosso . Diderot si è presocura di scriverlo lui stesso . Ma non è il Paradosso dell'attore

c 'egli tratta - il c e potrebbe significare c e il mestiere di

attore reca in sé un paradosso -, no, si tratta proprio del Para-dosso sull'attore, vale a dire un'opinione sull'attore c e pre-tende di contrastare l'opinione comune . Diderot non ci con-fessa cosí, forse a sua insaputa, c e è deciso a singolarizzarsi?D'altra parte, non dovremmo restituire le sue riflessioni altempo in cui le a scritte, per cercare, con un estremo sforzo diobiettività, di identificare le ragioni c e lo anno condotto aopinioni tanto singolari e renderci conto c e la sua filosofia era

ancora lontana dall'idea di relatività, la sua logica era incapacedí ammettere l'interpretazione degli elementi morali c 'eglitiene separati, accorgerci c e egli resta al di qua delle profon-tà mćèntmente rivelate dei dati della coscienza, per esem-

54 Louis Jouvet, Témoignages sui le t éâtre, Paris, Flammarion, 1962, pp . 9-15e 217-41 . Di Jouvet anc e Le Comédien dismcarné, Paris, 1954 .

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pio, o del subcosciente, e vedere c 'egli non poteva trascenderele dimensioni conosciute alla sua epoca, quell'epoca in cui l'at-tore era scomunicato? Ma tutto ciò non è nelle nostre capacità .Limitiamoci a constatare c e egli pretende di giudicare di unrisultato, come se questo risultato fosse spontaneo invece d'es-sere lo sbocco di una serie di operazioni di cui conviene percor-rere í differenti stadi, per definire quel c e è o quel c e dev'es-sere l'attore . Come a organizzato e svolto i suoi esercizi primac e noi lo vediamo sulla scena, qualunque sia la parte c erecita, cioè al momento in cui è arrivato a destinazione? Dide-rot non pensa né ad indagare su ciò, né ad illuminarci in propo-sito . Bisogna dunque c e cerc iamo di farlo coi nostri mezzi .Prima di tutto, il nostro attore a preso contatto col suo perso-naggio, vale a dire c e a letto o gli anno letto un copione .Fino a quel momento, egli era ancora spettatore, ma non, comevuole Diderot, "spettatore insensibile" . No, per Dio! Bisognaal contrario c e durante questi preliminari egli sia tanto capacedi commuoversi quanto il piú emotivo, il piú sensibile deglispettatori c e piú tardi comporranno il suo pubblico . È a quelmomento c e gli è offerta la prima occasione di comportarsi dagrande attore : vibrando piú e meglio del piú spettatore tra glispettatori. Talma ci dice, con parole piú nobili, piú o meno lastessa cosa : "Se l'attore non è dotato di una sensibilità almenoeguale a quella del piú sensibile dei suoi spettatori, non potràcommuoverli se non debolmente" . Non è con un eccesso disensibilità c e egli riuscirà a produrre delle impressioni pro-fonde e a commuovere gli animi piú freddi . La forza c e sol-leva non deve avere maggiore potenza di quella c e essa vuolescuotere? È evidente . I colpi, i moti interiori, le emozioni c el'attore subisce man mano c e svolge l'avventura del suofuturo personaggio, imprimono in lui, durante questa lettura,una serie d'immagine c e egli si sforzerà di conservare intatte,c e egli fotografa cosí vive come sono, perc é costituisconodei modelli c e egli potrà continuamente consultare durante lasuccessiva elaborazione del suo doppione . E questi modellinon appartengono c e a lui. Sono suscitati da una finzione c egli è estranea, ma a proposito della quale egli reagisce secondose stesso, secondo il suo sistema sensibile e il suo carattere. Essirecano il marc io della sua personalità . Su questi dati essen-

