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NATALE 2011

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RIVOLIParrocchie nella ci à

ANNO XV - N.4Dicembre 2011

Via F.lli Piol, 4410098 Rivoli (TO)

[email protected]

In coper na: Maria(vetrate dell’Apocalisse,

S. Maria della Stella)

Dire ore responsabile:Paolo Paccò

Vice dire ore:Lidia Cuva

Redazione:Don Giovanni Isonni

Don Angiolino CobelliDon Paolo RavariniDon Andrea Zani

Riccardo BonaPaola Cornaglia

Pierangelo CosciaSilvano Giordani

Remo LardoriFabio LeoneFranco Rolfo

Mariangela ZamariolaLidia Zane e

Proge o grafi co:Iden tà Mul mediale

Torino

Impaginazione:Fabio Leone

Stampa:Jeming - Bergamo (BG)

E D I T O R I A L ECarissimi,in ques giorni ho avuto la grazia di visitare la Certosa di Avigliana: una bellis-sima stru ura con grandi spazi che, dopo la partenza della comunità delle mo-nache certosine nel 1993, è stata restaurata e ampliata dal Gruppo Abele con don Luigi Cio per divenire un “luogo di sosta e di pensiero”. È un gioiello di stru ura, che è divenuto spazio di rifl essione, luogo di cultura, centro di convi-venza e stru ura aperta all’accoglienza. Tra le tante “cose” belle che ho visto mi hanno colpito le qua ro icone che sono state poste nella chiesa della Certosa. Queste qua ro icone mi piacerebbe dedicarle a tu noi come augurio natalizio. È vero, in queste immagini c’è Gesù adulto, ma già nella capanna di Betlemme possiamo cogliere i segni del grande proge o d’amore di Dio, che si è fa o carne in quel bimbo e che si è pienamente compiuto in Gesù di Nazareth.

C’è un incontro… Gesù passa per strada con Zaccheo sul sicomoro!

Gesù bambino è il Dio che si met-te in strada, che cammina per le vie delle nostre ci à, che è a en-to a ciascuno di noi, così com’è! Zaccheo è ognuno di noi: incuriosito, in ricerca, in a esa.È un povero peccatore, ma è anche un uomo dal cuore grande! È rinchiuso nel suo egoismo, ma è anche capace di aprire casa. È un “abitudinario” del “fan tu così”, ma è anche capace di cambiare, di conver rsi.

Natale è un bimbo che ci chiede di fermarci a casa nostra, di farsi nostro commensale, di divenire compagno di viaggio per una vita cambiata, conver- ta.

C’è uno sguardo… Gesù scrive per terra con una donna colpita!

Gesù bambino è il Dio che si siede per terra e si diverte a scrivere tra la sabbia parole leggere, che la brezza porta nell’azzurro, con uno sguardo dolce che profuma di accoglienza, di aff e o, di fi ducia. Quella donna è “tu noi”: cercatrice d’amore e peccatrice, ma con la voglia di ripar re nuova, colpita e ferita dal giudizio pesan-te di chi crede di essere nel giusto, ma ancora in piedi con la forza di chi sa che può farcela ancora.

Natale è un bimbo che ama giocare per sfi dare le nostre pesantezze, è uno sguardo buono che riscalda il cuore, è una parola: “Nessuno ha condan-nata, nemmeno io, ora va’… !”

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c’è un abbraccio...Gesù ci parla di un papà dalla bontà in-sensata e di un fi glio in festa!

Gesù bambino ci racconta di Dio papà che non sme e mai di aspe arci, che crede nel nostro ritorno, che ci ab-braccia e fa festa con noi. Gesù è il se-gno reale di questa bontà “insensata”, che va al di là di ogni nostra a esa e previsione, ma proprio per questo sa stupirci e farci ritrovare la gioia della festa. Quel fi glio siamo noi! Anche noi per essere grandi a volte ce ne andia-mo da casa, vogliamo fare le nostre esperienze, arriviamo fi no in fondo, ma poi sen amo nel cuore il calore dell’amore di papà, della casa che ab-biamo lasciato e allora ci rime amo in cammino a ra da un abbraccio benedicente.

Natale è un bimbo che ci racconta queste storie di paternità, di acco-glienza, di perdono, di abbracci, di fe-sta alla quale tu , nessuno escluso, siamo invita !

c’è una presenza…Gesù naviga sulla nostra barca con noi marinai impauri !

Gesù bambino ha scelto da quella not-te di salire sulla nostra barca, di uscire in mare aperto con noi, di rischiare con noi la tempesta, di sognare per noi lidi nuovi e sereni, di approdare con noi a spiagge di pace. Quei navigan impau-ri , smarri , sconvol siamo noi. Quante volte siamo presi dalla paura! Quante volte non sappiamo dove andare! Quante volte pensiamo che “Lui non si importa di noi”!

Natale è un bimbo che ama il mare aperto, che sa che c’é la pioggia e la tempesta, ma che ques sono solo se-gni premonitori della bonaccia e del sereno, che ci invita a ge are le nostre re , anche quando abbiamo lavorato tu a la no e senza aver pescato nulla, che “si importa” di noi e come! È così a ento a noi che per essere con noi si è fa o l’Emmanuele, si è fa o uno di noi e ha preso forte in mano il mone della nostra barca.

Carissimi, Natale sia per ognuno di noi e per tu noi l’incontro, lo sguardo, l’ab-braccio, la presenza di Gesù bambino! Sia l’evento che ci rende capaci di incontri, di sguardi, di abbracci, di presenze che sanno dire quanto il nostro Dio ci vuole bene, un bene così grande da nascere bambino, un bene così grande da morire!AUGURI!

don Giovanni

E D I T O R I A L E

Natale èun bimboche ama

giocareper sfi dare

le nostrepesantezze...

La redazioneporge

a tu i le orii migliori

auguri perun Santo Natale

e un 2012di pace e serenità.

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4 LETTERA PASTORALE

Sono le parole del Signore Gesù che apro-no la prima le era pastorale del nostro Arcivescovo. Lo sconforto degli apostoli è scosso dalle parole del Maestro; esse sono parole di incoraggiamento anche per noi, troppe volte presi dal pessimi-smo. Dobbiamo alzare lo sguardo e “lan-ciare la rete in mare aperto e non cessare mai di pescare”. È la missione della nostra Chiesa Torinese, chiamata a servire, a ri-pensarsi ed a raff orzarsi investendo sulla formazione. In questo decennio, sull’in-vito dei vescovi italiani, siamo chiama a portare la buona no zia, la ‘buona vita del Vangelo’. Come ? È ancora la Parola degli A che in-vita tu all’ascolto umi-le, me endo Gesù al centro, all’impegno dell’annuncio, alla centralità dell’Eucare-s a e alla carità concreta dove “i poveri, gli ammala e gli esclusi hanno un posto privilegiato, alla loro scuola come cre-den dobbiamo imparare a condividere il comandamento dell’amore. Essi sono i nostri maestri!”. Tu siamo chiama a la-sciarci educare per poter essere a nostra volta degli educatori facendoci prossimi alla gente a noi affi data.L’Arcivescovo prende lo spunto da S. Gio-vanni Bosco per ricordarci che dobbiamo essere ‘buoni cris ani e buoni ci adini’ e, nello stesso tempo, l’impegno di tu è quello di uscire dai nostri schemi per ‘camminare insieme’ e creare delle alle-anze educa ve perché la nostra vita sia migliore. La nostra realtà torinese è l’ere-de di un passato signifi ca vo segnato dai san torinesi, da grandi pastori; ma tu o ciò non basta. Ora lo sguardo va rivolto, non solo al passato, ma al presente risco-prendo e valorizzando le nostre concrete e immutate potenzialità spirituali, cultu-rali e sociali. È in questo modo che possia-mo e dobbiamo essere protagonis della storia di Dio.Il nostro Vescovo insiste sul bisogno di es-sere ‘adul nella fede’ e dà vari suggeri-men : gli Esercizi spirituali al popolo nella prossima Quaresima, il centro per la for-mazione degli operatori pastorali a tu o campo, la scuola diocesana di formazione

socio-poli ca, la formazione dei sacerdo- , dei diaconi e dei religiosi, l’a enzione a

chi sta riscoprendo la fede, ai catecumeni e agli immigra nel rispe o delle ricchez-ze delle comunità etniche.Un capitolo par colare riguarda la for-mazione degli sposi e dei genitori. È su questo se ore che invita a concentrare lo sforzo di tu e le parrocchie per i prossi-mi due anni. Insiste sulla ‘vicinanza’ verso coloro che si stanno orientando a forma-re una nuova famiglia, verso i conviven che non vanno esclusi dalle nostre comu-nità, verso i genitori che chiedono il bat-tesimo dei propri fi gli. Questa vicinanza va segnata dallo s le di accoglienza nella verità e nella carità. Infi ne, ribadisce la scelta delle Unità Pastorali, luoghi dove, con gradualità, siamo chiama a vivere la comunione con una chiara carica di spe-ranza facendo sì che le nostre parrocchie diven no “famiglie di famiglie”.È una le era pastorale semplice ma im-pegna va che ci richiama all’impegno che è par to dal Ba esimo e che ci deve ac-compagnare per tu a la vita me endoci alla scuola di Gesù, nostro unico Maestro e Signore. La le era pastorale si chiude con la professione di Fede dell’Arcivesco-vo; in essa rilegge la sua storia alla luce degli interven di Dio che hanno segnato la sua vita. “Credo in Dio che mi ha scel-to”, “Credo e amo la Chiesa”, “Credo che ogni fru o di bene nasce dall’Eucares a”: sono aff ermazioni solo sue o potrebbero diventare anche nostre?

don Piero Delbosco

Sulla tua Parola getterò le reti

Nella le era pastorale che il no-stro arcivescovo ci ha off erto, ci ha colpito il con nuo ritornare di alcune parole: “off rire, avvicinar-si, dialogo, disponibilità, acco-glienza, educare”. Prima ancora delle indicazioni concrete, que-s richiami ci aiutano a pensare allo s le che deve cara erizzare la vita delle nostre comunità e ciascuna delle nostre a vità par-rocchiali. Quante volte ci lamen- amo o sen amo persone che si

lamentano che la vita quo dia-na è piena di scontri, di rifi u , manca di dialogo… Bene, ci dice l’arcivescovo “cominciamo noi”: accogliamo le famiglie che ven-gono a chiedere il ba esimo per i loro fi gli, avviciniamo con amici-zia e serenità di dialogo le coppie che scelgono di convivere invece di sposarsi in Cristo e nella Chie-sa, non lasciamoci bloccare dai pregiudizi di fronte a chi “viene solo per chiedere un sacramen-to e basta” e a chi sembra essere “lontano”. Il bello di questo ri-chiamo è che è rivolto a tu e alla portata di tu : ognuno di noi ha bisogno di essere accolto e al tempo stesso ognuno può essere accogliente. Sarà un sor-riso, un gesto amichevole, un po’ di tempo passato ad ascoltare, una parola di speranza, un aiuto concreto; tu ges belli che co-struiscono legami a raverso cui Gesù e il suo abbraccio possono arrivare a chi ne ha bisogno. Sen-za fre a, con pazienza, con aff et-to. L’invito che Gesù ha rivolto a Pietro “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” è rivolto a ognuno noi e il nostro arcivescovo ci suggerisce che il nostro compito è “mostrare una Chiesa aperta al dono gratuito, libera e accogliente”. Che bello sen rci tu chiama , nessuno escluso!

Elisabe a e Paolo

d i d

Alcuni appunti sulla lettera pastorale

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5LETTERA PASTORALE

La nostra a enzione, nella le ura di questa le era, si è rivolta sopra u o verso il quarto capitolo, in cui si parla del Ba esimo.Oltre a confrontarci sul nostro impegno e sulle modalità delle no-stre proposte pastorali, legate all’accoglienza delle famiglie che vogliono ba ezzare il loro fi glio e alla preparazione immediata per la celebrazione del Ba esimo, so olineiamo come il nostro vescovo ricordi ancora una volta come il Ba esimo sia “ un dono gratuito e assolutamente necessario per ogni uomo” . Ne segue la necessaria a enzione anche per quelle famiglie denominate “di fa o”, ma disposte a una prima evangelizzazione e all’educazione cris ana dei fi gli: va de o che in ques ul mi anni abbiamo incon-trato un numero crescente di queste situazioni, che forse andreb-bero seguite meglio da parte di tu a la comunità. Altre ancora sono le proposte rispe o alle quale ci sen amo caren : con nuare con le famiglie il cammino dopo il ba esimo (la pastorale de a dei bambini da zero a sei anni) e il “coordinamento tra le parrocchie, per non suscitare – con disposizioni troppo diverse – diffi coltà tra la gente”. Ul mo, ma non per importanza, so olineiamo anche l’invito, rivolto a noi adul , a riscoprire il no-stro ba esimo e a viverlo concretamente. Più in generale, è apprezzabile il metodo seguito dal vescovo Cesare nel preparare questo documento: l’a enzione mostrata e l’ascolto delle varie realtà della diocesi, culminata con l’assemblea diocesana del 3 giugno, ci spinge a essere più partecipi alle indicazioni date e operatori delle proposte formulate.

Èquipe ba esimale della Stella

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6 STILE DI VITA

Alcuni spun di rifl essione a par re da un incontro di formazione.“La moderazione non è la epidezza di chi è indiff erente a ogni cosa e si crogiola in un preteso “giusto mezzo”, ma la forza d’animo di chi sa subordinare alcuni de-sideri per valorizzarne altri, di chi sa rico-noscere il valore di ogni cosa e non solo il suo prezzo, di chi orienta la propria esi-stenza verso prospe ve non ossessiona-te da un incessante “di più”, di chi sa dire con convinzione “non tu o, non subito, non sempre di più!”. Sobrietà è la forza interiore di chi sa distogliere lo sguardo dal proprio interesse par colare e allarga il cuore e il respiro a una dimensione più ampia” (Enzo Bianchi).Sinonimi di sobrietà sono temperanza, moderazione, padronanza di sé. Sobrio è

il contrario di ebbro, inzuppato, inebria-to, esaltato, ubriaco, avvinazzato, agitato, su di giri, fuori le righe, sregolato, fuori controllo, smisurato. La parola sobrietà nella Bibbia appare poche volte. Vengo-no espressi maggiormente il conce o di temperanza e moderazione. L’essere so-brio viene accostato alla vigilanza, all’es-sere svegli, a en , pron . Nella prima le era ai Tessalonicesi San Paolo esorta così i cris ani: “Non dormiamo dunque, ma vigiliamo e siamo sobri” (1Ts 5,6-8); anche nella prima le era di Pietro ritorna l’invito: “Siate sobri, vegliate”. La vigilan-za si nutre di sobrietà, di un uso saggio dei beni perché non distolgano dalla vi-gile a esa del Signore. In vista di cosa? In vista di assumere uno sguardo capace di discernere l’essenziale, lasciando quanto è accessorio e secondario; capace di ri-conoscere il primato di Dio nella nostra vita vincendo la febbre di un a vismo esagerato.In vista di dare unità alla propria vita ri-cucendo fra loro i tan pezzi frammenta che spesso compongono la nostra esi-stenza. In vista di una maggiore libertà (non dipendenza) dalle cose, dalle cose da fare, dalle immagini, dai suoni. Sobrie-tà nelle cose signifi ca imparare a spende-re bene, scegliere ciò che è necessario e conveniente, ciò che mi aiuta a vivere e far vivere le persone accanto a me. Sobrie-tà nelle cose da fare signifi ca imparare a dare le giuste priorità ai mille impegni che occupano il nostro tempo e riappropriarsi del tempo “inu le”, del tempo dedicato al silenzio, alla preghiera, alle relazioni. In vista di una solidarietà concreta con i fratelli: scegliamo di essere sobri per con-dividere di più. “La sobrietà non è solo un valore personale e individuale; essa è an-che un valore sociale, comunitario” (card. Te amanzi).“Uno s le di vita sobrio non si misura solo da ciò che appare, ma da ciò che abbiamo nel cuore, dalle aspirazioni e dalle a ese che ci spingono. Un’iden tà sobria vuol dire un’iden tà di una persona sicura di sé e unitaria nelle sue scelte” (uno scout).

Don Andrea Zani

Vivere la sobrietà oggiUno stile di vita

“Sobrietàè la forza interiore

di chi sa distoglierelo sguardo

dal proprio interessepar colare

e allarga il cuoree il respiro

a una dimensionepiù ampia.”

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“Che scuola scegli per il prossimo anno?... Dove mandi i tuoi fi gli a scuola?... Non mi parlare di scuola… Che hai fa o a scuola?... I tagli nella scuola… Che fa ca la scuola… ”Sono tan i modi di parlare della scuola e sulla scuola. C’è il punto di vista degli a ori protagonis , i ragazzi, il punto di vista delle famiglie o quello dei docen . Si può vedere la scuola come luogo di scontro tra generazioni, come realtà di incontro, come regno della cultura o della relazione. Si discute su come scegliere la scuola, in base a quali principi o a quali valori, a quali proposte concrete o a quanto prepara per il futuro, a quanto aiuta a crescere le persone o a quante e quali conoscenze garan sce, alle mo-dalità di coinvolgimento. Possiamo parlarne con passione o con distacco, con amore o con odio, con aff e o o con nostalgia, con rabbia o con delusione. La realtà è che la scuola ha inciso e incide sulle nostre vite, sulla vita di ogni persona: al suo interno abbiamo ricevuto delle conoscenze, abbiamo formato il nostro modo di relazionarci con la vita, il nostro modo di vivere, la modalità di incarnare i valori ricevu e come trasme erli. La scuola ci ha aiutato ad imparare un metodo di lavoro, la precisione, la puntualità e a confrontarci con noi stessi, con il nostro cara ere. In essa abbiamo a volte incontrato persone signifi ca ve, che hanno fa o emergere dal masso grezzo della nostra iden tà la bellezza della nostra personalità formata e radicata, amata da Dio (in breve: ci hanno educato). Non ci si può allora dimen care della scuola quando ci troviamo a ragionare sull’educare, come sta facendo la chiesa in questo decennio.Si comprende allora il mo vo per cui il nostro arcivescovo Nosiglia abbia voluto una se mana “per far percepire la scuola come punto focale della comunità ecclesiale e civile” (dal suo messaggio per il nuovo anno scolas co) ricordandoci che “tra le is tu-zioni, la scuola deve starci par colarmente a cuore: essa rimane, nonostante tu o, un luogo educa vo strategico per la formazione delle nuove generazioni e per il futuro della società. Nella scuola devono convergere gli sforzi di tu , perché la scuola è un “bene comune”. Per questo la nostra Se mana ha come tema: «La scuola: un bene per tu ».”Ma siamo sicuri che la scuola sia un bene per noi? Nell’omelia alla messa d’inizio della se mana della scuola l’arcivescovo ricordava che “la scuola è palestra di cultura e insieme di vita, dove si apprendono i contenu por-tan delle varie discipline, ma si cresce anche nelle relazioni interpersonali e sociali per poter contribuire insieme al futuro progresso della società nel campo della professione e della comunione in vista del bene comune di tu .” Come facciamo a realizzare tu o ciò, a chiedere ai ragazzi di essere protagonis del futuro in vista del bene comune se prima non diven amo come adul un punto di riferimento?È proprio vero che la scuola diventa un bene per me? Come insegnante, come genitore, come adulto, come comunità, mi costringe a interrogarmi sugli aspe fondamentali della vita e a tes moniare le cose in cui credo con la coerenza del vissuto? È qui che si gioca il ruolo dell’educare, come il ruolo di essere persona di relazione così da rispondere alle urgenze che l’arcivescovo ricordava: “È urgente che i ragazzi possano avere degli interlocutori disponibili ad ascoltarli e a camminare con loro, condividen-

mondo adulto, privo spesso di veri valori di riferimento, di forza di tes monianza co-erente, di ideali per cui im-pegnare la vita. L’educatore è autorevole perché è credibile, perché l’ipotesi che propone è la stessa che egli sperimenta e tes monia. Questa aff er-mazione gius fi ca, allora, il fa o che i giovani cercano adul competen in ascol-to, in accompagnamento, nel prospe are un senso per l’avventura della crescita e capaci non di tra enere ma di indirizzare.”Parlare di scuola allora di-venta rischioso ma bello, poiché signifi ca riscoprirla come luogo dove, come cri-s ani, siamo chiama a gio-carci in maniera signifi ca va per costruire un futuro mi-gliore, che poi è il nostro fu-turo. Nel fare ciò dobbiamo aprirci alla collaborazione tra tu e le agenzie educa -ve unendo le forze presen in un territorio (scuola statali e scuola paritarie, oratori e parrocchie, comuni e real-tà del lavoro, volontariato e mondo imprenditoriale…).E allora avremo un altro modo di parlare di scuola: un luogo dove si cresce insie-me, dove ci si educa recipro-camente alla vita e alla vita buona, piena.

don Fabio Giuseppino del Murialdo

Scuola SANGIUSEPPERivoli

SCUOLA

Scuola: ne parliamo?A partire dal messaggio del Vescovo Cesare:

“La scuola: un bene per tutti”

done le aspirazioni e le domande, le sfi de e le provocazioni con spirito non paterna-lis co, ma amicale e sereno. Il fi ne non è quello di ca urare o di orientare su binari precos tui , ma di sollecitare le risorse posi ve dei ragazzi su valori e proposte ricche di umanità e di spiritualità. La crisi dell’educazione non sta nella indiff erenza o nel rifi uto da parte dei giovani, ma nel

