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Contents 1 Sulle ”manipolazioni formali” 2 2 Istruzioni per l’uso. 3 3 Introduzione alle distribuzioni. 4 4 Dualita’. 6 5 Gli spazi D e D 0 . 9 6 Derivata distribuzionale. 12 7 Altre Operazioni sulle distribuzioni. 15 8 Distribuzioni a supporto compatto 17 9 Un problema di divisione. 19 10 Prodotto Tensoriale di Distribuzioni 20 11 Convoluzione. 21 12 Regolarizzazione. 23 13 La Trasformata di Fourier classica. 24 14 Necessit` a di un nuovo spazio di distribuzioni. 27 15 Sugli spazi numerabilmente normati. 28 16 Distribuzioni Temperate. 30 17 Ancora sulla Trasformata di Fourier. 32 18 Trasformata di Fourier in L 1 e in L 2 . 35 19 Calcolo di Alcune Trasformate. 37 20 Convoluzione in S 0 40 21 Soluzioni fondamentali. 41 22 Complementi. 46 1

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Contents

1 Sulle ”manipolazioni formali” 2

2 Istruzioni per l’uso. 3

3 Introduzione alle distribuzioni. 4

4 Dualita’. 6

5 Gli spazi D e D′. 9

6 Derivata distribuzionale. 12

7 Altre Operazioni sulle distribuzioni. 15

8 Distribuzioni a supporto compatto 17

9 Un problema di divisione. 19

10 Prodotto Tensoriale di Distribuzioni 20

11 Convoluzione. 21

12 Regolarizzazione. 23

13 La Trasformata di Fourier classica. 24

14 Necessita di un nuovo spazio di distribuzioni. 27

15 Sugli spazi numerabilmente normati. 28

16 Distribuzioni Temperate. 30

17 Ancora sulla Trasformata di Fourier. 32

18 Trasformata di Fourier in L1 e in L2. 35

19 Calcolo di Alcune Trasformate. 37

20 Convoluzione in S ′ 40

21 Soluzioni fondamentali. 41

22 Complementi. 46

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Appunti sulla Teoria delle Distribuzioni.

Italo GuarneriUniversita dell’Insubria a Como

a.a. 1998/99.

June 5, 2007

L’uso di funzioni improprie non implica percio alcuna mancanza di rigore nella teoria, ma esoltanto un formalismo conveniente che ci mette in grado di esprimere in forma concisa certerelazioni che noi potremmo riscrivere, se necessario, in una forma in cui non comparisserofunzioni improprie; pero cio si potrebbe fare soltanto in maniera piu involuta, che tenderebbe adoscurare il ragionamento.P.A.M.Dirac, “I Principi della Meccanica Quantistica”Boringhieri, 1959, pag. 81.

1 Sulle ”manipolazioni formali”

Esaminando lavori di fisica teorica di importanza riconosciuta, si incontrano facilmente proced-imenti matematici quanto meno equivoci: le cosiddette ”manipolazioni formali”, che occupanoda sempre un posto di rilievo nell’arsenale dei procedimenti matematici utilizzati dalla fisica. Sitratta di utilizzazioni apparentemente anodine di procedimenti standard del Calcolo, che perovengono effettuate senza verificarne le condizioni di applicabilita , o addirittura in situazioni incui queste condizioni sono palesemente violate. Esempi tipici sono l’uso di sviluppi in serie dipotenze divergenti, lo scambio delle operazioni di passaggio al limite, l’introduzione di quantitarappresentate da integrali divergenti, ed altri ancora, di cui e ricchissima la letteratura fisicadegli anni che hanno visto l’affermarsi e il consolidarsi della Meccanica Quantistica. Lo studenteeducato al rigore matematico resta disorientato nello scoprire quanti risultati importanti, di va-lidita indiscussa, sono stati ricavati mediante procedimenti del genere. Di riflesso, egli si senteportato a considerare i fastidiosi controesempi, di cui i matematici si servono per i loro caveat,come animali rari e mostruosi , che ”nella vita reale”, fortunatamente, non si incontrano mai.

Un simile punto di vista non e, naturalmente, giustificato. Chi tenta di improvvisare inproprio delle manipolazioni del genere si trova sovente impigliato in difficolta inestricabili, ed ecostretto a prendere atto che la manipolazione formale e una avventura rischiosa, possibile soloai possessori di una intuizione non comune.

Altrettanto incauto sarebbe il devoto del rigore matematico che assumesse un atteggiamentodi sufficienza nei confronti dei procedimenti formali . I fisici non usano quasi mai i simbolie la terminologia matematica nel modo rigidamente restrittivo e vincolante che e proprio deimatematici; di conseguenza, le affermazioni matematiche che essi producono non sono Teoreminel senso rigoroso della parola, e non dovrebbero essere valutate secondo le stesse categorie

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di ”giusto” o ”sbagliato” che si usano, appunto, per i Teoremi della matematica. I terminimatematici del discorso ”formale” del fisico non hanno l’esatto significato che parrebbe implicatodal linguaggio e dalle notazioni , ma sono piuttosto elastici e sfuggenti. Essi sono alla fin deiconti definiti al meglio , sia pure in modo implicito, proprio dall’uso che ne viene fatto nel corsodella manipolazione.

Al matematico avveduto non sfugge che questi significati ”impliciti” possono essere matem-aticamente innovativi. Manipolazioni formali che sarebbero ”sbagliate” secondo la interpre-tazione convenzionale dei termini possono diventare legittime e rigorose in seguito ad una op-portuna rielaborazione . A volte questo processo di ’riscatto’ si riduce a una sorta di ’ricopiaturain bella’ del lavoro formale: esercizio accademico che viene accolto con comprensibile fastidioda molti fisici. Altre volte, invece , esso puo richiedere uno sforzo matematico considerevoleo addirittura la introduzione di nuovi concetti matematici. Esempi illustri sono la teoria delleserie asintotiche, che fornisce basi logiche all’uso di sviluppi in serie divergenti, e la teoria delledistribuzioni, che e oggetto di questa parte del corso.

L’esempio piu noto di distribuzione e la ”funzione δ” di Dirac. Sarebbe questa una funzioneδ(x) dotata di varie proprieta rimarchevoli, quali ad esempio

δ(x) =12π

+∞∫

−∞eitxdt

f(0) =+∞∫

−∞f(x)δ(x)dx (1)

per qualunque funzione continua f(x). Non e difficile rendersi conto ( e si vedra nel seguito)che una simile funzione non puo esistere; tuttavia, la δ(x) e utilizzata su larghissima scala, purriservandole il nome di ”funzione impropria”. La giustificazione proposta da Dirac per questosingolare modo di procedere e racchiusa nella citazione iniziale. Il trattato da cui essa e trattafu scritto nel 1930, prima dei lavori di Laurent Schwarz che hanno dato alle funzioni improprieuno status matematico rigoroso negli anni ’50, ma il lettore potra alla fine decidere che essaconserva tuttora una qualche validita.

2 Istruzioni per l’uso.

Questa non e una trattazione al modo dei matematici, e infatti i punti della teoria che sarebberoveramente fondamentali dal punto di vista della analisi funzionale vengono sistematicamenteaggirati. Le (poche) dimostrazioni che vengono date non sono state scelte in base alla lororilevanza matematica, ma bensı per la loro relativa facilita, che dovrebbe permettere a chi leseguisse di fare un minimo di conoscenza ”sul campo” dell’organizzazione logica del calcolodistribuzionale.

Alcune parti di testo, segnalate da un simbolo ♠ iniziale e da uno finale, sono opzionali epossono essere omesse senza pregiudicare la comprensione del resto. La letteratura matematicae assai vasta, ma qui si usano un numero ristretto di riferimenti bibliografici classici:

[Y os] K.Yosida, Functional Analysis, Springer 1965.[RS1] [RS2] M.Reed e B.Simon, Methods of modern Mathematical Physics, vol.1 e 2, Aca-

demic Press 1972.

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[Rud] W.Rudin, Functional Analysis, 2nda ed., McGraw-Hill 1991.[Don] W.F.Donoghue, Distributions and Fourier Transforms, Academic Press 1969.[Schw], L.Schwarz, Methodes Mathematiques pour les sciences physiques, Hermann 1965[V lad] Vladimirov, Distributions et equations differentielles de la Physique Mathematique,

MIR ().Nel seguito i vettori di RN verranno indicati con x, y, .., e le loro componenti con x1, ...xN .

Il prodotto scalare di due vettori x, y si scrivera x · y. I vettori p ∈ NN (cioe i vettori (p1, ...pN )ad N componenti intere) si chiameranno multi-indici; la ”lunghezza” di un multi-indice sara perdefinizione |p| = p1 + ... + pN . Le seguenti notazioni abbreviate verranno usate estensivamente:

xp .= xp11 xp2

2 ...xpNN

Dp =∂|p|

∂p1x1...∂pN xN.

Qui e nel seguito il segno di eguaglianza .= significa che il membro di sinistra e definito dalmembro di destra. Gli integrali su RN nel senso di Lebesgue verranno sempre indicati con

∫dx

senza esplicita menzione della dimensione.Molti degli esercizi vengono proposti perche i risultati sono poi utilizzati in seguito nel testo.

Le soluzioni di alcuni sono riportate alla fine.

3 Introduzione alle distribuzioni.

Secondo una familiare definizione ”operativa”, un campo di forze V(r) viene introdottofacendo riferimento alla forza F(r) = qV(r) cui e soggetta una ”particella di prova” col-locata nel punto r, dove q e la ”carica” della particella . Pertanto, a stretto rigore, perparlare di “valore del campo” nel punto r, e quindi per descrivere il campo mediante unafunzione matematica, occorre far riferimento al caso limite ideale di particelle di provapuntiformi, oppure assumere che il campo possieda una qualche regolarita matematica,tale da poter trascurare la sua variazione sulla estensione spaziale di particelle sufficien-temente piccole.

Se ammettiamo che il campo sia descrivibile mediante una funzione V(r), e vogliamotener conto della estensione finita della particella di prova, descrivemo quest’ ultima noncome un punto materiale matematico collocato in un punto r0 ma piuttosto come unadistribuzione spaziale di carica ρ(r) = φ(r− r0), dove φ e una funzione localizzata (e cioeapprezzabilmente diversa da zero) solo in un intorno della origine, e

∫ρ(r)dr = q. Allora

le componenti della forza agente sulla particella di prova collocata in r0 sono date da

Fi(r0) =∫

Vi(r)ρ(r)dr

=∫

Vi(r)φ(r− r0)dr (2)

In questa formulazione, il dato ”osservabile” - che non e il campo V, ma bensı la F- viene prodotto ”testando” il campo mediante la ”test-funzione” ρ(r). Dal punto divista matematico, il valore di F in r0 e il risultato di una certa operazione, che vienecompiuta sulla testfunzione servendosi del campo V. Questa operazione possiede due

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proprieta fondamentali: (i) la linearita: il risultato dipende in modo lineare dalla sceltadi ρ, (ii) la continuita: il risultato cambia di poco a seguito di “piccoli” cambiamentidella ρ, riflettendo il fatto, fisicamente ovvio, che piccole modifiche della carica di provadevono risultare in piccole variazioni della forza agente su di essa. E non e in realtanecessario attribuire al campo proprieta di regolarita particolarmente restrittive, perchela (2) rappresenta l’osservabile F(r0) come una “media locale” dei valori di V(r), pesaticon la φ(r−r0). Si capisce bene che questa media, “spalmando” il campo sulla estensionedella φ, tende ad appiattire le fluttuazioni locali di V(r), restituendo una dipendenza“dolce” dell’osservabile F(r0) da r0.

La Teoria delle Distribuzioni spinge molto oltre queste considerazioni, ed osserva che,dal punto di vista logico, non e nemmeno necessario attribuire al campo dei “valori” neivari punti dello spazio ! Invece di pensarlo come una funzione del punto, conviene pensarlocome una operazione matematica che ci permette di attribuire ad ogni “test-funzione” φ,ammessa a descrivere una possibile carica di prova, una corrispondente forza F; alla qualeoperazione si richiede tuttavia di preservare le proprieta (i),(ii). Se poi questa operazionepuo essere compiuta come nella (2), servendosi di una funzione V(r), tanto meglio; ma ea priori immaginabile, che di operazioni con le proprieta richieste se ne possano trovaremolte altre, che non possono essere descritte in quel modo.

In effetti questo approccio si rivela assai vantaggioso. Esso vede la (2) come uncaso speciale di una costruzione piu generale, nella quale ogni singola componente delcampo viene intesa, invece che come una funzione del punto, come un funzionale dellatest-funzione φ; fermo restando pero, che questo funzionale deve conservare le proprietafondamentali (i),(ii).

Questo cambiamento di prospettiva - dal campo come funzione del punto al campocome distribuzione, ossia funzionale lineare e continuo della test-funzione - costituisceuna generalizzazione del concetto ordinario di funzione, che si si e’ rivelata matematica-mente assai vantaggiosa. La teoria delle distribuzioni, che ne e’ scaturita, ha fornito unostrumento potente per lo studio delle equazioni alle derivate parziali.1

Per formalizzare questa idea, occorre anzitutto definire opportunamente lo “spaziodelle test-funzioni”, cioe il dominio sul quale i funzionali saranno definiti. Per dare unsenso a (1) e (2), bisognera che questo sia anzitutto uno spazio lineare (=vettoriale), epoi che esso sia dotato di una topologia, alla quale riferire i “piccoli” cambiamenti delletest-funzioni. Esso dovra insomma essere uno “spazio vettoriale topologico”.

1A seconda della necessita, arbitrarie “funzioni di campo” possono essere intese come distribuzioni,indipendentemente dal loro significato fisico. Allo stesso modo che una data grandezza fisica puo talorafigurare come una variabile indipendente in argomento a qualche funzione, e talaltra come funzioneessa stessa di altre variabili, una medesima “grandezza di campo” puo a volte essere trattata comeuna distribuzione, e altre volte come una test-funzione. La stessa densita di carica, qui assunta adillustrare il concetto di test-funzione, puo talvolta assumere il ruolo “duale” di distribuzione; e infattivarie distribuzioni matematiche incontrate nel seguito trovano una utile immagine intuitiva in certedistribuzioni di cariche elettrostatiche.

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4 Dualita’.

La nozione di spazio vettoriale topologico (svt) comprende e generalizza in modo sostanzialequella di spazio vettoriale normato. In termini alquanto grossolani, e limitatamente agliscopi di questo corso, si puo dire che uno svt e uno spazio vettoriale X nel quale si edefinita la nozione di ”successione convergente”, e cio in modo tale, che le operazionivettoriali risultano continue 2. Con cio si intende che se una successione di scalari {αj}converge al limite α∞, e le successioni di vettori {xk} , {yl} convergono ai limiti rispettivix∞, y∞ secondo la definizione di convergenza data in X, allora risulta

limj,k→∞

αjxk = α∞x∞

limk,l→∞

(xk + yl) = x∞ + y∞

secondo la stessa definizione di convergenza.Dato uno spazio vettoriale topologico X (che per fissare le idee verra’ supposto com-

plesso), si dice ”duale” di X , e si denota X ′ , lo spazio vettoriale (pure complesso)costituito da tutti i funzionali lineari e continui definiti su X, cioe da tutte le applicazioniT : X → C tali che (i) T (αx + βy) = αT (x) + βT (y), ∀x, y ∈ X, ∀α, β ∈ C , (ii) Te continua , ossia, per ogni successione convergente di vettori di X, xn → x∞ , risultalim T (xn) = T (x∞). E’ utile osservare che , una volta verificata la proprieta (i), per veri-ficare la proprieta (ii) basta controllare che lim T (xn) = 0 per ogni successione di vettorixn convergente a 0; infatti, se questo e vero, allora per una successione xn → x∞ si haT (xn) = T (xn − x∞) + T (x∞) → T (x∞) .

Lo spazio X ′ e esso stesso uno svt. Esso riceve la sua struttura vettoriale dalladefinizione seguente:

(αT1 + βT2) (x).= αT1(x) + βT2(x); α, β ∈ C , T1, T2 ∈ X ′ (3)

Nell’introdurre una topologia su X ′ si segue il seguente criterio. Per T ∈ X ′ fissato, T (x)e una funzione lineare e continua di x; se invece si fissa x ∈ X, allora T (x) diviene unafunzione lineare di T (come si vede da 3), che conviene qui scrivere x(T ). Se questa sia o nouna funzione continua dipende evidentemente dalla scelta di una nozione di convergenzaper successioni {Tn} ⊂ X ′. La convergenza piu debole possibile (cioe quella che prevede ilmaggior numero di successioni convergenti) per la quale x(T ) risulta continua si chiamaconvergenza debole stellata (weak-*). E’ abbastanza ovvio che questa definizione e laseguente:

Tn → T∞ se, ∀x ∈ X, limn→∞ Tn(x) = T∞(x) (4)

Nel seguito si sottintendera sempre che la convergenza in X ′ sia quella weak-*.Nel seguito dovremo spesso confrontare i duali di due svt assegnati, che siano fra di

loro in una relazione di inclusione. Supponiamo che due svt X, Y siano tali che (i) X

2Per quanto perfettamente legittima nel contesto considerato qui, questa definizione (come altre inquesta sezione) e’ a rigore scorretta, e lo studente va messo in guardia dall’utilizzarla fuori dall’ambitodegli spazi funzionali considerati in questo corso.

