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N N E E W WS S L L E E T T T T E E R R 0 0 5 5 - - 2 2 0 0 1 1 4 4 (www.eltamiso.it) Iscriviti QUI alla Newsletter del Biologico e …di altro ancora ________________________________________________ NOTIZIE DALLEUROPA E DAL MONDO BRUXELLES: I CONTADINI DICONO NO AGLI OGM Bruxelles - Parlamento Europeo - 20 gennaio 2013 Arrivano da tutta Europa, i contadini politicamente attivi, che rivendicato nei giorni dedicati dalle Nazioni Unite all'agricoltura familiare, il diritto di godere di sementi NO-OGM, un secco no anche alla coesistenza, chiedono per gli agricoltori e per i consumatori del mondo intero, l'abolizione in tutti i regolamenti di qualsiasi forma di proprietà intellettuale su organismi viventi, come nel caso dei semi in agricoltura. L'agricoltura familiare è una delle vie di ecosostenibilità praticabili, perché protegge le biodiversità, pratica lo scambio delle sementi tra agricoltori, tutela l'ambiente, evita l'uso dei pesticidi tossici e ancora affronta quotidianamente la questione del cambiamento climatico e del raffreddamento del pianeta. I campesinos, qui a Bruxelles, hanno le idee chiare sul fatto che le multinazionali puntano a diffondere in maniera estensiva le sementi OGM, programmate a sopravvivere solo con l'impiego di pesticidi tossici, fino al punto di dover pagare diritti d'uso alle compagnie per poter coltivare la propria terra. No anche a qualsiasi forma di coesistanza con semente OGM, la richiesta è chiara: chiedono la tutela dei diritti dei contadini e a ricaduta diretta, per una sana alimentazione dei consumatori, in tutti i regolamenti europei che trattano la materia. Ecco alcune dichiarazioni raccolte: Andrea Ferrante, dirigente AIAB e contadino: "I semi tutelati da brevetti, stanno contaminando anche i semi nei campi non ogm dei contadini, così da trasferirli sotto la proprietà delle multinazionali"; Hanny Van Geel, contadino olandese , ha sottolineato che "Solo preservando la biodiversità dei semi degli agricoltori, siamo in grado di garantire una buona qualità e prodotti sani per i consumatori"; Guy Kastler, contadino francese, ricorda: "Solo i semi degli agricoltori sono adatti per l'uso in ogni campo senza l'impiego di prodotti chimici, proprio perché sono stati selezionati e moltiplicati negli stessi campi "; Unai Aranguren, contadino basco, ha aggiunto: "Non possiamo raggiungere la sovranità alimentare se non per via delle sementi dei contadini"; Elizabeth Mpofu, contadino dallo Zimbabwe e coordinatore generale di Via Campesina Internazionale , ha chiuso la manifestazione con queste parole: "Gli agricoltori africani hanno ancora tutti i semi raccolti e selezionati da centinaia di generazioni prima di loro . Essi sono impegnati a crescere e preservare questi semi e per proteggerli da OGM e brevetti, al fine di trasmettere questa inestimabile eredità alle generazioni future, che se ne nutriranno.

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BRUXELLES:

I CONTADINI DICONO NO AGLI OGM Bruxelles - Parlamento Europeo - 20 gennaio 2013

Arrivano da tutta Europa, i contadini politicamente

attivi, che rivendicato nei giorni dedicati dalle

Nazioni Unite all'agricoltura familiare, il diritto di

godere di sementi NO-OGM, un secco no anche alla

coesistenza, chiedono per gli agricoltori e per i

consumatori del mondo intero, l'abolizione in tutti i

regolamenti di qualsiasi forma di proprietà

intellettuale su organismi viventi, come nel caso

dei semi in agricoltura.

L'agricoltura familiare è una delle vie di

ecosostenibilità praticabili, perché protegge le

biodiversità, pratica lo scambio delle sementi tra

agricoltori, tutela l'ambiente, evita l'uso dei

pesticidi tossici e ancora affronta quotidianamente

la questione del cambiamento climatico e del raffreddamento del pianeta.

I campesinos, qui a Bruxelles, hanno le idee chiare sul fatto che le multinazionali puntano a

diffondere in maniera estensiva le sementi OGM, programmate a sopravvivere solo con

l'impiego di pesticidi tossici, fino al punto di dover pagare diritti d'uso alle compagnie per poter

coltivare la propria terra. No anche a qualsiasi forma di coesistanza con semente OGM, la

richiesta è chiara: chiedono la tutela dei diritti dei contadini e a ricaduta diretta, per una sana

alimentazione dei consumatori, in tutti i regolamenti europei che trattano la materia.

Ecco alcune dichiarazioni raccolte:

Andrea Ferrante, dirigente AIAB e contadino: "I semi tutelati da brevetti, stanno

contaminando anche i semi nei campi non ogm dei contadini, così da trasferirli sotto la

proprietà delle multinazionali";

Hanny Van Geel, contadino olandese, ha sottolineato che "Solo preservando la

biodiversità dei semi degli agricoltori, siamo in grado di garantire una buona qualità e

prodotti sani per i consumatori";

Guy Kastler, contadino francese, ricorda: "Solo i semi degli agricoltori sono adatti per

l'uso in ogni campo senza l'impiego di prodotti chimici, proprio perché sono stati

selezionati e moltiplicati negli stessi campi";

Unai Aranguren, contadino basco, ha aggiunto: "Non possiamo raggiungere la sovranità

alimentare se non per via delle sementi dei contadini";

Elizabeth Mpofu, contadino dallo Zimbabwe e coordinatore generale di Via Campesina

Internazionale, ha chiuso la manifestazione con queste parole: "Gli agricoltori africani

hanno ancora tutti i semi raccolti e selezionati da centinaia di generazioni prima di loro .

