Nezavisimaya Gazeta Sul momento...
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Ambasciata d’Italia a Mosca
Rassegna della stampa russa - Titoli
31 luglio 2013
Nezavisimaya Gazeta
http://www.ng.ru/
Pagina 1/2 – Sul momento presente
Il fenomeno Navalny e le sfide economico-politiche a Vladimir Putin. Articolo editoriale del
direttore Konstantin Remchukov
1. La crescita dell’economia russa ha avuto una brusca battuta d’arresto e si avvicina allo zero.
Crisi, depressione, recessione e stagnazione sono quei mezzi in cui trovano più facile diffusione i
germi del malcontento nei confronti delle autorità. Specialmente tra i giovani istruiti.
Specialmente sullo sfondo della corruzione.
2. Il nucleo degli elettori di Vladimir Putin è formato da persone di età avanzata, che dipendono
dai soldi pubblici, in un modo o nell’altro legati allo stato nell’ambito economico o sociale.
L’essersi occupato proprio di questa categoria di persone ha garantito a Putin una facile
rielezione per il terzo mandato.
3. I suoi uomini al governo sono suscettibili al calo di popolarità del presidente tra gli statali.
Ecco perché Putin non smette mai di criticare il governo vuoi “insieme, vuoi separatamente,
vuoi dandosi il cambio”. Da un lato questa critica piace al popolo e contribuisce ad alzare il
rating, dall’altro lato riflette la reale preoccupazione per la mancanza di una strategia chiara e di
una politica per la crescita.
4. Alle riunioni tenutesi nel territorio della Transbajkalia durante le grandi esercitazioni militari,
Vladimir Putin ha criticato con una rigidità senza precedenti il lavoro di Dmitry Rogozin come
vice-premier e presidente del Commissione militar-industriale. La critica si riferiva al fatto che,
avendo posto sotto il suo controllo un gran numero di questioni riguardanti la produzione
militare, Rogozin non è stato in grado di fare notevoli cambiamenti. Putin lo ha invitato a fare le
sue conclusioni. «Altrimenti le conclusioni le trarremo noi», - ha concluso il presidente.
5. Tutti sanno che Rogozin è un “figlio spirituale” di Putin. Fino a questo momento il presidente
non ha criticato in presenza di sottoposti i suoi uomini di fiducia. L’accaduto, indubbiamente, dà
prova di un alto livello di ansia e insoddisfazione nei confronti dell’efficienza della classe
governativa, e non solo tra i membri della Corporazione degli industriali.
6. C’è la sensazione che qualcosa al giorno d’oggi nello sviluppo della Russia non sia andato
esattamente come aveva pensato Putin, quando alle elezioni dello scorso anno aveva promesso
stabilità e prevedibilità. Dunque la protesta e la minaccia alla stabilità nascono non dai poveri,
ma dai più agiati ed istruiti. Dalla classe media.
7. Coi conseguenti investimenti sociali e la critica sfrenata ai “duri” anni 90, come eredità
lasciata da Eltsin, Putin ha creato uno status quo da cui non è in grado, politicamente parlando,
di svoltare a destra. La retorica liberale, democratica e borghese ha un presente e un futuro
limitati. Parlare di valori liberali è possibile solo per acquietare le coscienze, senza possibilità
alcuna in prospettiva politica ed elettorale.
8. Politicamente Putin può voltarsi solo a sinistra. A fronte di un populismo ancora maggiore e
di una retorica “redistributiva”.
9. Essere più a sinistra di Putin? Certo! È stata la manovra di Aleksey Navalny. In lui si incarnano
contemporaneamente richieste politiche tendenti a un nazionalismo aggressivo, al sinistrismo e
all’antiglobalismo. La caratteristica di «aggressivo» è significativa e riflette la sua qualità e le
esigenze di un crescente numero di giovani uomini, non iscritti nella realtà del capitalismo
russo, ma non certo privi di un’alta opinione di se’ a causa degli scontri con la vita.
10. In modo inaspettato per il potere, Navalny è diventato un fattore influente della politica
russa. Questo è stato la conseguenza della sua coerente, perseverante, di successo e impunita
lotta contro la corruzione. Almeno non ho avuto informazioni che qualcuno fatto oggetto di
rivelazioni, fosse la VTB o Transneft, abbia smascherato Navalny in tribunale. Ma tuttavia per il
potere sarebbe stato molto più conveniente avere tra le mani una sentenza che condannasse
Navalny per diffamazione, per svalutare negli anni a venire la portata delle sue affermazioni
rilevatrici.
11. La partecipazione di Navalny alle elezioni a Mosca è il risultato dell’attuazione del nuovo
corso elettorale pensato da Vyacheslav Volodin. Il nocciolo si riduce a una negazione del corso
di Vladislav Surkov, finito tra piazza Bolotnaya e prospekt Sakharov. Il punto dell’avvicinamento
di Surkov alla politica era essenzialmente basato su fatti politici e tecnici: il divieto, la rimozione
dalla registrazione, l’esclusione fino alle elezioni degli opponenti del Cremlino e di chi critica il
potere. La priorità di Volodin suona così: prevalentemente politica, ma non senza escludere la
politecnologia.
12. Siccome i propagandisti non parlano da mattina a sera sul nuovo corso politico (per non
attirare attenzione eccessiva ai metodi politici, del periodo della democrazia sovrana), molti
rappresentanti dell’elite politica (soprattutto dell’elite al potere) nelle loro occupazioni hanno
registrato i cambiamenti del corso. Per costoro la crescita visuale delle voci di opposizione è
diventata segnale di allarme, e la rumorosa, aperta e aspra critica rivolta personalmente a Putin
è diventata l’inizio dell’agitazione. Da qui il desiderio di ridurre in schiavitù ogni avversario
tumultuoso.
