MORTE E RISURREZIONE DEL CRISTIANO

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24 20 febbraio E SE LA FEDE AVESSE RAGIONE? Ti aspeamo il 13 MARZO!! BENEDIZIONE EUCARISTICA ACCLAMAZIONE (Rit. Laudate Dominum) AFFIDAMENTO A MARIA - Ave Maria Rit. Ave Maria, Ave. Ave Maria, Ave. Donna dell’aesa e madre di speranza Ora pro nobis. Donna del sorriso e madre del silenzio Ora pro nobis. Donna di fronera e madre dell’ardore Ora pro nobis. Donna del riposo e madre del senero Ora pro nobis. Rit. Donna del deserto e madre del respiro Ora pro nobis. Donna della sera e madre del ricordo Ora pro nobis. Donna del presente e madre del ritorno Ora pro nobis. Donna della terra e madre dell’amore Ora pro nobis. 20 febbraio 2014 Materiali per la preghiera e la catechesi MORTE E RISURREZIONE DEL CRISTIANO Anno B

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20 febbraio

E SE LA FEDE AVESSE RAGIONE?

Ti aspettiamo

il 13 MARZO!!

BENEDIZIONE EUCARISTICA ACCLAMAZIONE (Rit. Laudate Dominum) AFFIDAMENTO A MARIA - Ave Maria Rit. Ave Maria, Ave. Ave Maria, Ave.

Donna dell’attesa e madre di speranza

Ora pro nobis.

Donna del sorriso e madre del silenzio

Ora pro nobis.

Donna di frontiera e madre dell’ardore

Ora pro nobis.

Donna del riposo e madre del sentiero

Ora pro nobis.

Rit.

Donna del deserto e madre del respiro

Ora pro nobis.

Donna della sera e madre del ricordo

Ora pro nobis.

Donna del presente e madre del ritorno

Ora pro nobis.

Donna della terra e madre dell’amore

Ora pro nobis.

20 febbraio 2014

Materiali per la preghiera e la catechesi

MORTE E

RISURREZIONE

DEL CRISTIANO

Anno B

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E SE LA FEDE AVESSE RAGIONE?

ACCOGLIENZA Monizione:

Iniziamo la nostra catechesi accogliendo la croce del ‘Sinodo dei giova-ni’: nel mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù ritroviamo i dinamismi più autentici delle nostre esistenze, alla luce del ‘grande se-gno dell’amore’ riusciamo a scoprire il senso delle nostre sofferenze e della vera gioia.

Lettori

Ecco il vessillo della croce,

mistero di morte e di gloria:

l'artefice di tutto il creato

è appeso ad un patibolo

Un colpo di lancia trafigge

il cuore del Figlio di Dio:

sgorga acque e sangue, un torrente

che lava i peccati del mondo.

O albero fecondo e glorioso,

ornato d'un manto regale,

talamo, trono ed altare

al corpo di Cristo Signore.

O croce beata che apristi

le braccia a Gesù redentore,

bilancia del grande riscatto

che tolse la preda all'inferno.

O croce, unica speranza,

sorgente di vita immortale,

accresci ai fedeli la grazia,

ottieni alle genti la pace.

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spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!». Giuseppe d’Arimatea allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all'entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto. Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome com-prarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto gran-de. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: «Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto». INTERCESSIONI E RITORNELLO CANTATO

RIT. Laudate Dominum, Laudate Dominum, omnes gentes alleluia (bis)

PADRE NOSTRO ORAZIONE CONCLUSIVA Preghiamo

Guarda, o Padre, al tuo popolo, che professa la sua fede in Gesù Cristo, nato da Maria Vergine, crocifisso e risorto, presente in questo santo sacramento e fa' che attinga da questa sorgente di ogni grazia frutti di salvezza eterna. Per Cristo nostro Signore. R. Amen.

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ADORAZIONE CONCLUSIVA CANTO DI ESPOSIZIONE

Ho incontrato te Gesù e ogni cosa in me è cambiata tutta la mia vita ora ti appartiene tutto il mio passato io lo affido a te Gesù Re di gloria mio Signor. Tutto in te riposa, la mia mente il mio cuore trovo pace in te Signor, tu mi dai la gioia voglio stare insieme a te, non lasciarti mai Gesù Re di gloria mio Signor.

