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BRUXELLES:
I CONTADINI DICONO NO AGLI OGM Bruxelles - Parlamento Europeo - 20 gennaio 2013
Arrivano da tutta Europa, i contadini politicamente
attivi, che rivendicato nei giorni dedicati dalle
Nazioni Unite all'agricoltura familiare, il diritto di
godere di sementi NO-OGM, un secco no anche alla
coesistenza, chiedono per gli agricoltori e per i
consumatori del mondo intero, l'abolizione in tutti i
regolamenti di qualsiasi forma di proprietà
intellettuale su organismi viventi, come nel caso
dei semi in agricoltura.
L'agricoltura familiare è una delle vie di
ecosostenibilità praticabili, perché protegge le
biodiversità, pratica lo scambio delle sementi tra
agricoltori, tutela l'ambiente, evita l'uso dei
pesticidi tossici e ancora affronta quotidianamente
la questione del cambiamento climatico e del raffreddamento del pianeta.
I campesinos, qui a Bruxelles, hanno le idee chiare sul fatto che le multinazionali puntano a
diffondere in maniera estensiva le sementi OGM, programmate a sopravvivere solo con
l'impiego di pesticidi tossici, fino al punto di dover pagare diritti d'uso alle compagnie per poter
coltivare la propria terra. No anche a qualsiasi forma di coesistanza con semente OGM, la
richiesta è chiara: chiedono la tutela dei diritti dei contadini e a ricaduta diretta, per una sana
alimentazione dei consumatori, in tutti i regolamenti europei che trattano la materia.
Ecco alcune dichiarazioni raccolte:
Andrea Ferrante, dirigente AIAB e contadino: "I semi tutelati da brevetti, stanno
contaminando anche i semi nei campi non ogm dei contadini, così da trasferirli sotto la
proprietà delle multinazionali";
Hanny Van Geel, contadino olandese, ha sottolineato che "Solo preservando la
biodiversità dei semi degli agricoltori, siamo in grado di garantire una buona qualità e
prodotti sani per i consumatori";
Guy Kastler, contadino francese, ricorda: "Solo i semi degli agricoltori sono adatti per
l'uso in ogni campo senza l'impiego di prodotti chimici, proprio perché sono stati
selezionati e moltiplicati negli stessi campi";
Unai Aranguren, contadino basco, ha aggiunto: "Non possiamo raggiungere la sovranità
alimentare se non per via delle sementi dei contadini";
Elizabeth Mpofu, contadino dallo Zimbabwe e coordinatore generale di Via Campesina
Internazionale, ha chiuso la manifestazione con queste parole: "Gli agricoltori africani
hanno ancora tutti i semi raccolti e selezionati da centinaia di generazioni prima di loro .
Essi sono impegnati a crescere e preservare questi semi e per proteggerli da OGM e
brevetti, al fine di trasmettere questa inestimabile eredità alle generazioni future, che
se ne nutriranno.
La legislazione attuale non garantisce i diritti dei contadini, e per questo motivo le leggi
europee non dovrebbero violare i diritti dei contadini di tutto il mondo".
(da Bio@gricultura Notizie di AIAB – gennaio 2014)
NO AGLI OGM, VOTO UNANIME IN COMMISSIONE AGRICOLTURA 24 gennaio 2014: In vista del prossimo Consiglio dell'ambiente europeo, la
Commissione agricoltura della Camera ha approvato all'unanimità, e con il parere favorevole del Governo, una risoluzione che impegna il nostro ministro Andrea
Orlando a presentarsi all'incontro con proposte che limitano l'ingresso delle coltivazioni OGM in Italia e in Europa.
Una bella notizia per chiudere la settimana. Ieri, in vista
del prossimo Consiglio dell’ambiente europeo, la
Commissione agricoltura della Camera ha approvato
all’unanimità, e con il parere favorevole del Governo, una
risoluzione che - spiega Giorgio Zanin, deputato PD e
promotore di una delle risoluzioni che hanno portato al
documento unitario - impegna il Governo ad attivarsi a
Bruxelles per «attribuire maggiore autonomia ai singoli
stati Ue in materia di OGM, con la possibilità di istituire
zone OGM free; ridurre la soglia di tolleranza per la
presenza accidentale di OGM negli alimenti, in coerenza
con gli indirizzi europei sull’agricoltura biologica; destinare più risorse per la ricerca scientifica
in materia agricola e, infine, a dire no all’immissione del granoturco Gm della linea 1507».
Ovviamente non possiamo che essere più che soddisfatti di questo voto unanime della Comagri
e del parere favorevole del Governo: «un segnale importante che mostra come tutti i gruppi
parlamentari convergono a sostegno di un’agricoltura che privilegia qualità e biodiversità e
un’agricoltura effettivamente OGM free» commenta soddisfatta anche Susanna Cenni
parlamentare PD e portavoce nazionale ECODEM.
«La nostra speranza – commenta Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia – è che
questa risoluzione possa arrivare in Europa e diventare un riferimento per tutta l’Unione,
magari proprio ispirando le azioni nel semestre di Presidenza italiana. E oggi più che mai,
anche alla luce di questa votazione e del significato di queste proposte, diventa indispensabile
fermare ogni semina di OGM in Italia e soprattutto occorre fermare il percorso avviato dalla
Regione Friuli Venezia Giulia per le norme di coesistenza.