13. Si pensa che la storia della liberazione di Navalny “in licenza” per poter svolgere la
campagna elettorale a Mosca sia un copione particolare. Molto rischioso in base ai criteri della
democrazia sovrana di Surkov. Naturale, anche se non ancora approvato, nella logica
dell’esperimento di Volodin.
14. Navalny dispone della sua libertà prima del carcere senza compromessi, accusando a destra
e a sinistra i funzionari di comportamento mafioso e corrotto. I funzionari in risposta tacciono. E
sicuramente non perché hanno paura. Più probabilmente perché è la linea generale del
Cremlino: tutti i regolamenti di conti con Navalny sono rinviati dopo l’8 settembre.
15. Ma perfino quelli al potere che non ritengono Navalny un pericolo di immediata
destabilizzazione della situazione politica in tutta la Russia riconoscono che il pericolo strategico
per il regime viene proprio da quegli uomini aggressivi intorno ai 35 anni che costituiscono il
nucleo di supporto all’oppositore. La classe media non contenta della qualità della politica
statale, dall’opacità delle uscite di bilancio, della burocrazia, della corruzione, della situazione di
monopolio dei mercati.
16. La classe media istruita vuole pianificare il proprio futuro. È un’esigenza di qualsiasi persona
sviluppata e organizzata. Nelle condizioni di debole funzionamento degli istituti la prevedibilità
si riduce. La gente sta perdendo l'idea del valore relativo di questi o di altri beni, non essendo in
grado di disporre ragionevolmente dei propri mezzi. Ma proprio questi problemi non sono mai
stati alla base delle riflessioni strategiche del potere, il cui nulceo di elettori è più
frequentemente gravato da tutt'altre preoccupazioni e priorità. Pertanto le autorità non hanno
anche un vocabolario elaborato ad hoc per comunicare con lo zoccolo duro degli elettori di
Navalny. È successo il dialogo. Mancanza di dinamismo dell'economia russa ogni giorno lavora
per la crescita della latenza del malcontento della classe media. La mancanza di dinamismo
dell’economia russa contribuisce giorno dopo giorno ad aumentare il latente malcontento della
classe media.
17. Negli ultimi giorni le “grandi menti della capitale” hanno parlato di copioni di
intercettazione di iniziativa in Navalny e nei suoi sostenitori. Nell’ultimo incontro di Medvedev
con i parlamentari di Russia Unita, Serget Naryshkin ha parlato inaspettatamente di inziative
poco importanti di un certo numero di deputati, di una raccolta di firme avviata per lo
scioglimento della camera bassa. Medvedev ha sostenuto Naryshkin. Davvero fuori luogo. Ma la
raccolta di firme continua. Qualcuno ne ha bisogno.
18. Secondo una delle versioni circolanti, non è la Duma a porre la questione di sfiducia al
governo, ma il governo a chiedere alla Duma la fiducia. In caso di sfiducia, il presidente ha 7
giorni di tempo per sciogliere la Duma o far cadere il governo. Chi sostiene questo ritiene che
l'agenda politica per le elezioni di Mosca si oscurerà sullo sfondo di scioglimento della Duma e
la frenesia per elezioni a livello federale.
19. Le nuove elezioni per la Duma potrebbero andare oltre la stessa libertà di accesso di
candidati agli elettori, come le elezioni per il sindaco di Mosca, risolvendo il compito di
legittimità del potere legislativo ed eliminando nel mentre le proteste di piazza Bolotnaya.
Dopodichè le dimissioni del governo di Medvedev appariranno come un fatto tecnico. Egli sarà
in grado di unificare delle navi, e al suo posto sorgerà qualcuno dei più vicini alla cerchia del
presidente.
20. I processi politici si stanno sviluppando in Russia in modo conforme alle leggi generali della
globalizzazione. Non vale la pena assolutizzare le particolarità del nostro paese e ignorare
l’universale. Altrimenti sarà difficile spiegare il “bunt”. E non ho dubbi che ogni giorno con
amarezza Hosni Mubarak rifletta su questo nella sua cella, un tempo presidente di successo
dell'Egitto, che negli anni di governo autoritario ha innalzato il livello di benessere dei suoi
“ingrati” connazionali.
Autore: Kostantin Remchukov
Taglio: Alto Traduzione: Chiara Stroppolo
Kommersant
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Pagina 2 – I candidati a Sindaco di Mosca non andranno in diretta televisiva
Nei dibattiti televisivi gli elettori li vedranno tutti insieme e registrati. Il Sindaco uscente
Sobyanin non ha ancora preso una decisione sulla sua partecipazione ai dibattiti
Ieri al sorteggio del tempo di trasmissione al Comitato elettorale della città di Mosca
(Mosgorizbirkom) è stato spiegato il tipo di format per i dibattiti pre-elettorali. Come scriveva
anche Kommersant alla vigilia, non ci saranno dibattiti uno a uno, in cui il sindaco ad interim
Sobyanin possa confrontarsi con Navalny: in tv e per radio saranno invitati tutti e sei i
candidati. Come affermano nel cerchio ristretto del sindaco ad interim, Sobyanin non ha
ancora deciso se prendere o meno parte ai dibattiti. La maggior parte dei suoi avversari non
sono contenti del fatto che i dibattiti saranno trasmessi non in diretta, ma in differita. Ma i
mass-media moscoviti non intendono cambiare orientamento.