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ziali, secondo queste vive impressioni, l'attore costruirà il suosogno, vale a dire c e ordinerà le sue intenzioni, le sottoporràal controllo del suo gusto, del suo senso critico, della sua intel-ligenza : concepirà un'opera d'arte . Poi, concepito il suo sogno,comincerà a realizzarlo. L'ora del suo mestiere è suonata . Egli sitrova allora in quello stadio di disordine e di febbre in cui cimette un trasloco [ . . .J . Ha concepito un progetto d'arte . Hafatto opera d'artista . Poi, le sue doti anno messo in opera lerisorse del mestiere, ed eccolo sulla scena, trasfigurato, riem-pito da un'altra anima, nell'atto di incarnare "l'altro" . E c e fa?Ci racconta un viaggio . Rivive, sotto í nostri occ i, un'avven-tura c e l' a condotto lontano da lui, in regioni morali ovel' anno assalito le sensazioni piú diverse, ove a scoperto l'im-previsto, presentito l'incognito, trovato ciò c e, in precedenzae al di fuori di noi, egli a profondamente vissuto : l'emozionec e l' a gettato nella risata o nelle lacrime . E potrebbe, nelcorso di questo esercizio, conservare, come dice Diderot, uncuore secco? È mai possibile c e il suo sia il solo mestiere c egli conceda il miracolo di persuaderci c e è commosso se nonsente niente? E poic é il termine "talento" torna cosí spesso nelcorso del Paradoxe, senza c e mai l'autore lo definisca, non ciaccorgiamo c e il talento dell'attore è il risultato al tempostesso del suo concetto artistico e dell'abilità con la quale egliesercita il suo mestiere? E c e, se qualunque effusione artisticaimplica, in qualsiasi artista, della sensibilità, anc e il talentodell'attore la comprende? Non esitiamo ad affermare c e l'at-torenon riuscirà a commuovere se non sara stato commossolui stesso e a precisare c e per lui non è tanto importante esserecommosso nel momento in cui "agisce", quanto esserlo statoall'origine e nel corso della preparazione di cui ci offre il risul-tato. Giacc é il fatto c 'egli riproduce virtualmente - grazie almezzo di trasmissione in cui consiste il suo mestiere-l'emo-zione reale da lui provata, determina una reazione automaticadella sua sensibilità, perc é è lui c e opera tale riproduzione eperc é l'oggetto c 'egli riproduce è parte di lui stesso» .C arles Dullin : «Diderot non a risolto il problema della

recitazione drammatica ; ma c i saprebbe risolverlo? Cometutti i miracoli dell'arte, la recitazione drammatica è inesplica-bile. Se per sensibilità s'intende quella facoltà di percezione

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dalla quale si riconosce un attore, la considero indispensabileall'esercizio del nostro mestiere . Tutti i grandi attori sono sen-sibili ciascuno alla propria maniera, ma non sono grandi se nona condizione di saper controllare gli effetti della loro sensibi-lità . Senza tale controllo, la sensibilità rasenterebbe ben prestola sensiblerie, escludendo ogni sfumatura di recitazione, acominciare dall'ironia» .

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Jean-Louis Barrault : «Chiedere ad attori che cosa pensanodel Paradoxe sur le comédien è un'impresa disperata . Gli attori,proprio perché sono attori, non possono avere alcuna opi-nione sul Paradoxe . I1 Paradoxe sur le comédien è l'opinione diuno spettatore. Non torniamo sulla questione dello sdoppia-mento : accettiamolo come un dato . C'è dunquenell'uonouna duplice posizione : l'una reale, che ha una presenza visi-bile, palpabile ; l'altra impalpabile, solamente presentita, certá-mentè ~ïesente, ma diunapresenza invisibile . I1 teatro utilizzaquesta duplicita dell'uomo, non solamente nella maniera incui ricrea la vita, ma anche nella sua esistenza propria . I1 teatronon si accontenta di tradurre sulla scena dei caratteri che sonodoppi, ma è in se stesso un doppio gioco . L'essere umano chefa vivere sulla scena è il píú doppio che si possa immaginare . Ledue posizioni di questo essere umano portano ciascuna unnome: la prima, quella che è palpabile, reale, che ha una pre-senza visibile, si chiama il personaggio ; la seconda, quella che sidissimula in una carcassa ossea e si rivela il meno possibile, sichiama l'attore . E l'attore, all'interno, che dirige la partita, che ilpersonaggio esteriormente presente ha l'aria di recitare vera-

( mente. Perché la credibilità sia perfetta, è dunque indispensa-bile che il personaggio sia sincero, ma non è obbligatorio chel'attore, all'interno, lo sia anche lui . Se la partita è facile l'attorepotrà lasciarsi andare alla sincerità, e il suo personaggio nonfarà che guadagnarci in autenticità . Ma se la partita è ardua, sarànecessario che l'attore domini e regoli la sua sincerità per esserepronto a sormontare tutti gli ostacoli, o semplicemente pereconomizzare le sue forze. Giacché, se l'attore non ha l'ob-bligo di essere sincero, gli è però necessario assicurare un con-trollo permanente . È lui che guida il personaggio . Un attore tra-gico, la cui recitazione è stilizzata al massimo, che parla in ales-sandrini, che si muove nel mezzo di una situazione cristalliz-

