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10 Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2015 Teknoscienza Nelle anomalie orali individuata la causa di una malattia rara Un nuovo metodo di valutazione delle cure primarie per combattere la malattia orale Allarme lanciato dalla FDA sull’uso di sostituti per innesto osseo in pazienti con meno di 18 anni BIRMINGHAM (USA) – In collaborazione con un team interna- zionale di ricercatori, alcuni scienziati dell’Università di Alaba- ma (Birmingham, USA) hanno scoperto la base della sindrome di Singleton-Merten (SMS), rara malattia autosomica dominan- te, che tra altre condizioni causa una precoce ed estrema calci- ficazione del cuore, anomalie dentali quali la prematura com- parsa di parodontite e, tra l’altro, il riassorbimento dei denti in pazienti colpiti. Il gruppo internazionale è composto da ricercatori prove- nienti da Germania, Francia, Olanda e Regno Unito, ed esperti odontoiatri dell’Università di Alabama, i quali hanno sco- perto che alle origini della sindrome di Singleton-Merten vi è una mutazione, che cambia un singolo aminoacido nella proteina MDA5 codificato nel gene IFIHI da arginina a glu- tammina. Questo cambiamento provoca una maggiore indu- zione di interferone beta, hanno spiegato i ricercatori. Così, questa sindrome è stata riconosciuta per la prima volta come una malattia autoimmune congenita. Nello studio sono state identificate in Germania tre famiglie colpite dalla sindrome di Singleton-Merten. La sequenza del loro DNA ha rivelato che la stessa mutazio- ne della MDA5 era presente in 10 pazienti. Nella seconda fase dello studio, i ricercatori dell’Alabama hanno analizzato le caratteristiche dentali dei pazienti e selezionato linee cellu- lari derivanti da soggetti con sindrome di Singleton-Merten. Molte delle linee cellulari della polpa dentale provengono dalla formazione di un terzo molare inviato dalla Germania agli Stati Uniti. La squadra, attualmente, sta proseguendo la ricerca per scoprire l’impatto dell’SMS su 30 geni che sono coinvolti nella formazione del dente e nella mineralizzazione della dentina. Intitolato “A Specific IFIH1 Gain-of-function Mutation Causes Singleton-Merten Syndrome”, lo studio è stato pubblicato onli- ne il 22 gennaio sull’ American Journal of Human Genetics. Dental Tribune International I ricercatori hanno scoperto che una mutazione del gene causa l’infiammazione parodontale e il riassorbimento den- tale nelle persone con sindrome di Singleton-Merten (foto: 18percentgrey/Shutterstock). NEW YORK (USA) – Secondo un rapporto pubblicato di recente, inserire la valutazione della cavità orale tra gli esami convenzionali di testa, orecchie, occhi, naso e gola (HEENT) potrebbe essere un metodo semplice ed effica- ce per ridurre i differenti livelli di salute orale in larga parte della popolazione. L’approccio è stato sviluppato per promuovere la collaborazione interprofessionale e le competenze riguardanti la salute orale tra gli addetti all’assistenza primaria. Per la maggior parte di tali operatori, l’HEENT esclude l’e- same di denti, gengive, mucosa, lingua e palato. Inoltre, la salute orale e il suo collegamento con lo stato di salute generale vengono spesso omessi nell’anamnesi clinica del paziente, nell’esame fisico, nella valutazione del rischio e nel piano di terapia. Pertanto, il passaggio dall’esame HE- ENT a un metodo che includa la valutazione della cavità orale (da cui il nome di “esame HEENOT”) potrebbe contri- buire a migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria orale e ad affrontare problemi di salute pubblica come carie della prima infanzia, cancro orale e orofaringeo da papilloma- virus, sindrome della bocca secca e malattia parodontale. Il metodo è stato sviluppato nell’ambito del program- ma TOSH (Teaching Oral-Systemic Health) del New York University College allo scopo di organizzare esperienze cliniche interprofessionali incentrate sulla salute orale in generale per l’infermiere, l’ostetrica e gli studenti di medicina e odontoiatria. Come parte del progetto, molti studenti di infermieristica, medicina e odontoiatria della New York University College sono stati oggetto di simu- lazioni didattiche in classi interdisciplinari ispirate al- l’“HEENOT”, comprensive di salute orale. «L’esperimento didattico – dicono i ricercatori – è collegato al crescente rinvio delle cure dentali primarie. Il programma TOSH ha incrementato notevolmente la collaborazione interpro- fessionale tra gli studenti di infermieristica, odontoia- tria e medicina», ha detto Ken Allen, professore associato all’University College of Dentistry. «Lavorando insieme, hanno formato un gruppo unito nell’insegnare e pro- muovere l’esame della bocca come una parte integrante della valutazione di ogni paziente, un aspetto spesso tra- scurato in passato». Intitolato “Putting the Mouth Back in the Head: HEENT to HEENOT”, il rapporto è stato pubbli- cato online il 20 gennaio sull’ American Journal of Public Health. La salute orale è sempre di più considerata una parte integrante di quella generale. Per questo gli esperti ritengono importante completare gli esami generali di routine con quelli orali (foto: Alexander velonte/Shutterstock). SILVER SPRING (USA) – La Food and Drug Admini- stration aggiorna le raccomandazioni circa l’uso di sostituti per innesto osseo contenenti proteine ri- combinanti o peptidi sintetici in pazienti sotto i 18 anni. A preoccupare l’FDA, che sconsiglia pertanto l’uso sistematico di tali prodotti in questa fascia di popolazione, la segnalazione di gravi lesioni susci- tate dal loro utilizzo. Alcune proteine ricombinanti e peptidi sintetici che promuovono la nuova crescita di osso sono stati ap- provati per uso ortopedico e odontoiatrico solo in pazienti di età maggiore di 18 anni, scheletricamen- te maturi. Esistono solo prove limitate sulla loro ef- ficacia e sicurezza nei pazienti al di sotto dei 18 anni ancora in fase di sviluppo, dichiara infatti la FDA. L’organizzazione ha esortato gli operatori sanitari (chirurghi orali e ortopedici) a prendere in consi- derazione altre opzioni terapeutiche per pazienti più giovani con difetti ossei significativi o patolo- gie ossee rare. Tali opzioni includono l’autoinnesto e l’allotrapianto osseo e i sostituti di innesto osseo approvati dalla FDA senza proteine ricombinanti e peptidi sintetici. La FDA ha ulteriormente sottoli- neato come qualsiasi prodotto che influisca sulla crescita ossea potrebbe influenzare negativamente lo sviluppo scheletrico alterando la normale forma- zione e crescita ossea. Secondo la FDA, tra gli effetti negativi segnalati ci sono l’eccessiva crescita ossea, l’accumulo di liquidi, l’impossibilità di guarigione ossea e gonfiore. Materiali per innesto osseo che imitino le sostanze che favoriscono la crescita di osso naturale vengono inseriti nelle aree dove l’osso è carente per accelerarne la crescita (foto: fortunato Business/Shutterstock).

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10 Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2015Teknoscienza

Nelle anomalie orali individuata la causa di una malattia rara

Un nuovo metodo di valutazione delle cure primarie per combattere la malattia orale

Allarme lanciato dalla FDA sull’uso di sostituti per innesto osseo in pazienti con meno di 18 anni

BIRMINGHAM (USA) – In collaborazione con un team interna-

zionale di ricercatori, alcuni scienziati dell’Università di Alaba-

ma (Birmingham, USA) hanno scoperto la base della sindrome

di Singleton-Merten (SMS), rara malattia autosomica dominan-

te, che tra altre condizioni causa una precoce ed estrema calci-

ficazione del cuore, anomalie dentali quali la prematura com-

parsa di parodontite e, tra l’altro, il riassorbimento dei denti in

pazienti colpiti.

