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L’immagine descrive lo svolgimento dell’animazione relativa ai contenuti della sessione di studio. In questa sessione di studio approfondiremo le conoscenze sul quadro normativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In particolare esamineremo i temi relativi a: strumenti della prevenzione; informazione, formazione e addestramento; servizio di prevenzione e protezione; rischi specifici per sicurezza e salute; ergonomia e lavoro; servizi e situazioni di emergenza. Obiettivi Acquisire una formazione specifica sulla salute e sicurezza sul lavoro, gli strumenti della prevenzione, l’informazione, la formazione e l’addestramento. Temi Salute e sicurezza sul lavoro Gli strumenti della prevenzione Informazione, formazione e addestramento Servizio di prevenzione e protezione Rischi specifici per sicurezza e salute Ergonomia e lavoro Servizi e situazioni di emergenza Nelle pagine seguenti troverai i Test d’ingresso. Attraverso domande a risposta multipla, avrai modo di confrontarti con gli argomenti che verranno trattati. Una volta completati i test, sarai più consapevole delle conoscenze e competenze che possiedi già in materia. Allo stesso tempo, avrai evidenziato quali sono gli argomenti che conosci poco o affatto. Quindi, se incontri difficoltà nel rispondere alle domande, non ti preoccupare! Si tratta di test studiati appositamente per introdurti e orientarti all’interno dei contenuti e il cui esito NON INFLUISCE ASSOLUTAMENTE SUL RISULTATO FINALE. Il numero di test di ingresso dipende dal numero di sezioni presenti. Così se troverai tre batterie di test significa che all’interno sono presenti tre sezioni: la prima batteria si riferisce agli argomenti della prima sezione, la seconda affronta gli argomenti della sezione successiva e così via. Al termine di ogni singola batteria ti verrà restituito un feedback sulle tue conoscenze e competenze relative alla sezione in questione. Dal momento che i test di ingresso hanno una finalità orientativa e non valutativa, sono facoltativi. Pertanto, se non vuoi farli, puoi aprire direttamente il menu di navigazione e cliccare sulla prima sezione. La formazione obbligatoria dei lavoratori richiede aggiornamenti pari a: un minimo di 5 ore ogni 5 anni un minimo di 6 ore ogni 5 anni un minimo di 5 ore ogni 6 anni

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L’immagine descrive lo svolgimento dell’animazione relativa ai contenuti della sessione di studio.

In questa sessione di studio approfondiremo le conoscenze sul quadro normativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In particolare esamineremo i temi relativi a: strumenti della prevenzione; informazione, formazione e addestramento; servizio di prevenzione e protezione; rischi specifici per sicurezza e salute; ergonomia e lavoro; servizi e situazioni di emergenza.

Obiettivi Acquisire una formazione specifica sulla salute e sicurezza sul lavoro, gli strumenti della prevenzione, l’informazione, la formazione e l’addestramento. Temi

Salute e sicurezza sul lavoro Gli strumenti della prevenzione Informazione, formazione e addestramento Servizio di prevenzione e protezione Rischi specifici per sicurezza e salute Ergonomia e lavoro

Servizi e situazioni di emergenza

Nelle pagine seguenti troverai i Test d’ingresso. Attraverso domande a risposta multipla, avrai modo di confrontarti con gli argomenti che verranno trattati. Una volta completati i test, sarai più consapevole delle conoscenze e competenze che possiedi già in materia. Allo stesso tempo, avrai evidenziato quali sono gli argomenti che conosci poco o affatto.

Quindi, se incontri difficoltà nel rispondere alle domande, non ti preoccupare! Si tratta di test studiati appositamente per introdurti e orientarti all’interno dei contenuti e il cui esito NON INFLUISCE ASSOLUTAMENTE SUL RISULTATO FINALE. Il numero di test di ingresso dipende dal numero di sezioni presenti. Così se troverai tre batterie di test significa che all’interno sono presenti tre sezioni: la prima batteria si riferisce agli argomenti della prima sezione, la seconda affronta gli argomenti della sezione successiva e

così via. Al termine di ogni singola batteria ti verrà restituito un feedback sulle tue conoscenze e competenze

relative alla sezione in questione. Dal momento che i test di ingresso hanno una finalità orientativa e non valutativa, sono facoltativi. Pertanto, se non vuoi farli, puoi aprire direttamente il menu di navigazione e cliccare sulla prima sezione.

La formazione obbligatoria dei lavoratori richiede aggiornamenti pari a:

un minimo di 5 ore ogni 5 anni

un minimo di 6 ore ogni 5 anni

un minimo di 5 ore ogni 6 anni

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un minimo di 3 ore ogni 5 anni

un minimo di 6 ore ogni 4 anni

Risposta corretta 2 La formazione obbligatoria dei lavoratori richiede aggiornamenti pari ad un minimo di 6 ore ogni 5 anni. I segnali con forma a quadrato, colore rosso e segno bianco sono di:

divieto

obbligo

pericolo

salvataggio

antincendio

Risposta corretta 5 I segnali con forma a quadrato, colore rosso e segno bianco sono di antincendio.

I lavoratori designati per la gestione delle emergenze sono incaricati dal datore di lavoro per l’attuazione delle misure atte alla prevenzione:

tutte le risposte sono valide

pericolo grave ed immediato

salvataggio

pronto soccorso

gestione delle emergenze

Risposta corretta 1 Tutte le risposte sono valide.

La sicurezza sul lavoro e la medicina del lavoro vengono garantite da normative italiane ed europee. La più importante norma per la tutela dei lavoratori è il D.Lgs. 81/08 che si applica:

a tutti i settori di attività, pubblici e privati; a tutte le tipologie di rischio; a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi; a tutti i soggetti equiparati ai lavoratori.

E’ importante sottolineare che tale decreto disciplina anche l’obbligo di formazione, informazione e aggiornamento da parte del datore di lavoro, per sé e a tutti i dipendenti.

Il D.Lgs. 81/08 definisce i soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza e i loro rispettivi ruoli ed

obblighi.

Tra le principali figure aziendali interne obbligatorie troviamo: il datore di lavoro; i dirigenti; i preposti; i lavoratori.

Altri soggetti che assumono un’importanza rilevante e con i quali il datore di lavoro è tenuto a collaborare sono:

il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP); il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS); il medico competente;

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gli addetti alle emergenze (antincendio e primo soccorso).

Oltre alle figure interne all’azienda, la nuova normativa prevede specifiche responsabilità anche per

alcuni soggetti esterni quali progettisti, fabbricanti, fornitori ed installatori.

La sicurezza nei luoghi di lavoro dipende senz'altro da fattori organizzativi e comportamentali, ma anche da fattori intrinseci di macchine, impianti, attrezzature e posti di lavoro. Se, per esempio, una macchina è progettata e realizzata in modo da non essere sicura, per quanto i comportamenti dell'operatore siano prudenti, potrà sempre verificarsi la possibilità di un infortunio. È per questo motivo che il D.Lgs. 81/08 pone a carico dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli

installatori, figure generalmente esterne all'azienda, alcuni obblighi precisi. Per approfondire gli obblighi a carico delle figure esterne all’azienda, esplora la parti attive. Principi generali di prevenzione I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti, devono rispettare i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute, al momento delle scelte progettuali e tecniche, e

scegliere macchine, nonché dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti.

Divieti Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque conceda in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazioni o di omologazione

obbligatoria, è tenuto a controllare che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge. Norme di sicurezza e di igiene Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la parte di loro competenza.

Va segnalato che esiste una precisa normativa, sia europea che nazionale, in merito alle macchine, alle attrezzature, agli impianti, ai posti di lavoro, ecc., che fu avviata nel 1955 con il D.P.R. 547 e si è sviluppata nel tempo, fino ad arrivare al D.Lgs. 17/10 in sostituzione della direttiva europee 98/37/CE, relative alle macchine, detta “direttiva macchine”, entrata in vigore il 6 marzo 2010.

I vari obblighi imposti al datore di lavoro che debba applicare il TU ruotano attorno ad un adempimento fondamentale non delegabile: la valutazione dei rischi (VDR). Come previsto dall’art. 29 del D.Lgs. 81/08, egli elabora il documento di valutazione dei rischi

(DVR) con il supporto del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP se nominato), il medico competente e previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). Esplora le aree attive dell’immagine, relativa al documento di valutazione dei rischi, per saperne di più.

DVR Il datore di lavoro deve elaborare il relativo Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. 81/08. In tale articolo la valutazione deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato (secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004) e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, agli stranieri.

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DUVRI Il datore di lavoro che intende affidare lavori, servizi o forniture a imprese appaltatrici o subappaltatrici, deve valutare i rischi per la sicurezza e la salute derivanti da interferenza tra lavorazioni. I rischi da interferenza sono relativi all’interazione tra attività svolte in contemporanea, da più soggetti, nel medesimo luogo di lavoro. Comprendono:

rischi presenti all’interno dell’azienda del datore di lavoro (committente); rischi introdotti dalle imprese esterne. In questi casi deve essere redatto un documento integrativo

al DVR conosciuto con l'acronimo DUVRI(documento unico per la valutazione rischi da interferenze) e coerente all'art. 26 del D.Lgs. 81/08 s.m.i.

L’aspetto più innovativo del Decreto è la partecipazione attiva di tutte le figure coinvolte nella prevenzione, compreso il lavoratore stesso che diventa un soggetto attivo con diritti e doveri, cosciente

dei rischi del proprio lavoro, ma anche dei metodi per prevenirli. Per tale motivo, tutti i cittadini che lavorano si devono

interessare ed essere partecipi alla formazione e informazione sulla sicurezza sul lavoro. Affinché la sicurezza e la tutela della salute sul posto di lavoro siano garantite, sono richieste conoscenze e abilità specifiche. L’addestramento, l’informazione e la formazione dei lavoratori sono pertanto una premessa

fondamentale per evitare infortuni e malattie professionali.

Il datore di lavoro, come previsto dalla sezione IV del TU, deve programmare e organizzare tutte le misure necessarie per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori che svolgono qualunque attività all’interno dell’azienda. Il D.Lgs. 81/08 s.m.i., prevede l’informazione, la formazione e l’addestramento come dei percorsi

necessari e obbligatori che i lavoratori devono seguire per apprendere le regole e le metodologie che fanno parte del sistema di protezione e prevenzione.

Esplora le parti attive dell’immagine, che mostra dei lavoratori in fase di addestramento, per saperne di più sugli obiettivi di informazione, formazione e addestramento.

Informazione Con l’informazione i lavoratori dovrebbero imparare a riconoscere, e di conseguenza a ridimensionare e a controllare, i rischi presenti in azienda. Formazione

Per mezzo della formazione si vuole preparare i lavoratori alle numerose e complesse nozioni e procedure necessarie ad acquisire quelle capacità che permettono agli stessi di lavorare sia riducendo i rischi, sia tutelando la sicurezza personale. Addestramento Con l’addestramento i dipendenti sono messi in condizione di esercitarsi ad utilizzare in modo pratico e

corretto le attrezzature, i macchinari e tutte le strumentazioni che servono sia per le fasi di lavoro, sia per gli interventi resi necessari nelle situazioni di rischio.

Normativa Nell'art. 36 del D.Lgs. 81/08 si afferma che il datore di lavoro deve provvedere affinché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione sui rischi specifici cui è esposto, in relazione all'attività svolta e sui pericoli connessi all'uso di sostanze e preparati pericolosi. Il datore di lavoro è inoltre obbligato ad adoperare tutti gli strumenti in suo

possesso per tutelare la sicurezza dei lavoratori attraverso una stretta

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collaborazione e lo scambio di informazioni con il medico competente e con i Servizi di Prevenzione e

Protezione circa i rischi presenti in azienda e che riguardano il lavoro svolto dai lavoratori.

Devono essere fornite ai lavoratori le informazioni che riguardano possibili esposizioni a pericoli gravi ed immediati e le operazioni di emergenza da eseguire e seguire nei casi precedenti. Il D.Lgs. 81/08 ha inoltre inserito la tutela dei lavoratori immigrati, poiché a causa delle differenze linguistiche, i lavoratori stranieri, come si evince dai dati statistici, sono più soggetti ad incidenti all’interno delle aziende. Da ciò si è reso necessario rendere il più possibile, chiare e comprensibili le informazioni e le conoscenze che questi lavoratori devono apprendere durante le fasi formative.

Argomenti Come abbiamo visto, il datore di lavoro deve provvedere affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata

informazione su una serie di argomenti. Dire che "provvede affinché riceva informazioni" è diverso dal dire che "provvede a fornire informazioni"; infatti, da un lato può delegare altri soggetti affinché informino i lavoratori, dall'altro deve assicurarsi che le informazioni siano state recepite dai lavoratori stessi.