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zaca, complicata ma simmetrica, che obbedisce col corpo e conla voce a un ritmo aritmetico, deve acquistare una facoltà dicontrollo, senza la quale sarà incapace di realizzare completa-mente il suo personaggio . Píú le difficoltà sono grandi, píú l'at-tore, dietro il suo personaggio, deve economizzare la sua since-rità. E tanto piú, allora, questo personaggio rischia di mancaredi autenticità . Il problema dell'attore consiste dunque nell'ac-quisire íl controllo d'una sincerità . E non è un paradosso, perchél'uomo è duplićø> .

Edwige Feuillère : «La sensibilità è necessaria all'attore all'ini-zio della corsa, ma ml mestiere non lo è durante la competizionemeno di quanto lo sia all'arrivo, non lo è durante le provemeno di quanto lo sia durante le rappresentazioni . Giacché, seè necessario essersi commossi per commuovere, bisognaanche, per riuscirvi, diventare commoventi dominando la pro-pria emozione, come il domatore con la sua belva, pena ilvenire - come lui - sbranato dall'animale, e - come lui- fal-lire il suo scopo superandolo» .

Pierre Renoir : «Lungi da me l'idea di negare l'esistenza del

i4 w~ Rmestiere né la sua utilità. Ma il mestiere dell'attore è anch'essosensibilità . Intendiamoci bene, tuttavia, sul significato diquesto termine . La sensibilità non è, come credono troppi gio-vani attori, la facoltà di piangere vere lacrime . La sensibilità, perl'attore, è la duplice facoltà di provare numerose sensazioni e ditradurle, di farle provare, di renderle sensibili agli_ altri . I1 fattoche l'attore rispetti una regía non dimostra che egli, almomento della rappresentazione, non sia sensibile . La verità èche a quel momento l'attore è a1 tempo stesso cosciente e inco- .5Ew A HEwwsciente . Ed è questo il solo, il vero, l'inesplicabile paradosso

¡ f1v?jandell'attore, quella sorta di sdoppiamento che l'autore del Para- ~ I f ,-Ft ., wdosso sull'attore non ha sospettato» .

Per Pierre Fresnay come per Ludmilla Pitoeff e per PierreBrasseur l'arte drammatica non è spiegabile, è un mistero tantoinsondabile quanto quello dell'esistenza, il dono che permettead alcuni attori di eccellere non è definibile, l'arte dell'attore èun mistero prima di tutti per lui . Ma Fresnay è diviso tra il darragione e il dar torto a Diderot, sebbene propenda piuttosto

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verso il secondo piatto della bilancia' . Brasseuraggiunge : «È lasua sensibilità c e permette all'attore di ricostruire piú o menoesattamente quella dell'autore, quella c e a presieduto allanascita di un determinato personaggio . Giovane, sarà guidatodall'istinto - malissimo nella maggior parte dei casi - versoquesto fine c e i1 piú delle volte sorpasserà senza scorgerlo ;dotato di un po' piú di mestiere, e altrettanto diminuita la suaintempestiva foga, liberato in qualc e modo da se stesso, ci n u-scirà piú facilmente . Misc iando di meno la sua situazione personate a quella c e deve rappresentare, sarà - beninteso, conun po' di fortuna! - il personaggio, e nient'altro c e il perso-naggio» .

d vA Jean-Pierre Aumont: «Non credo all'insensibilità dell'attore,ma neppure alle virtú di una sensibilità c e non sia controllatada un vero senso critico . Cíò_c e vi è di straordinario nel nostromestiere, è c e siamo al tempo stesso attori e spettatore . Sí cercad'essere il personaggio immaginato dall'autore_ pur conser-vando nei suoi confronti l'orecc io teso verso lo spettatore . Ede questo orecc io c e c i permette di dosare quel c e facciamo,di recitare insomma con quel compagno c e è il pubblico,tenendo conto, come fa qualsiasi giocatore a1 tavolo da gioco,delle possibili reazioni di quel compagno'6 .Di questo dosaggiopiú o meno abile di sensibilità e di senso critico sono fatti gliattori piú o meno buoni . Ed è quando il dosaggio è perfettoc e l'attore a qualc e possibilità di apparire sublime . Quandoquest'orecc io fa la sua parte ma niente di piú, e la sensibilità fala sua parte ma niente di piú, allora l'attore s'identifica coi personaggio» .