Sarebbe paradossale affermare in Europa la volontà dell'Italia di proteggere la propria
biodiversità, mentre nello stesso tempo una Regione permette semine transgeniche. Noi siamo
contrari all’uso di OGM in agricoltura, tuttavia riconosciamo la complessità della situazione. Se
il nostro Paese dovesse un giorno arrivare ad aprire alle coltivazioni OGM (cosa che ci
auguriamo avvenga mai), che almeno si faccia a seguito di un percorso di confronto e di
discussione condiviso da tutte le Regioni e non avviato da una soltanto!»
(dalla Newsletter di Slow Food – gennaio 2014)
1 FEBBRAIO 2014 - "CIBO SANO PER TUTTI" - ZERO OGM GIORNATA A FAVORE DELLA BIODIVERSITA', DEL CIBO SANO E
SICURO.. DELLATRASPARENZA.. DEL COLTIVARE SANO E SOSTENIBILE..
..PER DIRE NO AGLI OGM !!!! una giornata per far sentire la nostra voce, e ribadire con forza la
nostra ferma opposizione agli OGM (Organismi Geneticamente Modificati), per chiedere il DIVIETO assoluto di semine di OGM (piante
in cui è stato inserito in modo innaturale DNA di insetti, batteri ecc..)
É VITALE AGIRE SUBITO PER DIFENDERE LA
BIODIVERSITÀ, LA SALUTE, IL CIBO SANO, LA
FERTILITÀ:
come già annunciato da tempo sabato 1 febbraio
prenderà avvio la campagna “ZERO OGM – CIBO SANO
PER TUTTI”, un’iniziativa promossa da una moltitudine
di associazioni, gruppi, realtà locali e singoli cittadini che
vogliono far sentire la propria voce, vogliono squarciare
l'assordante silenzio che avvolge la questione OGM e
desiderano informare e creare consapevolezza su un
tema che è centrale non solo per la nostra agricoltura ma
anche per l’ambiente, la salute, la biodiversità.
Il 1 febbraio chiunque può partecipare alle iniziative che
verranno organizzate in ogni provincia veneta (e in altre
zone d' Italia: Trentino A.A./SudTirolo, Lombardia,
Piemonte, Liguria, Basilicata e Campania), ma anche
auto organizzare un momento di informazione e
denuncia.
Magari STAMPANDO UNO DEI VOLANTINI CHE
SONO ON-LINE NEL SITO DEL GRUPPO, e
diffondendolo all’interno della sua comunità, o nella
cerchia di amici e parenti nel proprio paese, ma anche spedendo e-mail o lettere a giornali e
politici, usando i social media, il passaparola, dando libero sfogo alla sua creatività.
CHIEDEREMO INOLTRE A TUTTE LE AMMINISTRAZIONI COMUNALI L’ADOZIONE DI
UNA DELIBERA CHE DICHIARI IL COMUNE ANTI-TRANSGENICO (e a favore della
biodiversità). (Per chi la richiedesse è disponibile a breve una bozza di delibera).
IL COMUNE DI CALALZO DI CADORE HA GIÀ DELIBERATO DICHIARANDOSI
DAL 29 GENNAIO “COMUNE ANTI-TRANSGENICO”!!!!
INVITIAMO TUTTE E TUTTI A PARTECIPARE A QUESTA INIZIATIVA, DA COSTRUIRE ASSIEME!!
Gli appuntamenti che sono già stati fissati o sono in fase organizzativa, per tutte le provincie del Veneto, sono visualizzabili
sul sito Internet del Gruppo COLTIVARE CONDIVIDENDO
TUTTI COLORO CHE DESIDERANO, O STANNO ORGANIZZANDO ALTRI MOMENTI DI VOLANTINAGGIO, INFORMAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE SONO
PREGATI DI INFORMARCI O CHIEDERE INFORMAZIONI O UN AIUTO, contattateci a:
[email protected] - [email protected] tel. 333-6889954 (Tiziano) - Facebook: Coltivare Condividendo
(da Coltivare Condividendo – gennaio 2014)
15 ANNI CONTROCORRENTE
É online www.bancaetica.it/15anni per raccontare a tutti la strada fatta fin qui, per dare
visibilità alle occasioni di incontro sulle quali stanno lavorando i nostri soci e per raccontare, in
modo semplice, quali straordinari risultati si possano raggiungere attraverso l'uso responsabile
del denaro.
In questo editoriale Ugo Biggeri, Presidente di Banca Popolare Etica, presenta il senso e gli
obiettivi di questo anniversario.
“”Era il 1999 e a Padova iniziava a operare la nostra banca, la prima in Italia a porsi come
obiettivo quello di impiegare i risparmi che le vengono affidati per finanziare iniziative
responsabili sotto il profilo sociale e ambientale e sostenibili economicamente; e di farlo in
modo cooperativo. Una banca innovativa, perché capace di dare credito a organizzazioni e
persone che non trovavano risposte nel mercato bancario tradizionale, capace di arrivare dove
altri non riuscivano.
Una banca che ascolta e rendiconta, che dice ai propri clienti “ecco come utilizzo i tuoi
soldi”, non a caso l'unica a pubblicare online i finanziamenti erogati.