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8 CATTOLICI E POLITICA

In un recente ar colo su un quo diano nazionale, il sociologo Garelli pone due ques oni: la scarsa rilevanza data dai ca olici alla sollecita-zione del Presidente della CEI, cardinale Bagnasco, che invita i laici a riprendere la via della poli ca, e il contestuale disimpegno delle Par-rocchie nel formare laici che si occupino dell'amministrazione pubblica, preferendo favorire l'impegno nel volontariato.Parto dall’introduzione del cardinal Bagnasco, che dedica gran parte del proprio intervento all'emergenza morale nella poli ca, cito testual-mente: “...la responsabilità morale ha una gerarchia interna che si evi-denzia da sé, a prescindere dalle strumentalizzazioni. I comportamen licenziosi e le relazioni improprie sono nega vi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l'aria e appe-san scono il cammino comune. Tanto più ciò è des nato ad accadere a una società media zzata, in cui lo svelamento del torbido diventa con-tagioso ed è motore di mercato”, e ancora“... la ques one morale non è un'invenzione media ca: non è una debolezza esclusiva di una parte e non riguarda esclusivamente i singoli ma gruppi, stru ure, ordina-men .”... “La ques one morale, quando intacca la poli ca, ha innegabili incidenze culturali ed educa ve e contribuisce a propagare la cultura di un'esistenza facile e gaudente, quando questa dovrebbe lasciare il pas-so alla cultura della serietà e del sacrifi cio, fondamentale per imparare a prendere responsabilmente la vita. Ecco perché c'è da purifi care l'aria perché le nuove generazioni non res no avvelenate”. Parole for che devono richiamare tu all'impegno, alla coerenza, alla sobrietà, alla serietà. A mio avviso occorre ripar re da qui: occorre formare una nuova gene-razione di giovani che sentano l'esigenza di occuparsi di amministrare le proprie Ci à avendo una preparazione culturale e una morale solida; essere dispos e predispos al dialogo, ben sapendo che se non saran-no persone serie, preparate e moralmente for a occuparsi della ge-s one della “cosa pubblica”, qualcuno se ne occuperà, magari saranno persone con minori scrupoli e ci oppure con minor sensibilità verso le fasce deboli della società, ma s amo tranquilli che gli spazi lascia liberi verranno occupa !... E allora che fare? Occorre me ere in campo le competenze che ogni

Comunità ha, per formare giovani alla ges one delle amministrazioni pubbli-che. Occorre lavorare per far crescere professionalità e dedizione, sapendo fi n da subito che amministrare una Ci à come Rivoli è sì un onore, ma anche un grande onere, perché le esigenze sono molte e non sempre si riesce a dare ri-sposte concrete ai mol ssimi problemi. In par colare si fa fa ca a dare risposte ai problemi principali come la mancan-za di una casa, la mancanza di un lavoro (sono circa 5000 le persone in cerca di un'occupazione o in cassa integrazione, nella nostra ci à), oppure il bisogno di aiuto per assistere un malato grave, un invalido, ecc. (il Cisa, consorzio socio as-sistenziale della ci à segue migliaia di casi ogni anno. A questa stru ura pub-blica si affi ancano Caritas, San Vincenzo, ecc., ma non basta). Chiudo citando ancora Bagnasco: “ ... la strada si è fa a più impervia e il consu-mismo potrebbe averci fi accato, ma il popolo italiano odierno sa di non essere da meno delle generazioni che lo hanno preceduto. E sa anche che le conquiste di ieri hanno oggi bisogno di essere ri-guadagnate”. Con nua il Cardinale: “il brontolio sor-do non aiuta a vivere meglio, demo va, anzi, ulteriormente. La gente di questo Paese dà il meglio di sé nei momen diffi cili: certo, le occorre per questo un obie vo credibile, per cui valga la pena di impegnarsi. Questo obie vo c'è e coincide con il portar l'Italia fuori dal guado in cui si trova anche per un certo scoramento. Portarla fuori perché sia all'altezza delle proprie responsabilità storiche e cultu-rali...”Per far questo serve l'impegno di tut- : nostro, delle Parrocchie Rivolesi, dei

suoi giovani e delle sue associazioni! Chiudo con il tolo di Avvenire del 27 se embre: “C'è un gran lavoro da fare”. Buon lavoro a tu .

Franco Rolfo

Riprendere la via della politica: c ’è un gran lavoro da fare

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9INCONTRI

Don Marco si presenta da solo: poco più che trentenne, prete da 7 anni, ora parro-co in una chiesa par colare, il carcere di Padova. Ha iniziato la sua a vità pastora-le in una parrocchia padovana scoprendo che i ragazzi non frequentavano la chiesa, ma erano presen nelle piazze, nei bar e per le strade. Ed è par to alla ricerca di queste "giovani anime" nei pos che loro frequentavano, e i giovani sono diventa "croce e delizia" del suo impegno sacer-dotale. Inviato a Roma per il do orato in teologia ha scelto il ministero nella par-rocchia più bella di Roma, dove, dice con una ba uta, "Non fate coda per entrare": il Regina Coeli.

Macchia: valore o perla?Per parlare dei giovani rievoca un episodio successo a 15 anni. Tornando a casa dopo 15 giorni di seminario, su un maglione co-lora ssimo, la mamma scopre una mac-chia. Imperce bile, confusa tra i colori, non è sfuggita alla mamma che ha de o: "Guarda che le mamme vedono dove non vede nessuno…". È questa immagine che richiama per diba ere del mondo dei gio-vani: in mezzo allo sterminato numero di righe colorate, di colori variopin , ci sono un sacco di macchie, o di perle…

Valori come luci psichedeliche«Io faccio il prete, meglio, sono prete: con-tento di esserlo, di far parte di questa chie-sa. È una Chiesa che amo col cuore… per la quale, volen eri e con passione, spendo la mia vita di ragazzo. Ma non è la chiesa dei miei sogni! È facile tante volte dimen -carci del nostro impegno e rimanere negli spazi chiusi della nostra comunità. Io ho preferito andare incontro a ques giovani e alle loro provocazioni, uscire dal sagrato per incontrare più persone possibili, per raccontare il mio incontro meraviglioso, quello che ha dato senso e valore a tut-ta la mia vita: Gesù Cristo. Ho capito che tre potrebbero essere i valori che - come "luci psichedeliche" - dovrebbero colpire il mondo degli adul se avessero il coraggio di accompagnarsi ai giovani e spingere lo sguardo "dentro" ai loro occhi».

Un prete da galera

1. La nostalgia che fa ba ere il cuore I giovani, quei giovani che incontriamo ogni ma na nelle scuole, nelle strade, nelle carceri… con il loro linguaggio anonimo, talvolta irriverente, raccontano che hanno nostalgia di una persona, di Dio. È il regalo più bello che Dio potesse farci. Una "provocazione bellissima" anche per le nostre parrocchie e per noi adul che forse abbiamo perso questa nostalgia, non sen amo più ba ere il cuore per questo valore così bello. Dio forse a tan altri pre , che ogni giorno, nell'anonimato, senza far no zia spendono la vita - dentro e fuori questa chiesa - a raveso la nostalgia che ci raccontano ques ragazzi ci fa capire che la sua presenza è grandissima. Alla giorna-ta mondiale della gioventù, quest'anno - sulla spianata dell'aeroporto di Madrid - due milioni di ragazzi non erano raduna per una rock star, per un uomo poli co… ma hanno acce ato per quella no e di ritrovarsi per contemplare un pezzo di pane, Gesù Cristo. In ques even , con queste immagini, Dio ci vuole consolare e invitarci a non demordere: se sapremo raccontare a ques ragazzi - nel momento esa o in cui rano fuori la te-sta da so oterra come le talpe - un'immagine di Dio buono, vero, soprat-tu o bello, resteranno aff ascina dal volto di Cristo. Senza alcun dubbio nei giovani c'è nostalgia di Dio. Leon Bloy, anima inquieta e profe ca del ca olicesimo francese, sosteneva che arriverà un giorno in cui gli uomini saranno così stanchi di ascoltare gli uomini, che basterà parlare loro di Dio per vederli piangere.

2. La bellezza non è il demonioCon il loro linguaggio dire o, anonimo, irriverente ci fanno guardare ad un altro valore, che la Chiesa ha associato - in modo inadeguato, e infausto - al demonio: la bellezza. Nel 1900 - uno dei secoli più bui e dramma ci della storia dell'umanità - Dio ha fa o sorgere dei pensatori che hanno riportato la bellezza al centro del cris anesimo: bellezza non solo este ca, bellezza dell'animo, che ci parla dei giovani che possono provocarci con i loro alfabe colora , con la loro strafo ezza colorata, con la loro bellezza bistra atata… Mentra studiavo a Roma, perdevo molto tempo per legge-re i graffi scri sui muri o so o i pon , per comprendere meglio que-sto mondo giovanile e perché la mia teologia non rimanesse un pensiero astra o. Una di queste frasi mi ha colpito in par colare: "Voi non avete capito nulla di noi"! E questo "urlo" mi ha interpellato come prete.

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10 INCONTRI

3. Un sogno in ereditàQues ragazzi ci stanno raccontando che l'ul mo e più grande valore è il sogno: i giovani, buona parte dei giovani, di cui nessuno parlerà, stanno portando avan con la pazienza i loro sogni… e ci fanno ritrovare la voglia di sognare. La Bibbia stessa racconta la storia di un popolo di sognatori su cui si posa la benedizione di Dio perché hanno avuto la capacità di immaginare un diverso modo di essere. È una bestemmia sostenere che "i gio-vani sono il nostro futuro!", se poi non perme amo loro di vivere il presente: anzi, questo è sicuramente il modo per ammazzare i sogni dei giovani! Che bel-la sorpresa in un incontro con bambini di una quarta elementare sen re alcuni di loro - impegna con la maestra a rifl e e-re - al suono della campanella esclamare delusi: "Che peccato! È già fi nita la scuola stama na!" Ricordo la mia professoressa quando spiegava: non ho mai capito nulla di quei numeri, ma sembrava che ques numeri uscissero dalla sua bocca, tanto lo sguardo di questa donna era innamorato e la sua voce appassionata!

Il giovane è un valore!Il "sogno" è allora che ci siano dei giova-ni che entrando dentro la chiesa, trovino un prete, un vescovo, una persona che parli loro di Dio con il linguaggio del van-gelo: non turba da un Dio giudice, ma aff ascina da un Dio che è bellezza, da un vangelo che nella sua semplicità rivela un amore profondo, quello di Dio. In questo modo si potrebbero vedere gli occhi luci-di dei ragazzi.Don Dante Clauser, punto di riferimento di tu i clochard del nord-est, ha scrit-to un libre o di 12 pagine. Una sintesi sul retro ricorda che oggi nella chiesa si scrivono troppi discorsi, si dicono troppe parole: e il suo invito è a non dimen ca-re che la legge fondamentale è il vangelo, che solo può far luccicare gli occhi della gente. Questo riesce ogni giorno quando ad un giovane presentate il vangelo… perché per riuscire a saziare nostalgia, voglia di sogni, desiderio di bellezza che hanno i giovani, non c'è che Dio.

A cura di Silvano Giordani

don Marco Pozzacappellano

al carcere di Padova

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11Sono trascorsi 25 anni dalla scomparsa del card. Michele Pellegrino (1903-1986) e 40 anni dalla sua celebre le era pasto-rale, quale vescovo di Torino, Cammina-re insieme (8 dicembre 1971). Lunedì 10 o obre, alle 21, al Santo Volto, nell’am-bito della prima se mana diocesana della scuola, commemorazione nel 25° anniversario della morte del Cardinale Michele Pellegrino con l’intervento sul tema: «A ualità di un Pastore: maestro, educatore e tes mone». Coordina da don Ermis Sega , intervengono mons. Cesare Nosiglia, monsignor Livio Marita-no e i docen Carlo Ossola e Paolo Sini-scalco. Un’occasione per onorare la me-moria di un pastore, di un «padre» che ha segnato, oltre che la storia della no-stra diocesi, la vita di chi ha vissuto quegli anni di grandi cambiamen non solo nel-la Chiesa ma nell’intera società italiana, come ha so olineato nella sua aff e uo-sa tes monianza mons. Livio Maritano che del card. Pellegrino «uomo verace e leale ad ogni costo» fu Vescovo ausiliare. La tes monianza di mons. Maritano è fi t-ta e ricca di ricordi personali e di emozio-ne, per lo s le del «padre», il suo essere sempre disponibile, aperto e a ento alla «verità del cuore» che è in ogni persona. Sono poi segui i ricordi dei «colleghi» del Pellegrino accademico. Il prof. Paolo Siniscalco, che del cardinale fu assistente quando era ordinario di Le eratura Cri-s ana an ca nell’Ateneo torinese e poi segretario del primo Consiglio pastorale diocesano, ha tracciato un ricordo molto personale e commosso di Pellegrino che da bambino (orfano di madre a qua ro mesi) di modesta famiglia diventa tra i più illustri studiosi dei padri della Chiesa.Carlo Ossola, docente di Le erature moderne dell'Europa neola na presso il Collège de France di Parigi, nel suo ap-prezzato intervento ha cercato in modo effi cace di unire l’esperienza di Pellegri-no sacerdote e Arcivescovo con quella di professore universitario innamorato dei padri della Chiesa e di sant’Agos no. Secondo Ossola fu proprio al Vescovo di Ippona che Pellegrino ispirò il suo epi-scopato (nella le era pastorale «Cam-minare insieme» sono molte le citazio-ni agos niane). La sua era una Chiesa pensata per servire il «popolo di Dio che camminava nelle tenebre e vide una grande luce». Mol interven del pub-blico alla fi ne: sull’onda dei ricordi, quasi a evocare il fascino di una fi gura grande e amata. da «La Voce del Popolo» 16 o obre 2011

Un uomo che ha fatto strada ai poveri senza farsi strada

Padre Michele PellegrinoArcivescovo di Torino dal ‘65 al ‘77

Cenni biografi ciMichele Pellegrino era nato a Centallo (Cuneo) il 25 aprile 1903. Sacerdote a soli 22 anni nella diocesi di Fossano, fu professore di Le eratura cris ana an- ca e di Storia del cris anesimo all’U-

niversità di Torino, fi no a quando, nel 1965, papa Paolo VI lo chiamò alla gui-da della Chiesa torinese. L’amore per la Parola di Dio e la profonda conoscenza dell’insegnamento dei Padri, ne fecero

un pastore sensibilissimo, sollecito e coraggioso di fronte alle necessità e alle sfi de inedite che via via si manifestavano nella comunità dei fedeli e nella società civile del tempo. Rassegnate le dimissioni, nel luglio del 1977, con nuò negli anni successivi ad impegnarsi in Italia e all’estero sui temi dell’a uazione del Concilio, della povertà, della comunione, del dialogo interreligioso e della libertà nella comunità dei creden in Cristo. Colpito da ictus cerebrale, l’8 gennaio 1982, paralizzato e reso afono, chiese di passare quanto gli restava da vivere tra gli ul mi degli ul mi, al Co olengo. Lì si spese leggendo i Padri della Chiesa, sgranan-do senza sosta il rosario, visitando, sorridendo e benedicendo gli altri mala . Fino a che la morte lo colse la ma na del 10 o obre del 1986.

Mons. Cesare Nosigliacosì ricorda il card. Michele Pellegrino al Santo Volto

I segni di quanto il cardinale ha seminato, nella sua passione di vesco-vo e di padre, li ho ritrova io, suo quarto successore, nei colloqui che ho potuto intra enere con i pre torinesi: mol di essi sono, infa , i pre ordina negli anni ’60, la generazione del Concilio. Il cardinale Pellegrino è presente in loro proprio per l’a enzione, la dedizione, l’a-scolto che era capace di off rire a ciascuno. Più che alcuni ges clamo-rosi, o che furono resi tali dalla nostra fame di no zie, chi ha vissuto con lui tes monia la disponibilità con nua e a enta ai problemi delle persone, la capacità di avvicinarsi immediatamente – con discrezione, con amore - alle situazioni anche le più diffi cili e scabrose. Più d’uno si vide arrivare in casa il cardinale, magari con una bo glia di vino, per cenare insieme e parlare di quel certo problema… così come tu , però, ricordano anche la fermezza con cui padre Pellegrino era capace di tutelare il magistero, la do rina, la tradizione della Chiesa. Questa «memoria credente», questa vita che con nua è il cuore e il senso del nostro ricordare, anche oggi a 25 anni di distanza dalla sua morte. Uno dei primi libri dedica al cardinale Pellegrino dopo le sue dimissioni nel 1977 ha per tolo una frase di don Milani che è, fra l’altro, una preziosa indicazione di s le pastorale e civile: padre Pellegrino è stato un uomo che «ha fa o strada ai poveri senza farsi strada».

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12 PADRE PELLEGRINO

Don Cio ricorda il «Padre»

Don Luigi Cio parla di Michele Pelle-grino come di un «padre della Chiesa», il «Padre» per antonomasia di don Lui-gi, quell’arcivescovo e cardinale Michele Pellegrino che, l’11 novembre 1972, lo ordinò prete e gli affi dò una stranissima parrocchia, mai vista: «La strada. Da oggi,

i propri ul mi risparmi. Era la strada del fare, del Vangelo predicato sulla terra, ma guardando sempre alla speranza e dun-que al cielo e a un messaggio che andava oltre l’esistenza».Non è mai diventato beato né santo il «Padre» della Camminare Insieme. Né subito né dopo. Che cosa contò davvero, nei giorni terreni di Michele Pellegrino arcivescovo, quell’accusa di fare poli ca? «Non credo più di tanto. E oggi posso dire che io ho sempre fa o “poli ca” nel suo stesso modo. La poli ca di chi è chiamato ad annunciare il Vangelo: che non signifi -ca assecondare questo o quel par to, la destra oppure la sinistra. Ma pretende-re che chi fa poli ca sia coerente con il bene comune, con la dignità e la libertà dell’uomo». Tan i ricordi che porto con me, anche quelli più diffi cili degli ul mi anni della sua vita quando un ictus gli tolse la pa-rola. Quante volte, nel corso di 5 anni an-dandolo a trovare al Co olengo, vedevo le lacrime uscire dai suoi occhi, quegli oc-chi, ul mo suo dono prima della morte, che ancora oggi vedono». «Vi auguro di essere capaci a vivere e di non lasciarvi vivere» è uno degli ul mi auguri che pa-dre Pellegrino fece ai ragazzi di don Cio .

disse, coloro che soff rono in strada saranno i tuoi parrocchiani». «È stato un dono importante per tu a la Chiesa italiana. Un uomo di gran-de cultura, che sapeva ascoltare, che voleva capire, umile; un pastore che prima ha fa o poi ha predicato. Quando annunciarono che a Torino sareb-be arrivato l’arcivescovo Pellegrino, TV 7 lo rintracciò per intervistarlo e, in quell’occasione, lui, già professore universitario, disse che non avrebbe voluto farsi chiamare Eccellenza, ma semplicemente padre. Nelle sue pa-role e nei suoi a eggiamen trapelò una tangibile modernità, il desiderio di recuperare sobrietà e abbandonare formalismi e toli che allontanano la Chiesa rendendola troppo austera.Per me fu un padre in ogni senso. Mi ordinò sacerdote: quel giorno si tolse la croce pe orale e indossò una semplice croce di legno fa a dai miei ra-gazzi. Il più grande dono furono le sue parole dire e ai giovani a cui disse che io sarei rimasto con loro e che la parrocchia a me affi data sarebbe stata la strada; il luogo nominato 109 volte nel Vangelo. Pellegrino non mi ha mandato a insegnare in strada, ma a imparare, a riconoscere il volto di Dio in chi fa più fa ca. A lui vanno la mia gra tudine e il mio aff e o.«Condividemmo diversi momen diffi cili. Quando il Gruppo Abele venne duramente colpito per una vicenda legata al mondo della pros tuzione – ha aggiunto don Cio - Pellegrino ne venne a conoscenza e immediata-mente decise di aiutarci donandoci il ricavato della vendita dei suoi pe o-rali, calici ed altri ogge . Anche quando lasciò la diocesi di Torino ci off rì

Dalle lettere pastorali di Michele PellegrinoVi confi do che raramente mi sento così al mio posto nel parlare - ciò che devo fare tu i giorni e più volte al giorno - come quando mi propongo di parlarvi del-la preghiera. Perché? “II Vescovo (...) deve essere, tra i membri della sua Chiesa, il primo nell’orazione: nella recita della liturgia delle ore la sua preghiera è sempre fa a a nome e a vantaggio della Chiesa a lui affi data”. Vi assicuro che questo pensiero mi ritorna tu i giorni, all’inizio della giornata, quando scendo nella cappellina per la preghiera del ma no (...). In quel momento mi sento Vescovo non meno di quando vado in visita pa-storale e ricevo pre o laici. Anche perché penso che quando mi tocca di parlare, ascoltare, discutere, decide-re, mi è diffi cile dire poi se faccio bene o se faccio male; ma quando prego sono certo di fare una cosa giusta. Dio voglia che lo sia anche il resto. (Pregare o agire? - n. 2)

Non si può davvero cavillare. Se c’è un insegnamento chiaro in tu a la Bibbia, richiamato con martellante

insistenza nell’esempio e nella parola di Gesù, è la ne-cessità, il dovere, l’effi cacia della preghiera. (Pregare o agire?- n. 8) Dobbiamo pregare: ma che sia vera preghiera. Che non sia soltanto la recitazione mecca-nica di formule, ma un vero parlare a Dio, secondo la defi nizione semplice ed essenziale che S. Agos no dà della preghiera: “La tua preghiera è un parlare a Dio. Quando leggi la Sacra Scri ura, Dio parla a te; quan-do preghi, tu parli a Dio”. (Pregare o agire?- n. 17)

Il mondo d’oggi non aspe a dalla Chiesa piccole cose. L’incertezza, il dubbio, la negazione investono problemi essenziali dell’esistenza. Non possiamo per-me erci il lusso di perderci nei par colari. (La Chiesa nel mondo, VC) I tempi nostri non sono più diffi cili, per chi vuol dare a Cristo una tes monianza di fede e di amore, che i tempi in cui gli Apostoli iniziarono la predicazione del Vangelo. (La Chiesa nel mondo, VE)

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“Il cardinal Pellegrino per me, per noi, è stato il padre buono e severo, profon-do, disponibile, il padre che ci ha rico-nosciuti quando noi stessi non ci cono-scevamo ancora”. Il padre è stato per noi come una carezza di Dio. Carissimo Padre, grazie di averci voluto bene! La tua saggezza ci ha fatto crescere nell’a-scolto dei segni dei tempi, nel sentirci parte del grande respiro che è la Chiesa di tutti i tempi, nell’ascolto della Parola, nella ricerca della giustizia e nell’amore ai poveri.Ci hai insegnato a camminare insieme con tutti gli uomini. A te, caro Padre, dobbiamo la Casa della Speranza (Arse-nale della Pace), il lavoro che cerchiamo di fare su noi stessi per essere traspa-renza di Dio e profondamente carichi di umanità. Grazie per la tua fraterna attenzione a Progetto, che hai visto na-scere, che hai aiutato a crescere, del quale sei stato fedele collaboratore. Ora che sei in Dio, che respiri la sua infinita Pace, che il volto di Dio risplende piena-mente sul tuo, non dimenticarti di noi che abbiamo per sempre come Maestro e Pastore.Non dimen car di noi che con nuiamo a camminare. Con Maria, Madre degli uo-mini, prega per noi; rimani vicino a tu nella comunità dei San .

