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G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O V ita n. Anno 112 DOMENICA 13 DICEMBRE 2009 1,10 Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: Pistoia via Puccini, 38 - tel. 0573/308372 fax 0573/25149 - e-mail: [email protected] Abb. annuo 42,00 - (Sostenitore 65,00) - c/c p.n. 11044518 Pistoia La 44 44 Una parola d’ordine per tutti, in particolare per coloro che, ai diversi livelli, svolgono il servizio dell’insegnamento e dell’educazione all’interno della chiesa. Un impegno che interpella direttamente la coscienza di ciascuno e la cui disattesa costituisce una colpa dalla gravità sempre crescente a misura che ci si alza verso le zone più alte delle responsabi- lità comunitarie. La parte migliore l’ha capito e c’è perfino chi di questo dovere ha fatto uno degli impe- gni fondamentali della propria esistenza. Chi scrive ha l’ambizione di appartenere a questa uggiosa e poco sopportata categoria. Si ricorderà che il termine “aggiornamento” fu coniato da Papa Giovanni per esprimere lo spirito del concilio Vaticano II, proprio per questo, e non per altri motivi, chiamato concilio pastorale. Si ricorde- ranno anche le parole famose che furono pronunciate all’apertura della solenne assise: “Il nostro dovere non è soltanto di custodire questo tesoro prezioso [della dottrina cattolica], come se ci preoccupassimo unicamente dell’antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell’opera, che la nostra età esige, proseguendo così il cammino, che la chiesa compie da venti secoli… Altra è la sostanza dell’an- tica dottrina del depositum fidei, e altra è la formu- lazione del suo rivestimento”. Parole chiare, ma, perché non si pensasse solo a un cambiamento di forma, la Dei Verbum aggiun- gerà poco più tardi: “Cresce la comprensione della chiesa, tanto delle cose quanto delle parole trasmes- se, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spi- rituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. La chiesa cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità di- vina, finché in essa vengano a compimento le parole di Dio”. Ora la chiarezza è davvero completa, fraintendi- menti non sono possibili, anche le paure che si na- scondono ingiustificate al fondo di tante anime van- no decisamente messe in disparte. C’è una continua crescita nella nostra comprensione della rivelazione, che pure rimane sempre sostanzialmente la stessa, una crescita che perdurerà per tutto il tempo della chiesa, cioè fino all’incontro con il Signore alla fine del tempo. Fino allora la comunità cristiana deve considerarsi in cammino anche per quanto riguar- da la comprensione della Parola di Dio. Di questa crescita sono indicata anche le strade: la riflessione dell’intero popolo di Dio in particolare dei teologi, l’esperienza mistica dei nostri santi particolarmen- te viva e vivace ai nostri tempi, il magistero della chiesa al quale appartiene l compito insostituibile di custodire fedelmente e interpretare infallibilmente quanto ci è stato consegnato una volta per sempre. Tre vie maestre, che mostrano tutta la loro efficacia quando proseguono insieme il loro cammino. Ciò che è avvenuto tante volte. Ignorare tutto questo è segno di scarsa sensibilità ecclesiale. Ci sono tanti cristiani, in tutte le catego- rie del popolo di Dio, che pure sono esemplari per la loro vita spirituale e compiono con diligenza le loro funzioni ministeriali, ma che incomprensibilmente ignorano quanto la loro chiesa ha detto e compiuto in questo settore. Si ricorderà a questo proposito che la parola “aggiornamento” è ormai usata e fatta pro- pria in tutte le lingue del mondo, proprio così, nella sua versione italiana. Un segno che, almeno a un certo livello, l’espressione giovannea ha fatto breccia nel mondo intero. Dobbiamo ripetere che, sulla base di quanto è avvenuto negli ultimi decenni, in particolare dal con- cilio Vaticano II, non c’è più nessun capitolo della teologia che non ha subito profonde trasformazioni, effetto della crescita della chiesa e della volontà di questa di andare incontro alle esigenze, alle doman- de, alle urgenze e alle difficoltà dell’uomo contem- poraneo. Un uomo certamente ancora uomo (man- cherebbe!), ma assai diverso da quello del passato, anche da quello che abbiamo conosciuto in tempi recenti. Due crescite, quella della sensibilità umana e quella della migliore comprensione della rivelazione, che in buona parte vanno di pari passo, essendo l’una e l’altra sotto l’influsso diretto dello stesso Spirito. Chi cammina per questa strada ha diritto perlo- meno di essere rispettato e, magari, anche ascoltato. A tutti rimane l’obbligo di raccogliere con attenzione quanto viene loro proposto in modo documentato e serio. Giordano Frosini All ’interno 15 4 SALVARE LA TERRA Non sembra una esagerazione parlare degli ultimi anni che ci vengono concessi per evitare un disastro cosmico senza precedenti. Tutti gli sguardi sono rivolti in questi giorni verso Copenaghen; anche il Papa ha richiamato l’attenzione dei potenti della Terra BONINI A PAGINA IL MESSICO E I NARCOS È IN GIOCO LA CREDIBILITÀ Difficile rompere la profonda connivenza tra forze di polizia e cartelli di narcotrafficanti CARUSONE A PAGINA 13 L’ITALIA ALLO SPECCHIO Come ogni anno il rapporto Censis suona l’allarme e chiama a raccolta. Una situazione, la nostra, che sembra ripetere i suoi difetti e le sue lacune e che accumula un degrado valoriale e comportamentale di cui sarebbe bene che ci vergognassimo un po’ di più SERVIZIO A PAGINA Parola d’ordine: aggiornarsi CRISTO È LA NOSTRA PACE L’omelia del cardinal Bagnasco, presidente della Cei, tenuta in Cattedrale nel giorno della pace dedicato a Giorgio La Pira SERVIZIO 2

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G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O

V ita n.

Anno 112

DOMENICA13 DICEMBRE 2009

€ 1,10Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di Pistoia

Direzione, Redazione e Amministrazione: Pistoia via Puccini, 38 - tel. 0573/308372 fax 0573/25149 - e-mail: [email protected] Abb. annuo € 42,00 - (Sostenitore € 65,00) - c/c p.n. 11044518 Pistoia

La 4444Una parola d’ordine per tutti, in particolare

per coloro che, ai diversi livelli, svolgono il servizio dell’insegnamento e dell’educazione all’interno della chiesa. Un impegno che interpella direttamente la coscienza di ciascuno e la cui disattesa costituisce una colpa dalla gravità sempre crescente a misura che ci si alza verso le zone più alte delle responsabi-lità comunitarie. La parte migliore l’ha capito e c’è perfino chi di questo dovere ha fatto uno degli impe-gni fondamentali della propria esistenza. Chi scrive ha l’ambizione di appartenere a questa uggiosa e poco sopportata categoria.

Si ricorderà che il termine “aggiornamento” fu coniato da Papa Giovanni per esprimere lo spirito del concilio Vaticano II, proprio per questo, e non per altri motivi, chiamato concilio pastorale. Si ricorde-ranno anche le parole famose che furono pronunciate all’apertura della solenne assise: “Il nostro dovere non è soltanto di custodire questo tesoro prezioso [della dottrina cattolica], come se ci preoccupassimo unicamente dell’antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell’opera, che la nostra età esige, proseguendo così il cammino, che la chiesa compie da venti secoli… Altra è la sostanza dell’an-tica dottrina del depositum fidei, e altra è la formu-lazione del suo rivestimento”.

Parole chiare, ma, perché non si pensasse solo a un cambiamento di forma, la Dei Verbum aggiun-gerà poco più tardi: “Cresce la comprensione della chiesa, tanto delle cose quanto delle parole trasmes-se, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spi-rituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. La chiesa cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità di-vina, finché in essa vengano a compimento le parole di Dio”.

Ora la chiarezza è davvero completa, fraintendi-menti non sono possibili, anche le paure che si na-scondono ingiustificate al fondo di tante anime van-no decisamente messe in disparte. C’è una continua crescita nella nostra comprensione della rivelazione, che pure rimane sempre sostanzialmente la stessa, una crescita che perdurerà per tutto il tempo della

chiesa, cioè fino all’incontro con il Signore alla fine del tempo. Fino allora la comunità cristiana deve considerarsi in cammino anche per quanto riguar-da la comprensione della Parola di Dio. Di questa crescita sono indicata anche le strade: la riflessione dell’intero popolo di Dio in particolare dei teologi, l’esperienza mistica dei nostri santi particolarmen-te viva e vivace ai nostri tempi, il magistero della chiesa al quale appartiene l compito insostituibile di custodire fedelmente e interpretare infallibilmente quanto ci è stato consegnato una volta per sempre. Tre vie maestre, che mostrano tutta la loro efficacia quando proseguono insieme il loro cammino. Ciò che è avvenuto tante volte.

Ignorare tutto questo è segno di scarsa sensibilità ecclesiale. Ci sono tanti cristiani, in tutte le catego-rie del popolo di Dio, che pure sono esemplari per la loro vita spirituale e compiono con diligenza le loro funzioni ministeriali, ma che incomprensibilmente ignorano quanto la loro chiesa ha detto e compiuto in questo settore. Si ricorderà a questo proposito che la parola “aggiornamento” è ormai usata e fatta pro-pria in tutte le lingue del mondo, proprio così, nella

sua versione italiana. Un segno che, almeno a un certo livello, l’espressione giovannea ha fatto breccia nel mondo intero.

Dobbiamo ripetere che, sulla base di quanto è avvenuto negli ultimi decenni, in particolare dal con-cilio Vaticano II, non c’è più nessun capitolo della teologia che non ha subito profonde trasformazioni, effetto della crescita della chiesa e della volontà di questa di andare incontro alle esigenze, alle doman-de, alle urgenze e alle difficoltà dell’uomo contem-poraneo. Un uomo certamente ancora uomo (man-cherebbe!), ma assai diverso da quello del passato, anche da quello che abbiamo conosciuto in tempi recenti. Due crescite, quella della sensibilità umana e quella della migliore comprensione della rivelazione, che in buona parte vanno di pari passo, essendo l’una e l’altra sotto l’influsso diretto dello stesso Spirito.

Chi cammina per questa strada ha diritto perlo-meno di essere rispettato e, magari, anche ascoltato. A tutti rimane l’obbligo di raccogliere con attenzione quanto viene loro proposto in modo documentato e serio.

Giordano Frosini

All ’interno

154

SALVARE LA TERRANon sembra una esagerazione parlare degli ultimi anni che ci vengono concessi per evitare un disastro cosmico senza precedenti.Tutti gli sguardi sono rivolti in questi giorni verso Copenaghen; anche il Papa harichiamato l’attenzione dei potenti della Terra

BONINIA PAGINA

IL MESSICO E I NARCOSÈ IN GIOCO LA CREDIBILITÀDifficile rompere la profonda connivenza tra forze di polizia e cartelli di narcotrafficanti

CARUSONE A PAGINA13

L’ITALIA ALLO SPECCHIOCome ogni anno il rapporto Censis suonal’allarme e chiama a raccolta.Una situazione, la nostra, che sembra ripeterei suoi difetti e le sue lacune e che accumulaun degrado valoriale e comportamentaledi cui sarebbebeneche civergognassimoun po’ di più

SERVIZIOA PAGINA

Parola d’ordine: aggiornarsi

CRISTO È LA NOSTRA PACEL’omelia del cardinal Bagnasco, presidente della Cei, tenuta in Cattedrale nel giorno della pace dedicato a Giorgio La PiraSERVIZIO 2

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2 n. 44 13 Dicembre 2009LaVitain primo piano

CATTEDRALE DI PISTOIA – DOMENICA 29 NOVEMBRE 2009

“Il difficile cammino della pace”Eccellenza, Autorità, Ca-

rissimi Fratelli e Sorelle nel Signore

E’ per me un onore essere stato insignito di un ricono-scimento tanto significativo in ragione sia del Soggetto promotore che dell’ intrinse-ca motivazione che lo ispira: la pace. Quanto sia grande e sempre più urgente il bisogno, anzi l’anelito alla pace, è sotto gli occhi di tutti.

Il conferimento di questo premio va ben oltre la mia mo-desta persona: riconosce l’in-stancabile opera della Chiesa di ieri e di oggi per aprire strade e creare ponti, affinché gli uomini, i popoli e le Nazio-ni si incontrino e si parlino, si riconoscano fratelli e, insieme, edifichino la civiltà della ve-rità e dell’amore. Il Magistero del Santo Padre Benedetto XVI, la sua tenace e coraggiosa iniziativa di riconciliazione, sono noti a tutti; sono un lavo-rio non conclamato ma umile e paziente, sono sostenuti dal-l’amore e ispirati dalla verità che è Cristo.

La Chiesa, “esperta in uma-nità” come affermava Paolo VI davanti alle Nazioni Unite, fin dalla sua origine è attenta alla vita dell’uomo concreto, al suo particolare ambiente, ma, nel-lo stesso tempo, ha presente il mondo, la dimensione univer-sale della storia e del cosmo: ha attenzione e valorizza nella luce del Vangelo ogni identità senza rinchiuderla in se stes-sa, senza farne un assoluto incomunicabile con il resto del mondo. Questo dinamismo di dialogo e di unità nella molteplicità delle culture e delle storie -di particolare e di universale- non è una strategia furbesca, ma appartiene alla natura stessa della Chiesa che è il Corpo Mistico di Cristo, “il segno e lo strumento dell’in-contro con Dio e dell’unità del genere umano” come rìcorda il Concilio Vaticano II (Lumen Gentium, 1).

2. Dobbiamo chiederci come sia possibile questo, quale sia la via perché il dif-ficile cammino della pace diventi realtà; perché il par-ticolare non diventi egoismo e si opponga all’universale, e l’universale rispetti ogni par-ticolare senza coartarlo nella sua bellezza e necessità. La via della Chiesa è Cristo. Ed è percorrendo la via di Cristo che la Chiesa percorre la via dell’uomo, di ogni uomo e di tutti gli uomini. Non la poli-tica, l’economia, la finanza, la sociologia ... o peggio l’inte-resse o il potere ... ; solo Cristo è la via della Chiesa e Cristo è la via dell’uomo.

La Chiesa guarda l’uomo con lo sguardo di Gesù, at-

traverso la luce del Vangelo, e lo vede così com’è nella sua storia presente e come sarà nell’eternità; ne conosce il cuo-re e il destino non per una in-telligenza propria ma grazie al suo Signore. Tenendo fermo lo sguardo a Gesù scopre il volto di Dio che è Padre di tutti, ma anche coglie il vero e completo volto dell’uomo. Per questo

“senza Dio l’uomo non sa dove andare -scrive Benedetto XVI- e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia (Ca-ritas in veritate, 78). Per la me-desima ragione la cristologia è la chiave e il fondamento, dì una antropologia autentica. E l’antropologia cristiana -con i suoi valori universali - ha ispi-rato cultura e civiltà in tutte le epoche e in ogni luogo, co-gliendo il particolare e coniu-gandolo con quegli elementi di universalità che arricchi-scono ogni dettaglio mentre lo aprono e lo arricchiscono di dimensioni più ampie. In questo senso la Chiesa è cat-tolica, non solo perché inviata dal Maestro fino ai confini del mondo, non solo perché annuncia il Vangelo a tutti, uo-mini e culture, ma perché ri-spetta e valorizza ogni cultura e la pone in dialogo positivo con le altre. Essa immette nelle diversità sociali e culturali, nelle situazioni umane più diverse, il filo-d’oro del Van-gelo che purifica dalle scorie, illumina le ombre, potenzia le luci, eleva e dà compimento

ad ogni frammento di bene, ad ogni nobile anelito. Il cristiane-

simo non ha mire di conquista di egemonia, ma desidero solo servire l’uomo e il mondo sul-l’esempio e con le parole con-solanti ed esigenti di Cristo, con il dono della redenzione e la vita della grazia.

3. Cari Amici, siamo al-l’inizio del tempo di Avvento, tempo caro ai cristiani perché prepara al Santo Natale. Siamo

L’omelia del presidente della Cei nella celebrazione eucaristica tenuta nella nostra Cattedrale nel giorno

della pace dedicato a Giorgio La Pira

“La Chiesa guardal’uomo con lo sguardo di Gesù, attraverso la luce del Vangelo, e lo vede così com’è nella sua storia presente e

come sarà nell’eternità”

“Un uomo, come un popolo, che ha bisogno di dominare gli altri per

essere se stesso, quale dignità, quale

consistenza può avere?”

invitati ad essere più riflessivi, a pregare di più, a intensifi-care la giustizia e la carità per celebrare l’Incarnazione del Verbo eterno di Dio. L’Avven-to c’immette nel punto più profondo e originario della pace, il cuore. Il cuore, nelle Scritture Sante, non è inteso come la sede delle emozioni, ma come il centro della per-sona, il luogo della sintesi; laddove la ragione s’incontra con la volontà e il sentimento e, da questo intreccio ordinato, nascono le scelte e le azioni, nascono propositi di amore e di pace. Ed è qui che l’incontro con Cristo è decisivo, perché ci libera dal peccato che è divi-sione e causa di ogni divisione e violenza. Il peccato è una categoria religiosa, deturpa - poco o tanto - il nostro rap-porto con Dio nostra origine e nostro destino. Potremmo dire che ogni peccato, alla sua radice, esprime la volontà di essere padroni assoluti di noi stessi. E allora, quale modo migliore per darci questa illu-sione, se non quello di posse-dere gli altri? Quello di domi-nare cose e situazioni? Ma un uomo, come un popolo, che ha bisogno di dominare gli altri per essere se stesso, quale dignità, quale consistenza può avere? Una consistenza debole perché, a ben vedere, è basata su valori falsi o fragili e quindi è fondata`sulla paura. Gesù ci libera dalla paura e dalla illusione di dover realizzare noi stessi su noi stessi anziché su Dio che ci è Padre mise-ricordioso. Ma la tentazione resiste, crea il dubbio, illude, promette e spinge a dividerci, a contrapporci a Dio e alla sua Legge d’amore e di grazia. Ecco il peccato, radice di ogni altra divisione tra gli uomini. Quando l’uomo non è ricon-ciliato con Dio, è diviso anche dentro di sé e tanto più lo è dagli altri: allora cercherà di possederli illudendosi di esse-re così padrone di se stesso.

Sì, in questo tempo d’Av-vento siamo chiamati alla con-versione del cuore, a lasciarci riconciliare da Cristo. Allora, e solo allora, il Natale che si avvicina sarà veramente buo-no per noi, le nostre famiglie, il Paese, i popoli e le Nazioni. Ma saremo così anche più vigilanti, come ricorda il Van-gelo, verso il secondo ritorno di Cristo, non più nell’oscurità di Betlemme, ma nella gloria del cielo, quando, finalmente, Dio sarà tutto in tutti e la pace non sarà più un inizio e una promessa, ma una definitiva e compiuta realtà.

cardinal Angelo BagnascoArcivescovo metropolita

di Genovae presidente della Cei

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313 Dicembre 2009 n. 44LaVita cultura

Poeti ContemporaneiUN GIORNO DI SOLE

Ho visitato i dormitorianimati di croci e di preghiere:lasciatemi il sogno e la speranza.Nient’altro ho conosciutoche non sia corruttibile e caduco.

E quando il sole ci riscalda,perché mai, non pensareche quell’immensa fiamma,quella massa ardented’energia creatricecapace di dissolversie di rigenerarsi,non sia segno e promessadi un bene eterno che non comprendiamoma che viviamo?

In preda al dolore e allo sconforto,(per una male incurabile che rodele nostre membra,per le attese d’amoreche tormentano i giorni,per i progetti suscitati e delusi,per l’ora certa che incombe),cos’altro resta,se non il confortodi un giorno di sole?

Orazio Tognozzi

Diciamocela tutta, non è che il padre della narrativa italiana li abbia trattati molto bene, i pre-ti, non perché fosse un miscredente, tutt’altro: Boccaccio, da credente, voleva colpirne gli esem-pi negativi, però anche quelli positivi, come il frate che confessa ser Cepparello, “un frate antico di santa e buona vita, (…) nel quale tutti i cittadini grandissima e speziale devozione avevano” non fanno una gran figura, perché presi in giro dai furbi.

In compenso Petrarca ci aveva consegnato una bellissima immagine di religioso quando ci met-te di fronte alla figura del fratello Gherardo: entrando in monastero questi diviene la paolina spina nella carne per il fratello, in quanto esem-

pio di abbandono a Dio e nel contempo modello irraggiungibile.

Anche se andiamo a vedere la letteratura mo-derna, ci rendiamo conto che se non ci fosse stata, la figura del prete avreb-be dovuto essere inven-tata, tanta è la dovizia di personaggi con la tonaca o il saio. Intanto guar-diamo al Victor Hugo dei Miserabili (1862), che pur nel suo radica-lismo sociale, fa di una figura “istituzionale” come quella del vescovo Myriel il modello della carità e del perdono: pur derubato da Valjean, finge di avergli donato i candelabri, spingendolo con questo atto di mise-

ricordia verso la reden-zione.

