Noi in Fidas 4-2014

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MAGAZINE DELLA FEDERAZIONE ITALIANA ASSOCIAZIONI DONATORI DI SANGUE TRIMESTRALE / ANNO XIV / N. 4 / DICEMBRE 2014 WWW.FIDAS.IT – Speciale Corso di Formazione: CONOSCERE PER AGIRE - PARTE II EVOLUZIONE DELLA SPECIE IL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE DELLA RETE TRASFUSIONALE NAZIONALE Buone feste

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Magazine della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue

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Magazine della Federazione italianaassociazioni donatori di sangueTrimesTrale / anno XiV / n. 4 /

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– Speciale Corso di Formazione: ConosCere per agire - parte ii

evoluzione della specieil perCorso di qualifiCazione della rete trasfusionale nazionale

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noi in FidasTrimestrale – Periodico di informazione e formazione della FIDAS (Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue)editore: FIDAS, Piazza Fatebenefratelli 2, 00186 Romaredazione noi in Fidas: Piazza Margana 19, 00186 Roma – tel. 06 68891457 – fax 06 68217350Email: [email protected]

Anno XIV n° 4 dicembre 2014direttore editoriale: Aldo Ozino Caligarisdirettore responsabile: Cristiano Lenacomitato di redazione: Roberto Bonasera, Michele Di Foggia, Antonella Locane, Giovanni Musso.Hanno collaborato a questo numero: Giulia Angelucci, Chiara Ferrarelli, Ermanno Giuca, Jonathan Mastellari, Giuseppe Natale, Tatiana Paradiso, Iolanda Marta SquillaceFoto: Tatiana Paradiso, Luigi TraniProgettazione grafica: Leandro Di Maria/ AlterErgo studioautorizzazione: Tribunale di Roma n° 442/2003 del 21 ottobre 2003Periodico iscritto al R.O.C. (Registro Operatori Comunicazione)

sommario

editoriale di Aldo Ozino Caligaris

donazione del sangue e omosessualità

i confini dell’autosufficienza. Terzo incontro nazionale a Bologna

conoscere per agire - parte ii

“passione ed entusiasmo”: gli ingredienti speciali della formazione

riforma del Terzo settore: una realtà complessa che necessita chiarimenti

“la comunicazione cerca la condivisione ma non è detto che crei armonia”

ogni storia è un dono

dal conflitto alla facilitazione. Strumenti per superare le criticità quotidiane

premio giornalistico Fidas "isabella sturvi" - V edizione

le Federate Fidas

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Il sistema trasfusionale italiano ha conseguito negli ultimi dieci anni risultati di eccellenza che hanno por-tato il Paese alla condizione di autosufficienza assicu-rando il bisogno di sangue e dei suoi componenti per

il Sistema Sanitario Nazionale. Il numero dei donatori si è consolidato, conquistando il miglior risultato europeo con l’83% di donazioni da donatori non remunerati, periodici e associati. L’attivazione della rete nazionale di sistema, costituita dal Centro Nazionale Sangue e dalle Strutture regionali di coordinamento, ha consentito di programma-re il bisogno trasfusionale, inteso come obiettivo sovra-regionale e sovraziendale non frazionabile, di monitorare la sicurezza trasfusionale dal donatore al ricevente e di garantire l’utilizzo appropriato di emocomponenti e di medicinali plasmaderivati.

Abbiamo assistito e partecipato ad un’epocale evoluzio-ne del sistema conseguendo obiettivi di tutto rispetto gra-zie all’impegno del volontariato del dono, dei professioni-sti di settore e delle istituzioni. L’applicazione di norme e di buone prassi ha permesso questa evoluzione soprattutto in termini quantitativi, ma con alcune carenze qualitative e con una notevole differenza in termini di trattamento dei donatori e dei pazienti sul territorio nazionale. Il fe-deralismo sanitario, consentendo alle Regioni e Province autonome di adottare modelli organizzativi disomogenei, ha di fatto impedito al sistema trasfusionale di rispetta-re i principi del sistema sanitario pubblico e universale. Questa rete, più di altre reti di assistenza, partendo dal valore etico del dono di una parte del corpo dei donatori e dovendo garantire un livello essenziale di assistenza per i cittadini con una terapia di origine biologica, avrebbe dovuto rispettare tali valori di gratuità e di universalità.

Le normative europee che hanno fissato i criteri di qua-lità e di sicurezza dei sistemi trasfusionali dei propri Paesi membri avrebbero dovuto muovere anche l’Italia verso il necessario livello di qualificazione, facendo applicare alle attività trasfusionali le buone pratiche di produzione degli emocomponenti secondo standard definiti e omoge-nei, consentendo un uniforme trattamento del donatore e continuando a garantire l’autosufficienza quantitativa e qualitativa faticosamente raggiunta sia per emocompo-nenti labili sia per medicinali plasmaderivati. Un’evolu-zione nell’evoluzione, un’opportunità di crescita di tutto il sistema.

Di fatto l’eccessiva parcellizzazione delle strutture trasfusionali, le resistenze di parte degli operatori sani-tari ma, soprattutto, la scarsa attenzione dei responsabili politici regionali hanno minato il conseguimento di tale traguardo, con il rischio di non consentire a tutte le reti trasfusionali regionali di rispondere ai requisiti dettati dal-le normative vigenti e di non permettere dal 1° gennaio 2015 di autorizzare tutte le strutture operanti e di accredi-tare le attività trasfusionali svolte presso le stesse.

A oggi, poche Regioni hanno emanato i decreti di ac-creditamento della propria rete trasfusionale e molte stan-no, affannosamente, cercando di completare i percorsi entro la fine dell’anno per garantire, conseguentemente al percorso di qualificazione, la terapia ai cittadini assi-stiti con emocomponenti conformi alle norme regolatorie europee e per conferire il plasma donato, come materia prima per la produzione di medicinali plasmaderivati, all’industria di frazionamento.

Anni di impegno professionale e di incessante attività di promozione e di fidelizzazione del dono rischiano di essere vanificati per ritardi ingiustificabili e per scelte che, sebbene responsabilmente sollecitate da tempo dalle As-sociazioni e Federazioni del dono, non sono state operate con la volontà di razionalizzare coraggiosamente le risorse disponibili nel doveroso rispetto del valore etico e sociale di un dono volontario e gratuito.

Il 2015 rischia di essere l’anno in cui il Paese potreb-be perdere l’autosufficienza per emocomponenti ad uso trasfusionale; l’anno in cui rischierebbe di aumentare la richiesta di approvvigionamento di medicinali plasmade-rivati dai Paesi ove la donazione organizzata dalle imprese è remunerata.

Da gennaio l’evoluzione della specie conterà i dispersi e i feriti sul campo.

La penultima parola è ora alla “politica”, quella dello Stato e delle Regioni, del Governo e delle forze dei partiti che, in uno scenario di divisioni di competenze, potrebbe commissariare gli inadempienti o avvallare ritardi e rinvii consentendo, di fatto, un diverso trattamento dei pazienti e incassando una sconfitta per la mancata opportunità di razionalizzare e qualificare la rete assistenziale trasfusio-nale.

L’ultima parola, questa volta, è ai donatori, ai volontari del dono del sangue, parte attiva nel fare e nel partecipare con senso civico e con azioni concrete al bene pubblico del Paese. Ai donatori la volontà di continuare a donare responsabilmente ciò che serve quando serve, superando le difficoltà di scenari con tinte fosche e nebulose, sup-portando con il consueto spirito di solidarietà i dispersi e i feriti sul campo.

Ai donatori il dovere e l’impegno di manifestare la pro-pria autonomia intellettuale nell’operare scelte etiche e politiche per rivendicare l’universalità, la solidarietà e il valore pubblico del S.S.N., nel rispetto del diritto costitu-zionale della salute per i cittadini, richiedendo a gran voce il superamento di frazionamenti territoriali, il trattamen-to uniforme del donatore su tutto il territorio nazionale e l’erogazione omogenea dei Livelli Essenziali di Assistenza ai cittadini.

Nella consapevolezza che i processi evolutivi sono inar-restabili come il procedere del tempo e il susseguirsi delle stagioni. ●

NOIinFIDAS 4/2014 3ediToriale

Evoluzione della specie

di Aldo Ozino Caligaris, Presidente nazionale FIDAS

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4 NOIinFIDAS 4/2014donazione e omosessualiTà

la normativa parla chiaro ma i numeri non sono da meno

La donazione del sangue è un dovere ci-vico o un diritto indiscriminato? Qual è il confine tra garanzia e discrimina-zione? 

La miccia è stata riaccesa recentemente: lo scorso ottobre, nel Servizio trasfusionale dell’ospedale di Galatina, un donatore di san-gue omosessuale viene respinto dal centro pre-lievi. E non è la prima volta che accade. Pun-tualmente si scatena la polemica mediatica che coinvolge singoli, associazioni, esperti e non. “Tanto rumore per nulla”: così ha detto il di-rettore sanitario dell’ospedale di Galatina. Una coppia di donatori omosessuali   era andata a donare, come aveva già fatto in passato. Ma, diversamente dalle altre volte, il medico sele-zionatore aveva manifestato delle resistenze. E non perché i due avessero assunto farmaci particolari, né perché recentemente avessero fatto un tatuaggio e nemmeno perché reduci da un intervento chirurgico. Non c’era alcuna di queste situazioni contemplate tra i criteri di sospensione temporanea del questionario del donatore. Semplicemente i due non potevano

donare il sangue perché omosessuali, quindi “a rischio”. La giovane coppia non se lo è fatto dire due volte. Ha chiesto chiarimenti, inter-pellando lo stesso direttore sanitario e il Centro Regionale Sangue, finché non è stata ammes-sa alla donazione. Ma al direttore sanitario è bastato citare Shakespeare per tirarsi fuori dall’impasse. 

Non si tratta di “tanto rumore per nulla”, ma del desiderio di rivendicare quanto esprime la normativa nazionale e contribuire al bene comune. Essere omosessuale non equivale ad avere comportamenti a rischio. E questo in Ita-lia è riconosciuto da più di tredici anni. 

La donazione di sangue, infatti, non è più off-limits per gli omosessuali dal 2001, in seguito all’approvazione del decreto ministeriale che ha abolito il divieto di donazione di sangue per i gay previsto dalla precedente normativa del 1991. Negli anni ’80 quando il virus dell’HIV non si conosceva bene (nel 1983 veniva chia-mata la “misteriosa malattia”) la popolazione omosessuale maschile ne era la più colpita.  E più di venti anni fa l’allora ministro della Sa-

di Cristiano Lena

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NOIinFIDAS 4/2014 5donazione e omosessualiTà

nità, Francesco De Lorenzo, aveva introdotto il criterio di sospensione permanente per i ma-schi gay. Ma questa storia la conoscono bene gli operatori di ogni Servizio Trasfusionale e di ogni Unità di Raccolta che operano sul terri-torio nazionale. E la legge sul sangue del 2005 ha espressamente indicato che non ci sono cri-teri di esclusione sulla base di categorie, ma solo per comportamenti a rischio che interessa-no omosessuali e non. A infettarsi sono molto spesso gli eterosessuali che non usano il profi-lattico, forse nella convinzione che l’AIDS sia “una questione da gay”. 