Gli amici del Sermig

A cura di Lidia Cuva

Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che su-pera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario… Sen-za dubbio esigenze di gius zia e di amore fraterno, che obbligano il cris ano a lavorare e a lo are per la salvezza integrale dell’uo-mo, impongono di adoperarsi per eliminare la miseria materiale e morale che impedisce all’uomo di vivere come uomo. Ma rimane l’esigenza di una vita di povertà intesa come riconoscimento e at-tuazione della gerarchia dei valori, per cui l’uomo si limita nell’uso dei beni economici al necessario, valutato con spirito di sincerità e libertà. (Camminare insieme)

È necessaria una radicale revisione della mentalità ancora larga-mente dominante, secondo cui ognuno è padrone dei propri averi e ne fa quello che vuole. (Camminare insieme, n. 8) È inu le na-scondersi che la pra ca della povertà è tu ’altro che facile. Essa va contro is n che s’annidano nel cuore dell’uomo (...). Ques is n vengono con nuamente risveglia e s mola dal po di civiltà in cui viviamo, tu a protesa a creare nuovi bisogni fi zi che permet-tano di produrre e guadagnare sempre più. Solo una visione dei valori illuminata dalla fede può ispirare e sostenere lo sforzo che è necessario per andare contro corrente. Infa la povertà cris ana ha anche un aspe o di rinuncia volontaria e di ascesi come imi-tazione di Cristo che volle essere povero per arricchirsi della sua povertà (cfr. 2Cor 8,9). (Camminare insieme, n. 9)

La povertà dev’essere vissuta nello spirito di solidarietà verso i fra-telli, in modo tu o par colare verso i bisognosi, così da realizzare, in quanto possibile, un’eguaglianza nel fa o economico fra quel-li che sono uguali come creature e fi gli di Dio (cfr. 2Cor 8,13-15). (Camminare insieme, n. 9) La denuncia del peccato e delle situazio-ni di palese ingius zia dovrà essere confermata dalla tes monianza personale di gius zia e di solidarietà. (Camminare insieme, n. 10)

Il diri o alla libertà fonda il dovere di usare della libertà. Usarne evitando di ricadere so o il dominio del peccato, ma facendosi ser-vi della gius zia; usarne per rivendicare il diri o di operare secon-do il de ame della coscienza senza assogge arci alle pretese di chi voglia imporci arbitrariamente le sue scelte senza averne l’autorità; usarne per parlare e operare con sincerità e franchezza vincendo il rispe o umano e andando contro corrente se la coscienza ce ne im-pone il dovere; usarne per vivere le tentazioni di un conformismo pigro e inerte che trova più comodo fare ciò che si è sempre fa o, ciò che non scontenta nessuno, invece di domandarci cosa esige da me, in questo ambiente e in questo momento, l’adempimento del mio dovere. (Camminare insieme, n. 18)

PADRE PELLEGRINO

Ernesto Olivero,fondatore del Sermig,

lo ricorda comeuna carezza di Dio Attualità della

“Camminare insieme ”,40 anni dopo

Padre Michele Pellegrinocon gli amici del Gruppo Abele

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14 FESTE PARROCCHIALI

Mercoledì 28 Se embre è stato ricordato il quindicesimo anniversario della consacrazione della Chiesa di Gesù Salvatore con una Messa i ne-rante. L’appuntamento è stato in Piazza Aldo Moro alle ore 20,45: un grup-po di persone, alla sola luce delle fi accole accese, Croce in testa, accompa-gnate dalla preghiera e dai can , ha iniziato un percorso che si è snodato ordinatamente in via Cavour, piazza C.L.N., via Ga , entrando addiri ura nei giardini condominiali, via Baldi, per ritornare in via Cavour ed entrare nella Chiesa “festeggiata” dove il gruppo, nel fra empo ingrossatosi sem-pre di più, ha con nuato l’Eucaris a con l’off ertorio.Ad ogni sosta una rifl essione, una le ura, un canto, un mistero del Rosario dedicato alle tante realtà odierne: famiglia, giovani, lavoro, casa… All’of-fertorio è stato portato il pane benede o: pane che è stato distribuito a tu i presen e anche fa o recapitare alle tante persone che, per i più svaria mo vi, non hanno potuto essere presen . Il pane: a memoria del PANE di vita eterna, in ricordo dei tan poveri che non ne hanno, per do-

Nella Parrocchia di San Bartolomeo Apo-stolo ad agosto, se embre e o obre tre appuntamen importan animano le persone che sono chiamate a meditare dapprima sulla festa di San Bartolomeo, poi alla processione della Madonna del Buon Rimedio, e infi ne sulla festa di San

Messa Itinerante a Gesù Salvatore15o anniversario della consacrazione

Processione del Buon Rimedio

Non èuna passeggiata

Missionario per altri 9 anni, per 15 anni responsabile della formazione dei Diaco-ni permanen e ul mamente, da 11 anni, responsabile dei Cursillos di Cris anità.Il periodo nel quale don Domenico è ar-rivato a Rivoli è stato proprio quello vivi-fi cato dal Concilio Va cano II, vera mani-festazione di grazia sulla Chiesa. In quegli anni, diversi dai nostri e diffi cili per mol versi, per l'immigrazione, per il lavoro e per numerosi altri problemi, la Madonna del Buon Rimedio è stata catalizzatrice di grandi energie e idee.Ancora una volta Maria si manifesta come segno di unità dei territori e delle perso-ne che li abitano, ponte e legame tra due chiese vicine nello spazio e sovente di-stan nella mentalità.Nella processione che il 25 se embre si è snodata per le vie del Borgo Nuovo, le preghiere a questa nostra Mamma di Gesù, il Buon Rimedio, sono state indiriz-zate alla liberazione dalle schiavitù che ci deprimono, alla guarigione delle mala e che ci aff a cano e non solo fi siche, al su-peramento delle divisioni che segnano, sovente, le vite degli abitan .Non è una passeggiata, anzi: è impegnarsi nella vita di tu i giorni per manifestare la presenza di Dio nelle nostre famiglie. Non sono sta una passeggiata neppure i 60 anni di sacerdozio e gli 84 di età di don Domenico, al quale tu i parrocchia-ni che lo hanno conosciuto non possono che dire: Grazie!

narci un qualcosa di tanto buono (buono come il pane) da poter avere tangibilmen-te e assaporare anche il giorno dopo. Un bel momento di preghiera e condivisione per tu o il quar ere che davvero ama la Chiesa di Gesù Salvatore!

Marina Zucchi

Francesco d'Assisi al quale è in tolata la chiesa succursale. L'edifi cio di San Bartolomeo è stato costruito nel 1793 sul luogo di una più an ca e modesta chiesa medioevale, mentre la chiesa di San Francesco è stata co-struita a metà degli anni '70. A unire queste due realtà, Maria Madre del Buon Rimedio che anche quest’anno è stata portata in processione da San Bartolomeo fi no a San Francesco, per le vie del borgo ci adino. Questo i nerario della processione di Maria Madre del Buon Rimedio è stato vo-luto e iniziato da don Domenico Cavallo, per so olineare l'unità pastorale delle due chiese. Sicuramente oggi molto meno, ma inizialmente si doveva sempre ribadire con forza che la parrocchia è una. Si potrebbe forse anche dire che Maria, Madre della Chiesa, in questo caso è Madre delle Chiese, segno di unità, segno di liberazione dalla schiavitù, madre dei soff eren .Quest’anno poi, presente alla processione, che non è una passeggiata, c'e-ra anche proprio don Domenico Cavallo, che ha voluto essere presente in quella che è stata la sua parrocchia dal 1969 al 1983. In questa occasione don Domenico ha ringraziato per i suoi 60 anni di sacerdozio, cammino iniziato nel 1951 con il Sacramento dell'Ordine ricevuto dal card. Fossa , proseguito poi a Druento come viceparroco, dal 1955 al 1960 viceparroco a Rivoli a Santa Maria della Stella con il can. Foco, dal 1960 al 1969 segre-tario del vescovo di Acqui, parroco a San Bartolomeo dal 1969 al 1983, poi per 10 anni Vicario Episcopale della zona nord, Dire ore dell'Uffi cio

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15FESTE PARROCCHIALI

All’incirca qua ro anni fa due persone un po’ pazze hanno pensato di invitare chiunque ne avesse voglia a cantare insie-me per fare un piccolo core o e, meravi-glia!, ci siamo ritrova quasi in cinquanta, mamme, papà, nonne, bambini, con tanta voglia di stare insieme e di provare a can-tare. La provvidenza e la buona volontà ci hanno messo a disposizione anche un bravo tas erista e due chitarris in erba, ed è nato così il coro SOL MAGGIORE. Nel tempo alcune persone sono andate e al-tre ne sono arrivate, ma l’entusiasmo non manca mai. Non sempre tu o è facile, a volte le par da imparare sono diffi cili, ma lo sforzo comune viene sempre ripa-gato, quando il canto nasce gioioso e si-curo dalle nostre “ugole d’oro” e il nostro meraviglioso pubblico applaude entusia-sta. Ci ritroviamo tu i venerdì sera alle ore 20,30 nel salone di M.I.A. ma il coro è aperto a tu a la grande comunità par-rocchiale che riunisce tu a Rivoli e anche a quelle persone che magari la parrocchia non la frequentano, perché l’esperienza corale è comunque dal lato umano una grande palestra di convivenza. Visto il ri-sultato posso anche dirvi chi sono le due persone: Maurizia e Angela, che hanno creduto in un piccolo proge o diventato ora una bellissima realtà!Coraggio, unitevi a noi!

Maurizia Toma s

La festa patronale della parrocchia di San Mar no, celebrata domenica 13 novembre, è stata unita, con un unico tra o, a quella dell’Immacolata dell’8 dicembre, festa della chiesa Maria Immacolata Ausiliatrice di piazza Cavallero. È stata un’idea di don Giovanni quella di legare insieme le due fes vità, per richiamare l’unità della parrocchia e creare un par colare periodo di preghiera, di rifl essione e di ripresa della comunità.Nella parrocchia di San Mar no vi sono due centri di aggregazione, ognu-na con spazi per oratorio, sale per catechismo e inizia ve parrocchiali: uno è quello di San Mar no, an ca chiesa parrocchiale nella zona alta della ci à, so o al castello, l’altro è quello di Maria Immacolata Ausilia-trice (chiesa M.I.A.) di piazza Cavallero, sorta con i nuovi quar eri nella zona bassa di Rivoli. San Mar no è frequentato in prevalenza da famiglie piemontesi, M.I.A. da quelle di origine veneta e meridionale. Ma la par-rocchia è una e il legame tra le due feste lo ha voluto evidenziare in un modo tu o par colare. La tradizionale processione con la statua del santo patrono, il 13 novembre, è infa par ta dalla chiesa M.I.A. per raggiun-gere la chiesa di San Mar no. Ed è par ta da San Mar no la processione della festa dell’Immacolata per raggiungere, con la statua della Madonna, la chiesa di piazza Cavallero. Nel periodo delle fes vità del Santo Patrono e dell’Immacolata, come ne-gli altri anni, non sono manca i momen tradizionali di rifl essione e di preghiera, di teatro e di svago, le Messe solenni con la partecipazione del-le cantorie e i pranzi comunitari, ma quest’anno due novità hanno voluto segnare i momen for della parrocchia. La prima, per la festa patronale, è l’inizia va di “quelli che… dividono il mantello”. Cara eris ca è l’imma-gine di San Mar no che, con la spada, taglia in due il suo mantello per coprire un povero seminudo, in rizzito dal freddo invernale. Il messag-gio è chiaro: perché non rifare lo stesso gesto? In preparazione alla festa del patrono si è formato così un grande e lungo mantello fa o con tan

Il coroSol Maggiore

della chiesa M.I.A.

Quelli che dividono mantelloe camminano insieme

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16 FESTE PARROCCHIALI

piccoli pezzi di stoff a porta in chiesa dai parrocchiani e cuci insieme su lenzuola, anche queste donate. Oltre novecento i pezze ni di stoff a porta in parrocchia, quasi tu scri con preghiere, richieste, desideri! Il mantello è stato portato in processione il 13 novembre, dalla chie-sa M.I.A. a San Mar no. È stato questo il gesto simbolico di quan vogliono “divi-dere il proprio mantello”, segnare cioè la loro vita con tan piccoli o grandi ges di condivisione con i poveri. Ogni prima do-menica del mese nelle chiese una cesta a ende i nostri doni per i poveri. Diversi gruppi operano per chi è nel bisogno, in par colare il Volontariato Vincenziano, il Centro aiuto alla vita, il Centro di Ascol-to… Perché non dare una mano?La seconda inizia va risponde a una do-manda “Che cosa dobbiamo fare?”, pro-vocata dalla le era pastorale del nostro Arcivescovo Mons. Cesare Nosiglia, “Sul-la tua Parola ge erò le re ”. La sera del martedì 6 dicembre è stata infa dedi-cata alla conoscenza della le era, che nel so o tolo indica la sua fi nalità: “Per

educare alla vita buona del Vangelo”. Scrive l’Arcivescovo: “A 25 anni dalla morte del car-dinale Michele Pellegrino risuona in noi il suo forte e caldo invito a camminare insieme” per collaborare ad un mondo più giusto, più pacifi co e solidale. Anche oggi si delineano scenari preoccupan che hanno conseguen-ze sulla vita di famiglie, di lavoratori, di gio-vani e anziani, di persone che allargano ogni giorno di più la fascia della povertà. “Eppure siamo convin , come creden anzitu o e come ci adini, che abbiamo le potenzialità spirituali, culturali e sociali per far fronte a questa situazione. Ma ciò sarà possibile solo se opereremo insieme educandoci tu a s li di vita più sobri, ones , gius e solidali”. Così, in occasione della festa dell’Immacolata, ci è stata indicata la via da per-correre, quella della solidarie-tà, della condivisione, dell’uni-tà, per manifestare quanto sia bella e buona la vita secondo il Vangelo.

Remo Lardori

Con i pezze ni di stoff a, porta dai parrocchiani, si è formato un lungo striscione di dieci metri portato in processione e poi appeso al campanile di San Mar no.

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Le iscrizioni al catechismoSabato 17 se embre 2011 si sono aperte le iscrizioni per il nuovo anno catechis -co! In concomitanza con la festa patro-nale, nel pomeriggio l'oratorio, a rezzato per lo "Stella Day", ha visto arrivare tan , tan ssimi bambini accompagna dai pro-pri genitori per iscriversi al catechismo e, sopra u o, per stare tu insieme in allegria e spensieratezza. Nonostante gli scrosci di pioggia alterna a sprazzi di sole, il numero dei presen è stato no-tevole e i ragazzi, con l'ausilio degli ani-matori, hanno potuto giocare e diver rsi, eseguendo acrobazie sul tappeto elas co con imbragatura e cimentandosi nell'ar-rampicata sulla parete di roccia ar fi ciale. Fra anto i genitori si sono reca ciascu-no presso gli "stand" delle catechiste dei propri ragazzi per salutarle dopo la pausa es va e compilare i moduli di iscrizione.

La Messa con il VescovoAlle ore 18.00 si sono chiuse le iscrizioni e ci si è reca in chiesa per la Messa so-lenne celebrata dal nostro Arcivescovo, Mons. Cesare Nosiglia. Sì, se il buongior-no si vede dal ma no, l’anno catechis -co non poteva avere inizio migliore!

La mostra dedicataal beato Giuseppe AllamanoAl termine della Messa ci siamo reca dai Missionari della Consolata, dove il vescovo Cesare ha inaugurato la mostra permanente all’aperto dedicata alla fi gu-ra del beato Giuseppe Allamano, curata da padre Giordano Rigamon , sacerdo-te ama ssimo dai giovani e instancabile promotore di campagne di sensibilizza-zione sui numerosi drammi sociali irrisol del nostro tempo (lo a all'Aids, emanci-pazione e fi ne della schiavitù degli indios brasiliani... etc.). Un invito a rinnovare in giovani e meno giovani, in una pro-spe va che non sia troppo lontana nel tempo, la voglia di tes monianza e di an-nuncio della Parola anche ai "lontani"… Un momento par colarmente signifi ca -vo l'inaugurazione della mostra dedicata

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Festa della Stella: settembre 2011L ’altra corsaIl pomeriggio in ques one ha visto anche l'arrivo in oratorio de "L'altra corsa - un decimo di maratona per tu ", la manifestazione spor va già sospesa il 4 giugno per le ca ve condizioni clima che e ripresa il 17 set-tembre unitamente a "Porte aperte allo sport" (nella pista di atle ca del Na a) organizzato dall'Assessorato allo Sport del Comune di Rivoli. La mi-nimaratona in cui tu , ma proprio tu (adul , bambini, anziani, diversa-mente abili…) hanno potuto partecipare, ha avuto il piacere di annoverare fra i propri partecipan l'ecle co e atle co don Marco Pozza, ormai "par-rocchiano rivolese" di adozione, giovane sacerdote-scri ore in procinto di iniziare un nuovo servizio presso il carcere di Padova, che al termine ha consegnato le maglie e-ricordo a tu .

al Beato Allamano alles ta nella casa di via I Maggio. Proprio da questa casa agli inizi del '900 il canonico ebbe l'intuizione - e la realizzò - di un gruppo di sacerdo missionari per portare la buona novella in Africa. La Mostra vuole appunto ricor-dare questo avvenimento, di par colare importanza per la ci à di Rivoli. Purtrop-po la pioggia rende diffi cile la partecipa-zione e la visione della Mostra da parte di tu . Ma padre Giordano e il vescovo accompagnano una prima simbolica visi-ta ai pannelli distribui lungo il giardino della casa di via I Maggio. Qualche parola di ringraziamento e di augurio per l'inizia- va da parte del Vescovo Cesare e quindi

una cena condivisa all'interno del Parco. La statua della Madonna - trasportata su un camioncino per la processione - viene provvisoriamente coperta, in a esa di un possibile miglioramento del tempo. Ma il perdurare della pioggia consiglia di ripor-tare la Madonna in Chiesa, per una "pro-cessione virtuale".

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Celebrazioni con don Marco

Anche la domenica ci regala momen in-tensi di celebrazione e di festa. La domenica ma na don Marco presiede sia la Messa delle ore 9 sia quella delle 11, coinvolgendo tu con la sua vibrante e appassionata omelia sulla bellezza della Madonna. Durante la celebrazione delle 11, alla presenza di tante persone, guida i diversi momen con rifl essioni centrate sulla Madre di Gesù. Par colarmente inci-siva l’omelia che ci aiuta - con una moder-na "parabola" - a comprendere la neces-sità di cogliere l'importanza della fedeltà al nostro re, a Dio, per dare un senso alla nostra vita. E Maria ha fa o proprio così nella sua vita! Modello di fede e model-lo della vera bellezza: ecco il senso della "stella". La festa diven occasione per rimodellare la propria fede: Maria è ma-dre e stella che illumina il cammino della nostra vita! Alle 12 don Marco ba ezza la piccola Marta.

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La “ processione ” con i santi sociali

La pioggia insistente, caduta durante la visita alla mostra e la cena, non perme e lo svolgersi della processione per le strade ci adine in onore della Madonna della Stella, che doveva par re dalla casa dei Missionari e concludersi in Collegiata Nuova. Perciò ci ritroviamo tu alla Stella, per pregare e rifl e ere in compagnia dei San Sociali: Giuseppe Allamano, Le-onardo Murialdo, Giovanni Bosco, Giuseppe Benede o Co olengo, Pier Giorgio Frassa . La veglia di preghiera si svolge per intero nella Chiesa della Stella: la partecipazione è raccolta e sen ta. Le rifl essioni sono le e dai rivolesi di tu e le parrocchie per esprimere che la festa è festa di tu a la ci adina, la Madonna è patrona di tu i rivolesi. Il tema dei "san so-ciali" ci aiuta a ripercorrere alcune intuizioni di ques pilastri della Chiesa, ma anche della società. In un periodo diffi cile e turbato seppero rispon-dere alla crisi e all'an clericalismo con l'annuncio della Buona Novella. La loro vita e le loro realizzazioni diventarono punto di riferimento non solo per i creden , ma anche per tan sce ci e agnos ci che riconobbero in ques san personaggi di grande rilievo storico e sociale, promotori di un umanesimo e di una solidarietà senza ostacoli e senza confi ni. Potrebbe essere questa la strada che la Madonna ci indica per un'epoca di contras e povertà, di crisi ed emarginazione della fede come quella che s amo vi-vendo: "Fate tu o quello che Egli vi dirà". L'ascolto della Parola di vita che viene dal suo Figlio può diventare l'arma vincente per non scoraggiarci, per non chiuderci e u lizzare l'"acqua" che abbiamo per riempire il mondo che ci è affi dato con il "vino nuovo" che viene dal vangelo.

Pranzo comunitario, lotteria e tombolata

Al pranzo comunitario se-gue l’estrazione dei premi della lotteria e della tom-bolata. Nel cortile, intanto, i gonfiabili e il tappeto ela-stico offrono grande diver-timento a tutti.

Lunedìcon tanti bambini

Il lunedì pomeriggio vede tan , tan bimbi accompa-gna dai genitori per l’affi da-mento a Maria. Grazie!