Essi sono impegnati a crescere e preservare questi semi e per proteggerli da OGM e

brevetti, al fine di trasmettere questa inestimabile eredità alle generazioni future, che

se ne nutriranno.

La legislazione attuale non garantisce i diritti dei contadini, e per questo motivo le leggi

europee non dovrebbero violare i diritti dei contadini di tutto il mondo".

(da Bio@gricultura Notizie di AIAB – gennaio 2014)

NO AGLI OGM, VOTO UNANIME IN COMMISSIONE AGRICOLTURA 24 gennaio 2014: In vista del prossimo Consiglio dell'ambiente europeo, la

Commissione agricoltura della Camera ha approvato all'unanimità, e con il parere favorevole del Governo, una risoluzione che impegna il nostro ministro Andrea

Orlando a presentarsi all'incontro con proposte che limitano l'ingresso delle coltivazioni OGM in Italia e in Europa.

Una bella notizia per chiudere la settimana. Ieri, in vista

del prossimo Consiglio dell’ambiente europeo, la

Commissione agricoltura della Camera ha approvato

all’unanimità, e con il parere favorevole del Governo, una

risoluzione che - spiega Giorgio Zanin, deputato PD e

promotore di una delle risoluzioni che hanno portato al

documento unitario - impegna il Governo ad attivarsi a

Bruxelles per «attribuire maggiore autonomia ai singoli

stati Ue in materia di OGM, con la possibilità di istituire

zone OGM free; ridurre la soglia di tolleranza per la

presenza accidentale di OGM negli alimenti, in coerenza

con gli indirizzi europei sull’agricoltura biologica; destinare più risorse per la ricerca scientifica

in materia agricola e, infine, a dire no all’immissione del granoturco Gm della linea 1507».

Ovviamente non possiamo che essere più che soddisfatti di questo voto unanime della Comagri

e del parere favorevole del Governo: «un segnale importante che mostra come tutti i gruppi

parlamentari convergono a sostegno di un’agricoltura che privilegia qualità e biodiversità e

un’agricoltura effettivamente OGM free» commenta soddisfatta anche Susanna Cenni

parlamentare PD e portavoce nazionale ECODEM.

«La nostra speranza – commenta Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia – è che

questa risoluzione possa arrivare in Europa e diventare un riferimento per tutta l’Unione,

magari proprio ispirando le azioni nel semestre di Presidenza italiana. E oggi più che mai,

anche alla luce di questa votazione e del significato di queste proposte, diventa indispensabile

fermare ogni semina di OGM in Italia e soprattutto occorre fermare il percorso avviato dalla

Regione Friuli Venezia Giulia per le norme di coesistenza.

Sarebbe paradossale affermare in Europa la volontà dell'Italia di proteggere la propria

biodiversità, mentre nello stesso tempo una Regione permette semine transgeniche. Noi siamo

contrari all’uso di OGM in agricoltura, tuttavia riconosciamo la complessità della situazione. Se

il nostro Paese dovesse un giorno arrivare ad aprire alle coltivazioni OGM (cosa che ci

auguriamo avvenga mai), che almeno si faccia a seguito di un percorso di confronto e di

discussione condiviso da tutte le Regioni e non avviato da una soltanto!»

(dalla Newsletter di Slow Food – gennaio 2014)

1 FEBBRAIO 2014 - "CIBO SANO PER TUTTI" - ZERO OGM GIORNATA A FAVORE DELLA BIODIVERSITA', DEL CIBO SANO E

SICURO.. DELLATRASPARENZA.. DEL COLTIVARE SANO E SOSTENIBILE..

..PER DIRE NO AGLI OGM !!!! una giornata per far sentire la nostra voce, e ribadire con forza la

nostra ferma opposizione agli OGM (Organismi Geneticamente Modificati), per chiedere il DIVIETO assoluto di semine di OGM (piante

in cui è stato inserito in modo innaturale DNA di insetti, batteri ecc..)

É VITALE AGIRE SUBITO PER DIFENDERE LA

BIODIVERSITÀ, LA SALUTE, IL CIBO SANO, LA

FERTILITÀ:

come già annunciato da tempo sabato 1 febbraio

prenderà avvio la campagna “ZERO OGM – CIBO SANO

PER TUTTI”, un’iniziativa promossa da una moltitudine

di associazioni, gruppi, realtà locali e singoli cittadini che

vogliono far sentire la propria voce, vogliono squarciare

l'assordante silenzio che avvolge la questione OGM e

desiderano informare e creare consapevolezza su un

tema che è centrale non solo per la nostra agricoltura ma

anche per l’ambiente, la salute, la biodiversità.

Il 1 febbraio chiunque può partecipare alle iniziative che

verranno organizzate in ogni provincia veneta (e in altre

zone d' Italia: Trentino A.A./SudTirolo, Lombardia,

Piemonte, Liguria, Basilicata e Campania), ma anche

auto organizzare un momento di informazione e

denuncia.

Magari STAMPANDO UNO DEI VOLANTINI CHE

SONO ON-LINE NEL SITO DEL GRUPPO, e

diffondendolo all’interno della sua comunità, o nella

cerchia di amici e parenti nel proprio paese, ma anche spedendo e-mail o lettere a giornali e

politici, usando i social media, il passaparola, dando libero sfogo alla sua creatività.

CHIEDEREMO INOLTRE A TUTTE LE AMMINISTRAZIONI COMUNALI L’ADOZIONE DI

UNA DELIBERA CHE DICHIARI IL COMUNE ANTI-TRANSGENICO (e a favore della

biodiversità). (Per chi la richiedesse è disponibile a breve una bozza di delibera).