Come ha detto il direttore della programmazione della redazione unica dei mass-media
moscoviti, “Moskva Media”, Yuriy Zhiganov, ai dibattiti parteciperanno contemporaneamente
tutti e sei i candidati, in tutto ci saranno 12 trasmissioni, tre per ogni rete televisiva (“Moskva
24” e “Doverie”) e per ogni radio “Moskva FM” e “Govorit Moskva”). Riguardo a possibili
format tv alternativi in cui il sindaco ad interim Sobyanin possa intervenire senza confronto
diretto col candidato del PRP-Parnas, Navalny, Kommersant ne ha già scritto ieri. I dibattiti
inizieranno il 12 agosto e termineranno il 6 settembre.
Il fatto che ha sorpreso i candidati è la trasmissione in differita, invece che in diretta. “Non
abbiamo le possibilità tecniche, il nostro scadenziario è pieno, e c’è solo uno studio in comune
per due reti televisive”, ha spiegato ieri a Kommersant Zhiganov. Il capo dello staff di Navalny,
Leonid Volkov, ha dichiarato a Kommersant che “c’è da piangere” se la rete televisiva “Moskva
24”, che riceve 2,8 miliardi di rubli dallo stato (cfr Kommersant del 24 maggio), non riesce a
garantire una diretta. “La registrazione si può anche montare, e ciò non va affatto bene”, ha
notato Volkov, che ha definito “molto ragionevole” la scelta di effettuare un dibattito tra i sei
candidati. Teme montaggi anche il candidato di “Russia Giusta”, Nikolay Levichev: “Quando c’è
la possibilità di tagliare qualcosa, tagliano sempre i punti più interessanti, lasciano solo quei
momenti in cui ci si gratta l’orecchio o si vacilla”. Ma Zhiganov ha assicurato a Kommersant che
non sarà montato nulla e che “tutto sarà come in una diretta”. Di questo aveva parlato a
Kommersant anche il creative producer di Moskva 24, Timur Valeev. Stando alle affermazioni
di Zhiganov, i candidati dapprima pronunceranno un discorso introduttivo, poi avranno la
possibilità di farsi domande a vicenda. A moderare sarà Dmitry Shugorev, già moderatore dei
dibattiti su “Russia 24” per le elezioni alla Duma di Stato del 2011, il quale aveva anche
partecipato alla conduzione della linea diretta con Vladimir Putin lo scorso aprile.
Il leader di “Yabloko”, Sergey Mitrokhin, ha ricordato che “nel 2009 alle elezioni per la Duma di
Mosca e nel 2011 alle elezioni per la Duma di Stato i dibattiti venivano trasmessi sulle stesse
reti in diretta, e allora le possibilità degli studi consentivano un tale tipo di trasmissione”. Egli è
sicuro che “il tempo di trasmissione dei canari che si mantengono a spese dei moscoviti è
sufficiente per organizzare dibattiti non di gruppo, ma individuali”. E il candidato del PCFR
(Partito Comunista della Federazione Russa), Ivan Melnikov, ha invitato il potere federale a
intervenire per poter avere “dibattiti in diretta su TVC o anche su VGTRK”.
Timur Valeev ritiene che la decisione è ormai stata presa e che le richieste dei candidati non
possono essere soddisfatte, ma rispetto a precedenti dibattiti ha chiarito: "C'erano tre-quattro
membri al massimo, ora sei, la situazione è abbastanza complessa". Zhiganov ha dichiarato che
i temi dei dibattiti non saranno concordati coi candidati: “Non riusciremo comunque a mettere
d’accordo tutti”. Tuttavia i partecipanti alla campagna elettorale saranno avvisati in anticipo
sul tema della trasmissione.
Il candidato del partito dei liberal-democratici, Mikhail Degtyarev non si è lamentato per la
scelta del format: “Sei candidati riuniti in uno spazio unico è anche un bene, l’elettore ha la
possibilità di comparare voci diverse, discorso, programmi, crescita e aspetto”. Il
rappresentante del sindaco ad interim presso il Comitato elettorale cittadino di Mosca, Andrey
Paramonov, ha riferito a Kommersant che “a lui va bene qualsiasi formato che sia conforme
alla legge”. Secondo lui “il candidato ha diritto a sottrarsi ai dibattiti”, ma Sobyanin non si è
ancora espresso definitivamente al riguardo – la sua volontà sarà resa pubblica in prossimità
dei primi dibattiti. Ricordiamo che, in conformità al Codice elettorale di Mosca, gli uomini di
fiducia non possono sostituire un candidato ai dibattiti.
I dibattiti tra i sei prenderà ai candidati la metà del tempo di propaganda. La rimanente parte
sarà spesa per filmati prelettorali, fatti di blocchi unici della durata di nove minuti (1,5 minuti
per ciascuno nei giorni feriali). Il malcontento nelle sedi (riguardo a ciò si è esposto in
particolare Leonid Volkov) ha spinto "Mosca 24" a inserire la propaganda bel mezzo della
giornata lavorativa, alle 13:15. I candidati possono acquistare tempo supplementare, ma, come
ha riferito a Kommersant il capo della divisione progetti speciali di "Mosca Media", Anastasia
Romanov, questa volontà è stata manifestata solamente da Mitrokhin, Melnikov e Levichev
(ma possono ancora rifiutare). Il costo di un minuto di propaganda elettorale va da 8 mila rubli
(radio) fino a 26 mila rubli (via etere).