Padre Brown è di-ventato quello che oggi chiameremmo un must, anche grazie alla serie televisiva che vide Re-nato Rascel nelle vesti del personaggio di Che-sterton, prete-investiga-tore teso più a cogliere le risonanze profonde dell’anima dei colpevoli che alla loro punizione; pochi però conoscono i preti, “inventati” dallo scozzese Bruce Mar-shall (1899-1987). Padre Malachia, per esempio, che deve fare i conti con l’incredulità della gente e con il razionalismo dei protestanti (razionalismo che scherzando e riden-

do l’autore avvicina molto all’incredulità), tanto da dover chiedere al buon Dio di “ritirare” (in Il miracolo di padre Malachia) un prodigio a causa delle paradossali reazioni di coloro che pure ne constatano l’evi-denza. O padre Smith (Il mondo, la carne e padre Smith) che alla fine deve accorgersi di quanto sia poco prevedibile il progetto di Dio, tanto da non chiedersi più “per-ché scegliesse spesso gli uomini brutti ed ottusi a fare il lavoro degli an-geli”, o padre Arturo che deve affrontare la sua crisi vocazionale proprio durante le carneficine della guerra di Spagna, o un ennesimo don, Gaston, stavolta, che in A ogni uomo un soldo attraversa i due conflitti mondiali in Francia cer-

Anno sacerdotale

Per tutte le stagioni

Venerdì 27 novem-bre, nella sala Gatteschi della biblioteca Forte-guerriana di Pistoia, si è tenuta la presentazione al pubblico del volume Monastero di San Salvato-re a Fontana Taona: secolo XIII, curato da Aitanga Petrucci e Ivana Giaco-melli ed edito dalla So-cietà Pistoiese di Storia Patria con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. L’opera, risultato finale di un lungo ed impegnativo lavoro di consultazione di antiche

Storia locale

Pubblicato un nuovo volumedi fonti pistoiesi

pergamene, contiene ol-tre 470 brevi riassunti (re-gesti) dei documenti pro-venienti dal fondo dell’ex monastero di Badia a Taona, posto sul crinale appenninico a nord di Pi-stoia. Come spiegano le curatrici, «i regesti sono stati scelti in quanto stru-menti che permettono una più rapida compren-sione del testo rispetto ad un’edizione integrale; essi sono stati realizzati unendo estratti del testo originale latino con parti di raccordo in italiano, allo scopo di rendere

ciascun documento facil-mente accessibile anche ad un pubblico di non specialisti». Oltre a ciò, il volume comprende numerosi indici (dei nomi, dei toponimi, ecc.) per l’individuazione del materiale regestato e una sezione dedicata alla pre-sentazione – molto ben curata – dei notai autori dei documenti. Nel suo complesso, quest’opera si rivela uno strumento fondamentale per tutti gli studiosi e i ricercatori che intendono analizzare i molteplici aspetti della

storia pistoiese nel pieno Medioevo partendo dalle sue fonti, alle quali essa fornisce un contributo non indifferente. Non è certo una lettura “da ombrellone”, quindi. Ma può essere un libro molto interessante da consul-tare e da scoprire per gli appassionati di storia locale, che qui possono ritrovare le tracce di un passato lontano e allo stesso tempo vicino, dal quale affiorano antichi villaggi, castelli, leggi, usi e costumi.

Andrea Capecchi

La figura del prete nella letteraturadi Marco Testi

cando semplicemente di alleviare le sofferenze anche a costo di prender-sele lui.

Anche Graham Gree-ne (1904-1991) è stato alle prese con personaggi di religiosi dilaniati dal dubbio, come nel roman-zo Il potere e la gloria, dove il prete, in un Mes-sico in cui essere cattolici era reato, lascia andare le ultime possibilità di sal-varsi per aiutare l’altro.

Non si può ovvia-mente far finta di nulla davanti alla testimonian-za di Georges Bernanos (1888-1948), anche lui creatore di figure di preti nei suoi romanzi Sotto il sole di Satana e Diario di un parroco di campa-gna: preti che sembrano schiacciati dall’enigma dell’esistenza del male e che invece alla fine trovano uno spiraglio di luce nello scendere negli stessi abissi dei diseredati, condividendo con loro non solo il male materiale, ma anche la disperazione.

Ci sono ovviamente anche i preti visti grot-tescamente o ambigua-mente, come Il prete bello, edito nel 1954, di Goffredo Parise (1929-1986), schiacciato dal provincialismo dell’epo-ca fascista, o Il prete lun-go di Luciano Bianciardi (1922-1972), ma erano gli anni dell’acre polemica contro la borghesia e il conformismo in tutte le salse, cui risponde-va polemicamente il Don Camillo (1948) di Giovanni Guareschi, contrapposto al sindaco comunista Peppone. Da

mettere nel conto “laico” i frati talmente razionali da far nascere il sospetto di incredulità, come il francescano Guglielmo di Baskerville in Il nome della rosa (1980) di Um-berto Eco.

Anche se poi alcuni preti riescono a donare la fede perfino in absentia, come il misterioso sacer-dote (non compare mai) del Quinto Evangelio (1975) di Mario Pomilio che attraverso le tracce da lui lasciate spinge l’agnostico Bergin alla ricerca del vangelo per-duto.

Il protagonista del Diario di un parroco di campagna –lo stesso ti-tolo del romanzo di Ber-nanos che però era uscito nel 1936- di Nicola Lisi (1893-1975), scritto nel 1942, è capace di coglie-re i bagliori dell’Eterno anche nelle piccole cose, apparentemente periferi-che e marginali.

E oggi? Come prima, più di prima: un prete è descritto da Ferruccio Palazzoli mentre af-fronta il male e il bene di Milano in Per queste strade familiari e feroci (risorgerò), 2004, e per compensazione geo-poli-tica (stavolta andiamo a Taranto) un prete ancora è il protagonista di Il ragazzo che credeva in Dio, di Vito Bruno, fresco di uscita.

Un prete per tutte le stagioni, come si vede, al centro dell’attenzione letteraria, perché nel bene e nel male la sua fi-gura richiama l’originale: la ricerca dell’altro fino a condividerne gli abissi.

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4 n. 44 13 Dicembre 2009LaVitaattualità ecclesiale

“Se Dio manca, se si pre-scinde da Dio, se Dio è assente, manca la bussola per mostrare l’insieme di tutte le relazioni per trovare la strada, l’orientamen-to dove andare. Dobbiamo di nuovo portare in questo nostro mondo la realtà di Dio, farlo conoscere e farlo presente”. Da questo pensiero di Benedetto XVI muove il convegno inter-nazionale “Dio Oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto” che il Comitato per il progetto culturale della Cei promuove dal 10 al 12 dicembre a Roma (Auditorium Conciliazione). L’appuntamento si terrà nel mezzo dell’anno sacerdotale in-detto da papa Benedetto XVI (19 giugno 2009 - 11 giugno 2010). Guardando a questi due eventi, abbiamo rivolto alcune domande a monsignor Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il clero.

C’è un filo che lega l’anno sacerdotale con il convegno Cei?

“L’iniziativa della Cei è un evento nazionale, mentre l’anno sacerdotale riguarda la Chiesa universale e viene celebrato in tutto il mondo da ogni diocesi. Certamente il tema scelto per il prossimo convegno Cei pone al centro la rilevanza pubblica della fede, un tema molto caro alla Chiesa, perché riguardante di-rettamente la Libertas Ecclesiae e la storia insegna che la garanzia delle più ampie libertà pubbli-che e civiche è coincidente con il riconoscimento della libertà religiosa. I sacerdoti, in tal sen-so, sono essi stessi ‘dimensione pubblica’ della fede!”.

In che modo oggi il sacerdo-te può essere pastore secondo il cuore di Dio?

“Ciò che deve sempre ca-

DIO OGGI - ANNO SACERDOTALE

Totalmente altrimolto ricco di materiale e costan-temente aggiornato, interamente dedicato all’Anno Sacerdotale: www.annussacerdotalis.org”.

Nel videomessaggio ai par-tecipanti al ritiro sacerdotale internazionale di Ars, il Papa ha tra l’altro ricordato che “il sacerdote, scelto tra gli uomini, resta uno di essi ed è chiamato a servirli donando loro la vita di Dio”. Quali sfide ed impegni nell’attuale società?

“Certamente il nostro tempo, con notevoli differenze tra Occi-dente secolarizzato e relativista ed altre parti del mondo nelle quali, invece, il senso del Sacro è ancora molto forte, vive alcune tentazioni che inevitabilmente intaccano anche il ministero sa-cerdotale e che, anche con l’aiuto di questo Anno, sarà necessario iniziare a correggere. Penso, ad esempio, alla tentazione dell’attivismo, che investe non pochi sacerdoti, i quali, se talora sembrano eroici nella totale dedizione, tuttavia non di rado mettono a rischio la propria stessa vocazione e l’efficacia del-l’apostolato, se non permangono stabilmente in quel rapporto vitale con Cristo che si nutre di silenzio, preghiera, Lectio divina e, soprattutto, di adorazione eucaristica. Un’ulteriore sfida è rappresentata, anche, dall’appa-rente ‘indifferenza’ del mondo nei confronti del ministero sacer-dotale. Dico apparente perché, in realtà, ciascun uomo, quando incontra un ‘vero sacerdote’ che porta Dio nel cuore e nel tratto, non è affatto indifferente al valo-re del Trascendente, incontrabile nella vita. Evidentemente, anche a livello storico e pedagogico, si è passati, nelle società occidentali, dall’autorità all’autorevolezza, il che esige la profonda capacità, propria della Chiesa e dei sa-cerdoti, in ogni tempo, di saper ‘dare le ragioni’ della propria fede, mostrando nella letizia del-la vita e nel compimento umano della personalità, l’efficacia della salvezza che solo Cristo ha por-tato - e porta! - nel mondo”.

ratterizzare il sacerdote è lo sguardo rivolto al cielo, per trarne ispirazione e giudizio nel trattare le cose della terra! Dal sacerdote il popolo attende la Parola di salvezza, la dottrina certa, i sacramenti, soprattutto l’Eucaristia, che nutre il cammi-no cristiano, e la penitenza, che riconcilia con Dio! Il popolo ha bisogno di incontrare nel sacer-dote una paternità unica, resa possibile anche dal preziosissimo dono del sacro celibato, la quale affonda le proprie ragioni e radici nell’esperienza di straordinaria predilezione di cui ogni chiamato al ministero è stato fatto oggetto da Dio. Le virtù personali e lo stesso abito ecclesiastico sono trasparenza di questa identità sa-cerdotale che, non confusa con il mondo, domanda di poter essere riconosciuta da tutti”.

Il Papa ha più volte ribadito la necessità di portare di nuovo “in questo nostro mondo la realtà di Dio, farlo conoscere e farlo presente”. Un’istanza che riguarda in modo particolare i sacerdoti?

“La missione è un elemento costitutivo della Chiesa, cattolica ed apostolica, e del sacerdozio. La presenza, poi, di Dio nel mondo è un dato oggettivo, che non dobbiamo ‘portare’,

ma semplicemente educare a riconoscere. In tal senso, in ogni ambito, e specialmente in quello della formazione e della cultura, è fondamentale essere testimoni credenti e credibili. Se si è vera-mente credenti si è pure davvero credibili. Se non torniamo ad educare, soprattutto le nuove generazioni, veniamo meno al mandato apostolico! La Chie-sa non può permettersi, come purtroppo sta facendo larga parte della società, di rinuncia-re all’educazione dei giovani. Ciò equivarrebbe a rinunciare al futuro e ad ogni possibilità di riconoscere Dio nel mondo. I sacerdoti, anche in tal senso, sono i primi educatori, sono in prima linea!”.

Guardando all’esempio del Curato d’Ars, con quali parole i sacerdoti possono annunciare e testimoniare Dio oggi?

“Il Curato d’Ars è innanzi-tutto sacerdote di Gesù Cristo, è realmente nell’imitazione di Cristo Sommo Sacerdote e nella missione compiuta nel suo nome che si rivela il carisma pastorale. È Cristo stesso che unifica il Santo, attraverso la grazia batte-simale e soprattutto sacerdotale. San Giovanni Maria Vianney è ‘totalmente sacerdote’ in cia-scuna delle sue scelte e dei suoi

Verso il convegno Cei (Roma, 10-12

dicembre) di Vincenzo Corrado

gesti, in tutto il suo essere, e ne è pienamente cosciente! Questa profonda unione gli permette di accompagnare il Signore nell’or-to degli ulivi, nella passione, fin sulla Croce. Egli ha coscienza, come sacerdote, di essere uno degli strumenti privilegiati (e da qui il grande senso di responsa-bilità) per condurre il mondo a Dio. Discepolo di Cristo egli fu pienamente figlio della Chiesa, dalla quale ha ricevuto molto ed alla quale ha donato tutto, rimanendone sempre un umile ed obbediente figlio. ‘Andiamo a vedere Dio in un uomo’ si disse da parte di chi si recava ad Ars. Se si può dire questo dei sacerdo-ti significa che essi annunciano e testimoniano Dio, oggi come ieri e come domani”.

Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi mass media possono essere al servizio della Parola ?

“Certamente, ogni mezzo onesto può essere legittimamente ed efficacemente utilizzato, a due condizioni: che sia chiaro che si tratta di un ‘mezzo’ e, soprattut-to, che non lo si sostituisca mai al rapporto interpersonale, che è il modo utilizzato da Dio per farsi conoscere. La ‘Communio’ appartiene all’ordine dei fini ed è assolutamente necessario ri-spettarne la natura, mentre la co-municazione, anche informatica, appartiene all’ordine dei mezzi e può lecitamente essere descritta come un mezzo, forse come uno dei mezzi oggi necessari ed effi-caci, ma sempre e comunque un mezzo. Non credo proprio che un sacerdote possa passare più tempo davanti allo schermo del computer che nel confessionale o davanti al tabernacolo. Sarebbe preoccupante! Anche la nostra Congregazione ha inaugurato lo scorso 19 giugno un sito internet,

I pareri degli scienziati sono un po’ controversi, ma è di assoluta evidenza che il fenomeno del riscaldamento globale è uno dei grandi temi del secolo. Più strutturalmente i temi dell’ambiente sono oggi la grande questione del futuro. Prima di tutto perché pongono una questione decisiva a pro-posito della giustizia e della solidarietà tra le generazioni. Le previsioni catastrofiste a proposito dell’insostenibile aumento della popolazione, correnti negli anni sessanta e settanta, sono state smen-tite dai fatti, ma a proposito dell’ambiente il rischio è

evidente: è possibile infatti accrescere le risorse disponibili per un’umanità accresciuta nel numero e negli standard di vita, a parto però di non di-struggere in modo irreversibile le possibilità di produrle, que-ste risorse.

Così la Conferenza del-l’Onu sui cambiamenti climati-ci di Copenhagen diventa una occasione strategica. Occorre cambiare passo, occorre una presa di coscienza collettiva e nello stesso tempo un nuovo senso della comunità interna-zionale. Di questa realtà si è fatto interprete Benedetto XVI, che, alla vigilia dell’apertura

della conferenza, all’Angelus ha ribadito alcuni punti es-senziali di un magistero sui grandi temi dell’ambiente che disegna un percorso coerente e realistico, quello stesso su cui da anni insiste il magistero sociale della Chiesa.

Auspica, il Papa, “che i lavori aiuteranno ad indivi-duare azioni rispettose della creazione e promotrici di uno sviluppo solidale, fondato sul-la dignità della persona umana ed orientato al bene comune”.

E’ evidente infatti che il problema ambientale non è solo una questione tecnica, o economica, ma politica nel

senso forte del termine, attiene infatti a due temi cruciali, la dignità delle persone e il bene comune. Ovvero mette in evi-denza i diritti fondamentali e i principi di coesione e di giusti-zia sociale.

“La salvaguardia del crea-to – prosegue Benedetto XVI - postula l’adozione di stili di vita sobri e responsabili, soprattutto verso i poveri e le generazioni future”.

Certo sono necessarie la sensibilità e l’iniziativa delle principali potenze produttrici di emissioni, Cina, India come pure ovviamente degli Stati Uniti, che sono ancora i mag-

giori consumatori di energia. Comporta però una presa di coscienza di ciascun uomo e di ciascuna donna sul pianeta. Se gli Stati possono determinare gli indirizzi, poi tutto passa at-traverso i comportamenti per-sonali e collettivi, attraverso la responsabilità personale.

Ecco allora la conclusione del Papa, che apre ad una ulteriore dimensione, quel-l’”ecologia umana” su cui ha insistito nella recente encicli-ca, così da invitare “tutte le persone di buona volontà a rispettare le leggi poste da Dio nella natura e a riscoprire la dimensione morale della vita umana”. Resta questo il punto cruciale e il fondamento su cui costruire. E questo collega il tema dell’ambiente e del rispetto dell’ambiente a quello dello sviluppo della democra-zia, dei suoi principi e dei suoi valori.

CLIMA

Questioni decisive Benedetto XVI

per il vertice Onudi Copenaghen

di Francesco Bonini

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513 Dicembre 2009 n. 44LaVita attualità ecclesiale

III domenica di AvventoAnno C

Sof 3, 14-18 a; Lc 3,10-18

La Paro la e le paro le

“Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia. Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un Salvatore potente, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia”.

Sofonia esercita il suo ministero profetico in un periodo storico drammatico. L’impero assiro, che da circa un secolo domina con crudeltà e distruzioni, fa sentire il suo giogo anche su parte del territorio del regno di Giuda, che peraltro è retto da Re, Manasse e Amon, che hanno favorito sia l’entrata nel regno di culti idolatrici, sia il dilagare della corruzione tra le classi dirigenti. Il profeta spara raffiche di condanna e annunci di castighi senza uguali in tutta la Bibbia. E’ il dies irae, il giorno dell’ira di Dio. Predice catastrofi per gli alti dignitari della corte, per i giudici, per i profeti boriosi e fraudolenti, per i sacerdoti, per i mercanti, per i benestanti increduli e per le nazioni pagane nemiche del regno di Giuda.Ma quando il profeta (o un suo discepolo) volge lo sguardo verso il “popolo umile e povero”, verso il “resto di Israele”, la sua voce di tuono assume accenti di tenerezza e prorompe in esplosioni di gioia. E’ quanto ci mostrano i versetti della lettura di questa domenica traboccanti di gioia, ottimismo e speranza. Il motivo è questo: il Signore è il vero re di Israele, un Re, salvatore potente, che si stabilisce in mezzo al “resto di Israele” allontanando condanne e ogni sventura. Ma quello che più stupisce e incanta è che la festa è sì del popolo rinnovato, ma è soprattutto di Dio. Contemplando i suoi poveri, Dio gioisce, riversa su di loro il suo amore, esulta, non si contiene. Dalla bocca di Dio escono grida di gioia perché la storia del popolo eletto può ricominciare partendo proprio da questo piccolo resto di umili e poveri.

“Che cosa dobbiamo fare?Il testo del Vangelo di oggi contiene alcune delle “molte esorta-zioni con cui Giovanni evangelizzava il popolo”. Alle richieste di alcune categorie che domandavano: “cosa dobbiamo fare?” Giovanni risponde: 1. Alle folle dice: per costruire la nuova storia e dare inizio alla nuova società è necessaria la condivisione: “chi ha due tuniche ne dia una”. Non è un invito all’elemosina ma alla ripartizione. Alla storia ufficiale, che si basa sull’accumulo dei beni sottratti col sopruso e la violenza alle classi lavoratrici e povere, Giovanni contrappone l’ideale dell’Israele che entra nella Terra Promessa. La terra e i suoi beni appartengono al Signore e debbono essere distribuiti equamente secondo le necessità di ognuno.2. Agli esattori di imposte dice: “Non esigete nulla di più di quanto è stato fissato”.Sorprende che il Battista riceva i pubblicani e dia loro ascolto. Erano infatti odiati e disprezzati da tutti in quanto collaborazionisti dei romani invasori e disonesti sfruttatori del popolo. Ma Giovanni sa che sono sì strumenti, ma soprattutto vittime del potere e ha per loro una richiesta minima di buon comportamento. Chiede che all’ingiustizia del tributo imposto dalle autorità politiche e religiose non aggiungano la loro ingiustizia. E’ l’inizio della conversione, il “più” verrà con Gesù, come appare nell’episodio di Zaccheo.3. Ai soldati Giovanni risponde: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno”. C’è possibilità di conversione per chi milita a servizio dell’impero o di tiranni locali. Il Battista non mette in discussione una professione che a quel tempo era senz’altro disumana e sanguinaria. Dà una risposta pratica: siate più umani possibile, non saccheggiate, non opprimete, accontentatevi del vostro salario.Il popolo è colpito dalla vita e dall’insegnamento del profeta e gli domanda se non sia lui il Messia. Il precursore risponde: “Viene colui che è più forte di me. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuo-co”. Annuncia così che Dio è imprevedibile, è sempre più grande di ogni aspettativa, supera infinitamente ogni desiderio umano. Col Messia il Padre immergerà la sua creatura nell’oceano dello Spirito e nel fuoco purificatore della sua misericordia.Oggi tutti i battezzati in questo Spirito e in questo fuoco sanno che partecipano del potere del più forte e possono perciò realizzare la nuova umanità basata sulla condivisione dei beni, sulla giustizia, sul potere-servizio. Ma fra tutti i chiamati a compiere questa mis-sione ci sono dei privilegiati. Destinatari privilegiati e allo stesso tempo protagonisti della salvezza donata da Dio sono ancora oggi quelli annunciati da Sofonia: il popolo povero e umile, il resto di Israele. Sono ancora le categorie accolte, ascoltate e orientate dal Battista; non i farisei e i sadducei che chiama “razza di vipere” (Mt 3,7), ma la folla anonima e da loro disprezzata, i gabellieri, i mercenari. Nella seconda lettura di oggi San Paolo ci invita ripe-tutamente a essere lieti perché il Signore è vicino. Raccogliamo l’invito. Davvero il Signore è vicino, viene con certezza a salvare tutti, ma partendo ancora una volta dalla periferia del mondo, della Chiesa, dal rovescio della storia.