Accertamenti

Inoltre, si è visto, nel caso della sorveglianza sanitaria, che i lavoratori ed i loro rappresentanti per la sicurezza hanno diritto ad essere informati sul significato e sui risultati degli accertamenti sanitari, ecc. Una serie ulteriore di informazioni riguarda il corretto uso di

macchine, attrezzature, impianti, dispositivi di protezione individuale e tutto quanto può avere incidenza sui rischi e sui corretti comportamenti dei lavoratori, al fine di rendere minima l'esposizione ad essi. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze.

Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della

lingua utilizzata nel percorso informativo. Le sanzioni previste per il datore di lavoro e per il dirigente, secondo quanto sancito dall’art. 36, co. 1 e 2, corrispondono a:

arresto da due a quattro mesi oppure a un’ammenda da € 1.315,20 a € 5.699 [Art. 55, co. 5, lett. c]

Normativa Come descritto nell’art. 37 del D.Lgs. 81/08: il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in

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materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze

linguistiche, riferita ai concetti generali (rischio, danno, organizzazione

della prevenzione, organi di vigilanza, assistenza), ai rischi ed ai possibili danni riferiti alle proprie mansioni ed alle misure e procedure di prevenzione e protezione, ed un adeguato addestramento all’uso di macchine, attrezzature ed utensili.

CARATTERISTICHE Oltre all'informazione, i lavoratori hanno quindi diritto a essere formati in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Quali caratteristiche deve presentare tale formazione?

Esplora le aree attive per saperne di più.

La formazione deve avvenire in occasione:

della costituzione del rapporto di lavoro; del cambiamento di mansioni; dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze o preparati

pericolosi. La formazione deve essere "adeguata", cioè sufficiente a creare nei lavoratori quella coscienza e

quella consapevolezza che sono alla base dei comportamenti corretti in presenza di rischi; deve avvenire durante l'orario di lavoro;

non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori; ove riguarda i lavoratori immigrati, deve avvenire previa verifica della comprensione e della

conoscenza della lingua. Gli Accordi Stato-Regioni n. 221 e 223 per la formazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 37, comma

2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. pubblicati sulla G.U. dell’11/01/12, disciplinano la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione e dell’aggiornamento di:

lavoratori; preposti; dirigenti; datori di lavoro che intendono svolgere il ruolo di RSPP.

La durata della formazione varia sulla base del rischio dell’attività aziendale, individuato in rischio: basso; medio;

alto. Per tutti e tre i gradi di rischio, sono previsti aggiornamenti pari ad un minimo di 6 ore ogni 5 anni. L’Accordo Stato-Regioni prevede che possano frequentare corsi di formazione previsti per il rischio basso (di durata minima di 4 ore) i lavoratori che, a prescindere dal livello di rischio individuato per l’Azienda, svolgano mansioni che non comportino la loro “presenza, anche saltuaria, nei reparti produttivi” (ad esempio gli impiegati amministrativi).

DURATA E MODALITA’ Il 21 dicembre 2011 sono stati approvati gli accordi Stato-Regioni relativi alla formazione sulla sicurezza indicati dall’art. 34, e art. 37 del D.Lgs. 81/08. Gli accordi definiscono la durata, i contenuti e le modalità della formazione da svolgere. La novità principale riguarda l’individuazione della durata della formazione in base al rischio dell’attività aziendale: basso, medio, alto. Vediamo insieme, nella tabella riassuntiva che segue, il numero di ore di formazione di base, le ore di

aggiornamenti e la periodicità della formazione e i casi in cui è permessa la formazione in modalità e-learning.

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ADDETTI EMERGENZE La formazione per gli addetti alle emergenze è regolamentata per contenuti e durata da:

D.M. 10/3/1998 per gli Addetti Antincendio; D.M. 388/03 per gli Addetti al Primo Soccorso. Vediamo insieme, nella tabella riassuntiva, il numero

di ore di formazione di base, le ore di aggiornamenti e la periodicità previste per gli addetti alle emergenze.

Sanzioni Nei casi di mancata formazione e di violazione delle disposizioni, in base al D.Lgs. 81/08, sono previste due tipologie di sanzioni:

sanzioni amministrative pecuniarie;

sanzioni penali (arresto o ammenda).Quasi tutti i soggetti della prevenzione aziendale sono sanzionabili:

datore di lavoro; dirigente; preposto; medico competente; lavoratori.

Non sono invece soggetti sanzionabili: RLS; RSPP; addetti al SPP.

Nella tabella seguente sono riepilogate le principali sanzioni in caso di mancata formazione.

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L’addestramento, richiamato in via generale dall’articolo 37 del D.Lgs. 81/08, quale apprendimento

pratico in riferimento a determinati ambiti di rischio specifico, mostra come materialmente e praticamente ci si deve comportare ai fini di garantire la corretta attuazione delle misure di prevenzione e protezione. L’addestramento deve presentare specifiche caratteristiche, tra cui:

essere effettuato sempre sotto la responsabilità del datore di

lavoro, da persona esperta e tendenzialmente sul luogo di lavoro; essere contestualizzato alla realtà lavorativa o comunque alle

macchine e attrezzature effettivamente impiegate.

L’immagine descrive lo svolgimento dell’animazione relativa alle azioni da compiere relativamente alla formazione e all’addestramento delle figure aziendali. Ogni figura professionale in azienda deve essere soggetta all’attività di formazione e addestramento ed è necessario stabilire i contenuti per ciascuno di essa in relazione all’azienda. Relativamente alla formazione e all’addestramento, le principali attività necessarie da compiere sono:

- elaborazione di un piano di formazione e di addestramento; - esecuzione e documentazione delle attività formative e di aggiornamento; - verifica periodica e aggiornamento del piano di formazione e addestramento; - aggiornamento della documentazione informativa e di formazione, e loro messa a disposizione dei lavoratori.

RISCHI

La sorveglianza sanitaria è dovuta per tutte le attività lavorative in cui la valutazione dei rischi abbia evidenziato un rischio per la salute, sia che esse prevedano un uso deliberato di agenti biologici che una esposizione potenziale.

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La sorveglianza sanitaria è rivolta ai lavoratori esposti ai seguenti rischi:

sostanze chimiche (come ad esempio reagenti e prodotti di laboratorio, gas anestetici, prodotti di pulizia, disinfezioni, vernici, solventi);

radiazioni ionizzanti e non ionizzanti; rischio biologico; movimentazione manuale dei carichi; lavori ai videoterminali.

CARATTERISTICHE, PROGRAMMA e MEDICO COMPETENTE

Vediamo ora meglio quali caratteristiche deve presentare la sorveglianza sanitaria e come deve essere articolato il Programma di sorveglianza. Esplora le parti attive per approfondire. Caratteristiche

La sorveglianza sanitaria deve: essere effettuata dal medico competente appositamente nominato dal datore di lavoro, dopo

consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; comprendere accertamenti preventivi al fine del giudizio di idoneità alla mansione specifica; comprendere gli accertamenti periodici per il controllo dello stato di salute dei lavoratori.

Programma E’ previsto un programma di sorveglianza sanitaria comprendente:

1. visita medica; 2. visite periodiche per mansioni e rischi professionali; 3. procedure in caso di infortunio. Va attivata una collaborazione attiva tra il datore di lavoro, il medico competente e il servizio di prevenzione e protezione per definire le misure generali di tutela della salute dei lavoratori e affinché sia funzionante il sistema di sorveglianza.

Doveri del medico competente Il medico competente deve allestire un protocollo di sorveglianza sanitaria in relazione ai fattori di rischio definiti in sede di valutazione. Egli deve:

eseguire l’aggiornamento periodico delle cartelle sanitarie;

informare i singoli lavoratori sul significato e sui risultati degli accertamenti svolti,

informare sui risultati anonimi collettivi il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il datore di lavoro e il servizio di prevenzione e protezione.

OBBLIGHI E DIRITTI DEI LAVORATORI In tema di sorveglianza sanitaria sono previsti determinati obblighi e diritti per i lavoratori. Esplora le parti attive dell’immagine per saperne di più.

L’immagine mostra un lavoratore durante una visita medica. Obblighi

Ogni lavoratore deve sottoporsi alle visite mediche e agli accertamenti che il medico competente richiede. Diritti Al lavoratore spetta il diritto di ricevere le informazioni riguardanti il significato degli accertamenti a cui si sottopone e di ricevere anche copia della documentazione sanitaria che lo riguarda (dietro formale richiesta). Inoltre, egli ha il diritto di conoscere il risultato delle indagini sanitarie inerenti la sua persona.

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I rischi lavorativi presenti negli ambienti di lavoro possono essere

suddivisi in tre grandi categorie:

rischi per la sicurezza (di natura infortunistica); rischi per la salute (di natura igienico-ambientale); rischi per la sicurezza e la salute (organizzativi e psicosociali).

Per conoscere nel dettaglio i rischi di ciascuna categoria, seleziona le parti attive dell’immagine.

Rischi per la sicurezza Fanno parte dei rischi per la sicurezza, di natura infortunistica, i rischi dovuti a:

ambiente di lavoro (da carenze strutturali); macchinari (da carenze di sistemi di sicurezza sulle macchine e sulle apparecchiature);

sostanze pericolose (da carenze del loro utilizzo); impianti elettrici (da carenza di apparati e sistemi di sicurezza idonei).

Rischi per la salute Fanno parte dei rischi per la salute, di natura igienico-ambientale, i rischi dovuti a:

agenti chimici (da esposizione alle sostanze chimiche tossiche e/o nocive); agenti fisici (da esposizione a grandezze fisiche che provocano una trasformazione “indesiderata” delle

condizioni ambientali di vita e di lavoro potenzialmente dannosa per la salute umana); agenti biologici (da esposizione a organismi e microrganismi come batteri, virus, funghi come lieviti e

muffe, e parassiti, presenti nell'ambiente a seguito di emissione e/o trattamento e manipolazione). Rischi per la salute e la sicurezza Fanno parte dei rischi per la sicurezza e la salute, i rischi conseguenti a:

A) ORGANIZZAZIONE del lavoro, quali: processi di lavoro usuranti (es. lavori in continuo, sistemi di turni, lavoro notturno); carenze di pianificazione degli aspetti attinenti alla sicurezza e la salute (es. programmi di controllo); mancanza di manutenzione degli impianti e delle attrezzature di sicurezza; procedure non idonee per far fronte a situazioni di emergenza e/o agli incidenti; rischi di movimentazione manuale di carichi;

rischi connessi all’ergonomia e al lavoro ai videoterminali. B) FATTORI PSICOLOGICI, come:

intensità, monotonia, solitudine, ripetitività del lavoro; mancato coinvolgimento al processo decisionale, situazioni di conflittualità; assegnazione di mansioni troppo complesse, insufficienza di controlli; reattività anomala a condizioni di emergenza.

AMBIENTE DI LAVORO Con il termine ambiente di lavoro, si intendono tutti i luoghi chiusi

situati all’interno e all’esterno delle strutture, come ad esempio uffici, studi, laboratori, aule, magazzini, biblioteche, vie di circolazioni interne. I locali di lavoro, oltre a rispondere a requisiti minimi di abilità (altezza, superficie, cubatura), devono rispettare e garantire le condizioni di salute e benessere quali:

qualità dell’aria;

microclima; illuminazione;

vie di transito.

MACCHINARI Il D.Lgs. 81/08 s.m.i. dedica ampio spazio alla trattazione sull’uso delle attrezzature di lavoro e degli strumenti di protezione. La normativa attualmente in vigore ha una portata generale, poiché si riferisce ai macchinari in

generale, e mira a consentire al lavoratore di disporre di attrezzature di lavoro conformi ai requisiti richiesti dalla legge.

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Esplora le parti attive dell’immagine, che rappresenta dei lavoratori addetti

a macchinari, per approfondire.

Il Testo Unico in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro stabilisce che:

non è consentito rimuovere i dispositivi di sicurezza e pulire, fare la manutenzione o riparare macchinari in moto o in movimento. Se ciò dovesse essere assolutamente necessario, colui che deve eseguire il lavoro deve dotarsi delle adeguate misure di protezione;

tutti i macchinari e tutte le attrezzature presenti all’interno dell’azienda devono essere periodicamente sottoposti a manutenzione ordinaria;

è assolutamente indispensabile custodire e proteggere i componenti pericolosi dei macchinari che possono generare pericoli di taglio, compressione ed espulsione violenta di materiale.

