Novembre '15 - Comunità Aperta

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C O M UN I T A’ A P ER T A C O M UN I T A’ A P ER T A ANNO VI NUMERO SECONDO NOVEMBRE 2015 NEWS PERIODICO DELLA COMUNITA’ PARROCCHIALE DI S. BENEDETTO

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Periodico della comunità parrocchiale San Benedetto di Milano - Numero secondo Novembre 2015

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COMUNITA’APERTA

COMUNITA’APERTA

ANNO VINUMERO SECONDO

NOVEMBRE 2015

NEWS

PERIODICO DELLA COMUNITA’ PARROCCHIALE DI S. BENEDETTO

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COMUNITA’ APERTA NEWS

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Parrocchia S. Benedettovia Caterina da Forlì,19 20146 Milano

Segreteria: tel 02471554 fax 024223677

Orari S. Messe:

Feriali: ore 9.00 e 18.00

Festive: vigiliari ore 18.00

domenica ore 8.30/10.00/11.30/18.00

• Carissimi parrocchiani

• Obiettivosu!

• ALT

• VitadiComunità

• Flash

• Attualità

• Spettacolando

• Calciod’angolo

• Inbacheca

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Indice

Direttore:

Responsabile redazione:

Collaboratori

Coordinamento esecutivo:

Redazione:

Segreteria:

Distribuzione

Contatti

Don Ugo Dei Cas

Don Alessandro Digangi

Don Valeriano Giacomelli

Luciano AlippiDavide Cassinadri

Letizia AlippiLuca CeciCarla FerrariFederico LucreziSara SantusGiulia Soresini

Stefania De Mas

Luca Cartotto

[email protected]

Incamminiamoci:verso la GMG di Cracovia Francesca De Negri

Che programmi hai?Letizia Alippi

LaRedazione

LA “CONFESSIONE” DI MONSIGNOR CHARAMSAMaria Grazia Maggi

Solo 3 parole: cronache di un nuovo inizioFederico Lucrezi

Inside Out:la sincerità di un emozioneSara Santus

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Carissimi parrocchiani...Carissimi parrocchiani...

Carissimi Parrocchiani,Rendiamo lode a Dio per il nostro ritrovarci insieme, all’inizio di un nuovo anno pastorale, cosicché la comunione tra noi, e tra noi e Cristo si ravvivi sempre più.Tutte le realtà pastorali della parrocchia, rappresentate dai suoi esponenti, presenti nella domenica dedicata all’apertura dell’Anno Pastorale, sono gli organi vitali della parrocchia stessa e questo perché contribuiscono a dare slancio a tutti i fedeli, anche a quelli che hanno una fede debole o giovane, a coloro che non credono più o non hanno mai creduto, affinché gli insegnamenti che ci vengono dalla Parola di Gesù e dal magistero della Chiesa, guidata da papà Francesco, possano divenire sempre più fonte di ispirazione del nostro sentire, dire, fare.La nostra parrocchia è un organismo vitale, dove tutti, indistintamente, sono chiamati a camminare insieme, anche perché la teoria che mette al primo posto la realizzazione dei “diritti individuali”, a scapito di quelli della famiglia e della comunità civile, è destinata a fallire, in quanto porta gli uni contro gli altri. Nessuno si deve sentire escluso o isolato, come nessuno ha il diritto di escludere o isolare: “chi è senza peccato scagli la prima pietra!”. In noi deve crescere la consapevolezza che, nella parrocchia, tutti sono importanti e che occorre alimentare sempre più l’incontro con gli altri, qualsiasi altro. Questo presuppone essere umili, avere una identità cristiana forte, matura, per poter accogliere, incitare, entusiasmare, stimolare, cercando di tenere sempre presente le situazioni personali di ciascuno, sia quelle personali che quelle riguardanti la fede. Occorre alimentare la consapevolezza dell’importanza di essere “luce”, “sale”, “lievito” nel proprio contesto vitale, con semplicità, fantasia e determinazione, sia nell’intimità domestica che nell’ambiente di scuola, lavoro, svago o qualunque altro.O si evangelizza o si è evangelizzati! O ci si avvicina a Cristo e si aiutano anche gli altri a farlo o ci si allontana da Cristo a scapito della propria identità di figli di Dio causando, a volte, l’allontanamento da Dio stesso di persone anche a noi vicine.Il Vangelo di domenica 18 ottobre 2015 ci ricorda che le pecore ascoltano la voce del pastore perché sono da esso conosciute e perché intuiscono che il pastore offre loro i migliori pascoli possibili e, soprattutto, perché intuiscono che è pronto a dare la sua stessa vita. Questo è quello che fanno ogni papà e mamma che, sull’esempio del Padre nostro celeste, amano i propri figli più di qualsiasi altro bene.

