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Girovagando – Napoli – Parte II 9 Napoli Parte II Piazza del Municipio Rettangolare è ornata da aiuole alberate si apre verso il mare e il panorama del Vesuvio. Su di un lato della piazza vi è Palazzo S. Giacomo, costruito nel 1819-25 per i ministeri borbonici e oggi sede del Municipio. Sullo scalone del palazzo spicca l'antica testa femminile, popolarmente nota come "Marianna 'a capa'e Napule", ritenuta uno dei simboli della città. L'edificio incorpora la chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli, voluta nel 1540 dal viceré Pedro di Toledo come luogo di culto dell'antico ospedale militare. L'interno conserva opere d'arte cinquecentesche e, dietro l'altare maggiore, il monumentale sepolcro ove sono custodite le spoglie del committente. Al centro della piazza si leva il monumento equestre a Vittorio Emanuele II, mentre guardando a sud si può ammirare la gigantesca mole di Castel Nuovo. S. Caterina a Formiello. Questa importante chiesa rinascimentale, edificata a ridosso di porta Capuana, le sue eleganti strutture hanno segnato per secoli l'ingresso alla città murata. Il nome le deriva dalla vicinanza con gli antichi "formali d'acqua" (sorgenti) fu edificata intorno al 1510 da Romolo Balsimelli. L'interno è rivestito di affreschi con una uniforme decorazione di Luigi Garzi e di Guglielmo Borremans (volte del transetto e del coro, 1708-9), le cappelle custodiscono opere dei secoli XVI e XVIII (storie di S. Caterina di Giacomo Del Po nella 5° a sinistra).

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Napoli Parte II

Piazza del Municipio Rettangolare è ornata da aiuole alberate si apre verso il mare e il panorama del Vesuvio. Su di un lato della piazza vi è Palazzo S. Giacomo, costruito nel 1819-25 per i ministeri borbonici e oggi sede del Municipio. Sullo scalone del palazzo spicca l'antica testa femminile, popolarmente nota come "Marianna 'a capa'e Napule", ritenuta uno dei simboli della città. L'edificio incorpora la chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli, voluta nel 1540 dal viceré Pedro di Toledo come luogo di culto dell'antico ospedale militare. L'interno conserva opere d'arte cinquecentesche e, dietro l'altare maggiore, il monumentale sepolcro ove sono custodite le spoglie del committente. Al centro della piazza si leva il monumento equestre a Vittorio Emanuele II, mentre guardando a sud si può ammirare la gigantesca mole di Castel Nuovo.

S. Caterina a Formiello. Questa importante chiesa rinascimentale, edificata a ridosso di porta Capuana, le sue eleganti strutture hanno segnato per secoli l'ingresso alla città murata. Il nome le deriva dalla vicinanza con gli antichi "formali d'acqua" (sorgenti) fu edificata intorno al 1510 da Romolo Balsimelli. L'interno è rivestito di affreschi con una uniforme decorazione di Luigi Garzi e di Guglielmo Borremans (volte del transetto e del coro, 1708-9), le cappelle custodiscono opere dei secoli XVI e XVIII (storie di S. Caterina di Giacomo Del Po nella 5° a sinistra).

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I cappelloni settecenteschi del transetto sono un'esaltazione dell'ordine domenicano; il presbiterio funge quasi da enorme cappella gentilizia, con le sei tombe Spinelli, eseguite negli ultimi decenni del '500, alle basi dei pilastri della cupola (affrescata da Paolo De Matteis). Nella seconda cappella a sinistra vi è il reliquiario dei Martiri Idruntini, gli abitanti di Otranto trucidati dai turchi nel 1480 Nel corso dell'800 alcuni ambienti del monastero furono adibiti a lanificio militare, raro episodio cittadino di archeologia industriale, oggi sede espositiva dedicata ai giovani artisti napoletani e a manifestazioni ed eventi culturali, oltre che spazio ricreativo e commerciale. >

S. Maria la Nova Così detta per distinguerla dalla "vecchia" che venne demolita per costruire Castel Nuovo, fu eretta nel 1297 e rifatta durante il Cinquecento; a questo periodo risale anche la facciata molto austera. All'interno, a croce latina a una sola navata con cappelle laterali, è da notare lo splendido soffitto ligneo ornata da 46 tele che costituiscono un prezioso repertorio della pittura napoletana precedente l'arrivo del Caravaggio. Ai pilastri divisori delle cappelle si trovano graziosi altarini con dipinti di manieristi italiani.

