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Ambasciata d’Italia a Mosca Rassegna della stampa russa - Titoli 31 luglio 2013 Nezavisimaya Gazeta http://www.ng.ru/ Pagina 1/2 – Sul momento presente Il fenomeno Navalny e le sfide economico-politiche a Vladimir Putin. Articolo editoriale del direttore Konstantin Remchukov 1. La crescita dell’economia russa ha avuto una brusca battuta d’arresto e si avvicina allo zero. Crisi, depressione, recessione e stagnazione sono quei mezzi in cui trovano più facile diffusione i germi del malcontento nei confronti delle autorità. Specialmente tra i giovani istruiti. Specialmente sullo sfondo della corruzione. 2. Il nucleo degli elettori di Vladimir Putin è formato da persone di età avanzata, che dipendono dai soldi pubblici, in un modo o nell’altro legati allo stato nell’ambito economico o sociale. L’essersi occupato proprio di questa categoria di persone ha garantito a Putin una facile rielezione per il terzo mandato. 3. I suoi uomini al governo sono suscettibili al calo di popolarità del presidente tra gli statali. Ecco perché Putin non smette mai di criticare il governo vuoi “insieme, vuoi separatamente, vuoi dandosi il cambio”. Da un lato questa critica piace al popolo e contribuisce ad alzare il rating, dall’altro lato riflette la reale preoccupazione per la mancanza di una strategia chiara e di una politica per la crescita. 4. Alle riunioni tenutesi nel territorio della Transbajkalia durante le grandi esercitazioni militari, Vladimir Putin ha criticato con una rigidità senza precedenti il lavoro di Dmitry Rogozin come vice-premier e presidente del Commissione militar-industriale. La critica si riferiva al fatto che, avendo posto sotto il suo controllo un gran numero di questioni riguardanti la produzione militare, Rogozin non è stato in grado di fare notevoli cambiamenti. Putin lo ha invitato a fare le sue conclusioni. «Altrimenti le conclusioni le trarremo noi», - ha concluso il presidente.

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Ambasciata d’Italia a Mosca

Rassegna della stampa russa - Titoli

31 luglio 2013

Nezavisimaya Gazeta

http://www.ng.ru/

Pagina 1/2 – Sul momento presente

Il fenomeno Navalny e le sfide economico-politiche a Vladimir Putin. Articolo editoriale del

direttore Konstantin Remchukov

1. La crescita dell’economia russa ha avuto una brusca battuta d’arresto e si avvicina allo zero.

Crisi, depressione, recessione e stagnazione sono quei mezzi in cui trovano più facile diffusione i

germi del malcontento nei confronti delle autorità. Specialmente tra i giovani istruiti.

Specialmente sullo sfondo della corruzione.

2. Il nucleo degli elettori di Vladimir Putin è formato da persone di età avanzata, che dipendono

dai soldi pubblici, in un modo o nell’altro legati allo stato nell’ambito economico o sociale.

L’essersi occupato proprio di questa categoria di persone ha garantito a Putin una facile

rielezione per il terzo mandato.

3. I suoi uomini al governo sono suscettibili al calo di popolarità del presidente tra gli statali.

Ecco perché Putin non smette mai di criticare il governo vuoi “insieme, vuoi separatamente,

vuoi dandosi il cambio”. Da un lato questa critica piace al popolo e contribuisce ad alzare il

rating, dall’altro lato riflette la reale preoccupazione per la mancanza di una strategia chiara e di

una politica per la crescita.

4. Alle riunioni tenutesi nel territorio della Transbajkalia durante le grandi esercitazioni militari,

Vladimir Putin ha criticato con una rigidità senza precedenti il lavoro di Dmitry Rogozin come

vice-premier e presidente del Commissione militar-industriale. La critica si riferiva al fatto che,

avendo posto sotto il suo controllo un gran numero di questioni riguardanti la produzione

militare, Rogozin non è stato in grado di fare notevoli cambiamenti. Putin lo ha invitato a fare le

sue conclusioni. «Altrimenti le conclusioni le trarremo noi», - ha concluso il presidente.

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5. Tutti sanno che Rogozin è un “figlio spirituale” di Putin. Fino a questo momento il presidente

non ha criticato in presenza di sottoposti i suoi uomini di fiducia. L’accaduto, indubbiamente, dà

prova di un alto livello di ansia e insoddisfazione nei confronti dell’efficienza della classe

governativa, e non solo tra i membri della Corporazione degli industriali.

6. C’è la sensazione che qualcosa al giorno d’oggi nello sviluppo della Russia non sia andato

esattamente come aveva pensato Putin, quando alle elezioni dello scorso anno aveva promesso

stabilità e prevedibilità. Dunque la protesta e la minaccia alla stabilità nascono non dai poveri,

ma dai più agiati ed istruiti. Dalla classe media.

7. Coi conseguenti investimenti sociali e la critica sfrenata ai “duri” anni 90, come eredità

lasciata da Eltsin, Putin ha creato uno status quo da cui non è in grado, politicamente parlando,

di svoltare a destra. La retorica liberale, democratica e borghese ha un presente e un futuro

limitati. Parlare di valori liberali è possibile solo per acquietare le coscienze, senza possibilità

alcuna in prospettiva politica ed elettorale.

8. Politicamente Putin può voltarsi solo a sinistra. A fronte di un populismo ancora maggiore e

di una retorica “redistributiva”.

9. Essere più a sinistra di Putin? Certo! È stata la manovra di Aleksey Navalny. In lui si incarnano

contemporaneamente richieste politiche tendenti a un nazionalismo aggressivo, al sinistrismo e

all’antiglobalismo. La caratteristica di «aggressivo» è significativa e riflette la sua qualità e le

esigenze di un crescente numero di giovani uomini, non iscritti nella realtà del capitalismo

russo, ma non certo privi di un’alta opinione di se’ a causa degli scontri con la vita.

