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1 PAPA FRANCESCO E L’ENCICLICA VERDE “LAUDATO SI’” A cura di Ilaria MATTIA e Giorgia FERELLA A.A. 2017-2018 La vita di Papa Francesco Jorge Mario Bergoglio nasce a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli. Inizialmente intraprende gli studi giovanili come tecnico chimico, e si mantiene per un certo periodo facendo le pulizie in una fabbrica e poi facendo anche il buttafuori in un locale malfamato di Córdoba. Decide di entrare nel seminario di Villa Devoto e l'11 marzo 1958 comincia il suo noviziato nella Compagnia di Gesù, trascorrendo un periodo in Cile e tornando a Buenos Aires in seguito, per laurearsi in filosofia nel 1963. Terminati gli studi ecclesiastici, dal 1964 inizia la carriera universitaria come docente di letteratura e psicologia insegna per tre anni letteratura e psicologia nei collegi dell’Immacolata di Santa Fé e di Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe. Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José Castellano. Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti.

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PAPA FRANCESCO

E L’ENCICLICA VERDE “LAUDATO SI’”

A cura di Ilaria MATTIA

e Giorgia FERELLA

A.A. 2017-2018

La vita di Papa Francesco

Jorge Mario Bergoglio nasce a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, figlio di

emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle

ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e

dell’educazione dei cinque figli.

Inizialmente intraprende gli studi giovanili come tecnico chimico, e si mantiene

per un certo periodo facendo le pulizie in una fabbrica e poi facendo anche il

buttafuori in un locale malfamato di Córdoba.

Decide di entrare nel seminario di Villa Devoto e l'11 marzo 1958 comincia il

suo noviziato nella Compagnia di Gesù, trascorrendo un periodo in Cile e

tornando a Buenos Aires in seguito, per laurearsi in filosofia nel 1963.

Terminati gli studi ecclesiastici, dal 1964 inizia la carriera universitaria

come docente di letteratura e psicologia insegna per tre anni letteratura e

psicologia nei collegi dell’Immacolata di Santa Fé e di Buenos Aires.

Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San

Giuseppe.

Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José

Castellano.

Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile

1973 emette la professione perpetua nei gesuiti.

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Il 31 luglio 1973 viene nominato provinciale dei gesuiti dell’Argentina.

Continua il lavoro nel campo universitario fino ad essere investito, tra il 1980

e il 1986, della carica di rettore del collegio di San Giuseppe oltre che parroco

a San Miguel.

Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale; quindi i superiori

lo inviano nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della

Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore.

È il cardinale Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos

Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di

Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale

l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto sceglie Miserando

atque eligendo e nello stemma inserisce il cristogramma ihs, simbolo della

Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores e

il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale.

Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, è promosso arcivescovo

coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale

Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di

Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran

cancelliere dell’Università Cattolica.

Opera molto nella sua terra in favore dei poveri e dei bisognosi, attraverso

progetti missionari incentrati sulla comunione e sull’evangelizzazione,

confidando in un lavoro sociale congiunto tra preti e laici. Il coinvolgimento

che Bergoglio pone in questi progetti suscita nella popolazione molta

ammirazione e benevolenza nei suoi confronti, nonostante il suo carattere

schivo.

Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del

titolo di san Roberto Bellarmino, intanto, in America Latina, la sua figura

diventa sempre più popolare Nell’ottobre 2001 è nominato relatore generale

aggiunto alla decima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi,

dedicata al ministero episcopale. Nel 2002 declina la nomina a presidente della

Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo viene eletto e poi

riconfermato per un altro triennio fino al 2008. Intanto, nell’aprile 2005,

partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI.

La sera del 13 marzo 2013, al quinto scrutinio, è eletto papa come successore

di Benedetto XVI assumendo il nome di Francesco in onore di San Francesco

d'Assisi.

È il primo gesuita a diventare papa ed il primo pontefice proveniente dal

continente americano.

«Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del conclave

era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali

siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui. Vi

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ringrazio dell'accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo

vescovo: grazie! E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il

nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per

lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca. [...] E

adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo

cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità

tutte le Chiese.

Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. [...] E adesso

vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore:

prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il

Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la

Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera

di voi su di me. [...] »

(Il primo messaggio pubblico di papa Francesco)

Nel suo primo discorso pubblico come papa, dopo aver salutato

affettuosamente la folla con un cordiale e semplice "buonasera”, ha chiesto ai

fedeli di pregare per lui, sottolineando questo momento chinando il capo e

rimanendo in silenzio per qualche istante. Ha impartito poi la benedizione Urbi

et Orbi senza l'abito corale e senza le tradizionali scarpe rosse previsti per

l'occasione, ma indossando solo l'abito piano bianco, con la croce pettorale in

argento che utilizzava prima di essere eletto papa.

Povertà e misericordia: il messaggio di Papa Francesco

Bergoglio è stato il primo

pontefice ad assumere il nome

di Francesco, scegliendo per la

prima volta dopo undici secoli,

dai tempi di papa Lando, di

adottare un nome mai utilizzato

da un predecessore.

«Nell'elezione, io avevo

accanto a me l'arcivescovo

emerito di San Paolo e anche

prefetto emerito della

Congregazione per il clero, il

cardinale Cláudio Hummes. [..]

E lui mi abbracciò, mi baciò e

mi disse: «Non dimenticarti dei

poveri!». E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in

relazione ai poveri ho pensato a Francesco d'Assisi. Poi, ho pensato alle guerre,

mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l'uomo della

Papa Francesco pronuncia la sua prima omelia

durante la missa pro Ecclesia

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pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore:

Francesco d'Assisi. È per me l'uomo della

povertà, l'uomo della pace, l'uomo che ama e

custodisce il creato; in questo momento anche

noi abbiamo con il creato una relazione non

tanto buona, no? È l'uomo che ci dà questo

spirito di pace, l'uomo povero... Ah, come vorrei

una Chiesa povera e per i poveri! »

Il motto che compare nello stemma adottato da

Bergoglio dopo la sua ordinazione a vescovo è

“Miserando atque eligendo”, espressione tratta

da un'omelia di Beda il Venerabile, traducibile come «Lo guardò con

misericordia (con sentimento di pietà) e lo scelse».

Papa Bergoglio e la medicina

Il tema della medicina viene affrontato dal pontefice nella duplice

accezione di benessere spirituale e fisico. Egli stesso ha ricevuto una laurea ad

honorem in medicina dal rettore dell’Università di Salerno e l’appellativo di

“medico delle anime” e di intimo conoscitore dei bisogni delle persone più

deboli, più povere, più bisognose della divina misericordia e della umana

solidarietà.

Nell’Angelus del 17 novembre 2013 il papa afferma: “Adesso vorrei

consigliarvi una medicina. Ma qualcuno pensa: -Il Papa fa il farmacista

adesso?-. È una medicina speciale per concretizzare i frutti dell’Anno della

Fede, che volge al termine. Ma è una medicina di 59 granelli intracordiali. Si

tratta di una “medicina spirituale” chiamata Misericordina. [..] Aiuto spirituale

per la nostra anima e per diffondere ovunque l’amore, il perdono e la fraternità.

Non dimenticatevi di prenderla, perché fa bene, eh? Fa’ bene al cuore, all’anima

e a tutta la vita!

Alla VI Conferenza internazionale sulla medicina rigenerativa, promossa

dal Pontificio Consiglio della Cultura, dal titolo “Unite To Cure A Global

Health Care Initiative”, Papa Francesco ha ricordato che la Chiesa elogia ogni

sforzo di ricerca volto alla cura di chi soffre ma che “non tutto ciò che è

tecnicamente possibile è eticamente accettabile”.

Di fronte al problema della sofferenza umana è necessario saper creare sinergie

tra persone e istituzioni, anche superando i pregiudizi, per coltivare la

sollecitudine e lo sforzo di tutti in favore della persona malata. Papa Francesco

torna a ribadire l’importanza del dialogo tra famiglie, medici e istituzioni in

genere quale primo requisito fondamentale nell’accompagnamento dei malati,

specie quelli terminali.

