NATALE 2014 - Parrocchie Rivoli · 2014. 12. 6. · Papa Francesco – 28 ottobre 2014 “ ”...

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1 NATALE 2014

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    NATALE 2014

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    RIVOLIParrocchie nella città

    ANNO XVIII - N.3Dicembre 2014

    Via F.lli Piol, 4410098 Rivoli (TO)

    www.parrocchierivoli.itredazione@[email protected]

    In copertina:Il pane della carità.

    Sullo sfondo:Monastero di S. Croce

    Direttore responsabile:Paolo Paccò

    Vice direttore:Lidia Cuva

    Redazione:Don Giovanni Isonni

    Don Angiolino CobelliDon Paolo RavariniDon Andrea ZaniPaola CornagliaStefano Coscia

    Jenny GennatiempoSilvano Giordani

    Remo LardoriFranco Rolfo

    Mariangela ZamariolaLidia Zanette

    Progetto grafico:Identità Multimediale

    Torino

    Impaginazione:Fabio Leone

    Stampa:Tipografia Locatelli

    Trezzano sul Naviglio (MI)

    E D I T O R I A L E

    Diciamo insieme dal cuore:nessuna famiglia senza casa,

    nessun contadino senza terra,nessun lavoratore senza diritti,

    nessuna persona senza la dignitàche dà il lavoro.

    Papa Francesco – 28 ottobre 2014

    “”

    Carissimi,

    leggendo il discorso di Papa Francesco ai partecipanti all’incontro mon-diale dei Movimenti Popolari (Roma - 28 ottobre 2014) immediatamen-te ho pensato al nostro Natale ormai vicino… che bello se fosse la festa dei con… e il giorno della scomparsa dei senza…

    Viviamo un tempo nel mondo e anche a Rivoli troppo carico di senza…- persone senza pane,- famiglie senza casa,- uomini e donne senza lavoro,- giovani senza progetti e senza speranze,- vecchi senza compagnia…Senza… è una parola pesante perché riconosce la bellezza, la bontà e il valore di alcune realtà fondamentali e nello stesso tempo grida l’ingiu-stizia e la sofferenza della loro mancanza.La nostra storia e il vangelo ci dicono che Gesù per primo si è caricato dei senza…“Non bisogna dimenticare che Gesù nacque in una stalla perché negli alloggi non c’era posto, che la sua famiglia dovette abbandonare la pro-pria casa e fuggire in Egitto, perseguitata da Erode.” (Papa Francesco)

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    E D I T O R I A L EHo provato a immaginare il presepio dei senza…Quanta sofferenza, quante lacrime, quanti sguardi e cuori vuoti.Voglio tuttavia provare a sognare, a pensare e a lavorare per un presepio e per un Natale dei con… Papa Francesco ci propone tre di questi con…

    - LA TERRA… cioè tutto ciò che ci è necessario per vivere: l’acqua, l’aria, il pane. Anche nella nostra città, nelle nostre comunità oggi ci sono persone e famiglie che non hanno la certezza di un piatto di pasta, di una medicina necessaria, del gas per riscaldare una minestra.I pastori di Betlemme sapevano che in quella stalla c’era un neonato, una mam-ma e un papà senza… e proprio per questo in fretta e di corsa hanno condiviso ciò che con il loro lavoro avevano ottenuto dalla terra.Noi oggi possiamo aggiungere un posto a tavola, spezzare il pane abbondante delle nostre tavole, condividere, ricordando che quando noi dividiamo Gesù moltiplica. Quante persone potrebbero così riassaporare la bellezza della terra!

    - LA cAsA… “una casa per ogni famiglia!” ci ripete ancora una volta Papa Fran-cesco. Sembra un’affermazione scontata, ma non lo è per tante, troppe fami-glie. A volte vivo a Rivoli l’incubo della parola sfratto, dell’affitto non pagato, delle utenze sospese del gas o della luce. Che brutto, che triste, che rabbia! Quando a Natale leggo nel vangelo di Luca “per loro non c'era posto nell'allog-gio” sento come un pugno nello stomaco. Perché ancora oggi per tante perso-ne, per tante famiglie non c’è posto? A Natale tentiamo di pensare di donare almeno un mattone, il mattone della solidarietà, per costruire e aprire case accoglienti, calde, serene. In questi giorni abbiamo moltiplicato per tre il “Man-tello di san Martino” (dormitorio), ma che tristezza… ancor prima di inaugurar-lo ci sono già tredici persone ospiti, di cui tre bambini. Permettetemi di pensare che la nostra città deve avere un dormitorio, ma questo deve restare vuoto!

    - IL LAVORO… ogni giorno incontro uomini, donne, giovani che mi di-cono il loro star male perché non trovano un lavoro. Sto male anch’io con loro perché svegliarsi, alzarsi, uscir di casa senza saper cosa fare, dove andare e cosa si può portare a casa la sera è davvero doloroso. Paradossalmente quando facevamo il presepio, accanto alla famiglia di Gesù e ai pastori con le loro pecorelle, mettevamo le tante statuine che rappresentavano i vari lavori degli artigiani e delle donne di casa. Oggi forse nel presepio dovremmo mettere tante persone che cercano lavo-ro, che bussano, che portano con sé curriculum vitae, con le mani piene e cariche solo di delusioni e precarietà.

    Vorrei allora sognare che a Natale chiediamo al buon Giuseppe, arti-giano di Nazareth, di donarci un pugno di speranza, profumata e calda come la segatura della sua bottega di falegname.

    A Natale auguriamoci…che ci sia una casa per ogni famiglia,che ogni persona viva con un pezzo di terra,che a tutti i lavoratori siano riconosciuti i giusti diritti,che ogni donna, ogni uomo, ogni giovane ritrovi la dignità che dà il lavoro.Di cuore buon Natale, il Natale dei con…, il Natale del Dio con noi!

    don Giovanni

    San Martino e il povero.Mosaico di Rupnik

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    Nell’esercitare il nostro ministero di diaconi permanenti ci capita spesso di incontrare persone che restano sorprese di fronte alla nostra qualifica e al servizio che svolgiamo all’interno della Chiesa. Alcuni ci confondono con i preti, ma si stupiscono nel vedere che molti di noi hanno moglie e figli; altri ci ritengono laici con poteri particolari; altri ancora non conoscono neppure il significato della parola “diaconato”. Questa incertezza ha radici lontane e dipende, in parte, dall’ignoranza religiosa che caratterizza ormai la nostra società postmoderna e, in parte, dalla quasi totale assenza di figure di questo ministero nella vita della Chiesa cattolica dal medioevo fino alla metà del XX secolo.Ma come si diventa diaconi? La vocazione nasce normalmente all’interno di una comunità, in una parrocchia. Il parroco, vedendo la tua inclinazio-ne, ti invita in questo cammino e ti presenta al responsabile dei formatori. Il cammino inizia dopo i ventitre anni di età per i celibi e si rimane tali, per gli sposati dopo i trentacinque anni con il consenso della moglie. La for-mazione comprende quattro anni di studio, di cui uno propedeutico (at-tualmente sono cinque con il titolo di studio superiore), un ritiro al mese, alcuni fine settimana e convivenza estiva. Le tappe di questo cammino sono l’Ammissione con il consenso della moglie, il Lettorato, l’Accolitato e infine il Diaconato dopo tutti gli esami sostenuti. Dopo l’ordinazione il diacono è inviato di solito in una parrocchia per il servizio della Liturgia, della Parola e della Carità, cioè stola e grembiule.I diaconi delle nostre parrocchie sono quattro: Cuccotti Lorenzo a San Ber-nardo (ordinato il 18-11-1984 compie il suo trentesimo anno di servizio); Branca Giovanni della Stella, Peca Giuseppe di San Bartolomeo e il sotto-scritto, Zanini Bruno, di San Martino, ordinato il 2-6-1985.Giovanni ci ha lasciato il 29-12-2004. La sua prerogativa è stata quella di girare, rigirare le strade della parrocchia. Era il primo ad arrivare in tut-

    gno. Ricordo due episodi. Un parroco di-ceva: “Guarda un po’ come va la vita, per tanti anni ho dato delle lavate di testa ai miei parrocchiani, ora sono i diaconi che lavano la mia!”. Un sacerdote era appena arrivato e dovevamo lavarlo per la prima volta. Opponeva resistenza: “Non mi sono mai spogliato davanti a nessuno”. Gli spie-gammo che eravamo diaconi e gli voleva-mo bene… rifiutava lo stesso. Mi venne in mente un suggerimento: “Guardi Gesù in croce, spogliato davanti a tutti che lo deridono, coperto solo di uno straccio e forse neppure quello: Gesù lo ha fatto per noi…”. “Allora va bene anche per me. Gra-

    Il diaconato

    te le famiglie, in particolare dove c’erano ammalati, na-scite, matrimoni, lutti o altre difficoltà; andava anche in ospedale. Io presto servizio in ospedale: quando i degen-ti sanno che sono diacono mi parlano del diacono Giovan-ni. Don Guido, nell’omelia del suo funerale, l’ha elogia-to dicendo che consumava tante scarpe per noi!C’è una caratteristica che ac-comuna Renzo, Giuseppe e il sottoscritto: il servizio alla Casa di Riposo del clero, già durante gli anni di studio. Una volta al mese, a rotazio-ne con gli altri diaconi, an-diamo dai sacerdoti non au-tosufficienti, tagliamo loro le unghie, facciamo barba e ca-pelli, li aiutiamo a fare il ba-

    Stola e grembiule

  • 5DIACONATO PERMANENTE

    zie!”. Quanti grazie dai sacerdoti e quanti sacerdoti anziani sono passati nelle no-stre mani! Una cosa ho notato comune a tutti loro: gli operai hanno i calli nelle mani per i lavori manuali svolti, ma i no-stri sacerdoti, operai del Signore, hanno i calli nelle ginocchia. Hanno pregato per noi tutti, hanno dedicato la vita ai fedeli, e noi stiamo restituendo solo il minimo. Non ho dimenticato il quinto diacono, Giovanni Bommaci ordinato domenica 16 novembre. Il prossimo numero l’articolo lo scriverà lui con l’aiuto della moglie Fio-renza. A proposito di mogli, grazie alle no-stre per l’aiuto prezioso nel cammino del diaconato: Clorinda di Giovanni, Anita di Renzo, Lina di Giuseppe, Enrica di Bruno. Con mia moglie quest’anno ho raggiunto i 50 anni di matrimonio e 29 di diaconato, un bel traguardo grazie al suo supporto e anche perché mi “sopporta”... Vi lascio la frase scelta da noi due per il cammino diaconale: ”A che vale la vita se non può essere donata?”. Buon cammino a tutti!