La voce del Papà di tutti i papà la possiamo ascoltare tramite la Bibbia, sia a casa che in Chiesa o in qualsiasi altro luogo in cui decidiamo di soffermarci a leggerla e meditarla. Le sue parole sono sempre quelle giuste per qualsiasi situazione, sia la più bella e straordinaria che quella peggiore o più disperata. Ascoltando questa voce e mettendo in pratica i suoi suggerimenti possiamo riuscire a realizzare ciò per cui siamo creati: “essere collaboratori di Dio, campo di Dio, edificio di Dio”, ognuno secondo la propria

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don Valeriano Giacomelli

vocazione, come viene affermato nella seconda lettura. Non siamo certo super uomini, bensì persone normali, fragili, consapevoli dei propri limiti, peccatori, ma anche uomini che si mettono in gioco, avendo compreso, tramite Gesù, di avere tutti lo stesso Padre che ci ama e questo ci porta a desiderare di seguire i suoi insegnamenti.Cari fedeli, cari operatori pastorali, attuali e prossimi (abbiamo sempre bisogno di forze nuove che si mettano a disposizione nelle varie commissioni) allontaniamo da noi quel falso timore che ci fa pensare di non essere in grado di offrirci per un eventuale servizio volto al bene della comunità, invocando sempre motivazioni plausibili e giustificabili, così facendo cadiamo nell’autolesionismo e finiamo per auto escluderci dal “banchetto di nozze”. Il regno di Dio, la parrocchia con le sue attività pastorali non è cosa da “perfetti”, ma “campo” di persone disponibili a lavorarvi!Le indicazioni pastorali che ci vengono dal nostro vescovo, tramite la lettera “Educarsi al pensiero di Cristo” e il richiamo ad una mobilitazione concreta che ci viene dall’Anno della Misericordia ci portano ad avere uno sguardo attento verso quanto accade nel nostro contesto familiare, ma anche parrocchiale (entrambi “soggetti di evangelizzazione” e non solo beneficiari); nella nostra parrocchia, nella nostra area di azione, piccola o grande che sia. Siamo sollecitati quindi a mettere in atto quanto ci viene suggerito dalle opere di misericordia spirituale e corporale che sono un universale e sempre valida sintesi del “pensiero di Cristo” stesso. Più riusciamo a vivere in prima persona le opere di misericordia e più le nostre relazioni, tra noi e tutti i “prossimi” che incontriamo normalmente o eccezionalmente sul nostro cammino, saranno davvero fraterne. Così facendo passiamo dal trasmettere nozioni sulla misericordia di Dio al mostrare, con la nostra condotta di vita, il volto misericordioso di Dio. Come cristiani, non ci viene chiesto necessariamente di divenire amici di tutti coloro che vivono nel nostro palazzo o di tutti i colleghi di lavoro, o..., ma di suscitare il rispetto di tutti, questo sì. Ognuno di noi dovrebbe essere, per lo meno, considerato una persona onesta, giusta, buona. Riusciremo così a dimostrare come la “misericordia” di Dio non è qualcosa di astratto, ma un’azione concreta che passa attraverso il “faticoso”, ma alla fine gioioso, coinvolgimento di ciascuno di noi per il bene di tutti.La scommessa che siamo chiamati a vincere è questa: prestare a Dio il nostro cuore, la nostra mente, il nostro sguardo, la nostra voce, i nostri gesti, le nostre parole e questo perché coloro che ci incontrano possano sperimentare la sua misericordia.

CARMINATI AUGUSTASAMELE DONATAVASCONI ANGELABERETTA LUIGIAOLIVARES ANGELOROCCO VIRGINIAZANIERI CLARA

Hanno lasciato la nostra comunità

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Obiettivo su!COMUNITA’ APERTA NEWS

Che programmi hai?

‘Se non avessimo una coscienza saremmo solo bestieSe non avessimo un cuore saremmo macchineSe non avessimo speranze non saremmo uominiSe non avessimo entusiasmo non saremmo educatori’

Stavo pedalando controvento un martedì pomeriggio, tornando a casa dall’oratorio, dove Don Ale aveva convocato i giovani per un momento di programmazione. “Non ho intenzione di calendarizzare ragazzi” – MENOMALE – “…Voglio sia un momento di condivisione, riflessione e preghiera, di critiche o perplessità sull’anno ormai passato e di proposte sul da farsi” – PANICO! – .Eravamo un buon gruppo di menti creative (anche di bei caratterini eh!) quindi ci sarebbe stato di che parlare. Due pomeriggi intensi con momenti di ‘deserto personale’,

di verifica, di suggerimenti, di cene sempre molto poco dietetiche… Insomma qualche giorno per concentrarci esclusivamente sulla nostra comunità e, allo stesso tempo, sul nostro gruppo, un momento per ricaricare le pile ma senza strafare… Per quello c’è sempre tempo, siamo milanesi!Dopo parecchie discussioni, intuizioni, incomprensioni e tanti altri ioni (positivi o negativi che siano), siamo usciti con un progetto, fatto da tante attività – alcune veri e propri esperimenti – con cui vogliamo far trasparire l’importanza di una formazione ludico-educativa che ci identifichi come ‘scuola che avvia alla vita’ (cit. Don Bosco), punto fondamentale nella costruzione e nel cammino di un oratorio. L’offerta si rivolge proprio a tutti: con un doposcuola, indirizzato ai ragazzi delle scuole medie e

Obiettivo su!