зΡ L_ ' % ; Bernard Blier: «Una sensibilità è indispensabile all'attore :quella dell'autore. La sua gli è senza dubbio utilissima ; senza diessa è evidente c e non gli riuscirebbe di essere egli stesso sensi-bile all'altro; ma tanti attori credono di poter supplire conquella c e essi c iamano la loro sensibilità -e c e non è altroc e sensiblerie- alla mancanza di sensibilità di certi autori, e mi

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Gcry 4V* >"./'aÝ+

" Cfr . Y. Betaval, op . cii ., p. 259 .,r I1

~testo francese contiene un gioco di parole intraducibile : ade jouere

o unmot avec ce partenaire qu'est 1e public, en tenant compte. comme tout joueurdevant une table de jeux, des réactions possibles de ce partenaire»./muer s i gn ì-tìca sia giocare c e recitare; partenaire è compagno di gioc i .

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domando se si deve considerare questo tipo di sensibilità comel'elemento essenziale della recitazione drammatica - controDiderot - o non invece - con lui - come il nemico pubbliconumero 1 dell'attore . Credo c e la verità stia a metà strada-tráquesti due poli. La sensibilità dell'attore, qualunque ne sia laqualità, è tributaria della sensibilità dell'autore ; Perciò non ledeve permettere di provare se non quest'ultima . In seguitos'imporrà all'attore un controllo permanente dei propri effetti,controllo c e procederà, oso dire, dalla sua stessa sensibilità,

poic é si tratterà per lui non sempre di temperarla, ma in certicasi anc e di esaltarla . Ma senza questa facoltà di controllo -tanto importante per l'attore quanto l'impostazione della voce- non c'è attore autentico» .

François Périer: «Tra l'identificazione totale col personaggioe i1 controllo costante dell'interpretazione, è proprio li, credo,c e si pone l'attore, senza c e nessuno dei due fenomeni siacompleto . Personalmente, _non o mai l'impressione di esserequesto o quel personaggio, ma piuttosto la sensazione di ani-

marlo e di dissimularmi dietro di lui . Mi sembra di sorvegliarecontinuamente questo essere c e l'autore a fatto nascere» .

E, per finire, René Simon : L'arte drammatica è in se stessaun paradosso . È proprio ciò c e a mio avviso fa la grandezzedel mestiere di attore, questo mestiere c e permette al piúdolce degli esseri di brillare nella parte di un assassino, alla piúpura delle ragazze di eccellere nella parte di una vamp, allameno virtuosa delle donne di intenerire le folle nella parte diun'ingenua . Jean Cocteau a giudiziosamente quanto poetica-mente batte±źátô quel cocktail di bellezza e di bruttezza c e èl'attore : "mostro sacro". Non tutti, purtroppo, sono sacri . Ëd èjjçdrarnmama della maggior parte degli attori : il conflitto tea id_esideń e le possibilità . La mia lunga carriera di "precettore"m' a insegnaťó Tatti c e ai loro inizi tutti gli attori - e moltidi loro, d'altronde, per tutta la loro carriera - sono attratti sol-tanto da personaggi c e non sono in grado di interpretarebene, non possedendo nessuno dei mezzi particolari c e sononecessari alla loro interpretazione . Unásola colpevole : la lorosensibilità . È la sensibilità dell'attore c é lo inganna facendoglisentire intensamente ciò c e sarà incapace dí_far sentire a1pu-__ b,-

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Illico. Di qui a concludere c e la sensibilità è il nemico pub-

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l-buto numero 1 dell'attore non c'è c e un passo . Bisogna tutta-via fare una distinzione tra gli attori-intendo dire tra í grandiattori . Ci sono degli artisti allo stato puro ; in nessuno stadiodelle loro creazioni essi potrebbero, evidentemente, fare ameno della loro sensibilità . Ce ne sono altri - quelli c e ioc iamo i comédiens - i quali, in nessuna delle medesime fasi,fanno appello ad essa. Questi ultimi non sono per ciò menograndi, a condizione, beninteso, c e lab ro intelligenza sosti-

( tulsca, nel corso del lavoro preparatorio c e la trasformazionedi uri parte in personaggio esige, quella sensibilità naturale piúo meno efficace con un'altra sensibilità, senza dubbio di ori -ginepuramente intellettuale, ma c e sia piú efficace . Per contomio, fatte poc e eccezioni, preferisco quelli c e recitano a

quelli c e sono, quelli c e dànno al pubblico l'illusione dellasensibilità -anc e se non ne anno ricevuto dalla natura la piúpiccola porzione - e della sincerità - anc e se ne sono assolu-tamente incapaci =a quelli il cui nobile intento è senza dubbiodi far condividere al loro pubblico una emozione c e annoessi per primi provato, c e provano forse ancora ogni sera, mac e non riescono a partecipare agli spettatori se non raramente,mediocremente o per nulla . I1 grande attore è quello c e, simu-lando alla perfezione, da quel místíficatore professionale c e è edev'essere, raggiunge sistematicamenté í1_ suo scopo, c e è dimistificare» .