    Il diacono Bruno Zanini

    Il nuovo diaconoGiovanni Bommaci

    Il diaconoGiuseppe Peca

    Il diaconoLorenzo Cuccotti

    2 giugno 1985 - I diaconi Giovanni Branca, Giusepe Peca

    e Bruno Zanini nel giorno dell’ordinazione

  • 6 SOLIDARIETà

    Il dormitorio fa 1000 e triplicaQuando iniziammo l’avven-tura del dormitorio, circa un anno fa, pensare di arriva-re a 1000 notti di ospitalità sembrava di parlare di un numero molto lontano, quasi un miraggio. Il 2 settembre siamo arrivati alle 1000 e 1 notte e ci siamo resi conto che, in fondo, erano stati gli ospiti a portarci fino a quel traguardo, che altro non era che la linea di partenza per nuove sfide. Già nel mese di luglio ci era-vamo scontrati con una real-tà: il dormitorio era sempre pieno, iniziavamo a dire di no ad alcune persone. Questi ri-fiuti bruciavano ancor di più, perché gli spazi di amplia-mento c’erano. Non è stata

    Martino taglia con la spada il suo mantello e con una parte ricopre il povero. Opera di Clau-dio Giacone offerta al Mantello di San Marti-no. Novembre 2014.

    una lunga riflessione: iniziamo a ristrutturare la stanza accanto al dormi-torio e offriamo altri 5 posti. Con l’aiuto non solo fisico di volontari, l’impe-gno di persone disoccupate, retribuite da buoni lavoro ottenuti attraverso un bando dalla Compagnia di San Paolo, sono iniziati ad agosto i lavori. Nel frattempo anche l’ultima ala dell’edificio si è resa disponibile. Con entusia-smo anche questo progetto è stato preso in carico. A metà ottobre i lavori sono terminati con la realizzazione di un alloggio e di un nuovo spazio per il dormitorio che permetterà di ospitare temporaneamente, ogni sera, al-tri 5 ospiti con le stesse modalità ormai collaudate con il primo ambiente. L’alloggio presenta, invece, i connotati di una nuova sfida: ospitare tem-poraneamente donne con bambini o, se le condizioni lo consentono, fa-miglie in difficoltà abitativa. Una sfida nuova perché richiede un approccio diverso da quello che abbiamo incominciato a imparare con il dormitorio. Accogliere famiglie vuol dire riconoscere le esigenze di bambini e scolari, favorire l’aggregazione familiare, condividere un pezzo di strada con quel-la realtà ricca ma variegata che è la famiglia. Vuol dire, forse, una maggior elasticità negli orari, un’attenzione ad alcune esigenze (malattia dei bam-bini, spazi per lo studio). Vuol dire mettersi nuovamente in gioco per dare la stessa sensazione di accoglienza che crediamo di avere dato agli ospiti del dormitorio in questo primo anno. Un anno vissuto con serenità e gioia, un anno in cui i momenti di entu-siasmo sono stati più di quelli difficili, un anno in cui abbiamo imparato a conoscerci come volontari e durante il quale abbiamo cominciato a farci conoscere dalle strutture sociali, dalla città e dalla chiesa locale. Un anno in cui siamo diventati un punto di riferimento, un approdo sicuro per tanti nostri amici che stanno attraversando un periodo difficile della loro vita. Ma lo sguardo è rivolto già a nuovi progetti e nuove sfide.

    équipe Gestione Dormitorio

  • 7SOLIDARIETà

    Mamma, ho fame! Con quale gioia ascoltano queste parole le mamme dei bambini inappetenti, il cui aumento ponderale è sempre vicino allo zero, mentre potrebbero soddisfare ogni richiesta. Quale sgomento e di-sperazione provano, invece, le mamme che, sentendo quelle stesse paro-le, sanno di non poter dare risposte adeguate. Non è solo il terzo mondo a soffrire di fame e persino di sete; la crisi così pesante e persistente ha logorato ogni capacità di resistenza e opposizione ai bisogni. Naturalmen-te il problema non è generalizzato e, proprio per questo, crea confronti e uno stato di malessere perché il vicino può chiedere e avere, mentre c’è chi chiede e non può avere. È vero: per fortuna in Italia nessuno muore di fame, ma è altrettanto vero che è diffusa una nutrizione squilibrata e insufficiente. Il Welfare ha ridotto la sua disponibilità e la sua capacità di incidere sulla qualità della vita. Il Banco Alimentare ha ridotto in quantità e in sostanza il suo sostegno. Non vorremmo che avesse ragione l’Assessore Franca Zoavo quando disse “Tra un po’ andremo tutti a chiedere in parroc-chia”. È un fatto che i cristiani, cattolici e non, si stiano facendo carico delle condizioni delle persone, promuovendo collette, raccolte, bancarelle per raccogliere fondi. I cristiani rispondono per la consapevolezza dei bisogni dei fratelli e delle difficoltà delle Istituzioni, da una parte; e, dall’altra, della corretta ed efficace azione della Chiesa che, operando attraverso la dispo-nibilità e la gratuità dei volontari, raggiunge chi è in difficoltà. Purtroppo esistono persone che non riescono a superare, per un forte senso di digni-tà, il disagio di chiedere. Forse sono i più bisognosi. Comunità rivolesi, con i vostri aiuti alimentari, sosteneteci nell’impegno di contrastare la povertà.

    Maria Antonia Dall’Anese

    Mamma ho fame!

    Incontro del Centro di Ascolto

    Nei giorni 4 e 5 Ottobre si è tenuto il consueto incontro annuale dei volontari del Centro di Ascolto di Rivoli, dedicato alla loro for-mazione. Nella mattinata di sabato 4 Ottobre la dottoressa Moni-ca De Martino ha guidato in modo simpatico e coinvolgente una riflessione sul tema della dignità della persona umana, il pome-riggio invece è stato dedicato a un momento di approfondimento da parte dei volontari su come vivono il loro ruolo di servizio di accoglienza dell’altro. La S. Messa ha concluso la prima giornata di lavoro. La domenica mattina il Presidente del CDA ha tenuto una relazione alla presenza anche di altre organizzazioni di volontariato e del CISA, al fine di stimolare la nascita di una rete per il coordi-namento degli interventi sui bisogni fondamentali delle persone in difficoltà presenti oggi a Rivoli.

    Sergio Limone

    Si ritirano pacchi viveri.

  • 8 SCUOLA

    Così papa Francesco sollecitava tutti a pren-dersi cura della scuola nel grande incontro promosso il 10 maggio scorso a Roma: un incontro che si inserisce nel contesto del decennio pastorale dedicato all’educazio-ne e alla scuola. Un’attenzione che il nostro vescovo Cesare ha manifestato sin dal suo arrivo, promuovendo ogni anno, all’inizio dell’anno scolastico, “La settimana dioce-sana della scuola” che vede coinvolte tutte le componenti del mondo scolastico, in un momento di riflessione, conoscenza, scam-bio. Anche le sette parrocchie di Rivoli han-no accolto questo stimolo promuovendo una serie di iniziative:• una proposta di riflessione e di lavoro per i Consigli Pastorali, a partire dal documento dei vescovi italiani “La Chiesa per la scuola”;

    • un momento di preghiera nelle messe del 5 ottobre, in occasione della giornata mondiale degli insegnanti. Una riflessione preparata da docenti dell’AIMC e dell’UCI-IM, le due associazioni cattoliche degli in-segnanti della scuola primaria e secondaria che promuovono attività di formazione e di confronto cercando, attraverso la vita as-sociativa, di migliorare la professionalità e soprattutto la ricchezza umana e spirituale dei docenti. Perché queste iniziative e so-prattutto la volontà, come parrocchie, di continuare a occuparci di scuola? Perché la missione educativa è questione fondamentale che riguarda tutti: la fami-glia, la società, lo Stato e la Chiesa; perché la scuola è un bene primario, una risorsa fondamentale per il futuro dei giovani e della società intera: perciò va sostenuta, valorizzata e rinnovata; perché tutti dobbia-mo avere a cuore una scuola che sia all’al-tezza dei tempi che viviamo, che abbia al centro l’educazione dei ragazzi, soprattutto quelli più fragili, e sia capace di offrire un’e-ducazione integrale e armonica. Rispetto a un’opinione pubblica indifferente, a critiche spesso non costruttive, la Chiesa ricorda che tutti dobbiamo aver cura della scuola e im-pegnarci per migliorarla. Bisogna lavorare insieme, nella convinzione che l’educazione e la scuola sono una opportunità ed una risorsa; tutti noi adulti genitori, insegnanti, educatori, abbiamo il compito di essere te-stimoni credibili, capaci di offrire speranze per il futuro, di trasmettere il senso di una vita vissuta con generosa attenzione al bene di tutti, di accompagnare i ragazzi a costruire un loro personale progetto di vita.

    Nicoletta Viglione

    A tutti i docenti, un invito a partecipare alle attività delle associazioni: [email protected];www.aimcpiemonte.it;

    [email protected] Stupinigi, 5 - Cascine Vica (Rivoli)

    Le associazioni sono un'opportunità di confronto, arricchimento professionale e

    umano, in un clima di amiciziae condivisione del cammino di fede:

    vi aspettiamo!

    E per favore… non lasciamoci rubarel’amore per la scuola!

    • un incontro tra parroci, dirigenti scolastici di tutte le scuole e agenzie for-mative del Territorio e l’assessorato all’istruzione: per conoscersi meglio e prospettare collaborazioni su problemi educativi, nel rispetto delle rispettive competenze ma con la consapevolezza che è sempre più necessario lavorare in rete al servizio del bene e del futuro dei nostri ragazzi;• laboratori creativi per gli alunni della scuola primaria e media e un incontro con il sociologo don Domenico Cravero “Io da grande ti penso così”: sogni, pen-sieri, azioni di alunni, genitori e insegnanti a confronto… I bambini, attraverso giochi, racconti e disegni hanno provato a raccontare attese e desideri per l‘età adulta; i ragazzi più grandi hanno cercato di confrontarsi su come passare dai sogni alla costruzione di un reale progetto di vita. Genitori e insegnanti hanno avuto l’opportunità di confrontarsi sulle difficoltà, le contraddizioni e le fatiche di accompagnare i ragazzi alle scelte di vita e professionali.

  • 9UDIENZA

    Faccio parte della Parrocchia San Bartolo-meo di Rivoli. Con il contributo di un'altra volontaria abbiamo aperto, tre anni fa, all’interno delle strutture della parroc-chia, il laboratorio “Scuci e ricuci” che progressivamente si è arricchito di altre valide volontarie: venite a vedere cosa sappiamo creare con gli abiti dimessi! Faccio inoltre parte di una Associazione nazionale di camperisti (siamo oltre 1.700 iscritti) che impiegando i nostri camper porta in Italia e all’estero aiuti umanitari. Questa Associazione si chiama “Arance di Natale, la Solidarietà viaggia in camper”, nome legato alla scelta di auto-sovvenzio-narci vendendo, nel periodo di dicembre, arance di provenienza siciliana e durante tutto l’anno marmellata d’arance già con-fezionata in vasetto. Quest’anno l’Associazione ha compiuto 20 anni. Il nostro presidente, Franco Zoc-ca, ha pensato che sarebbe stato bello partecipare collettivamente all’udienza settimanale del Santo Padre Francesco. Così, mercoledì 22 ottobre, si è ottenuto un permesso straordinario di portare pro-prio in S. Pietro ben 40 dei 100 camper con cui siamo arrivati a Roma.I mezzi sono giunti all’alba sul piazzale e collocati nell’area concordata, i 216 cam-peristi hanno occupato i settori assegnati, attendendo pazientemente il trascorrere del tempo. A un certo punto, poco prima

    dell’orario dell’udienza, un boato di voci e lo sguardo rivolto al maxischer-mo… avvertimmo che la papamobile stava per passare proprio davanti alla transenna dove eravamo posizionati noi. Ci siamo resi conto che il papa aveva incominciato così l’udienza tra la gente. È passato a non più di due metri da me e per una impercettibile frazione di secondo ho incrociato il suo sguardo, stanco ma pieno d'amo-re, sì pieno d'amore. È stato bellissimo ed emozionante vedere quegli oc-chi che abbracciavano tutti con umiltà e mi sono detta: “Ma allora si può amare così intensamente con umiltà chi ci circonda perché Lui ce lo sta insegnando”. Io sono ritornata da Roma con questa “valigia” di propositi che non rimangono solo tali, ma pregherò Papa Francesco perché mi dia la sua forza d'amore.