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sia un sottospazio vettoriale di Y , e inoltre (ii) ogni successione {xn} di vettori di X,che sia convergente nel senso di X, risulti essere convergente anche nel senso proprio diY . Conveniamo di indicare con X v Y questa situazione(”inclusione topologica di svt”).Allora vale il seguente:1(Teor)- (X v Y ) ⇒ (Y ′ v X ′).Dim. Un funzionale lineare T definito su Y e a maggior ragione definito su X, che eper ipotesi un sottoins. di Y. Se poi T e continuo su Y altrettanto sara su X, percheogni successione convergente in X risulta pure convergente in Y. Dunque Y ′ ⊆ X ′. Siapoi {Tn} ⊂ Y ′ una successione convergente nel senso di Y ′. Allora vale (4) per tuttigli x ∈ Y , e quindi a maggior ragione per tutti gli x ∈ X; pertanto, secondo (4), lasuccessione converge anche nel senso di X ′. 2

Nella Teoria delle Distribuzioni si costruiscono appropriati spazi vettoriali topologici ditest-funzioni, e si chiamano distribuzioni gli elementi dello spazio duale. Fra poco de-scriveremo in dettaglio la scelta dello spazio delle test-funzioni; tuttavia, per comprenderemeglio le ragioni che sovrintendono a questa scelta, conviene anticipare certi lineamentigenerali della teoria. Indichiamo dunque genericamente con Φ la classe, per intanto nonspecificata, delle test funzioni definite su RN , e con Φ′ lo spazio duale, i cui elementi sonole distribuzioni. Al concetto di funzionale lineare sulla classe delle test-funzioni siamopervenuti, osservando che una funzione f(x) su RN puo anche essere pensata come unfunzionale, cioe come una applicazione dalla classe delle test-funzioni nei complessi: bastaassociare ad ogni test-funzione φ il numero complesso Tf (φ) dato da:

Tf (φ) =∫

dxf(x)φ(x) (5)

Se questo integrale e definito per ogni testfunzione φ, e se il suo valore dipende in modocontinuo dalla scelta di φ, allora si e ottenuto un funzionale lineare e continuo Tf : Φ → C,cioe un elemento di Φ′. Gli elementi di Φ′ che possono essere prodotti in questo modo sichiamano distribuzioni regolari su Φ, e in un certo senso possono essere identificati conle corrispondenti funzioni f . In generale, esse non esauriscono la classe Φ′ di tutte ledistribuzioni: se ne troveranno altre, che non possono essere rappresentate nella forma(5) per nessuna scelta della funzione f . Per questa ragione si dice che le distribuzionisono una estensione della nozione di funzione.

Una prima esigenza da tener presente nella costruzione esplicita della classe Φ delletest-funzioni e la seguente: si vuole che la classe delle distribuzioni regolari, cioe dellefunzioni f per cui la (5) e ben definita per ogni φ ∈ Φ, sia la piu vasta possibile; e comeminimo essa deve includere tutte le funzioni della classe Φ medesima. Ne viene subitouna indicazione precisa: per la convergenza dell’integrale (5) si richiede che l’integrandosi annulli abbastanza rapidamente all’infinito, e quindi, se non si vuole sottoporre f acondizioni troppo restrittive, occorre che le test-funzioni φ si annullino in modo moltorapido all’infinito.

Una seconda esigenza e connessa al passo successivo nello sviluppo della teoria: ladefinizione di operazioni sulle distribuzioni. Poiche le distribuzioni rappresentano unaestensione dell’ordinario concetto di funzione, si vogliono definire per le distribuzioni delleoperazioni, che generalizzino le operazioni note sulle funzioni. In modo formale: se A e

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una operazione lineare nota, che converte una generica funzione f in una funzione Af ,vorremmo definire una analoga operazione A, che converta una generica distribuzioneT ∈ Φ′ in un’altra distribuzione AT ; e questo in tal modo, che la operazione A dia lostesso risultato della A, ogni volta che essa venga effettuata su una “funzione”, cioe suuna distribuzione regolare. In simboli, si vorrebbe dunque che ATf = TAf per ogni f chepossa essere pensata come una distribuzione.

Un metodo assai generale per costruire A e quello detto della Identita Aggiunta.

2(Teor. della Identita Aggiunta.)- Sia A : Φ → Φ un operatore lineare, tale che sipossa trovare un operatore A′ : Φ → Φ dotato delle seguenti proprieta: (i)A′ e lineare econtinuo, (ii) per qualunque coppia di test-funzioni φ, ψ vale la “Identita Aggiunta”:

∫(Aφ)(x)ψ(x)dx =

∫φ(x)(A′ψ)(x)dx (6)

Allora l’operatore A : Φ′ → Φ′ definito da (AT )(ϕ) = T (A′ϕ) e lineare e continuo, einoltre verifica ATϕ = TAϕ,∀ϕ ∈ Φ.Dim.- A e ben definito perche per ogni φ ∈ Φ anche A′φ ∈ Φ. Inoltre AT , come appli-cazione da Φ nei complessi, risulta dalla composizione di A′ : Φ → Φ e di T : Φ → C,che sono ambedue operazioni lineari e continue per ipotesi, e pertanto lo stesso e vero perAT . Inoltre, per ogni ϕ, ψ ∈ Φ

ATϕ(ψ) = Tϕ(A′ψ) =∫

dxϕ(x)(A′ψ)(x) =∫

dx(Aϕ)(x)ψ(x) = TAϕ(ψ)

grazie alla identita aggiunta. Infine, se Tn → T∞ in Φ′, allora per ogni ϕ ∈ φ:

ATn(ϕ) = Tn(A′ϕ) → T∞(A′ϕ) = AT∞(ϕ)

per la definizione di convergenza in Φ′, e dunque per la stessa ragione ATn → AT∞ in Φ′;pertanto A e continuo.2

Fra le varie operazioni che si vogliono definire sulle distribuzioni, priorita assoluta hannole derivazioni, cioe gli operatori

Aj : ϕ 7→ ∂ϕ

∂xj

.

Per usare il metodo della Identita Aggiunta, occorre identificare i corrispondenti operatoriA′

j in modo da soddisfare la Identita Aggiunta. Ora, formalmente si ha:

∫dx(Ajϕ)(x)ψ(x) =

∫dxψ(x)

∂ϕ

∂xj

(x)

= −∫

dxϕ(x)∂ψ

∂xj

(x)

(7)

a patto di poter utilizzare il teorema di integrazione per parti, e sempre che φ, ψ siannullino all’infinito. Salve queste ipotesi, A′

j = −∂/∂xj, e se A′j verifica le ipotesi del

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Teorema dell’Identita Aggiunta, la derivata parziale di una arbitraria distribuzione T ∈ Φ′

sara definita come la distribuzione

∂T

∂xj

: ϕ 7→ −T

(∂ϕ

∂xj

). (8)

Dobbiamo dunque costruire Φ in modo che (i) l’integrazione per parti (7) sia lecita perogni ϕ, ψ ∈ Φ, (ii) A′

j sia un operatore lineare e continuo in Φ. Per verificare (ii) occorreprima di tutto che per qualunque ϕ ∈ Φ le derivate Ajϕ siano ancora in Φ: cio e quantodire, che le funzioni appartenenti a Φ devono essere di classe C∞ . Ma allora, per verificare(i), basta ulteriormente richiedere che esse si annullino all’infinito.

In piu, se si vuole che A′j sia un operatore continuo su Φ, occorrera che la nozione di

convergenza introdotta in Φ permetta di scambiare le operazioni di derivata e di passaggioal limite. Dall’Analisi sappiamo che cio e lecito per una successione di funzioni derivabili,se essa converge uniformemente, e se anche la successione delle derivate converge uni-formemente.

Riassumendo queste considerazioni: lo spazio delle test-funzioni Φ deve essere costi-tuito da funzioni di classe C∞, che si annullano all’infinito: inoltre la convergenza di unasuccessione di test funzioni in Φ deve prevedere come minimo la convergenza uniformedella successione, assieme alla convergenza uniforme delle successioni delle derivate diordine arbitrario.

5 Gli spazi D e D′.

Per completare la definizione dello spazio Φ occorre specificare che tipo di annullamentoall’infinito si vuole richiedere alle test-funzioni. La risposta ottimale prevede che essesiano identicamente nulle a distanze sufficientemente grandi. Questo conduce allo spaziovettoriale C∞

0

(RN

), costituito dalle funzioni φ : RN → C che sono di classe C∞ e, in piu,

hanno supporto compatto3 . Le funzioni di questo tipo non sono evidentemente analitiche,e cio rende difficile fornirne una rappresentazione in forma chiusa; l’esempio piu noto, equello a cui piu sovente si fara riferimento in seguito, e la funzione a cappuccio θa (x)definita, per a > 0, da

θa (x) = exp

(− a2

a2 − ‖x‖2

)per ‖x‖ < a

θa (x) = 0 per ‖x‖ ≥ a (9)

Occorre ora introdurre in C∞0

(RN

)una topologia opportuna. Cio va fatto in modo

che le proprieta caratteristiche delle test-funzioni si possano ”portare al limite” per iltipo di convergenza definito dalla topologia cercata. La convergenza uniforme con tutte lederivate non garantisce da sola che la funzione limite abbia ancora un supporto compatto,e percio occorre aggiungere una ulteriore condizione.

3Il supporto supp(φ) di una funzione continua φ e la chiusura dell’insieme dei punti x per cuif(x) 6= 0,ed e quindi un insieme chiuso. Pertanto dire che supp(φ) e compatto ammonta a dire che e limitato, eper questo basta che φ sia identicamente nulla fuori da una sfera di raggio convenientemente grande.

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3(Def).- Una successione di test-funzioni φn ∈ C∞0

(RN

)converge a 0 se :

(i) esiste un compatto K tale che il supporto di φn sia definitivamente contenuto inK;

(ii)le funzioni φn, e le loro derivate parziali di qualunque ordine, convergono a 0, pern →∞, uniformemente in K.

Una successione di test-funzioni φnconverge ad una test-funzione φ∞ se la successionedi test funzioni φn − φ∞ tende a zero nel senso sopra specificato.

Problema 1: (1): Sia φ ∈ D(R); per ogni intero k si ponga φk(x) = φ(x + k−1). (1) provareche, per k → ∞, φk → φ nel senso definito sopra. (2): posto ∆k(x) = k[φk(x)− φ(x)], si proviche, per k →∞, ∆k tende a φ′ nello stesso senso.(Risultati analoghi valgono in RN ).

Lo spazio vettoriale topologico di test-funzioni che si e finalmente ottenuto si indica uni-versalmente con D(RN). Il suo spazio duale e noto come lo spazio delle distribuzioni suRN e si indica con D′(RN).

Esempi concreti di distribuzioni possono essere facilmente prodotti. Cominciamo conle distribuzioni regolari: sia f(x) ∈ L1

loc(RN) una funzione ”localmente sommabile”, e

cioe sommabile su ogni sottins. compatto di Rn. Comunque si scelga una φ ∈ D(RN),l’integrale

∫fφdx esiste evidentemente finito, e definisce pertanto una applicazione Tf di

D(RN) nei complessi:

Tf : φ 7→ Tf (φ) =∫

f(x)φ(x)dx (10)

E’ ora facile vedere che:4(Teor.)- Tf ∈ D′(RN) , e si dice la distribuzione regolare associata alla funzione f(x).Dim. Occorre dimostrare che (10) definisce un funzionale lineare e continuo su D(RN).

La linearita e del tutto ovvia; quanto alla continuita, sia {φn} una successione di test-funzioni che tende a zero. Vista la def.2, sia K un compatto che contiene i supportidi tutte le φn; evidentemente l’integrale che appare nella definizione di Tf (φn) si puointendere calcolato su K. Ora {φn} tende a zero uniformemente in K, e quindi e possibiletrovare una costante finita che sia maggiorante per |φn| , ∀n. In tali condizioni una banaleapplicazione del Teorema della Convergenza Dominata mostra che limn→∞ Tf (φn) = 0.2

In un certo senso, una distribuzione regolare puo essere identificata con la funzionef(x) che la genera, e in effetti nella letteratura matematica corrente essa viene di solitorappresentata con la stessa notazione. Bisogna pero notare che due funzioni f, g distintema coincidenti quasi-ovunque definiscono la stessa distribuzione regolare, e che, vicev-ersa, se Tf = Tg allora f = g q.o. (anche se cio non verra qui dimostrato). In altreparole, l’identificazione di funzioni e distribuzioni regolari e possibile soltanto modulo laequivalenza quasi-ovunque.

Le distribuzioni regolari non esauriscono D′(RN). Per esempio:5(La “delta di Dirac”.)- Fissato a ∈ RN , si ponga δa : φ 7→ φ(a). Il funzionale cosii‘definito su D(RN) e lineare e continuo, cioe δa ∈ D′(RN). Questa distribuzione si chiamala “delta di Dirac” con supporto a.Dim. δa e lineare:

δa(αφ1 + βφ2) = αφ1(a) + βφ2(a) = αδa(φ1) + βδa(φ2).

10

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Se φn → 0 in D(RN) allora in particolare φn(a) → 0, cioe δa(φn) → 0.2La distribuzione di Dirac a supporto nell’origine viene denotata semplicemente con δ.

6(Teor.)- La distribuzione δa non e regolare.Dim. Per assurdo, supponiamo che esista f(x) ∈ L1

loc(RN) tale che, ∀φ ∈ D(RN), risulti

φ (a) =∫

fφdx.Per n intero definiamo φn (x) = θ1 (n(x− a)) , essendo θ1 la funzionedefinita da (9). La successione {φn} converge a 0 quasi ovunque, ed applicando in modoovvio il teor. della Convergenza Dominata si vede che deve valere

∫fφndx → 0. Questo

e contraddittorio, perche sotto l’ipotesi fatta deve valere anche∫

fφndx = φn (a) =e−1,∀n.27(Def.)- Le distribuzioni che non sono regolari si dicono singolari.

La delta di Dirac e singolare, perche “legge” i valori della test- funzione su insiemidi misura di Lebesgue nulla. Allo stesso modo risultano singolari altre distribuzioni, cheleggono i valori delle testfunzioni su linee o su superficie. Per esempio, se γ : [0, 1] → RN

e un arco di curva rettificabile, allora

δγ(φ) =∫

γφds

definisce una distribuzione singolare. Piu in generale, data una varieta Σ immersa in RN ,l’integrazione ”superficiale” su Σ definisce una distribuzione δΣ:

δΣ(φ) =∫

Σφ|ΣdS (11)

Altri esempi di distribuzioni singolari verranno visti in seguito.Nella letteratura fisica le distribuzioni singolari si chiamano talvolta ”funzioni improprie”(o anche ”generalizzate”), e di solito vengono anch’esse rappresentate come se fossero dellefunzioni . Per esempio δ viene scritta δ(x), δa viene scritta δ(x − a), e invece di δa(φ) siscrive

∫δ(x − a)φ(x)dx. Se si usano queste notazioni e essenziale ricordare, a scanso di

errori catastrofici, che la scrittura δ(x) ha senso solo se associata ad un segno∫

dx, e nonallude in alcun modo al ”valore di δ nel punto x” (che invece non ha nessun senso). 4

Dopo questo doveroso avvertimento, bisogna pur dire che la notazione “fisica” possiede unaindubbia efficacia pratica, perche semplifica e rende naturali molte manipolazioni sulle dis-tribuzioni, che la teoria rigorosa dimostra legittime al prezzo di appesantire le notazioni. Laragione e che la grande maggioranza delle operazioni sulle distribuzioni vengono introdotte gen-eralizzando operazioni sulle funzioni, conservando molte delle proprieta formali delle operazionioriginali. Pertanto, a livello formale, e spesso conveniente lavorare sulle distribuzioni “facendofinta” che esse siano delle funzioni. Nel seguito faremo talvolta uso di queste notazioni; in talcaso scriveremo ′′T (x)′′ per indicare la distribuzione T . Questa verra detta la notazione impro-pria. Si raccomanda come utile esercizio di riscrivere, appena possibile, in notazione impropriale varie equazioni distribuzionali incontrate in seguito.

La convergenza in D′ e naturalmente la convergenza weak-* definita nella sez. precedente:pertanto si dira che una successione di distribuzioni {Tn} converge al limite T∞ se per ogni

4Si pensi alla derivata, che si indica sia con f ′(x) sia con dfdx ; l’uso della seconda notazione non

sottintende che la derivata sia un quoziente!

11

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test-funzione φ risulta lim Tn(φ) = T∞(φ). A proposito della convergenza distribuzionalevale il seguente fondamentale risultato, qui dato senza dimostrazione [Rud] [Don] [Y os]:

8(Teor.)-Sia {Tn} una successione di distribuzioni, tale che per ∀φ ∈ D esista il limitedella successione numerica {Tn (φ)} .

Allora il funzionale φ ; limn→∞ Tn(φ) e lineare e continuo, e definisce quindi unadistribuzione T∞ che e il limite weak-* della successione data.

9(Es.)- Sia f(x) ∈ L1(RN), con∫

fdx = 1. Poniamo fn(x) = nNf(nx). Allora la succes-sione di distribuzioni regolari Tfn converge nel senso distribuzionale alla distribuzione δ.Infatti:

limn→∞Tfn(φ) = lim

n→∞nN∫

f(nx)φ(x)dx = limn→∞

∫f(x)φ(

x

n)dx = φ(0)

l’ultimo passaggio essendo lecito per Convergenza Dominata.

6 Derivata distribuzionale.

Lo spazio delle test-funzioni D(RN) e stato costruito in modo tale, che ogni distribuzioneT ∈ D′(RN) ammette derivate parziali date da (8). Quella definizione si generalizza inmodo ovvio a derivate di ordine arbitrario :

DpT (ϕ) = (−1)|p|T (Dpϕ) (12)

Con questa definizione, qualunque distribuzione risulta derivabile, e pertanto indefini-tamente derivabile. Inoltre derivate parziali multiple si possono calcolare in qualunqueordine:

∂xj

(∂T

∂xk

)(φ) = T

(∂2φ

∂xk∂xj

)= T

(∂2φ

∂xj∂xk

)=

∂xk

(∂T

∂xj

)(φ)

dove lo scambio delle derivate di φ e naturalmente legittimo grazie alla estrema regolaritadelle testfunzioni. Infine, sempre come conseguenza del Teor.) la derivazione e unaoperazione continua, o, se si preferisce, la derivata del limite e eguale al limite dellederivate, se tanto il limite quanto le derivate vengono intese nel senso distribuzionale.10(Es.)- Sia F : R → R di classe C1 in R\ {a}, e tale che esistano finiti i lim-iti limx→±a f(x) = f(a±), limx→±a f ′(x).Allora f ∈ L1

loc, e pertanto definisce la dis-tribuzione regolare Tf . Calcoliamo la derivata di tale distribuzione, servendoci a tal finedella definizione (12). Avremo:

T ′f (φ) = −Tf (φ

′) = −(∫ a

−∞+

∫ +∞

a

)fφ′dx

A ciascuno dei due integrali si puo applicare il teor. di integrazione per parti:

T ′f (φ) = [f(a+)− f(a−)] φ(a) +

∫f ′φdx

12

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l’integrale essendo inteso su tutto l’asse reale. L’ultima espressione si puo riscrivere:

T ′f = [f(a+)− f(a−)] δa + Tf ′ (13)

In particolare, se f e di classe C1 senza eccezioni, risulta che T ′f = Tf ′ , ossia la derivata

distribuzionale coincide con la derivata ordinaria. E’ possibile mostrare che l’identita (modulo l’identificazione di una distribuzione regolare con la funzione che la genera) fraderivata distribuzionale e derivata ordinaria sussiste per tutte le funzioni assolutamentecontinue di una variabile.