10. In modo inaspettato per il potere, Navalny è diventato un fattore influente della politica

russa. Questo è stato la conseguenza della sua coerente, perseverante, di successo e impunita

lotta contro la corruzione. Almeno non ho avuto informazioni che qualcuno fatto oggetto di

rivelazioni, fosse la VTB o Transneft, abbia smascherato Navalny in tribunale. Ma tuttavia per il

potere sarebbe stato molto più conveniente avere tra le mani una sentenza che condannasse

Navalny per diffamazione, per svalutare negli anni a venire la portata delle sue affermazioni

rilevatrici.

11. La partecipazione di Navalny alle elezioni a Mosca è il risultato dell’attuazione del nuovo

corso elettorale pensato da Vyacheslav Volodin. Il nocciolo si riduce a una negazione del corso

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di Vladislav Surkov, finito tra piazza Bolotnaya e prospekt Sakharov. Il punto dell’avvicinamento

di Surkov alla politica era essenzialmente basato su fatti politici e tecnici: il divieto, la rimozione

dalla registrazione, l’esclusione fino alle elezioni degli opponenti del Cremlino e di chi critica il

potere. La priorità di Volodin suona così: prevalentemente politica, ma non senza escludere la

politecnologia.

12. Siccome i propagandisti non parlano da mattina a sera sul nuovo corso politico (per non

attirare attenzione eccessiva ai metodi politici, del periodo della democrazia sovrana), molti

rappresentanti dell’elite politica (soprattutto dell’elite al potere) nelle loro occupazioni hanno

registrato i cambiamenti del corso. Per costoro la crescita visuale delle voci di opposizione è

diventata segnale di allarme, e la rumorosa, aperta e aspra critica rivolta personalmente a Putin

è diventata l’inizio dell’agitazione. Da qui il desiderio di ridurre in schiavitù ogni avversario

tumultuoso.

13. Si pensa che la storia della liberazione di Navalny “in licenza” per poter svolgere la

campagna elettorale a Mosca sia un copione particolare. Molto rischioso in base ai criteri della

democrazia sovrana di Surkov. Naturale, anche se non ancora approvato, nella logica

dell’esperimento di Volodin.

14. Navalny dispone della sua libertà prima del carcere senza compromessi, accusando a destra

e a sinistra i funzionari di comportamento mafioso e corrotto. I funzionari in risposta tacciono. E

sicuramente non perché hanno paura. Più probabilmente perché è la linea generale del

Cremlino: tutti i regolamenti di conti con Navalny sono rinviati dopo l’8 settembre.

15. Ma perfino quelli al potere che non ritengono Navalny un pericolo di immediata

destabilizzazione della situazione politica in tutta la Russia riconoscono che il pericolo strategico

per il regime viene proprio da quegli uomini aggressivi intorno ai 35 anni che costituiscono il

nucleo di supporto all’oppositore. La classe media non contenta della qualità della politica

statale, dall’opacità delle uscite di bilancio, della burocrazia, della corruzione, della situazione di

monopolio dei mercati.

16. La classe media istruita vuole pianificare il proprio futuro. È un’esigenza di qualsiasi persona

sviluppata e organizzata. Nelle condizioni di debole funzionamento degli istituti la prevedibilità

si riduce. La gente sta perdendo l'idea del valore relativo di questi o di altri beni, non essendo in

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grado di disporre ragionevolmente dei propri mezzi. Ma proprio questi problemi non sono mai

stati alla base delle riflessioni strategiche del potere, il cui nulceo di elettori è più

frequentemente gravato da tutt'altre preoccupazioni e priorità. Pertanto le autorità non hanno

anche un vocabolario elaborato ad hoc per comunicare con lo zoccolo duro degli elettori di

Navalny. È successo il dialogo. Mancanza di dinamismo dell'economia russa ogni giorno lavora

per la crescita della latenza del malcontento della classe media. La mancanza di dinamismo

dell’economia russa contribuisce giorno dopo giorno ad aumentare il latente malcontento della

classe media.

17. Negli ultimi giorni le “grandi menti della capitale” hanno parlato di copioni di

intercettazione di iniziativa in Navalny e nei suoi sostenitori. Nell’ultimo incontro di Medvedev

con i parlamentari di Russia Unita, Serget Naryshkin ha parlato inaspettatamente di inziative

poco importanti di un certo numero di deputati, di una raccolta di firme avviata per lo

scioglimento della camera bassa. Medvedev ha sostenuto Naryshkin. Davvero fuori luogo. Ma la

raccolta di firme continua. Qualcuno ne ha bisogno.

18. Secondo una delle versioni circolanti, non è la Duma a porre la questione di sfiducia al

governo, ma il governo a chiedere alla Duma la fiducia. In caso di sfiducia, il presidente ha 7

giorni di tempo per sciogliere la Duma o far cadere il governo. Chi sostiene questo ritiene che

l'agenda politica per le elezioni di Mosca si oscurerà sullo sfondo di scioglimento della Duma e

la frenesia per elezioni a livello federale.

19. Le nuove elezioni per la Duma potrebbero andare oltre la stessa libertà di accesso di

candidati agli elettori, come le elezioni per il sindaco di Mosca, risolvendo il compito di

legittimità del potere legislativo ed eliminando nel mentre le proteste di piazza Bolotnaya.

Dopodichè le dimissioni del governo di Medvedev appariranno come un fatto tecnico. Egli sarà

in grado di unificare delle navi, e al suo posto sorgerà qualcuno dei più vicini alla cerchia del

presidente.