Enzo Benesperi

Con il tradizionale ingresso solenne del custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, si è aperto il 28 novembre a Betlemme, il periodo di Avvento. Ad atten-dere il custode sulla piazza della Mangiatoia c’era il parroco di Betlemme, padre Samuel Fahim, insieme alle autorità civili locali. Secondo quanto riferito dalla Cu-stodia di Terra Santa, “seguendo l’antica strada dei patriarchi, il corteo non è passato per il che-ck-point abituale, ma ha invece attraversato l’enclave israeliana creata attorno alla tomba di Ra-chele, rispettando in questo modo lo statu quo. L’entrata vissuta dai fedeli come una manifestazione di attenzione per loro da parte del-la Custodia, da secoli”. Durante la recita dei vespri i frati hanno acceso la prima candela dell’Av-vento. “Quest’anno - fa sapere ancora la Custodia - i frati hanno voluto dare un senso particolare a questo gesto, commemorando con esso gli 800 anni dalla fonda-zione dell’Ordine”. Domenica 29 novembre, infine, padre Pizzaballa ha celebrato la messa ricordando santa Caterina, cui è dedicata la parrocchia betlemita. La messa di Mezzanotte, cui parteciperà il pre-sidente palestinese Abu Mazen, sarà il culmine di questo cammino di attesa. Sulla preparazione al prossimo Natale abbiamo intervi-stato il parroco della città, padre Samuel Fahim.

È iniziato il tempo di Avvento: in che modo Betlemme si prepara al Natale?

“La nostra preparazione si svolge su tre piani. Innanzitutto sul piano spirituale coinvolgendo i gruppi della parrocchia, come per esempio il Terz’Ordine france-scano, la Legio Mariae e gli scout, nelle preghiere e nelle catechesi che vanno a culminare nella recita della Novena. A Betlemme, nel tempo di Avvento, siamo soliti cantare il Gloria, cosa che in que-sto tempo forte non si usa fare, ma per noi questo inno è molto signi-ficativo. C’è poi un piano orga-nizzativo di intesa con le autorità locali e la Polizia per accogliere al meglio i pellegrini e i turisti attesi in gran numero in questo periodo, e soprattutto nella notte di Nata-le. Terzo livello di preparazione è quello culturale con una serie di iniziative per tutta la città. Tra queste spicca l’accensione dell’al-bero di Natale nella piazza anti-stante la Natività”.

Il Natale riporta all’attenzione del mondo Betlemme, un tempo città cristiana per eccellenza, ma oggi paradigma della difficile condizione in cui versano i cri-stiani di Terra Santa che sempre di più emigrano altrove…

“Natale è la festa di tutti i cristiani del mondo e noi come cittadini di Betlemme cerchiamo

di dare una testimonianza di pace e di speranza che rivolgiamo an-che ai nostri fratelli non cristiani. Il nostro impegno è per far sentire Betlemme la casa di tutti i cristia-ni, di tutti i credenti. La grotta di Gesù appartiene al mondo”.

Appartiene al mondo ma dal mondo è separata dal muro israe-liano. A proposito, per le prossi-me feste ci saranno agevolazioni da parte dell’esercito israeliano per accedere a Betlemme?

“Certamente. Come padri fran-cescani di Betlemme abbiamo chie-sto agli israeliani facilitazioni per i visti di ingresso in città ed hanno mostrato disponibilità. D’altronde aspettiamo moltissimi pellegrini e turisti. Da due mesi stiamo veden-do un grande flusso di pellegri-naggi e il numero aumenta in vista del Natale. Arrivano nonostante la crisi economica, forse favoriti da un certo clima calmo qui in Terra Santa”.

Benedetto XVI, nella sua visita a Betlemme il 13 maggio scor-so, invitò i cristiani locali a non avere paura e ad impegnarsi per consolidare la loro presenza evi-tando di emigrare. Il Natale può essere un’occasione per prendere coscienza della loro vocazione a restare?

“La presenza, particolarmente in questo periodo, di fedeli da tutto il mondo sta a dire che non siamo soli. Rappresenta un soste-gno spirituale, morale ed anche materiale. La gran parte dei nostri cristiani a Betlemme vive del tu-rismo e quando c’è il pellegrino c’è il lavoro e la vita diventa più facile, le tensioni si stemperano.

I pellegrinaggi contribuiscono ad abbattere, seppure simbolicamen-te, quel muro che ci circonda e ci fa sentire meno soli, crea dei ponti con l’esterno, assolutamente ne-cessari per la nostra vita spirituale e materiale”.

Questo del 2009 si appresta ad essere, almeno è la speranza, un Natale vissuto in un clima di relativa calma dal punto di vista dei rapporti tra israeliani e pa-lestinesi. Restano, è vero, gravi tensioni per le demolizioni delle case palestinesi a Gerusalemme Est ma si parla anche di un accor-do tra Israele e Hamas per il rila-scio di prigionieri in cambio del caporale Gilad Shalit e tra Hamas e Fatah per nuove elezioni. Tutto ciò potrà contribuire ad un Natale più sereno?

“Sono notizie che alimentano la speranza. Quando c’è speranza la popolazione guarda con più serenità al futuro. Nessuno, reali-sticamente, si aspetta grandi risul-tati ma psicologicamente c’è più tranquillità che si riflette nella vita quotidiana”.

Padre Fahim, c’è un messaggio particolare che da Betlemme, luo-go della Natività di Cristo, vuole lanciare per il Natale?

“Sento una grande responsa-bilità che mi obbliga a lanciare a tutti indistintamente un messaggio di riconciliazione e perdono. La parola «chiave» di Betlemme è pace, non quella degli uomini ma di Cristo. Non ci può essere pace e giustizia nel mondo se prima non abbiamo la pace nel cuore. Ed è un invito da rivolgere soprattutto a chi ci governa”.

TERRA SANTA

Appartiene al mondoLa grotta di Betlemme e il Natale 2009

di Daniele Rocchi

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6 n. 44 13 Dicembre 2009LaVita

Legambiente ha orga-nizzato sabato 28 novembre a Monsummano un incontro per presentare il nuovo libro di Franca Canigiani dal tito-lo: “Salvare il Belpaese”. Al dibattito hanno partecipato, oltre all’autrice, il professor Paolo Baldeschi dell’Universi-tà di Firenze, Antonio Sessa di Legambiente e la consigliera regionale Daniela Belliti.

Il dibattito si è incentrato sugli aspetti del governo del territorio e la salvaguardia del paesaggio. Da un lato la definizione di paesaggio con-tenuta nella “Convenzione europea” firmata a Firenze nel 2000 che l’autrice non ac-cetta; dall’altro un complesso intreccio di norme e di piani che coinvolge i vari enti ter-ritoriali, ma nella sostanza lascia mano libera ai Comuni per un presupposto principio di sussidiarietà. “La sua tutela (del paesaggio) è in Italia an-cora lungi dall’essere attuata nel quadro di un progetto organico di pianificazione so-stenibile del territorio, di un corretto rapporto tra le esigen-ze di trasformazione e tutela dei luoghi”, sostiene l’autrice. E più oltre: “Il nodo insoluto rimane la mancanza di un rea-le e profondo coordinamento della normativa paesistica con quella urbanistica”.

Secondo il professor Bal-deschi la coscienza civica e l’attenzione al bene comune “paesaggio” è più diffusa tra i cittadini, nella società civile che dentro le sedi istituzionali tra coloro che ci governano. Un presupposto “sviluppo” turistico spinge gli ammini-stratori locali a realizzare in-sediamenti che non sono mai stati applicati al nostro conte-sto economico e sociale e che snaturano quello attuale. Si fa avanti un modello di turismo emergente che sarà il volano dello sviluppo del “Turismo di massa” che consuma più di quanto produce.

“Significativa è la vicenda che vede il borgo e la tenuta di Castelfalfi, nel comune di Montaione (Firenze), la cui trasformazione in resort di lusso, (voluto dalla multina-zionale tedesca Tui)… suscita non poche perplessità. Nono-stante la formale correttezza, il processo partecipativo ha reso consapevole la popolazione degli impatti che la “riquali-ficazione”, della Tenuta avrà sugli ecosistemi, i consumi di acqua, i carichi di rifiuti, i flussi di traffico? E quali sa-ranno i presupposti vantaggi economici ?” si chiede l’autri-ce. In definitiva la decisione di intervenire è riassumibile nella frase “nella misura in cui si può, s’ha da fare”.

Daniela Belliti dichiara di non avere nostalgia della passata legislazione urbanisti-ca, ma ammette l’esigenza di rilanciare il primato della pro-grammazione pubblica e l’ur-banistica partecipata. Propone

di partire dal basso e sostiene la necessità di armonizzare le competenze pubbliche, al-trimenti il piano provinciale resta senza una funzione spe-cifica, lasciando ai soli comuni il potere di intervento sul ter-ritorio, spesso in base a neces-sità contingenti e al bisogno di aumentare le entrate.

L’autrice ha ringraziato la Daniela Belliti della sua pre-senza, per darle l’opportunità di rapportarsi con le istituzio-ni sottolineando che in Italia manca la consapevolezza dei concetti di territorio, ambiente e paesaggio, che rappresenta-no i nostri beni comuni e costi-tuiscono la base di fondo del nostro futuro. Questa consa-pevolezza, aggiunge, non in-teressa a molti amministratori; e lo si vede dal cattivo uso che si fa del territorio; disinteresse che inevitabilmente si riper-cuote sulla collettività in modo negativo. La cura ed il rispetto del territorio e del paesaggio, se attuata, avrà ricadute posi-tive sulla collettività in termini di ricchezza durevole se agia-mo con lungimiranza. Anche la convenzione europea del paesaggio afferma che la sua qualità rappresenta l’elemento chiave del benessere indivi-duale e collettivo. Nel momen-to in cui riconosciamo a tutti i paesaggi e territori una preci-sa funzione legata al benessere della collettività implicitamen-te diamo valore ad un bene intangibile, incommensurabile e senza prezzo (fuori dal mer-cato). La nostra carta costitu-

UN CONVEGNO DI LEGAMBIENTE

“Salvare il Bel Paese”Tutela, valorizzazione, sostenibilità ambientale,

turismo e partecipazione sono stati i temidel dibattito organizzato per la promozione

del nuovo libro di Franca Canigiani.Una guida indispensabile ad ogni amministratore pubblico chiamato a confrontarsi con i complessi

temi del territorio e del paesaggiodi Marinella Sichi

zionale da al paesaggio un va-lore primario, non suscettibile di essere subordinato ad altri valori. Come rapportarci noi studiosi, cittadini, coloro che si impegnano e le istituzioni ? Il quadro in cui siamo chiamati ad operare è molto desolante, gli amministratori chiedono mani libere sul territorio e dicono: l’Italia deve crescere anche a costo di interventi di forte impatto, insostenibili. Occorre al contrario aprire un cantiere per mettere in salvo il territorio che produca occu-pazione, sostenere opere de-dicate alla sua manutenzione, intesa come fonte di ricchezza e benessere. In Italia la cultura della tutela è poco presente perché è considerata in senso statico, nostalgico, al contrario essa è dinamica e la valorizza-zione del territorio va interpre-tata in forme compatibili con la tutela.

I modelli di sviluppo fin qui adottati si sono dimostrati insostenibili. La nuova eco-nomia del benessere deve sal-

vaguardare il contesto rurale, gli equilibri ambientali che i contadini nostri padri hanno saputo tutelare, si pensi alla protezione dei terrazzamenti, alle sistemazioni di versante, tipiche nel paesaggio tosca-no. “Non è un atteggiamento nostalgico nei confronti di un passato che non può tornare” -sostiene l’autrice– “nessu-no pensa a beni posizionali in mano a pochi eletti. Cosa possiamo fare?” -si chiede Canigiani: non ci sono ricette risolutive ma ci sono buoni esempi, di gestione dei beni comuni, anche nel passato. Si tratta di studiare nuove forme di uso che siano intelligenti che incorporino la qualità del paesaggio e dell’ambiente. Rinnovare le aziende agricole multifunzionali che valoriz-zino le produzioni ed i saperi locali; in questo senso la tutela del paesaggio diventa parte integrante del prodotto offerto. Si sta facendo strada il concet-to di rendere i territori rurali autosufficienti dal punto di

vista energetico, anche nell’ot-tica di contrastare la minaccia del cambiamento climatico; gli agricoltori possono diventare produttori di energia.

Altri amministratori non si sono fatti vedere, ha sottoli-neato l’autrice, perché questi discorsi sono scomodi da ascoltare, necessitano di una politica di maggior impegno culturale, sono molto difficili: e formula alcune proposte:

- arrestare il consumo del suolo e la crescita forsennata del cemento e dell’asfalto. An-che la legge 1 del 2005 afferma che nuove edificazioni sono consentite solo quando non sussista la possibilità di riuti-lizzo di quelle esistenti;

- qualsiasi crescita edilizia ricavabile anche nelle aree ur-banizzate deve rispondere ad una reale esigenza sociale.

Le politiche dovrebbero partire dal basso, investire molto in consapevolezza; la convenzione sul paesaggio dice che esso appartiene ai suoi abitanti, ma quali abitan-ti, si chiede Baldeschi, quelli attuali o quelli futuri? Venezia è forse solo dei veneziani? I montaionesi si sono fatti con-vincere che il tour operator tedesco sopraggiunto con la sua astronave possa portare reddito. Tutti noi siamo in grado di capire se e chi guada-gnerà da questa operazione: solo la Tui ed i suoi soci sulla piazze finanziarie globalizza-te, oppure anche i montaionesi che potranno fare i camerieri, oppure i cittadini toscani e chi forniranno i servizi pubblici come le infrastrutture ed i beni culturali? I cittadini per poter scegliere devono essere cor-rettamente informati, capire i meccanismi e comprenderli.

Daniela Belliti presenta tre proposte: la necessità di investire in giovani dirigenti di elevata competenza da in-serire negli uffici pubblici, la necessità di una nuova scuola che divulghi la conoscenza del paesaggio regionale e l’ado-zione di percorsi “sani” di coinvolgimento della popola-zione alle decisioni.

Alcuni intervenuti tra il pubblico hanno chiesto chia-rimenti a riguardo del nuovo insediamento turistico che nascerà sul Montalbano nel comune di Serravalle in un contesto paesaggistico di gran-de pregio ambientale. Il pro-fessor Baldeschi ha ammesso che “Le Rocchine” nasceranno nonostante che gli studi della Regione e della Provincia ab-biano messo in luce molte cri-ticità del progetto: “la volontà del sindaco è sufficiente a far nascere un villaggio turistico olandese con 372 posti letto in mezzo a quello che finora era un grande bosco. L’unico suggerimento per il futuro è instituire “la carta costituzio-nale del territorio del Montal-bano”, sottraendolo al potere dei singoli sindaci”.

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PistoiaSetteN. 44 13 Dicembre 2009

Novena di Natale in Cattedrale con il Vescovodal 17 al 23 dicembre 2009 ore 21,00La liturgiadell’avventoa partire dal17 dicembreoffre attraversola ricchezzadei testi biblicie liturgiciuna validapreparazione al Natale del Signore

Natale

Dov’è finita la Novena?Ricordi lontani ci parlano di mobilitazione delle parrocchie. Un appuntamento

che nessuno voleva perdere. Il richiamo del Natale era proprio forte. Troppo sug-gestivo per doverlo disertare. Chiesa gremita, sfavillio di luci, suono dell’organo, canti rimasti per sempre nel cuore di coloro che partecipavano alle funzioni. Su tutti faceva spicco “Tu scendi dalle stelle”, composto, più che da un artista, da un santo che conosceva bene l’animo popolare. Si usciva pieni di luce, di sentimenti buoni, rinnovati interiormente.

Racconta un nostro vecchio parroco che i suoi fedeli, volendo partecipare alla funzione del mattino (le Novene erano rigorosamente due), si aprivano le strade facendosi luce, dando fuoco a fascine di paglia.

I tempi cambiano, e non sempre cambiano in meglio. I parroci continuano ancora a organizzare queste preziose e costruttive liturgie, magari usando testi nuovi, che i pubblicisti attuali hanno messo insieme ispirandosi agli attuali criteri della catechesi e della liturgia. Ma i risultati sono più che mediocri. Sommando almeno le chiese di città, si arriva a mettere insieme numeri perlomeno deludenti. Indicazioni che sono poi due inviti ai nostri lettori: uno generale per tutti, uno particolare per la città, dove l’iniziativa del Vescovo merita tutta la nostra attenzione e la nostra partecipazione.

Natale non è certamente la festa più importante dell’Anno liturgico, che rimane la Pasqua. E’ la festa però più popolare e più sentita. Ma c’è bisogno di strapparlo al sentimentalismo e trasportarlo invece nell’ambito degli avvenimenti fondamentali della vita cristiana. La Novena va vista in questa luce. Un evento così grande e decisivo per la nostra storia merita un nostro sacrificio.

L’augurio di Buon Natale comincia dalla nostra preparazione. R.

La rete diocesana dei Centri d’Ascolto Caritas pi-stoiesi (nove strutture, di cui quattro in città, due a Quar-rata, una ad Agliana, Oste di Montemurlo e Poggio a Caia-no) ha accolto, nel 2008, 1.225 persone per un totale di circa 4 mila contatti (rispetto al 2007 il numero delle persone ascol-tate è stabile mentre risulta aumentato del 18% il numero dei contatti, ossia delle visite a uno dei Centri Caritas effet-tuate dalle singole persone in difficoltà). Ma già nel primo semestre di quest’anno le persone ascoltate sono salite a 1.055 (erano 760 nel periodo corrispondente 2008: l’incre-mento sfiora il 39%). Boom anche per il numero di contatti complessivi: saliti, nei primi semestri di 2008 e 2009, da cir-ca 1.800 a circa 3.300.

E’ il primo dato che emerge nella presentazione del “Dos-sier 2009 Caritas Pistoia sulle povertà” avvenuta sabato scorso in seminario a Pistoia su iniziativa di Caritas dioce-sana e Caritas regionale nel-l’ambito del progetto Mirod.

“L’impoverimento della persona, in particolare italia-na, e, in special modo, della famiglia è in costante cresci-ta… Aumenta il numero di chi, forse vittima di un lavoro che non c’è più, non riesce a staccarsi dalla famiglia o è co-stretto a rientrarvi… C’è una presenza crescente di persone che non riescono a costruire o recuperare rapporti parentali”.

Un pressante invito alle parrocchie affinché “utilizzino il dossier, ci riflettano sopra, lo pongano alla base della loro azione pastorale” è venuto da monsignor Mansueto Bian-chi, vescovo di Pistoia che, sui temi dell’emarginazione e della povertà, ha rivolto anche un appello ai media (“perché non tacciano o non parlino strumentalmente ma facciano il loro dovere. E non per fare serenate ma per raccontare la realtà”). Bianchi si è anche det-to “impressionato” dalle cifre che il rapporto 2009 dedica al “valore” della Caritas (“un si-gnificativo, esemplare, valore aggiunto per la vicenda della città”) nonché dalle cifre sulla dimensione familiare delle povertà (“fa male vedere che la maggior parte delle famiglie

Chiesa dello Spirito Santo

Vespro d’organocon Cardi e Nicoletti

Interpreti d’eccezione, per il vespro d’organo in programma domenica 13 dicembre (ore 17) nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola (Spirito Santo). Saranno, infatti, Emanuele Cardi e Gianfranco Nicoletti, ad esibirsi sui due organi monu-mentali presenti in chiesa (Hermans, 1664 e Ghilardi, 2007). L’iniziativa è promossa dall’Accademia d’organo «Gherardeschi». «Oltre ad essere bravissimi organisti – commenta il maestro Umberto Pineschi, presidente dell’Accademia -, i due interpreti hanno creato, nei territori dove vivono (Cardi a Battipaglia e Nicoletti nella zona di Catania), centri di intensa attività organistica con rassegne e concorsi». Entrambi concertisti di fama internazionale, Cardi è organista titolare all’organo Ghilardi (1996) di S. Maria della Speranza a Battipaglia, uno degli strumenti più noti nel panorama internazionale dell’organaria contemporanea, mentre Nicoletti è organista al Santuario di S. Filippo Apostolo di Aidone (Enna) e docente di organo e canto gregoriano al conservatorio «Corelli» di Messina. In programma musiche di Corelli, J.C. Bach, Cherubini, Bruhns e Vivaldi. Pa.Ce.

che si rivolgono alla Caritas sono formate da giovani”).