La persona responsabile di adeguare i macchinari e gli impianti alla normativa vigente è il datore di lavoro, il quale deve anche effettuare una valutazione dei rischi relativa all’utilizzo e all’efficienza delle attrezzature. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori le attrezzature necessarie per far fronte alle emergenze che si verificano in azienda, in modo da salvaguardare la salute di tutte le persone presenti all’interno degli

spazi aziendali. Queste attrezzature sono destinate ad essere utilizzate in base alle direttive impartite dal datore di lavoro, il quale si adopera affinché siano sempre sottoposte a manutenzione, allo scopo di

preservarne l’integrità e la sicurezza. L’attenzione prestata dal datore di lavoro ed il controllo che esercita all’interno dei suoi locali deve riguardare anche le postazioni dei lavoratori ed in particolar modo le posizioni che questi acquisiscono mentre adoperano macchinari ed utensili che servono per svolgere la propria mansione. In questo caso tutti gli strumenti utilizzati devono essere ergonomici.

SOSTANZE PERICOLOSE Il datore di lavoro ha l'obbligo di proteggere i propri dipendenti dai danni derivanti dall'esposizione a sostanze pericolose sul luogo di lavoro. Infatti, se i rischi dell'utilizzo delle sostanze pericolose non

vengono gestiti in maniera adeguata, possono insorgere i danni più disparati per la salute dei lavoratori, con conseguenze che vanno da lievi irritazioni di occhi e cute fino ad asma, disturbi della riproduzione, difetti congeniti e tumore. I datori di lavoro sono inoltre obbligati a fornire ai propri dipendenti informazioni sui rischi provenienti dalle sostanze pericolose e a erogare loro una formazione sull'uso sicuro di tali sostanze.

Per conoscere nel dettaglio quali sono le sostanze pericolose e i danni che possono causare, esplora la parti attive. Quali sono? Per sostanze (o preparati) pericolose si considerano tutte le sostanze solide, liquide, gas e/o vapori che possiedono almeno una di queste proprietà:

costituiscono un pericolo per la salute; hanno effetti irritanti o sono corrosive;

causano e/o favoriscono incendi ed esplosioni; sono dannose e costituiscono un pericolo per l’ambiente.

Danni organici e funzionali La presenza di fattori chimici è spesso minimizzata o addirittura sottovalutata e può portare:

a danni organici e funzionali (istantaneamente o in lunghi periodi); a degradazione ambientale.

I danni agli organismi possono essere causati principalmente da:

contatti diretti; da esposizione cutanea diffusa;

da inalazione; da ingestione.

Riduzione dei rischi Ridurre i rischi rappresentati dall'esposizione a sostanze pericolose sul lavoro non è soltanto un

imperativo legale e morale, è anche una scelta redditizia per l'azienda. In caso di problemi, infatti, le imprese possono incorrere in una serie di difficoltà quali una perdita di produttività, una maggiore responsabilità legale e un aumento delle richieste di indennizzo; anche i lavoratori possono subire svantaggi. Fortunatamente, è disponibile per la consultazione da parte di lavoratori e datori di lavoro un'ampia mole di materiale informativo sulla manipolazione delle sostanze pericolose.

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IMPIANTI ELETTRICI

La sicurezza degli operatori che utilizzano gli impianti elettrici e le apparecchiature elettriche e svolgono lavori non elettrici, tipicamente il lavoro d’ufficio, pur essendo sostanzialmente garantita dalla costruzione degli impianti a regola d’arte in via prioritaria, e, secondariamente, dalla conformità delle apparecchiature alla legislazione vigente, dipende in parte anche dal modo in cui le persone operano durante la normale attività lavorativa. In questo capitolo, unitamente ad alcune informazioni sugli impianti elettrici e le apparecchiature elettriche, vengono fornite alcune indicazioni atte a diminuire ulteriormente il livello del

rischio elettrico in ufficio. Per conoscere nel dettaglio quali regole è necessario rispettare per salvaguardare la sicurezza degli impianti elettrici e degli utilizzatori, esplora le parti attive. Normativa Per poter essere esposti ad un livello di rischio elettrico basso, occorre che l’impianto elettrico sia

conforme alla normativa vigente in materia di sicurezza (es. la norma CEI 64/8) e sia utilizzato e mantenuto sicuro nel tempo; a loro volta, le apparecchiature devono essere conformi alla normativa di sicurezza di riferimento (es. la norma CEI EN 6095). Tutti gli impianti devono essere costruiti in modo tale da impedire qualsiasi contatto diretto con elementi in tensione e i contatti indiretti pericolosi.

Per tale motivo gli impianti elettrici devono avere la messa a terra (da verificare almeno ogni 5 anni) e tra contatore e utilizzatori deve essere messo un particolare dispositivo, l’interruttore differenziale ad

alta sensibilità (detto salvavita, da verificare almeno ogni 3 anni). Manutenzione Gli interventi di manutenzione straordinaria sull’impianto (es. spostare e/o aggiungere una presa al muro), richiedono una specifica competenza tecnico professionale, oltre alla relativa redazione da parte dell’installatore della dichiarazione di conformità. E’ assolutamente vietata l’apertura e/o la modifica delle apparecchiature da parte di qualsiasi operatore non autorizzato. Questa violazione comporta, generalmente, la perdita di garanzia, e quindi il

costruttore non è più tenuto agli obblighi di legge. Quadro elettrico Tutto il personale deve conoscere la collocazione e le funzioni del quadro elettrico di alimentazione che fa capo alle attrezzature che utilizza, per essere in grado di isolare elettricamente il proprio posto, oppure ambiente di lavoro (ad es. in condizioni di emergenza, per manutenzione ordinaria o straordinaria). Segnalazioni

Ciascun lavoratore deve segnalare al personale incaricato o al superiore qualsiasi anomalia o mal funzionamento dell’impianto elettrico. E’ necessario ricordare che non è possibile intervenire

direttamente per porvi rimedio (es. interruttori, prese non ben fissate alle pareti). Utilizzo Qualsiasi apparecchiatura deve essere utilizzata rispettando l’ambiente per il quale è stata progettata e costruita; bisogna rispettare le istruzioni di installazione, di utilizzo e di manutenzione del fabbricante.

Spesso nei luoghi di lavoro sono presenti sostanze pericolose ed è importante che i datori di lavoro, i lavoratori e i loro rappresentanti

conoscano i rischi per la salute presenti sul posto di lavoro e che sappiano come gestirli. L’Unione Europea, in questi ultimi anni, ha emanato il Regolamento REACH (Authorisation and Restriction of Chemicals), il quale istituisce un sistema integrato di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche, con il fine di migliorare la quantità e la qualità delle informazioni disponibili sui prodotti chimici.

Oltre al REACH è stata istituita un’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA), incaricata della gestione e del coordinamento dei processi previsti dalle nuove

normative sulle sostanze chimiche. Contemporaneamente è stato emanato il Regolamento CLP per la classificazione, l'etichettatura e l'imballaggio, il cui fine è quello di contribuire a migliorare il sistema di classificazione, etichettatura e imballaggio dei prodotti chimici.

Inoltre, nel D.Lgs. 81/08 viene ribadito l’obbligo del datore di lavoro di valutare approfonditamente il rischio derivante dall’uso di sostanze chimiche e di informare in modo appropriato i lavoratori dei rischi a cui sono esposti.

La direttiva della Comunità Europea sugli agenti chimici specifica che i datori di lavoro devono ottenere ulteriori informazioni che sono necessarie per la valutazione dei rischi sul posto di lavoro dal

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fornitore o da altre fonti prontamente disponibili.

E' responsabilità del datore di lavoro anche quella di garantire che i lavoratori

e i loro rappresentanti siano informati e formati sui rischi all’esposizione e all’uso dei prodotti chimici. Esplora l’area attiva dell’immagine per conoscere le informazioni che il DL è tenuto a fornire ai lavoratori sui prodotti chimici.

Informazione e formazione dei lavoratori Il DL deve informare e formare i lavoratori su:

proprietà pericolose delle sostanze chimiche; livello, tipo e durata dell'esposizione e circostanze del lavoro; opportune precauzioni per salvaguardare se stessi e gli altri lavoratori sul posto di lavoro, tra cui cosa

fare in caso di incidente o di emergenza; l'effetto di procedure di gestione del rischio; pertinenti valori limite di esposizione professionale; conclusioni da trarre da ogni valutazione di sorveglianza sanitaria e di esposizione già intrapresa.

NORME LEGISLATIVE Le schede e le etichette con i dati per l'uso in sicurezza sono importanti fonti di informazione sui pericoli dei prodotti chimici. Fornitori, produttori o importatori di una sostanza o miscela pericolosa

devono etichettare la confezione conformemente al regolamento CLP prima di immettere il prodotto sul mercato, e devono fornire una scheda di dati di sicurezza per gli utilizzatori professionali in cui vengono descritti l’uso della sostanza, le condizioni e le misure di gestione dei rischi rilevanti per l’uso. Le schede di sicurezza sono regolate da REACH e dovrebbero consentire ai datori di lavoro di valutare i possibili rischi ai lavoratori e/o l'ambiente. REACH e CLP non sono completamente applicabili ad alcuni tipi di sostanze, come ad esempio farmaci,

cosmetici, prodotti per parrucchiere, prodotti alimentari e mangimi animali.

REGOLAMENTO CLP Il regolamento CLP specifica le informazioni standardizzate da fornire

nelle etichette, pittogrammi, schede tecniche disponibili per gli utenti. Esso sostituisce precedenti direttive sulle sostanze e preparati pericolosi. Tuttavia, fino al 1° giugno 2015, possono ancora essere utilizzate le vecchie modalità di classificazione, etichettatura e imballaggio per le miscele.

La ri-etichettatura e riconfezionamento di un preparato (miscela), che è già etichettato e imballato e nella catena di fornitura il 1° giugno 2015, può essere rinviata fino al 1° giugno 2017. Dal 1 Giugno 2017, tutte le etichette ed i pacchetti devono rispettare il nuovo regolamento, comprese quelle per i prodotti che erano già in sul mercato prima del 1° giugno 2015.

ETICHETTATURA Per conoscere alcune informazioni di base riguardanti l'etichettatura dei prodotti chimici clicca sulle aree attive. Informazioni

Le informazioni riportate in etichetta devono essere le seguenti: 1. nome commerciale del preparato; 2. nome chimico dei componenti più significativi dal punto di vista tossicologico; 3. pittogramma di rischio preminente;

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4. frasi H (frasi di rischio);

5. frasi P (consigli di prudenza);

6. quantità; 7. nome, indirizzo, numero telefonico del fabbricante/ importatore/distributore. Scopo Gli utilizzatori professionali dei prodotti sono informati dalla scheda di sicurezza. Nel caso di utilizzo da parte dei consumatori, non è prevista nessuna scheda di sicurezza, in questi casi l'unica fonte d'informazione è il testo dell'etichetta.

E’ pertanto facile comprendere che questo è uno strumento di sicurezza chimica molto importante. Le autorità competenti verificano continuamente la conformità delle etichette, questo è un altro argomento che mostra l'importanza di tale documento. Funzioni Le principali funzioni dell’etichetta sono:

richiamare l'attenzione degli utenti sui possibili pericoli del prodotto;

fornire informazioni in merito al prodotto dato; fornire informazioni sulle misure protettive necessarie quando si usa il prodotto.

SCHEDE DI SICUREZZA

Per ogni prodotto chimico presente in Azienda e/o nell’Unità Operativa deve essere disponibile la relativa scheda di sicurezza. Le schede di sicurezza devono contenere le informazioni di seguito riportate.

Per garantire la tutela della sicurezza e della salute dei consumatori sono stati creati dei simboli riconosciuti dalla normativa che indicano i potenziali pericoli e le misure cautelative da osservare in merito a sostanze chimiche potenzialmente pericolose. L’European Chemicals Bureau ha codificato nella Direttiva 67/548/CEE quelli che ad oggi sono gli standard per l’identificazione di sostanze chimiche pericolose in Europa stabilendo quali simboli devono essere obbligatoriamente apposti sulle confezioni.

Sulla base del regolamento 1272/2008 viene ora utilizzata una tabella con nuovi simboli del rischio chimico.

La valutazione del rischio per la sicurezza viene effettuata dal modello attraverso osservazioni di tipo qualitativo che sono anche quelle previste dalla norma e che riguardano le proprietà chimico

fisiche delle sostanze utilizzate e le caratteristiche del luogo di lavoro. Nei laboratori, il rischio per la sicurezza è da attribuire alla combinazione del rischio incendio/esplosione e all’incompatibilità di agenti chimici diversi che sono legati alle proprietà chimico fisiche delle sostanze e alla loro reattività.

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Vediamo ora, nella tabella che segue, quali tipologie di sostanze chimiche è possibile immagazzinare nello stesso ambiente.

