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GIORDANO BRUNO OPERE MNEMOTECNICHE tomo ii Edizione diretta da Michele Ciliberto A cura di Marco Matteoli, Rita Sturlese, Nicoletta Tirinnanzi ADELPHI EDIZIONI

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GIORDANO BRUNO

OPERE MNEMOTECNICHEtomo ii

Edizione diretta da Michele CilibertoA cura di Marco Matteoli, Rita Sturlese,

Nicoletta Tirinnanzi

ADELPHI EDIZIONI

Questa pubblicazione è promossa dal Comitato Na-zionale per le celebrazioni di Giordano Bruno nelquarto centenario della morte, in collaborazionecon l’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento.

© 2009 adelphi edizioni s.p.a. milanowww.adelphi.it

isbn 978-88-459-2368-5

AVVERTENZA

Questo secondo tomo delle Opere mnemotecniche compren-de Ars reminiscendi, Explicatio triginta sigillorum, Sigillus sigillo-rum, De imaginum compositione.

Il volume è stato curato da Rita Sturlese, Marco Matteoli eNicoletta Tirinnanzi, seguendo i criteri stabiliti per le Operemagiche e per il primo tomo delle Opere mnemotecniche : testolatino, apparato critico, apparato delle fonti e dei loci paral-leli, traduzione italiana, commento.

Sulla base di un disegno comune e di una costante colla-borazione, il lavoro è stato così suddiviso: Rita Sturlese hacurato l’edizione dei testi latini, apparato critico e appara-to delle fonti e dei loci paralleli, e ha tradotto il II e il III li-bro del De imaginum compositione. Marco Matteoli ha tradot-to e commentato l’Explicatio triginta sigillorum, e ha com-mentato la seconda sezione del I libro, il II e il III libro delDe imaginum compositione e la Lettera al vicecancelliere dell’Ac-cademia di Oxford di cui viene qui pubblicata la classica tra-duzione di Ludovico Limentani. Nicoletta Tirinnanzi hatradotto e commentato il Sigillus sigillorum, e ha tradotto ilI libro del De imaginum compositione commentandone la pri-ma sezione.

A differenza del primo, in questo volume non comparel’indice dei nomi: la presenza di un’opera piena di elenchi edi personi$cazioni quale il De imaginum compositione avrebbeinfatti generato un indice poco funzionale, con una sostan-ziale duplicazione del testo. Per questo, sia pur con molto

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rincrescimento, abbiamo rinunciato a mettere a disposizio-ne del lettore uno strumento che, in genere, è prezioso.

Ringrazio vivamente Michela Acquati, che ha curato conla consueta competenza e disponibilità la preparazione re-dazionale del volume. Ringrazio anche il gruppo di brunistiche si raccoglie nell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinasci-mento, e in modo particolare Elisabetta Scapparone per ilcontributo alla pubblicazione di questo volume. Desideroin$ne ringraziare il personale e i bibliotecari dell’Istitutoper la quotidiana collaborazione.

Il volume, come quelli che l’hanno preceduto, è dedicatoa Eugenio Garin.

Firenze, Palazzo Strozzi, febbraio 2009

Michele Ciliberto

COMMENTO

esposizione dei trenta sigilli

1, 2-15 Procede ... sapiens] La poesia con cui si apre il libro deiTrenta sigilli è un elemento letterario che ricorre spesso nelle ope-re di Bruno e segue un affermato modulo stilistico tipico della let-teratura latina classica: anche il Cantus Circaeus incomincia con unbreve componimento che auspica il felice esito del libro e mette inguardia, opera e lettori, dai pericoli cui il testo può andare incon-tro, frainteso e disprezzato da rigidi pedanti, avversato dagli ostiliaccademici e da quanti altri sono nemici delle verità in esso conte-nute (cfr. Cant. Circ., 4). Seguendo motivi analoghi, anche il Deumbris idearum è preceduto da poesie rivolte al lettore, ed ugual-mente, nei dialoghi pubblicati in Inghilterra, è af$dato a brevi eintroduttive composizioni in versi il compito di annunciare la ra-dicale originalità della «nolana $loso$a» presentata nei testi. Inquesto carme introduttivo sono in particolare presenti alcuni deitemi peculiari della visione e della biogra$a bruniane: la liberalitàe la «$lantropia» umanistica che caratterizza la sua volontà di dif-fondere la nuova $loso$a, la peregrinatio europea che sempre dipiù segna la sua condizione di studioso «errante»; in$ne le inevi-tabili resistenze dei tanti che non vogliono riconoscere gli esiti delsuo lavoro intellettuale. In particolare questi ultimi, che Brunoidenti$ca con i fautori della «volgar $loso$a» («la quale pretended’imporre, come verità provate per via di dimostrazione, princìpicreduti immediatamente», cfr. supra, 5, 17-19), sono i seguaci diun aristotelismo super$cialmente ortodosso e tipico degli ambien-ti accademici, che si accanisce nei confronti di quanti ne tentanoletture divergenti. Al $anco di questi, all’opposto per posizioniideologiche ma altrettanto chiusi al rinnovamento $loso$co pro-posto da Bruno, vi sono gli intellettuali riformati che, con il lororadicalismo antiaristotelico ed il fanatismo fondamentalista che li

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caratterizza (i «bellicosi pensieri») hanno disseminato il conti-nente europeo di dissidi e guerre religiose: il velato tono d’ama-rezza con cui l’autore chiude la poesia proemiale lascia quindi in-travedere la speranza dell’avvento di un tempo «mitico», in cui ilmondo $nalmente e tardivamente sapiente («sero sapiens») ve-drà l’ignoranza e i pregiudizi ostili per sempre esiliati dalla sua su-per$cie (sul tema della tardiva consapevolezza del mondo, si vedaanche Spaccio, 598).

2, 1-6 Philotheus ... reginam] Michel de Castelnau, signore diMauvissière (ca. 1520-1592) apparteneva ad una famiglia di solda-ti e diplomatici legata alla corte francese: il padre Pierre fu al ser-vizio di Luigi XII e Michel stesso prestò la sua opera militare e di-plomatica sotto tre sovrani, Enrico II – seguendo le delicate tratta-tive per unire in matrimonio Maria Stuarda con il Del$no di Fran-cia –, Carlo IX ed Enrico III, e combatté a $anco del duca d’Alen-çon nelle guerre contro gli ugonotti, oltre ad essere più volte am-basciatore in Germania, in Italia, presso il ponte$ce ed in Inghil-terra. Per la sua fedeltà alla corona, soprattutto per la sua opposi-zione alla fazione protestante, fu insignito del titolo di governato-re della città di Saint-Dizier ed ottenne il comando del castello diMauvissière. In particolare, nel 1572, fu inviato da Carlo IX in In-ghilterra per paci$care le proteste inglesi sollevatesi in seguito almassacro della notte di San Bartolomeo; dal 1574 $no al 1585 –periodo che include anche gli anni in cui Bruno fu ospite pressol’ambasciata di Francia, a lui af$data – svolse le delicate missioniconcernenti il destino della regina di Scozia, Maria Stuarda, tenu-ta prigioniera da Elisabetta I a causa delle sue sospettate relazionicon la Spagna e, soprattutto, $gura simbolo e di riferimento per lerivendicazioni dei cattolici oltranzisti di Inghilterra. Egli si sforzòanche di stabilire più pro$cue relazioni con il regno inglese infunzione antispagnola sostenendo, in coerenza con questa pro-spettiva, la proposta di matrimonio rivolta dal suo protettore, il du-ca d’Alençon, alla regina. Durante questo periodo Michel de Cas -telnau fu considerato, dai più importanti esponenti della fazioneprotestante d’Inghilterra, un difensore dei «papisti» , ovvero deicattolici più fanatici; in realtà in Francia era ritenuto un cattolicomoderato, fedele alla corte e alla fazione dei politiques, avverso,quindi, sia alla Ligue capitanata dai Guisa e sostenuta dalla Spagna,sia agli ugonotti, che aveva combattuto in più occasioni. Richiama-to in patria nel 1585 su pressioni della rafforzata fazione cattolica –perché ritenuto ostile alla politica della Lega –, fu privato dei tito-li e dei possedimenti, ma venne in parte risarcito nel 1589, quandoappoggiò l’ascesa di Enrico di Navarra al trono di Francia. Protet-tore ed ospite di Bruno per tutta la durata del suo soggiorno in-glese (1583-1585), a lui, oltre all’Explicatio triginta sigillorum, sono

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dedicate dal Nolano anche La cena de le Ceneri, il De la causa, princi-pio et uno e il De l’in$nito, universo e mondi.

3, 1 - 6, 11 Ad excellentissimum ... Valete] La lettera indirizzata alvicecancelliere dell’Università di Oxford presenta, per certi versi,motivi speculari alla poesia proemiale con cui si aprono i Trenta si-gilli: la libertà intellettuale di Bruno è infatti contrapposta all’ottu-sa ed ostile chiusura degli accademici oxoniensi che si nascondo-no dietro una rigida e super$ciale adesione all’aristotelismo e aidogmi della teologia puritana. Se da una parte, dunque, questa at-mosfera di orgogliosa presentazione delle proprie idee ricalca inqualche modo la civile e colta superiorità con cui – secondo le te-stimonianze di Bruno e di altri studiosi presenti – il Nolano af-frontò e scon$sse il teologo Underhill durante i giorni della visitadel conte polacco Albert Laski all’ateneo oxoniense (cfr. Cena, p.101; S. Ricci, Giordano Bruno nell’Europa del Cinquecento, pp. 204-207), dall’altra l’acredine con cui, soprattutto nella parte conclusi-va dell’epistola, si scaglia contro i puritani è assai plausibilmenteeffetto del disastroso esito delle lezioni tenute ad Oxford nell’ago-sto del 1583, alle quali fu messa $ne con la dura ed ingiusta accusadi plagio. Di fatto – grazie anche al confronto e all’analisi dei ca-ratteri tipogra$ci con cui queste pagine sono stampate – è stato ri-levato che la lettera al vicecancelliere, assieme alla poesia proe-miale e alla dedica al Castelnau, furono realizzate nell’of$cina ti-pogra$ca di Charlewood, l’editore che curò poi la pubblicazionedei «dialoghi italiani»; la loro composizione deve essere quindifatta risalire ad un periodo a ridosso di quello in cui ebbe inizio lacollaborazione di Bruno col tipografo londinese, ovvero ai tempiin cui si diede avvio alla redazione e alla stampa della Cena de le Ce-neri, uscito nei primi mesi del 1584 (cfr. S. Bassi, L’arte di GiordanoBruno, pp. 23-25). Queste pagine furono pertanto elaborate estampate dopo l’abbandono di Oxford da parte di Bruno; e forse,proprio in vista di un suo ritorno a Londra, furono allegate agliesemplari dei Trenta sigilli distribuiti in quei mesi, per pubbliciz-zare e sostenere le sue nuove imprese, prevenendo, di conseguen-za, l’ostilità dei teologi e degli esponenti della fazione puritana(cfr. M. Ciliberto, Giordano Bruno. Il teatro della vita, pp. 165-74).Del resto vi sono, tra queste righe, molti temi che ritornano consuccesso ed intensità anche nei dialoghi di argomento cosmologi-co e «morale»: l’estraneità di Bruno a ogni posizione confessiona-le e ideologica («che non guarda a testa unta, a fronte segnata, amani lavate e membro circonciso»); la condizione «asinina» diquanti ritengono l’ignoranza una sorta di «mistica» e privilegiatasapienza che, nel ri$utare ogni forma di dialettico e razionale con-fronto, nasconde tutta la propria debolezza dietro la cecità deidogmi (si veda a tal proposito il sonetto in lode dell’asino con cuisi apre Cabala, p. 683); l’atteggiamento $ero ed energico con cui

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s$da e irride alla presunzione dei suoi avversari, consapevole dellafondatezza e profondità dei propri argomenti sul piano della $lo-so$a e dell’indagine naturale; in$ne, l’accusa di oziosa sterilità ri-volta ai riformati («essendo essi piuttosto portati ad ammettereche le opere della nostra giustizia son come lorde di mestruo, eche niuno è giusti$cato al cospetto di Dio, niente fanno di buo-no»), la quale, dopo la prima esperienza negativa a Ginevra e leconferme di tali giudizi raccolte in Francia e Inghilterra, si trasfor-ma, nello Spaccio de la bestia trionfante, in una vera e propria con-danna della teologia riformata, soprattutto nella versione calvini-sta. Lontana dunque dalle riflessioni mnemotecniche e gnoseolo-giche presenti nei testi che la seguono, la lettera al vicecancellierepuò piuttosto dirsi una sorta di «manifesto» (come l’ha de$nita S.Ricci, in Giordano Bruno nell’Europa del Cinquecento, pp. 216-24) cheanticipa toni e tematiche dei dialoghi italiani. Essa mostra la con-sapevolezza che Bruno aveva del duro impatto che le novità co-smologiche e $loso$che proposte dalla sua $loso$a avrebbero po-tuto suscitare nel mondo culturale inglese, conteso tra la politicadi autonomia e di rafforzamento del potere centrale portata avan-ti – in appoggio al governo di Elisabetta I – dagli intellettuali dicorte (tra i quali vi erano molti esponenti che Bruno riteneva aper-ti alle sue posizioni $loso$che) e le spinte eterogenee della intelli-gencija puritana, saldamente radicata nella teologia riformata e cal-vinista e dogmaticamente rispettosa dell’aristotelismo e della me-todologia ramista (cfr. M. Ciliberto, Giordano Bruno. Il teatro della vi-ta, pp. 211-15).

8, 3-7 Campus est ... promoveant] Come è d’uso negli scritti mne-motecnici di Bruno (cfr. Ars rem., supra, 9 sgg.; De umbris, 105 sgg.)e come era tipico delle arti della tradizione mnemonica, una delleprime de$nizioni della memoria arti$ciale riguarda quella del so-strato o luogo, ovvero lo spazio virtuale e fantastico che, visualizza-to interiormente, serve da contenitore, riferimento e schema di or-ganizzazione per le immagini che si vogliono memorizzare. Lagrande novità teorica di Bruno sta, innanzitutto, nel considerare lafantasia stessa il luogo per eccellenza: cioè il contenitore per tutti ipossibili luoghi e le innumerevoli immagini, in virtù di quella suain$nita plasmabilità che la rende ef$cace nel partorire e crearequalsiasi con$gurazione. In ciò la fantasia non è, al fondo, diversadalla stessa materia: come questa è il «terreno» ricettivo e germi-nativo delle in$nite forme reali che sussistono nel mondo, così laprima è il sostrato cognitivo per le innumerevoli $gure che anima-no, come tanti enti vivi e vitali, il mondo virtuale dell’immagina-zione umana, ordinato e piegato, grazie alle leggi e alle regole del-l’arte della memoria, a diventare un complesso quadro descrittivoe classi$catore del nostro sapere.

i trenta sigilli

8, 7-15 Hunc ... existant] La funzionalità tecnica del luogo mne-monico in quanto sostrato/contenitore per le immagini fantasti-che segue essenzialmente – nonostante l’originale impostazioneteorica conferitagli da Bruno, che abbiamo appena evidenziato –le norme e le regole dell’arte della memoria classica (cfr. Cicero-ne, De orat., lxxxvii, 358) e tradizionale (cfr. J. Romberch, Cong.art. mem., II, 2, f. 17r e C. Rosselli, Thes. art. mem., I, 1, ff. 1v-2r), con-siderando, innanzitutto, la distinzione tra luoghi detti «comuni» eluoghi «propri» , ed intendendo questi ultimi come parti e suddi-visioni dei primi. Il luogo è dunque pensato come un grande ecomplesso spazio o scenario, visualizzato interiormente per acco-gliere le immagini mnemoniche (cioè i segni di quanto si vuoleconservare nella memoria) che vengono disposte all’interno di es-so secondo particolari condizioni «visive». Ogni immagine è infat-ti trattata come una singola scena collocata in uno spazio «indivi-duale» – che vale cioè per un’unità informativa (un ricordo, unaparola, ecc.) – e che generalmente ha l’ampiezza di un uomo conle braccia allargate ed alzate (secondo il canone mnemotecnicodei retori domenicani, cfr. J. Romberch, Cong. art. mem., II, 5, ff.27v-28r). In tal modo essa costituisce l’unità base e minima dellearchitetture mnemoniche e questi singoli quadri vanno a formarei «pezzi» basilari di costruzioni più ampie (ad esempio, un salone,un edi$cio o una chiesa) che servono a tradurre in una visionecomplessiva, oltre al singolo dato-immagine, anche l’insieme e lastrutturazione di quanto si vuole memorizzare. Per visualizzare siale immagini mnemoniche, sia i vari tipi di luoghi che le accolgo-no, si deve dunque soddisfare una sorta di «equilibrio» prospetti-co ed intuitivo che permetta a chi utilizza queste tecniche di tute-lare, da una parte, la perspicuità e la vivacità delle singoli visioni(scene luminose e sorprendenti, «animate» grazie a $gure agentied oggetti); di garantire, dall’altra, la scansione ordinata degli spa-zi (intervalli regolari, «medie» dimensioni delle scene, ecc.) dovu-ta all’esigenza di organizzare lo spazio mnemonico sulla base di ri-ferimenti contestuali per le immagini-informazioni.

8, 16-27 Non vulgari ... ordine] La distinzione in luoghi «comuni»e luoghi «propri» costituisce la sintassi alla base della scritturamnemonica: le singole immagini sono vincolate a spazi individuali(nicchie, angoli, colonne, $nestre, ecc.); queste vengono a loro vol-ta disposte entro contesti più ampi, delle dimensioni di un palazzo,di un teatro o di una chiesa. Bruno, nel ribadire tutto ciò, ha inmente l’esperienza di quanti l’hanno preceduto, consapevoli cheuna regolata e ordinata strutturazione degli scenari mnemotecnicigarantisse una migliore organizzazione dei ricordi e, conseguente-mente, un loro più ef$cace recupero. In particolare gli è ben pre-

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sente l’esempio e l’esperienza del già citato Congestorium arti$ciosaememoriae del domenicano Johannes Romberch in cui, tra i variespedienti proposti, si insegna a visualizzare un’ipotetica abbazianella quale vengono strutturati ben tre livelli di organizzazione deiluoghi: gli spazi individuali (luoghi propri) vengono ricavati entroo$cinae (luoghi comuni), e queste sono raccolte dentro lo spazio,ancor più generale, dell’abbazia stessa (cfr. J. Romberch, Cong. art.mem., II, 8, f. 35v). L’idea di Bruno è che questo atteggiamento dicomposizione dei luoghi debba essere la caratteristica essenziale diogni architettura mnemonica, in modo da rendere gli scenari dellamemoria sistemi complessi e strutturati su molteplici livelli, dentroi quali le informazioni mnemoniche sono aggregate e si includonovicendevolmente, regolate da precisi ordini e schemi di organizza-zione: l’esempio della rigorosa struttura matematico-simbolica del-la Gerusalemme celeste della tradizione talmudica è lampante, ol-tre che suggestivo, e mostra al lettore quanto so$sticati e fecondi dipossibilità organizzative possano essere gli spazi della mnemotecni-ca bruniana. Questo richiamo, inoltre, all’antica cultura ebraica –che non ha alcunché di «ermetico» – evoca piuttosto certi aspettitecnico-operativi della Cabala, i quali comportano ripetute e «mec-caniche» associazioni tra lettere dell’alfabeto, termini o signi$cati,non diversamente da quanto avviene nella «combinatoria» di Lul-lo, che Bruno conosceva bene, come testimoniano molti dei suoiscritti (sull’interpretazione bruniana dell’arte di Lullo, cfr. M. Cam-bi, La «machina» del discorso, pp. 25-58). Tutto ciò intende dunque suggerire al lettore – e verrà esposto conmaggior chiarezza nella sezione esplicativa – uno degli aspetti piùoriginali della rilettura, da parte di Bruno, dell’arte della memo-ria. Annunciato all’inizio della sezione mnemotecnica di De um-bris, 101, esso è volto a comporre e ad associare, così come si fa trale speci$che informazioni e le singole immagini, contenuti più ge-nerali a luoghi e sistemi di luoghi altrettanto ampi («Committecommunia communibus; minus communia minus communibus,propria propriis; proprioribus atque propriissimis propriora atquepropriissima», De umbris, 110), in una sorta di costante corrispon-denza tra ampiezza logica dei contenuti e costruzione architetto-nica dei segni, che fa, di tutta la rappresentazione mnemotecnica,un unico, complesso e strutturato simbolo di quanto conosciamo.

9, 3-16 Quo caeli ... contemplabere] Nel sigillo precedente Brunoha mostrato al lettore quanto sia fondamentale, nella sua arte, sa-per costruire i luoghi in maniera complessa e come il far ciò servaad assecondare l’altrettanto articolata struttura delle immagini-in-formazioni. Nel secondo sigillo, intitolato «il cielo», che ritornaanche come decimo del De imaginum, signorum et idearum composi-tione (cfr. De imag. comp., infra, 238-239), vediamo una prima appli-cazione di questo atteggiamento operativo: fonte di ispirazione

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per la costruzione di un sistema di sostrati è, in questo caso, la voltaceleste, così come la percepiamo da un punto di vista geocentrico.Si tratta di un’operazione che, dal punto di vista tecnico, non è ori-ginale: l’uso del riferimento astronomico come sistema locale èespediente antico e nella tradizione mnemotecnica si rende diffu-samente testimonianza di questo uso, ad esempio, nel Dialogo delmodo di accrescere e conservar la memoria di Lodovico Dolce (traduzio-ne in volgare del quattrocentesco Cong. art. mem. di Romberch), do-ve vi è una descrizione del sistema di luoghi adottata dal greco Me-trodoro di Scepsi che «ne’ dodici segni dello Zodiaco [...] ordinòtrecento e sessanta luoghi, per aver questo cerchio, come lo misu-rano gli astrologi, altrettanti gradi» (cfr. L. Dolce, Dialogo, p. 52).Ciò che può sorprendere invece è il più o meno esplicito confron-to tra questo espediente e le radicali prese di posizione di Brunoproprio contro ogni orientamento geocentrico e antropocentrico;idee che – sebbene non ancora esaustivamente esposte nel grandeciclo dei dialoghi italiani – erano comunque, al tempo dell’elabo-razione e stesura dei sigilli, al centro della sua ricerca. Saper rileg-gere l’esperienza, ridisegnarne i con$ni, inserirli in una nuova vi-sione complessiva e $loso$ca della realtà è, per Bruno, una delleistanze principali che animano tutta la sua opera di «Mercurio»della verità: le varie teorie o scoperte naturali – ad esempio quelladel continente americano o quella del sistema copernicano – ser-vono come prove concrete e pratiche per confermare la validitàteorica delle sue riflessioni $loso$che, cosmologiche e meta$si-che. E in effetti anche per l’arte della memoria è così: le stesse tra-dizionali tecniche basate sulla visualizzazione di immagini e luoghie che si mostrano così ef$caci – pur utilizzando oggetti e strumen-ti tanto labili come le percezioni sensibili e le visioni fantastiche –confermano, agli occhi di Bruno, la condizione approssimativa erelativa, ma densissima di risorse conoscitive, in cui l’uomo è, persua stessa natura, immerso. Del resto, $n dai suoi primi scritti, l’ar-te della memoria è consapevolmente posta sotto la dimora del -l’«ombra delle idee» (cfr. De umbris, 86 sgg.), per signi$care il for-tissimo legame di queste tecniche con una diversa concezione del-la conoscenza e del funzionamento della mente umana. La pro-spettiva che Bruno offre in questo sigillo è dunque aperta a molte-plici suggestioni: primo, se la fantasia è la «materia» per eccellen-za di quest’arte, chi opera con essa è bene che tragga la «forma»,cioè i modi di plasmarla, dal cosmo intero, ovvero dall’esperienzanaturale intesa nella sua totalità. In secondo luogo, la prospettivacosmologica che qui è sottoposta al lettore è volta a descrivere nonil sistema celeste nel suo complesso, ma ciò che l’uomo riesce apercepire dal proprio punto di vista, che è necessariamente «an-tropocentrico»: forse l’unico modo per rileggere le teorie tole-maiche alla luce del nuovo contesto in$nitistico teorizzato da Bru-no. La sfera qui tratteggiata (modulata sugli scritti di Sacrobosco,

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su cui Bruno ha tenuto lezioni anche in Inghilterra, secondo la te-stimonianza di G. Abbot, riportata da F.A. Yates, Giordano Bruno, p.231), è dunque una grande metafora dell’altrettanto circoscritta ecomposita sfera dell’individualità: un cosmo, interiore e privato, ilcui centro è l’individuo stesso, entro cui si proietta tutta l’espe-rienza. Tale, in conclusione, deve essere considerata la fantasia: ununiverso intimo di enti fantastici, specchio e simbolo vivente diquello naturale.Un ultimo ed ulteriore riferimento è, in$ne, fatto a quel tipo di so-strato che Bruno de$nisce di genere «astronomico», ovvero«quod cosmicarum perspectarum partium cumulo constat» (Deumbris, 108, 6; si veda anche Ars rem., 11), il quale è il secondo gra-do e tipologia di luogo comune prospettati dall’inventore di que-sta nuova ars artium. In un’ipotetica scala ed ordine di differenti ti-pi di luoghi – costruiti sulla base della loro ampiezza e funzionali-tà –, al primo posto vi è la fantasia stessa, contenitore di tutti glispazi mnemonici; al secondo grado vi è la sfera dell’universo (in-tesa secondo la de$nizione e la portata che abbiamo appena esa-minato): cioè l’orizzonte, e il piano, della propria percezione eproiezione interiore; un mondo personale parallelo e corrispon-dente a quello esteriore, ma appreso secondo il punto di vista in-dividuale. Gli altri gradi di questa scansione sono il «geogra$co»,ovvero la prospettiva di paesaggi e scenari di ampia estensione(continenti, paesi, regioni, isole), il «politico» (le città), l’«econo-mico» (gli edi$ci e le loro parti principali), quello «tetratomo» o«pentatomo» (composto di quattro o cinque luoghi individuali,come ad esempio le stanze); in$ne, « l’atomo», cioè il luogo mini-mo in cui va collocata una singola immagine. Questo tipo di clas-si$cazione può aiutare il lettore a comprendere quella corrispon-denza tra «ampiezza logica» dei contenuti ed estensione e orga-nizzazione dei luoghi-sostrati – e loro reciproca inclusione – che èuna delle novità centrali dell’ars memoriae bruniana. Pur non es-sendo, dunque, l’immediato esito tecnico di questo sigillo, che in-segna a preparare un sistema di luoghi di tipo «economico», cioèun edi$cio, per memorizzare la con$gurazione astronomica delcielo, è bene tenere in considerazione tutte queste implicazioni diordine teorico, ugualmente signi$cative nel trasmettere la com-plessità di una disciplina tecnica che affonda le sue radici nellanuova prospettiva $loso$ca di Bruno.Possiamo dunque cogliere quanto sia importante questo espedien-te all’interno del percorso dei Trenta sigilli, tanto da giusti$carnela collocazione in seconda posizione. Ne va apprezzata tuttavia an-che la funzione mnemotecnica, che insegna a creare luoghi appo-sitamente organizzati per la memorizzazione di informazioni rela-tive all’astronomia, una sorta di mappa virtuale e realistica del co-smo, contenente le costellazioni, la loro $gura, i nomi e le caratte-ristiche. Come si vedrà meglio nel commento alla spiegazione,

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questo è possibile traducendo lo schema di partizione e suddivi-sione del cielo in emisferi, quadranti e settori, in un sistema di luo-ghi su tre livelli. A corredo e complemento di tutto ciò vi è in$ne anche un’imma-gine (cfr. $gura 1) che porta come intestazione il rimando a que-sto espediente («Ad caelum, quod est secundus sigillus»). Essarappresenta la schematizzazione gra$ca delle parti del cosmo pro-posta da Bruno, con le tre circonferenze: quella dell’orizzonte (ilcerchio esterno) e le due meridiane (le diagonali del quadrato in-scritto) che nell’intersecarsi suddividono l’emisfero in quattroquadranti, a loro volta suddivisi ulteriormente in otto settori di cir-conferenza.

10, 3-8 Ordinate ... consequentis] Un altro dei princìpi fondamen-tali di tutta l’ars memoriae, $n dalle esperienze più antiche, è quellodell’associazione e della connessione reciproca dei contenuti me-morizzati, aspetto che si realizza e manifesta su diversi e molteplicipiani. Nel caso di questo sigillo l’idea di Bruno è alquanto intuiti-va e semplice, nonché fondata su una lunga tradizione mnemotec-nica (cfr. J. Romberch, Cong. art. mem., III, 15, 66r e L. Dolce, Dia-logo, p. 127). Essa intende far interagire tra loro le immagini ani-mate, in modo che l’azione di una riveli e ponga l’attenzione del-l’osservatore sulla presenza dell’altra, dando vita ad un processodinamico di azioni/reazioni che collega il materiale mnestico inmaniera fluida ed ef$cace. La chiave di volta, perché questo espe-diente abbia successo, è tuttavia profondamente radicata nel siste-ma della «nolana $loso$a» ed è riposta nella consapevolezza e co-noscenza di tutti quei meccanismi di relazione e connessione chesono sottesi ed intrinseci alla dimensione naturale. Non è un casodunque che la «catena» mnemonica qui suggerita trovi la sua fon-dazione – secondo quanto Bruno stesso dichiara nella parte espli-cativa di questo sigillo – in De umbris idearum, 34-35, dove, attraver-so il percorso delle trenta «intenzioni delle ombre» si gettano lebasi di una nuova visione «umbratile» della natura, ontologica-mente parziale, ma anche ricca di riferimenti simbolici e associati-vi che indirizzano l’uomo alla verità. La concatenazione non è,quindi, solo un modo per esprimere l’interrelazione di tutte le co-se e l’unità strutturale e complessiva di una realtà materiale cheappare nei suoi singoli atti eterogenea e frammentaria, ma è an-che un’utile chiave per accedere ad una modalità conoscitivaef$cace e coerente rispetto alle dinamiche della natura stessa. Siasul piano $loso$co, sia su quello gnoseologico, morale, politico,retorico ed anche magico, il saper riconoscere e realizzare «cate-ne» – cioè connessioni ordinate, strutturate e «causali» di eventi,relazioni, affetti, vincoli, inferenze logiche o, più semplicemente,parole e associazioni metaforiche – è il fulcro dell’operatività bru-niana.

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Costruire catene, ma anche leggerle e comprenderle nella realtà,è un duplice atteggiamento che si situa però in un medesimo sfon-do – $loso$co ed operativo al tempo stesso – incentrato sulla con-sapevolezza che unità ed eterogeneità, in$nito e $nito, siano«compossibili» solo se si assume il punto di vista, estremamentedinamico, del fluire incessante della natura che partorisce ogni co-sa divorandone l’una dietro l’altra, in un’enorme e in$nita catenadi atti speci$ci ed individuali col $ne di far tutto in tutto, di esseretutto; restando dunque sempre medesima ed una, ma riuscendoad essere, al tempo stesso, altra da sé, ed uguagliandosi all’assolu-to nella «esplicazione» di tutti i possibili e differenti enti (cfr. Cau-sa, p. 213: «Il scopo e la causa $nale la qual si propone l’ef$ciente,è la perfezzion dell’universo: la quale è che in diverse parti dellamateria tutte le forme abbiano attuale existenza: nel qual $ne tan-to si deletta e si compiace l’intelletto, che mai si stanca suscitandotutte sorte di forme da la materia»). Tale $tta connettività, che è alla base del codice genetico della na-tura universale ed in$nita, caratterizza anche il terreno teorico sucui opera l’arte della memoria, non solo perché, come nel caso diquesto espediente, è estremamente ef$cace nel far ricordare se-quenze di informazioni, ma più in generale, perché ogni dato del-la conoscenza è anello di una ben più ampia catena, pezzo di uncomposito quadro – anche visivo, non solo speculativo – che tieneinsieme e raccoglie tutto il sapere. Ogni cosa nell’arte della memo-ria è infatti frutto di una «connessione»: si vincola e si associa unconcetto ad un’immagine; questa si lega ad un luogo speci$co; equesti si connettono e s’aggregano tra loro in architetture e scena-ri sempre più estesi, $no a che la «materia», cioè la fantasia, e la«forma» – ovvero l’insieme dei contenuti rappresentati – rende-ranno la nostra conoscenza una sorta di unico e grande «ente» vir-tuale e fantastico. L’immagine della catena sta qui pertanto a rap-presentare tutte queste forme di associazione ed inferenza, nellaprospettiva di una continuità ed unità complessive che sono sostan-ziali a tutta la realtà e, come tali, devono essere tenute come dire-zione, riferimento e centro per ogni attività speculativa o pratica.

10, 8-9 Sit ... KL] In base a quanto esposto in precedenza non stu-pisce che Bruno si possa servire di più strumenti e codici per espri-mere con maggior forza il senso della intrinseca e sostanziale con-nettività che uni$ca e collega tutte le cose, garantendo anche ilsuccesso di questo espediente mnemotecnico. È quanto vediamo,ad esempio, nelle righe conclusive della presentazione del terzo si-gillo, con l’esplicito riferimento ad una concatenazione di lettere,il cui richiamo agli alfabeti lulliani è $n troppo evidente; oppurein ciò che emerge anche dalla $gura annessa a questo sigillo (cfr.$gura 2, «Ad cathenam, ubi tertius est sigillus»), in cui gli echi

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platonizzanti dell’«aurea catena» si intrecciano, nuovamente, conle regolari geometrie dell’arte combinatoria.Ma vediamo con ordine i due diversi riferimenti «gra$ci»: il primoriprende una modalità espositiva che pervade tutto il testo dei sigil-li e che, in maniera più o meno esplicita, ritorna in ciascuno deitrenta espedienti mnemonici. L’arte di Lullo infatti, nella versionebruniana – un metodo logico-mnemonico scevro da ogni controin-dicazione apologetica e confessionale –, esprime l’idea che la rego-larità, la connessione e la strutturazione – caratterizzanti l’essenzadei processi di pensiero – costituiscano anche la matrice più intimadella realtà e che dunque, ancor prima di essere in atto nella sin-gola volontà o metodo della conoscenza, esse si affermino comeespressione di una forza intrinsecamente spontanea del reale. Ca-tene di questo tipo e forma ritornano anche nei tre sigilli che se-guono immediatamente il terzo: nell’albero, nella selva e nella sca-la esse sono inserite in contesti e «formule» più complesse, comese la catena fosse la struttura o l’operazione base di forme di calco-lo di grado superiore. Il richiamo all’esperienza combinatoria giàmaturata in Bruno attraverso opere come il De compendiosa architec-tura et complemento artis Lullii (Parigi, 1582) è un modo per ribadireanche sui piani logico-dialettico e retorico – oltre a quello mnemo-tecnico – l’importanza di trovare una profonda coerenza e corri-spondenza tra $loso$a e operatività, visione del reale e appropria-zione dei meccanismi che lo generano (un aspetto questo che ac-compagna tutta l’opera e l’esperienza di Bruno, in una continuatensione tra teoria e praxis). L’arte di Lullo, agli occhi di Bruno, sitrasforma pertanto in un insieme di formule e regole che, attraver-so atti regolari e sequenziali, applicati ricorsivamente al materialeda essi stessi prodotto, sono in grado di generare e produrre il sa-pere; o, in un movimento quasi opposto, di interpretare e di legge-re i dati della conoscenza riconducendoli entro una cornice carat-terizzata, per l’appunto, da stretti legami di connessione e da unasostanziale unità di molteplici elementi eterogenei.È di un tenore simile, quindi, anche il senso della $gura annessa aquesto sigillo: i quattro cerchi contigui e connessi da diametri chesi incrociano e si susseguono lungo tutta la $gura, in una sorta di«scala» che procede con continuità dal primo cerchio all’ultimo,danno l’idea che dai punti di ogni circonferenza si possa giungerea quelli di qualsiasi altra, se si segue con regolarità il percorso diconnessioni e relazioni. Questi quattro cerchi, ci spiega poi Brunonella parte esplicativa del sigillo, sono metaforicamente assimilabi-li ai gradi della realtà che, collegati tra loro da una continuità cheè sostanziale, permettono di passare dall’uno all’altro attraverso leloro speci$che partizioni, visto che il più «basso» elemento di ungrado è immediatamente prossimo al più alto del grado successivoed inferiore. Ciò viene a valere – a metà tra interpretazione e pre-scrizione programmatica – per qualsiasi struttura di relazioni e

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connessioni, sia essa costituita di concetti, enti o, per l’appunto,immagini mnemoniche.

11, 3-7 Si ... elementa] Il quarto sigillo (sesto nella serie dei sigillidel De imaginum, 227-228) implementa su più livelli le potenzialitàdella catena, ovvero del principio per cui connessioni e relazioni(ed anche associazioni tra immagini) tengono insieme, in manieraunitaria e sistematica, un gruppo di informazioni. La struttura «adalbero», tuttavia, richiama oltre ai caratteri tipici di queste sequen-ze (da un elemento si passa ad un altro, per mezzo della connessio-ne di elementi intermedi), anche quelli delle strutture gerarchi-che, per cui da un elemento di grado superiore – o di classe logicapiù ampia – si passa ad altri inferiori, attraverso gradi progressivi.Nello speci$co, ad una serie di concetti generali e principali (iltronco) sono associati altri gruppi di elementi derivati e subordina-ti ai primi (i rami), a loro volta includenti sottoinsiemi di concetti evalori (i rami più piccoli): ciò va a costituire una struttura, per l’ap-punto, «rami$cata», che uni$ca, collega e ordina un gruppo mol-to ampio di informazioni. Come si può scorgere nell’immagine cheaccompagna la presentazione di questo sigillo, si tratta, in de$niti-va, di catene dentro altre catene – se vogliamo continuare ad usaretale «formula» –, visto che la forma gerarchica non è necessaria-mente presente in ogni sequenza di dati (come succederà invececon la scala), ma è posta, di volta in volta, tra i diversi gruppi di ele-menti (tra il tronco ed i rami, tra i rami ed i rametti), che risultanoquindi subordinati tra loro. Bruno ha così scelto, con il terzo sigil-lo, di introdurre uno schema operativo più generico (la catena),poi, con i successivi (l’albero, la selva e la scala), ha sviluppato alcu-ne ulteriori applicazioni, trasponendo questo modo di connettere idati su vari tipi di strutture, anche gerarchiche. Occorre comunquenotare – aspetto che non è affatto secondario – che le forme dialet-tiche e le modalità di disposizione evocate da questo espediente ri-velano il riflesso della più ampia e complessa discussione cinque-centesca sulla riforma del metodo dialettico. A partire da autori co-me Lorenzo Valla e Rodolfo Agricola, infatti, la «topica» e la dispo-sitio, cioè l’elencazione e l’organizzazione schematica delle infor-mazioni, giocano un ruolo primario nella dialettica, rispetto alla lo-gica del tardo Medioevo centrata sulla suppositio, cioè l’analisi deicontenuti e della funzione logica dei termini (cfr. i volumi C. Vaso-li, La dialettica e la retorica dell’Umanesimo e W.J. Ong, Ramus, Method,and the Decay of Dialogue). Bruno, che è pienamente consapevole ditali problematiche, ha argomenti propri ed originali per confron-tarsi sia con la tradizione Scolastica, sia col ramismo, allora moltodiffuso tra gli ambienti puritani di Francia ed Inghilterra. Egli ritie-ne – in contrasto con entrambe le posizioni – che una qualsiasi ri-forma del metodo non sia possibile senza una altrettanto «nova»$loso$a: solo il costante riferimento ad una differente visione

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dell’uomo, del mondo e dei suoi princìpi fondativi, più vicina al-l’esperienza, ma anche meno intrisa di forzature ideologiche oconfessionali, può essere garanzia di un più corretto modo di deci-frare e interpretare la realtà. È per questa ragione che nei testi chededicano ampio spazio alla mnemotecnica – come il ciclo dei sigil-li o il De umbris idearum – le tecniche vere e proprie di memoria ar-ti$ciale si intrecciano con complessi motivi di carattere metodolo-gico, su uno sfondo essenzialmente $loso$co. In questo modo l’ar-te dei luoghi e delle immagini diviene uno strumento di sostegnonon solo per la memoria, ma per l’intera conoscenza: la creatività(inventio), l’organizzazione e l’analisi del sapere (iudicium). Si capi-sce anche perché Bruno dedichi tanta attenzione, in quasi tutti isuoi testi più «tecnici», all’arte di Raimondo Lullo, divenuta – spe-cialmente a partire dagli ambienti francesi dell’inizio del XVI seco-lo – una forma di metodologia sistematica in grado di comunicareal sapere non solo un semplice ed immediato ordine, ma una benpiù generale cornice di riferimento: delle vere e proprie coordina-te che, tra $loso$a e dialettica, potevano garantire la collocazioneed il reperimento di qualsiasi informazione. Più ci si addentra nelcuore tecnico dei sigilli e più si scopre quanto l’arte «nolana» siasoprattutto un metodo, una disciplina di organizzazione e gestionedel sapere, fondata su schemi tipicamente dialettici, ma anche – edè un elemento di estrema originalità – sulla sostituzione del con-cetto e del termine (oggetti per eccellenza della logica e della reto-rica tradizionali) con l’immagine mnemonica: innovativo strumen-to semantico che, grazie alla sua signi$cativa portata e ricchezzasimbolica, è scelto per essere il fulcro di questo nuovo modello co-noscitivo.

12, 3-10 Coeunt ... ordinabuntur] Rifacendosi ai princìpi dell’artelulliana, i quali prevedono che un determinato schema combina-torio possa essere moltiplicato ed ampliato attraverso ulteriori «$ -gure» – cioè composizioni che lo applicano e lo riprendono in dif- ferenti modi –, Bruno suggerisce qui un’ulteriore risorsa per au-mentare e potenziare le possibilità di organizzazione e disposizio-ne di concetti, immagini e luoghi, derivate da sigilli come la cate-na e l’albero. Infatti, dopo aver introdotto, con l’albero, l’elemen-to gerarchico nella particolare modalità di connessioni e rimandipropria del terzo sigillo, fondando così la possibilità di sommareed includere tra loro più «catene», adesso Bruno indica – con laformula della selva – l’opportunità di moltiplicare il potenzialecompositivo del precedente sigillo, semplicemente visualizzandoed organizzando più strutture ad albero correlate e messe in rela-zione tra loro. Ciò permette di spostare su più livelli la distribuzio-ne delle immagini da memorizzare o da utilizzare per la inventioe lo iudicium retorici: in questo caso alla $gura e allo schema del-l’albero verrà associato l’argomento principale, mentre i restanti

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membri, sottoposti al primo, saranno messi in relazione con altrialberi che, disposti tutt’intorno, andranno a comporre la «selva»dell’argomentazione da esaminare. Fondamentale, in questa rifor-mulazione tecnico-pratica, risulta pertanto la modalità secondocui disporre i vari «alberi» (che, in ultima analisi, sono speci$chearchitetture di luoghi). Essi sono considerati in questo sigillo «uni-tà semiotiche», cioè strutture di simboli e concetti che, sebbenecomplesse, sono comunque unitarie e dunque devono essere or-ganizzate senza venire meno a quel principio di uni$cazione eclassi$cazione che è centrale nell’arte di Bruno. L’autore stesso ciinsegna a «trapiantare» più alberi in base alla loro specie, ovvero(come si può evincere dalle due serie combinatorie inserite nel te-sto) – associando schemi o partizioni simili tra loro – alberi che sisomigliano perché relativi al medesimo gruppo di concetti o allestesse porzioni del testo. Se, ad esempio, si desidera organizzare laselva dell’argomento «virtù morali» , si «pianteranno» gli alberivicini – cioè si visualizzeranno insiemi di luoghi prossimi e con lamedesima con$gurazione – con cui rappresenteremo «l’umiltà»,con tutti i tipi e gli esempi relativi, la «gentilezza», ecc. Piccoligruppi di alberi differenti per ogni elemento della partizione prin-cipale permetteranno così di aumentare il numero di riferimentivisivi, simbolici e locali a nostra disposizione (non si dimentichi,inoltre, la molteplice funzionalità dell’albero alla cui forma l’omo-nimo sigillo si ispira: è esso stesso, con le sue parti, « luogo» perdelle immagini, è visualizzato come simbolo per rappresentare uninsieme di informazioni, è formula per organizzare le architetturemnemoniche). Al di là delle possibili e speci$che applicazioni –che vedremo parzialmente in atto commentando la sezione espli-cativa –, ciò che risulta importante, ancora una volta, è la regolagenerale che si può ricavare da questo sigillo e che è valida per tut-ta l’arte del Nolano: ogni schema, ogni «formula» combinatoriaper organizzare e disporre i concetti, le loro immagini o i luoghipuò essere moltiplicata, cioè potenziata, o inserendo ed applican-do vicendevolmente schemi diversi tra loro (ad esempio una ge-rarchia tra catene permette di formare un albero); o, più sempli-cemente, reiterando su più piani e diversi livelli il medesimo sche-ma (più alberi danno una selva). Questa idea consegna l’arte diBruno alla piena creatività di chi la utilizza ed è preannunciata, inuna sorta di progressiva e didattica esposizione, attraverso la pre-sentazione e la spiegazione della catena, dell’albero, della selva edella scala. Troverà una sua piena e più compiuta formulazionenel settimo e quattordicesimo dei sigilli, intitolati rispettivamente«l’innestatore» e «Dedalo».

13, 3-14 Schala ... AL] Dopo aver lavorato a lungo sulle diverse pos-sibilità di applicazione della formula della catena, combinando traloro i vari e precedenti schemi, ora Bruno svolge un’ulteriore ed

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ennesima variazione sul tema sbilanciando la composizione di ge-rarchie e catene in favore delle prime. Il sigillo della scala offre in-fatti uno schema di organizzazione e disposizione di contenuti edimmagini in cui la gerarchia è interna anche alla catena (mentreprecedentemente era tra catene), cioè tra gli elementi di una serieche, oltre ad essere connessi tra loro, sono anche superiori o in-feriori (di grado o di ampiezza logica) l’uno rispetto all’altro. L’e -sempio della $gura che accompagna la presentazione del sigillo cene fornisce la «formula» combinatoria: c’è una prima colonna incui la lettera A è accoppiata ad altre lettere (da B a L) e da ognunadi queste coppie si genera una «catena» di ulteriori combinazioni(bc, cd, de ... kl), che produce uno schema complessivo in cui adogni riga la lettera con cui parte la sequenza «scala» gradualmen-te dalla b alla k. In questo modo, se si assumono come principio diordinamento le lettere dell’alfabeto (e quindi la a indica una posi-zione superiore alla b, la b alla c, ecc.), si hanno due ordini di pro-gressione, entrambi gerarchici: una prima serie, costituita da diecilivelli, che va da AB ad AL (prima colonna) ed un’altra che seguel’andamento orizzontale, per cui la prima coppia di ogni riga (par-tendo da bc e poi a scalare) indica il primo grado di scansione esuddivisione di ciascun livello, mentre kl sempre l’ultimo. Combi-nando i due «percorsi» si avrà così una discesa continua dal primo$no all’ultimo grado, passando per tutti i «gradini» intermedi, co-stituiti dalle coppie di ogni riga.La formula così esposta ha un esplicito debito nei confronti dell’ar-te di Lullo; è ispirata infatti alla «terza $gura» del suo sistema com-binatorio, derivata dalla composizione delle prime due, e per que-sto è pensata per applicare i predicati assoluti (prima $gura) ai va-ri gradi della realtà – letti attraverso i predicati di relazione della se-conda $gura – e per ricavarne un uso «generale», cioè estendibilealla molteplicità e varietà dei fenomeni («$gura ista est valde gene-ralis; cum qua intellectus est valde generalis ad faciendum scien-tias», R. Lullo, Ars brevis, p. 98). Mentre infatti con i predicati asso-luti l’autore riferiva i vari termini ad un solo «soggetto» (di volta involta, Dio, angelo, cielo, uomo, ecc.) e poi introduceva i praedicatarespectiva per de$nire i rapporti tra un grado-soggetto ed un altro(che erano perciò tra facoltà e facoltà, tra sostanza e sostanza,ecc.), con la terza $gura è invece possibile combinare tra loro i varitermini della prima e seconda serie e riferirli poi ad un qualsiasisoggetto. Nell’arte di Bruno tale schema diviene pertanto un modoteorico ed anche gra$co per rappresentare in maniera paradigma-tica ogni struttura gerarchica, poiché costituisce, in prima istanza,una composizione complessiva rispetto ad un insieme eterogeneodi parti; in secondo luogo, è ef$cace nell’esprimere quella sistema-tica, graduale ed ordinata disposizione degli elementi che costitui-sce la caratteristica peculiare di qualsiasi «scala».