    Laura Ballestriero

    22 ottobre: udienza di Papa Francesco

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    EVENTI

    “Rivoli – crocevia di popoli e culture. Centro nevralgico all’imbocco della Val Susa è il luogo ideale per ospitare un evento multiforme che accarezza contesti apparentemente distanti ma con un denominatore comune: l’in-contro tra le persone. È solo nell’in-contro, nella vicinanza fisica che si possono avviare rapporti fecondi tra le persone. A patto che… Ci si ascolti. Si lasci il tempo all’altro di esprimer-si. Non lo si giudichi a causa del suo aspetto, del suo vestire, del suo colore di pelle o politico.

    Sikìa… Ascolta!

    settembre, con l’inaugurazione della mostra di artisti africani di Kenya, Tanza-nia, Congo, Mozambico, Uganda ed Etio-pia. Si è proseguito in piazzale don Foco, il 21 settembre, con una mostra di giochi africani e l’animazione per bambini, per poi entrare nella chiesa di Santa Maria della Stella per la mostra fotografica sul popolo Samburu.Il weekend del 3-4-5 ottobre è stato par-ticolarmente intenso nella parrocchia San Bernardo, con una cena in stile Sam-buru e l’ascolto dell’esperienza di 40 gio-vani rivolesi e della provincia di Torino, appena rientrati da missioni del Kenya e del Tanzania, presso i missionari della Consolata. La sera del 15 ottobre, nella sala consigliare di via Capra 27, c’è stata la conferenza ‘Always with you’ dal tema: Il genio femminile per i diritti umani.La forte testimonianza di Veronicah Lekopole, portavoce dei soprusi perpe-trati da parte dell’esercito nei confronti delle donne Samburu in Kenya, accom-pagnata dalla testimonianza di altre due donne, Elena Massucco e Bruna Bertolo, in prima linea per la difesa della libertà e della giustizia, hanno costituito l’evento conclusivo su cui continuare a riflettere per un maggiore impegno individuale e collettivo.L’intero Evento si è ripetuto a Milano dal 1 al 19 ottobre 2014.I Promotori di questo progetto sono: Associazione Impegnarsi Serve Onlus, Missionari della Consolata, Parrocchie di Rivoli. Con la collaborazione del Ma-sci sezione Rivoli e con il contributo del-la Fondazione CRT. Con il patrocinio del Comune di Rivoli.

    È solo nell’incontro,nella vicinanza fisica

    che si possono avviarerapporti fecondi

    tra le persone.A patto che…

    Ci si ascolti.

    Quando vai in Africa e vi resti qualche tempo scopri che gli africani ti ascoltano, ti danno credito, ti osservano con attenzione e interes-se per vedere se le tue azioni concordano con le tue parole. Oggi questo stile vogliamo portarlo a Rivoli e sussurrare a tutti “Sikìa” attraverso il linguaggio che ciascuno trova più vicino a sé: il gioco, lo spettacolo, l’arte. Ci sono persone che ti stanno parlando. Tu ascolta, forse scoprirai qualcosa di grande. Certamente scoprirai qualcosa di inatteso”

    (Riccardo Gili, regista e attore)

    “Sikia” in lingua swahili significa “Ascolta”: è il nome scelto per una se-rie di eventi che si sono tenuti a Rivoli dal 20 settembre al 15 ottobre 2014. Tante proposte per incontrare e confrontarsi con culture differen-ti, in particolare africane, attraverso le forme artistiche ed espressive più varie: dalla pittura al teatro, dalla musica al racconto, dal cibo alla testimonianza. Il “Via” presso l’Antica Collegiata Alta de La Stella, il 20

  • 11EVENTI

    Messaggio di P. Antonio Rovelli per l’inaugurazione

    “LA BELLEZZASALVERA’ IL MONDO”

    Innanzitutto vorrei esprimere il mio grazie all’Associazione “Impegnarsi Serve” e alle Parrocchie di Rivoli per aver ideato que-sta iniziativa, certamente complessa e di non facile realizzazione. è stato necessa-rio creare una rete di appoggi, contatti e conoscenze non solo in Italia, ma soprat-tutto in diverse nazioni dell’Africa. Il mio ringraziamento va anche a tutti coloro che hanno aderito a questa manifestazio-ne come l’Associazione “Nessun Uomo è un Isola” e gli Scout che si prodigheran-no per la “custodia” della mostra durante tutto il periodo della esposizione. E poi un ringraziamento tutto particolare alla Città di Rivoli che ospita e sotto il cui patrocinio si svolgeranno varie attività per ben tre settimane. Rivoli è una città cara ai Mis-sionari della Consolata perché custodisce in via 1 maggio la “Villa” dove il nostro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, non solo ha curato la stesura definitiva delle prime Costituzioni dell’Istituto, ma con paterno affetto accoglieva i seminari-sti che da Torino si recavano da lui per tra-scorrere tempo e da lui lasciarsi ammae-strare. Sappiamo che oltre alle 30 opere di artisti africani, fuori concorso potrete contemplare opere di pittori affermati di Lombardia e Piemonte che hanno fatto dono dei loro quadri a sostegno dell’ini-ziativa. Anche a loro il nostro grazie per questo gesto carico di sensibilità e soli-darietà. Permettetemi ora di fare alcune considerazioni in merito al significato di questa mostra. Prima di tutto vorrei sot-tolineare che è una grande opportunità, in greco si direbbe, che è un “kairos” che, a differenza di “kronos”, indica il tempo carico di senso e significato. Perché per tutta la durata della mostra, per tre set-timane, da oggi 20 settembre fino al 15 ottobre, siamo chiamati a “Sikìa”, cioè ad ascoltare. Cosa non facile oggigiorno. Leg-gevo qualche tempo fa su un quotidiano nazionale un articolo molto interessante di Stefano Bartezzaghi dal titolo: “Ecco perché nessuno ascolta più nessuno” (Re-

    pubblica 02/08/14). Ecco uno stralcio molto significativo: “Si parla distratti dal cellulare, si parla a senso unico nei talk show, si parla da soli sui social network ... Oggi è una fortuna trovare qualcuno che sa ascoltare ... E noi sappiamo fare felici i nostri interlocutori, praticando noi stessi l’ascolto...”. Difficile non essere d’accordo con le tesi del giornalista!Ascoltare sembra una operazione “abituale”, quasi “banale”, eppure l’a-scolto è impegnativo, spiazza, mette in discussione, esige apertura e reci-procità. Soprattutto l’andare oltre la parola per cogliere il suo “non detto”, ciò che l’altro “sottintende”. Davvero l’ascolto è un arte, la prima forma di rispetto e di attenzione verso l’altro. è la prima forma di accoglienza. Rivoli allora ha la possibilità di fermarsi e “Sikìa”, ascoltare il parlare nuovo ed inedito di queste opere d’arte che provengono da Tanzania, Mozambico, Uganda, Etiopia e Repubblica Democratica del Congo. Si tratta di impara-re a vedere con gli occhi del cuore, lasciarsi trasportare e così ascoltare appunto i diversi messaggi sulla bellezza che superano i confini, riducono le distanze fino a farci prossimi e di linguaggi provenienti da culture e da mondi diversi. è necessario però fermarsi per lasciarci affascinare dal nuo-vo e dall’inedito.La seconda considerazione che faccio è che finalmente questi dipinti van-no oltre le immagini di un continente malato e povero, le tragedie e le pandemie, la corruzione e l’ebola, i rapimenti di ragazze e i profughi, per parlarvi di un’altra Africa. Questa mostra può contribuire a smontare idee stereotipe e pregiudizi che ancora sovrastano l’intero continente nero. E che percepiamo ogni qual volta ci imbattiamo con un immigrato africano residente a Rivoli o a Torino. Questa mostra ci dice che abbiamo ancora tanta strada da fare per andare oltre la semplice convivenza tra di noi o l’assimilazione del diverso nei nostri standard, per giungere ad una piena integrazione. Ciò che un tempo era impensabile, oggi si realizza: la parola “arte” accanto alla parola “Africa”. è il messaggio che in fondo questi qua-dri, pur nella loro semplicità, lanciano a tutti noi.La terza è l’ultima considerazione viene spontanea osservando le diverse provenienze dei quadri, da diversi popoli e da diverse nazioni. Ciò che vo-glio comunicarvi è ben espresso dal giornalista polacco Ryszard Kapuscinski nell’introduzione al suo libro “Ebano”. Alla parola “libro” noi potremmo benissimo sostituire le parole “questi quadri”. “Questo libro non parla dell'Africa, ma di alcune persone che vi abitano e che vi ho incontrato, del

  • 12 EVENTI

    tempo che abbiamo trascorso insieme. L'Africa è un continente troppo grande per poterlo descrivere. è un oceano, un pianeta a sé stante, un cosmo vario e ricchissimo. è solo per semplificare e per pura comodità che lo chiamano Africa. A parte la sua denominazione geografica, in re-altà l'Africa non esiste”. Non una, ma più Afriche, quindi, è il messaggio che questi quadri ci lasciano. Evitiamo, per favore, ogni tipo di genera-lizzazione, certo più comoda e sbrigativa, ma troppo spesso fuorviante. Iniziamo da oggi a parlare di Afriche, di popoli, di tradizioni e culture che compongo la ricchezza del mosaico africano, di cui questi quadri sono par-te integrante. Il mio auspicio è che questa mostra possa segnare un balzo in avanti verso una società e una chiesa più accoglienti, rispettose e capaci di ascolto. Possa, inoltre, aiutare a superare barriere e paure per costruire ponti di narrazioni attraverso le varie espressioni dell’arte, dalla musica, alla danza, dalla pittura all’arte culinaria, e così via. La mostra, un singolo evento che può diventare un momento di un processo dalle conseguenze imprevedibili. Iniziando dalla meraviglia del contemplare il volto dell’altro, soprattutto del diverso, dell’africano, come un’opera d’arte che ti vuole parlare, e che ti chiede semplicemente di metterti in atteggiamento di “sikìa.” Così la “mostra” diventa vita, nell’incontro di volti e nel supera-mento delle paure, per un riconoscimento reciproco. Allora un’ altra Afri-ca inizierà a parlarti, diversa da quella dei giornali e della televisione. Un concetto magistralmente espresso nelle seguenti considerazioni: “Qua e là si sente parlare di “Africa povera” di “Africa emarginata”, di “Africa pal-la al piede dell’umanità”. Questi voci che soffocano le nostre vorrebbero che sulla loro scia ripetessimo che “siamo poveri”, che piangessimo sulla sorte che loro ci hanno imposto. E così arrivano alla conclusione, senza confessarlo apertamente, che esiste una incapacità innata dell’Africa a immaginare e a far valere un modello o anche una visione che le siano congeniali. A queste voci che decidono della nostra integrazione nel mon-do, io rispondo parlando di “AFRICA GENEROSA”, di “AFRICA MARTIRE”, di “AFRICA COME SOLUZIONE”. La riabilitazione del nostro immaginario violato è dunque una posta economica, politica e di civilizzazione. (Amina-ta Traore, già ministro della cultura del Mali, in “L’immaginario violato”). Il mio augurio è che ci facciamo interpellare da questa mostra che possa iniziare a parlarci di un’ ALTRA AFRICA, meno desolante, e più portatrice di speranza per il mondo intero.