Passiamo ora a vedere come gli ambienti di lavoro possono anche nascondere delle minacce per la salute e la sicurezza dei lavoratori, determinando così una situazione in cui questi ultimi non hanno la vera percezione dei danni fisici che possono scaturire se non si adottano le giuste misure ed i

comportamenti idonei per l’eliminazione o la riduzione dei rischi. I lavoratori possono essere esposti ai seguenti agenti fisici, che costituiscono delle vere e proprie insidie per la loro salute:

rumore;

ultrasuoni; vibrazioni; campi elettromagnetici; radiazioni.

L’informativa sull’argomento delle sostanze biologiche deve essere fornita prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e ripetuta con frequenza almeno quinquennale e, ad ogni modo, ogni qualvolta si verifichino, nelle lavorazioni, cambiamenti circa la natura ed il grado dei rischi.

L’informazione deve essere sistematica e tempestiva. E’ senza altro opportuno effettuare un monitoraggio per verificare che il personale, correttamente informato e formato, abbia percepito e recepito correttamente le istruzioni impartite. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni ed istruzioni in particolare per quanto riguarda:

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Rischi organizzativi e psicosociali: Cosa e quali sono Negli ultimi anni, le continue trasformazioni economiche e lavorative hanno sollevato una nuova domanda di salute che non riguarda più esclusivamente la salute fisica del lavoratore

ma anche il suo benessere psicofisico, connesso con il benessere dell’organizzazione. Si è iniziato così a parlare di rischi psicosociali lavoro

correlati, che riguardano alcuni aspetti della progettazione e della gestione del lavoro e i suoi contesti sociali e organizzativi che hanno in sé un potenziale tale da causare danni psicosociali o fisici.

In sostanza, le condizioni ritenute stressanti e, dunque, rischiose sono riconducibili al contesto e al contenuto del lavoro stesso. Il D.Lgs. 81/08 introduce esplicitamente la necessità di valutare anche i rischi di natura organizzativa e

psicosociale, sia nella loro “forma diretta”, sia nella loro forma “indiretta”, come possono essere ad esempio le conseguenze stressogene legate all’esposizione ad altri rischi.

Rischi psicosociali I rischi psicosociali derivano da inadeguate modalità di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro e da un contesto lavorativo socialmente mediocre e possono avere conseguenze psicologiche,

fisiche e sociali negative, come stress, esaurimento o depressione connessi al lavoro. Passiamo ora ad approfondire alcuni aspetti legati ai rischi psicosociali.

Esplora le aree attive per approfondire i rischi psicosociali. Condizioni lavorative Alcune delle condizioni di lavoro che comportano rischi psicosociali sono:

carichi di lavoro eccessivi; richieste contrastanti e mancanza di chiarezza sui ruoli; scarso coinvolgimento nei processi decisionali che riguardano i lavoratori e mancanza di influenza sul

modo in cui il lavoro viene svolto; gestione inadeguata dei cambiamenti organizzativi, precarietà del lavoro; comunicazione inefficace, mancanza di sostegno da parte dei colleghi o dei superiori; molestie psicologiche e sessuali, violenza da parte di terzi.

Carico di lavoro eccessivo Quando si considerano le richieste lavorative, è importante non confondere i rischi psicosociali, come ad esempio un carico di lavoro eccessivo, con condizioni stimolanti, sebbene talvolta impegnative, in cui

esiste un ambiente di lavoro che dà sostegno e i lavoratori sono correttamente preparati e motivati a

utilizzare al meglio le loro capacità. Benessere e stress Un buon ambiente psicosociale consente di promuovere il miglioramento delle prestazioni, lo sviluppo personale e il benessere fisico e mentale dei lavoratori. Lo stress si manifesta tra i lavoratori quando le richieste avanzate nei loro confronti superano la loro capacità di farvi fronte.

Oltre ai problemi di salute mentale, i lavoratori sottoposti a stress prolungato possono sviluppare gravi problemi di salute fisica come le malattie cardiovascolari o i disturbi muscoloscheletrici. Effetti negativi per le aziende Per le aziende alcuni possibili effetti negativi, derivanti da stress e malessere dei lavoratori, possono essere:

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una scarsa redditività complessiva;

un maggiore assenteismo;

essere sempre presenti (le persone continuano ad andare a lavorare quando sono malate e non possono essere efficienti);

un aumento dei tassi di incidenti e infortuni.Le assenze tendono ad essere più lunghe di quelle dovute ad altre cause e lo stress lavoro-correlato può contribuire ad aumentare i tassi di prepensionamento, in particolare tra gli impiegati. I costi per le aziende e la società sono considerevoli e vengono valutati in miliardi di euro a livello

nazionale.

L’immagine spiega il concetto di ergonomia e i principi ergonomici sul lavoro.

L'ergonomia è una disciplina che prende in esame le informazioni scientifiche inerenti l'essere umano e le applica, con i dovuti criteri, alla progettazione di oggetti, di sistemi e di ambienti destinati ad essere usati dalle persone. Per ciò che attiene il lavoro, la normativa vigente richiede l'applicazione dei principi ergonomici in fase di: - definizione e progettazione dei posti di lavoro;

- scelta delle attrezzature; - definizione dei metodi di lavoro e delle procedure produttive.

Come possiamo vedere nella figura, il lavoratore è al centro dell'attenzione. Su di lui, caratterizzato da un insieme di potenzialità, convergono diversi input che in parte lo arricchiscono ed in parte ne limitano l'operatività. Quest'ultima si espleta nell'esecuzione del lavoro, dal quale lo stesso lavoratore può trarre utili informazioni di

ritorno (feedback) circa la correttezza e la produttività del suo modo d'agire. Occorre comunque evitare di dare un eccessivo affidamento alle informazioni di ritorno, in quanto esse peccano spesso in materia di prevenzione che è invece la base su cui va fondata l'attività lavorativa sotto il profilo antinfortunistico.

CRITERI ERGONOMICI GENERALI

In questa fase ci occuperemo di delineare alcuni concetti generali in materia di ergonomia. Generali ma tutt'altro che generici; anzi, mirati sull'uomo come soggetto non solo da salvaguardare, ma anche da dotare di validi strumenti e della possibilità d'impiegare al meglio i propri strumenti naturali, costituiti

dalle capacità strutturali, sensoriali ed intellettive. II D.Lgs. 626/94 ha formalmente introdotto nella legislazione italiana il principio secondo cui il lavoro deve essere adattato alle prestazioni umane ed il lavoratore deve essere adibito solo a lavori che è in

grado di compiere. Entrambi gli orientamenti convergono nell'assolvimento dei criteri ergonomici d'interazione fra l'uomo ed il compito lavorativo che è chiamato a svolgere. I principi ergonomici sono poi richiamati ulteriormente dal TU, nella trattazione specifica della sicurezza in relazione alle attrezzature.

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ERGONOMIA E SICUREZZA L'ergonomia è tenuta in considerazione ed evidenziata, sia nella fase di

individuazione e valutazione dei rischi, sia in quella operativa per ridurne la consistenza, per quanto riguarda la sicurezza del posto di lavoro nel D.Lgs. 81/08 viene considerata in:

dispositivi di protezione individuale; movimentazione dei carichi; impiego dei videoterminali; uso delle attrezzature di lavoro.

Passiamo ora ad approfondire i riferimenti normativi sulla sicurezza sul lavoro che fanno riferimento all’ergonomia.

Esplora le parti attive per conoscere i diversi riferimenti normativi. Art. 15, D.Lgs. 81/08 L’articolo 15 del Testo Unico sulla sicurezza definisce le procedure obbligatorie per analizzare l’ambiente lavorativo, in particolare il comma d) del Capo III dell’articolo 15 definisce che uno

degli obblighi per il datore di lavoro riguarda proprio la valutazione di possibili rischi ergonomici: d) il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro,

nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo. Nuova direttiva macchine Oltre all’art. 15, anche la “Nuova Direttiva Macchine” cita il concetto di ergonomia come da estratto qui riportato: “REQUISITI ESSENZIALI DI SICUREZZA E DI TUTELA DELLA SALUTE” del D.Lgs. 17/10” riferimento 1.1.6. Ergonomia.

Nelle condizioni d'uso previste devono essere ridotti al minimo possibile il disagio, la fatica e le tensioni psichiche e fisiche (stress) dell'operatore, tenuto conto dei principi seguenti dell'ergonomia:

tener conto della variabilità delle dimensioni fisiche, della forza e della resistenza dell'operatore; offrire lo spazio necessario per i movimenti delle parti del corpo dell'operatore; evitare un ritmo di lavoro condizionato dalla macchina; evitare un controllo che richiede una concentrazione prolungata; adattare l'interfaccia uomo/macchina alle caratteristiche prevedibili dell'operatore.

Art. 32, D.Lgs. 81/08

Allo stesso modo alla voce “formazione” ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. 81/08 (citato dalla Conferenza Stato regione del 26.01.2006) per divenire Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione occorre espletare il modulo C al cui interno (C3) risulta ben specificato l’obbligo di conoscenza dei “rischi di natura ergonomica”. Inoltre all’interno di un documento di valutazione dei rischi che è la “carta d’identità“ della sicurezza di

un’azienda, raramente troviamo un approccio compiuto in merito; ci si limita a ricordarla con le solite argomentazioni quali la postazione del videoterminalista o quando si parla di movimentazione manuale dei carichi e/o da rischio da stress da lavoro correlato. Altri riferimenti Altri riferimenti all’interno del D.Lgs. 81/08 sono:

Capo I - Uso delle attrezzature di lavoro - Art. 71

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ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI CAPO II - OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO, DEI

DIRIGENTI E DEI PREPOSTI Art. 174

Vediamo ora come viene regolamentata l’applicazione dei requisiti ergonomici.

II testo quadro di riferimento in materia di ergonomia è la Norma Sperimentale UNI ENV 26385, derivata dalla Norma ISO 6385. Essa contiene le linee guida per porre in pratica gli obiettivi ergonomici indicati dai decreti legislativi. La loro adozione è implicitamente sinonimo di buona tecnica, vale a dire di presunta conformità al dettato legislativo. Esplora le parti attive della tabella in cui sono riportati gli indirizzi di progettazione dettati dalla norma, per saperne di più.

In relazione alle dimensioni del corpo umano, gli indirizzi di progettazione dettati dalla norma sono:

adeguata altezza del punto operativo o del banco o del tavolo di lavoro; i sedili devono essere studiati in relazione al piano di lavoro o essere regolabili; uno spazio sufficiente deve essere previsto per consentire al lavoratore un'idonea libertà di

movimento;

i comandi devono trovarsi a portata di mano; impugnature e maniglie devono essere disegnate in conformità all'anatomia della mano.

In relazione alle posture naturali assumibili dall'uomo, gli indirizzi di progettazione dettati dalla norma sono:

il lavoratore dovrebbe essere in grado di alternare la posizione seduta a quella in piedi; la posizione seduta è preferibile, purché non ostacoli la corretta esecuzione delle protezioni e non

introduca rischi aggiuntivi; i fasci muscolari debbono poter essere tenuti in esercizio e non immobilizzati in una postura non

modificabile; le posture non debbono richiedere sforzi o tensioni muscolari prolungate.

In relazione agli sforzi muscolari richiesti, gli indirizzi di progettazione dettati dalla norma sono:

lo sforzo muscolare richiesto dev'essere compatibile con le possibilità dell'operatore; la richiesta di eccessivi sforzi va mitigata con l'introduzione di sistemi ausiliari (meccanici o altro) di

supporto; va evitata una tensione prolungata sugli stessi muscoli.

In relazione ai movimenti del corpo, gli indirizzi di progettazione dettati dalla norma sono:

nell'insieme i movimenti debbono essere equilibrati;

il movimento è da preferire all'immobilità; ampiezza, sforzo, velocità e successione dei movimenti debbono essere reciprocamente adattabili; i movimenti di precisione non debbono comportare un eccessivo sforzo; l'esecuzione e la sequenza dei movimenti deve essere facilitata, quando opportuno, da idonei

accorgimenti o congegni. Inerentemente alle segnalazioni e ai visualizzatori, gli indirizzi di progettazione dettati dalla norma

sono: tipo e qualità dei segnalatori e/o dei visualizzatori devono essere compatibili con le caratteristiche

dell'informazione;

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in presenza di molti segnali, ne deve essere consentita un'interpretazione inequivocabile e, se

necessario, un'identificazione della gerarchia di priorità;

la progettazione del segnale, specialmente se di allarme, deve escluderne l'ambiguità; rapidità e direzione dei segnali devono essere compatibili con la sorgente d'informazione; nelle attività in cui l'operatore è soggetto a prolungati periodi di controllo del processo vanno evitati

gli effetti di sovraffaticamento o allentamento dell'attenzione. Inerentemente agli organi di comando, gli indirizzi di progettazione dettati dalla norma sono:

tipo, forma e disposizione degli organi di comando debbono assolvere alle esigenze di controllo, anche in relazione ai movimenti istintivi dell'uomo;

i movimenti degli organi di comando e lo sforzo per porli in atto debbono essere congrui in relazione al compito svolto;

il senso di movimento degli organi di comando deve corrispondere ad una logica prestabilita; la funzione degli organi di comando deve poter essere identificata facilmente e senza ambiguità;

in presenza di più organi di comando, la progettazione deve assicurarne la singola individuazione; va evitato l'azionamento accidentale di comandi passibili d'introdurre un rischio.