Monteoliveto La chiesa e intitolata a S. Anna dei Lombardi in quanto assegnata nell'Ottocento, con la soppressione del monastero degli Olivetani, alla confraternita dei Lombardi. È considerata la più interessante della città per numero e bellezza di opere scultoree. Costruita nel 1411, fu il luogo di preghiera prediletto dagli Aragonesi. La semplice facciata è preceduta da un arco catalano sotto il quale c’è il sepolcro di Domenico Fontana. L'interno, a una navata, presenta profonde cappelle laterali. Subito a sinistra dell'ingresso la Cappella Piccolomini e la replica di una cappella della chiesa di S. Miniato al Monte di Firenze; al suo interno si trova la

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tomba di Maria d'Aragona, dovuta a Benedetto da Maiano e Antonio Rossellino, autore anche della Natività e santi sull'altare. La Cappella Tolosa, a sinistra, lungo la navata, è di forme brunelleschiane, presenta tondi robbiani e affreschi, mentre la Cappella Terranova, alla testata della navata sinistra, custodisce una pregevole Annunciazione e Santi di Benedetto da Maiano. Altre opere d'arte degne di nota sono: ai lati dell'ingresso, l'Altare Ligorio, di Giovanni da Nola, e l'Altare Del Pezzo, del Santacroce: a destra del presbiterio, nel grande oratorio del Santo Sepolcro, il celebre gruppo del Compianto di Cristo (1492), del modenese Guido Mazzoni. Notevole la Sagrestia vecchia sia per gli affreschi di Giorgio Vasari (1544) sia per gli stalli intarsiati dovuti a fra Giovanni da Verona e aiuti.

Palazzo Gravina Grandioso ed elegante edificio, oggi sede della Facoltà di Architettura, si affaccia sul lato est dell'omonimo largo, al cui centro c’è una fontana secentesca con statua di Carlo II di Spagna bambino. È una testimonianza di forme architettoniche tosco-romane trapiantate a Napoli nella prima metà del Cinquecento. Il cortile, a portico, conserva le linee del Rinascimento toscano ed è ornata da stemmi e ritratti in medaglioni di illustri personaggi della famiglia Orsini.

Santa Chiara Adiacente a un convento di clausura, venne eretta fra il 1310 e il 1328 ed è uno dei più insigni monumenti medievali della città. Chiesa prediletta dai sovrani angioini, ne contiene i sontuosi sepolcri. Il coro delle clarisse è uno dei più importanti monumenti del gotico napoletano. Assai suggestivo il chiostro settecentesco, tutto rivestito con maioliche dai vivaci colori. È uno dei più insigni monumenti medievali della città, sorto per volere della regina Sancha di Maiorca la quale, non potendo seguire la sua vocazione, manifesto alle clarisse la propria fede

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facendo costruire la chiesa. L'interno, a una sola navata, è scandito da dieci cappelle per lato sormontate da una tribuna continua; era impreziosito da una decorazione settecentesca andata completamente distrutta in seguito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Ripristinata in forme gotiche, la chiesa custodisce le opere d'arte superstiti, risalenti, salvo poche eccezioni, al XIV e XV secolo. Su tutte spiccano le cosiddette Tombe Reali e, fra queste, quanto resta del Sepolcro di Roberto I d'Angiò, opera dei fiorentini Giovanni e Pacio Bertini, che giganteggia dietro l'altare maggiore. Dalla zona presbiteriale si passa in sagrestia e da qui al Coro delle clarisse, che si presenta quasi come una chiesa autonoma, ripartita in due navate e dotata di un sontuoso portale del Trecento che, insieme alle sculture e agli affreschi rimasti, lascia immaginare la ricchezza dell'antica decorazione. All'esterno si stende il “Chiostro delle clarisse”, massima espressione del gotico napoletano. Nel corso dei restauri settecenteschi Domenico Vaccaro ideò un giardino rustico al centro dell’ambulacro gotico, commissionando a Giuseppe e Donato Massa le maioliche color giallo, verde e azzurro che lo ricoprono formando una delle immagini più suggestive di Napoli.