IL COMUNE DI CALALZO DI CADORE HA GIÀ DELIBERATO DICHIARANDOSI

DAL 29 GENNAIO “COMUNE ANTI-TRANSGENICO”!!!!

INVITIAMO TUTTE E TUTTI A PARTECIPARE A QUESTA INIZIATIVA, DA COSTRUIRE ASSIEME!!

Gli appuntamenti che sono già stati fissati o sono in fase organizzativa, per tutte le provincie del Veneto, sono visualizzabili

sul sito Internet del Gruppo COLTIVARE CONDIVIDENDO

TUTTI COLORO CHE DESIDERANO, O STANNO ORGANIZZANDO ALTRI MOMENTI DI VOLANTINAGGIO, INFORMAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE SONO

PREGATI DI INFORMARCI O CHIEDERE INFORMAZIONI O UN AIUTO, contattateci a:

[email protected] - [email protected] tel. 333-6889954 (Tiziano) - Facebook: Coltivare Condividendo

(da Coltivare Condividendo – gennaio 2014)

15 ANNI CONTROCORRENTE

É online www.bancaetica.it/15anni per raccontare a tutti la strada fatta fin qui, per dare

visibilità alle occasioni di incontro sulle quali stanno lavorando i nostri soci e per raccontare, in

modo semplice, quali straordinari risultati si possano raggiungere attraverso l'uso responsabile

del denaro.

In questo editoriale Ugo Biggeri, Presidente di Banca Popolare Etica, presenta il senso e gli

obiettivi di questo anniversario.

“”Era il 1999 e a Padova iniziava a operare la nostra banca, la prima in Italia a porsi come

obiettivo quello di impiegare i risparmi che le vengono affidati per finanziare iniziative

responsabili sotto il profilo sociale e ambientale e sostenibili economicamente; e di farlo in

modo cooperativo. Una banca innovativa, perché capace di dare credito a organizzazioni e

persone che non trovavano risposte nel mercato bancario tradizionale, capace di arrivare dove

altri non riuscivano.

Una banca che ascolta e rendiconta, che dice ai propri clienti “ecco come utilizzo i tuoi

soldi”, non a caso l'unica a pubblicare online i finanziamenti erogati.

15 anni non sono molti - in Italia i grandi gruppi bancari hanno centinaia di anni - ma sono

sufficienti per dare concretezza a un’idea sulla quale molti non avrebbero puntato. Una

scommessa vinta da persone e imprese sociali che hanno saputo unirsi per realizzare

un'utopia: trasformare il risparmio in un motore di cambiamento sociale.

Dedichiamo il 2014 a questo anniversario perché crediamo importante raccontare una storia

collettiva, fatta dell'impegno di migliaia di persone e organizzazioni che hanno saputo

costruire una banca unica, farla crescere e diventare una buona pratica tutta italiana,

indipendente, trasparente, partecipata. Vi racconteremo questa storia attraverso una

narrazione corale, fatta dei ricordi di chi nella nostra banca ha trovato il luogo dove dare o

prendere fiducia per sviluppare idee e progetti per migliorare il nostro paese.

Misureremo l’impatto sociale dei nostri primi 15 anni di finanza etica con l’aiuto di Altis

dell'Università Cattolica di Milano che sta elaborando una ricerca per documentare in modo

scientifico i benefici sociali e ambientali prodotti dai nostri finanziamenti. Per realizzarla le

ricercatrici di Altis hanno analizzato tutti i dati relativi ai finanziamenti erogati da BpE in questi

15 anni e hanno somministrato un questionario a circa 3.000 tra persone e organizzazioni che

hanno ricevuto credito dal nostro istituto.

Faremo festa, come ci si aspetta da una realtà come Banca Etica, che nasce e si sviluppa

grazie all'impegno gratuito di migliaia di soci. Stiamo organizzando 65 iniziative in tutta Italia

che - tra il 5 e il 23 marzo – proporranno momenti di ascolto, confronto e convivialità dove

potrete conoscere da vicino la nostra esperienza e contribuire ad un dialogo che sia il motore

per il nostro sviluppo futuro. E non è tutto, il 2014 segnerà anche un nuovo inizio per Banca

Etica. Stiamo lavorando costantemente insieme a migliaia di soci spagnoli per portare il nostro

istituto a operare anche in Spagna ed entro la fine dell'anno anche questo sogno diventerà

realtà e darà nuove prospettive al nostro fare finanza etica, amplierà i nostri orizzonti, ci offrirà

nuove opportunità di sviluppo e di cooperazione.

La nostra storia è ancora tutta da scrivere, e questo è un invito alle persone e organizzazioni

che vogliono attivarsi per un uso responsabile del denaro: costruiamo insieme i prossimi 15

anni di questo progetto di finanza etica.

Buon compleanno Banca Etica””.

(da Bancanote Blog di Banca Etica – gennaio 2014)

BLACKFRIARS BRIDGE: COMPLETATO A LONDRA IL PRIMO PONTE FOTOVOLTAICO DEL MONDO

Il primo ponte solare del mondo

è stato finalmente completato: è

il Blackfriars Bridge, la storica

costruzione vittoriana realizzata

alla fine del XIX secolo.

Adesso, il ponte fornisce oltre la

metà dell'energia alla stazione di

Blackfriars. Nell'ambito di un

progetto con la società

Solarcentury, il tetto del ponte

è stato coperto con 4.400

pannelli fotovoltaici.

First Capital Connect, che gestisce Blackfriars, si aspetta che i pannelli possano tagliare le

emissioni di carbonio delle stazioni di circa 511 tonnellate all'anno, riducendo ulteriormente

l'impronta di carbonio delle linee ferroviarie a sud-est dell'Inghilterra. Il ponte solare di

Blackfriars si estende attraverso il fiume Tamigi, trasportando migliaia di pendolari ogni giorno,

dal sud di Londra alle stazioni più frequentate della città.