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14, 3-10 Ut ... promovere] Il settimo sigillo, chiamato l’innestatore,segna un punto di svolta rispetto ai primi sei: il campo, il cielo, lacatena, l’albero, la selva e la scala presentano, infatti, tutti gli inse-gnamenti tecnici «base» necessari e suf$cienti per gestire una ver-sione semplice, intuitiva ed immediata dell’arte della memoria,utile a memorizzare quantità e gruppi di informazioni non troppocomplesse e a sviluppare, creativamente, argomentazioni, riflessio-ni e discorsi. In particolare i primi due sigilli hanno permesso allettore di cogliere le novità più rilevanti dell’ars di Bruno: la rifor-mulazione del concetto di immagine e luogo (e del loro rapporto)in vista della costruzione di scenari mnemotecnici che rispecchi-no, nella loro con$gurazione «architettonica», la struttura logicadei dati da memorizzare. Allo stesso modo, con il piccolo gruppoche comprende la catena, l’albero, la selva e la scala, sono statepresentate le prime «formule» della combinatoria fantastica, ovve-ro quegli schemi generali secondo cui organizzare e comporreconcetti, immagini e luoghi: il principio di concatenazione e con-nessione e quello dell’organizzazione gerarchica, entrambi costi-tutivi sia della dimensione naturale, sia del mondo logico (ancheperché quest’ultimo è comunque esito, effetto e proiezione dellaprima, secondo la teoria delle «ombre delle idee»). Si è compre-so, inoltre, come la sostanziale af$nità tecnica tra questi sigilli –tutti accomunati dal loro costante richiamo alle tecniche dell’artecombinatoria – connetta le modalità dell’uno a quelle di tutti glialtri: un albero è con$gurabile come una gerarchia di catene, laselva è una catena e somma di più alberi, la scala è, a sua volta, unacomposizione di gerarchie e catene. Anche se tutti questi sono sta-ti presentati come strumenti separati ed autonomi per svolgere de-terminate funzioni mnemoniche, è comunque possibile – comeinsegna a fare questo speci$co sigillo – andare oltre la loro imme-diata comprensione e cogliere il principio teorico che ne sta allabase. È grazie a questo ulteriore passo, pertanto, che una sempliceelencazione di regole ed espedienti pratici diviene un’arte, cioèuna disciplina sistematica al servizio della conoscenza. A differenzadei precedenti sei, questo sigillo fornisce dunque, più che unospeci$co insegnamento tecnico, una prescrizione che è di caratte-re metodologico: l’analisi di una tecnica e dei suoi strumenti per-mette a chi la usa di scoprire in essa princìpi e considerazioni teo-riche più generali, che consentono di ampliarne gli esiti, ma an-che di sperimentarne nuove e personali applicazioni.

15, 3-10 Certus ... appello] Finora l’arte di Bruno ha chiamato incausa due tipi di «oggetti» mnemonici: le immagini ed i luoghi.Le prime sono i segni di quanto si vuole memorizzare che, sotto la forma di $gure simboliche (oggetti, statue, personaggi) e secon -do varie modalità rappresentative, rimandano ad un determinatocontenuto. I luoghi, invece, sono la raf$gurazione di contesti spa-

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ziali (angoli, stanze, edi$ci) in cui devono essere collocate le im-magini per conservare con esse anche le informazioni relative allastruttura logica (libri e capitoli, ma anche tassonomie e classi$ca-zioni) dell’insieme dei dati cui appartiene quanto vogliamo me-morizzare: per far questo nel migliore dei modi l’organizzazionearchitettonica degli scenari deve diventare anch’essa e a suo modo«simbolo» dei contenuti mnemonici. Con il presente sigillo Bru-no mostra invece un nuovo tipo di strumento mnemotecnico, lacui funzione è a metà tra quella del luogo e quella dell’immagine:si tratta infatti di una $gura – dalla forma e dalle fattezze umane –animata e animabile che, collocata nei luoghi individuali, aiuta amigliorare il vincolo mnemonico che lega la singola e speci$ca im-magine con il luogo, ma serve anche ad esprimere informazioni di carattere contestuale, speci$che a quella collocazione (come la posizione o l’ordine rispetto ad una sequenza). Un’immagine,dunque, che «assiste» e migliora i luoghi nella loro funzione e perquesto viene espressa appropriatamente dalla metafora dell’agri-coltore che cura e coltiva il proprio «campo» (ovvero il primo si-gillo, paradigma e metafora della nuova teoria bruniana dei luo-ghi). Il coltivatore si presenta, in pratica, come una $gura deno-tante il luogo, ma in funzione ed in direzione dell’immagine (conla quale interagisce attivamente) e, in conseguenza di ciò, agiscecome mediatore tra i due. Poiché questo tipo di espediente tecni-co è sia un attributo espresso dal luogo, sia un «accessorio» dellastessa immagine, Bruno lo de$nisce, nella sua versione più «gene-rica» (cfr. Ars rem., 20 e, per la traduzione e il relativo commento,Cant. Circ., 84), con l’ambivalente nome di subiectum adiectivum(che signi$ca luogo che funge da attributo, ma anche che è pro-prio dell’immagine, chiamata adiectum).

16, 3-11 Per ... accidentia] Il nono sigillo è chiamato «la tavola» ecostituisce una prima e concreta applicazione del principio delcoltivatore, poiché insegna a preparare una struttura di indici visi-vi per numerare i luoghi e le immagini ad essi associate, che fun-zionano quindi quali coordinate per la disposizione e l’organizza-zione del materiale mnemonico. Come preannunciato anche inconclusione della spiegazione del coltivatore, questo sigillo sugge-risce di preparare un gruppo di «coltivatori» , cioè immagini attri-butive che raf$gurano persone agenti, svincolate però da luoghispeci$ci (mentre il coltivatore è af$dato in maniera «stabile» e«perpetua» al proprio luogo) e che tuttavia, essendo uni$cate elegate tra loro da una precisa scansione (in questo caso alfabeti-ca), formano un tutt’uno regolare e uniforme, cui riferire o sotto-porre un insieme di immagini-dati. Nell’esempio proposto da Bru-no la tavola segue infatti la serie di un alfabeto di sillabe (ab, ac,ad, ae, af..., ecc.) espresse ed indicate per mezzo delle iniziali delnome, dell’azione o delle caratteristiche di alcuni personaggi: un

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uomo che abbatte un albero, uno che accusa, uno che è stato ad-dentato, ecc.; ovvero si fa in modo che i vari personaggi rappre-sentino il valore del loro indice attraverso l’azione di cui sono pro-tagonisti. Distribuendo tali $gure in un’architettura mnemonica efacendole interagire con le immagini ivi collocate, automatica-mente queste trasmetteranno il proprio valore alle $gure che sonoloro associate, quasi fossero «numeri» visivi che marcano la dispo-sizione delle immagini e la successione dei luoghi (anche se nonsono propriamente immagini di numeri, cosa che, con una moda-lità analoga, si insegnerà a fare con il sedicesimo sigillo, detto ap-punto «il numeratore»). La «formula» qui suggerita è pertantosolo esempli$cativa: si potranno organizzare gli indicatori per latavola seguendo il criterio che è più congeniale sia rispetto al ma-teriale da ordinare, sia in rapporto alla dimestichezza con le im-magini mnemoniche e alla creatività di chi intende utilizzarli.Quello che è importante – e costituisce il senso di questo espedien-te – è che il sistema di indici risulti internamente coerente e vengareso visivo e ben perspicuo per mezzo di $gure animate (e non sta-tiche, come oggetti o cose simili), le quali interagiscano, cioè, conil contesto e con le immagini mnemoniche «vere e proprie».

16, 12-16 AF ... fu] La tabella aggiunta alla presentazione del nonosigillo suggerisce al lettore, sulla falsariga del primo alfabeto silla-bico proposto nel testo, un’altra modalità per organizzare la tavo-la di immagini-indici: cinquanta coppie – ma gra$camente si dàconto solo della metà – ottenute associando dieci lettere (dalla Aalla K) con le cinque vocali ed altrettante formate dalle medesimecoppie, ma con l’ordine delle lettere invertito (la vocale precedela consonante). Pur essendo solamente uno dei possibili e innu-merevoli modi per con$gurare la struttura di riferimento di que-sto espediente, la forma «combinatoria» con cui è disposta questagriglia sottolinea ancora una volta il fondamentale riferimentodell’arte di Bruno ai meccanismi della combinatoria lulliana, verae propria «ossatura» della mnemotecnica e fondamentale stru-mento per ribadire, a chi opera con essa, quanto la regolarità, lareiterazione degli atti ed una sorta di ordinato dispiegarsi ed uni -$carsi dell’in$nita eterogeneità sia l’aspetto che caratterizza mag-giormente le dinamiche ed i processi del conoscere, ma anche la vi-cissitudine della natura, di cui la conoscenza è riflesso e proiezione.

17, 3-8 Compaginator ... ef$ciat] L’impaginatore, sebbene non siadetto esplicitamente, è un espediente mnemotecnico ripresodall’opera del Ravennate, perché proprio il celebre maestro mne-monista rivendicava come propria, nella sua opera, l’idea di molti-plicare la disponibilità dei luoghi unendo e collegando tra lorodifferenti scenari, anche se, nella realtà, questi spazi non erano af-fatto contigui (cfr. Pietro da Ravenna, Phoenix, b iiiv - b ivr). Que-sto sigillo propone dunque un’ulteriore riflessione di valore tecni-

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co: non si mostra infatti come organizzare i luoghi e le immaginiper memorizzare speci$ci gruppi di dati, ma è offerto un metodoper ottimizzare la gestione degli spazi interiori e, conseguente-mente, migliorare la conservazione e il recupero dei segni mne-monici. In questo caso l’impaginatore, che si rifà in parte anche alprincipio teorico dell’innestatore, insegna a chi opera entro gliscenari fantastici come collegare ampie strutture di luoghi ad altreanaloghe o simili, sfruttando la forza «vivi$cante» dei subiectaadiectiva, in modo che più percorsi di luoghi o più edi$ci possanoessere considerati contigui, se uni$cati dall’azione di una $gurache agisce nel punto della loro «congiunzione» (un po’ come nel-la catena, dove una scena rimanda all’altra grazie alla continuitàdella loro azione). Basterà quindi, nel luogo che segna il terminedi un determinato scenario, servirsi di un’immagine agente – col-locata lì appositamente o già presente con altre funzioni – perraf$gurare, grazie alle sue azioni, il passaggio visivo al primo so-strato individuale della struttura successiva: ad esempio, l’immagi-ne di un uomo posto davanti all’ingresso di un ampio salone potràallo stesso modo accompagnare la vista dell’operatore nell’esplo-razione dei luoghi presenti al suo interno e, successivamente, con-durla all’ingresso del salone immediatamente prossimo.

18, 3-8 Ideo ... multi] L’undicesimo sigillo è intitolato «il vessillo»e insegna come raccogliere intorno ad immagini e $gure di riferi-mento – portatrici e rappresentanti di speci$ci valori – altre im-magini dal signi$cato simile e «subordinato», proprio come sottomedesime bandiere si radunano, secondo vari gruppi, i soldatid’un esercito. Si tratta, anche in questo caso, di associare a gruppie griglie di immagini che fungono da subiecta adiectiva le immaginidi quanto vogliamo memorizzare, con lo scopo di trasmettere unadeterminata struttura di relazioni ai dati stessi – in maniera del tut-to analoga a quanto fatto con la tavola – con l’unica variante che,questa volta, l’insieme di immagini-indici implica un’organizzazio-ne interna di carattere gerarchico in cui ad un’immagine princi-pale sono sottoposte altre immagini caratterizzate da un medesi-mo valore. La modalità di associazione tra «vessilli» e $gure su-bordinate è di carattere convenzionale ed è compito di chi le vi-sualizza fare in modo che, attraverso vari e personali stratagemmi,una $gura possa essere presa ad emblema di altre in maniera che,vedendo quella principale, la vista interiore possa essere ricondot-ta anche alla visione di quelle sottoposte. Questo espediente, co-me altri precedenti, è ispirato alle tecniche di Pietro da Ravenna(cfr. Phoenix, b ivv - c iv): sebbene lì ci si servisse di un metodo ana-logo per rappresentare visivamente le parole, qui si ricorre a tali$gure per organizzare i luoghi ed ordinare le immagini.

19, 3-7 Suis ... lectionem] Con il pittore, o Zeusi, inizia una serie ditre sigilli che portano i nomi di altrettanti artisti/arte$ci della tra-

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dizione classica e mitologica (Zeusi, Fidia e Dedalo) e che sanci-scono il passaggio ad un ulteriore e più complesso utilizzo dei sub -iecta adiectiva. Dopo averli infatti proposti come «aggettivi» delluogo per rafforzarne il legame con l’immagine (il coltivatore),averli caratterizzati come elementi per conferire ordine a gruppidi immagini mnemoniche (la tavola e il vessillo) o veicolarne l’uti-lizzo per ottimizzare la visione complessiva degli spazi (l’impagina-tore), ora viene proposto l’uso di queste immagini accessorie peresprimere i contenuti della memoria, abbattendo l’ultima barrierache distingue la funzione dei subiecta adiectiva da quella delle im-magini vere e proprie. Con questo espediente si insegna infatti apreparare cataloghi di immagini caratterizzate da una particolarecomplessità: $gure di persone o personaggi che agiscono in uncontesto ambientale fatto di pochi ma signi$cativi elementi circo-stanziali, rese fortemente espressive da azioni, gesti o tratti della$gura particolarmente suggestivi e create per essere versatili, per-ché fornite di oggetti, strumenti, indumenti ed accessori con cuicompiere le più svariate operazioni. I quadri così approntati e op-portunamente inseriti nei luoghi, possono servire per rappresenta-re contenuti mnemonici nel momento in cui si mettono in scenatramite essi – grazie alle loro diverse possibilità espressive – varie edifferenti $gurazioni, sia «animando» gli elementi già presenti,sia aggiungendovene altri, a seconda di ciò che si desidera presen-tare. In questo modo vengono creati segni mnemonici a partire daun «materiale visivo» già approntato e già in possesso, cioè me-morizzato, trasformando e adattando queste scene alle informa-zioni da raf$gurare. Questo modo di operare richiede doti note-voli in termini di dimestichezza e creatività nella produzione e ge-stione dei segni fantastici, e senza dubbio è meno immediato cheinventare di volta in volta un’immagine per ogni dato da memo-rizzare. Tuttavia un atteggiamento simile può risultare assai utilenel momento in cui ci si confronta con informazioni non «sensibi-li» , come quelle relative a concetti astratti, che occorre rappresen-tare per mezzo di simboli convenzionali e arbitrariamente stabiliti(cfr. De umbris, 97-100). L’esempio delle immagini dei trentasei de-cani di Teucro Babilonese (già presenti in De umbris, 196-207) puòchiarire ulteriormente questa modalità operativa. Prendiamo, peresempio, la seconda immagine del segno del Sagittario, descrittacome una donna triste, vestita a lutto, che tiene tra le braccia unbambino e ne conduce per mano un altro. Tale scena è scanditada particolari «momenti» visivi: vi è innanzitutto il personaggioprotagonista, che in questo caso è una donna, caratterizzato daun’espressione particolare, che compie un’azione (culla il bambi-no) e presso di sé ha un’altra $gura (il secondo bambino, condot-to per mano). Tale scansione è, nel caso di queste immagini, ri-corrente in ognuno dei trentasei quadri, per cui: 1. vi è sempreuna persona; 2. ha una connotazione emotiva speci$ca; 3. è carat-

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terizzata da un gesto particolare; 4. un elemento circostante ac-compagna e completa la scena. Questi quattro momenti, di fatto,diventano «oggetti» mnemonici, quando, o per mezzo di essi o ri-spetto ad essi, si rappresentano e si riferiscono le informazioni daconservare nella memoria, utilizzandoli sia «separatamente» –cioè associando di volta in volta a ciascun «blocco» un signi$catodiverso –, sia tutti insieme, creando in entrambi i casi una scenaunitaria che sarà il segno $nale e complessivo del contenuto darappresentare (per una spiegazione più dettagliata di come utiliz-zare queste immagini, cfr. De umbris, 222 e il relativo commento).Bruno sostiene, in chiusura della presentazione di questo sigillo,di aver potuto riferire a tali immagini oltre centomila tra concetti,termini ed argomenti; molto probabilmente ciò è stato possibile,immaginiamo, utilizzando in vari modi questo stesso elenco e fa-cendo convergere su ogni scena più d’un signi$cato (ad essereprecisi, almeno una media di tremila informazioni per ciascunaimmagine!). È veramente un uso «estremo» della fantasia, eppurela versatilità di tali $gurazioni – aumentabile, ad esempio, combi-nando ciascun personaggio con i tratti, le azioni e gli oggetti ca-ratteristici degli altri – può produrre un’estrema varietà di scene,proprio come un pittore che, di fronte ad una tela dai contorni de-limitati ed in possesso di pochi colori, cercando ispirazione dallarealtà e prendendo e componendo tra di loro i «pezzi» dell’espe-rienza visiva, può rappresentare qualsiasi cosa (cfr. il ventesimo ca-pitolo della seconda sezione del primo libro del De imag. comp.,125: «Alibi dictum est ut pictor quidam, imaginum scilicet in$ni-tarum efformator, est phantastica potentia ex visis et auditis multi-pliciter combinando architectans»).

20, 3-12 In ... recipiat] Un altro possibile utilizzo dei subiecta adiec-tiva come strumenti mnemotecnici per generare segni e signi$catiè nell’uso di queste $gure per costruire immagini per le parole(memoria verborum). Af$dando infatti il compito di raf$gurare unasillaba o un termine ad uno spazio determinato (ad esempio unapiccola stanza) e riferendo alle singole parti che contraddistin-guono la scena lì inserita il valore di lettere e sillabe, si riuscirà acostruire la rappresentazione di una parola componendo tra loro isingoli «pezzi» di un alfabeto visivo appositamente ideato. Esempidi questo modo di operare si possono trovare nell’ultima delle ar-tes breves poste alla $ne di De umbris idearum, 234-237, e anche inquella in calce ad Ars rem., 55-58 (per una spiegazione più detta-gliata, si veda il commento alla versione di Cant. Circ., 123-127). Intutte queste si descrivono, infatti, sistemi mnemonici basati su sin-gole $gure da caratterizzare secondo cinque posture, altrettanteposizioni rispetto al proprio contesto (davanti, dietro, a sinistra, adestra, in mezzo) ed entro cinque settori individuati in una stanzao in direzione dei punti cardinali, raf$gurando, con ognuno o con

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tutti questi modi assieme, l’unione delle consonanti con le vocali edando vita all’immagine di una sillaba. Sistemi del genere si servo-no quindi di $gure che, di per sé, non sono simboli di qualcosa,ma sono le componenti di un codice per la scrittura «interiore»con$gurate in modo da combinarsi tra loro, attraverso azioni, re-lazioni, caratterizzazioni particolari o simili, con lo scopo di darevita, pezzo dopo pezzo, ad una scena complessa e unitaria che rap-presenti una singola sillaba o una parola intera. Anche in questofrangente si ha a che fare, pertanto, con elementi «accessori» deiluoghi, collocati negli spazi mnemonici più o meno stabilmente,che diventano immagini signi$cativamente attive nel momento incui l’iniziativa di chi li usa dona loro quella «vitalità» che li fa es-sere portatori di speci$ci signi$cati (la intentio è infatti la forma el’anima dell’immagine mnemonica, cfr. De umbris, 103). Tuttaviatali $gure divengono veri e propri «segni» di un’informazioneunitaria ed univoca solo quando sono stati composti e saldati nellascena $nale di cui essi sono appunto parte integrante e costitutiva.

21, 3-10 Quod ... consequenter] Il quattordicesimo sigillo, detto«Dedalo», rielabora ulteriormente le potenzialità espressive deidue precedenti, utilizzando sistemi di immagini soggette a molte-plici trasformazioni, oltre che per leggere in essi le informazionida rappresentare (come in Zeusi) o in quanto parti componibili diun codice per la memoria verborum (come in Fidia), soprattutto qua-li riferimenti visivi cui associare altre $gure ed altri valori, trattan-doli dunque come una sorta di struttura locale, ma più versatile evariabile. Punto signi$cativo di tutte e tre queste modalità è il pre-cetto che – in totale «disaccordo» con la prassi mnemotecnica cheBruno ha insegnato $no ad ora – prescrive prima di formare e me-morizzare delle $gurazioni mnemoniche, poi, e solamente in unsecondo momento ed in base ai vari signi$cati che si desidera rap-presentare, di modi$care e trasformare il loro aspetto, per mezzodell’interazione con altre immagini e con l’aggiunta di ulteriorielementi caratterizzanti, facendole divenire segno di quanto si in-tende memorizzare o «valutare» dialetticamente nella fantasia. Inmodo particolare, se nei precedenti sigilli si fa riferimento a seriedi personaggi e $gure animate (o piccoli gruppi di esse) che pos-sono essere combinate e composte tra di loro, qui invece viene in-segnato a disporre nei luoghi oggetti ed accessori con i quali, rela-tivamente ad alcune $gure principali (che sono i segni veri e pro-pri delle informazioni mnemoniche), è possibile declinare visiva-mente tutte le loro varie e possibili implicazioni. In questo caso,dunque, i molti oggetti che stanno disposti lungo un determinatopercorso di luoghi entrano in relazione con l’immagine-segno chepercorre gli spazi e mette in scena, per mezzo di tutte le cose cheincontra ed utilizza, ulteriori e varie possibilità espressive, tutte le-gate e subordinate al valore di cui essa è portatrice (argomenti, ca-

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si speci$ci, ecc.). Gli oggetti sono pertanto, al pari dei quadri delpittore e delle statue di Fidia, «patrimonio» stabile e preventiva-mente de$nito della memoria, mentre le immagini che svolgonola parte «attiva» sono create appositamente per rappresentare e il-lustrare i vari signi$cati: grazie all’interazione con i primi, questeriescono ad esprimere tutti i valori e i concetti relativi e conse-guenti ai propri signi$cati ed in più ricevono disposizione e forzamemorativa proprio grazie a questi stessi oggetti, che le vincolanoulteriormente alla struttura che percorrono. La funzione del sub -iectum adiectivum si intreccia ancora una volta con quella dell’im-magine signi$cativa, non solo con lo scopo di esprimere informa-zioni relative al contesto, ma anche e soprattutto per aiutare l’im-magine di un concetto ritenuto principale a rappresentare ulterio-ri signi$cati, subordinati e collaterali, partecipando così a pieno ti-tolo al processo di elaborazione creativa ed inventiva del segnomnemonico.

22, 3-13 Inspexi ... conferunt] Come si è visto in precedenza, unodegli aspetti più innovativi della nuova arte di Bruno consiste nel-l’uso creativo e produttivo delle immagini, pensate per creare eraf$gurare direttamente i signi$cati, grazie alla costruzione di sce-ne sempre diverse, dovuta alla pressoché in$nita combinazionedelle loro parti costitutive. I sigilli Zeusi, Fidia e Dedalo sono i pri-mi e signi$cativi esempi di questa originale modalità operativa; e,proprio perché fondati sullo stesso principio tecnico, ognuno diessi è in grado di estendere le proprie funzionalità anche nell’am-bito applicativo degli altri e di prestarsi, di volta in volta, a rappre-sentare più cose, disporre ed organizzare molti concetti in riferi-mento ad uno solo o a raf$gurare immagini per le parole. Anchese quindi, «uf$cialmente», il personaggio costituisce il primo si-gillo esplicitamente ed esclusivamente dedicato alla memoria verbo-rum (tale funzione nella spiegazione di Fidia diviene infatti secon-daria), in realtà questo espediente condivide con i precedenti ilmedesimo atteggiamento mnemotecnico. Una volta stabiliti i valo-ri ed i signi$cati di un gruppo di immagini e $ssate le regole per lacombinazione e l’aggregazione di esse, si potranno costruire sceneunitarie il cui valore è la «somma» e la composizione delle parti edegli elementi utilizzati. Più in dettaglio questo sigillo prevede chesi visualizzi una $gura animata con cui comporre la raf$gurazionedi una parola; questa infatti è il risultato del passaggio del «perso-naggio» lungo alcune stanze poste in successione (ognuna sta peruna lettera del termine) dove egli incontra certi oggetti (uno perogni lettera dell’alfabeto) con i quali forma, passo dopo passo,l’immagine complessiva che rappresenta il termine desiderato; ab-biamo dunque un sistema analogo a Dedalo – costituito da $guremobili ed agenti che interagiscono con oggetti posti nei luoghi –in cui però ogni elemento e dettaglio serve alla costruzione di im-

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magini-parole. Ciascuna stanza, pertanto, conterrà un alfabeto vi-sivo fatto di oggetti diversi e poiché questi devono essere raccoltidal personaggio principale, hanno bisogno di essere caratterizzatiin modo da poter interagire nella maniera più funzionale possibi-le con l’immagine principale. Si avrà quindi un primo alfabeto dicopricapi (prima stanza); un altro di indumenti (seconda stanza);poi uno composto da azioni; un altro di espressioni caratterizzantie così via, aggiungendo altre stanze ed altri alfabeti per quante sa-ranno le lettere della parola da comporre. Poiché in$ne la struttu-ra dei luoghi propria di questo espediente può essere letta comeuna sorta di organizzazione «gerarchica» (la stanza dei copricapiindica il primo livello, la seconda il secondo, ecc.), tramite il per-sonaggio è possibile costruire anche immagini-indice, non dissimi-li da quelle della tavola, da utilizzare per numerare la disposizionee l’organizzazione di altre $gurazioni mnemoniche.

23, 3-10 Inter ... formas] Il sigillo del numeratore è pensato percreare uno speci$co tipo di oggetto mnemotecnico che serve a nu-merare e rendere visivamente espliciti l’ordine e la posizione diimmagini e luoghi. Abbiamo già visto come ciò sia possibile permezzo dei subiecta adiectiva quando vengono usati quali indici del-le cose poste nei luoghi, attraverso una loro visualizzazione sottoforma di «codici» alfabetici (tavola, vessillo ed altri), ma in questocaso le $gure usate sono vere e proprie rappresentazioni dei nu-meri, resi e tradotti in forma visiva. Al di là di questo particolareutilizzo, in apertura del sedicesimo sigillo, la riflessione di Bruno siconcentra tuttavia su altri due aspetti: il primo, di ordine pretta-mente teorico, ride$nisce la nozione di numero, entro una letturacomplessiva dell’esperienza in termini di proporzione, simmetriaed ordine. Tale visione, che già emerge dalle pagine in cui si ac-cenna ai fondamenti teorici e $loso$ci delle «catene» e delle «sca-le», è un motivo centrale della «nolana $loso$a». Essa considerala matematica non in termini meramente disciplinari, ma guar-dando ad essa come a un riflesso logico e metodologico di una di-mensione connettiva ed uni$cante che è strutturale alla naturastessa. Infatti, le medesime leggi e formule che regolano i numeri– facendo di una molteplicità in$nita un unico insieme che scatu-risce con ordine e proporzione dall’unità – sono quelle per cui,ontologicamente, ogni cosa nel mondo è parte ed effetto di unaeterogenea, in$nita e molteplice unità sostanziale. La matematicaè dunque il riflesso sul piano logico del ritmo regolato ed uni -$cante che governa l’«esplicarsi» , il divenire ed il sussistere dellanatura universale. Questa idea è ribadita da Bruno in diverse pagi-ne delle sue opere (sul valore $loso$co della matematica in Bru-no, si veda la relativa voce a cura di A. Bönker-Vallon, in Enciclope-dia bruniana e campanelliana, vol. I, pp. 105-19) e, ad esempio – perrimanere nell’ambito mnemotecnico –, è oggetto di un’approfon-

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dita analisi nella sezione dedicata allo scrutinium (l’organo di disa-mina dei dati-immagine) dell’Ars memoriae del De umbris idearum,che è detto per l’appunto numerus, perché racchiude nelle suefunzioni anche quella del porre in ordine e del vagliare in succes-sione le informazioni acquisite (cfr. De umbris, 136-138: «Est igiturscrutinium numerus quidam»). In maniera più generale si ragio-na del numero anche nel terzo paragrafo, intitolato De mathesi,della sezione dedicata ai «quattro rettori» della conoscenza del Si-gillus sigillorum, opera che è annessa ai Trenta sigilli con lo scopodi approfondire gli aspetti teorici dell’attività gnoseologica e dellefunzioni cognitive che concorrono nell’arte della memoria (cfr.Sig. sigill., infra, 161). In queste pagine la matematica è presentatacome un grado fondamentale del processo della conoscenza, in-tendendo con essa l’attività di astrazione e costruzione mentale dimodelli intuitivi e generali con cui vagliare e «misurare» il mon-do. In un doppio e contrario movimento di astrazione e sintesi,con essa riusciamo a cogliere sia la graduale separazione tra i con-cetti della nostra mente e gli enti reali cui essi corrispondono, siala continuità tra questi due estremi, la cui distanza è colmata, pergradi e progressione, proprio grazie alla forza uni$cante della ma-thesis. Si tratta di uno schema che, come ormai si è visto, appartie-ne ai fondamenti del sistema bruniano, che cerca di far conviverel’eterogenea molteplicità che caratterizza i fenomeni naturali conl’unità omogenea e sostanziale (e conseguentemente logica) che èsottesa all’universo in$nito.Il secondo aspetto chiamato in causa da questo sigillo è ugual-mente teorico, ma relativo alle tecniche dell’arte della memoria, eriguarda, nello speci$co, l’invenzione del numeratore, ovvero diquel tipo di immagini mnemoniche che servono a rappresentare inumeri. Tale idea non è del tutto originale in Bruno, ma si richia-ma ad analoghi espedienti ideati da altri autori – in primis Pietroda Ravenna (cfr. Phoenix, c iiiv - c ivr) – che già inventarono sistemiper raf$gurare i numeri e numerare i luoghi e le immagini dellamemoria (cfr. J. Romberch, Cong. art. mem., III, 10, ff. 54v-57r ; C.Rosselli, Thes. art. mem., ff. 109r-110r). Le immagini di questo tipoconsistevano in raf$gurazioni simboliche delle cifre numeriche,rappresentate sia sotto forma di oggetti o $gure il cui aspetto ri-chiamava le sembianze dei numeri (ad esempio, un cigno per ildue, un paio di occhiali per l’otto, ecc.), sia come simboli conven-zionali esibiti direttamente dalle immagini che si desiderava nu-merare (ad esempio espressi dalle dita delle mani dei personaggi-segno, o con soluzioni simili). La differenza tra queste invenzionie quella di Bruno è che qui, ad assolvere tale funzione, ancora unavolta sono chiamati i subiecta adiectiva (e per questo il medesimoespediente in Ars rem., supra, 21-25, è detto subiectum semimathema-ticum, sostrato, o meglio elemento del sostrato, «quasi» matemati-co, cioè che ha valore numerico); ovvero immagini appositamente

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create per raf$gurare i numeri, poste nei luoghi in relazione al-l’immagine da numerare e, soprattutto, costituite come $gureagenti (oppure usate dalle immagini-segno) che si relazionano di-rettamente ed esplicitamente con quanto viene numerato permezzo di esse. Il numeratore opera dunque nella duplice veste siadi indice numerico, sia di elemento attributivo del sostrato, cioècome immagine che aumenta e rafforza la visibilità di quanto è lìcollocato nel suo legame con il luogo stesso.

23, 11-22 Adsumat ... subiecta] L’espediente del numeratore con-siste nel visualizzare un particolare codice di immagini per raf$gu-rare i numeri, facendo ricorso ad un metodo che non si limita a ri-produrre in immagine le singole e successive cifre (e quindi a ne-cessitare di un numero in$nito di $gure), ma – proprio come nel-la scrittura «materiale» – utilizza un numero $nito di segni dacombinare tra loro per rappresentare tutte le possibili cifre nume-riche. Ancora una volta Bruno ricorre alle tecniche della combina-toria visiva: si scelgono dieci immagini di oggetti la cui forma ri-chiama quella dei primi numeri, si pensano poi altrettante caratte-rizzazioni con cui esprimere le rispettive decine (nel caso del-l’esempio qui proposto si tratta di dieci materiali diversi); in$ne,combinando le prime con le seconde, si potrà ottenere la rappre-sentazione di qualsiasi cifra compresa tra zero e novantanove. Inquesto modo, come si legge nel testo, l’immagine di uno sgabello(che simboleggia la cifra 3, perché ha tre piedi) fatto di lino (pri-ma decina) corrisponderà al numero 3, se di lana (seconda deci-na) al 13, di cuoio al 23, ecc. Se si desidera ampliare la portata delcodice – e conseguentemente il numero delle immagini produci-bili – basterà aggiungere un’altra serie di elementi (le centinaia)da combinare con le altre due ed in questo modo il sistema sarà ingrado di «coprire» $no a mille numeri; ugualmente, con quattroserie, le immagini saranno diecimila, con cinque, decine di mi-gliaia ($no a centomila) e così via.

24, 3-15 Nolani ... usum] Il sigillo del centurione è l’ennesima va-riazione sul tema dei subiecta adiectiva usati come strumenti per in-dicare e «numerare» la posizione di immagini e luoghi. In questoparticolare caso essi stessi diventano «sostrati» , cioè luoghi e rife-rimenti presso i quali collocare le immagini delle informazionimnemoniche, nel momento in cui venga creata una struttura diimmagini, legate e subordinate tra loro in un insieme unitario, al-la quale si af$dano i segni come se si trattasse di un sistema di luo-ghi. Il sigillo del centurione insegna infatti a raf$gurare una sortadi «esercito» di personaggi sulla base dei princìpi della tavola edel vessillo – anche, volendo, con il valore di immagini-cifre, se-condo il numeratore – per creare una griglia di $gure, legate e su-bordinate tra loro, che funzioni in maniera simile ad uno scenario«architettonico» di luoghi, ma con il vantaggio – poiché sono ap-

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punto immagini agenti – di avere una resa visiva di maggior im-patto e, di conseguenza, di poter esprimere con maggiore forza ivalori di ordine e disposizione che caratterizzano l’intero insieme.Proviamo a fare un esempio concreto, seguendo le indicazioni cheBruno stesso ci fornisce nelle pagine di presentazione: visualizzia-mo alcuni gruppi di personaggi accomunati dalla medesima ap-partenenza geogra$ca, ovvero tutti connotati da caratteristiche si-mili: Nolani, Napoletani, Capuani, ecc. vanno a costituire il primolivello di partizione di questo insieme di immagini, ulteriormentescandite in sottogruppi, sulla base di altri e peculiari elementi (co-noscenti, fratelli, consiglieri, ecc.). L’intera organizzazione preve-de dunque che ampi gruppi di $gure (le centurie) siano a loro vol-ta ripartiti in gruppi più piccoli e che, nel complesso, si costituiscauna sorta di casellario da applicare (grazie a relazioni di azione,passione, ecc.) ai dati mnemonici, i quali riceveranno il sistema diorganizzazione e la formula di ordinamento propria di questastruttura. Ciò può rendersi utile per «archiviare» grossi gruppi diinformazioni che, nello speci$co, non possiedono un proprio or-dine o che, pur possedendolo, vanno conservate assieme ad altreinformazioni di carattere numerico o contestuale. Poiché si trattadi una struttura ordinata e scandita su due livelli di $gure, cheesprimono contestualmente e visivamente la loro posizione d’or-dine entro uno speci$co insieme, se associeremo ad ogni suo ele-mento una o più immagini dei dati mnemonici, essa sarà un’ef -$cace cornice per indicizzare e distribuire ordinatamente le infor-mazioni, oppure potrà essere utilizzata come percorso visivo perdeclinare il signi$cato di un concetto principale nelle sue partispeci$che (iudicium) o rispetto a differenti argomenti (inventio).

25, 3-9 Quandoque ... serie] Con il diciottesimo (ed anche il di-ciannovesimo) sigillo Bruno continua la sua riflessione sulle tecni-che di memoria arti$ciale lette in chiave combinatoria, tornandoperò a ragionare di schemi applicati ai luoghi e agli spazi mnemo-nici. Mentre gli ultimi sigilli (il numeratore, il centurione e gli al-tri) analizzavano gli effetti e le implicazioni tecniche derivati dallacombinazione e composizione delle parti di immagini come sta-tue, personaggi e $gure varie, qui, invece, viene ripreso il metododi Lullo soprattutto con lo scopo di organizzare il materiale mne-monico entro particolari strutture di luoghi. Come nella catena,nell’albero, nella scala e in altri sigilli, si torna a ragionare dunquein termini di «formule» organizzative. Quella che qui viene pro-posta prende a modello, ancora una volta, il cielo astronomico, fa-cendo riferimento ai criteri per classi$care le stelle sulla base dellaloro «grandezza» (cioè l’intensità luminosa visibile ad occhio nu-do), rispetto alle altre stelle che le circondano e con cui formanole costellazioni. In pratica la regola che viene insegnata in questepagine segue l’idea di suddividere e distribuire le informazioni, gli

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spazi ed i segni, con cui esse saranno raf$gurate, in gruppi di quat-tro che potranno essere a loro volta suddivisi e scanditi in altriquattro, aggiungendo quindi tutti gli ulteriori livelli utili e neces-sari a dare pieno conto della complessità strutturale di quanto vo-gliamo memorizzare o rappresentare, e moltiplicando, con unascala di grado esponenziale, il numero dei termini e degli elemen-ti che compongono l’intero insieme. A corredo di tutto vi è loschema posto in calce alla presentazione del sigillo, in cui, gra$ca-mente, si rende l’idea di una «costellazione» di lettere principalicircondate da altre quattro secondarie e subordinate e che, a lorovolta, hanno sotto di sé altri quattro elementi. In maniera analogaanche la $gura 3 mostra, in un semplice schema geometrico, lastruttura «quadripartita» alla base di questo sigillo, evidente nellasuddivisione di un quadrato principale (o nell’estensione di quel-lo centrale) lungo le diagonali, i quadranti, ecc.

26, 3-8 Habet ... z] Come per il precedente sigillo, anche lo sche-ma di organizzazione a base binaria, o circolare, si rifà esplicita-mente alle tecniche della combinatoria lulliana, af$dandosi alla ri-corsività di un procedimento di divisione e suddivisione di due indue da applicare alle informazioni mnemoniche e ai segni, siacontestuali che individuali, scelti in loro rappresentanza. L’imma-gine che correda il sigillo (cfr. $gura 4) ne riproduce gra$camen-te l’ordinata scansione per mezzo della $gura di un cerchio, ren-dendo così conto dell’aggettivo «circolare» che, assieme a «bina-rio», de$nisce la regola di suddivisione che è propria di questoespediente ed indica al lettore che questo sigillo permette di «ac-centrare» e far convergere una molteplicità di elementi (concetti,immagini, luoghi) intorno ad uno solo e, al tempo stesso, di farliscaturire e diramare da essi in maniera esponenziale (2, 4, 8, 16...)come una sorta di punto focale da cui si irradiano vari e moltepli-ci raggi. L’immagine in questione è quindi costituita da sei circon-ferenze concentriche, a loro volta ripartite in vari settori; il cerchioposto al centro della $gura è diviso in due parti, queste generano iquattro quadranti della seconda circonferenza, mentre ad ognunodi essi corrispondono due settori di un terzo cerchio più esterno,che dunque risulta diviso in otto parti. Continuando a moltiplica-re per due le singole sezioni di ogni cerchio, in direzione delle cir-conferenze più esterne, la $gura si compone di cerchi sempre piùgrandi, ciascuno ripartito in un numero di caselle che cresce al rit-mo esponenziale di due elevato al numero delle circonferenze: ilsesto cerchio, quello più esterno nella $gura, ha quindi sessanta-quattro caselle. Il senso di questo e del precedente espediente èin$ne compendiato nell’omologo sigillo di De imag. comp., 229-230, intitolato «de circulari et quadrato encyclio», che rileggequesti schemi come «variazioni» geometriche e combinatorie delprincipio del sigillo dell’albero.

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27, 3-20 Epigramma ... revocabam] Il ventesimo sigillo propone allettore un ulteriore modo di intendere la nozione di luogo mne-monico. Ricordiamo, infatti, che i luoghi – sia nella mnemotecni-ca di Bruno, sia in quella tradizionale – sono sinonimo di disposi-zione e di struttura d’ordine, perché essenzialmente tale è la fun-zione per cui essi vengono approntati. Tutto ciò che ha a che farecon il contesto, la posizione e la sequenza delle informazioni, pertraslazione, può dunque dirsi « luogo» (o «sostrato» secondo laterminologia bruniana): le immagini che apportano informazioniaccessorie inerenti alla disposizione degli adiecta o semplicementene rafforzano il legame con lo scenario che fa da sfondo, sono det-te per l’appunto subiecta adiectiva; ugualmente gli indici visivi cherappresentano le cifre e che «numerano» immagini e luoghi sonochiamati subiecta semimathematica, cioè elementi dei luoghi con unafunzione ed un valore af$ne a quello dei numeri. Il sigillo della sil-laba e della lettera presenta pertanto la possibilità di usare come«luoghi», cioè come riferimenti d’ordine, i versi di una poesia, leparole, le sillabe e le lettere di cui essi sono composti: per questo èchiamato «luogo verbale», perché usa come riferimento mnemo-nico, non $gure e visioni, ma le parole stesse ed il loro valore «mu-sicale» (sulla de$nizione e sull’utilizzo dei loca verbalia positiva, aiquali in Ars rem., 26 si accenna appena, si vedano le più approfon-dite pagine di De imag. comp., 218-224, il sigillo intitolato Proteus, ri-spettivamente, nella «casa» di Mnemosine e di Pallade). In parti-colar modo è proprio la forza mnemonica delle composizioni poe-tiche, dovuta sia alla forte valenza metaforica della poesia stessa,sia alla musicalità e allo schema ritmico dei versi, che si presta co-me mezzo «alternativo» ai consueti metodi visivi – basati cioè sullavisualità interiore, le emozioni risvegliate dalle immagini e la dis -positio dei luoghi –, offrendo un inedito, almeno per queste tecni-che, approccio «uditivo» alla memoria.Tutto ciò serve a sottolineare il fatto che se Bruno si inserisce nelsolco di una consolidata tradizione retorica e dialettica, lo fa persnaturarne gli esiti in favore del proprio sistema di memoria e del-la personale visione del mondo. Il nome stesso del sigillo, « la silla-ba e la lettera», sta ad indicare infatti che è possibile utilizzare lesillabe e le lettere di un verso come se fossero immagini mnemo-niche, ovvero per dare vita ad una griglia di subiecta adiectiva ri-spetto ai quali associare le informazioni da memorizzare. L’esem-pio fornitoci nel testo del sigillo ci aiuta quindi a comprenderequesta ennesima ed ulteriore variazione sul tema: il verso «odiprofanum vulgus et arceo», in quanto primo di una celebre odeoraziana, possiede la caratteristica, per i contemporanei di Bruno,di essere ben noto e di conseguenza facilmente memorizzabile;proprio come accade per i luoghi «tradizionali» – che essendo fa-miliari sono ben consolidati in memoria –, in queste parole è dun-que possibile leggere uno schema e trasformarlo in un sistema di

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immagini. I quattro termini che formano il verso, «odi» (io odio),«profanum» (profano, ignorante), «vulgus» (volgo, massa, popo-lo) e «arceo» (rifuggo, mi tengo lontano), sono da intenderequindi come «riferimenti» cui associare i signi$cati secondo il lo-ro ordine (ad esempio quattro immagini in successione che rap-presentano altrettanti capitoli di un libro). Ma per far divenireogni parola un «luogo», occorre, innanzitutto, trasformarla nelcorrispondente segno visivo, facendo esprimere alle immagini i va-lori degli elementi (parola, sillaba o lettera) cui sono legate: unuomo nell’atto di odiare, uno d’aspetto «profano», uno «popola-re» ed un altro che «fugge». Con questa operazione, si noti bene,si costruiscono immagini che funzionano, al tempo stesso, sia co-me segni mnemonici, sia come subiecta adiectiva. Tali immagini, in-fatti, rappresentano le singole parole del verso (e dunque servonoa rafforzarne ulteriormente il ricordo), e costituiscono quel siste-ma di riferimenti visivi cui dobbiamo associare le immagini deiquattro capitoli che si intende ricordare. Volendo poi «scendere»di livello, sempre seguendo la lezione bruniana, invece di una solaimmagine per parola, sarà possibile visualizzarne una per ogni let-tera (livello inferiore), uni$candole però in un’unica scena cheesprime il senso del termine principale (livello superiore): un ca-po operaio (per la O) che odia un dipendente (D) con un atteg-giamento iracondo (I). Ciò può essere realizzato sia con le letteresia con le varie sillabe: ad esempio per le sillabe di «profanum» sipuò visualizzare un profeta che profana (PRO) la casa familiare(FA) con i suoi numi tutelari (NUM). L’unica avvertenza è che, in-dipendentemente dalla modalità scelta, le varie $gure siano sem-pre raccolte in un’unica scena costituita dalla reciproca relazionedei personaggi associati a ciascun elemento, oppure da un mede-simo personaggio che compie azioni diverse, ma vincolate ad ogniparte della composizione (ad esempio, il profeta che profana, pic-chiando, P, rubando, R, e oltraggiando, O).

28, 1-19 Solertem ... constitui] La trasformazione delle parole checompongono un verso poetico, o delle relative lettere e sillabe cheformano le parole, in immagini mnemoniche è solo il primo e pre-ventivo passo da compiere per far funzionare questo sigillo comesistema di luoghi. È altrettanto importante, infatti, scorgere nelverso stesso, nei termini e nelle loro parti più semplici (sillabe elettere), uno schema d’ordine e una struttura variamente com-plessa che permetta di organizzare le informazioni della memoria.Ciò è possibile – una volta associati i segni dei dati alle immaginicon cui si traducono visivamente versi e parole – guardando al lo-ro insieme come ad un sistema composito in cui alle azioni e alleassociazioni messe in scena tra le $gure corrispondano analogherelazioni di tipo logico, ovvero livelli e gradi di subordinazione.Prendiamo ad esempio il verso citato da Bruno: esso contiene

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quattro parole e ogni parola è a sua volta formata da varie sillabe elettere; osservando attentamente questo tipo di scansione notiamoche nella sostanza essa è simile a quella che siamo abituati a co-gliere nella rappresentazione visiva di uno scenario architettonico:un verso è distinto in parole; queste sono formate da sillabe; le sil-labe possono essere suddivise nelle singole lettere, proprio comeun edi$cio è ripartito in piani, i piani in stanze, le stanze in vari an-goli. In pratica l’ordine dei dati è adattato a quello della scansionedelle varie parti del componimento e, anche se ciò non è perfetta-mente corretto rispetto ai canoni della mnemotecnica bruniana(infatti essa prescrive che siano i luoghi ad essere adattati alle im-magini e non viceversa), questo espediente permette comunquedi allestire una «griglia» di $gure caratterizzata da una prima esemplice forma di strutturazione a livelli ed offre, in più, il vantag-gio di un maggiore radicamento nella memoria – rispetto agli sce-nari fantastici – perché è fondata sulla forza mnestica dei versi stes-si. Le modalità mnemotecniche per poi realizzare tutto ciò, ogget-to speci$co della riflessione della seconda parte della presentazio-ne del ventesimo sigillo, non sono poi molto difformi da quelle giàmesse in atto nell’utilizzare, in altri sigilli, i subiecta adiectiva: $gureche interagiscono con altre $gure (quando il « livello» è lo stesso);personaggi che moltiplicano le proprie azioni con differenti og-getti e strumenti (che appartengono al livello subordinato); in ge-nerale, il ricorso alle molteplici possibilità compositive della com-binatoria fantastica, che amplia ed estende in più direzioni il po-tenziale espressivo e semantico delle varie immagini-segno.