Come caso particolare del presente esempio, si puo prendere f(x) = 1 per x ≥ 0,f(x) = 0 per x < 0. Questa e la cosiddetta funzione a scalino, che nel seguito verrascritta s(x). Si ha , in forza di quanto visto, s′(x) = δ.11(Es.)- Per le derivate della distribuzione δa si ha, direttamente dalla definizione

δ(p)a (φ) = (−1)|p|φ(p)(a)

12(Es.)- La funzione f(x) = log |x− a|,(a ∈ R), e localmente sommabile; cerchiamola sua derivata distribuzionale ( cioe la derivata della distribuzione regolare Tf ). Dalladefinizione si ricava:

T ′f (φ) = −Tf (φ

′) = −∫

φ′(x) log |x− a| dx = − limε→0+

{|x−a|≥ε}φ′(x) log |x− a| dx

(l’ultimo passaggio per convergenza Dominata). Ora e possibile integrare per parti suciascuno dei domini ]−∞, a− ε] , [a + ε, +∞[ ottenendo :

T ′f (φ) = lim

ε→0+

{∫

{|x−a|≥ε}φ(x)

x− adx− [φ(a + ε)− φ (a− ε)] log ε

}=

= limε→0

{|x−a|≥ε}φ(x)

x− adx

13(Def.)-Si dice Parte Principale di 1x−a

, e si indica con P 1x−a

, la distribuzione definitada

P1

x− a(φ) = lim

ε→0

{|x−a|≥ε}φ(x)

x− adx (14)

Il calcolo sviluppato sopra mostra che tale distribuzione e la derivata distribuzionale dilog |x− a|.Nota.-Si badi che P 1

x−a non e una distribuzione regolare. La derivata ordinaria di log |x− a|,cioe la funzione 1

x−a , non puo essere pensata come una distribuzione, perche non e localmentesommabile. La distribuzione ”parte principale” costituisce una ”regolarizzazione”5 di 1

x−a . Sinoti inoltre che tanto l’esistenza del limite (14), che la continuita’ del funzionale che esso definisce,sono conseguenze automatiche della definizione di derivata distribuzionale.14(Es.)- Si consideri la funzione localm. sommabile log(x+ iε) (−π < arg(x+ iε) ≤ π).Sappiamo che:

log(x + iε) = log |x + iε|+ i arg(x + iε)

5Questo termine non ha niente a che vedere col processo, discusso nella sez.12, mediante il quale unadistribuzione singolare viene approssimata per mezzo di distribuzioni regolari.

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Per ε → 0+ la funzione log |x + iε| tende nel senso ordinario (puntuale) a log |x| , mentrearg(x + iε) tende a πs(−x). Le stesse convergenze si verificano nel senso distribuzionale.

Problema 3:dimostrare l’affermazione precedente ( per Conv. Dominata... )

Visto che la derivazione e una operazione continua in D′ , si puo concludere:

limε→0+

1

x + iε= P

1

x− iπδ

In modo completamente analogo si verifica che

limε→0−

1

x + iε= P

1

x+ iπδ

15(Es.)- La funzione 1r, dove r = ‖x‖ , e localmente sommabile in R3. Ci proponiamo

di calcolarne il Laplaciano distribuzionale (cioe il Laplaciano della distribuzione regolarecorrispondente). Data una arbitraria testfunzione φ, siano σε e ΣR due sfere centratenell’origine, di raggi rispettivi ε e R, con ε < R, ed R scelto abbastanza grande, in modoche il supporto di φ sia contenuto in ΣR. Ricordando che 1

re armonica in R3 \ {0} , si

trova:

41

r(φ) =

1

r(4φ) =

ΣR

1

r4φdx

= limε→0

ΣR\σε

1

r4φdx

= limε→0

ΣR\σε

[1

r4φ− φ41

r

]dx (15)

Applicando la formula di Gauss-Green,

41

r(φ) = lim

ε→0

∂σε

[−1

ε

∂φ

∂r− φ

ε2

]dS

dove l’ integrale e calcolato sulla superficie della sfera interna, e l’analogo integrale sullasfera esterna e nullo, perche essa si trova fuori dal supporto di φ. Al tendere di ε a 0, ilprimo termine in parentesi quadre fornisce un contributo infinitesimo con ε :

ε−1

∣∣∣∣∣∫

∂σε

∂φ

∂rdS

∣∣∣∣∣ ≤ 4πε ‖∇φ‖∞

mentre il secondo tende a −4πφ(0) :∣∣∣∣ε−2

∂σε

φdS − 4πφ(0)∣∣∣∣ = ε−2

∣∣∣∣∫

∂σε

(φ− φ(0))dS

∣∣∣∣ ≤ 4πε ‖∇φ‖∞

Si trova dunque come risultato:

41

r= −4πδ (16)

Dal punto di vista fisico questo risultato e ben noto: il potenziale generato da una caricapuntiforme collocata nella origine e (proporzionale a) 1

r.

14

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Problema 4: Trovare: (1) il Laplaciano 2-dimensionale di log r; (2) il Laplaciano 3-dimensionaledella funzione caratteristica della sfera unitaria in R3 (In termini elettrostatici, si trovera la dis-tribuzione di carica detta “doppio strato superficiale”.)

7 Altre Operazioni sulle distribuzioni.

16 La traslazione. Per le funzioni ordinarie, questa operazione converte una assegnatafunzione f(x) nella funzione τaf(x), definita da:

(τaf)(x) ≡ f(x− a)

dove il vettore a si intende assegnato.Nel caso particolare che f sia una test funzione,si vede subito che anche la funzione traslata e una test-funzione, cosı che resta definitoun operatore τa : D(RN) → D(RN). Altrettanto facilmente si verifica che tale operatoree lineare e continuo ( cioe se φn → 0 nel senso di D(RN), anche τaφn → 0 nello stessosenso.). Date due generiche test-funzioni ψ, φ,

∫(τaφ)(x)ψ(x)dx =

∫φ(x− a)ψ(x)dx =

=∫

φ(x)ψ(x + a)dx =∫

φ(x)(τ−aψ)(x) (17)

Il metodo dell’Identita aggiunta fornisce quindi la seguente definizione per la traslata diuna distribuzione :

τaT (φ).= T (τ−aφ) (18)

Problema 5:Data T ∈ D′(R), trovare il limite in D′(R) di k[τ1/kT −T ] per k →∞. Il risultatomostrera che la derivata di una distribuzione puo essere intesa come limite di un opportunorapporto incrementale.

17Cambiamento lineare di variabili. Un cambiamento lineare di variabili e una appli-cazione lineare non singolare L : RN → RN . Definiamo TL : D → D mediante

TLφ(x) = (φ ◦ L)(x) = φ(L(x))

Si vede facilmente che le condizioni del teor.2 sono verificate se si pone

T ′Lφ(x) = |det(L)|−1 φ(L−1(x))

e pertanto possiamo definire TLT mediante:

TLT (φ) = |det(L)|−1 T (φ(L−1(x)).

La notazione impropria per TLT e naturalmente “T (L(x))”.Casi particolari notevoli sono: l’operatore parita, ρ, che corrisponde alla simmetria,

L(x) = −x, e l’operatore di dilatazione σα, che corrisponde a L(x) = αx, dove α (”coeffi-ciente di dilatazione”) e un numero positivo fissato.

15

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Problema 2:Trovare ρδ e σαδ.

18Prodotto di distribuzioni. Si incontrano serie difficolta nel definire il prodotto di duedistribuzioni, gia nel caso di distribuzioni regolari. Per esempio, da f ∈ L1

loc non e lecitoinferire f 2 = f · f ∈ L1

loc , e pertanto f · f e definito nel senso delle funzioni ma non nelsenso delle distribuzioni. In ogni modo, il prodotto di una funzione opportuna per unadistribuzione puo essere definito, sotto opportune ipotesi, servendosi ancora una volta delTeor.2. Infatti una funzione F (x) su Rn puo essere usata per definire un operatore Asecondo la regola (Aφ)(x) = F (x)φ(x), e a tale operatore si puo pensare di applicare ilnominato teorema. Per far cio e evidentemente necessario che Aφ ∈ D per ∀φ ∈ D ,e quindi e necessario ( e sufficiente) che F (x) sia di classe C∞. In tal caso e chiaro cheA′ = A, e pertanto si puo definire AT ( e cioe il prodotto di T per F ) per una distribuzioneT generica, semplicemente mediante:

(FT )(φ) = T (Fφ) .

Si vedra nella prossima sezione che il prodotto FT puo talvolta essere definito anche incasi in cui F non e globalmente di classe C∞.

Problema 6: verificare che se F ∈ C∞(R) allora (FT )′ = F ′T + FT ′.

Problema 7: verificare (x− a)P 1x−a = 1.

♠ 19 Diffeomorfismi. La nozione di prodotto ci permette di generalizzare l’operazione di cambi-amento di variabili (es.13). Sia F : RN → RN una applicazione di classe C∞, dotata di inversaanch’essa di classe C∞ senza eccezioni. Definiamo (cfr. 13) TF φ(x) = (φ ◦ F )(x) = φ(F (x)).Allora φ(F (x)) e di classe C∞; inoltre il suo supporto e la immagine sotto F−1 del supporto di φ,quindi e anch’esso compatto. Dunque TF e un operatore lineare in D(RN ); vogliamo estenderloa D′(RN ). Dato che:

∫dxψ(x)TF φ(x) =

∫dyψ(F−1(y))φ(y)|JF−1(y)|

essendo JF−1 il determinante Jacobiano della F−1. Percio il teor.12 si applica ponendo:

T ′F ψ(y) = |JF−1(y)|T −1F ψ(y).

Di conseguenza possiamo usare la definizione di prodotto e definire TF in D′(RN ):

TF T (φ) = |JF−1 |T (T −1F φ). (19)

Per F soggetta a condizioni meno restrittive, la definizione di TF T =′′ T (F (x))′′ e alquanto piudelicata; si rimanda ai Complementi. ♠20Campi Vettoriali. Una applicazione X : RN → RN e specificata da N funzioniXj(x1, ..., xN),(j = 1, ..., N), e quindi definisce un campo vettoriale X(x) su RN . Adogni campo vettoriale X e associato un operatore differenziale lineare LX:

LX =N∑

j=1

Xj(x)∂

∂xj

= X · ∇.

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Se X e di classe C∞, allora LX puo essere definito su D′(RN):

LXT (φ) =N∑

j=1

Xj(x)∂T

∂xj

(φ) = −T

N∑

j=1

∂xj

(Xjφ)

= −T (∇ · (Xφ))

= −T (div(φX)). (20)

8 Distribuzioni a supporto compatto

22(Def.)- Si dice che T ∈ D′ e localmente nulla in un punto x ∈ Rn se x possiede unintorno I tale che T (φ) = 0 per ogni test-funzione φ il cui supporto sia contenuto in I.Si dice poi supporto di T il complemento dell’insieme dei punti nei quali T e’ localmentenulla.Scende direttamente dalla definizione che supp(T ) e un insieme chiuso. Come esempioelementare, si puo’ controllare che il supporto di δa e {a} .

La distribuzione nulla T = 0 (cioe quella per la quale T (φ) = 0,∀φ) e localmentenulla in ogni punto di RN . L’affermazione inversa e altresı vera, ma, per quanto intuitiva,non puo essere dimostrata senza l’ausilio di uno strumento tecnico noto come partizionedell’unita.23(Teor.)-Se φ e una qualunque test-funzione tale che supp(φ)∩supp(T ) = ∅ , alloraT (φ) = 0. In particolare, se supp(T ) = ∅, e cioe se T e localmente nulla in tutti i punti,allora T = 0.♠Dim. Dato il compatto K =supp(φ), si puo trovare un ricoprimento di K mediante unn. finito di aperti Ii, i = 1, ...m ciascuno dei quali ha la proprieta’ descritta nella def.22.A tale ricoprimento si puo’ subordinare una partizione dell’unita’, cioe’ un insieme di test-funzioni ψi, i = 1, ...m tali che (i)0 ≤ ψi ≤ 1, (2)supp(ψi) ⊂ Ii, (3)

∑m1 ψi(x) = 1, ∀x ∈ K.

[Rud] [Don] .Allora,

T (φ) =m∑

i=1

T (φψi) = 0

dato che evidentemente supp(φψi) ⊂ Ii. 2♠24(Teor .)- Se ψ e una funzione di classe C∞ tale che ψ = 1 in un intorno di supp(T ) (e cioe in tutto un aperto contenente supp(T )), allora ψT = T.Dim.- (ψT )(φ) = T (ψφ) = T (ψφ−φ)+T (φ); il supporto di ψφ−φ e certamente contenutonel complemento di supp(T ), e si puo’ quindi utilizzare il teor.23.2

Il prodotto di una funzione F (x) per una distribuzione T puo ora essere definito sottocondizioni piu generali di quelle viste nella sez. 7. Per esempio, se F (x) e di classe C∞

in RN \W con W compatto tale che W∩supp(T ) = ∅, allora si puo ancora definire unadistribuzione FT, mediante:

FT (φ) = T (Fψφ). (21)

dove ψ e una testfunzione scelta in modo che ψ = 1 in un intorno del supporto di T,e inoltre W∩supp(ψ) = ∅.6 Infatti in tal caso Fψφ e una testfunzione, e inoltre il

6L’esistenza di una tale funzione viene qui senz’altro assunta. Chiarimenti in proposito vengono fornitinei Complementi

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2ndo membro non dipende dalla scelta particolare di ψ. Come esempio semplice, si puoconsiderare x−mδa = a−mδa per a 6= 0.

Fra tutte le distribuzioni, quelle il cui supporto e un insieme limitato (quindi compatto)hanno una importanza particolare. Cio si deve in gran parte al fatto che esse sono, fratutti i funzionali definiti su D , quelli che possono essere estesi al dominio piu’ vastocostituito da tutte le funzioni di classe C∞ , non necessariamente a supporto compatto.La definizione e la seguente: per φ ∈ C∞ si pone

T (φ) = T (ψφ) (22)

dove ψ e una qualunque testfunzione che verifichi le ipotesi del teor.24. Cosi’ definito,T (φ) non dipende dalla scelta di ψ. Infatti, se ψ1 e ψ2 sono due testfunzioni siffatte, allora(ψ1 − ψ2)φ e una testfunzione, il cui supporto e disgiunto da quello di T , e pertanto Tvale 0 su di essa; se ne deduce che T (ψ1φ) = T (ψ2φ).

♠Per precisare ulteriormente questa particolarita delle distr. a supporto compatto, costru-iamo un nuovo spazio di test-funzioni, i cui elementi sono funzioni di classe C∞ ( non necessaria-mente a supporto compatto), e nel quale una successione di test-funzioni si intende convergente,se essa converge uniformemente sui compatti, assieme alle sue derivate di qualsiasi ordine. De-notiamo con E questo svt .25(Teor.)- D v E , e quindi E ′ v D′.Problema 8: dimostrare l’affermazione precedente.

I funzionali lineari e continui su E sono quindi una sottoclasse di D′ . Il risultato seguente mostrache essi possono essere identificati con le distribuzioni a supporto compatto.26(Teor.)- Se T e una distribuzione a supporto compatto, allora: (1) T ∈ E ′ (cfr.def. 22), (2)Se L ∈ E ′ allora posto T = L | D (la restrizione di L a D) risulta che T ∈ D′ e a supportocompatto, e inoltre ,(3) L = T .

Dim. (1) Se {ϕn} e una successione convergente in E , limϕn = ϕ∞, allora scelto ψ come in (22)risulta {ψϕn} convergente in D, con limψϕn = ψϕ∞, e pertanto T (ϕn) → T (ϕ∞). (2) Se T nonavesse supporto compatto, allora, data una famiglia di sfere Sn di centro l’origine e raggio |n| ,si potrebbe trovare per ciascuna di esse una testfunzione φn ∈ D avente il supporto al di fuoridi Sn, e tale che T (φn) = 1. Ora questo e impossibile, perche e evidente che la successione delleφn tende a zero nel senso di E , e pertanto si dovrebbe avere T (φn) → 0. (3) Per ogni intero n

costruiamo una funzione αn ∈ D in modo che αn = 1 su Sn, e supp(αn) = Sn+1. Allora peruna generica ϕ ∈ E risulta che limαnϕ = ϕ nel senso di E . Al tempo stesso supp(T ) ⊂ Sn pern abbastanza grande, per cui T (ϕ) = T (αnϕ) = L(αnϕ) definitivamente. Passando al limitetroviamo allora T (ϕ) = L(ϕ). 2♠

La distribuzione δa, e tutte le sue derivate, hanno supporto compatto coincidente colpunto a. A proposito delle distribuzioni che hanno supporto in un punto vale l’importanterisultato seguente, la cui dimostrazione sara’ fornita in seguito (sez.22):27(Teor.)- Sia T ∈ D′, supp(T ) = {a} . Allora T si puo rappresentare come unacombinazione lineare di un numero finito di derivate di δa, cioe si possono trovare una

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famiglia finita di multi-indici {p1, ...pM} e delle costanti {α1, ...αM}, tali che:

T =M∑

j=1

αjδ(pj)a

Problema 9: Si dica se la serie ∞∑

n=0

δ(n)

n!

converge nel senso distribuzionale.