    Rivoli 20 settembre 2014

    Il 27 e 29 settembre il gruppo teatrale dei giovani delle 4 Parrocchie ha replicato il musical “Jamme a cantà” presso il salone “Beato Antonio Neyrot” della Parrocchia Santa Maria della Stella. Lo spettacolo ha debuttato nel febbraio scorso e ha già raggiunto le sei repliche. L'appuntamento del 29, però, ha dato il via ad un'iniziati-va originale: la messa in scena del musi-cal esclusivamente per le scuole. L'idea è nata durante la riunione conclusiva di maggio, occasione nella quale proprio i ragazzi hanno sottoposto allo staff l'op-zione di proporre lo spettacolo alle scuo-le. L'iniziativa è stata accolta con entusia-smo e ci si è posti l'obiettivo comune di trasmettere agli studenti un messaggio importante, ovvero che le avversità si possono superare solo se si affrontano insieme, che siano esse la miseria di una vita vissuta senza prospettive, la povertà o la piaga sociale delle mafie. Nel periodo estivo i ragazzi hanno, quin-di, contattato numerosi istituti di Rivoli e cintura e le adesioni sono state così nu-merose da rendere necessarie due repli-che: una al mattino, per le scuole superio-ri “Marie Curie” di Grugliasco e “Salotto e Fiorito”; e l'altra al pomeriggio, per la scuola media “Piero Gobetti”. I ragazzi del cast hanno avuto la possibilità di misu-rarsi con una nuova sfida: recitare per un pubblico diverso, a loro quasi coetaneo, li ha spinti a dare il meglio di sé per cattura-re l'attenzione di quei giovani spettatori.L'impegno, da parte del team, è stato to-tale: l'allestimento del palco, le prove, la propria disponibilità rinunciando a scuo-la, università e lavoro per un giorno a fronte di un servizio ha, indubbiamente, arricchito tutti. Questa esperienza, infatti, ha rafforzato la collaborazione e l'unione di un gruppo di ragazzi eterogeneo per provenienza e attività svolte dentro e fuo-ri la parrocchia. Dopo lo spettacolo, i ra-gazzi del cast hanno proposto alle scuole un momento di dibattito per rispondere alle domande del pubblico. Rotto l'im-barazzo iniziale, gli studenti hanno posto molte domande, dimostrando attenzione

    Jamme for school

    Don Andrea al trucco.

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    e partecipazione, e alimentando l'entusiasmo dello staff e degli attori per questo progetto. L'aspirazione è quella di poter replicare ancora il musical per altre realtà sco-lastiche, sia per portare avanti un lavoro che ha richie-sto quasi due anni di preparazione, sia per continuare a trasmettere un messaggio di speranza tramite l'arte teatrale. Inoltre, data l'attualità delle tematiche trattate, una classe dell'istituto “Piero Gobetti” ha richiesto un incontro in aula con Sara, la regista. Nei mesi preceden-ti, gli alunni hanno seguito un percorso didattico incen-

    trato sulle mafie e si sono confrontati con lei con con-sapevolezza e tanta curiosità. Tra le riflessioni affiorate in classe, una ha colpito particolarmente la sensibilità della regista: il musical ha un finale tragico, ma gli stu-denti hanno compreso a pieno che, nonostante questo coup de théâtre, l'insegnamento di don Saverio va oltre il tempo e la storia dello spettacolo, scavalca il proscenio e tocca ognuno di noi. Riguarda, direttamente e in prima persona, la “gente, la magnifica gente di questa città”.

    Jenny e Sara

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    Dopo il servizio di animazione svolto durante la prima parte dell'estate con i bambini dei nostri oratori, i ragazzi dei due gruppi di prima e seconda superiore (Asganaway e Flash '98) hanno stretto an-cor più il legame tra loro e con i loro Educ-animatori facendo insieme esperienza e seguendo le orme di San Francesco e Santa Chiara. Dopo la sveglia all'alba e un pomeriggio al mare fatto di giochi, sole e risate, siamo finalmente arrivati ad Assi-si, pronti per iniziare la nostra avventura: il primo luogo che abbiamo scoperto è stato il monastero di San Damiano. Dopo aver celebrato la Santa Messa con Don Andrea tra gli ulivi dei campi che circon-dano il luogo, abbiamo incontrato Frate

    Francesco, un ragazzo come noi che ad un certo punto della sua vita ha deciso di cam-biare rotta e di rispondere alla chiamata dedicandosi ad una vita fatta di piccole cose e di tanta voglia di aiutare gli altri praticamente e, soprattutto, spiritualmente; ci ha letteralmente rapiti con la sua storia! Il giorno successivo abbiamo avuto l'opportunità di riflettere su noi stessi e sulla nostra fede con un momento di "deserto" all'Eremo delle Carceri in un grande parco dove il santo stesso era solito dedicarsi alla preghiera, inoltre, addentrandoci nel centro di Assisi, abbiamo visto e vissuto altri luoghi chiave della crescita spirituale e carismatica di Francesco come la basilica di San Francesco e di Santa Chiara... Ma non è finita qui! Ad aspettarci in albergo c'era una fantastica piscina dove si è scatenata la più grande partita "animati contro animatori" mai vista! E che dire invece della sfilata elegante per le strade di Assisi? Idea originale e particolare che ha portato un momento di allegria e ci ha uniti ancor più nei sorrisi!Insomma è stata un'esperienza indimenticabile: questo campo ci ha permesso di sva-garci e di riflettere, di crescere e ridere e ha reso tutti noi felici e soddisfatti e ansiosi di iniziare un nuovo anno di gruppo a ottobre!

    Francesca e Beatrice

    Sulle tracce di Francesco...

    Francesco,un ragazzo come noiche ha decisodi cambiare rottae di risponderealla chiamata...

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    Ci piacerebbe provare a raccontarvi il nostro Cammino di Santiago, nove gior-ni indimenticabili che abbiamo vissuto quest'estate insieme ad altri ventisei ragazzi, più un don e due suore. L'espe-rienza del Cammino è stato il modo ide-ale per conoscerci e conoscerLo.Camminare, raccontarsi, ascoltare, con-dividere la fatica e la gioia delle piccole cose di ogni giorno ci ha uniti fin dal pri-mo giorno.Partenza: Ponferrada. Arrivo: Santiago de Compostela. 202.5 km. La fatica non risiedeva tanto nella marcia quanto nel vivere in una "famiglia" di ventotto per-sone. La condivisione era il fondamento della nostra convivenza: se avanzava un biscotto, veniva diviso in ventotto parti!Ogni mattina don Andrea ci proponeva un tema, a partire da un brano della Pa-rola di Dio, che cercavamo poi di medi-tare lungo tutta la giornata.Molti erano i momenti di silenzio. Mol-te sono state le difficoltà, soprattutto il rapporto con le persone incontrate durante la "passeggiata", e le traversie, come dormire all'aperto e lavarsi nel fiume!Nonostante avessimo tutti un ritmo di camminata diverso, siamo arrivati tutti insieme alla meta: tanta è stata la sod-disfazione nel raggiungere la Cattedra-le, il Km 0, e tanta la nostalgia alla par-tenza dall'aeroporto verso casa.L'esperienza è stata per noi sì faticosa ma anche formativa, soprattutto dal punto di vista spirituale.Aspettiamo con trepidazione la prossi-ma avventura che ci proporrà il nostro Don Andrea. Buen Camino Peregrini!

    Andrea & Suor Camilla

    Cammino diSantiago 2014:“Volevamo solo

    fare unapasseggiata”

  • 16 ESPERIENZE ESTIVE

    Dal 6 al 28 agosto abbiamo vissuto una splendida esperienza missionaria in Africa e più precisamente in Kenya, dove altri giovani, seguiti come noi da Don Andrea, sono stati nel 2010 e nel 2012.Quest’anno eravamo un gruppo di 16 ragazzi, dai 17 ai 28 anni, provenienti da Rivoli e dintorni. Una di noi però, Sara, scout e studentessa di infermie-ristica, ha deciso di dedicarsi a un servizio specifico, è stata accolta perciò dalla comunità delle suore di Kahawa, dove ha trascorso le sue giornate al dispensario collaborando con infermiere e dottori in varie mansioni ed è andata tra le famiglie del posto a prestare il suo aiuto.Prima di partire, durante il corso dell’anno, ci siamo preparati con un cam-

    Missione Africa 2014I giovani di Rivolitornano in Kenya

    Bimbo Samburu, Parrocchia di Wamba

    mino di formazione curato dai missiona-ri della Consolata, in collaborazione con l’associazione Impegnarsi Serve. Una vol-ta giunti a destinazione, invece, la forma-zione è avvenuta sul campo: mi riferisco a una formazione umana e cristiana che è passata attraverso l’incontro con la gen-te e la permanenza nelle varie missioni. A Mujwa abbiamo potuto conoscere la comunità e vedere due acquedotti fun-zionanti, costruiti nel corso degli anni; a Wamba abbiamo fatto servizio in oratorio e nell’ospedale di Huruma Home, in un reparto di bambini disabili; a Maralal ab-biamo trascorso una settimana di dialogo e confronto con i ragazzi provenienti dal-le varie parrocchie della diocesi sul tema “Gesù e la sua umanità”; siamo anche andati, con la guida del vescovo Pante, a visitare la tribù dei Pokot nella Rift Valley e abbiamo fatto servizio all’orfanotrofio delle suore di Madre Teresa di Calcutta; a Porro abbiamo visitato la scuola e il dor-mitorio della Pace; a Nyahururu abbiamo conosciuto la comunità St. Martin che si occupa dell’integrazione dei disabili, dei bambini sieropositivi e dei ragazzi di strada; a Nairobi, accolti da alcuni giovani Donne Samburu in un villaggio rurale vicino alla città di Wamba

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    Sopra: foto di gruppoSotto: distribuzione del pasto all’oratorio di Wamba

    Foto di gruppo

    animatori, siamo stati tra le strade della slum di Korogocho, abbiamo conosciuto la realtà di Familia ya Ufariji per ragazzi di strada e, infine, abbiamo incontrato Vero-nicah Lekopole, una donna appartenente alla tribù Samburu che si fa promotrice di un progetto contro la violenza sulle donne. In questi luoghi abbiamo potuto seguire alcuni progetti portati avanti dai padri missionari e sostenuti economica-mente dal 2010 anche dalla nostra co-munità delle quattro parrocchie di Rivoli. Ricordo, per esempio, il progetto dell’ora-torio, il progetto della panetteria di Mara-lal che ormai sforna pane a pieno regime, il progetto della gelateria che ha riscosso un grande successo tra la gente del po-sto, il progetto della serra dove si coltiva verdura destinata alla vendita e al sosten-tamento, e quello della fattoria dove si allevano mucche, e ancora, il progetto delle scuole professionali che insegnano un mestiere ai giovani e attivano corsi di alfabetizzazione. Durante questo viaggio abbiamo ricevuto molto e abbiamo colto tanti spunti utili per le nostre vite. Siamo stati grati, specialmente, dell’immensa accoglienza dei missionari e delle persone del posto che nonostante la povertà, con la loro generosità e il loro calore, ci hanno fatto sentire parte della stessa famiglia.