Dal tuo amore chi mi separerà sulla croce hai dato la vita per me una corona di gloria mi darai quando un giorno ti vedrò. Tutto in te riposa, la mia mente il mio cuore trovo pace in te Signor, tu mi dai la gioia voglio stare insieme a te, non lasciarti mai Gesù Re di gloria mio Signor. Dal tuo amore chi mi separerà sulla croce hai dato la vita per me una corona di gloria mi darai quando un giorno ti vedrò.

MONIZIONE DEL MINISTRO Lettura dal vangelo secondo Marco (15, 33-39.46-47 – 16, 1-7). Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomerig-gio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una

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Preghiamo.

O Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il

Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte

di croce, fa' che abbiamo sempre presente l'insegnamento della sua

passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio, e vive

e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

CANTO di invocazione allo Spirito Santo

Spirito di Dio scendi su di noi (2 v.). Fondici, plasmaci, riempici, usaci.

Spirito di Dio scendi su di noi (2 v.). Rendici docili umili semplici. Spirito di Dio scendi su di noi (2 v.). Tu, che discendesti sulla prima Chiesa. Spirito di Dio scendi su di noi (2 v.). Guidaci, Spirito, salvaci, formaci! Spirito di Dio scendi su di noi (2 v.). Suscita vergini, donaci apostoli!

Spirito di Dio scendi su di noi (2 v.). Libera i poveri, dà pace ai popoli.

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SIMBOLO DEGLI APOSTOLI

Io credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra.

E in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti.

Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

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Beati i puri di cuore. (Mt 5,8) · Credo che, con la grazia di Dio, posso vivere puro e casto? · Sono puro di cuore e negli affetti? · Ho coltivato pensieri o desideri non buoni? Ho fatto discorsi cattivi? · Ho commesso atti impuri da solo, con altri? Ho letto o guardato riviste porno-grafiche? Come uso la televisione, internet, ecc. · Su tutto questo mi confesso con sincerità o non ho mai detto nulla? Chi odia il proprio fratello è omicida (1 Gv 3,15) · Ho sentimenti di odio, rancore, gelosia? · Sono mite o violento, autoritario, prepotente? · Ho sempre perdonato? Non mentitevi gli uni gli altri. (Col 3,9) · Ho giurato il falso? Ho detto bugie? · Ho mormorato, calunniato, detto male degli altri? · Ho giudicato, criticato, condannato? · Voglio avere sempre ragione? Sono testardo?

I TUOI RAPPORTI CON LE COSE “Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”. (Lc 12,34) · Sono troppo attaccato alle cose, ai soldi, ai vestiti, alle comodità? · Ho sprecato denaro in lusso esagerato e inutile? · Penso anche agli altri? Cosa faccio per i poveri? Non abbiamo portato nulla in questo mondo e non potremo portar via nulla. (1 Tim 6,7-8) · Mi accontento di ciò che ho o sono avido e invidioso di chi sta meglio? · Ho rubato? · Ho pagato i servizi pubblici (tram, treno)? La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera. (1 Pt 4,7) · Spreco il tempo e le cose? Rispetto la natura? · Mi controllo nel cibo, negli alcolici, nel fumo? · Faccio uso di droghe di qualsiasi tipo?

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UN AIUTO PER LA TUA CONFESSIONE I TUOI RAPPORTI CON DIO Senza la fede è impossibile essere grati a Dio. (Eb 11,6) · Ho fame di santità nella mia vita? · Sono rassegnato ad essere mediocre, tiepido? · Leggo la Parola di Dio contenuta nella Bibbia? Pregate incessantemente. (Ef 6,18) · Penso a quello che dico? Prego con attenzione? · Dedico ogni giorno un po’ di tempo (10-15 minuti) a Dio, oppure me la sbrigo in fretta magari quando sono già a letto? · Prego solo quando ne ho bisogno o so pregare anche quando non ci provo alcun gusto e non ne sento la necessità? Non pronunciate invano il nome del Signore. (Es 20,7) · Ho detto bestemmie? · Ho nominato invano il nome di Dio, della Madonna o dei Santi? I primi cristiani erano assidui nell’ascoltare gli insegnamenti degli Apostoli, nella frazione del pane e nelle preghiere. (At 2,42) · Vado a Messa la domenica? Vi partecipo con attenzione? Ricevo la Santa Co-munione in grazia di Dio? Mi confesso con regolarità? Chi si vergognerà di me, io mi vergognerò di lui. (Lc 9,26) · Professo con coraggio e dovunque la mia fede cristiana?