Diamo infine conto di alcune altre posizioni di attori aiquali Germaine Lot a rivolto le seguenti domande : «Recitatecon la testa o col cuore? E c e pensate dell'affermazione : "Èl'assoluta mancanza di sensibilità c e prepara gli attorisublimi?»» .Jean-Paul Belmondo : «Non o mai letto il Paradosso e me ne

rallegro, perc é &èdó c e altrimenti non sarei mai diventatoattore! Con c e recito? Con l'istinto» . Roben Hirsc : «L'attorenon esiste. Ci sono degli attori . Ognuno é ün ćašô particolare,e non posso parlarvi c e di me . Diderot non fa per me: io sono

57 1 risultati dell'inc iesta condotta da Germaine Lot in occasione dellamessa in scena parigina della Religieuse e del Nevc deRameau (due opere, com'ènoto, non scritte per il teatro) sono stati pubblicati come già si è detto, nelperiodico Les Nouvelle.s littéraires del 28 febbraio 1963 .

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per la sincerità innanzi tutto . Si tratti di Nerone o di Scapino,mi dò fino in fondo, senza risparmiarmi, e un personaggio miaiuta a interpretarne un altro . La sensibilità, all'inizio delleprove, la metto da parte; finc é o il copione in mano, leggosenza espressione . È soltanto quando conosco bene il testo c eil personaggio esce a poco a poco, e quando tutto è a posto,quando mi sento sui binari, allora mollo, pronto a straripare!» .Laurent Terzieff «L'essenziale, per l'attore, è di convincere .Ćiascdnd a il suo metodo e il suo modo di ricercarne la condi-zione ricorrendo a tutte le concordanze, a tutte le affinità c epuò avere col personaggio, la situazione, etc . Io credo c e sireciti soprattutto col lavoro delle prove ; è grazie a questasomma di lavoro c e si crea, nell'attore, una specie di alc imia :le sue energie vengono modificate dalla parte c e interpreta, alpunto c e questa parte giunge talvolta a modificarlo intera-mente. I1 vero paradosso, per me, è la coesistenza nell'attore ditre cose in sé contraddittorie : la tendenza all'identificazione,mai totale, certo, ma alla quale ci si può avvicinare in alcuni rarimomenti in cui si dimentica tutto ; la necessità di allargare iltesto, c e si tratta d'ingrandire'finc é raggiunga le dimensionidella teatralità ; e infine un certo sdoppiamento, nel senso dellasituazione, c e fa sí c e l'attore, quando vi è pervenutod'istinto, raccolga il suo ritmo per ritrovarne uno nuovo» . JeanLe Poulin : «II Paradosso? Sono favorevole dall'A alla Z! E tsituazione c e crea l'emozione . L'attore è il conduttore diquesta emozione, ma è unicamente grazie al mestiere, grazie altalento, c e la comunica. La sensibilità, qui, non è l'arte dicommuoversi ; è una dote naturale c e permette all'attore di farrisentire al pubblico il grado di emozione nel quale dovrebbeessere, ma al quale egli non può abbandonarsi, perc é l'emo-zione è qualcosa c e va facilmente all'eccesso e c e perciò ènecessario controllare, stilizzare . Io interpreto con la testa, conl'istinto, il carattere del mio personaggio . Ma c e a a c e farecon ciò il cuore?» . Jo n Gielgud : «Allora indulgevo alle mieemozioni e credevo e egüèšto fosse recitare . Imparai solomolto piú tardi c e, per quanto uno possa indulgere alle pro-prie emozioni nell'immaginare una parte, non deve mai far-sene possedere sinc é non abbia deciso perfettamente ciò c evuole rappresentare agli spettatori» . Noel Coward: «La piú

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pericolosa teoria avanzata ai nostri giorni è c e un attoredovrebbe sentire quel c e recita otto volte la settimana . Questoè del tutto assurdo . Recitare non è un modo d'essere: recitare èrecitare; è comunicare l'impressione di certi sentimenti. Se isentimenti sono reali, è assai probabile c e un attore perda lacapacità di recitare e l'attenzione del pubblico, perc é se unattore perde se stesso perde assai probabilmente anc e gli spet-tatori» .