Il gruppo internazionale è composto da ricercatori prove-

nienti da Germania, Francia, Olanda e Regno Unito, ed esperti

odontoiatri dell’Università di Alabama, i quali hanno sco-

perto che alle origini della sindrome di Singleton-Merten vi

è una mutazione, che cambia un singolo aminoacido nella

proteina MDA5 codificato nel gene IFIHI da arginina a glu-

tammina. Questo cambiamento provoca una maggiore indu-

zione di interferone beta, hanno spiegato i ricercatori. Così,

questa sindrome è stata riconosciuta per la prima volta come

una malattia autoimmune congenita. Nello studio sono state

identificate in Germania tre famiglie colpite dalla sindrome

di Singleton-Merten.

La sequenza del loro DNA ha rivelato che la stessa mutazio-

ne della MDA5 era presente in 10 pazienti. Nella seconda fase

dello studio, i ricercatori dell’Alabama hanno analizzato le

caratteristiche dentali dei pazienti e selezionato linee cellu-

lari derivanti da soggetti con sindrome di Singleton-Merten.

Molte delle linee cellulari della polpa dentale provengono

dalla formazione di un terzo molare inviato dalla Germania

agli Stati Uniti. La squadra, attualmente, sta proseguendo la

ricerca per scoprire l’impatto dell’SMS su 30 geni che sono

coinvolti nella formazione del dente e nella mineralizzazione

della dentina.

Intitolato “A Specific IFIH1 Gain-of-function Mutation Causes

Singleton-Merten Syndrome”, lo studio è stato pubblicato onli-

ne il 22 gennaio sull’American Journal of Human Genetics.

Dental Tribune International

I ricercatori hanno scoperto che una mutazione del gene causa l’infiammazione parodontale e il riassorbimento den-tale nelle persone con sindrome di Singleton-Merten (foto: 18percentgrey/Shutterstock).

NEW YORK (USA) – Secondo un rapporto pubblicato di

recente, inserire la valutazione della cavità orale tra gli

esami convenzionali di testa, orecchie, occhi, naso e gola

(HEENT) potrebbe essere un metodo semplice ed effica-

ce per ridurre i differenti livelli di salute orale in larga

parte della popolazione. L’approccio è stato sviluppato

per promuovere la collaborazione interprofessionale e

le competenze riguardanti la salute orale tra gli addetti

all ’assistenza primaria.

Per la maggior parte di tali operatori, l ’HEENT esclude l’e-

same di denti, gengive, mucosa, lingua e palato. Inoltre,

la salute orale e il suo collegamento con lo stato di salute

generale vengono spesso omessi nell’anamnesi clinica del

paziente, nell’esame fisico, nella valutazione del rischio e

nel piano di terapia. Pertanto, il passaggio dall’esame HE-

ENT a un metodo che includa la valutazione della cavità

orale (da cui il nome di “esame HEENOT”) potrebbe contri-

buire a migliorare l ’accesso all’assistenza sanitaria orale e

ad affrontare problemi di salute pubblica come carie della

prima infanzia, cancro orale e orofaringeo da papilloma-

virus, sindrome della bocca secca e malattia parodontale.

Il metodo è stato sviluppato nell’ambito del program-

ma TOSH (Teaching Oral-Systemic Health) del New York

University College allo scopo di organizzare esperienze

cliniche interprofessionali incentrate sulla salute orale

in generale per l ’ infermiere, l ’ostetrica e gli studenti di

medicina e odontoiatria. Come parte del progetto, molti

studenti di infermieristica, medicina e odontoiatria della

New York University College sono stati oggetto di simu-

lazioni didattiche in classi interdisciplinari ispirate al-

l ’“HEENOT”, comprensive di salute orale. «L’esperimento

didattico – dicono i ricercatori – è collegato al crescente

rinvio delle cure dentali primarie. Il programma TOSH ha

incrementato notevolmente la collaborazione interpro-

fessionale tra gli studenti di infermieristica, odontoia-

tria e medicina», ha detto Ken Allen, professore associato

all’University College of Dentistry. «Lavorando insieme,

hanno formato un gruppo unito nell’insegnare e pro-

muovere l’esame della bocca come una parte integrante

della valutazione di ogni paziente, un aspetto spesso tra-

scurato in passato». Intitolato “Putting the Mouth Back in

the Head: HEENT to HEENOT”, il rapporto è stato pubbli-

cato online il 20 gennaio sull’American Journal of Public

Health.

La salute orale è sempre di più considerata una parte integrante di quella generale. Per questo gli esperti ritengono importante completare gli esami generali di routine con quelli orali (foto: Alexander velonte/Shutterstock).

SILVER SPRING (USA) – La Food and Drug Admini-

stration aggiorna le raccomandazioni circa l ’uso di

sostituti per innesto osseo contenenti proteine ri-

combinanti o peptidi sintetici in pazienti sotto i 18

anni. A preoccupare l’FDA, che sconsiglia pertanto

l’uso sistematico di tali prodotti in questa fascia di

popolazione, la segnalazione di gravi lesioni susci-

tate dal loro utilizzo.

Alcune proteine ricombinanti e peptidi sintetici che

promuovono la nuova crescita di osso sono stati ap-

provati per uso ortopedico e odontoiatrico solo in

pazienti di età maggiore di 18 anni, scheletricamen-

te maturi. Esistono solo prove limitate sulla loro ef-

ficacia e sicurezza nei pazienti al di sotto dei 18 anni

ancora in fase di sviluppo, dichiara infatti la FDA.

L’organizzazione ha esortato gli operatori sanitari

(chirurghi orali e ortopedici) a prendere in consi-

derazione altre opzioni terapeutiche per pazienti

più giovani con difetti ossei significativi o patolo-

gie ossee rare. Tali opzioni includono l’autoinnesto

e l ’allotrapianto osseo e i sostituti di innesto osseo

approvati dalla FDA senza proteine ricombinanti e

peptidi sintetici. La FDA ha ulteriormente sottoli-

neato come qualsiasi prodotto che influisca sulla

crescita ossea potrebbe influenzare negativamente

lo sviluppo scheletrico alterando la normale forma-

zione e crescita ossea. Secondo la FDA, tra gli effetti

negativi segnalati ci sono l’eccessiva crescita ossea,

l ’accumulo di liquidi, l ’ impossibilità di guarigione

ossea e gonfiore.

Materiali per innesto osseo che imitino le sostanze che favoriscono la crescita di osso naturale vengono inseriti nelle aree dove l’osso è carente per accelerarne la crescita (foto: fortunato Business/Shutterstock).

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La malattia parodontale più frequente nelle minoranze etnicheATLANTA – La malattia parodon-

tale costituisce motivo di preoc-

cupazione per la sanità pubblica

in tutte le popolazioni del mondo.

Nei soli Stati Uniti colpisce quasi

la metà della popolazione adulta.

Un nuovo studio pubblicato dai

Centers for Disease Control and

Prevention ha indicato che negli

Stati Uniti la malattia è più accen-

tuata tra le minoranze etniche.