    Silvia

    Strade della baraccopoli di Soweto, Nairobi

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    Quest’anno, come esperienza estiva rivolta ai ragazzi di 3° superiore, noi animatori del gruppo delle ’97 Stelle abbiamo deciso di proporne una un po’ diversa, non il solito campo in montagna con un tema conduttore svi-luppato con attività e giochi organizzati ma un’esperienza più profonda: un campo basato sull’assistenza a persone disabili nel loro periodo di vacan-za. Dopo un viaggio di nove ore in pullman da Rivoli, si arriva finalmente a Pinarella di Cervia, nella colonia “Amici del Mare”, luogo dove passano due settimane di mare circa cinquanta persone con diverse forme di disa-bilità, insieme a cento, tra ragazzi e adulti, il cui arduo compito è quello di assistere e far passare un’allegra e spensierata vacanza a tutte queste persone inabili che contano su di noi. Noi ’97 Stelle, ci siamo potuti ferma-re soltanto una settimana, da lunedì 4 agosto a domenica 10 agosto 2014, nella quale però abbiamo assaporato a pieno la magnifica esperienza del donarsi agli altri, ricevendo a nostra volta moltissimo dalle persone da noi assistite. A ognuno di noi è stato affidato un ragazzo disabile da seguire e accudire in molti, se non tutti, i momenti della giornata. Si parte con la sveglia alle 7,30 del mattino con il suono della musica a tutto volume che entra nella stanza: se non è autosufficiente, c’è da lavare e vestire la per-sona disabile che si ha in affidamento e subito dopo scendere a fare cola-

    “Di Fronte al Mare

    siamo TUTTI UGUALI!”

    zione tutti insieme nel grande refettorio. Tra molta fame e poche parole si finisce di fare colazione, ed è finalmente ora di andare al mare! Una volta arrivati, ci si sistema nello spazio di spiaggia riservato alla colonia e un po’ per volta, insieme ai ragazzi disabili, si va a fare il bagno in ac-qua. Passata la mattinata tra bagni, risate, giochi e un po’ di relax sotto l’ombrellone, si ritorna alla colonia per il pranzo. Una volta pranzato, ci si rilassa tutti nelle ca-mere, o si va a fare un breve giro in cit-tà, da soli oppure, se si desidera, assie-me ai ragazzi disabili. Per le 15,30/16,00 si torna in spiaggia tutti insieme, si fa il bagno oppure si gioca sulla spiaggia con le bocce, a carte o a scavare buche nel-la sabbia. Alle 19 si ritorna in colonia per lavarsi e per la cena. Le serate non sono tutte uguali, e ognuna viene gestita da un gruppo diverso: a noi di Rivoli è stato chiesto di organizzare la serata della Cor-rida, nella quale i ragazzi disabili si sono esibiti in performance canore, di ballo o di abilità, con momenti comuni di balli di gruppo e karaoke.Alle 23 si portano i ragazzi nelle stanze, li si prepara per dormire e si dà loro la buonanotte, mentre noi assistenti abbia-mo del tempo libero fino all’una di notte, momento in cui è consigliabile andare a dormire, per non essere sopraffatti dalla stanchezza il giorno dopo! Arriva infine l’ultimo giorno del campo, e non si può che essere tristi a lasciare un posto che per sette giorni è stato luogo di tante risa-te, momenti belli e momenti brutti. Il tuo cuore viene sommerso da tante emozio-ni: amore, gioia, tristezza, coraggio, felici-tà e tantissime altre. E mentre il pullman parte e lascia la colonia, una lacrima ci è scappata, perché a Pinarella ci si lascia un pezzo del cuore.

    Sergio

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    L’amore più grande Sintesi a cura di Silvano Giordani

    L’Amore più grande è un gesto concreto che rivela la misericordia infinita del Padre, l’amore di amicizia del Figlio, la potenza santifi-catrice dello Spirito per cambiare la vita degli uomini e della realtà della storia… amore che va oltre i confini dell'umano perché rivolto a tutti, assolutamente gratuito, senza alcuna pretesa. Questo dice Paolo in Rom. 5,8, questo il motto che l'arcivescovo propone per gli eventi che caratterizzeranno l'anno pastorale: l'ostensione della Sindone (Pasqua 2015), il bicentenario della nascita di don Bosco, la visita a Torino di Papa Francesco. Amore che diventa l'impegno per la Chiesa torinese: testimonianza di vita donata e santità, volto mi-sericordioso e carico di speranza in particolare per gli ultimi, sull'e-sempio dei santi sociali piemontesi. Chiesa che deve essere quindi educante, in quanto testimone credibile: - comunità ministeriale: i pastori sono impegnati a suscitare e rico-noscere doni e carismi per una evangelizzazione rinnovata, perma-nente, aperta a tutte le età della vita;- comunità missionaria: impegnata ad attuare iniziative specifiche e continuative per avvicinare la gente dove vive, opera, lavora, studia, soffre;- comunità aperta: caratterizzata da un atteggiamento di serena e positiva accoglienza che facilita e stabilisce relazioni amichevoli e significative;- comunità in festa: la gioia del Signore risorto deve diventare carat-teristica della vita individuale e comunitaria per testimoniare l'espe-rienza del risorto che crea fraternità.

    La visione di Chiesa odierna deve partire dagli ambienti dove si sviluppano le nostre attività e non semplicisticamente dalla Parrocchia che frequentiamo. In sostanza credo che non esista una visione della Chiesa unica, ma questa sia fortemente influenzata dall'ambiente frequentato. In pratica ognuno di noi conosce una piccolissima parte di umanità nel settore dove opera ed in ogni parte dobbiamo ritrovare, favorire, dare esempio della visione di Chiesa Universale con Cristo al centro.Con ciò intendo che chi opera nel commercio, oppure nella scuola, oppure nel sociale o infine nel pubblico impiego, non può avere la stessa visione di Chiesa, perché non ha le medesime situazioni da affrontare.Per evitare quelli che ritengo errori di un passato recente, è necessario cambiare approccio: non riunioni o momenti di confronto, ai quali alla fine, purtroppo, partecipano i soliti noti; occorre invece compiere un percorso per avvicinare, farsi conoscere come Chiesa viva, presente, solidale e non struttura, ahimè, obsoleta.Se parliamo di visione di Chiesa nelle Parrocchie, penso che occorra confrontarci con la realtà: siamo rimasti in pochi e con poche guide, che hanno pochissimo tempo. Per uscire da questa situazione, occorre innanzitutto dimostrare di credere, agendo per il bene di tutti. Oggi più che mai basta guardare la politica: chi urla di più è più attraente. Ecco, occorre fare esattamente il contrario! DARE UNA VISIONE DI CHIESA, IN OGNI SETTORE DOVE NOI OPERIAMO, SIGNIFICA FARE IN MODO CHE LA PAROLA DI DIO SIA PRESENTE E POSSA ESSERE RICONOSCIUTA NEI NOSTRI AT-TEGGIAMENTI, MA SENZA URLARE.

    Renato

    Tu, credente impegnato e responsabile nel mondo del lavoro,quale visione di Chiesa hai?

    La lettera pastoraledel Vescovo Cesareper l’anno 2014-15

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    Iniziazione cristianaI. L’iniziazione cristiana delle nuove generazioni La formazione di educatori e catechisti della co-munità deve tener conto anzitutto del contesto culturale: il mondo è cambiato, va modificata la modalità di approccio a questa realtà. Si tratta di attuare una nuova inculturazione del-la fede e quindi cogliere gli spazi per orientare in senso evangelico questi cambiamenti nel rispet-to dei due poli: le attese profonde dell'essere umano e il mistero del Dio fatto uomo. Privilegiare le giovani generazioni spesso ricche di "cose", ma povere di "valori": l'accoglienza e l'accompagnamento devono essere base dell'a-zione educativa. In questo senso devono essere preparati anima-tori e catechisti per intercettare esigenze e atte-se, rispondere con realismo e fiducia alle speran-ze di una generazione incerta e spesso delusa.Tenendo conto che primo luogo educativo deve essere la famiglia: non è realizzabile un processo di iniziazione cristiana senza un impegno della comunità per e con la famiglia.Famiglia che deve essere sostenuta nel suo im-pegno di dialogo e testimonianza di vita, di pro-posta della fede, di cammino coerente con la fede abbracciata.Famiglia compresa all'interno delle sue relazioni (nonni compresi), della sua esistenza concreta, delle sue difficoltà, delle sue domande…: in que-sto clima ogni famiglia deve essere accompagna-ta e sostenuta dalla comunità, diventare parte della comunità per realizzare un cammino ade-guato per i propri figli. Catechisti evangelizzatori e testimoni: dotati di grande umanità, coscienti della fede ricevuta, membri vivi della comunità, devono essere edu-catori a tutto campo, per far emergere tutte le risorse dei ragazzi loro affidati. Secondo queste linee devono essere scelti e sostenuti, ma anche continuamente formati se-condo il principio che "chi fa catechesi ha biso-gno di catechesi".E interagire con tutte le altre figure educative della comunità.La catechesi si muove tra primo annuncio (ke-rigma) del Cristo morto e risorto e cammino (mistagogico) che segue la celebrazione del sa-cramento. Ma è opportuno ricordare le tappe dell'iniziazione:- fondamento la pastorale prima e dopo il Batte-simo: si tratta dell'iniziazione cristiana dei bam-bini nelle loro famiglie, sostenendo iniziative e fornendo strumenti perché la famiglia sia coin-volta direttamente in questo cammino;

    - ma importante è anche il momento della fan-ciullezza: un tempo più lungo, cadenzato dalla celebrazione dei sacramenti (Riconciliazione, Eucarestia, Confermazione), con incontri setti-manali che salvaguardino la domenica. Deter-minanti in questa fase la collaborazione con as-sociazioni e movimenti ecclesiali, con gruppi e realtà esterne che costituiscono momenti vitali della crescita;- quindi un altro periodo che sostenga l'età gio-vanile, basato sull'approfondimento del Credo, con esperienze di servizio e di missione, per ter-minare con una solenne professione di fede in una celebrazione comunitaria.In questi cammini va ricordata l'importanza dell'oratorio, come momento di vita, di comu-nità, luogo educativo e di crescita umana e la centralità dell'Eucarestia, fonte e culmine dell'i-niziazione cristiana, della vita cristiana.Una parte del documento è dedicata ad alcune note metodologiche:- lo stile dell'accoglienza è determinante: ascol-tare senza pregiudizi, coniugare verità e carità; - cammini che danno priorità alle relazioni: ac-compagnare, coinvolgere, valorizzare…- non "prima comunione", ma Eucarestia: aiuta-re a comprendere il significato profondo anche con momenti riservati (celebrazione della Paro-la) e a piccoli gruppi nelle Messe domenicali;- alcune indicazioni più pratiche sui criteri per l'ammissione ai sacramenti, la scelta dei padrini, le iniziative per lanciare le attività catechistiche;- necessaria collaborazione e interazione tra ca-techesi, liturgia e carità;- riferimento ai principali documenti della Chie-sa sulla catechesi per una esposizione chiara e organica del mistero del Dio incarnato, manife-stato in Gesù, che continua nella Chiesa: mistero di incarnazione che esemplifica l'integrazione tra fede e vita, la disponibilità al dialogo e all'in-contro con ogni persona; - necessità di un programma e di testi adeguati per impostare interventi organici e continuativi in riferimento alla Bibbia, al Documento Base e al Catechismo della Chiesa cattolica; - di fondamentale importanza la collaborazione con le realtà educative del territorio, sia religiose (movimenti, gruppi…) che laiche (realtà sportive e associative varie): in particolare vien ribadita l'importanza dell'oratorio e della scuola;- sarebbe logico che questo cammino fosse inse-rito in un percorso più ampio di scelte e orienta-menti del territorio.