20. I processi politici si stanno sviluppando in Russia in modo conforme alle leggi generali della

globalizzazione. Non vale la pena assolutizzare le particolarità del nostro paese e ignorare

l’universale. Altrimenti sarà difficile spiegare il “bunt”. E non ho dubbi che ogni giorno con

amarezza Hosni Mubarak rifletta su questo nella sua cella, un tempo presidente di successo

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dell'Egitto, che negli anni di governo autoritario ha innalzato il livello di benessere dei suoi

“ingrati” connazionali.

Autore: Kostantin Remchukov

Taglio: Alto Traduzione: Chiara Stroppolo

Kommersant

http://kommersant.ru/

Pagina 2 – I candidati a Sindaco di Mosca non andranno in diretta televisiva

Nei dibattiti televisivi gli elettori li vedranno tutti insieme e registrati. Il Sindaco uscente

Sobyanin non ha ancora preso una decisione sulla sua partecipazione ai dibattiti

Ieri al sorteggio del tempo di trasmissione al Comitato elettorale della città di Mosca

(Mosgorizbirkom) è stato spiegato il tipo di format per i dibattiti pre-elettorali. Come scriveva

anche Kommersant alla vigilia, non ci saranno dibattiti uno a uno, in cui il sindaco ad interim

Sobyanin possa confrontarsi con Navalny: in tv e per radio saranno invitati tutti e sei i

candidati. Come affermano nel cerchio ristretto del sindaco ad interim, Sobyanin non ha

ancora deciso se prendere o meno parte ai dibattiti. La maggior parte dei suoi avversari non

sono contenti del fatto che i dibattiti saranno trasmessi non in diretta, ma in differita. Ma i

mass-media moscoviti non intendono cambiare orientamento.

Come ha detto il direttore della programmazione della redazione unica dei mass-media

moscoviti, “Moskva Media”, Yuriy Zhiganov, ai dibattiti parteciperanno contemporaneamente

tutti e sei i candidati, in tutto ci saranno 12 trasmissioni, tre per ogni rete televisiva (“Moskva

24” e “Doverie”) e per ogni radio “Moskva FM” e “Govorit Moskva”). Riguardo a possibili

format tv alternativi in cui il sindaco ad interim Sobyanin possa intervenire senza confronto

diretto col candidato del PRP-Parnas, Navalny, Kommersant ne ha già scritto ieri. I dibattiti

inizieranno il 12 agosto e termineranno il 6 settembre.

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Il fatto che ha sorpreso i candidati è la trasmissione in differita, invece che in diretta. “Non

abbiamo le possibilità tecniche, il nostro scadenziario è pieno, e c’è solo uno studio in comune

per due reti televisive”, ha spiegato ieri a Kommersant Zhiganov. Il capo dello staff di Navalny,

Leonid Volkov, ha dichiarato a Kommersant che “c’è da piangere” se la rete televisiva “Moskva

24”, che riceve 2,8 miliardi di rubli dallo stato (cfr Kommersant del 24 maggio), non riesce a

garantire una diretta. “La registrazione si può anche montare, e ciò non va affatto bene”, ha

notato Volkov, che ha definito “molto ragionevole” la scelta di effettuare un dibattito tra i sei

candidati. Teme montaggi anche il candidato di “Russia Giusta”, Nikolay Levichev: “Quando c’è

la possibilità di tagliare qualcosa, tagliano sempre i punti più interessanti, lasciano solo quei

momenti in cui ci si gratta l’orecchio o si vacilla”. Ma Zhiganov ha assicurato a Kommersant che

non sarà montato nulla e che “tutto sarà come in una diretta”. Di questo aveva parlato a

Kommersant anche il creative producer di Moskva 24, Timur Valeev. Stando alle affermazioni

di Zhiganov, i candidati dapprima pronunceranno un discorso introduttivo, poi avranno la

possibilità di farsi domande a vicenda. A moderare sarà Dmitry Shugorev, già moderatore dei

dibattiti su “Russia 24” per le elezioni alla Duma di Stato del 2011, il quale aveva anche

partecipato alla conduzione della linea diretta con Vladimir Putin lo scorso aprile.

Il leader di “Yabloko”, Sergey Mitrokhin, ha ricordato che “nel 2009 alle elezioni per la Duma di

Mosca e nel 2011 alle elezioni per la Duma di Stato i dibattiti venivano trasmessi sulle stesse

reti in diretta, e allora le possibilità degli studi consentivano un tale tipo di trasmissione”. Egli è

sicuro che “il tempo di trasmissione dei canari che si mantengono a spese dei moscoviti è

sufficiente per organizzare dibattiti non di gruppo, ma individuali”. E il candidato del PCFR

(Partito Comunista della Federazione Russa), Ivan Melnikov, ha invitato il potere federale a

intervenire per poter avere “dibattiti in diretta su TVC o anche su VGTRK”.

Timur Valeev ritiene che la decisione è ormai stata presa e che le richieste dei candidati non

possono essere soddisfatte, ma rispetto a precedenti dibattiti ha chiarito: "C'erano tre-quattro

membri al massimo, ora sei, la situazione è abbastanza complessa". Zhiganov ha dichiarato che

i temi dei dibattiti non saranno concordati coi candidati: “Non riusciremo comunque a mettere

d’accordo tutti”. Tuttavia i partecipanti alla campagna elettorale saranno avvisati in anticipo

sul tema della trasmissione.

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Il candidato del partito dei liberal-democratici, Mikhail Degtyarev non si è lamentato per la

scelta del format: “Sei candidati riuniti in uno spazio unico è anche un bene, l’elettore ha la

possibilità di comparare voci diverse, discorso, programmi, crescita e aspetto”. Il

rappresentante del sindaco ad interim presso il Comitato elettorale cittadino di Mosca, Andrey

Paramonov, ha riferito a Kommersant che “a lui va bene qualsiasi formato che sia conforme

alla legge”. Secondo lui “il candidato ha diritto a sottrarsi ai dibattiti”, ma Sobyanin non si è

ancora espresso definitivamente al riguardo – la sua volontà sarà resa pubblica in prossimità

dei primi dibattiti. Ricordiamo che, in conformità al Codice elettorale di Mosca, gli uomini di

fiducia non possono sostituire un candidato ai dibattiti.