Autore: Taisiya Bekbulatova
Taglio: Basso
Traduzione: Chiara Stroppolo
Kommersant http://kommersant.ru/
Pagina 6 - Israele e Palestina vanno a cena e poi aspetteranno 9 mesi
Le questioni controverse lasciate alle prossime tappe del negoziato
Alla preparazione del dialogo diretto tra Israele e Palestina per John Kerry, il segretario di Stato
americano, e i negoziatori Tzipi Livni e Saib Erekata potrebbero servire 9 mesi.
Dopo una pausa durata tre anni negli Stati Uniti sono cominciati i negoziati di pace tra
Palestina e Israele. Temendo un fallimento, le parti hanno deciso di non affrontare nella prima
tappa del negoziato le questioni più controverse, compreso lo status di Gerusalemme Est e del
problema degli abitati israeliani. Al Dipartimento di Stato Americano ritengono che per la
preparazione all’incontro tra i leader d’Israele e della Palestina saranno necessari almeno 9
mesi.
Il primo round dei negoziati è iniziato con la cena delle due delegazioni. La parte israeliana al
tavolo, apparecchiato secondo le tradizioni del mese del Ramadan sacro ai musulmani, era
rappresentata dal Ministro della Giustizia Tzipi Livni e da Yitzhak Molho, il rappresentante
speciale del premier; quella palestinese invece dal capo della delegazione Saeb Erekat e
Muhammed Shtaya.
L’organizzazione dei negoziati è stata organizzata dagli Stati Uniti con la massima cautela. Tre
anni fa Washington aveva già tentato di organizzare un incontro tra il leader israeliano e quello
palestinese, ma allora l’inziativa di pace si era rivelata un fallimento. Il premier israeliano
Benjamin Netanyahu negli Stati Uniti si era categoricamente rifiutato di affrontare la questione
dell’interruzione della costruzione degli abitati israeliani nei territori occupati, in risposta il capo
dell’Autonomia Palestinese Mahmud Abbas aveva dimostrativamente abbandonato i negoziati
Ma questa volta annunciando l’inizio del processo dei negoziati il segretario di Stato John Kerry
ha dichiarato che i suoi partecipanti sono d’accordo circa le condizioni per un incontro futuro in
prima persona. Inoltre, finora non pianificano di affronatre le questioni pià controverse. Al di
fuori del dialogo devono rimanere i problemi dei confini, dei profughi palestinesi, degli
insediamenti israeliani a est del fiume Giordano e lo status di Gerusalemme Est. “Il mio compito
è raggiungere un compromesso accettabile” ha spiegato all’inizio della settimana Kerry. “So che
la discussione sarò difficile, ma credo che un rifuito al dialogo sarebbe un errore ancora più
grande”.
Gli esperti a Washington affermano che l’argomento principale che ha spinto le delegazioni a
sedersi al tavolo dei negoziati è diventato una sorta di ultimatum avanzato dal segretario di
Stato americano durante la recente vistita in Medio Oriente. Allora il premier Netanyahu aveva
dichiarato che Israele non permetterà la comparsa all’interno dei suoi confini del “governo
terrorista”, mentre Mahmud Abbas aveva avvisato che i palestinesi non sono disposti a
rinunciare alla richiesta di un ritorno ai confini del 1976. “A entrambe le parti è statao
necessario spiegare chiaramente che questa severa posizione può portare ad una catastrofe”
ha dichiarato a Kommersant David Shenker, l’esperto del Washington Institute for Near East
Policy. “Se la Palestina si rivolge alla Corte Penale Internazionale e richede il riconoscimento
dell’ONU, Israele può rovesciare l’aiuto ai territori palestinesi e questo a sua volta porterà gli
stati europei a rifiutarsi di investire nell’economia di Israele”.
(…)
Secondo Kerry per la preparazione dell’incontro tra i leader d’Israele e Palestina ci vorranno
alemno 9 mesi. Al Diapertimento di Stato non sono stati in grado di precisare con che frequenza
si incontreranno le delegazioni. Il suo rappresentante jean Psaki ha dichiarato: “posso solo
affermare che non impiegheremmo tanto tempo e forze nell’orrganizzare gli incontri se non
sperassimo in un successo”.
Autore:Kirill Belyaninov
Taglio:medio
Traduzione: Camilla Bisesti
Izvestia http://izvestia.ru/
Pagina 7 – La rappresentante dell’UE ha fatto visita a Morsi in carcere – Il capo della
diplomazia europea Catherine Ashton ha avuto una conversazione con l’arrestato Presidente
dell’Egitto
Nel corso della sua visita al Cairo, Catherine Ashton ha incontrato dapprima i rappresentanti dei
“Fratelli musulmani”e, in seguito, i loro oppositori che sostengono il nuovo governo. Per tutto il
corso della visita la Ashton ha insitito per incontrare di persona Mohammad Morsi. Tuttavia i
militari, nelle cui mani si trova il presidente deposto, hanno mantenuto a lungo il silenzio.
Dalla capitale egiziana sono giunte informazioni contrastanti: alcune fonti hanno confermato
che non ci sarà alcuna visita, altre che i militari sono pronti a scendere a compromessi e a
consentire a Morsi di dialogare con la dimplomatica europea.
Il messaggio che conferma l’avvenuto incontro è comparso sul blog della Ashton e non
conteneva nessun altro dettaglio, ad eccezione dell’accenno al fatto che il colloquio è durato
circa due ore. La stessa Ashton si è diplomaticamente astenuta dal rivelare i dettagli della
comunicazione con il deposto presidente.