Un forte appello, dal ve-scovo, anche all’intera chiesa pistoiese (“Vorrei che le nostre comunità capissero che la carità non è una dimensione opzionale ma appartiene alla coerenza della vita cristiana, è un qualcosa che dà senso e compimento al nostro essere cristiani”) anche per un cam-bio di ritmo (“Dobbiamo pas-sare dall’assistenza alla pro-mozione umana avviando per-corsi formativi verso la dignità della persona”. Insomma, per il vescovo Bianchi, i temi delle povertà non devono essere ap-paltati alla sola Caritas (“che è comunque la porta di acces-so, la camera di combustione principale”), ma devono essere raccolti dall’intera comunità ecclesiale.

Per il direttore di Caritas diocesana, Marcello Suppressa, il dossier vuole “indagare tra le pieghe della società usando come lente d’ingrandimento l’analisi economica e quella sociale così da scoprire che un certo numero di persone, sempre più in aumento, forse non sono definibili “povere” in senso stretto ma sicuramente non se la passano bene”.

Siamo in una fase –prose-gue Suppressa- nella quale “le disuguaglianze sociali si acutizzano con una fascia di ricchi che diventano sempre più ricchi anche approfittando di questa crisi economica men-

tre i poveri diventano sempre più poveri”. Ed esiste, anche a Pistoia, “l’ampia terra di mez-zo dove si rischia sempre più spesso di trovarsi, forse non ancora classificabili come po-veri ma indubbiamente in uno stato di insicurezza crescente, reale e percepibile”.

Quando, come accade an-che a Pistoia, esistono persone che hanno perso lavoro e si trovano a dover vivere con 7/800 euro al mese “risulta quantomeno inadatta – com-menta Suppressa – l’equazione secondo cui è povero chi non ha” perché povertà è soprat-tutto “esclusione dal sistema sociale, inaccessibilità fra di-ritti negati e reti di sostegno troppo spesso sfilacciate, scelte politiche che intaccano e mina-no lo stato sociale”.

Per definire la situazione della povertà odierna Sup-pressa ricorre all’immagine dei poveri come “equilibristi”: persone, cioè, che “camminano su una fune, in equilibrio pre-cario, con il timore di cadere e l’ancor più dolorosa paura di non trovare nulla e nessuno ad attutire il colpo”. Povertà anche come “senso di inade-guatezza e persino di vergo-gna che isola, emargina, ti fa sentire un peso”.

L’analisi della nostra situa-zione con la presentazione dei diversi dati, per motivi di spa-zio, la rimandiamo al numero di Natale.

Caritas: ecco la povertà a PistoiaPresentati i dati dei Centri di Ascolto nella diocesi

di Pistoia: boom di contatti nel 2009.E cosa accadrebbe se, all’improvviso,

Caritas non ci fosse più?di Mauro Banchini

12 dicembre 2009 - Caritas

Colletta alimentareLa Caritas diocesana, la Caritas parrocchiale di San Barto-

lomeo in Pantano, e Panorama organizzano “Solidali nel biso-gno”, una colletta alimentare a favore delle famiglie bisognose pistoiesi nella Galleria di “Panorama” per sabato 12 dicembre. Chiunque può partecipare alla raccolta con caffè, biscotti, riso, legumi, fette biscottate, olio, carne in scatola, farina, latte a lun-ga conservazione, tonno in scatola, zucchero, omogeneizzati di carne e frutta, pasta.

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8 n. 44 13 Dicembre 2009LaVitacomunità ecclesiale

A trenta anni dalla scomparsa

Ricordo di Giacomo Caiani

Trent’anni fa, precisamente il 30 novembre, muore Giacomo Caiani figura di riferi-mento nella storia della comunità di Poggio a Caiano. Ma chi è Giacomo Caiani, si doman-deranno i più gio-vani? Vediamolo.

Giacomo nasce a Poggio a Caia-no, allora frazione del Comune di Carmignano, il 24 febbraio 1901 da Ugo e Aurelia Bertini. L’esercizio costante della carità e l’impegno civile vissuto come oblazione saranno i cardini su cui ruoterà l’intero arco della sua vita. Uomo di profondi convincimenti religiosi, si iscrive giovanissimo all’Azione Cat-tolica. Commissario straordinario vescovile della Misericordia di Poggio a Caiano durante il secondo conflitto mondiale, ne diventa Proposto il 24 marzo 1945, ufficio che ricoprirà sino al 15 maggio 1969. Fin dal 1944 aderisce alla Democrazia Cristiana: la sua tessera d’iscrizione al partito di Alcide De Gasperi porta la data del 25 agosto. Sempre nell’agosto del ‘44, insieme a don Giordano Pollacci, costituisce il Gruppo Cristiano della Resistenza che, nell’assenza di ogni autorità civile, mantiene il buon ordine e garantisce l’assistenza (con la collaborazione delle Suore dell’Istituto delle Minime del Sacro Cuore) alla popolazione di Poggio durante il passaggio della guerra. Dal 1948 al 1954 ricopre la carica di Sindaco del Comune di Carmignano; ma dalla metà degli anni ’50 ogni suo sforzo è teso al conseguimento del-l’autonomia amministrativa di Poggio a Caiano dal capoluogo. Il 5 dicembre 1963 viene eletto Sindaco del nuovo Comune di Poggio a Caiano, lo resterà per due legislature: fino al 1972. Intanto è da anni impe-gnato in una tenace opera divulgativa della figura di Filippo Mazzei, il poggese amico del Presidente degli Stati Uniti d’America Thomas Jefferson. Per questa ragione nel 1967, la Free World International Academy di Dearborn (USA), lo elegge membro ac-cademico a vita. Il 30 aprile 1978 la Misericordia di Prato gli conferisce il premio «una vita per gli altri»: a ragione di un impegno che lo vede “sempre pre-sente dove c’è un malato da assistere, un defunto da seppellire, una famiglia da confortare, un bisognoso da aiutare, secondo lo spirito evangelico”. Trascorre gli ultimi anni nella Casa di Riposo San Francesco, a Bonistallo, ospite delle Suore Minime del Sacro Cuore: la congregazione religiosa che la zia paterna, Marianna Caiani, aveva fondato nel 1902. Muore il 30 novembre 1979 in solitudine e povertà.

Luigi Corsetti

Correva l’autunno del 1603, la contessa Gio-vanna Fremiot, vedova del Barone De Chantal, era impegnata a fare lo sgombero con preoccu-pazione e tanta sofferenza interiore perché costretta a lasciare la casa del pa-dre, nobile di toga, come si diceva, perché il suo-cero esigeva la presenza dei quattro nipoti nel suo castello, col ricatto che altrimenti li avrebbe diseredati.

Giovanna sapeva di andare a soffrire pene ed umiliazioni a causa di una “serva-padrona” che imperava nel menage familiare da anni, ma per il buon avvenire dei figli accettava anche questo non piccolo sacrificio.

Il padre che aveva se-guito Giovanna anche nelle sue problematiche spirituali nel cammino della sua maturazione, avendo essa perduta la madre all’età di quattro anni, sapendo dei disagi della figlia, la fa avverti-re che a Digione vi sarà il quaresimale tenuto da un Vescovo che entusia-smava la gente, e la invita caldamente ad andare da lui nella casa paterna.

La Chantal era in diffi-coltà anche su altri fronti: non si trovava con il Con-fessore che aveva scelto fra i Padri Cappuccini, perché era uomo autori-tario e incapace di seguire le vie dello Spirito.

Il 5 marzo del 1604, Giovanna ascolta la pre-dica di Francesco di Sales, ne rimane profondamente colpita e quindi chiede udienza per parlare di sé e del suo futuro. Si rico-nosce immediatamente nello spirito che anima il predicatore e nella con-versazione coglie la sua saggezza, perchè invece di imporle tante pratiche devozionali, la aiuta ad impostare un rapporto di intima relazione con Dio, partendo dalla cella del cuore. Accoglie volen-tieri le indicazioni per la pratica dell’umiltà, della semplicità e della carità verso cui era già orientato il suo spirito e che ben si accordava con i suoi do-veri familiari.

Giovanna incerta e portata allo scrupolo sen-tiva il bisogno di una gui-da sicura ma, nello stesso tempo, che l’aiutasse a vivere nell’amore e nella gioia in ogni circostan-za della vita quotidiana.

Libreria San Jacopo

Via Puccini, 32 - 51100 Pistoia - tel. 0573.21130

Il 18 dicembre 2009 uscirà il legionario dei Santi al costo di 90 euro.Nel mese di gennaio 2010 usciranno: i lezionari delle messe rituali e votive al costo di euro 90 al volume.Nel mese di marzo 2010 uscirà il cofanetto che contie-ne tutti e tre i volumi al prezzo di euro 250.Nel mese di marzo 2010 uscirà anche una ristampa del messale romano edizione piccola da altare con l’aggiunta del testo della messa della Vigilia di Pen-tecoste e le orazioni per le celebrazioni inserite nel calendario generale romano.Questi volumi devono essere prenotati.Sono invece disponibili: il legionario domenicale e festivo dei tempi forti e i lezionali feriali anno pari e anno dispari.

400 anni dalla fondazione dell’Ordine della Visitazione

La contessa Fremiot De Chantal diviene suor Giovanna Francesca

Nell’agosto dello stesso anno sceglie Francesco di Sales come suo direttore spirituale. Dopo la morte del marito, la Chantal aveva bisogno di ritrova-re una profonda serenità e giungere al perdono dell’uccisore, anche se l’uccisione non era stata intenzionale ma una di-savventura durante la cac-cia: intravide in Francesco l’uomo adatto per farle da guida e maestro.

Giovanna, vedova, aveva sentito una certa attrazione per la vita re-ligiosa: si era avvicinata ai Cappuccini e, di poi, al Carmelo ma non ne era ri-masta attratta. Tuttavia sia nella casa paterna come nel Castello De Chantal durante il matrimonio e dopo con il suocero, aveva avuto sempre una grande cura dei poveri e degli ammalati, noncurante della propria malferma salute. Assistette per di-verso tempo una cance-rosa; raccolse un lebbroso assistendolo fino alla mor-te. In occasioni di alcune epidemia, quando il male lacera le famiglie e la vita sociale, Giovanna diveni-va instancabile: passava da un malato ad un altro, giungendo a lavare e sep-pellire le salme.

Intanto in S. France-sco maturava l’idea di una comunità religiosa femminile che incarnasse i suoi ideali evangelici: umiltà, mitezza, cordiali-tà, controllo di sé, servizio, sereno abbandono alla Volontà del Padre. Il Ve-scovo intendeva dare alle religiose come simbolo significativo della loro vo-cazione, il Cuore di Gesù, coronato di spine e trafitto da due frecce: l’amore di Dio nella contemplazione e la carità fraterno verso poveri e ammalati.

Francesco, avendo vi-sto la virtù e la generosità di Giovanna non mancò di

farci un pensierino, come si suol dire. Quando il Vescovo di Ginevra, che risiedeva ad Annecy, trovò l’occasione per parlarglie-ne, Giovanna vi ritrovò i suoi ideali e si sentì in perfetta sintonia.

Decisa ad affrontare questa nuova avventura, la contessa, per iniziare la strada della vita religiosa, trovò la forza di un atto eroico: lasciò la famiglia e passò sul corpo del figlio più giovane, Celso Beni-gno, che si era steso sulla soglia di casa e l’implora-va che non se ne andasse.

Oggi, questo gesto, può sembrare a noi in-comprensibile, ma aveva la piena approvazione del padre e del fratello Vescovo. Certamente nel-la lungimiranza dei suoi familiari non mancò una grazia di Spirito Santo.

Il 6 Gennaio 1606, S. Francesco dava inizio alla nuova comunità, pensata per l’assistenza agli am-malati, anche gravi,e ai poveri, col supporto di una viva contemplazione. Ma l’intransigente oppo-sizione dell’Arcivescovo di Lione obbligò i due santi a riformulare i loro progetti: non era ancora giunta l’ora delle suore di vita attiva.

Le regole di vita del-l’Ordine Visitazione di S Maria, stese in colla-borazione fra il Vescovo Francesco e la Chantal, furono approvate dalla S. Sede nel 1626.

Il nuovo Ordine di Clausura fu posto sotto la Regola e la Protezione di S. Agostino.

Nel frattempo il 28 Dicembre del 1622 muore San Francesco. Giovanna che era a Grenoble viene a conoscenza in maniera straordinaria del decesso del co-fondatore. Fu cer-tamente un grande dolore personale e una preoccu-pazione per il futuro del-

l’Ordine, ma non si perse d’animo: si impegnò con tutte le sue energie perché il corpo del Santo fosse ri-portato ad Annecy, presso la culla dell’Ordine. Prese nelle sue mani le redini della nuova istituzione e ,con energia e totale gene-rosità nei quasi ventanni che sopravvisse al suo Direttore Spirituale, rin-saldò quelle linee segnate dal Padre e una organiz-zazione ordinata e precisa nelle comunità nascenti. Alla morte del Santo i monasteri erano tredici. Alla morte di Giovanna, ottantasei.

L’amicizia spirituale, forte e tenera fra Giovan-na e Francesco, aveva affinato la sensibilità della Fondatrice che le permise di farsi dono totale. Non si risparmiò e con la sua sapiente, dolce ma anche energica guida, portò a maturazione una spiritua-lità intensa ed umanissi-ma. Proprio per questo, con una volontà ferma e decisa per quel grande amore per il Signore che aveva, trovò la forza per intraprendere lunghi e faticosi viaggi per seguire le nuove fondazioni e me-diare lo spirito autentico dell’Ordine della Visita-zione S. Maria. Nel 1638 arrivò anche a Torino per organizzare il primo Mo-nastero della Visitazione in Italia.

Dopo la morte di S. Francesco le fu Direttore Spirituale S.Vincenzo de’ Paoli che l’accompagnò fino alla morte, avvenuta il 13 Dicembre 1641, nel Monastero della Visita-zione a Moulins.

S. Vincenzo ha lasciato di lei questa significativa testimonianza:

“Benché all’apparenza godesse la pace e la tran-quillità di spirito che go-dono le anime pervenute ad un alto grado di virtù, pur nondimeno soffrì del-le pene interiori così gran-di... che la sua continua cura era di stornare il suo sguardo dal suo interiore, non potendo sopportare se stessa, alla vista della sua anima piena di tante miserie da sembrare l’im-magine dell’inferno...”.

Così è il cammino del-la mistica, come testimo-nia la storia della Chiesa e la vita monastica della Visitazione.

Di questo, però, parle-remo la prossima volta.

Simone Scatizzi vescovo emerito

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913 Dicembre 2009 n. 44LaVita comunità ecclesiale

corso gramsci, 159/b - cell. 338.5308048 - pistoiaaperto pranzo e cena

Chi è questa figura alla quale èdedicato l’ anno sacerdotale indetto dal santo Padre “Maria Giovanni Vianney”.

Lo scopriamo con il vicario generaledon Paolo Palazzi

Dal 13 al 23 ottobre scorso, 30 persone, sotto la guida spi-rituale di don Cesare Tognelli, hanno visitato la terra dove Gesù è vissuto ed ha annunziato la venuta del Regno di Dio.

Il pellegrinaggio, organiz-zato dall’associazione Insieme per la Terra Santa, con la Sotto-sezione di Pistoia dell’Unitalsi, ha seguito il percorso classico, con inizio in Galilea, a Nazareth, per proseguire nei luoghi dove si è svolta la vita pubblica di Gesù, e terminare in Giudea, a Betlemme e Gerusalemme. Ma non ci siamo limitati a visitare i luoghi Santi, le pietre calpestate da Gesù e dai discepoli; siamo infatti convinti che un vero pel-legrinaggio in Terra Santa deve prevedere anche un incontro con le cosi dette “pietre vive”, cioè le comunità cristiane, gli istituti re-ligiosi, le scuole, gli ospedali. Gli scopi della nostra associazione Insieme per la Terra Santa sono quelli di far conoscere le realtà della Terra Santa, favorendo il dialogo tra le tre grandi religioni monoteiste che in questa terra convivono e che riconoscono in Abramo il loro capostipite, e di portare un aiuto morale e materiale alle popolazioni cristiane di Terra Santa. Il fatto stesso di portare dei pellegrini in Terra Santa significa aiutare economicamente le popolazioni locali che traggono il loro sosten-tamento prevalentemente dal turismo religioso.

Centro Famiglia Sant’Anna

La visita di Maria ad Elisabetta Lc. 1, 39-45

Presso il Centro Famiglia S. Anna si è svolto il secondo incontro di spiritualità previsto dal calendario 2009-2010 guidato da don Paolo Palazzi. A seguito della riflessione del primo incontro “L’annunzio della nascita di Gesù”, l’argomento di questo incontro “La visita di Maria a Santa Elisabetta”(Luca 1, 39-45) prosegue il cammino verso “La nascita di Gesù”, tema che sarà trattato da monsignor vescovo il 16 dicembre.

La riflessione e l’analisi dell’incontro fra Maria ed Elisabetta si sono basate su alcune espressioni del testo di Luca che ne riassumo-no il significato escatologico: la gioia, la carità e l’umiltà di Maria - la “fretta” di andare dalla cugina - la presenza dello Spirito Santo - l’incontro con Dio da non tenere per sé - la rivelazione del progetto di salvezza della Trinità - l’anticipazione dell’Eucarestia.

La gioia di Maria, è stato rilevato, dovuta alla consapevolezza di portare nel suo seno, fecondato dallo Spirito Santo, il Figlio di Dio, insieme all’annuncio che anche Elisabetta, ritenuta sterile, sarà madre, la induce a mettersi subito in viaggio per andare dalla cugina. E’una decisione dovuta certamente alla carità, ma anche alla consapevolez-za che il miracolo riguardante Elisabetta è in relazione al mistero che lei porta nel seno e che l’incontro con Dio non si può gelosamente tenere per sé, si sente il bisogno di comunicarlo agli altri. A questo proposito, don Palazzi ha fatto riferimento ad alcune figure della Chiesa, come San Francesco, papa Giovanni Paolo II, madre Teresa di Calcutta, che hanno espresso la gioia del loro incontro con Dio a tutto il mondo. Ma la fretta di dirigersi verso Elisabetta è spronata anche dall’amore e dall’umiltà, e Maria, guidata dallo Spirito Santo si mette in cammino, pur con le difficoltà dovute alla lontananza delle due città, Nazaret a Nord e la città di Elisabetta e Zaccaria, oggi Aim Karim, a sud.

Nell’incontro delle due madri, è stato ricordato, emerge l’anti-cipazione della storia futura. La percezione da parte di Elisabetta del figlio che le esulta nel seno annuncia la funzione di Giovanni Battista, precursore di Gesù, voce del Messia, voce che grida nel deserto “preparate la strada del Signore” e, sussultando nel seno della madre, Giovanni comincia ad essere il messaggero. Inoltre il saluto di Elisabetta a Maria, “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me” ,“Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”, “Benedetta tu fra tutte le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”, ci fa capire che lo Spirito Santo le comunica che nel grembo di Maria c’è il Figlio di Dio, il Messia e comprende che Maria è la Vergine promessa da Isaia. Quindi, è stato sottolineato, se fino a quel momento l’ambito dell’incarnazione era solo Maria e la Trinità, con il saluto di Elisabetta il progetto di salvezza della Trinità può essere rivelato. E Maria pronuncia il Magnificat: ”l’anima mia magnifica il Signore e il mio Spirito esulta in Dio mio Salvatore”. Inoltre nel rendimento di grazie di Maria è presente l’anticipazione dell’Eucarestia (in greco eucharistein è rendere grazie).

La riflessione conclusiva di don Palazzi ha inteso sottolineare ancora il significato dell’umiltà di Maria che si ritiene “l’umile serva del Signore”, non degna di nulla. Ma l’umiltà è la verità, è la base della vita cristiana. Maria era umile ed era nella verità che è Cristo, il Verbo di Dio. In questo incontro con Elisabetta, Maria insegna a tutti noi, popolo di Dio, il valore di questa virtù perché, è stato rilevato, se ci nascondiamo, non siamo nella verità , se siamo sinceri, siamo sempre nell’umiltà. Dio guarda, Dio consola, Dio ama, ci porta con sé anche se a volte non ce ne accorgiamo.