Fabiola, Lidia e Silvano

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All’uscita i commen più ricorren degli spe atori erano: “Non mi immaginavo che fosse uno spe acolo così coinvolgen-te”, “Non pensavo che partecipassero così tante persone”. Sorrisi, stupore e gra tu-dine hanno, quindi, accomunato chi ha assis to alla rappresentazione del recital “INVECE UN SAMARITANO…” che la Com-pagnia “Amici del Samaritano” di Candio-lo ha off erto e presentato alla Parrocchia di S. Maria della Stella di Rivoli nella sala “Beato Antonio Neyrot”, in occasione del-la festa patronale il 24 se embre scorso.Gli artefi ci della commedia musicale, che me e in scena un’a ualizzazione della nota parabola evangelica, sono circa 120 persone della Parrocchia di Candiolo (TO), e non solo, che hanno off erto le loro com-petenze e la loro buona volontà per oltre un anno di preparazione.Il proge o è stato presentato alla Comuni-tà Parrocchiale già nel 2010 anche come un'a vità di sostegno della costruzione del nuovo Oratorio di Candiolo. Si è, così, cos tuita spontaneamente la Compagnia "Amici del Samaritano" per manifestare il senso di appartenenza ad un cammino comune, che è diventato parte integran-te del più ampio proge o di realizzazione dell'Oratorio. La prima rappresentazione dello spe acolo è stata alles ta a Candio-lo il 16 aprile 2011. Abbiamo chiesto ai responsabili il perché della scelta di realizzare questo recital: “È la proposta di un’esperienza di comunità per la comunità, di un’esperienza di evan-gelizzazione, di cammino, di amicizia e di condivisione. In realtà per rispondere ab-biamo dovuto individuare degli obie vi condivisi. Uno generale: crescere nell’a-micizia con Gesù e tra di noi. Poi alcuni obie vi specifi ci: trasme ere ai ragazzi e ai giovani un messaggio, uno s le, una passione, un metodo, un esempio; col -vare terreno fer le per l’Oratorio di oggi e di domani, realizzando uno strumento di formazione per animatori, uno s mo-lo alla partecipazione condivisa, una re-sponsabilizzazione anche verso i bisogni concre (promozione, raccolta di fondi); fare promozione umana a raverso la cul-

tura dell’accoglienza e della solidarietà, la sensibilizzazione al volontariato, l’educa-zione alla carità e il rispe o della legalità”. Abbiamo chiesto al regista e co-autore Corrado Bolla di indicarci alcuni elemen qualifi can che rendono originale e inci-siva questa a ualizzazione della Parabo-la del Buon Samaritano: “L’evangelista Luca vi incarna in modo commovente e immediato il comandamento dell’amore. Il testo del nostro spe acolo è estrema-mente a uale poiché raccoglie le sfi de della solidarietà, della coscienza, della responsabilità e dell’indiff erenza, così come prendono vita in una strada di una qualunque delle nostre ci à. E, come ha recentemente ricordato il papa, la ci à

Invece un SamaritanoRecital della Compagnia “ Amici del Samaritano ”

siamo tu noi, in quanto ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male.”C’è stato anche un recital vissuto dal pubblico di Rivoli che ha partecipato numeroso, ora lasciando prevalere lo stupore, ora l’ammirazione e l’en-tusiasmo. Per qualcuno, forse, è affi orato il desiderio di vivere in prima persona un’esperienza analoga; per altri, forse, è divenuto occasione per ricordare esperienze simili già vissute che rischiavano di essere dimen ca-te. È ancora il pubblico, poi, che ha dato la percezione agli ar s che il la-voro stava fi lando liscio durante la rappresentazione: gli applausi convin per chi si esibisce sono importan , ma non meno signifi ca vi sono sta i momen di intenso silenzio che accompagnava un passaggio par colar-mente delicato o una risata sincera di fronte alla ba uta più simpa ca. Un caloroso ringraziamento da parte della Compagnia “Amici del Samari-tano” è stato rivolto a tu o il pubblico per le off erte raccolte durante la serata che sono state devolute al Proge o dell’Oratorio di Candiolo. La Compagnia, dopo questa signifi ca va esperienza di accoglienza a Rivoli, prosegue con rinnovato entusiasmo la sua stagione di rappresentazioni, di cui è possibile seguire il calendario aggiornato sul sito www.amicidelsa-maritano.it. INFO: [email protected].

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Sarà una mia impressione: ma con il pas-sar del tempo le salite di Rivoli diventano sempre più ripide… Lo penso ogni volta che vengo a correre su di qui, in par co-lare svoltando da via Santa Croce per via al Castello… Avete mai provato a correre su per via al Castello? No? Già non è male camminarla fi no in cima, ma sai, cammi-nando puoi fermar ogni tanto, a ripren-dere fi ato con una scusa qualunque: “Ma cos’è quella lapide appesa lassù?... Non si legge niente…” . (La lapide in ques one è quella che ricorda il rinvenimento della statue a della Madonna della Stella nel milleduecentoequalcosa… e avrebbe bi-sogno di essere restaurata… ma andiamo avan ). E poi, chi cammina, si ferma un po’ più in su, a riprendere ancora fi ato, a rimirare il campanile della prima Collegia-ta come se lo vedesse per la prima volta…Ma noi, podis della domenica, possiamo rifi atare solo alla fi ne della salita, sulla spianata del Castello da dove si domina la ci à. Oggi la giornata è splendida, ter-sa dopo il vento, e siccome di salita sono stufo, mi bu o per la discesa che passa dietro la Collegiata Alta… Mi fa sempre strano pensare che un tempo il “centro” di tu o fosse qui. Costeggio il lato nord, dove c’è la por cina che porta alla sagre-s a della Collegiata… quante volte l’ho passata da ragazzino…E il tra o di strada che porta in piazza Bollani, che noi ragazzi dell’oratorio per-correvamo senza troppo entusiasmo la domenica pomeriggio, quando l’oratorio chiudeva e in branco, impolvera e suda- … tu in chiesa per la “benedizione”…

Eccolo quello che era l’ingresso dell’o-ratorio, in via Grandi. Era niente più che un cor lone sterrato e polveroso, con due fi le contrapposte di alberi: i due più centrali di ogni lato erano le porte di un poco regolamentare campo di calcio su cui ci si sfi ancava in interminabili par te… E il bar dell’oratorio? Come non rendere omaggio alla memoria del mi co Gioa-nin che lo ges va, un paziente vecchie o un po’ claudicante cui consegnavamo le nostre magre paghe e… in cambio di un pacche o di “mignin” (piccoli wafer), un

bicchiere di spuma (i più asseta e… fa-coltosi potevano perme ersi il bicchiere grande da 50 lire) e di qualche “golia” (1 lira l’una). E poi il teatro, le recite annuali in occasione della festa di San Domenico, onomas co dell’arciprete…Toh, senza accorgermene sono arrivato davan a San Mar no. Ma sì, tu o som-mato anche San Mar no è parte integran-te della storia della Stella. Se si dovesse portare un esempio per spiegare il con-ce o di “campanilismo”, non si potrebbe non citare la storica rivalità fra le nostre due parrocchie, all’epoca così vicine. Si potrebbe scrivere un librone bello spesso sull’argomento, in cui storia e leggenda avrebbero contorni molto sfuma … Mi sembra ancora incredibile che oggi le due parrocchie siano unite so o la guida di un unico pastore… Con nuo a scendere, la corsa è più agevole, e in un ba er d’oc-chio, superato l’asse di corso XXV Aprile, mi ritrovo ai “Bas oni”, e a Gesù Salvato-re, altra grande intuizione di don Foco per portare la chiesa in mezzo alla gente, là dove la gente stava arrivando. Per rien-trare a casa, allungo un po’ il giro e passo dalla Stella… Anzi, questa un po’ casa mia lo è… da più di 40 anni. Potrei dire: l’ho vista nascere e crescere so o i miei occhi. Sul piazzale, dedicato al canonico Dome-nico Foco, mi fermo, cerco di controllare il fi atone. Quasi senza accorgermene oggi ho corso nella storia… nella mia, nella no-stra. E qui è la fi ne di una storia, e l’inizio di un’altra.E forse questa storia è stata ed è un po’ come una corsa, a tra fa cosa come una salita che toglie il fi ato, a tra più agevole per un tra o pianeggiante, a trat- veloce ma impegna va come una disce-

sa ripida che fai fa ca a controllare…Adesso che ci penso, potrebbe essere un’idea: una bella corsa non compe va libera a tu “sui luoghi della Stella”… ma-gari ci ripensiamo in occasione del 50°... Ma fra dieci anni, chissà che pendenze avranno raggiunto le salite di Rivoli… Sia ben chiaro: io farò il giudice di gara.

Pierangelo Coscia

Una corsetta nella storiaovvero: Piccola maratona lungo 40 anni, e anche di più...

BUONCOMPLEANNO,

STELLA!

Raccogliamo in questo “spe-ciale” alcune tes monianze, ricordi, rifl essioni in occasione del 40° di consacrazione della chiesa parrocchiale della “Stel-la”. Lungi dal rappresentare una tra azione storica siste-ma ca di questo periodo, gli interven vogliono semplice-mente rendere tes monian-za di come sia stata vissuta (e ancora lo sia) la vita comunita-ria della nostra parrocchia. Ci auguriamo che queste poche pagine possano interessare chi conosce poco la storia del-la “Stella” e ridestare ulteriori ricordi in chi ha vissuto più o meno dire amente gli even di quegli anni che portarono al 7 dicembre 1971, e degli anni successivi.

16 se embre 2000Ingresso di don Michelepresentato da don Mario Oper .

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Eh già, la stella! L’astro che illumina, che brilla nel buio, che -speciale e par cola-re- fa ritrovare una vecchia opera d’arte li-gnea: la statua della mamma del cielo che fa capolino e ci fa scoprire che è mamma anche qui, sulla terra. Un raggio prezioso, lucen ssimo come di pla no liquido, che parte dall’alto e me e radici nel nostro mondo, nella nostra vita, quella di tu i giorni. E lo fa nel modo più naturale pos-sibile: tenendo in braccio un bambino, lei che è quasi ancora una bambina, e ci off re di relazionarci con quel piccolo che racchiude tra le sue braccia, per vedere, per capire, per cambiare e far cambiare, per allargare quel raggio di luce e costru-ire qui, ora e subito, racchiuso in un cono di splendore che si allarga all’infi nito, il regno dei cieli, sulla terra. “... lo sapevamo bene, non avremmo dovuto farlo, poteva essere pericoloso, poteva costarci caro, sarebbe potuta ca-pitare una disgrazia, qualcosa di irrepa-rabile... Ma si sa, i ragazzi sono ragazzi, e per loro, tu o ciò che è proibito assume immediatamente un fascino magne co, che a ra irrimediabilmente verso di sé, che precipita in una corrente che av-volge nei suoi fl u e porta dove vuole, indipendentemente dalla tua volontà. Il cor le dell’oratorio, su un lato era deli-mitato da un muro di ma oni, imponen-te, alto, o forse mi pareva più maestoso perché confrontato con la mia statura in evoluzione. So o questo muro, quasi a protezione parziale, una roccia, un mas-so erra co, perdutosi chissà come, chissà quando, nel centro di Rivoli. Io frequen-tavo l’Oratorio, già quand’era ancora in piazza Bollani, con il bar di Giuanin, con l’adorazione della domenica pomeriggio, con la gazzosa e le arachidi salate, con i mignin e le golia da una lira l’una, vendu-te sciolte. Ovviamente con nuavo a fre-quentarlo anche quando aveva “traslo-cato” in centro, in via Fratelli Piol, anche perché abitavo davvero a un ro di sasso e tra una messa e l’altra, vissuta nel ruolo di chieriche o, trascorrevo molto tempo nel cor le dell’Oratorio con i miei amici. Ma torniamo alla roccia, quella pietra cre-

sciuta troppo che a rava, che ci spingeva a salirci sopra, fi no in cima, che ci spronava a rincorrerci pericolosamente sullo stre o passaggio più in alto, una passatoia naturale che correva anche, per qualche metro, lungo la parte più scoscesa. Ci ero salito innumerevoli volte, senza problemi, avevo corso pericolosamente sul corridoio in alto, avevo inseguito ed ero stato inseguito, so o il sole dell’estate o con la neve d’inverno: non mi era mai successo nulla, fi no a quel pomeriggio di primavera. Quel giorno, come gli altri, come tan altri, stavo correndo là sopra, non ricordo nem-meno se fossi la preda o il cacciatore. All’improvviso, non so ovviamente come sia potuto accadere, sono come inciampato, scivolato, forse urtando un rilievo imperce bile, e, perdendo l’equilibrio, stavo cascando rovino-samente e disordinatamente di so o. In queste occasioni, tu possiamo ricordarne qualcuna, il tempo pare allungarsi all’infi nito, quasi cambiasse ritmo, unità di misura; le lance e di quell’immenso orologio immaginario che scandisce la vita del mondo, forse arrugginite, o troppo stanche per

La Stella

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il correre da tanto tempo, rallentano e i secondi diventano lunghissimi, gli istan eterni. Mi ero già visto caduto, sfracellato laggiù, in una pozza di sangue, esanime, con intorno gli amici a scuotere tris il capo di fronte alla mia terribile disavventura. Ero davvero disperato, come può esserlo un bambino: totalmente. Mi erano ritornate alla mente mille cose, mille paure, mille soluzioni, già vedevo le facce disperate dei miei genitori messi al corrente dell’accaduto... Mi ero anche ricordato della infi nita speranza e fi ducia del parroco, di don Foco, nella Madonna della Stella: lui ci parlava di lei, ci raccontava di lei, ce ne aveva regalato un’immagine complessiva di madre, sorella, amica, guaritrice, dispensatrice di miracoli, consolatri-ce... Avevo pensato a lei, mi ero affi dato a lei, l’avevo guardata mentre girando, facendo perno su un solo piede, mi ero ritrovato con il viso rivol-to verso il cielo azzurro punteggiato di nuvole di bianco zucchero fi lato: mi stava guardando anche lei. Mi sorrideva, con il suo sguardo luminoso, ricolmo d’aff e o, con i suoi lunghi capelli dai rifl essi rama , con la sua lunga tunica scarla a circondata da un manto blu come il mare. Senza età, come il fi glio, che in quell’immagine pareva persino suo coetaneo. Mi ave-vano guardato insieme, avevo percepito un immenso soffi o d’amore e di

Queste immagini sono state ricavate da dia-posi ve di don Antonio, che ringraziamo per la disponibilità a… rintracciarle, e documen-tano il “vecchio” cor le dell’oratorio; in una di esse si scorge anche una chiesa, sant’Ago-s no, che è stata demolita per la costruzione della zona de a “I Por ci”.

gioia, di sicurezza e felicità, di pace e se-renità, come un abbraccio inebriante che non vorres terminasse mai. Poi questa immagine era scomparsa, d’improvviso come si era realizzata. Avevo mulinato le braccia nell’aria e una, mi pare la destra, ricadendo verso il basso, si era avvolta in-torno ad un arbusto spuntato e cresciuto – chissà come - proprio su quella roccia arida e asciu a. Un arbusto ben saldo che mi aveva salvato dalla caduta. Ero poi sce-so, spaventato ma al sicuro, e da allora mi porto dentro, e sono passa tan anni, quella esperienza e quella consapevolez-za: so o la stella tu o è possibile, tu o può accadere, tu o si può realizzare...” So o la stella prendono forma i sogni,

si compiono miracoli, si concre zzano i desideri e si soddisfano le necessità... Il nostro compito è stare dalla parte della stella, aiutare quella luce con altre luci, le nostre, fi nché tu o s’illumini e si trasfor-mi a poco a poco nel nuovo mondo che dobbiamo costruire e che dovremo pre-sentare quando l’origine della luce e di tu e le stelle si manifesterà dire amente a noi. Speriamo sempre, perché, davve-ro, non siamo soli ma fratelli e sorelle di un’immensa famiglia, qui e adesso, e ab-biamo, sempre, la possibilità di alzare lo sguardo in alto per trovare altre alleanze, altre amicizie, altre possibilità.

Mauro Azzalin

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La mia vita è fortemente legata alla par-rocchia della Stella: avevo o o anni quan-do nel lontano 1970 è iniziato il mio cam-mino per conoscere Gesù e la sua Parola.Sacerdo , persone e vicende legate alla Stella formano un mosaico di ricordi pre-valentemente posi vi che arricchiscono e lasciano il segno.Il mio cammino all’interno della comuni-tà si è svolto lungo tu ques anni: all’i-nizio ero una bimba che ha frequentato in modo allegro e con tanto entusiasmo il catechismo, arrivando al giorno della Prima Comunione e poi della Cresima. Ricordo con molto aff e o e s ma i sacer-do che mi hanno seguito, don Michele e don Antonio, con cui perdura ancora una aff e uosa amicizia.Poi adolescente ho seguito i gruppi in ora-torio: riunioni, il carnevale, le mini-olim-piadi per la festa della Stella, il coro con Fredy, le indimen cabili “raccolta carta”, i ri ri: era sempre una gioia andare in Se-minario, al Salo o, alla “Generala” dove abitava padre Giovanni.Oggi sono una catechista, sono sposata e mamma di due ragazzi che, a loro volta, partecipano a vamente alle inizia ve dell’oratorio. Come catechista vorrei tra-sme ere ai ragazzi l’entusiasmo della vita alla Stella che ho provato e che mi ha aiu-tato in tu ques anni.La vita è costellata di momen felici e altri diffi cili: molte volte ho provato sconforto, paura, ma l’aiuto di Maria, la mamma di Gesù e nostra Stella, ha sempre illuminato la mia strada. Buon compleanno Stella.

Antonella

Una vitaalla Stella

Per inclinazione naturale desideriamo guardare avan a noi più che ricor-dare il passato, magari con nostalgia. Questo però non è solo un passato, è un percorso di vita cui vale la pena di guardare, senza rimpian , ma con sen men di riconoscenza e con senso di appartenenza. Eh sì, siamo cresciu e ci siamo forma so o la guida della “Stella”, la nostra “Chiesa”, la nostra “Parrocchia” cui ci sen amo di appartenere totalmente, che sen- amo e… abbiamo sen to in tu ques anni, come seconda casa, come

famiglia allargata. In quell'anno 1971 (guarda la coincidenza) ci siamo uni- in matrimonio, giovani e innamora , desiderosi di formare una fami-

glia secondo i valori cris ani e, forse senza rendercene conto, siamo sta guida da una “mano” che ci ha accompagnato nel nostro cammino. Ben presto “pesca ” dal chierico Meo Giaime e da don Michele Olivero, allora promotori di inizia ve per i giovani, siamo sta coinvol in un percorso di crescita umana e spirituale come giovane coppia insieme ad altre come noi. Ecco allora la partecipazione al gruppo famiglie, il servizio per tan anni nei percorsi di preparazione dei fi danza al matrimonio, il catechi-smo con i bambini, il gruppo dei genitori scout, il consiglio pastorale, il volontariato per la vita nascente, eccetera... Quan momen da ricorda-re, quanta gioia nel cuore, quanta vita piena di tan impegni, ma ricca di esperienze ed emozioni, di crescita personale, di coppia e di famiglia. Mol- i momen familiari gioiosi e tris vissu sempre nella nostra “Chiesa”

con vivo senso di appartenenza a questa comunità. Spesso ci chiediamo: come sarebbe stata la nostra vita senza tu o questo? Non riusciamo a immaginarla diversa. Ora occorre con nuare a guardare avan con fi ducia insieme ai nostri fi gli e ai nostri nipo . La nostra “Chiesa” sia per loro ciò che è stata per noi. GRAZIE “STELLA”.

Mirella e Piero

40 anni da sposialla “Stella ”

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Il viso di tu i giorni, rifl esso dallo specchio la ma na, ci pare sempre lo stesso: è suffi ciente, però, sfogliare un album di fotografi e o rivedere dopo alcuni anni una persona amica per constatare che siamo cambia : la nostra vita scorre, con le speranze e le fa che, le gioie e le delu sioni.Che cosa ricordiamo di quel 7 dicembre? I giorni di preparazione della cele-brazione, le prove, l’incontro con il responsabile della diocesi per defi nire i tempi della funzione e la scale a dei can , fi no alla fa dica sera: tu o il coro è andato in pizzeria prima della cerimonia, per festeggiare e soprat-tu o per giungere puntuale al grande evento. Abbiamo cantato all’inizio “come alberi pianta lungo il fi ume noi aspe amo la nostra primavera, come alberi pianta lungo il fi ume daremo i nostri fru ”: eravamo pieni di speranza e questo era l’augurio migliore per la nostra comunità che, so o l’intuizione di don Foco, scendeva dall’alto verso tu a la Rivoli che si stava espandendo, ma, senza saperlo, quella sera era anche l’augurio per noi, allora giovani, che stavamo crescendo. Non sappiamo se siamo riusci a dare fru , possiamo però dire grazie.

Grazie alla “ Stella “, che ci ha fa o incontrare negli impegni di oratorio e decidere di vivere insieme la nostra vita; grazie alla comunità di san Ber-nardo, in cui siamo vissu per più di dieci anni dopo il nostro matrimonio; grazie a chi ci ha indicato il cammino per diventare operatori pastorali; grazie al gruppo scout Rivoli 1 per l’aiuto alla crescita di Marco; grazie a tu e le famiglie che abbiamo conosciuto per la preparazione al ba esimo; grazie ai nostri amici dell’èquipe ba esimale; grazie alla realtà parrocchia-le di Gesù Salvatore per l’aff e o e la s ma dimostra a Giovanni e Clorin-da; grazie a tu i sacerdo che abbiamo incontrato, sia quelli che ci hanno aiutato da giovani a crescere e maturare sia quelli che hanno condiviso con noi il cammino della maturità; grazie…

Alla fi ne, le amarezze e i dolori della vita si stemperano nel ricordo dei mo-men belli e ci aiutano a guardare avan : non c’è futuro senza memoria. Dobbiamo ancora saper osare e avere fi ducia nella Provvidenza e nella protezione della Madonna della Stella per i nostri fi gli, anche loro “alberi pianta lungo il fi ume” che aspe ano la primavera.

Marina e Fredy Branca

Come alberi

Mol di noi si sono aff eziona o ri-cordano con simpa a il sacerdote che hanno incontrato alla Stella in ques quaranta anni. Vogliamo ricordarli:

- i parroci don Guido (ora vescovo au-siliare), don Michele, don Gianni e ora don Giovanni;

- i vari collaboratori don Giovanni Ca-rignano, don Meo, padre Giovanni, don Antonio, don Dino, Don Renzo, don Mario, don Beppe, don Giancar-lo, don Ferruccio, don Roberto, don Alessandro, don Mario Scremin, il dia-cono Giacomo;

- chi ancora è presente: don Paolo, don Andrea, don Angiolino.

Spesso hanno donato collaborazione e aiuto tan missionari della Conso-lata, i padri Giuseppini, le suore del Salo o, del Co olengo e di san Giu-seppe.