I TUOI RAPPORTI CON IL PROSSIMO Amatevi come io vi ho amati.(Gv 13,34) · Sono capace di affetto, di fiducia, di amicizia, di gentilezza, di comprensione, di fedeltà? (e fedeltà è dedicare la propria vita, è il dono di sé!) · In famiglia so accettare, ascoltare, rispettare e amare gli anziani? Aiuto i mala-ti, i deboli? Chi non vuole lavorare neppure mangi. (2 Ts 3,10) · Sul lavoro o nello studio sono stato pigro? · Ho perso tempo? Sono sleale e arrivista?

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Catechesi Il mistero di morte e risurrezione del cristiano

Introduzione

Pessimisti o ottimisti a riguardo del futuro? C’è chi affronta la realtà preparandosi al peggio, per consolarsi più facilmente se le cose non vanno bene; c’è chi invece azzarda qualche rischio, nella convin-zione che la fortuna premia gli audaci. Per il cristiano non ha senso parlare di fortuna o sfortuna; egli non guarda al futuro come a un fato indifferente alla sorte delle singole persone, non limita il suo orizzonte al calendario in corso né alle sole vicende materiali. L’orizzonte del cristiano è di grande respiro, poiché la sua speranza coglie il fine, il senso stesso del vivere. Cristo risorto è promessa di vita eterna. Nulla è insensato e inutile nella vita. Tutto quanto abbiamo seminato, anche se nel pianto, tutto raccoglieremo nella gioia. Questo infatti è il disegno di Dio Padre, che in Gesù ci è stato proposto e anticipato e che nello Spirito Santo ci ha coinvolti: che abbiamo la vita e l’abbia-mo in pienezza. C’è una cosa più brutta della morte e di una eternità senza sco-po: la solitudine, una solitudine eterna. Ma c’è una cosa più bella di ogni nostra attesa: una comunione infinita, perché infinito è l’Amore che la genera. Il no-stro desiderio di felicità e la sete di amore non sono inganni, ma promesse già esaudite in Gesù risorto. Tante esperienze sembrano smentire la nostra fiducia, sembrano volerci con-vincere che il male è più forte del bene, che il giusto è destinato a subire sopraf-fazione, che l’amore non restituisce altro se non ingratitudine. Ma la morte e risurrezione di Gesù sono un fatto, l’evento che ha impresso alla nostra storia, personale e del mondo intero, un orizzonte di felicità, di amore, di vita per sem-pre. Il nostro progettare non è vano, la perseveranza nella carità non è ingenui-tà.

Dal CATECHISMO DEI GIOVANI “VENITE E VEDRETE” (CAP. 10)

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Dal CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA (nn. 988-1014) «CREDO LA RISURREZIONE DELLA CARNE» Il Credo cristiano – professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito San-to, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificante – culmina nella proclama-zione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna. Noi fermamente crediamo e fermamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li risusciterà nell'ultimo giorno. Come la sua, anche la nostra risurrezione sarà opera della Santissima Trinità: «Se lo Spiri-to di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11). Il termine « carne» designa l'uomo nella sua condizione di debolezza e di mortali-tà. La «risurrezione della carne» significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell'anima immortale, ma che anche i nostri «corpi mortali» (Rm 8,11) riprenderanno vita. Credere nella risurrezione dei morti è stato un elemento essenziale della fede cristiana fin dalle sue origini. – La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo tali. «Come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risu-scitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede [...]. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti» (1 Cor 15,12-14.20). I. La risurrezione di Cristo e la nostra Rivelazione progressiva della risurrezione La risurrezione dei morti è stata rivelata da Dio al suo popolo progressivamente. La speranza nella risurrezione corporea dei morti si è imposta come una conse-guenza intrinseca della fede in un Dio Creatore di tutto intero l'uomo, anima e corpo. Il Creatore del cielo e della terra è anche colui che mantiene fedelmente la sua Alleanza con Abramo e con la sua discendenza. È in questa duplice prospetti-