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    Intervista ai catechisti1. I metodi e gli strumenti della catechesi sono cambiati in relazione al contesto socio-cultura-le in cui i ragazzi e le famiglie sono immersi?

    Il contesto sociale “post-moderno” della nostra città è caratterizzato, nel corso degli ultimi anni, da una crescente presenza di persone di origine straniera che incrociamo quotidianamente nelle strade, nei posti di lavoro, nelle scuole; dalla cri-si economica che segna profondamente la vita dei singoli, delle famiglie e dell’intera società; le ristrettezze economiche in particolare si rifletto-no su molti aspetti delle nostre vite, trasmetten-doci un senso di incertezza verso il futuro e di difficoltà nel cercare i mezzi, non solo materiali, necessari per affrontarlo. I rapidi cambiamenti tipici delle nostre società complesse, a volte ri-schiano di farci perdere di vista i valori impor-tanti per la persona umana: la solidarietà e la fratellanza tra gli uomini; la fede stessa rischia a volte di essere messa in secondo piano rispetto ad altre esigenze che ci appaiono più allettanti Anche noi, come i nostri ragazzi e le loro fami-glie, avvertiamo la necessità di riscoprire le ra-dici della nostra fede, affinché possiamo meglio comprendere il senso della nostra vita quotidia-na, riorientandola alla luce degli insegnamenti di Gesù Cristo. (Gina e Rosa)

    A nostro avviso oggi ci si trova ad operare più che in passato in un contesto di crisi economica, di riferimenti e… molta stanchezza; in questo con-testo risulta fondamentale possedere doti di “pa-zienza” e soprattutto di dialogo. La proposta che si cerca di fare in questi ultimi anni passa attra-verso un maggior coinvolgimento delle famiglie e l’utilizzo di mezzi di comunicazione che possono maggiormente interessare i ragazzi. (Angela, An-tonella, Marina)

    Negli ultimi anni accogliamo bambini sempre più digiuni di ogni genere di evangelizzazione, per cui è necessario un primo annuncio. Dobbia-mo partire proprio dal fatto che Gesù è amico e ci vuole bene. Loro hanno molto forte il valore dell'amicizia... e poi il primo annuncio è soprat-tutto da rivolgere alle famiglie (Maria)

    Modifiche nei metodi di catechesi ce ne sono state perché la società è cambiata molto ed è giusto che si tenga conto anche della vita delle persone. Gli incontri di catechismo per i bambi-ni sono opportunità di fare amicizia, di giocare con altri ragazzini, di fare gruppo e camminare

    insieme serenamente e con gioia. Gli incontri con le famiglie sono opportunità per conoscer-si, scambiare delle opinioni, cercare di andare al di là di un semplice saluto frettoloso. Scoprire che i problemi e le difficoltà sono pressappoco uguali in tutte le famiglie, forse questo aiuta a sopportarli meglio. Condividere momenti di gio-ia tutti insieme. In poche parole è diventata una catechesi più concreta, più vicina alle persone e ai loro bisogni, una catechesi che supporta e sopporta. (Giulia)

    2. Le finalità educative dei catechisti sono orientate a rispondere alle attese profonde dell’uomo e all’esigenza di conversione che il Vangelo impone? Attraverso quali obiettivi e quali proposte?

    Noi dobbiamo principalmente accogliere e cam-minare a fianco in un percorso che gradualmen-te porta alla conoscenza di Gesù e alla compren-sione dell'importanza primaria dell'incontro con LUI tramite la messa domenicale e l'eucarestia. (Maria)

    Il cammino che porta a una maturazione della fede è fatto di piccoli passi ed è fondamenta-le, soprattutto all’inizio del percorso di cate-chismo, mettersi in ascolto dell’altro, prima di proporre un modello ideale di vita, nel quale è difficile ritrovarsi perché lo si avverte come lontano e irraggiungibile. Mi sembra che in questi ultimi anni ci si proponga sempre più di far avvicinare i giovani alla figura di Gesù,

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    presentandolo come un amico, qualcuno che ci capisce e ci vuole bene. (Gina e Rosa)

    Quando si pensa alle finalità educative dei cate-chisti ci rendiamo conto di quanto queste vadano contro corrente rispetto ai messaggi con cui sono quotidianamente “bombardati” i nostri ragazzi (dove conta l’avere, l’apparire, l’individualismo) e spesso almeno inizialmente, i ragazzi, ma anche i genitori rimangono un po’ spiazzati e, a volte, si percepisce un senso di inadeguatezza da parte loro (e anche nostra!). Secondo noi l’obiettivo è riuscire ad abbattere le barriere con l’accoglienza, l’ascolto e il dialogo senza mai avere pregiudizi, facendo proposte che rispettino i tempi e le sen-sibilità delle famiglie. Nei vari anni di catechismo si è cercato di sviluppare un argomento specifico, puntando a far partecipare la famiglia alla messa domenicale. La catechesi tende a far sfociare il tutto nella celebrazione comunitaria dell’Eucare-stia domenicale. (Angela, Antonella, Marina)

    3. Quali azioni mettono in atto sacerdoti e cate-chisti per accogliere ogni famiglia e valorizzar-ne la presenza nella vita della comunità?

    Vengono organizzati ritiri di sabato pomeriggio e/o domenica tutto il giorno in cui i genitori sono invitati ad essere partecipi dei momenti princi-pali del percorso catechistico con giochi insieme ai loro figli, pranzo insieme alle altre famiglie in modo da incrementare il coinvolgimento e la condivisione. (Maria)

    Si è scelto sin dall’inizio di coinvolgere l’intero nucleo familiare nel percorso di catechismo, pro-ponendo degli incontri specifici per i genitori e i ragazzi e delle occasioni di “convivialità” durante le quali le famiglie con i bambini si trovano a in-teragire con la comunità parrocchiale. L’obiettivo del coinvolgimento dei genitori nel percorso di catechismo è quello di far riscoprire il loro ruolo di primi educatori alla fede. (Gina e Rosa)

    Avere un luogo di aggregazione come il nuovo oratorio certamente permette ai sacerdoti, ai catechisti, agli educatori e agli animatori di co-noscere le famiglie anche e soprattutto in modo informale, di instaurare un dialogo, uno scambio reciproco ed una conoscenza fondamentali per poter svolgere serenamente ed in modo costrut-tivo un percorso di evangelizzazione. Non dob-biamo poi dimenticare che anche quelle famiglie che, almeno apparentemente, non si lasciano coinvolgere dalle nostre proposte, ci affidano co-munque i loro figli e questo non è poco! (Angela, Antonella, Marina)

    4. Quali sono i percorsi di formazione degli operatori della catechesi? Ti sembra poi che le parrocchie e le realtà ecclesiali mettano in atto “unità di indirizzo e scelte convergenti sul ter-ritorio”?

    Ci sono corsi di formazione per catechisti di tutta l'Unità Pastorale a cui partecipano anche i religiosi e si condividono esperienze e compe-tenze. (Maria)

    Segnaliamo come molto positivo il fatto che le parrocchie stiano mettendo sempre più in atto sistemi di collaborazione reciproca e percorsi condivisi; spesso i ragazzi e le famiglie di oggi non hanno più la percezione di appartenere a una parrocchia piuttosto che ad un’altra (del resto vanno a scuola insieme, fanno sport insieme… e noi catechiste stiamo cercando di collaborare tra di noi ) e deve essere nostra cura accogliere le fa-miglie dove esse si recano. Per quanto concerne la formazione dei catechisti, la diocesi organizza delle serate di corso e ritiri tenuti da relatori mol-to qualificati. Con le dovute cautele anche inter-net è uno strumento buono per trarre idee e ma-teriali e non mancano le pubblicazioni di qualità specifiche per la catechesi. La collaborazione tra l’attività di catechismo e la scuola è ancora piut-tosto scarsa. In quest’ultimo anno è cresciuta la volontà di creare una “rete educativa” che unisca la scuola e la parrocchia, tra i ragazzi della scuola inferiore e superiore. Un esempio pratico lo ab-biamo avuto con il musical “Jamme a cantà” in-terpretato da ragazzi delle quattro parrocchie di Rivoli e replicato per le scuole; un’altra iniziativa interessante è stata la serata sui temi dell’edu-cazione rivolta a insegnanti, genitori, catechisti e animatori. È in atto qualche tentativo di colla-borazione tra rappresentanti della scuola e delle Parrocchie. (Angela, Antonella, Marina)

    Le parrocchie di Rivoli, e non solo, danno molte opportunità per chi sente l'esigenza di un cam-mino più profondo. Oltre al corso di formazione

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    annuale per i catechisti, ci sono anche altre oc-casioni d'incontro di catechesi con lettura e com-mento di brani del Vangelo (lectio divina), serate o giornate a tema, esercizi spirituali ecc... I cana-li possono essere molteplici: la parola, la carta stampata, video, attraverso le varie forme d'arte: musica, canto, pittura, gioco e internet. (Giulia)

    5. Il vescovo afferma che l’uomo moderno ascolta più volentieri i testimoni che i maestri e se ascolta i maestri è perché sono dei testimo-ni. Quali proposte sono state attivate per far in-contrare ai nostri bambini e ragazzi i testimoni del cristianesimo?

    Nel percorso catechistico da noi attuato lo sguar-do dei ragazzi è invitato a rivolgersi alle realtà di carità e volontariato esistenti nel territorio per mettere in pratica responsabilmente e concreta-mente il loro essere CRISTIANI. (Maria)

    L'incontro con le realtà esistenti nella Diocesi è un'esperienza che è già in atto per i ragazzi che fanno il percorso per il sacramento della cresi-ma. Nel percorso si accompagnano i ragazzi a far conoscere i vari enti caritativi che operano sul nostro territorio come il Sermig, il Cottolengo, i Missionari della Consolata, il Centro Aiuto alla Vita di Rivoli, ma anche le comunità religiose come quelle delle suore di clausura di Via Quer-ro a Rivoli/Cascinevica. Nella primavera prossi-ma verranno accompagnati anche all'ostensio-ne della Sindone. (Giulia)

    6. Nella lettera il Vescovo traccia un “ritratto” del catechista. Tu che offri il tuo servizio come catechista come definiresti il tuo ruolo? Qua-li aiuti spirituali e concreti la comunità ti offre come sostegno al tuo servizio?