Tuttavia occorre valutare anche un altro ele-mento. La normativa parla chiaro, certo, ma i dati non sono da meno. In oltre trenta anni di

AIDS la popolazione è stata costretta al rappor-to protetto per la paura, facendo registrare un calo considerevole, tra la fine degli anni No-vanta fino a tutto il decennio precedente, delle infezioni di HIV. Eppure, quando la paura si è attutita, complice anche la scoperta di una cura per l’AIDS, è tornata l’abitudine al rappor-to non protetto. Causando negli ultimi anni un aumento dei casi, sia tra la popolazione omo-sessuale che tra quella eterosessuale. L’Istituto Superiore di Sanità, in occasione della Giorna-ta Mondiale di lotta contro l’AIDS, ha reso noto l’aumento di diagnosi di HIV nei maschi che fanno sesso con maschi (MSM) per quanto ri-guarda gli italiani, che costituiscono quasi la metà delle nuove diagnosi. Mentre tra gli stra-nieri presenti sul territorio nazionale la moda-lità di trasmissione più frequente è quella ete-rosessuale.  E se risulta in aumento l’età media

della diagnosi di HIV (39 anni per i maschi e 36 per le femmine), la classe d’età più colpita è quella dei 25-29 anni in cui si registra un tasso di incidenza di 15,6 nuovi casi ogni 100 mila residenti. La maggioranza delle nuove diagno-si di HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l’83,9% di tutte le segnalazioni (maschi eterosessuali 26,00%, femmine eterosessuali 18,5%, MSM maschi che hanno avuto rapporti con altri maschi 39,4%).

I dati raccolti in Europa nell’ultimo qua-driennio, e l’Italia in questo caso non fa ec-cezione, sottolineano come si sia abbassata la percezione di comportamenti sessuali a rischio.

Ma questo non comporta un’esclusione per-manente sulla base di categorie. Non possono

essere queste ultime a essere discriminate. Sa-rebbe come affermare che tutti i giovani sono senza valori, che tutti i politici sono corrotti o che “tutte le mascoline sono cozze”, per citare Dustin Hoffman in Tootsie. Il sillogismo non funziona.

La selezione del donatore di sangue viene effettuata da un medico trasfusionista che nel colloquio riservato accerta i requisiti necessa-ri e valuta i comportamenti a rischio, quali il rapporto sessuale occasionale o il rapporto non protetto. E tali comportamenti non sono propri di tutto il mondo omosessuale maschile, pur dovendo riconoscere che un gay che frequenti ambienti gay, corra più rischio rispetto a una coppia omosessuale monogama. La paura della malattia non può certamente essere un deter-rente, ma non si può dimenticare che la dona-zione è un gesto volontario e responsabile. ●

l’indispensabile attività di informazione e sensibilizzazione verso le nuove generazioni

Dai questionari che l'ANLAIDS ha raccolto tra oltre 6 mila ragazzi delle superiori, è emerso che l’8% degli intervistati non ha mai sentito parlare dell’AIDS , il 30% pensa che il bacio sia uno strumento di contagio e il 40% indica nella pillola anticoncezionale una funzione di protezione.

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6 NOIinFIDAS 4/2014donazione e omosessualiTà

Londra, 30 aprile 1983 – GB: campagna contro donazioni sangue da omosessuali

In Gran Bretagna prende il via una campagna pro-pagandistica volta a scoraggiare gli omosessuali dal donare il loro sangue perché ciò potrebbe aumenta-re il rischio di diffondere la misteriosa malattia chia-mata “Aids”. […] Da quando il virus ha attraversato l’Atlantico nel 1981, 15 casi sono stati individuati in Inghilterra, ma molte altre persone possono averlo contratto perché il periodo di incubazione dura an-che tre anni. La campagna propagandistica contro i donatori omosessuali presente però molte difficoltà, tra cui l’opposizione delle organizzazioni “gay” nel Paese. […]

Venezia, 20 maggio 1984 – Nel Veneto rifiutate donazioni di sangue omosessuali

Dopo la decisione dei responsabili del centro tra-sfusionale dell’ospedale di Padova, che hanno deciso di non consentire la donazione di sangue a persone omosessuali, anche nei centri ospedalieri dell’Avis di altre città del Veneto, per evitare la “sindrome da immunodeficienza” (nota oltreoceano come “Aids), c’è la tendenza di rifiutare l’offerta di sangue in que-sti casi. […] La decisione dei medici padovani era stata contrastata dal movimento di liberazione omo-sessuale della città veneta che ha definito il divieto di donare sangue “un incitamento all’odio razziale”. […]

Pescara, 26 maggio 1984 – Aids: Avis racco-manda a omosessuali di astenersi dal donare sangue

Agli omosessuali è stato raccomandato dopo il sospetto sull’Aids, di astenersi per il momento dal donare sangue. In attesa che la questione sia defini-ta rimangono soci benemeriti delle associazioni cui appartengono come i portatori di alcune malattie, soprattutto virali ai quali è fatto divieto della do-nazione del sangue per la difesa del diritto e della tutela sanitaria di quanti lo ricevono. È questa la de-cisione a cui è giunto il comitato medico nazionale dell’Avis che si è riunito a Montesilvano di Pescara nell’ambito del congresso nazionale dei donatori di sangue. Fico Fresia, segretario della Fiods (Federa-zione internazionale delle organizzazioni dei dona-tori di sangue) presente ai lavori dell’Avis, ha dichia-rato che l’omosessualità non è mai stata motivo di discriminazione nelle numerosissime associazioni di donatori esistenti nel mondo. Bisogna conciliare la tolleranza con l’indispensabile tutela di quanti rice-vono sangue. […]

Sydney, 16 novembre 1984 – In Australia car-cere per omosessuali donatori di sangue

Il governo del Queensland ha approvato ieri notte in Parlamento con procedura d’urgenza una legge che fa un reato della donazione di sangue da parte di omosessuali. Ogni persona che dia informazioni false sulla sua idoneità a donare sangue potrà venire punita con 10mila dollari o due anni di carcere o ambedue le pene. Il Parlamento del Queensland ha adottato questa legislazione d’emergenza in seguito alla morte di tre bambini di pochi mesi che aveva-no ricevuto trasfusioni di sangue proveniente da un omosessuale di 27 anni. […]

Bologna, 9 novembre 1989 – Arci Gay su dona-zione sangue: legislazione italiana discrimina omosessuali

L’Arci Gay nazionale ha giudicato “molto nega-tivamente” il fatto che la Commissione Sanità del Senato abbia respinto, nella seduta di ieri, un emen-damento soppressivo presentato dal senatore Verde Franco Corleone, tendente a rimuovere il divieto per gli omosessuali e i loro partner di donare sangue. “Questa misura – si legge in una nota – introduce per la prima volta nella legislazione italiana l’omo-sessualità per discriminarla, aprendo così la strada per ulteriori provvedimenti discriminatori e razzi-sti”. […]

Bologna, 29 novembre 1997 – Arci Gay, basta con divieto donazione sangue e organi gay

Abrogare il divieto “inutile e discriminatorio” per gli omosessuali di donare il sangue e gli organi. Lo ha chiesto l’Arcigay al ministro della sanità Rosy Bindi in vista del 1 dicembre, giornata mondiale dell’Oms sull’Aids. “Si tratta di un’inutile e illegale intromissione nella vita privata – ha scritto in una nota il presidente dell’associazione Franco Grillini – come ha riconosciuto Stefano Rodotà in occasione di un incontro tra il Garante della privacy e una de-legazione dell’Arcigay”. […]

Roma, 27 luglio 1998 – Avis, no a donazioni per omosessuali

Lo dice la legge: le persone che hanno rapporti omosessuali non possono donare il sangue. Lo sotto-linea il presidente dell’Avis, Pasquale Colamartino, riferendosi alla disponibilità espressa in tal senso da Vladimir Luxuria del Circolo omosessuale Mario Mieli. Colamartino, ringraziando Luxuria e il Circolo per “l’attenzione e la sensibilità dimostrata”, ricorda che “esiste una precisa disposizione di legge, il de-creto del ministro della Sanità del 15 gennaio 1991, che riporta fra i criteri di esclusione dalla donazione

uno sGuardoal passaTo(fonti:-ANSA-Repubblica.it-IlGiornale.it-IlCorriere.it )

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NOIinFIDAS 4/2014 7donazione e omosessualiTà

in rosso: esclusione permanente dalla donazione di sangue per le persone omosessuali: Germania, Austria, Svizzera, Belgio, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Grecia, Irlanda, Malta, Turchia, Svizzera, Slovenia, Norvegia, Paesi Bassi

in giallo: esclusione temporanea per chi ha avuto rapporti omosessuali nell’ultimo anno: Regno Unito, Ungheria, Svezia, Islanda, Finlandia, Repubblica Ceca

in verde: nessuna esclusione in base all’orientamento sessuale, ma valutazione dell’idoneità sulla base del comportamento che potrebbe esporre il donatore a maggiori rischi di infezione: Spagna, Portogallo, Italia, Russia, Polonia.

che cosa succede in europa?

del sangue le seguenti situazioni perché giudicate a rischio: l’esistenza nella storia personale del candi-dato donatore di rapporti omosessuali, assunzione di droghe, rapporti sessuali con persone sconosciute, trasfusioni ricevute, epatite o ittero, malattie vene-ree, positività per i test dell’epatite B, C, sifilide e Aids”. […]

roma, 2 agosto 2000 – Veronesi: cancellare di-vieto a gay di donare sangue e organi

Il ministro della Sanità, Umberto Veronesi, “si è detto d’accordo” a cancellare il divieto, per gli omosessuali, di donare sangue e organi, contenuto nelle circolari del gennaio ’91 e aprile ’92, “come da tempo richiede il ministro per le Pari Opportuni-tà”. È quanto si legge in un comunicato dello stesso ministero delle Pari Opportunità, al termine di un incontro avvenuto oggi tra il ministro Veronesi ed una delegazione della Commissione “Diritti e liber-tà”. […] Veronesi “ha ribadito la necessità di ren-dere la legislazione in materia meno caratterizzata

di pregiudizi e dalla sessuofobia e si è impegnato a garantire, entro breve tempo, la revisione della nor-mativa fortemente discriminatoria verso le persone omosessuali, attualmente in vigore. […]

roma, 10 aprile 2001 – abolite norme che vie-tavano donazione a gay

Il Coordinamento degli omosessuali dei Ds espri-me il suo più vivo compiacimento per la pubblica-zione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto che can-cella definitivamente le norme discriminatorie che impedivano ai gay di donare sangue e organi. […]

roma, 3 settembre 2005 – Vietano a gay di do-nare il sangue, storace apre inchiesta

Il ministro della Salute, Francesco Storace, ha disposto l’apertura di un’inchiesta per accertare re-sponsabilità amministrative o comportamenti san-zionabili penalmente dopo il rifiuto del Policlinico di Milano di prelevare sangue ad un omosessuale donatore. […]

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Padova, 7 settembre 2005 – arcigay Padova lancia campagna donazione

“Giovani di ogni orientamento sessuale, donate sangue!”. Con questo slogan è partita da Padova l’i-niziativa di sensibilizzazione dei giovani di Arcigay , il coordinamento dei giovani gay e lesbiche fino a 26 anni di età, che questa settimana si presenteran-no presso i centri trasfusionali di tutta Italia per ef-fettuare le analisi necessarie a ottenere l’idoneità di donatore. Obiettivo dell’iniziativa avviata a Padova richiamare l’attenzione sul problema della discrimi-nazione dopo l’episodio avvenuto alcuni giorni fa al Policlinico di Milano […]

Milano, 22 settembre 2005 – Policlinico Milano conferma il no a donazione gay

Il Centro Trasfusionale di Immunologia dei Tra-pianti del Policlinico di Milano continuerà a mante-nere il suo protocollo di sicurezza che prevede, tra l’altro, la non ammissione alla donazione di maschi che abbiano avuto rapporti con uno o più soggetti maschi. E questo per il dovere di “tutelare la salute dei pazienti”. Cambierà protocollo solo in caso di disposizione tassativa del Ministero, valida per tutti i Centri trasfusionali italiani. […]

tel aviv, 17 giugno 2008 – in israele gay all’at-tacco: vogliamo donare il sangue

La libera donazione di sangue è il nuovo fronte di battaglia identificato dai gay israeliani nella loro lot-ta per aggiudicarsi pieni diritti civili. Ieri il Maghen David Adom (equivalente locale della Croce Rossa internazionale) ha fatto squillare sonori campanelli d’allarme quando ha reso noto che resta il forte defi-cit delle porzioni di sangue a disposizione dei centri medici per via della scarsa inclinazione alle donazio-ni da parte degli israeliani. […] Gli omosessuali isra-eliani, che da tempo insistevano per poter donare il proprio sangue, hanno colto la palla la balzo e sono subito tornati alla carica. […]

Milano, 15 luglio 2010 - “i gay non possono do-nare sangue”. e un altro ospedale chiude le porte

Il servizio trasfusionale del Gaetano Pini chiude ai gay, e si aggiunge alla lista di ospedali italiani che non accettano sangue da uomini dichiaratamente omosessuali. Un cambio di rotta, quello del noso-comio milanese, sperimentato sulla propria pelle da un ragazzo, donatore “storico” nella struttura, che ha denunciato la vicenda sul suo blog e su Facebook. 