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«La scienza, come qualsiasi altra attività umana, sa di avere dei limiti da

rispettare per il bene dell’umanità stessa, e necessita di un senso di

responsabilità etica», sottolinea Bergoglio a medici, scienziati, pazienti, esperti

di etica, filantropi, funzionari governativi, leader religiosi.

Egli parla anche di prevenzione nel senso che «consapevoli del fatto che

molti mali potrebbero essere evitati se ci fosse una maggiore attenzione allo

stile di vita che assumiamo e alla cultura che promuoviamo», bisognerebbe

«avere uno sguardo lungimirante verso l’essere umano e l’ambiente in cui

vive».

Ciò diventa particolarmente importante «quando pensiamo ai bambini e

ai giovani, che sono sempre più esposti ai rischi di malattie legate ai

cambiamenti radicali della civiltà moderna». Basta riflettere «sull’impatto che

hanno sulla salute umana il fumo, l’alcol o le sostanze tossiche rilasciate

nell’aria, nell’acqua e nel suolo. Un’alta percentuale dei tumori e altri problemi

di salute negli adulti può essere evitata attraverso misure preventive adottate

durante l’infanzia», osserva Papa Francesco.

E aggiunge: «La scienza è un mezzo potente per comprendere meglio sia

la natura che ci circonda sia la salute umana. La nostra conoscenza progredisce

e con essa aumentano i mezzi e le tecnologie più raffinate che permettono non

solo di guardare la struttura più intima degli organismi viventi, uomo incluso,

ma addirittura di intervenire su di essi in modo così profondo e preciso da

rendere possibile perfino la modifica del nostro stesso Dna».

Riconoscendo gli enormi passi avanti fatti nella medicina ma, al

contempo, richiamando l’attenzione sul rischio sottolinea: «è fondamentale che

aumenti la nostra consapevolezza della responsabilità etica nei confronti

dell’umanità e dell’ambiente in cui viviamo». «Se vogliamo preparare il futuro

assicurando il bene di ogni persona umana – raccomanda - dobbiamo agire con

una sensibilità tanto maggiore quanto più i mezzi a nostra disposizione

diventano potenti». «Questa – conclude - è la nostra responsabilità verso l’altro

e verso tutti gli esseri viventi».

Aborto, eutanasia e pratiche anticoncezionali sono temi attuali che

causano grandi discordie nella società. Il cardinale Bergoglio, conformemente

alla posizione ufficiale della Chiesa su questi temi, ha invitato il clero e i laici

a opporsi all'aborto e all'eutanasia, ritenendo i movimenti politici a essi

favorevoli espressione di una "cultura della morte".

Secondo il quotidiano britannico The Guardian, avrebbe una visione

diversa da quella ufficiale della Chiesa sull'uso di contraccettivi, ritenendo che

possono essere ammissibili per prevenire la diffusione di malattie, anche se si

è opposto alla loro distribuzione gratuita, proposta dal Governo Kirchner, in

Argentina.

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Papa Francesco e

ambiente

È necessario «riflettere

sulla salute umana in

un contesto più ampio,

considerandola non

solo in rapporto alla

ricerca scientifica, ma

anche alla nostra

capacità di preservare

tutelare l’ambiente e

all’esigenza di pensare

a tutti, specialmente a

chi vive disagi sociali e culturali che rendono precari sia lo stato di salute sia

l’accesso alle cure».

Preservare l’ambiente è uno degli importantissimi messaggi al quale Papa

Francesco vuole sensibilizzare la sua comunità e le autorità.

In un modernissimo “tweet” per la Giornata mondiale dell’ambiente afferma:

“Non dimentichiamo mai che l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di

tutta l’umanità e responsabilità di tutti”

Il 18 giugno 2015 è stato reso pubblico il testo della sua seconda

enciclica, Laudato si’, proprio come san Francesco ripeteva spesso nel Cantico

delle creature, di fatto la prima enciclica sull’ambiente.