Ed ecco, in sintesi, l’immagine di Maria: in questo incontro, in questa visita ad Elisabetta, Maria è la Chiesa, è immagine della Chiesa e la Chiesa siamo noi, allora la gioia di Maria sarà la nostra gioia vera, autentica, indistruttibile. A conclusione dell’incontro, è stata recitata la Preghiera di Tonino Bello con un’invocazione:

“Santa Maria, donna feriale liberaci dalle nostalgie dell’epopea, e insegnaci a considerare la vita quotidiana come il cantiere dove si costruisce la storia della salvezza.”

Rosa Toscano Becattini

Il Santo Padre ha indetto fino al giugno 2010 l’“Anno Sacerdotale”: vuole spiegarci il motivo?

Il santo Padre Benedetto XVI, in occasione del 150° an-niversario della morte di san Giovanni Maria Vianney ha indetto l’anno sacerdotale con il desiderio che tutti i presbiteri intensifichino, sul suo modello, l’impegno per una testimonian-za evangelica più intensa e per un forte rinnovamento interiore. Un suo biografo ci ricorda che “stava tutto il giorno in chiesa e la gente imparava a pregare andando a trovarlo”, ma soprat-tutto trovava un prete sempre pronto ad ascoltare, dialogare, rispondere e confessare. Veniva-no da tutta la Francia e altrove per essere da lui ascoltati e as-solti al tempo del curato D’ Ars, in Francia, dopo la rivoluzione francese, il sacramento della confessione era in crisi, come oggi. La cultura illuminista del tempo considerava questi riti religiosi una forma di retaggio medievale da estirpare da tutto il tessuto sociale. La scienza non può considerare l’uomo un de-bole, oppure soggetto al peccato, ma deve essere un super uomo che domina se stesso e sta al di sopra di Dio.

I fedeli della chiesa d’Ars definivano la loro chiesa l’ospe-dale dell’anima; perché?

La chiesa in Francia a questa cultura dominante ha contrap-posto solo questa figura di umile prete di campagna che, a dispet-to degli illuminati riformatori,

Il santo Curato D’Ars

ha avuto un seguito impressio-nante di persone che ritornavano a casa con una serenità immensa e una esperienza di profonda fede religiosa che dava un senso alla loro vita di persone. A volte confessava anche 16 ore al gior-no per cui la sua chiesa di Ars era chiamata dai fedeli “Il vero ospedale dell’anima” .

Alcuni suoi principi che os-servava nel confessare le persone sembrano mirabilmente essere usciti dal Concilio ecumenico Vaticano II.

1. Quando uno viene a con-fessarsi egli diceva “Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli il perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa ritornare a Lui”. Era davvero un sacerdote che credeva e annunciava la gran-dezza infinita della misericordia di Dio.

2. A coloro che venivano a confessarsi avendo paura delle future ricadute il santo diceva “Il buon Dio sa tutto, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona… dimenticando volon-tariamente l’avvenire”. Quanto

è grande o Signore il tuo amore per noi, siamo davvero salvati dalla croce di tuo Figlio crocifisso e risorto.

3. A colui che si mostrava tiepido, cioè non provava nulla per i propri peccati dava una bellissima e struggente risposta. Si metteva lui stesso a piangere e diceva: “Piango perché voi non piangete”. Riusciva a suscitare il pentimento dei tiepidi mo-strando loro “attraverso i propri occhi la sofferenza di Dio per i peccati”.

4. Ad un confratello che gli chiedeva spiegazioni sulla peni-tenza da dare anche dopo certi peccati confessati “Spesso do ai peccatori una piccola penitenza il resto lo faccio io al loro posto. C’era in Lui un grande amore per il Signore “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze e al tempo stesso un amore im-menso per il prossimo secondo il comandamento nuovo “Amatevi come io vi ho amati .

Come si vive oggi il sacra-mento della confessione?

Se il sacramento della con-

fessione anche oggi è tornato in crisi lo si deve anche al nostro disamore per il sacramento stesso, perché abbiamo sempre altre cose, anche vere, da fare. La gente forse veniva in chiesa e non trovava mai qualche sa-cerdote pronto ad ascoltare per consigliare, per correggere e per perdonare.

Vi è un messaggio per que-sto anno sacerdotale?

Ricordati, o presbitero, che Dio, quando alzi la tua mano indegna per assolvere il peni-tente, ti ascolta e ti obbedisce, scende il perdono e lo Spirito Santo ritorna ad essere il dolce ospite dell’anima. So che a volte l’essere sempre disponibili a chiunque viene in Chiesa può generare stanchezza ma pensa a quanti fiumi di grazia, di luce e di amore possono invadere e fecondare l’intera umanità da quel confessionale, e quanta gra-titudine e ricompensa fin da ora ti viene concessa dal cielo. Pensa alle numerose persone che non sarebbero state imbrogliate dai maghi se avessero trovato nella loro chiesa un sacerdote pronto ad ascoltare, ad accogliere e a dialogare. Preghiamo perché l’anno sacerdotale voluto da Be-nedetto XVI e per intercessione di san Giovanni Maria Vianney riporti nella chiesa e nella nostra società il senso straordinario e salutare del sacramento della infinita misericordia di Dio.

Daniela Raspollini

Infatti sappiamo che la pre-senza di un pellegrino dà lavoro ad una persona del luogo.

La nostra scelta di alloggiare per 5 notti a Betlemme è stata fatta proprio per aiutare l’eco-nomia locale dei territori palesti-nesi che, dopo la costruzione del muro hanno visto drasticamente ridotto il flusso di turisti, pur distando pochi chilometri da Gerusalemme.

Nell’occasione del pellegri-naggio, abbiamo organizzato un incontro con il teologo pale-stinese Geries Khoury, cattolico melchita, direttore del centro AI-Liqa (L’Incontro) fondato 27 anni fa a Betlemme per favorire il dialogo tra cristiani, ebrei e mu-sulmani, ed autore del libro “Un palestinese porta la croce”.

Khoury ci ha parlato del dramma delle popolazioni pale-stinesi spogliate delle loro case e della loro terra. L’embargo economico e politico verso la Palestina accentua sempre di più la povertà e la disperazione della popolazione e favorisce la vio-lenza dei gruppi di estremisti.

Ancora più drammatica è la situazione della minoranza dei palestinesi cristiani che, secondo una lettura sbagliata della Bibbia, accettata anche da

alcune confessioni cristiane, si vedono privati della loro terra, per volere di Dio stesso, che l’ha promessa agli ebrei.

Ma Khoury afferma che Dio, padre di tutti gli uomini e difen-sore dei poveri e degli oppressi, non può volere l’annientamento del popolo palestinese.

Nonostante tutte le diffi-coltà, il messaggio di Khoury, che trae forza dalla fede, è stato di speranza nella possibilità di una convivenza pacifica tra palestinesi ed israeliani. Tutti affermano di volere la pace, ma non potrà esserci una pace duratura che non sia fondata sulla giustizia.

A Betlemme poi abbiamo visitato l’Istituto delle Suore della Parola Incarnata.

E’ una casa, circondata da un giardino, a poche centinaia di metri dalla Grotta della Natività, in cui tre giovani suore sudame-ricane accolgono 17 bambini con handicap fisici e mentali.

I bambini, di religione cri-stiana e musulmana, appar-tengono a famiglie povere che, per problemi sia economici che culturali, non si prendono cura di loro. Le suore ci hanno spiegato che questi 17 sono solo una parte dei bimbi bisognosi di

assistenza e che pertanto hanno deciso di ampliare la casa, fino a poter accogliere un massimo di 50 bambini.

Il progetto prevede la costru-zione di nuove camere e bagni, di un refettorio, di un ascensore per i bambini disabili, di un ambiente per la fisioterapia e di una piccola piscina per la riabilitazione.

Come associazione Insieme per la Terra Santa abbiamo deciso che ci impegneremo nei prossimi 2-3 anni per raccogliere fondi per contribuire alla realizzazione di una parte di questo progetto. Vo-gliamo rivolgere un invito a tutti i cristiani: fate l’esperienza di un pellegrinaggio in Terra Santa. Ma un pellegrinaggio diverso che, assieme al programma di riscoperta e rinnovamento della fede nei luoghi santi, preveda anche l’incontro con le comunità cristiane locali che con grande fatica continuano a testimoniare l’amore di Gesù proprio nella sua terra. Il pellegrinaggio sarà allora un incoraggiamento per i cristiani palestinesi a non ab-bandonare le loro terre, ma a continuare il loro impegno per una pace durevole, fondata sulla giustizia e sul perdono.

Franco Niccolai

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Pellegrinaggio in Terra Santa

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10 n. 44 13 Dicembre 2009LaVitacomunità e territorio

PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633

- [email protected] - [email protected] PISTOIA

Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI

CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]

PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]

MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]

MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]

SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]

LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]

PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]

S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]

CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]

BOTTEGONEVia Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]

L’ASILO INCRIMINATO A CURA DI PATRIZIO CECCARELLI

Maltrattamenti

Lo sdegno della “Città amica dei bambini”

Il Comune di Quarrata ha trovato una nuova sistemazione per tutti i bambini che frequen-tavano l’asilo privato “Il magico bosco”, di via della Repubblica, di cui era responsabile la stessa Anna Laura Scuderi, arrestata per la vicenda dei maltratta-menti nella analoga struttura pistoiese di Sant’Agostino.

Sono state in tutto 17 le famiglie che si sono rivolte agli uffici della Pubblica istruzione della città del mobile. Di queste, 15 avevano i figli che frequen-tavano l’asilo di Quarrata e 2 residenti in Quarrata ma che fino ad ora avevano frequentato la struttura di Pistoia. Tre di questi sono già stati sistemati nelle scuole materne, 4 frequenteran-no gli asili nido comunali e 6 gli asili privati convenzionati col Comune, mentre altri 4 saranno

Le istituzioni

«Pistoia non è la cittàdegli asili lager»

«Pistoia non è la città degli asili lager». Il sindaco Berti, che nei giorni scorsi ha annunciato che il Comune si costituirà parte civile nel processo alla due maestre ed offrirà il patroci-nio legale ai genitori, spiega che questa vicenda era del tutto imprevedibile e difficile da controllare, «perché non si possono controllare preventivamente i maltrattamenti». «I nostri asili e i nostri servizi –ribadisce il sindaco- fanno scuola nel mondo in-tero e un episodio isolato non deve macchiare una lunga storia di qualità ed eccellenza, costruita giorno per giorno, insieme a bambini, genitori e operatori qualificati». «Ci sentiamo anche noi maltrattati, doppiamente –prosegue il sindaco-, perché siamo vicini a quei bambini e alle loro famiglie e perché l’idea di una Pistoia luogo degli asili lager, è un’idea tremenda che ci umilia, ci ferisce e a cui ci ribelliamo».

«A distanza di pochi giorni da quei fatti gravissimi che sono accaduti in un asilo privato della nostra città –aggiunge il presidente del Consiglio comunale, Marco Vettori-, intendo manifestare la mia solidarietà umana ai genitori e allo stesso tempo tutta la mia vicinanza agli educatori pistoiesi lontani, da sempre, da queste logiche incomprensibili, e riconfermare che niente può macchiare il valore dei nostri servizi educativi».

«È spiacevole che questa vicenda –commenta l’assessore comunale all’istruzione, Moroni-, assolutamente isolata e circo-scritta, molto sconvolgente e dolorosa, schizzi inevitabilmente fango anche sui nostri servizi educativi, che hanno una storia molto bella e molto importante e assolutamente di garanzia dal punto di vista della qualità dell’offerta educativa».

Sulla vicenda interviene anche Alessio Bartolomei, capo-gruppo di FI-Pdl in consiglio comunale, che punta il dito sulle responsabilità del Comune. «L’annuncio del Sindaco di costi-tuirsi parte civile, nel processo contro le maestre dell’asilo Cip e Ciop –dice Bartolomei-, appare un goffo tentativo di tirarsi fuo-ri da una serie di responsabilità che erano e restano a carico del Comune di Pistoia. Infatti, quell’asilo non era un semplice asilo privato, come si è tentato di dire fin dal primo momento, ma il Comune di Pistoia l’aveva autorizzato fin dal 2005 e addirittura nel 2009, l’aveva accreditato. La procedura di accredito permet-te di entrare a pieno titolo nel novero dei soggetti che erogano i servizi educativi del Comune di Pistoia, accedendo, quindi, alle liste d’attesa dei nidi comunali e ai contributi regionali destinati alle famiglie con bambini da 6 a 36 mesi che rientrano in certe fasce di reddito. L’accreditamento prevede, oltre ad un certo numero di requisiti stabiliti dalla Regione e dal Consiglio comunale con propria deliberazione n.203 del 2003, riguardanti metrature minime interne e esterne, spazi dedicati alla pre-parazione dei pasti e alle aree di gioco, rapporto minimo tra bambini ed insegnanti, requisiti minimi per essere considerati insegnanti ecc..., anche ispezioni periodiche (art. 26 commi 1 e 2) che il Comune deve svolgere».

Un invito ad una «vigilanza continua», pur «nella convinzione che si tratti di un episodio isolato», viene dal vesco-vo, monsignor Mansue-to Bianchi, che riguardo ai servizi per l’infanzia definisce Pistoia «una città esemplare e con una tradizione di livello eu-ropeo».

«Questa vicenda – spiega monsignor Bian-chi - ci richiama ad avere un’attenzione, anche nei confronti della possibilità di imbarbarimento, che è sempre dietro l’angolo, se certe professioni non ven-gono esercitate in modo che la persona rimanga sempre in contatto con quei valori, con quelle motivazioni umane che danno livello e qualità alla professione stessa. Il caso di queste maestre è tipico, perché la profes-

È stato uno choc per Pistoia, città da sempre al-l’avanguardia nei servizi per l’infanzia, quando mercoledì 2 dicembre le agenzie di stampa di tutta Italia hanno diffuso la notizia dell’arresto in flagranza di reato di due maestre d’asilo, “inchiodate” dalle videoregi-strazioni, mentre maltrattavano i bimbi di pochi mesi che erano stati loro affidati. Si tratta della titolare dell’asilo «Cip e Ciop» di Sant’Agostino, Anna Laura Scuderi (responsabile anche di un altro asilo a Quarrata) e di una sua collaboratrice, Elena Pesce. L’asilo è privato, ma da quest’anno era stato accreditato dal Comune, e adesso c’è chi si chiede perché non siano stati effettuati controlli preventivi.

«I maltrattamenti – come ha spiegato nella conferenza stampa il sostituto procura-tore, Ornella Galeotti – sono consistiti in numerosi schiaffi sulla testa e sulla faccia, nello sbattimento dei bambini, sia

Quarrata

Chiuso anche «Il magico bosco»I bambini sistemati in altre strutture

comunali o private della cittàe dei comuni limitrofi

con tutta probabilità accolti dalle strutture dei comuni vicini: Serravalle e Agliana.

«Desidero ringraziare – dice il sindaco Sabrina Sergio Gori - tutti coloro che, vista la situa-zione di difficoltà e la grande spinta emotiva che la città tutta ha avuto nei confronti di questa situazione, si sono resi dispo-nibili a collaborare con noi per trovare una nuova “casa” a

questi bambini. Ringrazio i nostri dipendenti, che si sono mossi con grande tempestività ed efficienza, dando una risposta e una soluzione concreta a tutte le famiglie di Quarrata e anche a quelle dei comuni vicini che frequentavano l’asilo di via della Repubblica».

«Credo che un’amministra-zione pubblica – continua il sindaco -, il Comune in parti-

colare che è l’istituzione più vicina ai cittadini e alle famiglie, debba essere presente in questi momenti, facendo sentire alle persone emotivamente toccate da questa situazione il senso della comunità, che non può e non deve abbandonare a se stessi i propri bambini e le loro famiglie. Desidero ringraziare in questo senso soprattutto le fami-glie stesse, che ci hanno aiutato nel difficile compito di trovare una nuova accoglienza ai loro piccoli in così pochi giorni, venendosi incontro anche fra di loro e dando una bella testimo-nianza in concreto di quel senso di “comunità” che troppe volte oggi sembra perduto».

Il vescovo

«Vicenda tristissima, che la città non meritava»sione di maestra d’asilo ha bisogno di un’enorme carica motivazionale di umanità».

Dal vescovo anche un invito ad «avere pietà ver-so la persona» che ha sba-gliato, ma ad «essere fermi nei confronti del gesto e del comportamento che ha scatenato una tragedia di questo genere».

«La Chiesa – spiega monsignor Bianchi - inse-gna a distinguere l’errore dall’errante, il peccato dal peccatore. La società giudica ciò che oggetti-vamente è stato un com-portamento, la profondità della coscienza la giudica Dio, perché solo lui ha

occhi talmente fondi da poter leggere e decifrare quel mondo misterioso che è nella profondità di ciascuno, districarlo da quelle che sono le re-sponsabilità personali, rispetto ad altre vicende, che possono condizionare, spiegare, spingere ver-so certi comportamenti. Ovviamente quello che ci si attende, tutti, dalla società, dalla giustizia, è che questi comportamen-ti vengano trattati con giustizia, quindi vengano riconosciuti, isolati e col-piti, così come la legge prevede, laddove si verifi-chi una effettiva colpevo-lezza. Nei confronti della

persona, occorre sempre un atteggiamento di ri-spetto, perché la persona è portatrice di una digni-tà, anche quando questa dignità non l’ha saputa riconoscere, rispettare e costruire negli anni».

Il vescovo è vicino alle mamme e ai papà, profon-damente toccati da questa vicenda.

«Penso soprattutto ai genitori che hanno avuto i bambini in questo asilo – conclude monsignor Bianchi - e a tutti i genitori che hanno i bambini pic-coli e che in qualche modo si sentono come coperti dal cono d’ombra di ciò che è successo».

dei più piccoli, quelli che ancora non camminano, sia di quelli più grandi, soprattutto mentre venivano imboccati, anche costringendoli alla deglutizione mediante l’appoggio del ba-vaglio sulla faccia per svariati secondi, mentre tutti gli altri bambini erano seduti immobili ad assistere a questi episodi di sopraffazione». «Si tratta di condotte – ha aggiunto il pro-curatore capo della Repubblica di Pistoia, Renzo Dell’Anno – che noi abbiamo visualizzato attraverso delle riprese video che sono durate qualche giorno. Appena abbiamo realizzato che si trattava di una condotta ripe-tuta nel tempo, abbiamo deciso che fosse il caso di stroncarla nel

più breve tempo possibile».Le indagini della polizia

sono cominciate ad agosto, a seguito delle segnalazioni di alcuni genitori, insospettiti dal comportamento dei propri figli.

La vicenda in un primo momento ha destato increduli-tà, anche da parte dei genitori, che mai si sarebbero aspettati che all’interno della struttura nella quale lasciavano ogni giorno i propri figli, fossero potute accadere quelle cose. Incredulità, che ben presto ha lasciato il posto alla rabbia e all’indignazione, non appena sono state mostrate loro le im-magini registrate dalle teleca-mere, diffuse successivamente

anche dai telegiornali nazionali, regionali e locali. Sdegno e rab-bia si sono diffusi ben presto in tutta la città. Intanto la Scuderi e la Pesce resteranno in carcere, a Sollicciano: così ha deciso il gip di Pistoia Alessandro Buzzegoli, su richiesta del sostituto procuratore Galeotti. L’avvocato di Elena Pesce Gia-como Dini, che ora si è dimesso, ha detto che la sua assistita è scoppiata a piangere davanti al filmato che le è stato mostrato e ha chiesto perdono ai bambini e alle loro famiglie. Angosciata e dispiaciuta, ma non ancora completamente consapevole della situazione, Anna Laura Scuderi, difesa dall’avvocato Stefano Panconesi.

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1113 Dicembre 2009 n. 44LaVita

E’ il giugno 2010 la data prevista per la conclusione dei lavori della nuova sede della Misericordia di Agliana. L’inau-gurazione della struttura avver-rà verosimilmente nell’autunno successivo. Di recente si è svolto un sopralluogo sul cantiere alla presenza del direttore dei lavori, l’ingegner Giovanni Ortu, dei dirigenti della Misericordia, del-l’Amministrazione comunale, dei capogruppo consiliari e degli organi di stampa. “Un incontro del genere – ha evidenziato il presidente della Misericordia, Corrado Artioli – è davvero importante perché la nostra nuova sede non è solo della Confraternita ma appartiene a tutta la comunità aglianese”.