“Gli ho detto che non rivelerò la sua opinione sugli eventi in corso , dal momento che egli non
può correggermi in queste circostanze”, ha dichirato più tardi la Ashton, aggiungendo che Morsi
si sente bene e che grazie all’accessibilità ai giornali e alla televisione conosce quanto sta
accadendo all’interno del paese e nel mondo.
L’entourage della Ashton ha dichiarato a Izvestia che il colloquio si è svolto “ in un luogo
segreto” ma ulteriori dettagli non sono stati svelati.
Anche Mahmud Zakzouk, il segretario stampa del Partito della Libertà e della Giustizia, da cui
proviene il deposto presidente, si è astenuto dal fare dichiarazioni. “Finchè nessuna delle parti
sarà pronta a discutere dei dettagli di questo incontro” ha affermato Zakzouk.
Nel contempo, ancora prima della visita di Catherine Ashton, il movimento del “Fratelli
musulmani” ( il Partito della Libertà e della Giustizia è infatti la sua ala politica) ha annunciato
che “rifiuta ogni trattativa con i militari che si sono impadroniti del potere, nonostante la
mediazione dei governi stranieri e delle organizzazioni internazionali”.
“Non accettiamo di dialogare con la giunta militare, che ha fatto cadere il presidente
legittimamente eletto, fintanto che Morsi si trova in stato di arresto”, ha dichiarato in modo
categorico a Izvestia il capo del movimento Muhammad Sudan.
In questo modo l’intera missione di Catherine Ashton fin dall’inizio è stata incerta. E, come dice
il politogo tedesco Alexander Rahr, questo non sorprende.
“L’occidente non ha tenuto il passo con quanto accaduto in Egitto. E a giudicare dal fatto che la
Cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato ripetutamente che Morsi, in qualità di
presidente legittimamente eletto debba essere rilasciato, in Europa si teme che quest’ennesima
rivoluzione possa degenerare in una guerra civile come accaduto in Siria” ha dichiarato il
politologo a Izvestia.
Il politologo ha dichiarato che in Europa dopo le elezioni presidenziali tenutesi un anno fa in
Egitto, durante le quali ha vinto il deposto Morsi, si sono resi conto che la maggioranza della
popolazione egiziana in un modo o nell’altro sostiene gli islamisti. Essi nella loro maggioranza
non vogliono dimostrazioni e meeting, ma votano per politici conservatori, che rappresentino
attivamente la carta islamica. In questa situazione in cui è evidente la scissione tra gli egiziani
attivi, che condividono i valori democratici occidentali, e coloro che osservano le leggi della
sharia, l’occidente cerca di evitare che si scateni una guerra.
“L’Europa, non gli Stati Uniti ma l’Europa, sta tendando ora di non perdere la faccia dopo che
l’occidente ha sostenuto la rivoluzione che ha provocato la caduta di Moubarak. Allora in
Europa questa era considerata come una vittoria della democrazia. Ma alle elezioni ha vinto
l’islamista Morsi. E i funzionari dell’Unione Europea, per non essere accusati di adottare due
pesi e due misure, sono costretti a cercare dei metodi per proteggerlo”, ha concluso Rahr.
Mohammad Morsi è stato eletto presidente dell’Egitto dopo la caduta del regime di Hossni
Moubarack. Dei quattro anni previsti dalla legge, ha ricoperto la carica di presidente solo per
poco più di uno. È entrato in carica il 30 luglio del 2012 e già il 3 luglio del 2013 è stato deposto
dai militari e messo in stato di arresto. Da quel momento in Egitto continuano i tumulti da parte
dei sostenitori di Morsi, nel corso dei quali pare che siano state uccise fino a mille persone.
Autore: Yuri mazarskiy, Igor Yavlyanskiy
Taglio:medio
Traduzione:Camilla Bisesti
Nezavisimaya Gazeta
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Pagina 2 – L’affare Snowden è un problema prima di tutto umanitario
Il dissidente deve evitare il destino del soldato semplice americano Bradley Manning. Articolo
editoriale
Ieri sera (ormai notte fonda a Mosca) il tribunale americano doveva pronunciare la sentenza sul
“caso del soldato semplice Bradley Manning”, che tramite il sito di inchiesta WikiLeaks ha
trasmesso agli organi della stampa mondiale centinaia di migliaia di documenti del Pentagono e
del Dipartimento di Stato. Ci si aspettava che la sentenza sarebbe stata particolarmente severa,
a edificazione di altri funzionari statali militari e civili, che potrebbero compiere azioni simili.
La conclusione del processo e la sentenza a Manning richiamano nuovamente l’attenzione al
destino dell’ex agente della CIA e dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale, Edward Snowden, che
da più di un mese si trova nella sala di transito dell’aeroporto Sheremetyevo, in senso legale
zona internazionale neutrale. Il cittadino americano si è rivolto alle autorità russe chiedendo di
concedergli il rifugio temporaneo, e attende una loro decisione.
L’amministrazione di Barack Obama continua a pretendere l’estradizione di Snowden negli Stati
Uniti. L’ultima argomentazione a favore di una decisione simile è la promessa del Ministro della
Giustizia Eric Holder a non richiedere dal tribunale la condanna a morte. La natura delle accuse
rivolte a Snowden però è rimasta la stessa: spionaggio, diffusione di segreti di stato. Di fatto
questo porterà inevitabilmente al carcere a vita o a un termine di reclusione equivalente.