Ricordiamo anche chi ci ha preceduto nella casa del Padre: don Domenico Foco, don Pompeo e il diacono Gio-vanni.

7 dicembre 1964 - Dalla Collegiata verso il nuovo so ochiesa.

Inaugurazione del CAV

16 se embre 2000Ingresso di don Michele

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Allorquando i Padri Giuseppini decisero di chiudere l’Oratorio, gli scouts del Rivoli 1 si trovarono improvvisamente senza sedi e sopra u o sen-za riferimen sacerdotali, necessari per l’educazione religiosa dei ragaz-zi. Sono anni importan : lo scou smo a livello nazionale propone a vità e s moli e il Rivoli 1 partecipa con a enzione alle proposte associa ve. Ven capi partecipano alla route nazionale che si ene a Begonia, sull’Ap-pennino ligure - toscano. All’epoca la ci à si sta sviluppando e vi sono 4 gruppi scout par colarmente numerosi: dove ricollocare il Rivoli 1? La sera del 25 o obre 79 vi è un incontro con l’Arciprete don Foco e si discute di trasferire il gruppo scout presso la Parrocchia. Dopo la decisione presa dalla Comunità Capi, il 22 novembre si uffi cializza a don Foco la richiesta, precisando i desideri, gli impegni ed il proge o per il futuro.La Parrocchia non dispone di locali idonei né di fondi per poter ristru ura-re l’esistente e don Foco, allargando le braccia, concede l’uso parziale del salone Giovanni XXIII. Il gruppo si a va con raccolte carta, lo erie, cene di carnevale… e i lavori iniziano. Il 23 aprile 1981, alle ore 18:30 vengono inaugurate le nuove sedi del gruppo scout Rivoli 1, dopo una messa con-celebrata da don Foco, i due viceparroci don Antonio e don Dino, padre Giovanni e padre Onorato, confratelli Servi di Maria. Da allora la presenza scout ha con nuato ad essere un importante punto di riferimento per tut-ta la vita parrocchiale della Stella.

Alberto e Nadia Costa

Arrivano gli scoutFOTO IN LIBERTA’

22 o obre 2000Inaugurazione Cappella dei bambini

Don Foco e il diacono Giovanni a endono i bambini della Prima Comunione.

7 dicembre 2001 - 30° Stella

4 o obre 2008Ingresso dei nuovi parroci Se embre 2008 - Saluto di don Gianni e don Alessandro

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don Guido: 10 anni alla “Stella ”...... dalla memoria del cuore

Non sarò mai abbastanza riconoscente al Signore per i 10 anni vissu come parroco alla Stella. Confesso, e lo ricordo bene anche a distanza di anni, la fa ca e la soff erenza del distacco da Piossasco, dove ero stato per 20 anni. La Stella, quell’anno (1990), era in soff erenza per il congedo dell’allora “arciprete”, il can. Domenico Foco, che per 41 anni si era dedicato corpo e anima alla cre-scita umana e cris ana della parrocchia e anche della ci à intera. La costruzio-ne della “nuova Collegiata” in via Piol gli era costato tanto, non solo in termini economici, ma più ancora di opposizione da parte di una porzione di parroc-chiani. Si sa, ogni cambiamento turba, ci spiazza, sappiamo ciò che lasciamo, ma non ciò che troveremo. Oggi la storia riconosce che la sua fu un’intuizione giusta e anche necessaria.Il succedere a una personalità di così grande rilievo mi spinse a collocarmi con discrezione in con nuità con la sua opera pastorale. Ciononostante… ogni cambiamento che mi pareva u le e giusto apportare, sempre con il consenso del Consiglio Pastorale Parrocchiale, fu inizialmente visto da alcuni come ro u-ra del cammino precedente. Il tempo, che è galantuomo, ha poi diluito queste tensioni e lenito queste soff erenze.La saggezza e passione pastorale dell’”arciprete” l’aveva spinto a costruire an-che la chiesa succursale “Gesù Salvatore” nella zona nuova di maggior espan-sione. Fui felice di portare a compimento questa sua opera per creare tra i nuo-vi parrocchiani di quella zona un tessuto di relazioni umane e di proposte per un cammino di fede. La presenza del mai dimen cato diacono Giovanni Branca fu preziosissima, per far sen re famiglia le tante famiglie che fra anto si erano stabilite in via Ga , via Cavour, via Baldi e dintorni. Anche il Centro Pastorale “don Foco”, realizzato in Oratorio, ha voluto essere un a o di memoria grata a lui e una risposta al bisogno crescente di spazi e locali per le varie a vità, sopra u o giovanili. Inoltre la situazione di povertà di non poche famiglie si facevano sempre più pesan e pressan . La fi la di persone che assiepavano l’uffi cio ci “costrinse” ad aprire un Centro di Ascolto che poi s molò la nascita di un centro servizi per il vi o e il ves ario, di un Centro di Temporanea Acco-glienza, della Coopera va Sociale “Oltre”: Vero dono della Provvidenza fu il dono inaspe ato della casa di via Felisio - ex Interna delle suore missionarie Francescane di Susa (chiamate a Rivoli “le suore delle iniezioni”). Quella di-venne un po’ la casa dell’accoglienza e dell’a enzione ai poveri e del Centro di aiuto alla Vita, che da anni era presente e a vamente operante. Come non ri-cordare, tra le tante, le fi gure di Giovanna e Giulio Baricco e di Beppe Foradini, auten ci “missionari del Vangelo della carità”.Anche la presenza di diversi Ordini di Suore ha lasciato un segno profondo nella comunità. Fu mo vo di soff erenza in quegli anni (1990 – 2000) dover salutare le suore del Co olengo (Asilo Centro), le suore Giuseppine del Mu-rialdo (Collegio san Giuseppe), le suore missionarie Francescane di Susa, che dove ero interrompere la loro presenza per l’avanzare degli anni e il calare delle vocazioni. Vera grazia di Dio è rimasta la presenza dei Padri Giuseppini, dei Missionari della Consolata e delle Figlie della Carità di san Vincenzo al Sa-lo o e Fiorito. La vivacità spirituale della ci à deve molto a queste presenze che tes moniano il Vangelo sul versante educa vo e missionario: con loro la collaborazione fu sempre cordiale e intensa. Quando penso a quei 10 anni non posso non ricordare, e con intenso aff e o e gra tudine, i viceparroci che si sono succedu (peraltro a un ritmo troppo intenso… ma erano troppo bravi e ce li hanno porta via): don Mario Berardi, don Beppe Bagna, don Giancar-lo Airola, don Ferruccio Ceragiuoli, don Roberto Milanesio. Il loro lavoro tra i giovani, con l’aiuto di generosi animatori e di un mi co stuolo di “obie ori di coscienza” ha saputo vivacizzare il cammino della comunità giovanile e far per-

cepire la perenne giovinezza del Vangelo, se vissuto con impegno e gioia.È bello anche ricordare i primi tenta vi di collaborazione tra le 4 parrocchie del centro ci à. Ora che il lavoro pastorale è sempre più di Unità Pastorale ripenso con gioia agli incontri dei rappresentan delle 4 parroc-chie per realizzare il proge o “4 X 1”, cioè 4 parrocchie che lavorano insieme per diven-tare un’unità. Lo stesso bolle no-giornale delle singole parrocchie divenne “Parroc-chie nella Ci à” per esprimere l’unità verso la quale si stava e si sta (ora più che mai!) camminando.La Via Crucis al venerdì santo delle 4 parroc-chie che convergono al Castello ne è stata ed è una concreta realizzazione. È mo vo di gioia pensare che quei semi ge a ora por-tano fru o grazie alla riconosciuta passione pastorale che anima i sacerdo di cui la dio-cesi di Brescia ci ha fa o dono. Ho parlato fi nora prevalentemente della vita “inter-na” della comunità ecclesiale di Rivoli, ma è chiaro che la Chiesa non è in funzione di se stessa, ma del mondo, della gente a cui il Signore ci ha invia . Solo un laicato cris a-no formato, mo vato, responsabilizzato e appassionato alla causa di Gesù e degli uo-mini di oggi potrà far lievitare il mondo del lavoro, della cultura, dell’arte, dello sport, della poli ca con valori evangelici, capaci di umanizzare l’esistenza, capaci di essere “nel mondo, ma non nel mondo”, capaci di esse-re “luce del mondo e sale della terra”. Temo sempre più una Chiesa (a tu i livelli), una comunità che “fa” tante cose, se queste non portano ad aprire il cuore a Dio nella fede e a ogni fratello nella fraternità solidale. An-che su questo Maria “Stella del ma no” ci è modello.È bello guardare a Lei perché la sua luce ci preservi da una vita opaca e insignifi cante. Chiedo scusa ai le ori (che fossero arriva- nella le ura fi n qui) della lunghezza di

questa mia tes monianza: ha voluto essere semplicemente una narrazione carica di gra- tudine e aperta alla speranza che… il bello

abbia ancora da venire! Buon cammino.don Guido Fiandino

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Mi è giunto gradito l’invito a partecipare alle celebrazioni dei 40 anni di consacrazione della Collegiata Nuova. Il suc-cessivo invito, sempre gradito, di scrivere due righe per un ricordo personale mi fa riandare con la mente e con il cuore a quel momento e a tan altri bei momen vissu a Rivoli e con voi Rivolesi. Don Foco: questa cara e preziosa persona mi balza subito in mente. Cordiale. Aff e uoso nei rappor personali. Preoccupato per la crescita della sua parrocchia e dei suoi parrocchiani: Rivoli stava lievitando, in tu i sensi, sopra u o urbanis co, demografi co, cul-turale. Era necessario farla lievitare con il lievito di Gesù. Per questo pensò alla Collegiata Nuova, più centrale, più grande, più “Conciliare”! Ma, più in profondità ancora, pensò a far crescere la fede nel cuore dei parrocchiani: bambini, giovani, sposi, genitori, adul in genere e anzia-ni. Chiamò collaboratori: per questo coinvolse anche me. E io risposi volen eri. E non me ne pen i mai! Voi par-rocchiani: bambini e giovani (rumorosi e cao ci, vivaci e intraprenden : quan bei momen di crescita umana e spirituale insieme!), adul , anziani, gruppi di crescita spi-rituale, gruppi di organizzazione di apostolato: una bella comunità, già allora; come lo siete oggi, in modo nuovo, molto più allargato, ma ancor più bisognoso di fraternità e coesione, con l’unione delle Parrocchie so o la guida dei nuovi sacerdo bresciani. Una comunità viva, opero-sa, aperta e generosa. E cordiale, come siete sta da sem-pre: l’amicizia con voi è facile e spontanea. Quasi quasi… si palpa. Buona con nuazione. Buon cammino. Buon lavoro. E a buon arrivederci.

Torino, 11 o obre 2011Don Michele

Don Michele e Don Gianni ci scrivono....

Carissimi,gli incontri hanno rives to un ruolo fondamentale nella mia vita e l’avervi incontrato è stato un momento signifi -ca vo e bello. Il periodo di questo incontro è stato bre-ve (2002 – 2008), ma vissuto intensamente.Avervi incontrato, aver condiviso momen gioiosi e tri-s delle vostre vite, avervi ascoltato, aver tentato strade nuove per comunicare l’Amore grande di Dio, l’essermi se-duto, alcune volte, accanto ai poveri mangiando con loro alla mensa voluta dal Centro di Ascolto, ha commosso profondamente il mio cuore.È stato possibile realizzare tante cose, perché i vostri cuori erano e sono ricchi di sensibilità e di dedizione amorevo-le. È sempre una festa incontrarsi, accogliersi e conoscer-si reciprocamente ed è bello vivere pezzi di vita insieme, l’organizzazione passa in secondo piano.Così è stato nei consigli pastorali, negli incontri con il cen-tro di ascolto, con la comunità di Gesù Salvatore, con i vari gruppi, ma sopra u o con i poveri. Non so quando incontrerò i vostri vol , una cosa, però, è certa: gli incontri veri lasciano un segno profondo nel cuore che dura per sempre, va anche aldilà della morte stessa. Non avremo diffi coltà a riconoscerci nel “Paradiso di Dio”.L’incontro non è espressione di sen mentalismo o di un bel sorriso o di una pacca sulla spalla, modalità che gra- fi cano molto, ma che non lasciano niente. L’incontro è

fondato su valori che sono l’essenza della nostra umanità: la bellezza della vita, di ogni vita, la dignità della persona, la libertà della scelta, la condivisione, la vita comunitaria.L’incontro non ene conto se l’altro è credente o non cre-dente, se è giovane o anziano, se è bello o bru o, se è ricco o povero; l’incontro accoglie l’uomo per quello che è, rende disponibili ad ascoltarlo e a interessarsi di lui.Valori ques che cerchiamo di vivere sopra u o oggi con persone che dicono di non essere creden . Il nostro la-vorare è più “fuori dell’ovile” che “dentro” per cercare di avvicinare quelle persone che, imbrigliate dalle soff eren-ze, non riescono a trovare pace. L’augurio che vi rivolgo lo colgo dalla prima le era che San Giovanni ha scri o alla sua comunità: “La Parola che dà la vita noi l’abbiamo udita, l’abbiamo vista con i nostri occhi, l’abbiamo contemplata, l’abbiamo toccata con le nostre mani perciò parliamo anche a voi di ciò che abbiamo visto e udito: così sarete uni a noi nella comunione che abbiamo con il Padre e con Gesù Cristo suo Figlio. Vi scriviamo tu o questo perché la nostra gioia sia perfe a.” Un carissimo saluto.

Indiri o di Coazze, Piano Stefano 21 o obre 2011

don Gianni2005 - don Gianni all’inaugurazione della Mensa dei Poveri

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Il Signore mi ha fa o la grazia di giungere a Rivoli nel mio ven cinquesimo anno di sacerdozio, vivendo così il mio quarto “trasloco”. Ho sempre pen-sato e credo anche vissuto l’arrivo in una nuova comunità come un entrare a far parte di una carovana in cammino.

Perché la carovana? Perché mi ha sempre aff ascinato la vita di chi è nomade, di chi cammina, di chi si fa pellegrino. Perché la carovana mi fa sen re il calore di una co-munità-famiglia con fi gure diverse, compi diff eren , doni unici, ma tu o orientato verso un unico orizzonte. Perché è bello essere accol , essere “carica ” in carovana, condividere gioie e fa che del cammino.

Quale carovana ho incontrato?Arrivando a Rivoli ho incontrato una carovana grande, aff ascinante, impe-gna va.Ho trovato delle comunità ricche di storia e di storie, portatrici di tanto impegno e di tan traguardi raggiun , alla ricerca di essere nuove nel camminare in questo nuovo millennio.

E la Stella?C’è una storia e un’immagine che fi n dall’inizio mi ha preso guardando alla comunità della Madonna della stella: una comunità in cammino per essere là dove vive la gente e porre lì la propria casa.

Dalla Collegiata alta la Stella, cinquanta / quarant’anni fa, ha voluto scen-dere a valle per prender casa fra una falegnameria e una dis lleria, pro-prio guardando Via Maestra. E poi verso la pianura fra i grandi e nuovi palazzi per dire che Gesù è Salvatore ieri, oggi e sempre. Questo cammi-no non è stato e non è semplicemente un cammino di costruzioni, bensì

Che bello essere parte di una lunga carovana!

Maria, Vergine del silenzio,non perme ere che davan alle sfi de di questo tempo

la nostra esistenza sia soff ocata dalla rassegnazione o dall’impotenza.

Aiutaci a custodire l’a tudine all’ascolto,grembo nel quale la parola diventa feconda

e ci fa comprendere che nulla è impossibile a Dio.

Maria, Donna premurosa,destaci dall’indiff erenza

che ci rende stranieri a noi stessi.Donaci la passione che ci educa

a cogliere il mistero dell’altroe ci pone a servizio della sua crescita.

Liberaci dall’a vismo sterile,perché il nostro agire scaturisca da Cristo,

unico Maestro.

è stata ed è una scelta – scommessa di una comunità parrocchiale che si fa ser-va della propria gente. In questa grande avventura davvero ha sempre brillato una stella: Maria della Stella! Ora che ce-lebriamo i quarant’anni della nuova casa della nostra Madonna, semplicemente vorrei condividere con voi una preghiera che i vescovi italiani ci hanno donato con il proge o pastorale “Educare alla vita buona del vangelo”.Alla conclusione di questo testo i vescovi ci invitano a far sì che il nostro popolo, la nostra gente si plasmi in famiglia, dove coloro che la compongono “imparano ad amare in quanto sono ama gratuita-mente, imparano il rispe o di ogni altra persona in quanto sono rispe a , impa-rano a conoscere il volto di Dio in quanto ne ricevono la prima rivelazione da un pa-dre e da una madre pieni di a enzione”. E poi ci affi dano a Maria. Anche noi alla Madonna della Stella chiediamo la dispo-nibilità di accompagnarci in carovana con il suo sguardo di Mamma, guidandoci nel cammino dell’educazione.

Maria, Madre dolorosa,che dopo aver conosciuto

l’infi nita umiltà di Dionel Bambino di Betlemme,

hai provato il dolore straziantedi stringerne tra le braccia il corpo martoriato,insegnaci a non disertare i luoghi del dolore;

rendici capaci di a endere con speranzaquell’aurora pasquale

che asciuga le lacrime di chi è nella prova.

Maria, Amante della vita,preserva le nuove generazioni

dalla tristezza e dal disimpegno.Rendile per tu noi sen nelle

di quella vita che iniziail giorno in cui ci si apre,

ci si fi da e ci si dona.

Auguri Stella!don Giovanni

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29VILLA ALLAMANO

La villa di Rivoli in cui il 24 aprile 1900 il canonico Giuseppe Allamano redasse il testo fonda vo dell’Is tuto Missioni Con-solata è divenuta sede di una esposizio-ne permanente che dà tes monianza di quell’evento e dei fru copiosi scaturi dal carisma del fondatore. Inaugurata sa-bato 17 se embre 2011 da mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, alla pre-senza del superiore generale dei Missio-nari della Consolata, p. Stefano Camer-lengo, del superiore dell’Italia, p. Sandro Carmina , del parroco della Madonna della Stella, don Giovanni Isonni, del sin-daco di Rivoli, dr. Franco Dessì, nonché dell’ideatore e responsabile del proge o, p. Giordano Rigamon , la mostra «Giu-seppe Allamano, Padre di missionari e missionarie» si snoda con eleganza in un giardino completamente ridisegnato allo scopo. Una voce narrante alternata a mu-siche accompagna il visitatore lungo il per-corso. L’esposizione, montata su pannelli di alluminio a prova di intemperie, si ar -cola in qua ro sezioni tema che: Rivoli e fondazione; metodo Allamano; missione oggi; padre e maestro. La prima ricondu-ce ai tempi delle origini, alla permanenza a Rivoli dell’Allamano convalescente o an-cora alle gite se manali dei primi allievi missionari, che si recavano nella ci adina per incontrare il fondatore. La sezione sul metodo Allamano mostra come sin dagli albori l’esperienza si connotasse per una spiritualità innova va, in cui ad esempio la promozione umana già cos tuiva parte integrante dell’evangelizzazione: un me-todo che ancora oggi non ha cessato di mostrare la propria validità. La terza se-zione si concentra sull’a uale diff usione dei missionari e delle missionarie della Consolata, sparsi in qua ro con nen , ognuno dei quali con sfi de sempre nuove per il futuro. Non solo maestro, ma an-che padre: l’aff e o con cui l’Allamano si rivolgeva ai suoi missionari era proverbia-le e questo tra o umano così importan-te viene so olineato dall’ul ma sezione della mostra. L’uva spina o i dolce che il

Villa Allamano - La mostra permanente:occasione di annuncio e testimonianza

fondatore non faceva mai mancare ai suoi visitatori erano segni tangibili del calore della sua aff e uosa accoglienza. Il senso dell’esposizione non è primariamente celebra vo, ma piu osto di annuncio e tes monianza: Villa Allamano si propone oggi quale luogo di spiritualità per giovani e adul , occasione di educazione alla mondialità per scuole – nello specifi co sopra u o grazie all’associazione ‘Impegnarsi serve’ –, gruppi giovanili e parrocchie, spazio di approfondimento dello spirito missionario per sa-cerdo , religiosi e laici. Chi non potesse visitarla o desiderasse in antepri-ma un assaggio della mostra, può consultare l’ampia documentazione di immagini e tes esplica vi disponibile sul sito www.giuseppeallamano.it, dove sono fornite anche informazioni sulle modalità di accesso e i periodi di apertura.

Gabriella Zucchi

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30 SAN BERNARDO 40

La serata di giovedì 13 o obre, nata come momento di rifl essione e di confronto dedicato alle famiglie sul tema “Essere comunità oggi”, si è sviluppata a raver-so l’esposizione di tre esperienze di co-munione tra famiglie, per il confronto, la crescita personale e la condivisione. La prima riguarda una famiglia che ha deciso di andare a vivere nella cascina della Co-munità ”Il fi lo d’erba” di Rivalta con altre famiglie. Accoglienza, Comunità e Lavo-ro sono le parole che meglio descrivono l’a vità dell’associazione, che presta un servizio di accoglienza residenziale a fa-miglie. La condivisione di spazi comuni e l’organizzazione di momen di rifl essione e convivialità perme e ai soci e ai gruppi di trovare un luogo in cui rifl e ere o in cui svolgere volontariato temporaneo. Il secondo intervento ha presentato “Co-munità e Famiglia Piemontese”, aderente al Mondo di Comunità e Famiglia. Moto-re ed essenza di questa associazione è la convinzione che le persone e le famiglie, valorizzando le loro diversità, se cammi-neranno verso la realizzazione della pro-pria vocazione, in un contesto di fi ducia,

accoglienza, sobrietà, solidarietà, condi-visione, responsabilità realizzeranno un altro modo di vivere. Infi ne è stato pre-sentato un gruppo di Acquisto Solidale operante nel nostro territorio, che è ca-ra erizzato con tre agge vi: piccolo, per perme ere un’organizzazione semplice e per favorire la relazione tra i soci, locale perché i componen diven no interessa e responsabili del territorio che abitano e solidale tra i soci, con i piccoli produ ori e con l’ambiente. I valori che contraddis n-guono la scelta di aderire al G.A.S. sono la condivisione, la sobrietà, la solidarietà. Non è una scelta puramente economica, ma racchiude una scelta di s le di vita, gius fi cata da ricerca e consapevolezza.