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affidato a noi giovani, aperitivi culturali, eventi e feste...Ma dopo due giornate così impegnative e produttive arriva per forza il momento in cui appoggi la testa sul cuscino a mezzanotte passata e… occhi sbarrati: Ma a me cosa viene chiesto?!Chiaramente non sono arrivata ancora a una risposta, però qualcosa in 25 anni in questa comunità l’ho trovata; ho trovato la bellezza dell’adattamento, del sapersi reinventare dopo un fallimento, uno sbaglio, un cambiamento o una situazione che non dipendono da noi. Ho trovato le fatiche della gratitudine, dell’essere grato a

chi dà il suo tempo e la sua persona, rendendosi disponibile per i vari impegni proposti. A volte ci dimentichiamo di avere a che fare con persone, siano di 14 o di 40 anni, con le loro vite, le loro priorità, motivazioni, crisi ecc.; ci aspettiamo che qualcosa ci sia dovuto; tutti concentrati sulla buona riuscita del progetto di turno, pretendiamo, perdendo l’interesse verso i nostri vicini, al posto di chiedere, con l’umiltà e il sorriso di chi non solo ha bisogno dell’altro, ma a quest’altro ci tiene. E qui si arriva a un altro pilastro, quello che più di tutti si scheggia e rischia di far crollare tutto, almeno nel mio caso: l’essere esempio credibile per i giovani, i ragazzi di cui siamo educatori e che già accompagniamo in un cammino, ma soprattutto i bambini (gli animatori, catechisti e testimoni di domani) che non ti conoscono, che sembrano sempre distratti nella foga di giocare, ma ti riconoscono e si accorgono di tutto.E in ultimo, ma non meno importante, sarebbe utile ricordarci sempre quanto sia semplicemente bella l’accoglienza: i bambini ci hanno ripetuto per tutta l’estate che c’è sempre un buon motivo ‘Per far festa’ (lo slogan del grest), ma noi siamo aperti agli altri? Abbiamo voglia di fare o vediamo ogni proposta ricevuta come “l’ennesimo sbattimento” a cui è inutile partecipare? Spendiamo più tempo a sorridere o a lamentarci? Quante volte ci siamo senza esserci veramente?! Ed è proprio in questi momenti di stanchezza o scoraggiamento che la domanda di Gesù ai dodici apostoli risuona provocatoria «Forse anche voi volete andarvene?» Letizia ALippi

Obiettivo su!

Laboratorio catechiste

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ALT Aziona La

Testa

Me lo ricordo ancora - come se l’avessi vissuto ieri - quel momento in cui, di fronte ad una richiesta che avevo stimato per me importante ed anche piuttosto normale, un mio educatore mi ha detto senza troppi mezzi termini: “NO!”.Lo ricordo con rabbia, la stessa che è rimasta penso nella mia memoria affettiva ogni volta che mi si ripresenta la stessa situazione e la stessa risposta. A lungo andare, però, lo ricordo anche con gratitudine, perché quel “no” un pochetto mi ha fatto crescere.Non voglio addentrarmi troppo nella disquisizione tutt’ora aperta che vede schierarsi da una parte coloro che colgono nell’educazione un “lasciar esprimere il ragazzo” (Rogers e compagni) rispetto all’ala più intransigente che invece vede l’opportunità di mettere alcuni paletti per meglio fissare la rotta. Sta di fatto che in un tempo come il nostro, dove tutto ci è concesso ed anche senza troppa difficoltà, dire dei “no” è sempre più complicato, inattuale ed anche difficile.Me ne accorgo quando alcuni genitori mi vengono a parlare dei loro figli: “Che proprio non sappiamo cosa gli stia capitando. Eppure gli diamo sempre ciò che vuole”, ma anche nella normale amministrazione dei rapporti giovanili che ho la fortuna di poter intessere fra i corridoi dell’oratorio.