15 anni non sono molti - in Italia i grandi gruppi bancari hanno centinaia di anni - ma sono
sufficienti per dare concretezza a un’idea sulla quale molti non avrebbero puntato. Una
scommessa vinta da persone e imprese sociali che hanno saputo unirsi per realizzare
un'utopia: trasformare il risparmio in un motore di cambiamento sociale.
Dedichiamo il 2014 a questo anniversario perché crediamo importante raccontare una storia
collettiva, fatta dell'impegno di migliaia di persone e organizzazioni che hanno saputo
costruire una banca unica, farla crescere e diventare una buona pratica tutta italiana,
indipendente, trasparente, partecipata. Vi racconteremo questa storia attraverso una
narrazione corale, fatta dei ricordi di chi nella nostra banca ha trovato il luogo dove dare o
prendere fiducia per sviluppare idee e progetti per migliorare il nostro paese.
Misureremo l’impatto sociale dei nostri primi 15 anni di finanza etica con l’aiuto di Altis
dell'Università Cattolica di Milano che sta elaborando una ricerca per documentare in modo
scientifico i benefici sociali e ambientali prodotti dai nostri finanziamenti. Per realizzarla le
ricercatrici di Altis hanno analizzato tutti i dati relativi ai finanziamenti erogati da BpE in questi
15 anni e hanno somministrato un questionario a circa 3.000 tra persone e organizzazioni che
hanno ricevuto credito dal nostro istituto.
Faremo festa, come ci si aspetta da una realtà come Banca Etica, che nasce e si sviluppa
grazie all'impegno gratuito di migliaia di soci. Stiamo organizzando 65 iniziative in tutta Italia
che - tra il 5 e il 23 marzo – proporranno momenti di ascolto, confronto e convivialità dove
potrete conoscere da vicino la nostra esperienza e contribuire ad un dialogo che sia il motore
per il nostro sviluppo futuro. E non è tutto, il 2014 segnerà anche un nuovo inizio per Banca
Etica. Stiamo lavorando costantemente insieme a migliaia di soci spagnoli per portare il nostro
istituto a operare anche in Spagna ed entro la fine dell'anno anche questo sogno diventerà
realtà e darà nuove prospettive al nostro fare finanza etica, amplierà i nostri orizzonti, ci offrirà
nuove opportunità di sviluppo e di cooperazione.
La nostra storia è ancora tutta da scrivere, e questo è un invito alle persone e organizzazioni
che vogliono attivarsi per un uso responsabile del denaro: costruiamo insieme i prossimi 15
anni di questo progetto di finanza etica.
Buon compleanno Banca Etica””.
(da Bancanote Blog di Banca Etica – gennaio 2014)
BLACKFRIARS BRIDGE: COMPLETATO A LONDRA IL PRIMO PONTE FOTOVOLTAICO DEL MONDO
Il primo ponte solare del mondo
è stato finalmente completato: è
il Blackfriars Bridge, la storica
costruzione vittoriana realizzata
alla fine del XIX secolo.
Adesso, il ponte fornisce oltre la
metà dell'energia alla stazione di
Blackfriars. Nell'ambito di un
progetto con la società
Solarcentury, il tetto del ponte
è stato coperto con 4.400
pannelli fotovoltaici.
First Capital Connect, che gestisce Blackfriars, si aspetta che i pannelli possano tagliare le
emissioni di carbonio delle stazioni di circa 511 tonnellate all'anno, riducendo ulteriormente
l'impronta di carbonio delle linee ferroviarie a sud-est dell'Inghilterra. Il ponte solare di
Blackfriars si estende attraverso il fiume Tamigi, trasportando migliaia di pendolari ogni giorno,
dal sud di Londra alle stazioni più frequentate della città.
La stazione ospita già i treni elettrici che rendono il trasporto pubblico ancora più verde, ma
con il nuovo ponte solare si potrebbe rendere la stazione ancora più sostenibile. “I treni
elettrici sono già la forma più verde di trasporto pubblico, questo tetto offre ai nostri
passeggeri un viaggio ancora più sostenibile,” ha detto David Statham, amministratore
delegato di First Capital Connect. “Il tetto ha anche trasformato la nostra stazione rendendola
un punto di riferimento iconico visibile per chilometri dal Tamigi”.
E mentre i ministri avvertono del rischio di
una potenziale reazione contro i “mostri”
costituiti dai parchi solari, Solarcentury
assicura che il ponte fotovoltaico può avere
l'effetto opposto sul paesaggio e sulla
percezione che la città è aperta alle energie
rinnovabili, una sorta di dichiarazione
d'intenti.
Il ponte sarà dunque una pubblicità
importante per testimoniare gli sforzi di
Londra nel diventare una città sostenibile. Il
progetto è stato uno dei più complessi fino
ad oggi per Solarcentury, che ha installato i pannelli in una serie di fasi nel corso degli ultimi
due anni, fermandosi solo durante i Giochi Olimpici del 2012.
(da Greenme.it – gennaio 2014)
PULITO È CENTRALITÀ DEL CIBO Molti pensano che soltanto le scelte individuali potranno arrestare la corsa alla
devastazione ambientale: utopie minimaliste, un’alternativa praticabile. Ma a cosa della modernità sareste disposti a rinunciare in favore della sostenibilità?
A prima vista, Slow Food sembrerebbe aver limitato il suo campo d’azione al cibo e all’agricoltura, in realtà è stato necessario allargarlo di molto.