29, 3-22 Duarum ... suppeditabunt] Il sigillo della ruota del vasaioè così detto, perché si serve dell’immagine del vasaio per rendereconto, per via di metafora, dei due princìpi operativi alla base diquesto espediente. Come infatti il vasaio, nel modellare la propriaopera, sfrutta due movimenti principali – quello orizzontale dellaruota che gira e quello verticale delle mani con cui modella la su-per$cie del vaso –, allo stesso modo questo particolare espedientechiama in causa una prima forma di organizzazione dei luoghi chepossiamo de$nire «orizzontale», perché li con$gura secondo ununico e continuativo percorso; mentre un secondo grado innestasul primo un altro piano di ordinazione che, caratterizzando l’in-sieme dei luoghi secondo rapporti di gerarchia e subordinazione,ne estende la struttura – secondo un’immagine più volte usata daBruno – in «verticale», cioè su più livelli. Questi due aspetti sonoriuniti dal presente sigillo in un unico sistema di «sostrati anima-ti» (cfr. Ars rem., 17; De umbris, 109) vivi$cati dalla presenza di $gu-re e «statue» mobili o da mettere in relazione con le immaginimnemoniche vere e proprie o da trasformare in segni di quanto sivuole rappresentare visivamente. La peculiarità di questo espe-diente consiste quindi nel tentare di riprodurre un sistema di dati

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organizzato in forma gerarchica, operando, contemporaneamen-te, sia sulla parte di scenario che è «statica» (cioè i luoghi), sia sul-le immagini che li animano (i subiecta adiectiva), permettendo aqueste ultime di muoversi entro ed oltre i primi, se la complessitàed ampiezza delle informazioni lo necessitano. Occorre innanzi-tutto visualizzare una galleria o sequenza di stanze in rappresen-tanza del primo livello di partizione del materiale mnemonico (adesempio, i capitoli di un testo); all’interno di ciascuna stanza ven-gono poi poste le statue animate che fungono da riferimenti visiviper le immagini delle informazioni subordinate (ad esempio, i pa-ragra$ di ogni capitolo) che devono essere associate a tali $gureper mezzo di azioni di vario genere (nella sezione esplicativa, co-me si vedrà, Bruno insiste anche sulla mobilità delle immagini aldi fuori della singola stanza, cosa che, fra l’altro, rende questoespediente molto af$ne a quello del pellegrino, cfr. supra, 36-37,100-101 e il relativo commento). In questo modo le statue diventa-no esse stesse un ulteriore sistema di luoghi che moltiplica la pos-sibilità espressiva del contesto in cui sono inserite: se ogni stanzapoteva ospitare quattro immagini-segno (una ad ogni angolo), in-serendovi o facendovi passare quattro subiecta adiectiva sarà possi-bile riferire ad ognuno di essi altrettante informazioni che, subor-dinate a quelle presenti o lette negli angoli, portano a sedici la ca-pacità complessiva della stanza. Questo espediente, tuttavia, nonserve solo ad aumentare il numero di luoghi a disposizione per leimmagini mnemoniche, ma crea soprattutto una griglia di spazied indici visivi che è strutturata in modo da prestarsi ad una collo-cazione stabile dei dati della memoria (nelle stanze) e, al tempostesso, da offrire marcatori che ne numerano la distribuzione e neevidenziano la posizione rispetto al contesto principale, riferendole immagini a quelle dei personaggi vincolati ai vari spazi. Dun-que, a differenza della tavola e del vessillo – ma anche del pittoreZeusi, di Fidia e di altri simili sigilli –, in questo caso è fornito allettore un sistema mnemonico che mette in tavola, in un’unica so-luzione, sia lo scenario in cui ospitare e disporre le informazionidella memoria, sia le immagini che ne scandiscono l’organizzazio-ne, essendo queste ultime anche parte integrante della struttura,ovvero esse stesse luogo. Aggiungendo in$ne ulteriori $gure sotto-poste alle prime o creando percorsi di luoghi subordinati ai prin-cipali, si potrà poi aumentare a proprio piacimento e necessità –secondo quel principio di adattamento e personalizzazione dellostrumento mnemotecnico sancito nel sigillo dell’innestatore –,l’ampiezza e la complessità dell’intero scenario.

30, 3-21 Non ... deduxissemus] Il principio teorico e le funzionali-tà mnemotecniche introdotte con il sigillo del coltivatore e perfe-zionate con la ruota del vasaio, trovano nel ventiduesimo sigillo,intitolato «la fonte e lo specchio», la loro piena e più completa

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formulazione. Qui, infatti, l’arte di creare e trasformare i segnimnemonici attraverso la composizione e combinazione delle $gu-re e degli elementi accessori presenti in una struttura di luoghi,viene declinata nella sua forma più generale: non si tratta più diuna speci$ca galleria di stanze e di un gruppo di $gure agenti chepassano lungo di esse; ma di qualsiasi luogo e di qualsiasi immagi-ne che possono divenire concretamente la matrice per creare unvero e proprio sistema di segni. E ciò secondo la formula «quanteerano le parti principali» della materia e dei concetti da rappre-sentare, altrettante saranno «le forme principali disposte in ordi-ne»; «tante le suddivisioni delle parti» e «altrettante le forme se-condarie annesse alle principali» . La fonte e lo specchio ridistri-buisce dunque su tutte le $gurazioni presenti nello spazio mne-monico – siano esse immagini di luoghi, di $gure agenti, di stru-menti o oggetti codi$cati (ad esempio, per la memoria di parole oper raf$gurare i numeri) – il compito di rappresentare i contenu-ti ed i signi$cati della memoria, af$nché siano conservati, ma an-che vagliati ed elaborati creativamente, modi$cati e trasformati inaltri concetti, argomentazioni e discorsi. Non più luoghi che han-no soprattutto la funzione di esprimere informazioni contestuali(cosa che già la teoria stessa dell’arte di Bruno ha superato), néimmagini che rimandano solo a singoli e speci$ci concetti, mauna stratigra$a complessa di segni che attraverso le loro mutevolie mobili possibilità di relazione esprimono e riproducono in ma-niera speculare la molteplicità e la mutevolezza del mondo dellaconoscenza, degli intricati rimandi che, in una prospettiva unita-ria e sempre più sistematica, caratterizzano gli oggetti del sapere.Sistemi di immagini, dunque, visualizzate secondo le loro relazionidi dipendenza e gerarchia, per esprimere gli analoghi rapportiche sussistono tra le informazioni mnemoniche e che, ancora unavolta, fungono da riferimenti per altre immagini, ma anche dastrumenti visivi per crearne di nuove, a seconda delle capacità enecessità di chi le utilizza. Spazi, percorsi, $gure mobili, strumentiper compiere azioni sono pezzi di un’unica e monumentale mac-china del senso, che costruisce i suoi segni a partire da altri segni:seguendo l’esempio di Bruno, il palazzo che ospita le immaginiche riproducono i contenuti dello scritto pseudo-lulliano De audi-tu cabbalistico (cfr. P. Zambelli, Il «De auditu Kabbalistico» e la tradi-zione lulliana nel Rinascimento) diviene un amalgama – come la cre-ta nelle mani dell’artigiano, secondo l’ef$cace metafora del sigilloprecedente – di segni che possono rappresentare qualsiasi sistemadi informazioni, facendo sì che a gruppi di immagini principalisiano vincolati anche altri segni e concetti, raccolti in insiemi al-trettanto unitari e gerarchizzati, rispettando di volta in voltal’equazione che vuole siano speculari la struttura di un contenutoe la complessità del segno che lo rappresenta. Questo atteggia-mento, che è innanzitutto teorico, è espresso con l’immagine del-

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la fonte e dello specchio, perché è dal mondo stesso della memo-ria-fantasia che sgorga con pienezza il potenziale creativo di que-ste tecniche e sono proprio esse che riproducono in maniera spe-culare i meccanismi e le forme del pensiero – in tutte le sue carat-terizzazioni: catene associative, gerarchie logiche, ecc. –, in quantomodalità tecniche che intendono realizzare interiormente il prin-cipio che anima e trasforma la natura in$nita.

31, 3-18 Ad ... appellebant] Il sigillo del medico empirico riceve ilsuo nome dalla singolare caratterizzazione visiva che assumono lescene, i luoghi e le $gure agenti riunite in questo speci$co espe-diente. Il centro di tutto, infatti, sta nella rappresentazione delpassaggio da uno stato di sofferenza e malessere signi$cato da al-cune $gure – e condiviso emotivamente dal soggetto che le visua-lizza – ad uno di sollievo e benessere; sensazione che, imprimen-dosi con forza nella nostra memoria, aiuta a sottolineare e a raf-forzare la conservazione di speci$che immagini che, come spessoaccade in questo genere di sigilli, vengono utilizzate come segni oriferimenti per le informazioni mnemoniche. In conseguenza diquesta particolare modalità espressiva, l’interazione tra le immagi-ni fantastiche si rivela un po’ più complessa, rispetto ai precedentiespedienti, anche se il principio di organizzazione complessivo delmedico empirico non si discosta più di tanto da quello, ad esem-pio, della ruota del vasaio. Vi è un sistema di luoghi, disseminatodi subiecta adiectiva ed altre $gure accessorie, che viene percorsoda immagini agenti che interagiscono con gli spazi e con gli og-getti che incontrano e danno vita alle varie $gurazioni di quanto sivuole memorizzare, valutare dialetticamente, ecc. Occorre dun-que, innanzitutto, costruire una galleria di stanze e visualizzarlecome tante piccole botteghe e laboratori artigianali dedicati ad at-tività «of$cinali» , sanitarie, o riconducibili, in qualche modo, albenessere della persona. In secondo luogo saranno poste in cia-scuna stanza e in maniera stabile delle $gure agenti e degli attrez-zi riferibili alla particolare attività compiuta in quegli spazi; talistrumenti e $gure verranno poi messi in relazione con una serie diulteriori immagini di personaggi che, raf$gurati in maniera moltosuggestiva come afflitti e sofferenti, visiteranno le varie stanze incerca di sollievo ai propri malesseri: sarà infatti la particolare rela-zione di queste $gure con quelle presenti lungo il percorso a de-terminare il cambio di stato emotivo che connota queste immagi-ni, dando vita ad una scena complessa che costituisce il nucleo se-mantico vero e proprio cui verrà af$dato il ricordo. L’aggettivo«empirico» che denomina il sigillo ha dunque l’ambivalente si-gni$cato di «medico» e di «colui che sperimenta» e rende contodella duplice connotazione di questo particolare espediente: pas-sando per i luoghi, le $gure principali vengono curate, e questocambiamento avviene grazie alla pragmatica interazione tra imma-

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gini ed immagini, ovvero grazie allo scambio, all’azione e alla rela-zione tra $gure principali, $gure assistenti ed oggetti, secondo laconsolidata prassi della mnemotecnica combinatoria di Bruno.Questa singolare soluzione, come si vedrà anche commentando laspiegazione del ventitreesimo sigillo, è pertanto ciò che garantisceche un elemento espressivo ed emotivo in più doni all’intero siste-ma mnemonico ulteriore forza memorativa, pur restando sostan-zialmente entro lo schema «abituale» dell’arte di Bruno fondato,come si è ormai pienamente compreso, sull’attiva relazione di luo-ghi, $gure accessorie ed immagini mnemoniche.

32, 3-28 Siquidem ... denaria] Anche questo sigillo (che con me-desimo nome e simile funzionamento è il quindicesimo dei sigillidi De imag. comp., 246), come il precedente, porta nel titolo tuttal’ambivalenza di valori e di signi$cati espressi dal suo funziona-mento, che ne determinano il particolare esito, sia sul piano fanta-stico che su quello tecnico. Il termine alea, cioè «dado», serve in-fatti a Bruno per denotare innanzitutto la singolare caratterizza-zione visiva evocata da questo espediente, che consiste nell’allesti-re una complessa scena che simula e riproduce una sorta di «par-tita» a dadi, con i giocatori/personaggi agenti intenti ad azioni edattive e reciproche relazioni che servono a con$gurare semantica-mente la scena. In secondo ordine poi quella del gioco d’azzardoè metafora che esprime la speci$ca funzione che il ventiquattresi-mo sigillo è chiamato a prestare, ovvero essere utile nell’alleviare il«rischio» e la dif$coltà di sistemare e memorizzare con ordinequelle informazioni che, per loro stessa natura e conformazione,non sono sottoposte ad alcun principio di organizzazione e quindisono dif$cilmente collocabili in un sistema di luoghi. Tutto l’espe-diente si addensa quindi sulla visione di una scena in cui quattro ocinque $gure principali dall’aspetto e dalle caratterizzazioni sug-gestive, lugubri o, in generale, atte a suscitare forti emozioni, fun-zionano come luoghi e riferimenti per altre immagini – subordi-nate alle prime – e tutte insieme vanno a costruire un sistema di$gure che, pur svincolate da speci$ci contesti, possono servire perriferirvi o signi$care le informazioni mnemoniche, trasmettendoa queste ultime l’ordine e la con$gurazione che è loro propria.Ovviamente, come si è imparato a fare con questi ultimi sigilli, èsoprattutto l’interazione tra i vari personaggi che aiuta a far scatu-rire diverse rappresentazioni, aumentando le possibilità espressivedell’espediente che, con poche $gure combinate tra loro, resemobili lungo percorsi di luoghi e fatte agire con diversi oggetti estrumenti, riesce a rappresentare molte cose. Inoltre la forte e atratti surreale caratterizzazione delle differenti scene rende l’inte-ra visione ancora più memorabile, sopperendo in questo modo –cioè con l’accresciuta potenza degli aspetti emotivi ed affettivi – a

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quella mancanza di regolarità ed ordine che è connaturata al tipodi materiale mnemonico da immagazzinare.L’espediente consiste in particolare nel visualizzare alcune $gureprincipali (nell’esempio un ponte$ce, la morte, una bestia «corni-fera», un demone e la personi$cazione della fortuna), ognunacorredata da una $gura assistente, rispetto alla quale esse agisconoo subiscono azioni che le caratterizzano in maniera singolare (adesempio, un personaggio con la mitra in capo benedice il Papa,quello con la falce falcia la Morte stessa, la Fortuna è investita dal-la sua ruota e il Demone è assordato dal suo stesso flauto). Così fa-cendo, già questo tipo di scena si con$gura in maniera complessae secondo due «livelli» di rappresentazione, quello dell’immagineprincipale e quello della $gura comprimaria (che può essere di-stinta in ulteriori parti speci$che, se moltiplicate le $gure o leazioni, come è dichiarato a conclusione del sigillo); un altro livel-lo viene aggiunto nel momento in cui prendiamo queste $gure ele collochiamo in un contesto comune, ovvero mettiamo il Papa,la Morte, il Demone, ecc., assieme ai loro «assistenti» , intorno adun tavolo (o meglio entro «triclini» , cioè piccole sale da pranzonelle quali vengono disposti i vari giocatori), come se fossero tutteimpegnate in un’animata partita a dadi. L’intera visione viene acon$gurarsi dunque in una maniera davvero singolare: quattro ocinque suggestive $gure stanno sedute in cerchio intente a svolge-re una «partita»; intorno a loro altre $gure intervengono, più omeno animatamente, nella scena, relazionandosi con i rispettivigiocatori che, a loro volta, « lanciano i dadi», ovvero, rivolti ora al-l’uno ora all’altro contendente, compiono un gesto caratteristico.Così, quando tutti i giocatori hanno agito e, subordinatamente, so-no stati animati anche i comprimari, ovvero quando ogni $guraprincipale compie la propria giocata e anche quella che lo assistemette in scena i propri e caratteristici comportamenti, l’intera par-tita passa a svolgersi in un altro contesto, cioè nella stanza succes-siva. In questo modo si avrà un sistema di immagini caratterizzatoda tre differenti gradi di ordinamento: un primo che è scanditodalle diverse partite, ovvero gli spazi in cui si svolgono le varie azio-ni; il secondo in cui i giocatori compiono le loro speci$che azioni(le «giocate» fatte a turno); il terzo che è costituito dalle $gure ac-cessorie le quali agiscono rispetto a quelle principali. Tutti e tre ilivelli (partite, giocatori e comprimari) possono poi essere scandi-ti e moltiplicati ulteriormente, in modo da ottenere maggiore di-versi$cazione e dunque ancora più scene: possiamo infatti imma-ginare quante partite vogliamo, attribuire molte e differenti azioniad ogni giocatore (ovviamente tutte accomunate dall’essere riferi-bili e conformi alle caratteristiche di chi le compie) e, in$ne, col-locare altre $gure assistenti o permettere loro di fare più cose.

33, 3 - 34, 11 Erat ... consequebantur] Il sigillo del cielo – chiama-

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to «Gorgia», nella sua versione esplicativa – continua la serie in-cominciata con il medico empirico, fatta di espedienti in cui Bru-no dà molto rilievo all’aspetto visivo, suggerendo la creazione di si-stemi di immagini molto suggestivi e con un’ampia complessità$gurativa e combinatoria. In questo caso, invece di simulare dellebotteghe «of$cinali» in cui emaciate $gure trovano sollievo, omettere in scena le lugubri «partite» tra immagini che riproduco-no personi$cazioni di oscuri personaggi (il Demone, la Morte,ecc.), viene insegnato come costruire una sorta di «teatro fantasti-co», in cui dietro la rappresentazione di una battaglia tra oppostesquadre di $gure, viene inscenato lo scontro dialettico di diversiargomenti, ovvero viene visualizzata l’animata contrapposizionedegli elementi di una disputa. Nel caso del primo degli esempi ad-dotti nel testo, vengono prese in considerazione le immagini idea-te per rappresentare concetti come «vastità», «facoltà naturale»,«il sorgere della luna», « immobilità del globo terrestre» (secondol’argomento della nave che sarà poi oggetto di una lunga analisi inCena, pp. 82-89) e «condizione di insaziabilità», tutti argomentivolti a confutare la tesi al centro della discussione, ovvero «l’eter-nità del mondo», idea che nasce dalla fondamentale distinzionetra il mondo inteso come universo comprendente una pluralitàin$nita di mondi $niti (soggetti a moto rotatorio, come la Terra) euna visione del mondo che considera la $ssità del globo terrestrequale conseguenza e prova di un sistema cosmologico essenzial-mente geocentrico, chiuso e $nito (lo stesso tema, con simili ed ul-teriori percorsi argomentativi, è preso come esempio anche nelquarto sigillo, intitolato Proteus, di De imag. comp., 218-224). Comesi può osservare, al di là delle immediate implicazioni $loso$che –non è un caso infatti che i temi che Bruno usa come esempi sianospesso quelli al centro della propria riflessione teorica –, la rap-presentazione delle tesi che negano o affermano l’eternità delmondo viene af$data a gruppi di immagini, capitanate da una$gura principale, e queste, a loro volta, possono essere disposte inun percorso di luoghi, scelto e con$gurato a nostro piacimento. Iluoghi, l’immagine principale e quelle subordinate, ovvero tutte le$gure che costituiscono la parte da difendere, vengono raf$guratecome una sorta di campo di battaglia caratterizzato da torri, lineedifensive, ecc., al cui assalto vanno invece le schiere di immaginicontrapposte, raccolte in piccole squadre. Per simulare la fase of-fensiva da parte delle tesi contrarie – assieme ai termini più spe-ci$ci che le accompagnano – bisogna visualizzarle come $gure chesi gettano all’assalto degli avversari, scagliando contro di loro dei«dardi», in rappresentanza delle ulteriori speci$cazioni di ogniargomento. Mentre un sistema statico di luoghi serve a caratteriz-zare l’unità e la condizione difensiva della tesi oggetto della dispu-ta, le squadre che «attaccano» – proprio perché devono essere vi-sualizzate in movimento – sono raggruppate in «luoghi verbali» ,

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ossia come una scena complessa formata da più immagini e co-struita sulla struttura di un verso poetico, come si è visto nell’espe-diente della sillaba e della lettera (cfr. supra, 27-28, 87-90).Questa complessa messinscena viene in$ne animata seguendol’ordine dei temi e delle parti della discussione che si intende rap-presentare visivamente, facendo muovere i gruppi e le singole im-magini agenti – assieme agli oggetti e agli strumenti di cui esse so-no portatrici – in direzione e in relazione a quelle considerate, ap-punto, opposte ed avversarie. Ciò permette a chi le visualizza dinon smarrire la corretta sequenza secondo cui questi argomenti sipresentano all’interno del testo o del discorso oggetto della rap-presentazione visiva e, soprattutto, di assicurare all’intera visionequella adeguata complessità strutturale atta a raf$gurare tutti i li-velli ed i gradi della discussione (secondo la scansione campo dibattaglia/difensori/dardi e luogo verbale/assalitori/dardi).

35, 3-17 Facile ... species] Il ventiseiesimo sigillo declina, entro itermini di una speci$ca struttura di luoghi, quel particolare atteg-giamento di vivida caratterizzazione che è proprio di questi ultimisigilli. Esso insegna, infatti, a costruire uno scenario dall’aspettopeculiare e costellato di immagini speci$che, con lo scopo di im-magazzinare un particolare genere di informazioni; una tale rap-presentazione non esclude, tuttavia, una possibile lettura del sigil-lo anche come modello prescrittivo e teorico per costruire sistemidi luoghi più generici, da utilizzare per la conservazione ordinatadi qualsiasi tipo di immagini e di dati. Si tratta dunque di visualiz-zare, proprio come indica il titolo stesso del sigillo, una strutturadi spazi mnemonici distinta in campi, giardini o orti e recessi piùparticolari in cui inserire le immagini delle informazioni mnemo-niche. La suddivisione in tre livelli e le varie partizioni dei luoghipermettono, inoltre, di con$gurare l’intera struttura secondo ilprincipio d’ordine e di organizzazione proprio di un particolareinsieme di dati. Nel caso speci$co di questo sigillo, infatti, ad esse-re distribuite nel sistema dei campi, degli orti e degli antri di Cir-ce, sono le immagini delle piante medicinali della tradizione«of$cinale», le cui caratteristiche sono «archiviabili» sulla base divari e molteplici gradi di qualità – secondo i precetti della tradizio-ne aristotelico-galenica –, che vengono visivamente espressi permezzo di subiecta adiectiva con valore numerico e organizzativo. Ilrisultato $nale è pertanto quello di uno scenario dotato di un’os-satura schematica ed «enciclopedica» pensata per accogliere ilmaggior numero possibile di immagini che rappresentano le pian-te medicinali, poiché possono tutte essere raccolte sotto quel me-desimo principio di organizzazione che è reso visibile, per l’ap-punto, nella struttura di luoghi approntata. Il fatto poi che que-st’ultimo sia vincolato e sottoposto al sistema cosmologico teoriz-zato da Tolomeo che uni$ca i fondamenti teorici di discipline co-

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me la medicina, la magia e l’astrologia, motiva la scelta, da parte diBruno, di dedicare questo espediente alla leggendaria maga Circeche – come si evince nella parte iniziale di Cant. Circ., 5-18, cui il si-gillo è evidentemente ispirato – comanda l’intera natura facendoleva proprio sui nessi e i rimandi qualitativi che legano e mettonoin corrispondenza gli enti del mondo naturale con le «divinità»planetarie. Questo espediente ritorna, inoltre, con lo stesso valoree la medesima funzione, come sedicesimo dei Trenta sigilli in Deimag. comp., 247, anche se il legame più immediato è, indubbia-mente, quello con il De umbris idearum, di cui costituisce la secondadelle tre «arti brevi» poste a chiusura e a completamento del-l’opera (cfr. De umbris, 232-233). Tale presenza ci suggerisce unasua possibile lettura «teorica» che esula e supera, in parte, lo spe-ci$co utilizzo tecnico cui ci siamo $nora riferiti: visualizzare unadeterminata «formula» organizzativa (il sistema delle qualità) edapplicarla ad ogni possibile elemento che rientra in quel partico-lare schema rende infatti i campi, gli orti e gli antri di Circe unef$cace e concreto esempio di quell’atteggiamento metodico e re-golare che, come ormai si è visto, è centrale – assieme alla modali-tà combinatoria – nell’arte bruniana. Dello stesso tenore va quindiconsiderato anche il riferimento $nale al gioco della «ruota dellafortuna» (anche il quattordicesimo sigillo di De imag. comp., 245, siintitola così, sebbene sia af$ne ad un altro espediente, quello deldado) e, soprattutto, allo schema di lettere e numeri che chiude lapresentazione del sigillo, ennesimi richiami a questo atteggiamen-to organizzativo ed enciclopedico: così come l’antico gioco preve-de la distribuzione, nei quattro settori di una ruota, di singoli ele-menti o numeri su cui puntare – ripartendoli su più livelli, così daavere più possibilità di scommessa –, allo stesso modo la $gura mo-stra due serie di lettere e numeri che vengono distribuite in sensoorario ai quattro angoli di due schemi quadrati e intersecati tra lo-ro. La formula che è alla base del ventiseiesimo sigillo è dunquequella di individuare una «legge», cioè la regola secondo cui clas-si$care un determinato insieme di elementi, facendola divenirel’ossatura portante su cui costruire un sistema di luoghi e di riferi-menti visivi. Quest’ultimo, proprio in virtù della sua caratterizza-zione strutturale oltre che visiva, sarà dunque in grado di accoglie-re tutti gli elementi ed i fenomeni che sotto questa legge ricadono,ovvero è esso stesso «formula» da cui scaturiscono o sotto cui pos-sono essere raccolti tutti i possibili casi speci$ci ed individuali.

36, 3 - 37, 10 Decem ... resolvuntur] Con il ventisettesimo sigilloBruno si avvia a concludere la sua innovativa raccolta di espedien-ti ed invenzioni mnemotecniche, via via sempre più incentrate sul-la feconda e creativa produzione dei segni mnemonici, attraversouna progressiva e crescente applicazione dei princìpi dell’artecombinatoria alle immagini ed ai luoghi. In questo caso, come in

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parte anche nel precedente sigillo, a ricevere la forza generativa esistematica delle tecniche di Lullo è, ancora una volta, un sistemaper organizzare luoghi ed immagini, inventare nuovi segni o crea-re riferimenti visivi per altre $gurazioni mnemoniche. Il meccani-smo sotteso a questo sigillo prevede infatti che alcune $gure mo-bili percorrano in sequenza, a somiglianza di una processione dipellegrini, un sistema di luoghi mnemotecnici dove si relazionanocon oggetti e $gure lì presenti e danno vita a numerose scene si-gni$cative. Come si può notare, questo principio operativo non ènuovo all’interno delle tecniche bruniane: l’abbiamo già visto inatto, ad esempio, in sigilli come la ruota del vasaio, il personaggioo propagatore, la sillaba e la lettera e, più in generale, ogni voltache $gure agenti sono chiamate a muoversi e ad agire entro con-testi locali e tra altre immagini mnemoniche, per modi$carle o in-ventarne di nuove. Quello che, nello speci$co, il lettore è invitatoa fare con i «pellegrini» proposti da questo espediente è quindil’ennesima variazione sul tema della costruzione dei segni mne-monici a partire da altri segni. In particolare il ventisettesimo sigil-lo prevede che in un sistema di luoghi – dieci o più sostrati di tipocomune – siano individuati altri spazi mnemotecnici, da riempirecon oggetti vari e differenti, entro i quali alcune $gure attive edagenti passeranno per animarli semanticamente, con l’intento dicreare $gurazioni complesse per rappresentare i dati mnemonicio come riferimento per altre immagini. Il sigillo del pellegrino di-viene inoltre particolarmente ef$cace quando, dallo stesso percor-so, vengono fatte passare in successione più $gure subordinate traloro, creando così una struttura gerarchizzata di immagini mobilida applicare a uno speci$co e medesimo sistema di luoghi, molti-plicandone le possibilità di esprimere valori e contenuti per tutti ilivelli che caratterizzano la squadra di personaggi. Se, ad esempio,si utilizzano tre $gure per rappresentare, rispettivamente, i libri(primo personaggio), i capitoli dei libri (seconda $gura) e, in$ne,ogni paragrafo di un testo (terzo pellegrino), al passaggio dellaprima immagine essa metterà in scena solo quelle rappresentazio-ni relative ai contenuti generali dei diversi libri (primo livello);l’immagine dei capitoli inscenerà poi, lungo lo stesso percorso econ i medesimi o con differenti oggetti, i propri contenuti (secon-do livello) e, in$ne, il personaggio addetto ai paragra$ provvederàa raf$gurare quanto gli attiene. Con questo sigillo, dunque, ilcompito di rappresentare l’ordine e l’organizzazione di un insie-me di dati, solitamente distribuiti tra luoghi e subiecta adiectiva, ve-de coinvolti maggiormente questi ultimi, che servono ad esprime-re, nel loro susseguirsi in processione, anche la struttura logicadelle informazioni. L’esempio che Bruno stesso ci fornisce in calcealla presentazione del pellegrino è, in questo senso, abbastanzaeloquente: il primo passaggio coinvolge alcuni personaggi storici(Platone, Aristotele, ecc.) e serve ad animare le raf$gurazioni dei

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titoli delle principali opere da loro composte, come già poteva av-venire con la ruota del vasaio. Quando poi una seconda serie dipersonaggi, subordinati ai primi, entra in scena passando per i me-desimi luoghi (o in altri successivi), essi rappresenteranno il se-condo grado di raf$gurazioni, ovvero quelle relative ai contenutispeci$ci di ciascun libro. Riepilogando: Aristotele, dopo Platone,entrando nel primo atrio, agisce nei vari luoghi individuali e sim-boleggia la Logica, la Fisica e la Meta$sica ; successivamente, nel se-condo atrio, un solo personaggio (oppure una $gura per ogni te-sto, riproponendo ancora una volta lo schema della ruota del vasa-io) legato a quello di Aristotele e addetto a raf$gurare le immagi-ni dei singoli libri – nel primo o nel secondo atrio e con i medesi-mi o differenti oggetti – metterà in scena la rappresentazione diquanto è contenuto in essi, ovvero i capitoli. In ultimo un terzopellegrino (o un terzo gruppo di essi), nel medesimo o in un nuo-vo percorso, sarà addetto a raf$gurare il terzo grado di partizionedi quella materia, che è quello dei paragra$ di ogni capitolo deivari libri. Continuando ad aggiungere personaggi, spazi ed ogget-ti, si potranno mettere in scena altri livelli e raggiungere $n neidettagli la de$nizione del materiale mnemonico che desideriamorappresentare per conservarlo in memoria. Lo schema che chiude la presentazione del pellegrino ci mostraquindi il meccanismo «combinatorio» che sta dietro a questoespediente: Aristotele (primo livello) compie un percorso nel pri-mo atrio, animando la visione di quelle che sono indicate con lelettere A, B, C, ecc., ovvero le parti del primo livello (ad esempio, ititoli delle opere). Ciascuna di queste può poi essere suddivisa inulteriori partizioni e dunque un personaggio speci$co (indicatocon la A della seconda riga) percorrerà la serie delle relative e pro-prie parti (a, b, c, d, ecc., ma la stessa cosa ovviamente avverrà an-che per le altre parti B, C, D, ecc., del primo livello). Le ulteriori esubordinate partizioni di a, b, c, ecc. proprie di A (indicate dalla se-rie dei numeri ordinali, I, II, III, ecc.) saranno vagliate per mezzodi altri «pellegrini», $no ad un ultimo e quarto livello (riprodottonella quarta riga dello schema) che vedrà impegnate altre $gure –ulteriormente subordinate – con il compito di realizzare le scenerelative alle parti più speci$che del sistema di informazioni.

38, 3 - 39, 30 Habes ... voluptuarii] Gli ultimi tre sigilli, l’accampa-mento e il tempio della Cabala, il combinante di sillabe e l’inter-prete sono tutti espedienti pensati per la memoria verborum; in se-condo ordine, trovano applicazione anche nell’organizzazione evalutazione creativa dei dati mnemonici. Come tali essi coinvolgo-no ad un alto grado la capacità visiva ed inventiva del lettore per-ché, come si è già visto in casi simili, creare scene unitarie per rap-presentare un termine formato dall’interazione di più immagini-lettere o da immagini-sillabe richiede una consapevole ed esperta

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dimestichezza nell’uso «combinatorio» delle $gurazioni mnemo-niche, che devono essere immaginate, modi$cate e composte traloro con la massima versatilità possibile. Nella prospettiva brunia-na, infatti, più è alta la capacità fantastico-combinatoria e minorepuò essere il numero delle $gure alle quali dobbiamo ricorrere –la cui pressoché in$nita mutabilità può soddisfare moltissimi si-gni$cati – o, per dirla in altri termini, maggiore è la complessità di-namica di un espediente combinatorio e più ef$cace ed ef$cientesarà il suo utilizzo, poiché può dare vita a moltissimi segni parten-do da poche $gurazioni. L’atteggiamento ideale è pertanto quellodi realizzare il più alto potenziale espressivo e semantico al prezzodella minima fatica mnemonica, raggiungendo l’apice con la crea-zione di segni mnemonici a partire da altri segni, trasformandoli,variandone il valore e aggregandoli tra loro, ovvero dando vita adun sistema di immagini che, attraverso la potenzialmente in$nitacombinazione delle sue parti, possa divenire il contenitore dei se-gni di ogni cosa ed esso stesso il simbolo vivente della complessitànaturale, che tutto raccoglie, uni$ca e contiene. Il ventottesimo si-gillo, in particolare, può essere utilizzato per $gurare termini del-la lingua ebraica – con un’intenzione però più «propedeutica»che pratica – rispetto all’arte di fare immagini per le parole, che èdovuta alla particolare struttura di quella lingua. Per la quasi tota-lità, le parole ebraiche sono infatti formate a partire da una «radi-ce», che è una forma gra$co-semantica elementare (morfema),formata da tre consonanti; tali radici rendono conto dei nomi edei concetti più semplici, mentre è aggiungendovi altre lettere,pre$ssi e suf$ssi che, in linea di massima, è possibile creare e co-struire tutte le altre parole e, da qui, declinandone il genere, il nu-mero, i modi e i tempi, avere accesso, in generale, a tutte le possi-bilità espressive del linguaggio. Oltre che per la semplicità ed esi-guità dei suoi elementi fondamentali, la lingua ebraica si prestaquindi ad essere tradotta con facilità in un sistema mnemonico,proprio perché ha già in sé una componente «combinatoria» mol-to accentuata (sfruttata anche nelle pratiche cabalistiche e cherende Cabala e tecniche lulliane molto af$ni, cfr. F.A. Yates, Cabba-la e occultismo nell’età elisabettiana, pp. 13-21). Dalla triplice combi-nazione delle ventidue lettere dell’alfabeto si può quindi generareun’in$nità di termini; pertanto, una volta trovato il modo di visua-lizzare le singole lettere, basterà dare vita ad un meccanismo chesoddis$ questa particolare caratteristica compositiva, per avereuno strumento mnemonico-visivo che serva a produrre moltissime$gure e scene in rappresentanza di intere parole. Bruno ci invitacosì a costruire questa complessa macchina scenica, ripartita su trelivelli: ventidue atrii, ovvero luoghi comuni, ciascuno caratterizza-to dal valore di una delle lettere dell’alfabeto ebraico; ventidueluoghi individuali ricavati in ognuno degli atrii e contenenti un se-condo alfabeto; in$ne un’ultima serie di ventidue personaggi,

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connotati da speci$che attività e gesti, da inserire, uno per uno, al-l’interno dei luoghi presenti in ogni atrio. Dalla combinazione diatrii, luoghi individuali, personaggi, attività e gesti – secondo unamodalità che vedremo più dettagliatamente esposta nella sezioneesplicativa – si possono ricavare scene composte da tre o da quat-tro parti signi$cative e, di conseguenza, rappresentare parole ditre o quattro lettere. Se si vuole, ad esempio, comporre la radiceNHL (che signi$ca «ereditare», ma anche «torrente»), si deve«andare» nell’atrio detto «tempio del sacerdote» (N), cercare illuogo in cui un sacerdote è trasformato in comandante (che staper la H) e compiere con esso uno qualsiasi dei gesti tipici dell’at-tività del calzolaio (propria dell’atrio delle guardie personali edunque corrispondente alla lettera L); una quarta lettera può poiessere espressa diversi$cando le azioni previste per ciascuna attivi-tà, aggiungendo quindi un altro codice ai tre già a disposizione. Aldi là delle suggestioni di tipo ermetizzante, la speciale caratterizza-zione degli spazi in accampamenti militari e luoghi di culto el’ispirazione cabalistica del titolo servono dunque e soprattutto aduniformare visivamente l’intera costruzione scenica e a rendereconto della sua ef$cace struttura combinatoria.

40, 3 - 46, 18 Tria ... vides] Il titolo del penultimo sigillo, De combi-nante, può avere un duplice signi$cato: la parola combinatio infattiindica le sillabe, in quanto combinazioni elementari di lettere, ma,in senso lato, denota anche una generica combinazione di più co-se. Per questo motivo si è scelto di tradurlo con «combinatore disillabe», rendendo esplicita la duplice valenza che questo espe-diente ha nell’economia del percorso mnemotecnico dei Trentasigilli: è un espediente per realizzare immagini di sillabe, sulla sciadi altri e simili sistemi per la memoria verborum e, al tempo stesso, èuna delle più potenti «macchine combinatorie» inventate da Bru-no per comporre insieme immagini e parti di immagini e creareinnumerevoli segni mnemonici. Il combinatore di sillabe prevedequindi tre ordini di combinazioni (ai quali in conclusione se neaggiunge brevemente un quarto), ovvero tre modi diversi perraf$gurare altrettanti tipi di sillabe: quelle aperte (una consonan-te più vocale); quelle chiuse (in cui la vocale precede la consonan-te); un terzo tipo formato da tre lettere in cui una vocale è posta inmezzo a due consonanti o ad una consonante e un’altra vocale.Queste tre composizioni, per il tipo di costruzione visiva richiesta,presentano una crescente e progressiva dif$coltà, poiché per raf -$gurare le sillabe del primo gruppo, in linea di massima, è suf$ -ciente un codice di ventidue immagini (di nuovo torna il numerodelle lettere dell’alfabeto ebraico che, indipendentemente dallospeci$co utilizzo del sistema, è comune a tutti e tre gli ultimi sigil-li); per il secondo ne occorrono più di cento e per il terzo ancora

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di più poiché si utilizzano quattordici serie di sillabe, ciascuna for-mata da circa due decine di elementi.Il primo tipo di sillaba è formato da una consonante seguita dauna vocale. Secondo le tecniche di Bruno la prima lettera o partedi una composizione è sempre costituita da una $gura agente cuispetta l’onere di far convergere su di sé tutte le altre immagini del-la costruzione scenica: in questo caso, si devono prendere venti-due immagini di personaggi e moltiplicarle poi per cinque carat-terizzazioni visive che servono a rappresentare le vocali. Si devonopertanto memorizzare solo poco più di venti immagini, assieme acinque modalità differenti per animarle o caratterizzarle, modiche, ad esempio, possono riguardare le posizioni assunte da que-ste stesse $gure (stare in piedi, stare piegati, stare seduti, stare inginocchio e stare sdraiati), oppure, come si vedrà con altri esempied applicazioni, il modo stesso di occupare lo spazio scenico por-tandosi al centro della scena, davanti, sul lato sinistro, destro, ecc.Per aggiungere inoltre, in mezzo alla sillaba, le consonanti liquide(L, R, N) basterà immaginare tre segni univoci con cui modi$caree connotare ulteriormente la posizione o l’aspetto, da inserire nel-la composizione quando e nel modo in cui sarà opportuno (adesempio, il personaggio della B, nella posizione A e nell’atteggia-mento aggiuntivo R è BRA, ovvero BA + R). Come spesso succedein tali espedienti è poi possibile aumentare la complessità del co-dice per far sì che le scene realizzate siano maggiormente diffe-renziate e più peculiarmente caratterizzate: ciò, sebbene comportiuna maggior fatica in termini mnemonici – perché occorre ricor-dare più segni –, aumenta la perspicuità del sistema e, più in ge-nerale, rende ancora più «produttive» le dinamiche combinatorieche vi stanno alla base. Così invece di completare l’aspetto dei per-sonaggi-consonante con cinque posizioni diverse, si potrà pensaredi associarli a cinque categorie diverse (ad esempio attività lavora-tive da svolgere in altrettanti contesti): se il personaggio ha comesfondo un orto e svolge azioni proprie del contadino è da conside-rarsi combinato con la A, in una vigna e tramite azioni dedicate èunito alla E, presso un campo di grano e con gesti propri del-l’agricoltura raf$gura la combinazione con la I, in un frutteto rice-ve la O e in un bosco la U. In questo caso sia la cornice di riferi-mento della scena, sia il tipo di azione che esso svolge, ci suggeri-scono che il personaggio D che zappa l’orto esprime la sillaba DA,che lavora la vigna indica la coppia DE, che taglia il grano è DI,che raccoglie frutti è DO, che, in$ne, taglia la legna è DU. Se poiqueste azioni, sebbene appartenenti a cinque generi diversi, mauguali per ognuno dei ventidue personaggi-consonante, sembre-ranno insuf$cienti a rendere perspicuo il «codice» di immagini-sillabe, allora si potrà – accrescendo ulteriormente il potenzialecombinatorio di questo sistema – pensare anche un tipo di gestodiverso per ogni lettera; dunque ventidue azioni per le attività da

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svolgersi nell’orto, altrettante per la vigna, i campi, il frutteto e ilbosco, in modo da connotare in maniera univoca ed esclusiva ognisillaba. Il personaggio C avrà sempre una propria e speci$ca azio-ne per l’attività della A, per quella della E, della I, della O e dellaU e così tutti gli altri; in tal modo la scena che indica CA potrà di-stinguersi da quella di DA per la $gura agente che opera, per il ge-nere di attività compiuta e per l’effettiva azione esercitata. Alla$ne sarà disponibile un codice più completo e molto ampio costi-tuito da ventidue $gure ognuna delle quali ha assegnate cinqueazioni diverse e speci$che per le vocali, per un totale di centodiecigesti diversi distribuiti in cinque contesti differenti.Il secondo ordine di combinazioni si pre$gge di formare delle sce-ne unitarie per sillabe chiuse, ovvero formate da una vocale segui-ta da una consonante: anche se nei princìpi è del tutto simile al co-dice precedente, da un punto di vista tecnico e combinatorio si ri-vela tuttavia un po’ più complesso, perché $n dall’inizio occorrevisualizzare cinque $gure agenti e altrettante serie di ventidue ca-ratterizzazioni-consonanti da combinare con i personaggi-vocale.Vi è dunque un primo gruppo di oggetti o gesti caratteristici chehanno a che fare con il cibo e che rappresentano le consonanti daabbinare al personaggio che raf$gura la A (pentola B(A), tegameC(A), padella D(A), ecc.); un secondo (da associare con la $gura del-la E) costituito da indumenti (lino B(E), $lo C(E), tela D(E), ecc.); unterzo (per la I) che riguarda accessori relativi alle membra del cor-po (mano/guanti B(I), volto/maschera C(I), ecc.); un quarto (O)che chiama in causa azioni proprie dell’attività edile, ovvero relati-ve ad operazioni da compiersi all’esterno di edi$ci (sabbia B(O),pietra C(O), calce D(O), ecc.); in$ne, altri ventidue oggetti ed ele-menti (U) legati agli ornamenti e all’arredo interno delle abitazio-ni (statua di gesso B(U), quadro C(U), fronde ornamentali D(U), ecc.).Tutte queste $gure, a seconda della categoria-vocale cui apparten-gono, andranno assegnate alle rispettive immagini agenti per rea-lizzare un’unica scena col valore di una sillaba «bielementale»composta dal personaggio-vocale e da un oggetto-consonante edanche in questo caso è possibile aggiungere i segni delle lettere li-quide per completarne la rappresentazione.Il terzo ed ultimo tipo di sillabe comporta la memorizzazione el’utilizzo di un codice di immagini ancora più ampio e complesso:poiché la sillaba è infatti formata da tre lettere, una consonante edue vocali o due consonanti inframmezzate da una vocale, l’ordi-ne delle combinazioni richiede la moltiplicazione di ben quattor-dici serie di circa diciotto coppie di lettere (qui Bruno riduce prag-maticamente il numero delle consonanti che ricadono in questacasistica a quattordici per la prima lettera e a diciotto o diciannoveper la seconda, comprendendo tra esse anche alcune vocali), cia-scuna moltiplicabile per le cinque vocali (la lettera intermedia).Le scene sono dunque formate da due personaggi che agiscono in

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relazione tra loro – in rappresentanza della prima e della secondalettera –, mentre per esprimere la vocale che sta nel mezzo si ri-corre alla quintuplice differenziazione della posizione della scenarispetto al contesto entro cui viene svolta: se è posta sulla partefrontale del quadro, ciò indica che tra le due lettere-personaggi viè la A, se alla sinistra la E, alla destra la I, sul fondo la O e al centrola U. Tutti i primi personaggi di ogni coppia (ripartiti, lo ricordia-mo, in quattordici gruppi: le coppie che iniziano per B, per C, D,ecc.) sono visualizzati sulla base di diverse caratteristiche: tutte le prime $gure delle coppie della prima serie saranno sempreraf$gurate come «scon$tti» , le prime della seconda come «mala-ti» , quelle della terza saranno «zoppicanti» e così via, $no all’ulti-mo gruppo in cui il primo membro di ogni coppia è raf$gurato inun atteggiamento «tracotante». Ugualmente i secondi e compri-mari personaggi di ogni coppia avranno caratteristiche distinte se-condo la lettera consonante che essi rappresentano: quindi unpersonaggio magro indicherà la A, uno sciocco la B, un lunatico laC, $no ad un ozioso (V), un castrato (X) ed un «contorto» (Z).Tutte queste caratterizzazioni ricorreranno con il medesimo valo-re in ognuna delle quattordici serie, ovvero in coppia con i perso-naggi raf$gurati come scon$tti, malati, zoppi, ciechi e così via. Arafforzare ulteriormente l’associazione tra la prima e la secondalettera di ogni coppia, ovvero a vivi$care ed uni$care la scena incui convergono questi individui caratterizzati in una maniera tan-to singolare, contribuiranno quattordici tipi di attività diverse(una per ogni gruppo), a loro volta scandite in circa diciotto o di-ciannove azioni speci$che: in pratica un gesto, un oggetto da usa-re o una $gura posta come accessoria che caratterizza in manierapeculiare ognuna delle oltre duecentocinquanta coppie che com-pongono l’intero sistema. Dunque nella prima serie (prima letteraB) si avrà a che fare con la musica e in particolare (seconda lette-ra) con una campana (A), campanella (B), timpano (C) e tanti al-tri strumenti; per la serie della C avremo azioni da compiersi inuno «studio» (religioso, cioè quello dei conventi) come rilegare,scrivere, leggere, ecc.; per il gruppo della D avremo operazioni re-lative all’attività estrattiva mineraria (picchiare, battere, ecc.) e co-sì via, legando visivamente il primo e il secondo personaggio inun’unica e composita scena. L’ultima e terza lettera, ovvero la vo-cale interposta tra le prime due, va in$ne rappresentata posizio-nando in cinque modi diversi l’azione compiuta dalla coppia prin-cipale rispetto al contesto in cui essa viene svolta: sul lato sinistrodel quadro, sul lato destro, sul fronte, sul fondo o nel centro; di-versi$cazione che, sebbene non immediatamente perspicua, puòessere rafforzata da elementi $ssi posti sulla scena (ad esempio, unalbero) e rispetto ai quali le $gure si portano davanti, dietro, a si-nistra, ecc. (si veda, per esempio, la già citata arte breve che chiu-de Ars rem., 55-58 e il commento relativo a Cant. Circ., 123-126).

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L’ultima e possibile combinazione – inserita da Bruno per ribadireulteriormente la forza combinatoria di questo espediente e dellasua arte in genere – non serve propriamente a creare sillabe ocomposizioni di lettere per la memoria verborum (visto che vengonomesse insieme tre vocali), ma consiste soltanto nell’esercizio tecni-co di comporre tra loro immagini in gruppi di tre elementi: cin-que $gure di personaggi agenti (indicanti la prima lettera dellacomposizione) possono essere caratterizzate in venticinque modidiversi (ottenibili, ad esempio, con cinque posizioni moltiplicateper altrettanti materiali o oggetti) e rappresentare in questo modoil combinarsi delle vocali con venticinque coppie (aa, ae, ai ... ui,uo, uu). Anche le scene prodotte da questa modalità combinato-ria, quindi, come già tutte le altre esposte nella presentazione delsigillo, vengono utilizzate entro gli scenari mnemotecnici e in mol-teplici modi: oltre a raf$gurare parti e pezzi di parole, possono es-sere immagini attive e modi$cabili con cui creare i segni di quan-to si vuole rappresentare e conservare in memoria, oppure posso-no servire da indici e riferimenti per altre $gurazioni, fungere,in$ne, da «numeri» e marcatori per immagini e luoghi. Tutto ciònon offusca – ma anzi sottolinea – il fatto che in espedienti comequesto ciò che conta veramente è, secondo Bruno, che quanti in-tendono familiarizzarsi con le sue tecniche imparino a gestire leimmagini mnemoniche nella maniera più versatile possibile, con-sapevoli che questa mutevolezza è il coerente effetto, nel mondodella conoscenza umana, di quell’energia vitale ed in$nita cheanima e trasforma tutto l’universo.