Secondo la ricerca, nel complesso,

il 46% degli adulti statunitensi di

30 anni e oltre, che rappresenta-

no 64,7 milioni di persone, soffri-

va di parodontite nel periodo tra

il 2009-2012, con un 8,9% affetto

da seri problemi.

La prevalenza della malattia, ri-

scontrata maggiormente con

l’aumento dell’età, era general-

mente più elevata negli uomini

rispetto alle donne.

Per quanto riguarda l’etnia, i ri-

cercatori hanno accertato che

la parodontite era più alta negli

ispanici (63,5%) e nei neri non

ispanici (59,1%), seguiti da non

ispanici americano-asiatici (50%),

più bassa nei bianchi non ispanici

(40,8%).

L’epidemiologo del CDC e autore,

Paul Eke, ha detto che «I risulta-

ti mostrano un elevato presenza

della malattia nella popolazione

adulta statunitense. Sono neces-

sarie campagne di salute pubblica

miranti a prevenirla e a control-

larla per migliorare la salute ge-

nerale della popolazione adulta».

Le informazioni riguardanti la di-

stribuzione etnica della malattia

potrebbero risultare preziose sia

per intervenire sulla popolazione

sia per gestire la malattia.

«Da questi risultati emerge la ne-

cessità che gli adulti di età com-

presa oltre i 30 anni si sottopon-

gano a un controllo parodontale

una volta l’anno dal dentista per

individuare e trattare la malattia

parodontale secondo la necessi-

tà» ha concluso Eke.

Per compiere la ricerca, gli stu-

diosi del CDC hanno messo insie-

me i dati dei periodi 2009-2010

e 2011-2012 tratti dal National

Health and Nutrition Examina-

tion Survey, un programma di

ricerca attualmente in corso che

mira a valutare la salute e lo stato

nutrizionale di adulti e bambini

negli Stati Uniti. Intitolato “Upda-

te on Prevalence of Periodontitis

in Adults in the United States:

NHANES 2009–2012” lo studio è

stato pubblicato online in 17 feb-

braio sul Journal of Periodonto-

logy prima di andare in stampa.

11TeknoscienzaDental Tribune Italian Edition - Maggio 2015

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12 Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2015Teknoscienza

Overdenture su 4 impianti con utilizzo di attacchi OT Equator

Rosario Acampora, odontoiatria e chirurgia orale, libero professionista a Napoli

Scopo del lavoroLo scopo di questo lavoro è presentare un caso clinico su 4 impianti con protesi overdenture, che

consente di evitare l’impiego di creme adesive e ridurre l’ingombro della protesi al palato.

Descrizione del casoSi presenta alla mia osservazione la paziente A.P. di sesso femminile, di anni 70 con edentulia

totale superiore. Buono stato di salute generale, abbassamento del seno mascellare bilaterale, non

intenzionata a chirurgia rigenerativa.

La paziente riferiva di avere problemi di tenuta della sua protesi mobile, facendo ricorso a conti-

nuo uso di creme adesive. Inoltre, riferiva anche un notevole disagio sociale sia per la tenuta sia per

l’ingombro di tutto il palato da parte della sua protesi.

Procedura chirurgicaSi esamina sia clinicamente sia radiograficamente il caso (Figg. 1, 2).

Si procede all’inserimento di 4 impianti Banp Implant di diametro 4,0 e di lunghezza 13,5 in zona

1.2 - 1.4 - 2.2 - 2.4 (Fig. 3).

Si aspettano i tempi di guarigione, in questo caso 4 mesi, si procede al rientro chirurgico con inse-

rimento di tappi di guarigione di altezza 3 per la gestione dei tessuti (Figg. 4, 5).

Dopo circa 8 giorni, si utilizza il misuratore di profondità per la scelta della emergenza degli attac-

chi OT Equator (Fig. 6). Si procede quindi con la presa dell’impronta (Figg. 7, 8).

Trasferimento in laboratorio dell’impronta e inserimento degli analoghi (Fig. 9). Sviluppo del mo-

dello. Prova degli OT Equator su modello e inserimento dei contenitori in acciaio, rinforzo della

protesi con l’utilizzo di retina calcinabile per connettori, fusione, rifinitura e opacizzazione della

struttura (Figg. 10-15).

Montaggio dei denti preconfezionati e manufatto ultimato in laboratorio (Figg. 16, 17). Inserimento

in situ degli attacchi OT Equator, utilizzo del metodo indiretto, posizionamento dei dischetti pro-

tettivi; uniamo le cappette ritentive – in questo caso soft rosa di 800 g – e consegniamo la protesi

(Figg. 18-20).

Visione frontale ed estetica (Fig. 21).

Sorriso e soddisfazione della paziente (Fig. 22). OPT iniziale e OPT finale (Figg. 23, 24). Conclusione

lavoro (Figg. 25, 26), prima e dopo.

Fig. 1 - OPT iniziale.

Fig. 3 - Inserimento 4 impianti.

Fig. 5 - Inserimento viti di guarigione. Fig. 6 - Transfert di impronta.

Fig. 4 - Rientro chirurgico.

Fig. 2 - Caso clinico iniziale, vista frontale.

ConclusioniIl caso presentato sottolinea che la protesi overdenture su 4 impianti, se eseguita nel rispetto dei

criteri corretti, è una soluzione predicibile che risolve problemi sia funzionali, sia sociali, sia esteti-

ci, evitando protesi mobili non ritentive mal tollerate dai pazienti, senza incidere sui costi.

Fig. 26 - Dopo.Fig. 25 - Prima.Fig. 24 - Dopo.Fig. 23 - Prima. Fig. 22 - Visione del sorriso.

Fig. 21 - Lavoro finito.

Fig. 16 - Manufatto ultimato.Fig. 15 - Fusione e opacizzazione struttura.Fig. 14 - Struttura calcinabile modellata.Fig. 13 - Creazione di spazio con cera.Fig. 12 - Rinforzo con retina calcinabile.

Fig. 7 - Impronta. Fig. 8 - Impronta con analoghi di laboratorio.

Fig. 9 - Sviluppo modello. Fig. 10 - Prova in laboratorio OT Equator.

Fig. 11 - Inserimento contenitori in acciaio.

Fig. 20 - Incollaggio guaine soft rosa.

Fig. 19 - Inserimento dischetti protettivi.Fig. 18 - Inserimento OT Equator in situ.Fig. 17 - Palato ridotto.