San Bernardo in festa per i 40 anniLa parrocchia di san Bernardo ha festeggiato i 40 anni vita (ha iniziato le sue a vità il 1° o obre 1971, so o la guida del compianto don Piergiorgio Coccolo). I festeggia-men sono inizia il 24 se embre con una grande festa nell’oratorio con le iscrizioni al nuovo anno catechis co e una serata musicale contornata da una splendida grigliata. Numerose sono state le inizia ve, dalla celebrazione della messa solenne dei 40 anni di sabato 1 o obre presieduta dal vescovo ausiliare mons. Guido Fiandino, alle serate di diver mento con la commedia del gruppo teatro, alla Corrida con i gruppi parrocchiali e alla sacra rappresentazione del gruppo Arcobaleno. La commissione che ha prepa-rato il programma della festa ha voluto dedicare tre serate alla rifl essione, la prima rivolta all’ascolto della parola di Dio con una rifl essione di don Andrea, la seconda sulla fi gura del nostro patrono san Bernardo preparata dal diacono Lorenzo e la terza sul tema “Essere comunità oggi” con raccon di alcune esperienze.

BERNARDOdi CHIARAVALLE

Bernardo nacque nel 1090 in Francia, nel villaggio di Fontaine-les Dijon, a 2 km da Digione. Suo padre, Tescellino, era un alto vas-sallo alla corte del duca di Borgo-gna. La madre Ale a era fi glia di un potente feudatario, Bernardo di Montbard, da cui il santo pre-se il nome. Bernardo è il terzo di cinque fratelli, ed ha anche una sorella. Sente il richiamo sopran-naturale e decide di farsi monaco. Abbandona la famiglia e dopo la sua partenza il castello si svuota, uno per uno, tu i fratelli par-tono, compreso il più piccolo, al quale sarebbe restata l’intera eredità del feudo. Ma egli dice ai fratelli: “Voi prendete il cielo, e a me lasciate la terra! Voglio venire con voi”. E dopo i fi gli, anche il pa-dre lascia la terra del feudo, per il regno di Dio, anche la sorella en-tra in un monastero… e come se non bastasse, trenta giovani della nobiltà borgagnona seguono Ber-nardo, considerato una specie di fl agello tra le nobiltà del paese, privata dei migliori cavalieri.Bernardo conduce i suoi com-pagni nel monastero di Citeaux, dove la regola è più severa, ma non contento di quella vita, si trasferisce a Clairvaux (Chiaraval-le), dove riprende l’an ca regola benede na, con la bocca e con le mani, con lo studio e con i di-giuni. Egli non desidera che la vita contempla va ma Vescovi e Papi lo chiamano a sostenere dispute, a intraprendere predicazioni. Do-vunque egli appare, suscita entu-siasmo, ammirazione, devozione.Egli non è che un docile strumen-to nelle mani di Dio. “Io servo volontariamente, dice, perché la carità mi fa libero”. Dinanzi a lui, maestri di dubbia do rina, come Alebardo, devono dichiararsi vin- ; Papi scisma ci, come Anacleto

II, devono sen rsi in colpa. Ber-nardo muore a Chiaravalle il 20 agosto 1153 consunto dalla ma-la a e della austerità. Fu cano-nizzato da Alessandro III nel 1174, dichiarato do ore della Chiesa da Pio VIII nel 1830.

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Il giorno 15 e 16 o obre il Gruppo Arco-baleno della Parrocchia San Bernardo ha presentato la nuova rappresentazione sacra dal tolo “SOLO PER AMORE”. Due serate di grande emozione e di partecipa-zione. Per coloro che non ci conoscono, ricordiamo che il Gruppo Arcobaleno, ol-tre ad aver presentato negli anni prece-den la Rappresentazione della “Passio-ne” è un gruppo di amici che a raverso la recitazione e il canto e non solo, ha come obie vo quello di accogliere le famiglie e far conoscere la Parola del Signore. Non è un gruppo teatrale con a ori e can-tan professionis , ma semplicemente

Solo per amore: il musicalmamme, papà, nonni e fi gli che con tan-to coraggio si sono messi in gioco e con grande umiltà hanno come obie vo di portare nel cuore del pubblico la Parola di Gesù. La Rappresentazione ha ripercorso alcuni momen della vita di Gesù raccon-tata dal suo Discepolo più giovane, che a raverso l’espressione del canto ha tra-smesso le sensazioni di quei momen vis-su con Lui.Un modo nuovo di me ersi in ascolto della parola del Signore e del suo amore. Ecco il mo vo del tolo “SOLO PER AMORE”.

Osvaldo e Felice a SAITTA

In occasione dei 40 anni della nostra parrocchia abbiamo voluto realizza-re un calendario 2012, in tolato “40 anni di comunità nella parrocchia di san Bernardo”, che raccon un po’ le realtà della nostra comunità. Abbia-mo raggruppato i gruppi nei vari mesi dell’anno. - Gennaio è rappresentato dalle ca-techiste e dalle coppie guida che seguono il cammino catechis co dei genitori dei bambini iscri al catechi-smo, il loro compito è… essere tes -moni della parola del Signore.- Febbraio: il gruppo di volontari della san Vincenzo, molto a vo, che si occu-pano delle persone in diffi coltà, il loro mo o… contro la povertà agire insieme.- Marzo: il gruppo Scout Rivoli 4 che da oltre 26 anni, prima come Rivoli 1, svolge le sue a vità tra i ragazzi del quar ere e della ci à.- Aprile: i gruppi Famiglia a supporto delle varie a vità parrocchiali e il grup-po Amicizia formata da anziani che si ri-trovano per passare alcune ore in com-pagnia, magari giocando a tombola.- Maggio: i Giovani e gli animatori dell’oratorio che seguono i bambini nelle a vità del sabato.- Giugno: il gruppo liturgico, formato dai ministri della comunione che svol-gono il servizio della visita alle persone anziane e ammalate, i le ori e il coro che animano le celebrazioni liturgiche.- Luglio: il gruppo Rinnovamento nel-lo Spirito, che oltre alla preghiera è sempre disponibile al servizio in base alle necessità.- Agosto: il gruppo Teatro San Bernar-do, prepara commedie con lo scopo di raccogliere fondi per le adozioni in India, il suo mo o… fare comunità at-traverso il teatro.- Se embre: il gruppo Ba esimi, se-gue le famiglie che richiedono il Bat-tesimo di un bambino.- O obre: gruppo Arcobaleno, con grande passione e serietà prepara sacre rappresentazioni e svolge ser-vizio nelle feste.- Novembre: gruppo servizi vari, rac-coglie tu e quelle persone che svol-gono qualche servizio in comunità, dalla pulizia della chiesa alla segre-teria.- Dicembre: il Consiglio Pastorale e il consiglio degli Aff ari Economici… Per una comunità che rifl e e, che pro-ge a e che condivide.Chi desidera ricevere il calendario lo può trovare in fondo alla chiesa du-rante le celebrazioni o richiederlo in sacres a.

Calendariodella Comunità

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32 CATECHESI

Identità e Spiritualitàdel catechista

Il catechista è un “compagno di viaggio”, inserito in una comunità cris ana e nel contesto culturale e vitale del mondo di oggi. La sua missione si radica su un’espe-rienza profonda e personale di incontro con Gesù morto e risorto. Non agisce mai da solo, ma sempre a nome della Chiesa e nella Chiesa. In par colare, il catechista è un:- tes mone esemplare della fede, che manifesta una fede "gioiosa"; disponibile a ripercorrere con i fanciulli il cammino dell' Iniziazione Cris ana e a esprimere con la vita la parola di Dio che annuncia ai fanciulli e ai ragazzi;- amico dei fanciulli e dei ragazzi, capace di accoglierli, di ascoltarli, di me ersi al servi-

CATECHISMO... si riparte!A fi ne se embre e inizio o obre sono ripar gli i nerari di catechismo dei nostri bambini e ragazzi. Ogni anno è proprio bello ripar re: c’è la passione di tan nostri catechis , c’è l’a esa delle nostre famiglie, c’è la fa ca e la gioia dei nostri ragazzi. Desidero condividere con le nostre comunità parrocchiali queste note di don Michele Roselli, dire ore dell’Uffi cio Catechis co della nostra Diocesi, per due mo vi: il primo è che abbiamo bisogno di nuovi catechis . Quando ci guardiamo e ci con amo ci rendiamo conto di essere sempre troppo pochi; il secondo è che a raverso questo profi lo del catechista è facile intuire quale i nerario di fede desideriamo proporre e vivere con i nostri ragazzi e le nostre famiglie. Mi auguro che qualche papà, qualche mamma e qualche giovane (sogno?!) ritrovi la voglia e il desiderio di provarci! In fondo ogni cris ano è chiamato a raccontare la propria esperienza di fede, convinto che è così bella che val la pena dirla a chi ci sta vicino perché a sua volta possa vivere la bellezza, la bontà e la gioia di credere in Gesù di Nazareth.

don Giovanni

Educare alla fedenell ’ era del web

Avvertenze, da leggere a entamente prima dell’uso….”perché nessuno nasce imparato”. È normale che, leggendo il profi lo di catechista che si delinea, si provi (o si possa provare) la sensazione di non avere tu e que-ste cara eris che, oppure di dovere ancora crescere in qualcuna di esse, o in qualche loro aspe o. Ma questo non signifi ca che si deve sme ere di fare catechesi! Non ci si deve scoraggiare. Infa , è anche vero che ogni catechista non è mai arrivato ed è sempre in cammino. Egli è un discepolo – che impara – oltre che un apostolo – inviato ad evangelizzare.È un operatore aperto all’azione dello Spirito che agisce negli even del mondo, nel cuore dei nostri contemporanei: ecco perché l’iden tà del ca-techista coincide con la sua spiritualità, perché egli è aperto all’azione di Dio nella sua vita. E lo Spirito sempre ci sorprende con doni inaspe a nel compito a noi affi dato di far maturare la fede e di fare incontrare la persona di Gesù.

zio della loro crescita umana e cris ana;- maestro che, dopo aver assimilato la pa-rola di Dio, la trasme e con un linguaggio comprensibile ai fanciulli e ai ragazzi e in-segna loro a cogliere nella vita quo diana i "segni" a raverso i quali Dio si manifesta e chiama;- educatore che aiuta i fanciulli e i ragazzi ad accogliere la parola di Dio e a rispon-dere con la preghiera, con a eggiamen-to di stupore, ammirazione, lode, rispet-to, amicizia;- costruttore di comunione, inserito attivamente nella comunità ecclesiale, capace di promuovere rapporti di ami-cizia tra i ragazzi e tra i loro genitori e padrini e di educarli al senso di appar-tenenza ecclesiale.

Le competenze del catechista1. La competenza relazionalePrima di essere qualcuno/a che comunica contenu di fede, il catechista deve esse-re una persona capace di creare relazio-ni posi ve e profonde perché è convinto che le relazioni sono decisive anche per l’accoglienza dei contenu trasmessi.È per questo che il catechista:- man ene con i ragazzi e le famiglie un rapporto che, pur asimmetrico (egli è sempre un adulto educatore), sa genera-re reciprocità educa va;- crea rappor liberi e non di dipendenza con i propri des natari; - vive i rappor in modo sempre nuovo e non chiude mai la possibilità di altre esperienze;- fa spazio alle molteplici risorse di tu i

techhhhhhhhhhhhhhhiiiiiiiistta

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membri della comunità, specialmente nel dialogo con i genitori e gli adul signifi ca- vi per i fanciulli/ragazzi;

- sa lavorare in gruppo, senza predomi-nare e coinvolge gli adul nella pastorale catechis ca dei fanciulli e dei ragazzi.

2. La capacità di annuncio e di narrazioneLa prima e fondamentale competenza del catechista è la capacità di annuncio. I catechis sanno e imparano a raccontare le meraviglie di Dio. Ogni racconto signi-fi ca vo deve par re dall'interiorità, una interiorità che per non essere superfi ciale ha bisogno di preparazione, in modo da:- fare proprio il messaggio, approfondirlo, rifl e erlo e rianimarlo dall'interno;- scoprire cosa dice a me, su quali realtà mi orienta e appassiona;- domandarsi che cosa dire e come dire e qual è il centro di quello che si vuole co-municare- coinvolgere in modo esplicito gli interlo-cutori nell'esperienza narrata;- abbandonare i linguaggi astra e u liz-

CATECHESI

zare quelli più simbolici ed evoca vi;- sen rsi in sintonia con le inquietudini e le soff erenze dell'uomo di oggi per arrivare al suo cuore.

3. La capacità di educare a leggere i segni di Dio nella vita di ogni giornoTu o il percorso umano ha un senso ben defi nito, quello di far sì che l'uo-mo sia a ento a cogliere ciò che Dio, il Padre, sta operando nella sua esi-stenza per entrare in comunione con lui. Il catechista perciò aiuta a scopri-re negli avvenimen della vita, nei segni liturgici e nel creato, la presenza di Dio e a celebrarlo. Una le ura a enta della realtà e dei segni chiede al catechista di:- cogliere la dimensione di novità dei sogge per aprirsi all’avvenimento del nuovo che ogni vita riserva;- amare il mondo e guardarlo come lo guarda Dio;- stare nel creato come a casa propria, facendo a enzione alle piccole cose, rispe ando l'ambiente;- acce are il limite e l'imprevedibile;- a uare per sé e per coloro per i quali è educatore un'intensa capacità di contemplazione;- conoscere il linguaggio del simbolo, dei segni creaturali e liturgici per aiutare a interpretarli.

4. La capacità di introdurre nella vita della comunitàPer iniziare corre amente alla vita comunitaria è importante promuovere alcune a tudini che dispongono i catechis a incontrare corre amente i ragazzi.- l’evangelizzazione richiede di vivere l’accoglienza dei ragazzi e delle loro famiglie valorizzando l’ospitalità;- l’esperienza della comunità cris ana fa riconoscere la presenza del Risor-to in modi sorprenden .- l’iniziazione, mentre trasmette tradizioni e saperi, accoglie e avvia a un modo nuovo di vivere il Vangelo oggi; cioè introduce nella vita della comunità.

Una giornata molto speciale quella che si è svolta a Sanremo il 19 novembre scorso: è la giornata di Ju-bilmusic, il fes val internazionale di Chris an Music, organizzato da Hope Music School e patrocinato dalla CEI che si ene ogni anno al Teatro Ariston, tempio della musica moderna. La manifestazione è iniziata con una rassegna di cori per le strade della ci à, ras-segna che ha visto il Coro Eirene di Rivoli, il Coro Hope di Saluzzo ed il gruppo Hope di animatori allietare i passan sanremesi per tu a la ma na. Nel pome-riggio l’incontro di catechesi è stato segnato dal tema della manifestazione “Per amore vero” e dai brani dei dieci gruppi musicali, partecipan al concorso “Jovani x Jubilmusic”. La serata infi ne ha visto il Teatro Ariston strapieno ed ha regalato momen emozionan e toc-can grazie alle interpretazioni di ar s internaziona-li di estrema bravura, alla presenza di Mariella Nava, quale ospite d’onore e, sopra u o, alla tes monianza dei genitori della Beata Chiara Luce Badano che hanno portato parole di serenità e pace interiore. Un bel mo-mento di espressione e impegno cris ano.

Jubilmusic 2011

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34 DIES DOMINI

“Dies Domini” - Il giorno del SignoreRileggiamo insieme un testo di Papa Giovanni Paolo II (31 maggio 1998)

con alcune riflessioni che nascono guardando le nostre comunità…

DIES DOMINILa celebrazione dell'opera del Creatore

“Tu o è stato fa o per mezzo di lui” (Gv 1, 3)Nell'esperienza cris ana, la domenica è prima di tu o una festa pa-squale, totalmente illuminata dalla gloria del Cristo risorto. La presen-za a va del Figlio nell'opera creatrice di Dio si è rivelata pienamente nel mistero pasquale, in cui Cristo, risorgendo come “primizia di coloro che sono mor ” (1 Cor 15, 20), ha inaugurato la nuova creazione ed ha avviato il processo che egli stesso porterà a compimento al momen-to del suo ritorno glorioso, “quando consegnerà il regno a Dio Padre [...], perché Dio sia tu o in tu ” (1 Cor 15, 24.28). Il “lavoro” di Dio è in qualche modo esemplare per l'uomo. Ques infa non è solo chiamato ad abitare, ma anche a “costruire” il mondo, facendosi così “collaboratore” di Dio. Se è esemplare per l'uomo, nella prima pagina della Genesi, il “lavoro” di Dio, altre anto lo è il suo “riposo”. Il giorno del riposo, tale innanzitu o perché è il giorno “benede o” da Dio e da lui “san fi cato”, sia separato dagli altri giorni per essere, tra tu , il “giorno del Signore”, la celebrazione delle meraviglie operate da Dio.

NOI OGGIGiovanni Paolo II ci invita a…

contemplare: è il gesto della riconoscen-za e della gratuità verso Dio creatore;imparare: ciò che Dio ha fa o e fa è per noi esemplare, noi dobbiamo divenire suoi discepoli, me erci alla sua scuola;riposare: è la capacità di riconoscere i nostri limi , di rispe are la nostra crea-turalità, di saper star bene perchè siamo sta crea per la felicità.

Noi oggiriusciamo a vivere la domenica

come il tempo della contemplazione,

del discepolato, del riposo?

DIES CHRISTIIl giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito

La Pasqua se manale

La domenica cris ana ripropone ogni se mana alla considerazione e alla vita dei fedeli l'evento pasquale, da cui sgorga la salvezza del mon-do. Sant'Agos no chiama la domenica “sacramento della Pasqua”. La domenica è, in eff e , il giorno in cui, più che in ogni altro, il cris ano è chiamato a ricordare la salvezza che gli è stata off erta nel ba esimo e che lo ha reso uomo nuovo in Cristo.La domenica è il giorno della fede. Lo so olinea il fa o che la liturgia eucaris ca domenicale, come peraltro quella delle solennità liturgiche, prevede la professione di fede. Il “Credo”, recitato o cantato, evidenzia il cara ere ba esimale e pasquale della domenica.Alle soglie del ter-zo millennio, la celebrazione della domenica cris ana, per i signifi ca che evoca e le dimensioni che implica, in rapporto ai fondamen stessi della fede, rimane un elemento qualifi cante dell'iden tà cris ana.Un giorno irrinunciabile!

NOI OGGIÈ proprio bello pensare la domenica

come il giorno della fede.Fede è…

incontrare Gesù: Lui viene a cercarci, noi dobbiamo lasciarci trovare;conoscere Gesù: sì, noi lo incontriamo veramente, realmente, personalmente e non fi niremo mai di conoscerlo;amare Gesù: Lui conquista, aff ascina e non puoi più non volergli bene;seguire Gesù: una volta incontrato non puoi non seguirlo fi no a dire con Paolo: “Per me vivere è Cristo!”.

Noi oggiviviamo il giorno della fede,

del nostro incontro personale con Gesù, incontro che cambia la vita?

DIES ECCLESIAEL'assemblea eucaris ca cuore della domenica-la presenza del Risorto

“Io sono con voi tu i giorni, fi no alla fi ne del mondo” (Mt 28, 20).

Se la domenica è il giorno della risurrezione, essa non è solo la memo-ria di un evento passato: è celebrazione della viva presenza del Risorto in mezzo ai suoi. Nell'assemblea dei discepoli di Cristo si perpetua nel tempo l'immagine della prima comunità cris ana disegnata con inten-to esemplare da Luca negli A degli Apostoli, quando riferisce che i

NOI OGGIL’EUCARISTIA è il centro della nostra domenica,

delle nostre domeniche!

Eucaris a è…la festa dell’accoglienza e dell’incontro: ogni persona si sente a casa e ha voglia di incontrare le proprie sorelle e i propri fratelli;

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35DIES DOMINI

primi ba ezza “erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apo-stoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (2, 42). E’ proprio nella Messa domenicale, infa , che i cris ani rivivo-no in modo par colarmente intenso l'esperienza fa a dagli Apostoli la sera di Pasqua, quando il Risorto si manifestò ad essi riuni insieme (cfr Gv 20, 19). L'assemblea domenicale è luogo privilegiato di unità: vi si celebra infa il sacramentum unita s che cara erizza profonda-mente la Chiesa, popolo adunato “dalla” e “nella” unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.In essa le famiglie cris ane vivono una delle espressioni più qualifi cate della loro iden tà e del loro “ministero” di “chiese domes che”, quando i genitori partecipano con i loro fi gli all'u-nica mensa della Parola e del Pane di vita. La proclamazione liturgica della Parola di Dio, sopra u o nel contesto dell'assemblea eucaris -ca, non è tanto un momento di meditazione e di catechesi, ma è il dialogo di Dio col suo popolo. L'assemblea eucaris ca domenicale è un evento di fraternità. Lo scambio del segno della pace, signifi ca va-mente posto nel Rito romano prima della comunione eucaris ca, è un gesto par colarmente espressivo, che i fedeli sono invita a fare come manifestazione del consenso dato dal popolo di Dio a tu o ciò che si è compiuto nella celebrazione. “Se dunque presen la tua off erta sull'al-tare e lì ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davan all'altare e va' prima a riconciliar con il tuo fratello e poi torna ad off rire il tuo dono” (Mt 5, 23-24).Ricevendo il Pane di vita, i discepoli di Cristo si dispongono ad aff ronta-re, con la forza del Risorto e del suo Spirito, i compi che li a endono nella loro vita ordinaria. I discepoli di Emmaus, dopo aver riconosciuto “alla frazione del pane” il Cristo risuscitato (Lc 24, 30-32), avver ro-no l'esigenza di andare subito a condividere con i loro fratelli la gioia dell'incontro con il Signore (Lc 24, 33-35). L'Eucaris a è il vero cuo-re della domenica: “Lasciate tu o nel giorno del Signore — dichiara il tra ato del III secolo in tolato Didascalia degli Apostoli — e correte con diligenza alla vostra assemblea, perché è la vostra lode verso Dio”.È importante dedicare a enzione al canto dell'assemblea, poiché esso è par colarmente ada o a esprimere la gioia del cuore, so olinea la solennità e favorisce la condivisione dell'unica fede e del medesimo amore.I fedeli devono essere consapevoli che, in virtù del sacerdozio comu-ne ricevuto nel ba esimo, “concorrono a off rire l'Eucaris a”. Il giorno del Signore è, infa , vissuto bene, se è tu o segnato dalla memoria grata ed operosa dei ges salvifi ci di Dio: vita di famiglia, relazioni so-ciali, occasioni di svago.

l’esperienza del perdono: a messa por- amo le nostre povertà, il nostro peccato

con la certezza nel cuore di essere perdo-na , riconcilia ;il canto gioioso della lode: siamo conten di essere con Lui e tra di noi per questo can amo e lodiamo;l’evento di Dio che ci parla: la Parola di Dio non è un testo, una le ura, bensì è l’even-to unico e sorprendente di Dio che ci parla, che parla a ognuno di noi; è l’evento di una Parola che ci cambia e dà fru o in noi;dire con forza il nostro Credo: rispondiamo a Dio che noi ci crediamo; il Credo è il “symbo-lum”, la cifra del nostro essere cris ani; invocare aiuto: siamo mendican consa-pevoli di aver bisogno di Dio, fi duciosi nel-la sua bontà;celebrare l’Eucaris a: Gesù pane di vita si fa cibo per noi, si rende presente, entra in pie-na comunione con noi perché Lui Pane vuo-le che noi diven amo buoni come il pane;vivere il Padre nostro: siamo famiglia, sia-mo fi gli, siamo fratelli e proprio per questo possiamo chiamare “Papà” il nostro Dio;donarci pace: l’incontro con Lui è dono di pace, una pace contagiosa, una pace da seminare;fare comunione: Gesù buono come il pane si fa cibo per noi, si fa mangiare da noi e noi come le nostre mamme possiamo dir-gli: “Sei così buono che mangerei!”;ripar re: la Messa non fi nisce in chiesa, con nua nella vita perché noi diveniamo portatori di un mandato: dire a tu che è bello incontrarsi con Gesù, seguirlo, viverlo!