Milano, 11 aprile 2012 - no alle donazioni di sangue dai gay: solo cautela non discrimine

Si è presentato al centro trasfusioni del Policlinico

dicendo di voler donare il sangue. Ma si è sentito rispondere picche. Da qui la denuncia da parte di una ragazzo gay: «Mi hanno rifiutato solo perché sono omosessuale, questa è discriminazione». Ma di discriminazione non si tratta, spiegano al Policlini-co. «L’esclusione di alcuni cittadini dalla donazione non dipende dall’orientamento sessuale». […] «In Italia - spiega Maurizio Marconi, direttore del Cen-tro Trasfusionale e di Immunoematologia - ci siamo adeguati a norme che in altri Paesi sono legge: non si tratta di una discriminazione, perché donare il sangue non è un diritto ma un dovere civile, un’op-portunità perseguibile in base a un’idoneità stabilita da criteri fondati sulle evidenze scientifiche». […] Questo vuol dire che non tutti i gay vengono rifiuta-ti, dipende dalla vita che conducono o dalle malattie che hanno contratto in passato, così come accade per gli etero. Episodi del genere non sono nuovi al centro del Policlinico che da solo in un anno racco-glie 22.400 donazioni di plasma.

lecce, 12 ottobre 2014 – lecce, coppia vuole donare sangue. «non potete, siete gay». Poi le scuse

Una coppia di persone dello stesso sesso si è pre-sentata al reparto immuno-trasfusionale dell’ospe-dale Santa Caterina Novella di Galatina, nel Lecce-se, sabato per donare il sangue. Una cosa che i due giovani facevano abitualmente. Questa volta però la risposta ricevuta dagli addetti dell’ospedale è stata diversa. «Siete omosessuali», avrebbero detto nel reparto, secondo quanto riferiscono fonti dell’ospe-dale. «Non potete donare». Ci sono stati momenti di tensione e i due ragazzi hanno chiamato i carabinie-ri. Il responsabile del centro si è difeso dicendo che non si trattava di pregiudizio, ma aveva applicato soltanto la legge. Alla fine il prelievo ematico è stato fatto e la coppia ha firmato un’autocertificazione di comportamento non a rischio. «Si è trattato di un errore grossolano - ha detto il direttore generale dell’Asl Valdo Mellone -, un atto di discriminazio-ne che non può essere accettato. Mi scuso a nome dell’Asl».

Washington, 2 dicembre 2014 – gay potranno donare il sangue se “casti”

Anche i gay in America potrebbero presto tornare a donare il sangue, ma solo coloro che non abbiano avuto rapporti sessuali da almeno un anno. Dopo 30 anni di divieti, e di polemiche, una commissione della Food and Drug Administration (Fda) si riuni-sce per considerare l’ipotesi di togliere il controver-so bando. Ma in base alla proposta, solo i gay celibi potranno donare il sangue. ●

8 NOIinFIDAS 4/2014donazione e omosessualiTà

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NOIinFIDAS 4/2014 9donazione e omosessualiTà

Il gesto del dono è di per sé meraviglioso e im-portante, ma lo diventa ancora di più quando si dona una parte di sé, una parte del proprio

stesso corpo per aiutare un'altra persona che non si conosce.

Per chi come me non nasconde il proprio orien-tamento sessuale e nella vita si occupa anche di tematiche e problematiche riguardanti le persone LGBTI, sigla che prende le prime 5 lettere di ogni parola a livello internazionale della comunità omo, bi, transgender (le 5 parole sono: lesbian, gay, bi-sex, transgender e intersexual) anche il momento che dovrebbe essere apparentemente uguale per tut-ti e tutte, può diventare un piccolo scoglio mentale da dover superare.

Sì mentale, perché ormai da un po' di tempo nel questionario d'accesso alla donazione da nessuna parte viene scritto che noi persone LGBTI non pos-siamo donare, ma anni e anni di pregiudizi della comunità scientifica e della società (l'HIV conside-rato come virus dei gay e pertanto il dono era vie-tato per evitare contagi) ancora in qualche modo, fino a quando non ci alziamo dal lettino dopo aver terminato la donazione, ci fanno pensare che in qualche modo qualcuno o qualcuna ci fermerà per-ché ha scoperto o è al corrente del nostro orienta-mento sessuale.

Lo spettro che la domanda “rapporti a rischio” si riferisca solo a noi in qualche modo c'è ancora, forse sì, anche per la coda di paglia che in qualche caso abbiamo, ma anche perché nessuno ha mai fatto una campagna pubblica d'informazione che dimostri che tutti e tutte possono finalmente dona-re.

Nella mia esperienza non ho mai avuto atti di discriminazione o di omofobia durante la donazio-ne, ma è anche vero che non ho mai fatto coming out (non mi sono mai dichiarato) con il dottore o la dottoressa, sia perché questo non è previsto durante la visita preparatoria al dono sia perché non lo trovo necessario, dal momento che quando le persone eterosessuali vanno a donare non devo-no dichiarare il genere delle persone con cui hanno

rapporti sessuali e perché dovrei farlo io?Sinceramente però mi sono chiesto più volte cosa

sarebbe successo se avessi detto al dottore o alla dottoressa di essere gay, se anche io davanti a me avessi avuto una persona comprensiva e adeguata come tante negli ambulatori o un medico non pre-parato e con pregiudizi come nei casi di discrimina-zione avvenuti non troppo tempo fa.

La gente forse a volte non lo capisce, ma la pau-ra di essere discriminati spesso ci accompagna, perché per troppo tempo e ancora oggi spesso su-biamo discriminazioni, il più delle volte gesti sem-plici come baci, abbracci e mani che si sfiorano camminando ancora in molte parti dell'Italia non sono “gesti liberati”, ma gesti che se fatti in pub-blico in posti sbagliati ci possono portare a essere vittime di omofobia. Essere rassicurati e rassicurate anche dal personale sanitario su questo prima della donazione potrebbe essere un piccolo grande passo per cancellare polemiche e paure e rendere la dona-zione un momento molto accogliente.

Da gay però ho una piccola critica. Ancora oggi spesso le persone etero pensano che gli LGBTI non possano donare per questioni legati al rischio dell'HIV perché non si sono adeguatamente infor-mate. Anche se qualcuno oggi lo pensa ancora, questo non è vero, ma non è vero neanche che que-sto virus colpisca solo la nostra comunità, anzi, in molte parti del nostro Paese l'HIV ha un'altissima incidenza soprattutto all'interno di rapporti sessuali tra persone di sesso diverso. Quello che andrebbe fatto oggi è però una maggior educazione sessuale, soprattutto per la comunità etero che faccia loro comprendere, a differenza della comunità LGBTI, che i preservativi servono anche come barriera con-tro le MTS (malattie a trasmissione sessuale) e non come metodo per non concepire, come spesso viene interpretato, pensato e usato il condom.

Da qui parte la consapevolezza dei comporta-menti e delle responsabilità di tutti e tutte, nell'e-ventuale contagio ma soprattutto nel dono, gesto che ti gratifica e ti rende veramente utile per le altre persone in stato di necessità. ●

Consapevole del valore del donodi Jonathan Mastellari

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Parlare di autosufficienza nel sistema sangue è un po’ come parlare dell’o-biettivo della riduzione del rapporto deficit/PIL in economia: un obiettivo

fondamentale da raggiungere, quasi una gran-de conquista. Solo nello scorso decennio l’Ita-lia ha potuto raggiungere quest’obiettivo per quanto riguarda la raccolta di globuli rossi, mentre molto cammino resta ancora da fare per raggiungere l’autosufficienza nazionale per i prodotti plasmaderivati.

La SIMTI e la Fondazione Campus hanno deciso di riunire gli Stati generali del san-gue italiano per parlare appunto dei “Confini dell’autosufficienza” nel corso del III incontro del sistema sangue italiano che si è tenuto a Bologna il 18 ottobre scorso. L’incontro ha avuto come obiettivo quello di affrontare que-sto tema da un punto di vista interdisciplinare, coinvolgendo esperti del mondo economico e filosofico oltre agli specialisti medici del setto-re. In questa ottica, il sistema sangue italiano non è stato direttamente al centro del dibat-tito, ma è stata la pietra di paragone con cui confrontarsi per considerazioni di tipo sociale e antropologico.

Il professor Del Bò, docente di filosofia dell’Università di Milano, ha infatti proposto una riflessione di tipo generale sul concetto stesso di autosufficienza, che può essere decli-nato in almeno tre diversi modi:–autosufficienza come soddisfazione della richiesta: ovvero la produzione di un bene in-segue costantemente la domanda e un sistema si considera autosufficiente quando sono stati soddisfatti tutte le richieste di un determinato bene (siano esse appropriate o meno);–autosufficienza come obiettivo di soglia: ba-sandosi su una stima della domanda, si decide che la produzione di un bene deve raggiun-gere un determinato livello stabilito a priori. Questa scelta potrebbe non soddisfare tutte le effettive necessità, ma permette al sistema

di impegnarsi per una eventuale diminuzione della domanda;–autosufficienza come postulato: si stabilisce a priori che la quantità di beni che possono essere prodotti da un sistema, corrisponda au-tomaticamente all’autosufficienza. In questo caso, al contrario del primo, è l’offerta a defi-nire il concetto di autosufficienza.

In definitiva, l’obiettivo dell’autosufficien-za dipende dalle scelte di tipo etico-politico di un certo sistema e dovrebbe basarsi su tre principi fondamentali: efficienza, efficacia ed equità; inoltre per quanto riguarda il sangue, è anche fondamentale conoscere la sua origi-ne: saremmo disposti a barattare il concetto di dono gratuito per perseguire l’autosufficienza a tutti i costi?

Queste considerazioni possono essere ap-plicate in numerosissimi campi, ma il sangue, come ha ricordato il professor Stefano Zama-gni, economista dell’Università di Bologna, ha uno status particolare, ovvero quello di essere un bene comune, né pubblico, né tanto meno privato. Della governance dei beni comuni si era occupato nel XVIII secolo, l’economi-sta Antonio Genovesi che, in contrasto con il

principio caro alla filosofia inglese dell’ “Homo homini lupus” (l’uomo è un lupo per gli altri uomini) aveva contrapposto l’ “Homo homini naturae amicus” (l’uomo è per natura amico de-gli altri uomini). Inoltre, il principio del dono è concepito come un atto di preferenza indivi-duale, quindi non è né un diritto, né un dovere e neppure un’obbligazione e verrà riconosciuto nella legislazione sulle associazioni di volonta-riato che è in preparazione.