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13Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2015

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Teknoscienza

L’ipnosi è sicuramente uno strumento effi cace in sala operatoriama non può sostituire completamente l’anestesia

L’ipnosi è sicuramente uno stru-

mento effi cace in sala operatoria,

«ma non può sostituire comple-

tamente l’anestesia. Solo un terzo

circa dei pazienti, infatti, può fare

un intero intervento con questa tec-

nica, che è legata alla capacità del

paziente stesso di entrare in stato

ipnotico». Lo spiega all’Adnkronos

Salute, Enrico Facco – docente di

Anestesia e Rianimazione del Dipar-

timento di Neuroscienze dell’Uni-

versità di Padova – commentando la

scelta dell’Istituto Curie di Parigi di

utilizzare l’ipnosi come alternativa

all’anestesia totale nelle operazioni

di tumore al seno. Per Facco – pio-

niere di questo tipo di interventi

(nel 2013 ha permesso la rimozio-

ne di un tumore totalmente senza

anestesia, inducendo uno stato di

sedazione mentale in una donna al-

lergica ai farmaci) – bisogna ricorda-

re che «l’ipnosi fa leva sulle capacità

soggettive del paziente, non dipen-

de dunque dalla bravura di chi la

induce. In generale, 3 o 4 pazienti su

10 riescono a entrare in uno stato ip-

notico che permette un intervento

o, in odontoiatria dove viene spesso

usata questa tecnica, l’estrazione di

un dente. Possiamo stimare, poi, un

5-10% di persone non ipnotizzabili

del tutto». Il resto della popolazione

può avere effetti analgesici minori

ma, in ogni caso, «in almeno l’80%

dei pazienti questa tecnica ha una

grande effi cacia nell’aiutare a vivere

le cure con serenità, a ridurre l’ansia

e l’angoscia della sala operatoria, di

cure invasive o diagnosi diffi cili»,

dice l’esperto. Si tratta di uno stru-

mento potente, spiega ancora Facco,

«per rafforzare la cosiddetta “resi-

lienza”, ovvero quella capacità di

far fronte in maniera positiva agli

eventi traumatici, di riorganizzare

positivamente la propria vita di-

nanzi alle diffi coltà. Questo permet-

te al paziente di vivere anche la cura

più diffi cile senza essere succube di

ansia e angoscia».

Tecnica potente ed economica, che

i medici dovrebbero acquisire all’u-

niversità. Secondo Facco, infatti,

l’ipnosi è «una tecnica che dovreb-

be essere insegnata ai medici all’u-

niversità, superando il pregiudizio

culturale di cui ancora oggi è vitti-

ma e che la vede associata più a di-

scipline orientali che alla medicina.

Potrebbe essere utilizzata molto di

più, anche contro il dolore cronico

o nelle terapie con effetti collatera-

li pesanti, migliorando l’adesione

alle cure da parte dei pazienti e la

loro qualità della vita. In medicina

non sono molti gli strumenti sem-

pre disponibili, effi caci ed econo-

mici come l’ipnosi». In fondo «non

c’è motivo – osserva lo specialista

– perché i medici non debbano ac-

quisire questa tecnica, valida per

produrre effetti terapeutici e come

adiuvante delle cure per la sua capa-

cità di aiutare il paziente a vivere i suoi problemi con più serenità. L’auspicio

è che, piano piano, si imbocchi questa strada già a partire dalla formazione».

Fonte: Adnkronos Salute

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14 Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2015Teknoscienza

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Capacità di intervenire sui livelli di dolore percepitoUna delle applicazioni più affascinanti dell’ipnosi

L’articolo di Adnkronos Salute è

utile perché permette di discutere

di una metodica, la cui applicazio-

ne può portare grande benefi cio

alle persone che si sottopongono a

procedure chirurgiche o attraver-

sano percorsi medici dagli alti costi

fi sici ed emotivi. Come accennato

dall’autore, l’ipnosi può migliorare

il decorso clinico del paziente sotto

diversi aspetti. La ricerca dice che

l’utilizzo dell’ipnosi accelera il tem-

po di guarigione delle ferite chirur-

giche e ne riduce il sanguinamento,

migliora lo stato di benessere del

paziente nelle fasi pre e post-ope-

ratorie, favorisce la funzionalità del

sistema immunitario e consegna al

paziente uno strumento di gestione

degli stati emotivi, del dolore e degli

effetti collaterali delle terapie, che

può utilizzare in piena autonomia.

La capacità di intervenire sui livelli

di dolore percepito è una delle appli-

cazioni più affascinanti dell’ipnosi

e la sua effi cacia è stata dimostrata

su diversi tipi di dolore: da quello

acuto (ad esempio, legato al parto,

alle procedure mediche, chirurgi-

che o odontoiatriche), a quello cro-

nico, cui sono esposti, ad esempio,

i pazienti affetti da tumori, danni

alla colonna vertebrale, dolori neu-

ropatici, emicranie ecc.

Un punto dell’articolo che merita di

essere espanso riguarda la capacità

del soggetto di raggiungere uno stato

di coscienza utile a produrre l’effetto

analgesico. Lo stato ipnotico, lungi

dall’essere uno stato di coscienza alte-

rato – come a lungo è stato defi nito –

indotto dall’ipnotista, è uno stato del-

la mente del tutto fi siologico, e che,

anzi, si manifesta naturalmente negli

esseri umani diverse volte al giorno.

In questo campo è stato cruciale il

contributo dell’ipnotista americano,

padre nella nuova ipnosi, Milton H.

Erickson, il quale riteneva che ogni

ipnosi è in realtà un’autoipnosi.

In altre parole, come anche detto dal

prof. Facco, la capacità del soggetto

contribuisce in modo considerevole

al verifi carsi del fenomeno. Esistono

infatti soggetti più abili (perché al-

lenati o perché naturalmente predi-

sposti) che riescono a produrre più

facilmente fenomeni ipnotici, come

l’anestesia, in tempi brevi e con

grande intensità. Per comprendere

meglio cosa succede durante que-

sto stato è importante sapere che,

di fatto, esso si verifi ca quando il

soggetto focalizza la propria atten-

zione e la conduce verso l’interno di

sé, verso situazioni legate a ricordi,

emozioni, pensieri, sensazioni fi si-

che, immagini ecc.

Ciò che è doveroso aggiungere è

che l’effi cacia della seduta ipnotica

è legata in modo altrettanto stretto

alle capacità del conduttore di fa-

vorire questo spostamento interno

dell’attenzione e di utilizzare lo sta-

to raggiunto per produrre gli effetti

desiderati. Inoltre, tanto più il con-

duttore sarà in grado di mettere la

persona a proprio agio e di costruire

una relazione di fi ducia e collabora-

zione, tanto più questa sarà disposta

ad affi darsi a lui e a sperimentare

profondamente l’esperienza di tran-

ce ipnotica.

> pagina 15

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15Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2015 Teknoscienza

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Questa concezione dell’ipnosi, pe-

raltro ormai condivisa dai maggiori

studiosi della disciplina, la presenta

quindi come un fenomeno relazio-

nale dipendente dalle capacità del

conduttore, del soggetto e della cop-

pia al lavoro. Tutti e tre possono es-

sere allenati: il soggetto – ripetendo

e approfondendo le sue esperienze

di ipnosi – diventerà sempre più ra-

pido ed effi cace a raggiungere lo sta-

to ipnotico e a utilizzarlo; il condut-

tore – affi nando le sue competenze

relazionali – può facilitare in modo

sempre più fl uido il processo; la cop-

pia – stabilendo e consolidando un

legame di collaborazione – può fare

da catalizzatore per i risultati desi-

derati.

Riassumendo, possiamo dire che la

capacità di raggiungere lo stato ipno-

tico ha la sua radice nel naturale fun-

zionamento dell’essere umano, che

questa capacità può essere allenata e

sostenuta da un conduttore esperto

e che la coppia al lavoro, quando le-

gata da una relazione fi duciosa e col-

laborativa, rappresenta il terzo lato

del triangolo terapeutico.

Tutt’oggi alcuni, facendo riferimen-

to a dati prodotti dalla letteratura

classica sull’ipnotizzabilità, ritengo-

no certe persone non ipnotizzabili.