Castel dell’Ovo È il più antico dei castelli napoletani, sorto in età normanna sulle rovine della villa di Lucullo; fu rifatto nel Cinquecento e successivamente modificato nei due secoli successivi quando gli interni vennero riportati all'antica dignità. Splendido il panorama che si gode dagli spalti sul mare e sulla città. Incerta l'origine dell'appellativo che comincia a entrare nell'uso nel Trecento: secondo alcuni deriva dalla forma ellittica della pianta, per altri dalle magiche proprietà di un uovo che vi era custodito. Storia e leggenda si mescolano per questo fortilizio un tempo totalmente isolato sul mare e oggi collegato alla terraferma da un ponte. Secondo i racconti fantastici il toponimo (diffusosi nel XIV secolo) non deriverebbe

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tanto dalla pianta a ellisse allungata, ma da un uovo incantato qui posto da Virgilio, ritenuto un mago nel medioevo. La storia parla invece dell'isolotto di «Megaris» su cui si era estesa una parte della villa di Lucullo; divenne cenobio basiliano e fu munito di fortificazioni già in età pre-normanna, anche se il castello vero e proprio si deve ai normanni e a Federico II, che ne fece una residenza reale e sede del regio tesoro, funzioni mantenute anche con gli angioini. Le caratteristiche medievali della complessa cittadella fortificata scomparvero dopo le distruzioni subite nell'assedio del 1503, quando venne adattato alle più moderne tecniche di difesa per subire ulteriori trasformazioni nel 1600 e nel 1700; radicali lavori di ristrutturazione sono seguiti alla cessazione del suo uso militare (1975). È fiancheggiato e attraversato per tutta la lunghezza da una strada in continua salita; vi si segnalano - oltre a vedute impressionanti e spettacolari dalle cortine murarie, sul mare e sulla città; alcune strutture che mostrano la stratificazione monumentale, come la cosiddetta sala delle Colonne e i loggiati di età gotica e aragonese. Oggi è sede della Direzione Regione per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania, e luogo di mostre e manifestazioni culturali e accoglie in alcuni ambienti le raccolte del museo di etnopreistoria, con utensili preistorici, fossili, ceramiche e materiale etnografico. Spettacolari a Capodanno i fuochi d'artificio che illuminano la rocca. A oriente del castello, su una colmata è stato costruita tra XIX e XX secolo il pittoresco Borgo marinaro, con poche abitazioni a due piani un tempo destinate ad accogliere le famiglie di pescatori e marinai di S. Lucia e oggi luogo di ristoranti, locali con musica dal vivo e circoli nautici.

Palazzo Reale di Capodimonte La reggia settecentesca, immersa in un grande parco, ospita il Museo e le Gallerie Nazionali, che raccolgono le ricchissime collezioni di casa Farnese, ampliate da donazioni e acquisti successivi. I dipinti di Raffaello, Caravaggio, Tiziano, animano le sale del palazzo in una serie di capolavori unici.

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Dove sorgeva un borgo, Carlo III di Borbone apri la celebre manifattura di porcellane e fece erigere un edificio che accogliesse le collezioni d'arte donategli dalla madre Elisabetta Farnese. La "fabbrica" resto in funzione solo per un ventennio (venne smantellata dallo stesso fondatore al suo rientro in Spagna), mentre il palazzo ha mantenuto la destinazione museale fino ai giorni nostri. Legato all'edificio vi è il parco di 130 ettari, disegnato da Ferdinando Sanfelice e percorso da cinque viali che si dipartono a raggiera. A Federico Dehenhardt si deve invece la sistemazione della zona a ridosso del palazzo. Splendide le viste sul golfo. Come già ricordato il Palazzo Reale di Capodimonte, fu costruito dove fino al 1700 esisteva solo un piccolo borgo rurale, lo spirito "imprenditoriale" di Carlo III di Borbone, il sovrano che aveva riportato Napoli a rango di capitale autonoma dopo più di duecento anni di sottomissione a potenze straniere, promosse la costruzione nel 1739 di una reggia destinata agli svaghi di corte e ad accogliere le collezioni d'arte pervenutegli attraverso la madre Elisabetta Farnese. A queste si aggiunse nel 1741 la celebre manifattura di porcellane, di cui Carlo era diretto proprietario, che fu dismessa nel 1759 quando, partendo per la Spagna per divenirne re, il sovrano fece distruggere forni e officine, portando con se strumenti, modelli e artisti. La manifattura fu poi ricostruita, in altro sito, dal figlio Ferdinando, continuando a produrre fino al 1805. Oggi nella zona sono presenti laboratori e punti di vendita che, pur non avendo niente a che vedere con le antiche manifatture, ne "rinverdiscono" la tradizione. Il palazzo è il risultato della tempestosa collaborazione tra due architetti di estrazione romana, Giovanni Antonio Medrano e Antonio Canevari, fu terminato nel 1838 e accolse le collezioni sino alla Restaurazione; donato dai Savoia allo Stato nel 1920, fu sede dei duchi di Aosta sino al 1946; dal 1957 ospita il Museo e le Gallerie Nazionali di Capodimonte. La facciata si segnala per l'austero classicismo, con i due corpi alle estremità che racchiudono la parte centrale e le paraste binate che inquadrano due ordini di finestre con soprastante mezzanino e balconata di coronamento. Con una superficie di circa 130 ettari, il Real Bosco di Capodimonte, antico polmone verde della città, fu progettato da Ferdinando Sanfelice nel 1734 come riserva di caccia del re Carlo III di Borbone. Il parco di