9 Un problema di divisione.

In varie applicazioni ci si trova di fronte al seguente problema: data una funzione F (x),di classe C∞ su Rn, trovare le distribuzioni T che verificano FT = 0.28(Teor.)-Sia F (x) una funzione di classe C∞, e sia T una distribuzione tale che FT = 0.

Allora supp(T ) ⊆ M, dove M e l’insieme degli zeri di F : M ={x ∈ RN : F (x) = 0

}.

Dim. M e chiuso, e quindi per ogni x /∈ M si puo trovare un intorno I di x disgiuntoda M. Ogni testfunzione φ il cui supporto sia contenuto in I puo essere scritta nellaforma φ = Fψ, dove ψ e ancora una testfunzione, e quindi T (φ) = T (Fψ) = FT (ψ) = 0.Pertanto T e localmente nulla in ogni punto x esterno ad M , e la tesi segue dalla definizione22.2

Questa proposizione non puo essere invertita, cioe non e lecito inferire FT = 0 dasupp(T ) ⊆ M . Come controesempio si prenda F (x) = x, T = δ′, che conduce a xδ′(φ) =δ′(xφ) = −(xφ)′(0) = −φ(0) che e in generale 6= 0.

Le soluzioni di FT = 0 possono essere ulteriormente caratterizzate in vari casi parti-colari. Il seguente risultato sara spesso utile in seguito:29(Teor.)-Sia F : R → C dotata di uno zero isolato di ordine N +1 in un punto x0 ∈ R,vale a dire 0 = F (x0) = F ′(x0) = ... = FN(x0), FN+1(x0) 6= 0. Allora l’equazione FT = 0possiede soluzioni T aventi supporto in {x0}, e queste sono tutte e sole le distribuzioni chepossono scriversi come combinazioni lineari di derivate della distribuzione δx0 dall’ordine0 all’ordine N incluso.Dim. ♠Se supp(T ) = {x0} allora, grazie al Teor.27, T deve essere una combinazione di unnumero finito di derivate di δx0 ; resta da dimostrare che qualunque combinazione siffatta euna soluzione, a patto che in essa non appaiano derivate di ordine superiore a N. ScriviamoT =

∑M0 (−1)jαjD

jδx0 con M ≥ N . Dovremo avere:

0 = FT (φ) =M∑

j=0

j∑

k=0

B(j, k)Dj−kF (x0)Dkφ(x0)

dove i B(j, k) sono coefficienti binomiali, introdotti dalla formula di Leibniz per la derivata diun prodotto. Scambiamo l’ordine delle somme, tenendo presente che Dj−kF (x0) 6= 0 solo sej − k ≥ N + 1, cioe se k ≤ j −N − 1:

0 =M−N−1∑

k=0

Dkφ(x0)M∑

j=N+k+1

αjB(j, k)Dj−kF (x0)

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Di qui si vede anzitutto che se M = N la equazione e soddisfatta per qualunque scelta degli α. Seinvece M > N, φ puo essere scelta in modo che D1φ(x0) = D2φ(x0) = ... = DM−N−2φ(x0) = 0 ,DM−N−1φ(x0) 6= 0. Cosı facendo si ricava facilmente che l’equazione e verificata solo se αM = 0.

Il ragionamento puo ora essere reimpostato sostituendo M − 1 ad M. .♠

10 Prodotto Tensoriale di Distribuzioni

Questa operazione generalizza il procedimento mediante il quale, partendo da due funzionif : RN → C e g : RM → C se ne definisce una terza, f ⊗ g : RN+M → C, mediante

(f ⊗ g)(x, y) = f(x)g(y), x ∈ RN , y ∈ RM (23)

Volendo generalizzare questa costruzione all’ambito distribuzionale, osserviamo che sef e g possono essere pensate come distribuzioni, cioe se associate ad esse esistono duedistribuzioni regolari Tf e Tg , allora per evidenti ragioni di consistenza converra porre:

”Tf ⊗ Tg”.= Tf⊗g (24)

Applichiamo ora (24) a delle testfunzioni in D(RM+N). Consideriamo dapprima testfun-zioni ”fattorizzate”, cioe della forma φ⊗ψ dove φ ∈ D(RN) e ψ ∈ D(RM). Si trova in talcaso:

Tf⊗g(φ⊗ ψ) =∫ ∫

dxdyf(x)g(y)φ(x)ψ(y) =

=∫

dxf(x)φ(x)∫

dyg(y)ψ(y) = Tf (φ)Tg(ψ) (25)

Applicando invece (24) ad una arbitraria test-funzione φ(x, y) ∈ D(RM+N), non neces-sariamente fattorizzata, troviamo:

Tf⊗g(φ) =∫

dxf(x)∫

dyg(y)φ(x, y) (26)

= Tf(x)(Tg(y)φ(x, y)) (27)

Il primo passaggio sottintende un impiego banale del teor. di Fubini; l’ultimo si giustificaosservando che per ogni x fissato la φ(x, y) intesa come funzione di y e una testfun-zione, sulla quale si puo’ operare mediante la distribuzione Tg, ottenendo in tal modo unafunzione di x che e essa stessa una testfunzione. Cio puo essere facilmente verificato, uti-lizzando noti risultati sulla derivabilita’ di integrali dipendenti da un parametro. Si notiche (26) potrebbe essere presa come definizione di Tf⊗g e quindi di ”Tf⊗Tg”; inoltre, datoche (23) non fa piu esplicito riferimento alla natura regolare delle distribuzioni che vi fig-urano, essa puo essere presa come definizione del prodotto tensoriale di due distribuzioniarbitrarie. Il seguente risultato, dato senza dimostrazione [Schw] legittima questa idea.

30.Teorema di Fubini per le distribuzioni:Sia S ∈ D′(RN), T ∈ D′(RM).(1) Esiste ed e unica la distribuzione W ∈ D′(RN+M) tale che per ogni ϕ ∈ D(RN+M)

che si possa scrivere come ϕ(x, y) = φ(x)ψ(y), dove φ ∈ D(RN), ψ ∈ D(RM), risulti

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W (ϕ) = S(φ)T (ψ)

La W si dice il prodotto tensoriale di S e di T , e si scrive W = S ⊗ T.(2)∀ϕ ∈ D(RN+M) risulta che Ty(ϕ(x, y)) come funzione di x appartiene a D(RN), e

che Sx(ϕ(x, y)) come funzione di y appartiene a D(RM);(3) (S ⊗ T )(ϕ) = Sx(Ty(ϕ(x, y)) = Ty(Sx(ϕ(x, y));(4) supp(S ⊗ T ) =supp(S)×supp(T ).(5) il prodotto S⊗T dipende in modo continuo dai fattori ( nel senso della convergenza

weak-*)

Problema 10:Trovare il prodotto tensoriale S ⊗ T nel caso che S = δa,T = δb, con a ∈ RN , eb ∈ RM .

11 Convoluzione.

La convoluzione f ∗ g di due funzioni f, g ∈ L1(RN) e la funzione definita da:

(f ∗ g)(x) =∫

dyf(x− y)g(y) =∫

dyf(y)g(x− y).

Si dimostra che tale funzione e definita q.o. in x, ed e a sua volta una funzione in L1(RN)7.Tale operazione puo essere intesa come una operazione sulle distribuzioni regolari asso-ciate alle funzioni; Tf∗g = Tf ∗ Tg. Sorge ora il problema, se tale operazione possa esseregeneralizzata a distribuzioni arbitrarie; l’interesse di questa domanda risiede nel fatto chela convoluzione e una operazione che appare assai frequentemente nella fisica , in con-nessione con la risoluzione delle equazioni alle derivate parziali mediante le cosiddettefunzioni di Green. Come si vedra, la convoluzione di distribuzioni non necessariamenteregolari puo essere realizzata in vari casi notevoli, ma non in assoluta generalita.

Siano f, g ∈ L1(RN). Consideriamo le distribuzioni regolari associate a f, g, f ∗ g, eapplichiamole a una generica test-funzione φ:

Tf∗g(φ) = =∫ ∫

dxdhf(x− h)g(h)φ(x) (28)

=∫

dxf(x)∫

dyg(y)φ(x + y) (29)

= Tf(x) ⊗ Tg(y)(φ(x + y)) (30)

Questo risultato suggerisce palesemente la seguente definizione per la convoluzione di duedistribuzioni generiche:

S ∗ T (φ).= (Sx ⊗ Ty)(φ(x + y))

= Sx[Ty(φ(x + y))]

= Tx[Sy(φ(x + y))]. (31)

7Si veda ad es. W.Rudin, Real and Complex Analysis

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Pero un attimo di riflessione mostra che questa definizione e in generale insostenibile.Infatti se φ ∈ D(RN) allora la funzione ψ(x, y) ≡ φ(x + y) su cui dovrebbe operare ilprodotto tensoriale nella (31) non puo essere una test funzione in R2N , semplicementeperche il suo supporto, definito da {(x, y) : x + y ∈ supp(φ)} non e limitato. In questecondizioni, il 2ndo membro di (31) puo avere senso solo sotto particolari condizioni su Se T .

Questa difficolta diventa ancora piu palese non appena si cerca di mettere in pratica ladefinizione (31), perch‘e la funzione (di x) Ty(φ(x + y)), su cui si vorrebbe operare con ladistribuzione Sx, non e in generale una test-funzione; ad es., essa e una funzione costantequando T e la distribuzione regolare 1. E’ pero facile vedere che31(Teor.)-La funzione f(x)

.= Ty(φ(x + y)) e una funzione di classe C∞.

Dim.f(x + h)− f(x)

h= Ty

(φ(x + y + h)− φ(x + y)

h

)

Per h → 0, la testfunzione in argomento di Tx tende in D a φ′(x+y) (problema 1); dunquef(x) ammette derivata prima. data da Tx(φ

′(x+y)). Il ragionamento puo essere replicatoad libitum...2

Allora, perche la definizione (31) abbia senso, basta che la S possa operare non solosulle test-funzioni ma anche su arbitrarie funzioni di classe C∞. Come sappiamo, questoe appunto il caso quando S e una distribuzione a supporto compatto. Se poi ricordiamo30(5), concludiamo:32(Teor.)-Se una delle distribuzioni S, T ha supporto compatto, allora la convoluzioneS ∗ T e ben definita (da (31). Inoltre supp(S ∗ T ) = {x + y, x ∈supp(S), y ∈supp(T )}.

La convoluzione puo peraltro essere definita anche in altri casi, sui quali pero non cisoffermiamo.33(Es.) ∀T ∈ D′, risulta δ ∗ T = T. Infatti,

(δ ∗ T )(φ) = Tx(δy(φ(x + y)) = Tx(φ(x)) = T (φ)

Piu’ in generale,

(δ(p) ∗ T )(φ) = Tx(δ(p)y (φ(x + y)) = (−1)|p|Tx(φ

(p)(x)) = DpT (φ)

e quindi δ(p) ∗ T = DpT.Questi risultati sono riassunti dal seguente:

34(Teor.)- Sia P (D) un operatore differenziale lineare a coefficienti costanti di ordine Narbitrario:

P (D).=

N∑

j=1

αjDpj

per qualunque distribuzione T risulta P (D)T = T ∗ P (D)δ.

Problema 11: Per a ∈ RN e T ∈ D′ trovare δa ∗ T .

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La convoluzione di piu distribuzioni richiede grande cautela. Essa non gode neces-sariamente della proprieta associativa, cioe (S ∗ T ) ∗ U non e necessariamente eguale aS ∗ (T ∗ U); ad esempio,

(s ∗ δ′) ∗ 1 = s′ ∗ 1 = δ ∗ 1 = 1

ma inveces ∗ (δ′ ∗ 1) = s ∗ 1′ = s ∗ 0 = 0

Questa difficolta non si presenta soto condizioni particolari. Non entriamo nei dettagli,rinviando p. es. a [Schw, p.133] per maggiori informazioni; ci limitiamo a segnalare chela convoluzione tripla e’ associativa, in particolare, se due delle distribuzioni ammettonoconvoluzione fra di loro (perche’ ricadono nei casi (I), oppure (II), oppure in altri ancora)e la terza ha supporto compatto. Questa annotazione permette di ottenere un risultatoimportante:35(Teor.)- Se S ∗T e definita, allora per ogni operatore differenziale lineare a coefficienticostanti risulta P (D)(S ∗ T ) = P (D)S ∗ T = S ∗ P (D)T.Dim. Basta applicare il Teor.34 nonche l’osservazione fatta or ora riguardo l’associativita:

P (D)(S ∗ T ) = (S ∗ T ) ∗ P (D)δ = S ∗ (T ∗ P (D)δ) = S ∗ P (D)T 2

12 Regolarizzazione.

Se ψ ∈ D, allora la distribuzione regolare Tψ ha supporto compatto coincidente col sup-porto di ψ, e se ne puo quindi prendere la convoluzione con una arbitraria T ∈ D′, chedenoteremo per semplicita con ψ ∗ T . In notazione impropria:

“ψ ∗ T (x)′′ =∫

dy′′T (y)′′ψ(x− y).

Questa formula e essenzialmente la stessa su cui abbiamo fondato le considerazioni eu-ristiche della sez. 3, dove si e anche osservato che la sorta di “media locale” che vieneeffettuata sulla ′′T (y)′′ per mezzo della funzione ψ avra l’effetto di “addolcirne” il com-portamento; ossia, ci si attende che “ψ ∗ T” sia un oggetto assai piu ’regolare’ che non la′′T ′′. Il prossimo risultato rende rigorosa questa idea.36(Teor.)-ψ ∗ T e la distribuzione regolare associata alla funzione f(x)

.= Ty(ψ(x− y)),

che e di classe C∞.Dim.

(ψ ∗ T )(φ) = Tx

(Tψ(y)(φ(x + y)

)= Tx

(∫dyφ(x + y)ψ(y)

)

= Tx

(∫dyφ(y)ψ(y − x)

)= (Tx ⊗ Tφ(y))(ψ(y − x))

= Tφ(y)(Tx(ψ(y − x)) =∫

dyφ(y)Tx(ψ(y − x))

=∫

dyφ(y)f(y) (32)

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Che la funzione f(y) sia di classe C∞ discende dal Teor.(31).2.Abbiamo visto (Es.10) che δ puo essere ottenuta come limita distribuzionale di dis-

tribuzioni regolari. Il risultato che segue mostra che lo stesso e vero per qualunque dis-tribuzione. Il procedimento con cui una distribuzione arbitraria viene approssimata me-diante distribuzioni regolari si chiama regolarizzazione. Tornando di nuovo alla sez.3: seprendiamo la “particella di prova” descritta dalla test-funzione ψ in modo da approssimaresempre meglio una carica unitaria puntiforme ideale, dobbiamo attenderci che, paralle-lamente, la ′′ψ ∗ T (x)′′ approssimi sempre meglio il “campo” ′′T (x)′′. Se intendiamo la“approssimazione” nel senso della convergenza weak-*, questo e proprio vero:37 (Teor.)-Ogni distribuzione T ∈ D′(Rn) e limite weak-* di una successione di dis-tribuzioni regolari.Dim. Definiamo ψk(x) = knθ1(kx); in tal modo

∫ψkdx = 1, e come sappiamo ψk → δ nel

senso weak-* quando k →∞. Allora:

ψk ∗ T (φ) =∫

dxknθ1(kx)Ty(φ(x + y))

=∫

dtθ1(t)Ty(φ(y + k−1t)) (33)

Quando k →∞, φ(y+k−1t) tende a φ(y) nel senso di D (problema 1). Pertanto Ty(φ(y+k−1t)) tende a Ty(φ(y)) = T (φ). Poiche Ty(φ(y + x)) e continua, dunque limitata, comefunzione di x sul supporto di θ1, la Tesi segue per Convergenza Dominata. 2

13 La Trasformata di Fourier classica.

La trasformata di Fourier di una funzione f(x) su RN e la funzione f(y) definita formal-mente da:

f(y) = (2π)−N/2∫

e−ix·yf(x)dx (34)

Si chiama invece trasformata di Fourier inversa di f la funzione f data da:

f(y) = (2π)−N/2∫

eix·yf(x)dx (35)

Se gli integrali in queste definizioni si intendono nel senso di Lebesgue, allora essi hanno unvalore finito, se e solo se i moduli delle funzioni negli integrandi sono funzioni sommabili.Dato che gli esponenziali hanno modulo 1, si conclude che le trasformate diretta e inversarisultano definite, se e solo se f ∈ L1(RN).

Gli esempi seguenti sono di applicazione larghissima.38(Es.)- La funzione (su R)

`a(x).=

1

π

a

a2 + x2(36)

e nota come Lorentziana di larghezza a > 0. Il coefficiente numerico e scelto in modoche

∫`adx = 1. La trasformata di Fourier di questa funzione si trova facilmente, ad es.

mediante la tecnica dei residui:

ˆa(t) =

1√2π

e−a|t| (37)

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39(Es.)-La trasformata della funzione Gaussiana normalizzata, di deviazione standardσ :

gσ(x).=

1

σ√

2πe−

x2

2σ2 (38)

puo essere calcolata in vari modi, inclusa l’integrazione di contorno. Qui procediamocalcolando la derivata di gσ sotto il segno di integrale: operazione lecita grazie a risultatinoti di Analisi, e che comunque verra legittimata fra breve (40). In tal modo troviamo:

g′σ(t) =1

2πσ

∫(−ix)e−

x2

2σ2 e−itxdx =

=iσ

∫e−itx d

dxe−

x2

2σ2 dx

ed integrando per parti,g′σ(t) = −σ2tgσ(t)

Integrando questa equazione differenziale con la condizione iniziale:

gσ(0) =1

2πσ

∫e−

x2

2σ2 dx =1√2π

troviamo il risultato notevole:gσ(t) = σ−1gσ−1(t)

Quindi la trasformata di una Gaussiana e un’altra Gaussiana, e il prodotto delle deviazionistandard delle due e eguale a 1. In particolare, la funzione g1 viene trasformata in se stessadalla trasformata di Fourier.