Inerentemente all’ambiente di lavoro, gli indirizzi di progettazione dettati dalla norma sono:

prevedere adeguati spazi di movimento;

prevedere un idoneo ricambio d'aria in base: al numero di persone presenti; allo sforzo fisico richiesto; all'estensione dei movimenti; alle emissioni (fumi, vapori, soffi d'aria calda ecc.), al consumo

d'ossigeno delle utenze, alle condizioni termiche; prevedere una temperatura commisurata all'umidità, alla velocità dell'aria, alle emissioni termiche da

parte degli utilizzatori, allo sforzo fisico richiesto e all'eventuale uso di indumenti protettivi. prevedere livelli di illuminazione adeguati, distribuiti e privi di effetti indesiderati tipo l'abbagliamento,

l'assenza di contrasto o la difficoltà di discriminazione dei colori; prevedere per gli ambienti, i macchinari e gli impianti colorazioni che non diano adito ad equivoci o

difficoltà nella comprensione dei segnali di sicurezza;

la rumorosità ambientale deve essere contenuta entro livelli e frequenze sonore non fastidiosi. Essa deve altresì consentire la comprensione del parlato e la ricezione dei segnali acustici;

le eventuali vibrazioni non debbono causare disturbi fisici, reazioni fisiopatologiche e disturbi all'apparato motorio delle persone;

va evitata l'esposizione a materiali pericolosi o a radiazioni pericolose; durante la lavorazione all'aperto le persone vanno protette contro gli effetti climatici avversi (pioggia,

calura, gelo, vento ecc.).

Inerentemente al processo lavorativo, gli indirizzi di progettazione dettati dalla norma sono: la conduzione del processo non deve sottoporre le persone ad un sovraffaticamento fisico e/o

mentale; la monotonia e la noia che può di conseguenza insorgere negli addetti vanno evitate con un

coinvolgimento attivo dei lavoratori;

evitare la ripetitività delle operazioni a carico di uno stesso lavoratore; agevolare la rotazione degli addetti in differenti punti delle linee di montaggio; prevedere idonei periodi di sosta e di recupero psicofisiologico; prevedere differenti prestazioni delle persone fra il lavoro diurno e quello notturno; prevedere differenti prestazioni delle persone in base all'età ed all'esperienza acquisita.

Vediamo ora quali sono le tre caratteristiche fondamentali della progettazione ergonomica. Esplora le aree attive dell’immagine, per saperne di più.

Partecipazione dei lavoratori La partecipazione alla progettazione ergonomica da parte dei

lavoratori direttamente interessati o, più verosimilmente, di un campione significativo di essi, è importante al fine di evitare errori di valutazione dovuti all’uso esclusivo di stereotipi e di formulare ipotesi progettuali anche nell’ambito delle problematiche

soggettive. Interdisciplinarietà Nella progettazione ergonomica è fondamentale l’interdisciplinarietà delle valutazioni e degli interventi che richiedono il contributo attivo ed interattivo di tecnici, analisti, psicologi e sociologi del lavoro. Globalità La globalità degli aspetti, legati a continue differenziazioni (anche assai dinamiche) fra lavoratore e

lavoratore, fra differenti condizioni ambientali, prestazioni impiantistiche e ritmi operativi è un aspetto da

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considerare durante la progettazione ergonomica. Non ultima, va tenuta in debito conto anche

la dinamica delle interazioni uomo-uomo.

Per effettuare un’analisi della postazione di lavoro al fine di indagare e ridurre e/o eliminare i potenziali infortuni per il lavoratore, e valutare, correggere e migliorare i fattori di scomodità, oltre agli indici di rischio, si rende necessaria un’attenta ed esperta valutazione di tutti gli elementi in gioco (sia sui singoli parametri di indici sintetici, sia di altri fattori). Ciò comprende l'analisi degli infortuni, anche di quelli possibili o mancanti e, ove prevista e presente, la conoscenza degli esiti collettivi di una

sorveglianza sanitaria mirata. Ciascun metodo di analisi adottato va associato:

all’osservazione sul campo (attenta e ripetuta); al coinvolgimento e consultazione delle figure interessate;

indagine e raccolta di elementi soggettivi/partecipativi sullo specifico compito lavorativo. E’ bene ricordare che, chi propone innovazioni andrà quasi certamente incontro ad obiezioni e

resistenze da parte dei lavoratori. Per tale ragione si rende necessario:

motivare le innovazioni in modo comprensibile ed accettabile per l'utente; sperimentare per un periodo di tempo; monitorare l'innovazione proposta.

Per dispositivo di protezione individuale (DPI) s’intende “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere

indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo” (art. 74, comma 1 del D.Lgs. 81/08). Non sono invece dispositivi di protezione individuale: a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinate a

proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore; b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; e) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di

polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico; d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali; e) i materiali sportivi;

f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione; g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.

L’immagine mostra esempi di DPI (tuta da lavoro, casco e gli occhiali protettivi) ed esempi di indumenti che al contrario non sono considerabili DPI (camice del medico, occhiali correttivi, casco da motociclista). Sulla base della definizione di DPI, possiamo quindi dire che sono DPI, ad esempio, la tuta da lavoro, il casco e gli occhiali protettivi, mentre non lo sono il camice del medico, gli occhiali correttivi o il casco da motociclista.

Il perché è facilmente intuibile: il camice non serve a proteggere dall'esposizione a rischi, semmai protegge i vestiti dalla possibilità di sporcarsi e, nel caso del medico, è diventato un vero e proprio segno distintivo (il che, peraltro, è tipico di tutte le uniformi). La tuta, al contrario, serve a proteggere il corpo da schizzi di sostanze dannose, da graffi, abrasioni, piccoli tagli e via dicendo.

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Il casco da motociclista non risponde alle norme in materia di sicurezza sul lavoro, ma ad altre leggi (il

codice della strada).

I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro. Prima di fornire i DPI, cioè, il datore di lavoro deve tentare di fare prevenzione eliminando o riducendo al minimo i rischi. Quando ciò non è possibile o non da risultati soddisfacenti, quando cioè permane un rischio residuo, il datore di lavoro deve attuare misure di

protezione collettiva. Se queste non sono possibili o se non consentono di raggiungere pienamente gli scopi desiderati, allora il datore di lavoro deve fornire i DPI ai lavoratori e verificare che essi li utilizzino nel modo corretto. II datore di lavoro, quindi, non può limitarsi a fornire i DPI, senza aver fatto prima un’adeguata valutazione dei rischi, perché ciò sarebbe contrario allo spirito e alla lettera della legge e, in caso di

infortunio, ne sarebbe ritenuto responsabile.

Nella scelta dei DPI da fornire ai lavoratori, inoltre, il datore di lavoro deve effettuare una valutazione accurata relativamente a:

caratteristiche necessarie a rendere i DPI adeguati alla funzione che devono svolgere, badando che essi non rappresentino un’ulteriore fonte di rischio;

tipologie di DPI esistenti sul mercato.

Inoltre, quando cambiano gli elementi che hanno portato alla scelta di determinati DPI, il datore di lavoro deve rifare un’attenta valutazione ed eventualmente intervenire. È il caso, ad esempio, di innovazioni tecniche che mettano a disposizione DPI migliori oppure di cambiamenti nell’organizzazione del lavoro che comportino rischi nuovi e diversi, tali da rendere inadeguati i DPI scelti precedentemente.

Oltre agli obblighi nella scelta dei DPI, il datore di lavoro deve:

mantenere i DPI in efficienza e assicurarne le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;

disporre che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, in modo conforme alle informazioni del fabbricante;

fornire ai lavoratori istruzioni comprensibili, non solo attraverso i sistemi consueti, ma anche attraverso la messa a disposizione delle

"istruzioni" a corredo dei DPI; destinare ogni DPI ad uso personale e, se le circostanze richiedono che lo stesso DPI sia usato da più

persone, prendere misure adeguate affinché tale uso non ponga problemi sanitari e igienici ai vari utilizzatori;

informare preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge; rendere disponibile nell'azienda o nell'unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;

assicurare una formazione adeguata e organizzare, se necessario, uno specifico addestramento sull'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI (ad esempio nel caso degli otoprotettori e dei DPI che, ai sensi del D.Lgs. 475/92, appartengono alla terza categoria).

A loro volta, i lavoratori hanno alcuni obblighi:

sottoporsi al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro;

utilizzare i DPI messi a loro disposizione conformemente

all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato;

prendersi cura dei DPI messi a loro disposizione; non apportare ai DPI modifiche di propria iniziativa; seguire le procedure aziendali in materia di conservazione dei DPI al termine dell'utilizzo;

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seguire le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI al termine dell'utilizzo;

segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto, qualsiasi difetto o

inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.

L'obbligo di utilizzare i DPI, e di utilizzarli nel modo corretto, riguarda non solo i lavoratori dipendenti, ma anche quelli autonomi, come previsto dal Testo Unico. Inoltre, si deve rammentare che il datore di lavoro è responsabile non soltanto della sicurezza dei suoi lavoratori, dipendenti o autonomi,

ma anche di quella degli esterni. Pertanto, l'accesso nelle zone dove esistono determinati fattori di rischio va consentito soltanto a coloro che siano dotati di appositi DPI, anche quando si tratta di fornitori, visitatori, addetti di settore ecc. In questi casi, nella scelta dei DPI si deve tenere conto degli allegati del D.Lgs. 81/08 s.m.i.

I DPI servono a proteggere da situazioni potenzialmente dannose per la salute, come versarsi liquidi

pericolosi sulle mani, il viso, il corpo o respirare vapori tossici.

I DPI vanno scelti a seconda della zona del corpo che è necessario proteggere, devono avere la scritta Œ ed essere dotati di libretto/foglio di istruzioni. È consigliabile controllare e provare i DPI prima di utilizzarli. I DPI vanno conservati secondo le istruzioni a cura dell’operatore, in un luogo accessibile a tutti e in prossimità della zona di possibile uso.

In caso di rottura o malfunzionamento, i DPI devono essere sostituiti.

Prima di passare al prossimo argomento, riepiloghiamo i principali obblighi relativamente ai DPI.

L’uso di DPI deve essere predisposto, relativamente ad un luogo o mansione di

lavoro, quando i rischi presenti non possono essere sufficientemente ridotti con altri mezzi preventivi;

i DPI devono essere scelti e acquistati dopo averne verificato il grado di protezione, le possibili interferenze con il processo produttivo e la coesistenza di rischi simultanei;

i lavoratori o i loro rappresentanti devono intervenire nella scelta dei DPI più

idonei;

la direzione deve esigere l’uso dei DPI quando necessario; i lavoratori devono essere adeguatamente informati e formati circa la necessità e

il corretto uso dei DPI; l’uso dei DPI deve essere regolato da una normativa interna, che ne specifichi

l’obbligatorietà; la messa a disposizione e l’uso corretto dei DPI da parte del personale

interessato devono essere soggetti a un controllo effettivo;

i DPI devono essere adatti alle caratteristiche anatomiche dei lavoratori che li utilizzano. Se le circostanze richiedono l’uso da parte di più persone dello stesso DPI, si devono adottare misure atte a escludere ogni rischio igienico o di sicurezza per gli utilizzatori;

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l’efficienza e l’igiene dei DPI devono essere assicurate mediante adeguata manutenzione, riparazione

o sostituzione;

i lavoratori devono avere cura dei DPI messi loro a disposizione, segnalando tempestivamente eventuali anomalie. Non devono apportare modifiche ai DPI di propria iniziativa e li devono utilizzare conformemente alla formazione e informazione ricevute;

i DPI devono essere tenuti in luoghi adeguati che ne garantiscano una conservazione ordinata, igienica e sicura;

la riconsegna dei DPI da parte dei lavoratori al termine dell’utilizzo deve avvenire secondo procedure

stabilite.

Movimentazione manuale dei carichi (mmc) Per movimentazione manuale dei carichi (mmc), come definito nel Titolo VI del D.Lgs. 81/08, si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico a opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, tirare, portare o spostare un carico.