La stazione ospita già i treni elettrici che rendono il trasporto pubblico ancora più verde, ma

con il nuovo ponte solare si potrebbe rendere la stazione ancora più sostenibile. “I treni

elettrici sono già la forma più verde di trasporto pubblico, questo tetto offre ai nostri

passeggeri un viaggio ancora più sostenibile,” ha detto David Statham, amministratore

delegato di First Capital Connect. “Il tetto ha anche trasformato la nostra stazione rendendola

un punto di riferimento iconico visibile per chilometri dal Tamigi”.

E mentre i ministri avvertono del rischio di

una potenziale reazione contro i “mostri”

costituiti dai parchi solari, Solarcentury

assicura che il ponte fotovoltaico può avere

l'effetto opposto sul paesaggio e sulla

percezione che la città è aperta alle energie

rinnovabili, una sorta di dichiarazione

d'intenti.

Il ponte sarà dunque una pubblicità

importante per testimoniare gli sforzi di

Londra nel diventare una città sostenibile. Il

progetto è stato uno dei più complessi fino

ad oggi per Solarcentury, che ha installato i pannelli in una serie di fasi nel corso degli ultimi

due anni, fermandosi solo durante i Giochi Olimpici del 2012.

(da Greenme.it – gennaio 2014)

PULITO È CENTRALITÀ DEL CIBO Molti pensano che soltanto le scelte individuali potranno arrestare la corsa alla

devastazione ambientale: utopie minimaliste, un’alternativa praticabile. Ma a cosa della modernità sareste disposti a rinunciare in favore della sostenibilità?

A prima vista, Slow Food sembrerebbe aver limitato il suo campo d’azione al cibo e all’agricoltura, in realtà è stato necessario allargarlo di molto.

SIAMO OBBLIGATI A UNA VISIONE PIÙ AMPIA, AD ALZARE IL CAPO E GUARDARE LONTANO

Patate, olio di colza, olio di soia idrogenato, olio di cartamo, aroma naturale (di origine

vegetale), destrosio, sodio pirofosfato acido, acido citrico, dimetilpolisilossano cotto in olio

vegetale (olio di colza, olio di mais, olio di soia, olio di soia idrogenato con Thbq–

butilidrochinone terziario, acido citrico e dimetilpolisilossano) e sale (silicoalluminato,

destrosio, ioduro di potassio): sono gli ingredienti presenti in una porzione di patate fritte di

una nota catena di fast food.

Leggerli così, in fila, a freddo, senza la salivazione irragionevole ma inevitabile che suscita un

piatto di patate fritte bollenti, fa un po’ impressione, non è vero? Qualcuno dirà: sono cose che

sappiamo, via, siamo tutti adulti, i conservanti esistono, gli additivi pure, che novità sarà mai.

Tuttavia che le cose stessero proprio così forse non lo pensavamo, con questi nomi da incubo,

minacciosi come una razza aliena. E così numerosi.

Michael Pollan suggerisce di non acquistare mai un prodotto che contenga più di cinque

ingredienti. Il suo decalogo per mangiare sano (In difesa del cibo, Adelphi 2009) ha un tono

ovviamente ironico: uno stile di vita sano non è codificabile in dieci regolette, Pollan lo sa

benissimo. Ma vuole lanciare una sorta di avviso ai naviganti: siamo arrivati a un punto di non

ritorno. Non si può utilizzare l’intera, o quasi, scala periodica degli elementi per preparare un

piatto di pommes frites, non si può sacrificare tutto – terra, salute, mari, futuro – al profitto,

non si può rinunciare al piacere del cibo e dunque rinunciare a noi stessi: bisogna iniziare a

dire basta anche a livello di scelte individuali.

Molti pensano che soltanto le scelte individuali potranno arrestare la corsa alla devastazione

ambientale: sono le utopie minimaliste care al sociologo Luigi Zoia e certamente rappresentano

un’alternativa praticabile allo stato attuale delle cose. Ma perché un’azione individuale abbia un

peso politico, occorre che sia replicata per n volte e che i comportamenti si ispirino a un

obiettivo condiviso.

E qui iniziano i problemi: per esempio a cosa della modernità sareste disposti a rinunciare in

favore della sostenibilità? Al cellulare? All’automobile? All’impianto di riscaldamento? Perché è

chiaro che a qualcosa dovremo, dobbiamo rinunciare, ma il punto debole delle scelte individuali

è che ognuno ha la sua scala di valori. Mia nonna, per esempio, sosteneva che era disposta a

rinunciare a quasi tutta la tecnologia dome-stica, tranne che alla lavatrice. Strano, vero?

Il più umile e antico degli elettrodomestici. Ma lei sosteneva che soltanto chi ha sperimentato

la fatica – per lei, sofferenza – che si doveva sopportare nel lavare a mano e senza detersivi

industriali la biancheria e i panni in una grande casa, poteva capire quale liberazione per le

donne abbia rappresentato la lavatrice. Con buona pace per microonde, aspirapolvere,

lavastoviglie… Quanti di voi, di noi, avrebbero rinunciato alla lavatrice? Tra i maschi parecchi,

credo. Siamo su un terreno insidioso.

Slow Food ha deciso da tempo di limitare il campo, di segnare il territorio: il suo terreno di

intervento devono essere il cibo e l’agricoltura, letti ovviamente non con uno sguardo da

sindacato di categoria, ma come nucleo radiante dalle innumerevoli implicazioni. Il che non

significa che Slow Food non aderisca a iniziative che sviluppino contenuti diversi (energia,

salute, paesaggio, lotta alla criminalità), anzi lo fa con convinzione, e sin dagli inizi pensa che

la centralità del cibo sia un concetto che deve ancora essere percepito e sviluppato in tutte le

sue valenze. La centralità del cibo significa aree marginali, acqua, montagne, sapienze

tradizionali e nuove tecnologie, significa benessere e malattia, significa vita alla fine. Della vita

il cibo è presupposto sinequa non e dal cibo si deve partire se si vuole sperare di mantenere in

vita questo pianeta.