SIAMO OBBLIGATI A UNA VISIONE PIÙ AMPIA, AD ALZARE IL CAPO E GUARDARE LONTANO
Patate, olio di colza, olio di soia idrogenato, olio di cartamo, aroma naturale (di origine
vegetale), destrosio, sodio pirofosfato acido, acido citrico, dimetilpolisilossano cotto in olio
vegetale (olio di colza, olio di mais, olio di soia, olio di soia idrogenato con Thbq–
butilidrochinone terziario, acido citrico e dimetilpolisilossano) e sale (silicoalluminato,
destrosio, ioduro di potassio): sono gli ingredienti presenti in una porzione di patate fritte di
una nota catena di fast food.
Leggerli così, in fila, a freddo, senza la salivazione irragionevole ma inevitabile che suscita un
piatto di patate fritte bollenti, fa un po’ impressione, non è vero? Qualcuno dirà: sono cose che
sappiamo, via, siamo tutti adulti, i conservanti esistono, gli additivi pure, che novità sarà mai.
Tuttavia che le cose stessero proprio così forse non lo pensavamo, con questi nomi da incubo,
minacciosi come una razza aliena. E così numerosi.
Michael Pollan suggerisce di non acquistare mai un prodotto che contenga più di cinque
ingredienti. Il suo decalogo per mangiare sano (In difesa del cibo, Adelphi 2009) ha un tono
ovviamente ironico: uno stile di vita sano non è codificabile in dieci regolette, Pollan lo sa
benissimo. Ma vuole lanciare una sorta di avviso ai naviganti: siamo arrivati a un punto di non
ritorno. Non si può utilizzare l’intera, o quasi, scala periodica degli elementi per preparare un
piatto di pommes frites, non si può sacrificare tutto – terra, salute, mari, futuro – al profitto,
non si può rinunciare al piacere del cibo e dunque rinunciare a noi stessi: bisogna iniziare a
dire basta anche a livello di scelte individuali.
Molti pensano che soltanto le scelte individuali potranno arrestare la corsa alla devastazione
ambientale: sono le utopie minimaliste care al sociologo Luigi Zoia e certamente rappresentano
un’alternativa praticabile allo stato attuale delle cose. Ma perché un’azione individuale abbia un
peso politico, occorre che sia replicata per n volte e che i comportamenti si ispirino a un
obiettivo condiviso.
E qui iniziano i problemi: per esempio a cosa della modernità sareste disposti a rinunciare in
favore della sostenibilità? Al cellulare? All’automobile? All’impianto di riscaldamento? Perché è
chiaro che a qualcosa dovremo, dobbiamo rinunciare, ma il punto debole delle scelte individuali
è che ognuno ha la sua scala di valori. Mia nonna, per esempio, sosteneva che era disposta a
rinunciare a quasi tutta la tecnologia dome-stica, tranne che alla lavatrice. Strano, vero?
Il più umile e antico degli elettrodomestici. Ma lei sosteneva che soltanto chi ha sperimentato
la fatica – per lei, sofferenza – che si doveva sopportare nel lavare a mano e senza detersivi
industriali la biancheria e i panni in una grande casa, poteva capire quale liberazione per le
donne abbia rappresentato la lavatrice. Con buona pace per microonde, aspirapolvere,
lavastoviglie… Quanti di voi, di noi, avrebbero rinunciato alla lavatrice? Tra i maschi parecchi,
credo. Siamo su un terreno insidioso.
Slow Food ha deciso da tempo di limitare il campo, di segnare il territorio: il suo terreno di
intervento devono essere il cibo e l’agricoltura, letti ovviamente non con uno sguardo da
sindacato di categoria, ma come nucleo radiante dalle innumerevoli implicazioni. Il che non
significa che Slow Food non aderisca a iniziative che sviluppino contenuti diversi (energia,
salute, paesaggio, lotta alla criminalità), anzi lo fa con convinzione, e sin dagli inizi pensa che
la centralità del cibo sia un concetto che deve ancora essere percepito e sviluppato in tutte le
sue valenze. La centralità del cibo significa aree marginali, acqua, montagne, sapienze
tradizionali e nuove tecnologie, significa benessere e malattia, significa vita alla fine. Della vita
il cibo è presupposto sinequa non e dal cibo si deve partire se si vuole sperare di mantenere in
vita questo pianeta.
Il primo approccio di Slow Food all’universo alimentare è stato eminentemente gastronomico,
originalità. Poi le strategie dell’associazione via via si sono orientate sempre più alla difesa
della sovranità alimentare, della biodiversità e dell’ambiente. È stato un cauto percorso, che
doveva tener conto della composizione sociale e culturale del popolo Slow Food delle origini,
del concetto di diritto al piacere – cui nessuno aveva intenzione di rinunciare – e della
coabitazione con istituzioni e associazioni specificamente ambientaliste.
Il cammino ha subito una rapida accelerazione nel momento in cui il movimento ha assunto
come parole guida il “buono, pulito e giusto” teorizzato da Carlo Petrini nell’omonimolibro.
Rappresenta una sintesi molto efficace di tutto quello che in vent’anni Slow Food ha maturato
ed elaborato attorno al tema cibo e a volte uno slogan ben azzeccato – anche se il termine
“slogan” è decisamente inadatto a definire il buono, pulito e giusto – vale più di centinaia di
iniziative e progetti.