I dibattiti tra i sei prenderà ai candidati la metà del tempo di propaganda. La rimanente parte

sarà spesa per filmati prelettorali, fatti di blocchi unici della durata di nove minuti (1,5 minuti

per ciascuno nei giorni feriali). Il malcontento nelle sedi (riguardo a ciò si è esposto in

particolare Leonid Volkov) ha spinto "Mosca 24" a inserire la propaganda bel mezzo della

giornata lavorativa, alle 13:15. I candidati possono acquistare tempo supplementare, ma, come

ha riferito a Kommersant il capo della divisione progetti speciali di "Mosca Media", Anastasia

Romanov, questa volontà è stata manifestata solamente da Mitrokhin, Melnikov e Levichev

(ma possono ancora rifiutare). Il costo di un minuto di propaganda elettorale va da 8 mila rubli

(radio) fino a 26 mila rubli (via etere).

Autore: Taisiya Bekbulatova

Taglio: Basso

Traduzione: Chiara Stroppolo

Kommersant http://kommersant.ru/

Pagina 6 - Israele e Palestina vanno a cena e poi aspetteranno 9 mesi

Le questioni controverse lasciate alle prossime tappe del negoziato

Alla preparazione del dialogo diretto tra Israele e Palestina per John Kerry, il segretario di Stato

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americano, e i negoziatori Tzipi Livni e Saib Erekata potrebbero servire 9 mesi.

Dopo una pausa durata tre anni negli Stati Uniti sono cominciati i negoziati di pace tra

Palestina e Israele. Temendo un fallimento, le parti hanno deciso di non affrontare nella prima

tappa del negoziato le questioni più controverse, compreso lo status di Gerusalemme Est e del

problema degli abitati israeliani. Al Dipartimento di Stato Americano ritengono che per la

preparazione all’incontro tra i leader d’Israele e della Palestina saranno necessari almeno 9

mesi.

Il primo round dei negoziati è iniziato con la cena delle due delegazioni. La parte israeliana al

tavolo, apparecchiato secondo le tradizioni del mese del Ramadan sacro ai musulmani, era

rappresentata dal Ministro della Giustizia Tzipi Livni e da Yitzhak Molho, il rappresentante

speciale del premier; quella palestinese invece dal capo della delegazione Saeb Erekat e

Muhammed Shtaya.

L’organizzazione dei negoziati è stata organizzata dagli Stati Uniti con la massima cautela. Tre

anni fa Washington aveva già tentato di organizzare un incontro tra il leader israeliano e quello

palestinese, ma allora l’inziativa di pace si era rivelata un fallimento. Il premier israeliano

Benjamin Netanyahu negli Stati Uniti si era categoricamente rifiutato di affrontare la questione

dell’interruzione della costruzione degli abitati israeliani nei territori occupati, in risposta il capo

dell’Autonomia Palestinese Mahmud Abbas aveva dimostrativamente abbandonato i negoziati

Ma questa volta annunciando l’inizio del processo dei negoziati il segretario di Stato John Kerry

ha dichiarato che i suoi partecipanti sono d’accordo circa le condizioni per un incontro futuro in

prima persona. Inoltre, finora non pianificano di affronatre le questioni pià controverse. Al di

fuori del dialogo devono rimanere i problemi dei confini, dei profughi palestinesi, degli

insediamenti israeliani a est del fiume Giordano e lo status di Gerusalemme Est. “Il mio compito

è raggiungere un compromesso accettabile” ha spiegato all’inizio della settimana Kerry. “So che

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la discussione sarò difficile, ma credo che un rifuito al dialogo sarebbe un errore ancora più

grande”.

Gli esperti a Washington affermano che l’argomento principale che ha spinto le delegazioni a

sedersi al tavolo dei negoziati è diventato una sorta di ultimatum avanzato dal segretario di

Stato americano durante la recente vistita in Medio Oriente. Allora il premier Netanyahu aveva

dichiarato che Israele non permetterà la comparsa all’interno dei suoi confini del “governo

terrorista”, mentre Mahmud Abbas aveva avvisato che i palestinesi non sono disposti a

rinunciare alla richiesta di un ritorno ai confini del 1976. “A entrambe le parti è statao

necessario spiegare chiaramente che questa severa posizione può portare ad una catastrofe”

ha dichiarato a Kommersant David Shenker, l’esperto del Washington Institute for Near East

Policy. “Se la Palestina si rivolge alla Corte Penale Internazionale e richede il riconoscimento

dell’ONU, Israele può rovesciare l’aiuto ai territori palestinesi e questo a sua volta porterà gli

stati europei a rifiutarsi di investire nell’economia di Israele”.

(…)

Secondo Kerry per la preparazione dell’incontro tra i leader d’Israele e Palestina ci vorranno

alemno 9 mesi. Al Diapertimento di Stato non sono stati in grado di precisare con che frequenza

si incontreranno le delegazioni. Il suo rappresentante jean Psaki ha dichiarato: “posso solo

affermare che non impiegheremmo tanto tempo e forze nell’orrganizzare gli incontri se non

sperassimo in un successo”.

Autore:Kirill Belyaninov

Taglio:medio

Traduzione: Camilla Bisesti

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Izvestia http://izvestia.ru/

Pagina 7 – La rappresentante dell’UE ha fatto visita a Morsi in carcere – Il capo della

diplomazia europea Catherine Ashton ha avuto una conversazione con l’arrestato Presidente

dell’Egitto

Nel corso della sua visita al Cairo, Catherine Ashton ha incontrato dapprima i rappresentanti dei

“Fratelli musulmani”e, in seguito, i loro oppositori che sostengono il nuovo governo. Per tutto il

corso della visita la Ashton ha insitito per incontrare di persona Mohammad Morsi. Tuttavia i

militari, nelle cui mani si trova il presidente deposto, hanno mantenuto a lungo il silenzio.