10 NOIinFIDAS 4/2014evenTi

I confini dell’autosufficienza etica, economia, responsabilitàTerzo incontro nazionale del sistema sangue italiano – Bologna, 18 ottobre 2014

di Michele Di Foggia

l’obiettivo dell’autosuffi-Cienza dipende dalle sCelte di tipo etiCo-politiCo di un Certo sistema e dovrebbe basarsi su tre prinCipi fondamentali: effiCienza, effiCa-Cia ed equità

il prinCipio del dono è ConCepito Come un atto di preferenza individuale, quindi non è né un diritto, né un dovere

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Per raggiungere l’autosufficienza di emo-componenti è necessaria una corretta comu-nicazione: il prof. Olivier Garraud, del Centro Nazionale Sangue francese, ha proposto una visione antropologica del tema comunicativo analizzando gli aspetti sociali, culturali, reli-giosi ed etici legati alla donazione di sangue. La conoscenza di questi aspetti diventa fonda-mentale se si vuol correttamente veicolare il messaggio legato al dono del sangue.

Ritornando alla situazione italiana, tutti gli attori del sistema sangue riconoscono che la priorità sia di raggiungere l’autosufficienza an-che nei medicinali plasmaderivati. Il professor Albert Farrugia, membro della Commissione Australiana sui farmaci derivati dal plasma, pone un obiettivo ambizioso: raccogliere 30 litri di plasma per 1000 abitanti. Un obiettivo raggiunto finora solo in quei paesi, come USA, Austria e Germania in cui i donatori di plasma sono retri-buiti. L’Australia, che come l’Italia ha un sistema comple-tamente gratuito, raggiunge i 23 litri, mentre l’Italia arran-ca a circa 12.5 litri con 8 litri derivanti da plasmaferesi. Da alcuni anni, il mer-cato internazionale dei farmaci derivati dal plasma è basato sulle immunoglobu-line: soddisfare le richieste di questo prodotto potrebbe essere considerato il fine ultimo dei pro-grammi di autosuf-ficienza nazionale, poiché anche a livello internazionale il consu-mo globuli rossi è in costante diminuzione.

L’Italia riesce a soddisfare solo il 70% della richiesta di immunoglobuline dal frazionamen-to del plasma dei donatori non remunerati, mentre mostra importanti eccedenze riguardo ad un altro plasmaderivato: il fattore VIII. Con l’obiettivo di non sprecare il frutto del dono gratuito del plasma, l’Italia si è fatta capofila di un progetto internazionale che prevede la cessione di unità di fattore VIII verso i paesi meno sviluppati nei quali oltre il 75% dei pa-zienti emofilici non ha accesso alle cure basate

NOIinFIDAS 4/2014 11evenTi

appunto sul fattore VIII.Il progetto che coinvolge il CNS, la SIMTI,

alcune regioni e le associazioni di donatori e di pazienti emofilici prevede la promozione di progetti di cooperazione internazionale nei paesi extra europei. Finora sono stati attivati progetti in India, Egitto e Afghanistan che pre-vedono, oltre alla cessione del farmaco, anche interventi di supporto e consulenza medica ed organizzativa. Il programma prevede un progressivo recupero dei costi da parte delle regioni (che per legge sono proprietarie del plasma) che dovrebbe rendere sostenibile, an-che dal punto di vista economico, questo in-teressante progetto che ha già destato molto interesse in alcuni paesi dell’America Latina e dell’Est europeo.

Il convegno si è chiuso con la testimo-nianza del dott. Giuseppe Nubile, medico di Emergency che ha presentato la sua esperien-za come medico nei paesi più poveri (Sudan, Sierra Leone) o in guerra (Afghanistan) con la ONG di Gino Strada. In questi contesti, molto diversi da quelli del nostro Paese, sia il recluta-mento dei donatori, sia la formazione del per-sonale tecnico può essere un fattore critico per soddisfare i bisogni trasfusionali dei pazienti.

La giornata di studio si è conclusa con una massima di Epicuro che ben simboleggia tutti i significati nascosti sotto il concetto di autosuf-ficienza e che facciamo da augurio per il no-stro sistema sangue: “Il supremo frutto dell’au-tosufficienza è la libertà”. ●

giuliano grazzini, Direttore del Centro Nazionale Sangue, ha presentato lo stato dell’arte e gli obiettivi del Sistema sangue italiano

in italia tutti gli attori del sistema sangue riConosCono Come priorità poter raggiungere l’autosuffiCienza anChe nei mediCinali plasmaderivati

Locandina dell’evento

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CONOSCERE PER AGIREPARTE II

Corso di formazione per responsabili assoCiativi28-30 novembre

12 NOIinFIDAS 4/2014corso di Formazione

streaming

La I giornata / 28 novembre (link)

La II giornata / 29 novembre–Sessione mattutina (link)–Sessione pomeridiana (link)

La III giornata / 30 novembre (link)

conoscere per agire

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“Passione ed entusiasmo”. È con queste parole che Aldo Ozino Caligaris, presidente nazionale FIDAS, ha salutato i partecipanti al corso di formazione “Conoscere per agire - Parte II” lo scorso 28 novembre a Roma.

Tre giornate dense di contenuti, di riflessioni e di spunti nuovi, che hanno visto ottanta responsabili associativi provenienti dalle Federate FIDAS di tutta Italia convergere a Roma, a due passi dalla sede operativa di Piazza Margana. Dal pomeriggio di venerdì 28 novembre fino alla domenica successiva, si sono susseguiti otto relatori che hanno tocca-to diversi temi: dalla riforma del terzo settore alla comunicazione per il volontariato, dalla relazione sul panorama europeo della donazione, alla gestione del conflitto come risorsa. Inoltre tutti partecipanti, nella giornata di sabato, hanno avuto la possibilità di confrontarsi tra loro e raccontare le proprie storie sulla donazione.

L’entusiasmo di cui parlava il presidente Ozino Caligaris è lo stesso che brillava negli occhi di tutti coloro che non hanno avuto paura di emozio-narsi raccontando la propria esperienza legata al mondo del dono.

Le loro storie si sono intrecciate con gli sguardi, per crescere ed im-parare insieme. Da questi momenti i partecipanti hanno preziosamente attinto per poi tornare nelle proprie realtà con nuove motivazioni, nuove idee e voglia di costruire.

In questi tre giorni, attraverso la lente spessa dell’obiettivo della mac-china fotografica, tutto questo è esploso con forza: da una parte la deter-minazione e l’impegno di chi crede che sia la formazione l’ingrediente speciale per mettersi a servizio dell’altro al meglio. Dall’altra la passione di fare e di esserci, di tutti quei giovani e adulti che non sono stanchi di ascoltare e di imparare. A volte increduli, perplessi, spaesati; ma anche fiduciosi, attenti, con la voglia di conoscere ancora.

Perché dall’insegnare il dono, passa prima l’imparare a donarsi e il desiderio di mettersi in gioco. E in questa avventura la famiglia FIDAS ha ricordato, ancora una volta, che tutto questo può essere realizzabile. ●

“Passione ed entusiasmo”: gli ingredienti speciali della formazione

di Tatiana Paradiso

NOIinFIDAS 4/2014 corso di Formazione 13

video

VIDEO CORSO DI FORMAZIONE FINALE (link) Il corso di formazione FIDAS di Ines e Guglielmo (link)

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14 NOIinFIDAS 4/2014Formazione

La Riforma del Terzo settore: un tema di grande attualità e rilevanza che tocca da vicino anche la realtà FIDAS. Cronologi-

camente il dibattito sulla Riforma prende vita il 12 Aprile quando al Festival del Volontaria-to il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, su richiesta del presidente del Centro Nazionale per il Volontariato Edoardo Patriarca, promet-te una svolta per il Settore tramite la presenta-zione di una bozza di riforma da lì ad un mese.

Per comprendere l’intera questione è neces-sario però approfondire il tema: a far chiarezza in merito ci ha aiutato Massimo Novarino, Re-sponsabile Ufficio Studi del Forum Terzo Set-tore relatore alla prima sessione del Corso di Formazione “Conoscere per Agire - Parte II”. Di fatto – afferma Novarino – Renzi non ha poi presentato un disegno di legge, però si è messo in pista un percorso che ha visto l’elaborazio-ne di alcune linee guida pubblicate sul sito del

Governo a metà maggio, è stata da lì avviata una consultazione pubblica con richiesta di in-viare note e appunti entro la metà di Giugno. Sono arrivati 1.032 contributi, (ma non ancora tutti resi pubblici). Successivamente la stesura di un disegno di legge che attualmente deve ancora entrare in vigore.

Ma cos’è il Terzo Settore? Secondo Novari-no è necessario declinare questo termine sia in senso negativo che positivo. In senso negativo esso non è un’impresa, il cui obiettivo è fare

profitto. Cos’è dunque questo universo? Cosa lo distingue dal resto? Tentare di trovare una risposta a questi interrogativi è l’obiettivo che socialmente stiamo vivendo in questo periodo storico: è possibile rispondere allora, in senso positivo, che il Terzo Settore è il luogo della li-bera iniziativa dei cittadini associati, per perse-guire il bene comune. Dunque un Terzo Settore promozionale. Nel delineare questo perimetro è necessario tener conto che rientrare fra le re-altà no-profit non è uno strumento risolutore: esso rappresenta un indicatore necessario ma insufficiente, infatti il Terzo Settore necessita di altri criteri come l’interesse sociale, la par-tecipazione e la democrazia. Un esempio ri-portato dal relatore prende in considerazione la Caritas: essa opera nel no-profit, ma non si muove secondo democrazia, poiché i dirigenti non sono scelti dal basso ma dal Vescovo.

Passiamo dunque ai contenuti del disegno di legge, composto da sette articoli. Il primo articolo pone come scadenza 12 mesi dall’en-trata in vigore della legge, per la possibilità di emanazione di uno o più decreti legislativi; ed indica quale finalità generale “quella di soste-nere la libera iniziativa dei cittadini associati per perseguire il bene comune, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno svilup-po della persona e valorizzando al contempo il potenziale di crescita e occupazione del set-tore.”

Tra le principali aree toccate dai restanti 6 articoli dalla riforma (ne riportiamo solo alcu-ne):1. Il 5 per mille per il quale è prevista una ri-forma strutturale dell’istituto di destinazione ed una razionalizzazione dei soggetti benefi-ciari2. Rinnovamento della programmazione del Servizio Civile Universale3. Ristrutturazione dei confini tra attività com-merciali e utilità sociale4. Riorganizzazione e semplificazione dell’at-

riforma del Terzo settore: una realtà complessa che richiede chiarimenti

di Chiara Ferrarelli

nel disegno di legge di riforma del terzo settore si sottolinea la neCessità di sostenere la libera iniziativa dei Cittadini assoCiati per perseguire il bene Comune, favorendo la parteCipazione, l'inClusione e il pieno sviluppo della persona e valorizzando al Contempo il potenziale di CresCita e oCCupazione del settore

conoscere per agire

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NOIinFIDAS 4/2014 15Formazione

(+)aspeTTi posiTivi

Í Riconoscimento politico del tema: entra in agenda l’intero Terzo Settore (e non più i soli suoi singoli aspetti)

Í Opportunità di un riordino del Terzo Settore: l’attuale quadro normativo è confuso

Í Semplificazione e tutela dei terzi = personalità giuridica per le associazioni

Í Rilancio del Servizio Civile

Í Riordino degli strumenti di sostegno fiscale e stabilizzazione del 5x1000

(–)aspeTTi neGaTivi

Í Sbilanciato: è centrato sull’impresa sociale e sul suo potenziamento, mentre le associazioni sono residuali

Í Invece che liberare le energie dei cittadini organizzati, rischia di frenare la libertà associativa

Í Pone l’accento sulla necessità del controllo alle associazioni, piuttosto che della trasparenza

Í Si offre poca chiarezza sulla definizione del terzo settore: è intesa come attività nel sociale, quale unico criterio distintivo?