Il primo approccio di Slow Food all’universo alimentare è stato eminentemente gastronomico,

originalità. Poi le strategie dell’associazione via via si sono orientate sempre più alla difesa

della sovranità alimentare, della biodiversità e dell’ambiente. È stato un cauto percorso, che

doveva tener conto della composizione sociale e culturale del popolo Slow Food delle origini,

del concetto di diritto al piacere – cui nessuno aveva intenzione di rinunciare – e della

coabitazione con istituzioni e associazioni specificamente ambientaliste.

Il cammino ha subito una rapida accelerazione nel momento in cui il movimento ha assunto

come parole guida il “buono, pulito e giusto” teorizzato da Carlo Petrini nell’omonimolibro.

Rappresenta una sintesi molto efficace di tutto quello che in vent’anni Slow Food ha maturato

ed elaborato attorno al tema cibo e a volte uno slogan ben azzeccato – anche se il termine

“slogan” è decisamente inadatto a definire il buono, pulito e giusto – vale più di centinaia di

iniziative e progetti.

È chiaro che poi ognuno fa pesare di più la parte che sente più affine: il gourmet si appellerà al

buono, l’antiglobalista al giusto e il biodinamico al pulito, tanto per semplificare. Però il fatto di

trovare legati i tre concetti in modo inscindibile obbliga a una visione più ampia, ad alzare il

capo e a guardare lontano.

E direi anche a evitare guasti cui ancora oggi fatichiamo a rimediare: ricorderete tutti i primi

prodotti marchiati bio, sani, sostenibili, ma assolutamente indifferenti alla qualità organolettica.

O ancora il supremo egoismo del gastronomo disposto a banchettare con l’ultimo tonno rosso

dell’ultimo mare, in nome dell’inalienabile diritto al piacere e al gusto. Oggi certe incongruenze

fanno sorridere, segno che quel percorso sinergico è andato avanti: nessun gourmet oggi si

vanterebbe di una totale indifferenza ai temi dell’ambiente. E se lo fa, potete scommetterci, si

tratta di un imbecille. Riuscire poi a legare ai concetti di buono, pulito e giusto i temi della

tutela della biodiversità, della sovranità alimentare, della salvaguardia degli ambienti marini è

esercizio necessario, ma squisitamente intellettuale: tutto può e deve essere ricondotto alla

centralità del cibo, a patto che quel cibo soddisfi il buono, pulito e giusto.

(dalla Newsletter di Slow Food – gennaio 2014)

CRESCE IN ALTO ADIGE L’AGRICOLTURA BIO Il 29 gennaio si è conclusa la 17.ma edizione del corso di introduzione alla frutticoltura e alla

viticoltura biologica, una proposta formativa della durata di tre giorni presso il Centro di

Sperimentazione Laimburg.

ln Alto Adige, il numero delle aziende agricole che

sono passate all’agricoltura biologica è cresciuto

anche nel 2013 e, a fine anno, ha raggiunto un

totale di oltre 800 aziende. La superficie coltivata in

frutticoltura ammonta a 1.372 ettari.

La coltivazione di mele ha raggiunto il 7,2 percento

dell’intera superficie frutticola altoatesina. La

viticoltura biologica invece è esercitata su 263

ettari. Sono 230 le aziende di raffinamento e

commercializzazione di prodotti biologici.

Benché ogni agricoltore abbia le idee ben chiare riguardo alla sua partecipazione al corso e

quindi al passaggio all’agricoltura biologica, la decisione è pilotata da molteplici aspetti

economici, ma anche di responsabilità sociale e verso la sostenibilità ambientale.

Il corso di introduzione alla frutticoltura e viticoltura biologica ha visto una richiesta in crescita

costante durante gli ultimi anni. Per mezzo del corso di formazione gli agricoltori possono

prepararsi alla produzione biologica e ottenere delle risposte a domande pratiche.

Gli argomenti trattati spaziano dai concetti base della produzione biologica, alle disposizioni

normative in materia fino alle più importanti tematiche di produzione: dalla difesa delle piante,

alla regolazione della produzione, dal trattamento del terreno alla scelta varietale. La parte

teorica è integrata con degustazioni di mele e vini di produzione biologica nonché con visite ad

aziende agricole.

^^^

LE REGIONI EUROPEE CHIEDONO UN’EXPO OGM FREE

L’assessore all’Agricoltura della Regione Marche, Maura Malaspina ha presieduto a Bruxelles

l’incontro della rete delle Regioni per ‘Un’Europa libera dagli OGM’. ‘La rete, che conta

attualmente 61 regioni europee per 163 milioni di abitanti in nove Paesi – è stato ribadito –

vuole rimarcare la libertà di scelta dei governi europei di vietare le coltivazioni geneticamente

modificate nei propri territori, con il fine di tutelare la biodiversità, le produzioni di qualità

biologiche, tradizionali e tipiche, l’immagine di un territorio, anche in chiave turistica, per

un’agricoltura sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico’.

Nel corso dell’incontro è stato lanciato un appello affinché l’Expo di

Milano rilanci le produzioni biologiche e tipiche e sia

‘orgogliosamente no-OGM’. Nel corso del suo intervento, Angelo

Consoli, direttore dell’Ufficio europeo di Jersey Rifkin, ha sottolineato

che ‘tutte le Regioni OGM free devono fare rete e promuovere i

propri prodotti agroalimentari di qualità affinché la lotta agli OGM

sia, prima di tutto, una battaglia culturale’.