Scorrendo gli scritti di tali autori

possiamo osservare che spesso le

prove portate a sostegno di tale vi-

sione derivano da studi condotti

utilizzando scale di ipnotizzabili-

tà, ovvero strumenti standardiz-

zati che misurano la responsività

di campioni di soggetti alla luce di

suggestioni standard. Il difetto di

queste procedure, riconosciuto e

considerato dagli stessi autori delle

scale, è che richiedono implicita-

mente che il soggetto si adatti allo

stile della scala indipendentemente

dalle sue caratteristiche personali.

Gli stessi autori di una delle sca-

le più famose per la misurazione

dell’ipnotizzabilità nella popolazio-

ne avvertono che questi strumenti

possono essere utili in sede di ricer-

ca (in quanto danno, grosso modo,

una misura della responsività),

ma, al contempo, non sono del tut-

to adatti all’uso clinico, in quanto

poco fl essibili. In altre parole, il fat-

to che certe persone non riescano a

produrre fenomeni ipnotici quando

esposti a scale di ipnotizzabilità,

non vuole affatto dire che non siano

ipnotizzabili. Più semplicemente, lo

stile della scala non è adatto a favo-

rire lo stabilirsi e l’approfondimen-

to della trance in tutti. Al contrario,

un conduttore esperto, è in grado di

utilizzare le caratteristiche della personali-

tà del soggetto per favorire trances di diver-

so livello di profondità e scopo per produr-

re il fenomeno desiderato o, più spesso, di

allenare la capacità del soggetto di produrlo

per proprio conto.

In conclusione, è importante enfatizzare,

rispetto a quanto sostenuto da Facco, il

ruolo del conduttore e della relazione che si

instaura con il soggetto. Tale approccio per-

mette di massimizzare i vantaggi dell’ipno-

si, compresa quella utilizzata per produrre

analgesia, in termini di effi cacia nel caso

specifi co e di diffusione al pubblico.

Per terminare vorrei ricordare che pri-

ma di Facco, riportato dal quotidiano La

Stampa dell’11 ottobre 2013, venne effet-

tuato all’ospedale di Rivoli un interven-

to di prostatectomia radicale per l’aspor-

tazione di un cancro della prostata con

anestesia ipnotica realizzata dalla dott.

ssa Piera Rosso del Milton Erickson Insti-

tute di Torino. Un’operazione più lunga,

complessa e dagli effetti post-operatori

decisamente imponenti.

Gian Carlo Di Bartolomeo, Mauro Cavarra,

Milton Erickson Institute di Torino (www.ericksoninstitute.it)

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2. Breschi L, Cammelli F, Visintini E, Mazzoni A, Vita F, Carrilho M, et al. Influence of chlorhexidine concentration on the durability of etch-and-rinse dentin bonds: a 12-month in vitro study. The journal of adhesive dentistry. 2009;11:191–198.

3. Breschi L, Mazzoni A, Nato F, Carrilho M, Visintini E, Tjäderhane L, et al. Chlorhexidine stabilizes the adhesive interface: a 2-year in vitro study. Dent Mater. 2010;26:320–325.

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Sedazione cosciente mediante N2O o approccio comportamentale?Psicologia del dolore e dell’ansia odontoiatrica infantile

Carlo Bruscagin*, Chiara Dacomo**

*Laurea in Medicina e Chirurgia, Specialità in Odontoiatria e Protesi dentaria con lode, fondatore SIRTA, past president ANDI Torino, socio fondatore G.A.O e past vicepresident. Per molti anni socio attivo SIE. Libero professionista, impegnato soprattutto in campo protesico.**Laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria con lode e dignità di stampa. Contitolare dello studio dentistico Dacomo e consulente dello studio dentistico dott. Bruscagin. Membro dell’équipe sanitaria recatasi in Madagascar per prevenire, diagnosticare e curare patologie odontoiatriche della popolazione locale. Frequenta Master in Salute orale nelle comunità svantaggiate e nei Paesi a basso reddito (COI) presso l’Università di Torino.

Pazienti pediatrici e genitoriNell’ambito della pedodonzia ci si trova

a fronteggiare un gran numero di piccoli

pazienti ansiosi e spaventati. I bambini

sono la categoria più fragile nonché quel-

la più difficile da trattare. È molto impor-

tante stabilire con loro una relazione di

collaborazione; il primo impatto con il

nuovo ambiente deve essere positivo, per

costruire un rapporto duraturo basato

sulla fiducia reciproca, anche in vista di

quello che oggi è considerato un con-

cetto molto importante in odontoiatria:

fare prevenzione e ottenere una buona

compliance. Pazienti traumatizzati ten-

deranno a evitare cure e controlli (feno-

meno dell’evitamento).

Le caratteristiche dei comportamenti

dei bambini, nei confronti del dentista,

possono esser classificate secondo la

Frankl Scale for Behaviors: 1) sentimento

positivo; 2) accettazione; 3) riluttanza; 4)

rifiuto. I bambini già definiti dai genitori

come timidi o ansiosi hanno un maggior

rischio di atteggiamento negativo nei

confronti delle cure. La sedazione farma-

cologica si rende necessaria in pazienti

con disturbi comportamentali, iperattivi

e ansiosi. Tuttavia, i bambini più agitati e

problematici sono anche i meno respon-

sivi ad essa. È in questi pazienti che si ha

il maggior rischio di fallimento nell’in-

durre sedazione, dopo premedicazione

con Midazolam e inalazione di N2O. La

responsività alla sedazione dipende da

età, sesso, digiuno, dose, grado di ansia e

carattere del bambino. La premedicazio-

ne con benzodiazepine non è necessaria

nei pazienti più tranquilli, mentre non

sempre è efficace nei casi più problema-

tici, anche in associazione a N2O.

I bambini reagiscono a situazioni nuo-

ve in base al proprio carattere e a una

predisposizione personale, ma in buo-

na misura anche in base all’educazione

ricevuta dai genitori. In pedodonzia ci

si deve confrontare con i parenti, intesi

sia come persone fisiche terze sia come

modelli educativi. Buona parte dell’at-

teggiamento che il bambino ha nei con-

fronti del dentista e delle cure odonto-

iatriche dipende dal contesto familiare

in cui è cresciuto. I disturbi caratteriali

sono spesso espressione di un’incapaci-

tà delle famiglie a individuare i bisogni

del bambino. Possono svilupparsi sia in

quanto sintomo di carenza d’affetto e

attenzione, sia di iperpresenza. Il conte-

sto in cui è immerso il bambino ha una

grande influenza sull’atteggiamento che

adotterà nei confronti del dentista. L’edu-

cazione che riceve condiziona la risposta

al dolore e la capacità di accettazione e

sopportazione del disagio. I genitori stes-

si rischiano di spaventare i bambini e

trasferire la propria ansia, influenzata da

paure ed esperienze negative personali,

> pagina 17

Page 8: Nelle anomalie orali individuata la causa di una malattia rara file10 Teknoscienza Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2015 Nelle anomalie orali individuata la causa di una malattia

17Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2015

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Teknoscienza

< pagina 16

mediante un fenomeno definito come

“contagio psichico” sul figlio che, essendo

molto recettivo, sarebbe ancora in atteg-

giamento neutro. È preferibile, in questo

caso, spiegare tranquillamente la situa-

zione al genitore e allontanarlo momen-

taneamente per evitare che il bambino

diventi il contenitore del disagio della

madre o del padre in quel contesto.