È chiaro che poi ognuno fa pesare di più la parte che sente più affine: il gourmet si appellerà al
buono, l’antiglobalista al giusto e il biodinamico al pulito, tanto per semplificare. Però il fatto di
trovare legati i tre concetti in modo inscindibile obbliga a una visione più ampia, ad alzare il
capo e a guardare lontano.
E direi anche a evitare guasti cui ancora oggi fatichiamo a rimediare: ricorderete tutti i primi
prodotti marchiati bio, sani, sostenibili, ma assolutamente indifferenti alla qualità organolettica.
O ancora il supremo egoismo del gastronomo disposto a banchettare con l’ultimo tonno rosso
dell’ultimo mare, in nome dell’inalienabile diritto al piacere e al gusto. Oggi certe incongruenze
fanno sorridere, segno che quel percorso sinergico è andato avanti: nessun gourmet oggi si
vanterebbe di una totale indifferenza ai temi dell’ambiente. E se lo fa, potete scommetterci, si
tratta di un imbecille. Riuscire poi a legare ai concetti di buono, pulito e giusto i temi della
tutela della biodiversità, della sovranità alimentare, della salvaguardia degli ambienti marini è
esercizio necessario, ma squisitamente intellettuale: tutto può e deve essere ricondotto alla
centralità del cibo, a patto che quel cibo soddisfi il buono, pulito e giusto.
(dalla Newsletter di Slow Food – gennaio 2014)
CRESCE IN ALTO ADIGE L’AGRICOLTURA BIO Il 29 gennaio si è conclusa la 17.ma edizione del corso di introduzione alla frutticoltura e alla
viticoltura biologica, una proposta formativa della durata di tre giorni presso il Centro di
Sperimentazione Laimburg.
ln Alto Adige, il numero delle aziende agricole che
sono passate all’agricoltura biologica è cresciuto
anche nel 2013 e, a fine anno, ha raggiunto un
totale di oltre 800 aziende. La superficie coltivata in
frutticoltura ammonta a 1.372 ettari.
La coltivazione di mele ha raggiunto il 7,2 percento
dell’intera superficie frutticola altoatesina. La
viticoltura biologica invece è esercitata su 263
ettari. Sono 230 le aziende di raffinamento e
commercializzazione di prodotti biologici.
Benché ogni agricoltore abbia le idee ben chiare riguardo alla sua partecipazione al corso e
quindi al passaggio all’agricoltura biologica, la decisione è pilotata da molteplici aspetti
economici, ma anche di responsabilità sociale e verso la sostenibilità ambientale.
Il corso di introduzione alla frutticoltura e viticoltura biologica ha visto una richiesta in crescita
costante durante gli ultimi anni. Per mezzo del corso di formazione gli agricoltori possono
prepararsi alla produzione biologica e ottenere delle risposte a domande pratiche.
Gli argomenti trattati spaziano dai concetti base della produzione biologica, alle disposizioni
normative in materia fino alle più importanti tematiche di produzione: dalla difesa delle piante,
alla regolazione della produzione, dal trattamento del terreno alla scelta varietale. La parte
teorica è integrata con degustazioni di mele e vini di produzione biologica nonché con visite ad
aziende agricole.
^^^
LE REGIONI EUROPEE CHIEDONO UN’EXPO OGM FREE
L’assessore all’Agricoltura della Regione Marche, Maura Malaspina ha presieduto a Bruxelles
l’incontro della rete delle Regioni per ‘Un’Europa libera dagli OGM’. ‘La rete, che conta
attualmente 61 regioni europee per 163 milioni di abitanti in nove Paesi – è stato ribadito –
vuole rimarcare la libertà di scelta dei governi europei di vietare le coltivazioni geneticamente
modificate nei propri territori, con il fine di tutelare la biodiversità, le produzioni di qualità
biologiche, tradizionali e tipiche, l’immagine di un territorio, anche in chiave turistica, per
un’agricoltura sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico’.
Nel corso dell’incontro è stato lanciato un appello affinché l’Expo di
Milano rilanci le produzioni biologiche e tipiche e sia
‘orgogliosamente no-OGM’. Nel corso del suo intervento, Angelo
Consoli, direttore dell’Ufficio europeo di Jersey Rifkin, ha sottolineato
che ‘tutte le Regioni OGM free devono fare rete e promuovere i
propri prodotti agroalimentari di qualità affinché la lotta agli OGM
sia, prima di tutto, una battaglia culturale’.
Corinne D.M. Lepage, eurodeputata ed ex ministro dell’Ambiente
francese ha concluso l’incontro, affermando che ‘come primo
intervento, sto incoraggiando gli Stati Uniti a rendere obbligatoria l’etichettatura dei prodotti
agricoli. Secondariamente, come relatrice del regolamento che permette agli Stati membri di
vietare l’utilizzo degli OGM, sto cercando di accelerare la sua approvazione nonostante la
Commissione stia temporeggiando, forse preferendo il caos normativo attuale e rendendolo
operativo successivamente, quando ormai non avrebbe più efficacia’. Lepage ha condiviso
l’appello per un Expo OGM free.
(dal Bollettino Bio di Greenplanet - gennaio 2014)
LA CASA DI PAGLIA ALCONFIN
Azienda Agricola Biologica e Fattoria Didattica e Sociale Al Confin: undici anni fa, dalla
conversione della storica azienda paterna, nasce "Al Confin", una piccola azienda famigliare
collocata in a confine tra le province di Vicenza e Padova; dove regnano le fertili praterie con le
vacche da latte, acqua pulita dalle vicine risorgive e siepi campestri.