Dalla capitale egiziana sono giunte informazioni contrastanti: alcune fonti hanno confermato

che non ci sarà alcuna visita, altre che i militari sono pronti a scendere a compromessi e a

consentire a Morsi di dialogare con la dimplomatica europea.

Il messaggio che conferma l’avvenuto incontro è comparso sul blog della Ashton e non

conteneva nessun altro dettaglio, ad eccezione dell’accenno al fatto che il colloquio è durato

circa due ore. La stessa Ashton si è diplomaticamente astenuta dal rivelare i dettagli della

comunicazione con il deposto presidente.

“Gli ho detto che non rivelerò la sua opinione sugli eventi in corso , dal momento che egli non

può correggermi in queste circostanze”, ha dichirato più tardi la Ashton, aggiungendo che Morsi

si sente bene e che grazie all’accessibilità ai giornali e alla televisione conosce quanto sta

accadendo all’interno del paese e nel mondo.

L’entourage della Ashton ha dichiarato a Izvestia che il colloquio si è svolto “ in un luogo

segreto” ma ulteriori dettagli non sono stati svelati.

Anche Mahmud Zakzouk, il segretario stampa del Partito della Libertà e della Giustizia, da cui

proviene il deposto presidente, si è astenuto dal fare dichiarazioni. “Finchè nessuna delle parti

sarà pronta a discutere dei dettagli di questo incontro” ha affermato Zakzouk.

Nel contempo, ancora prima della visita di Catherine Ashton, il movimento del “Fratelli

musulmani” ( il Partito della Libertà e della Giustizia è infatti la sua ala politica) ha annunciato

che “rifiuta ogni trattativa con i militari che si sono impadroniti del potere, nonostante la

mediazione dei governi stranieri e delle organizzazioni internazionali”.

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“Non accettiamo di dialogare con la giunta militare, che ha fatto cadere il presidente

legittimamente eletto, fintanto che Morsi si trova in stato di arresto”, ha dichiarato in modo

categorico a Izvestia il capo del movimento Muhammad Sudan.

In questo modo l’intera missione di Catherine Ashton fin dall’inizio è stata incerta. E, come dice

il politogo tedesco Alexander Rahr, questo non sorprende.

“L’occidente non ha tenuto il passo con quanto accaduto in Egitto. E a giudicare dal fatto che la

Cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato ripetutamente che Morsi, in qualità di

presidente legittimamente eletto debba essere rilasciato, in Europa si teme che quest’ennesima

rivoluzione possa degenerare in una guerra civile come accaduto in Siria” ha dichiarato il

politologo a Izvestia.

Il politologo ha dichiarato che in Europa dopo le elezioni presidenziali tenutesi un anno fa in

Egitto, durante le quali ha vinto il deposto Morsi, si sono resi conto che la maggioranza della

popolazione egiziana in un modo o nell’altro sostiene gli islamisti. Essi nella loro maggioranza

non vogliono dimostrazioni e meeting, ma votano per politici conservatori, che rappresentino

attivamente la carta islamica. In questa situazione in cui è evidente la scissione tra gli egiziani

attivi, che condividono i valori democratici occidentali, e coloro che osservano le leggi della

sharia, l’occidente cerca di evitare che si scateni una guerra.

“L’Europa, non gli Stati Uniti ma l’Europa, sta tendando ora di non perdere la faccia dopo che

l’occidente ha sostenuto la rivoluzione che ha provocato la caduta di Moubarak. Allora in

Europa questa era considerata come una vittoria della democrazia. Ma alle elezioni ha vinto

l’islamista Morsi. E i funzionari dell’Unione Europea, per non essere accusati di adottare due

pesi e due misure, sono costretti a cercare dei metodi per proteggerlo”, ha concluso Rahr.

Mohammad Morsi è stato eletto presidente dell’Egitto dopo la caduta del regime di Hossni

Moubarack. Dei quattro anni previsti dalla legge, ha ricoperto la carica di presidente solo per

poco più di uno. È entrato in carica il 30 luglio del 2012 e già il 3 luglio del 2013 è stato deposto

dai militari e messo in stato di arresto. Da quel momento in Egitto continuano i tumulti da parte

dei sostenitori di Morsi, nel corso dei quali pare che siano state uccise fino a mille persone.

Autore: Yuri mazarskiy, Igor Yavlyanskiy

Taglio:medio

Traduzione:Camilla Bisesti

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Nezavisimaya Gazeta

http://www.ng.ru/

Pagina 2 – L’affare Snowden è un problema prima di tutto umanitario

Il dissidente deve evitare il destino del soldato semplice americano Bradley Manning. Articolo

editoriale

Ieri sera (ormai notte fonda a Mosca) il tribunale americano doveva pronunciare la sentenza sul

“caso del soldato semplice Bradley Manning”, che tramite il sito di inchiesta WikiLeaks ha

trasmesso agli organi della stampa mondiale centinaia di migliaia di documenti del Pentagono e

del Dipartimento di Stato. Ci si aspettava che la sentenza sarebbe stata particolarmente severa,

a edificazione di altri funzionari statali militari e civili, che potrebbero compiere azioni simili.

La conclusione del processo e la sentenza a Manning richiamano nuovamente l’attenzione al

destino dell’ex agente della CIA e dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale, Edward Snowden, che

da più di un mese si trova nella sala di transito dell’aeroporto Sheremetyevo, in senso legale

zona internazionale neutrale. Il cittadino americano si è rivolto alle autorità russe chiedendo di

concedergli il rifugio temporaneo, e attende una loro decisione.