Può essere utile una seduta preliminare

preparatoria per placare l’ansia, lontano

dal riunito. Un altro meccanismo di in-

terferenza del genitore è la sindrome di

Munchausen per procura. In questo caso

il curante subisce pressioni per sommi-

nistrare trattamenti che non sarebbero

necessari o a cui lui, liberamente, non

avrebbe ricorso. Non si tratta di corruzio-

ne, ma di influenza. Si corre, ad esempio,

il rischio di sedare un bambino di per sé

già sufficientemente tranquillo perché il

genitore invece non lo è.

Le cure parentali hanno come scopo far

crescere il bambino in modo autonomo,

responsabile e in grado di gestire e af-

frontare situazioni di disagio e difficol-

tà. Gli estremi cadono in un’educazione

troppo rigida e severa oppure troppo

permissiva. In quest’ultimo caso, quan-

do il bambino viene cresciuto in una

“bolla felice”, dolore e sofferenza sono

negati e demonizzati. È necessario che

sviluppino invece una progressiva ca-

pacità di accettazione del disagio. Nel

campo odotoiatrico, grazie all’anestesia,

la componente da dover gestire è, più che

il dolore fisico vero e proprio, la paura: il

timore di qualcosa più grande di loro o il

fastidio di dovere, ad esempio, rimane-

re con la bocca aperta e permettere che

estranei violino una parte del corpo mol-

to intima. Lavorare nel cavo orale o sul

viso può invadere lo “spazio personale o

psicologico” e risulta più stressante che

procedere in altre parti del corpo.

L’incapacità di gestire la paura e di sop-

portare il disagio è un fattore che può

portare a rifugiarsi nelle dipendenze,

come evasione e fuga o in quanto “au-

tocura”, trovando nella sostanza stupe-

facente un miglioramento della propria

condizione.

Ruolo socialeLa società odierna è costituita da due

fronti in opposizione tra loro. Nel primo

vi è l’idea che il dolore tempri e fortifichi

l’animo. Questo estremo colloca l’Italia

agli ultimi posti in Europa per il control-

lo del dolore come terapia palliativa e

uso di antidolorifici morfinici. Il secondo

è una cultura di impronta statunitense

basata sull’edonismo e sul diritto al-

l’“happiness”, come appare nella Costitu-

zione americana. Questo termine viene

inteso con la brutale esclusione della

sofferenza dalla vita, fisica o mentale che

sia. Si tratta di una cultura dello spegni-

mento, mediante l’interruttore più faci-

le, di ogni tipo di disagio, ansia o paura,

negandola o rifuggendola. Il concetto

di “wellness”, invece, più articolato, non

esclude gli elementi negativi che fanno

parte dell’esistenza, mentre accetta che

non sempre ci possano essere soluzioni,

e che talvolta la sofferenza possa essere

mitigata ma non abolita.

Il ruolo sociale del medico risiede nel non

contribuire a una cultura generale sem-

pre più medicalizzata, in cui il disagio

non viene più tollerato. L’analgesia deve

essere distinta dal controllo dell’emotivi-

tà, discernendo i casi di dolore neuronale

dall’ansia relazionale. Lo stimolo senso-

riale della mucosa, inoltre, è amplificato

dalla paura.

Il controllo dell’ansia può essere ottenuto

per due vie: un approccio relazionale, che

vale sempre la pena tentare per primo,

che si avvale di diverse aspetti e tecniche,

e un approccio chimico farmacologico,

nel caso in cui non si riesca a mitigare il

paziente, con il ricorso alla sedazione.

Sedazione

Lo scopo della sedazione è di permettere

l’esecuzione e l’accettazione delle cure,

ridurre lo stress di procedure traumati-

che o prolungate, controllare il riflesso

del vomito, stabilizzare la pressione in

pazienti con patologie cardio o cerebro-

vascolari. Per quanto riguarda la seda-

zione pediatrica, si punta a controllare i

comportamenti del bambino, rimanen-

do entro range di sicurezza, al fine di

poter provvedere alle cure e diminuire

l’ansia. Non si tratta comunque di un so-

stituto dell’anestesia locale.

Per i pazienti troppo ansiosi, impossibili

da curare ricorrendo soltanto a metodi-

che comportamentali, si può associare

l’analgesia dell’anestetico a sedazione

cosciente di tipo inalatorio (miscela di

N2O e O2), sedazione intravenosa (Mida-

zolam), anestesia generale.

Con il termine sedazione cosciente si

definisce un livello di coscienza minima-

mente alterato che permette al paziente

di mantenere – indipendentemente e

continuativamente – pervie le vie aeree,

rispondendo in modo appropriato a sti-

moli fisici e verbali. Il protossido d’azoto,

somministrato da solo, mantiene i rifles-

si laringei intatti. La sedazione profonda,

invece, altera lo stato di coscienza, con

una parziale perdita dei riflessi protettivi

(deglutizione, tosse ecc.).

Per quanto riguarda l’anestesia generale,

questa è caratterizzata da uno stato di

incoscienza, dalla perdita dei suddetti

riflessi e dalla capacità di risposta agli sti-

moli. Storicamente sono stati utilizzati

meperidina, cloralio idrato, idroxizina o

benzodiazepine quali il Midazolam. Le

vie di somministrazione possono essere

orale (cinque minuti di induzione per il

Midazolam), intramuscolare, submuco-

sa, intravenosa.

> pagina 18

Page 9: Nelle anomalie orali individuata la causa di una malattia rara file10 Teknoscienza Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2015 Nelle anomalie orali individuata la causa di una malattia

18 Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2015Teknoscienza

< pagina 17

La sedazione ha un esito positivo nel

50%-75% dei casi. Il ricorso a sedazio-

ni profonde è diminuito negli anni a

causa di problemi di sicurezza, certifi -

cazioni necessarie e costi.

Approccio relazionale

Prima di ricorrere a una sedazione,

per quanto cosciente, è opportuno

mettere in atto misure e approcci

psicologici atti a instaurare una colla-

borazione, con l’obiettivo di costruire

una relazione empatica e creare una

coppia di lavoro attiva.

Di fronte a un paziente intollerante al

disagio, è importante instaurare una

relazione di fi ducia, coinvolgendo il

piccolo paziente e portandolo a pro-

vare ogni volta meno ansia. Si tratta

di una collaborazione attiva e bidire-

zionale; il bambino sopporta meglio

il fastidio se sente di aver di fronte

una persona attenta e rispettosa dei

propri timori. Una componente del

dolore può essere utile in quanto se-

meiotica e di feedback per il curante;

il paziente partecipa attivamente alla

terapia. Il dolore fi ne a se stesso non

va sopportato in vista di un fi ne mo-

ralistico. Tuttavia, se viene trasforma-

to in segnale clinico, aiuta il medico

a lavorare meglio, e deve perdere la

connotazione di colpa, sia da parte del

curante che non ha saputo impedirlo

sia da parte del paziente che non ha

saputo sopportarlo.

È possibile che sia il curante stesso ad

avere paura del dolore che provoca. È

importante che il medico non si senta

colpevole nel caso infl iggesse piccole

quantità di dolore, usando in scien-

za e coscienza tutti gli strumenti per

evitarlo. Una relazione empatica ne-

cessita di un compromesso tra l’im-

medesimazione con il paziente e il

mantenimento di una certa distanza,

affi ché il curante non si lasci affl ig-

gere eccessivamente dalla sofferenza

del paziente. L’educazione del medi-

co consiste quindi nell’accettazione

di dover vestire, talvolta, i panni del

“cattivo”. Nella psicologia infantile,

come in quella dell’adulto nelle situa-

zioni in cui vi regredisce, è presente

un meccanismo detto “di scissione”.