Corinne D.M. Lepage, eurodeputata ed ex ministro dell’Ambiente

francese ha concluso l’incontro, affermando che ‘come primo

intervento, sto incoraggiando gli Stati Uniti a rendere obbligatoria l’etichettatura dei prodotti

agricoli. Secondariamente, come relatrice del regolamento che permette agli Stati membri di

vietare l’utilizzo degli OGM, sto cercando di accelerare la sua approvazione nonostante la

Commissione stia temporeggiando, forse preferendo il caos normativo attuale e rendendolo

operativo successivamente, quando ormai non avrebbe più efficacia’. Lepage ha condiviso

l’appello per un Expo OGM free.

(dal Bollettino Bio di Greenplanet - gennaio 2014)

LA CASA DI PAGLIA ALCONFIN

Azienda Agricola Biologica e Fattoria Didattica e Sociale Al Confin: undici anni fa, dalla

conversione della storica azienda paterna, nasce "Al Confin", una piccola azienda famigliare

collocata in a confine tra le province di Vicenza e Padova; dove regnano le fertili praterie con le

vacche da latte, acqua pulita dalle vicine risorgive e siepi campestri.

Usare i campi per produrre in maniera diversa, rispettando le risorse che la natura mette a

disposizione, la convinzione che anche nel terzo millennio l'uomo ha molto da imparare

dall'ambiente, è stata l'ispirazione iniziale di Paolo. Una piccola azienda agricola mista a ciclo

chiuso, è per noi, la soluzione ottimale per il recupero di tutti i valori legati alla terra tanto

derisi nel passato quanto osannati nel moderno.

Abbiamo impastato l'agricoltura biologica con le tradizioni e la cultura del passato. Ci siamo

messi in gioco, con una conduzione d'impresa seria e dinamica, una mentalità' umile, pacifica,

serena e rispettosa per ottenere un prodotto che rinfranca il fisico ma soprattutto lo spirito.

ORA CI ATTENDE UNA NUOVA SFIDA!

RISTRUTTURARE I LOCALI AZIENDALI IN MODO ECOSOSTENIBILE!

Stiamo costruendo la nostra nuova casa, una costruzione in legno, paglia, calce e argilla: il

nostro sogno è realizzare una casa con materiali ecologici, economici e riciclabili, anche nelle

fondazioni. A Km zero, che consumi poca energia e ne richieda poca per costruirla, che sia

costruita con Amore, e una volta abitata sia sicura e ci faccia stare bene. Auto-costruita

assieme ai familiari, agli amici, alla rete per il mutuo-aiuto, con l'ausilio certo di artigiani

esperti, e che sia insieme innovativa, sperimentale e tradizionale. Anche il finanziamento avrà

una dimensione alternativa, pensiamo ad una rete tra privati per il microcredito.

26 settembre 2013:

Raccolta della paglia di grano antico e imballaggio

in ballette 35x46x100 cm per la costruzione della

sala didattica. Qui Paolo e Claudio sono all'opera

con il trattore e l’imballatrice.

Domenica 26 gennaio 2014: la parte più

difficile…

Demolire è un po' morire.

Lacrime che ricordano le ore passate a caricare

carriole di malta, portare su mattoni.

Lacrime che ricordano una vita, due vite passate

dentro "quei quattro muri".

Affetti che non ci sono più ma che vivevano in quelle stanze.

Poi arriva uno scavatore, enorme, con pinza, che in un attimo, piccolissimo brutale attimo,

distrugge ogni cosa. Troppo facile.

Ma demolire è anche l'inizio, su quei cocci sta nascendo qualcosa di nuovo, che di quei cocci

porta l'insegnamento e i ricordi.

Grazie Mario, Grazie Emmalisa, le Vostre lacrime ci terranno sulla giusta Strada.

per arrivare qui

Attualmente l’azienda agricola

biologica Al Confin si estende su

10 ettari di terreno, ed impegna 6

persone fisse oltre a diversi

collaboratori.

La gamma degli articoli proposti è ampia e abbastanza completa, gran parte di produzione

propria, e parte di terzi: frutta, ortaggi, cereali, carni avicole e suine, insaccati e trasformati

come conserve, marmellate, farine, biscotti e sott’oli sono i principali prodotti che trovate

nell’azienda.

L’aspetto multifunzionale dell’azienda si è arricchito molto: quasi giornalmente la fattoria

ospita persone singole o gruppi in diverse attività. La nostra idea originale si è rafforzata nel

tempo: offrire sostentamento alle persone per una continua evoluzione fisica e spirituale.

L’attuale livello di salute del nostro pianeta è preoccupante, e ogni giorno abbiamo

dimostrazione che per poterci garantire un futuro, dobbiamo intervenire principalmente sulla

nostra mente e sulle nostre abitudini, senza aspettare la collettività o l’intervento pubblico.

Per questo, a tutti i nostri visitatori e clienti, chiediamo di fare una riflessione sul proprio stile

di vita e sulle proprie abitudini.

(dal Blog “La casa di paglia Al Confin” - gennaio 2014)

GRANI ANTICHI: L’EVENTO DELL’ANNO 2013 IN MAREMMA In Maremma, un'Associazione locale sta portando avanti la coltivazione e il recupero di specie di grano di varietà antiche che si sono dimostrate benefiche per la salute e che

colmano un vuoto di biodiversità da tempo andato perduto. Un altro passo verso il cambiamento di paradigmi dominanti come quello della monocoltura tecnologizzata.

Su questo giornale è già stato affrontato il tema dei

grani antichi. Mario Apicella, ad esempio, ne ha parlato a

fondo.