Il “no educativo” di per sé rompe. Di fronte alle aspettative del ragazzo, che spesso coincidono con l’idealizzazione del proprio educatore-genitore, la negazione di un permesso si rivela come qualcosa che frena l’entusiasmo e l’idea dell’educando stesso.Il “no” disorienta perché viene percepito come una mancanza di comprensione, dunque d’affetto, da parte dell’educando.Il “no” indispone perché chiama a rientrare in se stesso, a porsi la domanda di senso su ciò che è stato chiesto e su quanto è stato disposto-imposto.In realtà tutto ciò che è stato detto dalla parte dell’educando è valido anche per l’educatore: che il più delle volte è chiamato a decidere in una fase d’urgenza ovvero in poco tempo; che sa che la sua decisione andrà a toccare alcuni tasti affettivi del pianoforte personale di cui è costituito il ragazzo, che forse non ha neanche il tempo di spiegare bene il perché della decisione presa.Forse l’errore più frequente che facciamo come educatori è di non dire il perché dei nostri “no educativi”, che se a noi risultano chiari, dalla parte dei ragazzi risultano invece violenze belle e buone.Non è facile! Spesso le richieste che arrivano all’educatore, soprattutto da parte degli adolescenti hanno proprio lo scopo di provare la loro resistenza all’urto. Di fatto loro ci

provano e se trovano un terreno fertile propongono sempre di più.A noi educatori cosa viene chiesto?Mi piace ogni volta pensare a Gesù che spiegando le beatitudini nel vangelo di Matteo ad un certo punto esordisce così: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”.La chiarezza nel dire le cose, a volte anche senza mezzi termini, per quanto possa fare male e risultare indigesta è in realtà la virtù di ogni buon educatore-genitore, tutto il resto…lo trovano già nella nostra società.

I NO che ci fanno crescere

don Ale

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Domenica 18 ottobre.L’ultimo tavolo è stato messo via, l’ultimo gazebo è stato chiuso.Cala il sipario anche quest’anno sulla festa di apertura, arrivata ormai alla terza edizione.Ci lasciamo alle spalle il cortile dell’oratorio vuoto, un leggero odore di fritto che aleggia nell’aria diffondendo un pizzico di malinconia, come spesso accade dopo giorni pieni e frenetici.Penso a ciò che ancora una volta ci ha spinti a organizzare qualcosa insieme. Penso a quello che, smontato tutto, ci portiamo a casa.Vorrei spenderci qualche parola.Anzi, solamente tre.

Solo 3

parolecronache di un nuovo inizio

Entusiasmo. L’entusiasmo dei ragazzi più giovani, quelli che la festa non l’hanno pensata e organizzata, quelli che in qualche modo avrebbero potuto benissimo sentirla meno loro, viverla con più distacco. Gli stessi ragazzi che invece ci sono stati con impegno e voglia di dare il massimo. Giorno dopo giorno. Salamella dopo salamella.L’entusiasmo dei bambini che domenica hanno invaso il cortile dell’oratorio per il riGrest. Davvero tanti bambini, segno che l’impegno e la qualità portano sempre i loro frutti.L’entusiasmo degli animatori che per tutta l’estate hanno saputo metterci quell’impegno e quella qualità ogni giorno, e che anche in un’uggiosa domenica di ottobre non si sono tirati indietro.

Clima. Questione di clima. Il clima che sembrava dover rovinare tutto con la pioggia inizialmente prevista. Il clima che tutto sommato poteva andare peggio. Il clima strano per cui qualcuno in griglia ha addirittura caldo e qualcun altro ha su giubbotto e due maglioni. E poi quel clima che fa davvero la differenza. Stare bene insieme e riuscire a lavorare in armonia non è scontato, ma quando il clima è come quello di questi giorni

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Vita di comunità

si ha davvero una marcia in più.

Casa. Quando la porta del garage si chiude, lasciando vuoto lo spazio in cui la griglia era ancora calda fino a pochi minuti prima, rimane l’essere riusciti ancora una volta a sentirci a casa. La nostra casa. E forse, perché no, l’aver provato a trasmettere un po’ di questo senso di appartenenza a chi è passato anche solo per una salamella.

E poi, parlando di casa, l’oratorio.Finalmente.Dopo quasi un anno di lavori le porte dell’oratorio si sono spalancate. È come rivedere dopo tanti anni un luogo dell’infanzia. Qualche differenza qua e là, qualche dettaglio in meno, qualcuno in più.Eppure qualcosa non torna.“Ecco, guardate la sala blu quanto sembra spaziosa ora che è vuota!”Entriamo nella sala blu.La sala blu è gialla.Gialla.La sala bianca è diventata blu.Nella vita ci sono poche certezze. Una di queste era che la sala bianca fosse bianca. Federico Lucrezi

Era così semplice, intuitivo, lineare!La sala bianca è bianca. Non c’era niente da capire. E la sala blu è blu. Non si poteva sbagliare.

Adesso è cambiato tutto, anche se probabilmente continueremo a chiamare sala bianca la sala blu che prima era bianca e adesso invece è blu e chiameremo sala blu la sala che prima era blu ma che adesso invece è gialla.In effetti non il massimo della praticità.Penso al nuovo oratorio, penso a quei ragazzi che si sono impegnati così tanto in griglia in questi giorni.Probabilmente tra qualche anno non si ricorderanno nemmeno più della sala bianca, è vero, ma mi piace pensare che forse anche grazie a momenti come questa festa di apertura entrando in quella sala con le pareti blu si sentiranno a casa, come noi oggi ci sentiamo a casa entrando in oratorio o cuocendo una salamella nel cortile.