Alcune proprieta importanti delle trasformate diretta ed inversa si ottengono immediata-mente dalle definizioni con manipolazioni elementari, che vengono lasciate allo studente.Queste proprieta sono riassunte dal seguente:

40(Teor.)- Siano f ∈ L1(RN), a ∈ RN , α ∈ R :(1) Posto g(x) = f(x) exp(ia · x), risulta: g(t) = f(t− a);(2) Posto g(x) = f(x− a), risulta g(t) = f(t) exp(−ia · t);(3) Posto g(x) = f(−x), risulta g(t) = f(−t) = f(t);(4) Posto g(x) = f(αx), (α > 0) risulta g(t) = α−N f(α−1t);

(5) Se anche h(x) ∈ L1(RN), allora (f ∗ h) = (2π)N/2f h.(6) Se h(x) ∈ L1(RN), allora (f ⊗ h)∧ = f ⊗ h.

A livello formale, e cioe senza preoccuparci (per ora) di stabilire condizioni precisedi validita, citiamo tre importantissime proprieta ulteriori, limitandoci, per semplicita discrittura, al caso di funzioni su R :

df

dy= (−ixf)∧ ;

(df

dx

)∧= iyf ; (f ) = (f ) = f (39)

L’ultima delle (39) giustifica il nome di ”trasformata inversa” dato alla (35). E’ facilissimocontrollare che questa proprieta vale effettivamente negli esempi 38,39; tuttavia essa non

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vale per una qualunque funzione f ∈L1(RN). Per esempio, se accade che f /∈L1(RN),allora (f ) non e nemmeno definita.

Problema 12:Si verifichi che la situazione appena descritta si presenta con f(x) = s(x) exp(−x).

Le altre due proprieta (39) si ottengono facendo un uso formale della regola di integrazioneper parti e della regola di derivazione sotto il segno

∫. Per esempio:

df

dy= (2π)−1/2 d

dy

∫e−iyxf(x)dx =

= (2π)−1/2∫

(−ix)e−iyxf(x)dx =

= (−ixf)∧

E’ appena il caso di segnalare che nel primo passaggio si e assunto in modo arbitrario chef abbia una derivata, e che questa derivata si possa trasferire sotto il segno di integrale.

Esaminiamo quest’ultima proprieta in modo piu preciso.41(Teor.)- Se f ∈ L1(RN) allora f e una funzione continua e limitata , e inoltre:

∥∥∥f∥∥∥∞ ≤ (2π)−N/2 ‖f‖L1 (40)

Dim. Preso h ∈ RN ,

f(y + h)− f(y) = (2π)−N/2∫

f(x)e−iy·x [e−ix·h − 1

]dx (41)

Il modulo dell’integrando e maggiorato da 2 |f(x)| ∈L1(RN), e quindi per ConvergenzaDominata si vede che il limite della espressione precedente per h → 0 e 0, e dunque f econtinua. Direttamente dalla definizione (43) si ha poi:

∣∣∣f(y)∣∣∣ ≤ (2π)−N/2

∫|f(x)| dx

che essendo valida ∀y ∈ RN fornisce subito la Tesi.2

Sotto le stesse ipotesi vale anche il42(Teor.)- (Lemma di Riemann-Lebesgue) lim‖y‖→∞

∣∣∣f(y)∣∣∣ = 0.

La dimostrazione e omessa.[Don].43(Teor.)- Se f ∈ L1(R) e anche xf ∈ L1(R), allora f e di classe C1, e vale la primadelle (39).Dim. Riprendendo la (41), scriviamo:

f(y + h)− f(y)

h= (2π)−1/2

∫(−ix)f(x)e−ix(y+h

2) sin

xh2

xh2

dx

L’integrale nel 2ndo m. e dominato da∫ |xf(x)| dx, che e finito per ipotesi. Per conver-

genza dominata si trova dunque che la derivata di f esiste, ed e data dalla prima delle(39); che essa sia continua viene dal precedente teor.41.2

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Una semplice generalizzazione di questo risultato e la seguente:44(Teor.)- Se f ∈ L1(RN), e inoltre xpf ∈L1(RN) per ogni multi-indice p, allora f edi classe C∞, e risulta

Dpf = [(−ix)pf ]∧

Problema 13: Usando 40(5) e i risultati di questa sezione, trovare la convoluzione (1) di dueGaussiane, (2) di due Lorentziane. ( Si tratta ancora di una Gaussiana e di una Lorentziana...)

14 Necessita di un nuovo spazio di distribuzioni.

La trasformata di Fourier e uno strumento fondamentale dell’analisi lineare, ed e di im-portanza cruciale estenderla all’ambito delle distribuzioni. A livello puramente formale, eusando notazioni improprie, nelle quali T (φ) si scrive

∫dx“T (x)′′φ(x), verrebbe di scrivere

“T (y)′′ = (2π)−N/2∫

dx′′T (x)′′e−iyx

L’ultimo “integrale” sarebbe naturalmente da intendersi come T operante sulla funzione(di x) e−iyx. Il guaio e che T puo essere incapace di operare su questa funzione, percheessa non e una testfunzione!

Questa difficolta scompare se T e una distribuzione a supporto compatto, percheallora essa puo operare (sez.8) su arbitrarie funzioni di classe C∞, come appunto la e−iyx.Questo argomento formale segnala dunque che (1) non si potra definire la trasformatadi una distribuzione arbitraria, tuttavia (2) lo si potra fare per distribuzioni particolari,quali ad es. quelle a supporto compatto. Ambedue le indicazioni sono corrette, comerisultera affrontando il problema in maniera piu rigorosa.

Proviamo ad utilizzare il metodo della Identita Aggiunta. Per arbitrarie testfunzioniφ, ψ vale: ∫

dtφ(t)ψ(t) = (2π)−N/2∫

dtψ(t)∫

dxe−itxφ(x) =

= (2π)−N/2∫

dxφ(x)∫

dte−itxψ(t) =∫

dxφ(x)ψ(x) (42)

dopo una applicazione banale del teor. di Fubini. Pertanto l’operazione aggiunta allatrasformata di Fourier dovrebbe essere la trasformata di Fourier medesima, e la definizionedella trasformata di Fourier distribuzionale dovrebbe quindi essere

T (φ).= T (φ) (43)

Pero qui ci imbattiamo in una serissima difficolta: l’operazione aggiunta non e in realtabene definita in D, perche la trasformata di Fourier di una testfunzione non e mai unatest-funzione! Infatti, osservando la definizione

φ(t) = (2π)−1/2∫

e−itxφ(x)dx

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si nota che l’integrando dipende dalla variabile t in modo analitico. Dato che l’integralesi puo pensare esteso ad un intervallo limitato (grande abbastanza da contenere il sup-porto di φ), noti risultati sulla analiticita degli integrali dipendenti da un parametro[Smirnov, III − 15] implicano che φ(t) e una funzione analitica. Essa non puo quindiessere una testfunzione (gli zeri di una funzione analitica non identicam. nulla sono puntiisolati); pecio il 2ndo membro di (43) non e in generale definito.

Questo inconveniente e evidentemente dovuto alle condizioni alquanto estreme che sisono imposte sul comportamento delle testfunzioni a grandi distanze. Per eliminarlo,occorre rilassare queste condizioni, e quindi allargare lo spazio di testfunzioni. Tenutopresente il Teor.1, questo ammontera a restringere lo spazio delle distribuzioni. In altreparole, la trasformata di Fourier non potra essere definita per tutte le distribuzioni fin quistudiate, ma solo per una sottoclasse, che verra ora introdotta.

15 Sugli spazi numerabilmente normati.

Il nuovo spazio di testfunzioni annunciato nella sezione precedente apparterra ad unaclasse di spazi vettoriali topologici, il cui studio richiede strumenti appena piu complicatidi quelli tipici degli spazi normati. Questa sezione e dedicata ad una rapida digressionesu di essi.45(Def.)- Uno spazio vettoriale X si dice numerabilmente normato se su di esso e definitauna successione monotona di norme ‖.‖n , (n ∈ N) (quindi in modo che ∀x ∈ X, ∀n,‖x‖n ≤ ‖x‖n+1.)

Questa definizione generalizza quella di spazio normato, che viene recuperata nel casoche tutte le norme della successione siano eguali . Ognuna delle norme date definisce unasua propria metrica su X

dn(x, y) = ‖x− y‖n

Problema 14: (1) Dimostrare che

Dn(x, y) .=dn(x, y)

1 + dn(x, y)

e ancora una metrica, e che e equivalente a dn, nel senso che ha le stesse successioni convergenti.(2) Dimostrare quindi che

d∞(x, y) .=∞∑

n=1

2−nDn(x, y)

e una metrica, secondo la quale una successione {xk} ⊂ X converge al limite x∞, se, e soltantose, essa converge a quel limite secondo tutte le metriche dn.

In uno spazio numerabilmente normato (SNN) si introduce la metrica d∞ che e statadefinita nell’esercizio precedente. La corrispondente nozione di convergenza e quindi:46(Def.)- Una successione {xk} di vettori in uno SNN converge al limite x∞ se, ∀n intero,risulta

limk→∞

‖xk − x∞‖n = 0

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Il risultato centrale di questa sezione e il seguente.47(Teor.)-Siano X, X ′ due spazi numerabilmente normati, dotati rispettivam. delle

norme {‖.‖n} ,{‖·‖′n

}, e sia T : X → X ′ una applicazione (operatore) lineare. T e con-

tinuo se e solo se per ogni indice m si possono trovare un altro indice n ed una costanteCmnin modo che ∀x ∈ X risulti

‖T (x)‖′m ≤ Cmn ‖x‖n (44)

Dim.- Se la condizione enunciata e verificata, allora da xn → 0 in X e dalla def.46scende direttamente, usando (44), che T (xn) → 0 in X ′. Viceversa, dimostriamo che se lacondizione e violata, allora T non puo essere continuo. Supponiamo dunque che:

∃m ∈ N, t.c. ∀n ∈ N, ∀C > 0,∃x ≡ x(n,C) t.c :

‖T (x(n,C)‖′m > C ‖x(n,C)‖n (45)

In particolare, attribuendo a C i valori interi, si potra costruire una successione xn.=

x(n, n) in modo che, ∀n,‖T (xn)‖′m > n ‖xn‖n (46)

Questo implica in particolare che xn 6= 0, cosicche si puo definire ancora una successioneyn = n−1 ‖xn‖−1 xn. Questa successione converge a 0 in X. Infatti, ∀k ∈ N :

‖yn‖k =‖xn‖k

n ‖xn‖n

e ora dalla monotonicita delle norme discende che ‖yn‖k ≤ n−1 definitivamente quandon →∞ per k fissato. Pertanto yn → 0 in X. Pero da (46) segue che

‖T (yn)‖′m =‖T (xn)‖′mn ‖xn‖n

> 1

Percio T (yn)non tende a zero, e quindi T non e continua.2

Segnaliamo i casi particolari notevoli:(1) X ′ e uno spazio semplicemente normato: allora T e continua se e solo se ∃n, ∃C > 0t.c. ∀x ∈ X risulti ‖T (x)‖′ ≤ C ‖x‖n.(2) X ′ e il corpo degli scalari: un funzionale lineare F risulta continuo se e solo se∃n,∃C > 0 t.c., ∀x ∈ X,

|F (x)| ≤ C ‖x‖n . (47)

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16 Distribuzioni Temperate.

Procediamo al preannunciato ampliamento dello spazio delle test-funzioni. Il nuovo spazioverra denotato S(RN) e consistera di funzioni di classe C∞, a decrescenza rapida , ossiatali da annullarsi all’infinito, assieme alle loro derivate parziali di qualunque ordine, piuin fretta di qualunque potenza di ‖x‖−1. Formalmente, questa proprieta si scrive:

ϕ ∈ S(RN) ⇔ ∀p,∀q : supx∈RN

|xp Dqϕ(x)| = ‖xp Dqϕ(x)‖∞ < +∞ (48)

Tutte le funzioni di D(RN) sono anche elementi di S(RN), che pero e considerevolmentepiu vasto. In esso figurano ad esempio funzioni come la Gaussiana, G(x) = exp(−‖x‖2),e le funzioni che si ottengono da essa moltiplicandola per un arbitrario polinomio.

Lo spazio S(RN) e uno spazio vettoriale complesso. In esso si introduce la strutturadi spazio numerabilmente normato, mediante la famiglia di norme seguente:

‖ϕ‖n.=

|p|≤n,|q|≤n

‖xpDqϕ‖∞ (49)

Si verifica in modo banale che si tratta appunto di una famiglia monotona di norme.La nozione di convergenza che resta definita in S(RN) dalla def.46 non e partico-

larmente trasparente. Essa implica in particolare la convergenza uniforme con tutte lederivate, come richiesto dai principi generali stabiliti nella sez.4; ma e ancora piu forte,perche deve garantire che i limiti di funzioni a decrescenza rapida sono ancora funzioni adecrescenza rapida. Giova considerare i seguenti esempi:48(Es.)- (1) ϕn(x) = n−1 exp(−x2/n2); questa successione tende a zero uniformemente,con tutte le sue derivate. Tuttavia essa non tende a zero nel senso di S(RN); bastaosservare che

Ty(φ(y + k−1t)) ‖ϕn‖1 ≥ supx∈R

∣∣∣xn−1 exp(−x2/n2∣∣∣ = sup

x∈R

∣∣∣x exp(−x2)∣∣∣ =

1√2

exp(−1/2)

(2) ϕn(x) = n−1 exp(−x2). Questa successione tende a zero nel senso di S(RN).In termini qualitativi, la differenza fra i due casi e illustrata dalla Fig.3.

Problema 15:Provare che le conclusioni del problema 1 rimangono valide se si sostituisce S(e la relativa convergenza) a D (la soluzione e un po piu tecnica di quella del problema 1).

49(Teor.)- S(RN) e uno spazio metrico completo.Dim: omessa.

50(Teor.)- ∀p ∈ Nn, le applicazioni: ϕ 7→ Dp ϕ, ϕ 7→ xp ϕ sono lineari e continue daS(RN) in se.Dim. Che le applicazioni in questione mappino S(RN) in se e ovvio. Per quanto concernela derivata:

‖Dp ϕ‖m =∑

|r|≤m,|q|≤m

∥∥∥xqDr+pϕ∥∥∥∞ ≤

≤ ∑

|r|≤m+|p|,|q|≤m

‖xqDrϕ‖∞ ≤ ‖ϕ‖m+|p|

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e basta ora applicare il teor.47. Per l’altra applicazione il procedimento e praticamenteidentico.2

Il duale S ′(RN) e noto come lo spazio delle distribuzioni temperate su RN . Ledistribuzioni temperate sono una classe selezionata all’interno di D′(RN).51(Teor.)- D(RN) < S(RN), e S ′(RN) < D′(RN).Dim. Abbiamo gia osservato che D(RN) ⊂ S(RN). Sia φn → 0 in D, sia K un compattocontenente il supporto di φn,∀n, e sia R il raggio di una palla centrata nell’origine checontiene K. Allora:

‖xp Dqφn‖∞ ≤ R|p| ‖ Dqφn‖∞in cui il 2ndo membro tende a zero per n → ∞, dato che tutte le derivate delle φn

tendono a zero uniformemente. Allora ‖φn‖k → 0 per n → ∞, ∀k. Cio dimostra laprima inclusione topologica nella tesi; l’altra segue dalla prima e dal Teor.1. Trattasidi inclusione stretta: per es., la distribuzione regolare associata alla funzione localmentesommabile exp(‖x‖2) non puo essere estesa a S(RN); infatti non la si puo applicare, ades., alla funzione exp(−‖x‖2) ∈ S.2

Il teor.47, nella versione (47), fornisce uno strumento utilissimo per identificare ledistribuzioni temperate, come viene illustrato dai risultati seguenti.52(Teor.)- Sia f(x) ∈ Lp(Rn) per qualche p ≥ 1. Allora, posto Tf (ϕ) =

∫f(x)ϕ(x)dx,

risulta Tf ∈ S ′(Rn).Dim. dimostriamo i soli casi p = 1 e p = 2. Osserviamo che

|Tf (ϕ)| ≤∫|f(x)||ϕ|dx

≤ ||(1 + ||x||2α)ϕ(x)||∞C

≤ C||ϕ||2α

dove si e posto

C =∫

dx|f(x)|

1 + ||x||2α

Allora il teor.47 ci garantira la continuita del funzionale lineare Tf , e quindi la tesi, seappena potremo scegliere α in modo che l’ultimo integrale scritto sia finito. Se p = 1,bastera prendere α = 0 e la sommabilita di f(x) assicurera C < ∞. Se p = 2, la fun-zione (1 + ||x||2α)−1 risultera di quadrato sommabile a patto di prendere α conveniente-mente grande (quanto grande, dipende dalla dimensione n); cio fatto, la diseguaglianza diSchwarz-Holder assicurera che C e finito, in quanto integrale del prodotto di due funzionidi quadrato sommabile.2

Il risultato precedente non esaurisce la classe delle distribuzioni temperate regolari.Altre distribuzioni di questo tipo sono caratterizzate dal seguente:53(Teor.)- Sia f(x) ∈ L1

loc(Rn) una funzione a crescita algebrica finita, cioe tale che

∃A > 0,∃α ∈ R tali che |f(x)| ≤ A(1 + ‖x‖2α), ∀x. Allora la distribuzione regolare Tf euna distribuzione temperata.Dim.

|Tf (ϕ)| ≤∫|fϕ| dx ≤ A

∫(1 + ‖x‖2α) |φ| dx =

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≤ A supx

[(1 + ‖x‖2N)ϕ(x)

] ∫ (1 + ‖x‖2α)

(1 + ‖x‖2N )dx

L’ultimo integrale scritto e finito per una scelta opportuna di N (dipendente da n e daα. Detto B il suo valore, e posto C = AB, si ha infine

|Tf (ϕ)| ≤ C ‖ϕ‖2N ,∀ϕ ∈ S(RN)

La linearita di Tf essendo gia nota, il teor.47 ne implica la continuita.2

Si noti che il teor. precedente stabilisce una condizione sufficiente, che non e peronecessaria.54(Teor.)-∀p ∈ Nn, δ(p) ∈ S ′(RN).