Esplora le parti attive dell’immagine, che mostra un lavoratore che sta riponendo una scatola su uno scaffale, per

conoscere gli effetti sulla salute della movimentazione manuale dei carichi e i presupposti per prevenirli. Effetti sulla salute Lo sforzo muscolare richiesto dalla movimentazione manuale dei carichi determina un aumento del ritmo

cardiaco e di quello respiratorio e, nel tempo, incide negativamente sulle articolazioni, in particolare sulla colonna vertebrale, determinando cervicalgie, lombalgie e discopatie. In relazione allo stato di salute del lavoratore e in alcuni specifici casi correlati alle caratteristiche del carico e dell’organizzazione del lavoro, i lavoratori che effettuano la movimentazione manuale dei carichi possono essere soggetti a sorveglianza sanitaria, secondo la valutazione dei rischi. Prevenzione

Il Testo Unico stabilisce, come obbligo a carico del datore di lavoro, di evitare la movimentazione manuale dei carichi, sostituendola a livello aziendale con misure organizzative e mezzi appropriati, quali le attrezzature meccaniche, indipendentemente dal rischio più o meno elevato di lesioni dorso-lombali o di altro genere. Tuttavia, questo non sempre è possibile. In questi casi, oltre ad adottare alcuni accorgimenti di tipo organizzativo (es. suddivisione del

carico, riduzione della frequenza di sollevamento e movimentazione, miglioramento delle caratteristiche

ergonomiche del posto di lavoro), è opportuno che i lavoratori siano a conoscenza che la movimentazione manuale dei carichi può costituire un rischio in relazione a diversi fattori, quali il carico, lo sforzo fisico, le caratteristiche individuali del lavoratore, l’ambiente di lavoro, l’attività svolta.

Fattori e cause della mmc Ognuno dei fattori della movimentazione manuale dei carichi ha delle cause e/o motivazioni che possono

provocare dei rischi per la salute dei lavoratori. Esplora le parti attive dell’immagine, che mostra un lavoratore che sta movimentando un carico pesante, per saperne di più.

Carico Le cause/motivazioni che possono rendere il fattore carico un rischio per la salute dei lavoratori sono:

l’eccessivo peso da sollevare (> 30 kg); il fatto che sia ingombrante o difficile da afferrare; l’instabilità (ad esempio a causa del contenuto che tende a spostarsi); il fatto che richieda d'essere tenuto ad una distanza eccessiva dal tronco oppure implichi una torsione

o inclinazione del tronco stesso;

il fatto che possa produrre lesioni, soprattutto in caso di urto. Sforzo fisico Il fattore sforzo fisico diventa un rischio per la salute dei lavoratori se:

è eccessivo;

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è basato soltanto su una torsione del tronco;

comporta un movimento brusco del carico;

viene effettuato con il corpo in una posizione instabile. Fattori individuali del lavoratore I fattori individuali possono rendere la movimentazione manuale dei carichi un rischio per la salute se il lavoratore:

non è idoneo fisicamente; indossa indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati;

non è sufficientemente formato e informato sul compito assegnato e i rischi conseguenti. Ambiente di lavoro L’ambiente di lavoro incide in vari modi nel fare della movimentazione manuale dei carichi un rischio per la salute dei lavoratori. Questo avviene se:

lo spazio è insufficiente; la pavimentazione è sconnessa o inadeguata;

la posizione è costretta e scomoda; il pavimento o il piano di lavoro presentano dislivelli; il pavimento o il punto d’appoggio sono instabili; la temperatura è inadeguata, l’umidità fastidiosa o la circolazione dell'aria carente.

Attività svolta

L’attività svolta diventa un fattore di rischio per la salute quando: gli sforzi fisici sono troppo frequenti o prolungati;

i periodi di riposo sono insufficienti o la distanza tra l’uno e l’altro è insufficiente; le distanze di movimentazione (sollevamento, abbassamento o trasporto) sono eccessive; il ritmo di lavoro è di difficile mantenimento.

Quando non si deve fare la valutazione del rischio per la mmc La valutazione del rischio per la movimentazione manuale dei carichi può essere omessa:

quando il peso del carico è inferiore ai 3 kg (movimentato da addetto in piedi);

quando la movimentazione è del tutto occasionale e/o saltuaria, a condizione che il carico sia inferiore a 20 kg per le donne e 30 kg per gli uomini. In presenza di posti o modalità di lavoro con sufficienti caratteristiche di omogeneità, è possibile, in prima istanza e una volta operate le opportune verifiche, procedere ad una valutazione per campioni. Tale valutazione può fungere da elemento rappresentativo, in attesa d'una valutazione individuale

completa.

Per ridurre il rischio da mmc, esistono alcune misure ergonomiche fondamentali:

il peso da movimentare va tenuto il più possibile vicino al corpo,

poiché il carico applicato al disco intervertebrale dipende dalla distanza del peso dal corpo;

il peso va movimentato a schiena eretta, flettendo le ginocchia e non la colonna vertebrale;

il carico, se possibile, dovrebbe essere bilanciato su due braccia,

piuttosto che movimentato caricando tutto il peso su un solo braccio; la presa sul carico dovrebbe essere superiore a 40 cm da terra. la postura dell'addetto deve essere comoda e non innaturale o

costretta; il carico deve essere preferibilmente spinto piuttosto che tirato; l'abbigliamento dell'addetto dev'essere tale da non ostacolare le operazioni o da non introdurre

ulteriori elementi di rischio; l'alimentazione dell'addetto deve essere adeguata alle condizioni operative e microclimatiche; l'uso dei DPI (guanti, grembiuli, occhiali ecc.) è raccomandato, purché gli stessi siano idonei al tipo

di carico e di operazione svolta.

La strategia d’intervento per la riduzione del rischio da mmc Insieme ad appropriate misure ergonomiche, per ridurre il rischio da movimentazione manuale dei carichi, il datore di lavoro può adottare un’opportuna strategia schematizzabile nel diagramma di flusso che puoi osservare a video.

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Tra le modalità per fornire informazioni di efficacia immediata ai fini della sicurezza possiamo annoverare la segnaletica di sicurezza, che ha un ruolo fondamentale nella prevenzione degli infortuni, ma non costituisce in alcun caso una misura di protezione. La segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro serve a fornire un’indicazione o una prescrizione quando esistono situazioni di

pericolo oppure quando è necessario rammentare norme comportamentali o dare istruzioni per fare fronte alle emergenze. A seconda dei casi, la segnaletica di sicurezza utilizza un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale.

Naturalmente i segnali devono essere utilizzati nei luoghi e nei momenti previsti, per non ottenere un effetto nullo se non addirittura dannoso. Non è raro, purtroppo, che i cartelli di divieto, avvertimento o prescrizione siano collocati in luoghi che poco o nulla hanno a che vedere con le attività lavorative che ne richiederebbero l'uso. Nei cantieri edili, ad esempio, si osserva frequentemente come i cartelli siano

posizionati tutti all'ingresso del cantiere, mentre sono assenti dove si verificano situazioni di pericolo.

La qualità della comunicazione è un presupposto indispensabile perché si possa stabilire e mantenere una condizione oggettiva di sicurezza.

Scopo della segnaletica di sicurezza è attirare in modo rapido e facilmente comprensibile l’attenzione del lavoratore su oggetti e/o situazioni che possono essere fonti di rischio. Per questo, i simboli utilizzati nella segnaletica di sicurezza sono caratterizzati da analogie totali o parziali con gli oggetti e le situazioni reali cui si riferiscono.

L’efficacia del messaggio non dipende però solo dalla scelta corretta del segno e della sua facilità d’interpretazione, ma da quattro fattori:

la correttezza della forma geometrica e del colore che compongono il segnale; la correttezza e interpretabilità dell’eventuale testo integrativo ed esplicitativo;

l’idoneità dell’installazione, in base a fattori di leggibilità;

l’adeguatezza delle conoscenze di chi deve leggere il messaggio.

Come indicato dall’art. 162 del D.Lgs. 81/08, che definisce tutti i tipi di segnale per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, i segnali di sicurezza possono essere di:

divieto: vietano un comportamento dal quale potrebbe risultare un pericolo; prescrizione: prescrivono un dato comportamento o l’utilizzo di un sistema

di protezione;

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avvertimento: avvertono di un pericolo di varia natura;

salvataggio: indicano le uscite di sicurezza e il percorso da seguire in caso di emergenza;

attrezzatura antincendio: si riferiscono alle attrezzature da impiegare in caso di incendio.

L’immagine mostra il significato dei colori e dell’abbinamento tra colori e forme nella segnaletica di

sicurezza. I cartelli devono avere colori e forme specifici. Per quanto riguarda i colori: - il rosso indica divieto, pericolo, allarme, materiali e attrezzature antincendio; - il giallo indica avvertimento; - l'azzurro e il verde indicano prescrizioni, salvataggio e soccorso, situazioni di sicurezza.

Per quanto riguarda l'abbinamento di colori e forme: - la forma rotonda con pittogramma nero su fondo bianco, bordo e banda rossi (verso il basso da sinistra a destra lungo il simbolo, con un’inclinazione di 45 gradi) indica divieto; - la forma rotonda con pittogramma bianco su fondo azzurro indica prescrizione; - la forma triangolare, con pittogramma nero su fondo giallo e bordo nero indica avvertimento;

- la forma quadrata con pittogramma verde su fondo verde è finalizzato al salvataggio; - la forma quadrata o rettangolare con pittogramma bianco su fondo rosso indica le attrezzature

antincendio.

Osserva ora a video la tabella riepilogativa della codificazione cromatica e geometrica della segnaletica di sicurezza.

Il 18 ottobre 2012 è entrata in vigore la norma UNI EN ISO 7010:2012 che prescrive i nuovi segnali di sicurezza. Questa norma serve per armonizzare a livello internazionale i pittogrammi in modo che siano correttamente riconosciuti da tutti i lavoratori indipendentemente dalla lingua e dalla cultura di origine.

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Nell’installazione dei cartelli di sicurezza, è necessario seguire determinati criteri:

installare in corrispondenza del punto di pericolo o degli accessi all’ambiente in cui sussiste il rischio;

evitare che l'addensamento di cartelli saturi le capacità sensoriali delle

persone alle quali i messaggi sono rivolti; garantire l'accessibilità del cartello ai fini di un'idonea manutenzione e

pulizia (se necessaria); utilizzare cartelli idonei a resistere in caso di esposizione alle intemperie;

garantire la visibilità del cartello da tutte le angolazioni che la richiedono; garantire l'illuminazione, se possibile naturale, del cartello e integrarla

eventualmente con quella artificiale; evitare l'impiego di cartelli di sicurezza laddove il messaggio da inviare non attiene la sicurezza; rimuovere il cartello quando non sussiste più la situazione che ne richiedeva e giustificava la presenza.

L’immagine descrive lo svolgimento dell’animazione relativa ai servizi necessari a fronteggiare le eventuali situazioni di emergenza che potrebbero verificarsi in azienda.

Il D.Lgs. 81/08 introduce l'obbligo di istituire in ogni azienda o unità produttiva alcuni servizi necessari a fronteggiare le situazioni di emergenza che potrebbero verificarsi. I servizi a cui fa riferimento il Decreto sono:

- la prevenzione degli incendi e la lotta antincendio; - il pronto soccorso; - l’evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato.

Questi servizi sono svolti da lavoratori, appositamente formati ed addestrati, scelti dal datore di lavoro previa consultazione del RLS, tenendo conto delle loro attitudini e delle capacità. È chiaro che i lavoratori incaricati di svolgere questi compiti non possono rifiutarsi se non per giustificati motivi e non potranno subire pregiudizio da parte del datore di lavoro a causa dello svolgimento dei loro compiti così come, d'altronde, la legge non prevede per essi alcuna sanzione.

Gli obblighi del datore di lavoro non si esauriscono nell’organizzazione dei servizi di emergenza, ma includono anche il dovere di:

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informare tutti i lavoratori, che possono essere esposti ad un

pericolo grave ed immediato, sulle misure predisposte ed i comportamenti

da adottare; programmare gli interventi, prendere i provvedimenti e dare

istruzioni affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività e mettersi al sicuro abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;

prendere i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in

caso di pericolo grave e immediato per la sicurezza propria o di altre persone, e nell'impossibilità di contattare il superiore gerarchico competente, possa adottare le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.

Il D.Lgs. 81/08 pone in evidenza la necessità di gestire le situazioni di emergenza.

In particolare, i temi trattati nel Decreto sono nell’ordine: cosa fare in caso di emergenza;

quali comportamenti sono vietati in situazioni di pericolo; le procedure da seguire in merito ad alcuni casi specifici; le modalità di evacuazione; gli obblighi relativi alle vie d'esodo e alle uscite di emergenza; la redazione del piano di emergenza.