L’enciclica verde: Laudato si’

Indubbiamente, la scelta di Bergoglio di prendere Francesco come nome

una volta salito al soglio pontificio è già indicativo del suo interesse per

l’ecologia e per le condizioni in cui versa l’ambiente; questo interesse viene poi

ribadito con la stesura della seconda enciclica intitolata Laudato sii. Omaggio

al Santo patrono d’Italia, molto caro al papa e chiaro richiamo al ritorno

all’essenziale, ad apprezzare il creato come parte inscindibile dall’uomo.

Papa Francesco, all’inizio della sua enciclica, vuole sottolineare come il

suo impegno per la questione ambientale non sia un tema nuovo nell’ambito

della Chiesa, ma come questo sia stato già ampiamente trattato da suoi

predecessori, come Paolo VI il quale si riferì alla problematica ecologica,

presentandola come una conseguenza drammatica delle attività incontrollate

del genere umano: ˂˂Attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura,

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egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta

degradazione>>.1

Dopo di lui, anche Giovanni Paolo II si occupò intensamente della

questione ecologica, tanto che nella sua prima enciclica riflette intensamente

sul fatto che il genere umano sembri: <<non percepire altri significati del suo

ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso

e consumo>>.2

Giovanni Paolo II auspicava, sottolineandolo anche nei suoi scritti

successivi, una conversione ecologica globale. Infine, il suo predecessore,

Benedetto XVI, era solito, nei suoi discorsi, ricordare che il mondo non può

essere analizzato solo isolando uno dei suoi aspetti, perché <<il libro della

natura è uno e indivisibile>> di conseguenza, <<il degrado della natura è

strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana>>3.

Sottolineando come il Creato sia opera di Dio nella sua interezza, papa

Benedetta invita a riconoscere che il Creato viene compromesso nel momento

in cui si pensa che sia <<semplicemente proprietà nostra e lo consumiamo solo

per noi stessi. E lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più

alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi>>.4

Sempre nella sua introduzione Papa Francesco vuole sottolineare quanto

questa sia una problematica globale che interessa, non solo il mondo scientifico

e la Chiesa cattolica, ma anche altre religioni nei propri rappresentanti, come il

Patriarca Bartolomeo il quale spinge affinché ognuno si renda conto che non

sono necessari grandi disastri ecologici per aggravare la questione ambientale,

ma che anche con piccoli atti quotidiani si può contribuire allo stravolgimento

e alla distruzione dell’ambiente. In linea con questo pensiero, il Patriarca

Bartolomeo vuole richiamare l’attenzione sulle radici di questa problematica,

le quali vanno ricercate nell’etica umana ed è proprio su questo che si deve

agire, in quanto, affidandosi solo alle soluzioni tecniche, si andrebbero ad

affrontare solo i sintomi del problema e non le cause.

Lo spirito con cui Papa Francesco scrive la sua enciclica è uno spirito

ricco di speranza, nel fatto che le cose possano cambiare, tuttavia anche

consapevole del fatto che sia una sfida urgente nella quale tutta la

<<famiglia>> umana deve unirsi nella ricerca di uno sviluppo sostenibile ed

integrale. Tutti, nessuno escluso.

Nel primo di sei capitoli, il Papa fa una panoramica su tutto ciò che sta

accadendo al nostro bene comune, basandosi sulle più recenti acquisizioni

1 Lett. Ap. Octogesima advenis 2 Lett. Enc. Redemptor ominis 3 Lett. Enc. Caritas in veritate 4 Discorso al clero della Diocesi di Bolzano-Bressanone

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scientifiche e citando situazioni concrete. Papa Bergoglio è consapevole dei

cambiamenti climatici ed esorta ognuno a non sottovalutarli poiché tutti facenti

parte di un equilibrio delicato, all’interno del quale chiunque appartenga al

mondo risulta essere un piccolo ingranaggio fondamentale affinché tale

equilibrio non venga perduto.