Dim.∣∣∣δ(p)(ϕ)

∣∣∣ =∣∣∣ϕ(p)(0)

∣∣∣ ≤ ‖ϕ‖|p| . 2

L’ultimo risultato e caso particolare di un risultato piu’ generale:55(Teor.)-Tutte le distribuzioni a supporto compatto sono temperate.♠Dim. Discende dalla constatazione che S < E , (cfr. la sez. 8), da cui E ′ v S ′. 2♠In particolare sono temperate le distribuzioni δΣ associate a varieta Σ compatte.

56(Teor.)-Se T e una distribuzione temperata, anche DpT e xpT lo sono, ∀p ∈ Nn.Inoltre T 7→ DpT , T 7→ xpT definiscono applicazioni lineari e continue di S ′(RN) in se.Dim.Vista la definizione di derivata distribuzionale, e il Teor.50 , DpT , inteso comeapplicazione di S(RN) nei complessi, puo essere visto come applicazione composta di dueapplicazioni continue:

ϕ 7→ Dpϕ 7→[(−1)|p|T

](Dpϕ)

e analogamente per xpT. La prova delle rimanenti affermazioni e lasciata per esercizio.2

Problema 16:dimostrare che P 1x−a e una distribuzione temperata.

Non sarebbe difficile verificare che il prodotto tensoriale di distribuzioni temperate eancora una distribuzione temperata. Invece il prodotto di una distribuzione temperataper una funzione F di classe C∞ non da necessariamente una distribuzione temperata:p.es, 1 ∈ S(R), e exp(x2) ∈ C∞(R), ma il prodotto delle due non e una distribuzionetemperata. Tuttavia, se F , oltre ad essere di classe C∞, e anche a crescita algebricafinita, allora se T e temperata anche FT lo e.

17 Ancora sulla Trasformata di Fourier.

Possiamo ora tornare al problema di come definire la trasformata di Fourier di una dis-tribuzione. La definizione (23) non era sostenibile fin che si utilizzava lo spazio di test-funzioni D, ma , come ora vedremo, diventa perfettamente adeguata nel caso di S(RN).Cominciamo con un esame delle proprieta della trasformata di Fourier di una funzione adecrescenza rapida.

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57(Teor.)- Se ϕ ∈ S(RN) allora ϕ e di classe C∞, e per qualunque coppia di multi-indiciq,p risulta:

(iy)qDpϕ(y) = (Dq [(−ix)pϕ])∧

Dim. Posto ψ = (−ix)pϕ ∈ S(RN), per il Teor.47 si ha che ψ = Dpϕ. Inoltre,

∫e−iy·xDqψ(x)dx = (iy)q

∫e−iy·xψ(x)dx

dopo |q| integrazioni per parti.257(Teor.)- La trasformata di Fourier : ϕ7→ ϕ definisce una applicazione lineare e continuadi S(RN) in se.

♠Premettiamo il seguenteLemma. L’applicazione lineare j : S(RN ) → L1(RN ) definita da j(ϕ) = [ϕ] , dove le parentesiquadre stanno ad indicare la classe di equivalenza ”quasi-ovunque”, e continua.Dim. Si usa una volta di piu il Teor.44:

‖j(ϕ)‖L1 =∫|ϕ| dx =

=∫ 1 + ‖x‖2α

1 + ‖x‖2α |ϕ| dx ≤ ‖ϕ‖2α

(∫dx

1 + ‖x‖2α

)

Basta ora prendere α in modo che l’integrale in parentesi sia finito.2Dim. del teor.58. Per ogni coppia di multi-indici p,q si ha, dal teor.56:

(iy)qDpϕ(y) = {Dq [(−ix)pϕ(x)]}∧ (y)

e da qui si deduce:‖yqDpϕ(y)‖∞ =

∥∥∥{Dq [(−ix)pϕ(x)]}∧ (y)∥∥∥∞ ≤

(2π)−N/2 ‖Dq [(−ix)pϕ(x)]‖L1 < +∞essendosi utilizzata la stima del Teor.41. Questo ci dice, prima di tutto, che ϕ ∈ S(RN ) (cfr laDefinizione di S); inoltre la norma L1 che vi figura puo essere maggiorata servendosi del Lemma,ottenendo:

‖yqDpϕ(y)‖∞ ≤ c1 ‖Dq [(−ix)pϕ(x)]‖2α

con c1 ed α opportuni ed indipendenti da p,q. Infine, usando i teor.47,50 :

‖Dq [(−ix)pϕ(x)]‖2α ≤ c2 ‖ϕ‖β

dove c2 = c2(p,q) e β = β(p,q) dipendono da p,q ma non da ϕ. Possiamo finalmente concludere:

‖ϕ‖m =∑

|p|≤m,|q|≤m

‖yqDpϕ(y)‖∞ ≤ c3 ‖ϕ‖γ(m)

dove c3 e una ulteriore costante, e γ(m) = max {β(p,q), |p| ≤m, |q| ≤ m}. L’ubiquo teor.47garantisce ora che la trasf. di Fourier e continua da S(RN ) in S(RN ). 2♠.

59(Teor. di Inversione)- Se ϕ ∈ S(RN) allora (ϕ)∨ = ϕ.Dim. Per semplificare le notazioni prendiamo N = 1.

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Lemma. Sia ρ ∈ L1(R), tale che∫

ρdx = 1. Per ogni n intero definiamo ρn(x).= nρ(nx),

e ϕn.= ϕ ∗ ρn. Allora, ∀x ∈ R, limn→∞ ϕn(x) = ϕ(x).

Dim. del Lemma.

ϕ(x)− ϕn(x) = ϕ(x)−∫

ρn(h)ϕ(x− h)dh =

=∫

ρn(h) [ϕ(x)− ϕ(x− h)] dh =

=∫

ρ(h)

[ϕ(x)− ϕ(x− h

n)

]dh

da cui la tesi segue per convergenza dominata8 .2Prendiamo ora ρ(x) = `1(x) (cfr.38). Allora ρn = `1/n, ρn(y) = (2π)−1/2 exp(−n−1 |y|)ed anche ρn = (ρn)∨. Quindi:

ϕn(x) =1√2π

∫dhϕ(x− h)

∫dy eiyhρn(y) =

=1√2π

∫dyρn(y)

∫dheiyhϕ(x− h) =

=1√2π

∫dyρn(y)

∫dueiy(x−u)ϕ(u) =

=∫

dyρn(y)ϕ(y)eiyx (50)

dove si lascia allo studente di verificare la legittimita dello scambio di integrali nel 2ndopassaggio. Vista la espressione esplicita di ρn(y), il modulo dell’integrando nell’ultimointegrale scritto risulta maggiorato da |ϕ|, che e ovviamente sommabile. Allora si puoportare il limite n → ∞ sotto il segno di integrale, e cosi’ si trova che questo integraletende a (ϕ)∨(x). D’altra parte, per il Lemma precedente, questo limite deve essere identicoa ϕ(x).2

Le proprieta della trasformata inversa si deducono facilmente da quelle stabilite perla trasformata diretta , grazie alla ϕ(x) = ϕ(−x). In particolare, ϕ 7→ ϕ definisce ancorauna applicazione lineare e continua di S(RN) in se. Queste considerazioni conducono alseguente corollario del Teorema di inversione:60(Teor)-ϕ 7→ ϕ e un isomorfismo di S(RN) su di se, continuo assieme al suo inversoϕ 7→ ϕ.Dim. La iniettivita viene dal fatto che se ϕ = 0 allora ϕ = (ϕ)∨ = 0. In modo simile, daϕ = (ϕ)∧ si deduce la suriettivita.2

Questo risultato ci pone finalmente in condizione di applicare il Teorema della IdentitaAggiunta per definire la trasformata di Fourier di una distribuzione temperata. Appli-cando quel Teorema con Φ = S otteniamo i due risultati cardinali di questa sezione:

8In vista di una utilizzazione futura notiamo che il risultato appena provato vale sotto l’ ipotesi menorestrittiva che ϕ sia una funzione continua e limitata, e che inoltre, se ϕ ha supporto compatto, laconvergenza di ϕn a ϕ e’ uniforme.

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61(Teor.)- Se T e una distribuzione temperata, allora il funzionale ϕ 7→ T (ϕ) e lineare econtinuo su S(RN), e quindi definisce una distribuzione temperata che si dice la trasfor-mata di Fourier della T e viene indicata con T . Lo stesso vale per il funzionale ϕ 7→ T (ϕ),che si dice trasformata di Fourier inversa della T e si indica con T .Dim. . Immediata identificando A,A′ del Teor. con la trasformata di Fourier 2

62(Teor.) La trasformata di Fourier T 7→ T e un isomorfismo continuo di S ′(RN) in se,il cui inverso e pure continuo ed e dato da T 7→ T .Dim. La continuita della trasformata scende anch’essa dal Teorema (). Infine,

(T )∧(ϕ) = T (ϕ) = T ((ϕ)∨) = T (ϕ)

dimostra che (T )∧ = T, il che fra l’altro implica la suriettivita. In modo analogo si favedere che (T )∨ = T.2

Esempi di calcolo esplicito di trasformate distribuzionali sono forniti in una sezionesuccessiva.

18 Trasformata di Fourier in L1 e in L2.

Se f(x) e sommabile oppure di quadrato sommabile, allora puo essere intesa come unadistribuzione temperata e regolare, ossia Tf ∈ S ′(Rn) (Teor.52). Nel caso f ∈ L1,

Tf (ϕ) = Tf (ϕ)

= (2π)−n/2∫

dxf(x)∫

dye−ix.yϕ(y)

Il Teor. di Fubini puo essere invocato per scambiare l’ordine delle integrazioni; cio fatto,si trova immediatamente

Tf (ϕ) = Tf (ϕ)

Cio mostra che la trasf. di Fourier di Tf e la distribuzione regolare associata alla trasfor-mata ordinaria di f (si puo anche dire che la trasformata distribuzionale di f ∈ L1 coincidecon la sua trasformata ordinaria). Lo stesso vale naturalm. per la trasformata inversa.Ne discende la seguente generalizzazione del Teorema di Inversione:63(Teor.)-Se f(x) ∈ L1(Rn) ed inoltre anche f(x) ∈ L1(Rn), allora f∨(x) = f(x) quasiovunque.Dim. Infatti Tf = (Tf )

∨ = (Tf )∨ (per quanto visto poco sopra) = Tf∨ (ancora per quanto

visto sopra, perche f e sommabile per ipotesi). Dunque f ed f∨ definiscono la stessadistribuzione regolare, percio devono coincidere quasi-ovunque. 2.

Poiche da f(x) ∈ L2(Rn) non e lecito inferire la sommabilita di f , le funzioni diquadrato sommabile non ammettono in generale trasformata di Fourier nel senso ordi-nario. Tuttavia esse ammettono certamente trasformata distribuzionale Tf . Vedremo orache tali trasformate sono esse stesse distribuzioni regolari associate a funzioni di quadratosommabile. Osserviamo anzitutto che64(Teor.)- L2(Rn) < S ′(Rn).

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Dim. L’inclusione insiemistica sottintende che gli elementi di L2 vengono identificati conle corrispondenti distribuzioni regolari, ed e assicurata dal Teor.52. Quanto all’inclusionetopologica, basta osservare che se f ∈ L2(Rn),ϕ ∈ S(Rn) allora

Tf (ϕ) =∫

f(x)ϕ(x)dx = 〈f |ϕ〉

essendo apparso il prodotto scalare in L2(Rn). Allora, se fn → f∞ nel senso di L2, auto-maticamente Tfn(ϕ) → Tf∞(ϕ) per qualsiasi ϕ ∈ S(Rn) grazie alla continuita del prodottoscalare nella metrica di L2, e cio significa che Tfn → Tf∞ nel senso distribuzionale.2

Ogni ϕ ∈ S(Rn) definisce ovviamente un vettore in L2(Rn). Se denotiamo ancora conS(Rn) l’insieme di questi vettori, allora valgono i seguenti(Lemma I)- S(Rn) e un sottospazio denso di L2(Rn).Dim Per n = 1 basta ricordare che le funzioni associate di Hermite, Hn(x) exp(−x2/2)sono un sistema ortonormale completo in L2(Rn), pertanto il sottospazio generato da essee denso in L2(Rn). Tale sottospazio e d’altronde incluso in S(Rn), perche ogni funzionedi Hermite appartiene a S(Rn). 2

(Lemma II)- ∀ϕ, ψ ∈ S(Rn), risulta 〈ϕ|ψ〉 = 〈ϕ|ψ〉.Dim

〈ϕ|ψ〉 =∫

dxϕ(x)ψ = Tϕ(ψ)

Si verifica immediatamente dalle definizioni di trasformata diretta e inversa che ϕ = ϕ∨;pertanto l’ultima espressione e eguale a

Tϕ∨(ψ) = Tϕ∨∧(ψ)

= Tϕ(ψ) = 〈ϕ|ψ〉. 2

Possiamo ora dimostrare:65(Teor.)-Se f ∈ L2(Rn), allora tanto Tf che T∨

f sono distribuzioni regolari, associaterispettivamente a funzioni f ? ∈ L2(Rn), f? ∈ L2(Rn), e risulta ||f ||L2 = ||f ?||L2 = ||f?||L2 .Dim. L’enunciato e certamente vero se f ∈ S(Rn); in particolare, l’eguaglianza dellenorme L2 discende dal Lemma II. Se invece f e un generico elemento in L2, grazie alLemma I possiamo trovare una successione di vettori ϕn ∈ S(Rn) in modo che ϕn → fin L2. Ne discende che Tϕn → Tf nel senso di S ′. Allora, per la continuita della tasf. di

Fourier distribuzionale, Tϕn → Tf , e dunque anche

Tϕn → Tf . (51)

D’altra parte, da

||ϕn − ϕm||L2 = ||(ϕn − ϕm)∧||L2 = ||ϕn − ϕm||L2

si deduce che anche la successione delle ϕn converge in L2 ad un qualche vettore f ? ∈L2(Rn); di conseguenza, Tϕn tende a Tf? nel senso distribuzionale. Dalla (51) segue allora

che Tf = Tf? .Infine notiamo che ||f ?||L2 = lim ||ϕn||L2|| = lim ||ϕn||L2 = ||f ||L2 . Per quanto riguarda

le trasformate inverse, basta ricordare (Tf )∨ = (ρTf )

∧ = T∧ρf . 2

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66(Teor.)-L’applicazione F di L2(Rn) in se definita da F : f 7→ f ? e un operatoreunitario. (noto come la trasformata di Fourier-Plancherel).Dim. Si tratta di un immediato corollario del teor. precedente, il quale stabilisce cheF e un operatore lineare ovunque definito in L2(Rn), che esso e isometrico, e che lamappa f 7→ f?, anch’essa definita ovunque, inverte F . Pertanto F e suriettivo, e quindiunitario.2

In conclusione segnaliamo che la trasformata di Fourier-Plancherel si trova usualmenterappresentata mediante

Ff(y) = (2π)−n/2∫

dxe−iy.xf(x) (52)

cioe come se si trattasse di una trasformata di Fourier ordinaria. Questa notazione sottin-tende un significato speciale per l’integrale che vi figura, che per una generica f ∈ L2 nonpuo essere inteso nel senso ordinario di Lebesgue. Una possibile definizione e la seguente.Sia {Ak} una successione monotona (Ak ⊂ Ak+1) di insiemi di misura finita, tale che∪kAk = Rn. Allora definendo fk(x) = χAk

(x)f(x) si verifica facilmente◦ che per ogni k, fk(x) e sommabile, dunque ammette trasformata di Fourier nel sensoordinario;◦ che, per k → ∞,fk tende a f nel senso di L2(Rn) e di conseguenza Ffk = fk tende aFf in L2;◦ che, di conseguenza, e corretto scrivere:

Ff(y) = L2 − limk→∞

fk(y)

= L2 − limk→∞

Ak

dxe−iy.xf(x)

L’ultima espressione chiarisce in che senso vada inteso l’integrale che appare nella definizione(52).Es.- La funzione f(x) = 1

x+iα, (α > 0) e di quadrato sommabile, ma non sommabile, su

R. Tuttavia e noto dall’Analisi Complessa (Lemma di Jordan) che per ogni y reale

limR→∞

R∫

−R

dxe−iyxf(x) = 2πie−α|y|.

Se si prende Ak = [−k, +k] la discussione precedente mostra che l’integrale appena scrittodeve tendere in L2 a (2π)1/2Ff(y). Poiche il limite in L2 di una successione deve essereq.o. eguale al suo limite puntuale (posto che, come in questo caso, esso esista), abbiamoFf(y) = i(2π)1/2e−α|y|.

19 Calcolo di Alcune Trasformate.

Nel calcolo pratico delle trasformate di Fourier le seguenti proprieta sono di impiegofrequentissimo.

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67(Teor.)- Siano p,q due multi-indici arbitrari, e T ∈ S ′(RN).(1) (iy)qDpT = (Dq [(−ix)pT ])∧;(2) T = ρ(T ) = (ρT ), dove ρ e l’operatore parita (cfr.13);(3) (τaT )∧ = e−ia·yT , dove a ∈ R e τa e la traslazione corrispondente (cfr.11);(4) (σαT )∧ = α−Nσα−1T , dove α > 0 e σα e la dilatazione corrispondente (cfr.(13).(5) (S ⊗ T )∧ = S ⊗ T .

Dim. Tutte queste proprieta sono gia note per le funzioni , e la loro estensione al casodelle distribuzioni e una semplice applicazione delle definizioni. 2

68.1(Es.)- Calcoliamo la trasformata δ di δ. Dalla definizione:

δ(ϕ) = δ(ϕ) = ϕ(0) = (2π)−N/2∫

ϕdx,

da cui si vede che δ e la distribuzione regolare (costante) (2π)−N/2.

68.2(Es.)- Dal risultato precedente si deduce la trasformata di Fourier della funzionecostante = 1:

1 = (ρ1)∨ = 1 = (2π)n/2((2π)−n/2

)∨= (2π)n/2δ.