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querce, castagni, cipressi, pini, fu studiato in rapporto alle attività venatorie del re e della corte, mentre il piano architettonico del parco rivela uno schema iconografico di impostazione barocca, con cinque lunghissimi viali alberati che si irradiano dal piazzale d'ingresso, popolati da statue di marmo, ed intersecati da viali minori tracciati all'interno di una fitta vegetazione naturale. Sparsi nel verde vi è una serie di edifici un tempo destinati alla vita di corte, a funzioni di culto e ad attività agricole e zootecniche. A ricordo del passato "industriale" del luogo resta l'edificio della Manifattura di Porcellane, oggi sede dell’Istituto Professionale per l'Industria della Ceramica e della Porcellana.

S. Giovanni a Carbonara Si trova lungo via Carbonara che da il nome alla chiesa, dove i napoletani per secoli vi hanno scaricato le immondizie (che poi le acque piovane, scendendo dalle vicine colline, trascinavano fino al mare); ai tempi degli angioini vi si tenevano giostre e tornei tanto cruenti da provocare le ire e la proibizione del papa e le proteste di Francesco Petrarca. La chiesa costruita fra il 1343 e il 1418, fu il "pantheon" degli ultimi re angioini. L'edificio ha struttura singolare: quella che si reputa essere la facciata della chiesa, in effetti, appartiene alla cappella di S. Monica, che si innesta al termine della navata, mentre l'abside, visibile sul lato opposto, è in realtà la cappella Caracciolo del Sole. L'ingresso vero e proprio si apre su un lato, davanti alla scalinata settecentesca opera di Ferdinando Sanfelice (1707). L'interno è dominato dal gigantesco monumento del re Ladislao, eretto dalla sorella Giovanna II, su cui sono raffigurati Ladislao e Giovanna in trono, alla sommità Ladislao a cavallo con la spada sguainata, immagine del tutto inconsueta in una chiesa. Il monumento, datato 1428 è tradizionalmente assegnato al solo Andrea da Firenze, è opera di più artisti toscani e settentrionali. Dietro al monumento si entra nella cappella Caracciolo del Sole costruita nel 1427 da Sergianni Caracciolo,

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gran siniscalco e amante di Giovanna II, ucciso nel 1432 e qui sepolto in una tomba scolpita (dopo il 1441) da Andrea da Firenze e aiuti. A sinistra del presbiterio, la cappella Caracciolo di Vico, la costruzione iniziata nel 1499 fu completata nel 1516, è una struttura eccezionale per equilibrio, mostra precocemente, la presenza a Napoli delle iniziali forme del Rinascimento romano. L'attribuzione a Giovan Tommaso Malvito fatta su basi documentarie, deve essere riferita solo al lavoro dei marmi; il suo disegno va invece collegato a un architetto aggiornato sulle ricerche di Bramante e Antonio da Sangallo. Unico ornamento era in origine l'altare marmoreo, a cui lavorarono Diego De Siloe e Bartolome Ordonez. Ai lati furono collocati poco dopo i sepolcri di Nicolantonio Caracciolo (destra) e di Galeazzo Caracciolo (sinistra), opera di Annibale Caccavello e Giovanni Domenico D'Auria. Nella navata, fronteggiante l'ingresso, il monumentale altare Miroballo (quasi una cappella per la complessità della decorazione) è opera di scultori lombardi del XV sec. Dal sagrato si accede alla cappella Seripando, dove vi è un Crocefisso di Giorgio Vasari (1545).

Margellina La dove oggi sono allineati moderni yacht, attraccavano un tempo le barche dei pescatori che davano alla zona il fascino celebrato da poeti e pittori, un fascino tuttora vivo, nonostante i cambiamenti. Una scalinata conduce alla chiesa di S. Maria del Parto fatta erigere dall'umanista Jacopo Sannazaro. All'interno, il dipinto popolarmente noto come Diavolo di Margellina, di Leonardo da Pistoia, che rappresenta il diavolo in forme femminili. Oltre il viadotto di Piedigrotta, a sinistra, c’è il Parco Virgiliano, deve il proprio nome a un monumento funerario di età augustea, tradizionalmente considerato tomba di Virgilio; nel 1939 vi fu trasferita la tomba di Giacomo Leopardi.