    Io sono convinta che il mio ruolo è soprattut-to il privilegio di INCONTRARE le famiglie e stare loro vicino in un percorso di fede che ci unisce... per cui mi ritengo fortunata perché posso avere questa opportunità speciale!!! (Maria)

    Per i catechisti ci piace la definizione di “ac-compagnatore”, ossia colui che compie un cammino insieme agli altri facendo del proprio meglio per essere guida e testimone ma anche per rimanere aperto al prossimo e disposto in qualunque momento a rivedere i propri passi, a raccogliere suggerimenti e a collaborare con gli altri catechisti e con la Comunità. Ci sentia-mo testimoni attivi con la volontà di trasmet-tere il bello del Vangelo. Abbiamo varie propo-ste di cammino per la crescita della “persona

    cristiana”: incontri di catechesi, ritiri, cammini nella fede aperti non solo alle catechiste ma anche a tutti gli adulti.Nel nostro percorso di catechismo, il gruppo non utilizza un solo strumento (ad es. il libro) ma includiamo le idee e le proposte che ven-gono dagli altri operatori compresi gli anima-tori che seguono il nostro percorso e che con il gioco veicolano lo stesso nostro messaggio. (Angela, Antonella, Marina)

    Vivere la messa ogni domenica insieme alla comunità parrocchiale è un aiuto spirituale, condividere momenti di gioia con gli altri è un aiuto spirituale, quando si pensa di non farce-la, a volte può capitare, se ne parla insieme alle catechiste del proprio gruppo oppure con il gruppo al completo durante le riunioni che periodicamente facciamo.E poi c'è Lui che è l'aiuto più grande, basta fi-darsi... (Giulia) Il catechista è fondamentalmente un cristiano, una persona in cammino che ha accettato di svolgere un incarico all’interno della comunità nella quale vive e dalla quale è a sua volta so-stenuto (Gina e Rosa)

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    1. Vi sembra che le nostre comunità diano un’adeguata lettura del contesto culturale del-la società contemporanea? Quali aspetti della concreta vita di famiglia ancora sfuggono? Di quali esigenze formative e di quali domande di senso la famiglia è portatrice?In base alle nostre esperienze familiari la comu-nità di cui facciamo parte ci ha fornito, finora, un cammino cristiano adeguato alle nostre perso-nali aspettative. (Daniela)Adeguata la lettura del contesto data dalle no-stre comunità. Forse quello che sfugge è la dif-ficoltà da parte della famiglia di partecipare alle proposte che vengono rivolte. Il tempo libero – al netto di tutte le occupazioni - è davvero poco. (Elena)Quello che serve alla famiglia è un supporto educativo, l’offerta di un ambiente dove i ragazzi possono essere guidati attraverso una rete che confermi i valori e le scelte educative della fami-glia. (Paolo)

    2. Quali proposte concrete in termini di attivi-tà e di cammini di fede vi aspettate da parte dei catechisti nei confronti dei vostri figli? Qua-li proposte possono invece essere rivolte alla famiglia o alla coppia? Quali attitudini, atteg-giamenti e comportamenti potrebbero favorire una cultura dell’accoglienza da parte degli ope-ratori della catechesi?Per quello che abbiamo potuto vivere, dal no-stro matrimonio al percorso di catechismo dei nostri figli, abbiamo sempre ricevuto una bella accoglienza in un ambiente amichevole in ogni circostanza. (Daniela)Mi verrebbe da dire “Più di così?!”. Siamo infatti coinvolti nel cammino di fede dei nostri figli, an-che perché ci crediamo. (Elena)Ci aspettiamo per i nostri ragazzi cammini che portino a scoprire la bellezza e la radicalità del Vangelo, anche in riferimento alle scelte morali, un ambito in cui le famiglie cristiane si sentono sicuramente di proporre un modello controcor-rente. (Paolo)

    3.“Non si possono ignorare o disattendere inol-tre nell’incontro con le famiglie i problemi di ordine sociale ed esistenziale che le preoccupa-no. Di fronte a ogni famiglia ci si deve chiedere: quali sono i suoi problemi e le sue esigenze di fede e di vita? Oggi, ciò che più interessa una famiglia sono gli affetti, il lavoro e i problemi

    Intervista ai genitori

    sociali connessi, l’educazione dei figli, le even-tuali persone sofferenti e malate che ne fanno parte, il tempo libero. È dentro questa rete di problemi, situazioni e condizioni vitali che van-no collocati l’annuncio di Cristo ed il suo Vange-lo, quale luce, sostegno e forza che dà vigore e significato a quanto vissuto giorno per giorno.” Vi sentite di confermare queste parole del Ve-scovo? Quali elementi non sono compresi nella sua analisi? Emergono dal vostro vissuto altre sottolineature?Riuscire a collocare l’annuncio di Cristo e il suo Vangelo all’interno dell’attuale società risulta già molto difficile senza tener conto dei proble-mi sopra citati, per cui quello che la nostra co-munità cristiana sta facendo è un ottimo lavoro, ovviamente ci sono sempre margini di migliora-mento come ad esempio intrecciarsi meglio con il mondo del lavoro per poter aiutare persone in difficoltà lavorative. (Daniela)Difficile, infatti, destreggiarsi tra le occupazioni ordinarie (e sono tante) e le esigenze particolari che via via si presentano nella vita di una fami-glia. E per esigenze particolari intendo la fatica di certe adolescenze spinose, la preoccupazione per un lavoro precario, la malattia… Penso che la comunità possa portare dentro queste situazio-ni una luce di speranza annunciando la risurre-zione del Signore. (Paolo)

    4. Il Vescovo afferma che i nostri percorsi di catechesi sono ancora carenti su due ver-santi: quello del primo annuncio, che viene dato per acquisito, e quello della mistagogia, cioè il cammino successivo alla celebrazione del sacramento. Avete in merito delle osser-vazioni utili a qualificare questi percorsi in modo più incisivo? Quali proposte potrebbe-ro essere messe in atto per far sperimentare la fede nelle nostre comunità e nel tessuto ordinario della vita?L’affermazione del vescovo è giusta, e trovare una valida proposta migliorativa non è facile, in quanto il tempo a disposizione purtroppo non è molto anche se spesso basterebbe un po’ di buona volontà da parte della famiglia per tro-varlo. (Daniela)La nostra esperienza ci dice che ciò che conta è l’appartenenza: ci si ferma in parrocchia dopo la celebrazione del sacramento se si è creato un gruppo e quel gruppo funziona. (Paolo)

    Intervista a cura di Lidia Zanette

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    Giovani Si parte dall'attenzione dedicata da don Bosco (in occasione del bi-centenario della nascita) ai giovani: un amore di verità e misericordia, un amore di amicizia e trasparen-za. Sono valori forti, ancora attuali, evangelici.Un breve ricordo della sua espe-rienza con i giovani: una bella acco-glienza, ma anche la coscienza delle difficoltà e resistenze di molti alla proposta cristiana. Ecco allora le pro-

    poste del Sinodo dei giovani per rilanciare a tutti quanto emerso da questo grande evento.- porre i giovani al centro dell'attenzione pastorale: giovani che devono vivere con pienezza la loro età, ma nella prospettiva della maturità umana e sociale;- la giovinezza come momento per orientare la propria vita, fare le scelte importanti, assumersi le re-sponsabilità necessarie: accogliere e accompagnare in questo cammino, con attenzione particolare agli "invisibili";- questo cammino verso la libertà comporta anzitutto la scelta di Cristo: una scelta motivata, fondata sulla Parola e sulla preghiera che orienti tutta la vita;- scelta che impegna ad una partecipazione più attiva nella propria comunità, in cui devono trovare spazi adeguati, ma anche nella dimensione più ampia della chiesa: servizi, associazioni, movimenti;- scelta che impegna nell'annuncio del Vangelo nel proprio ambito di vita, senza escludere luoghi anoni-mi e difficili, come faceva don Bosco: andava a cercare i "lontani" e gli "invisibili", perché più bisognosi dell'amore di Dio.Il vescovo ricorda alcuni ambiti specifici della formazione dei giovani: affettività, studio e cultura, lavoro, volontariato, senza trascurare il mondo dei nuovi media e del tempo libero.Ma l'eredità più preziosa di don Bosco è l'oratorio: può essere la risposta più adeguata ai bisogni dei giovani nel senso dell'accoglien-za e dell'educazione, ma anche della crescita e della responsabilità. Un "laboratorio di comunità" gestito e sostenuto dalla comunità tutta, aperto sulla strada, luogo di socialità e spiritualità, che coinvolga tut-ta la comunità, nella formazione, nel mantenimento, nella crescita, nella più assoluta gratuità, come stile di vita ed educazione reciproca. In sintesi le richieste dei giovani al Sinodo:- comunità giovanili che siano parte e fermento della società e della chiesa per rinnovarle dal di dentro- itinerari differenziati per rispondere alle molteplici esigenze e orientamenti della popolazione giovanile- la qualificazione della comunicazione aggiornata nella relazione diretta e nei media moderni- sostegno per la il cammino e la scelta vocazionale - strumenti per impegnarsi nei diversi am-bienti di appartenenza e lavoro- verifica di attuazione del Sinodo- un impegno simile al Sinodo rivolto agli adolescenti

    L'appello ai giovani insiste sul momento di grazia offerto dagli eventi vicini (osten-sione, bicentenario, visita del papa) per ringraziarli del loro forte impegno nella

    chiesa e nel volontariato, ricordando come impegno suo e della diocesi le paro-

    le di papa Francesco: "Non lasciatevi rubare la speranza"

    e di don Bosco"Voi giovani siete l'unico e continuo

    pensiero della mia mente".

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    La lettera pastorale del vescovo contiene un'ampia sezione dedicata ai giovani. La riflessione è matu-rata a seguito del Sinodo dei giovani, percorso che coinvolge i ragazzi dell'intera diocesi da ormai due anni. Gli argomenti emersi sono numerosi e com-positi. Abbiamo chiesto a Donatella, coordinatrice della pastorale giovanile delle quattro parrocchie di Rivoli, di aiutarci a capire come le richieste del vescovo si declinano all'interno delle nostre realtà parrocchiali.

    1. I giovani di Rivoli hanno partecipato al Sinodo?Abbiamo preso parte ad alcune delle iniziative or-ganizzate: presso la parrocchia della Stella abbia-mo ospitato una serata di incontro con il Vescovo, siamo stati alla serata della Start-up diocesana del-lo scorso 26 settembre presso l'Arsenale della Pace e siamo stati al convegno degli oratori.Saremo presenti all'interno di una riflessione su don Bosco, saremo presenti in occasione della visi-ta del Papa a Torino, a giugno; queste sono iniziati-ve che vanno già al di là degli uffici di pastorale gio-vanile, sono più in linea con i percorsi della Diocesi.

    2. Qual è la situazione della pastorale giovanile a Rivoli?La pastorale giovanile, a Rivoli, è una realtà viva e variegata. Le quattro parrocchie hanno un corpus di oltre trenta animatori giovani, riuniti nella “Re-gia Educativa”, che si occupano dell'organizzazione e dell'educazione di otto gruppi di ragazzi, dalla se-conda media alla quinta superiore. Al termine del percorso di catechismo, quindi, l'offerta formativa si snoda in un percorso che conduce e accompa-gna gli adolescenti verso l'età adulta.

    3. Quali sono le iniziative diocesane a cui la pasto-rale giovanile rivolese partecipa?Coglieremo l'occasione della prossima ostensione della Sindone, ad Aprile 2015, esperienza che coin-volgerà tutta la nostra Diocesi. A partire da questo evento, si metterà al centro della pastorale il volto di Cristo ma, soprattutto, il suo gesto ultimo. Infat-ti, il brano del Vangelo, titolo della lettera pastora-le, recita: “Non vi è un amore più grande che dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13).Altro elemento importante del nostro anno pasto-rale è il bicentenario di don Bosco e, quindi, verrà avviato un processo di conoscenza di questa figura educativa forte che, in Piemonte, è stato iniziatore degli oratori al quale, ancora oggi, ci ispiriamo.