Usare i campi per produrre in maniera diversa, rispettando le risorse che la natura mette a
disposizione, la convinzione che anche nel terzo millennio l'uomo ha molto da imparare
dall'ambiente, è stata l'ispirazione iniziale di Paolo. Una piccola azienda agricola mista a ciclo
chiuso, è per noi, la soluzione ottimale per il recupero di tutti i valori legati alla terra tanto
derisi nel passato quanto osannati nel moderno.
Abbiamo impastato l'agricoltura biologica con le tradizioni e la cultura del passato. Ci siamo
messi in gioco, con una conduzione d'impresa seria e dinamica, una mentalità' umile, pacifica,
serena e rispettosa per ottenere un prodotto che rinfranca il fisico ma soprattutto lo spirito.
ORA CI ATTENDE UNA NUOVA SFIDA!
RISTRUTTURARE I LOCALI AZIENDALI IN MODO ECOSOSTENIBILE!
Stiamo costruendo la nostra nuova casa, una costruzione in legno, paglia, calce e argilla: il
nostro sogno è realizzare una casa con materiali ecologici, economici e riciclabili, anche nelle
fondazioni. A Km zero, che consumi poca energia e ne richieda poca per costruirla, che sia
costruita con Amore, e una volta abitata sia sicura e ci faccia stare bene. Auto-costruita
assieme ai familiari, agli amici, alla rete per il mutuo-aiuto, con l'ausilio certo di artigiani
esperti, e che sia insieme innovativa, sperimentale e tradizionale. Anche il finanziamento avrà
una dimensione alternativa, pensiamo ad una rete tra privati per il microcredito.
26 settembre 2013:
Raccolta della paglia di grano antico e imballaggio
in ballette 35x46x100 cm per la costruzione della
sala didattica. Qui Paolo e Claudio sono all'opera
con il trattore e l’imballatrice.
Domenica 26 gennaio 2014: la parte più
difficile…
Demolire è un po' morire.
Lacrime che ricordano le ore passate a caricare
carriole di malta, portare su mattoni.
Lacrime che ricordano una vita, due vite passate
dentro "quei quattro muri".
Affetti che non ci sono più ma che vivevano in quelle stanze.
Poi arriva uno scavatore, enorme, con pinza, che in un attimo, piccolissimo brutale attimo,
distrugge ogni cosa. Troppo facile.
Ma demolire è anche l'inizio, su quei cocci sta nascendo qualcosa di nuovo, che di quei cocci
porta l'insegnamento e i ricordi.
Grazie Mario, Grazie Emmalisa, le Vostre lacrime ci terranno sulla giusta Strada.
per arrivare qui
Attualmente l’azienda agricola
biologica Al Confin si estende su
10 ettari di terreno, ed impegna 6
persone fisse oltre a diversi
collaboratori.
La gamma degli articoli proposti è ampia e abbastanza completa, gran parte di produzione
propria, e parte di terzi: frutta, ortaggi, cereali, carni avicole e suine, insaccati e trasformati
come conserve, marmellate, farine, biscotti e sott’oli sono i principali prodotti che trovate
nell’azienda.
L’aspetto multifunzionale dell’azienda si è arricchito molto: quasi giornalmente la fattoria
ospita persone singole o gruppi in diverse attività. La nostra idea originale si è rafforzata nel
tempo: offrire sostentamento alle persone per una continua evoluzione fisica e spirituale.
L’attuale livello di salute del nostro pianeta è preoccupante, e ogni giorno abbiamo
dimostrazione che per poterci garantire un futuro, dobbiamo intervenire principalmente sulla
nostra mente e sulle nostre abitudini, senza aspettare la collettività o l’intervento pubblico.
Per questo, a tutti i nostri visitatori e clienti, chiediamo di fare una riflessione sul proprio stile
di vita e sulle proprie abitudini.
(dal Blog “La casa di paglia Al Confin” - gennaio 2014)
GRANI ANTICHI: L’EVENTO DELL’ANNO 2013 IN MAREMMA In Maremma, un'Associazione locale sta portando avanti la coltivazione e il recupero di specie di grano di varietà antiche che si sono dimostrate benefiche per la salute e che
colmano un vuoto di biodiversità da tempo andato perduto. Un altro passo verso il cambiamento di paradigmi dominanti come quello della monocoltura tecnologizzata.
Su questo giornale è già stato affrontato il tema dei
grani antichi. Mario Apicella, ad esempio, ne ha parlato a
fondo.
Qui racconto fatti e impressioni sulla coltivazione attuale
di questi grani nella Maremma toscana. La storia inizia
quattro anni fa, con l’arrivo nel grossetano di piccole
quantità di vari grani antichi, dalla Rete dei semi
rurali, portati da Claudio Pozzi, appassionato
divulgatore di tradizioni contadine.
A Semproniano, non lontano da Saturnia, l’Associazione La Piazzoletta ne diventa custode.
Inizia così il progetto sperimentale con la semina per riportare questi grani in purezza. Ci vuole
tempo, ma la terra è quella giusta e dopo circa cinquanta-sessanta anni di assenza torna
finalmente a essere coltivato il grano di una volta, quando ancora non si usavano concimi
chimici e pesticidi.