Noi oggiviviamo la Messa come centro

della nostra domenica, della nostrase mana, della nostra vita?

DIES HOMINISLa domenica giorno di gioia, riposo e solidarietà

la “gioia piena” di CristoPrima ancora che giorno di riposo, la domenica è giorno di gioia.La domenica, in forza del suo signifi cato di giorno del Signore risorto, nel quale si celebra l'opera divina della creazione e della “nuova creazio-ne”, è giorno di gioia a tolo speciale, anzi giorno propizio per edu-carsi alla gioia, riscoprendonei tra auten ci e le radici profonde Cri-sto è venuto a realizzare un nuovo “esodo”, a rendere la libertà agli oppressi. Egli ha operato molte guarigioni il giorno di sabato (Mt 12, 9-14), non certo per violare il giorno del Signore, ma per realizzarne il pieno signifi cato: “Il sabato è stato fa o per l'uomo, e non l'uomo per il sabato” (Mc 2, 27). Il legame tra il giorno del Signore e il giorno del

NOI OGGIStupendo!

La domenica è…

il giorno della gioia: gioia non è evasione e tanto meno sballo, gioia è gratuità, bel-lezza, festa;

il giorno del riposo: riposare è nostro do-vere, ma è anche un dono per poter ricre-arci, essere in forma vera;

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36 DIES DOMINI

DIES DIERUMLa domenica festa primordiale, rivelatrice del senso del tempo

Cristo Alfa e Omega del tempo. Gli anni dell’esistenza terrena di Cristo, alla luce del Nuovo Testamento, cos tuiscono realmente il centro del tempo. Questo centro ha il suo culmine nella risurrezione. Essendo la domenica la Pasqua se manale, in cui è rievocato e reso presente il giorno nel qua-le Cristo risuscitò dai mor , essa è anche il giorno che rivela il senso del tempo. La domenica prefi gura il giorno fi nale, quello della Parusía, già in qual-che modo an cipata dalla gloria di Cristo nell’evento della Risurrezione. In eff e , tu o quanto avverrà, fi no alla fi ne del mondo, non sarà che una espansione e una esplicitazione di ciò che è avvenuto nel giorno in cui il corpo martoriato del Crocifi sso è risuscitato per la potenza dello Spirito ed è diventato a sua volta la sorgente dello Spirito per l’umanità. Il cris ano sa, perciò, di non dover a endere un altro tempo di salvezza, giacché il mondo, quale che sia la sua durata cronologica, vive già nell’ul- mo tempo. Ora i principali even di salvezza su cui poggia la vita della

Chiesa furono, per disegno di Dio, stre amente lega alla Pasqua e alla Pentecoste, feste annuali dei giudei, e in esse profe camente prefi gura .

riposo nella società civile ha una importanza e un signifi cato che vanno al di là della prospe va propriamente cris ana. L'alternanza infa tra lavo-ro e riposo, inscri a nella natura umana, è voluta da Dio stesso: il riposo è cosa “sacra”, essendo per l'uomo la condizione per so rarsi al ciclo, talvolta eccessivamente assorbente, degli impegni terreni e riprendere coscienza che tu o è opera di Dio… Infi ne, non bisogna perdere di vista che, anche nel nostro tempo, per mol il lavoro è una dura servitù, sia in ragione delle miserevoli condizioni in cui si svolge e degli orari che impo-ne, specie nelle regioni più povere del mondo, sia perché sussistono, nelle stesse società economicamente più evolute, troppi casi di ingius zia e di sfru amento dell'uomo da parte dell'uomo. Ovviamente, questo dirit-to del lavoratore al riposo presuppone il suo diri o al lavoro e, mentre rifl e amo su questa problema ca connessa con la concezione cris ana della domenica, non possiamo non ricordare con in ma partecipazione il disagio di tan uomini e donne che, per la mancanza di pos di lavoro, sono costre anche nei giorni lavora vi all'ina vità. La domenica deve anche dare ai fedeli l'occasione di dedicarsi alle a vità di misericordia, di carità e di apostolato. La partecipazione interiore alla gioia di Cristo risorto implica la condivisione piena dell'amore che pulsa nel suo cuore: non c'è gioia senza amore! L'Eucaris a è evento e proge o di fraternità a favore di ammala , anziani, bambini, immigra che proprio di domenica avvertono in modo ancora più cocente la loro solitudine, le loro necessità, la loro condizione di soff erenza. Vissuta così, non solo l'Eucaris a domeni-cale, ma l'intera domenica diventa una grande scuola di carità, di gius zia e di pace. La presenza del Risorto in mezzo ai suoi si fa proge o di solida-rietà, urgenza di rinnovamento interiore, spinta a cambiare.

NOI OGGILa domenica, la festa sono il senso del-la nostra vita. Siamo pellegrini in cam-mino, viviamo nel segno dell’an cipa-zione di una pienezza che Gesù ci ha promesso e che ora ci fa pregustare.

Noi oggi sappiamogustare la bellezza

che Dio ci dona, restando aper a un futuro

che già sappiamointenso,

aff ascinante, sorprendente?

CONCLUSIONEVeramente grande è la ricchezza spirituale e pastorale della domenica, quale la tradizione ce l'ha consegnata. Colta nella totalità dei suoi signifi ca e delle sue implicazioni, essa è, in qualche modo, sintesi della vita cris ana e condizio-ne per viverla bene. Percepita e vissuta così, la domenica diventa in qualche modo l'anima degli altri giorni, e in questo senso si può richiamare la rifl essione di Origene, secondo il quale il cris ano perfe o “è sempre nel giorno del Signore, celebra sempre la domenica”. La domenica è un'auten ca scuola, un i nerario permanente di pedagogia ecclesiale. Posta a sostegno della vita cris ana, la domenica acquista naturalmente anche un valore di tes monianza e di annun-cio. Gli uomini e le donne del terzo millennio, incontrando la Chiesa che ogni domenica celebra gioiosamente il mistero da cui a nge tu a la sua vita, possano incontrare Cristo risorto. a cura di Lidia e don Giovanni

il giorno della solidarietà: bello pen-sarci ed essere fratelli, ma è ancora più bello farci fratelli, farci prossimo, esse-re dono per…

Noi oggi siamo capaci di gioia,di riposo, di carità?

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37FIDANZATI

"Ti amerò per sempre!" "Staremo insie-me tu a la vita!" Come fare perchè que-ste frasi siano vere e reggano per tu o il matrimonio? Il segreto consiste nel dedi-care momen gius alla coppia: non alla famiglia, ma alla coppia!La coppia viene prima dei fi gli, prima del-le famiglie d'origine, e va oltre la soddisfa-zione personale. Se viene meno l'amore della coppia, si minano le fondamenta di tu o il proge o. L'equipe "matrimonio" esiste proprio per questo: da decenni ac-compagna coppie di fi danza lungo un i nerario di ri-scoperta del matrimonio cris ano.Non importa quan anni di fi danzamento si hanno alle spalle, se sono già na dei bimbi o no... per noi la cosa più importan-te è riuscire ad accogliere i ragazzi fornen-do una tes monianza viva! Al momento l'equipe è formata da circa 15 coppie, capitanate da Don Angiolino, che quest'anno prende il posto di Don Paolo (speriamo che quest'ul mo cam-bi idea e si renda ancora disponibile con il suo preziosissimo apporto!). Dai primi di se embre abbiamo cominciato a pia-nifi care le diverse a vità. Nei primi due incontri abbiamo rifl e uto in par colare sull'importanza di una formazione per

noi: pensiamo sia fondamentale nutrir-si, prima di preoccuparci su cosa dire ai fi danza . Per essere credibili, è necessa-rio prima rifl e ere e pregare: solo così potremo tes moniare con la nostra vita i valori su cui abbiamo fondato il nostro matrimonio.Una coppia di sposi di Torino, animatori della pastorale familiare, Carlo e Anna Beltrame, ci guidano nella nostra forma-zione. Questo percorso durerà due anni, con una frequenza mensile negli incontri.Abbiamo deciso che quest'anno prende-remo in esame le diverse par del rito del matrimonio, alla luce dell'ascolto della Parola.L'obie vo è tracciare un percorso di ap-profondimento del matrimonio, con l'op-portunità di confrontarsi sia con il proprio coniuge sia con le altre coppie.Il 12 o obre si è svolto il primo incontro sul tema dell'accoglienza. Il riscontro è stato veramente posi vo!Dopo un primo momento di "diffi denza", ci siamo confronta all'interno della cop-pia, abbiamo dato lungo spazio alla condi-visione di gruppo, che pensiamo sia stata molto arricchente.L'incontro è funzionato perchè tu si sono messi in gioco.

L ’ unica cosa necessaria

Il prossimo appuntamento svolgerà il te-ma della me-moria del ba esimo e in par colare l'a enzione sarà incentrata sulla bellezza del perdonare, inteso proprio come un'azione compiuta perdono.Chi scrive è una giovane coppia di sposi, appena ap-prodata nelle parrocchie di Rivoli.Nutriamo molta fi ducia e speranza in questo percorso di formazione perché, l’ab-biamo già sperimentato du-rante il fi danzamento, solo restando in cammino si dà un senso pieno alla propria vocazione.Allora buon cammino a tu !

Andrea e Federica Pavan

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38 INCONTRI

Giovani e famiglia, sicurezza e lavoro. Qua ro temi, qua ro argomen , qua ro serate per aff rontare, analizzare e provare a dare risposte a tema che che riguardano la vita dei singoli, dei nuclei famigliari e di una comunità, quella di Rivoli, che, ha il dovere di aprire i propri orizzon alle altre realtà confi nan . Insomma, per darsi una mano reci-procamente partendo dal territorio, dalle esperienze individuali che verranno messe a disposizione di tu per intraprendere un percorso comune. Proprio per questo un gruppo di persone della nostra comunità ha deciso anche quest’anno di dare vita al proge o “Rivoli, crocevia di gen e di culture”. Perché siamo sicuri che la nostra co-munità abbia al suo interno le potenzialità e gli uomini per poter aff rontare al meglio le problema che quo diane. Il proge o prevede qua ro laboratori dove aff rontare temi della famiglia, della realtà giovanile, della sicurezza e del lavoro. Laboratori a cui speriamo aderisca il maggior numero di ci adini in grado di dare il proprio prezioso contributo. Al termine di ogni laboratorio, verranno organizzate delle serate tema- che che vedranno come protagonis esper in grado di portare la loro esperienza

e di rendere più completo il lavoro di gruppo. Non sarà solo una banale e magari un po’ noiosa conferenza, ci sarà anche spazio per il diba to, la possibilità di fare delle domande e di o enere delle risposte, di confrontarsi reciprocamente. Perché siamo convin che il dialogo sia l’unico sistema per prendere il meglio dalle varie esperienze e arrivare al risultato migliore. D’altronde è proprio questo il nostro intento: u liz-zare culture ed esperienze diverse, tramite i laboratori, per aff rontare e uscire dalle emergenze. Con il laboratorio del 20 o obre abbiamo raggiunto il nostro obie vo grazie alla grande partecipazione che c’è stata da parte della comunità e speriamo che durante i prossimi incontri questo si possa ripetere, magari con il coinvolgimento di altre persone.

Sara, Giorgia e Michela

Rivoli, crocevia di genti e culture:laboratori e serate

Calendariodei laboratorie delle serate:

Famiglia,luogo educa vo privilegiatoLaboratorio: 20 o obre 2011Serata: 17 novembre 2011

Giovani, dono di futuro Laboratorio e serata:

gennaio 2012

Convivere sicuriLaboratorio e serata:

marzo 2012

Lavoro, diri o e dovereLaboratorio: aprile 2012

Serata: maggio 2012

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39CENTRO DI ASCOLTO

Carità e giustiziaIl Centro di Ascolto alla Certosa di Avigliana

(Gruppo Abele)

Domenica 15 o obre una quaran na di volontari del Centro di Ascolto di Rivoli si sono ritrova alla Certosa di Avigliana, meravigliosamente restau-rata, ospita dai volontari del Gruppo Abele Piero e Silvana. Nel momen-to iniziale delle lodi ma u ne, don Giovanni ha evidenziato l'importanza della preghiera come aspe o fondante nella vita dei volontari cris ani. La prima relazione, tenuta dal criminologo Marco Bertoluzzo del Gruppo Abele, ha approfondito i conce di carità e gius zia, entrambe volte a ri-equilibrare una situazione sbilanciata, ma la prima più a enta al presente, a compensare una carenza del qui ed ora, la seconda orientata al futuro, in un proge o di riparazione e res tuzione. A questo punto il relatore ha po-sto una domanda cruciale: può la carità essere funzionale all'ingius zia?

Senza pretesa di risposta esaus va, è emerso, anche dal diba to, che la carità corre il rischio di essere funzionale all'in-gius zia se manca la consapevolezza cri- ca del contesto sociale entro cui opera

e se l'azione carita va non è orientata al cambiamento delle situazioni di ingius -zia. Nel pomeriggio la relazione dell'e-conomista prof. Luigi Bruni sul senso del volontariato oggi, ascoltata in video, ha insis to sul volontariato come a eggia-mento di disponibilità a entrare in relazio-ne con l'altra persona, a me ersi in gioco, che, se preso sul serio, diventa s le di vita. Il volontariato a ua la fraternità, che è rapporto e scambio tra persone anche diverse ma su un piano di parità, e va ol-tre la solidarietà, la quale signifi ca dono e condivisione di obie vi, ma non implica necessariamente un rapporto personale. Inoltre la gratuità del volontariato non signifi ca tanto non percepire compensi, quanto dare il meglio di se stessi negli impegni che ciascuno ha nel contesto sociale in cui opera. Ques sono ovvia-mente solo spun , lontani dall'esaurire la ricchezza di contenu di entrambe le relazioni. Al termine la celebrazione eu-caris ca, che è stata un momento comu-nitario intenso e partecipato. La scoperta di un luogo ideale per la rifl essione, la preghiera e l'incontro conviviale ha fa o da piacevole sfondo di una giornata ricca e gradevole.

Guido Allice

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40 CENTRO AIUTO ALLA VITA

Fede, Speranza e Carità...alla prima convention del Centro Aiuto alla Vita

e Movimento per la Vita di Rivoli

Domenica 16 O obre presso il salone della Chiesa Di Gesù Salvatore si è svolta la prima Conven on organizzata dal C.a.v. e M.p.V. di Rivoli dedicata alla mis-sione di difesa della vita. Occasione per ritrovarsi insieme in un clima di festa, ma sopra u o per fare il punto sul nostro volontariato, così delicato, fragile e quasi invisibile ai più, partendo dalla visione del fi lmato-documentario della Rai “Il miracolo della vita”. Si è cercato poi di fare luce con Claudio Larocca (Pres. Cav e MpV di Rivoli) sui pun più discussi, sulle pra che e sulle norme che non tengono conto della vita nascente come degna di a enzione e di tutela. Si è fa o chiarezza anche tra noi volontari a raverso un ques onario interno, proprio per-ché nonostante si sia accomuna dagli stessi valori, occorre essere informa per trasme ere la verità nella carità. Momento estremamente interessante è stato l’incontro con la Prof.ssa Elena Vergani del Movimento per la Vita di Torino. La sua professione di psichiatra e i suoi anni di esperienza nella nostra causa sono sta davvero una ricchezza che ci ha permesso di rifl e ere non solo sulla nostra comunicazione con le mamme e le famiglie che incontriamo, ma sopra u o di analizzare le nostre mo vazioni, il fulcro del nostro interesse e la fede che non può che trasformarsi in carità, una carità operosa. Con ques s moli l’assemblea ha preso coraggio e si è confrontata richiedendo suggerimen per scegliere le mi-gliori argomentazioni, frasi e intenzioni quando la situazione è davvero molto pe-nosa, quando la vita è una luce debolissima e alcuni medici consigliano ai genitori di non aspe are che si spenga naturalmente, quando sarà diffi cile auspicare un lieto fi ne, quando il volontario avrà l’ardito compito di trasme ere speranza solo nella fede. Con l’animo edifi cato abbiamo alles to un banche o degno di una festa con i pia prepara da ognuno di noi, il sole che ha incominciato a scaldare e la gioia di ritrovarci insieme. Nel pomeriggio ha avuto sede invece l’elezione del Dire vo che nonostante la macchinosità dell’evento non ha spento il clima ormai familiare e disteso, anzi ha messo in luce l’entusiasmo col vato nel mat- no con candidature di persone nuove e giovani che l’assemblea ha votato con

convinzione. Rimane punto fermo il nostro presidente Claudio, riconfermato pra- camente all’unanimità. Al clou della giornata la Santa Messa celebrata da don

Giovanni Isonni con una Liturgia della Parola commovente per la delicatezza con la quale il Signore ci parla, ci invita e ci ama e alla quale non aggiungiamo altro se non un GRAZIE per questo Suo splendido dono che vogliamo sen re dedicato a noi, volontari e sostenitori della Vita Dalla prima le era di san Paolo apostolo ai Tessalonicési: Rendiamo sempre grazie a Dio per tu voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo con nuamente presen l’operosità della vostra fede, la fa ca della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davan a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli ama da Dio, che siete sta scel da lui.

Emmanuela Di Benede o - Volontaria del CAV-MPV

“L’operosità della fede, la fa ca della carità e la fermezza della speranza”, devono essere missione e bussola del nostro operare per la vita. Su que-sta le ura si è ar colata la splendida omelia di don Giovanni Isonni, unita perfe amente alla relazione della Prof.ssa Elena Vergani che la ma na, parlandoci del colloquio con la donna che vive una gravidanza diffi cile, ci ha fa o rifl e ere sul fa o che, come cri-s ani, non possiamo operare per la difesa della vita prescindendo dal fat-to che un giorno Gesù ha de o in ma-niera inequivocabile: “Io sono la Vita”.Gesù non ci ha fornito una spiegazio-ne fi losofi ca di un diffi cile conce o, ma con parole semplici ci ha fornito l’immagine della vita e anche oggi ci consente un incontro con essa che passa inevitabilmente dall’incontro con Lui.Tu o questo nel colloquio con le don-ne, che possono anche essere non creden o di altra fede religiosa, non è necessario dirlo, ma è indispensa-bile viverlo perché possa essere così inevitabilmente trasmesso.La fede diventa così “benzina” anche per un’associazione aconfessionale come la nostra, che ha il compito di diff ondere una cultura della vita ca-pace di riconoscere razionalmente l’inviolabilità di ogni vita umana e che questa ha sempre inizio dal concepi-mento e non perde la propria dignità e preziosità fi no alla morte naturale.Ritornando alle parole dell’apostolo Paolo e all’omelia di don Giovanni, possiamo quindi concludere che sia-mo chiama a operare per la difesa della vita, radica nella fi ducia in Lui che saprà donarci la capacità di essere carità.Supporta divinamente nella fa ca che l’amore comporta, quella fa ca che in qualche modo rende unica e riconoscibile la vera carità, illumina e incoraggia dalla speranza che solo una fede vissuta in Cristo può donare.