L’amministrazione di Barack Obama continua a pretendere l’estradizione di Snowden negli Stati

Uniti. L’ultima argomentazione a favore di una decisione simile è la promessa del Ministro della

Giustizia Eric Holder a non richiedere dal tribunale la condanna a morte. La natura delle accuse

rivolte a Snowden però è rimasta la stessa: spionaggio, diffusione di segreti di stato. Di fatto

questo porterà inevitabilmente al carcere a vita o a un termine di reclusione equivalente.

È significativo che l’eroe di una nota vicenda giudiziaria simile degli anni Settanta, Daniel

Ellsberg, che aveva fornito ai giornali americani documenti del Pentagono sulla guerra in

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Vietnam, ritenga che Snowden abbia agito correttamente, scegliendo di recarsi da Hong Kong a

Mosca. Secondo quanto afferma, alle attuali condizioni negli USA Snowden non può contare

sulla giustizia dei tribunali americani. Lo stesso Ellsberg, durante l’inchiesta per il suo caso,

aveva avuto la possibilità di essere rilasciato sotto cauzione, era intervenuto davanti

all’opinione pubblica spiegando le ragioni del suo gesto, ed era poi stato giustificato dal

tribunale. Allora forte era il movimento antimilitarista dell’epoca. Snowden invece, secondo

Ellsberg, è ora minacciato dal destino di Manning. (Lo stesso, è legittimo credere, minaccia

anche il fondatore di WikiLeaks Julian Assange, nonostante questi non abbia commesso alcuna

azione antigiuridica negli USA e sia un cittadino australiano). La decisione di Edward Snowden di

cercare rifugio all’estero è stata sostenuta anche dal padre.

Va osservato che non esistono motivazioni giuridiche per l’estradizione di Edward Snowden

dalla Russia: tra i due Paesi non ci sono accordi di estradizione. Casi di espulsione da parte delle

autorità americane di cittadini russi sono stati esclusivamente deportazioni per la violazione del

regime dei visti. E certamente non c’è stato nessun caso di estradizione di ex agenti dei servizi

segreti russi e di organi di polizia.

A questo proposito in primo piano vi sono aspetti morali e umanitari del problema. Bisogna

tener conto del fatto che a causa della pressione degli Stati Uniti su altri Stati, a Snowden è

stato bloccato il transito verso tre Paesi dell’America Latina, che erano disposti a concedergli

rifugio. La Russia è di fatto l’unico paese in cui al momento può sentirsi al sicuro. Proprio questo

aspetto costringe le autorità russe ad esaminare la possibilità di concedere a Snowden l’asilo

temporaneo. In futuro occorrerà prestare aiuto per la sua partenza verso altri Paesi.

Al contempo, è importante che l’adozione di una decisione riguardo alla richiesta del cittadino

americano avvenga senza un’eccessiva politicizzazione, e in modo tale che l’ex agente,

trovandosi sul territorio russo, eviti qualsiasi tipo di azione che possa danneggiare i rapporti

russo-americani. Come noto, questa promessa l’ha già fatta. È necessario che anche la parte

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americana tenga conto della situazione nella quale si è trovata Mosca, in gran parte a causa

delle maldestre azioni di Washington.

Le parti devono trarre il dovuto insegnamento dall’accaduto. Avrebbero potuto intraprendere

delle trattative e stipulare un accordo sul tema dell’estradizione, definendo in modo preciso in

base a quali tipi di violazione dei diritti ciascuna parte debba ricorrere all’estradizione di

cittadini, e quale debba essere la procedura da seguire.

Autore: redazione

Taglio: medio alto

Traduzione: Alice Bravin

Rossiyskaya Gazeta http://www.rg.ru/

Pagina 5 – Hanno trovato la prigione per Berlusconi

Rossiyskaya Gazeta e’ andata a vedere la prigione dove il cavaliere potrebbe scontare la pena

Non appena fatto il nome di Berlusconi in una delle più antiche carceri italiane, San Vittore,

dove ha chiamato il corrispondente di RG, hanno subito riattaccato con una risata dicendo:

“Ahah! Bye bye!”. Tutta l’Italia si è fermata aspettando il verdetto per il 76enne cavaliere che,

su sua stessa ammissione, è pronto a finire dietro le sbarre. In quale carcere di preciso – è ciò

che stanno pronosticando i media italiani.

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La Corte di Cassazione italiana ha iniziato a esaminare l’appello dell’ex-premier che è stato

riconosciuto colpevole di frode finanziaria all’interno del gruppo mediatico Mediaset. La

sentenza sarà definitiva. E se la condanna sarà confermata, Berlusconi dovrà dare l’addio

definitivo alla politica. Lo stesso rifiuta categoricamente di essere colpevole. In una

sensazionale intervista rilasciata al giornale “Libero”, il cavaliere ha detto con orgoglio: "Sono

convinto che il giudice non mi condannerà. Ma in caso di condanna, non farò l’esule. Né

accettero i lavori socialmente utili, come un qualsiasi criminale che ha bisogno di essere

rieducato. Ho il diritto agli arresti domiciliari, ma andrò in carcere".

Molti connazionali hanno giudicato queste parole come un atto di spavalderia: ma chi lo

manderà mai in carcere? Per la legge italiana, un condannato in così tarda età viene

condannato con la reclusione solo per reati particolarmente gravi, come l'omicidio. E

chiaramente questo non è un caso di omicidio. Ricordiamo che nel mese di ottobre 2012 il

tribunale di Milano ha condannato Berlusconi a quattro anni di carcere, ma in conformità con la

legge di clemenza, il termine era stato ridotto a un anno.