47, 3 - 48, 19 Interpreti ... novi] L’ultimo sigillo della serie racco-glie e assomma, nel suo punto conclusivo e più alto, tutte le inven-zioni tecniche, le soluzioni e le innovazioni dell’arte di Bruno, det-tagliatamente o diffusamente illustrate nei precedenti espedienti.Qui, sotto il pretesto di creare immagini per parole composte datre lettere (le già incontrate «radici» del lessico ebraico), è datavoce a tutto il potenziale espressivo e produttivo della combinato-ria fantastica, arrivando a teorizzare, addirittura, più modi di co-struire – entro il medesimo schema combinatorio – scene com-plesse ed unitarie costituite da luoghi, immagini agenti, azioni equant’altro contribuisca a caratterizzare in maniera vivida, sugge-stiva e «aperta» (alle in$nite e possibili mutazioni di $gura e disenso) il materiale mnemonico. Si è già visto, del resto, quanti equali elementi contribuiscano alla costruzione di scene altamentesigni$canti: i personaggi agenti, le azioni da loro svolte, gli atteg-giamenti che li caratterizzano, gli oggetti che usano e sono pre-senti sulla scena, le altre $gure accessorie poste come comprima-rie e subordinate alle prime, in$ne, anche le modalità di relazionee collocazione della scena rispetto al contesto. Sono tutti questifattori che, composti tra loro, vanno a costituire la parte espressiva

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del segno mnemonico, inteso come un’unità complessa formatada più elementi semantici che possono essere mescolati e combi-nati tra loro. In queste pagine si è assistito alla graduale e progressiva trasfor-mazione dell’arte della memoria «tradizionale» – in cui segno econtenuto sono ben distinti, così come l’insieme dei valori espres-si attraverso immagini è nettamente separato dalla complessa co-struzione scenica e strumentale che li rappresenta – in una nuovadimensione di $gurazioni fantastiche nella quale tutto può espri-mere tutto ed ogni cosa è ugualmente segno e signi$cato. Le tap-pe più importanti di questo passaggio sono state, innanzitutto, lanuova de$nizione di luogo ed immagini (subiectum/adiectum), poil’invenzione del subiectum adiectivum, in$ne l’utilizzo libero, creati-vo ed inventivo delle immagini, con le molteplici varianti escogita-te per animare dinamicamente statue, scene, $gure agenti e partidi esse. Grazie all’interprete assistiamo dunque all’atto $nale diquesto percorso, in cui – dietro il pretesto di tre differenti «alfabe-ti» combinatori – si sottolinea che non solo è possibile mescolaretutte le parti di una scena (ovvero personaggio, caratteristica, azio-ne, oggetto, ecc.) per ottenere molteplici e differenti segni, ma èanche possibile variarne l’ordine, af$nché cambiando il risultato,senza di fatto mutare i segni che lo costituiscono, sia possibile ac-cedere ad un ulteriore potenziale espressivo di tali sistemi mne-monici, ancora più produttivo e fecondo. In pratica il trentesimosigillo ci invita a costruire tre alfabeti visivi di ventidue lettere – pergli altrettanti caratteri ebraici – subordinati l’uno all’altro, con loscopo di poter dare $gurazione a oltre diecimila e seicento (223)scene diverse. Queste innumerevoli possibilità sono frutto, ancorauna volta, della combinazione dei valori espressi da ventidue luo-ghi generali (atrii), altrettanti luoghi particolari ricavati in ognu-no di essi e ulteriori serie di personaggi collocati presso questi ul-timi, il tutto uni$cato e composto per mezzo di attività, azioni ca-ratteristiche, $gure accessorie e atteggiamenti particolari. Oltre aciò vi è in più la possibilità tecnica di combinare questi fattori se-condo tre diverse modalità. La scena $nale infatti può essere co-struita partendo dall’atrio, dal singolo luogo incluso nell’atrio, op-pure prendendo le mosse dal personaggio agente presente nei sin-goli luoghi. Il risultato, dal punto di vista del numero di combina-zioni possibili, è il medesimo, ma ben differente è invece la resa vi-siva ed il risultato in termini «semantici» , perché è come se, mu-tando modalità, cambiassimo l’ordine delle lettere che compon-gono la scena, concentrando la nostra attenzione su alcune partidi essa, ovvero portando in primo piano, di volta in volta, diversiaspetti della composizione $nale. Di fatto è come se il sistema in-scenasse e traducesse in una modalità visiva – ed è ciò cui Bruno fariferimento nel testo – la tecnica cabalistica della temurah, ovverol’arte di anagrammare le parole ebraiche (producibili con questo

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stesso espediente o con i due precedenti) per scoprire in esse nuo-vi e differenti signi$cati. Invece di costruire una scena diversa conaltri elementi per ogni nuova composizione, variando la costruzio-ne visiva delle stesse componenti si potranno avere anche tutte lealtre immagini derivabili, per una sorta di anagramma visivo, dallaprima scena. Un esempio: se si utilizza un sistema in cui la primalettera è espressa dall’atrio, la seconda dal luogo individuale e laterza dal personaggio, le composizioni ABC e BCA saranno di con-seguenza formate da immagini completamente diverse (la primadall’atrio A, luogo B e personaggio C; la seconda dall’atrio B, luo-go C e personaggio A). Al contrario, potendo invertire e cambiareil sistema di associazione tra l’atrio, il luogo e il personaggio, met-tendoli in relazione in modi diversi (si vedrà poi nella spiegazionecome), le combinazioni possibili daranno luogo a ulteriori scenediverse, pur formate dagli stessi elementi del codice visivo (ovverole $gure scelte per rappresentare la A, la B e la C). Oltre a questeconsiderazioni di carattere più tecnico – che vanno a completare econcludere tutto ciò che $n qui è stato esposto sull’arte dei sigilli –va detto che l’espediente dell’interprete, come molti di quelli chel’hanno preceduto, può essere utilizzato per creare immagini perle parole di altre lingue, oppure per realizzare indici visivi o le$gurazioni stesse dei contenuti mnemonici. In questo senso il si-stema è facilmente estendibile sia a più «lettere», per comporreimmagini di parole con più di tre caratteri, sia a più utilizzi diffe-renti, purché si adatti il meccanismo, una volta che se ne sia com-presa l’essenza, alle funzioni che si intendano soddisfare. Per farciò – ed è la prescrizione e l’indirizzo più importante di tutta l’ar-te della memoria – occorre avere consapevolezza della struttura«interna» di quanto vogliamo raf$gurare (sia una parola, un con-cetto astratto o un intero libro), cioè degli elementi e delle partipiù semplici che lo costituiscono, e far sì che, visivamente, oltre al-l’intero organico, sia rappresentato il coesistere delle sue compo-nenti nelle loro relazioni, ma anche nel dinamico equilibrio dellesue parti signi$cative. E se queste ammettono mutabilità e trasfor-mazione, devono essere variabili anche i corrispettivi segni, in unaspecularità che è volta a realizzare sul piano visivo l’elemento vicis-situdinario che caratterizza tutta la natura, l’intero universo, i mec-canismi stessi del pensare umano.

49, 3 - 50, 19 Praepositis ... corpus] Il percorso di esposizione edanalisi dei Trenta sigilli si chiude con una breve riflessione conclu-siva sulle modalità per riprodurre, per mezzo di immagini mne-moniche, i concetti astratti, partendo dalle $gure di cose reali, no-te e concrete. Si è già visto, del resto, come molti sigilli possano ri-velarsi estremamente utili proprio per raf$gurare nozioni astrattee cose non percepibili ai sensi (ad esempio con un certo uso dellestatue di Fidia, cfr. supra, 73-78 e il relativo commento), quando

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per forza di accostamenti, similitudini, metafore e qualsiasi altrotipo di associazione i concetti vengono messi in relazione con ap-propriati segni visibili. I trenta «modi di derivazione» qui presen-tati sono dunque un tentativo di trattare ulteriormente questo ar-gomento per esporlo in maniera esaustiva e sistematica, catalogan-do tutti i possibili tipi di associazione tra un signi$cato e la sua pos-sibile resa visiva, in una maniera non dissimile, comunque, daquanto è già stato fatto in Ars rem., 40-45, dove si elencavano pro-prio trenta modalità per raf$gurare «cose e parole». In concretoci troviamo qui di fronte ad una sintetica analisi dei processi asso-ciativi stabiliti tra i dati dell’esperienza: partendo da uno dei ter-mini della relazione e andando a cogliere come esso si riferisca al-l’altro, si comprende, innanzitutto, che ciò può avvenire o in ma-niera «semplice», cioè nella direzione che va da quello considera-to per primo a quanto esso immediatamente rimanda («dal sim-bolo a ciò che è signi$cato», «da chi parla a ciò che è detto»,ecc.), o secondo una modalità « inversa», riferendosi, infatti, a tut-ti quei tipi di relazione che invertono i normali processi associativi,perché, essendo passive («da una particolare azione subita all’og-getto [che la subisce]»), contrarie allo svolgimento temporale ologico («dall’antecedente al conseguente», «dall’effetto alla cau-sa»), esse invertono i consueti percorsi di « lettura» dei fenomeni(«dal contrario al proprio opposto», «dal generale allo spe ci $ -co», ecc.). In secondo luogo in queste due serie di modalità asso-ciative è possibile cogliere la sottile consapevolezza di Bruno che ilrapporto tra una cosa ed un’altra, tra un segno ed il suo signi$ca-to, non può basarsi solo sulla sua immediata e diretta percezione,ma è legato anche a tutte le eventuali e molteplici implicazioniche derivano dall’aspetto, dalla forma, dall’utilizzo e, in generale,da qualsiasi tipo di elemento che collochi e posizioni una determi-nata cosa entro un contesto aperto e complesso di relazioni e ri-mandi. Così la visione di una casa col camino acceso che fuma su-scita l’idea di famiglia («dal contenente al contenuto»), l’immagi-ne di un $glio quella del padre o della madre («dal subalterno aciò cui è subordinato»); più in generale, è possibile scorgere inogni tipo di legame e di relazione quei «vincoli» e quegli elemen-ti associativi che, come si vedrà nella sezione esplicativa, sono la ve-ra «sostanza» di un mondo che è inteso proprio come «l’esplicar-si» di un’unica trama di rimandi che non sono solo logici, ma si ra-dicano in profondità nell’essenza costitutiva della realtà naturale.

spiegazione dei trenta sigilli

51, 3-7 Omni ... aperiuntur] La seconda sezione del libro dei sigil-li bruniani è dedicata alla explicatio, ovvero alla spiegazione deitrenta espedienti mnemonici $n qui presentati. Al di là delle sug-gestive implicazioni «apocalittiche» del lessico scelto da Brunoper connotare questa seconda metà dell’opera (ad esempio, i si-gilli che vengono «aperti» per svelarne i segreti o la verità, tema,questo, caro ad una certa trattatistica che ha come fonte ispiratriceil libro dell’Apocalisse, cfr. M. Ciliberto, Bruno e l’Apocalisse. Per unastoria interna degli «Eroici furori»), si comprende che questa parteesplicativa è volutamente composta in funzione della prima. Equesto non solo perché è attestato che la sua composizione fu au-tonoma e posteriore rispetto alla prima sezione (cfr. S. Bassi, L’artedi Giordano Bruno, pp. 23-25), ma soprattutto perché è proprio inqueste pagine che vengono dati la spiegazione e l’approfondi-mento a tutte le questioni poste e presentate nella prima metà. Èutile dunque evidenziare il diverso registro che caratterizza e di-stingue quanto si trova nella prima e nella seconda parte dell’ope-ra: la presentazione dei sigilli, anche se talvolta è estremamentesuccinta, non è né incompleta, né approssimativa; letta nel suocomplesso, la prima metà del testo è compiuta e coerente ed ac-compagna il lettore, con ordine ed una progressione quasi didatti-ca, dai concetti fondamentali dell’arte della memoria ai suoi esitipiù estremi e complicati, come l’uso creativo e $gurativo dei sub -iecta adiectiva per la memoria verborum o per l’invenzione dei segnidei contenuti mnemonici. Quello che manca, semmai, anche perla già sottolineata stringatezza di molti espedienti – che a volte puòlasciare il lettore disorientato –, è l’approfondimento di temi edimplicazioni teoriche, la chiari$cazione del funzionamento dimolti espedienti per mezzo di esempi più articolati e, in generale,qualsiasi esplicito riferimento all’utilizzo dei sigilli anche in fun-zione inventiva e dialettica (inventio e iudicium); elemento, questo,che ricorre invece in maniera sistematica in tutta la sezione espli-cativa. In quest’ultima, inoltre – a sottolineare la continuità e ilcollegamento dei sigilli con la $loso$a e la riflessione mnemotec-nica e metodologica di Bruno –, sono presenti anche riferimenticompiuti alle altre opere già pubblicate in Francia ed elaboratenegli anni immediatamente precedenti l’avventura inglese: l’Arsreminiscendi del Cantus Circaeus che precede anche i Trenta sigilli,il De umbris idearum, il De compendiosa architectura et complemento artisLullii e l’inedita o forse perduta Clavis magna. Tutto questo testi-monia che l’intenzione di Bruno è quella di inserire in manieracoerente e contestuale la tecnica di memoria nel quadro più am-pio e complesso della propria visione teorica, facendone una verae propria «arte» e un «metodo dei metodi» al servizio della «no-lana $loso$a». E con questo scopo, presumiamo, la seconda sezio-

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ne dei sigilli è ivi posta per «aprire» e «svelare» al lettore – più chesemplicemente spiegare – l’enorme potenziale metodologico especulativo che sta dietro a tali espedienti. E se in queste pagine sidà rilievo ad un utilizzo dell’ars memoriae anche sul piano dialetticoe retorico – ovvero per la composizione di discorsi o l’organizza-zione di argomentazioni per mezzo di immagini e segni fantastici– è proprio perché si intende mostrare un aspetto che vuol esseredi grande originalità anche all’interno delle stesse tecniche di Bru-no, vantato e reso esplicito $n dai titoli di altri suoi testi (si veda adesempio il frontespizio del De umbris : «Implicantibus artem, Quae-rendi, Inveniendi, Iudicandi, Ordinandi, et Applicandi»), mai pe-rò argomentato ed approfondito in maniera così esplicita e ricor-rente, come in questa sezione. Qui l’ars memoriae bruniana ède$nitivamente presentata come uno strumento principe perl’elaborazione e lo sviluppo del pensiero non solo «passivo» – de-stinato cioè all’esclusivo immagazzinamento delle informazioni –,ma anche «attivo» e «creativo» nel campo della formazione distrutture sillogistiche, argomentazioni, elenchi, costruzioni retori-che e metaforiche. Tutto ciò deve essere attuato per mezzo delleimmagini e della loro gestione «viva» ed ef$cace all’interno degliscenari mnemotecnici, anche e soprattutto grazie all’applicazionedei princìpi e delle tecniche della combinatoria lulliana ai conte-nuti mnestici. Proprio come quella di Lullo, l’arte di Bruno offreal lettore la possibilità di produrre conoscenza, per mezzo di unregolato e strutturato utilizzo non di un alfabeto prede$nito di ter-mini (costruito per corrispondere ad una precisa visione teologi-ca), ma della potente e intensa semanticità e versatilità visiva deisegni mnemonici che, come si è visto, sono veri e propri enti entrola cornice del mondo fantastico. Tale organizzazione e disciplina-mento dell’energia creativa interiore e conoscitiva – come si evi-denzierà nel seguito del commento – è la risposta più ef$cace ecoerente che la conoscenza può dare a se stessa, af$nché le ener-gie produttive che animano e trasformano l’orizzonte naturale tro-vino ascolto e corrispondenza anche, e soprattutto, nell’interioritàdell’uomo.

52, 2-6 Campus ... distribuitur] Il rimando esplicativo di questoprimo sigillo è, innanzitutto, ad Ars rem., 10-19, ovvero alle paginedove – dopo la breve descrizione del funzionamento dei meccani-smi cognitivi – vengono presentati i subiecta, secondo la nuova de-nominazione e de$nizione teorica di luogo ideata da Bruno stes-so, che vede trasformati i tradizionali spazi scenici per la memoriain innovativi strumenti tecnico-concettuali. Oggetto primario diun nuovo modo di pensare l’ars memoriae, il sostrato-luogo vieneparagonato, infatti, al sostrato della $loso$a, ovvero alla funzionepassiva e ricettiva che è propria della materia, nell’intenzione diattribuire al primo le caratteristiche di accoglienza, plasmabilità e

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strutturazione che sono tipiche – nella riformulazione della «nola-na $loso$a» – della seconda. Questa nuova prospettiva comporta,dunque, che i luoghi e le immagini della mnemotecnica debbanoessere considerati in maniera speculare, rispettivamente, ai sostra-ti $sici e alle forme degli enti reali, cioè come aspetti parziali ecomplementari di un’unità semantica e simbolica che, a sua volta,è scomponibile nelle sue parti più semplici oppure è aggregabilead insiemi più grandi e complessi, dunque è sempre in relazione etensione comunicativa con quanto la circonda. È questo pertanto ilprimo e fondamentale passo verso la costruzione teorica e tecnicadi un mondo fantastico e virtuale, che, col progredire della com-plessità dei sigilli, viene ad essere sempre più simile a quello realee naturale, con$gurandosi come un modello ed una mappa inte-riore di quello esteriore. Esso ne riproduce l’insieme e le parti, masoprattutto i meccanismi di trasformazione e composizione, cioèquella vitalità produttiva che, come una trama che lega e connettele in$nite parti del tutto, caratterizza primariamente la vicissitudi-ne naturale.

52, 6-10 Hic ... perlustrantur] Con la nuova de$nizione di luogo e,conseguentemente, di immagine mnemonica, Bruno sottolinea eribadisce l’aspetto funzionale di questi «oggetti» centrali delle tec-niche di memoria arti$ciale. Sebbene nella sostanza, cioè operati-vamente, si continuino a utilizzare e a visualizzare i luoghi secon-do modalità «tradizionali» , di fatto essi non corrispondono più al-la statica e realistica visione prescritta dalle arti della memoria clas-siche, medioevali e rinascimentali. Lo scopo, va precisato, è di ave-re un repertorio interiore, previsualizzato e prede$nito, di «posi-zioni» – come una sorta di virtuale cassettiera – in cui collocare eriporre sistematicamente, ma senza un criterio d’ordine più com-plessivo, tutto ciò che si vuole memorizzare. Secondo queste arti,infatti, i luoghi erano la semplice ed immediata visualizzazione diluoghi reali (anche se certi autori ammettevano l’uso di luoghi«immaginari» e virtuali, come l’inferno, il paradiso, ecc.; cfr. C.Rosselli, Thes. art. mem., ff. 7v sgg.), i quali servivano come conteni-tori per le immagini mnemoniche, portatrici del signi$cato ad es-se correlato. Una volta scelto e visualizzato il sistema locale, si do-veva quindi procedere ad inserirvi le immagini con lo scopo di re-cuperarle prontamente; e, proprio per assolvere più ef$cacemen-te a questa funzione, i luoghi della memoria erano scelti riprodu-cendo quanto più realisticamente possibile l’aspetto e la forma diedi$ci e di contesti «noti» (anche alla nostra immaginazione, senon reali). Tale familiarità serviva ad assicurare sia la perspicuitàdei luoghi stessi, sia – per una sorta di legge della transitività mne-stica – la possibilità di ricordare le immagini lì collocate. Infattitutta l’organizzazione degli spazi in cui le singole immagini eranocollocate – ovvero il tragitto che visivamente si doveva percorrere

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per ritrovare i ricordi – dipendeva dalla struttura visualizzata che,di fatto, risultava, per l’aspetto, per il numero e l’estensione deiluoghi, ed in ultimo, per la caratterizzazione visiva stessa, estraneaalle informazioni in essa conservate. In altre parole: le trenta o lecento immagini relative ad un determinato discorso, concernente,ad esempio, la virtù della giustizia, erano disposte, ad una ad una,negli speci$ci luoghi ricavati entro una cattedrale, che poteva col-legarsi ad un palazzo (se gli spazi vuoti $nivano) e poi ad altriedi$ci ancora (secondo una modalità ideata da Pietro da Ravennain Phoenix, b iiiv, ripresa anche da Bruno con il sigillo dell’impagi-natore), $no a che tutte le singole immagini trovavano posto entroun unico e continuativo percorso scenico che niente aveva a chefare, nella sua rappresentazione visiva, con la virtù della giustizia eneppure per il numero e l’organizzazione degli spazi, senza peral-tro indirizzare alle parti e alla disposizione di queste stesse imma-gini. Da Bruno invece arriva un’indicazione di tenore completa-mente opposto: quante e quali sono le immagini (e i relativi si-gni$cati) da memorizzare, altrettanti e tali dovranno essere i luo-ghi individuali in cui inserirle. Di conseguenza anche la strutturadi un edi$cio o dei vari tipi di contesti scelti per distribuirvi gli spa-zi speci$ci risulterà essere scelta e costruita in funzione del nume-ro e della tipologia delle immagini e dunque, in ultima analisi, del-le informazioni rappresentate da esse. Il rapporto tra le immaginied i luoghi, cioè la loro organizzazione e strutturazione visiva, è ra-dicalmente cambiato: i secondi perciò risultano essere una moda-lità ed un’applicazione complementare ed ulteriore delle prime esono quindi anch’essi « immagini», cioè segni di elementi conte-stuali necessari a coordinare e organizzare la disposizione delle in-formazioni mnemoniche. Per questo motivo vengono chiamati«immagini dei luoghi» (simulacra locorum): con quelle rappresen-tazioni apparentemente realistiche che erano i luoghi mnemonicinon hanno quasi più nulla a che vedere, avendo essi sì l’aspetto diluoghi, ma non più la «forma», ovvero la stessa funzione. Essi in-fatti devono rappresentare la struttura logica delle informazioni equindi sono pensati e costruiti in ragione di essa: nella fantasia sirealizzano queste architetture e questi scenari – a imitazione e nonper riprodurre spazi e paesaggi esteriori – quali segni e strumentidi connessione e di strutturazione dei singoli signi$cati; e tutto ciòdà vita ad un tessuto unitario e ad un fertile terreno: un «campo»come appunto lo chiama Bruno, in cui coltivare, costruire, aggre-gare e gestire le forme simboliche di quanto conosciamo.

52, 10 - 53, 6 Hic ... promovent] La riformulazione della nozionedi luogo mnemotecnico investe, su più ampia scala, tutta la consi-derazione teorica dell’ars memoriae, soprattutto in relazione allefunzioni cognitive chiamate in causa da essa. La fantasia stessa èdunque considerata il sostrato per eccellenza, non solo perché è il

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«luogo» $sico in cui di fatto avviene l’attività di visualizzazioneconnessa a queste tecniche, ma perché le sue caratteristiche di pla-smabilità e ricettività potenzialmente in$nita la rendono af$ne al-la materia: un materiale cognitivo primario per un universo priva-to e interiore, fatto di enti simbolici e personali. Quanto ciò siateoricamente essenziale per Bruno si evince non solo dagli innu-merevoli punti in cui, nei suoi scritti, è sottolineata e ribadita l’im-portanza delle immagini e dell’immaginazione nei processi di co-noscenza, ma anche e soprattutto dalle ampie sezioni delle sueopere di mnemotecnica, dove si sofferma a descrivere i meccani-smi con cui la mente umana elabora e gestisce l’esperienza e la for-mazione del sapere (si veda, ad esempio, la sezione sullo scruti-nium di De umbris, 131-149). Qui conviene rimandare il lettore, perla stretta af$nità con i temi trattati nel primo sigillo, ad Ars rem., 4-8, cioè alle pagine che precedono immediatamente la de$nizionedei sostrati, nelle quali si descrive come le informazioni abbianoaccesso alla memoria solo dopo un graduale e progressivo passag-gio attraverso i sensi esterni, quelli « interni» (fantasia e immagi-nazione) e la facoltà «cogitativa»: colei che astrae dalle immaginii contenuti concettuali (ma individuali, non ancora idee «univer-sali» , oggetto invece dell’intellectus). La «porta di ingresso» di tut-ta l’esperienza nella memoria è dunque la ragione, ma il terrenoverso cui quest’ultima rivolge esclusivamente la propria attività è lafantasia/immaginazione, che è lo spazio ricettivo in cui tutti i datisensibili sono uni$cati e raccolti in visioni complesse ed unitarie.Proprio come una sorta di schermo su cui l’esperienza è proiettatatutta assieme, essa è il «sostrato» che offre alla valutazione delle fa-coltà «superiori» tutta la realtà, da vagliare e trasformare nelle in-formazioni del nostro sapere (cfr. Sig. sigill., infra, 120). Il cervello«pensa per immagini», perché tutte le informazioni di carattereastratto e concettuale sorgono dalla lettura ed interpretazione del-le $gurazioni fantastiche, siano esse naturali o «arti$ciali» . La di-mensione fantastica funge dunque da «interfaccia» tra quella lo-gica e la natura, perché tutta l’esperienza del mondo è vista, attra-verso di essa, come in uno specchio: non è tuttavia un magma pas-sivo e privo di controllo, perché, con$nando con la cogitativa, essaè costantemente aperta alla dimensione razionale, che vi trae e viriversa di continuo le impressioni parziali e progressive oggettodelle sue elaborazioni. In conclusione i luoghi mnemonici e le im-magini dei ricordi, ideati dalle tecniche bruniane, altro non sonoche modalità particolari e determinate – regolate dalle leggi e daiprincìpi di un’ars speci$ca – di un’operatività cognitiva spontaneaed innata nell’uomo, che riceve tuttavia una forma di potenzia-mento ed ottimizzazione, nel momento in cui la razionalità «scen-de» $no ad essa, per regolarne consapevolmente gli atti.

53, 6-12 Ipsorum ... conspicimus] La parte $nale della spiegazione

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del primo sigillo è dedicata ad approfondire ulteriormente quellache Bruno considera la più importante delle novità da lui introdot-te nell’ars memoriae e che elimina, secondo le sue stesse parole (cfr.De umbris, 101), ogni dif$coltà nel recuperare la corretta concate-nazione delle immagini. Rimandando infatti, per quanto riguardale regole relative alla visualizzazione dei luoghi individuali, alle pa-gine della secunda pars theoriae – intitolate «De conditionibus sub -iectorum» – di Ars rem., 12-19, egli si sofferma a ribadire, ancorauna volta, come il suo nuovo modo di intendere il luogo prevedache la sua originaria funzione di mera e immediata «scatola» per leimmagini sia superata da una volontà più sistematica proprio nellagestione delle informazioni. Il contesto e le sue parti speci$che, ov-vero i signi$cati e le loro relazioni di ordine più generale, devonotutti sfociare nella visione unitaria di un unico e strutturato «ente»dell’universo mnemonico, la materia del quale è costituita dai so-strati-luoghi (ma più in generale dall’intera fantasia) e la cui formaè l’insieme delle immagini (a loro volta plasmate secondo i si-gni$cati). Da un punto di vista operativo ciò avviene, come si è vi-sto, costruendo i luoghi ad hoc rispetto a quanto vogliamo memo-rizzarvi, adattandone la struttura alla complessità logica dei dati econ$gurandone l’aspetto secondo le immagini ed i signi$cati: cosìfacendo anche i luoghi diventano, a loro modo, segni delle cosememorizzate, strettamente vincolati, nella loro con$gurazione e di-sposizione, alle informazioni che sono chiamati ad accogliere. L’or-ganizzazione logica dei dati determina dunque la conformazione ela distribuzione dei luoghi, sia propri, sia generali, e tutti i livelli dipartizione individuabili in un testo ed ogni insieme di informazionitrovano un’adeguata rappresentazione, dando conto sia delle sin-gole cose (per mezzo di immagini e luoghi individuali), sia anchedel loro modo di stare assieme ed essere collegate. Come si è visto,e si vedrà in maniera ancora più dettagliata nella sezione esplicati-va, molti dei sigilli sono dunque degli accorgimenti pratici ideatiproprio per ottenere la migliore soluzione compositiva (o la mi-gliore versatilità) per organizzare le informazioni mnemoniche,ponendo sempre la massima attenzione alle materie, ai contesti e aisoggetti cui esse appartengono (libri, sistemi avulsi di dati, elenchi,morfologie e classi$cazioni disciplinari, ecc.). Anche sul piano«qualitativo», poi, l’aspetto complessivo dei luoghi deve esserecoerente e conforme a quello delle singole parti e delle immaginicontenute in esse e la struttura scenica che le accoglie deve testi-moniare in ogni suo elemento le caratteristiche e le connotazionidi quanto, con unico e complesso segno, viene rappresentato. Tut-to ciò è in$ne ben espresso e sintetizzato dalla formula celata die-tro l’immagine della Gerusalemme celeste e con cui si chiude il si-gillo, la quale prescrive che la «forma generalissima» sia collocatain un «sostrato generalissimo»; «ad una generale» sia associato«uno altrettanto generale»; «ad una forma speci$ca un sostrato

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speci$co e a quella individuale uno individuale», collegando eduni$cando il tutto af$nché ogni forma sia «compresa e contenutain un’altra» (la stessa formula ritorna anche in De umbris, 110, 2-4:«Committe communia communibus; minus communia minuscommunibus, propria propriis; proprioribus atque propriissimispropriora atque propriissima»).

54, 2-10 Coelum ... occurrant] La funzione speci$ca di questo si-gillo è dichiarata $n dalle prime righe della presentazione e dellarelativa spiegazione: memorizzare i dati relativi alla disciplinaastronomica e, più in generale, creare un sistema di luoghi che ab-bia come riferimento il cielo e le sue partizioni. Ciò sarà utile perriporvi tutte quelle immagini che hanno af$nità, sia sul piano deicontenuti, sia su quello della loro organizzazione, con l’astrono-mia, la geogra$a, la cartogra$a e soggetti simili, ovvero tutte quel-le informazioni che possono essere classi$cate ed organizzate sullabase delle coordinate geogra$che o celesti. Il tentativo di ripro-durre visivamente la «sfera» – cioè la volta del cielo esaminata dalpunto di vista dell’osservatore terrestre – parte innanzitutto daun’analisi delle sue parti e suddivisioni principali. In primo luogovi è dunque la fondamentale distinzione dei due emisferi princi-pali, quello superiore e quello inferiore, al cui vertice abbiamodue punti, lo zenit (sopra) e il nadir (sotto). Nel raggio prospetticoche circonda l’osservatore, invece, si delinea il circolo dell’oriz-zonte, tanto ampio quanto è la portata della sua vista: su questo oc-corre individuare i quattro punti cardinali, in corrispondenza delsorgere del sole (est), del suo tramontare (ovest), della direzionedella sua inclinazione nel punto di mezzogiorno (sud) e, all’oppo-sto, del nord. Individuati questi sei riferimenti fondamentali, pos-siamo suddividere ciascun emisfero in quattro settori, che sonochiamati per l’appunto quadranti, ottenuti tracciando due archiideali che congiungono, rispettivamente, l’est con l’ovest ed il sudcon il nord e che hanno come vertice e punto di congiunzione lozenit (nell’emisfero superiore) e il nadir (in quello inferiore). Aipiedi dell’osservatore, invece, sono tracciati i due assi (o diametri)che toccano il circolo dell’orizzonte nei quattro punti cardinali eche segnano «a terra» i con$ni dei vari settori. Ovviamente, se ilpunto di vista assunto dall’osservatore fosse ipoteticamente il cen-tro della Terra, lo zenit e il nadir andrebbero a coincidere, rispetti-vamente, con il Polo Nord e il Polo Sud, l’orizzonte con il circolodell’equatore, ed i quattro punti cardinali sarebbero individuati sudi esso in corrispondenza e a partire dai punti equinoziali (in cuil’eclittica, cioè il piano del sistema solare, incrocia l’equatore) edin quelli dei solstizi (ovvero i punti di massima inclinazione del so-le verso sud e verso nord): le due circonferenze ortogonali tra lo-ro ed entrambe perpendicolari al piano equatoriale andrebberoquindi tracciate con il riferimento a tali punti. I tre «massimi» ed

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ortogonali cerchi (l’equatore e le due circonferenze meridiane)delineati in questo modo suddividono la «sfera», al cui centro vi èil globo terrestre, in otto quadranti, quattro nell’emisfero superio-re e quattro in quello inferiore: è a questi settori, dunque, che èpossibile fare riferimento per individuare e collocare la posizionedei corpi celesti. Le quarantotto costellazioni visibili ad occhio nu-do, e per questo note e studiate $n dall’antichità, sono infatti di-stribuite nelle due volte celesti e perciò sono dette «boreali» e«australi» ; oppure, come nel caso delle dodici dello zodiaco cheseguono il piano dell’eclittica, sono dette «equatoriali» se, a se-conda del periodo dell’anno, si trovano sopra o sotto la linea del-l’equatore. Inoltre le stelle e le costellazioni possono essere clas-si$cate in base alla loro posizione nei vari settori della «sfera» e se-condo le differenti «altezze» (cioè le angolazioni rispetto all’oriz-zonte celeste o a chi le osserva) e, in generale, ogni fenomeno puòessere localizzato entro un’area speci$ca all’interno di questa«mappa» e reticolo astronomico.

55, 1-17 Destinamus ... praesentiam] Con il secondo sigillo è dun-que possibile tradurre la complessa struttura tridimensionale delcielo in uno scenario mnemonico, trasformando i riferimentiastronomici in punti, linee e settori individuabili all’interno diuno spazio che, sebbene dell’ampiezza di un grande edi$cio, hacomunque dimensioni contenute. Una volta infatti compreso loschema di fondo – cioè la divisione in emisferi, quadranti e settori–, è possibile applicare lo stesso criterio anche per ripartire i piani,le stanze e gli angoli di un palazzo, costruendo una sorta di virtua-le planetario i cui con$ni e misure sono speculari e proporzionatia quelli della volta celeste. Si voglia, ad esempio, riprodurre la sfe-ra al cui centro è posta la Terra: un edi$cio di due piani d’altezzaservirà a rappresentare e descrivere l’intero globo ed il primo ed ilsecondo piano saranno presi per ricavarvi, rispettivamente, l’emi-sfero inferiore e quello superiore. Entro ognuno dei piani verran-no poi individuate quattro grosse sale disposte su pianta quadrata,come se fossero i quarti ed i quadranti dell’intero piano. A questopunto il procedimento diventa semplice: mentre la linea tracciatadalle mura esterne non è altro che una proiezione «in scala» diquella equatoriale, le pareti che dividono una stanza dall’altra sa-ranno gli assi ortogonali e meridiani (est-ovest, sud-nord) che sol-cano e dividono in quattro ogni emisfero, mentre l’angolo in cui siincrociano (che è poi quello in cui tutte e quattro le stanze si toc-cano) viene a coincidere con il centro del nostro «orizzonte». Inquesto modo saranno de$niti anche tutti i punti principali, indivi-duati nei rispettivi angoli di ogni stanza: quello situato nell’angoloalto della parte rivolta al centro del piano è, nel piano superioredell’edi$cio, il Polo Nord e, in quello inferiore, il Polo Sud; i dueestremi della diagonale che unisce gli angoli che corrispondono

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alla metà delle pareti esterne (dove, per intenderci, si toccano duestanze), rappresentano, a seconda dei quadranti, due dei punticardinali (secondo le coppie nord ed est, nord ed ovest, sud ed est,sud ed ovest); in$ne l’ultimo angolo rimasto – quello più esterno –coincide con la combinazione mediana di due punti cardinali, ov-vero il nord-est, il nord-ovest, il sud-est e il sud-ovest. Volendo, co-me lo stesso Bruno suggerisce, si potrà suddividere ulteriormenteciascuna stanza tracciando una diagonale che va proprio da que-st’ultimo angolo a quello centrale, ricavando in questo modo deisettori triangolari che mettono a disposizione ventiquattro angoliper piano (sei per ogni stanza), ovvero quarantotto luoghi indivi-duali per l’intero edi$cio, giusto il numero suf$ciente ad accoglie-re tutte le immagini delle costellazioni antiche. In questo modoun edi$cio qualsiasi è stato trasformato, grazie ad un particolareprincipio di organizzazione, in un casellario che riproduce gli spa-zi e le coordinate celesti, utile per collocarvi sia le immagini atti-nenti ai corpi celesti, sia qualsiasi altro tipo di informazioni si vo-glia ricondurre a questo sistema: un apparente passo indietro, sevogliamo, rispetto all’in$nita plasmabilità del caos fantastico pro-spettata da Bruno nel primo sigillo; eppure pur sempre un’ef$ca-ce prima mossa in direzione di quella regolata complessità com-positiva che queste nuove tecniche insegnano gradualmente – co-me abbiamo visto proprio attraverso i sigilli della presentazione – aportare alla massima espressione. Ciò che si evince pertanto daquesto sigillo, quale principio più generale e teorico dell’arte del-la memoria, è una regola fondamentale: nel comporre e prepara-re i luoghi per un determinato insieme di informazioni, bisognaafferrare immediatamente, come prima operazione, la «formula»che ne sta alla base (sia essa scansione libri/capitoli/paragra$ diun testo, tassonomia di una disciplina o mappa del cielo) e tra-sformarla in una struttura spaziale entro cui in un secondo mo-mento – associando forme individuali a sostrati individuali, gene-rali a generali e generalissime a generalissimi, come si teorizzavanel precedente sigillo – si inseriranno tutte le immagini di quantovogliamo memorizzare, assecondando l’ordine e la struttura del-l’insieme.

56, 2 - 57, 22 Cathenae ... datur] La spiegazione del sigillo della ca-tena (che è anche presente come quinto sigillo della sezione $na-le di De imag. comp., 225-226) è abbastanza succinta e rimanda ingran parte alle già citate pagine della intentio tredicesima del Deumbris idearum, di cui riporta per intero anche il componimentopoetico, che si rivela un modo ef$cace per esprimere il senso piùimmediato di questo espediente mnemonico. Ciò che dunqueBruno, in queste pagine, si limita ad aggiungere a quanto già espo-sto è soprattutto la spiegazione dell’utilizzo di questo particolareschema di organizzazione per l’invenzione dialettica, attività che

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richiede un uso delle immagini e dei luoghi differente rispetto aquella propriamente mnemonica. Abbiamo già dato conto, nelcommentare le brevi righe che introducono la seconda parte del-l’Explicatio triginta sigillorum, di come questa esplicita distinzione traaspetti inventivi e funzione mnemonica sia un motivo che ritornacostante in tutta la spiegazione dei sigilli: la troviamo qui espostaper la prima volta, duplicando il senso del terzo sigillo in due diver-se accezioni. Vi è una «catena» rinvenibile nella disposizione dellecose e dei concetti che facilita la comprensione, l’organizzazione el’argomentazione, e ve n’è un’altra invece che, imposta ad un grup-po di termini o dati, ne migliora la memorizzazione e il ricordo.La catena destinata allo iudicium (il cui signi$cato, nella tradizionedomenicana, è sinonimo di dispositio, cfr. W.J. Ong., Ramus, Meth -od, and the Decay of Dialogue, p. 351: «St. Thomas Aquinas seems or-dinarly not to use the term iudicium in the way “judgment” [...] butrather as referring somehow to the veri$cation of a demonstrativeprocess. In this sense, iudicium complements inventio») è intesa daBruno come modello schematico per l’attività speculativa: se si vo-gliono valutare alcuni concetti o, in generale, analizzare le relazio-ni e le connessioni che tengono insieme e legano un particolaregruppo di dati, allora è utile osservare la progressione e la gradua-lità con cui dall’uno si passa all’altro, come tale passaggio sia me-diato da elementi af$ni e concettualmente contigui, i quali per-mettono associazioni ed inferenze tra i vari «anelli» della catenaargomentativa. Nel far ciò, lo abbiamo più volte sottolineato, sonodi grande aiuto l’imitazione e l’osservazione dei processi naturali,delle connessioni che legano il tutto in una prospettiva unitaria esistematica, cosa che, dietro l’apparente richiamo a temi del neo-platonismo rinascimentale, nasconde la più fertile e dinamica vi-sione della «nolana $loso$a». La natura stessa, infatti, si dà con-catenata e interconnessa negli elementi che la costituiscono, comeuna sorta di «catena aurea [...] tesa dal cielo $no alla terra» (Deumbris, 34, 5-6) che unisce ed uni$ca in un solo corpo-sistema tut-to il mondo.Lo stesso principio vale poi anche per le informazioni già acquisi-te e che invece si ha bisogno di memorizzare: trovare il modo dicollegarle tra loro per mezzo di associazioni logiche o simbolichene permette un ricordo più ef$cace, soprattutto nel conservarne laserie e la sequenza. Il tutto deve in$ne essere tradotto sul piano vi-sivo – cosa che fa convergere, di fatto, la duplice distinzione iudi-cium/memoria in un’unica modalità operativa –, invitando il letto-re a realizzare vere e proprie concatenazioni di immagini mnemo-niche, la cui connessione è garantita dalla sistematica interazionedi ciascuna $gura con quella attigua. L’esempio della poesia è, inquesto senso, immediato e lampante: dodici termini/concetti,quali possono essere i segni dello zodiaco, vengono trasformati inuna sequenza di dodici scene, in cui ogni $gura agisce rispetto a

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quella che la segue: l’Ariete furioso colpisce il Toro e il Toro si ven-dica aggredendo i Gemelli, che colpiti $niscono in mare addossoal Cancro e così via, andando a creare un’unica e continua visioneche lega azione ad azione, immagine ad immagine. Ciò, in pratica,può funzionare con qualsiasi serie di termini o concetti, indipen-dentemente dal fatto che possiedano o no, tra loro, un af$nità te-matica o logica. Con un minimo di pazienza e di creatività, sullabase del numero e delle caratteristiche, è possibile costruire tantescene diverse per collegare ogni $gura con quella successiva.

58, 2-14 Arbor ... subministret] Dopo una presentazione piuttostosemplice e schematica, Bruno sceglie, nella sezione esplicativa, dimostrare alcune delle possibili applicazioni di questo sigillo su trediversi piani operativi: quello inventivo (inventio), quello organiz-zativo (iudicium) e quello mnemotecnico in senso stretto. Nel pri-mo caso «l’albero» non è altro che la metafora di un sistema topi-co, cioè un modello ed una griglia di riferimento per organizzarela stesura di discorsi o argomentazioni e che si rifà all’albero comeparadigma organizzativo dotato di una particolare gerarchia «sim-bolica» scandita da radici, tronco, rami, ecc. (per una de$nizionedella topica, cfr. M.P. Ellero, Introduzione alla retorica, p. 62: «È unsistema di categorie concettuali ed astratte attraverso il quale èpossibile scomporre la materia del discorso in nuclei argomentati-vi distinti»). Nel secondo caso «l’albero» è piuttosto una prescri-zione che invita chi vuole analizzare un determinato insieme di in-formazioni a cercare in esse una intrinseca struttura di connessio-ni e gerarchie, per poterne avere una visione uni$cata; ma anche adisporre di coordinate per muoversi ed orientarsi entro tutte lespeci$che partizioni: una topica anch’essa quindi, ma da far scatu-rire dai dati stessi – non da imporre loro – come una sorta di ma-trice interna della loro organizzazione. In$ne «l’albero», dal pun-to di vista mnemotecnico, è la presentazione del principio orga-nizzativo «ad albero» da applicare non più ai contenuti, ma diret-tamente ai loro segni, ovvero alle immagini ed ai luoghi, e sicon$gura quindi come una regola che prescrive particolari gerar-chie e connessioni per le architetture interiori. In tutte e tre le ver-sioni occorre comunque visualizzare insiemi di $gure organizzatecome alberi e, in quanto tale, il sigillo si presenta e «funziona»sempre allo stesso modo: sia che si dispongano o si interpretinodei contenuti leggendo o visualizzando queste informazioni nella$gura di un albero, sia che si prendano delle immagini e si siste-mino in uno scenario che si ispira a tale forma, in tutti i casi il ri-sultato $nale sarà una visione uni$cata ed organizzata secondo ilmedesimo modello, ovvero quello di una speci$ca struttura gerar-chica di sequenze e catene di dati.Nella prima di queste modalità, cioè quella inventiva, l’albero rap-presenta – in base al suo aspetto – l’ispirazione e la metafora per

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uno schema di organizzazione. È quindi un sistema di luoghi reto-rici, nel quale le radici indicano i princìpi e i fondamenti del sog-getto da discutere, il tronco sta per l’essenza ed il fulcro di esso, irami le sue derivazioni, le foglie gli elementi circostanziali, i fruttigli esiti e gli effetti e così via. Seguendo questa traccia, pertanto, sideve costruire il ragionamento per mezzo di una scansione ordi-nata che parte dagli elementi iniziali e fondanti e giunge ad altriparticolari e subordinati, attraverso «catene», ovvero grazie al sus-seguirsi lineare di elementi speci$ci ad ogni grado della nostra ri-flessione. Visivamente, questo primo modo di applicare il quartosigillo invita il lettore a «guardare» alle parti di un ragionamentoo di un discorso (già dato o da comporre) come se fossero in ef-fetti distribuite su un albero, rendendo quindi questa immagineun sistema anche di luoghi mnemonici, oltre che – in prima istan-za – retorici. Ed è proprio il ricorso alle immagini fantastiche chefa sì che questo percorso dialettico possa essere utilizzato ancheper la disposizione degli argomenti o dei concetti già acquisiti eper organizzare le immagini ed i luoghi della memoria. Nulla vie-ta, infatti, di agire seguendo questo modello, sia per la generazio-ne delle informazioni e la sistemazione di altre già in nostro pos-sesso, sia per costruire gli scenari che ospiteranno le une e le altre,visto che – nell’arte di Bruno – il rapporto tra contenuto e sua rap-presentazione visiva è strettamente interdipendente. Conviene qui sottolineare, in secondo luogo, l’ennesimo richiamoalla fonte lulliana (l’Arbor scientiae), evocativa, in questo caso, di unatteggiamento «enciclopedico» fondato su uno speci$co modellogerarchico. Lo schema dell’albero – le cui radici sono i fondamen-ti, il tronco l’essenza, i rami le derivazioni, le foglie gli accidenti edi frutti gli effetti – viene applicato da Lullo a tutti i gradi e i campidell’essere – dai vizi e dalle virtù, $no a Dio, attraverso la natura,l’uomo, i pianeti e gli angeli – classi$cando così tutti i fenomeni etutti gli enti inferiori e superiori dell’universo cristiano. L’immagi-ne dell’albero è anche paradigma, quindi, di questa sistematica vo-lontà ordinatrice che, come si è compreso $n dall’inizio, è uno de-gli aspetti più caratteristici dell’arte della memoria di Bruno.