Qui racconto fatti e impressioni sulla coltivazione attuale

di questi grani nella Maremma toscana. La storia inizia

quattro anni fa, con l’arrivo nel grossetano di piccole

quantità di vari grani antichi, dalla Rete dei semi

rurali, portati da Claudio Pozzi, appassionato

divulgatore di tradizioni contadine.

A Semproniano, non lontano da Saturnia, l’Associazione La Piazzoletta ne diventa custode.

Inizia così il progetto sperimentale con la semina per riportare questi grani in purezza. Ci vuole

tempo, ma la terra è quella giusta e dopo circa cinquanta-sessanta anni di assenza torna

finalmente a essere coltivato il grano di una volta, quando ancora non si usavano concimi

chimici e pesticidi.

Il terreno scelto per la coltivazione, ormai abbandonato da diversi anni, è fertile e, con tenacia,

in pochi anni si raccolgono diversi quintali di questo antico frumento. La zona precisa è l’Alta

Maremma, tra le valli del Fiora e dell’Albegna, appunto nel Comune di Semproniano. Di recente

un progetto è partito anche nel limitrofo comune di Manciano.

A tal fine sono stati istituiti disciplinari precisi per mantenere le straordinarie qualità originarie:

niente concime e coltivazione a rotazione. Lo stelo di queste varietà si alza normalmente a

1,50-1,80 m dato che i semi non sono stati nanizzati come quelli moderni, brevettati solo per

la produzione, senza garanzie di qualità. Oggi, ad esempio, il grano “tecnologico” può

arrivare fino a 400 W di forza della farina, o fattore di panificabilità, che è la capacità di

resistere nell'arco del tempo alla lavorazione.

Ciò dipende appunto dalla qualità del grano macinato per produrla e quindi dal suo contenuto

proteico di gliadina e glutenina ovvero le due proteine che formano il glutine. Sul fronte della

resa “tecnologica”, per fare un esempio, testimonianze dirette sulla raccolta della varietà

Creso, tipologia tipica della monocoltura tecnologizzata, a nord di Grosseto, raccontano di

forzature da 78 quintali in un ettaro (!).

Nel nostro caso, a essere interessati, invece, sono circa 120 ettari, coltivati a rotazione

quadriennale. Quindi 30 ha ogni anno, nei quali vengono prodotti grani di varietà antiche come

Autonomia b, Rieti, Gentil Rosso, Verna e altri ancora.

La forza del glutine nell’Autonomia è di circa 100 W, e negli altri grani come il Rieti e

la Verna si abbassa ancora. Viene coltivato anche il Farro Monococco, povero di glutine, che

sarà destinato alla sperimentazione di alcuni prodotti per le persone effettivamente

riconosciute come celiache. Questi grani vengono poi macinati a pietra a livello semi-integrale,

mantenendo nella farina il germe e tutte le sostanze naturali. È stato stabilito un disciplinare

preciso anche per produrre il pane utilizzando come lievito la pasta madre.

Ci è voluto tempo anche per re-imparare a panificare e a cuocere questo benefico cibo

primordiale. Partita così la filiera corta, produttori e consumatori finali si sono dati obiettivi

comuni anche dal punto di vista economico: i prezzi devono restare corretti.

Oggi, nella regione due forni producono pane con queste farine, a Prato e a Pancole, frazione

di Scansano, sempre nel grossetano. Un piccolo negozio a Grosseto sta iniziando un giorno alla

settimana ad avere questo pane semi-integrale; all’inizio si trattava di pochissimi pezzi, ma ora

la produzione sta migliorando. Personalmente, mi è sembrato il pane più buono che abbia

mai mangiato in tutta la mia vita…..continua QUI la lettura dell’articolo

(da Il Cambiamento - gennaio 2014)

IL VINO INVECCHIA NEGLI ABISSI

Cosa si inventano i viticoltori per avere un

prodotto originale? Quest’idea nasce da

alcuni ritrovamenti effettuati nei fondali

marini.

Il primo, nel Mar Ligure, in cui furono

portate alla luce anfore di età greco-

romana contenenti vino in discrete

condizioni, data l’età dei relitti.

Il secondo episodio, il più importante a

luglio del 2010. Vennero ritrovate, a

fianco dei resti di una nave affondata nel

Mar Baltico, un centinaio di bottiglie di

champagne risalenti al 1780, che si

presume facessero parte di una partita

che Luigi XVI stava mandando allo zar Pietro il Grande.

Grazie al simbolo di una piccola ancora sul tappo si risalì alla provenienza dell’azienda

produttrice: Veuve Clicquot, la prima ad assaggiarne il contenuto fu un’enologa finlandese che

descrisse il vino come in ottime condizioni, dal colore oro scuro e dal sapore molto intenso e

deciso. Una fortuna per l’azienda che mise all’asta le bottiglie per un valore di partenza di

53.000 euro l’una. Ma come fece il vino a resistere tutti quegli anni?

In relazione alla vicenda ci furono alcuni sommelier italiani che espressero alcune perplessità

sulla resistenza del tappo di sughero ma nonostante le critiche, il vino risultò più che bevibile.

Questo perché le condizioni ambientali nei fondali marini sono molto simili a quelle di cantina,

scarsa luce e temperature basse e costanti. Questa scoperta, com’era prevedibile, fece

scatenare le fantasie di enologi e viticoltori, che senza perder tempo hanno cominciato ad

immergere in fondo al mare bottiglie e barrique di vino bianco e rosso.

Quali sono i benefici di un invecchiamento in mare? Lo scambio tra ambiente e vino dà a

quest’ultimo a livello organolettico particolari sfumature salmastre e sapidità. Gli spumanti

‘metodo classico’ trovano nei fondali marini le condizioni ideali in quanto la pressione

sottomarina e quella all’interno della bottiglia permettono un affinamento delle bollicine e,

grazie all’effetto ‘culla’ dato dalle correnti, il vino si amalgama in continuazione con le ‘fecce

nobili’ presenti anch’esse nella bottiglia, assumendo così maggiore complessità e struttura.