La visita si è snodata parten-

Agliana

Nuova sede della Misericordiado dal piano terra per giungere fin sul tetto dell’edificio dove saranno ubicati pannelli fotovol-taici e solari. Proprio al piano ter-ra si troveranno portineria, sala ricreativa, medicheria, deposito automezzi, cappelle mortuarie e una sala multifunzionale, che servirà anche come punto di aggregazione dei volontari dell’associazione (150 in totale), con attigua ampia cucina. Primo piano che vedrà la presenza di vari uffici, della presidenza e della sala del consiglio che servirà anche come biblioteca. Secondo piano che avrà una hall

E’giusto premiare chi, con sacrificio e impegno, ha ottenuto risultati importanti nel proprio ciclo di studi. Con questo intento, la Banca di Cre-dito Cooperativo di Vignole da molti anni bandisce il concorso per Borse di studio, riservato a coloro che hanno riportato il massimo dei voti nel corso dell’anno scolastico e univer-sitario precedente.

In tutto sono state 75 le Borse di studio assegnate agli studenti che si sono diplomati (scuole medie inferiori e supe-riori) o laureati nel periodo dal 1° ottobre 2008 al 30 settembre 2009 e che hanno presentato domanda di partecipazione al concorso. La consegna dei premi è avvenuta durante una partecipata cerimonia, svoltasi nell’auditorium della sede centrale, a Vignole, lo scorso 5 dicembre. A fare gli onori di casa, il presidente della Bcc di Vignole Giancarlo Gori, il vicepresidente Franco Bene-speri e il direttore generale Elio Squillantini. Hanno portato il loro saluto anche il vicesindaco di Quarrata Marco Mazzanti e, in rappresentanza del mondo

BCC DI VIGNOLE

Consegna di 75 borse di studioBellini, Caterina Parenti e Sara Venturelli (Istituto Pacini, Pi-stoia), Marco Cipriani (Istituto Fedi, Pistoia), Erika Merci, Chiara Monaco e Alessandro Panerai (Liceo Forteguerri, Pistoia); Elia Giovanni Gargini (Istituto Capitini, Agliana); Matteo Bartolini, Matteo Bessi, Lorenzo Franchi, Francesco Nesti e Sara Nicoletti (Istituto Buzzi Prato); Alessandra Ro-mei (Liceo Copernico, Prato); Giulia Della Scala (Istituto Pontormo, Empoli); Davide Giorgetta (Istituto Enriques, Castelfiorentino).Laurea universitaria: Daniele Abruzzese, Lapo Balli, Martina Bartolacci, Simone Bellassai, Francesca Bracali, Lorenzo Buccelli, Rachele Butelli, Elisa Fabbri, Valentina Fedi, Martina Gheri, Martina Guidotti, Elena Menicacci, Laura Michelacci, Silvia Nesti, Marco Tesi, Dario Tinti, Ilaria Torracchi (Univer-sità di Firenze); Valentina Can-giamila, Eva Falaschi, Agnese Lomanto, Andrea Pacini, Carlo Simoncelli (Università di Pisa); Marialuce Giusti (Università di Venezia; Ilaria Tomaselli (Università di Bologna).

di ingresso, una bella sala confe-renze con 150 posti a sedere, altre stanze utili come uffici e come camere da letto per i volontari e ben 7 aule che saranno adibite a studi medici. “Un grazie sentito – ha commentato ancora Artioli – all’ingegner Giovanni Ortu e all’ingegner Giovanni Vono, membro del nostro consiglio, che cura i rapporti con il cantie-re: stanno svolgendo un lavoro davvero egregio”.

Ivano Paci, presidente della fondazione della Caript evi-denzia, dopo il suo sopralluogo sul cantiere fortemente voluto

dal presidente Corrado Artioli, la sua “grande soddisfazione nell’aver visto come procedono rapidamente i lavori ad una struttura di assoluto rilievo che rappresenterà un punto di riferimento importante non solo per la Misericordia ma per tutto il Comune di Agliana e per il mondo del volontariato. Lo scopo della nostra fondazione è proprio quello di sostenere mo-vimenti e associazioni attive sul territorio locale, in particolare quelle operanti in favore delle persone in difficoltà”.

Marco Benesperi

scolastico, il professor Ciraolo, preside dell’Istituto Roncalli di Pistoia e il professor Torrigiani, preside dell’Istituto comprensi-vo di Lamporecchio.

Il bando di concorso per borse di studio si affianca alle altre attività di sostegno all’istruzione promosse dalla Bcc di Vignole, come “Scala il caro scuola”, che ha permesso anche quest’anno alle famiglie di oltre 1000 studenti di bene-ficiare di sconti nell’acquisto di libri di testo per le scuole medie inferiori e superiori.

Il concorso per borse di studio ha coinvolto numerosi studenti provenienti da tutto il territorio di competenza della Banca. Fra i premiati ci sono infatti giovani dell’area em-polese, di Quarrata, Agliana, Pistoia, Prato, Montemurlo e Lamporecchio.Questi gli studenti premiati:Diploma di licenza media inferiore: Chiara Baldacci, Lucrezia Chiti, Livia Coppini, Sara Gallorini, Alessandro Innocenti, Laura Melani, Mat-teo Moncini, Alberto Nannini, Lorenzo Niccolai, Chiara Pe-corini, Elena Peruzzi, Serena

Priami, Evgeny Serov, Ales-sandra Verdano e Riccardo Viviani (Istituto Bonaccorso da Montemagno, Quarrata); Vittoria Cecchi e Irene Giuntoli, (Istituto comprensivo Sestini, Agliana); Clarissa Cecchi (Isti-tuto Fermi, Casalguidi); Bianca Mangoni e Cecilia Parenti (Isti-tuto Marconi Frank, Pistoia); Lorenzo Pisaneschi (Istituto Roncalli, Pistoia); Andrea Fal-coni (Istituto Salvemini La Pira, Montemurlo); Giada Bargiacchi (Istituto Mazzoni, Prato); Fran-cesco Carlesi, Giulia Cipriani e Gessica Russotto (Istituto comprensivo Castellani, Pra-to); Matteo Gregolon (Istituto comprensivo Lippi, Prato); Maria Mazzinghi Gori (Istituto Convenevole da Prato, Prato); Francesco Maffii (Istituto com-prensivo Ferrucci, Larciano); Sara Buono, Anna Montedoro, Ludovica Nucci e Leonardo Zini (Istituto comprensivo, Lamporecchio); Giulio Violanti (Istituto Comprensivo Sacchet-ti, San Miniato Basso); Federica Bonifacio (Istituto Scuole Pie Fiorentine, Firenze).Diploma di Istruzione se-condaria superiore: Chiara

Accogliendoci nell’agen-zia turistica di sua figlia Ros-sella, Osvaldo Bartolomei ci mostra innanzitutto, sorridendo, il proprio foglio matricolare che, successivamente corretto su sua iniziativa, lo dà per morto in battaglia il 22 dicembre 1942 a Ivanowka, sul fronte del Don. Oltre 60 anni dopo, invece, non solo è vivo e vegeto ma, quale uno dei nove superstiti tra i seicento alpini-sciatori che componevano il Battaglione ‘Monte Cervino’, ha partecipato alla redazione di un libro che racconta, per dirla con Giusep-pe Marotta, come “la guerra è un bosco di scoppi, con pochi invisibili sentieri per la salvezza: chi li trova, li trova”. E lo ha fatto raccontando una vicenda dram-matica, ma densa di generosità, solidarietà, fedeltà e onore, come sottolinea il presidente

Maresca

La campagna di russia vissuta da un alpinodel consiglio regionale della Val d’Aosta, Alberto Cerise, nella prefazione del libro, curato da Aleardo Ceol e èdito dalla Stylos di Aosta. Si tratta di 237 pagine in cui, come sottolinea l’oggi 92enne dottor Carlo Vicentini, che fu sottotennte della Monte Cervino, “Osvaldo Bartolomei è il rèduce che ha raccontato meglio e più diffusamente quello che hanno fatto il Battaglione e lui stesso. In una prosa lineare, senza retorica, storicamente esatta, che dimostra la buona conoscenza di come si siano realmente svolti tutti gli avve-nimenti a cui fa riferimento”.

“Per la prima volta –sottolinea l’ex tenente Vicentini- si sono finalmente espressi i soldati, che normalmente nei resoconti e nei libri compaiono poco e qualche volta non compaiono affatto”. Invece in questa pubblicazione, che è stata presentata da presi-dente della Associazione Na-zionale Alpini e comandante del Centro Addestramento Alpino -dottor Corrado Perona e gene-rale Claudio Rondano-, Osvaldo Bartolomei e quattro dei suoi otto ex commilitoni raccontano la campagna di Russia come fu vissuta da loro, che erano umili soldati. Ed è così che, parteci-

pando alla redazione di questo volume, l’ex alpino appenni-nico (di Maresca, appunto) ha manifestato non solo notevole memoria e grande rigore storico, ma anche capacità espressive che sono state rilevate, tra i tanti, dal generale di Corpo d’Armata Enrico Borgenni il quale, origi-nario di Firenze, comandò la Scuola Alpina di Aosta e risiede da qualche tempo a Gavinana. Bartolomei nel dopoguerra ha lavorato nella industria Smi di Campotizzoro, quindi in un’officina e ha festito per molti anni il cinema Teso di Maresca, prima di supportare, adesso che è 87enne, con i suoi affettuosi consigli i propri figli Alvaro e Rossella, apprezzatissimi gestori di rispettivamente un ristorante e una agenzia turistica nel borgo montano alle falde del Teso.

Alessandro Tonarelli

La tradizione continua

La Befana dei vigili del fuoco

Proseguirà anche per il 2010 la tradizionale discesa della Befana dal Campanile. L’iniziativa curata e organizzata dalla sezione dei Vigili del Fuoco di Pistoia prosegue inin-terrottamente il filo che la lega alla nostra città dal 1994.

“Dal dopoguerra –si legge in un comunicato dei Vigili del Fuoco– in quasi tutte le caserme italiane dei Vigili del Fuoco si svolge una tradizionale festa della Befana per i figli dei dipendenti. Dal 1994 i Vigili del Fuoco di Pistoia, che già facevano “atterrare” la Befana dal tetto della Caserma, decisero- primi in Italia – di “allargare l’iniziativa” a tutti i bambini ed alle famiglie della città, trasferendosi nella sua Piazza più grande ossia Piazza del Duomo e facendo calare la Befana addirittura dal Campanile alto 66 metri.

Da allora è iniziata anche la collaborazione con il Co-mune di Pistoia per far si che l’iniziativa si sia ripetuta annualmente grazie anche alla disponibilità di un numeroso gruppo di Vigili del Fuoco di Pistoia che prestano la loro ope-ra spontaneamente ed a titolo completamente gratuito.

La manifestazione ha così preso campo divenendo in poco tempo la più importante nel panorama cittadino ed è stata più volte diffusa a livello nazionale grazie ai collega-menti con le varie emittenti sia nazionale che satellitari.

La formula non è cambiata; nel pomeriggio dell’Epifa-nia di fronte presumibilmente ad una gremita Piazza del Duomo la Befana spiccato il volo dalla Torre di Catilina per raggiungere i ragazzi in Piazza, ha un problema alla scopa che non risponde più ai suoi comandi e che la porta a sbattere contro il Campanile del Duomo, restando bloccata al suo interno. A quel punto chiede disperatamente aiuto senza successo fino a quando non si rende necessario l’in-tervento dei Vigili del Fuoco. Essi arrivano nella Piazza a sirene spiegate ed a lampeggianti accesi e con una manovra velocissima raggiungono la Befana e portandola sopra la testa di alcuni presenti la fanno lentamente scivolare su uno speciale discensore fino a quando non mette piede a terra. A quel punto una decina di segnalatori luminosi indica il luogo dove potranno essere distribuite caramelle e cioccolatini a tutti i bambini presenti.

La manifestazione, che sarà patrocinata dall’Unicef, anche quest’anno destinerà a favore dell’infanzia il ricavato della lotteria “Accendi la solidarietà e spengi l’indifferenza” (i cui biglietti sono già in vendita); l’estrazione dei premi ( il 1° una NEW TWINGO, il 2° una TV LOEWE e il 3° un NET-BOOK ACER 10,1) e la consegna del ricavato di quest’anno andrà all’A.I.A.S di Pistoia per l’allestimento di un’aula multifunzionale del nuovo centro di Via San Biagio.

Edoardo Baroncelli

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CAMPESTRE

“Bianchi e Tempifreschi”, che successo

Un’edizione di successo. Da applausi il XXVI Trofeo Bianchi e Tempifreschi - VII° Trofeo Luca D’Amico, competizione di corsa campestre per gli studenti degli istituti di istruzione secondaria di 2° grado, ideata e organizzata da Alessandro Parrini, tenutasi al “De Franceschi” di Pistoia e quest’anno denominata “Una corsa per la vita” per sensibilizzare i giovani all’educazione stra-dale. Duecentotrenta gli iscritti, provenienti dalle province di Pistoia Firenze, Lucca, Massa Carrara e Bolzano e divisi in allievi e juniores. Tra le allieve ha vinto Lisa Aichholzer, classe 1994, del Liceo scientifico di Vipiteno, che ha percorso i 1200 metri in 4’8”, davanti ad Anna Stefani, ’95, della stessa scuola, e a Elisa Spazzafumo, ’95, del Liceo scientifico Barsanti Matteucci di Via-reggio. Prima delle pistoiesi Chiara Doda, ’94, dell’Istituto magistrale Lorenzini di Pescia, classificatasi sesta. Tra gli allievi si è imposto Michele Bertelli, ’94, del Liceo scientifico Torricelli di Bolzano, bravo a concludere i 2000 metri in 7’25”, su Samuele Lorieri, ’94, e Francesco Stabile, ’94, dell’Istituto tecnico industriale Meucci di Massa. Tra i pistoiesi dodicesimo Matteo Biagi, ’94, del Lorenzini. Fra le juniores donne, vittoria di Carmen Holzmann, ’91, del Liceo scientifico di Vipiteno, in 3’59”, su Martina Malucchi, ’93, dell’ITC Pacini di Pistoia e Beatrice Bernardi, ’93, del Liceo scientifico Amedeo d’Aosta di Pistoia. Tra gli juniores uomini, successo di Aziz Bannany, ’91, del Pacinotti (7’5”) su Fabio Marsoner, ’91, del Liceo scientifico di Bolzano, e Otaeo Osamovi, ’93, dell’Isis Leonardo da Vinci di Firenze. Sedicesimo Luca Parlanti, ’93, del Pacini. Nella classifica finale a squadre allieve, primo il Liceo scientifico di Vipiteno, secondo il Liceo scientifico di Viareggio, terzo l’Istituto tecnico commerciale Reatia di Ortisei; quarto il Pacini. Tra gli allievi, al primo posto l’Iti di Massa, seguito da Liceo scientifico di Viareg-gio, ITC Ortisei e Lorenzini. Tra le juniores femmine, Pacini su Da Vinci Firenze e Barsanti Matteucci Viareggio; fra gli juniores maschi, Da Vinci di Firenze su Barsanti Matteucci Viareggio e Torricelli Bolzano, quinto il Pacinotti. Per quanto riguarda il Trofeo “Luca D’Amico”, l’istituto vincente è risultato dalla somma della classifica a squadre delle due categorie juniores: primo Da Vinci, secondo Matteucci Barsanti, terzo Pacini.

Gianluca Barni

di Enzo Cabella

contropiede

Quando gli uomini migliori di una squadra si scatenano, non ce n’è per nessuno, la vittoria è...quasi scon-tata. Pistoiese e Carmatic hanno vissu-to, domenica scorsa, una giornata di gloria, vincendo contro due avversarie molto forti: la squadra di calcio contro la Sinalunghese, seconda in classifi-ca, quella di basket contro l’Umana Venezia, che un tempo si chiamava Reyer. Entrambe le avversarie sono state costruite, alla vigilia dei rispet-tivi campionati, per vincere ed essere promosse alla categoria superiore. Sul campo non è stato così. La Pistoiese ha giocato la migliore partita del campio-nato, condita da tre gol, ottime giocate a tratti spettacolari. La squadra aran-cione ha (finalmente) dato una chiara dimostrazione del suo valore, delle enormi (per l’Eccellenza) potenzialità che possiede, guidata dai giocatori più esperti (Bencistà, Semboloni, Breschi, Rojas) ai quali hanno dato un prezio-so aiuto i giovani Mennini Righini, Strufaldi e Fedi. Con questa vittoria ha scavalcato proprio la Sinalunghese e si è piazzata al secondo posto della classifica. Peccato che la capolista Pianese abbia un vantaggio abissale (ben 11 punti), ma gli uomini di Di Stefano non disarmano e continua-no a lavorare con la stessa intensità, pronti a sfruttare un passo falso della squadra leader. Ora la Pistoiese è at-tesa a immediate, positive conferme di questo suo stato di grazia. Ha due

trasferte (Sansovino e Montemurlo) di campionato davanti più il confron-to casalingo con la Pianese in coppa Italia. Dire che vuol fare ‘tris’ è persi-no superfluo.

La CARMATIC ha riscattato le ultime due sconfitte con una prova brillante, gagliarda e autorevole, di grande pressione e spirito di sacri-ficio. Trascinata da un grande Slay e da un Infanti improvvisamente e ina-spettatamente esploso, la formazione di coach Moretti ha superato netta-mente Venezia, rivelatasi deludente rispetto alle aspettative della vigilia. Slay (24 punti) è ormai diventato il leader indiscusso della squadra, per-sino capitan Toppo s’inchina. Infanti (9 punti, ma capace di giocate tutte concluse positivamente) è stata la lieta sorpresa di una serata in cui si è (ri)visto anche il grande Fucka, auto-re di una prestazione non eccezionale come il suo talento potrebbe garan-tire e come sapeva offrire un tempo ma molto concreta. La Carmatic, con questo successo, è salita a centro classifica e rinfrancata nello spirito affronta la trasferta di Reggio Emilia, in casa di una delle capoliste del cam-pionato. Crediamo che questa partita costituisca un severo e significativo test per saggiare la reale forza della squadra di Moretti. Riuscisse a vince-re, si aprirebbero nuovi e suggestivi orizzonti sul cammino della squadra.

s p o r t p i s t o i e s e

Sarà interamente realiz-zato da AnsaldoBreda, società di Finmeccanica, e da Bom-bardier, il treno superveloce ed ecocompatibile che pren-derà parte alla gara indetta da Trenitalia per 50 treni ad alta velocità, alla quale sono state invitate le due società: viagge-rà ad oltre 300 km/h e, grazie alle nuove tecnologie ecologi-che, consentirà risparmi fino al 50% rispetto ai treni veloci in servizio oggi.

Il nuovo treno – che sarà prodotto presso lo stabili-mento AnsaldoBreda di Pi-stoia e presso lo stabilimento Bombardier di Vado Ligure (Savona) - sarà in grado di ottimizzare al massimo l’effi-cienza operativa ed i consumi energetici e sarà frutto della sintesi delle due piattaforme tecnologiche di AnsaldoBreda e Bombardier. Si fonderanno, per dare vita al primo treno tutto italiano per l’alta velo-cità, il V300, evoluzione della serie V250 di AnsaldoBreda, scelto dalle ferrovie olandesi e belghe, e Zefiro, il treno ve-loce di Bombardier, di recente ordinato in 80 esemplari dalle ferrovie cinesi e capace di rag-giungere la velocità commer-ciale di 380 km/h, la più alta al mondo.

«L’invito di Trenitalia è motivo di soddisfazione - ha

ECONOMIA

AnsaldoBreda e Bombardierinsieme per l’alta velocità

dichiarato Salvatore Bianconi, amministratore delegato di AnsaldoBreda - perché con-ferma la validità dei prodotti e delle referenze acquisite nonché dei processi industriali che la nostra azienda sta im-plementando. Oggi Ansaldo-Breda è in grado di competere nell’alta velocità con i princi-pali operatori del settore».

«Forniremo a Trenitalia l’ultima tecnologia in materia d’alta velocità - ha dichiarato Roberto Tazzioli, presidente e amministratore delegato di Bombardier Transportation Italy -. Stiamo lavorando af-finché il nuovo treno possa giocare un ruolo fondamentale nello sviluppo del sistema per

Il nuovo trenosarà prodotto

a Pistoiae a Vado Ligure

di Patrizio Ceccarelli

l’alta velocità in Italia. Sarà un treno veloce, affidabile, effi-ciente a livello operativo, con-

veniente dal punto di vista del consumo energetico e dei costi di esercizio e avrà un’abitabili-

tà migliore rispetto a qualsiasi altro mezzo di trasporto ferro-viario».

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1313 Dicembre 2009 n. 44LaVita dall’ItaliaUna società “testar-

damente replicante”, che da quel “non saremo più come prima”, che un anno fa dominava la psicologia collettiva è passata ad un “siamo sempre gli stessi” che “l’appiattisce alla con-tingenza ma non la depri-me”. Una società resisten-te alla crisi perché “non ha esasperato il primato della finanza sull’econo-mia reale, perché le banche hanno mantenuto un forte aggancio al territorio, per-ché il sistema economico è caratterizzato da una diffusissima e moleco-lare presenza di piccole aziende, perché le famiglie sono patrimonializzate (risparmi e proprietà della casa)”. È l’immagine della società italiana che emerge dal 43° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, presentato il 4 dicembre a Roma. Se la nostra società ha passa-to senza troppi danni il 2009, afferma il Censis, lo deve “all’intrecciarsi quo-tidiano di queste compo-nenti socioeconomiche”. Non è stata una “reazione casuale o improvvisata ma un ricorrente riflesso condizionato”: la società italiana ha messo in cam-po “il tradizionale model-lo adattativo-reattivo”. Tuttavia “il rieccolo” del Paesone italiano non è mai “un ritorno all’eguale” in quanto, avverte il Censis,

sono in corso alcuni pro-cessi di trasformazione che preparano il dopo, come la ristrutturazione del terziario e lo sfari-namento del lungo ciclo dell’individualismo.