Inoltre molti istituti di rieducazione italiani potrebbero spalancare le porte a un cliente così in

vista (e perfino invidiabile). Come ad esempio il carcere milanese di San Vittore”, uno dei più

antichi carceri del paese: il sogno di ogni prigioniero. Un castello di fine XIX secolo di mattoni

rossi, con vista panoramica dalla finestra - qui scontano la pena molti funzionari, politici e

uomini d'affari italiani. I quotidiani locali hanno scritto che qui tutto sarebbe pronto per

accogliere i famosi stilisti Dolce e Gabbana, condannati per evasione fiscale. Tanto più che a San

Vittore fanno perfino sfilate di moda. Tuttavia si sono decisamente rifiutati di rispondere alla

domanda su Silvio Berlusconi, anche se sembra abbia divertito l’italiano dall’altro capo del filo.

Ma per l’ex-premier ci sono altre piacevoli opzioni. Gode di una buona reputazione anche il

carcere romano di Rebibbia, famosa per aver ospitato Mehmet Ali Ağca, colui che attentò alla

vita di Papa Giovanni Paolo II. Il carcere dispone anche di una pagina su Facebook, dove sono

stati 3092 iscritti al social network, e con 200 “mi piace”. A disposizione dei “clienti" ci sono

palestre, sale computer e un prestigioso menu “mediterraneo” à la carte, grazie al quale i

detenuti perfino ingrassano. Non sorprende che molti sognino di tornare lì, come a "Noto", che

si trova in Sicilia. A dire il vero non è un carcere, ma un hotel a cinque stelle. È interessante

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notare che a suo tempo il premier Berlusconi ha visitato un carcere siciliano dove sono reclusi

alcuni mafiosi locali. Allora appoggiava una disposizione della direzione del carcere che vietava

ai detenuti di cantare in cella. Si è sollecitato, scherzando adesso gli italiani.

Autore: Marina Aleshina, Aleksey Zabrodin

Taglio: Medio

Traduzione: Chiara Stroppolo

Kommersant

http://kommersant.ru/

Pagina 9 - Alla Veb hanno concesso di salvare il Sukhoi Superjet

Vladimir Putin ha approvato il piano per salvare dal default il produttore del Sukohi Superjet, la

Sukhoi Civil Aircraft. La parte del debito della compagnia nei confronti della Vneshekonombank

pari a 600 milioni di dollari sarà estinta con una emissione aggiuntiva da parte dell’azionista

principale della SCA, la Sukhoi. A sostegno della compagnia verrà fornito anche un sussidio,

ricavato dalla vendita del 5% delle azioni della Veb nel gruppo EADS (produttore degli Airbus).

Vladimir Putin ha approvato il piano per salvare dal default il produttore del Sukhoi Superjet, la

compagnia Sukhoi Civil Aircfat. Come ha supposto Kommersant, la parte del debito della SCA

nei confronti della Vneshekonombank, pari a 600 milioni di dollari, verrà estinta con una

emissione aggiuntiva della Sukhoi, azionista principale della compagnia. A sostegno della

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compagnia verrà fornito anche un sussidio, ricavato dalla vendita del 5% delle azioni della Veb

nel gruppo EADS.

Come è stato reso noto a Kommersant, la settimana scorsa Vladimir Putin ha confermato il

sostegno finanziario alla compagnia produttrice di aerei Sukhoi Civil Aircraft, di cui Kommersant

aveva già scritto in data 11 luglio. Il presidente ha approvato lo schema di conversione di parte

del debito della Sukhoi Civil Aircraft nei confronti della Vneshekonombank, pari a 600 milioni di

dollari, in azioni del suo azionista, la compagnia Sukhoi, tenendo conto del pareggio

dell’operazione per la banca. Questi mezzi verranno ricavati dalla vendita del 5% delle azioni

della sede della struttura Airbus S.A.S, la EADS; la banca aveva acquistato questo pacchetto

dalla VTB nel 2007. Alla United Aircraft Corporation, di cui fa parte anche la compagnia Sukhoi,

si sono rifiutati di commentare, i rappresentanti della Veb non hanno risposto alle telefonate.

La Sukhoi Civil Aircraft ha raggiunto un accordo: entro la fine del 2013 le banche non

richiederanno il rimborso anticipato dei prestiti a patto che, entro il suddetto periodo di tempo,

la compagnia risolva le sue difficoltà finanziarie. Al momento il debito della Sukhoi Civil Aircraft

è di 2,1 miliardi di dollari (di questi 300 milioni di dollari nei confronti delle parti correlate). In

conformità al businnes plan, la sua uscita in pareggio si pianifica già dal 2015, quando il volume

dei ricavi sarà maggiore a 1,5 miliardi di dollari, mentre per il 2018 il ricavo della compagnia

sarà maggiore a 2 miliardi di dollari. Oleg Panteleev da “Aviaport” ritiene che i programmi

finanziari aggiuntivi consentiranno alla compagnia di ridurre i termini della produzione di aerei.

Come risultato, secondo l’esperto, i committenti potranno ottenere per tempo il Sukhoi

Superjet, il che ridurrà significativamente i tempi per recuperare i crediti.

Autore: Elizaveta Kuznecova

Taglio:medio

Traduzione:Camilla Bisesti

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Kommersant

http://kommersant.ru/

Pagina 9 – Edison contro Gazprom

La filiale italiana della compagnia energetica francese Edison-EDF e’ ricorsa alla corte arbitrale

con la richiesta di rivedere le condizioni del contratto con Gazprom. Si tratta gia’ del secondo

ricorso, il primo e’ stato fatto da Edison nell’agosto 2010, poi dopo un anno le parti si sono

messe d’accordo per modificare il contratto

La filiale italiana della compagnia energetica francese Edison-EDF è ricorsa alla corte arbitrale

contro Eni e Promgas S.p.A. (filiale di Gazprom) con la richiesta di rivedere le condizioni del

contratto per la fornitura del gas. Lo scopo del ricorso da parte di Edison è di “abbassare i prezzi

in base al prezzo del gas sul mercato”. Edison insiste sulla revisione del contratto dalla fine del

2012, ha confermato la Gazprom Export, manifestando la speranza che le parti riescano a

trovare un accordo senza ricorrere al giudice. Edison acquista da Gazprom 2 miliardi di metri

cubi di gas all’anno. A giugno in base alla causa della tedesca RWE il tribunale di Vienna ha

costretto Gazprom a restituire parte dei pagamenti e anche a regolare le formule dei prezzi.