Il primato è da attribuire ad un’azienda italiana – la Bissoni di Chiavari – che già nel maggio

del 2009 immerse bottiglie di spumante ‘metodo classico’ a 60 m’ sotto il livello del mare, lo

chiamò Abissi; in seguito venne il Lagunare e adesso arriverà anche una delle più grandi firme

di Bordeaux, lo Chateau Larrivet Haut-Brion.

In Spagna, hanno deciso di capire a fondo come funziona questo metodo. Infatti, lungo la

costa dei Paesi Baschi è stato creato un laboratorio (LSEB - Laboratorio Submarino

Envejecimiento de Bebidas) a 15 metri di profondità: in assoluto rispetto dell’ambiente si

studia il ruolo che l’ambiente sottomarino può avere per questo nuovo inusuale metodo

d’invecchiamento del vino. Attendiamo aggiornamenti!

(da Tutto Green - gennaio 2014)

NUOVO PIANO ENERGETICO: DA RIVEDERE

Le osservazioni che Legambiente ha presentato alla

Regione Veneto sono state poste nero su bianco: il

nuovo Piano Energetico dev’essere riformulato.

Siamo parte di una comunità di cinque milioni di

abitanti, tra le più ricche d’Europa, esattamente come

la Danimarca: è questo l’esempio che dovremmo

seguire sul tema delle politiche energetiche, per

favorire aziende e famiglie: zero emissioni e zero

combustibili fossili al 2050.

Il nuovo Piano Energetico Regionale, infatti, non tiene

in dovuto conto le ultime evoluzioni normative,

l’evoluzione tecnologica degli elettrodomestici e la

continua discesa dei consumi che caratterizza la nostra regione, al di là della crisi economica.

Insufficienti risorse destinate all’efficientamento del patrimonio abitativo privato e pubblico, un

vero colabrodo, con ambizioni relativamente molto basse. E sul nuovo edificato qualsiasi

politica che non preveda edifici ad emissioni quasi zero, come richiesto dalla Direttiva Europea

di prossima applicazione, nasce morta ed azzoppa il futuro del comparto edilizio veneto.

Inadeguate anche le risorse e le politiche per lo sviluppo della produzione energetica

distribuita. Il Veneto, con i suoi circa 90.000 impianti fotovoltaici e le centinaia di impianti a

biogas e biomasse è la regione leader dei “prosumers”, ovvero i consumatori produttori che

sono il perno del futuro energetico europeo, a giudicare da quanto avviene nel resto d’Europa.

Anche grazie al definitivo affossamento del progetto di conversione a carbone della centrale

Enel di Porto Tolle – che va tolto dal Piano perché è una centrale ormai inesistente e priva di

progetto e piano ambientale – l’epoca delle grandi centrali che producono e del consumo a

distanza è finita! Dobbiamo attrezzarci per produrre dove consumiamo, e molti veneti l’hanno

capito: occorrono ora politiche specifiche e l’adeguamento della rete elettrica.

Questa è la sfida che la Regione deve cogliere. Ma è sui tetti dei capannoni che si giocherà la

prossima rivoluzione energetica, di cui il Piano non tiene conto: con l’attivazione normativa

della SEU (Sistemi Efficienti di Utenza) sarà possibile per i privati investire su grandi impianti

solari sui tetti delle fabbriche e vendere la corrente alle sottostanti attività artigianali ed

industriali, senza passare dalla rete.

E’ questo il modello di business per il fotovoltaico nei prossimi anni, che non necessita di

incentivi ed investimenti, e può cambiare radicalmente lo scenario del consumo industriale:

dove i danesi hanno il vento, noi abbiamo (purtroppo o perfortuna) centinaia di aree artigianali

ed industriali da solarizzare. Le Osservazioni di Legambiente Veneto al Piano Energetico

Regionale comprendono anche dei secchi NO: con più fotovoltaico e con più risparmio

energetico possiamo anche permetterci di dire di no alle più di cento richieste di autorizzazione

di centrali mini e micro idroelettriche nelle montagne venete, che distruggono gli ultimi torrenti

e fiumi rimasti intatti. Un paesaggio che per nulla al mondo va danneggiato, in particolar modo

a fronte della poca energia che ne deriverebbe:

Legambiente quindi chiede alla Regione una netta presa di posizione contro questi impianti ed

una moratoria per tutte le aree ad alta biodiversità.

Ultima, ma non meno importante, osservazione la merita il biometano: tutta la produzione di

biogas futura dev’essere indirizzata verso la filiera del biometano, per alimentare le flotte degli

autobus urbani e la percentuale di auto a metano che il nostro paese vanta, che ne fa un

leader mondiale nel settore. Solo così si potrà arrivare a quel 10% di rinnovabili nel settore

trasporti, obiettivo europea altrimenti irraggiungibile.

Davide Sabbadin, responsabile Energia e Agricoltura per Legambiente Veneto

Luigi Lazzaro, Presidente regionale di Legambiente

(da Ecopolis Newsletter - gennaio 2014)

e non è finita…..

Lockheed Martin e occupati dagli F-35: i conti non tornano da Altreconomia – gennaio 2014

Primarie a Padova e programmi: confronto sui temi ambientali da Ecopolis Newsletter – gennaio 2014

Ortaggi perfetti senza Ogm: Monsanto cambia strategia?

da Greenme.it – gennaio 2014

Banca d'Italia: un regalo per le banche da Altreconomia – gennaio 2014

Poveri anche di farmaci da Altre Notizie – gennaio 2014

Verdure di stagione: il carciofo da Biorekk – gennaio 2014