E magari un giorno qualcuno la dipingerà di viola disorientando un po’ anche loro. Ma ci sarà sempre qualche ragazzino a sua volta pronto a sentirsi a casa in quella sala dalle pareti viola.

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Vita di comunità

a scoprire l’importanza...dei piedi, della testa e del cuore. Sì, perchè il misericordioso è colui che è perennemente in cammino e in ricerca; che è disposto a cercare una risposta alle grandi domande di senso; che è pronto a far vibrare le corde del proprio cuore, chinandosi davanti ai più bisognosi. Non è un cammino semplice e per ogni fascia di età sono stati pensati momenti, attività ed esperienze ad hoc: tanti cammini in un unico grande cammino verso la GMG. E se le strade sembrano diversificate, i problemi, dubbi e perplessità che accompagnano i ragazzi di oggi sembrano proprio gli stessi, opacizzando il desiderio di partecipare a momenti di incontro come questi.Lo ammetto, ho un po’ di paura, perchè non so come andrà quest’anno...ma l’invito di Papa Francesco pare talmente convincente ed entusiasmante, che forse, nonostante la fatica, saremo pronti a metterci in cammino, perchè l’esperienza della GMG cambia la vita, o almeno così dicono.E allora scarpe comode, cappello in testa, cuore aperto...e buon viaggio ragazzi!

IN-CAMMINIamoci: verso la GMG di Cracovia

Ebbene sì, ritorno ancora ua volta io a parlarvi della GMG! State tranquilli, il poema chilometrico dell’ultima volta sulla mia esperienza in Brasile non avrà un seguito....almeno per ora!Anche quest’anno la vita oratoriale ha preso definitivamente inizio, tra mille attività e proposte vecchie e nuove, ed una in particolare accompagnerà ancora una volta i ragazzi delle superiori e i giovani universitari (speriamo!). È divenuto ormai da anni un appuntamento fisso, che vede scomparire buona parte dei giovani della parrocchia per alcuni weekends durante l’anno: stiamo parlando degli incontri del Movimento Giovanile Orionino. Il cammino che i giovani percorreranno quest’anno è tutto in preparazione della prossima GMG di Cracovia (Polonia) nel luglio del prossimo anno. Il tema del percorso triennale che ci sta accompagnando verso questo grande evento è quello delle beatitudini ed il titolo della prossima Giornata Mondiale della Gioventù sarà per l’appunto “Beati i misericordiosi, perchè troveranno misericordia”. Vogliamo quindi accompagnare i giovani in un percorso che li aiuti Francesca De Negri

GMG Madrid 2011

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Maria Grazia Maggi

AttualitàLA “CONFESSIONE” DI MONSIGNOR

CHARAMSA : UN INVITO A RIFLETTERE

In queste ultime settimane siamo stati tutti “bombardati” dalle notizie riguardanti il “coming out” di Monsignor Krzysztof Olaf Charamsa: la confessione pubblica della sua omosessualità, due soli giorni prima dell’apertura del Sinodo mondiale sulla famiglia; la presentazione del suo “compagno”; la rivelazione della presenza di tanti sacerdoti omosessuali; l’accusa di omofobia lanciata contro la Chiesa cattolica hanno fatto, come era logico supporre, il giro del mondo, rimbalzando dai quotidiani alle riviste, dai notiziari del telegiornale ai talk show.Le sue parole hanno suscitato reazioni molto diverse, a seconda non solo della sensibilità personale, ma anche dell’orientamento ideologico: qualcuno lo ha ringraziato

per aver “finalmente” sollevato il problema; molti si sono stupiti, soprattutto per il fatto che don Charamsa non è semplicemente un sacerdote, ma un teologo, già segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale vaticana e ufficiale della Congregazione per la dottrina della fede; alcuni hanno provato scandalo e sgomento di fronte all’orgoglio da lui dimostrato nel dichiararsi gay; altri, infine, ne hanno approfittato per ribadire la necessità che Chiesa e Stato acconsentano al riconoscimento delle unioni civili e della procreazione (o almeno dell’adozione) alle coppie dello stesso sesso.Tra le tante parole, ascoltate e lette, spesso fuorvianti o confuse, astiose o esageratamente trionfanti, ne ho

trovate finalmente di “vere” e nello stesso tempo rispettose e pacate nei toni, secondo lo stile al quale ci richiama papa Francesco. Le ha scritte, sulla sua pagina di Facebook, don Maurizio Patriciello, sacerdote della Terra dei fuochi. “Prete di frontiera”, come vengono definiti spesso quelli come lui; da anni impegnato con la sua gente nel combattere la criminalità organizzata che gestisce il traffico dei rifiuti tossici in Campania; ma convinto di essere, prima di tutto, un ministro di Dio e di avere, come tale, la responsabilità di vivere fino in fondo secondo il Vangelo e di testimoniarne la radicalità, senza facili concessioni alle mode e alle pressioni mediatiche.