59, 1 - 60, 9 Analytice ... absumatur] Il secondo grado di applica-zione di questo espediente – riferito al «giudizio» – accompagnaancora di più il lettore nella dimensione dell’organizzazione dia-lettica, tipica di molti sigilli di Bruno: l’albero, che era emblema diuna particolare e puntuale scansione retorica, diviene adesso unmodello da applicare ad un insieme di dati per organizzarli e di-sporli secondo precise coordinate logiche. Non più quindi l’im-magine di un albero da seguire come schema, ma ragionamenti eargomentazioni resi essi stessi alberi, che fanno propria questaparticolare struttura e disposizione, trasformati in un’unica e vivaimmagine interiore, simbolo unitario dei loro vari e parziali aspet-

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ti. L’esempio proposto da Bruno, in questo senso, può aiutare achiarire l’ulteriore variazione sul tema. Un argomento – comequello espresso dalla proposizione «se la materia sia in atto» – di-viene il soggetto tematico secondo cui costruire l’immagine di unalbero che porta impressi, nell’aspetto e nella con$gurazione, tut-te le caratteristiche e i concetti relativi ad esso. Si consideri quindi,come primo passo, l’origine di tale questione, che potrebbe consi-stere in una serie di interpretazioni, valori consolidati ed auctorita-tes ereditate dal passato e da altri autori; tutti questi devono essererappresentati come le radici dell’albero. Fatto ciò, occorre esami-nare il corpo del ragionamento, fondato su due elementi, ovvero ilsoggetto («la materia») e il predicato («l’attualità») della propo-sizione oggetto della disanima, che devono essere conveniente-mente uniti e, secondo tale unità, adeguatamente rappresentati.Per far ciò si può immaginare il tronco diviso in due rami princi-pali, rispettivamente segni delle due nozioni, mentre vediamo, ra-mi$cati sopra di essi, tutti i vari e possibili termini medi utili edef$caci per congiungerli. In questo caso, ad avere forza persuasivanon sono – riflesso della dialettica cinquecentesca – l’analisi e lavalutazione del singolo termine, ma la disposizione e la messa inrelazione dei concetti principali e, soprattutto, l’abbondanza, lavarietà e la ricchezza degli argomenti che fanno da ponte tra ilsoggetto e il predicato: quelli che risulteranno più idonei e più im-mediati verranno pertanto visualizzati come i frutti prodotti daogni ramo-termine medio e, di conseguenza, dall’intero albero-soggetto. In$ne si dovranno aggiungere tutte le opinioni e i giudi-zi che si riferiscono a tale tema; quale idea migliore se non rap-presentare tutto ciò come una folta compagine di bestie varie che,con differenti aspetti e modi, assiepano i dintorni dell’albero edanno sfogo, in maniera vistosa, ai loro contrastanti atteggiamen-ti. Alcuni, favorevoli, riposano ef$giati come volatili sui rami degliargomenti da loro proposti o approvati; altri, contrari, grugnisco-no il loro disappunto alle radici (le fonti che essi criticano) o nedivorano i singoli frutti (gli argomenti che disapprovano); altre$gure di bestie sono in$ne impegnate a scontrarsi tra loro e rap-presentano le aspre diatribe in corso tra le varie scuole di pensie-ro. Una complessa e suggestiva costruzione scenica riesce dunquea dare corpo all’immagine di un concetto chiave del pensiero $lo-so$co – assai importante anche per Bruno –, raf$gurandolo assie-me a tutte le implicazioni teoriche e storico-critiche che ne deriva-no. Essa conferisce a questo variegato insieme una struttura unita-ria e un aspetto visivo-fantastico che colpisce con forza la fantasiae, soprattutto, dà origine ad una dinamica rappresentazione cheinteragisce con il suo stesso creatore ed unisce l’ef$cacia memora-tiva dell’insieme con la capacità inventiva degli argomenti e l’ordi-nata disposizione delle sue parti.Vale la pena, in$ne, osservare come la citazione evangelica dell’al-

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bero buono che è riconosciuto dai buoni frutti (cfr. Mt, 7, 16-20 e12, 33; Lc, 6, 43-45) serva qui a Bruno per sottolineare il suo alline-arsi con le nuove teorie sul metodo, antiaristoteliche ed antiacca-demiche, che ri$utano la logica terministica della tarda Scolastica,in favore di una logica tutta centrata sull’organizzazione dei con-cetti, che postula la verità come il risultato del «calcolo» di mediatie regolari passaggi logici, garantiti dalla corretta disposizione deimembri e delle parti del ragionamento, considerato dunque talenel suo insieme e nel suo procedere e non per la sola conclusione(cfr. C. Vasoli, La dialettica e la retorica dell’Umanesimo, pp. 121 sgg.;W.J. Ong, Ramus, Method, and the Decay of Dialogue, pp. 92 sgg.; E.J.Ashworth, Propositional logic in the sixteenth and early seventeenth centu-ries). Questi nuovi modelli dialettici danno molta importanza allavisualità e alla rappresentazione simbolica dei processi di pensiero– espressi sul piano gra$co nelle «ruote» di Lullo, negli schemi di«luoghi» retorici o negli «alberi» di Ramo – e trovano in Brunonuovi motivi per esaltarne proprio gli aspetti visivi, rispetto a quellimeramente concettuali. Ciò comporta anche che la bontà edef$cacia del discorso e del pensiero siano necessariamente legatealla sua forza persuasiva, all’impronta e suggestione comunicativa ealla sua potenza chiari$catrice, che si «vedono», cioè sono coltenell’immediatezza di una struttura d’insieme, nell’organizzazionestessa dei termini e degli argomenti e nella potenza della loroespressione, sia essa gra$ca o semplicemente verbale. Ciò eleva glistrumenti dialettici della «nolana $loso$a» al livello di una più am-pia riflessione sul sapere e sul ruolo del sapiente che riesce ad ave-re valore pratico e sociale – in altre fasi esplicitamente civile –, pro-prio perché fondato su una profonda consapevolezza dei fonda-menti teorici del mondo (cfr. la lunga digressione di Causa, pp.243-46, sul valore relativo e culturale delle $loso$e che si concludecon la risoluzione che «ogni fundamento è buono, se viene appro-vato per l’edi$cio; ogni seme è convenevole, se gli arbori e frutti so-no desiderabili»). In altre parole, i «buoni frutti» che testimonia-no la bontà della pianta (cioè di un’argomentazione) altro non so-no che i termini medi ef$caci a condurre a conclusione un argo-mento; essi, come si è detto, sono funzione ed esito di uno schemae di un percorso ben strutturati: da buone radici – cioè fondamen-ti e premesse –, da un solido tronco, ovvero distinti assunti, e dauna folta chioma di rami e foglie (che alludono alla ricchezza deipossibili medi) si possono cogliere i frutti migliori. Solo questi, alla$ne, costituiscono il successo del ragionamento, danno linearità ecoerenza all’intero processo, e garantiscono al contempo la validitàdi tutti i presupposti. In$ne, da un’altra e differente prospettiva,che affonda però le proprie radici nel cuore del pensiero e del-l’esperienza $loso$ca di Bruno, è possibile leggere questo richia-mo alla bontà dei «frutti» come una critica alle posizioni dei rifor-mati contro il valore delle opere. In questo senso l’attacco è rivolto

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soprattutto ai fautori del metodo di Pietro Ramo, con i quali Brunoebbe modo più volte di confrontarsi: gli ugonotti affrontati in Fran-cia; i puritani con cui si scontrò ad Oxford e poi nuovamente in-contrati a Londra, nei circoli intellettuali della corte inglese; i calvi-nisti cui tentò di avvicinarsi, nei primi anni dell’esilio, in Svizzera eche ancora gli furono ostili in Germania, in varie sedi e città. Quel-la del Nolano è però una voce alternativa e critica anche rispetto al-la dialettica e non solo all’etica dei protestanti, perché nella sua vi-sione metodo e praxis, consapevolezza teorica e pratica sociale sonostrettamente vincolate: la «pedanteria» dei protestanti è anch’essafrutto di quella cultura «verbale» nata con il ciclo ebraico-cristianoe, pur ridisegnando ideologicamente i con$ni e le coordinate ditutte le discipline, non ottiene di rifondare le basi del sapere stesso,che sono, invece, di natura $loso$ca. La $loso$a nolana, letta anche attraverso la sua «arte delle arti» ,riesce quindi a stagliarsi, con una voce originale, tra questi duegrandi e improduttivi contendenti: la Scolastica degli aristotelicicattolici ed accademici, che trascina con sé un mondo di valori enozioni ormai vuote, fondate su autorità stantie e prive di ogni for-za conoscitiva; la Riforma, che intende introdurre nuovi saperi,ma in realtà offre strumenti di lettura del reale altrettanto inef$ca-ci, perché incapaci di rinnovare la visione del mondo e dell’uomoattraverso nuovi presupposti $loso$ci e meta$sici.

61, 1-8 Arbor ... possunt] In chiusura della spiegazione del quartosigillo, viene in$ne presentato l’utilizzo dell’albero da un punto divista strettamente mnemotecnico, ovvero come schema per orga-nizzare la disposizione di luoghi ed immagini. Nell’albero dell’in-venzione – essendo esso emblema di una gerarchia strutturata erami$cata secondo una precisa scansione (fondamenti, essenza,derivazioni, esiti ed accidenti) – è contenuto un più generale pa-radigma di ordini e di subordinazioni che può essere individuatoin ogni gruppo di informazioni, tanto da trasformare un qualsiasiinsieme di dati riferibili ad una determinata argomentazionenell’altrettanto composita scena che rappresenta «l’albero» diquello speci$co tema (albero dello iudicium). Sebbene visivamen-te il risultato $nale sia analogo, ciò implica un differente atteggia-mento metodologico: interpretare e leggere determinate informa-zioni secondo uno schema speci$co, rinvenirlo in esse e farne lastruttura portante di quell’insieme, è, infatti, molto più complessoche imporre una particolare disposizione agli elementi di un in-sieme. Il passo ulteriore, di carattere ancora più generale, consistedunque nel trasformare quello speciale modello organizzativo inuna «formula» valida per qualsiasi oggetto mnemonico, da utiliz-zare cioè, all’interno degli scenari della fantasia, anche, e diretta-mente, con le immagini delle informazioni già acquisite e già ela-borate. Nell’immagine dell’albero, pertanto, viene scorta da Bru-

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no la molteplice interazione di più catene, secondo una scansionedi tipo gerarchico che rimanda da un primo livello principale didati o di luoghi disposti in serie e connessi tra loro, ad ulteriori se-quenze subordinate a ciascun «anello» della prima serie; a lorovolta, le singole parti di queste possono vedere scaturire sotto diesse gruppi ancora più speci$ci e particolari. Un esempio praticodi questa modalità applicata ad una speci$ca struttura di luoghi: siprendano alcune ampie stanze disposte l’una di seguito all’altra ecollegate attraverso due grandi aperture, poste alla $ne e all’iniziodi ogni sala. In ogni stanza vi saranno, inoltre, due porte su ciascu-no dei lati non contigui, dalle quali si faranno partire delle galleriedi stanze più piccole, dotate di quattro o cinque luoghi individualie concatenate, anch’esse, l’una con l’altra. In questo modo è for-mata un’architettura ad «albero» disposta su tre livelli, costituitada una catena principale (la serie dei saloni), quattro catene se-condarie per ciascun anello della prima, ed altre ed ulteriori cate-ne più speci$che per ogni anello del secondo livello; ovvero dallevarie sequenze di luoghi individuali rinvenibili all’interno di cia-scuna delle stanze più piccole. In conclusione, quindi, lo schemadell’albero e il tipo di disposizione che tale espediente implica,consistono nella moltiplicazione di più catene entro insiemi su-bordinati tra loro, dando così l’idea di una struttura rami$catacomposta da elementi «orizzontali» , appartenenti cioè allo stessogrado gerarchico, e «verticali» , ovvero distribuiti su livelli diversi.

62, 2-22 Sylva ... locus est] Come si è sottolineato nella presenta-zione, il sigillo della selva non è altro che l’ampli$cazione dellepotenzialità compositive dell’albero, moltiplicando di fatto glischemi e le $gure che si richiamano al quarto sigillo su più piani eper mezzo di $gure molteplici ripetute secondo il medesimo mo-dello. Per chiarire meglio come ciò sia possibile, Bruno forniscenel testo due tra le possibili applicazioni della selva: la prima è na-scosta dietro uno schema di versi che ricorda la tecnica dei « luo-ghi verbali» (cui è dedicato il ventesimo sigillo: « la sillaba e la let-tera», cfr. supra, 27-29, 87-90) e prende le mosse da un verso di Vir-gilio (il primo della prima ecloga delle Bucoliche) alle cui parolevengono «allacciati» ulteriori versi, ribadendo, in un’altra veste, laforza dell’elemento connettivo che caratterizza in maniera pecu-liare questi ultimi espedienti. La seconda applicazione proponeinvece un esempio concreto per organizzare più «alberi» intornoad un medesimo soggetto (invece che un solo albero per un unicoargomento). Nel primo caso il principio di associazione della cate-na (un elemento di una serie rimanda a quello immediatamentesuccessivo) e quello dell’albero (più catene entro una gerarchia digradi) sono riproposti sotto forma di questa specie di «acrostico»,in cui ciascuna parola del verso è la prima di ulteriori sequenze.Lo schema è simile a quello che chiude la presentazione del pre-

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cedente sigillo; tuttavia Bruno dichiara che in esso è possibile in-travedere una particolare funzionalità della selva, poiché tramiteuna serie di sette parole si può ricordare l’incipit di altrettante poe-sie: da un nucleo centrale ci si collega e si accede dunque ad altrigruppi «periferici» , come è appunto indicato nella successiva edulteriore applicazione, in riferimento ad un utilizzo esplicitamen-te retorico. Tramite questo esempio si vuole mostrare che la strut-tura speci$ca del sigillo della selva è simile ad una sorta di «ragna-tela» fatta di nuclei semantici principali che dal centro si dirama-no e si moltiplicano verso la periferia; e questo costituisce, precisa-mente, un ulteriore ed ennesimo modo per organizzare e collega-re tra loro gruppi di informazioni. Da un punto di vista mnemo-tecnico, infatti, si possono distribuire le immagini da memorizzaresu uno scenario costituito da uno spazio di tipo comune centrale ecollegato ad altri di genere simile in cui però vengono disposte leimmagini subordinate a quanto simboleggiato nel centro dellastruttura: in questo modo si rappresentano livelli differenti permezzo di luoghi simili, perché gli eventuali gradi subordinati al li-vello principale sono espressi non dalle diverse forme architettoni-che incluse reciprocamente (edi$cio/stanza/angolo), ma per mez-zo della disposizione «periferica» e collaterale degli stessi spazi.Ciò permette di distribuire il materiale mnemonico su molti livel-li, senza dover ricorrere necessariamente a luoghi di ampiezza e«genericità» maggiore; tuttavia, grazie alla particolare organizza-zione degli spazi, non viene meno, sul piano visivo, quella corri-spondenza tra la struttura logica delle informazioni e la disposizio-ne spaziale dei segni mnemonici che è il fulcro del sistema di Bru-no. Lo stesso principio può essere quindi applicato anche all’in-venzione e alla disposizione argomentativa: invece di un solo albe-ro nel quale sono rappresentate le parti e la scansione di un argo-mento, adesso è possibile visualizzare più alberi intorno ad unoprincipale ed esprimere, in questo modo, il convergere di più edaf$ni riflessioni intorno ad un medesimo soggetto. In questo casol’immagine e lo schema che sta dietro all’albero non solo sarannoriferiti all’argomento principale, ma verranno ripetuti anche pertutte le sue speci$che partizioni, che avranno ognuna il proprio«albero» entro la «selva» più generale che le accoglie e le disponetutte. Applicazioni e spunti del genere, come ci conferma lo stessoautore, sono il risultato della reiterazione e combinazione dei me-desimi schemi, composti tra loro in vari e differenti modi ed adat-tati ai più diversi materiali (immagini di concetti, architetture visi-ve, ecc.): se si segue il criterio della creatività e dell’invenzionepersonale, ognuno può sperimentare ulteriori modi di utilizzarequesti espedienti e, come si è più volte visto, ciò è quanto è richie-sto espressamente a chi intende praticare l’arte di Bruno.

63, 2-19 Per schalam ... necessum est] Il sesto sigillo, intitolato «sca-

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la», non si limita ad insegnare a costruire strutture gerarchiche diconcetti, immagini e luoghi, ma soprattutto indica al lettore comepercorrerle e organizzare per mezzo di esse la visualizzazione deglispazi mnemonici. Questo sigillo è del resto $glio di quelle tecni-che approfondite e divulgate da Bruno nei suoi scritti sull’arte diLullo, in cui l’arte combinatoria è portata ai suoi esiti estremi perquanto riguarda proprio l’associazione, la generazione e la produ-zione di proposizioni ed argomenti, in un’enfasi creativa di cui ilNolano stesso è pienamente consapevole. Nell’esaminare infatti lepossibili applicazioni della «terza $gura» – cui questo espedientesi ispira anche gra$camente – l’autore del De compendiosa architec-tura et complemento artis Lullii non può fare a meno di sottolineareche «hunc locum supra [cioè i possibili utilizzi della terza $gura]quam necesse sit monstrasse volui, ut sciatis artem Lullii plus ferremomenti, quam Lullius ipse fortasse viderit; iactum quippe funda-mentum excellentissime maius aedi$cium recipit, quam ipse stru-xerit» (De comp. arch., p. 23). È la potenzialità esplicativa di questomodo di gestire e combinare concetti, termini e proposizioni –piuttosto che la cornice confessionale cui esso fa riferimento – chespinge Bruno a costruire un’arte la cui portata è ben più ampia eambiziosa di quella di Lullo: un insieme di tecniche uni$cate dal-l’uso delle immagini mnemoniche e applicate sul comune terrenodella fantasia e dell’immaginazione creativa. Un sistema che, chia-mando in causa arte della memoria, arte combinatoria, retorica,logica e dialettica – oltre a fornire uno stabile e sicuro depositomnemonico dalla natura, dalla portata quasi enciclopedica –, per-mette di costruire sillogismi e argomentazioni; dispone l’analisi ditemi e problemi; organizza il ragionamento.Da un punto di vista più pratico il sigillo rivela che, in questa fasedell’esposizione – ordinata e progressiva – dei Trenta sigilli, le «ca-tene», $n qui presentate come serie e sequenze di termini, concet-ti, immagini o luoghi caratterizzate da linearità e continuità, posso-no essere assunte come modi di una connettività che è indifferente-mente «orizzontale» o gerarchica, perché effetto ed esito di un tes-suto di relazioni che si estende ed occupa tutto lo spazio dell’esseree dell’esperienza umana. Ugualmente anche l’elemento gerarchi-co, che con l’albero e la selva era stato posto a scandire i diversi li-velli e che ora è reso prioritario proprio nella $gura della scala, rive-la che il breve percorso tematico intrapreso negli ultimi sigilli giun-ge ad una sua conclusione proprio in queste pagine, dove si ritrovauna versione della gerarchia che non differisce molto da quella pre-sentata nella spiegazione della stessa catena (cfr. supra, 56-57), ovve-ro quella «catena aurea» che lega e connette tutti gli esseri del-l’universo. Il tema di fondo comune a tutti questi ultimi espedientiè dunque la connessione e la relazione che, in maniera dinamica evariabile, deve essere l’elemento dominante di tutta l’attività mne-monica. La spiegazione della scala si limita pertanto a rimarcare so-

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prattutto il modo corretto di intendere le gerarchie alla luce di que-sta prospettiva: se nel quarto sigillo, infatti, ad essere mostrato eral’elemento connettivo nella sua forma più generica, quello che in-vece adesso Bruno intende sottolineare è il fondamento di questo ti-po di legami, che non si esaurisce nella semplice relazione di «con-tatto» (il punto più basso di un anello che «tocca» quello più altodell’anello successivo), ma poggia sul fatto che gli elementi superio-ri «includono» quelli inferiori (anche nella intentio XIV, in De um-bris, 36, che segue immediatamente quella della «catena», si spe-ci$ca che quest’ultima «non è composta di anelli simili», ma strut-turata secondo una progressione graduale dalla luce, ovvero dall’es-senza unitaria, all’oscurità, cioè alla molteplicità dei fenomeni). Ilfulcro e il fondamento di ogni relazione associativa e di comunica-zione tra le cose sono dunque l’inclusione e la subordinazione checaratterizzano sia i rapporti logici, sia quelli $sico-ontologici: nellaprospettiva dell’universo in$nito e vitale, infatti, la sostanza del pri-mo ente – la natura universale, forma e materia di ogni cosa – è an-che la sostanza di tutti gli enti che vivono in essa; mentre i più gran-di (i mondi «innumerabili») includono progressivamente i più pic-coli, $no ad arrivare ai corpi semplici, agli elementi ed, in$ne, agliatomi: quei corpi «minimi» che sono il fondamento $sico ed omo-geneo della materialità (cfr. In$nito, pp. 388-89: «Perché dico unoessere il continente e comprensor di tutti corpi e machine grandi,che veggiamo come disseminate e sparse in questo amplissimo cam-po: ove ciascuno di cotai corpi, astri, mondi eterni lumi è compostodi ciò che si chiama terra-acqua-aria-fuoco»). Entro questo partico-lare modo di intendere la gerarchia, che uni$ca e non separa i gra-di dell’essere, universale e particolare, in$nito e $nito si toccano,coincidono e convivono nella totalità unitaria del tutto che, in pro-porzione e connessione, comprende e dispone sotto di sé ogni cosa.La dignità ontologica degli enti consiste pertanto nella loro univer-salità estensiva e produttiva, dato che ciò che è più grande – cioèammette maggiore complessità – è più «alto», non in virtù di un’es-senza superiore, ma perché maggiormente si approssima all’in$nitaestensione e molteplicità vicissitudinale dell’universo (cfr. In$nito,p. 389: «Se dumque altrimente la terra et altri mondi sono animaliche questi comunmente stimati, son certo animali con maggior epiù eccellente raggione»). Il sapere deve svilupparsi entro questoorizzonte di legami e rimandi, lungo una scala che è a metà tra me-todo e $loso$a: gli enti stanno, vivono, sentono, immaginano, pen-sano razionalmente, astraggono intellettualmente e contemplanonella maniera più astratta, in una progressione che va dal più spe-ci$co ed individuale, al più generale ed ampio, giusti$cando anchetutte le associazioni e le inferenze logiche, compresa la struttura sil-logistica, la quale costituisce una scala perché lega soggetto e predi-cato in una relazione di inclusione per mezzo del graduale passag-gio attraverso i termini medi (una progressione simile si trova anche

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in Sig. sigill., 172-183, dove si tratta della derivazione e moltiplicazio-ne delle forme nella dimensione logica). In un’ottica teorica e pro-grammatica in cui l’ars deve necessariamente imitare e seguire lanatura – poiché su questa è fondata (cfr. De umbris, 86-94) – anche lascala della conoscenza su cui applicare speci$che tecniche retorico-dialettiche altro non può essere che il riflesso speculare di quellache, intrinsecamente, pervade tutta la realtà naturale.

63, 20-24 Memoria ... Lullianae] La versione propriamente mnemo-tecnica della scala, ovvero il suo utilizzo per organizzare la disposi-zione di luoghi ed immagini, è espressamente ripresa dalle paginedel nono capitolo della sectio secunda del già citato De compendiosa ar-chitectura, in cui si insegna a comprendere lo schema di fondo – enon solo a memorizzarlo (cfr. il titolo del nono capitolo: «De $gurainvenienda et retinenda», in De comp. arch., pp. 23-24) _ della terza$gura dell’arte di Lullo. Per far ciò Bruno ci fornisce tre differentiversioni della $gura, cui corrispondono altrettanti modi di combina-re tra loro i termini, ovvero in «orizzontale», in «verticale» e «tra-sversalmente»: modalità che sono considerate assai utili per amplia-re il raggio di predicabilità delle proposizioni generate per mezzo diquesto espediente combinatorio. Per comodità del lettore e per me-glio spiegarne la funzione, riportiamo qui di seguito i tre schemi:

1. «orizzontale»:

BC CD DE EF FG GH HI IK

BD CE DF EG FH GI HK

BE CF DG EH FI GK

BF CG DH EI IK

BG CH DI EK

BH CI DK

BI CK

BK

2. «verticale»:

BC BD BE BF BG BH BI BK

CD CE CF CG CH CI CK

DE DF DG DH DI DK

EF EG EH EI EK

FG FH FI FK

GH GI GK

HI HK

IK

commento 375

3. «trasversale»:

BK CK DK EK FK GK HK IK

BI CI DI EI FI GI HI

BH CH DH EH FH GH

BG CG DG EG FG

BF CF DF EF

BE CE DE

BD CD

BC

Se osserviamo attentamente le tre $gure notiamo, anzitutto, che visono le medesime coppie di lettere, seppur disposte in modi di-versi. Dal punto di vista delle combinazioni realizzate le tre «sca-le» sono dunque equivalenti, mentre invece si differenziano perl’ordine e la disposizione delle coppie: se infatti si leggono le $gu-re riga per riga, nella prima si hanno delle sequenze che vanno daBC a IK e poi da BD a HK, $no a BK; nella seconda si va da BC aBK, poi da CD a CK, $no a IK; nella terza, in$ne, da BK a IK, da BIa HI, $no a BC. Considerando la prima serie come quella «base»,perché coniuga in una serie a catena tutti i termini partendo dallecoppie di lettere «superiori» (B e C) $no alle ultime due (I e K),attraverso tutte le declinazioni di B (prima colonna), di C, D, ecc.,noteremo che la sequenza che va da BC a IK si trova nella prima ri-ga, effettivamente, in «orizzontale». Nella seconda $gura questastessa serie si trova, invece, in forma «verticale», disposta cioè nel-la prima colonna, mentre riga per riga abbiamo uno stesso sogget-to (prima lettera) coniugato con i diversi predicati (seconda lette-ra), partendo dal più alto (e mai inferiore al predicato che lo se-gue) $no al più basso. Nella terza, in$ne, la sequenza principale sitrova trasversalmente nell’ipotenusa del «triangolo», a partire dalbasso, mentre nelle righe si hanno, di volta in volta, soggetti diver-si associati al medesimo predicato, questa volta dal più basso aquello superiore. Il gioco combinatorio, quindi, letto riga per riga,si articola sulla diversa disposizione di soggetti e predicati: 1. sonotutti alternati e a scalare, 2. i soggetti sono «$ssi» e cambiano i pre-dicati, 3. cambiano i soggetti e restano invariati i predicati. Tra-sposto sul piano mnemotecnico, cioè applicato a luoghi e ad im-magini, in base alle diverse cose da memorizzare, come può essereutilizzato questo triplice schema| Leggendolo in maniera «astrat-ta», cioè come formula per la disposizione di luoghi ed immagini,si nota, innanzitutto, che vi sono due elementi combinati tra loro;questi potrebbero essere tradotti in due differenti livelli subordi-

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nati: ad esempio i capitoli e i paragra$ di un testo. Inoltre sonopossibili molteplici direzioni di lettura considerando, innanzitut-to, la sequenza delle coppie e poi la loro scansione riga per riga odi colonna in colonna: in tali ordini possiamo cogliere la disposi-zione dei luoghi individuali, i modi per organizzare le stanze entrocui disporre i primi, oppure semplicemente il combinarsi di $gureagenti e di azioni in scene sempre diverse. Stando così le cose, sipuò provare a trasformare i tre schemi in altrettante strutture sce-niche. Secondo il primo, ad esempio, si ha una stanza (colonna)per ogni capitolo (prima lettera) con, al suo interno, la distinzionedei vari e differenti paragra$ (seconda lettera): un tipo di organiz-zazione delle immagini che, come si è già visto, è piuttosto usuale.Nella seconda $gura, nella diversa scansione delle colonne, si puòscorgere invece un’altra disposizione dei luoghi: nella prima stan-za (prima colonna) vi è il paragrafo uno del primo capitolo (BC),il paragrafo due del secondo (CD), il tre del terzo (DE), ecc.; nel-la seconda il secondo del primo, il terzo del secondo e così via, sca-lando capitoli e paragra$, $no a giungere all’ultima colonna dovesi trova l’ultimo del primo. Una modalità di organizzazione davve-ro insolita per un testo; tuttavia, non del tutto inutile, perché vo-lendo recuperare in sequenza tutti i paragra$ di ciascun capitolobasta percorrere tutte le stanze riferendosi sempre alla medesimaposizione locale, visto che i capitoli sono sempre caratterizzati daun’univoca e precisa collocazione, mentre di volta in volta «scala»il valore del paragrafo (così, ad esempio, i paragra$ del capitolouno si trovano sempre nel primo angolo a sinistra di ogni stanza,quelli del capitolo due nel secondo a sinistra, ecc.). Uno schemache, forse, non è il più adatto per memorizzare l’andamento di untesto, ma che può comunque risultare utile per altri tipi di infor-mazioni: il casellario di immagini-sillabe e $gure-parole appronta-to col ventottesimo sigillo, «accampamento e tempio della Caba-la» (cfr. supra, 38-39, 102-103 e il relativo commento), ad esempio,avrà una struttura simile. Con la terza $gura, in$ne, lo schemacombinatorio può essere interpretato in una maniera ancora piùcomplessa: se leggiamo ciascuna riga come l’indicazione secondocui disporre le immagini ed i luoghi individuali nelle varie stanze,abbiamo che la prima lettera di ogni coppia (i capitoli) è semprediversa, mentre la seconda (i paragra$) resta invariata; ciò si-gni$ca che vi sarà una stanza per tutti i paragra$ uno dei vari capi-toli, poi una per tutti i paragra$ due, una per i tre e così via. Unadisposizione ancora meno immediata, ma che – in alcuni casi eper differenti tipologie di informazioni – può essere utilizzata conpro$tto: posto, ad esempio, che si voglia analizzare l’andamentodi una coltivazione agricola secondo i vari mesi di diversi anni, per-ché ad essi corrispondono differenti attività (riposo, semina, rac-colto, ecc.), sarà dunque importante, secondo il corso degli anni,ricordare cosa è successo in tutti i mesi di gennaio, di febbraio, di

commento 377

marzo e così via; in questo modo avremo una stanza per ognunodei mesi (secondo livello, $sso) ed in essa i luoghi per i vari anni(primo livello).

64, 2-17 Ex applicatione ... inventiones] Quanto affermato edespresso nella presentazione del settimo sigillo è, in queste pagine,ribadito e sottolineato con ancora maggior forza: non basta utiliz-zare i vari sigilli, ovvero gli espedienti mnemotecnici con essi sug-geriti, per organizzare secondo speci$che modalità il materialemnemonico, ma occorre comprenderne a fondo il funzionamen-to, cogliere i meccanismi che li animano per giungere alla loroformula, cioè ai princìpi tecnici e teorici su cui sono fondati. Nelcaso dei sigilli che vanno dalla catena alla scala vi è, come abbiamoappena visto, una sostanziale af$nità negli schemi che li costitui-scono, accomunati dal ricorso a modalità connettive e relazionigerarchiche: l’orizzontalità delle catene e la verticalità di alberi escale sono infatti una sorta di «assi cartesiani» entro cui avviene lastrutturazione delle informazioni mnemoniche e, a loro volta, so-no l’esito e il riflesso di un tessuto logico ed ontologico che sicon$gura strettamente intrecciato ed uni$cato, seppur eteroge-neo. Questi schemi, inoltre, possono essere composti ed applicatireciprocamente, contribuendo ad ampliare l’ef$cacia rappresen-tativa dei vari sigilli: più catene disposte in maniera gerarchicadanno vita ad un albero; più alberi connessi tra loro realizzanouna selva; la gerarchia portata e reiterata internamente nei vari ti-pi di concatenazioni trasforma alberi e selve in scale. Simili com-posizioni costituiscono solo alcune delle possibili varianti ottenutegrazie alla comprensione dei meccanismi essenziali dei sigilli: permezzo della libera e sistematica applicazione dei princìpi su cui sifondano gli uni e gli altri è dunque possibile adattare e con$gura-re tutto lo spazio visivo interiore a qualsiasi esigenza mnemonica,retorica o inventiva. Ciò è ribadito proprio dall’accostamento del-l’arte mnemonica – e dall’esposizione di questi primi e basilarischemi mnemotecnici – con la realtà naturale, costituita nella suain$nita e mutevole complessità dalla composizione di quattro ele-menti semplici, oppure dal suggestivo paragone con il linguaggio(anche l’arte di Bruno, per certi versi, aspira ad esserlo), le cui in-numerevoli parole derivano dalla composizione di un numero li-mitato di lettere e sillabe. Con tali esempi si cerca di ribadire pro-prio quell’atteggiamento «combinatorio» che più volte è statochiamato in causa da Bruno per esprimere la «dinamicità» e laforza esplicativa e creativa di queste tecniche: del resto anche l’ar-te di Lullo, basata sulla reiterata applicazione di schemi e processielementari, si pre$gge, nella versione bruniana, di raggiungereuna complessità e molteplicità di effetti che simuli e rispecchi l’an-damento multiforme e incessante del divenire naturale. Per que-sto motivo l’arte della memoria, nel tentativo di riprodurre l’azio-

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ne della natura, può saggiamente ed ef$cacemente ispirarsi al-l’esperienza – e con essa alla conoscenza – i cui atti si perfezionanoattraverso la pratica e la diversi$cazione dei modelli seguiti, nelconsapevole riferimento, tuttavia, ad una solida cornice teoricache al tempo stesso testimonia ed è garante del buon esito degli ef-fetti prodotti.

64, 18-27 Quid enim ... aiunt] L’invito a mescolare, a comporre traloro e ad inventare nuove strutture mnemotecniche, partendo da-gli schemi base dei primi sigilli, offre a Bruno la possibilità di sot-tolineare l’importanza di un atteggiamento operativo e pratico dicui può e deve bene$ciare la sua arte: seguire la creatività indivi-duale e sperimentare soluzioni personali, con lo scopo di adattarenel modo più ef$cace gli strumenti della memoria arti$ciale alleproprie esigenze. Tutti questi non sono solo pragmatici consigli diun buon maestro, ma dirette conseguenze di una rinnovata visio-ne del mondo, entro la quale l’attenzione per la praxis, cioè l’azio-ne, l’iniziativa e l’operatività, occupa un posto centrale, perché ri-flette l’altrettanto attivo dinamismo naturale che è il vero tessuto efondamento strutturale della realtà. L’importanza dell’azione spe-rimentatrice che caratterizza tante discipline dà poi modo a Brunodi polemizzare en passant con quanti praticano l’alchimia creden-dola una forma di sapienza, piuttosto che un’arte pratica: è dalla$loso$a che si producono le arti e non viceversa (al massimodall’ef$cacia di queste ultime si può trovare una conferma del va-lore delle teorie). Riecheggia qui il sarcasmo delle pagine di Can-delaio, I, 11, pp. 51-52, in cui il falso alchimista Cencio fa il reso-conto allo scettico Gioan Bernardo di tutta la lunga e dibattutaquestione sulla ricerca della materia prima, come espressione diun’autonomia ed ef$cacia $loso$ca propria dell’alchimia: Bruno,che non la condanna in quanto tecnica operativa (cfr. Causa, p.244), ne critica però la presunzione di voler teorizzare una visionedel cosmo e della realtà naturale muovendo da esiti pratici; cosache non solo contraddice i risultati stessi di tale attività (per cuispesso si giunge a quanto non è stato cercato, che però è miglio-re), ma provoca l’illusione di penetrare i più intimi segreti dellanatura, quando in realtà ci si limita ad agire su di essa solo ad un li-vello super$ciale. Le qualità e le forme secondo cui gli alchimistipraticano la loro arte, come anche le sostanze degli aristotelici,non sono altro infatti che accidenti (cfr. Causa, pp. 239 sgg.: «tut-te le forme sostanziali [...] consisteno non in altro, che in certacomplessione et ordine di accidenti») di una «materia», omoge-nea ed in$nita, che, permanendo al suo fondo inconoscibile, è almassimo intuibile, come una e composita, nei suoi effetti; di con-seguenza tutto ciò che si esplica sulla sua «super$cie» ne è pari-menti esito, senza che alcuna cosa superi le altre per «dignità» oeccellenza d’essere (cfr. il terzo dialogo di In$nito, pp. 375-402 e p.

commento 379

310: «E si manifesta apertamente che non è accidente che si trovaqua che non si presuppona là; come non è cosa che si vede di là daqua, la quale (se ben consideriamo) non si veda di qua da là. Econseguentemente che quel bell’ordine e scala di natura, è ungentil sogno, et una baia de vecchie ribambite»). Quella che pareuna digressione occasionale è dunque, per Bruno, il pretesto perribadire ulteriormente uno dei nodi centrali della sua visione $lo-so$ca: l’ordine, la gerarchia e la proporzione che si danno entrol’orizzonte naturale non de$niscono in maniera verticistica lastruttura del reale, ma sono solo la testimonianza dell’unità com-posita, mutevole ed eterogenea della totalità degli enti, che carat-terizza, a livello sostanziale, la natura in$nita.

65, 2-11 Aliquem ... praesentativum] L’espediente del coltivatoreè, come si è già visto, assai ef$cace nel rafforzare l’interazione traimmagine e luogo e nell’aggiungere ulteriori informazioni di ca-rattere contestuale. In quanto tale esso è già stato presentato daBruno sia nella sezione dedicata ai sostrati dell’Ars reminiscendi, sia,in precedenza, nell’Ars memoriae del De umbris idearum. In quest’ul-timo caso, nell’introdurre la distinzione tra sostrati inanimati e so-strati animati, si speci$ca che il secondo tipo consiste di spazi indi-viduali al cui interno si trovano $gure animate che, interagendocon l’immagine vera e propria per mezzo di molteplici e differen-ti azioni, servono a rafforzare il legame tra il contenuto ed il suocontesto, rendendo più perspicua sia la presenza dell’immagine,sia la visualizzazione del luogo in cui essa è collocata. In Ars rem.,20 – cui si fa esplicito riferimento nel testo della spiegazione – Bru-no invece de$nisce «sostrati con funzione attributiva» (subiectaadiectiva), quegli «elementi che si possono aggiungere nei suddet-ti luoghi mnemonici e che differiscono dai sostrati sostantivi – suiquali sono apposti –, perché questi rimangono sempre identici eimmobili, mentre quelli, sebbene debbano rimanere sempre den-tro i primi e di fatto restino lì, tuttavia possono essere mossi, alte-rati e utilizzati in modi sempre vari e diversi, come più conviene al-la natura delle forme e delle immagini che balzano in scena» (cfr.Cant. Circ., 84, 8-16). Nella sostanza si tratta di una versione similea quella del De umbris, presentata però in modo più compiuto e inuna maniera leggermente sempli$cata, perché esplicitamente ba-sata sulla passività di tali soggetti. Invece di essere animato, questotipo di $gure è piuttosto ed esclusivamente «animabile»: sono og-getti posti lungo il percorso dei luoghi che aiutano a ricordare leimmagini e le loro posizioni proprio grazie all’azione di queste ul-time rispetto ad essi, mai viceversa. In ogni caso se i sostrati dotatidi una funzione attributiva possono essere de$niti come una sortadi «anima del luogo» è perché essi vivi$cano la scena, esaltando lapresenza dell’immagine e mediando tra l’immagine-informazio-

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ne, che è «forma» e contenuto, ed il suo «contenitore» – cioè illuogo –, rimarcandone visivamente il vincolo contestuale.Il principio tecnico alla base del subiectum adiectivum è pertanto ri-preso anche in questo sigillo (e in parte nell’omonimo e nono si-gillo di De imag. comp., 236-237), ma presenta, in questo caso, unulteriore sviluppo, nel segno di una ancora maggiore ef$cacia nel-l’esprimere proprio il vincolo tra immagine e luogo. Una speci$ca$gura dalle fattezze umane è infatti posta nei luoghi per agire e re-lazionarsi con quanto viene lì collocato, aiutando le immagini adesprimere e rappresentare ciò di cui esse sono segno e i sostrati aconservare con più forza quanto accolgono entro il loro spazio.Con questo sigillo Bruno sancisce quindi l’irruzione nell’arte deisigilli dell’animazione visiva, non solo per quanto riguarda le sin-gole immagini, o le parti e gli elementi che formano il luogo, maanche nell’espressione e con$gurazione del loro rapporto, con ilrisultato di rendere tutto il mondo fantastico ancora più vitale e,virtualmente, ancora più prossimo all’esperienza naturale. L’in-cessante «agitarsi» e combinarsi di $gure, personaggi, oggetti equant’altro si trova negli scenari mnemotecnici diviene, a mano amano che ci si inoltra nel percorso dei Trenta sigilli, la cifra checaratterizza sempre di più le tecniche qui insegnate e testimoniaun’adesione non solo teorica, ma fattiva, ai processi di metamorfo-si e vicissitudine della natura.

65, 11-13 unde ... appellavit] La multiforme operatività del coltiva-tore, che collega ed uni$ca immagine e luogo, suggerisce a Brunol’accostamento tra la forza semantica di questi strumenti mnemo-tecnici e le leggi che animano la natura, princìpi che sono a fon-damento anche della natura umana (cfr. In$nito, p. 315: «dove-nerremo veri contemplatori dell’istoria de la natura, la quale èscritta in noi medesimi, e regolati executori delle divine leggi chenel centro del nostro core son iscolpite»). Prendendo infatti a pre-stito un tema della tradizione ermetica e neoplatonica molto caroalla cultura rinascimentale (cfr. Corpus Hermeticum, VIII, 5; C.Agrippa, De occulta philosophia, III, 36, p. 507: «nam sicuti imagoDei mundus est, sic imago mundi homo est; hinc putant quidamdictum esse quod homo non simpliciter imago Dei creatus est, sedad imaginem, quasi imaginis imago»), Bruno sottolinea come laparticolare relazione instaurata tra luogo ed immagine per azionedel coltivatore non solo faccia convergere entrambi nell’unità del-la scena, ma ribadisca quella sostanziale e multiforme forza dei se-gni interiori che lega e connette, nell’orizzonte fantastico, tutte lecose, facendo di qualsiasi cosa il simbolo di qualcun’altra. Come la«uniforme eterogeneità» contraddistingue la natura ed è effettodell’unità sostanziale che ne è fondamento, così anche nella fanta-sia ogni cosa, ogni realtà mnemonica, può essere connessa adun’altra, per mezzo di in$nite associazioni e progressive mediazio-

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ni, facendo dell’interiorità un laboratorio cognitivo che prendecome modello, sia produttivo, sia strutturale, proprio la natura, lesue leggi di trasformazione e produzione che, come si è accenna-to, sono le garanti della sua stessa unità ed in$nitezza. Una digres-sione teorica, nel percorso mnemotecnico di Bruno, ma non irri-levante, perché è proprio questa intensa simbolicità e connettivitàche lega il tutto la «chiave» che contraddistingue sia l’arte dellamemoria, sia ogni altra operatività tecnica fondata sulla consape-volezza della «naturalità» delle forze interiori e psicologiche (cfr.«De multiplici contractione», in Sig. sigill., supra, 139-156).

65, 13-24 tum etiam ... ratione] A conclusione del paragrafo espli-cativo dell’ottavo sigillo Bruno approfondisce i due aspetti più in-novativi apportati dall’espediente del coltivatore alla tecnica delsubiectum adiectivum: la modalità attiva che caratterizza queste $gu-re e la possibilità di rappresentare con esse anche altre informa-zioni relative al contesto. In primo luogo va considerato l’aspettoattivo del coltivatore che, a paragone con la passività dei sostrati at-tributivi precedentemente proposti da Bruno, rende questo espe-diente molto più ef$cace nel mediare tra l’immagine ed il suocontesto locale, convogliando su di sé la forza simbolica di en-trambi; tale dinamicità è, come si è visto, proprio l’espressione, sulpiano mnemotecnico, di una mutevolezza e plasticità che è intrin-seca alla stessa «materia» fantastica. L’esempio proposto da Brunoin Ars rem., 20 chiarisce ulteriormente la questione: chi opera nel-la memoria-fantasia di fronte ad un subiectum adiectivum di tipopassivo – nell’esempio un cappello rosso o un pugnale – si pone ladomanda «cosa ne è stato di te berretto| Cosa ne è stato di te pu-gnale|» (cfr. Cant. Circ., 84, 30) e rievocando l'azione subita dal-l’oggetto, ne consegue anche il ricordo dell’immagine che la com-pie. Con il coltivatore questo passaggio è molto più immediato,perché la $gura agente che è posta di fronte alla vista interiore eche Bruno vuole «ben nota» e appartenente in maniera stabile ailuoghi è, grazie alla azione compiuta, parte integrante della scena-segno e, soprattutto, riceve dal contesto l’impulso ad agire neiconfronti delle immagini, legandole a sé e « inglobandole» nellastruttura. Mentre infatti gli oggetti disseminati nei luoghi ottene-vano dalle immagini la particolare connotazione visiva necessariaa far nascere il legame tra segno, aggettivo del luogo e luogo stes-so (ad esempio, il berretto veniva indossato, gettato a terra, ecc.),in questo caso è il coltivatore – e quindi il luogo, di cui esso è attri-buto e funzione – a porre l’accento visivo sull’azione, prendendol’iniziativa nei confronti dell’immagine mnemonica posta nel«campo» cui è addetto. Del resto è caratteristica peculiare delletecniche di Bruno: ogni volta che una $gura è resa protagonista diuna scena mnemonica o, come in questo frangente, esprime unelemento di maggiore dinamicità, in qualche modo sposta e ri-

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chiama l’attenzione di chi opera nella fantasia su di sé, divenendopiù forte nell’esprimere e manifestare le informazioni e facendosi,a suo modo, anch’essa segno della memoria.Il secondo spunto presente alla $ne della spiegazione del coltiva-tore mette in collegamento questo sigillo con quello immediata-mente successivo (la tavola), perché aggiunge un'ulteriore ed im-portante funzione al subiectum adiectivum: si tratta della possibilitàche queste $gure accessorie poste nei luoghi contribuiscano, oltreche a vivacizzare la scena e a migliorarne la memorabilità, a sotto-porre alla vista interiore anche altre informazioni relative all’orga-nizzazione e disposizione dei dati nel loro contesto d’origine (nu-meri di pagina, ordinamento, ecc.). La tavola di $gure-indici pro-posta dal sigillo successivo, ad esempio, è di fatto una strutturaschematica di «coltivatori» , disposti secondo un determinato or-dine ed utilizzati per rappresentare delle posizioni, piuttosto cherafforzare il rapporto tra immagine e luogo. Ciò è possibile perchéquanto è posto e visualizzato nei luoghi con funzione accessoria –se animato ed interagente con le immagini – è di fatto un elemen-to aggiuntivo ed attributivo del sostrato (subiectum adiectivum) ilquale, oltre a rafforzare la visualizzazione e il ricordo delle imma-gini mnemoniche – essendo anch’esso un segno visivo – può in-trodurre nella scena ulteriori informazioni, non inerenti diretta-mente all’immagine mnemonica, ma, come in questo caso, relati-ve al contesto di cui esso è parte.

66, 2-16 Hoc ... promoti] Il sistema di immagini di personaggi usa-ti come indici per marcare le posizioni di un elenco o di una se-quenza di dati nasce grazie all’applicazione di una struttura d’or-dine (negli esempi qui presentati è tratta dall’alfabeto) ad ungruppo, più o meno uniforme, di immagini che, a loro volta, la tra-smettono all’insieme di immagini o luoghi da visualizzare interior-mente. Questo tipo di espediente si serve dunque di subiecta adiec-tiva, ovvero $gurazioni che non rappresentano direttamente le in-formazioni mnemoniche, ma aiutano i luoghi – seppur non sem-pre esclusivamente vincolati ad essi – a rappresentare informazio-ni di carattere contestuale e accessorio. In questo caso si tratta diuna serie di $gure di personaggi il cui «nome», ovvero la caratte-ristica che le de$nisce univocamente, è scandito dalla successionedelle lettere dell’alfabeto (nella forma ab, ac, ad... o più semplice-mente a, b, c, d...): un abbattitore, un accusatore, un addentato,ecc. L’idea, come lo stesso Bruno afferma, non è del tutto origina-le, ma è ispirata dalla lettura della Phoenix sive arti$ciosa memoria(Venezia, 1491) di Pietro da Ravenna, celebre mnemonista checompose uno dei più noti ed innovativi testi di mnemotecnica delRinascimento. In esso veniva presentata una versione dell’ars me-moriae che esaltava soprattutto l’ef$cacia «quantitativa» di questetecniche, pro$lando così quell’esito «enciclopedico» della mne-

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motecnica, che tanta fortuna avrebbe avuto tra i suoi contempora-nei e seguaci. Nella terza, quarta e quinta delle conclusiones presen-tate da Pietro da Ravenna si insegna infatti a visualizzare serie dipersonaggi (un Antonio, un Benedetto, ecc.) il cui nome serve adesprimere il valore delle rispettive iniziali, così da creare un alfa-beto visivo con cui costruire – collegando $gura a $gura – scenerappresentanti sillabe o intere parole (cfr. Phoenix, b ivv - c iv). An-che se questo espediente mnemonico è alla base della tavola, taleapporto risulta però «distorto», perché questo sigillo non serve al-la memoria verborum, cioè a costruire immagini di parole, ma a nu-merare la disposizione delle immagini. In ogni caso Bruno, conquesta citazione, intende riconoscere al maestro di Ravenna il de-bito ben più signi$cativo di aver acceso in lui l’interesse per le tec-niche di memoria arti$ciale, $n dalla più giovane età. Tuttavia, ilconfronto con una auctoritas così celebre è anche un utile pretestoper rimarcare, ancora una volta, la novità e l’importanza delle tec-niche bruniane: l’arte del famoso mnemonista è la «scintilla» dacui il «vasto» e « luminoso incendio» della sua arte si è generato, il«seme» da cui «così tante messi» sono state prodotte, grazie allacura e al lavoro di un valente artigiano ed artista della memoria.