Il terreno scelto per la coltivazione, ormai abbandonato da diversi anni, è fertile e, con tenacia,
in pochi anni si raccolgono diversi quintali di questo antico frumento. La zona precisa è l’Alta
Maremma, tra le valli del Fiora e dell’Albegna, appunto nel Comune di Semproniano. Di recente
un progetto è partito anche nel limitrofo comune di Manciano.
A tal fine sono stati istituiti disciplinari precisi per mantenere le straordinarie qualità originarie:
niente concime e coltivazione a rotazione. Lo stelo di queste varietà si alza normalmente a
1,50-1,80 m dato che i semi non sono stati nanizzati come quelli moderni, brevettati solo per
la produzione, senza garanzie di qualità. Oggi, ad esempio, il grano “tecnologico” può
arrivare fino a 400 W di forza della farina, o fattore di panificabilità, che è la capacità di
resistere nell'arco del tempo alla lavorazione.
Ciò dipende appunto dalla qualità del grano macinato per produrla e quindi dal suo contenuto
proteico di gliadina e glutenina ovvero le due proteine che formano il glutine. Sul fronte della
resa “tecnologica”, per fare un esempio, testimonianze dirette sulla raccolta della varietà
Creso, tipologia tipica della monocoltura tecnologizzata, a nord di Grosseto, raccontano di
forzature da 78 quintali in un ettaro (!).
Nel nostro caso, a essere interessati, invece, sono circa 120 ettari, coltivati a rotazione
quadriennale. Quindi 30 ha ogni anno, nei quali vengono prodotti grani di varietà antiche come
Autonomia b, Rieti, Gentil Rosso, Verna e altri ancora.
La forza del glutine nell’Autonomia è di circa 100 W, e negli altri grani come il Rieti e
la Verna si abbassa ancora. Viene coltivato anche il Farro Monococco, povero di glutine, che
sarà destinato alla sperimentazione di alcuni prodotti per le persone effettivamente
riconosciute come celiache. Questi grani vengono poi macinati a pietra a livello semi-integrale,
mantenendo nella farina il germe e tutte le sostanze naturali. È stato stabilito un disciplinare
preciso anche per produrre il pane utilizzando come lievito la pasta madre.
Ci è voluto tempo anche per re-imparare a panificare e a cuocere questo benefico cibo
primordiale. Partita così la filiera corta, produttori e consumatori finali si sono dati obiettivi
comuni anche dal punto di vista economico: i prezzi devono restare corretti.
Oggi, nella regione due forni producono pane con queste farine, a Prato e a Pancole, frazione
di Scansano, sempre nel grossetano. Un piccolo negozio a Grosseto sta iniziando un giorno alla
settimana ad avere questo pane semi-integrale; all’inizio si trattava di pochissimi pezzi, ma ora
la produzione sta migliorando. Personalmente, mi è sembrato il pane più buono che abbia
mai mangiato in tutta la mia vita…..continua QUI la lettura dell’articolo
(da Il Cambiamento - gennaio 2014)
IL VINO INVECCHIA NEGLI ABISSI
Cosa si inventano i viticoltori per avere un
prodotto originale? Quest’idea nasce da
alcuni ritrovamenti effettuati nei fondali
marini.
Il primo, nel Mar Ligure, in cui furono
portate alla luce anfore di età greco-
romana contenenti vino in discrete
condizioni, data l’età dei relitti.
Il secondo episodio, il più importante a
luglio del 2010. Vennero ritrovate, a
fianco dei resti di una nave affondata nel
Mar Baltico, un centinaio di bottiglie di
champagne risalenti al 1780, che si
presume facessero parte di una partita
che Luigi XVI stava mandando allo zar Pietro il Grande.
Grazie al simbolo di una piccola ancora sul tappo si risalì alla provenienza dell’azienda
produttrice: Veuve Clicquot, la prima ad assaggiarne il contenuto fu un’enologa finlandese che
descrisse il vino come in ottime condizioni, dal colore oro scuro e dal sapore molto intenso e
deciso. Una fortuna per l’azienda che mise all’asta le bottiglie per un valore di partenza di
53.000 euro l’una. Ma come fece il vino a resistere tutti quegli anni?
In relazione alla vicenda ci furono alcuni sommelier italiani che espressero alcune perplessità
sulla resistenza del tappo di sughero ma nonostante le critiche, il vino risultò più che bevibile.
Questo perché le condizioni ambientali nei fondali marini sono molto simili a quelle di cantina,
scarsa luce e temperature basse e costanti. Questa scoperta, com’era prevedibile, fece
scatenare le fantasie di enologi e viticoltori, che senza perder tempo hanno cominciato ad
immergere in fondo al mare bottiglie e barrique di vino bianco e rosso.
Quali sono i benefici di un invecchiamento in mare? Lo scambio tra ambiente e vino dà a
quest’ultimo a livello organolettico particolari sfumature salmastre e sapidità. Gli spumanti
‘metodo classico’ trovano nei fondali marini le condizioni ideali in quanto la pressione
sottomarina e quella all’interno della bottiglia permettono un affinamento delle bollicine e,
grazie all’effetto ‘culla’ dato dalle correnti, il vino si amalgama in continuazione con le ‘fecce
nobili’ presenti anch’esse nella bottiglia, assumendo così maggiore complessità e struttura.