I1 romanzo di Mario Soldati intitolato L áttore 5Θ è opera difantasia, ma largamente basata su elementi reali, dei quali l'au-tore a diretta esperienza per la sua pluridecennale consuetu-dine professionale col mondo dello spettacolo, del cinema e delteatro . Vi leggo (p. 37) un passo c e rispecc ia le convinzionistrettamente diderotiane di Soldati, non sappiamo se raffor-zate da una lettura del Paradoxe o maturate in modo del tuttoautonomo rispetto ad esso : «L'attore è un artista come qualun-que altro artista . I suoi rapporti con le sue opere sembrano piúdiretti e piú evidenti solo perc é la materia con cui l'attorelavora non è fuori di lui, non è penna, carta, parola scritta, pen-nelli, colori, tele, argilla, marmo, note e timbri musicali, ma è lasua stessa persona, la sua voce, i suoi sguardi, il suo corpo, i suoigesti, il suo modo di camminare . In realtà, attore è c i sa usare,c i a imparato a usare la propria persona fisica, nervosa e spiri-tuale, come qualcosa di almeno parzialmente staccato da sestesso, cosí da dare, con la propria persona, un'immagine c eabbia una consistenza e una vita autonoma, né piú né meno diqualunque altra opera d'arte . I supi rapporti, perciò, con i per-sonaggi da lui interpretati sono sottili, segreti, misteriosi . Rap-porti con una forma, uno stile, un fantasma inventato : nonspecc i autobiografici. E accade, semmai, il contrario di ciò¿ e volgarménte śí pensa . Píú facile per un attore creare perso-naggi diversi da sé c e non simili a sé . Quelli diversi sono da luimeglio oggettivabili» .

Segnaliamo infine tre lavori recenti. I1 primo è quello diPiero Colombo, Autant de mouc oirs que de spectateurs . Sensibi-lità e lacrime nel teatro francese del Settecento, in Atti della Accade-mia delle scienze dell'istituto di Bologna, Classe di scienze morali,

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5~ M. Soldati, L'attore, Milano, Mondadori, 1970 .

66, fase 2, 1977-78 . I1 secondo è di Marialuisa Grilli, c e acurato un volume di Denis Diderot, Teatro e scritti sul teatro,Firenze, La Nuova Italia, 1980, da cui a escluso tuttavia ilParadoxe sur le comédien, rimandando per questo testo allaprima edizione da noi curatane . Infine, il notevole saggio diV.E . Swain, Diderot's «Paradoxe sur le comédien» : t e paradox ofreading, in Studies on Voltaire, n. 208, Oxford, 1982, con ampiabibliografia .

Giunti al termine di questa rassegna di convincimenti, di ηΡopinioni, di ipotesi, di esperienze, dobbiamo confermarne lapremessa : è impossibile trarre dalle dic iarazioni degli attoriun verdetto sulla validità del Paradoxe diderotiano. I1 problemaresta aperto . E aperto lo vede lo stesso autore di una delleinc ieste Marc Blanj et il quale conclude : «Diderot, dun-que, non si sbagliava se non a metà quando scriveva : "Anc e sequeste verità venissero dimostrate, í grandi attori non le accet-terebbero". Senza dubbio, e quasi all'unanimità, non le accet-tano. Ma queste verità, sono state dimostrate? Non mi sembra .E se mi fosse consentito di trarre una conclusione da questainc iesta, noterei c e í "considerato" della sentenza di riabilita-zione cosí emessa dai nostri attori in favore della sensibilità,non sono di natura tale da facilitarne la dimostrazione» .

C'è da dire c e l'opinione degli attori interpellati nell'in-c iesta del Blanquet e nelle altre non è poi cosí unanime, e c emolte voci si sono espresse a favore della teoria di Diderot . Maa noi sembra soprattutto c e buona parte delle risposte nega-tive rispetto alla tesi diderotiana siano basate su un equivoco,cioè su un'interpretazione distorta del tërmine «sensibilità» .Quando per esempio Ç ean Cocteau sí esprime nei termini c e