È significativo che l’eroe di una nota vicenda giudiziaria simile degli anni Settanta, Daniel
Ellsberg, che aveva fornito ai giornali americani documenti del Pentagono sulla guerra in
Vietnam, ritenga che Snowden abbia agito correttamente, scegliendo di recarsi da Hong Kong a
Mosca. Secondo quanto afferma, alle attuali condizioni negli USA Snowden non può contare
sulla giustizia dei tribunali americani. Lo stesso Ellsberg, durante l’inchiesta per il suo caso,
aveva avuto la possibilità di essere rilasciato sotto cauzione, era intervenuto davanti
all’opinione pubblica spiegando le ragioni del suo gesto, ed era poi stato giustificato dal
tribunale. Allora forte era il movimento antimilitarista dell’epoca. Snowden invece, secondo
Ellsberg, è ora minacciato dal destino di Manning. (Lo stesso, è legittimo credere, minaccia
anche il fondatore di WikiLeaks Julian Assange, nonostante questi non abbia commesso alcuna
azione antigiuridica negli USA e sia un cittadino australiano). La decisione di Edward Snowden di
cercare rifugio all’estero è stata sostenuta anche dal padre.
Va osservato che non esistono motivazioni giuridiche per l’estradizione di Edward Snowden
dalla Russia: tra i due Paesi non ci sono accordi di estradizione. Casi di espulsione da parte delle
autorità americane di cittadini russi sono stati esclusivamente deportazioni per la violazione del
regime dei visti. E certamente non c’è stato nessun caso di estradizione di ex agenti dei servizi
segreti russi e di organi di polizia.
A questo proposito in primo piano vi sono aspetti morali e umanitari del problema. Bisogna
tener conto del fatto che a causa della pressione degli Stati Uniti su altri Stati, a Snowden è
stato bloccato il transito verso tre Paesi dell’America Latina, che erano disposti a concedergli
rifugio. La Russia è di fatto l’unico paese in cui al momento può sentirsi al sicuro. Proprio questo
aspetto costringe le autorità russe ad esaminare la possibilità di concedere a Snowden l’asilo
temporaneo. In futuro occorrerà prestare aiuto per la sua partenza verso altri Paesi.
Al contempo, è importante che l’adozione di una decisione riguardo alla richiesta del cittadino
americano avvenga senza un’eccessiva politicizzazione, e in modo tale che l’ex agente,
trovandosi sul territorio russo, eviti qualsiasi tipo di azione che possa danneggiare i rapporti
russo-americani. Come noto, questa promessa l’ha già fatta. È necessario che anche la parte
americana tenga conto della situazione nella quale si è trovata Mosca, in gran parte a causa
delle maldestre azioni di Washington.
Le parti devono trarre il dovuto insegnamento dall’accaduto. Avrebbero potuto intraprendere
delle trattative e stipulare un accordo sul tema dell’estradizione, definendo in modo preciso in
base a quali tipi di violazione dei diritti ciascuna parte debba ricorrere all’estradizione di
cittadini, e quale debba essere la procedura da seguire.
Autore: redazione
Taglio: medio alto
Traduzione: Alice Bravin
Rossiyskaya Gazeta http://www.rg.ru/
Pagina 5 – Hanno trovato la prigione per Berlusconi
Rossiyskaya Gazeta e’ andata a vedere la prigione dove il cavaliere potrebbe scontare la pena
Non appena fatto il nome di Berlusconi in una delle più antiche carceri italiane, San Vittore,
dove ha chiamato il corrispondente di RG, hanno subito riattaccato con una risata dicendo:
“Ahah! Bye bye!”. Tutta l’Italia si è fermata aspettando il verdetto per il 76enne cavaliere che,
su sua stessa ammissione, è pronto a finire dietro le sbarre. In quale carcere di preciso – è ciò
che stanno pronosticando i media italiani.
La Corte di Cassazione italiana ha iniziato a esaminare l’appello dell’ex-premier che è stato
riconosciuto colpevole di frode finanziaria all’interno del gruppo mediatico Mediaset. La
sentenza sarà definitiva. E se la condanna sarà confermata, Berlusconi dovrà dare l’addio
definitivo alla politica. Lo stesso rifiuta categoricamente di essere colpevole. In una
sensazionale intervista rilasciata al giornale “Libero”, il cavaliere ha detto con orgoglio: "Sono
convinto che il giudice non mi condannerà. Ma in caso di condanna, non farò l’esule. Né
accettero i lavori socialmente utili, come un qualsiasi criminale che ha bisogno di essere
rieducato. Ho il diritto agli arresti domiciliari, ma andrò in carcere".
Molti connazionali hanno giudicato queste parole come un atto di spavalderia: ma chi lo
manderà mai in carcere? Per la legge italiana, un condannato in così tarda età viene
condannato con la reclusione solo per reati particolarmente gravi, come l'omicidio. E
chiaramente questo non è un caso di omicidio. Ricordiamo che nel mese di ottobre 2012 il
tribunale di Milano ha condannato Berlusconi a quattro anni di carcere, ma in conformità con la
legge di clemenza, il termine era stato ridotto a un anno.
Inoltre molti istituti di rieducazione italiani potrebbero spalancare le porte a un cliente così in
vista (e perfino invidiabile). Come ad esempio il carcere milanese di San Vittore”, uno dei più
antichi carceri del paese: il sogno di ogni prigioniero. Un castello di fine XIX secolo di mattoni
rossi, con vista panoramica dalla finestra - qui scontano la pena molti funzionari, politici e
uomini d'affari italiani. I quotidiani locali hanno scritto che qui tutto sarebbe pronto per
accogliere i famosi stilisti Dolce e Gabbana, condannati per evasione fiscale. Tanto più che a San
Vittore fanno perfino sfilate di moda. Tuttavia si sono decisamente rifiutati di rispondere alla
domanda su Silvio Berlusconi, anche se sembra abbia divertito l’italiano dall’altro capo del filo.