La madre, o chi ne impersonifi ca la

fi gura in quel momento (mother in

person) – come il curante – è vista

fi abescamente come onnipotente e

totalmente buona. La mente infan-

tile non ne accetta i chiaroscuri e le

sfaccettature degli inevitabili aspetti

umani, e di fronte ad atteggiamenti

negativi quali un rimprovero, l’in-

fl izione di dolore o la paura, avviene

una scissione. La “mother in person”

buona scompare e ogni caratteristi-

ca negativa viene attribuita a un og-

getto esterno persecutorio che ha, di

contrasto, tutto il male. Il bambino si

comporta quindi come se ci fossero

due madri e due curanti, uno buono

e uno cattivo. Il medico deve tollera-

re di essere visto momentaneamente

come fi gura negativa, che tornerà po-

sitiva con la cessazione del disagio.

Approccio comportamentale

alla diminuzione dell’ansia

Atteggiamenti non cooperativi ed

emozioni negative e di diffi denza

sono d’ostacolo alle cure odontoia-

triche. Le origini di quest’ansia sono

multifattoriali e da ricercare in espe-

rienze pregresse negative, nel tempe-

ramento personale incline alla paura

in generale, al contagio psichico da

parte dei genitori per quanto riguar-

da i pazienti pediatrici.

La paura è un’emozione primitiva

ed elementare basata sulla risposta

“fi ght or fl ight”, attivata da una minac-

cia imminente e specifi ca. L’ansia è ca-

ratterizzata invece dall’anticipazione

di una preoccupazione riguardo a un

pericolo potenziale e futuro. Minimiz-

zare l’agitazione del bambino permet-

te di lavorare in condizioni migliori e

impedire che si sviluppino atteggia-

menti di evitamento: si viene a creare

un circolo vizioso per cui queste emo-

zioni, quali anche vergogna, senso di

colpa e sentimento di inferiorità, am-

plifi cano l’ansia e portano alla tenden-

za di evitare le cure odontoiatriche. Le

conseguenze sul cavo orale possono

essere molto importanti. La terapia

cognitivo-comportamentale (CBT) si

è dimostrata effi cace in questo baci-

no di pazienti, soprattutto riguardo a

una miglior compliance per le visite di

controllo e a una progressiva riduzio-

ne della paura.

I bambini fra i 5 e gli 8 anni attraversa-

no una fase di maturazione compor-

tamentale in termini di emotività e

cognizione sociale. In questa fase può

iniziare la scolarizzazione, sono in gra-

do di confrontarsi con ragionamenti

e aspettative degli adulti. Aspetti da

considerare sono: l’età del bambino, la

maturità mentale, il temperamento, il

carattere (più o meno timido o luna-

tico), l’anamnesi medica, l’invasività

del trattamento, i ritmi circadiani e le

esperienze pregresse.

I componenti dell’équipe odontoia-

trica devono tenere conto di alcune

regole della psicologia di base, favo-

rendo la cooperazione e l’instaurarsi

di un rapporto di fi ducia. L’Ameri-

can Academy of Pediatric Dentistry

(AAPD) ha stabilito linee guida com-

portamentali. I metodi di comunica-

zione più usati sono la tecnica Tell-

Show-Do e il rinforzo positivo. Gli

atteggiamenti associati a riscontri

cooperativi includono una comuni-

cazione con voce forte e chiara, spie-

gazioni delle proprie azioni, oltre a

un appropriato livello di contatto

fi sico unito a rassicurazione verbale.

Si sono rivelate più effi caci tecniche

basate su un approccio empatico e

sulla persuasione piuttosto che su at-

teggiamenti di coercizione e punitivi.

Tecniche di riduzione

dell’ansia nell’adulto

In letteratura, molti approcci non far-

macologici alla riduzione dell’ansia

vengono ritenuti validi. È dimostrato

che la terapia cognitivo-comporta-

mentale (CBT), realizzata in diversi

modi (esposizione a video, ristrut-

turazione cognitiva, simulazione su

manichini) o a diversi intervalli di

tempo, contribuisce a diminuire si-

gnifi cativamente l’ansia e l’atteggia-

mento di evitamento. Anche esercizi

di rilassamento muscolare, eseguiti

come compito a casa e, con l’aiuto di

un membro dell’équipe esperto, 10

minuti prima dell’intervento, si sono

dimostrati utili. Altri metodi che pos-

sono contribuire a uno stato di relax

del paziente sono l’ipnoterapia, il

profumo di essenza di lavanda in sala

d’attesa, la musicoterapia mediante

ascolto di brani scelti dal paziente

durante il trattamento. Per quanto ri-

guarda i trattamenti farmacologici si

ricorre a premedicazione con benzo-

diazepine o sedazione cosciente con

N2O. In questi casi, tuttavia, non vi

sono evidenze di riduzione dell’ansia

a lungo termine.

Il ricorso alla sedazione coscienteLa storia

Il confronto con gli USA, il progres-

so della tecnica, la sempre maggiore

medicalizzazione della società hanno

portato in primo piano l’interesse

per la sedazione cosciente mediante

protossido d’azoto (N2O). Scoperto

nel 1775 da Joseph Priestly, è stato uti-

lizzato come anestetico generale nel

1844 da G.Q. Colton per l’estrazione di

un molare. Unito all’O2 per prevenire

l’asfi ssia, è stato adoperato per 100

anni con lo scopo di addormentare

i pazienti per un paio di minuti, ese-

guendo rapide operazioni. L’utilizzo

di N2O è andato aumentando, e nel

2000 la metà dei dentisti USA vi ha

fatto ricorso su un decimo dei pazien-

ti, mentre un terzo di essi l’utilizza

fi no a un paziente su due, diventando

una routine.

La percentuale di bambini che neces-

sitano di un intervento di sedazione

varia dal 10 al 25% negli USA.

Vi è però una variabilità in base all’e-

tà dei curanti: i dentisti maturi ricor-

rono meno alla sedazione. Questo

può essere ricondotto a una maggior

abilità acquisita nel comprendere la

psicologia del paziente (soprattutto

bambino), in tecniche di persuasione

e comunicazione verbale e non verba-

le. Inoltre, gli studenti che lavorano

più lentamente e con meno sicurezza

hanno una preparazione maggiore

riguardo alla sedazione cosciente che

a tecniche psicologiche e a gestione

non farmacologica. La maturità del

dentista, però, non va misurata tanto

in età, quanto in esperienza specifi ca

in questo ambito pedodontico.

Proprietà del gas

L’N2O è, a temperatura ambiente, un

gas inodore e incolore, che viene con-

servato come liquido sotto pressione.

Non è infi ammabile né esplosivo, ma

supporta la combustione allo stesso

modo dell’ossigeno. La codifi ca a co-

lori per le bombole negli USA è blu

per il protossido d’azoto, verde per

l’ossigeno e giallo per l’aria. Ha eccel-

lenti proprietà ansiolitiche, sedative

e analgesiche, con una scarsa depres-

sione della funzione cardiaca e respi-

ratoria. L’induzione e l’eliminazione

del gas dal sangue sono molto rapidi.

Noto anche come “gas esilarante”,

provoca effetti euforici quando inala-

to, e viene usato anche come sostan-

za d’abuso. È incluso, infatti, fra le

cinque sostanze più frequentemente

assunte per vie inalatorie come uso

voluttuario tra gli adolescenti della

popolazione carceraria, dopo benzi-

na, freon, butano e colla. Viene ven-

duto illegalmente in palloni durante

eventi, quali concerti rock, per i suoi

effetti psicotropi – sia stimolanti che

depressivi e allucinogeni –, amplifi ca-

ti in associazione al consumo di alcol

e cannabis.