Papa Francesco denuncia la filosofia dell’usa e getta, causa del sempre

crescente numero di rifiuti prodotti, dei quali solo una minima parte viene

riciclata. La denuncia verso questo scarso riciclo si sposa, nelle sue parole, con

l’auspicio di giungere presto ad un’economia circolare, nella quale l’utilizzo di

materie prime venga limitato il più possibile a beneficio del riutilizzo. Sempre

in questo primo capitolo, papa Francesco affronta un altro tema estremamente

preoccupante: l’inquinamento dell’acqua e la sua disomogenea distribuzione.

L’acqua è un bene raro ma imprescindibile dall’uomo e da tutto ciò che

è vita e le politiche scellerate di estremo consumo immediato e sconsiderato

stanno rendendo inutilizzabile questa preziosa risorsa. Impossibile non

sottolineare come questa problematica sia intimamente collegata alla prima

descritta, in quanto con l’aumento delle temperature mondiali stia portando ad

una lenta ma inevitabile desertificazione di vaste aree del mondo.

Con le proprie azioni incontrollate, l’uomo non sta ottenendo soltanto effetti

indiretti, quali l’aumento delle temperature e la problematica dell’acqua, ma ne

sta ottenendo anche di diretti come, ad esempio, l’impoverimento della

biodiversità che porta alla perdita di specie aventi una propria dignità nel far

parte del grande progetto di Dio, quale è il mondo. In conclusione del capitolo,

papa Francesco espone come questa diseducazione ambientale sia un riflesso

della diseducazione sociale, a causa della quale l’uomo si è andato a chiudere

in un individualismo che lo ha portato ad allontanarsi da tutto ciò che riguarda

l’integrazione e la collaborazione con l’altro.

Nel secondo capitolo Il Vangelo della creazione, il Papa rilegge i racconti

biblici e dà una visione complessiva della tradizione ebraico-cristiana

spiegando il perché della «tremenda responsabilità» dell’essere umano nei

confronti del creato. L’essere umano ha il compito di «“coltivare e custodire”

il giardino del mondo (cfr Gen 2,15)», sapendo che «lo scopo finale delle altre

creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di

noi, verso la meta comune, che è Dio».

L’enciclica, rivolta ad ogni uomo, esorta però maggiormente i fedeli a ricordare

il carisma affidato da Dio a ciascuno. Nelle parole di Giovanni Paolo II

ritroviamo proprio questo concetto: <<i cristiani, in particolare, avvertono che

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i loro compiti all’interno del Creato, i loro doveri nei confronti della natura e

del Creatore sono parte della loro fede>>5.

Nei primi capitoli della sua enciclica, Papa Francesco fa spesso riferimento agli

scritti biblici del libro della Genesi. I racconti della Creazione contengono, nel

loro linguaggio simbolico e narrativo, profondi insegnamenti sull’esistenza

umana e la sua realtà storica. Questi racconti suggeriscono che l’esistenza

umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse e, secondo

la Bibbia, rotte dentro e fuori di noi nella forma del peccato. <<Come risultato,

la relazione originariamente armonica tra essere umano e natura si è

trasformata in un conflitto (cfr Gen 3,17-19). Per questo è significativo che

l’armonia che San Francesco d’Assisi viveva con tutte le creature sia stata

interpretata come una guarigione di tale rottura.>> Lontano da tale modello,

oggi il peccato si manifesta con tutta la sua forza di distruzione nelle guerre,

nelle diverse forme di violenza e maltrattamento, nell’abbandono dei più

fragili, negli attacchi contro la natura.

Francesco sottolinea che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra

stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità,

dalla giustizia e della fedeltà nei confronti degli altri.

Nel capitolo terzo, La radice umana della crisi ecologica, il Papa va alle cause

profonde del degrado. La denuncia è soprattutto per la logica «usa e getta» che

genera la cultura dello scarto. Sono proprio le logiche di dominio

tecnocratico che portano a distruggere la natura e a sfruttare le persone e

le popolazioni più deboli. Ne deriva la logica che «porta a sfruttare i bambini,

ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la

capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani, il

commercio di pelli di animali in via di estinzione e di “diamanti insanguinati”.