C- tC r54 Vabbiamo già citato, e parla dt<aina sincerità conquistata, otte-nuta, c e agisce sull'interprete come una seconda natura eispira a sua volta le sue reazioni fisic e dando loro autorità, elo-quenza, naturalezza e libertà», c e cosa dice di diverso da ciòc e intende Diderot quando parla di «mobilità viscerale acqui-sita»? E quando Louis Jouvet afferma ç e Páttóré devë «edu-care le sue facoltà emotive'> « ac3uisire un meccanismo di sicu-rezza c e faccia dà sifone e provoc i poi di riflegsó, l'emo-zíone>; quando dicë c e con il ripetersi delle rappresentazioni

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diminuisce la sensibilità dell'attore, mentre in compensoaumenta la sua capacità esecutiva, non siamo ancora a quella«seconda natura» c e Diderot configura con l'immagine dellosc iavo il quale impara a muoversi in catene, sicc é l'abitudinedi portarle lo libera dal peso e dalla costrizione? Ma è unaseconda natura, questa sincerità, c e non s'identifica mai deltutto con la natura tout court, con la realtà pura, cioè con la sin-cerità autentica . Anc e Çopeauu ammette c e «vi è una misuradella sincerità, come vi è ùna misura della tecnica», e perciò l'at-tore deve sapersi «servire della sua emozione» . Ma un'emo-zione di cui ci si serve non è un'emozione autentica, non è esat-ta_mente l'emozione reale . Diderot non dice niente di piú .

Si può dunque concludere c e il Paradosso sull'attore è menoparadossale di quanto possa essere apparso .Non v'è dubbio c e anc e il Paradoxe, come pressoc é tutte

le opere di Diderot, conserva un largo margine di ambiguità . ViIs i a ric iamato l'attenzione anc e GuidoNeri nella citata prefa-

zione alla sua edizione degli Scritti di estetúâ ďiderotiani, osser-vando c e ciò c e sconcerta, nel Paradoxe, è il fatto c e Dide-rot non arriva, o non si preoccupa di arrivare, ad armonizzarec iaramente gli argomenti portati a sostegno della sua conce-zione dell'arte, tutta tendente a una riforma c e esaltasse laverosimiglianza al di fuori però di ogni forma passiva, impul-siva, di imitazione della natura, con í diversi spunti polemici oprogrammatici c e nascono via via dal suo discorso . «La fun-zione civile, la dimensione morale dello spettacolo ; il rapportotra il linguaggio d'uso e la finzione scenica ; il valore e i limitic e sono da assegnare a quest'ultima : sono tutti problemi c eDiderot imposta, illustrando la straordinaria ricc ezza dei lorosviluppi, rna evitando di formulare una risposta definitiva einequivocabile .»

Ma una risposta definitiva e inequivocabile alle questioniposte sul tappeto era possibile, è possibile? Forse vedeva giustoGrimm quando, in una nota apposta alle Observations sur Gar-ricÇ Tla Correspondance littéraire del P novembre 1770, scri-veva : «Queste idee meriterebbero di essere approfondite ; essederivano da una teoria delle arti imitative c e non è ancora benc iarita. Tali arti sono sempre fondate su un'ipotesi: non è ilvero c e ci affascina nelle opere d'arte, è la menzogna c e si

avvicina quanto piú è possibile alla verità ; ma la menzogna esa-gera sempre, il fantasma dell'immaginazione è sempre piúgrande dell'immagine naturale . C e cosa costituisce dunquel'essenza del grande attòre, dell'attore geniale? Non è la sensibi-lità; su ciò sono perfettamente d'accordo col nostro filosofo ;ma non è neppure la volontà contraria : o conosciuto uominidi pietra, peraltro dotati di un'estrema finezza di spirito, c eerano incapaci di recitare sia pur mediocremente una scena diteatro. 11 grande attore è quello c e è nato con il dono dí çéei_tare in modo superlativo, e a perfezionato tale dono medlar!tçlo studio So bene c e questa definizione non insegna nulla,ma è cosí per tutte le definizioni esatte ; accontentatevene ;perc é, se le generalizzate, non vi resteranno c e delle parolevag e, e le persone sprovvedute crederanno c e voi abbiateappreso loro delle importanti verità, mentre non avrete fattoaltro c e dar loro delle c iacc iere. Ciò c e fa sí c e un uomosia grande attore, gran poeta, grande artista, non dipende daqualità generali, ma da modificazioni cosí sottili c e il nostrosguardo riesce a malapena a scorgerle e il nostro linguaggioancor meno ad esprimerle, coší sottili c e basta una linea in piúo in meno per far scomparire il talento o per esaltarlo al suomassimo grado . La sensibilità è dunque una qualità neutra edestranea al talento di un grande attore, può esserci o non essercinell'individuo c e possiede questo talento in grado eminente ;ciò non a nulla a c e fare con la questione ; il carattere moralee il genio o il talento sono due composti di qualità del tuttoindipendenti le une dalle altre, sicc é il genio può ritrovarsiindifferentemente unito all'animo piú sensibile o a quello piúinsensibile . Si trova di tutto a questo mondo, e la varietà dellecombinazioni è inesauribile» .