Í Ambiguo: l’impresa sociale pare diventi cosa altra dal terzo settore

Í Manca un ridisegno del rapporto con la Pubblica Amministrazione

Í Privo di risorse

Í Pensiero di fondo: il testo guarda agli effetti del terzo settore (i servizi) ma trascura le cause (l’agire pro sociale, la partecipazione)

poTenzialiTà e criTiciTà evidenziaTe da massimo novarino, del Forum Terzo seTTore, in meriTo alla riForma

tuale sistema di registrazione degli enti, attra-verso la costituzione di un Registro unico del Terzo Settore5. Razionalizzazione delle categorie di lavora-tori svantaggiati

Possiamo dunque dedurre l’importanza di una tale riforma già a partire da questi punti.

Un’importanza che sembra però esser sotto-valutata poiché per il suo finanziamento sono stati stanziati dal Governo appena 50 milioni. Per restare aggiornati sugli sviluppi e appro-fondire ulteriormente: Forum Terzo Settore. ●

link Forum terzo settore forumterzosettore.it

Massimo Novarino

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16 NOIinFIDAS 4/2014Formazione

A parlare del tema “Dal diritto alla so-lidarietà: la comunicazione sociale” è intervenuta Gaia Peruzzi. Docente di

Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Roma La Sapienza, la gio-vane professoressa lavora sola insieme a pochi altri studiosi in Italia nel campo della comuni-cazione sociale. Per la prima volta in FIDAS, ma in passato, per il mondo della donazione, ha collaborato con AVIS e ADMO, la Peruzzi si è trovata negli ultimi anni ad approfondire la comunicazione sociale nel Terzo settore, sia da un punto di vista teorico che pratico-tecnico. Si è interessata al mondo del no profit per la pecu-liare presenza in questo ramo della comunica-zione di valori diversi dagli altri campi. Prima però di addentrarsi nel suo campo di indagine e di ricerca, la Peruzzi scandaglia quelle che sono le difficoltà legate alla comunicazione. Come primo punto la comunicazione, afferma la stu-diosa, è un termine usato da tutti, inflazionato e del quale è difficile capire il senso. Poi sotto-linea come su questa materia manchi del tutto una tradizione di studi, una teoria e conseguen-temente pochissime occasioni di riflessioni.

Esistono troppi canali mediatici di comuni-cazione e il peggior errore che un comunicatore possa fare è pensare di potersi rivolgere nella stessa maniera a tutti i destinatari. I media sono uno strumento potente, una grandissima risor-sa e quello che accade ai giorni d’oggi è che spesso ne rimaniamo vittime. Altra anomalia in questo settore è che esistono tantissime specia-lizzazioni ma nessun manuale di comunicazio-ne. Ma qual è l’errore più frequente della gente comune? Sovrapporre il termine informazione con quello di comunicazione e proprio da qui parte il vero e proprio intervento della docente.

comunicazione e inFormazioneSe pensiamo a tempi relativamente recen-

ti, infatti, il termine comunicazione fino a vent’anni fa non esisteva. Se poi, dice la Pe-ruzzi citando Pearce, non considerassimo la radice della parola e se si dovesse compilare una breve lista delle parole chiave dell’ultimo quarto di secolo, la comunicazione vi trovereb-

be un posto preminente. Facendo attenzione all’etimologia della parola comunicazione essa ha due radici: la prima, quella latina, indica “svolgere un compito per qualcuno” mentre la greca koinè indica “condividere la stessa lin-gua e cultura, creare una comunità ovvero un insieme di persone che la pensano allo stesso modo”. Continuando questo excursus, nell’Ot-tocento poi comunicare significava “entrare in comunione/contatto con la divinità”. Dunque già nell’etimologia della parola troviamo rac-chiusa l’idea che comunicare significa “portare qualcuno a pensarla come me, con l’obiettivo di creare un clima di condivisione”. Con la se-conda accezione invece si intende una condivi-sione, quella “questione identitaria”, continua la ricercatrice, “che parte dal creare significati condivisi per dare senso alla realtà”.

Perciò la comunicazione è ciò per cui stia-mo e viviamo insieme ed è quello strumento, quel processo attraverso cui possiamo convive-re; è un collante fra soggetti che interagisco-no, una creazione di condivisione. In sintesi conviviamo perché comunichiamo e secondo la definizione di Barnett Pearce, direttore del Dipartimento di Comunicazione della Loyola University di Chicago “Noi siamo immersi nella comunicazione”. “Tutti possono fare comunica-zione”, sostiene la Peruzzi, “ma per fare della buona comunicazione bisogna apprendere del-le tecniche e riconoscere il valore dei professio-nisti della comunicazione”.

Per capire appieno il significato di un termi-ne, oltre all’importante ricerca sull’etimologia, è utile conoscere ed analizzare il contrario. Per quel che riguarda la comunicazione il termine contrario è “scomunicare, cioè buttare fuori”. Ai giorni d’oggi, sottolinea la ricercatrice de La Sapienza, il contrario del termine è “entrare in conflitto, escludere” venendo quindi meno all’essenza comunicativa, a quello scambio di significati, quel processo e quel progetto che allarga la condivisione dei significati. In questo senso la comunicazione è “costruttrice di una società”: attraverso di essa si uniscono i tanti elementi che permettono una più approfondi-ta conoscenza tra individui, processo che è ga-

“la comunicazione cerca la condivisione ma non è detto che crei armonia”

di Giulia Angelucci

nell’etimologia della parola ‹ComuniCazione› troviamo raCChiusa l’idea Che ComuniCare signifiCa “portare qualCuno a pensarla Come me, Con l’obiettivo di Creare un Clima di Condivisione”

video

Intervista a Gaia Peruzzi (link)

conoscere per agire

Page 17: Noi in Fidas 4-2014

è rimasto fermo e ai problemi comunicativi i maggiori difetti del no profit sono quelli sul web. La situazione italiana mostra poi come spesso sia più semplice la comunicazione socia-le al sud, per una conformazione meno struttu-rata della maggior parte delle organizzazioni in queste zone d’Italia.

Molti nel mondo del no profit sono dispo-nibili e si reputano sufficientemente bravi nel campo della comunicazione; da questo scaturi-sce che nel Terzo settore un problema ricorren-te è l’autoreferenzialità e il non investire in una formazione di alto livello; una formazione che attraverso la rete faciliterebbe l’interazione tra le varie realtà locali. La ricercatrice definisce la comunicazione sociale come rivoluzionaria e destabilizzante, che mira a cambiare uno sta-tus quo. Essa quindi presenta una particolare valenza sociale ed educativa che consente di allargare la condivisione sotto questo specifico aspetto.

la comunicazione sociale dal Xviii secolo ad oGGi

La comunicazione sociale non nasce con il no profit. Tre le date fondamentali: 1776 Dichia-razione di indipendenza degli Stati Uniti, 1789 Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino e 1786, la Toscana è il primo Sta-to al mondo ad abolire la pena di morte. Quel movimento di condivisione, una prima forma di comunicazione sociale, riesce a far sì che le idee da pochi individui diventino patrimonio condiviso dalla società. Così è successo in que-ste date storiche e così anche in futuro questa disciplina farà sì che i diritti vengano salva-guardati e che si propongano idee per una società ristrutturata e più solidale di quella che esiste; una società in cui circolino diverse idee con annessi nuovi stili di vita, comportamenti, abitudini e che abbia dati per acquisiti valori come la solidarietà, la giustizia, il rispetto delle categorie sociali e il rispetto per l’ambiente.

La comunicazione sociale prima di tutto è una rivoluzione culturale che spesso implica dei processi di conflittualità. Si richiede in que-sto senso anche un cambiamento di compor-tamenti e un investimento necessario dove le risorse sono scarse. Le associazioni meglio di tutti conoscono la loro realtà; così attraverso le agenzie di comunicazione, lo studio e il buon uso delle tecniche per una buona comunicazio-ne sociale, è possibile rimettere in discussione lo status quo, quello del buon comunicatore ma prima di tutto di ogni essere umano. ●

NOIinFIDAS 4/2014 17Formazione

rantito dall’informazione e che risulta a livello teorico essere più neutrale; essa amplia solo la conoscenza ma il valore aggiunto della comu-nicazione è la condivisione di un progetto, quel progetto che arricchisce ogni persona. Parlan-do ancora delle varie definizioni che la Peruzzi dà sul termine, la comunicazione è “un’attività complessa, coerente ed orientata che non ha come destinatari chi la pensa come me, ma chi non la pensa come me, altrimenti non è comu-nicazione” . può esistere solo nei paesi demo-cratici dove la gente ha libertà di pensiero e di scelta e può credere nel proprio progetto in un contesto plurale; altra cosa invece è la propa-ganda. In un contesto comunicativo quindi ci può essere competizione, si cerca la condivisio-ne ma non è detto che si crei armonia. Un con-testo chiamato scientificamente sfera pubblica in cui individui diversi competono ciascuno con le proprie risorse.

il riTraTTo del buon comunicaTorePer essere un buon comunicatore è necessa-

rio un esercizio di umiltà, di consapevolezza e di cautela, egli non può e non deve essere perfettamente allineato con il pubblico e deve rinunciare al raccontarsi in un determinato modo, implicando quindi un processo di nego-ziazione. Una comunicazione efficace è quella che ti rende riconoscibile ma al contempo è nuova: questo può verificarsi se c’è dialogo. Inoltre bisogna ricordare che “ldelle idee. (...) La comunicazione non ha come destinatari chi la pensa come me, ma chi non la pensa come me, altrimenti non è comunicazione” a comu-nicazione non mira solo alla testa , non è solo razionale” e che l’a-scolto, alla base di ogni buona comuni-cazione, vuol dire avere il punto di vi-sta dell’altro. Inoltre, e non ultimo, biso-gna mettere in conto che una buona co-municazione è frutto di un gioco di rela-zioni, quindi si possono creare identità diverse e anche fratture. Ed alcuni temi, immigrazione, genere, bambini, religioni, creano più fratture rispetto ad altri .

la comunicazione socialeLa comunicazione sociale è qualcosa in fie-

ri all’interno del mondo del no profit. Oltre all’immaginario comune sulla donazione che

Gaia Peruzzi

per essere un buon ComuniCatore è neCessario un eserCizio di umiltà, di Consapevolezza e di Cautela; il buon ComuniCatore non può e non deve essere perfettamente allineato Con il pubbliCo e deve rinunCiare a raCContarsi in un determinato modo, impliCando quindi un proCesso di negoziazione.