Claudio LaroccaPres. CAV-MPV Rivoli

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41IN LIBRERIA

Romanzo d’esordio di un professore di storia e fi losofi a di 33 anni, “Bianca come il la e, rossa come il sangue” è stato lo scorso anno un caso editoriale. Sorpren-de che Mondadori abbia pubblicato la storia di un esordiente e sorprende anco-ra di più il numero di copie vendute, ma non è il successo di pubblico e cri ca che mi spinge a parlarne (per inciso il roman-zo sarà presto un fi lm prodo o da Rai Ci-nema). Scrivo sull’onda lunga dell’incon-tro con don Marco Pozza del 13 o obre scorso alla Ca edra del Dialogo e mi sen-to animata dallo stesso sen mento em-pa co per i giovani, portatori di sogni che gli adul non osano sognare e anzi spes-so avviliscono, invitando a rimanere con i proverbiali piedi per terra, quegli adul che “decisamente stanno al mondo per ricordarci le paure che noi non abbiamo”. Certo dobbiamo intenderci sull’idea di “giovani” che abbiamo e che comunichia-mo: quelli del romanzo di D’Avenia non sono le caricature ridu ve che troviamo nelle storie di Moccia “Tre metri sopra il cielo”, ecc. e non sono neppure Ma a e Alice di “La solitudine dei numeri primi” un altro caso editoriale di qualche tempo fa, che circolarmente rincorrono se stessi e aff ondano nelle paludi di un des no già scri o, senza speranza.Qui il protagonista si chiama Leo e del leone ha la criniera e l’irruenza, ama la musica che fa da cassa di risonanza alle emozioni e il calcio, ma sopra u o ama Beatrice, la compagna di scuola dai capel-li rosso fuoco. Già, perché sulla metafora dei colori è giocato tu o il romanzo e in-torno a essa si dipana il percorso di cresci-ta di Leo: un bianco da temere e fuggire, un bianco da riempire di rumori per a u- rne l’impa o e un rosso che a rae, dice

il fuoco della passione e la linfa della vita.Un rosso che muove e un bianco che pa-ralizza. Fino a che nella vita di Leo e della classe fa la sua comparsa un nuovo in-segnante, il supplente des nato a fi nire sommerso da palline di carta inzuppate di saliva, uno dei tan adul “sfi ga ” che non hanno nulla da dire e tantomeno da

Alessandro D’Avenia

Bianca come il latte, rossa come il sangueinsegnare; ma questo Prof è diverso, è un Sognatore, uno a cui gli occhi diventano lucidi mentre spiega, uno che anziché dare risposte a bisogni preconfeziona suscita domande. E domande esistenziali.Il primo grosso pregio di questo romanzo dalla giusta tensione narra va nonostan-te qualche ingenuità, sta proprio nell’idea maieu ca che ci sta dietro: l’educazione è “ rare fuori”. Gli adul signifi ca vi di que-sta storia - il prof, ma anche le tre madri e l’insegnante di religione - stabiliscono un rapporto auten co con i loro ragazzi, non si scandalizzano, sanno che per rappre-sentare un punto di riferimento bisogna essere innanzitu o credibili, e sopra ut-to hanno un sogno, cioè uno scopo, qual-cosa che va oltre la quo dianità di giorna-te tu e uguali.E questo fa la diff erenza perché nella vita di ques ragazzi irrompono la soff erenza e la morte: Beatrice si ammala di leuce-mia e non ce la fa, nonostante il dono del sangue di Leo che cerca di trasfondere il proprio “colore rosso” per guarire il san-gue bianco di lei.Tu i sogni sembrano infran . A che vale sognare, proge are se poi la morte arriva e si porta via tu o? Ma proprio Beatrice comincia a capire che per aff errare il sen-so bisogna porsi le domande giuste: non se è giusto quello che le sta capitando ma quale può essere la sua risposta alla vita e alla morte. “Non è ques one di gius zia, Leo. Purtroppo è un fa o e questo fa o è capitato a me. Il punto è se io sono pronta o no (...) tu o l’amore che ho sen to intorno a me in ques mesi mi ha cambiata, mi ha fa o toccare Dio.”E Leo è costre o a chiedersi se l’iden tà la diano i capelli o le cose, com’è per il suo amico Niko i cui sogni possono essere compra , oppure se ven-ga da qualcos’altro, se non sia piu osto l’esito di una scelta, una decisione intorno a cui costruire la vita. E così Leo diventa grande ed è in grado di accogliere e ricambiare un amore non più roman co, proie vo, ma reale, quello off erto da Silvia, la compagna silenziosa, un personaggio forse de-bole dal punto di vista narra vo ma funzionale a veicolare un messaggio oggi trasgressivo: l’amore è sacrifi cio, off erta, dono.Dall’acce azione del bianco e del rosso nascono tu gli altri colori: “In fondo, tu a la vita non fa altro che ritagliar un ves to mul colore, a costo di tante no insonni (...) proprio quando ci sen amo più poveri la vita, come una madre, sta cucendo per noi il ves to più bello.”

Lidia Zane e

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42 MISSIONE

Sono tornata da pochi giorni dalla Tan-zania, dove sono stata per la terza volta in una missione della Consolata. Heka è un piccolo villaggio di capanne di fango e te di paglia (solo alcuni in lamiera) si-tuata su un brullo altopiano a 1200 metri, a ovest della capitale Dodoma; per rag-giungerla ci vogliono due giorni di viaggio partendo da Dar-el-Salaam, in tu o 650 Km, dei quali gli ul mi 60 su una pista (una volta i Km sulla pista erano 200!). È una missione defi nita dai missionari “l’in-ferno”, sia perché molto lontana e isola-ta da tu e le altre, sia perché situata in un territorio che soff re di mancanza di acqua, tanto che bisogna scavare fi no a 180 metri per trovare falde consisten . Le uniche col vazioni sono, quando piove, il granoturco, i girasoli (introdo dai mis-

Un ’ esperienza che ti cambia la vitaHEKA (Tanzania): villaggio da cui si parte per tornare

sionari da qualche anno) e piante di papaia; non c’è neppure la luce ele rica, ma solo un generatore per due ore alla sera e qualche pannello solare. Solo da pochi anni c’è stato il collegamento per il cellulare e Internet, altrimen era collegata una volta al giorno con la radio dei missionari a Iringa.Qui l’ing.Vi orio Bosco, marito di una mia cara amica deceduta nel 1992, volendo fare qualche cosa per ricordare la moglie, molto a va nella San Vincenzo, ha aperto nel 1995 un dispensario, assolutamente necessario, in assenza di ospedali del go-verno, per curare i fl agelli di queste popolazioni, quali la malaria, l’AIDS, le infezioni di ogni po, il tetano, a volte il colera. Da allora il dispensario, grazie al sostegno fi nanziario di tan amici, con nua a funzionare, si è ingrandito, sono sta visita e cura migliaia di pazien , sono na tan ssimi bambini, subito vaccina contro tante mala e e che mensilmente vengono visita , pesa , controlla .

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43

Si prova veramente una grande gioia e commozione nel vedere tante e tante mamme venire a piedi da tu i villaggi, lontani anche parecchi chilometri, con uno o due bambini per mano e il più pic-colo sulla schiena e con calma e pazien-za aspe are per farlo visitare. In ques anni siamo anche riusci , nei numerosi villaggi che dipendono dalla missione, a far scavare alcuni pozzi e costruire del-le chiese e-asilo, u lizzate la domenica per la Messa e durante la se mana per i bambini dell’asilo e per le riunioni del catechismo. Sarebbe troppo lungo descrivere tut-to quello che abbiamo fa o e vissuto in ques giorni, le tante emozioni provate nel vedere lunghe fi le di donne e bambini in coda per avere fi nalmente l’acqua dai pozzi, nello stare con i bambini dell’asilo e con i ragazzi delle scuole primarie, aiutare e condividere tante ore con queste per-sone straordinarie. E vorrei anche ricor-dare l’accoglienza che riceviamo sempre, a metà viaggio, al Seminario “Giuseppe Allamano” di Morogoro, dove ci troviamo come a casa, occasione per rincontrare tan missionari, ascoltare le loro espe-rienze e pregare con loro e con i numerosi seminaris .

MISSIONE

La Tanzania è uno dei paesi più poveri dell’Africa ma, è stato de o, “è un posto da cui si parte per tornare”, perché la popolazione è stupenda sul piano umano, gioiosa, ospitale, vive con grande dignità e con una profon-da spiritualità. Sarà diffi cile dimen care le Messe a Heka, seguite per più di due ore con grande raccoglimento, ma anche con il volto sorridente e sereno, da tu gli abitan del villaggio, compresi i bambini silenziosi e a en , accompagnate da can e danze molto ritma e coinvolgen . Qui ho imparato, spero, a guardare le persone non con gli occhi ma col cuore e sempre mi rimarranno nel cuore gli occhi e i sorrisi di tan bambini.

Lilli Piche o

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44 ORATORIO STELLA

L’oratorio nasce dalla comunità parrocchiale: è strumento e metodo per la formazione umana e cris ana delle nuove generazioni… aperto a tu , ai giovani, alle famiglie, per educare ad amare la vita in ogni sua espressione. La ne-cessità di nuovi e ampi spazi da des nare all’oratorio fan-no par re prima un sogno, poi un proge o!Un proge o serio, studiato, che ha coinvolto responsabil-mente il consiglio pastorale parrocchiale che si è avvalso della collaborazione mirata della “Commissione Oratorio”. I componen del gruppo hanno elaborato quali cara eri-s che la nuova stru ura doveva avere e come organizzare la fase vera e propria della proge azione.Prima dell’estate è stato preparato un bando per un con-corso di idee con riportate le specifi che necessarie affi n-ché i proge s interessa potessero raggiungere l’ob-bie vo: trasformare il sogno in un proge o vero! Il bando prevedeva la consegna del proge o entro la fi ne del mese di se embre e con grande gioia il 30 di se embre 2011 sei proge s hanno consegnato il proprio lavoro in se-

greteria. Nel fra empo i componen del CPP e della Commissione Oratorio avevano previsto che la consegna fosse anonima (i proge non erano riconoscibili, all’in-terno del plico dove i proge s avevano l’elaborato c’era una busta chiusa che solo al momento della scelta è stata aperta, ai proge è stato a ribuito un numero al mo-mento della consegna).Il vaglio dei proge è avvenuto in presenza di un pro-ge sta esterno, Geometra Oscar Traversari di Chiari (BS) specializzato in tali proge azioni e realizzazioni, che ci ha aiuta a valutare l’opera seguendo criteri educa vi (cfr P.E.O.) e tecnici. Il suo è stato un aiuto u le e prezioso.Con Lui la Commissione Oratorio ha eff e uato una pri-ma analisi dalla quale sono sta scel i tre proge che più rispondevano alle specifi che richieste dal bando. I proge seleziona sono poi sta presenta al CPP se-guendo sempre il criterio tecnico che il professionista esterno ci aveva suggerito in precedenza. Come ul mo passo il CPP ha espresso il suo voto in for-ma segreta con i seguen risulta : al proge o numero 3 sono sta assegna 3 vo , al proge o numero 5 sono sta assegna 4 vo , al proge o n. 6 sono sta assegna 17 vo . Solo dopo la votazione siamo venu a conoscen-za dei nomi dei proge s che avevano partecipato (in ordine di arrivo e di numerazione dei proge presenta ):1. Archite o Paolo TURINI2. Ing. Giuseppe RISTA3. Archite o Marco MISCIOSCIA con gli archite Paola DAMIANI, Rosalba MISCIOSCIA, Valen na MONTICONE, Magda GIOLITTI4. Archite o Davide FLORA5. Archite o Francesco MASSARINI in ATI con gli architet- Raff aele FUSCO, Roberto CUGNIDORO, Omar VALDRI-

GHI, Paolo BORELLO GIORCELLI, Caterina CERESA, Elisa D’ANGELO, Donatella CAVALLARO, Carlo Maria BAUDINO, Fabrizio GORLA6. Archite Roberto CALAUTTI e Antonio CAPOZZI A loro va il nostro GRAZIE per aver creduto al nostro so-gno, per aver partecipato con serio entusiasmo e coin-volgimento a vo e consapevole alla realizzazione di un

Tutto ha inizio così:progettiamo

il nostro oratorio

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45ORATORIO STELLA

proge o di educazione. I passaggi successivi sono sta la consegna del proge o in diocesi:- richiesta di autorizzazione all’Arcivescovo Cesare NOSIGLIA;- consegna della richiesta e dei proge (P.E.O. e proge o ar-chite onico) a Mons. Beppe TRUCCO, economo diocesano;- approvazione all’unanimità del proge o dal Collegio Dio-cesano dei Consultori, presieduto da Mons. Guido FIANDI-NO Vicario Generale e Vescovo Ausiliare della diocesi;- approvazione all’unanimità del proge o da parte del C.P.A.E. diocesano.Ora si aff ronterà l’iter burocra co presso gli Uffi ci Comu-nali per il rilascio del permesso di costruire.

Un grazie a don Andrea, a don Giovanni e a don Paolo per averci permesso la proge azione di un sogno, a Padre Giordano e a don Fabio che ci hanno sempre sostenu e consiglia con la loro esperienza, alla rappresentante del-le catechiste, agli educatori, ai giovani, al rappresentante dell’AGESCI, a tu o il CPP perché senza la collaborazione di tu non saremmo mai arriva qui. Un grazie agli archite Roberto CALAUTTI e Antonio CA-POZZI, ai quali auguriamo un buon lavoro perché il loro e nostro proge o diven nel più breve tempo possibile la realtà della nostra comunità.

La Commissione Oratorio

IPOTESI A IPOTESI B

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46 INCONTRI

“L’Italia sono anch’io” è la campagna nazio-nale per i diri alla ci adinanza e il diri o di voto promossa nel 150° dell’Unità d’Italia da 18 associazioni, tra cui le Acli, la Caritas, la Fe-derazione Chiese Evangeliche, la Tavola della Pace e Coordinamento nazionale degli en per la pace. Vuole promuovere l’uguaglianza

tra persone di origine straniera e italiana che vivono, crescono, studiano e lavo-rano in Italia, contribuendo a rimuovere gli ostacoli pos dall’a uale legislazione (in contrasto peraltro sia con la nostra Cos tuzione, sia con la Convenzione sulla partecipazione di Strasburgo, sia infi ne con alcune norma ve internazionali). Fa appello alle is tuzioni, alle forze poli che e sociali, al mondo del lavoro e della cultura, a tu e le persone che vivono in Italia affi nché ciascuno responsabilmente contribuisca a costruire un futuro di convivenza, gius zia, uguaglianza per chiun-que nasca e viva nel nostro Paese. Vuole riportare il tema della ci adinanza all’at-tenzione dell’opinione pubblica e al centro del diba to poli co, per creare un movimento trasversale e unitario: l’esercizio della ci adinanza è la possibilità di partecipare alla vita e alle scelte della comunità di cui si fa parte, con uguali diri e responsabilità.Lo sapevamo che si può nascere in Italia, ma non essere considera italiani? Que-sto succede a chi ha genitori di origine straniera, pur essendo nato e avendo vis-suto sempre qui. Solo a 18 anni potrà fare domanda di ci adinanza.Lo sapevamo che si può vivere, studiare, sen rsi italiano, ma non esserlo davve-ro? È quello che capita ai minori che giungono in Italia dopo la nascita.Lo sapevamo che si può lavorare regolarmente in Italia da anni, pagare qui le

tasse, ma essere esclusi da qualsiasi parteci-pazione alla vita del Paese? È quanto succede ai lavoratori stranieri impegna nelle aziende, nell’agricoltura, nelle famiglie.Dato che alcune leggi italiane a uali produco-no ingius zia sociale, vorremmo cambiarle. È per questo che anche a Rivoli è iniziata e pro-segue la raccolta di fi rme per la presentazione in Parlamento di DUE PROPOSTE DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE:- una proposta di legge che riformi la norma- va sulla ci adinanza, sulla base del senso

di appartenenza ad una comunità nazionale determinata da percorsi condivisi di studio, di lavoro, di vita.- una proposta di legge che riconosca ai mi-gran regolari il diri o di voto nelle consulta-zioni ele orali locali, quale strumento di par-tecipazione e responsabilità sociale e poli ca Dove ci trovate, se volete partecipare con la vostra fi rma? Siamo, in genere due saba al mese, in via Piol dalle 15 alle 18. Per aderire occorre un documento di iden tà.

Paola Cornaglia

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BATTEZZATI

San Bartolomeo: Acquadro Caterina, Caré Francesca, Carelli Carlo a, Carelli Ma a, Grieco Giorgia, Rosso Elena

San Bernardo: Nicastro Lara, Gallo Mar -na, Roici Camilla, Franche Nicolò, Bona-to Massimo

San Mar no: Merlo Alessia, Moda Sofi a, Carere Ma a, Donalisio Elena, Rossato Sara, Viano Nicolò, Sofi a Stella, Viscovo Riccardo, Cortese Edoardo, Acella Greta

Santa Maria della Stella: Bugnone Marta, Di Tria Marta, Gragnola Riccardo, Gastal-do Daniel, Ma uzzi Linda, Mazzei Sofi a, Panella Lorenzo, Rignanese Fabiana, Rigna-nese Federico, Mazzagreco Ma lda, Maz-zagreco Niccolò, Balbo Sara, Bucca Antoni-no, Dalmasso Francesco, Porcellato Emma, Benizio Emma Anna, Di Maggio Marco, Procacci Aurora, Branca Alessandro.

SPOSI

San Mar no: Parisi Aureliano e Barardo Tiziana, D’Aurora Sebas ano e Pra cò Giovanna Maria, Calarota Carlo Fortuna-to e Somà Silvia, Lucà Marco e Mondino Silvia, Antonucci Giovanni e Tedino Fran-cesca, Lamanna Roberto e Paderas Ma-nuela, Simone Roberto e Vaulà Valen na Noemi, Carere Graziano e Cantoro Nadia, Furlan Simone e Scozzaro Chiara Maria Valen na, Sofi a Vito e Albanese Sonia.

Santa Maria della Stella: Sassano Alberto e Pregnolato Elisa, Bosco Andrea e Celi-ber Marianna, Marinone Alex e Farco-meni Dayana.

MORTI

San Bartolomeo: Marra Mario (94), Ba-dellino Giacomo (83), Falconieri Miche-lina (85), Cordola Giulio (86), Cordero Giovanni Guglielmo (81), Perlo Ca erina Maria (92), Campagnola Massino (71), Gaspari Bruna (68), Gallo Domenico Giu-lio (92), Morellato Corrado (78).

San Bernardo: Riccio Carmela in Deidda (65), Bruno Maria Roberta ved. Gionta (75), Bonanno Rosa Pina in Fogli (60), Trapella Tino (80), Saba no Lea ved. Michele o (77), Casellato Rinaldo (76), Iaconis Rocco (68), Parisi Pietro (75), Cagnasso Roberto (71), Tu- no Vincenzo (72), Palazzolo Gaetano (60).

San Mar no: Lovo Maria Irma, mamma di don Giorgio (90), Pacchiardo Bruna (71), Fusano Giuseppe (50), Iaconis Rosalia (…), Malnato Maria (76), Pregnolato Vasco (80), Brigato Bruna (84), Enrici Luciano (81), D’A-muri Gesù (82), Rosso Renza Maria (90), Asvisio Luigia (90), Vo a Domenico (84).

Santa Maria della Stella: Vivone Car-lo (83), Cole o Anna Maria (93), Parisi Massima Allegra (93), Calcagno Elisabet-ta Sai a (83), Viber Romana Marchese (80), Marchese Mariella (72), Pele o Giu-seppina (74), Carnino Teresa Maria Guzzi Susini (74), Ballatore Remo (83), Dellora Margherita Abbate (86), Saggia Grazia-no (70), Melissari Antonie a (76), Pon-te Bartolomeo (94), Pietraperzia Angelo (80), Cinanni Erika (19), Petrillo Carmela (63), Benede o Eugenia Chiereghin (86), Gallino Maria Mangano (92), Petronelli Antonio (76), Golisano Ma a, Insabella Rosa Pennisi (84), Molfese Gioacchino (68), Stabellini Guglielmo (70), Duò Felice (83), Braggion Iolanda Ruzza (85), Trevi-san Alfredo (49), Ferraro Teresa Mancon (82), Timpano Nicola (90), Piola Elvira Ruo Roch (87), Borga Angiole a (79), Ba ston Vi orio (71), Cavallaro Renata Trombin (77), Pavan Maria Pessato (86), Montabo-ne Maria Rocci (82), Pece Leonardo (83), Spremulli Giulio (73), Lomonte Antonia (67), Trezza Lucia (80), Cavallo Luigi (92).

ANAGRAFE PARROCCHIALE dal 1o agosto al 31 ottobre

ANAGRAFE PARROCCHIALE

Page 48: NATALE 2011 - Parrocchie Rivoli · 2011. 12. 11. · NATALE 2011. 2 RIVOLI Parrocchie nella ci ... Natale è un bimbo che ci chiede di fermarci a casa nostra, di farsi nostro commensale,

48 INFORMAZIONI

COMUNITÀ IN SERVIZIO

Sacerdotidon Giovanni Isonni - cell. 339.6604141E-mail: [email protected]

don Andrea Zani - cell. 347.8437134E-mail: [email protected]

don Angiolino Cobelli - cell. 338.6841684 E-mail: [email protected]

don Paolo Ravarini - cell. 347.2390527E-mail: [email protected]

don Mauro Petrarulo - cell. 328.5466934

DiaconiBruno Zanini - cell. 349.2304161 – S. Mar noLorenzo Cucco - tel. 011.9585914 – S. BernardoGiuseppe Peca - cell. 327.0598222 – S. Bartolomeo

Religiosi e religioseMissionari della ConsolataVia 1° Maggio 3 - 10098 Rivoli (TO)Tel.: 011.9586791 - Fax: 011.9580907E-mail: [email protected]

Padri Giuseppini del MurialdoCorso Francia, 15 - 10098 Rivoli (TO)Tel.: 011.9503666E-mail: [email protected]

Figlie della Carità di San Vincenzo De’ PaoliVia Grandi, 5 - 10098 Rivoli (TO)Tel.: 011.9561715 - Fax: 011.9564570E-mail: direzione@salfi or.it

Canonichesse Lateranensi di Santa Croce(regolari di Sant’Agos no)Via Querro, 52- 10098 - Rivoli (TO)Tel.: 011.9586296

Segreterie parrocchialiParrocchia Santa Maria della StellaVia Fratelli Piol, 44 - 10098 Rivoli (TO)Tel.: 011.9586479 - Fax: 011.9516291Segreteria: da lun. a sab. ore 8.30-12; da mar. a ven. anche ore 15.00-17.30

Chiesa succursale: Gesù Salvatore - Via Cavour, 40

Parrocchia San Bartolomeo Apostolo Via Roma, 149 - 10098 Rivoli (TO) Tel. e Fax: 011.9580245 Segreteria: lun. e sab. 9.30-12; mar. e ven. 9-12; mer. 16.30-19; gio. 16-20

Chiesa succursale: San Francesco - Via Adamello, 6

Parrocchia San Bernardo AbateVia Beltramo, 2 - 10098 Rivoli (TO)Tel.: 011.9584950Segreteria: da mar. a ven. ore 10-11

Parrocchia San Martino VescovoVia san Mar no, 3 - 10098 Rivoli (TO)Tel. e Fax: 011.9587910Segreteria: mar. ore 9-11; mer. ore 16-18; gio. 9.30-11; sab. 9-11

Chiese succursali: San Rocco - Piazza San Rocco M.I.A. - Piazza Cavallero

w w w. p a r r o c c h i e r i v o l i . i tSì, è nato da pochi mesi ed è ancora in costruzione, ma è già a vo:

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