L’effetto anestetico sembra essere cor-

relato a un’azione sul sistema oppio-

ide, mentre accertato è l’intervento

sul sistema GABAergico, e la sua pro-

prietà ansiolitica è antagonizzata dal

fl umazenil.

Vantaggi e svantaggi della sedazione

Il ricorso alla sedazione può essere

utile anche per alcuni pazienti adulti

in caso di angina pectoris, iperten-

sione controllata, asma, epilessia, di-

sordini motori. Maggior attenzione

è richiesta in casi di anemia cronica,

diffi coltà respiratorie, diabete, insuf-

fi cienza cardiaca controllata. Di più

diffi cile gestione sono i pazienti con

compromissione cardiorespiratoria

severa, disfunzione epatica, malattie

psichiatriche, abuso di alcool o droga.

È controindicato in caso di ostruzio-

ni nasali, insuffi ciente cooperazione,

primo trimestre di gravidanza, paura

della mascherina, bambini eccessiva-

mente ansiosi, infezioni delle vie ae-

ree, otite media acuta.

Il paziente può sperimentare un sen-

so di stordimento, cambiamenti nella

percezione visiva e uditiva, formicolio

alle estremità, una sensazione di calo-

re diffuso; risulta cosciente delle pro-

cedure operative e cooperativo, senza

provare paura. Effetti collaterali pos-

sono essere cefalea, nausea e vomito.

I vantaggi dell’utilizzo protossido

d’azoto sono un livello di sedazione

cosciente, una minima alterazione

dei rifl essi, tempi ristretti per indu-

zione e risveglio, una blanda analge-

sia. Inoltre, non è previsto il ricorso

ad aghi, i quali rappresentano spesso

la maggior fonte di ansia. Il successo

della sedazione si ottiene nel 50-70%

dei casi. Un aumento eccessivo della

dose in pazienti iperattivi aumenta il

rischio di effetti avversi generali. Gli

apparecchi moderni permettono la

regolazione del fl usso del gas, il quale

viene miscelato sempre con O2 in per-

centuale minima del 30%. La concen-

trazione di protossido necessaria per

un effetto ansiolitico varia dal 20%

al 50%, mentre al di sopra di questo

dosaggio si può provocare perdita di

conoscenza e anossia. L’erogazione

avviene mediante una mascherina

nasale ed è presente un sistema di

scarico e smaltimento del gas.

Tuttavia, la mascherina nasale può

limitare i movimenti e l’accesso al

cavo orale, l’amnesia retrograda po-

stoperatoria è variabile, la sedazione

dipende anche da un effi cace suppor-

to psicologico e non sempre si riesce a

ottenere in bambini particolarmente

agitati, con disordini comportamen-

tali e iperattivi.

Inoltre, è presente inquinamento

ambientale, sia di tipo ecologico sia

sul luogo di lavoro in assenza di un

buon sistema di aspirazione. A livel-

lo ambientale, il protossido d’azoto è

prodotto naturalmente da batteri nel

suolo e negli oceani, ma deriva anche

dalla combustione di carburanti fos-

sili e da pratiche di fertilizzazzione

dei terreni con sostanze azotate, ed è

il gas propellente per le bombolette

spray più utilizzato. L’impatto am-

bientale dell’N2O si traduce con la re-

sponsabilità del 5% dell’effetto serra,

di cui il 2% solamente è dovuto all’u-

tilizzo in ambito medico.

Per quanto riguarda lo studio den-

tistico, l’esposizione cronica a N2O è

potenzialmente dannosa, con conse-

guenze sul midollo osseo e sull’appa-

rato riproduttivo, e la concentrazione

massima di gas nell’ambiente di la-

voro accettata dall’Health and Safety

Executive (HSE) è di 100 ppm. Sistemi

di aspirazione e smaltimento appro-

priati sono tuttavia suffi cienti a limi-

tarne l’inquinamento.

Indicazioni sulla sedazione

Nonostante un attento ricorso a tec-

niche psicologiche e comportamen-

tali, talvolta risulta necessario ricor-

rere a una gestione farmacologica.

Altre volte non si riesce a ottenere

un’analgesia adeguata a causa del pH

del tessuto o per variazioni anatomi-

che nel decorso del nervo.

Vi può essere impossibilità a sotto-

porre un bambino a interventi odon-

toiatrici per diversi motivi, quali uno

sviluppo cognitivo non ancora ma-

turo, disturbi della personalità e tur-

be psicologiche, emotive o mentali,

esperienze pregresse negative dirette

o riferite sotto forma di esagerazione

da fratelli o coetanei, comportamenti

di sfi da o ribellione.

La selezione del paziente è delegata

all’esperienza dell’operatore nel giu-

dicare i comportamenti del bambino.

Si considerano il grado di cooperativi-

tà, la personalità e il temperamento,

il tipo di intervento, l’esperienza del

curante sia nei confronti di tecniche

comportamentali che di sedazione,

l’apprensione dei genitori e le possi-

bilità economiche. È quindi richiesta

un’attenta valutazione caso per caso

del paziente.

Protocollo

Sia l’AAPD (American Academy of

Pediatric Dentistry) che l’ADA (Ame-

rican Dental Association) hanno

fornito linee guida riguardo alla se-

dazione. Il protocollo prevede un’at-

tenta anamnesi medica, un’ispezione

fi sica che comprenda le vie aeree e la

grandezza delle tonsille, e la valuta-

zione dei parametri vitali. Va consi-

derata la relazione tra il bambino e la

famiglia, e vengono fornite istruzioni

preoperatorie per iscritto. Il dosaggio

di sedativo per l’eventuale premedi-

cazione mediante benzodiazepine è

determinato in base al peso e viene

somministrato dal genitore in una

stanza tranquilla, in attesa dell’effet-

to del farmaco. L’inalazione di N2O

sulla poltrona odontoiatrica avviene

mediante mascherina nasale. Ini-

zialmente viene somministrato O2 al

100% e successivamente miscelato

con N2O al 10% per 1 minuto, duran-

te il quale l’operatore supporta il pa-

ziente mediante rassicurazione ver-

bale. La concentrazione di protossido

viene aumentata progressivamente

fi no al raggiungimento di uno stato

di relax suffi ciente. La concentra-

zione di protossido, in miscela con

O2, generalmente non supera il 50%,

ma può essere portata al 70%. Con

la fi ne dell’atteggiamento ostile si

tiene il paziente sotto osservazione

per 10 minuti, a seguito dei quali, se

si mantiene calmo, si può riportare

la dose al 40-50%. L’anestetico loca-

le viene somministrato e l’uso della

diga è raccomandato. Alla fi ne delle

cure il bambino viene tenuto sotto

controllo, in compagnia del genitore,

fi no a quando è possibile dimetterlo,

fornendo istruzioni postoperatorie

scritte e orali; è consigliabile un con-

trollo telefonico dopo qualche ora.

Si ringraziano per la collaborazione:

dott. Mario Perini, medico chirurgo psi-

chiatra; dott.ssa Egle De Maria, medico

chirurgo psichiatra.

L’articolo è stato pubblicato su Quaderni Odontoiatrici, n. 2 - 2014