Il D.Lgs. 81/08 affronta il tema della gestione delle emergenze. Vediamo cosa si intende con emergenza

e come comportarsi quando si verifica. Esplora le parti attive per saperne di più. Definizione di emergenza L'emergenza è un fatto, una situazione, una circostanza diversa da tutti gli avvenimenti che normalmente si presentano ad ogni lavoratore e che può generare rischio.

Cosa fare in caso di emergenza In caso di emergenza occorre:

rimanere calmi;

informare subito l'incaricato dell'attuazione delle misure; attendere che l'incaricato dell'attuazione attivi l'allarme opportuno, se lo riterrà necessario.

Cosa fare dopo aver dato l’allarme Una volta dato l’allarme è necessario comunicare:

le proprie generalità; la natura dell'emergenza; il luogo dell'emergenza; l'eventuale presenza di infortunati.

Quando ci si trova di fronte ad una situazione di emergenza occorre evitare alcuni comportamenti che potrebbero aggravare ulteriormente la situazione. In particolare è fatto divieto di:

allertare direttamente il centralino dei Vigili del Fuoco, Polizia, Pronto Soccorso etc.;

occupare le linee telefoniche; mettere a rischio la propria incolumità;

usare l'ascensore; tentare di recuperare oggetti personali o altro materiale; utilizzare acqua su impianti elettrici (prima di usare gli idranti è sempre necessario togliere la

corrente); non rientrare nell'area evacuata se non autorizzati.

INCENDIO Il D.Lgs. 81/08 indica quali sono le norme di comportamento in caso di incendio, distinguendo tra due possibili situazioni: se l’emergenza è sotto controllo o se al contrario non lo è. Esplora le parti attive per saperne di più.

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Emergenza sotto controllo

Se l’emergenza incendio è sotto controllo occorre:

allontanare eventuali sostanze combustibili; staccare l'alimentazione degli apparecchi elettrici, per ostacolare la propagazione dell'incendio.

Nel caso in cui l'emergenza fosse fuori dal locale per evitare il sorgere di eventuali focolai supplementari è necessario:

interrompere l'eventuale erogazione dei gas; intervenire direttamente utilizzando, se necessario, i mezzi messi a disposizione come previsto dalle

norme. Emergenza fuori dal controllo Se l’emergenza incendio non è sotto controllo occorre:

lasciare il locale chiudendo porte e finestre per non alimentare il fuoco con l'ossigeno dell'aria; prima di aprire le porte toccarle nella parte alta per sentire se sono calde e verificare se c'è fuoriuscita

di fumo;

se fuoriesce il fumo aprirle solo se non si hanno alternative mettendosi in ginocchio e riparandosi con la porta stessa o con il muro a seconda del verso di apertura;

spostarsi sempre con prudenza e lungo i muri, saggiando il pavimento con il piede che non sostiene il peso del corpo in quanto le travi in legno dei soffitti sono abbastanza resistenti (infatti la combustione avviene rapidamente sulla superficie e lentamente verso l’interno della trave, al contrario di quanto

avviene per le strutture metalliche).

ALLAGAMENTO Se nei locali si verifica un allagamento ma l’emergenza è sotto controllo, le

norme di comportamento a cui attenersi secondo quanto stabilito dal Decreto sono le seguenti:

staccare l'alimentazione degli apparecchi elettrici; interrompere l'eventuale erogazione dell'acqua nella zona in cui si verifica; se ci si sente in grado, intervenire direttamente (chiudere il rubinetto,

isolare la tubazione etc.).

SISMA Nel caso in cui si verifichi un’emergenza sismica, le norme di comportamento previste dal D.Lgs. 81/08 prevedono che il personale sia tenuto al rispetto di tutte le norme di

sicurezza e, in caso di terremoto, assuma e faccia assumere a tutti le misure di autoprotezione conosciute e sperimentate. In particolare:

proteggersi dalla caduta di oggetti riparandosi sotto i tavoli; se vi sono ripararsi sotto gli architravi; ascoltare la radio per sentire le disposizioni date dalle autorità; non usare i telefoni e aspettare l'arrivo delle autorità.

Nel caso in cui si verifichi una situazione di emergenza che necessita l’evacuazione, le norme di comportamento a cui rifarsi sono le seguenti:

accertarsi che chiunque sia nelle vicinanze abbandoni i locali; assistere e facilitare l’esodo ai disabili e a chiunque sembri in difficoltà; chiudere porte e finestre; lasciare aperte porte e finestre solo se si sono ricevute specifiche

istruzioni a tale scopo (così facendo si limitano i rischi di esplosione); allontanarsi il più rapidamente possibile seguendo i percorsi segnalati

e dirigersi al punto di raccolta;

negli spostamenti per uscire non correre e non spingere gli altri; sostenersi alle ringhiere se si scende per le scale per evitare cadute

accidentali; fermarsi al punto di raccolta previsto per il riscontro delle presenze e le ulteriori istruzioni sul da farsi.

Vie di esodo e uscite di emergenza DEFINIZIONE

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Quando per far fronte ad una situazione di emergenza è necessario evacuare l’ambiente di lavoro,

occorre farlo dirigendosi verso le vie di esodo e le uscite di emergenza.

Esplora le parti attive per conoscere la definizione di vie di esodo e uscite di sicurezza. Vie di esodo Le vie di esodo sono percorsi senza ostacoli al deflusso che consentono agli occupanti un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro dagli effetti dell’incendio o di altre potenziali situazioni di emergenza.

Uscite di emergenza Le uscite di emergenza sono passaggi che immettono in un luogo sicuro e sono dislocate lungo le vie di esodo.

Vie di esodo e uscite di emergenza CARATTERISTICHE Le vie di esodo e le uscite di emergenza devono:

rimanere sempre sgombre;

non essere ostruite da qualsiasi oggetto; poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti;

essere sempre segnalate da cartelli di sicurezza composti da simboli grafici in campo verde;

essere seguite da tutte le persone che sono tenute a rispettare le indicazioni date dalla cartellonistica; essere visibili e tale visibilità essere garantita, anche in mancanza di energia elettrica, mediante

attivazione automatica di un sistema di illuminazione sussidiaria o al buio con cartelli luminescenti.

Criteri generali di sicurezza per le vie di uscita

L’allegato III del D.Lgs. 81/08 stabilisce che le vie di sicurezza per essere considerate adeguate alla loro funzione devono rispettare i seguenti criteri: a) ogni luogo di lavoro deve disporre di vie di uscita alternative, ad eccezione di quelli di piccole dimensioni o dei locali a rischio di incendio medio o basso; b) ciascuna via di uscita deve essere indipendente dalle altre e distribuita in modo che le persone

possano ordinatamente allontanarsi da un incendio; c) dove è prevista più di una via di uscita, la lunghezza del percorso per raggiungere la più vicina uscita di piano non dovrebbe essere superiore ai valori sottoriportati:

15 ÷ 30 metri (tempo max. di evacuazione 1 minuto) per aree a rischio di incendio elevato; 30 ÷ 45 metri (tempo max. di evacuazione 3 minuti) per aree a rischio di incendio medio; 45 ÷ 60 metri (tempo max di evacuazione 5 minuti) per aree a rischio di incendio basso ;d) le vie di

uscita devono sempre condurre ad un luogo sicuro; e) i percorsi di uscita in un'unica direzione devono essere evitati per quanto possibile; f) quando una via di uscita comprende una porzione del percorso unidirezionale, la lunghezza totale del percorso non potrà superare i limiti imposti alla lettera c); g) le vie di uscita devono essere di larghezza sufficiente in relazione al numero degli occupanti e tale larghezza va misurata nel punto più stretto del percorso; h) deve esistere la disponibilità di un numero sufficiente di uscite di adeguata larghezza da ogni locale e

piano dell'edificio; i) le scale devono normalmente essere protette dagli effetti di un incendio tramite strutture resistenti al fuoco e porte resistenti al fuoco munite di dispositivo di autochiusura, ad eccezione dei piccoli luoghi di lavoro a rischio di incendio medio o basso, quando la distanza da un qualsiasi punto del luogo di lavoro fino all'uscita su luogo sicuro non superi rispettivamente i valori di 45 e 60 metri (30 e 45 metri nel caso di una sola uscita);

l) le vie di uscita e le uscite di piano devono essere sempre disponibili per l'uso e tenute libere da ostruzioni in ogni momento; m) ogni porta sul percorso di uscita deve poter essere aperta facilmente ed immediatamente dalle persone in esodo.

Piano di emergenza DEFINIZIONE Ogni azienda deve dotarsi di un piano di emergenza a cui far riferimento per la gestione delle situazioni di rischio e pericolo che potrebbero verificarsi.

Il piano di emergenza, come richiamato nell'allegato VIII del D.M. 10/3/98 “Criteri generali di sicurezza

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antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”, è un

documento che contiene indicazioni sui comportamenti e le procedure

da attuare nel caso si debba fronteggiare un’emergenza. Tale piano deve essere calibrato sulle particolarità delle strutture in cui sarà poi applicato, deve cioè tenere presente eventuali rischi particolari, dotazioni di emergenza (impianti di allarme, di illuminazione ecc.) e particolarità costruttive della struttura.

Il piano di emergenza deve essere: chiaro; leggibile e sintetico; dotato di planimetrie aggiornate e di immediata comprensione; reso noto a tutto il personale per gli specifici livelli di competenza.

Piano di emergenza CARATTERISTICHE Il D.Lgs. 81/08 e s.m.i. indica quali sono le caratteristiche da

tenere presenti nel momento in cui si procede alla redazione del piano di emergenza aziendale.

In particolare il Decreto individua le misure di emergenza da attuare in caso di

primo soccorso; lotta antincendio;

evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato. Il Decreto stabilisce, inoltre, l’obbligo per il datore di lavoro e i dirigenti di designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di:

prevenzione incendi e lotta antincendio; evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, salvataggio;

primo soccorso; gestione delle emergenze.

Il piano di emergenza, per essere redatto in maniera corretta, deve perseguire i seguenti obiettivi:

prevenire o limitare i pericoli alle persone; coordinare gli interventi del personale a tutti i livelli, in modo che siano

ben definiti tutti i comportamenti e le azioni che ogni persona presente

nell’azienda deve mettere in atto per salvaguardare la propria incolumità; se possibile, limitare i danni ai beni e alla struttura dell’edificio; intervenire, se necessario, con un pronto soccorso sanitario; individuare tutte le possibili emergenze che possono interessare

l’attività, la natura e la funzionalità dell’impianto; definire i compiti da assegnare al personale che opera nell’azienda, durante la fase emergenza.

Vediamo ora quali sono i contenuti che devono essere inseriti quando ci si occupa di redarre un piano di

emergenza. Esplora le parti attive dell’immagine, che mostra un gruppo di persone, per saperne di più.

Fattori da tenere presenti I fattori da tenere presenti nella compilazione del piano di emergenza e da includere nella stesura dello

stesso sono:

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le caratteristiche dei luoghi con particolare riferimento alle vie di esodo;

il sistema di rivelazione e di allarme incendio;

il numero delle persone presenti e la loro ubicazione; i lavoratori esposti a rischi particolari; il numero di addetti all'attuazione e al controllo del piano nonché all'assistenza per l'evacuazione

(addetti alla gestione delle emergenze, evacuazione, lotta antincendio, pronto soccorso); il livello di informazione e formazione fornito ai lavoratori.

Istruzioni Il piano di emergenza deve essere basato su chiare istruzioni scritte e deve includere:

i doveri del personale di servizio incaricato di svolgere specifiche mansioni con riferimento alla sicurezza antincendio (as esempio telefonisti, custodi, capi reparto, addetti alla manutenzione, personale di sorveglianza);

i doveri del personale cui sono affidate particolari responsabilità in caso di incendio;

i provvedimenti necessari per assicurare che tutto il personale sia informato sulle procedure da attuare;

le specifiche misure da porre in atto nei confronti dei lavoratori esposti a rischi particolari; le specifiche misure per le aree ad elevato rischio di incendio; le procedure per la chiamata dei vigili del fuoco, per informarli al loro arrivo e per fornire la necessaria

assistenza durante l'intervento.

Particolarità Per i luoghi di lavoro di piccole dimensioni il piano può limitarsi a degli avvisi scritti contenenti norme comportamentali. Per luoghi di lavoro, ubicati nello stesso edificio e ciascuno facente capo a titolari diversi, il piano deve essere elaborato in collaborazione tra i vari datori di lavoro. Per i luoghi di lavoro di grandi dimensioni o complessi, il piano deve includere anche una planimetria nella quale siano riportati:

le caratteristiche distributive del luogo, con particolare riferimento alla destinazione delle varie aree, alle vie di esodo ed alla compartimentazioni antincendio;

il tipo, il numero e l’ubicazione delle attrezzature e degli impianti di estinzione; l’ubicazione degli allarmi e della centrale di controllo; l’ubicazione dell'interruttore generale dell'alimentazione elettrica, delle valvole di intercettazione delle

adduzioni idriche, del gas e di altri fluidi combustibili.