Nello stesso capitolo, Bergoglio affronta e critica la scarsa dignità data ormai

al lavoro, l’utilizzo di ogm, il traffico di organi e nascituri. Papa Francesco

pensa poi in particolare ai piccoli produttori e ai lavoratori rurali, alla

biodiversità, alla rete di ecosistemi. È quindi necessario «un dibattito

scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta

l’informazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome» a partire da

«linee di ricerca autonoma e interdisciplinare». Il suo pensiero non vuole essere

una critica nei confronti dell’espanso utilizzo della tecnologia, la quale è un

bene e va sviluppata per favorire la vita, ma <<la cultura ecologica non si può

ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano

riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali e

5 Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1990

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all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una

politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano

forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico.>>

E ancora, nel quarto capitolo, Un’ecologia integrale, si affronta il tema della

giustizia e della politica. Il Papa parla di ecologia delle istituzioni: «Se tutto è

in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta

conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: “Ogni lesione

della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali”». Il Papa

ribadisce che «l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei

contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna

persona con sé stessa».

«Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una

sola e complessa crisi socio-ambientale».

Questa ecologia integrale «è inseparabile dalla nozione di bene comune». Nel

contesto di oggi, in cui «si riscontrano tante inequità e sono sempre più

numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani

fondamentali», impegnarsi per il bene comune significa fare scelte solidali sulla

base di «una opzione preferenziale per i più poveri». Oramai non si può parlare

di sviluppo sostenibile senza una solidarietà fra le generazioni. Quando

pensiamo alla situazione in cui si lascia il pianeta alle future generazioni,

entriamo in un’altra logica, quella del dono gratuito che riceviamo e

comunichiamo.

Nel capitolo quinto, Bergoglio offre alcune linee di orientamento e di azione.

La Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di

sostituirsi alla politica, ma il Papa invita «ad un dibattito onesto e trasparente,

perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune». Il

giudizio è severo: «I Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non

hanno risposto alle aspettative perché, per mancanza di decisione politica,

non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed

efficaci […] La protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla

base del calcolo finanziario di costi e benefici. L’ambiente è uno di quei beni

che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere

adeguatamente”». In ogni modo, è anzitutto una decisione etica, fondata sulla

solidarietà di tutti i popoli. Ѐ necessario il dialogo, aprendosi oltre le necessità

economiche. Sempre in questo capitolo, Papa Francesco insiste sullo

sviluppo di processi decisionali onesti e trasparenti, per poter discernere

quali politiche e iniziative imprenditoriali potranno portare ad un vero

sviluppo integrale. In particolare, lo studio dell’impatto ambientale di un

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nuovo progetto richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo,

mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in

cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di

informare ed a un dibattito approfondito. Particolarmente incisivo è l’appello

rivolto a chi ricopre incarichi politici, affinché si sottragga «alla logica

efficientista e “immediatista”» oggi dominante: «se avrà il coraggio di farlo,

potrà nuovamente riconoscere la dignità che Dio gli ha dato come persona e

lascerà, dopo il suo passaggio in questa storia, una testimonianza di generosa

responsabilità».

Infine, nel sesto capitolo, Educazione e spiritualità ecologica, Francesco

afferma che «ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino

educativo». Sono coinvolti tutti gli ambiti educativi, in primis la scuola, la

famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi. La partenza è puntare su un

altro stile di vita, che apre anche la possibilità di esercitare una sana pressione

su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale. È ciò che

accade quando le scelte dei consumatori riescono a modificare il

comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e

i modelli di produzione. Non si può sottovalutare l’importanza di percorsi di

educazione ambientale capaci di incidere su gesti e abitudini quotidiane, dalla

riduzione del consumo di acqua, alla raccolta differenziata dei rifiuti fino a

«spegnere le luci inutili».

Il Papa conclude la sua enciclica con due preghiere con l’intenzione di affidare

le sorti del pianeta e dell’umanità al Creatore di ogni Bellezza e perché ognuno

assuma seri impegni verso il Creato.