Cosí, se il Paradoxe sur le comédien è da centocinquant'annioggetto di discussioni appassionate, se esso sembra urtare lasuscettibilità degli attori, c e si sentono negati o diminuiti dauna teoria la quale contesta loro la «sensibilità», la «sincerità», ècerto c e si tratta di un'opera, proprio per questo, estrema-mente viva e sempre attuale. Dice bene André Villierss" c eoggi possiamo eludere la netta distinzionee lápêrénťoia alter

'9 A. Viltiers, «voce» Diderot, cit.

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nativa posta da Diderot tra l'aspetto sensitivo e quello intellet-tuale, i quali di fatto coesistono in ogni manifestazione dellavita psic ica; ma il prevalere dell'uno o dell'altro elemento

l problema né si può negare c e la dialettica dell'attorenel piegare i propri mezzi al raggiungimento del prefisso idealeartistico si ponga in modo paradossale,'in quanto Evita sénsi-tíva e ~uel~a ćonoscitiva sono inseparabili ma distinte, e nelcontinuo bilanciarsi della loro coesistenza intervengono lefinalità artistic e e í riferimenti a determinati valori estetici omorali . «Cosí la meditazione del Paradoxe- conclude Villiers- è sempre feconda. È, per esempio, un'eccellente prepara-zione alla discussione delle teorie della "distanza" e dell'"alie-nazione" di Brec tЬO. Per l'uomo di teatro, il Paradoxe basta arendere la lezione di Diderot viva e operante .»

Paolo A uri

60 Ricordiamo c e per il capovolgimento drammaturgico c e Brec t si pro-pone, la recitazione dev'essere basata sull'«alienazione» : l'attore deve rappre-sentare il personaggio come diverso da sé, «alienata. Scrive Brec t : «In nessuncaso l'attore deve trasformarsi completamente nel personaggio . Un giudiziodel tipo : "Egli non interpretava Lear, era Lear" suonerebbe per lui del tuttonegativo». Siamo, come si vede, a una piena rivalutazione delle teorie di Dide-rot, sia pure a fini di esaltazione della funzione sociale del teatro .

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Paradosso sull'attore

PRIMO INTERLOCUTORE' Non parliamone piú .SECONDO INTERLOCUTORE Perc é?IL PRIMO Perc é si tratta dell'opera di un vostro amico' .IL SECONDO C e importa?IL PRIMO Molto . A c e pro mettervi nell'alternativa didisprezzare o il suo talento o il mio giudizio, e di diminuire lastima c e avete per lui o quella c e avete per me?IL SECONDO Non accadrà; e se anc e accadesse, non ne sof-frirebbe la mia amicizia per entrambi, c e è basata su qualitàpiú essenziali .IL PRIMO Può darsi.IL SECONDO Ne sono certo . Sapete a c i assomigliate inquesto momento? A uno scrittore di mia conoscenza c e sup-plicava in ginocc io una donna alla quale era legato, di nonassistere alla prima rappresentazione di una sua commedia .IL PRIMO II vostro amico era modesto e prudente .IL SECONDO Temeva c e il sentimento amoroso c e ellaaveva per lui non avrebbe retto al giudizio espresso sui suoimeriti letterari .IL PRIMO Può accadere .

I Come a rilevato Arnaldo Pizzomsso (R ssioni sul « Paradoxcy in Diderot.Ilpoútico, ilfilosofo, lo scrittore, a cura di Alfredo Mango, con Prefazione di PaoloAlatri, Milano, Franco Angeli, 1986), il primo interlocutore del dialogo sembraassumere l'identità stessa di Diderot, alla cui personale biografia egli fa píú diun accenno .

Gan*k, ou les Acteurs anglois; ouvrage cantenantdes réflexions surtan dramati-que, sur tart de la représentation et le jeu des acteurs; avec des notes istoriques et criti-ques sur ks d ents t éåtres de Londres et à Paris; traduit de l'anglais. In realtà,autore dell'opuscolo era l'attore italiano Mic el Sticotti. Cfr. l'Introduzione .

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