Nessuno ha il diritto di confondere il prossimo. Soprattutto quello meno preparato culturalmente, spiritualmente, psicologicamente. Un monsignore polacco – mio confratello – alla vigilia del sinodo sulla famiglia ha pensato che fosse giunto il tempo di rivelare al mondo di essere gay. Il momento, di certo, era il meno opportuno. La

domanda sorge spontanea: perché non lo ha fatto prima? Intanto – come era prevedibile - la notizia “piccante” fa il giro delle redazioni, delle diocesi, del web. I commenti si sprecano. Non vogliamo entrare, per adesso, nel merito della questione. Durante il sinodo sulla famiglia saranno affrontati temi delicati che vedono il mondo

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cattolico attento e preoccupato. Ma anche pieno di fede e di speranza. La Chiesa vuole essere madre per tutti. Non vuole che ci siano privilegiati. Non vuole escludere nessuno dalla misericordia di Dio. Gesù non è proprietà privata. Papa Francesco su questo è stato chiarissimo. Il vero problema è un altro. Questo confratello ha confessato di avere un “compagno”. Che cosa voglia davvero significare non lo so. Se – come è pensabile – vuol dire che ha un compagno con cui ha instaurato una relazione affettiva, sentimentale, sessuale si pongono alcune domande. La Chiesa non l’abbiamo inventata noi. La Chiesa è la sposa che si pone in ascolto dello Sposo. Per conoscerlo, amarlo, servirlo. La Chiesa cammina con gli uomini del suo tempo, ai quale porta il gioioso annuncio che “Gesù è il Cristo”. Naturalmente ai suoi ministri la Chiesa chiede che accettino alcune regole. Su quelle che derivano dalla Parola di Dio non può transigere. Su altre si potrà anche discutere. Ecco il bisogno di stare insieme. Nessun credente è obbligato a

consacrarsi. La vocazione è un dono. Durante gli anni della formazione, non una sola volta, i candidati al sacerdozio vengono invitati a ripensare e rivedere la scelta fatta. Nel giorno dell’ ordinazione a tutti viene chiesto se vogliono vivere in un certo modo. Il celibato che la Chiesa cattolica di rito latino richiede, noi preti, lo abbiamo accolto con gioia. Liberamente. Solennemente. Lo abbiamo scelto noi. Tutti abbiamo detto, ad alta voce e davanti a centinaia di persone, di voler vivere in castità. Ben sapendo che sarebbero venuti

giorni in cui la castità - come del resto ogni stato di vita – sarebbe stata pesante. Tutto questo lo sapevamo. E proprio per questo non abbiamo mai smesso di pregare, sapendo che da soli possiamo fare poco. Lo disse Gesù: «Senza di me non potete fare nulla...». Il che potrebbe significare: «Con me potete scalare le vette più alte a piedi scalzi... Potete solcare i mari...». Questo vale per tutti: coniugati, celibi, consacrati. Certo, tutti possono cadere in qualche tranello. Tutti, nella vita, possono inciampare. Tutti possono cambiare idea. Importante però è assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Senza farle ricadere sugli altri. Senza passare come vittime di un sistema atavico. Senza ingannare il prossimo. Il “no” che il candidato al sacerdozio dice all’ esercizio della sessualità è il piedistallo dove si incastona il “ si” che ha detto a Cristo, alla Chiesa, ai fratelli. Questo discorso vale per tutti, non solo per i preti. Chi porta all’Altare la sua donna e le dice: «Io accolgo te come mia sposa e prometto di esserti fedele sempre...» sta rinunciando a tutte le donne

del mondo. A meno che non voglia imbrogliare. Ma qui entriamo in un altro campo. Il monsignore polacco non si è scoperto gay in questi giorni. Credo che già lo fosse al momento dell’ ordinazione. Non so come abbia fatto a rispondere alle domande del suo vescovo prima che gli imponesse le mani sul capo. Avrebbe potuto non accedere al sacerdozio cattolico che prevede per i preti lo stato di castità. Al di là di ogni altra considerazione teologica e morale, è una questione di serietà e di onestà. Per tutti vale l’ obbligo di mantenere la parola data.

Un prete o un laico sposato che nascondono un’amante, sono semplicemente traditori. Se invece di un compagno, il monsignore polacco avesse avuta una compagna sarebbe stata la stessa cosa. Sono contento che sia venuto allo scoperto. Ho rispetto per la sua vita privata. Ma lo spauracchio dell’omofobia che sta tentando di sventolare ai quattro venti non c’entra un bel niente. Insistere su questo vuol dire essere disonesti. Il Signore benedica tutti.