Il primato è da attribuire ad un’azienda italiana – la Bissoni di Chiavari – che già nel maggio
del 2009 immerse bottiglie di spumante ‘metodo classico’ a 60 m’ sotto il livello del mare, lo
chiamò Abissi; in seguito venne il Lagunare e adesso arriverà anche una delle più grandi firme
di Bordeaux, lo Chateau Larrivet Haut-Brion.
In Spagna, hanno deciso di capire a fondo come funziona questo metodo. Infatti, lungo la
costa dei Paesi Baschi è stato creato un laboratorio (LSEB - Laboratorio Submarino
Envejecimiento de Bebidas) a 15 metri di profondità: in assoluto rispetto dell’ambiente si
studia il ruolo che l’ambiente sottomarino può avere per questo nuovo inusuale metodo
d’invecchiamento del vino. Attendiamo aggiornamenti!
(da Tutto Green - gennaio 2014)
NUOVO PIANO ENERGETICO: DA RIVEDERE
Le osservazioni che Legambiente ha presentato alla
Regione Veneto sono state poste nero su bianco: il
nuovo Piano Energetico dev’essere riformulato.
Siamo parte di una comunità di cinque milioni di
abitanti, tra le più ricche d’Europa, esattamente come
la Danimarca: è questo l’esempio che dovremmo
seguire sul tema delle politiche energetiche, per
favorire aziende e famiglie: zero emissioni e zero
combustibili fossili al 2050.
Il nuovo Piano Energetico Regionale, infatti, non tiene
in dovuto conto le ultime evoluzioni normative,
l’evoluzione tecnologica degli elettrodomestici e la
continua discesa dei consumi che caratterizza la nostra regione, al di là della crisi economica.
Insufficienti risorse destinate all’efficientamento del patrimonio abitativo privato e pubblico, un
vero colabrodo, con ambizioni relativamente molto basse. E sul nuovo edificato qualsiasi
politica che non preveda edifici ad emissioni quasi zero, come richiesto dalla Direttiva Europea
di prossima applicazione, nasce morta ed azzoppa il futuro del comparto edilizio veneto.
Inadeguate anche le risorse e le politiche per lo sviluppo della produzione energetica
distribuita. Il Veneto, con i suoi circa 90.000 impianti fotovoltaici e le centinaia di impianti a
biogas e biomasse è la regione leader dei “prosumers”, ovvero i consumatori produttori che
sono il perno del futuro energetico europeo, a giudicare da quanto avviene nel resto d’Europa.
Anche grazie al definitivo affossamento del progetto di conversione a carbone della centrale
Enel di Porto Tolle – che va tolto dal Piano perché è una centrale ormai inesistente e priva di
progetto e piano ambientale – l’epoca delle grandi centrali che producono e del consumo a
distanza è finita! Dobbiamo attrezzarci per produrre dove consumiamo, e molti veneti l’hanno
capito: occorrono ora politiche specifiche e l’adeguamento della rete elettrica.
Questa è la sfida che la Regione deve cogliere. Ma è sui tetti dei capannoni che si giocherà la
prossima rivoluzione energetica, di cui il Piano non tiene conto: con l’attivazione normativa
della SEU (Sistemi Efficienti di Utenza) sarà possibile per i privati investire su grandi impianti
solari sui tetti delle fabbriche e vendere la corrente alle sottostanti attività artigianali ed
industriali, senza passare dalla rete.
E’ questo il modello di business per il fotovoltaico nei prossimi anni, che non necessita di
incentivi ed investimenti, e può cambiare radicalmente lo scenario del consumo industriale:
dove i danesi hanno il vento, noi abbiamo (purtroppo o perfortuna) centinaia di aree artigianali
ed industriali da solarizzare. Le Osservazioni di Legambiente Veneto al Piano Energetico
Regionale comprendono anche dei secchi NO: con più fotovoltaico e con più risparmio
energetico possiamo anche permetterci di dire di no alle più di cento richieste di autorizzazione
di centrali mini e micro idroelettriche nelle montagne venete, che distruggono gli ultimi torrenti
e fiumi rimasti intatti. Un paesaggio che per nulla al mondo va danneggiato, in particolar modo
a fronte della poca energia che ne deriverebbe:
Legambiente quindi chiede alla Regione una netta presa di posizione contro questi impianti ed
una moratoria per tutte le aree ad alta biodiversità.
Ultima, ma non meno importante, osservazione la merita il biometano: tutta la produzione di
biogas futura dev’essere indirizzata verso la filiera del biometano, per alimentare le flotte degli
autobus urbani e la percentuale di auto a metano che il nostro paese vanta, che ne fa un
leader mondiale nel settore. Solo così si potrà arrivare a quel 10% di rinnovabili nel settore
trasporti, obiettivo europea altrimenti irraggiungibile.
Davide Sabbadin, responsabile Energia e Agricoltura per Legambiente Veneto
Luigi Lazzaro, Presidente regionale di Legambiente
(da Ecopolis Newsletter - gennaio 2014)
e non è finita…..
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Primarie a Padova e programmi: confronto sui temi ambientali da Ecopolis Newsletter – gennaio 2014
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da Greenme.it – gennaio 2014
Banca d'Italia: un regalo per le banche da Altreconomia – gennaio 2014
Poveri anche di farmaci da Altre Notizie – gennaio 2014
Verdure di stagione: il carciofo da Biorekk – gennaio 2014