Si noti che, in notazione impropria, il risultato appena trovato coincide con la 2nda identitadi Dirac (1).

69(Es.)- Sia Σ la sfera unitaria in R3, e δΣ la corrispondente distribuzione superficiale(cfr.sez.5). Dalla definizione:

δΣ(ϕ) = δΣ(ϕ) =∫

Σϕ(y)dSy =

= (2π)−3/2∫

dxϕ(x)∫

eix·ydSy

Per calcolare l’integrale interno, usiamo coordinate sferiche φ, θ su Σ, con l’asse polarediretto come il vettore x. In questo modo,

∫eix·ydSy =

2π∫

0

π∫

0

ei‖x‖ cos θ sin θdθ =

= 4πsin ‖x‖‖x‖

Sostituendo, si ricava δΣ =√

2/π sin‖x‖‖x‖ .

Problema 17: utilizzando il teor.67, e l’es.68, trovare (1) la trasf. di Fourier della dis-tribuzione regolare cosωx; (2) la trasf. di Fourier di δ′.

Problema 18:dimostrare che la trasformata di Fourier stabilisce una corrispondenza biuni-voca fra la classe delle funzioni polinomiali su Rn (cioe le funzioni espresse da polinomi digrado arbitrario nelle coordinate (x1, ..., xn) e la classe delle distribuzioni che hanno supportonell’origine.

Gli esempi precedenti condividono alcune particolarita degne della massima attenzione.In ambo i casi si trattava di trasformare una distribuzione T a supporto compatto, quindi

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tale da poter essere direttamente applicata ad arbitrarie funzioni C∞, anche a supportonon compatto. Per ogni y ∈ Rn, la e−iy.x e appunto una funzione di x di questo tipo; percioTx(e

−iy.x) e ben definita, ∀y ∈ Rn. Orbene, il lettore non avra alcuna difficolta a verificareche in ambedue i casi Tx(e

−iy.x) coincide, come funzione di y, con la trasformata T (y)moltiplicata per (2π)n/2. Questo risultato e perfettamente in linea con le considerazionieuristiche all’inizio della sez. 14, ed e del tutto generale:

70(Teor.)-Se T ha supporto compatto, allora:(1) T e la distribuzione regolare Tf , con:

f(y) = (2π)−n/2T (e−iy.x) (53)

(2) f(y) e una funzione analitica intera, e il suo prolungamento analitico ad arbitrarivalori complessi y = z = (z1, ..., zN) e ancora dato dalla (53);(3) f(y) (per y reale) e una funzione a crescita algebrica finita.

Dim. (1) : per ϕ ∈ S arbitraria,

Tf (ϕ) =∫

dyf(y)ϕ(y) = (2π)−N/2∫

dyTx(e−iy·x)ϕ(y)

= (2π)−N/2(Tx ⊗ Tϕ(y))(e−iy·x)

= (2π)−N/2Tx

(Tϕ(y)(e

−iy·x))

= (2π)−N/2Tx

(∫dye−iy·xϕ(y)

)

= T (ϕ), (54)

pertanto Tf e proprio T .(2) ci limitiamo a notare che per y = z complesso la (53) e ancora ben definita, perchee−iz·x e ancora di classe C∞. Per il resto, si vedano i Complementi.2

Il teorema precedente e una versione molto parziale di un famoso Teorema di Paley eWiener (Rud).

71(Es.)- La trasformata di Fourier della funzione a scalino. Per calcolare s ricordiamoche s′ = δ (cfr.10). Dalla 67(1) otteniamo

its(t) = δ = (2π)−1/2,

che e una equazione distribuzionale nella distribuzione incognita s. Una soluzione evi-dente, ma non l’unica, di questa equazione e s0 = −i(2π)−1/2P 1

t. Ogni altra soluzione

s deve soddisfare avere t(s − s0) = 0; quindi, applicando 29, si deduce che le soluzionicercate sono tutte e sole le distribuzioni della forma

−i(2π)−1/2P1

t+ αδ (55)

con α costante arbitraria. Il valore di α che fornisce proprio s si trova facendo operare (55)su una testfunzione φ opportuna: il risultato deve coincidere con s(φ). Giova prendere

39

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φ(x) = (2π)−1/2 exp(−x2/2), perche’ come e noto con tale scelta φ = φ. Allora P 1t(φ) = 0

(perche φ e una funzione pari), αδ(φ) = α(2π)−1/2, e

s(φ) = (2π)−1/2

∞∫

0

exp(−x2/2)dx =1

2

e quindi α = (π/2)1/2. In conclusione,

s(t) = −i(2π)−1/2P1

t+ (π/2)1/2δ (56)

72(Es.)-La trasformata di P 1x−a

. Dal risultato dell’esempio precedente, prendendo la

trasformata inversa, ricordando (67(2), e notando ρP 1t

= −P 1t, si ricava subito:

(P

1

x

)∧(y) = i(π/2)1/2(1− 2s(y)) = −i(π/2)1/2sgn(y)

La trasformata di P 1x−a

si trova ora osservando che P 1x−a

= τaP1x

e utilizzando 67(3).

Problema 19:Trovare una regola di calcolo per (TLT )∧ (cfr.17).

Problema 20:risolvere l’equazione T ′ = T in S ′(R).

Problema 21:(1) provare che T (ϕ) =∫

dtϕ(t, t) e una distribuzione temperata su R2; (2)trovare la trasf. di Fourier di T .

Problema 22:Senza calcolare l’integrale, trovare il comportamento asintotico per y → ∞ diI(y) =

∫∞0 dx cos(yx)(1 + ex)−1.

20 Convoluzione in S ′La convoluzione di distribuzioni temperate puo essere vista come caso speciale della con-voluzione di distribuzioni in D′ discussa nella sez.11. Tuttavia la trasformata di Fourierpermette un approccio diverso. L’idea e di definire, se possibile, T ∗ S in modo che laproprieta 40(5) rimanga valida; cioe dovrebbe valere

(S ∗ T ) = (2π)n/2(ST )∨. (57)

Pero, come sappiamo, il membro di destra, che propone un prodotto di distribuzioni,risulta definito solo in casi particolari. Se questo e il caso, e dunque ST e una distribuzionetemperata ben definita, allora diremo che S e T ammettono convoluzione S∗T , definita da(57). Cio accade ad esempio se se S oppure T e una funzione (una distribuzione regolare)di classe C∞, a crescita algebrica finita: oppure se tanto T che S sono funzioni in L2,perche allora il loro prodotto e una funzione sommabile.

Se, in particolare, S, T sono distribuzioni regolari associate a due funzioni sommabili,da (57) recuperiamo la definizione nota di convoluzione in S ′, ricordando una proprietaelementare della trasf. di Fourier per funzioni in L1. Inoltre si puo vedere che, se S, T

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verificano le condizioni sopra enunciate, allora la convoluzione appena definita coincidecon quella a suo tempo introdotta (vedi la sez.22, Complementi).

Con questa definizione di convoluzione tutti i risultati stabiliti nella sezione 12 riman-gono validi, se a D,D′ si sostituiscono S,S ′ ( e relative convergenze). Rimandiamo aiComplementi per maggiori dettagli.

Problema 23:Provare che se f e di quadrato sommabile su R allora ammette convoluzione conP 1

x , e il risultato e ancora una funzione di quadrato sommabile. Successivamente provare cheH : f 7→ π−1P 1

x ∗ f definisce un operatore isometrico su H su L2(R) (“Trasformata di Hilbert”:formalmente si scrive:

(Hf)(x) =1π

P

∫dy

f(y)x− y

. )

Problema 24:Provare che l’equazione integrale:

f(x) +∫

dye−(x−y)2f(y) = g(x)

ammette soluzioni f ∈ L2(R), per qualunque scelta di g ∈ L2(R).

21 Soluzioni fondamentali.

L’operazione di convoluzione e particolarmente importante nella trattazione delle equazionialle derivate parziali. Non e possibile entrare qui nei dettagli di questo argomento, chepure e di estrema importanza per la fisica matematica, e ci si limita ad un breve cenno,rinviando p.es. a [V lad] per uno studio piu approfondito.

Dato un operatore differenziale lineare a coefficienti costanti L = P (D), si dice cheuna distribuzione G e una soluzione fondamentale per L se G soddisfa P (D)G = δ.

L’importanza di questa nozione sta nel fatto che, se G e una soluzione fondamentale, eW e una distribuzione che ammette convoluzione con G, allora la distribuzione T = G∗Wsoddisfa la equazione non omogenea P (D)T = W , come si vede subito utilizzando ilTeor.31: infatti P (D)(G ∗W ) = P (D)G ∗W = δ ∗W = W. Dunque la conoscenza di unasoluzione fondamentale permette di risolvere l’equazione non omogenea.

Un operatore L ammette sempre una soluzione fondamentale [Y os], che pero non ein generale unica, dato che aggiungendo a G una qualunque soluzione della equazioneomogenea si ottiene ancora una soluzione fondamentale.73(Es.)- Se L e il Laplaciano in R3,allora l’Es.20 ci fornisce una soluzione fondamentaleper L = 4 nella forma della distribuzione regolare associata alla funzione G(x) = − 1

4π‖x‖ .Dunque l’equazione nonomogenea 4U = W (equazione di Poisson) ammette la soluzioneU = G ∗W . Se W e essa stessa una distribuzione regolare a supporto compatto si ottieneche U e la distribuzione regolare:

U(x) = − 1

∫ W (x′)‖x− x′‖dx′

che e la forma ben nota del potenziale coulombiano prodotto dalla distribuzione di caricadi densita W (x).

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74(Es.)- Per ω ∈ R consideriamo l’operatore differenziale in R:

L =d2

dx2+ ω2

Vogliamo trovarne le soluzioni fondamentali G ∈ S ′(R). Per trasformata di Fourier di-retta, ricordando il teor.67, troviamo:

(ω2 − y2)G = (2π)−1/2 (58)

E’ immediato verificare che questa equazione ammette come soluzione particolare

G0 =(2π)−1/2

2ω(τ−ω − τω)P

1

y,

pertanto una particolare soluzione fondamentale e:

G0 =(2π)−1/2

2ω(eiωx − e−iωx)

(P

1

y

)∧

= i(2π)−1/2

ωsin(ωx)

(P

1

y

)∧

=sin(ωx)

2ω(2s(x)− 1). (59)

La piu generale soluzione fondamentale deve differire da quella appena scritta per unasoluzione U della equazione omogenea LU = 0, e quindi deve potersi scrivere 9

G = G0 + Aeiωx + Be−iωx = s(x)sin(ωx)

ω+ Ceiωx + De−iωx (60)

Dove C, D sono anch’esse costanti arbitrarie.75(Es.)- La Equazione di Diffusione su R3 (nota anche come Equazione del Calore) peruna funzione f(x1, x2, x3, t) = f(r, t) e:

Lf.=

∂f

∂t−D4f = 0. (61)

dove 2D > 0 e il “coefficiente di diffusione”. Scriveremo r = (x1, x2, x3),r = ||r||.Vogliamo trovare una soluzione fondamentale per l’operatore di diffusione L, e cioe

una distribuzione G ∈ S ′(R4) tale che:

∂G

∂t−D4G = δ (62)

A tale scopo prendiamo la trasformata di Fourier di ambo i membri di (62), serven-doci di 67(1). Denotiamo con k1, k2, k3, ω i punti dello “spazio di Fourier”, cioe le

9La stessa conclusione si ottiene osservando che la piu generale soluzione di (58) differisce da G0 peruna soluzione T di (ω2 − y2)T = 0. Risultati noti ci permettono di stabilire le T siffatte devono avere laforma TA,B = Aδω + Bδ−ω con A,B costanti arbitrarie. Da G = (G0 + TA,B)∨ si riottiene la (60)

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variabili in argomento delle trasformate di Fourier (che nella trattazione generale ab-biamo solitamente indicato con y1, y2, ...); inoltre usiamo le notazioni k = (k1, k2, k3) e

k = ||k|| =√

k21 + k2

2 + k23. Troveremo:

(iω + Dk2)G =1

4π2.

Una soluzione di questa equazione e la distribuzione regolare

G(k, ω) =1

4π2(Dk2 + iω). (63)

Infatti questa funzione e localmente sommabile e ha crescita algebrica finita.

la seconda affermazione e evidente. Quanto alla prima: la convergenza dell’integrale del modulodi 63 si riduce alla convergenza dell’integrale sulle variabili k e ω (prese su un dominio compatto)della funzione k2(D2k4 + ω2)−1/2 ≤ 1/D.

Ora dobbiamo trovare la trasf. di Fourier inversa di (63) . Formalmente questo vien fattocalcolando l’integrale inverso di Fourier:

1

4π2

∫dk

∫dωG(k, ω)ei(k·r+ωt) =

1

16π4

∫dkeik.r

∫dω

eiωt

Dk2 + iω(64)

sfruttando il Lemma di Jordan per il calcolo dell’integrale interno. In questo modo sitrova facilmente la distribuzione regolare:

G(r, t) =1

8π3s(t)

∫dkeik.re−Dtk2

(65)

dove s(t) e la funzione a scalino. L’integrale si calcola ricordando l’Es.39,e si trova, pert 6= 0 :

G(r, t) =s(t)

(2πDt)3/2e−

r2

4Dt (66)

Tuttavia questo procedimento formale andrebbe giustificato, perche (63) non e sommabile(e nemmeno di quadrato sommabile) su R4, e pertanto l’integrale (64) non e a rigoredefinito.

Invece di cercare una giustificazione rigorosa, ci limiteremo a verificare che il risultatocosı ottenuto e davvero una soluzione di (62). Per prima cosa, un calcolo diretto mostrache (66) e una soluzione di (61) tanto per t > 0 che per t < 0. Inoltre,

[LG] (ϕ) = −∞∫

0

dt∫

drG(r, t)

[∂ϕ

∂t+ D4ϕ

]

= − limε→0+

∞∫

ε

dt {...}

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che, integrando per parti rispetto a t, diventa:

limε→0+

∫drG(r, ε)ϕ(r, ε) +

∞∫

ε

dt∫

dr

[∂G

∂t−D4G

]ϕ(r, t)

Il 2ndo integrale e nullo, perche (66) e una soluzione della equazione di diffusione per|t| > ε. Il 1mo integrale nel limite ε → 0 da ϕ(0, 0):

limε→0+

∫drG(r, ε)ϕ(r, ε) = lim

ε→0+ε−3/2

∫drϕ(r, ε)G(ε−1/2r, 1)

= limε→0+

∫drϕ(ε1/2r, ε)G(r, 1) (67)

Poiche l’integrale di G(r, 1) vale 1, per convergenza dominata si vede facilmente che illimite in oggetto vale proprio ϕ(0, 0).

Si osservi che per ogni t > 0 fissato Gt(r) = G(r, t) puo essere intesa come unadistribuzione regolare su R3, dipendente dal parametro t. Allora un calcolo praticamenteidentico a quello appena concluso mostra che quando t → 0+ questa distribuzione tende(in D′(R3)) alla la δ in R3.

Mostreremo infine come la soluzione fondamentale teste trovata possa essere usataper risolvere il “problema di Cauchy” per la equazione di diffusione. In termini piuttostogrossolani, questo consiste nel trovare una funzione F (r, t) che sia soluzione della equazioneper tutti i t > 0, e che per t = 0 assuma certi valori prescritti f(r) (“condizioni iniziali”).

Supponiamo che una certa funzione opportunamente derivabile F (r, t) soddisfi laequazione di diffusione. La funzione s(t)F (r, t) presenta una discontinuita a t = 0, ed equindi chiaro che le sue derivate distribuzionali non verificano piu la (61); il calcolo direttomostra anzi che esse verificano l’equazione non-omogenea

L(s(t)F (r, t)) = s′(t)F + s(t)(LF ) = δ ⊗ F (r, 0) (68)

dove f(r) = F (r, 0) sono i “valori iniziali” della F . Se questi sono noti, allora sappiamo chela equazione non-omogenea puo essere risolta servendosi di una soluzione fondamentale.

Questo ragionamento (non completamente rigoroso) suggerisce che per trovare lasoluzione della equazione di diffusione, noti i suoi valori iniziali f(r), ci si puo serviredella soluzione fondamentale appena trovata, usandola per risolvere la equazione non-omogenea (68). Assumiamo per semplicita che f sia una funzione continua a supportocompatto. Come sappiamo, la soluzione T di (68) si puo scrivere T = G ∗ (f ⊗ δ). Questoda la distribuzione regolare:

F (r, t) =∫

dr′∫

dtG(r− r′, t− t′)′′δ(t′)′′f(r′)

=s(t)√

(2πDt)3

∫dr′ e−

||r−r′||24Dt f(r′)

= (Gt ∗ f)(r). (69)

L’ultima convoluzione si intende in S ′(R3). Questa formula ha varie particolarita notevoli:

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(1) Per ogni t > 0 la funzione F e infinitamente differenziabile ( e anzi analitica rispettoa x1, x2, x3 - si tratta di una applicazione del gia citato risultato riguardante l’analiticitadegli integrali dipendenti da un parametro [Smirnov, III − 15]).

(2) Le derivate di F verificano (61) per t > 0;(3) Per t → 0+, la F (r, t) tende a f(r), uniformemente in r.

(2)(3) chiariscono in che senso la F risolve il problema di Cauchy col dato iniziale f .

Esercizio : Verificare (3).(Si veda il Lemma al Teor.59...)

Come funzione di r a t fissato, la Gt(r) e una gaussiana normalizzata. Se il dato iniziale f euna funzione non negativa con integrale 1, allora per ogni t > 0 la (69) e anch’essa nonnegativacon integrale 1, come si verifica immediatamente per integrazione ripetuta. Allora tutte questefunzioni possono essere pensate come densita di probabilita su R3, dipendenti dal “tempo” t,descriventi la distribuzione spaziale di una popolazione di particelle che si muovono in una certamaniera casuale. In questa lettura probabilistica, la (69) dice che, se una particella si trova pert = 0 nel punto r′, allora ha una probabilita Gt(r− r′) di essere trovata in r al tempo t. Quindilo spostamento della particella su un tempo t ha una distribuzione Gaussiana con deviazionestandard

√2Dt, ossia lo spostamento quadratico medio nel tempo t e pari a 2Dt. Questo tipo

di movimento aleatorio e noto come moto Browniano, e la sua connessione con la Equazione diDiffusione e stata posta in luce da Einstein.