67, 1-16 Quo ... ordinabatur] Le $gure che costituiscono la tavola,cioè la griglia di riferimenti con cui ordinare luoghi ed immagini,ripropongono – come si è già sottolineato – caratteristiche analo-ghe a quelle dei «coltivatori» , ovvero sono $gure di personaggiche devono interagire con le immagini usate per rappresentare iricordi; non sono però strettamente vincolate a propri e speci$ciluoghi individuali; in questo modo, la loro forza espressiva risultaconcentrata, con più ef$cacia, sulle immagini stesse: più che a raf-forzare il legame tra ricordo e struttura d’ordine, i subiecta adiectivaservono qui a trasmettere ai dati memorizzati uno speci$co valoredi carattere contestuale ricavato ed espresso da quello che essi ma-nifestano con le proprie azioni o con il modo stesso di apparire. Ilsistema di ordinamento cui è utile riferirsi è, in questo caso, quel-lo dell’alfabeto che presenta, di fatto, una successione ordinata esequenziale di elementi, sia esso preso nella versione con solo ven-tidue lettere-indici, o in quella sillabica (22x5), che a sua volta puòessere raddoppiata invertendo l’ordine delle due lettere (per untotale di 220 immagini). Una volta approntato tale «catalogo» di$gure basterà disporle presso le immagini mnemoniche: associatead esse per mezzo di speci$che azioni e relazioni, queste ultime ri-sulteranno «numerate» secondo la successione degli indici dellatavola.

68, 2-10 Compaginator ... sensibilia] Per spiegare il senso ed il fun-zionamento dell’impaginatore, Bruno chiama in causa Ars rem.,14, dove, trattando delle caratteristiche dei sostrati, si insegna acollegare tra loro i luoghi mnemonici connettendo «luoghi comu-

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ni ad altri luoghi comuni e unire, congiungere ed avvicinare, adopera della facoltà cogitativa e della fantasia, quelle realtà che difatto risultano divise, disgiunte e lontane» (cfr. Cant. Circ., 77, 14-17). Tale meccanismo, sottolinea il Nolano, è simile a quanto fan-no gli scrittori che «quando non basta loro un’unica pagina, ecco-li infatti congiungere e cucire pagina a pagina: così la totalità dellibro viene ad esprimere i contenuti che non possono essere rac-chiusi in un unico foglio» (Cant. Circ., 10-13). In pratica questoespediente consiste nel far interagire alcune immagini, poste opresenti nei luoghi, con altre $gure o con il luogo stesso che vo-gliamo «collegare» loro: proprio come la catena, che serviva adunire più immagini mnemoniche tra loro grazie alla continuitàdell’azione che esse svolgevano, questi subiecta adiectiva vengonoinseriti a cavallo di due luoghi individuali e per mezzo di partico-lari azioni e movimenti riescono a mostrare entrambi, uni$cando-li in una sola visione. Ancora una volta singole e speci$che $gureanimate, portatrici di signi$cati e funzioni autonome rispetto aquelle delle immagini mnemoniche, sono poste al servizio dellapiù generale e complessiva struttura dei luoghi: esse risultano cosìef$caci nel far ciò, che per loro tramite è possibile unire non solopiù luoghi «sensibili» (cioè le normali raf$gurazioni di contesti lo-cali), ma anche altri tipi di sostrati, come i « luoghi verbali» (cfr.« la sillaba e la lettera», supra, 27-28, 87-90) o quelli «semimatema-tici» (cfr. « il numeratore», supra, 23, 82-83). È infatti suf$cienteche i luoghi, o quanto ne svolge l’analoga funzione, abbiano unaspetto visivo e servano da riferimento ad altre immagini, perchéquesto tipo di operazione di collegamento attivo e dinamico tracontesti per mezzo di tali immagini possa essere attuato con suc-cesso. Questa ulteriore modalità di utilizzo dei subiecta adiectivaaiuta inoltre il lettore a comprendere come l’impaginatore, la ta-vola o altri sigilli possano essere considerati tutti solo come aspettiparziali ed introduttivi all’uso di un tale strumento mnemotecni-co. Frutto di un’invenzione e di perfezionamento propri di Bruno,i sostrati attributivi non solamente sono assai ef$caci nel rafforzarela speci$ca unione tra luogo ed immagine, ma possono entrare at-tivamente nel rapporto tra segno e contenuto contribuendo a con-notarlo con altre informazioni; possono inoltre agire per migliora-re la con$gurazione architettonica dei luoghi e, in$ne – come sivedrà più oltre – possono essi stessi divenire immagini simboliche,segni mutevoli e altamente plasmabili, per la rappresentazione deicontenuti mnemonici.

68, 11-17 Similis ... cohaeret] L’ultima riflessione di Bruno in mar-gine al decimo sigillo è un breve accenno al principio teorico sucui l’impaginatore è fondato. Af$ne, come si è visto, ad altri siste-mi già presentati (perché richiama le congiunzioni tra immaginiproposte dalla catena), esso è infatti un’ulteriore ed ennesima

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espressione di quel principio di interconnessione e uni$cazioneche è parte centrale della teoria mnemotecnica di Bruno. In que-sto caso ad essere collegate tra loro, come si è visto, non sono lesingole immagini, ma i luoghi di genere comune, ovvero i «conte-nitori» delle informazioni: paragonando l’arte di Bruno con quel-la combinatoria e questa modalità connettiva con quelle propriedelle tecniche di Lullo, l’accostamento che sembra più opportunonon è con le speci$che concatenazioni di lettere che sussistono al-l’interno delle varie $gure combinatorie, ma con le relazioni chesussistono tra le $gure stesse, perché queste fungono proprio daschemi di organizzazione per le varie lettere. Il materiale prodottoper mezzo di una ruota o di una particolare tabella – ovvero le pro-posizioni che nascono da ogni tipo di combinazione – va infatti aformare la base per le combinazioni eseguibili per mezzo della$gura successiva, legando di fatto la funzione e il funzionamentodell’una a quelli delle altre, in una progressione ordinata di «mec-canismi» che portano poche e speci$che lettere ad esplodere – so-prattutto nella versione bruniana – in un’ampia molteplicità diproposizioni, inferenze ed argomentazioni (cfr. De comp. arch., pp.8-9), collegando in questo modo tutti gli esiti e gli effetti dell’artein un'unica rete di rimandi. Su un presupposto analogo, fatto diordine, proporzione, regolarità e interdipendenza, deve poggiarequindi anche l’organica struttura dell’universo mnemonico bru-niano.

69, 2-9 Huius ... ampli$cat] Il principio di associazione tra imma-gini simili e subordinate che caratterizza questo sigillo, in virtù del-la sua esplicita af$nità con la tavola, è anch’esso derivato dalla tec-nica per la «memoria di parole» presente in Ars rem., 48-54 (a suavolta tratta dalle già citate pagine della Phoenix di Pietro da Raven-na, b ivv - c iv): lì si insegnava a creare un elenco di $gure di per-sonaggi riferiti alle varie lettere dell’alfabeto, in base all’inizialedel loro nome, per poi comporle tra loro in un’unica scena, quan-do occorreva visualizzare un determinato termine. In particolare –ed è ciò cui si fa riferimento in questo espediente –, nell’appron-tare tale codice visivo si suggeriva un modo per «moltiplicare» leimmagini a disposizione per ogni lettera, utilizzando personaggidiversi il cui nome aveva la stessa iniziale (ad esempio un Aristar-co, un Alberto, un Andrea, ecc. tutti per la A). Questa modalità difar convergere le immagini su un medesimo signi$cato, moltipli-cando così il numero delle $gure portatrici del medesimo valore,poteva inoltre essere estesa ed applicata anche a differenti utilizzi.Nelle pagine relative alla prima praxis per la memoria verborum delDe umbris idearum, Bruno espone infatti un ulteriore metodo «perampliare il campo interno dei sostrati e moltiplicare nel modo piùfecondo il numero delle immagini» (cfr. De umbris, 173): visualiz-zando più immagini differenti e caratterizzandole secondo un ele-

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mento univoco e comune (un gesto, un oggetto, un dettaglio del-l’aspetto), molti segni diversi $nivano per esprimere il medesimosigni$cato. Così se ad esempio Deucalione – che nella leggenda ri-dà vita al genere umano gettando pietre da cui nascono gli uomi-ni – era raf$gurato nel gesto di lanciare una pietra, qualunque$gura che venisse rappresentata intenta nella stessa azione neavrebbe fatto proprio anche il signi$cato. In entrambi i casi l’im-magine che fa da emblema per tutte le altre si comporta come unasorta di «vessillo», ovvero è un segno principale che uni$ca visiva-mente sotto di sé un gruppo di $gure. Seguendo dunque gli inse-gnamenti del sigillo della tavola, si comprende che tale principiopuò essere utilizzato anche per gestire ed organizzare le informa-zioni e le architetture mnemoniche, se si applica questa specialegerarchia ed il particolare tipo di subordinazione ai subiecta adiectiva:la struttura di questo «esercito» di immagini permette infatti di e -stendere la portata delle tabelle di $gure-indici prodotte con il no-no sigillo anche in «verticale», ovvero su più livelli differenti di or-dinazione, e, quindi, di dare con essi ordine alle immagini ed ailuoghi della memoria.

70, 1-18 Ad haec ... subinferre] L’espediente del vessillo ribadisceche il principio dell’associazione visiva tra le immagini è lo stru-mento principale per legare ed uni$care, in un solo ed ef$cace se-gno, i molteplici oggetti dell’universo fantastico. Grazie, infatti, al-la scelta di accomunare immagini tra sé diverse, servendosi di par-ticolari trucchi mnemotecnici, come la somiglianza del nome ol’idea di riferirle tutte a dettagli, oggetti o azioni simili, più raf$gu-razioni sono riunite intorno a signi$cati e valori unici. Come si èvisto, associazioni del genere sono ancora più ef$caci se fondanola propria forza sul signi$cato di ogni immagine, se cioè sanno pe-scare nell’essenza di quanto essa rappresenta riuscendo a metterloin collegamento con altre $gure: è ciò che si fa, ad esempio, quan-do si stabilisce che più immagini rappresentano lo stesso valoreespresso da Deucalione, solo per il semplice fatto che tutte lancia-no pietre. Anche nell’undicesimo sigillo, dunque, Bruno riaffermal’importanza di quel tessuto connettivo che è a fondamento delreale e che è caratterizzato dallo stretto collegamento di ogni cosa:una intricata rete solo apparentemente eterogenea che, in verità,è strutturata per classi di concetti i quali, proprio come tanti vessil-li, gradatamente uni$cano i molteplici fenomeni ed enti sottol’abbraccio universale della natura in$nita.

71, 2-22 Pictoribus ... considera] L’utilizzo dei subiecta adiectivaproposto dal sigillo del pittore trasforma questo tipo di immagini,considerate inizialmente meri accessori dei luoghi, in veri e proprisegni, ovvero immagini che raf$gurano dinamicamente e con ver-satilità quanto si desidera memorizzare. Per intendere come siapossibile questa originale intuizione tecnica è fondamentale co-

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gliere la riflessione che Bruno compie in margine al rapporto traimmaginazione, creatività e speculazione: la pittura, la poesia e la$loso$a in questo modo vengono lette come metafore delle prin-cipali attività cognitive che, strettamente intrecciate tra loro, per-mettono di elaborare e vagliare l’esperienza del mondo riflessa eproiettata in una sorta di specchio interiore, che conferisce unsenso simbolico ed unitario alla molteplicità dei fenomeni. Comei pittori sanno trarre spunto dalla visione del reale, per comporree costruire quadri che rappresentano quanto cade sotto la loroesperienza sensibile; come i poeti, a loro volta, operano con sim-boli e metafore, ovvero costruiscono immagini a partire da realtàpiù concettuali; come in$ne i $loso$ sanno ricondurre all’unitàdei concetti qualsiasi esperienza, allo stesso modo fantasia, imma-ginazione e ragione esercitano le loro funzioni. E questo con il$ne di portare gradualmente e progressivamente la realtà dentrodi noi, trasformandola in immagini; trasponendola in complessevisioni simboliche; in ultimo, astraendo da esse i concetti del no-stro sapere. Ma proprio come i primi, quando devono confrontar-si con sentimenti ed intuizioni astratte, sono costretti ad essere an-che poeti, cioè a ricorrere a rappresentazioni simboliche e allego-riche, ed i secondi, quando le parole non bastano a rendere tuttala forza di un’esperienza interiore, ricorrono ad immagini trattedalla natura, così fantasia ed immaginazione si nutrono costante-mente l’una dell’altra, poiché entrambe si incontrano sul pianodelle proiezioni visive, dove concetti astratti e dati sensibili pren-dono forma, per essere elaborati ed analizzati. Fantasia ed imma-ginazione, per uscire dalla metafora, sono dunque, al tempo stes-so, anche dimensioni $loso$che perché, nel confrontare e vaglia-re le rispettive $gurazioni, esse si incontrano sul terreno comunedei contenuti: quegli elementi più concettuali, ma pur sempre in-dividuali, che sono le intentiones. A sua volta la ragione, come si èaccennato a proposito del ruolo della fantasia e delle immagini(cfr. supra, commento a 52-53), nella sua attività speculativa, nonpuò fare a meno di servirsi delle immagini, perché esse costitui-scono l’unico medium con la realtà: quando essa riversa le nozionipiù semplici, con lo scopo di trarne di ancora più astratte, sul-l’esperienza, compie tutto ciò con la massima immediatezza possi-bile, proprio per mezzo di immagini e visioni fantastiche. In con-clusione le strette e pratiche relazioni tra pittura, poesia e $loso$aaltro non sono dunque che la metaforica rappresentazione del-l’interazione di fantasia, immaginazione e ragione: vive fasi cogni-tive in cui i sensi proiettano l’esperienza nell’interiorità fantastica;l’immaginazione dà corpo alle intentiones; poi entrambe – immagi-ni dell’esteriorità e dell’interiorità – sono fatte oggetto di disami-na da parte della ragione, in un processo dinamico e continuo chevaglia, astrae e concettualizza l’esperienza del mondo (cfr. De um-bris, 141, 19-21 e il relativo commento: «Se i raggi di quest’occhio

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[dell’intelligenza] non sanno promanare all’esterno attraverso l’ap-plicazione [cioè il rivolgersi della razionalità ai dati sensibili], co-me puoi sperare che il medesimo occhio ti consenta di far riverbe-rare le realtà conoscibili nelle altre potenze interiori dell’anima|»).All’astrazione concettuale si giunge esclusivamente attraverso lapercezione e la proiezione dell’esperienza nella fantasia (per cui,secondo il motto aristotelico, non si dà pensiero senza immagini),ma solo dopo che tali dati «fantastici» siano stati valutati «simboli-camente», ovvero siano colti, nella visione d’insieme, gli elementiconcettuali af$ni di oggetti d’esperienza apparentemente diversi:quindi più è ampia e complessa la trama di relazioni e dipendenzeche sappiamo stendere sull’eterogenea moltitudine delle impres-sioni e più risulta ef$cace il percorso che ci porta dalla molteplici-tà dei fenomeni all’unità intuitiva del sapere astratto. Tale proces-so è però, come si è accennato sopra, bidirezionale; infatti, così co-me si passa dalle immagini ai concetti per mezzo della forza astrat-tiva della ragione, allo stesso modo, in virtù dell’associazione sim-bolica tra concetti e $gurazioni, è possibile ridiscendere alla di-mensione fantastica, dando «corpo» (cioè un sostrato sensibile efantastico) alle idee. La facoltà razionale è dunque capace di ope-rare, sia in direzione della sintesi astrattiva, traendo da immagini eimpressioni individuali contenuti più generali, sia in maniera ana-litica e creativa, ovvero tornando da idee e concetti universali ai ca-si particolari e speci$ci, immergendosi nel laboratorio della fanta-sia e sperimentando, nella dimensione visuale e virtuale, tutte lepossibili implicazioni ed applicazioni di un concetto. Le comples-se e vivaci $gurazioni proposte dal sigillo del pittore ed usate comesegni variabili e dinamici dei contenuti mnestici, esprimonoquindi, sul piano tecnico, questa fortissima consapevolezza teori-ca: l’intelletto umano è una sorta di principio creatore e forma-tore e la fantasia è la materia prima che alimenta la sua opera diproduzione ed il cui esito è il mondo interiore della conoscenza,ovvero quell’universo logico che è riflesso della natura ed ombradi quello meta$sico e divino (cfr. Sig. sigill., infra, 171; De imag.comp., 6-8).

71, 22-25 Et nos ... practicabimus] L’innovativo utilizzo dei quadrimnemonici proposti dal sigillo del pittore Zeusi rivela una poten-zialità espressiva e rappresentativa che va ben oltre la loro sempli-ce funzione di assistenti dei luoghi: queste scene infatti sono veri epropri segni e possono rappresentare qualsiasi tipo di informazio-ni. Non stupisce, quindi, che Bruno per giusti$care questo singo-lare impiego, faccia riferimento anche ad altri usi dei subiecta adiec-tiva: nella memoria di parole, ad esempio, essi vengono utilizzaticome indici per rappresentare le lettere o le sillabe (come nellepraxis delle tre e cinque ruote di De umbris, 156-224); gli stessi pos-sono poi raf$gurare cifre e numerare i luoghi (come nel numera-

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tore), oppure dare vita a sistemi di immagini animate che funzio-nano come griglie per ordinare luoghi ed immagini (ad esempio,i sigilli tavola e vessillo). Anche i due espedienti che seguono im-mediatamente il pittore – lo scultore Fidia e Dedalo – testimonia-no questo stesso atteggiamento e, più in generale, per la maggiorparte i sigilli ne mettono in mostra ulteriori e ancora più suggesti-ve varianti: una delle più esaustive, in termini di complessità edef$cacia mnemonica, è quella che emerge dall’accampamento etempio della Cabala, il ventottesimo sigillo, e, soprattutto, nell’in-terprete, trentesimo ed ultimo dei sigilli di Bruno. In questi espe-dienti si insegna a costruire scenari ripartiti in ventidue «atrii» ,cioè spaziosi luoghi comuni, luoghi individuali e personaggi agen-ti, per dare vita a scene complesse, composte da una $gura princi-pale caratterizzata da gesti, strumenti, elementi accessori, ecc.; at-traverso i differenti codici per le lettere dell’alfabeto ebraico, que-ste ultime permettono di approntare un sistema di luoghi e di im-magini « indicizzati» su più livelli, da combinare in svariate manie-re, con lo scopo di raf$gurare qualsiasi cosa, oppure, come nel ca-so dell’ultimo sigillo, di «tradurre» in forma visiva le parole dellalingua ebraica. Le immagini che erano state inventate come sem-plici «aggettivi» dei luoghi, sono divenute progressivamente l’os-satura portante degli scenari mnemotecnici, trasformandosi essestesse in strumenti generatori di segni e signi$cati ed ef$caci ge-stori delle informazioni mnemoniche, facendo di tutto l’universomnemonico un unico e articolato segno di quanto conosciamo; èproprio questo, del resto, l’aspetto tecnico più originale che carat-terizza l’arte dei Trenta sigilli.

72, 1-12 Iam ... statuamus] Dopo la sintetica presentazione del pit-tore e la lunga digressione sui rapporti tra immaginazione, creati-vità ed elaborazione del sapere che occupa più della metà dellaspiegazione del dodicesimo sigillo, Bruno si accinge $nalmente asvelare al lettore le implicazioni tecniche dell’utilizzo creativo e$gurativo dei subiecta adiectiva, così come sono intesi in questo enei successivi sigilli. L’utilizzo di tali immagini è possibile secondodue modalità: si può innanzitutto ricorrere ad elenchi di immagi-ni precostituite, come quelle dei trentasei decani descritti da Teu-cro Babilonese e già utilizzate nella seconda praxis per la memoriaverborum (cfr. De umbris, 196-209), intervenendo su di esse per adat-tarle al materiale da rappresentare, grazie alle tecniche della com-binatoria fantastica, usandole come riferimento per altri segni op-pure modi$candone a nostro piacimento le parti, i dettagli e le ca-ratteristiche espressive. In alternativa ci si può af$dare alla forzadella sola, ed autonoma, fantasia per elaborare direttamente deisegni e dei simboli versatili, adatti cioè a raf$gurare vari contenutimnemonici e, in virtù della possibilità di animarli e trasformarli,farli corrispondere più adeguatamente alla complessità di quanto

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si desidera rappresentare. In entrambi i casi la fantasia-memoria èconsiderata e gestita come una sorta di dinamico ed attivo labora-torio per la creazione e costruzione (e non solo la rappresentazio-ne) dei segni mnemonici, modalità operativa che – come sottoli-nea Bruno stesso – è tanto più ef$cace, quanto più è rivolta araf$gurare e conservare in memoria informazioni astratte (quindinon riscontrabili in natura sotto forma di immediati oggetti sensi-bili) e che è necessario perciò rappresentare per via simbolica econvenzionale. Questi potenti segni dalla composita versatilità so-no memorizzati e conservati stabilmente in determinati percorsi diluoghi e sono ideati per essere segni «universali» di ogni cosa:proprio come le forme ed i concetti più generali, essi riescono amettere in scena più signi$cati diversi grazie alla combinazione ealla composizione creativa degli elementi di cui, con schemi dallascansione ordinata, sono formati (cfr. De umbris, 80, 2-9: «Le ideesono le forme principali delle cose, secondo le quali viene formatotutto quanto nasce e perisce [...]: allo stesso modo possiamo vera-mente dire di aver formato in noi le ombre delle idee solo quandoesse presentano una natura così duttile e malleabile da potersiadattare a tutte le possibili con$gurazioni»). Ciò rende l’arte diBruno una sorta di «macchina» della fantasia/memoria che puòveramente tracciare e scrivere, sotto forma di immagini, tutto ciòche si desidera elaborare, pensare attivamente e conservare, me-morizzando termini di lingue straniere, costruendo complessi ca-sellari per ricordare intere discipline e, in$ne, approntando stru-menti mnemonici per raf$gurare ed organizzare internamente econ prontezza argomentazioni e discorsi.

73, 2-21 Habet ... intitulabimus] Il breve gruppo di sigilli che va daldodicesimo al quattordicesimo presenta una serie di varianti delmedesimo principio mnemotecnico: insegna l’uso di subiecta adiec-tiva adattati ad esprimere non solo informazioni accessorie e rela-tive ai dati mnemonici, ma anche i signi$cati stessi che desideria-mo conservare in memoria. Nel caso di Fidia si offre l’esempio diimmagini collocate stabilmente in alcuni contesti per rappresenta-re – a seconda della posizione e collocazione assunta entro queglispazi e in concomitanza con altre $gure aggiunte nel luogo – let-tere, sillabe e parole, secondo i precetti e le tecniche della memoriaverborum, ovvero della rappresentazione visiva di termini di cui nonè possibile tradurre in immagine il signi$cato. Di tecniche del ge-nere i testi di mnemotecnica di Bruno, come si è già più volte ac-cennato, offrono numerosi esempi: la prima, la seconda praxis el’ultima delle artes breves in De umbris, 150-229 e 234-237, le pagine$nali di Ars rem., 48-58 ed alcuni dei Trenta sigilli di quest'opera edel De imaginum compositione. Sono tutti modi ed espedienti che,indubbiamente, non sono facilmente gestibili da parte del lettore,al quale è richiesto di memorizzare lunghi elenchi di immagini

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complesse e poi combinarne tra loro i singoli elementi ed i detta-gli. Tuttavia, grazie a queste modalità nel mondo dell’arte brunia-na irrompe un principio di vitale animazione che porta chi operaentro gli spazi della fantasia a dare il massimo impulso agli aspettidinamici e combinatori, con lo scopo di fare di essa un fedele mo-dello delle dinamiche vicissitudinali proprie della dimensione na-turale. Le metafore infatti del pittore e dello scultore – e successi-vamente anche quella dell’architetto Dedalo – non sono altro chemodi analoghi per esprimere la medesima forza creativa, attiva eplasmatrice che contraddistingue le facoltà umane: ed è esatta-mente questo l’atteggiamento richiesto a quanti intendono pensa-re ad «imitazione» della natura, ovvero dare in pratica la massimapriorità agli aspetti compositivi, produttivi e creativi del pensiero,consapevoli che lo stesso principio, che è arte$ce degli in$niti en-ti naturali e dirige le dinamiche che governano ogni cosa, è ancheil cuore ed il fulcro dell’interiorità umana.

74, 1 - 75, 22 Haec ... referent] I tre sigilli intitolati Zeusi, Fidia eDedalo, portano i nomi di altrettanti celebri artisti/arte$ci, per-ché mettono al centro della loro riflessione l’aspetto attivo e pro-duttivo dell’operare fantastico, mostrando come con le tecnichedi memoria arti$ciale sia possibile utilizzare «oggetti» quali i so-strati attributivi, anche e soprattutto per produrre immagini, si-gni$cati e senso: ognuno di essi, infatti, supera le ristrette poten-zialità tecniche illustrate in fase preliminare dal suo stesso autore,per rivelarsi, nella sezione esplicativa dei sigilli, strumento creativoa tutto campo. Così dunque come è possibile utilizzare il pittoreanche per altre funzioni mnemoniche – tra cui la memoria di pa-role –, allo stesso modo ci si può servire delle statue di Fidia, pen-sate per raf$gurare i termini, anche per la memoria e la valutazio-ne inventiva e creativa delle informazioni. La differenza tra le sce-ne create con il precedente espediente e quelle proposte adesso èinfatti esigua: là vi erano $gure animate, caratterizzate da azioni,espressioni, oggetti ed elementi circostanti, ma apparentementeavulse da luoghi speci$ci; qua, invece, vi sono scene radicate nelcontesto, o meglio esse sono tutt’uno con gli elementi che fannoloro da sfondo. Le statue, infatti, sono letteralmente delle costru-zioni visive, una sorta di monumenti virtuali, collocate al centro diuna scena, oppure mobili all’interno di essa, e possono esprimere– allo stesso modo dei quadri di Zeusi – una pluralità di signi$cati,grazie alla versatilità e complessità degli elementi che le contrad-distinguono. E come quelle raf$gurazioni, anche queste immaginipossono essere sia usate come riferimenti per altri segni, sia «con-template» leggendo direttamente in esse i signi$cati di quanto siintende rappresentare; l’unica variante consiste nel fatto che men-tre un quadro rappresenta, convenzionalmente, un solo signi$ca-to, una sillaba o una parola, ovvero una sola unità semantica alla

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volta, la statua, secondo le indicazioni dello stesso Bruno, si prestameglio a raf$gurare, nella medesima costruzione scenica, un con-cetto e tutti i signi$cati che possono riferirsi, in maniera subordi-nata, ad esso, grazie all’apporto degli elementi che la adornano, lacaratterizzano e la circondano. Si aggiunge quindi, con questoespediente, un ulteriore strumento per l’aggregazione e connes-sione dei signi$cati (in questo caso di carattere gerarchico), quasifosse la statua la proiezione nelle tre dimensioni del quadro delpittore, ovvero segno e, al tempo stesso, riferimento e strutturad’ordine per altre $gurazioni: questa speci$cità è dovuta alla con-formazione stessa di questo tipo di $gure, caratterizzate, per l’ap-punto, da un’immagine dominante e da altre «minori» ed acces-sorie che si relazionano, partendo dalle loro posizioni circostanti esubordinate, con essa. Come sottolinea Bruno all’inizio della Lam-pas triginta statuarum (nella quale, attraverso un complesso sistemaiconico di trenta statue-archetipi, si dà conto dell’intero sistema$loso$co del Nolano), l’uso delle immagini-statue si rivela assaiutile per facilitare la comprensione e la comunicazione per$nodei concetti più astratti e complessi: « le caratteristiche di una sta-tua aperta all’indagine dei sensi, della vista e dell’immaginazione– al pari di ogni altro attributo sensibile ad essa associato – sono in-fatti facilissime da ricordare» proprio come è altrettanto facile,continua Bruno, ricordare le narrazioni sotto forma di favola (fa-bulas ef$nctas), col risultato di «esaminare e $ssare nella memoriasenza alcuna dif$coltà anche i contenuti occulti, le dottrine e iconcetti che riguardano discipline diverse, e che possono essereespressi attraverso le medesime $gure» (Lampas trig. stat., 5).A questo genere di espedienti mnemotecnici sono quindi da ri-condursi tutti quegli «esperimenti» letterari condotti da Bruno –e che forse non sono dissimili dal libro delle Cento statue andatoperduto o forse mai pubblicato – in cui si trovano ampie gallerie diraf$gurazioni metaforiche e simboliche, organizzate in successio-ne e scandite dalla loro progressiva descrizione, che offrono al let-tore la presentazione sistematica di molte informazioni: per$no loSpaccio de la bestia trionfante, solo per citare uno dei più noti scrittidi Bruno e il cui argomento – al pari delle Cento statue – riguarda ladescrizione delle virtù e dei vizi morali, può, ad esempio, essere av-vicinato parzialmente a questa tipologia (cfr. M. Matteoli, «Gli nu-merati et ordinati semi». Schemi e suggestioni mnemotecniche nello "Spac-cio de la bestia trionfante £). Ugualmente le complesse e nutrite ca-rovane di immagini che costituiscono il terzo libro di De imag.comp., 126-211, caratterizzate da un personaggio principale, cir-condato da numerose immagini e accompagnato da molteplici$gure accessorie, sono analoghi strumenti mnemonico-visivi. Ingenerale si può, a ragione, parlare di statua mnemonica ogni voltache ci si trova di fronte ad una rappresentazione complessa che,nella sua struttura, compone e raccoglie oggetti, abbigliamenti ca-

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ratteristici, gesti, azioni, espressioni del corpo e della persona edelementi dello sfondo: il tutto incentrato attorno ad una $gura do-minante scelta per rappresentare un concetto principale cui tuttiquesti altri segni sono subordinati. Come si può osservare, le statuealtro non sono, dunque, che subiecta adiectiva, ma ormai completa-mente svincolati da ogni funzione accessoria rispetto ai luoghi echiamati invece ad esprimere valori e signi$cati in prima personae ad essere, addirittura, essi stessi luoghi per altre immagini. Tra-mite la loro animazione e versatilità compositiva è possibile co-struire una nuova specie di segni, cui poter af$dare le più astrattee complesse informazioni della memoria, con lo scopo di «veder-le» vive e presenti nell’interiorità e quindi farle oggetto dell’ela-borazione creativa del sapere.

76, 1 - 78, 17 Hic ... adaptare] La forza dei quadri di Zeusi e dellestatue di Fidia consiste nelle numerose possibilità $gurative chederivano da questo tipo di composizioni mnemoniche: tramite es-se è possibile rappresentare singoli concetti, intere parole o, addi-rittura, sistemi e gruppi di informazioni; di fronte a questo nuovotipo di oggetto mnemonico, che esalta l’ef$cacia espressiva e lepossibilità rappresentative della mnemotecnica, vengono dunquemeno le tradizionali distinzioni tra immagine e luogo, segno econtenuto. Questo nuovo impiego delle immagini, dalle ricche va-lenze $gurative, offre la possibilità di comporre, scambiare e com-binare le parti speci$che di alcune $gure con gli elementi caratte-ristici di altre: alla base di tutto ciò, come Bruno stesso ha sottoli-neato, vi è la consapevole rilettura del pensiero alla luce di quelladella natura, ovvero la constatazione, non solo teorica, che ognioggetto della cognizione è, proprio come gli enti reali, parte di unincessante e dinamico processo di trasformazione, attuato inun'unica sostanza (la fantasia/materia) e in virtù di un principiogeneratore ed arte$ce che la plasma secondo le sue esigenze (laparte razionale). L’attività della mente umana, inoltre, è conformea quella naturale, anche rispetto all’in$nito impulso a produrre edare vita a tutti i possibili enti, mutandoli di forma in forma, per-ché, di per sé, è essa stessa generazione e trasformazione continuadi un pensiero in un altro.Il perenne trasformarsi delle cose è dunque effetto e segno del-l’unico sostrato da cui tutte scaturiscono (cfr. Causa, pp. 280-81:«Ma mi direste: perché dumque le cose si cangiano, la materiaparticulare si sforza ad altre forme| Vi rispondo, che non è muta-zione che cerca altro essere, ma altro modo di essere [...] Peròprofondamente considerando [...] troviamo che tutto lo che fa dif-ferenza e numero, è puro accidente, è pura $gura, è pura com-plessione: ogni produzzione di qualsivoglia sorte che la sia è unaalterazione; rimanendo la sustanza sempre medesima»); ne conse-gue che i singoli enti siano in essenza tutti riconducibili ad un’uni-

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tà originaria ed ogni cosa risulti connessa, collegata e uni$catanon solo – entro la comune cornice dell’universo – estensivamen-te, ma anche e soprattutto intensivamente, ovvero nella radice es-senziale che fonda il tutto. Anche questo elemento unitario può edeve essere trasposto sul piano metodologico e conoscitivo, facen-dolo divenire il paradigma che guida il pensiero e le sue attività:«Chi infatti non dispone, cerca, intende e fa l’uno nulla dispone,nulla cerca, nulla intende e nulla fa; chi non conquista da sensimolteplici e da molteplici gradi di conoscenza un senso unico euna conoscenza unica e semplice non possiede alcun senso, alcu-na conoscenza; chi in$ne non conosce questa unità e non operaattraverso di essa nulla conosce e nulla intende» (Sig. sigill., infra,138, 4-10). Unità e vicissitudine, uniformità ed eterogeneità sonodunque opposte facce della medesima realtà che si dà, per l’ap-punto, in forma unica ed unita, perché essa è all’in$nito comples-sa e mutevole: anche l’arte della memoria deve fare propri questiaspetti ed esprimerli nei meccanismi, nelle operazioni e in tuttoquanto è in qualche modo riconducibile all’attività del pensare edel conoscere. Ed è per questo stesso motivo, inoltre, che Bruno sisofferma lungamente in queste pagine ad illustrare l’importanza eil valore – a questo punto non più solo retorico – di similitudini,metafore e allegorie. Disporre, organizzare i concetti e le immagi-ni, astrarre i contenuti o formare da questi $gurazioni, inventarediscorsi ed argomentazioni, sono tutti atti che acquistano una va-lenza superiore e un’ef$cacia ancor più signi$cativa, se sviluppatialla luce e con la consapevolezza di questi fondamentali princìpiteorici. La duplice impronta dell’unità e della variazione non deveessere considerata, pertanto, solo come una suggestiva prescrizio-ne metodologica, poiché essa è, invece, il modo autentico di con-frontarsi con la creatività personale, lasciando emergere la realtàoriginaria del pensiero: quella di essere un’altra modalità e, alcontempo, la medesima espressione dell’unico divenire naturale.

79, 2 - 80, 13 Quemadmodum ... presentabuntur] Il sigillo intitola-to "Dedalo£ prende a metafora la $gura del mitico architetto, per-ché si propone di estendere ad un’intera struttura di luoghi e im-magini i princìpi e le modalità operative presentati da Zeusi e Fi-dia. Il fulcro del presente sigillo, come per i precedenti due, è an-cora una volta l’impiego dei subiecta adiectiva per $gurare attiva-mente i segni mnemonici, ma con un'ulteriore ed ennesima va-riante. L’invito è infatti quello di approntare spazi e scenari arric-chiti di varie $gure mobili, che possono essere modi$cate e adatta-te all’aspetto, alla forma e alla struttura (secondo l’equazione cheeguaglia complessità logica a complessità architettonica) di ciò chedi volta in volta si deve rappresentare. Se i quadri di Zeusi prevede-vano il coinvolgimento delle singole immagini e le statue di Fidiachiamavano in causa anche altri elementi contestuali, soprattutto

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quelli disposti nelle immediate vicinanze della $gura principale,ora ad essere oggetto di trasformazione, variazione e combinazio-ne, con lo scopo di creare segni mutevoli e «universali» , è l’interaarchitettura mnemonica, ovvero tutte le immagini e tutti i tipi diluoghi che riempiono lo spazio della nostra fantasia. L’aperta ecreativa attività di espressione semantica e simbolica proposta conquesti sigilli è condotta quindi ad un livello ancora più produttivo,rafforzando soprattutto gli aspetti inventivi, argomentativi e retori-ci: occorre pertanto, in base alla tipologia e all’organizzazione delmateriale da memorizzare, preparare innanzitutto un sistema diluoghi – un percorso visivo – che può essere mutuato da sigilli qua-li la catena, l’albero, la scala o altri. In secondo luogo bisogna col-locare, in corrispondenza dei luoghi individuali, una serie di og-getti e strumenti caratterizzati da un’alta ed ampia versatilità, i qua-li possono essere utilizzati nei modi più svariati e per un numeroinde$nito di azioni. In$ne è la volta di far scendere in campo alcu-ne $gure di personaggi, che percorrono i luoghi ed agiscono edutilizzano gli oggetti incontrati lungo il cammino: in virtù delleazioni e dei gesti compiuti, relazionandosi sia con gli strumenti, siacon il contesto, si avrà dunque la possibilità di dare vita a diverse esvariate con$gurazioni, utili per raf$gurare molteplici cose. Comesi può osservare, tale espediente si serve di subiecta adiectiva, inten-dendo con essi sia gli statici e passivi oggetti posti come accessoridegli scenari, sia le immagini che, meno ancorate al singolo conte-sto, ma dipendenti e vincolate all’intero scenario – lungo cui simuovono –, contribuiscono a raf$gurare assieme ai primi ed ailuoghi stessi quanto occorre rappresentare e conservare in memo-ria. In questo caso, quindi, la funzione delle $gure accessorie è«sdoppiata» e ripartita su due elementi, gli oggetti e le $gureagenti e mobili: mentre i primi contribuiscono a de$nire la conte-stualizzazione delle informazioni, restituendo visivamente e a livel-lo spaziale la struttura logica generale ed unitaria del materialemnestico, le immagini si occupano dell’attiva raf$gurazione delleinformazioni. La dinamica cooperazione di immagini, oggetti deiluoghi e luoghi stessi aiuta pertanto le prime a dar forma visiva edespressiva a tutti i signi$cati mnemonici ed i secondi (inanimati estabili nei percorsi) a rafforzare il legame tra le immagini ed il lorocontesto, non tralasciando però di contribuire anche alla de$ni-zione delle varie scene.Il potenziale espressivo di questa speci$ca modalità operativa èdavvero ampio: l’innovativa creazione dei segni e la loro aggrega-zione e combinazione in nuovi e sempre differenti nuclei semanti-ci aumenta in generale l’espressività degli spazi e degli oggettimnemonici, assicurando loro una maggiore versatilità e fluiditànel raf$gurare le cose, che risulta essere particolarmente adattaper rappresentare quei contenuti i quali, nella loro forma e strut-tura, sono altrettanto mutevoli. Dedalo si mostra quindi partico-

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larmente utile, ad esempio, nel caso dell’invenzione retorica, per-ché uno o più signi$cati possono essere valutati ed elaborati all’in-terno di questi spazi e percorsi, realizzando visivamente proprioquella «mutevolezza» del senso che è tipica delle inferenze logi-che e delle catene argomentative. Il variare di senso di una nozio-ne sottoposta al vaglio del ragionamento si riflette così nell’altret-tanto dinamica trasformazione dei segni che la rappresentano e,cosa ancora più importante, riuscendo a riprodurre visivamente ilprocesso stesso dell’analisi e della valutazione di quel determinatoconcetto. L’immagine che dunque rappresenta un particolare si-gni$cato, nel procedere lungo i percorsi e gli scenari approntati,metterà in scena, passo dopo passo, azione dopo azione, tutte lepossibilità semantiche di cui quello è portatore, assieme ai suoi ca-si e agli aspetti speci$ci e conseguenti, dando così forma visiva al«metodo», ovvero (secondo una prospettiva che Bruno non pote-va ignorare, vista la centralità di tali temi nella cultura cinquecen-tesca) a quel cammino ordinato e regolare che conduce un con-cetto verso la sua de$nizione e contestualizzazione (cfr. N.W. Gil-bert, Renaissance Concepts of Method, pp. 119-28). Inoltre, comespesso accade nella mnemotecnica bruniana, anche le immagini ele $gure create con Dedalo ed utilizzate per «inventare» ed elabo-rare i segni e le informazioni della memoria possono essere utiliz-zate come indici visivi (alla maniera della tavola e del vessillo) cuiassociare altri gruppi di immagini per conservarne soprattutto l’or-dine, oltre che il signi$cato, soddisfacendo così, più propriamen-te, anche l’esigenza di disposizione e memorizzazione dei dati,centrale nell’arte della memoria. Ciò non segna tuttavia un passoindietro rispetto alla principale funzione di questo sigillo, anzi, te-stimonia l’ampia versatilità e il forte pragmatismo dei sistemi dimemoria di Bruno: quasi fossero tutti i pezzi ed i mattoni di un piùgrande e complesso edi$cio, l’arte della memoria si con$gurasempre più come un’«arte delle arti» , un’unica disciplina che so-stiene tutto il sapere grazie ad una sempre più ampia gamma dioperazioni logiche, analitiche e compositive svolte per mezzo diimmagini fantastiche. Il particolare esito di espedienti come De-dalo, Zeusi e Fidia permette dunque di sperimentare anche, in pri-ma persona, il dinamico fluire dell’attività razionale, dandoceneun valido ed ef$cace corrispondente sul piano dell’animazionemnemotecnica e visiva. Tutto ciò è merito della «combinatoriafantastica», ovvero dell’applicazione dei princìpi dell’arte di Lullo(intesa come sistematico confronto, scambio, aggregazione e sepa-razione dei segni mnemonici) agli oggetti che costituiscono glielementi base dell’arte bruniana, i luoghi, gli attributi dei luoghi ele immagini stesse.

81, 2-6 Sigilli ... caret] La stretta dipendenza dei princìpi che ani-mano questo espediente da quelli che caratterizzano i sigilli im-

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mediatamente precedenti fa sì che il «personaggio» altro non sia,in ultima analisi, che l’ennesima applicazione di Zeusi, Fidia e, so-prattutto, Dedalo alla particolare attività della memoria verborum,ovvero alla costruzione di immagini mnemoniche che raf$guranole parole. Tale funzione, tuttavia, è già stata proposta anche con al-tri espedienti e strumenti mnemotecnici (lo scultore, ad esempio)ed è stata esposta compiutamente anche in altri scritti di arte dellamemoria. In particolare, in Ars rem., 48-54 c’è una lunga digressio-ne che prende in esame le tecniche per la memoria di parole idea-te in epoca classica, da Greci e da Latini, citando le riflessioni del-la pseudo-ciceroniana Rhetorica ad Herennium dove si riconosce ilfallimento «tecnico» dell’esperienza degli antichi, nel loro tentati-vo di rappresentare con una sola immagine un termine intero. Gliinsegnamenti di Bruno centrano invece tale obiettivo, perché lasua arte, sostenuta dall’arte combinatoria applicata alle immaginie ai luoghi, permette proprio di costruire raf$gurazioni in cui isingoli valori di $gure-lettere e $gure-sillabe vengono collegati ecomposti in un’unica scena, rappresentando in questo modo unaparola. Il personaggio, che raccoglie in ogni stanza, ovvero letteraper lettera, i segni-codice per formare la parola, invita chi operacon esso a guardare al copricapo che indossa, all’abbigliamento,all’azione che compie, agli oggetti che ha in mano, alle immaginiaccessorie e circostanti che ne completano il quadro e a fare la«somma» dei valori espressi attraverso ciascuno di questi segni, inmodo da leggere tale composizione come un’unica scena deno-tante un signi$cato univoco. Questa scrittura visiva inoltre, in virtùdella struttura che la caratterizza, si mostra ef$cace anche comemezzo per disporre e organizzare i dati mnemonici, visto che, nel-la sequenza che conduce da una stanza ad un’altra e da un ogget-to all’altro, sussistono un ordine ed una sorta di gerarchia: la seriedelle stanze, infatti, può essere interpretata come una successionedi livelli subordinati, mentre gli strumenti e gli elementi in essecontenuti possono servire da riferimenti visivi per le parti spe-ci$che ed individuali di ogni singolo livello. In maniera ancorapiù semplice, non è dif$cile immaginare che per mezzo del perso-naggio che assomma su di sé le lettere di questo particolare codiceè anche possibile formare immagini-indice caratterizzate, comenella tavola, da una composizione alfabetica, ed utilizzare questestesse $gure come principio di ordinamento per un insieme di da-ti a loro associato. In$ne il personaggio ci propone un percorso vi-sivo che è analogo a quello compiuto dalle $gure di Dedalo: egli simuove entro una galleria di luoghi disseminata di oggetti che,all’occorrenza, possono essere utilizzati anche per rappresentaredirettamente i concetti e i signi$cati e non solo le lettere dell’alfa-beto o le posizioni d’ordine; ciò può mostrarsi utile, quindi, ancheper la modalità inventiva.

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82, 2 - 83, 10 Adeo ... columnam] L’espediente del numeratoreprevede l’impiego dei subiecta adiectiva, con lo scopo di migliorarel’organizzazione degli spazi mnemonici: nello speci$co si pre$ggedi costruire immagini-indice che raf$gurano i numeri, con le qua-li possiamo marcare l’ordine e le posizioni di immagini e luoghi.Niente di nuovo, quindi, rispetto alla tavola, al vessillo o ai possibi-li utilizzi alternativi di sigilli come il pittore, lo scultore o Dedalo,se non per il fatto che, in questo caso, ad essere raf$gurate sonoproprio le cifre numeriche e non le lettere, le sillabe o quant’altroriferisca un principio d'ordine. La modalità per costruire tali $gu-re, presentata nella prima sezione dei Trenta sigilli, è nel comples-so semplice: si scelgono dieci immagini diverse per le unità e que-ste vengono combinate con altrettante caratterizzazioni che rap-presentano le decine (e poi le centinaia, le migliaia, ecc.), in mo-do da formare un’unica scena-segno che avrà il valore della cifranumerica risultante dalla composizione. Per questo motivo, nellaparte esplicativa del numeratore, l’autore preferisce non soffer-marsi ulteriormente sul funzionamento dell’espediente e, riman-dando alle già summenzionate pagine sui subiecta semimathematicadi Ars rem., 21-25 (in cui vi è un’unica variante: le decine possonoessere espresse anche per mezzo di categorie di mestieri ed azioni,oltre che di materiali), ne approfondisce invece alcuni aspetti teo-rici, ritenendoli forse più consoni alle ultime riflessioni compiute.Bruno, infatti, consiglia qui di variare molto il tipo di raf$gurazio-ni scelte per caratterizzare le unità, le decine, le centinaia, ecc.,non solo perché l’uniformità e la ripetizione di questi segni puòcreare confusione o ambiguità all’interno degli scenari mnemoni-ci, ma soprattutto per assecondare quel principio di variazione etrasformazione che è ormai considerato uno dei motivi centrali ditutta l’arte. Se dunque si sceglie, ad esempio, uno sgabello per in-dicare il numero tre, ciò non è perché abbiamo stabilito che essosia il segno esclusivo di tale cifra, ma perché ve la scorgiamo comeparte della sua stessa struttura e, per lo stesso motivo, è «tre» qual-siasi cosa riveli nel proprio aspetto questo numero (un tricorno,un treppiede, ecc.). Per meglio intendere il ragionamento di Bru-no, il segno (lo sgabello, ma anche il lino, la lana e tutti gli altri)non deve mai divenire esso stesso un contenuto (il corrispondentenumero), ma deve essere inteso, da chi lo utilizza, con la pienaconsapevolezza di un rapporto semantico «aperto», ovvero chemetta al centro l’esigenza di costruire segni che esprimano i valorinumerici e non semplicemente di codi$carli: quindi non un rigi-do elenco di $gure-numeri, ma – poiché è ugualmente tre anchetutto ciò che porta nella sua con$gurazione qualcosa di ternario, oanche solo lo riferisca – numerosi e differenti segni scelti peresprimere ogni elemento del sistema, con lo scopo di avere un co-dice che sia, al contempo, l’effettiva espressione dei valori numeri-ci, ma anche un insieme versatile di simboli mnemonici. Questo

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perché, non va dimenticato, le $gure costruite secondo i dettamidel numeratore sono innanzitutto «accessori» dei luoghi e, cometali, devono relazionarsi sia con il contesto, sia con le immaginimnemoniche che vi vengono collocate: la loro versatilità rispondequindi ad un’esigenza tecnica che precede quella propriamenteespressiva. Essi sono infatti subiecta adiectiva, prima di essere imma-gini di numeri. Tale riflessione giusti$ca dunque il modo scelto daBruno per formare i segni di questo codice numerico che, come sipuò osservare, si rifà – soprattutto in riferimento ai diversi mate-riali – al principio del vessillo: le immagini scelte per esprimere ivalori numerici devono fungere da segni «universali» , intorno aiquali raccogliere gruppi di $gure-soldato; queste ultime trasmette-ranno i signi$cati a tutte le immagini cui verranno associate, poi-ché riferiranno, nel loro aspetto e nella con$gurazione, le stessecaratteristiche di quella principale. Così, ad esempio, se l’essere diferro denota la settima decina, basterà l’immagine di un grossochiodo con$ccato in una colonna (il numero uno) a farla anch’es-sa «di ferro» e quindi a rappresentare la corrispondente cifra(61). Il materiale ferro sarà quindi il «vessillo» per tutte quelle im-magini che, come il chiodo, assumeranno su di sé il medesimo va-lore, potendolo comunicare alle altre parti del sistema-codice.È utile osservare, in$ne, che questa modalità di costruire immagi-ni per i numeri non è l’unica ideata da Bruno; nell’omologo sigil-lo di De imag. comp., 215-217 ve ne è un’altra ancora più espressiva,che compone alcuni personaggi agenti (per le decine) da metterein relazione con degli oggetti (le unità) e con delle caratterizza-zioni (le centinaia). Anche se apparentemente più simile ai mo-delli combinatori propri dei sigilli e delle tecniche destinate allamemoria verborum, la versione di De imaginum compositione non è, co-munque, in effetti differente da quella qui trattata: anche questigruppi di elementi devono tutti essere mescolati tra loro per for-mare le varie scene-cifra, con la possibilità di introdurre anche al-cune varianti o ulteriori e diversi fattori nella relazione tra le $gu-re che compongono la messinscena.