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Un altro aspetto: che cosa significa risuscitare? La risurrezione di tutti noi avver-rà nell’ultimo giorno, alla fine del mondo, ad opera della onnipotenza di Dio, il quale restituirà la vita al nostro corpo riunendolo all’anima, in forza della risur-rezione di Gesù. Questa è la spiegazione fondamentale: perché Gesù è risorto noi resusciteremo; noi abbiamo la speranza nella risurrezione perché Lui ci ha aperto la porta a questa risurrezione. E questa trasformazione, questa trasfigu-razione del nostro corpo viene preparata in questa vita dal rapporto con Gesù, nei Sacramenti, specialmente l’Eucaristia. Noi che in questa vita ci siamo nutriti del suo Corpo e del suo Sangue risusciteremo come Lui, con Lui e per mezzo di Lui. Come Gesù è risorto con il suo proprio corpo, ma non è ritornato ad una

vita terrena, così noi risorgeremo con i nostri corpi che saran-no trasfigurati in corpi gloriosi. Ma questa non è una bugia! Questo è vero. Noi crediamo che Gesù è risorto, che Gesù è vivo in questo momento. Ma voi credete che Gesù è vivo? E se Gesù è vivo, voi pensate che ci lascerà morire e non ci risu-sciterà? No! Lui ci aspetta, e perché Lui è risorto, la forza della sua risurrezione risusciterà tutti noi.

Un ultimo elemento: già in questa vita abbiamo in noi una partecipazione alla Risurrezione di Cristo. Se è vero che Gesù ci risusciterà alla fine dei tempi, è an-che vero che, per un certo aspetto, con Lui già siamo risuscitati. La vita eterna incomincia già in questo momento, incomincia durante tutta la vita, che è orientata verso quel momento della risurrezione finale. E già siamo risuscitati, infatti, mediante il Battesimo, siamo inseriti nella morte e risurrezione di Cristo e partecipiamo alla vita nuova, che è la sua vita. Pertanto, in attesa dell’ultimo giorno, abbiamo in noi stessi un seme di risurrezione, quale anticipo della risur-rezione piena che riceveremo in eredità. Per questo anche il corpo di ciascuno di noi è risonanza di eternità, quindi va sempre rispettato; e soprattutto va ri-spettata e amata la vita di quanti soffrono, perché sentano la vicinanza del Re-gno di Dio, di quella condizione di vita eterna verso la quale camminiamo. Que-sto pensiero ci dà speranza: siamo in cammino verso la risurrezione. Vedere Gesù, incontrare Gesù: questa è la nostra gioia! Saremo tutti insieme – non qui in piazza, da un’altra parte – ma gioiosi con Gesù. Questo è il nostro destino!