Vediamo infine alcune precisazioni in merito all’obbligatorietà del piano di emergenza e alla necessità di

aggiornamento. Esplora le parti attive per saperne di più. Obbligatorietà La redazione del piano di emergenza è obbligatoria per tutti i luoghi di lavoro dove sono occupati 10 o più dipendenti e in quelli dove si esercitano attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco ai sensi del D.M. 16/02/1982 (ad esempio attività 91 "impianti per la produzione del calore alimentati a combustibile

solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 100.000 Kcal/h"; attività 85 "scuole di ogni ordine, grado e tipo, collegi, accademie e simili per oltre 100 persone presenti ecc."). Aggiornamento Il piano di emergenza deve essere aggiornato ogni qualvolta ci siano state:

variazioni negli edifici per quanto attiene alle strutture stesse, agli impianti e alle modifiche nell’attività che in essa si svolgono;

nuove informazioni che si rendono disponibili;

variazioni organizzative che possano avere conseguenze per quanto riguarda la salute e la sicurezza; delle modifiche alle esigenze della sicurezza e dei servizi disponibili.

Quando si parla di incendi non si intende solo il pericolo costituito dalla combustione di materiale organico, ma anche il rischio di esplosione: l'uso di combustibili, infatti, espone a questo tipo di rischio. La strada da percorrere è senz'altro quella della prevenzione, cioè l'organizzazione di tutte le disposizioni atte a fare in modo che l'evento

dannoso non si verifichi. Appare evidente che l'organizzazione della prevenzione può scongiurare più del 50% degli eventi e si deve concentrare:

sull’informazione; sulla formazione;

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e sulla manutenzione dell'impiantistica. Un incendio determina sempre condizioni di emergenza su un

luogo di lavoro che possono essere causa di pericoli ed avere conseguenze indirette sulla sicurezza: ad

esempio una reazione di panico o la fuga disordinata sono fonte di ulteriori rischi. Il D.Lgs. 626/94 prevede che in ogni luogo di lavoro sia definito “il piano di emergenza” con l’obiettivo primario della salvaguardia delle persone. Inoltre, in ogni struttura devono essere designati e addestrati i lavoratori incaricati di attuare le misure di primo soccorso, di salvataggio, di prevenzione incendi, di lotta antincendio e, in generale, di gestione dell'emergenza (addetti).

L’incendio è un fuoco di cui si è perso il controllo. Il pericolo di incendio può essere presente a causa di comportamenti umani errati o dolosi.

Un’attenta analisi dei rischi e l’adozione di adeguate misure di prevenzione e protezione consentono di ridurre il numero delle emergenze, affrontare emergenze meno gravi e limitare le conseguenze delle emergenze. Vediamo alcuni comportamenti che possono contribuire a ridurre o eliminare il rischio di incendio:

non fumare o usare fiamme libere ove esista pericolo per la presenza di

materiali, gas, vapori o polveri infiammabili; non gettare mozziconi di sigaretta in ambienti dove sono presenti

materiali combustibili; evitare di accumulare materiali combustibili (carta, legno, ecc.) in luoghi non predisposti

appositamente; non causare spandimenti di liquidi infiammabili; mantenere le vie di accesso e le uscite di emergenza sgombre da ostacoli;

utilizzare con attenzione le apparecchiatura elettriche senza sovraccaricare le prese; non usare apparecchi non omologati o in cattive condizioni; non svuotare i portacenere nei cestini della carta.

In caso d'incendio, o di qualsiasi altra emergenza, occorre attenersi al piano d'emergenza della struttura in cui si opera.

Le situazioni di potenziale pericolo nell’ambiente di lavoro possono essere limitate attraverso l’adozione di alcune misure organizzative quali:

la manutenzione dei sistemi di allarme; l’adozione di segnaletica; la presenza di piani di emergenza e squadre di pronto intervento;

l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori. In particolare l’uso di segnali di avvertimento è una delle misure di tutela da impiegarsi per aumentare lo standard di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

Inoltre, per tutelare la sicurezza del lavoratore in caso di pericolo, il datore di lavoro, il dirigente e il preposto devono astenersi, salvo casi eccezionali debitamente motivati, dal chiedere ai lavoratori stessi di riprendere le attività in situazioni in cui persista un pericolo grave ed imminente (Art. 14 D.Lgs. 626/94).

CARATTERISTICHE SQUADRE DI EMERGENZA

La tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro è garantita anche dal presidio costante di squadre di emergenza delineate:

in base al tipo di rischio; e al numero di lavoratori presenti nell'area.

Le squadre dovranno essere addestrate a fronteggiare ogni tipo di evento previsto nella valutazione preliminare e tutti i lavoratori, a loro volta, dovranno essere preparati a cooperare con le squadre di emergenza.

Il contributo di tutti è indispensabile per consentire un intervento efficace per assicurare la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro.

ATTIVITA’ SQUADRE DI EMERGENZA

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I lavoratori designati per la gestione delle emergenze sono incaricati dal datore di lavoro per l’attuazione

delle misure atte alla prevenzione di:

incendi e lotta antincendio; pericolo grave ed immediato; salvataggio; pronto soccorso; gestione delle emergenze.

Il piano di emergenza di ogni struttura identifica le persone incaricate di

sovrintendere e controllare l’attuazione delle procedure: tali persone non possono rifiutare la designazione senza giustificato motivo. Il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire una formazione adeguata ai componenti di ogni squadra.

In questa sessione di studio hai acquisito le conoscenze sul quadro normativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro e sui principali temi della salute e prevenzione nei luoghi di lavoro. In particolare hai affrontato i seguenti temi:

Salute e sicurezza sul lavoro Gli strumenti della prevenzione

Informazione, formazione e addestramento Servizio di prevenzione e protezione Rischi specifici per sicurezza e salute Ergonomia e lavoro Servizi e situazioni di emergenza

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PRC

• D

écem

bre

2009

Esplosivo (R2, R3)

Infiammabile (R10)

Facilmente infiammabile (R11, R15, R17)

Comburente (R7, R8, R9)

Estremamente infiammabile (R12)

Esplosivi (H200, H201, H202, H203)

Liquidi infiammabili, categorie 1 e 2 (H224 e H225)

Liquidi infiammabili, categoria 3 (H226)

Gas infiammabili, categoria 1 (H220)Liquidi infiammabili, categoria 1 (H224)

Gas infiammabili, categoria 2 (H221) Senza pittogramma

Senza pittogramma

Liquidi infiammabili, categorie 1 e 2 (H224 e H225) Liquidi piroforici, categoria 1 (H250)Solidi piroforici, categoria 1 (H250) Solidi infiammabili, categoria 1 (H228) Sostanze e miscele che, a contatto con l’acqua, sviluppano gas infiammabili, categorie 1 e 2 (H260 e H261)Sostanze e miscele autoriscaldanti, categoria 1 (H251) Sostanze e miscele autoreattive, tipi C e D (H242)

Perossidi organici tipi C e D (H242)

Perossidi organici tipi E e F (H242)

Gas comburenti, categoria 1 (H270) Liquidi comburenti, categorie 1 e 2 (H271, H272) Solidi comburenti, categorie 1 e 2 (H271, H272)

Sostanze e miscele autoriscaldanti, categoria 2 (H252) Sostanze e miscele autoreattive, tipi E e F (H242)Sostanze e miscele che, a contatto con l’acqua, sviluppano gas infiammabili, categoria 3 (H261)Solidi infiammabili, categoria 2 (H228)

Liquidi comburenti, categoria 3 (H272) Solidi comburenti, categoria 3 (H272)

Pericolo

Pericolo

Attenzione

Pericolo

Attenzione

Pericolo

Pericolo

Attenzione

Attenzione

Pericolo

Attenzione

Pericoli fisici

NB: nessuna diretta trasposizione con le nouve classi: Aerosol infiammabili e Gas sotto pressione.

Regolamento CLP1 Direttiva 67/548/EEC

Estremamenteinfiammabile

F+ -

Facilmenteinfiammabile

F -

O - Comburente

E - Esplosivo

Evoluzione della classificazione e dell’etichettatura delle sostanze chimiche

1. CLP: Classification, Labelling and Packaging of substances and mixtures – regolamento (EC) n. 1272/2008. Testo in italiano disponibile sul sito: http://eur-lex.europa.eu/it/index.htm

CNRS – PRC Bâtiment 11 – Avenue de la Terrasse 91198 Gif-sur-Yvette cedex – Francia

www.prc.cnrs-gif.fr

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PRC

• D

écem

bre

2009

Tossico (R23, R24, R25) . . . . . . . . . . . .

Cancerogeno, categorie 1 e 2 (R45, R49) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Mutageno, categorie 1 e 2 (R46). . . . . Tossico per la riproduzione, categorie 1 e 2 (R60, R61) . . . . . . . . . . Tossico (R39/23, 24, 25) . . . . . . . . . . . . Tossico (R48/23, 24, 25) . . . . . . . . . . . .

Cancerogeno, categoria 3 (R40) . . . . Mutageno, categoria 3 (R68) . . . . . . . Tossico per la riproduzione, categoria 3 (R62, R63) . . . . . . . . . . . . . Nocivo (R68/20, 21, 22) . . . . . . . . . . . Nocivo (R48/20, 21, 22) . . . . . . . . . . .

Corrosivo (R35, R34) . . . . . . . . . . . . . .

Irritante (R41) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Irritante (R37) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Irritante (R36, R38) . . . . . . . . . . . . . . . .

Sensibilizzante (R43) . . . . . . . . . . . . . .

Altamente tossico (R26, R28) . . . . . . . Altamente tossico (R27) . . . . . . . . . . .

Altamente tossico . . . . . . . . . . . . . . . . (R39/26, 27, 28)

Tossico (R48/23) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Cancerogenicità, categorie 1A e 1B (H350) Mutagenicità sulle cellule germinali, categorie 1A e 1B (H340) Tossicità per la riproduzione, categorie 1A e 1B (H360)Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione singola), categoria 1 (H370) Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione ripetuta), categoria 1 (H372)

Cancerogenicità, categoria 2 (H351)Mutagenicità sulle cellule germinali, categoria 2 (H341) Tossicità per la riproduzione, categoria 2 (H361) Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione singola), categoria 2 (H371)Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione ripetuta), categoria 2 (H373)

Corrosione cutanea, categorie 1A, 1B, 1C (H314)

Gravi danni oculari, categoria 1 (H318)

Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione singola), categoria 3 (H335) Irritazione oculare, categoria 2 (H319); Irritazione cutanea, categoria 2 (H315) Sensibilizzazione della pelle, categoria 1 (H317)

Tossicità acuta, categorie 1 e 2 (H330, H300)Tossicità acuta, categoria 1 (H310)

Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione singola), categoria 1 (H370)

Tossicità acuta, categorie 2 e 3 (H330, H331, H310, H311, H300, H301)

Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione ripetuta), categoria 2 (H373)

Pericolo in caso di aspirazione, categoria 1 (H304)Sensibilizzazione delle vie respiratorie, categoria 1 (H334)Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione singola), categoria 1 (H370)Tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione ripetuta), categoria 1 (H372)

Tossicità acuta, categoria 4 (H332, H312, H302)

Tossicità acuta, categoria 3 (H331, H311, H301)

Nocivo (R20, R21, R22) . . . . . . . . . . . .

Nocivo (R20, R21, R22) . . . . . . . . . . . .

Nocivo (R65) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sensibilizzante (R42) . . . . . . . . . . . . . Nocivo (R68/20, 21, 22) . . . . . . . . . . . Nocivo (R48/20, 21, 22) . . . . . . . . . . .

Pericoli per la salutePericolo

Pericolo

Attenzione

Pericolo

Attenzione

Pericolo

Pericolo

Pericolo

Attenzione

Direttiva 67/548/EEC Regolamento CLP1

T - Tossico

Xn - Nocivo

T+ - Altamente tossico

C - Corrosivo

Xi - Irritante

CNRS – PRC Bâtiment 11 – Avenue de la Terrasse 91198 Gif-sur-Yvette cedex – Francia

www.prc.cnrs-gif.fr

Evoluzione della classificazione e dell’etichettatura delle sostanze chimiche

1. CLP: Classification, Labelling and Packaging of substances and mixtures – regolamento (EC) n. 1272/2008. Testo in italiano disponibile sul sito: http://eur-lex.europa.eu/it/index.htm