Ma per l’ex-premier ci sono altre piacevoli opzioni. Gode di una buona reputazione anche il
carcere romano di Rebibbia, famosa per aver ospitato Mehmet Ali Ağca, colui che attentò alla
vita di Papa Giovanni Paolo II. Il carcere dispone anche di una pagina su Facebook, dove sono
stati 3092 iscritti al social network, e con 200 “mi piace”. A disposizione dei “clienti" ci sono
palestre, sale computer e un prestigioso menu “mediterraneo” à la carte, grazie al quale i
detenuti perfino ingrassano. Non sorprende che molti sognino di tornare lì, come a "Noto", che
si trova in Sicilia. A dire il vero non è un carcere, ma un hotel a cinque stelle. È interessante
notare che a suo tempo il premier Berlusconi ha visitato un carcere siciliano dove sono reclusi
alcuni mafiosi locali. Allora appoggiava una disposizione della direzione del carcere che vietava
ai detenuti di cantare in cella. Si è sollecitato, scherzando adesso gli italiani.
Autore: Marina Aleshina, Aleksey Zabrodin
Taglio: Medio
Traduzione: Chiara Stroppolo
Kommersant
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Pagina 9 - Alla Veb hanno concesso di salvare il Sukhoi Superjet
Vladimir Putin ha approvato il piano per salvare dal default il produttore del Sukohi Superjet, la
Sukhoi Civil Aircraft. La parte del debito della compagnia nei confronti della Vneshekonombank
pari a 600 milioni di dollari sarà estinta con una emissione aggiuntiva da parte dell’azionista
principale della SCA, la Sukhoi. A sostegno della compagnia verrà fornito anche un sussidio,
ricavato dalla vendita del 5% delle azioni della Veb nel gruppo EADS (produttore degli Airbus).
Vladimir Putin ha approvato il piano per salvare dal default il produttore del Sukhoi Superjet, la
compagnia Sukhoi Civil Aircfat. Come ha supposto Kommersant, la parte del debito della SCA
nei confronti della Vneshekonombank, pari a 600 milioni di dollari, verrà estinta con una
emissione aggiuntiva della Sukhoi, azionista principale della compagnia. A sostegno della
compagnia verrà fornito anche un sussidio, ricavato dalla vendita del 5% delle azioni della Veb
nel gruppo EADS.
Come è stato reso noto a Kommersant, la settimana scorsa Vladimir Putin ha confermato il
sostegno finanziario alla compagnia produttrice di aerei Sukhoi Civil Aircraft, di cui Kommersant
aveva già scritto in data 11 luglio. Il presidente ha approvato lo schema di conversione di parte
del debito della Sukhoi Civil Aircraft nei confronti della Vneshekonombank, pari a 600 milioni di
dollari, in azioni del suo azionista, la compagnia Sukhoi, tenendo conto del pareggio
dell’operazione per la banca. Questi mezzi verranno ricavati dalla vendita del 5% delle azioni
della sede della struttura Airbus S.A.S, la EADS; la banca aveva acquistato questo pacchetto
dalla VTB nel 2007. Alla United Aircraft Corporation, di cui fa parte anche la compagnia Sukhoi,
si sono rifiutati di commentare, i rappresentanti della Veb non hanno risposto alle telefonate.
La Sukhoi Civil Aircraft ha raggiunto un accordo: entro la fine del 2013 le banche non
richiederanno il rimborso anticipato dei prestiti a patto che, entro il suddetto periodo di tempo,
la compagnia risolva le sue difficoltà finanziarie. Al momento il debito della Sukhoi Civil Aircraft
è di 2,1 miliardi di dollari (di questi 300 milioni di dollari nei confronti delle parti correlate). In
conformità al businnes plan, la sua uscita in pareggio si pianifica già dal 2015, quando il volume
dei ricavi sarà maggiore a 1,5 miliardi di dollari, mentre per il 2018 il ricavo della compagnia
sarà maggiore a 2 miliardi di dollari. Oleg Panteleev da “Aviaport” ritiene che i programmi
finanziari aggiuntivi consentiranno alla compagnia di ridurre i termini della produzione di aerei.
Come risultato, secondo l’esperto, i committenti potranno ottenere per tempo il Sukhoi
Superjet, il che ridurrà significativamente i tempi per recuperare i crediti.
Autore: Elizaveta Kuznecova
Taglio:medio
Traduzione:Camilla Bisesti
Kommersant
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Pagina 9 – Edison contro Gazprom
La filiale italiana della compagnia energetica francese Edison-EDF e’ ricorsa alla corte arbitrale
con la richiesta di rivedere le condizioni del contratto con Gazprom. Si tratta gia’ del secondo
ricorso, il primo e’ stato fatto da Edison nell’agosto 2010, poi dopo un anno le parti si sono
messe d’accordo per modificare il contratto
La filiale italiana della compagnia energetica francese Edison-EDF è ricorsa alla corte arbitrale
contro Eni e Promgas S.p.A. (filiale di Gazprom) con la richiesta di rivedere le condizioni del
contratto per la fornitura del gas. Lo scopo del ricorso da parte di Edison è di “abbassare i prezzi
in base al prezzo del gas sul mercato”. Edison insiste sulla revisione del contratto dalla fine del
2012, ha confermato la Gazprom Export, manifestando la speranza che le parti riescano a
trovare un accordo senza ricorrere al giudice. Edison acquista da Gazprom 2 miliardi di metri
cubi di gas all’anno. A giugno in base alla causa della tedesca RWE il tribunale di Vienna ha
costretto Gazprom a restituire parte dei pagamenti e anche a regolare le formule dei prezzi.