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Spettacolando Inside out

E’ uscito il 16 Settembre ed ha già conquistato grandi e piccoli il nuovo cartone firmato Disney-Pixar.D’altronde per una volta, non è possibile non immedesimarsi in ciò che finalmente trova un’immagine concreta in grado di rappresentare quanto di più stravolgente, incomprensibile e significativo ci sia nella vita di tutti noi: le emozioni.Ed è così che mostrando quello che succede all’interno della testa di Riley, una ragazzina di 11 anni che deve trasferirsi dal Minnesota a San Francisco, tra Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto, minuto dopo minuto questo cartone animato sembra voler finalmente dare forma a tutto ciò che ci governa, spesso confondendoci ma più spesso ancora facendoci funzionare.Anche alle emozioni più difficili da vivere, spesso considerate socialmente svantaggiose, come Rabbia e Tristezza, viene non solo riconosciuta tutta la loro dignità, ma anche attribuita la capacità ultima di riuscire a risolvere le situazioni più difficili rappresentando quel motore fatto

di intelligenza e profondità di spirito che da sempre è racchiuso nel nucleo più melanconico di ognuno di noi.Il livello tecnico dal punto di vista dei contenuti scientifici è altissimo come dimostra il fatto che il regista, Pete Docter, abbia contattato diversi studiosi di fama mondiale come Paul Ekman per poter rappresentare in modo scientifico e accurato i meccanismi psicologici e fisiologici con cui le emozioni, la memoria e i processi di pensiero si intrecciano nella vita di tutti noi.L’integrazione tra Gioia e Tristezza, la contaminazione emotiva dei ricordi, l’allontanamento da alcune parti di sé come distacco vitale necessario per il grande salto della crescita rendono questo cartone animato terapeutico ed esemplificativo di tutto ciò che nella vita di ognuno di noi spesso si presenta solo sotto forma di pensiero e non di immagine.Ed è così, ed è per tutti, che nell’affanno dei vani tentativi di razionalizzare e provare con la ragione ad afferrare i perchè più incompresi di ciò che ci capita, che Inside Out ci restituisce il senso di ogni più piccola emozione, il cui

la sincerità di un’emozione

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Spettacolando

Sara Santus

significato è afferrabile solo di pancia, empaticamente, racchiudendo molto più di tutto ciò che affannosamente cerchiamo nelle più grandi spiegazioni concettuali, parole e pensieri, in una sensazione così intima e personale da essere da sola in grado di restituire il senso autentico di ciò che spesso ci appare incomprensibile.Vi basterà parlare per ore con una persona per poi capire quanto tutto ciò che vi siete detti possa risultare,

nella migliore delle ipotesi, a volte solo parzialmente sovrapponibile con quanto sentite dentro di voi in un continuo sforzo tra il cercare di rendere ‘adesivi’ pensiero, parole ed emozioni.A noi uomini il compito di cercare di rendere sempre tutto il più logico e sequenziale possibile. Alle emozioni il compito in un solo istante di connetterci con ciò che sentiamo veramente, sinceramente.

Danze popolari

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Calcio d’ango

lo

E sono 18… auguri a me!!! Ebbene si con l’inizio della nuova stagione divento maggiorenne per l’Orione, 18 anni di calcio giocato con gli stessi colori, con la stessa passione di sempre, con la stessa voglia di inseguire il pallone che non si ferma mai. Sì perché la storia del calcio è una storia infinita, inizia da piccoli e ci accompagna per tutta la vita. I compagni, gli amici, gli allenatori e le storie di calcio che hanno scritto le pagine della società dimostrano che la passione e la volontà delle persone non faranno mai morire il calcio nel nostro bellissimo quartiere. Ma come nasce questa passione? Come si coltiva nel tempo?

Una storia infinitaDa giocatore sono passato ad essere anche allenatore e spesso mi hanno chiesto cosa mi spinge a non stufarmi mai del calcio. Così ho pensato di condividere con tutti voi lettori una poesia sul calcio che rappresenta tutti gli appassionati, tutti coloro che giocano sui campi e fuori, tutti coloro che seguono il calcio solo come sport e tutti coloro che lo vivono attivamente. Ma soprattutto per i piccoli che iniziano quest’anno e saranno il futuro, per coloro che stanno crescendo tra le fila dell’Orione e per coloro che ormai grandi possano essere un esempio per i primi.

Un pallone, gli amici, la strada.Basta giocare: poi vada come vada.Campi improvvisati, porte metafisiche, ginocchia sbucciate,senza pensieri, timori, tattiche imbalsamate.Tutti contro tutti, ruoli inventati, confini infiniti, scarpe… usurate.“Che diamine – urla la mamma – le avevi appena comprate!”Inizia così, tra sogno e realtà,quel viaggio nel pallone che non conosce età.Quando non esistono arbitri, non esistono regole,perchè tutti i passaggi sembrano favole.Mille corse a perdifiato, gli occhi verso il cielo, la fatica che si dipinge sul viso.Ogni finta è una sfida, ogni tiro un sussulto, ogni rete un sorriso.La strada, l’oratorio, i campetti di periferia,quanti ricordi, quante gioie, in quei pomeriggi di pura poesia.Poi gli anni passano, il tempo vola via.C’è la scuola, i compiti, lo studio che ci rincorre.La passione però resta, fa rima con volontà, sacrificio, temperanza,sempre lodata, ma mai abbastanza.Sublima ogni sforzo, ogni istante, ogni attimo di vitaspesa a rincorrere quella scintilla mai spenta, mai dimenticata, mai sopita.Allenamenti, partite, campionati:è una routine da cui tutti siamo passati.