LA RISTRUTTURAZIONEDEL TERZIARIO

È il settore dove sono confluiti nel tempo ser-vizi alle imprese sovra-dimensionati rispetto alle esigenze, “qualcosisti” del terziario avanzato, precari della pubblica ammini-strazione alla ricerca del posto fisso. Il rallentamen-to dello sviluppo, dei con-sumi, delle disponibilità di spesa ha oggi ridotto que-ste “cavalcate espansive” affermando nel contempo “meccanismi di selezione e razionalizzazione, con una concentrazione qua-litativa della domanda che mette fuori gioco una parte consistente di un’of-ferta da sempre abituata ad una falsa facilità del mercato”. È in atto, poi, “un ulteriore passo in avanti nel riconoscere al sistema d’impresa un ruo-lo di traino e leadership complessiva della società. Il segmento più dinamico dell’imprenditoria italia-

RAPPORTO CENSIS

Una società replicanteal Nord-Est, al 76,7% al Nord-Ovest, al 71% al Centro, al Sud scende al 63,5%. Il 28,5% delle fa-miglie, che hanno avuto difficoltà a coprire le spe-se mensili con il proprio reddito, ha fatto ricorso a una pluralità di fonti alternative, con una mi-scela che si è dimostrata efficace. Negli ultimi 18 mesi più dell’83% delle famiglie ha modificato le proprie abitudini alimen-tari, contenendo sprechi (40%), cercando prez-zi convenienti (39,7%). Riguardo al futuro, le famiglie con figli (49,7%) e i giovani (48,8%) sono i soggetti che devono essere aiutati per favorire la ripresa. Nell’economia, oltre il 33% del campione ritiene importante aiutare la piccola impresa.

MERCATO DEL LAVORO

Secondo il Censis, fino a oggi il mercato del la-voro in Italia ha retto. A metà del 2009 risultavano persi, rispetto allo stesso periodo dell’anno prece-dente, 378 mila posti di lavoro (-1,6%), meglio di Spagna e Gran Bretagna ma peggio di Francia e

Germania. Gli effetti ne-gativi hanno riguardato solo i soggetti meno tute-lati: il lavoro autonomo, il “paralavoro” (162 mila posti in meno, -4,3%), il lavoro a termine (-229 mila lavoratori, -9,4%), le collaborazioni a progetto (-12,1%) e quelle occasio-nali (-19,9%), mentre il popolo delle partite Iva è aumentato, raggiungendo quasi quota un milione (+132 mila, +16,3%).

COSA VERRÀ DOPO?“Nella psicologia col-

lettiva c’è un dolente mix di stanchezza e vergogna per i tanti fenomeni di degrado valoriale, o alme-no comportamentale, che caratterizzano la vita del Paese. E c’è di conseguen-za la speranza di uscirne, con una propensione a pensare al dopo, a una società capace di miglio-rarsi”. Ma le discussioni in corso “guardano indie-tro”, oppure “fuggono in avanti, rincorrendo una fantasmatica ipotesi di nuova ontologia”, indivi-duata talvolta nel fonda-mentalismo dei valori e della loro radice religiosa, talvolta nel fondamentali-smo della scienza.

Gli italiani vivono “in apnea ma sono sempre gli stessi”

Doppio colpo infer-to alla mafia: arrestati, qualche giorno fa, due superlatitanti di Cosa nostra. A Palermo è finito in manette Gianni Nicchi, 28 anni, considerato il numero due della cupola, dopo l’arresto di Mimmo Raccuglia. A Milano è stato catturato Tanino Fidanzati, 74 anni, re del narcotraffico degli anni Ottanta, boss storico del quartiere Arenella a Paler-mo. La mafia mostra, così, il suo volto vulnerabile, ma quanta strada ancora bisogna fare per vederla finalmente sradicata e che ruolo gioca la Chie-sa in questa lotta senza quartiere alla criminalità organizzata? La domanda l’abbiamo posta a Giusep-pe Savagnone, direttore del Centro diocesano per la pastorale della cultura di Palermo e membro del Forum della Cei per il Progetto culturale.

Professore, questi due arresti sono un segnale molto positivo...

“Si dice che la ma-fia sia sulla via di essere sconfitta. È vero che sul piano della repressione i colpi all’organizzazione negli ultimi anni sono

stati notevoli: la cattura di Totò Riina, di Provenzano, fino agli ultimi di Nicchi e Fidanzati. Ma, anche dopo i colpi militari che negli anni si sono succeduti, la mafia non è mai stata de-bellata. Dire che oggi lo è perché sono arrestati due boss è un’illusione gravis-sima perché il vero proble-ma non è la repressione militare, ma il tagliare le radici della mafia. Finché ci sono le radici, la pianta si riproduce. Pur non vo-lendo sminuire l’operato delle forze dell’ordine e della magistratura, che hanno fatto molto negli ultimi anni, resta il pro-blema di fondo. Dei passi importanti erano stati fatti con la legge Rogno-ni-La Torre, che colpiva i patrimoni della mafia e, quindi, la sua immagine. Oggi, con l’emendamento alla Finanziaria appro-vato in Senato, che sta-bilisce la vendita all’asta dei beni confiscati non destinati entro tre mesi, si rischia di fare un gran-

MAFIA

Una lotta culturalePer consolidare e dare futuro

agli arresti eccellentidi Gigliola Alfaro

gente comune, che magari ha un grande culto per la Madonna o un santo, persiste una religiosità che non impegna ad una trasformazione della vita e che riesce a coesistere con un fondo pagano di fatalismo, di fuga dal bene comune, di ripiegamento su interesse particolaristi-ci, di atteggiamenti clien-telari. Lo stile pastorale delle nostre parrocchie e dei gruppi deve andare a incidere su questo. È ne-cessaria una conversione della nostra pastorale in senso più evangelico per contare di più: nel Vange-lo ci sono tutti i germi di una liberazione anche a livello civile e sociale, c’è il germe della speranza, del futuro, di costruire un mondo nuovo”.

Mons. Crociata ha detto che non servono scomuniche per i mafiosi: cosa ne pensa?

“Condivido piena-mente quanto dice mons. Crociata sul fatto che non servano scomuniche, che resterebbero solo sul pia-no di denunce clamorose. Nella lotta alla mafia non servono nemmeno i preti antimafia. Puglisi non era un prete antimafia. A noi

non servono sacerdoti che facciano un discorso so-ciale, ma preti che faccia-no un discorso evangelico perché il Vangelo di per sé ha la forza di cambiare la cultura. Se la pastorale dà un cuore nuovo alla gente in tutti i momen-ti della sua vita e non solo quando sta dentro il tempio, se apre orizzonti di futuro e di comunità, se il Vangelo che è vero modello di umanità vie-ne propugnato nella sua forza autentica, la mafia viene automaticamente messa ai margini perché essa è disumana”.

Cosa si aspetta per il futuro?

“Spero molto nel do-cumento della Cei che sta per uscire riguardante la Chiesa e il Mezzogiorno, a vent’anni dal precedente del 1989. Come ha detto mons. Crociata, la mafia si può sconfiggere e lo pos-siamo fare costruendo un mondo nuovo. Dobbiamo conquistare il territorio, far sì che la Chiesa sia viva nelle coscienze di tutti, della gente comune, dei professionisti, degli arti-giani: questo può essere il vero antidoto contro la mafia”.

de favore alla mafia: alle aste parteciperebbero solo prestanome dei mafiosi, che a bassissimi prezzi riacquisterebbero i beni confiscati dimostrando la loro invincibilità”.

Come si combatte la criminalità organizzata fino alle radici?

“Bisogna combatterla sul piano culturale. La mafia non è invincibi-le, come ha detto anche mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei in occasione dell’ulti-ma Assemblea generale, ma per vincerla sono ne-cessarie strategie culturali. E qui entra in gioco anche la Chiesa, che negli ultimi decenni ha denunciato con forza il cancro delle mafie. Nel Sud, pertanto, dove la Chiesa conta mol-

to, può svolgere un ruolo importante, coinvolgendo la società civile in questa battaglia e contribuendo a eliminare atteggiamen-ti che possono favorire l’annidarsi di una cultura mafiosa”.

A cosa si riferisce?“Al Sud la religiosità

popolare, che di per sé è positiva, presenta una zona grigia, da purificare. Non bisogna dimenticare che molti boss sono, ap-parentemente, religiosi e spesso si trovano nei comitati che organizzano le feste patronali. Sen-za arrivare a questi casi estremi e contraddittori, per i quali bisogna chie-dersi come sia possibile che questa gente si senta perfettamente religiosa malgrado uccida, tra la

na ha saputo combinare le strategie di presenza sui mercati mondiali con strategie innovative”.

ESIGENZA DI VALORI CONDIVISI

Il protagonismo indi-viduale che, dagli anni Settanta in poi, si è af-fermato con la crescita esponenziale del lavoro autonomo e della piccola e piccolissima impresa, del soggettivismo nei com-portamenti, della perso-nalizzazione del potere politico, dell’ideologia della competizione e del mercato, secondo il Censis “è destinato a sfarinarsi silenziosamente”. L’indi-vidualismo vitale, infatti, è sempre meno capace di risolvere i problemi della complessità che lo trascen-

de, il soggettivismo etico mostra la corda rispet-to all’esigenza di valori condivisi; la spietatezza competitiva e la carica di egoismo che derivano dal primato della soggettività hanno creato squilibri sociali che pesano sulla coesione collettiva”.

FAMIGLIE, GIOVANIE IMPRESE

Tuttavia tali processi di trasformazione non bastano, serve stringere la cinta. Per la ripresa 2010 gli italiani chiedono più sostegno per famiglie, giovani e piccole imprese. Il Rapporto rivela che nel mezzo della crisi, per il 71,5% delle famiglie ita-liane il reddito mensile è sufficiente a coprire le spese. Il dato sale al 78,9%

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14 n. 44 13 Dicembre 2009LaVitadall’Italia

Chissà per quanto tempo ancora sentire-mo parlare della tragica vicenda di Perugia. Del-l’omicidio di una ragazza, Meredith, maturato in un ambiente di ragazzi, per futili motivi, come si è detto al processo, con una leggerezza e, nello stesso tempo, una cattiveria dif-ficile da dimenticare. Ci sono dei colpevoli rico-nosciuti da un tribunale, altri tre giovani – Rudy, Raffaele, Amanda – nei confronti dei quali le pa-role del processo pesano come macigni. Si parla di droga, di alcol, di odio, anche di “gioco”. Una parola che confligge con la realtà: fa pensare all’in-nocenza e al divertimento dei bambini e qui inve-ce diventa l’attività irre-sponsabile di ragazzi che si sentono cresciuti. Nella ricostruzione che è uscita dal processo l’omicidio è avvenuto al culmine di un pesante gioco sessuale poi degenerato.

Pensando alla vicen-da, ascoltando i protago-nisti e i resoconti, si può avere l’impressione di un mondo – quello nel quale si muovono i ragazzi sulla scena – nebbioso e senza riferimenti, dove si va avanti a tastoni, rincor-rendo l’immediato. Dove ciascuno costruisce “un mondo a parte”, il pro-prio, che finisce poi per scontrarsi con quello del vicino, un mondo dove ciascuno si illude di go-vernare da sé il gioco.

C’è una grande desola-zione e un senso di vuoto intorno alla storia di Peru-gia. “Non è il momento di celebrare un trionfo – ha detto il fratello di Mere-dith, la ragazza uccisa, commentando la sentenza di condanna per Amanda e Raffaele –. Non è il mo-mento, perché ci sono tre giovani in prigione e co-munque mia sorella non ritornerà in vita”. Una giovane vita tolta e altre tre “in prigione”. Tre gio-

LA STORIA DI PERUGIA

Un grido di aiutoGiovani smarriti nel vuoto e adulti

di AlbertoCampoleoni

vani che hanno buttato la loro, di vita. O almeno la loro gioventù. Il tempo dei progetti, dell’entusiasmo, della vitalità, dell’energia che fa guardare al futuro. Tempo finito nel vicolo cieco della noia, dello sballo, dell’insensatezza, circuito dall’imbroglio del credersi padroni di ogni cosa salvo ritrovarsi poi schiacciati dalla realtà – il gioco che finisce – che non fa sconti a nessuno.

Insieme alla desola-zione e al senso di vuoto, da Perugia sembra venire anche un grido d’aiuto. Da altri mondi che for-se noi adulti ascoltiamo troppo poco. Il viso di Amanda, sognatore, le sue “fughe” dalla realtà; la seriosità di Raffaele, che per tutto il tempo del processo si è mostrato attento, preciso, studioso; la personalità comples-sa di Rudy, la sua storia difficile. E Meredith, che voleva un vita regolare, che forse semplicemente

ricordava agli altri, senza volerlo, la realtà, anche banale, ma concreta, della vita di studente. Ci sono anche dei nostri giovani in questi tratti e vorrem-mo essere capaci di stare più vicini a loro. In fondo è questo il compito degli adulti: accompagnare e fare un pezzo di strada insieme, aiutando a deci-frare il cammino, tenendo la mano con fermezza a chi vorrebbe prendere tutte le strade possibili che incrociano il sentiero, adeguando il passo di ciascuno a quello di tutti, riconoscendo chi è stanco, chi ha fretta, chi non ha voglia… per aiutare ogni persona a tirare fuori il meglio di sé.

Sentiremo ancora par-lare di Perugia. Speriamo che questo serva, tra l’al-tro, a farci aprire gli occhi e il cuore sui nostri ragaz-zi, in tutti quei luoghi nei quali si sono rinchiusi e nascosti o dove, forse, li abbiamo dimenticati noi.

Il 5 novembre 2009 ricorre il ventesimo anni-versario della scomparsa di Benigno Zaccagnini, uno dei leader più po-polari della democrazia cristiana. La sua figura rimane circondata da stima e rispetto sia dagli amici che dagli avver-sari. Per parte nostra lo ricordiamo con un arti-colo di Domenica Rosati, scritto allora, che contie-ne spunti validi anche per l’oggi.

E’ morto Benigno Zaccagnini, l’“onesto Zac”. Politicamente non era sopravvissuto all’as-sassinio di Aldo Moro. Ha passato dieci anni nel silenzio, rinunciando persino a rintuzzare l’ac-cusa più abbietta degli avversari. Quasi come l’espiazione di una pena non meritata.

La sua vita incarna il paradosso dell’innocen-za in politica e dimostra che anche l’assurdo può avere riscontro nella realtà. Un uomo privo di qualità propagandi-stiche è stato per anni simbolo riconosciuto e riferimento attivo per milioni di cittadini, non solo democristiani. Ha rappresentato la speran-za di una politica pulita, modulata sulle esigenze autentiche della gente comune. Il vocabolario zaccagniniano era pove-ro: la libertà, la giustizia,

la pace, le ragioni per cui avevá combattuto da partigiano ed era poi entrato nella democrazia cristiana.

“Zac è bravo, scalda il cuore della Dc”: così dicevano professionisti degli anni’70. E non sa-pevi se fosse un elogio o una commiserazione. Ma i giovani ci credeva-no e la parola “rinnova-mento” non sembrava pronunciata invano. Lo stesso confronto con Berlinguer, uomo di al-tissima sensibilità etica, era condotto come una sorto di competizione a vantaggio del popolo.

Poi qualcuno, eli-minando Moro, decise di schiantare quella speranza. Moro aveva inventato la segreteria di Zaccagnini per salvare la Dc da un tracollo mode-rato. Aveva ripetuto nel metodo operazioni col-laudate: volgere la prua a sinistra per evitare gli scogli di destra. Come ai tempi della liquidazione di Tambroni nel 1960 e come ai tempi dell’op-posizione al “castello”

PERSONAGGI DA RICORDARE

Zaccagnini ovverol’innocenza nella politica

di Domenico Rosati

dall’epicentro degli scon-tri di potere che c’erano anche ai suoi tempi ma che egli riusciva a rap-presentare come episodi transitori destinati ad essere superati dall’av-vento di una politica rigenerata dal concorso delle forze popolari e dal rinnovamento della Dc. Stagioni remote, eventi rimossi dalla memoria. La scomparso di que-st’uoma mite e giusto ne richiama il significato, non certo la nostalgia. E’ il tema rimasto sospe-so della coniugazione della politica con i va-lori morali che debbono orientarla verso il “bene comune”; e che non sia l’impotente ed ipocrita legittimazione di ogni malefatta. Forse la morte dell’interprete indurrà a scoprire il personaggio e la sua fede in una ini-ziativa politica povera nei mezzi ma ambiziosa nei fini. La sua lezione è da studiare a fondo. Ed il fatto che non vi siano eredi politici offre uno spazio a chi voglia racco-gliere la sfida che il suo silenzio, in fondo, voleva riproporre: dimostrare che si può fare politica credendo davvero in qualcosa che vale. Se il compianto è sincero, non si deve disperare.

Lui, Zac, non lo avrebbe fatto.

doroteo nel 1968. Zacca-gnini era -nel senso nobi-le- lo “strumento” di una

politica in cui credeva ma che non era sua e che per questo non poteva

sopravvivere alla scom-parsa dei suo artefice. E tuttavia impresse alla in-terpretazione che ne det-te una carica umana ed una passione civile che conquistarono un gran-de successo popolare ed una diffusa credibilità fra gli interlocutori. Chi scrive, allora presidente di un’organizzazione cattolica -le Acli- attra-versata da intensi umori antidemocristiani, può testimoniare che fu Zac-cagnini a determinare le condizioni di un re-cupero di rapporti, psi-cologico prima ancora che politico. Fu lui nel 1978 a rimettere piede, applauditissimo, in una di quelle assemblee dei lavoratori cristiani che non di rado fischiava-no gli esponenti Dc. E’ amaro dover ammettere che dopo quella fase Benigno Zaccagnini era diventato il paradigma di una sconfitta per chi aveva sperato e di una rivincita per chi aveva temuto. Ed erano forse constatazioni di questo genere a tenerlo lontano

Quale giornalismo?

Dopo tanto cinismo Le “precisazioni” di Vittorio Feltri

Venerdì 4 dicembre il direttore del quotidiano “il Giornale”, Vittorio Feltri, rispondendo alla lettera di una lettrice, rendeva note le sue “precisazioni” per quanto a fine agosto scorso aveva scritto di non corrispondente alla verità sul direttore di Avvenire, Dino Boffo. A commento la nota di Paolo Bustaffa.

Quanto ha scritto venerdì 4 dicembre il direttore Feltri sul suo giornale rispondendo a una lettera sul ‘caso Boffo’ induce ad alcune considerazioni che da un lato confortano perché confermano che la verità trova la forza di farsi strada vincendo la menzogna, dall’altro rilanciano con più preoccupazione gli interrogativi che all’inizio della vicenda nacquero da più parti sul valore e sul rispetto dell’etica professionale nell’informazione.

Anche se Feltri dopo tre mesi ha voluto definire “pre-cisazioni” la rimozione dei titoli devastanti è evidente che si tratta di “tardive ammissioni” di un gravissimo errore professionale come le ha definite mons. Domenico Pompili, direttore dell’ufficio Cei delle comunicazioni sociali.

Non si può condividere l’idea che il cinismo possa far parte della professionalità giornalistica, non si può accettare l’dea che seppellire una persona con il fango dell’insinuazione e della menzogna sia un scherzo mediatico di cui non tener troppo conto.

Si tratta ora di riportare tempestivamente e seria-mente nel confronto interno alla categoria giornalistica le ragioni ultime di una professione che smarrisce se stessa se non si pone al servizio della verità, del bene comune e della dignità della persona: frontiere sulle quali Dino Boffo si è sempre speso.

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1513 Dicembre 2009 n. 44LaVita dall’estero

LA GROTTADI BETLEMMEPer le festività natalizie è prevista la conclusione dei lavori di ripulitura dei bloc-chi di calcare e dei marmi all’intemo della basilica della Natività, a Betlemme, edificio costruito da Sant’Ele-na, madre dell’imperatore Costantino, al di sopra della grotta considerata luogo della nascita di Gesù. L’operazione di ripristino, che segue quelle di consolidamento avvenute costantemente nel corso dei secoli, ha svolgimento sotto la guida dei francescani della Custodia di Terra Santa; l’in-tervento ha lo scopo di ripuli-re e riparare con speciali stuc-chi gli spazi interni delle due chiese, anneriti dagli agenti inquinanti, dalla polvere e dal fumo delle candele.