84, 2-16 Pro ... valeas] Nella spiegazione del sigillo del centurioneBruno si limita a sottolineare il valore organizzativo di questo espe-diente, consapevole che l’esempio addotto nelle pagine di presen-tazione sia stato già suf$cientemente esplicativo da non necessita-re di soffermarsi ancora sul suo funzionamento. Di fatto, indipen-dentemente dalla forma e con$gurazione che possiamo e voglia-mo scegliere per questo insieme di immagini, con il centurione siinsegna ad istituire un sistema di $gure ripartito su due livelli (se-condo la scansione, esempli$cativa e non stringente, delle centu-rie/decine), con l’intento di trasmettere le caratteristiche e le fun-zionalità di un sistema di luoghi ad un insieme di subiecta adiectivastrutturati in maniera gerarchica. Con tali $gure è possibile dun-

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que mettere in ordine i segni della memoria, secondo una modali-tà simile a quella della tavola o del vessillo; però, in questo caso, ilprincipio di organizzazione delle immagini-indice non è basatosulle lettere dell’alfabeto, né è altrettanto aperto quanto le varie epossibili $gure subordinate a segni principali, ma, a metà tra lagriglia della tavola e le molteplici con$gurazioni assumibili dai ves-silli (ovvero meno «rigido» della prima e più ordinato dei secon-di), istituisce una struttura dallo schematismo abbastanza regolaree, al contempo, introduce in questo schema una forma di gerar-chia. A ben vedere si tratta di una soluzione tecnica che è af$neanche a quella del numeratore, ovvero propone la costituzione diun codice di immagini che è generato dalla combinazione e com-posizione di un numero $nito di elementi (nell’esempio di Brunocittadinanze e gradi di familiarità) e che ricorre in essi con unacerta regolarità; tuttavia è approntato per essere ampio quanto leinformazioni da organizzare (per numero e, eventualmente, perlivelli) e, grazie ai suoi indici di posizione, è meglio adattabile aidati cui viene applicato. Un sigillo, quindi, che è con$gurato comeun sistema numerico (cioè è soggetto ad una scansione interna re-golare), ma che recupera anche l’esigenza di schematicità propriadi altre e simili «griglie», poiché cerca di trasmettere a gruppi diimmagini accessorie la strutturata organizzazione tipica delle ar-chitetture mnemoniche.

85, 3-10 Duplicem ... differentiam] Il metodo della partizione «ri-corsiva» del materiale mnemonico e, in conseguenza, dei luoghi edelle immagini che ne sono segno è il fulcro di questo e del suc-cessivo sigillo e, per tale motivo, Bruno ne dichiara $n dall’iniziodella spiegazione l’importante $nalità tecnico-teorica: disporre inmaniera regolare, secondo uno schema $sso e ricorrente, quantoè oggetto di analisi o di argomentazione, in modo che gli elemen-ti ed i termini della «materia» da discutere risultino logicamentedisposti e ben ordinati nel loro complesso. In questo tipo di solu-zioni, che privilegiano gli aspetti metodologici, riecheggiano le ri-flessioni della dialettica rinascimentale, centrata su un’interpreta-zione «visiva» e dispositiva del concetto di coerenza logica: più lecose sono ripartibili, suddivisibili e interpretabili in forma schema-tica e classi$catoria, più quel materiale è razionale, ovvero è con-forme agli schemi di pensiero e, nella prospettiva bruniana, coe-rente con le leggi di natura, da cui essi stessi sono scaturiti. Si trat-ta di un punto di vista che, come si è già accennato, caratterizza lanuova concezione del metodo, in aperto contrasto con la tradizio-ne terministica della Scolastica tardo-medioevale, sviluppata da au-tori quali Lorenzo Valla, Paolo Veneto, Rodolfo Agricola («inven-tore» del sistema dei loci dialettici), Filippo Melantone e Pietro Ra-mo. Essa trova anche un’ulteriore conferma in molte delle nuove«$loso$e» del Cinquecento e, non a caso, riconosce un debito teo-

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rico – soprattutto in Francia ed in Germania – nei confronti della$gura e dell’opera di Raimondo Lullo, che, sulla base di uno sche-matismo impostato su presupposti analoghi, fonda un metodo eduna visione del mondo. Da parte sua Bruno, nel ridisegnare i rap-porti e gli equilibri tra la dimensione divina, quella $sica e l’uma-na (facendo della terza non un grado intermedio tra la prima ed ilmondo materiale, ma una funzione di quest’ultimo), assegna allaconoscenza ed al suo strumento per eccellenza – l’arte della me-moria – il compito di ricostruire la frammentarietà dell’esperien-za, nel tentativo di consegnare all’uomo una visione quanto piùunitaria ed estesa possibile della realtà, colta, al tempo stesso, neisuoi aspetti di in$nite differenze e di unità. Lo schema «quadra-to» e quello «circolare», rispettivamente del diciottesimo e del di-ciannovesimo sigillo, sono dunque formule e strumenti per guar-dare con sistematicità e metodo al sapere, prestando la loro fun-zione sul duplice fronte della molteplicità e dell’unità, dell’etero-geneità che è propria dell’esperienza e dell’omogeneità che la rac-coglie in sistema. Queste regole prevedono la suddivisione pro-gressiva e ricorsiva del materiale conoscitivo, di quello mnemoni-co, o, direttamente, dei segni fantastici, ripartendo le informazio-ni sulla base del numero quattro o del numero due, su un livellosolo, oppure per più e molteplici gradi (perciò vengono dette, talied ulteriori applicazioni, «tridimensionali» , riprendendo una me-tafora metodologica già in atto nella spiegazione del vessillo, cheestendeva su «tre dimensioni», cioè più di due livelli di ripartizio-ne, l’ef$cacia organizzativa della tavola, cfr. supra, 69, 9).

85, 11-17 Quadratum ... patiatur] Lo schema di organizzazione abase quattro insegna a suddividere e distribuire argomenti, infor-mazioni, luoghi ed immagini in gruppi e sottogruppi formati daquattro membri e partizioni. Poiché infatti, nell’arte di Bruno, lastruttura e la forma dei segni mnemonici è speculare e simmetricaa quella delle informazioni in essi e con essi rappresentate, anchequesto espediente, come tutte le altre formule per disporre i luo-ghi, può essere applicato sia al materiale stesso da memorizzare –quindi prima di essere tradotto in immagini e luoghi –, sia agli spa-zi ed ai segni della memoria. Nell’invenzione retorica, in partico-lar modo, può essere una chiave ef$cace per la lettura e l’esposi-zione di quanto deve essere valutato, appreso o comunicato ad al-tri, individuando un concetto centrale, suddividendolo in quattroparti principali e ripartendo ulteriormente ciascuna di esse in al-trettante porzioni, $no a giungere alle sue parti più speci$che edettagliate. Si può utilizzare, poi, questo tipo di ripartizione perorganizzare direttamente la scansione e la distribuzione dei luo-ghi: un palazzo può essere diviso in quattro piani, in ognuno diquesti trovano posto altrettante stanze principali che a loro voltavengono suddivise in quattro aree, in cui sono individuati altret-

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tanti angoli, per un totale di 256 luoghi speci$ci. Il medesimo cri-terio può essere utilizzato per distribuire le parti di un’immagineo un gruppo di esse, creando, ad esempio, una squadra di perso-naggi caratterizzati come nel vessillo o nel centurione e scanditain gruppi e sottogruppi in cui ricorre il numero quattro. Con luo-ghi ed immagini così distribuiti si potranno memorizzare gruppidi informazioni, ma anche valutarne creativamente il senso quan-do, come ormai si è compreso, si fanno muovere le $gure degli ar-gomenti da esaminare lungo il composito percorso delle loro ar-gomentazioni, relazionandosi con quanto è lì collocato per espri-merne tutte le necessarie e conseguenti circostanze.

86, 3-12 Eadem ... manifesta] Nella spiegazione del diciannovesimosigillo Bruno si limita a ribadire l’af$nità dei princìpi combinatoriche animano questo e il precedente schema di organizzazione e laconseguente e prioritaria applicazione di questa seconda modalitàorganizzativa all’invenzione e argomentazione retorica. La diffe-rente scansione delle parti fa sì, infatti, che il procedere di quattroin quattro o di due in due sia più adatto, rispettivamente, all’orga-nizzazione sistematica di gruppi o alla valutazione creativa di infe-renze e discorsi. La prima modalità è ritenuta più funzionale allasuddivisione di un argomento o di un concetto principale, perchési basa su un sistema maggiormente scandito ed ordinato di rela-zioni: è quella che si dice una «enciclopedia» – cui il termine ency-clios che titola entrambi i sigilli in qualche modo allude –, ovverouna struttura sistematica e disposta con regolarità che abbraccia edescrive, con le sue molteplici divisioni e sottopartizioni, un temagenerale. Diversamente il sistema «binario» di ripartizione di unargomento è più indicato per la inventio, cioè per la produzionecreativa e la valutazione di inferenze e relazioni tra termini o con-cetti che derivano e scaturiscono tutti da un primo e principale. Inpratica esso consiste nel riferirsi a un sistema di informazioni chedipendono e derivano strettamente da una sola nozione, conside-rata il centro intorno cui tutte queste vertono: un singolo argo-mento, ad esempio, viene vagliato sulla base di due partizioni e ra-mi$cazioni principali; queste a loro volta trovano altrettante pun-tualizzazioni, ognuna ripartita in ulteriori speci$cazioni binarie ecosì via, creando una scala di inferenze che conducono $no allaprima che, a sua volta, si moltiplica e scende $no ai suoi dettaglipiù particolari, secondo duplici e subordinati assi di confronto.Una distinzione quindi, quella tra organizzazione a base quattro e abase due, più formale e tecnica che sostanziale, ma che divieneestremamente signi$cativa se, secondo un atteggiamento tipico diBruno, trasponiamo i due schemi sul piano visivo – sia gra$co chemnemotecnico – e li concepiamo come sistemi di elementi (sianoessi dati, immagini o luoghi) organizzati secondo la $gura geome-trica del quadrato ripartito in molteplici sezioni (che è traccia visi-

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va, ma anche pianta per le architetture interiori) o di un cerchioche è formato da più cose disposte secondo «ruote» concentrichee da raggi che si diramano dal centro. Quest’ultima rappresenta-zione, in particolare, esempli$ca la speci$ca modalità applicativa diquesto espediente, scandito da una progressione geometrica espo-nenziale basata sul numero due: di fatto si tratta del metodo della«divisione» di matrice platonica, noto e diffuso in tutta la tradizio-ne retorica, dall’antichità $no al Rinascimento, che Bruno reinter-preta e ricolloca tra le tante e possibili strategie per organizzare idati del sapere e i loro segni, aggiungendolo alla serie di preziosistrumenti mnemotecnici che corredano la sua «arte delle arti».

87, 3 - 89, 14 Hic ... reliqua] Il sigillo della sillaba e della lettera, co-me si è già spiegato in margine alla sua presentazione, permette ditrasformare un verso poetico, le parole che lo compongono e levarie sillabe e lettere che formano le parole, in un sistema di $gu-re che ha le stesse proprietà dei luoghi mnemonici: sono riferi-menti contestuali e visivi cui associare i segni di quanto vogliamomemorizzare. Tutta l’operazione avviene attraverso due passaggi:innanzitutto si traducono in immagini vive ed agenti le parole delverso e le parti di esse, ottenendo, in questo modo, un rafforza-mento nella conservazione in memoria del verso stesso, che è ri-cordato, quindi, sia in virtù della sua forma musicale e ritmica, siain quanto visualizzazione fantastica ed emotiva. Nel far ciò si dà vi-ta, in secondo luogo, ad una composita griglia visiva di $gure, mes-se in relazione tra loro, cui opportunamente e secondo particolarimodalità saranno associate le immagini delle informazioni mne-moniche. Nella prima fase si creano quindi dei segni visivi che rap-presentano il valore di quanto è espresso nel verso preso come«luogo verbale»; con il secondo atto queste stesse immagini di-vengono subiecta adiectiva, cioè $gure accessorie che vincolano al-tri segni ad uno schema/contesto che, nello speci$co del presentesigillo, è il verso poetico stesso, o meglio, la struttura di relazioni ela scansione di parti (parole, sillabe e lettere) che si vuole $ssareper mezzo di esso. I modi secondo cui legare prima le varie imma-gini tra loro, successivamente con quelle dei dati mnemonici, si ri-fanno alle già menzionate tecniche per associare, combinare, mol-tiplicare e modi$care creativamente le immagini fantastiche; essesono oggetto di un maggiore approfondimento nella seconda par-te della sezione esplicativa del ventesimo sigillo. Nei primi para-gra$ Bruno riflette invece sui possibili utilizzi di queste griglie con-testuali animate che, come ormai è comune alla quasi totalità deisigilli, possono essere impiegate sia per la memorizzazione, sia perla valutazione inventiva e dialettica dei dati mnemonici. In modoparticolare, se ci si vuole servire del sigillo per l’invenzione retori-ca occorre fermarsi al primo grado di intervento operato sui versi,ovvero limitarsi a leggere nelle varie immagini i signi$cati che esse

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esprimono di per sé, senza quindi porre attenzione né alla loroscansione d’ordine, né agli eventuali livelli di strutturazione cheesse rivelano. Nel caso del verso preso come esempio: «Odi profa-num vulgus et arceo» («Odio la massa profana e la rifuggo», cfr.Orazio, Carmina, III, 1, 1), se ci si volesse ispirare ad esso come per-corso di riferimenti retorici, bisognerebbe prendere spunto daisingoli valori che ogni parola – ovvero la corrispondente immagi-ne – esprime; quindi, l’odiare, il profanare, la volgarità della mas-sa, il tenersi lontano da determinate cose servirebbero, rispetto adun soggetto, come tappe e momenti della sua scansione argomen-tativa. Così dall’interazione di questi signi$cati con la virtù dellamagnanimità – attraverso attive relazioni poste e visualizzate tra lerispettive immagini – si potrebbe ricavare che gli uomini magnani-mi odiano gli atti ignobili; evitano le azioni profane ; non frequenta-no la massa volgare ; in generale, si tengono lontano da tutto ciò chepuò in$ciare tale magnanimità. In una maniera concentrata, maesempli$cativa – come in una sorta di acrostico o ipertesto –, dalleparole di una frase si fanno derivare altre proposizioni ed argo-menti, secondo un atteggiamento creativo e retorico tipico del-l’arte di Bruno, che si ispira ai princìpi generativi e produttivi del-l’arte combinatoria. Questa modalità è effetto, come si è appenavisto, di un utilizzo dei luoghi verbali che si limita a leggere i versipoetici come sistema di valori e concetti (quelli espressi dalle pa-role del verso stesso), messi in sequenza l’uno dietro l’altro, tra-sformandoli, dunque, in «luoghi retorici» prima ancora che mne-monici. Lo strumento diventa ancora più ef$cace, nel campo in-ventivo, se torniamo invece a considerarlo come una struttura diimmagini, ovvero guardiamo all’ordinata scansione delle parole,delle sillabe e delle lettere come se fossero luoghi mnemotecniciai quali riferire le parti di una particolare argomentazione. Consi-derando dunque le $gure come subiecta adiectiva e attribuendo lo-ro noi stessi i valori secondo cui vogliamo scandire il percorso, po-tremo leggere nella loro struttura i momenti in cui deve esseresuddivisa la nostra riflessione (ad esempio, il primo riferito all’es-senza, il secondo che prende in considerazione le potenzialità, poiil modo in cui scaturiscono gli effetti e, in$ne, le circostanze con-seguenti, cfr. supra, « l’albero», 58-59) e, facendo passare attraver-so di essi l’immagine dell’argomento principale, per mezzo diazioni e relazioni, ne trarremo le inferenze e le conclusioni conse-guenti e necessarie. Come si può vedere, il luogo verbale di Brunoaltro non è, dunque, che l’ennesimo sistema di immagini le qualihanno un valore ed una funzione strumentale, ovvero sono acces-sorie rispetto all’organizzazione, valutazione e conservazione di al-tre immagini, che sono i segni delle informazioni della conoscen-za. L’unica differenza tra questo ed altri sigilli simili sta dunquenel fatto che qui l’elemento che uni$ca e collega lo schema – eche ne assicura una migliore conservazione – è la con$gurazione e

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la struttura di un determinato verso poetico, piuttosto che un’ar-chitettura numerata e ben organizzata di luoghi.

90, 1-16 Proinde ... adtentavimus] Le ultime e conclusive osserva-zioni di Bruno in merito al sigillo della sillaba e della lettera ri-guardano i modi e le operazioni con cui animare i luoghi verbali.Occorre organizzare, infatti, le relazioni tra le immagini scelte perrappresentare le parti delle parole e del verso, con lo scopo di ren-dere visivamente l’idea di una struttura gerarchica: utilizzando,quindi, elementi visivi attivi e suggestivi, ma che diano, al tempostesso, l’idea di rapporti di subordinazione e dipendenza. Del re-sto, questo sigillo si pre$gge proprio lo scopo di equiparare lascansione verso/parola/sillaba/lettere a quella di una struttura ar-chitettonica, ripartita in piani, stanze ed angoli, individuando nel-la prima, come già si fa per i luoghi «tradizionali» , un sistema a li-velli. Ma mentre la rappresentazione visiva di uno scenario mne-motecnico rivela in modo abbastanza esplicito la struttura logicaad esso associata – perché gli angoli e le stanze sono compresi neipiani e nell’edi$cio, proprio come i concetti particolari sono in-clusi in quelli più generali –, lo schema che emerge dai versi nonesprime così altrettanto immediatamente i vari rapporti di inclu-sione e di subordinazione che si desidera rappresentare. È dun-que grazie alla trasformazione in $gure agenti delle parole di unverso che – in virtù della relazione attuata tra di loro – è possibiledare una forma visiva alle relazioni che intercorrono tra i vari ele-menti e, di conseguenza, anche ai concetti che vi sono stati asso-ciati. Addirittura, per aumentare la forza espressiva di questo espe-diente, è possibile addensare più di un signi$cato sulle singole sil-labe o lettere di una parola (da cui il titolo del sigillo), facendo diesse delle $gure vive che si legano e comunicano con tutte le altre,secondo i precetti dell’ormai consolidata combinatoria fantastica:seguendo gli stessi princìpi $gurativi che facevano sì che l’immagi-ne di un «capo operaio» che «odia», rappresentasse tutta la paro-la ODI, adesso è possibile riferire più personaggi «che odiano» al-la sola O, oppure, se il personaggio che odia moltiplica le proprieazioni o caratteristiche per la O, la D e la I (ad esempio «offen-de», si «dispera» ed esplode in attacchi «d’ira»), si individueran-no in esse degli ulteriori livelli subordinati. In conclusione, varian-do la conformazione e le modalità di organizzazione e di aggrega-zione delle immagini, creandone anche per le parti speci$che diogni parola del verso – pur restando $ssa la struttura di base prin-cipale –, verranno ampliate le possibilità rappresentative del siste-ma, aumentando, di fatto, il numero di riferimenti visivi che avre-mo a disposizione.

91, 2 - 93, 11 Rotae ... docuimus] A questo punto dell’esposizionee spiegazione dei sigilli Bruno ha ormai presentato tutte le princi-pali innovazioni tecniche della sua arte della memoria: ha de$nito

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i luoghi ed il loro fondamentale ruolo di complementarietà nel-l’espressione e costruzione del segno mnemonico; ha descritto l’u -so delle immagini, estendendone la portata semantica a tutto l’uni-verso fantastico; in$ne ha introdotto l’utilizzo dei subiecta adiecti-va, originale strumento $gurativo per visualizzare e rappresentarequalsiasi tipo di informazione accessoria e contestuale. In tale ac-cezione essi sono luoghi, cioè riferimenti per altre immagini, mapossono arrivare – grazie all’animazione e alla combinazione conaltre $gure – a cooperare attivamente alla creazione dei segni del-la memoria, rappresentando qualsiasi tipo di informazione. Si è vi-sto, inoltre, come le immagini accessorie – sebbene pensate in ori-gine come stabilmente radicate nei propri luoghi (cfr. « il coltiva-tore», supra, 15, 65) – possano in taluni casi esserne svincolate edivenire portatrici di signi$cati lungo percorsi animati, dove i va-lori di quanto esse rappresentano vengono ride$niti, in manieraulteriore e speci$ca. Il personaggio che costruisce la parola via viache entra in ciascuna stanza di una prestabilita sequenza di luoghie assume su di sé determinate caratterizzazioni che corrispondonoalle varie lettere, è forse uno degli esempi più calzanti di questorinnovato atteggiamento (cfr. supra, 22, 81). Ed è proprio il quin-dicesimo sigillo ad essere evocato da Bruno in queste pagine – as-sieme al precedente che, nella scansione delle immagini, ha carat-teristiche analoghe – perché tra tutti è forse quello che sembra es-sere più af$ne alla ruota del vasaio; quest’ultimo sigillo infatti as-somma in sé molti dei precedenti insegnamenti e, in particolare,unisce l’esigenza di un rigoroso schematismo contestuale – tipicodei molti sigilli che insegnano a costruire architetture di luoghi –con la versatilità espressiva di immagini che percorrono determi-nati luoghi e si combinano con tutto ciò che trovano lungo il lorocammino. Se si comprende che la peculiarità di questo sigillo èproprio questa – mettere insieme, in un unico sistema mnemoni-co, la stabilità organizzativa dei luoghi con la ricca variazione $gu-rativa delle immagini –, si capisce anche perché la metafora del va-saio che plasma la creta è quella che rende più ef$cacemente con-to del senso di questo espediente: la «ruota» è il supporto sul qua-le avviene la modellazione; essa gira sostenuta dal movimento del-l’artigiano ed è perciò il simbolo del sistema di luoghi in cui avvie-ne la sistemazione e l’organizzazione dei segni mnemonici; questiultimi costituiscono la creta, ovvero la materia prima che prendemolteplici forme sotto le mani/la fantasia del plasmatore.La ruota del vasaio pertanto, sebbene possa essere utilizzata perconservare e disporre le informazioni mnemoniche, è un concretoe suggestivo simbolo dell’arte di modi$care e trasformare le im-magini, combinando e componendo tra loro luoghi subiecta adiec-tiva e segni della memoria, con lo scopo di rendere ancora più di-namica e versatile l’espressione dei contenuti. Tale funzione è for-se l’aspetto più completo e complesso della mnemotecnica di Bru-

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no ed è descritta in maniera suggestiva nelle pagine del De umbrisidearum in cui si de$nisce adiectum proprio la capacità di creare in-numerevoli immagini-segni a partire da altre $gurazioni (cfr. Deumbris, 119-121), pagine alle quali Bruno stesso rimanda a conclu-sione di questo sigillo. È un atteggiamento che chiama in causa gliaspetti più creativi della fantasia, spingendola ad emulare, come siè già più volte sottolineato, l’incessante forza produttiva della na-tura: i segni mnemonici – considerati alla stregua di enti, dotati diun corpo (l’immagine visualizzata) e di un’anima (il loro signi$ca-to) uni$cati nel sostrato fantastico – prendono vita entro l’univer-so mnemonico seguendo l’onda dell’incessante impulso a trasfor-mare e a produrre ogni cosa, che è impronta intima ed autenticadella vitalità naturale. Non è un caso dunque che in quelle pagine,per illustrare l’arte di costruire segni a partire da altri segni e com-binare in$nitamente le immagini con lo scopo di rappresentarequalsiasi cosa, sia chiamata in causa una $gura – andata perduta –che si ricollega esplicitamente a questo sigillo (o meglio ad unodei suoi possibili ed esempli$cativi usi), mescolando e componen-do tra loro le immagini agenti e mobili dei pianeti con i luoghi co-struiti per riprodurre l’ordine e la disposizione delle costellazionizodiacali. Da queste premesse si ricava anche il senso più profon-do del funzionamento del ventunesimo sigillo: i dodici o più«atrii» , secondo uno degli esempi proposti, consistono in spazi digenere comune, come botteghe, stanze, ecc.; essi accolgono altriluoghi individuali, a loro volta riempiti di oggetti e strumenti attialle più disparate azioni; ogni volta che un personaggio passa at-traverso questi luoghi e si relaziona con quanto vi trova, dà appun-to vita a innumerevoli $gurazioni diverse, che possono essere uti-lizzate quali segni per ciò che vogliamo ricordare e rappresentareo, come talvolta accade, quali riferimenti e marcatori per le imma-gini mnemoniche. Si può notare, dunque, che in queste pagine èsottolineato proprio l’aspetto $gurativo, inventivo e creativo dellaruota del vasaio; nella presentazione invece si insisteva maggior-mente sulla sua forza organizzativa, descrivendolo, in una manierapiù statica, con le $gure dei personaggi ancorate al proprio luogo,pensate per esprimere la struttura delle parti o dei livelli in cuisuddividere l’intero scenario, non la ricchezza e la varietà dei se-gni lì contenuti. Di fatto, questa e quella versione non differiscononei princìpi di base che prevedono che i due movimenti del «vasa-io» vengano composti insieme: quello orizzontale, che strutturaun percorso di luoghi, e quello verticale, che scopre e individuauna maggiore profondità semantica ed espressiva negli oggetti enegli spazi con i quali i personaggi interagiscono. L’applicazione,quindi, di questa formula ad uno speci$co materiale mnemonico,individuato nella disciplina astrologica, può servire non solo comeutile esempio per illustrarne il funzionamento, ma anche come ar-chetipo più generale dei valori tecnici che sono celati dietro di es-

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so: se infatti si vogliono memorizzare le costellazioni dello zodia-co, ma anche tutti i possibili signi$cati derivabili dagli aspetti e dal-le posizioni dei pianeti, si potrà trovare un utile riscontro proprionel meccanismo, al contempo organizzativo e $gurativo, di questoespediente. Si visualizzi, pertanto, come primo passo, il sistemaastrologico cui si fa riferimento, ovvero un sistema di luoghi co-muni (atrii, case o stanze), disposti circolarmente come su una sor-ta di ruota o in un piccolo an$teatro; questi saranno la raf$gura-zione del circolo zodiacale e, quindi, ciascuno dei luoghi dovràcontenere tutti quegli oggetti, strumenti e caratterizzazioni visiveche serviranno ad esprimere l’insieme di concetti e di signi$catirelativi ad ogni segno. In secondo luogo si raf$gurino i sette pia-neti che dovranno «girare» entro l’orizzonte del nostro sistema:sette personi$cazioni dei pianeti celesti avranno dunque il compi-to di percorrere, proprio come avviene nella volta celeste, le dodi-ci case e, in ognuna di esse, daranno vita, di volta in volta, a diver-se scene con gli oggetti e le $gure che vi incontreranno, formandocosì varie scene da usare come segni dei molti e possibili signi$ca-ti. In pratica se verrà realizzata, ad esempio, una sola scena conogni $gura agente, si avranno in totale ottantaquattro $gurazionidiverse (7x12), ma realizzando più scene in ogni luogo o co-struendo $gurazioni per mezzo di più personaggi contempora-neamente, i segni che ne scaturiranno saranno – in proporzione alnumero di oggetti, elementi e personaggi messi in relazione tra lo-ro – molti di più. In questo caso la ruota è divenuta il supporto cir-colare ove avvengono le $gurazioni; in realtà essa, come si è giàsottolineato, serve soprattutto ad esprimere la vera e peculiare es-senza del sigillo, ovvero la possibilità di generare, a partire da unoschema regolare e grazie alle sue parti mobili, una pluralità di se-gni e $gurazioni pressoché in$nite, andando a mescolare in ma-niera illimitata gli elementi $gurativi che lo compongono, secon-do i dettami della combinatoria fantastica. La rappresentazioneschematica dell’espediente aggiunta nel testo ($gura 5) serve a ri-badire, poi, sia questa particolare applicazione mnemonica, sia leconseguenti conclusioni teoriche e metodologiche: al centro diun quadrato suddiviso in dodici triangoli e che richiama lo sche-ma degli oroscopi vi è un raggio che si presume mobile e ruotantelungo la periferia; questo porta incise le iniziali dei sette pianeti(S, Saturno; I, Iupiter, cioè Giove; M, Marte; S, Sole; U – cioè V –,Venere; M, Mercurio e L – corrotta in I –, per la Luna) secondouna prospettiva geocentrica che esprime più pragmaticamente ecorrettamente il punto di vista da cui si costruisce un quadro astro-logico. Le medesime $nalità e funzioni ritornano, in$ne, anche inDe imag. comp., 240 e 244, sia nell’undicesimo sigillo intitolato Or-bita coeli (che tuttavia ammette una strutturazione dei luoghi supiù livelli, come nel pellegrino), sia nel tredicesimo, detto Princi-pes; anche qui Bruno offre uno strumento in cui la regolarità delle

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architetture mnemoniche incontra la varietà $gurativa della com-binatoria fantastica, animando all’in$nito le $gure che passano edagiscono lungo i percorsi di luoghi: il medesimo contesto sceno-gra$co, caratterizzato da immagini di pianeti e luoghi-costellazio-ni, ci rivela quindi che tale applicazione mnemonica è ormai dive-nuta, al pari del vasaio, archetipo del principio combinatorio cheanima questo espediente.

94, 3-17 Per ... diximus] Nelle pagine della sezione esplicativa deiTrenta sigilli dedicate alla fonte e allo specchio, a Bruno non serveaggiungere altro a quanto scritto nella presentazione del venti-duesimo sigillo, se non per de$nire ulteriormente alcuni aspettitecnici. È questo del resto, come abbiamo già notato in preceden-za, un espediente che ha più implicazioni teoriche che pratiche,perché sancisce in maniera esplicita – e forse de$nitiva – quanto$nora lo stesso Nolano ha sottinteso, introdotto ed espresso permetafore (tra cui quella molto ef$cace del vasaio che modella lacreta, ma anche quelle che riprendono gli arte$ci Zeusi, Fidia eDedalo): l’aspetto creativo e produttivo dei segni mnemonici deverealizzarsi attraverso e per mezzo di altre immagini. In ciò consisteil vero fulcro della sua nuova «arte delle arti» . Già la rilettura e ri-formulazione della nozione di luogo e di immagine, o l’invenzio-ne dei subiecta adiectiva, avevano aiutato a comprendere che il rap-porto tra il segno e il suo contenuto era quanto di più mutabile eversatile si potesse riscontrare, se letto nella prospettiva di una vi-sione sistematica e unitaria dell’universo fantastico. Arrivati a que-sto punto scopriamo che tutte le innovazioni tecniche e le soluzio-ni originali che Bruno ci ha gradualmente presentato non sono al-tro che «pezzi» e componenti di un quadro più ampio e generaleche trova, in questa ultima serie di sigilli, una più completa ed ul-teriore de$nizione. Da ora in poi infatti, dopo il suggestivo prelu-dio della ruota del vasaio ed i parziali esempi riscontrabili in moltidei precedenti sigilli, viene esclusivamente proposto di lavorare eoperare direttamente sulle immagini e sui luoghi e di creare attra-verso di essi i segni di quanto si desidera rappresentare, attingen-do ad un serbatoio di simboli e di signi$cati che si fa tanto più ric-co e fecondo quanto più è mutabile e multiforme il gioco dellecombinazioni costruito e realizzato con essi. In questa prospettivala metafora della fonte e dello specchio indica innanzitutto il po-tere creativo dell’interiorità mnemotecnica da cui sgorga tutta lapotenza espressiva delle $gurazioni mnemoniche, che riflette lacomplessa ed eterogenea unità del «sistema» natura. Dal punto divista tecnico, poi, nulla di più compete a questo sigillo se non ri-cordare al lettore, ancora una volta, l’importanza di rispecchiarela complessità dei concetti e dei dati da trasformare in immagininella struttura organica di queste stesse raf$gurazioni e di conferi-re ad esse quella stessa mobilità e mutevolezza che si riscontra in

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quanto è da argomentare, vagliare e produrre creativamente. Inmodo particolare a Bruno è utile sottolineare alcune soluzioni pra-tiche per rendere la combinatoria fantastica ancora più ef$cace:quando, infatti, nel palazzo costruito per raf$gurare e memorizza-re il De auditu cabbalistico (testo pseudo-lulliano che è preso comeesempio) erano collocate le immagini per rappresentare i sogget-ti, i due tipi di predicati e le domande – ovvero gli elementi checompongono l’arte di Lullo –, la scelta di tali $gure doveva asse-condare, non tanto il valore speci$co di quanto esse signi$cavano,ma piuttosto la loro funzione di operatori tecnici entro il sistemadi quella speci$ca metodologia; si doveva cioè fare riferimento piùal loro aspetto «sintattico» che a quello propriamente semantico.Così per raf$gurare i predicati era consono scegliere immagini dioggetti e strumenti che più e differenti $gure agenti potessero usa-re indistintamente, perché è proprio e peculiare dei predicati del-l’arte combinatoria (nove assoluti e altrettanti di relazione) l’esse-re adattabili a tutti i soggetti. Tale suggerimento, estendibile an-che agli altri elementi della tecnica in questione, serve quindi a ri-badire al lettore che operare con i segni mnemonici – siano essi dicarattere contestuale, convenzionale o semplici simboli di deter-minati concetti – signi$ca dare una priorità a tutto ciò che possacaratterizzare visivamente i rapporti, le connessioni e la comunica-zione tra gli elementi che compongono un determinato sistema.Se si vuole costituire un quadro generale, e quanto più unitariopossibile, in grado di manifestare la complessità dei legami e laforza creativa di un insieme, ha molto più valore, infatti, sottoli-neare le relazioni che intercorrono tra le sue parti e le legano inun tutto organico, piuttosto che le singole componenti di una plu-ralità che si presenta eterogenea e frammentaria. È questo del re-sto l’unico e fondamentale criterio per uni$care tutto il mondodella fantasia e far sì che da ogni visione possano sgorgare i segnidi qualsiasi cosa.

95, 2-11 Sigillus ... affecti] Il medico empirico, ventitreesimo dei si-gilli di Bruno, riprende i princìpi della ruota del vasaio, per decli-narli in una struttura analoga e con una funzione mnemonica si-mile: come questa, infatti, è costituito da una galleria di spazi nel-la quale sono presenti, in pianta stabile, oggetti (ma anche $gureagenti) mentre altre immagini di personaggi passano lungo il per-corso e si relazionano, di volta in volta, con il contesto e con quan-to incontrano sul proprio cammino. Il nome di «medico empiri-co» è invece dovuto alla singolare caratterizzazione visiva conferi-ta all’intero sistema, che si basa sulla particolare modalità di inte-razione tra le $gure che passano per i luoghi e quelle che vi sog-giornano: queste ultime devono infatti dare l’impressione di offri-re rimedio e guarire, grazie alle numerose e possibili azioni com-piute con i propri strumenti, certe situazioni di malessere e soffe-

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renza inscenate dalle prime. Questo particolare esito espressivoserve a costituire una sorta di «punto» mnemonico-emotivo cuivincolare – o con il quale rappresentare – i ricordi. Per realizzareciò, innanzitutto, le varie stanze devono essere con$gurate comedelle «of$cine», ovvero piccoli laboratori of$cinali in cui pratica-re determinate discipline diverse, all’interno delle quali abiteran-no stabilmente personaggi dalle caratteristiche conformi e coe-renti con esse; diversamente, le $gure che andranno a visitare que-sti spazi dovranno essere rappresentate con un aspetto sofferente,emaciato e dolente così che, di volta in volta, grazie all’interazionecon le singole $gure lì presenti, esse potranno essere sanate e tro-vare sollievo. Le scene risultanti dai molteplici incontri tra le $gu-re principali, i personaggi dei luoghi e gli oggetti che da questi odalle prime sono utilizzati, costituiranno dunque le scene con cuirappresentare o alle quali vincolare le informazioni mnemoniche,che risulteranno memorabili proprio in virtù della particolare esuggestiva connotazione emotiva raf$gurata ed espressa da ogniquadro. Il particolare cambiamento di stato, dal malessere che af-fligge le $gure al sollievo procurato nelle «of$cine», è infattil’espediente che fa funzionare questo sigillo basato sulla profondaconsapevolezza, da parte di Bruno, che il passaggio da una condi-zione di sofferenza e di negatività ad una positiva – che l’operato-re vive per l’interposta persona di quanto sta visualizzando – agiscecome ulteriore stimolo mnemonico nel garantire la conservazioneed il recupero dei ricordi. Tale stratagemma diventa ancora più si-gni$cativo, se si considera che si opera entro scenari creati nonper rappresentare determinati insiemi di informazioni, ma per co-stituire sistemi mnemotecnici aperti ai più svariati segni, che deri-vano dalla trasformazione e combinazione di quelli già presenti.Ogni elemento che è in grado di rendere univoca e speci$ca cia-scuna scena prodotta, anche grazie all’apporto di una componen-te emotiva controllata ed indotta «arti$cialmente», può pertantoaumentare ulteriormente l’ef$cacia dell’intero sistema.

96, 2-6 Per omnes ... indigeat] Nelle pagine della presentazioneBruno ha cercato di mostrare ai lettori tutta la forza espressiva diquesto singolare espediente, illustrando con brevi e succinti esem-pi il tipo di $gure da utilizzare e la complessità raf$gurativa cui de-ve aspirare l’intera rappresentazione scenica. Ed è proprio questal’essenza del sigillo del dado o azzardo, che riprende le sollecita-zioni operative del medico empirico nel dare priorità alla costru-zione visiva; in questo caso, però, con il $ne di fare di essa anche ilprincipio di organizzazione cui sottoporre le informazioni mne-moniche. Nella sezione esplicativa, infatti, Bruno si sofferma pro-prio a sottolineare la funzione ed il senso di questo sigillo, che ser-ve per formare un sistema di immagini cui agganciare o con cuirappresentare quegli insiemi di dati ed informazioni che, per loro

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strutturazione, non hanno un ordine proprio; non è perciò facileleggere in essi alcun principio di organizzazione interna, da tra-sformare in architetture di spazi e di luoghi. Mentre la maggiorparte dei sigilli, indipendentemente dalle loro speci$che prescri-zioni tecniche, è accomunata da una consapevole attenzione perla conformazione scenica delle immagini (in generale è un trattopeculiare di tutta l’arte bruniana privilegiare la strutturazione deiluoghi, segno dell’unità e uni$cazione contestuale dei contenuti),il sigillo del dado o azzardo è volutamente dedicato a quelle infor-mazioni che, per diverse e varie ragioni, non hanno uno speci$coprincipio di organizzazione, così che non è possibile cogliere in lo-ro nulla che rimandi ad un contesto, o che possa suggerirci – a se-guito di una struttura logica – la costruzione di un apparato sceni-co-mnemonico. In situazioni del genere è dunque utile raccoglie-re le immagini mnemoniche (o trovare il modo di rappresentarledirettamente) per mezzo di un sistema di $gure che abbia le se-guenti caratteristiche: 1. deve essere abbastanza complesso ed or-ganizzato da offrire uno schema per la lettura ordinata dei datiche esso rappresenta o accoglie; 2. deve avere una forte valenzaemotiva in modo da sopperire, con il maggiore impatto visivo, allaminore forza mnemonica dovuta all’assenza di riferimenti spaziali;3. deve essere in$ne estremamente versatile rispetto alle possibili-tà combinatorie di tutte le $gure di cui è composto, af$nché possaessere adattato alle molte e differenti tipologie di informazioni, ov-vero corrispondere nel modo più ef$ciente alla sostanziale disor-ganizzazione dei contenuti mnemonici, pur essendo egli stesso do-tato di un valido ed ef$cace ordinamento.

97, 2-18 Pro ... suf$ciet] I due esempi forniti da Bruno nella pre-sentazione del venticinquesimo sigillo hanno illustrato come rac-cogliere argomenti e concetti intorno ad un verso poetico, comedisporli in eventuali luoghi e farli interagire tra loro, in una speciedi immagini$ca e allegorica battaglia tra le diverse posizioni diuna disputa. Ritenendo questa prima esposizione suf$cientemen-te esauriente Bruno sceglie, nella sezione dedicata alla spiegazio-ne di questo sigillo, di approfondirne solo alcuni aspetti tecnici;quello che, inoltre, era stato chiamato sigillo del "cielo£ (forse amotivo dell’esempio addotto nella prima sezione, che aveva comeoggetto la dimostrazione dell’eternità del mondo, tesi simboleg-giata dall’immagine del globo terrestre) ora è detto " Gorgia£ per-ché, prendendo spunto dalle eccezionali qualità oratorie del reto-re greco, è in grado di trasformare in una complessa rappresenta-zione scenica e visiva qualsiasi discussione, discorso o ragionamen-to. La battaglia in questione, quindi, prende le mosse dalla visua-lizzazione di due schieramenti contrapposti di $gure agenti che,circondate da tutti i vari e subordinati termini di speci$cazione,vanno ad affrontarsi in un metaforico terreno di scontro caratte-

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rizzato da torri di difesa e trincee (per le posizioni difensive) emacchine da guerra e dardi (per gli assalitori). Ancora una volta,come per i precedenti due sigilli, si dà largo spazio e importanzaalla forza espressiva della messinscena mnemonica, anche se nonviene meno quella ricchezza e complessità strutturale dei luoghi edelle immagini che serve a sostenere schematicamente l’animazio-ne dei segni e dei contenuti. Riguardo a ciò, Bruno ritiene utileprecisare, innanzitutto, che l’uso dei luoghi verbali, ovvero la tra-sformazione di un verso poetico in un sistema locale, serve, in que-sto frangente, soprattutto a raccogliere in un’unica rappresenta-zione le immagini relative alle parti delle tesi «offensive» che, es-sendo mobili e portate all’attacco dei «difensori» , non possonoessere vincolate in maniera rigida al contesto locale, come inveceaccade con le posizioni da difendere (arroccate in torri, trincee,ecc.). L’utilizzo dei luoghi verbali è dunque frutto di una sceltatecnica, ma non esclusiva, perché, come Bruno stesso sottolinea,per conservare l’ordine degli argomenti messi in campo e la se-quenza secondo cui essi vengono contrapposti all’interno della di-sputa, è possibile ricorrere ad un qualsiasi tipo di struttura orga-nizzativa, purché essa sia altrettanto versatile, ovvero renda suf -$cientemente conto della dinamicità e della scansione dialetticacon cui una tesi segue l’altra, nel confutare quella principale. Laseconda puntualizzazione riguarda invece l’individuazione delleparti e degli elementi della disputa da visualizzare, cioè la sceltadei contenuti che devono essere effettivamente trasformati nelleimmagini da disporre in campo. Poiché ogni «scontro» messo inscena verte intorno ad una precisa proposizione ed i vari argo-menti che la difendono o tentano di confutarla sono raccolti in sil-logismi, nel momento in cui si vanno ad approntare le $gure daanimare, è suf$ciente limitarsi a visualizzarne solo i «termini me-di» , lasciando poi all’animazione stessa delle immagini il compitodi rendere visibili anche le relazioni logiche che li legano al sog-getto e al predicato della tesi principale. Le strutture sillogisticheed argomentative, infatti, sono costituite in modo che punto dipartenza e d’arrivo coincidano, dato che il soggetto e il predicatodella tesi da esaminare si incontrano nella conclusione, dopo chesono stati messi a confronto – come soggetti e predicati di altreproposizioni intermedie all’argomentazione – con i vari terminimedi. Nella seconda versione del sigillo «Proteo» (che occupa «lacasa di Pallade, dov’è Gorgia») di De imag. comp., 219-224, possia-mo trovare ben tre percorsi argomentativi – ognuno dei quali pog-gia su oltre dieci termini medi – che vengono adottati da Brunoper esporre il metodo di utilizzare i luoghi verbali nell’invenzioneretorica e che, nel nostro caso, ci offrono un esempio concreto diquesto modo di costruire le argomentazioni. Nelle varie proposi-zioni, infatti, soggetti come «mondo» e predicati come «eternità»vengono messi in relazione attraverso concetti quali «potenza»,

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«durata», «vicissitudine», «totalità»... che, di volta in volta, sonolegati all’uno e all’altro, in sillogismi tipo: « il mondo è l’insiemedelle possibilità (che è la potenza)», «tali possibilità sono in$nitee illimitate», dunque «il mondo è in$nito e illimitato»; « il mon-do dura nel tempo», «tale durata non ha limiti» , pertanto «ilmondo è eterno» e così via. Invece di rendere esplicite tutte que-ste inferenze, Bruno, proprio come suggerisce anche nel venticin-quesimo sigillo, si limita a fare il semplice elenco dei termini medi,visto che essi sono esclusivamente gli anelli di congiunzione ne-cessari a far progredire il ragionamento: infatti il soggetto ed ilpredicato della tesi principale restano sempre uguali, limitandosia ricorrere, a seconda delle «$gure» sillogistiche scelte, come sog-getti o predicati delle premesse. Dal punto di vista mnemotecnicoè quindi consigliabile non creare immagini per tutte le varie pro-posizioni, ma, raf$gurando solo i termini medi e facendoli intera-gire di volta in volta con le immagini del soggetto e del predicato,sarà possibile mettere in scena, grazie ai vincoli stabiliti dall’ani-mazione combinatoria, le varie relazioni logiche.