Tra gioie e dolori, speranze e sogni di gloria,incisi, indelebili, nella memoria.Nonostante il lavoro, la crisi che impazza, il tempo che vola,in quei campi spelacchiati, da sempre, c’è una scintilla che ci consola.Perchè è un’abitudine corroborante,

Luca Ceci

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COMUNITA’ APERTA NEWS

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Calcio d’angolo

TERZA CATEGORIA1 Red Devils 462 Orione 452 Virtus Ozzero 454 Fatima 445 Atletico Rozzano 42

JUNIORES1 Barona 662 Accademia Gaggiano 632 Sporting Valleambrosia 634 Basiglio Milano III 587 Orione 41

ALLIEVI A1 Orione 282 Barona 202 Baggio Secondo 202 Iris 205 Virtus Binasco 17

ALLIEVI B1 Olmi Milano 292 Viscontini 272 Assago 244 Quinto Romano 239 Orione 9

GIOVANISSIMI B1 Romano Banco 242 Assago 223 Trezzano 173 SGB Cesano 178 Orione 7

www.usorionemilano.itGIOVANISSIMI A

1 Bareggio 232 Sedriano 202 La Biglia 204 Quinto Romano 148 Orione 7

il tran tran del calcio dilettante.E’ fatta di impegni, ma è fatta per svago.E’ ripetitiva, ma nessuno è mai pago.E’ come un ossimoro, è una figura retoricache ancor non si pente d’esser sempre iperbolica.Vive tra l’imperfezione e la condivisione,tra il rispetto dei ruoli e il gusto per l’evasione,come in un bel romanzo, un racconto d’avventura,che parla della vita nella sua dimensione più pura.Che ne descrive il candore, la bellezza, la sincerità supremaanche quando tutto scorre, tutto vibra, tutto trema.Che ne riconosce gli errori, le mancanze, le cadute in fallo.Che punta il dito contro le maldicenze, le parole di troppo, le fasi di stallo.Perchè giocare a calcio è tornare bambini:una sculacciata ogni tanto ci vuole,se non si vuol rinsecchire sotto la luce del sole.Un sole che, come il pallone,attira e manda in confusione,seduce e abbandonamentre par dire: “Non stare in poltrona!”

Giocare a calcio è un viaggio sull’altalena,è la corsa di un’anima in penache, mentre prova a volare,guarda il compagno e sussurra: “Non ti fermare!”Perchè il calcio dilettante è una metafora dell’esistenza,dove tutto ha un sinonimo, un contrario, un significato, una sua incidenza.E’ la storia di un’anima buonache vive in un motto, in una massima che mai ci abbandona:la vita per il calcio, il calcio per la vita,funziona così, la nostra storia infinita.

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COMUNITA’ APERTA NEWS

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In

bacheca

Novembre20151 D Ognissanti

2 L Festa dei defunti - Adorazione comunitaria h.21.00

3 M

4 M

5 G

6 V

7 S MGO Tortona

9 L CPP h.21.00

8 D MGO Tortona

10 M

12 G

13 V Aperitivo culturale h.18.00

14 S Ritiro Padre Nostro al San Vito

15 D I Avvento

16 L

17 M

18 M

19 G

20 V

21 S Lectio Divina e Cena comunitaria h.19.30

L23

22 D II Avvento

M24

M25 Confessioni giovani alla Creta h.21.00

G26

V27

S28

11 M

sabato 7 domenica 8

MGO

Doppia giornata a Tortona

per i giovani orionini

D29 III Avvento - Ritiro parrocchiale a Pavia

L30

Sabato 21

Lectio divina e cena comunitaria

h.19.30

a seguire la cena insieme

Domenica 29

Ritiro parrocchiale

giornata di riflessione

comunitaria a Pavia

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Sta arrivando il “DOPO-SCUOLA Orione”!

CHE COSA? STUDIARE DA SOLO E’ BELLO! STUDIARE INSIEME - CON Q UA L C U N O C H E T I P U O ’ AIUTARE - LO E’ ANCORA DI PIU’!

PER CHI? PER TUTTI I RAGAZZI E LE RAGAZZE DELLE SCUOLE MEDIE

DOVE? NELLE NUOVISSIME SALE DELL’ORATORIO

QUANDO? 2 GIORNI: LUNEDI' E GIOVEDI’

2 ORE: dalle 15:00 alle 17:00

Info:

Costo:5euroabambinopertuttol’anno

Iscrizioni:inoratorio

Conleiscrizioniverràfornitounregolamentoperigenitorieiragazziperaffrontareilcamminoconimpegnoeserietà.