    4. Quali aspetti della lettera pastorale vi hanno colpito maggiormente?A Regia Educativa abbiamo letto la lettera del Ve-

    scovo e abbiamo individuato quattro punti che hanno stimolato riflessioni importanti.

    1. L'“Amore più grande”. Noi animatori ci dobbia-mo ricordare di questo sacrificio che Gesù ha fatto per l'umanità e per ciascuno di noi. Mettiamo al centro una relazione personale con il Signore che si è lasciato mettere in croce per ognuno di noi. Questo ci fa da richiamo al concetto di GRATUITÀ, al fatto che tutti dovrebbero prendere esempio da Gesù nelle proprie relazioni prima che nel servizio di animazione. è importante vivere l'amore carita-tevole nei rapporti interpersonali.

    2. Un altro punto che ci ha interrogato è l'argo-mento delle RESPONSABILITÀ. Nella lettera si parla di tre responsabilità: del proprio rapporto con Cri-sto, di una vita fraterna nella Chiesa, e nell'annun-cio del Vangelo. Noi, come animatori, siamo chia-mati a essere responsabili del cammino di crescita spirituale, personale e umano dei nostri ragazzi. Quindi, quando ci rendiamo disponibili a essere animatori ed educatori, dobbiamo mettere in con-to che non prestiamo un servizio per noi stessi ma per una responsabilità: la crescita dei ragazzi.

    3. Il tema della TESTIMONIANZA: l'animatore non opera all'interno della pastorale per insegnare qualcosa ai ragazzi, ma per trasmettergli un'espe-rienza di vita. Quindi, prima, deve essere respon-sabile del proprio cammino di crescita. Una figura educativa che sia portatore di testimonianza che diventa esempio proveniente dall'integrità di una persona, dal suo cammino di fede personale.

    4. Un altro elemento fondamentale è il concetto di ACCOGLIENZA. Un'accoglienza rivolta, soprattut-to, a chi è fuori dalle mura parrocchiali. Non biso-gna dimenticare che, oltre alle attività nei gruppi e nell'animazione, c'è una grossa fetta di giovani che non fanno parte di questi percorsi. L'idea è quella di cercare di individuare strade che possano coinvolgerli. Strade, anche alternative, che passa-

    Intervista a Donatella, coordinatrice pastorale giovanile

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    no attraverso strumenti diversi dalla formazione esplicita, come i laboratori di danza, canto, tea-tro e lo sport. L'accoglienza quotidiana di que-sto oratorio passa per l'informalità e raggiunge un po' di più questi ragazzi che provengono da situazioni esterne.

    5. Quali sono, dunque, gli obiettivi che si pone la regia educativa per l'anno pastorale in corso?Alla luce di questa riflessione, mettendo insie-me anche tutti i percorsi della regia educativa, abbiamo individuato cinque mete per quest'an-no. Ovviamente non escludono tutto il percorso educativo che abbiamo portato avanti negli anni passati, ovvero tutte le sensibilità che abbiamo raggiunto e che continuano ad essere presenti. A queste si aggiungono:1. La volontà di USCIRE dalle parrocchie. Da un lato si va verso la macro-struttura della nostra Diocesi alla quale aderiamo poco, non abbiamo ancora coltivato questa attenzione aderendo a iniziative che ci permetterebbero di avere scambi con altre realtà ed altri giovani. L'obiettivo futuro è di aderire alle proposte diocesane per entrare in un discorso di Chiesa “allargata”. E, dall'altro, si vuole uscire verso quei ragazzi che non fanno parte dei nostri gruppi. è nostro impe-gno crescere in entrambe le direzioni. 2. Bisogna cogliere l'occasione per crescere uma-namente all'interno della Regia Educativa (nei processi decisionali educativi) conoscendoci di più e dandoci delle occasioni di scambio informa-le; in modo che gli incontri non siano più, soltan-to, un momento sterile di programmazione, di lavoro, ma siano anche occasione per conoscersi e per stare insieme. 3. Compito della pastorale giovanile è, anche, quello di prendersi maggior cura del tempo in-formale nostro e dei ragazzi. Abbiamo la grande risorsa dell'oratorio, che è una grande opportu-nità, ma che non è frequentato da noi educatori e dai giovani animatori in maniera sistematica e continuativa. Si popola il venerdì sera, in occasio-ne delle varie attività dei gruppi adolescenziali, ma, durante la settimana, non è ancora diventato un centro di incontro riconosciuto; probabilmen-te è un'abitudine non ancora consolidata. Il pro-

    getto futuro è proprio quello di trasmettere l'idea che l'oratorio è un luogo che si può abitare sempre e che è parte di una comunità viva e giovane. 4. Altro obiettivo importante è il coinvolgimento dei nostri animatori più giovani nella responsabili-tà educativa. In questo momento, tutta la respon-sabilità educativa è carico degli animatori adulti, mentre i collaboratori più giovani vengono convo-cati solo quando ce n'è bisogno e a decisioni prese. La strada da percorrere è anche questa: restitui-re questa responsabilità, il che permetterà loro di essere parte attiva nel processo decisionale, altri-menti rischiano di rimanere meri esecutori. 5. Infine, altro punto cardine, è l'appuntamento della messa domenicale. All'interno di ogni grup-po deve essere forte l'intenzione a prendersi cura di questa responsabilità. Comprendere che, alla base del proprio percorso di formazione, impegno imprescindibile è la messa della domenica, questo incontro comunitario con la Parola e con Gesù eu-caristico. Questi obiettivi si declinano in azioni concrete e individuabili, è responsabilità di ciascun gruppo sollecitare questo discorso della messa della do-menica attraverso strategie esplicite ed implicite.

    6. Vi sono delle novità operative scaturite dall'ul-timo incontro di regia educativa?Quest'anno ospiteremo i corsi di formazione per animatori della “NOI Torino”. Inoltre, abbiamo in programma di mettere a calendario due sera-te per i nostri adolescenti dei gruppi, dalla prima alla quinta superiore, di corsi per l'animazione che faremo noi internamente, al di là del corso della NOI Torino. Diversamente dagli altri anni, faremo sì che i nostri giovani colgano che l'animazione non è soltanto un servizio, ma è uno stile di vita. Non è solo concentrato in prossimità della preparazione dell'estate ragazzi ma è un percorso, sicuramente, più impegnativo: è uno stile che va fatto maturare e una consapevolezza che va accresciuta. Durante i due incontri, uno a novembre e uno a gennaio, recupereremo, e restituiremo ai più piccoli, il cam-mino formativo della NOI Torino dell'anno scorso a cui alcuni educatori hanno partecipato.

    7. C'è un aspetto della lettera su cui la pastora-le giovanile di Rivoli sente di dover accrescere la propria esperienza?Un appunto che il vescovo lascia è sul discorso del-la disabilità. Nei nostri oratori è una realtà molto presente, soprattutto negli appuntamenti quoti-diani, ed è legata, soprattutto, alla fascia dei giova-ni. Noi abbiamo ben presente questa situazione e una sfida che dobbiamo intraprendere è quella di accogliere questi ragazzi rispettandone la loro di-gnità individuale. Accogliere la disabilità è una no-stra precisa responsabilità educativa ma è altret-tanto doveroso offrire un'opportunità che sia per

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    loro stimolante: non posso sostituirla con una proposta che farei ad un bambino di terza ele-mentare. Dentro a una dinamica inficiata nelle competenze, piuttosto che offrire proposte ina-datte o inadeguate, è importante considerare un'opportunità aggregativa di accoglienza, cali-brata e pensata. L'obiettivo è quello di inserirli in gruppi, in percorsi formativi, all'interno di una proposta di attività, di lavoro dentro le nostre realtà che, però, pongano l'attenzione sulla di-mensione della disabilità.

    8. Infine, il vescovo si augura che all'interno delle parrocchie nascano delle comunità di gio-vani le quali, finito il percorso dei gruppi, pos-sano confrontarsi su quelli che sono i temi più svariati: dalla spiritualità all'attualità, in base all'esigenza di relazionarsi con una dimensione adulta. Qual è l'offerta della pastorale giovani-le di Rivoli in tale direzione?Alcuni giovani, dai vent'anni in su, hanno costi-tuito la Comunità Giovani, meglio conosciuta come Co.Gi.. All'interno della diocesi di Torino la comunità giovani, o comunque un gruppo così importante costituito essenzialmente da giova-ni è una perla rara, ce ne sono pochissime così popolate e strutturate. È un dono grande che abbiamo, è una comunità che si auto-forma tra-mite lo scambio quotidiano, personale. La Co.Gi. è nata con un taglio prettamente spirituale, di approfondimento della fede, le riflessioni ri-guardanti argomenti di attualità non sono molto frequenti ma ciò può essere un invito da acco-gliere per crescere anche in virtù di uno spirito di comunione e fratellanza.

    Intervista a cura di Jenny

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    Agorà del socialeIn un passo della Evangelii gaudium (EvG 71) il papa invita a guardare alla città con uno "sguardo contemplativo" e ripensarla come luogo e momento di incontro tra le persone, soprattutto per rispondere alle tante urgenze che oggi attraversano la "città dell'uomo": persone sempre più fragili, in situazio-ni sempre più incerte, che attraversano tutte le categorie, ma non possiamo ac-cettare la cultura dello scarto!Come comunità dobbiamo reagire pro-muovendo e sostenendo un clima di vera fraternità: metodo di lavoro e di alleanze per costruire una piazza ide-ale, per dare spazio alla speranza so-prattutto sui tre versanti dell'educazio-ne, del lavoro e del welfare. Fraternità che caratterizza un nuovo umanesimo, centrato sulla persona, basato sulla so-lidarietà, avverso all'indifferenza e alla burocrazia, all'individualismo e all'egoi-smo settoriale.Per realizzare questo obiettivo occorre valorizzare la famiglia sia sul piano eco-nomico che culturale, dare ampio spa-zio alla formazione e all'educazione in senso ampio. Fondamentale in questo percorso il metodo della rete, superan-do settorialità ed egoismo degli inter-venti, determinato e coordinato dalla politica, quella vera, "la forma più alta di carità" come la chiamava Paolo VI.Ma determinante un patto sociale che ridia dignità attraverso il lavoro: il bene

    Nelle foto: locali interni del dormitorio“Il mantello di San Martino”.

    comune deve orientare a trovare le condizioni per un la-voro dignitoso, finalizzato alla persona, rispettoso della famiglia, fuori dalle logiche consumistiche.Un sistema-lavoro che riporti speranza tra i giovani e cre-dibilità negli adulti che investono sulla formazione di que-sta generazione.Nuovo umanesimo che coinvolge anche un nuovo modello di sviluppo ispirato alla cooperazione e alla sussidiarietà, basato su stili di vita personale e sociale più sobri e solidali.Un cammino da realizzare con piccole scelte quotidiane, ma con un occhio particolare agli "orfani della città", ai tanti che vivono in solitudine, agli immigrati."Fare strada ai poveri senza farsi strada": un impegno per tutti, non solo per i politici.Un impegno necessario per parrocchie e comunità, non solo in questa situazione di necessità. I nostri santi so-

    ciali hanno già praticato queste strade