Autore: Mikhail Serov

Taglio: Basso

Traduzione: Chiara Stroppolo

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Vedomosti http://www.vedomosti.ru/

Pagina 19 – La Russia per Gucci è sotto controllo – I produttori di beni di lusso intendono

diventare più attivi sul mercato russo. Gucci si prepara a sviluppare autonomamente la

vendita al dettaglio ed ha già affittato un ufficio

Gucci intende gestire in autonomia i propri negozi in Russia, e sta già cercando un locale da

1000 metri quadri per inaugurarvi una boutique monomarca, hanno detto a Vedomosti due

collaboratori delle società di consulenza che si occupano di immobili. Stando a quanto

riferiscono, Gucci avrebbe già affittato circa 200 metri quadri per l’ufficio nel business centre

Pietro House in via Bolshaya Dmitrovka. Vedomosti non è riuscito a contattare il proprietario

dell’edificio. Cushman & Wakefield (che secondo gli interlocutori di Vedomosti sarebbe il

mediatore dell’operazione) si è astenuta dai commenti.

Il corrispondente di Vedomosti è venuto a sapere che in maggio è stata registrata “Gucci rus”:

l’unico proprietario di questa società, stando ai dati di SPARK-Interfax, risulta l’olandese “G

distribution”. Non si è riusciti a contattare la società in serata.

Un rappresentante di Gucci ha confermato: la società ha deciso di assumersi la gestione della

rete al dettaglio in Russia; non ha però precisato i tempi. “Questa decisione corrisponde

interamente alla strategia generale del brand, quella di incrementare continuamente il

controllo diretto”, - si dice nella risposta alla richiesta di Vedomosti. Gucci è uno dei brand di

lusso più desiderati in Russia e tra i clienti russi all’estero, riflette un collaboratore del marchio,

e il loro impatto continua a crescere in tutto il mondo, soprattutto in Europa.

Adesso Gucci possiede sei negozi in Russia, comprese le boutique monomarchio e dei corner

nei centri commerciali, dice il rappresentante di Gucci, il settimo punto vendita sarà inaugurato

prossimamente. Attualmente è il gruppo Mercury – quello che possiede lo TSUM – il

distributore di Gucci in Russia. Dal 2014 inizia il nuovo contratto tra Mercury e Gucci che

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prevede spazio per il marchio nello TSUM, nella “Casa del commercio di Leningrado”, “Barvikha

Luxury Village”, dice una fonte in Mercury. La fonte non dice quanti saranno in totale negozi del

marchio e chi andrà a gestirli. Né risponde alla domanda se Mercury avrà il diritto di aprire

nuovi negozi. Il rappresentante di Mercury si è astenuto dai commenti.

Il trend dell’uscita dei grandi brand di lusso dai partenariati con i distributori generali in Russia

non è nuovo: hanno rinunciato alle collaborazioni con i rappresentanti Prada, Hermes (cfr. il

grafico), osserva il direttore amministrativo della società di consulenze Esper Group, Darya

Yadernaya. Per i brand, lavorare direttamente è due volte più vantaggioso rispetto alla

collaborazione con un distributore, quello che conta è mettere a punto la logistica e risolvere le

questioni doganali, ma con questo adesso non ci sono problemi, ha detto in precedenza Emin

Agalarov, direttore commerciale di Crocus Group.

Le stime di Fashion Consulting Group dicono che in Russia le vendite dei beni di classe lusso,

compresi l’abbigliamento e gli accessori, nel 2012 hanno registrato la crescita del circa 7%.

Adesso sono sempre di più i russi che acquistano i prodotti dei designer e delle case di moda

occidentali nelle loro boutique russe, nonostante il prezzo più alto (del 30% in media), rileva il

direttore commerciale di Fashion Consulting Group, Anush Gasparyan. Molte società cercano di

sfruttare al massimo il potenziale del mercato russo rinunciando a lavorare tramite distributori,

sviluppano e controllano autonomamente i marchi, accrescendo i propri redditi dalle vendite

senza l’intermediario, riflette lei.

Gucci inizia a lavorare in autonomia più tardi rispetto ad altri brand, adottando una politica più

cauta, ritiene Yadernaya, però probabilmente le società hanno un contratto in scadenza con il

distributore che non viene prolungato, se Gucci non fosse contenta per i risultati avrebbe

rescisso il contratto.

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Per Mercury, l’addio di Gucci non è un segnale di debolezza: è riuscita a portare il brand fino al

punto in cui inizia lo sviluppo autonomo, assicurandogli non solo la riconoscibilità ma anche una

piattaforma solida per lo sviluppo, delle relazioni pubbliche stabili, una base di clientela

formatasi, continua Yadernaya.

Gucci in Russia rientra nella top ten dei brand di lusso più venduti nell’abbigliamento e

accessori per l’entità di vendite, dice Yadernaya.

Gucci appartiene a uno dei più grandi produttori di lusso nel mondo, il gruppo Kering (fino al

maggio 2013 PPR). Nel 2012 i ricavi della holding sono aumentati del 21% arrivando a 9,7

miliardi di euro, e quasi un terzo, 3,7 miliardi di euro, è stato registrato proprio da Gucci, risulta

dai rendiconti della società. Mercury è rimasta distributore di tre marchi di Kering: Balenciaga,

Brioni e Bottega Veneta.

Autore: Y. Gribtsova, A. Filatov

Taglio: alto

Traduzione: Lev Kats