Ad ogni tempo t > 0, la (69) definisce una funzione Ft(r) = F (r, t) su R3, che eunivocamente individuata da t e da f(r) e si puo quindi pensare come l’immagine di f(r)sotto un certo “operatore di evoluzione” Tt. Esso e l’operatore che agendo sul dato inizialefornisce la soluzione al tempo t, ed e formalmente definito da (69). Intuitivamente ci siattende che la soluzione al tempo t + s sia la stessa che si otterebbe al tempo s usandocome nuovo dato iniziale Ft(r). Questo e quanto dire che Tt+s = Ts ◦ Tt, o anche che{Tt}t≥0 e un semigruppo di operatori.

Problema 25:Provare la proprieta di semigruppo. (Si usi la (69) e il problema 13(1)).

Problema 26:Provare che se F0 ≡ f e in L2, allora Ft e pure in L2 per ogni t > 0, e che||Ft||L2 ≤ ||F0||L2 .

Il cambiamento formale di variabili t 7→ it trasforma la equazione di diffusione nellaequazione di Schroedinger per la particella libera, (con m = 1, h = 2D). Per quest’ultimaequazione la ricerca di una soluzione fondamentale puo essere impostata in modo assaisimile. Pero si puo anche osservare che, se una soluzione della equazione di diffusione puoessere prolungata analiticamente, nel piano complesso della variabile t, a valori immag-inari di detta variabile, allora questo prolungamento analitico ”a tempo immaginario”fornisce una soluzione della equazione di Schroedinger. Osserviamo che la (66), comefunzione di t per r fissato, e definita sul semiasse reale positivo, ma puo appunto essereprolungata analiticamente nel piano complesso della variabile t. La presenza di un puntodi diramazione in t impone l’introduzione di un taglio opportuno, che possiamo prenderelungo il semiasse reale negativo. Allora per valori immaginari it (con t reale 6= 0) si

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ottiene:

G(r, it) =1

(2πD |t|)3/2e

ir2

4Dt+iα (70)

in cui la fase α vale −π4

per t > 0 e π4

per t < 0. Si puo verificare abbastanza facilmente,sulla falsariga di quanto visto sopra, che, la (70) e una soluzione fondamentale dellaequazione di Schroedinger unidimensionale per la particella libera. Con ovvie modifichedella (69), essa puo essere usata per risolvere il corrispondente problema di Cauchy.♠

22 Complementi.

Oltre a fornire dettagli tecnici su argomenti introdotti in precedenza, in questa sezione siillustrano alcuni risultati ulteriori, che vengono proposti, oltre che per la loro utilita prat-ica, a titolo di illustrazione di alcune tecniche caratteristiche del calcolo distribuzionale..

♠La distribuzione “microcanonica”. Sia H : RN → R di classe C∞, con ∇H 6= 0, e sia E unvalore ammissibile di H. Sotto le ipotesi proposte, H(x) = E definisce una varieta ΣE in RN .Introdurremo qui una distribuzione che si indica, in notazione impropria, con “δ(H − E)”.

Definiamo il campo vettoriale X(x) = ||∇H||−2∇H, e applichiamo il corrispondente opera-tore LX ad una funzione del tipo f ◦H, con f : R → R di classe C1:

LX(f ◦H) = X · ∇(f ◦H) =∇H · ∇H

||∇H||2 (f ′ ◦H) = f ′ ◦H (71)

Ora prendiamo f(t) = s(t − E). Questa non e una funzione derivabile nel senso ordinario,per cui il membro destro di (71) non e piu a rigore definito; pero la notazione impropria sug-gerisce di identificarlo con “δE(H(x))”=”δ(H − E)”, perche f ′ = δE nel senso distribuzionale.Di quest’ultima distribuzione non possediamo ancora una definizione corretta, ma la ricaver-emo proprio da (71), perche il membro sinistro invece e ben definito. Infatti la f ◦ H e unadistribuzione regolare, alla quale possiamo applicare l’operatore LX introdotto in (20):

LX(f ◦H)(φ) = −Tf◦H (div(φX))

= −∫

{H(x)≥E}dxdiv(φX)

=∫

ΣE

dSφ

||∇H|| . (72)

Abbiamo fatto uso del Teorema della Divergenza, tenendo conto che il versore normale a ΣE e||∇H||−1∇H.♠A proposito di certe testfunzioni usate nella Sez.8. Vogliamo costruire esplicitamente unaψ ∈ D(Rn), che valga 1 in un intorno di un compatto K assegnato. Ci serviamo dellafunzione a cappuccio θa(r) per a, r ∈ R. Se prendiamo R0 in modo che K sia tuttocontenuto nella sfera aperta di Rn centrata in 0 e di raggio R0, allora questa sfera e un

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intorno di K. Definiamo per x ∈ Rn:

ψ(x) = 1− 1

ca

||x||∫

−∞dtθa(t− a−R0)

dove ca =∫ +∞∞ θa(t)dt. E’ facile verificare che ψ(x) ∈ D(Rn), che vale 1 nella sfera di

raggio R0, e vale 0 fuori della sfera di raggio R0 + 2a.

♠Cambiamento nonlineare di variabili.Se F : RN → RN e una generica applicazione di classeCinfty, il procedimento descritto nella sezione 7 per definire TF sulle distribuzioni cade in difetto,perche F non e ammette una inversa univoca. Consideriamo per esempio F (x) = 1 + x2 su R,T ∈ D′, e cerchiamo di definire TF T (cioe “T (1 + x2)”). Se φ, ψ ∈ D(R),

∫dx(φ ◦ F )(x)ψ(x) =

∞∫

1

dtφ(t)√t− 1

[ψ(√

t− 1) + ψ(−√t− 1)]

e dunque

T ′F ψ(x) =s(x− 1)√

x− 1

[ψ(√

x− 1) + ψ(−√x− 1)],

che pero non e una funzione di classe C∞. Si puo rimediare nel modo visto nella sezione 8, apatto che il supporto di T non contenga x = 1. Allora prenderemo η ∈ D che valga 1 in unintorno di supp(T ), e 0 in un intorno di 1, e risultera ηT = T . Ora ηT puo operare su T ′F ψperche ηT ′F ψ ∈ D, e il risultato non dipende dalla scelta particolare di η. Per esempio, se T = δa,

TF δa(φ) = δa

(s(x− 1)η(x)√

x− 1

[ψ(√

x− 1) + ψ(−√x− 1)])

da cui si vede subito che, se a > 1, allora

T ′F δa =1√

a− 1[δ√a−1 + δ−√a−1],

Invece se a < 1 il risultato e zero, e non e definito se a = 1.In generale, e in modo molto sommario: detto insieme critico WF della applicazione F

l’insieme: {F (x) : JF (x) = 0}, ci si puo attendere che TF T sia definita se WF oppure supp(T ) ecompatto, e WF∩supp(T ) = ∅, e che in tal caso TF T sia data da una somma di espressioni deltipo (19), una per ogni “branca inversa” di F .♠♠Dimostrazione del teor.27. Premettiamo una definizione. Come sappiamo, ogni distribuzionea supporto compatto e una distribuzione temperata, e quindi verifica una diseguaglianza del tipo(47) per una scelta opportuna dell’indice n. Si dice ordine di T il piu piccolo n siffatto.

Consideriamo per semplicita’ il caso di R1. Sia T una distribuzione avente supporto in unpunto che, senza limitazione di generalita, possiamo supporre essere l’origine. Sia N l’ordinedi T . Sappiamo che la trasf. di Fourier di T e una funzione analitica intera, data, per ogni zcomplesso, da T (z) = (2π)−1Tx(e−izx). Consideriamo una funzione a(x) ∈ D, tale che a(x) = 1per |x| ≤ 1, e a(x) = 0 per |x| ≥ 2, e per t > 0 definiamo at(x) = a(tx); allora per ogni t > 0 laat(x) vale 1 in un intorno di supp(T ) = {0}, e quindi at(x)T = T . Dunque:

|T (z)| = |(atT )∧(z)| = (2π)−1/2|atT (e−izx)|= (2π)−1/2|T (ate

−izx)| ≤ c||at(x)e−izx||N (73)

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per ogni t > 0 e per una costante c opportuna. Vogliamo stimare questa norma N−ma; nelfar cio terremo presente che |x| ≤ 2/t sul supporto di at(x), e che per ogni intero q si haDqat(x) = tqDqa(tx). Allora per p, q ≤ N ,

||xpDq(at(x)e−izx)||∞ ≤ 2p

tpsup

−2/t≤x≤2/t

q∑

j=0

B(q, j)|Dq−jat(x)||Dje−izx|

≤ cN2p

tp

q∑

j=0

B(q, j)tq−j |z|je 2|z|t

= cN2p

tp(t + |z|)qe

2|z|t (74)

Dove i B(q, j) sono i coefficienti Binomiali, che compaiono perche si e fatto uso della formuladi Leibniz per la derivata del prodotto; invece cN e una costante tale che ||Dqa(x)||∞ < cN perogni q ≤ N . Poiche questo vale per qualsiasi t > 0, se |z| > 1 possiamo prendere t = |z|; in talmodo,

||a|z|(x)e−izx||N =∑

p,q≤N

||xpDq(a|z|(x)e−izx||∞

≤ cN (N + 1)22Ne2|z|2N . (75)

Sostituendo in (73) troviamo che la funzione analitica T (z) non cresce, per z →∞, piu rapida-mente di un polinomio. Grazie a noti risultati di Analisi Complessa, concludiamo che T (z) eessa stessa un polinomio. Per concludere la dimostrazione basta ora ricordare il Problema 18.

Calcolo differenziale in una dimensione. Si fonda sul risultato seguente:76(Teor.) Se T ∈ D′(R), e T ′ = 0, allora T = const.Dim. Se T ′ = 0, allora T (φ′) = 0 per ogni testfunzione, e cioe T (ψ) = 0 per tutte letestfunzioni ψ che sono a loro volta derivate di testfunzioni. Ora, una testfunzione ψ ederivata di un’altra testfunzione, se e solo se

∫ψdx = 0. Allora fissiamo una testf. χ tale

che∫

χdx = 1 e per una arbitraria φ scriviamo:

φ(x) = ψ(x) + Iχ(x), dove I =∫

φdx

E’ evidente che∫

ψdx =∫(φ(x)− Iχ(x))dx = 0, per cui T (ψ) = 0, T (φ) = IT (χ), e infine

T = const = T (χ).2Un semplice corollario di questo risultato e che le soluzioni della equazione T ′+aT = 0

devono avere la forma T = c exp(−ax) (perche’ (T exp(ax))′ = 0 ), cioe le soluzionidistribuzionali coincidono con le soluzioni ”classiche”.

Questa situazione e generica per le equazioni differenziali in dimensione 1, ma non perle equazioni alle derivate parziali [Don] .

Distribuzioni periodiche, e formula di somma di Poisson. Una distribuzione S su Rvien detta periodica di periodo T se risulta τT S = S. E’ possibile dimostrare che unadistribuzione periodica e necessariamente temperata.

77(Def.)- Il supporto della trasformata di Fourier di una distribuzione temperata sichiama spettro della distribuzione.

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78(Teor.)- Lo spettro di una distribuzione periodica di periodo T e un sottoinsieme di{nω, n ∈ Z} , dove ω = 2π/T .Dim. Prendendo la trasformata di Fourier di τT S = S., e usando il Teor.67(3), troviamo

(e−iTy − 1)S = 0

e la tesi si ottiene applicando il Teor.28. 2

Come caso particolare consideriamo la distribuzione:

δ(T ) =+∞∑

n=−∞δnT (76)

dove T > 0 si intende fissato. La serie converge nel senso distribuzionale di S ′ :

∣∣∣δ(T )(ϕ)∣∣∣ ≤

+∞∑

n=−∞|ϕ(nT )| ≤ ‖ϕ‖2

+∞∑

n=−∞

1

1 + n2T 2

pertanto δ(T ) e una distribuzione temperata, e il suo supporto e il reticolo ΠT = {nT, n ∈ Z}.Questa distribuzione e nota come la δ periodica. Essa e evidentemente periodica di periodoT : cerchiamone la trasformata di Fourier Ta.79(Teor.)-δ(T ) =

√2πT

δ(ω), dove ω = 2π/T .Prima di procedere alla dimostrazione, osserviamo che questo teorema ha due corollariimmediati, che hanno notevole importanza pratica: infatti, applicando il risultato delteorema ad una test-funzione arbitraria, troviamo:80(Cor.)-(Formula di Somma di Poisson)

√2π

T

+∞∑

n=−∞ϕ(nω) =

+∞∑

n=−∞ϕ(nT ).

Inoltre, esplicitando le trasformate di Fourier di ϕ nel membro sin. della formula diPoisson,81(Cor.)-(Serie di Fourier per la “δ periodica”)

1

T

+∞∑

n=−∞einωx = δ(T ).

♠Dim. del Teor.79. Osserviamo anzitutto che δ(T ) e periodica di periodo T , per cui supp(δ(T )) ⊆ Πω per il teor.78. In piu, si verifica subito la proprieta seguente:

(eiωx − 1)δ(T ) = 0 (77)

che, usando nuovamente il Teor.67, implica τω δ(T ) = δ(T ).Introduciamo una testfunzione χ che abbia supporto in ]−π/T, +π/T [ , e che inoltre valga

1 in un intorno di 0. La funzione definita da χ =∑

n τ2πn/T χ e evidentemente di classe C∞,

periodica di periodo 2π/T , e vale 1 sul supporto di δ(T ). Pertanto,

δ(T ) = χδ(T ) =∑n

(τnωχ)δ(T ) =∑n

τnω(χδ(T )) (78)

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dove si e usata l’invarianza di δ(T ) per traslazioni sul reticolo Πω. La distribuzione χδ(T ) hasupporto in ]−π/T, +π/T [ , e verifica

(exp(−iT t)− 1)χδ(T ) = 0

Pertanto χδ(T ) deve avere supporto in {0} . Applicando i risultati della sezione 8 si trova chedeve essere χδ(T ) = cδ, con c costante dipendente da T , e pertanto, da (78):

δ(T ) = c∑n

τnωδ = c∑n

δnω = cδ(ω). (79)

Per determinare il valore di c = c(T ) , osserviamo che dalla definizione 17 dell’operatore didilatazione segue:

σαδ(T ) = α−1δ(T/α).

La trasformata di Fourier del membro sin. di questa equazione e , grazie a 67(4):(σαδ(T )

)∧= α−1σα−1 δ(T ) = α−1c(T )σα−1δ(ω) = c(T )δ(αω).

Invece la trasformata del membro di destra e:

α−1δ(α−1T ) = α−1c(T/α)δ(αω).

Eguagliando i due risultati troviamo

c(T/α) = αc(T ) (80)

Infine, applicando (79) alla testfunzione ϕ(x) = (2π)−1/2 exp(−x2/2), per la quale, come e noto,ϕ = ϕ, troviamo che c(T ) = 1 per T = (2π)1/2. Da (80) otteniamo cosı c(T ) = (2π)1/2/T.2♠Convoluzione in S ′. ♠ Mostriamo che la definizione di convoluzione (57) e consistente conquella fornita nella sezione 11.

Siano S, T ∈ S ′, e sia T una distribuzione regolare, cioe una funzione T (y), tale che ilprodotto T (y)U sia ben definito per ogni distribuzione temperata U . Usando la definizione (31),

S ∗ T (ϕ) = Sx[Ty(ϕ(x + y))] = Sx[τxTy(ϕ)]

= Sx[(τxTy)∧(ϕ)] = (2π)−n/2Sx

[∫eix.yT (y)ϕ(y)dy

]

= Sx[(Tϕ)∧] = S(Tϕ) = T S(ϕ). (81)

che e la nuova definizione (57) data nella sezione 20. ♠Prova del Teor.70. ♠ Ci limitiamo a dimensione 1, dimostrando:70(2)(Teor.)- Se T ha supporto compatto, allora la T (y) ammette prolungamento analitico atutto il piano complesso, dato dalla funzione analitica intera f(z) = (2π)−1/2T (e−izx).Dim Siccome per z complesso arbitrario la e−izx e di classe C∞ in x, la f(z) e ben definita graziealla compattezza di supp(T ). Per h complesso,

f(z + h)− f(z)h

= (2π)−1/2T

(e−izx e−ihx − 1

h

)

E’ facile vedere che, intesa come funzione di x, la espressione in parentesi tende, per h → 0, a−ixe−izx, nel senso di E (sez. 8). Poiche T e continuo su E , ne consegue che la f(z) e derivabile

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in ogni z. Inoltre per z = y reale la f coincide con T (y), pertanto ne costituisce il prolungam.analitico.

Alternativamente, si puo considerare, per z complesso arbitrario, una circonferenza γ attornoa z, parametrizzata mediante una ξ : [0, 1] → C di classe C∞, e dimostrare che

12πi

γdz′

f(z′)z′ − z

= f(z). (82)

In tal modo si sara provato che f(z) coincide con un integrale del tipo di Cauchy nell’intorno diogni punto del piano complesso, e pertanto e analitica ovunque. Ora, l’integrale di contorno sipuo scrivere:

12πi

1∫

0

dtξ′(t)

ξ(t)− zTx(e−iξ(t)x) =

12πi

(Tg(t) ⊗ Tx)(e−iξ(t)x)

essendosi considerato che g(t) .= χ[0,1](t)ξ′(t)(ξ(t)−z)−1) e una distribuzione regolare a supportocompatto. Scambiando i fattori nel prodotto tensoriale, si perviene a

Tx

(1

2πiTg(t)(e

−iξ(t)x))

= Tx

(1

2πi

γdz′

e−iz′x

z′ − z

)

= Tx(e−izx) = f(z) (83)

perche e−izx e analitica in z e vale per essa la formula integrale di Cauchy. 2

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