Page 18: Noi in Fidas 4-2014

Il dono mi ha insegnato

Che è più bello farlo che riceverlo – Dare costa meno che ricevere

– A fare del bene e a ricevere – A essere umile anche di fronte

alla prepotenza – Che è bello mettersi a disposizione degli altri

e a regalare un po’ di se stessi – È meglio dare che ricevere – A

condividere le mie esperienze con gli altri – Che donare qualcosa

o anche un po’ del proprio tempo ci arricchisce – Donare, non

solo il sangue, è possibile a tutti – Che si dovrebbe pensare di

più a fare del bene che a stare bene e così si finirebbe anche per

stare meglio – Che donare significa ricevere – Che si può aiutare

la gente, ricevendo in cambio un semplice sorriso – L’importanza

di chi lo riceve, ma più che altro la grande gioia di chi lo dona

– Che nessuno è mai davvero solo – Che tutto è possibile e non

bisogna mai perdere le speranze – Che si trova sempre una mano

tesa per sé e per gli altri – Che è molto più appagante e piacevole

donare che ricevere – Che si tratta di un vero e proprio miracolo

che ognuno di noi ha a portata di mano – L’ospitalità – Che è un

fondamentale atto di libertà – Che non esistono regole – Che non

potrei più farne a meno, è un’esperienza stupenda – Che l’amore

non conosce ostacoli – Che ci sono infinite possibilità di donare,

basta sceglierne una e allungare la mano – Che con poco si può

ricevere tanto – Che arricchisce più chi lo fa di chi lo riceve – Che

se non vai contro corrente e non prendi iniziativa, non si arriva a

risultati che ti fanno rendere orgogliosa di te stessa – Che bisogna

saper ascoltare per recepire i veri bisogni delle persone alle quali

ci rivolgiamo – Che pur essendo grandi professionisti del settore

si può rimanere umili e arricchire gli altri – Che aiuto me stesso

– Che aiutare gli altri rende felici anche noi stessi – Che si può

salvare una vita con un piccolo gesto – Che il volontariato è

energia – Il valore della vita – A coinvolgere altre persone – Che

fa star bene chi lo fa più di chi lo riceve – Che il dono è un nodo,

senza preoccuparsi di avere – Che il regalo è una regola – Che ti

rende libero aiutando gli altri – Che ognuno può dare qualcosa

– Che l’esempio stimola comportamenti positivi – La solidarietà

– Che donare mi dà qualcosa – Che il dono è contagioso – Che

donare sangue, donare vira non fa male, anzi…fallo anche tu –

Che un piccolo gesto di gentilezza può cambiare una vita – Che la

più grande ricompensa è la felicità tua e degli altri – Che tutto

quello che si dona non è perso – Che donare un po’ di tempo

arricchisce – La condivisione – L’attenzione all’altro – La pazienza

con il prossimo – Le tante e diverse realtà che compongono

l’Italia – L’importanza del know-how nel mondo moderno – A

condividere – Ad ascoltare di più – Le tante testimonianze diverse

nel territorio italiano – A cooperare co i miei compagni per creare

qualcosa di buono – A fare gruppo – A relazionarmi con le persone

di tutte le età – A prendermi le dovute responsabilità di tale

gesto – A rendermi utile e a valorizzare il tempo – L’utilità della

condivisione – A lavorare in un gruppo ascoltando gli altri – A

razionalizzare il mio tempo – La predisposizione alla cultura del

dono – Ascoltare le persone

18 NOIinFIDAS 4/2014Formazione

Ogni storia è un dono a #ConoscereXAgire

di Iolanda Marta Squillace

Foto, agende, orologi, maglie associati-ve e scarpe rosse. Sono questi alcuni degli oggetti che hanno dato vita al workshop “Raccontare il dono. Le sto-

rie di donazione come partecipazione”, tenu-tosi durante la sessione pomeridiana della se-conda giornata del corso di formazione FIDAS: Conoscere per Agire – II Parte.

I partecipanti divisi in quattro gruppi sono stati guidati dalla pedagogista Flavia Adami, dal sociologo Andrea Ciantar, dalla pedagogi-sta e logopedista Silvia Costa, e dall’educatrice professionale Claudia Liberato, nel processo di narrazione di sé attraverso le storie.

Un’attività promossa dai quattro membri dell’associazione di biografi Storie di Mondi Possibili, in quanto credono fortemente nell’e-norme potenziale delle storie, in grado di coin-volgere, sensibilizzare, informare e indicare la via di possibili cambiamenti.

Questo perché, come sostiene lo psicologo statunitense Jerome Seymour, la nostra mente è predisposta per istinto a tradurre l’esperien-za in termini narrativi, che – continua Flavia

La nostra mente è predisposta per istinto a tradurre L’esperienza in termini narrativi, che ci permettono di comprendere La reaLtà e dar forma aLLa nostra identità attraverso La creazione di storie

conoscere per agire

Page 19: Noi in Fidas 4-2014

Donare è importante… – Perché mi fa stare meglio con me stessa – Perché non aiuti solo il tuo prossimo, ma anche te stesso, migliorandoti– Perché donando sangue aiutiamo persone che non conosciamo– Per salvaguardare il benessere proprio e della collettività – Perché posso salvare una vita – Non bisogna pensare “se non lo faccio io lo fa qualcun altro” ma “perché non io?”. Non è cosa da tutti i giorni avere la possibilità di salvare una vita – Perché hai la possibilità di migliorare la vita degli altri – Per se stessi e per il prossimo – Per far crescere l’umiltà e l’ascolto – Per se stessi e per la comunità – Perché ti rende importante – Perché ti rende cittadino parte della società – Perché solidarietà e partecipazione sono i valori che mi hanno trasmesso – Perché non ti fa sentire solo ma parte importante della società – Per la vita sociale di tutte le persone che hanno bisogno – Perché è cittadinanza attiva, partecipazione e solidarietà – Il dono è importante perché è gratis, gratifica chi dona e chi riceve– Arricchisce le esperienze di vita di chi ti sta intorno, ma anche le tue – Rappresenta un modo, o il modo, per darsi agli altri – Perché fa percepire la propria umanità – Perché dà un valore in più alla nostra esistenza – Perché è gioia pura – Perché siamo, in quanto in relazione con gli altri e non c’è modo migliore di relazionarsi con il prossimo se non donando – Perché non sono le cose materiali che arricchiscono – Perché rende felici– Perché nulla è per caso, nulla è dovuto, nulla è scontato – Perché ti cambia il modo di vivere e di pensare – Perché nulla può sostituirlo – Perché è condivisione – Perché aiuta a crescere – Perché è altruismo – Perché ti avvicina agli altri – Perché aiuta sotto tanti aspetti – Perché se la regola è tenere le cose per sé, il dono è l’eccezione alla regola – Per aiutare gli altri – Perché consente ad ognuno di sognare – Per creare felicità – Perché ti fa innamorare della vita – Perché si riceve qualcosa di grande in cambio ed in più si fa qualcosa di utile – Perché oltre al bisogno, mi rende utile e felice – Perché donare rende liberi – Perché mi mette in comunione con chi ho di fronte – Perché siamo tutti legati – Perché mi fa stare bene, mi rende più umile e mi avvicina a Dio – Perché si possono aiutare persone che ne hanno bisogno – Perché c’è sempre qualcuno che ha bisogno di me – Perché unisce sempre sotto qualsiasi aspetto – Perché attraverso il dono ho imparato a conoscere me stesso attraverso gli altri – Perché ricevo dagli altri più di quanto doni io – Perché mi fa diventare migliore – Perché è come gettare una pietra in uno stagno, non sai mai quanta acqua sposterà – Perché dono a chi ho bisogno e ci sarà qualcuno che mi aiuterà quando avrò bisogno io – Perché mi fa sentire partecipe al bene comune – Perché allevia la sofferenza – Perché è vita – Perché aiuta a guarire – Perché in una società è fondamentale aiutare chi ha bisogno – Perché donare è meglio che ricevere– Perché viene dal cuore

NOIinFIDAS 4/2014 19

Adami- ci permettono di comprendere la realtà e dar forma alla nostra identità attraverso la creazione di storie, che vanno a costruire, ri-costituire e ristrutturare il nostro sé narrativo alimentato dai nostri vissuti.

La narrazione di sé inoltre, prosegue Andrea Ciantar, ci permette di far emergere le nostre credenze e prospettive implicite, su noi stessi e sul mondo, che si vanno ad ampliare median-te l’interscambio con i vissuti altrui. Tutto ciò assume una particolare importanza nel nostro tempo, in cui i rapidissimi mutamenti culturali e sociali fanno sì che le premesse e i fondamen-ti delle strutture sociali a tutti i livelli, siano in continuo mutamento. Ciò vale per l’individuo, per la famiglia, per le organizzazioni produtti-ve e sociali, e per le società intere1.

Lo strumento d’espressione privilegiato nel-la narrazione di sé, è la scrittura: consente il rallentamento del pensiero permettendo la ri-flessione oggettiva dell’esperienza, facilitando-ne così la comprensione.

Proprio per questo ai partecipanti del corso di formazione, è stato chiesto di scrivere su un

1 - Cfr. Andrea CIANTAR - Dora Lisa MERCURIO, Storie in circolo, in Daniele Anzalone (Eds) et.al., Storie di mondi possibili. Narrazione di sé come forma di cittadinanza attiva, Roma, Università Popolare Editrice, 102.

Lo strumento d'espressione priviLegiato neLLa narrazione di sé, è La scrittura: consente iL raLLentamento deL pensiero permettendo La rifLessione oggettiva deLL'esperienza, faciLitandone così La comprensione

Intervista a Andrea Ciantar, Flavia Adami, Claudia Liberato, Silvia Costa (link)

Andrea Ciantar

Page 20: Noi in Fidas 4-2014

Idee e progettiComunicare la gioia di essere liberi

– Proporre la narrazione ai donatori della propria sede –

Condividere le esperienze per coinvolgere con l’esempio i

giovani in associazione – Condividere le storie in circolo

su web e facebook tramite condivisione di foto e commenti

così da coinvolgere anche i donatori – Chiedere ai volontari

di riflettere sul dono per ricordare quale sia lo scopo di

FIDAS – Creare più occasioni dove raccontare esperienze

di dono emozionanti – Riproporre questa esperienza tra i

dirigenti di sezione come stimolo per il lavoro che facciamo

– Allargare gli orizzonti sul donare – Condividere in maniera

sintetica e analitica le iniziative delle Associazioni federate

in modo che ci sia una sinergia di azione – Creare degli

slogan con testimonianze dirette dei donatori attivi e non

– Condividere un progetto comune tra FIDAS, AIDO e ADMO

avvicinando ed educando i giovani alla cultura del dono –

Instaurare rapporti con altre associazioni di volontariato per

organizzare eventi con un più ampio spettro di interesse –

Condividere con gli altri questa esperienza – Allargare l

’idea

del dono con AIDO e ADMO – Trasmettere le emozioni che ho

ricevuto ascoltando le varie esperienze – Far passare l’idea

che FIDAS è famiglia e quindi cooperazione e gioia di stare

assieme e condividere – Puntare sempre di più sui giovani –

Creare gruppi di condivisione attraverso le proprie passioni

così da coinvolgere nuove persone al dono – Diffondere il

messaggio nelle scuole – Incrementare i gruppi giovani –

Essere un faro nella società civile – Sensibilizzare di più i

vip nello sport – Lavorare ed investire sui giovani – Centri di

ascolto nelle scuole superiori – Confrontarsi con gli altri –

Incontri per migliorare la nostra predisposizione all’ascolto

– Informazione e partecipazione tra i giovani – Attirare più

giovani – Incrementare gli incontri nelle scuole – Trasmettere

il pensiero del dono nelle scuole, anche nelle materie di

studio come educazione civica – Creare circoli in cui aprire

delle discussioni – Coinvolgere di più i giovani – Essere

presente nei luoghi dell’esclusione sociale, dell’esclusione,

della povertà e della sofferenza – Campagne per i giovani,

per far capire che loro hanno in mano il futuro di tutti –

Coinvolgere maggiormente i giovani universitari – Portare

testimonianze nelle scuole – Raccogliere in un libro le

esperienze legate al dono da tradurre poi in un film – Uno

spazio dove lasciare le firme di chi dona – Sensibilizzare di

più i medici delle associazioni e coinvolgere i dirigenti nei

progetti FIDAS – Progetti educativi e formativi per la cultura

del dono – Dai desideri degli altri, la soluzione per esaudirli

– Coinvolgere coloro che non possono donare – Ripetere

workshop con i donatori delle diverse sezioni

20 NOIinFIDAS 4/2014Formazione

foglio bianco il ricordo legato a quell’ ogget-to portato appositamente per l’occasione.

La condivisione degli scritti ha permesso ad ognuno di svelare il ricordo celato dietro a quell’oggetto. La foto è divenuta così la te-stimonianza dell’inaspettata solidarietà, l’oro-logio il simbolo del tempo donato agli altri, l’agenda lo scandire della vita e dell’impegno nel volontariato, la maglia associativa il ricor-do della prima esperienza FIDAS, e le scarpe rosse il mantenimento della parola data.