Autore: Mikhail Serov
Taglio: Basso
Traduzione: Chiara Stroppolo
Vedomosti http://www.vedomosti.ru/
Pagina 19 – La Russia per Gucci è sotto controllo – I produttori di beni di lusso intendono
diventare più attivi sul mercato russo. Gucci si prepara a sviluppare autonomamente la
vendita al dettaglio ed ha già affittato un ufficio
Gucci intende gestire in autonomia i propri negozi in Russia, e sta già cercando un locale da
1000 metri quadri per inaugurarvi una boutique monomarca, hanno detto a Vedomosti due
collaboratori delle società di consulenza che si occupano di immobili. Stando a quanto
riferiscono, Gucci avrebbe già affittato circa 200 metri quadri per l’ufficio nel business centre
Pietro House in via Bolshaya Dmitrovka. Vedomosti non è riuscito a contattare il proprietario
dell’edificio. Cushman & Wakefield (che secondo gli interlocutori di Vedomosti sarebbe il
mediatore dell’operazione) si è astenuta dai commenti.
Il corrispondente di Vedomosti è venuto a sapere che in maggio è stata registrata “Gucci rus”:
l’unico proprietario di questa società, stando ai dati di SPARK-Interfax, risulta l’olandese “G
distribution”. Non si è riusciti a contattare la società in serata.
Un rappresentante di Gucci ha confermato: la società ha deciso di assumersi la gestione della
rete al dettaglio in Russia; non ha però precisato i tempi. “Questa decisione corrisponde
interamente alla strategia generale del brand, quella di incrementare continuamente il
controllo diretto”, - si dice nella risposta alla richiesta di Vedomosti. Gucci è uno dei brand di
lusso più desiderati in Russia e tra i clienti russi all’estero, riflette un collaboratore del marchio,
e il loro impatto continua a crescere in tutto il mondo, soprattutto in Europa.
Adesso Gucci possiede sei negozi in Russia, comprese le boutique monomarchio e dei corner
nei centri commerciali, dice il rappresentante di Gucci, il settimo punto vendita sarà inaugurato
prossimamente. Attualmente è il gruppo Mercury – quello che possiede lo TSUM – il
distributore di Gucci in Russia. Dal 2014 inizia il nuovo contratto tra Mercury e Gucci che
prevede spazio per il marchio nello TSUM, nella “Casa del commercio di Leningrado”, “Barvikha
Luxury Village”, dice una fonte in Mercury. La fonte non dice quanti saranno in totale negozi del
marchio e chi andrà a gestirli. Né risponde alla domanda se Mercury avrà il diritto di aprire
nuovi negozi. Il rappresentante di Mercury si è astenuto dai commenti.
Il trend dell’uscita dei grandi brand di lusso dai partenariati con i distributori generali in Russia
non è nuovo: hanno rinunciato alle collaborazioni con i rappresentanti Prada, Hermes (cfr. il
grafico), osserva il direttore amministrativo della società di consulenze Esper Group, Darya
Yadernaya. Per i brand, lavorare direttamente è due volte più vantaggioso rispetto alla
collaborazione con un distributore, quello che conta è mettere a punto la logistica e risolvere le
questioni doganali, ma con questo adesso non ci sono problemi, ha detto in precedenza Emin
Agalarov, direttore commerciale di Crocus Group.
Le stime di Fashion Consulting Group dicono che in Russia le vendite dei beni di classe lusso,
compresi l’abbigliamento e gli accessori, nel 2012 hanno registrato la crescita del circa 7%.
Adesso sono sempre di più i russi che acquistano i prodotti dei designer e delle case di moda
occidentali nelle loro boutique russe, nonostante il prezzo più alto (del 30% in media), rileva il
direttore commerciale di Fashion Consulting Group, Anush Gasparyan. Molte società cercano di
sfruttare al massimo il potenziale del mercato russo rinunciando a lavorare tramite distributori,
sviluppano e controllano autonomamente i marchi, accrescendo i propri redditi dalle vendite
senza l’intermediario, riflette lei.
Gucci inizia a lavorare in autonomia più tardi rispetto ad altri brand, adottando una politica più
cauta, ritiene Yadernaya, però probabilmente le società hanno un contratto in scadenza con il
distributore che non viene prolungato, se Gucci non fosse contenta per i risultati avrebbe
rescisso il contratto.
Per Mercury, l’addio di Gucci non è un segnale di debolezza: è riuscita a portare il brand fino al
punto in cui inizia lo sviluppo autonomo, assicurandogli non solo la riconoscibilità ma anche una
piattaforma solida per lo sviluppo, delle relazioni pubbliche stabili, una base di clientela
formatasi, continua Yadernaya.
Gucci in Russia rientra nella top ten dei brand di lusso più venduti nell’abbigliamento e
accessori per l’entità di vendite, dice Yadernaya.
Gucci appartiene a uno dei più grandi produttori di lusso nel mondo, il gruppo Kering (fino al
maggio 2013 PPR). Nel 2012 i ricavi della holding sono aumentati del 21% arrivando a 9,7
miliardi di euro, e quasi un terzo, 3,7 miliardi di euro, è stato registrato proprio da Gucci, risulta
dai rendiconti della società. Mercury è rimasta distributore di tre marchi di Kering: Balenciaga,
Brioni e Bottega Veneta.
Autore: Y. Gribtsova, A. Filatov
Taglio: alto
Traduzione: Lev Kats