CURA DEL DOLOREÈ stata progettata dal bioin-gegnere romano Giuseppe Marineo la macchina capace di sconfiggere il dolore, sostituendo nella cura del dolore la morfina o gli oppiacei. L’apparecchio, che sarà industrializzato dall’azienda Competitive Technologies (Usa), simula cinque neuroni artificiali che inviano segnali identificati dal sistema nervoso centrale come di non dolore: trasmet-te informazioni al sistema nervoso centrale con elettrodi adesivi, informazioni che si sovrappongono a quelle che trasmettono le fibre nervose e che vengono soppresse; sono segnali compatibili con quelli codificati continuammente dal cervello: ecco perché il sistema funziona.

DONNA E CARRIERAUna ricerca dell’economista Bentley Coffey della Clemson university, nel Sud Carolina, ha evidenziato che partono avvantaggiate le donne con nome maschile, quando si tratti di aspirare a una carriera da avvocato o da giudice. Secondo gli studi, una donna che si chiami Ca-meron ha negli Usa il triplo delle possibilità di divenire giudice rispetto a una collega che si chiami Sue e, se la candidata si chiama Bruce, le probabilità salgono a cin-que volte. Uno dei motivi è quello per cui gli studi legali sono ancora oggi ambienti di stampo maschile. Anche gli elettori Usa, quando scelgono i giudici, spesso preferiscono candidati maschi, o donne con nome maschile.

Il Messico e i narcosè in gioco la credibilità

I fatti sono distanti l’uno dall’altro ma sono il risultato di una tensione perversa che sta segnando i rapporti internazio-nali in questo periodo. Da un lato, i nuovi annunci iraniani in tema nucleare, dall’altro, il referendum svizzero sui nuovi luoghi di culto.

L’Iran si è dotato da diversi anni di impianti nucleari, grazie anche alla diffusione dei segreti militari sovietici, venduti al prezzo delle patate dopo lo sfaldamento dell’Urss. L’Iran ha sempre affermato che l’industria nucleare iraniana esiste, ha esclusivi scopi civili e nessun soggetto straniero ha titolo a sin-dacare i programmi civili irania-ni. Questa era la posizione anche di Katami, oggi grande vecchio dell’opposizione iraniana, quan-do fu primo ministro. Il resto del mondo ha sempre temuto che gli scopi civili mimetizzassero la produzione militare. Per questo sono state avviate le ispezio-ni dell’agenzia delle nazioni unite per l’energia nucleare, l’Acfdre. L’Iran ha sempre gio-cato a rimpiattino con l’agenzia mostrando gli impianti vecchi e nascondendo quelli nuovi. Con Bush, Ahmadinejad aveva buon gioco a irridere l’agenzia. La sua delegittimazione non era molto diversa da quella dell’am-ministrazione americana che attaccava militarmente senza attendere le risoluzioni Onu. Ma con Obama le cose cambiano.

Il nuovo Presidente spinge per rafforzare il sistema multilate-rale e affronta con chiarezza la questione nucleare. Durante il primo viaggio in Europa tiene a Praga un memorabile discorso sull’obiettivo di un mondo senza atomica. A settembre, dopo la sua prima volta all’assemblea ge-nerale Onu, presiede il Consiglio di sicurezza e fa approvare una moratoria universale per la co-struzione di nuove armi nucleari, un atto senza precedenti.

Il giorno dopo, l’Iran annun-cia l’esistenza di un impianto nucleare nei pressi di Qom, nascosto sinora alle ispezioni Onu. Nuova ispezione Onu e tentativo di soluzione da parte del gruppo 5+1, che propone all’Iran di proseguire il suo pro-gramma nucleare civile inviando in Russia e Francia l’uranio da arricchire. L’Iran non dispone ancora, infatti, di strumenti in grado di arricchire l’uranio in modo adeguato per gli scopi militari, ma nemmeno per quelli civili. Dopo settimane di attesa, l’Iran risponde negativamente e aggiunge la minaccia di costruire altri dieci impianti se continuerà il tentativo di ledere la sovranità della Repubblica islamica. E ora

la situazione è in stallo. Qualcuno ha letto le provo-

cazioni iraniane come una prova di forza di Ahmadinejad che cer-ca di ridicolizzare la moratoria il giorno dopo la sua approvazione e rifiuta le proposte del 5+1 sicu-ro della sua potenza tecnologica. Ma il leader iraniano potrebbe essere un leone ferito. Annuncia impianti probabilmente già noti ai servizi segreti occidentali e impiega un mese, ben più della settimana promessa, per rispon-dere al 5+1, mentre la stampa nazionale si dilania in dibattiti quotidiani sul tema. La risposta muscolare potrebbe anche rive-lare che stanno saltando i nervi e che nelle file del potere le idee non sono tutte concordi.

Nell’amministrazione ame-ricana sta salendo l’irritazione e, con essa, il tono delle parole. Non è evitabile, ma occorre gran-de prudenza. Minacce di provve-dimenti legate al comportamen-to iraniano indurrebbero quasi certamente la provocazione di Ahmadinejad che sfiderebbe gli Usa per vedere sino a che punto sono disposti ad arrivare. O a perdere la faccia. Obama, come già Kennedy, ha mostrato grande padronanza con le parole.

I cittadini svizzeri hanno offerto un pessimo esempio di senso di responsabilità. Votando nel referendum hanno scelto di impedire la costruzione di nuovi luoghi di culto e, in particolare, di moschee. Si sono messi nei panni di chi musulmano vive fra loro? Si sono messi nei panni dei musulmani di tutto il mon-do? Come deve sentirsi una comunità cui è negato il luogo di culto? La questione non è la reciprocità. Non è consentire a “loro” solo a patto che nei loro Paesi consentano a “noi”. La questione è il diritto universale inalienabile di ricercare risposte alla domanda di senso e costruire risposte comunitarie.

La pace è minacciata oggetti-vamente. Dalle provocazioni del governo iraniano e dal razzismo che alberga nel ventre molle di molti occidentali. Obama non può essere lasciato solo. Le sue aperture, non hanno alternative. Per renderle feconde occorre un’Europa autorevole e non afona o infantilmente divisa. La nomina di un presidente e di un ministro degli esteri comuni non bastano. Occorre sostanza politi-ca. E tanto lavoro educativo.

IRAN E SVIZZERA

Così lontani, così vicini Due segnali diversi ma entrambi preoccupanti

Dal

Lotta al narcotraffico ed emigrazione. Due problemi enormi, per il Messico, che su questi temi ha giocato la campagna elettorale per il rin-novo del Parlamento lo scorso luglio, e che dalla soluzione a questi problemi trarrà la credibilità necessaria alle sue istituzioni.

Le notizie provenienti dal Messico sulla lotta al narco-traffico – osservano gli analisti – fanno pensare che nel Paese si stia svolgendo una vera e propria guerra, combattuta da una parte con l’intervento dei militari e dall’altro con l’uso di armamenti acquistati di con-trabbando dagli Stati Uniti: gli scontri tra narcotrafficanti per il controllo del territorio e tra narcotrafficanti e forze dell’ordine ha visto migliaia di persone uccise negli ultimi mesi e un totale di circa 18mila morti negli ultimi tre anni.

“Su come vincere i cartelli del narcotraffico il governo messicano si gioca molto del suo futuro e del futuro del Paese”, spiega la sociologa Mariana Mora, ricordando che a ostacolare il successo c’è la profonda connivenza tra uomini delle forze di polizia e cartelli, e i legami politici

ne riversata in gran parte negli Stati Uniti. Per rompere la ca-tena del narcotraffico, quindi, gli Stati Uniti dovrebbero fermare la vendita delle armi illegali ai cartelli, danneggian-do gli interessi della National Rifle Association, una delle più potenti lobby presenti sul territorio americano.

Quanto all’emigrazione, il Messico, con oltre 100 milioni di abitanti, rappresenta un bacino enorme per arruolare mano d’opera a basso co-sto nei servizi e nelle grandi multinazionali. Ma ora, con la crisi economica, i flussi migratori sono calati netta-mente e, secondo uno studio commissionato dalla Bbc, il numero dei messicani emigrati

di questi ultimi, che rendono lenta e faticosa l’azione di con-trasto delle forze dell’ordine.

Al tempo stesso, però, sembra che i narcotrafficanti comincino a sentire un aumen-to della pressione governativa su di loro, e per questo hanno cominciato a colpire esponenti del mondo istituzionale.

Preoccupa poi gli Stati Uni-ti, Paese dove viene riversata gran parte della produzione di droga messicana, la scelta del

governo di Città del Messico di depenalizzare il consumo di piccole quantità di stupe-facenti: a Washington si teme che tale iniziativa possa far au-mentare, piuttosto che ridurre, il traffico di droga.

Messico e Stati Uniti, d’al-tro canto, sono drammatica-mente legati nel narcotraffico: i cartelli messicani comprano armi da venditori americani situati tra Arizona e Texas, e la droga prodotta dai cartelli vie-

negli Stati Uniti è diminuito di circa un quarto rispetto a quat-tro anni fa. E l’ammontare di denaro inviato dai messicani che lavorano negli Stati Uniti alle loro famiglie in Messico è diminuito di circa un quinto rispetto allo scorso anno.

Il Paese si stava appena riprendendo dalla crisi del 1994, quando la svalutazione del peso lo porto nella peg-giore recessione degli ultimi cinquant’anni, quando la crisi finanziaria mondiale, anche a causa dell’accordo di libero scambio del Nordamerica (Nafta), ha impresso un nuovo freno allo sviluppo.

Quando l’economia era in una fase favorevole, infatti, il benessere degli Stati Uniti ha portato ad una crescita economica anche in Messico; ma ora che l’economia statu-nitense si trova in difficoltà, il Messico risente pesantemente di quet’accordo economico. E, con la crisi, si acutizza anche la repressione verso le esperien-ze autonomiste, come quella ormai nota degli zapatisti.

Nel Chiapas l’autonomia di fatto dura da una quindici-na d’anni e, dal 2003, la qua-rantina di municipi zapatisti è ripartita in cinque regioni autonome guidate da altret-tante ‘giunte di buon governo’ costituite a turno dai delegati della comunità per una o due settimane: un funzionamen-to collettivo, orizzontale e a rotazione.

“Anche se questi municipi autonomi non sono diventati paradisi terrestri, gli indici di abbandono scolastico, di denutrizione e di mortalità infantile, i più elevati del Paese prima del 1994, sono diminuiti -rileva Bernard Duterne, stu-dioso belga-. L’applicazione rigida della legge secca ri-vendicata dalla componente femminile del movimento a partire dal 1993 ha fatto calare l’alcoolismo, endemico fino a quel momento, e così pure le violenze domestiche e il mal-trattamento delle donne”.

Ma l’insieme delle regioni rurali indigene del Chiapas continua a fare le spese di un inserimento perlomeno svantaggiato nell’economia nazionale e mondiale, come dimostra l’alto tasso di emi-grazione dalle comunità ri-belli. Secondo i comandanti zapatisti le minacce principali che pesano sul loro progetto autonomista risiedono nella strategia controinsurrezionale scelta dalle autorità messicane in questi ultimi anni, una strategia -spiegano gli osser-vatori- che preferisce puntare sulla stanchezza delle popola-zioni insorte, mantenendo una costante pressione fisica e psi-cologica sulle comunità auto-nome. Rastrellamenti, minacce e deportazioni, sospensione della corrente elettrica e sabo-taggi vari, assieme al relativo isolamento politici dei ribelli nel resto del Messico, aumenta la loro vulnerabilità

Difficile rompere la profonda connivenza tra forze di polizia e cartelli

di narcotrafficantidi Angela Carusone

mondo

Quale giornalismo?

Dopo tanto cinismo Le “precisazioni” di Vittorio Feltri

Venerdì 4 dicembre il direttore del quotidiano “il Giornale”, Vittorio Feltri, rispondendo alla lettera di una lettrice, rendeva note le sue “precisazioni” per quanto a fine agosto scorso aveva scritto di non corrispondente alla verità sul direttore di Avvenire, Dino Boffo. A commento la nota di Paolo Bustaffa.

Quanto ha scritto venerdì 4 dicembre il direttore Feltri sul suo giornale rispondendo a una lettera sul ‘caso Boffo’ induce ad alcune considerazioni che da un lato confortano perché confermano che la verità trova la forza di farsi strada vincendo la menzogna, dall’altro rilanciano con più preoccupazione gli interrogativi che all’inizio della vicenda nacquero da più parti sul valore e sul rispetto dell’etica professionale nell’informazione.

Anche se Feltri dopo tre mesi ha voluto definire “pre-cisazioni” la rimozione dei titoli devastanti è evidente che si tratta di “tardive ammissioni” di un gravissimo errore professionale come le ha definite mons. Domenico Pompili, direttore dell’ufficio Cei delle comunicazioni sociali.

Non si può condividere l’idea che il cinismo possa far parte della professionalità giornalistica, non si può accettare l’dea che seppellire una persona con il fango dell’insinuazione e della menzogna sia un scherzo mediatico di cui non tener troppo conto.

Si tratta ora di riportare tempestivamente e seria-mente nel confronto interno alla categoria giornalistica le ragioni ultime di una professione che smarrisce se stessa se non si pone al servizio della verità, del bene comune e della dignità della persona: frontiere sulle quali Dino Boffo si è sempre speso.

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16 musica e spettacolo n. 44 13 Dicembre 2009LaVita

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Pietà, commozione, compassione, tenerezza, risentimento, desiderio di giustizia… Le imma-gini dei maltrattamenti riservati a un gruppo di sfortunati bambini ospiti (se così si può dire) di un asilo infantile da parte di due “maestre” dai metodi poco ortodossi, diffuse nei giorni scorsi, hanno suscitato emozioni e sen-timenti contrastanti. Ap-pena avuto a disposizione il video utilizzato dagli inquirenti per incastrare le colpevoli, i telegiornali nazionali non hanno esi-tato a mandarlo in onda nelle fasce di maggiore ascolto quelle in cui – oltre agli adulti – moltissimi bambini assistono ai no-tiziari televisivi.

Erano le prove che gli inquirenti volevano avere quando, a seguito delle ripetute segnala-zioni di alcuni genitori e di altri operatori, hanno piazzato nell’asilo alcune telecamere nascoste. E quando i militari sono intervenuti con un blitz, hanno sorpreso una delle due aguzzine in flagranza di reato. Il video, dunque è agli atti giudiziari come dimostrazione di un cri-

mine. Ma agli atti media-tici a che cosa serve? Era indispensabile mostrarlo al vasto pubblico, ren-derlo disponibile on line all’interno delle testate giornalistiche, riprodurne ampiamente i fotogrammi sulle pagine dei quotidia-ni? Probabilmente no. Ma nell’epoca dell’informa-zione sensazionalistica e della comunicazione shock, i mezzi di comu-nicazione non potevano certamente lasciarsi sfug-gire l’occasione.

Il fattaccio, d’altronde, è di quelli che suscitano emozioni anche nei cuori meno teneri, dato che ci sono di mezzo dei bam-bini piccoli, addirittura piccolissimi. E non c’è dubbio che le protagoni-ste in negativo di questa storia avranno la loro punizione, sia per via giudiziaria che quando sconteranno la loro pena in carcere. Fra i detenu-ti, quelli che si rendono colpevoli di violenze sui bambini sono considerati tra i più “infami” e per questo vengono normal-mente tenuti in regime speciale (a tutela della loro stessa incolumità fi-sica contro le ferree regole delle “leggi non scritte” della prigione).

Ma la persuasione che diffondere pubblicamente le immagini sia un’ulte-

riore violenza verso le pic-cole vittime non muore. Anche se i volti dei bimbi percossi, strattonati, rin-chiusi al buio o costretti a forza a mangiare sono stati oscurati, il nostro sguardo spione sulle se-vizie subite non fa altro che esporli a una violenza ulteriore. Quella dei no-stri occhi spalancati e dei nostri sguardi attenti che registrano la loro tenera impotenza, l’innocenza violata e la fiducia tradita. E la nostra pur comprensi-bile curiosità, ancora una volta, rischia di trasfor-marsi in voyeurismo.

La deontologia dei giornalisti impone di non mostrare immagini di vio-lenza o contenuti partico-larmente impressionanti,

a meno che ciò non sia strettamente necessario ai fini della completezza del-l’informazione. Il nostro desiderio di sapere tutto e di “vedere per credere” è la spinta che induce i media a trasgredire anche le regole più elementari, sapendo che in questo modo catalizzeranno la nostra attenzione. Anche e soprattutto, come sempre, a spese dei più deboli.

Nonostante tutto, le immagini girate nell’asilo dei maltrattamenti non erano da mostrare al vasto pubblico mediatico. Ora che questo è successo, te-niamo presente il caso per essere ancora più dolci, teneri e amorevoli con i nostri bambini. Non me-ritano altro.

L’asilo degli orrori: immagini

che lascianosenza parole

di Marco Deriu

Chi l’avrebbe mai detto che alcuni big della canzone del calibro di Lucio Dalla e France-sco De Gregori, Mariah Carey e gli Spandau Ballet si sarebbero esibiti sullo stesso palco che ha ospitato le esibizioni non sempre convincenti di giovani dilettanti del-l’ugola in cerca di gloria? Eppure è successo, pro-prio dentro “X Factor” (RaiDue), programma che la scorsa settima-na ha chiuso i battenti dell’edizione 2009 pro-clamando vincitore un certo Marco (Mengoni).

Partito piuttosto male dopo l’addio di Simona Ventura, il programma ha saputo risollevare le proprie sorti grazie alla tenacia del conduttore, al progressivo affiatamento (televisivo) fra i giudici Mara Maionchi, Morgan e Claudia Mori, alla de-cisione degli autori e dei produttori di ingaggiare a gettone alcune star del “music system” per recuperare qualche picco d’ascolto perduto. Il fre-quente innalzamento ad arte dei toni ha fatto il

resto; in tv il litigio, vero o finto, funziona sempre.

In quest’ultima spe-cialità ha molto da inse-gnare Morgan, fra i tre

giurati il più imprevedi-bile, il più polemico, ma anche il più talentuoso. È un musicista di alto livel-lo, compone brani e testi

DENTRO LA TV

Il “Fattore X” sorprende

MASS MEDIA

Un pugno nello stomaco

Il talent show di RaiDue ha rilanciatogli ascolti della rete

di Homo Videns

il talento vero e proprio, legandosi piuttosto alla capacità di bucare lo schermo o di non passa-re inosservato.

Dal punto di vista della qualità, probabil-mente la vera rivela-zione del talent show è stato Giuliano Rossu, il cantante arrivato secon-do alle spalle di Marco (Mengoni), a cui avrebbe certamente giovato ave-re un padrino un po’ più vivace e convincente del-la Mori (l’effetto-Morgan sul successo del vincitore è innegabile). Archiviata questa edizione, si pensa già a quella dell’autunno 2010. Squadra che vince non si cambia, a quanto pare. Aspettarsi che dal-la versione nostrana del programma possa usci-re un campione delle classifiche discografiche, com’è accaduto oltrecon-fine, è illusorio. Come sempre, da noi è il con-torno (litigi, discussioni, polemiche e battibecchi) a catalizzare gli ascolti, non la (eventuale) quali-tà dello spettacolo.

con grande cultura e sapienza, si pone sopra il livello medio dei cantau-tori italiani più in voga. Nonostante questo, pare che il ruolo gli vada ormai un po’ stretto, al punto che ha annunciato l’addio alla trasmissione, pur avendo già in tasca . secondo i ben informati – il contratto che lo lega a “X Factor” per le pros-sime due edizioni. Meno male che la presenza di De Gregori come ospite gli ha dato l’occasione di mostrare al pubblico le sue capacità musicali, dando un’immagine un po’ diversa da quella di un Grillo parlante cinico e saccente che lui stesso si è cucito addosso; in-terpretando “Il suonato-re Jones” di Fabrizio De Andrè insieme al cantau-tore romano ha offerto una perla di bravura.

Il presunto talento da

scoprire dei concorrenti è un’altra cosa. Il livello medio dei concorrenti non è stato né superiore né inferiore a quello del-le precedenti edizioni. E, come già successo, si può prevedere che da qui a un anno il nome di Marco (Mengoni) sia finito nel dimenticatoio. A meno che riesca a sfondare definitivamente sfruttando nel miglio-re dei modi il diritto a esibirsi sul palco del Teatro Ariston al Festival di Sanremo, acquisito insieme al trofeo della vittoria.

Al di là di tutto, l’idea di una gara fra aspiranti allo sbaraglio in cerca di successo sol-letica sempre il pubblico televisivo, oltre ai diretti interessati per i quali è in palio un premio finale di 300mila euro in contratti discografici. Anche chi non vince, peraltro, ha la possibilità di esibirsi e di farsi notare nel caso ab-bia quel “fattore X” che serve a sfondare e che sempre meno riguarda