Successivamente alle condivisioni, tre post-it di colori differenti sono stati utilizzati per andare ad individuare ciò che si è imparato dall’esperienza raccontata, completando que-ste tre frasi: il dono mi ha insegnato; il dono è importante perché; idee e progetti per la FI-DAS.

Tante le parole utilizzate per sottolineare l’importanza oggi del volontariato, che attra-verso la narrazione può trovare una nuova via di sensibilizzazione, perché, come sostiene la pedagogista Flavia Adami, la narrazione oltre ad essere stimolo alla crescita personale ed alla

conoscere per agire

Page 21: Noi in Fidas 4-2014

Ho scelto una medaglia d’oro che Lino, lo zio di mia

moglie Renata, aveva vinto in uno dei tanti tornei di

bocce nella quale era un campioncino.

Lino aveva accompagnato dieci anni fa, la mia attuale

moglie, nel giorno del nostro matrimonio.

Tre anni fa, a ottantasei anni, Lino è morto per un

cancro.Sua moglie Rosina, qualche settimana dopo, ha regalato

una medaglia d’oro a me e una a Renata.

La cosa mi ha sorpreso e stupito molto del perché Rosina,

che ha un figlio Daniele e due nipoti Sara e Luca, abbia

voluto “beneficiare” me che sono l’ultimo arrivato in

famiglia.Prima leggendo la poesia di Gilbran e collegandolo al

donare “prima che lo facciano gli eredi” sono rimasto

ulteriormente stupito dalla lucidità mostrata dalla

Rosina nel vivere il presente senza ancorarsi al passato,

pur avendo voluto molto bene a suo marito.

Ho ulteriormente appreso da questo gesto, anche se la

mia indole è di tipo benefattore, che donare è un gesto

primario.Si può donare soldi, oggetti o tempo; personalmente

continuo a occuparmi dei più bisognosi e credo che

morirò sperando che questa mia indole contagi il

maggior numero di persone indipendentemente dalla

religione professata e dal colore della pelle.

Faccio fatica a comprendere, anche se questi sono tempi

grami per molti, come faccia certa gente a rimanere

insensibile ai bisogni espliciti o impliciti che spesso ci

vengono sottoposti da chi è bisognoso di aiuto.

NOIinFIDAS 4/2014 21

Avevo già dentro me, latente, il bisogno di donarmi agli altri, ma mai prima, del tragico evento che ha segnato la mia vita, avevo assecondato questo bisogno.Ho cominciato donando la mia vita alla cura della mia famiglia e per questo lo rappresento con un foulard che loro hanno donato a me Ma questo non mi appagava del tutto, allora ho deciso di arruolarmi in Croce Rossa, ma dal quale mondo sono stata delusa, e quasi contemporaneamente ho iniziato a donare sangue, perché mi dava l'idea di fare praticamente qualcosa di utile.Ho donato per Fidas perché è l'associazione del gruppo aziendale dove lavora mio padre e mi trovo nel consiglio direttivo da un anno, per caso, perché notavo che qualcosa non andava nel verso giusto; l'associazione riservava poco interesse per i suoi donatori, o meglio, non riusciva nonostante gli sforzi a soddisfare la voglia di coinvolgimento che ha, chi fa parte di una realtà simile. Così dopo una mia lamentela, il Presidente mi ha invitata a portare qualcosa di nuovo, ad aiutarlo a colmare quelle lacune che avevo notato. Pensai di entrare in un mondo simile a quello della Croce Rossa, avevo paura di essere ancora una volta delusa, ma con mio grande stupore mi sono resa conto di trovarmi in una realtà molto diversa, una realtà che aveva tanta voglia di fare, ma che non riusciva bene.Allora ho deciso di donare il mio tempo oltre che il mio sangue!Nel frattempo ho perso il lavoro, ma sono riuscita a trovare un piccolo spazio in un’associazione di anziani, ai quali insegno come usare i computer; lavorando con loro mi sono resa conto di quanti soffrano la solitudine e di quanti sentano il bisogno di essere ascoltati. E ancora una volta ho deciso di donare l’unica cosa che ho, il mio tempo. Li ascolto!Finora ho parlato solo di quello che dono io, ma voglio precisare che da questi doni io ricevo il DONO più grande di tutti. Mi sento utile e provo gioia nel vedere un emozione sul volto delle persone che ascolto e ancora gioia sapendo che col mio sangue do la vita.Il cappellino con le spille rappresenta la mia prima esperienza in un raduno nazionale FIDAS. Mi ha emozionato tantissimo vedere tutte le regioni unite in uno scambio-dono di spillette e di gadget, e ancora una volta ho ricevuto in dono gioia.

consapevolezza di sé e delle proprie azioni, può divenire anche una modalità per lasciare traccia della propria esperienza, sensibilizzan-do al valore della donazione e alla cultura del-la solidarietà.

Il Centro Nazionale per il Volontariato (Cnv), infatti, in occasione della Giornata Internazio-nale del Volontariato, ha lanciato lo scorso 5 dicembre l’hashtag #storieX365 per condi-videre tramite i social la realtà di quest’ulti-mo, che come afferma il Cnv “si racconta ogni giorno, e lo fa in modo silenzioso, con azioni concrete e lontane dai riflettori. Una narrazio-ne spesso sottotraccia, coperta dal rumore di fondo generato dalle notizie di cronaca e dalla politica.”

Individuate la corretta modalità di narrazio-ne del vostro sé, perché come ben sappiamo data l’ultima campagna FIDAS, “Ogni storia è un dono”, che può far risuonare il vostro mes-saggio anche ai più duri d’orecchie. ●

Page 22: Noi in Fidas 4-2014

22 NOIinFIDAS 4/2014Formazione

Come gestire il conflitto all’interno di un’associazione? Quali strumenti co-municativi adottare per risolvere (o

quantomeno alleviare) problematiche ostiche? Cos’è la facilitazione e perché in certi casi ci può essere utile? Sono alcuni dei quesiti af-frontati durante l’ultima sessione del corso di formazione FIDAS 2014, sessione che ha parti-colarmente coinvolto i partecipanti associativi grazie alla lezione interattiva del dott. Pino De Sario, docente di facilitazione e coaching di gruppo presso l’Università di Pisa.

De Sario ha offerto ai presenti strumenti pra-tici per risolvere le annose questioni che ogni singola associazione si trova ad affrontare quo-tidianamente, generate soprattutto da scontri personali. Di seguito riassumiamo alcuni punti chiave della sua lezione.

Il conflitto. Cos’è il conflitto e da cosa viene generato? Un conflitto in atto - spiega De Sario - è il frutto delle relazioni tra attori (sia indivi-dui che gruppi) che contrastano sulle loro azio-ni intenzionali, in vista di obiettivi e scopi. Il sistema agente di un conflitto è così composto da: attori, azioni e scopi. Si presentano quindi quattro tipi di azione conflittuale:

TIPO I – DIVERGENZA (scopo contro scopo)- Due attori tendono con azioni differenti a obiettivi differenti;- Due attori tendono con azioni similari a obiettivi differenti;- (Dilemma) Quando l’attore con se stesso è preso da due impulsi divergenti.TIPO II – CONCORRENZA (scopo sopra sco-po)- Due attori troppo simili con desideri che si assomigliano;- Conflitto per coincidenza e simmetria;- Più attori concorrono per lo sfruttamento di una risorsa limitata. TIPO III – OSTACOLAMENTO (azione con-tro azione)- Modificazione dell’azione di un altro attore;- Impedire all’altro il raggiungimento del suo obiettivo;

- (Strategico) Quando l’ostacolamento è reci-proco, ci si ostacola a vicenda.TIPO IV – AGGRESSIONE (azione contro at-tore)- Modificazione diretta dello stato o delle ca-ratteristiche dell’attore colpito;- Può mirare alla restrizione delle sue libertà d’azione, a ferirne l’integrità, minacciarne l’e-sistenza (cattura, fagocitazione, annientamen-to).

Entrati all’interno della situazione di conflit-to il soggetto solitamente reagisce in tre modi diversi:

1. STILE PASSIVO (dimissivo)- Si presenta come un movimento di fuga e di rinuncia;- Spesso sfocia nell’arrendevolezza, nella debo-lezza e nella sconfitta;- Tendenza a rinunciare alla relazione e alle sue fatiche.2. STILE AGGRESSIVO (autoritario)- Sotto il segno della vittoria ad ogni costo (o con le buone o con le cattive);- Si tratta di un modello antico fondato sulla violenza, i ricatti e le minacce di abbandono affettivo;- Anche qui si può scorgere una rinuncia al rapporto e al confronto vero e proprio.3. STILE ASSERTIVO (negoziale)- E’ uno stile che si manifesta in tanti modi diversi, tutti accomunati dalla opzione relazio-nale;- Flessibilità e capacità di adeguamento pur mantenendo la fermezza necessaria per curare la propria dignità e i propri bisogni (senza le-dere quelli dell’altro);- Stile centrato sul benessere reciproco, sulla comunicazione e sulla soddisfazione dei biso-gni di entrambi.

Alla luce di questi comportamenti e reazio-ni, come ne usciamo? Il conflitto è una risorsa ma fa sempre male, ci scuote, ci provoca scos-se e fremiti mentali e fisici, che deformano la realtà, la ingigantiscono. Il conflitto con l’altro

Dal conflitto alla facilitazione.strumenti per superare le criticità quotidiane

di Ermanno Giuca

“il Conflitto è una risorsa ma fa sempre male, Ci sCuote, Ci provoCa sCosse e fremiti mentali e fisiCi, Che deformano la realtà, la ingigantisCono”

conoscere per agire

Page 23: Noi in Fidas 4-2014

NOIinFIDAS 4/2014 23

è un tremore, una fissità, una nebbia su tut-to il resto, un sentimento di rivalsa orgoglio-sa e tanto altro ancora. Nel conflitto di solito si nega tutto di sé e si cerca di colpire l’altro aumentandone le attribuzioni, secondo uno schema polarizzato di ragione-torto, chiamato “attacco-fuga”. Il pensiero cosciente e ragione-vole prodotto dal cervello corticale è inonda-to dagli impulsi automatici limbici, per cui il pensiero riflessivo è annegato, disattivato. La scommessa è, come salvare il pensiero, come farlo riemergere dalle acque?

la facilitazione. La cosa più importante è provare a ridurre le risposte automatiche che ci portano solitamente al peggioramento del con-flitto, primo, evitando di rispondere in modo simmetrico, (l’altro è distruttivo e anch’io di-vento distruttivo) e secondo, rinunciando a dare ricette facili e soluzioni immediate, so-stituendole con do-mande e impegno a capire. Proviamo a non scattare per la tangente aggressiva e proviamo a non slittare verso ricette passive, bensì svilup-piamo la capacità di esplorare e sostare, quella che chiamia-mo capacità negati-va, una nuova competenza sociale distintiva di questa nostra epoca, indispensabile.

I passi del facilitatore sono:1. Creare un’atmosfera fruttuosa occuparsi dei bisogni e degli scopi concreti delle parti; accordarsi su metodi quali ascolto, concretez-za, turni, focalizzazione.2. Evidenziare i motivi del conflitto bisogni, interessi, emozioni, localizzando e mirando il problema nella distinzione delle parti; solleci-tare bisogni e necessità; raccogliere lerispetti-ve richieste e attese.3. Scorgere i punti di contatto valutare le opzioni, mettere precedenze, procedere con cautela.4. Costruire l’accordo precisando i punti con-creti, con il consenso delle parti.