98, 3 - 99, 20 Diversas ... tuas] Con i campi, gli orti e gli antri di Cir-ce Bruno propone un sistema mnemonico per memorizzare ed ar-chiviare le immagini delle «piante of$cinali» – ovvero quei rimedinaturali usati come farmaci $n dall’antichità, e per gran parte del-l’età moderna –, che venivano classi$cate sulla base delle loro ca-ratteristiche qualitative. Si presumeva, infatti, che ogni compostonaturale avesse delle qualità primarie e peculiari dovute alla pre-senza, più o meno variabile e proporzionata, dei quattro elementi,che si trovavano mescolati secondo le coppie delle qualità caldo-umido, caldo-secco, freddo-umido e freddo-secco, con gradi dicomposizione diversi. A questo schema veniva ricondotto qualsiasiente naturale, che fosse animale, vegetale o minerale; per$noogni stato vitale – o, al contrario, la malattia – era decifrato come ilrisultato dell’equilibrio di questi fattori. Si riteneva, inoltre, cheogni malessere manifestasse con i propri sintomi il tipo di squili-brio «umorale» cui l’organismo era soggetto e che veniva curatocercando di armonizzare gli effetti delle «qualità», per mezzo disostanze e composti che perciò, a seconda dei casi, avevano carat-teristiche af$ni, complementari o contrarie (cfr. Storia del pensieromedico occidentale, vol. I, pp. 361-65). La stessa teoria influenzavapoi anche le discipline astrologiche, contribuendo a creare una vi-sione complessiva del cosmo in cui tutti gli enti mondani eranomessi in relazione con le sfere planetarie; ogni essere vivente edogni corpo $sico e naturale trovava la sua collocazione entro le co-ordinate di questo sistema, e per$no l’operare magico o la letturadei fenomeni meteorologici e celesti potevano essere decifrati se-condo questa speciale scala di valori (cfr. O. Faracovi, Scritto negliastri: l’astrologia nella cultura dell’Occidente, pp. 116 sgg.). Agli occhi

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di Bruno è pertanto cosa assai preziosa usufruire di un espedientemnemonico che consenta sia di rendere conto di questo comples-so ed organico schematismo, sia di classi$care e distribuire entrodi esso tutto quanto vi è di attinente, per poterne conservare il ri-cordo saldamente congiunto a queste preziose e particolari infor-mazioni. Ciò avviene, di fatto, visualizzando un ampio scenario, di-stinto, innanzitutto, in quattro grosse porzioni chiamate «campi»,intese cioè come luoghi di genere comune in cui collocarne altripiù speci$ci, ma anche veri e propri spazi aperti adornati, comerecita il titolo, con giardini e «grottesche». Ciascuno dei quattrocampi viene così destinato a rappresentare una delle quattro qua-lità, suddivisione che costituisce il primo livello di partizione delnostro sistema: avremo quindi un campo del caldo-secco (distinto,ad esempio, dalla collocazione al suo centro di un grosso alberonoto per tali proprietà); uno del caldo-umido; un altro del freddo-secco; un ultimo destinato ai vari gradi del freddo-umido. Comeseconda operazione, il sigillo prevede che ogni campo sia ripartitoin tanti «orti» , ovvero spazi più contenuti addobbati come giardi-ni con piante dalle dimensioni più modeste, quanti sono i gradidelle qualità primarie che si vogliono classi$care in ogni spaziomaggiore; nel campo del caldo-secco verrà inserito quindi un giar-dino per il primo grado di calore, uno per il secondo grado, unoper il terzo grado, ecc. In$ne, all’interno di ogni orto, saranno vi-sualizzati gli «antri» , cioè tanti recessi e spazi più piccoli in gradodi accogliere immagini individuali, che serviranno sia ad esprime-re i gradi di suddivisione della qualità secondaria, sia ad ospitare –in quanto luoghi individuali – le immagini che raf$gurano le pian-te of$cinali da sistemare e disporre in questo sistema mnemonico.Nel campo del caldo-secco e nell’orto del primo grado di calore cisaranno pertanto sette «antri» per altrettanti gradi di «secchez-za», altri sette in quello del «caldo due» e così via per ogni giardi-no e campo, $no a che l’intero sistema non avrà completi i tre li-velli di partizione e tutti i diversi gradi delle qualità naturali distri-buiti e trasformati in una struttura visibile e locale. Una volta ap-prontato tutto ciò non occorrerà fare altro che inserire, nei corri-spondenti luoghi individuali e a seconda delle qualità di cui sonoportatrici, le immagini delle piante of$cinali, così da averle dispo-ste ed ordinate entro questo vasto scenario, il quale, come una sor-ta di enciclopedia visiva e virtuale, permette di classi$care e mette-re in ordine una grande quantità di dati. La scelta di utilizzare im-magini che richiamano campi, orti ed antri per esprimere i rispet-tivi ordini e gradi di partizione di ogni qualità, sebbene caratteriz-zi in maniera suggestiva ed ef$cace l’intera messinscena e da essaderivi il nome stesso del sigillo, è dunque solo di carattere esem-pli$cativo ed occasionale: la necessità di marcare visivamente i va-lori espressi nelle varie partizioni del sistema spinge infatti Brunoa servirsi di minerali, piante ed alberi che abbiano caratteristiche

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analoghe a quelle degli spazi e delle immagini che essi denotano,ma la loro presenza non rende ragione della struttura ultima delloscenario che, come abbiamo visto, è espressione di un determina-to schema. In qualità di subiecta adiectiva, gli alberi, le piante e i mi-nerali sono comunque fondamentali af$nché chi si muove entroquesti percorsi possa leggere con prontezza tutte le indicazioni ne-cessarie ed orientarsi nel complesso paesaggio. Come è ormai benchiaro, chi si accosta a queste tecniche ha la più ampia libertà –una volta compresi gli schemi e i princìpi tecnici di fondo – di tro-vare le $gurazioni e le rappresentazioni sceniche a lui più conge-niali, per poter gestire questi espedienti nella maniera che gli èpiù utile e pro$cua. In$ne, a conclusione della spiegazione del si-gillo, viene ribadito il debito di questo espediente con la tradizio-ne magico-astrologica (e, più direttamente, con l’omologo espe-diente di De umbris, 232-233) che riprende la teoria galenica e ari-stotelica delle qualità «umorali» : la poesia in cui la maga Circe ri-conduce «al proprio genere» ogni specie, oltre ad evocare le at-mosfere che caratterizzano visivamente l’espediente, propone allettore anche una simbolica associazione tra «scala» dei pianeti ecampi (af$dati a Saturno e Giove), orti (Marte, Sole e Venere) eantri (Mercurio e Luna), esprimendo ancora una volta, per mezzodell’immagine della gerarchia celeste, la struttura subordinata deitre livelli del ventiseiesimo sigillo.

100, 2 - 101, 22 Ditat ... potens] Dopo aver esaminato concreta-mente alcuni suggestivi modi di inscenare la memorizzazione deidati, concentrandosi sugli aspetti $gurativi delle immagini al pun-to di arrivare, talvolta – come nel dado –, a sostituire con esse lafunzione dei luoghi stessi, con il sigillo del pellegrino Bruno tornanuovamente a prendere in considerazione la combinatoria comestrumento per l’organizzazione e la disposizione degli scenari.Non è un caso dunque che, $n dall’inizio, la spiegazione di questoespediente ci rimandi – facendoci fare un salto indietro di cinquesigilli – alla ruota del vasaio, l’ultimo sistema che – sebbene fossetra i primi ad introdurre la tecnica per creare segni a partire da immagini già disposte e visualizzate nei luoghi – si preoccupava diaumentare anche le possibilità ricettive ed espressive degli spazimnemonici, combinando, in un determinato percorso, $gure a -genti e immagini accessorie. Il pellegrino, infatti, è de$nito dalsuo stesso inventore proprio come una ripresa ed un ampliamentodel principio tecnico ed operativo che anima il ventunesimo sigil-lo: come questo, infatti, funziona grazie a $gure mobili che per-corrono una determinata sequenza di luoghi comuni (ma nellasua prima versione, quella della presentazione, il sigillo è più «sta-tico» e i luoghi sono detti subiecta animata, cioè con $gure che simuovono entro il proprio atrio, cfr. supra, 36-37), si relazionanocon altre immagini e danno vita a scene diverse, che servono a rap-

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presentare o riferire ad esse i dati della memoria. Nel caso del va-saio, la produzione dei segni e la sequenza dei luoghi si intreccia-vano ad un unico «livello», strutturandosi su un solo grado di ri-partizione del materiale mnemonico o distinguendone, al massi-mo, due, ma sempre entro il medesimo percorso: essendo priori-taria la loro capacità di creare e modi$care i segni mnemonici, le varie $gure agenti erano chiamate ad esprimere solamente le di-verse partizioni del materiale (capitolo uno, due, tre, ecc.) e nongli ulteriori gradi di subordinazione (libro, capitolo, paragrafo...).Il pellegrino invece, come Bruno stesso ribadisce nella sezioneesplicativa, aggiunge una seconda «ruota» (cioè livello di suddivi-sione) alla prima ed una terza alla seconda, ovvero moltiplica ilprincipio combinatorio alla base del ventunesimo sigillo, oltre cheper il numero dei luoghi, anche per quello dei personaggi che vipassano, aumentando ulteriormente la complessità ed il numerodelle scene che possono essere create da essi e, soprattutto, la ge-rarchizzazione del sistema, che è resa da una «processione» di$gure agenti subordinate tra di loro. I pellegrini, infatti, sono pen-sati in modo che il primo – passando lungo il percorso e realizzan-do speci$che $gurazioni – rappresenti i signi$cati appartenenti allivello principale e più generale; il secondo dia forma alle scenerelative a tutti gli speci$ci contenuti delle partizioni evidenziatedal precedente; il terzo approfondisca di un grado ulteriore quan-to è stato raf$gurato dai pellegrini che lo hanno preceduto. Lascansione che era espressa dalla regola «a concetto generale luogogenerale, a concetto particolare luogo particolare» è dunque ri-formulata e ricostituita per mezzo della sequenza dei pellegrini:percorrendo gli spazi assieme ad essi, si potranno rappresentaretutte le partizioni ed i gradi di suddivisione del materiale mnemo-nico, $no a raggiungere il livello di de$nizione desiderato. In con-clusione, poiché ogni volta ciascun pellegrino, o nella medesimaserie di luoghi o in atrii successivi, compie un proprio tragitto –cioè crea $gure e segni in maniera esclusiva e personale –, di fattovengono a crearsi tante «ruote», quanti sono i pellegrini (o me-glio, i livelli di pellegrini). È come se più ruote del vasaio (cioè unsolo livello di $gure combinato con un percorso di luoghi) fosserocomposte insieme, l’una dopo l’altra. Tale modalità risulta eviden-te quindi nella $gura annessa al pellegrino ($gura 6): una «cate-na» di tre cerchi contigui (non a caso la $gura è molto simile aquella del terzo sigillo) indica la stretta connessione tra le varieruote e, grazie alla sequenza dei pellegrini che vi passano, esse so-no collegate tra loro (le linee che uniscono i punti ed i centri del-le circonferenze). È da notare, in$ne, che la successione e la se-quenza con cui queste $gure agenti e mobili si presentano alla vi-sta e si susseguono nei luoghi, quasi fossero un gruppo di viandan-ti, viene ef$cacemente ribadita anche nella poesia che chiude laspiegazione del sigillo e che è ripresa dalla prima «arte breve» del

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De umbris, 230-231 (al cui commento si rimanda per ulteriori esem-pi ed approfondimenti), dove questo sistema è assunto come mo-dello operativo per la strutturazione dei luoghi e delle immagini, aintegrazione di quanto insegnato nell’Ars memoriae. Nei versi com-posti da Bruno possiamo leggere il percorso compiuto dal lettore(simboleggiato dal «vate»), attraverso gli scenari architettonici edassieme ai vari pellegrini-pianeti: per rappresentare la gerarchia diquesti ultimi viene presa come archetipo la scala dei pianeti, che èillustrata, nel suo ordine, dalla dea Urania, sovrintendente all’or-dine celeste; il percorso orizzontale dei luoghi è reso invece conl’immagine delle dodici «case» (da intendere come i settori deglioroscopi, oppure gli stessi segni dello zodiaco) lungo le quali sonoinvitati a passare i sette pianeti, mentre gli «anfratti» delle case so-no gli spazi individuali in cui sono formate le $gurazioni dei datimnemonici (i «vari segni»).

102, 3 - 103, 12 Hic ... mavis] Il ventottesimo sigillo è il primo del-la breve serie di tre espedienti per la memoria verborum con cui Bru-no chiude la raccolta dei Trenta sigilli e porta impresso, già nel ti-tolo, la particolare caratterizzazione cui è destinato: creare uncomplesso scenario, fatto di accampamenti militari e templi reli-giosi, organizzato secondo l’alfabeto ebraico. Il richiamo all’occul-ta tecnica dei mistici sefarditi è dunque pretestuoso: più che aimotivi $loso$ci o teologici della qabbalah, l’espediente si rifà all’ar-te di mescolare e comporre le lettere che formano particolari no-mi e, più in particolare, si ispira esplicitamente alla formazione deitermini ebraici a partire da «radici» , ovvero composizioni ele-mentari di tre o quattro consonanti dalle quali – aggiungendopre$ssi, suf$ssi ed altre lettere – si originano tutte le parole. Vi èdunque, nella natura stessa della lingua ebraica e nella semplicitàdelle sue componenti fondamentali, un elemento combinatorioche fa sì che in$nite parole scaturiscano da un gruppo più conte-nuto di «morfemi», a loro volta composti da un numero limitatodi lettere; ciò è suggestivamente af$ne anche ai precetti e alle tec-niche dell’arte di Bruno. Non è dunque solo per motivi retoriciche questo e l’ultimo sigillo, intitolato «interprete», insistano sul-la prossimità di Cabala, espedienti per raf$gurare termini ebraici ecreatività fantastico-mnemonica. L’accampamento e il tempio del-la Cabala costituiscono quindi uno strumento tecnico per creareimmagini di parole, ma anche e soprattutto per mettere in praticala combinatoria fantastica e far vivere così al lettore tutta la ric-chezza espressiva di queste tecniche, obiettivo che, come si è già vi-sto, spesso è implicito proprio negli espedienti per la memoria ver-borum. Questo sigillo invita pertanto a visualizzare ventidue spazicomuni – uno per ogni lettera dell’alfabeto ebraico – caratterizza -ti ciascuno o come un accampamento militare (i primi undici) ocome un luogo sacro e di culto (i restanti). Al centro di ogni atrio

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è posta la «statua» del personaggio che lo governa e che rappre-senta il valore principale espressovi: re, prìncipi, duchi, conti equanti altri si occupano di vita politica e militare, per gli accampa-menti; ponte$ci, sacerdoti, addetti ai riti, agli oggetti ed ai luoghidi culto o di vita religiosa, per i templi. Così il primo atrio A (persemplicità l’elenco delle lettere proposto da Bruno è formato sullabase dell’alfabeto latino e ciò ribadisce l’importanza più strumen-tale che reale del riferimento alla Cabala) è retto da un re; nel se-condo (B) vi è un principe; nel terzo un duca (C), $no ai gradi piùbassi del potere temporale e militare (i satellites, cioè le guardiepersonali). La serie ricomincia con il primo tempio (dodicesimoatrio, M) che è retto dal ponte$ce; il secondo (N) da un sacerdo-te; il terzo (O) dal profeta e via di seguito $no all’ultimo atrio cheè il tempio del custode (del convento). Per fornire ogni atrio di unulteriore e secondo alfabeto, dentro di essi sono ricavati ventidueluoghi individuali, al cui interno sono posti, una seconda volta, ivari personaggi: nell’atrio del re, pertanto, altri ventidue re sonodistribuiti in altrettanti spazi, ma, quando si intende far loro espri-mere il valore di una lettera speci$ca, essi vengono trasformati nelpersonaggio corrispondente alla lettera da rappresentare. In que-sto modo se un re (A) diviene, presso il secondo luogo del primoatrio, un principe (B), egli starà ad indicare la combinazione dellaA dell’atrio con la B del secondo spazio individuale. È molto im-portante, nel far ciò, sottolineare il mutamento di aspetto assuntodalla $gura agente che da re è resa principe; ugualmente se ungiudice (F), nel terzo luogo del sesto atrio, viene «promosso» aduca (C), rappresenterà la coppia FC. In tutti questi casi la trasfor-mazione di una $gura in un’altra serve per rafforzare visivamentela composizione delle due lettere, che è espressa sia dalla partico-lare animazione visiva, per cui in ogni singolo luogo il personaggiodell’atrio diviene quello di un altro, sia per mezzo degli stessi ele-menti contestuali (atrio + luogo individuale): per questo motivo,sebbene i luoghi individuali siano ventidue, le «trasformazioni»sono ventuno, ritenendo Bruno insensato – e tecnicamente im-possibile – che, nell’intento di duplicare il proprio valore, un per-sonaggio «muti» il proprio aspetto in se stesso. Per inserire inoltreuna terza lettera in ogni composizione, occorre fare ricorso ad unterzo ed ulteriore codice formato da ventidue attività con cui ca-ratterizzare, o gli stessi personaggi in ognuno dei luoghi, o alcune$gure accessorie aggiunte in essi: così la A sarà rappresentata daun ore$ce (attività svolta nel primo atrio), la B da uno stampatore(nel testo Bruno omette l’attività propria dell’atrio del principe),la D da un fabbro, $no ad arrivare al tempio del frate custode (Z)per il quale Bruno sceglie l’attività, o la caratterizzazione, di «gau-dente»: a questo punto se nel secondo luogo (B) del primo atrio(A) un re è trasformato in principe (A + B) e poi esso – o una $gu-ra a lui associata – si dedica all’attività del fabbro (D), tutto ciò rap-

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presenterà la composizione ABD. In$ne è possibile ottenere un al-tro alfabeto ancora, arrivare quindi a comporre insieme quattrolettere, se anche le singole e varie attività verranno distinte in ven-tidue azioni speci$che; dunque se il re trasformato in principecompierà la quinta (E) delle ventidue azioni pensate per il fabbro,si avrà la combinazione ABDE.In conclusione questo sigillo offre al lettore un sistema di luoghi,immagini e caratterizzazioni speci$che che permette di dare vita apiù di duecentotrentamila (224) scene diverse, scandite in quattroparti (una per ogni elemento aggiunto alla composizione) e fruttodella moltiplicazione di ventidue spazi comuni (gli atrii) per al-trettanti luoghi individuali, con i relativi personaggi agenti, altreventidue attività (possibilmente associate a $gure accessorie ecomprimarie) e varie, ulteriori e subordinate serie di azioni e ge-sti. Ognuna di queste raf$gurazioni unitarie e complesse può esse-re usata, come si è visto, per rappresentare una «radice» di tre oquattro lettere della lingua ebraica, ma, poiché costruire morfemidel genere non è probabilmente uno degli obiettivi prioritari néper Bruno stesso, né per i suoi lettori, è lecito dunque chiedersiquale e quanta sia l’utilità mnemotecnica di tale espediente. La ri-sposta, in parte, la fornisce l’autore in persona e può essere letta incontinuità con quanto esposto $nora: gestire i segni della memo-ria nella maniera più ef$ciente e produttiva possibile signi$ca faredi ogni cosa un segno e da ogni cosa generare segni fecondi edef$caci (secondo i princìpi del ventiduesimo sigillo, la fonte e lospecchio). Tale prospettiva trasforma l’intera fantasia mnemonicain un contenitore attivo e produttivo di tutta la nostra esperienzadel mondo, in uno «specchio» della natura – capace di riprodurlanon solo nella sua in$nita estensione, ma anche nella sua inces-sante trasformazione «vicissitudinale» – e, soprattutto, in una«fonte» da cui sgorgano i segni e i riferimenti di quanto si deside-ra rappresentare, organizzare e conservare in memoria. In questosenso l’uso inventivo (intendendo con ciò anche la possibilità didistribuire ed organizzare in maniera sistematica le immagini) de-gli accampamenti e dei templi della Cabala è un esito abbastanzaimmediato e scontato: queste scene, infatti, possono tutte essereutilizzate come riferimenti visivi cui associare altre immagini mne-moniche (e distribuirle così secondo una scansione basata sul nu-mero ventidue); oppure, in virtù dell’ordine e alla serie delle let-tere da loro raf$gurate, possono servire come indici per «numera-re» i dati mnemonici; o, in$ne, possono divenire «statue» e $gurevive da usare come segni vari e mutabili di qualsiasi cosa si vogliarappresentare, secondo le modalità e le tecniche di sigilli intro-dotti in precedenza come, ad esempio, Zeusi, Fidia o Dedalo.

104, 3 - 106, 10 In$nitarum ... adaptare] Non volendosi dilungareulteriormente sul tipo e sul metodo delle combinazioni e delle

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$gurazioni previste in questo sigillo – già illustrate in maniera ap-profondita nella prima parte – nella sezione esplicativa del combi-natore di sillabe, Bruno sceglie di sottolineare il valore teorico del«motore» combinatorio ad esso sotteso: richiamandosi ai princìpidell’arte di Lullo, infatti, questo espediente permette di comporreuna molteplicità pressoché in$nita di $gure diverse in scene uni-tarie, formate da uno o più personaggi agenti che si relazionanotra di loro con oggetti, con $gure accessorie presenti nei luoghi,con il luogo stesso. In particolare, rispetto ad altri sistemi analoghigià presentati (ad esempio, il personaggio, oppure quello prece-dente), questo aggiunge un nuovo gruppo di oggetti agli elementida combinare e da comporre insieme per rappresentare una silla-ba o una parola: oltre ad usare personaggi agenti, azioni, atteggia-menti caratteristici e $gure accessorie, il combinatore di sillabeconferisce valore di segno anche al contesto, o meglio alla modali-tà di gestione della scena principale rispetto al quadro e alla cor-nice cui essa fa riferimento (già in Fidia, del resto, la diversa parti-zione dei luoghi serviva ad esprimere il valore delle cinque vocali).A seconda quindi che una determinata raf$gurazione sia inscena-ta davanti, sullo sfondo, sulla sinistra, sulla destra o al centro diuno spazio di limitate dimensioni, può essere interpretata comeespressione univoca e perspicua di contenuti mnemonici diversi.Il paradigma per tale atteggiamento è esposto nella poesia annes-sa a queste pagine, a sua volta tratta dall’ultima delle tre arti breviche chiudono l’Ars memoriae (cfr. De umbris, 237) e riproposta qua-si specularmente, almeno nella sostanza dei suoi contenuti, anchein De imag. comp., 233-235, nel sigillo intitolato «orizzonte»: trami-te l’immagine di una bestia che ruggisce rivolta verso differenti di-rezioni e per mezzo delle posizioni conseguenti, si dà vita a cinquediverse $gurazioni da usare come segno delle vocali; dall’ulteriorecombinazione della bestia nelle varie posizioni con degli oggettiche raf$gurano le consonanti, risulterà una scena $nale che espri-merà il valore di una sillaba. Anche il luogo, o meglio l’interazionetra il contesto e quanto vi è accolto, può pertanto essere parte atti-va ed integrante del processo di costruzione, composizione e com-binazione dei segni della memoria, contribuendo ad animare di-namicamente le immagini e aggiungendo ancora altri fattori allepossibilità combinatorie del sistema: ormai lo spazio della fantasia-memoria, così come è stato con$gurato da Bruno, è sempre piùaf$ne a quello del sistema lulliano in cui tutto si compone con tut-to, per dare forma a in$niti enti simbolici e visivi che vivi$canol’universo interiore della conoscenza. Le ruote combinatorie pre-senti nelle opere di Lullo e nei testi di commento di Bruno – aiquali si rimanda sia nel testo, sia nella $gura annessa al sigillo($gura 7) – sono dunque archetipo non solo degli spazi dove e permezzo dei quali le numerose e molteplici combinazioni avvengo-no, ma divengono anche la più ef$cace rappresentazione gra$ca

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dell’atteggiamento e dei princìpi combinatori che animano l’artestessa.

107, 2-10 Sigilli ... exequator] La spiegazione dell’ultimo sigillo diBruno si compone di tre «esercizi» combinatori che esempli$ca-no altrettante modalità proposte per variare e combinare gli ele-menti visivi che formano la scena-sillaba, ovvero tre modi diversiper «anagrammare» – come sottolinea l’esplicito richiamo allacombinatoria della temurah cabalistica – le immagini delle lettere.L’interprete è infatti un sigillo pensato per realizzare la memoriaverborum, producendo immagini di parole di tre (le «radici» ebrai-che) o più lettere, se si aggiungono ai suoi elementi base altri fat-tori; ma arricchito, grazie a queste tecniche, della possibilità di me-scolare e ricombinare ulteriormente le parti di quanto è rappre-sentato, esso diventa ancora più potente: non solo è un sistemacombinatorio che mette insieme più alfabeti in tutti i modi possi-bili, ma è anche una macchina visiva che, una volta composte lescene, può scomporne e ricomporne le $gure, creandone di nuo-ve. Come si può intuire, dunque, l’interprete non è solo un tra-duttore universale – perché debitamente «codi$cato» può tra-sporre in immagine qualsiasi termine di qualsiasi lingua – ma co-stituisce soprattutto uno dei punti più alti raggiunti dalla combi-natoria fantastica, ovvero dall’arte di mescolare all’in$nito i segnidella memoria, per produrre tutte le $gurazioni possibili.Tutte e tre le modalità combinatorie sono quindi accomunate daimedesimi elementi: vi è innanzitutto un sistema di ventidue atrii,che indica il primo alfabeto da utilizzare per la composizione; a lo-ro volta gli atrii includono altrettanti luoghi individuali (secondoalfabeto) e, in$ne, al loro interno vengono inserite delle $gureagenti in rappresentanza di un terzo alfabeto di lettere. Per co-struire pertanto una scena unitaria che raf$guri una parola di trelettere occorre combinare tra loro queste parti e ciò è possibile se-condo tre procedimenti diversi: 1. si può partire dalla $gura agen-te facendola entrare in un atrio e poi collocandola nel luogo indi-viduale; 2. una $gura scelta in rappresentanza per l’atrio è associa-ta ad una delle caratterizzazioni pensate per i personaggi agenti eprende poi posto in uno dei luoghi individuali; 3. ogni personag-gio è combinato con ciascuno dei ventidue luoghi individuali epoi con un atrio. Ognuno di questi modi non è altro che l’aspettoparziale del medesimo meccanismo combinatorio, che ha lo scopodi comporre una scena che esprima un valore unitario, per poter-ne successivamente rimescolare le parti ed esprimere così altri va-lori con le medesime $gure. In particolare, come si vedrà in segui-to più in dettaglio, il primo sistema ribadisce l’importanza di vin-colare l’intera rappresentazione alla $gura di un personaggioagente, che è il vero ed unico portatore dell’unità semantica dellacomposizione; la seconda modalità ci mostra una prima maniera

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per invertire e cambiare l’ordine degli elementi della scena, senza,di fatto, modi$carla nei suoi componenti essenziali; in$ne la terzamodalità dà prova di una combinazione ancora più complessa,con la quale le parti della composizione sono mescolate con un di-verso ordine, grazie ai differenti percorsi di associazioni visive chela $gura protagonista ed agente può compiere.

107, 10 - 110, 14 Caetera ... accessio] I diversi procedimenti chevengono presentati per mezzo di speci$ci e particolari espedientimnemonici applicano tutti, in concreto, i medesimi princìpi teori-ci e tecnici, propri di questo sigillo, limitandosi a variare il tipo dianimazione e la con$gurazione complessiva delle scene, per me-glio adattarle ad ognuna delle modalità combinatorie. Il primo diquesti prevede che si visualizzino, innanzitutto, ventidue atrii ca-ratterizzati da $gure poste al loro centro e che rappresentino ele-menti architettonici e ambientali: una fonte, un portico, una pira-mide, un bosco sacro, ecc., $no all’immagine di un sepolcro chechiude l’elenco. Ciascuno di questi atrii è poi da suddividere inventidue spazi individuali, rappresentati come piccoli laboratori obotteghe, al cui interno possono essere svolte delle attività che,nello speci$co, hanno tutte a che fare con pratiche magiche e di-vinatorie (magia, piromanzia, geomanzia, ecc.). Queste due seriedi elementi (atrii e «of$cine») costituiscono i primi due alfabetidi immagini da utilizzare per raf$gurare le parole, e per appron-tarli occorre osservare un’unica avvertenza: fare in modo di varia-re, a seconda dell’atrio, il valore del luogo individuale che è postoper primo. L’ordine dei luoghi individuali è dunque subordinatoa quello degli atrii. Nel secondo atrio il luogo individuale che pos-siede il valore della seconda lettera dell’alfabeto inverte la propriaposizione con quella del primo; ugualmente nel terzo atrio il luo-go della terza lettera è messo per primo, mentre la lettera aleph èin terza posizione; nel quarto è primo quello della quarta lettera,nel quinto la quinta lettera e così via, $no al ventiduesimo atrio,quello del sepolcro, in cui il « laboratorio» riservato alla necro-manzia (corrispondente alla lettera tav) sarà il primo della serie,seguito da tutti gli altri secondo il loro ordine usuale. Ogni atrio,pertanto, esprime il valore della lettera cui è associato, sia per mez-zo della statua posta al suo centro, sia tramite il luogo individualedella lettera corrispondente, che è sempre visualizzato come il pri-mo della serie delle botteghe e dei laboratori artigianali che nescandiscono le ulteriori partizioni. Come terzo alfabeto del siste-ma si devono invece utilizzare ventidue $gure agenti (un re, unprincipe, un duca, ecc.) sulle quali converge, in questa particolareversione, il peso della rappresentazione, perché esse ci indicano laprima lettera della composizione, grazie alle azioni che compionorispetto all’immagine dell’atrio e a quella del luogo individuale.Dunque un re, principe o duca che in un determinato atrio fa co-

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se da mago, piromante, geomante, ecc. nelle rispettive «of$cine»,esprimerà – in questo preciso ordine – il valore della propria lette-ra composta con quella dell’atrio che fa da sfondo all’azione e conquella della speci$ca attività compiuta nel luogo individuale. Perribadire, inoltre, il valore puramente esempli$cativo di questa edelle successive costruzioni sceniche e mettere sotto gli occhi dellettore una rappresentazione gra$ca del meccanismo combinato-rio che sta dietro alle varie modalità operative, Bruno allega allaspiegazione dell’interprete tre $gure dette «quadrate», ovverodelle tabelle, che, pur essendo descritte direttamente nel testo,vengono riprodotte anche tra le immagini che corredano i Trentasigilli. La prima di queste ($gura 8) è costituita da una griglia qua-drata ripartita in ventidue colonne, a loro volta formate da altret-tante caselle; essa rappresenta il percorso di associazioni che il pri-mo dei ventidue personaggi – come si evince dalla lettera alephcon cui, in alto a destra, inizia l’alfabeto posto sulla diagonale – sitrova a compiere, nel momento in cui è chiamato ad unirsi con lealtre due lettere. Il personaggio «entra» in uno dei ventidue atrii(il cui valore è individuato nelle varie lettere presenti sulla diago-nale) e va poi ad agire in una delle «botteghe» in cui ciascun atrioè suddiviso, ovvero le altre caselle di cui è composta ogni colonna.Ovviamente, poiché lo schema è meramente combinatorio, inognuno degli elementi che lo compongono, cioè prima letteradella diagonale, colonne e caselle, si potrà vedere uno qualsiasidei soggetti che visivamente animano il sistema – ovvero personag-gio, atrio e luogo individuale – sperimentando così, attraverso diessi, tutte le possibilità compositive implicite in questo e negli altriprocedimenti combinatori proposti dal trentesimo sigillo.

111, 1 - 112, 15 Secundae ... accipiuntur] Il secondo sistema com-binatorio per costruire immagini di parole (sempre in riferimentoai temi trisillabici delle «radici» ebraiche) è formato da altre tre edifferenti serie di $gure, la cui scansione è però analoga a quellaprecedente: ovvero consistono di immagini di atrii, luoghi indivi-duali e $gure che mediano tra i primi due. Per rappresentare edindicare il valore di ogni luogo comune questa volta è scelta l’im-magine di una bestia (asino, bue, volpe, ecc.); per le attività checaratterizzano i ventidue luoghi individuali, ricavati in ogni atrio,sono invece disponibili vari mestieri artigianali (ore$ce, tessitore,tipografo, ecc.) assieme a $gure agenti addette a compierli; in$nela funzione che nel precedente schema era ricoperta dai «perso-naggi» – cioè quella di uni$care la scena tramite l’azione – è svol-ta ora per mezzo della mediazione di una terza serie di caratteri-stiche visive (sciocco, tardo, astuto, ecc.) che possono essere attri-buite sia agli animali, sia agli artigiani che operano nelle «botte-ghe». Il compito di sostenere visivamente la rappresentazione diun termine di tre lettere – ovvero la combinazione e la composi-

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zione in una scena unitaria degli elementi delle tre serie – puòdunque oscillare tra la bestia (prima lettera) che fa propria unaqualità (seconda lettera) ed interagisce in un luogo individualecon un determinato artigiano (terza lettera), o, al contrario, l’arti-giano (1a) che, facendo propria una caratteristica (2a) e lasciandol'usuale dimora – cioè la bottega in cui esercita la sua professione–, va ad agire nei pressi di uno dei ventidue animali (3a lettera). Èdunque opportuno sottolineare – cosa che ha ormai assunto nel-l’arte di Bruno un valore generale e teorico – che la costruzione vi-siva risultante da questo meccanismo riesce a condensare e ad ag-gregare più segni in una scena unitaria, proprio perché ruota in-torno ad una $gura agente (sia essa la bestia o l’artigiano); inoltresono altrettanto rilevanti, in questa speci$ca versione, le caratteri-stiche assunte ora dagli animali, ora dagli artigiani, perché non so-lo costituiscono il secondo alfabeto del sistema combinatorio, masoprattutto contribuiscono a renderne ancora più versatili e inter-cambiabili le parti. Mentre infatti la prima modalità permette diassociare personaggio, atrio e luogo in un solo ordine, ora è possi-bile invertire i primi e gli ultimi elementi della composizione, mo-di$cando il risultato ottenuto e, soprattutto, non dovendo impie-gare altre e differenti $gure: così dall’unione del bue del secondoatrio (la lettera beth), visualizzato con le caratteristiche dell’astuzia(ghimel ) e che agisce in corrispondenza della bottega dell’ore$cee con il relativo personaggio (aleph), si ha la combinazione BGA.Volendo ottenere la composizione AGB per mezzo degli stessi ele-menti visivi (ovvero senza dover uscire dall’atrio, né cambiare le$gure agenti) basterà attribuire visivamente l’astuzia all’ore$ce efarlo protagonista dell’azione nei confronti del bue. Diversamentesi sarebbe dovuto far sì che, nell’atrio dell’asino, quest’ultimo rap-presentato come astuto agisse presso la bottega del tessitore. Mo-di$cando dunque il protagonista della composizione e sottoline-ando questo passaggio per mezzo del trasferimento su tale $guradell’elemento caratterizzante, si ottiene una nuova con$gurazionedei medesimi oggetti mnemonici e, di conseguenza, la rappresen-tazione di un nuovo valore. All’importanza attribuita, con la primamodalità combinatoria, all’interazione tra il personaggio/sogget-to della scena e le ulteriori parti a lui sottomesse, si aggiunge quin-di anche la possibilità di mutare e modi$care tale struttura ed i si-gni$cati da essa rappresentati, semplicemente variando i ruoli espostando «l’accento» visivo sull’immagine che si vuole protago-nista. Come per il sistema precedente, anche questa speci$ca con-siderazione ha pertanto un valore più teorico che pratico e, cometale, anch’esso esempli$cato in una $gura che ne mette in luceproprio la speciale caratteristica combinatoria, ovvero quella divincolare il valore espressivo delle composizioni alla serie che è po-sta come «mediatrice» tra le altre due. Si vede pertanto che la$gura relativa a questo secondo esercizio mnemotecnico ($gura

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9) è formata da una tabella di forma rettangolare sulla cui diago-nale (per indicare appunto il ruolo «centrale» di tale serie) sonoscritte le ventidue lettere dell’alfabeto ebraico, mentre i due op-posti angoli sono delimitati da settori di circonferenza lasciati«vuoti» ed entro i quali dovrebbero trovare posto, di volta in volta,le lettere della prima e dell’ultima serie. Tale immagine, in modoanalogo alla precedente, funziona come una tavola attraverso laquale è possibile formare le combinazioni di una prima letteracon tutte quelle presenti sulla diagonale e poi aggiungendo allacoppia una terza ed ultima lettera, inscritta nel settore opposto alprimo.

113, 1 - 114, 15 Tertiae ... providebis] Il terzo ed ultimo procedi-mento ideato da Bruno per attuare a pieno tutte le potenzialitàcombinatorie dell’interprete propone un sistema di immagini an-cora più complesso, pur restando immutata la struttura inizialecomposta da ventidue atrii suddivisi in altrettanti luoghi indivi-duali ed ai quali sono legate delle $gure agenti. In particolare, inquesta speci$ca variante, la caratterizzazione dei ventidue luoghida individuare in ciascun atrio è diversa per ogni luogo comune.Vengono quindi inseriti nel sistema ventidue alfabeti differenti inpiù, distinti in base ad altrettante attività, rispetto ai tre che carat-terizzavano le due precedenti modalità; anche se il numero com-plessivo di immagini utilizzate non cambia, in questa versione neabbiamo dunque molte di più che sono tutte diverse tra loro; cosache, come si è più volte sottolineato, serve ad aumentare la perspi-cuità e la speci$cità delle scene composte. Inoltre, in questo fran-gente, Bruno sceglie di denotare i ventidue atrii per mezzo di im-magini che raf$gurano il signi$cato etimologico delle lettereebraiche da loro rappresentate (aleph = dottrina, beth = casa, ghimel= pienezza, ecc., cfr. C. Rosselli, Thes. art. mem., 143r-144v; sul valo-re simbolico di questi termini cfr. G. Busi, Simboli del pensiero ebrai-co): atrii, immagini e lettere dell’alfabeto sono dunque legati daun rapporto semantico molto più stretto e organico, così che saràpiù facile – sulla base del fatto che «dottrina» è il signi$cato dellaprima lettera dell’alfabeto – ricordare sia che ci si trova nel primoatrio, sia che esso ospita il valore della lettera aleph. In secondoluogo ad ogni atrio viene assegnato un personaggio agente, legatoad una particolare attività (cacciatore, ortolano, mugnaio, ecc.) ea questo sono vincolate anche le caratteristiche dei ventidue luo-ghi individuali, riempiti di oggetti e di elementi speci$ci a quelparticolare mestiere: così, se nel primo atrio opera un cacciatore,per i corrispondenti luoghi individuali si visualizzerà, nel primo,l’immagine di un laccio per catturare animali; nel secondo, quelladi un cane da caccia, poi ancora oggetti e $gure dello stesso tipoanche nei rimanenti altri. Similmente nel secondo atrio, dove glispazi individuali sono af$dati al governo di un «ortolano», si avrà

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nel primo luogo l’immagine di un setaccio, nel secondo quella diun piccolo asinello da soma e così via. Per costruire la scena chedenota una parola di tre lettere abbiamo quindi a disposizionedue «percorsi» visivi, corrispondenti ad altrettante modalità com-binatorie: in entrambe si parte con il personaggio agente e prota-gonista della composizione (quello addetto alle botteghe e cheraf$gura la prima lettera), ma, nel primo modo, esso entra in unatrio diverso da quello cui è stato assegnato e con l’immagine chevi trova compone la seconda lettera, per poi completare la scenaandando nel luogo relativo alla terza lettera e relazionandosi conla $gura che vi trova collocata. Così, ad esempio, la combinazioneMRQ (mem, resh e quph) sarà risultante dalla $gura di uno scriptor(M) che entra nell’atrio del «capo» (R) e si porta presso l’undice-simo luogo individuale (Q) relazionandosi con un oggetto chenon appartiene, ovviamente, alla serie di $gure dedicate all’artedegli scrivani, ma a quella dei barbieri (ovvero la disciplina pro-pria del ventesimo atrio, resh). Nel secondo modo, invece, il perso-naggio agente parte dal proprio atrio, si reca nel luogo individua-le dove può trovare il valore corrispondente alla seconda letteradella composizione; prende l’oggetto lì presente e, assieme ad es-so, si sposta poi nell’atrio il cui valore è quello della terza letteradella parola da comporre, relazionandosi con la $gura che vi tro-va. Prendendo dunque la «radice» dell’esempio precedente, checombina le immagini di mem, resh e quph – e che è legata al si-gni$cato di «puri$ care» –, ma cambiando il «percorso» compiutodal personaggio, si avrà che lo scrivano (M) partirà dalla propriaserie di oggetti – relativi all’arte dello scrivere – e, fatto propriol’undicesimo oggetto (Q), si recherà con esso nel ventesimo atrio(R), dandoci questa volta la composizione MQR (che invece staper «ricamare»). Queste due diverse modalità combinatorie sonodunque differenziate dal fatto che il personaggio prende le mosseo dall’atrio o dalla galleria dei luoghi, per poi andare in direzionedel contesto il cui valore completa la composizione; le scene cosìformate, inoltre, permettono di «anagrammare» le ultime due let-tere della parola, mutandone di poco la con$gurazione. È il diver-so tipo di attività che caratterizza l’oggetto usato dal personaggio afarci capire se la corrispondente lettera occupa la seconda o la ter-za posizione della parola e dunque, di conseguenza, anche il postodella lettera espressa dall’atrio. Se infatti il personaggio ha un og-getto conforme e coerente con le proprie caratteristiche, vuol direche esso, dopo aver espresso con la propria presenza la prima let-tera, è andato ad individuare la seconda nella serie di luoghi chegli «appartengono» e da lì si è poi recato nell’atrio relativo allaterza lettera; diversamente, se l’oggetto è totalmente estraneo aquella $gura (ad esempio, è uno scrivano e tiene in mano un pen-nello da barbiere), allora signi$ca che il personaggio è entrato pri-ma nell’atrio dedicato all’attività cui quell’oggetto appartiene (e

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da ciò si coglie anche il valore della seconda lettera) e che, unavolta giunto lì, è andato presso il luogo speci$co che esprime laterza lettera. La differenza nella scansione d’ordine degli elemen-ti della «costruzione» – resa visibile dai differenti tipi di oggetti edalla loro difformità o conformità rispetto alle caratteristiche delpersonaggio agente – permette dunque di modi$care i valori ri-sultanti nella scena, senza variarne troppo le parti che la compon-gono e, soprattutto, rendendo immediatamente perspicua la di-versa disposizione delle lettere. Se, nel secondo procedimento, sipotevano scambiare il primo e l’ultimo termine della composizio-ne, variando il protagonista e l’atteggiamento ad esso assegnato,ora, per poter invertire l’ordine delle ultime due lettere, occorreinvece cambiare l’oggetto utilizzato dal protagonista. Inoltre que-st’ultimo sistema comporta la memorizzazione di un codice anco-ra più complesso (si basa, infatti, su ventidue distinti alfabeti di at-tività/oggetti) e, come si è già osservato, quando in un espedientemnemonico è enfatizzata la combinatoria fantastica, ciò signi$cache lì si intende dare maggior rilievo all’esercizio e alla messa inpratica dell’arte di costruire e modi$care i segni della memoria,partendo da altre immagini già disposte nei luoghi. È questo unodegli aspetti più signi$cativi dell’arte della memoria di Bruno, vol-ta a riprodurre, nella dimensione fantastica, un modello visivo esimbolico del mondo esterno, assimilabile ad esso non solo nellacon$gurazione complessiva (espressa dal rapporto speculare traclassi logiche e architetture fantastiche), ma anche nei meccani-smi di produzione e trasformazione dei segni-enti. Consideratociò, è anche più facile comprendere il senso dell’immagine annes-sa alla spiegazione di questo terzo procedimento combinatorio($gura 10), che consiste in una tabella in cui, su due colonne po-ste agli opposti lati, sono inscritte le ventidue lettere dell’alfabetoebraico – nella prima in senso discendente e nella seconda in sen-so ascendente – che vengono fatte tutte convergere, per mezzo dilinee tracciate verso il centro, in un cerchio in cui scrivere una let-tera. Le due colonne rappresentano quindi le serie degli atrii edelle «botteghe», mentre la posizione destinata alla lettera cen-trale, come si è visto commentando il testo, indica che il personag-gio può combinarsi con gli elementi dell’uno e dell’altro elenco,scegliendo indistintamente a quale associarsi per primo e a qualeper secondo, dando vita così ai vari «anagrammi».

115, 3-12 Quot ... continuamus] L’ultima riflessione di Bruno inmargine al libro dei Trenta sigilli riguarda la breve serie di trentaprescrizioni che insegnano al lettore come creare immagini perconcetti astratti o cose non reali (cioè che non hanno un corri-spettivo visivo ricavabile dall’esperienza) a partire da immagini dioggetti concreti e reali. Si tratta perciò di un excursus nel campodella «semiotica», che non è tuttavia marginale alla nuova arte

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bruniana e che è già stato affrontato anche in altri scritti di Bruno:nel De umbris idearum, ad esempio, nelle pagine iniziali e introdut-tive dell’Ars memoriae, analizzando il rapporto tra le tecniche dimemoria e la natura, si può scorgere nelle forze che ne animanola produzione il nucleo creativo da cui sorgono anche i princìpi egli effetti dell’arte stessa; è qui, tra queste riflessioni, che si com-prende anche come il rapporto tra signi$cato e sua rappresenta-zione visiva debba avere come modello quello che sussiste tra laforma e i suoi « indumenti» , ovvero le estrinsecazioni sensibili deicontenuti essenziali (cfr. De umbris, 97-100). Ugualmente, nel Sigil-lus sigillorum (per il rimando all’omonima sezione della Clavis ma-gna cfr. N. Tirinnanzi, Introduzione a G. Bruno, Opere mnemotecni-che, tomo I, pp. xiv-xix) troviamo una lunga analisi che ha un te-nore simile: nelle pagine che seguono la de$nizione del concettodi «forma» – quarto degli «oggetti» propri dell’attività cognitiva –vi è la dettagliata scansione dei momenti e dei modi in cui essaprocede dalla sua condizione più essenziale alla piena estrinseca-zione materiale e alla sua trasposizione nella dimensione logica,attraverso il progressivo e sistematico moltiplicarsi, di dodici in do-dici, di tutte le sue possibili modalità di relazione (cfr. Sig. sigill.,infra, 171-176). In$ne, ed ha un valore più tecnico, in Ars rem., 41-44, troviamo una ripartizione di trenta «modi di impiegare le im-magini per raf$gurare cose e parole», che riprende in manieraabbastanza fedele, ma più approfondita, le distinzioni e le prescri-zioni presentate in questa sezione $nale dei Trenta sigilli (e che ri-tornano anche in De imag. comp., 21-26). In conclusione, nella $lo-so$a di Bruno, ogni forma fantastica, così come ogni ente reale, èconsiderata un segno, ovvero un elemento aperto ad una rete direlazioni e rimandi che collegano ogni cosa a tutte le altre e la su-per$cie dei fenomeni alla loro natura essenziale; la comprensionee la gestione di tali segni – e dei relativi signi$cati – $nisce dunqueper costituire il vero cuore e $ne delle tecniche di memoria ar-ti$ciale. Ecco perciò che è possibile analizzare il vincolo espressivoe semantico che mette in comunicazione l’aspetto di una cosa coni vari concetti ad essa collegabili, esplorando tutte le possibili im-plicazioni dell’esperienza sensibile e della lettura contestuale diun oggetto o di un fenomeno. Non sono solo signi$cativi la forma,la con$gurazione, la dimensione, il colore e le varie caratteristicheesteriori di una cosa, ma anche come essa occupa lo spazio, comesi relaziona con quanto le è prossimo e derivato, sulla base di rela-zioni di causalità ef$ciente e temporale, che cosa le è essenziale o,invece, addirittura contrario, oppure le manca o anche è sorto insua assenza. In un’ottica, quella bruniana, in cui niente si dà comeindividuo isolato ed indipendente da quanto lo circonda, dove lastessa idea di soggetto ed individuo – partendo da quella di sostan-za – sfuma nella considerazione di un orizzonte più ampio e in$ni-to, dove tutte le cose sono volti accidentali di un medesimo ed uni-

explicatio triginta sigillorum430

co ente che continuamente e perennemente diviene, anche il sin-golo dato cognitivo, l’immagine e il signi$cato oggetto della me-moria visiva, altro non sono che aspetti di una costruzione ben piùcomplessa che si con$gura, col passare del tempo e la pratica del-l’arte, come un modello sempre più af$nato del mondo naturale.Il passare pertanto da un’immagine ad altri e possibili signi$cati,per mezzo di uno qualsiasi di questi trenta modi, rivela il volto «lo-gico» della natura stessa, nel suo sussistere dinamico e contestua-le, ed è una conferma che questa «rete» di valori ed enti può esse-re sottesa con ef$cacia alla realtà. Osservare e gestire la potenza diquesti legami, sottesi tra il senso, l’immaginazione e la ragione, al-tro non è, quindi, che un suggestivo preludio all’arte di decifrarel’intera esperienza attraverso il $ltro della nolana $loso$a.

INDICE

Avvertenza vii

« ... per speculum et in aenigmate...»di Michele Ciliberto ix

Nota $lologica di Rita Sturlese xlvii

Segni e sigle lxix

Abbreviazioni lxxv

OPERE MNEMOTECNICHEtomo secondo

ars reminiscendi 3

explicatio triginta sigillorum 34esposizione dei trenta sigilli 35sigillus sigillorum 186il sigillo dei sigilli 187

Commento 305

de imaginum, signorum,

et idearum compositione 482la composizione delle immagini,

dei segni e delle idee 483Commento 881

Bibliogra$a delle opere citate 979