Alcuni analisti di autorevoli giornali, come l'inglese The Guardian e

l'americano The New York Times, hanno analizzato il testo evidenziando

alcuni punti fondamentali, degni di riflessione, che possono riassumere

l’enciclica.

1 Dobbiamo abbandonare il carbone. In attesa di soluzioni migliori, come le

fonti rinnovabili, meglio preferire il male minore. Nel caso energetico,

preferire il gas al carbone.

2. Gli incontri sul clima dell’ONU hanno fallito. Oltre 20 anni di summit

sono serviti a poco nel controllo del global warming. “La sottomissione

della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei

Vertici mondiali sull’ambiente.”

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3. Servono a poco i “crediti di emissione”. “La strategia di compravendita di

“crediti di emissione” può dar luogo a una nuova forma di speculazione e

non servirebbe a ridurre l’emissione globale di gas inquinanti. Questo

sistema non implica affatto un cambiamento radicale all’altezza delle

circostanze. Anzi, può diventare un espediente che consente di sostenere

il super-consumo di alcuni Paesi e settori.”

4. Bisogna favorire l’energia delocalizzata. “In alcuni luoghi, si stanno

sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che

consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione

in eccesso. Questo semplice esempio indica che, mentre l’ordine mondiale

esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale

può fare la differenza.”

5 Il consumo è un problema più grave della crescita della popolazione

“Incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e

selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi. Si pretende

così di legittimare l’attuale modello distributivo, in cui una minoranza si

crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile

generalizzare, perché il pianeta non potrebbe nemmeno contenere i rifiuti

di un simile consumo.”

6 Gli smartphone e gli altri gadget stanno rovinando il nostro rapporto con

la Natura “I mezzi attuali permettono che comunichiamo tra noi e che

condividiamo conoscenze e affetti. Tuttavia, a volte anche ci impediscono

di prendere contatto diretto con l’angoscia, con il tremore, con la gioia

dell’altro e con la complessità della sua esperienza personale. Per questo

non dovrebbe stupire il fatto che, insieme all’opprimente offerta di questi

prodotti, vada crescendo una profonda e malinconica insoddisfazione

nelle relazioni interpersonali, o un dannoso isolamento.”

7. Quale sarà il nostro regalo per le nuove generazioni? Desolazione! “Il

ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le

possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo

insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già

avvenendo periodicamente in diverse regioni.”

8. Inquinare e togliere risorse alle generazioni future è un peccato. Si

ricorda che questa è un'enciclica pastorale e che non s basa sull'ambiente

come materia scientifica. Ma, qualsiasi punto di vista si può tenere sulla

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questione, non è possibile dargli torto. L’enciclica cita così: “L’ambiente

è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti.

Chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti. Se

non lo facciamo, ci carichiamo sulla coscienza il peso di negare l’esistenza

degli altri. Per questo i Vescovi della Nuova Zelanda si sono chiesti che

cosa significa il comandamento “non uccidere” quando «un venti per

cento della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare

alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per

sopravvivere».

Conclusioni

Papa Francesco promuove l’idea di una chiesa comunitaria e moderna. La sua

cultura è ampia e varia: non è fatta solo di religiosità e di ortodossia cattolica,

non è soltanto un prodotto della chiesa, quanto piuttosto dei problemi attuali sia

della chiesa che delle società contemporanee in epoca di globalizzazione. Un

uomo straordinariamente intelligente, colto, libero e attivo che è riuscito ad

ottenere un’enorme popolarità dentro e fuori la Chiesa dovuta al fatto che

sembra parlare al “recinto” cattolico, ma all’umanità contemporanea. È un papa

“moderno" perché trasmette un'immagine di apertura, al di là del credo di

ciascuno di noi.

Bibliografia-sitografia

https://www.vaticannews.va/it.html

www.wikipedia.it

www.republica.it

www.lastampa.it

https://twitter.com/pontifex_it?lang=it L'Osservatore Romano, Anno LXIII, numero 12

http://www.famigliacristiana.it

Messaggio per la giornata mondiale della pace, Giovanni Paolo II

Esortazione apostolica Evangelii gaudium

Video: la storia delle cose