Il punto cruciale è aiutare i soggetti ad espri-mere, tenendo aperto lo scambio, evitando che la ricerca di accordo diventi un assillo ecces-sivo. Lo sappiamo, può creare smarrimento tenere aperto e non ancorarsi all’accordo, ma

video

Intervista a Pino De Sario (link)

le parti implicitamente chiedono anche di libe-rarsi e confidarsi, non solo di negoziare. Dopo un congruo tempo di indagine aperta si cerca di convogliare la mediazione verso passi con-creti e possibili. Punto cruciale per il mediato-re è di provare a stare nella divisione, non sur-rogandola prematuramente, sapendone invece indagare gli effetti; così facendo si creano passi di sostanza verso una riconciliazione.

cassetta degli attrezzi Fidas. Infine il dott. De Sario ha voluto regalare a tutti i responsabi-li associativi FIDAS presenti al corso, una “cas-setta degli attrezzi” da utilizzare ogni qualvol-ta chiunque di loro si trovi in una situazione di conflitto. Sette punti per una “nuova cultura del gruppo di lavoro”.

1. La razionalità dei comportamenti è un’il-lusione. Il comportamento irrazionale è più frequente di quanto pensiamo, anche se ha esso stesso una sua logica e un suo significato.2. Dietro ad ogni evento lavorativo c’è una lente distorsiva personale. Siamo natural-mente inclini a vedere ogni mansione o azione lavorativa attraverso la lente delle esperienze passate, che si manifestano più assiduamente (ahimè) in forma di influenza, proiezione, re-sistenza.3. Per lavorare in gruppo niente è più im-portante del nostro modo di esprimere e re-golare le emozioni. L’intuizione intellettuale non è la stessa cosa dell’intuizione emotiva, quest’ultima ci tocca a un livello molto più profondo, giocando un ruolo fondamentale nel plasmare compiti e relazioni.4. Tutti abbiamo zone cieche. Tutti abbiamo il nostro lato oscuro, vulnerabile, incompeten-te. Spesso usiamo processi difensivi e resisten-ze per evitare i nostri aspetti problematici.5. I gruppi hanno una vita nascosta (detto campo di forze). La vita nascosta è il cosid-detto piano secondario, in qualche modo in-dipendente dalle volontà e dalle dichiarazioni dei loro membri.6. I sistemi motivazionali non possono che essere multicomposti. I sistemi motivazionali che rappresentano la via di sintesi delle forze innatenaturali e di quelle apprese-culturali si possono declinare secondo i tre vertici: relazio-ni, emozione, azione.7. L’azione modera l’emozione e l’emozione dona smalto all’azione. Sopravvivenza e con-vivenza sono i due bisogni chiave dell’uomo, così produzione e partecipazione sono due fon-ti tanto indivisibili e quanto irrinunciabili. ●

Pino de sarioDocente e formatore di facilitazione e coaching di gruppo presso l’Università di [email protected] tra le ultime pubblicazione di Pino De Sario:De Sario Pino, 2005, Professione facilitatore, Angeli, MilanoDe Sario Pino, 2006, Il facilitatore dei gruppi, Angeli, MilanoDe Sario Pino, 2013, Metodi e tecniche della Facilitazione esperta, Pisa University Press, Pisa

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24 NOIinFIDAS 4/2014Giornalismo sociale

premio GiornalisTico nazionale “Fidas-isabella sturvi”V EDIZIONE 2015

La FIDAS (Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue) indice la quinta edizione del Pre-mio Giornalistico nazionale “FIDAS-Isabella Sturvi” riservato ai giornalisti professionisti, pratican-ti e pubblicisti.

Il Premio è finalizzato alla promozione dell’impegno del giornalismo sociale, alla valorizzazione del grande patrimonio costituito dalle numerose associazioni del territorio impegnate nel volon-tariato, all’educazione e sensibilizzazione dei giovani verso l’impegno sociale e civile, nonché al ricordo della dottoressa Isabella Sturvi, già responsabile dell’ufficio VIII, “Sangue e trapianti”, presso la Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute.

Il Premio si pregia del patrocinio dell’Ordine dei Giornalisti, della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, del Centro Nazionale Sangue e della Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia.

Il Premio “FIDAS-Isabella Sturvi” si propone di: divulgare, sensibilizzare e promuovere la cultura della donazione del sangue; di segnalare all’attenzione della pubblica opinione quei giornalisti e quelle trasmissioni televisive, radiofoniche o su web che si siano distinti per completezza e correttezza di informazione; di mantenere alta l’attenzione dei cittadini sul tema della donazione del sangue, attraverso un’a-zione capillare e permanente di sensibilizzazione e di informazione.

Il Premio è diviso in due sezioni:Sezione stampa e web: articoli o inchieste scritte pubblicati su quotidiani, periodici, agenzie di stampa o su internet (su siti o web tv regolarmente registrati come testate giornalistiche).Sezione video e radio: servizi o inchieste audio o video trasmessi da radio, tv o pubblicati su inter-net (su siti o web tv regolarmente registrati come testate giornalistiche).All’Autore dell’articolo/inchiesta primo classificato in ogni sezione sarà assegnato il Premio “FI-DAS-Isabella Sturvi” del valore di euro 1.000,00 (mille/00).Si potranno attribuire altre menzioni.

Gli articoli, i servizi e le inchieste dovranno riguardare aspetti relativi la donazione del sangue o l’informazione su sangue ed emocomponenti e dovranno risultare pubblicati, radiotrasmessi o teletrasmessi, messi on line nel periodo compreso tra il 16 marzo 2014 e il 15 marzo 2015.

con il patrocinio di:

Page 25: Noi in Fidas 4-2014

NOIinFIDAS 4/2014 25

premio GiornalisTico nazionale “Fidas-isabella sturvi”

V EDIZIONE 2015

I giornalisti che intendono partecipare al Premio dovranno far pervenire i lavori, in numero mas-simo di 2 per ciascun partecipante, entro il 31 marzo 2015. Le candidature possono essere redatte su carta semplice ed indirizzate con raccomandata A/R a FIDAS Nazionale, Piazza Margana 19, 00186 Roma, inviate via fax al numero 06/68217350 o via mail alla casella di posta elettronica [email protected] con oggetto “Premio FIDAS-Isabella Sturvi - IV edizione” e devono contenere: il curriculum vitae del candidato, corredato di nome, cognome, data di nascita, nazionalità, indi-rizzo, recapito telefonico ed email; il numero della tessera professionale e Albo di appartenenza (se applicabile);il servizio e l’indicazione della pubblicazione o della messa in onda;copia del servizio candidato (per servizi video e audio si richiede di inviare copia digitale su CD o DVD o il file del servizio);la sezione del Premio cui si intende partecipare.

I candidati sollevano i promotori del Premio e la Giuria da qualsiasi responsabilità derivante dalle opere giornalistiche presentate, dalla loro originalità, dalla violazione dei diritti d’autore e delle riproduzioni.

La valutazione dei lavori presentati è demandata alla giuria del Premio che verrà comunicata da FIDAS dopo il 31 marzo 2015. Il giudizio della giuria è inappellabile.

Entro il 15 aprile 2015, la Giuria, con giudizio insindacabile, selezionerà i servizi giornalistici più rispondenti ai motivi ed agli obiettivi del Premio. Ne sarà data comunicazione sul sito www.fidas.it.

La premiazione avverrà in concomitanza con il 54° Congresso nazionale FIDAS che si svolgerà a Viareggio venerdì 1° maggio 2014. I vincitori del Premio “FIDAS-Isabella Sturvi” dovranno essere personalmente presenti alla cerimonia di premiazione.

L’assegnazione del Premio verrà resa pubblica mediante comunicato stampa, invio newsletter in-formativa FIDAS e sul sito Internet www.fidas.it Tutto il materiale pervenuto resterà di esclusiva proprietà di FIDAS la quale potrà utilizzarlo per i propri scopi promozionali e divulgativi.

La partecipazione al Premio implica automaticamente l’accettazione del presente bando.

Ai sensi del D.Lgs.196/2003 e successive modifiche i dati forniti dai candidati verranno utilizzati esclusivamente ai fini della partecipazione al premio ed alle iniziative collegate.

Per informazioni ci si può rivolgere alla Segreteria organizzativa del Premio “FIDAS-Isabella Stur-vi” presso la Sede operativa FIDAS (email: [email protected] – tel. 06/68891457).

Page 26: Noi in Fidas 4-2014

valle d’aosta

fidas Valle d’[email protected] - 0165 552196

piemonte / www.fidasadsp.it

ADS Michelin - Cuneowww.adsm.fidaspiemonte.it - 0171 315374

ADAS - Saluzzowww.adas-saluzzo.it - 0171 943497

AVAS - Mondovìwww.avas.fidaspiemonte.it

ANDVS - Novi Ligurewww.andvs.fidaspiemonte.it - 0143 746112

ADOS - Ovadawww.ados.fidaspiemonte.it - 0143 80520

ADSP FIDAS - Torinowww.fidasadsp.it - 011 531166

lombardia

ADS Fatebenefratelli - Milanowww.donatoridisangue.it - 02 63632563

FIDAS - Milanowww.fidas-milano.it - 02 86460424

FIDAS - Bergamo www.fidas.bergamo.it - 035 244555

ASDS - Cesano Bosconee-mail: [email protected] - 348 7645489

Friuli venezia Giulia

ADVS - Monfalcone [email protected] - 0481 487657

GADAS - [email protected] - 0431 928635

ADS - Triestewww.adstrieste.it - 040 764920

AFDS - Udinewww.afds.it - 0432 481818

ADVS - [email protected] - 0481 630848

AFDS - Pordenonewww.afdspn.it - 0427 51472

veneto / www.fidasveneto.it

FIDAS POLESANA - [email protected] - 0426 23267

FIDAS - Trevisowww.fidastreviso.it - 0438 998360

FIDAS - Padovawww.fidaspadova.it - 049 8760266

FIDAS - Veneziawww.fidasvenezia.it - 333 1390880

FIDAS - Veronawww.fidasverona.it - 045 8202990

FIDAS - Vicenzawww.fidasvicenza.com - 800979000

AFDVS - [email protected] - 0439 883359

liguria

FIDAS - Genovawww.fidasgenova.it - 010 8314855

FIDAS - [email protected] - 0183 296395

ACDVS - Chiavarihttp://digilander.libero.it/acdvs - 0185 300008

ADS Val Bormida - Cairo [email protected]

emilia romagna / www.fidas-emiliaromagna.it

ADVS FIDAS - Bolognawww.fidas-advs-bologna.org - 051 6350330

ADVS FIDAS - Ravennawww.advsravenna.it - 0544 404817

ADSA FIDAS - Parmawww.adas-parma.it - 0521 775044

ADVS FIDAS Ferrara - Renazzowww.advsfe.altervista.org - 051 900767

Toscana

FIDAS - [email protected] - 0584 1786653

abruzzo

FIDAS - Pescarawww.fidaspescara.it - 085 28221

FIDAS - Teramowww.fidasteramo.it - 0861 415460

VAS - L’Aquilawww.donatorisanguevasaq.org - 328 9214338

FIDAS CUORE - Giulianovawww.fidascuoregiulianova.it - 085 8020478

lazio

EMATOS FIDAS - Romawww.ematos.it - 06 6837817

ADVS OPBG - Romawww.advsopbg.com - 06 6833793

GDS “Carla Sandri” - Romawww.gdscarlasandri.it - 06 77056788

ass. VolonTari policlinco Tor [email protected] - fax 06 20900597

DONATORI DI SANGUE ROMA EST ONLUS - [email protected] - 06 23188708

ASS. EMA GLI AMICI DI NINO MANFREDI - Frosinonewww.emaninomanfredi.it - 0775 407223

DOSAVO - San [email protected] - 06 9570427

molise

fidas [email protected]

sardegna

fidas [email protected] - 079 787498

campania

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