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Se apriremo la porta della nostra vita e del nostro cuore ai fratelli più piccoli, allora anche la nostra morte diventerà una porta che ci introdurrà al cielo, alla patria beata, verso cui siamo diretti, anelando di dimorare per sempre con il nostro Padre, Dio, con Gesù, con la Madonna e con i santi. CATECHESI DI FRANCESCO— 4 DICEMBRE 2014 [...] Oggi ritorno ancora sull’affermazione «Credo la risurrezione della carne». Si tratta di una verità non semplice e tutt’altro che ovvia, perché, vivendo immersi in questo mondo, non è facile comprendere le realtà future. Ma il Vangelo ci illumina: la nostra risurrezione è strettamente legata alla risurrezione di Gesù; il fatto che Egli è risorto è la prova che esiste la risurrezione dei morti. Vorrei allo-ra presentare alcuni aspetti che riguardano il rapporto tra la risurrezione di Cristo e la nostra risurrezione. Lui è risorto, e perché Lui è risorto anche noi risu-sciteremo. Anzitutto, la stessa Sacra Scrittura contiene un cammino verso la fede piena nella risurrezione dei morti. Questa si esprime come fede in Dio creatore di tutto l’uomo - anima e corpo -, e come fede in Dio liberatore, il Dio fedele all’al-leanza con il suo popolo. Il profeta Ezechiele, in una visione, contempla i sepol-cri dei deportati che vengono riaperti e le ossa aride che tornano a vivere grazie all’infusione di uno spirito vivificante. Questa visione esprime la speranza nella futura “risurrezione di Israele”, cioè nella rinascita del popolo sconfitto e umilia-to (cfr Ez 37,1-14). Gesù, nel Nuovo Testamento, porta a compimento questa rivelazione, e lega la fede nella risurrezione alla sua stessa persona e dice: «Io sono la risurrezione e la vita» (Gv 11,25). Infatti, sarà Gesù Signore che risusciterà nell’ultimo giorno quanti avranno creduto in Lui. Gesù è venuto tra noi, si è fatto uomo come noi in tutto, eccetto il peccato; in questo modo ci ha presi con sé nel suo cammino di ritorno al Padre. Egli, il Verbo incarnato, morto per noi e risorto, dona ai suoi discepoli lo Spirito Santo come caparra della piena comunione nel suo Regno glorioso, che attendiamo vigilanti. Questa attesa è la fonte e la ragione della nostra speranza: una speranza che, se coltivata e custodita, – la nostra speran-za, se noi la coltiviamo e la custodiamo – diventa luce per illuminare la nostra storia personale e anche la storia comunitaria. Ricordiamolo sempre: siamo discepoli di Colui che è venuto, viene ogni giorno e verrà alla fine. Se riuscissimo ad avere più presente questa realtà, saremmo meno affaticati dal quotidiano, meno prigionieri dell’effimero e più disposti a camminare con cuore misericor-dioso sulla via della salvezza.

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va che comincerà ad esprimersi la fede nella risurrezione. Nelle loro prove i martiri Maccabei confessano: «Il Re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna» (2 Mac 7,9). «È bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di esse-re da lui di nuovo risuscitati» (2 Mac 7,14). I farisei e molti contemporanei del Signore speravano nella risurrezione. Gesù la insegna con fermezza. Ai sadducei che la negano risponde: «Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio?» (Mc 12,24). La fede nella risurrezione riposa sulla fede in Dio che «non è un Dio dei morti, ma dei viventi!» (Mc 12,27). Ma c'è di più. Gesù lega la fede nella risurrezione alla sua stessa persona: «Io sono la risurrezione e la vita» (Gv 11,25). Sarà lo stesso Gesù a risuscitare nell'ultimo giorno coloro che avranno creduto in lui e che avranno mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue. Egli fin d'ora ne dà un segno e una caparra facendo tornare in vita alcuni morti, annunziando con ciò la sua stessa risurre-zione, la quale però sarà di un altro ordine. Di tale avvenimento senza eguale parla come del segno di Giona, del segno del Tempio: annunzia la sua risurre-zione al terzo giorno dopo essere stato messo a morte. Essere testimone di Cristo è essere «testimone della sua risurrezione» (At 1,22), aver «mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» (At 10,41). La speranza cristiana nella risurrezione è contrassegnata dagli incontri con Cri-sto risorto. Noi risusciteremo come lui, con lui, per mezzo di lui. Fin dagli inizi, la fede cristiana nella risurrezione ha incontrato incomprensioni ed opposizioni. «In nessun altro argomento la fede cristiana incontra tanta opposizione come a proposito della risurrezione della carne». Si accetta abba-stanza facilmente che, dopo la morte, la vita della persona umana continui in un modo spirituale. Ma come credere che questo corpo, la cui mortalità è tanto evidente, possa risorgere per la vita eterna? Come risuscitano i morti? Che cosa significa «risuscitare»? Con la morte, separazione dell'anima e del corpo, il corpo dell'uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incon-tro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della risurrezione di Gesù.

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Chi risusciterà? Tutti gli uomini che sono morti: «Usciranno [dai sepolcri], quan-ti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risur-rezione di condanna» (Gv 5,29). Come? Cristo è risorto con il suo proprio corpo: «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!» (Lc 24,39); ma egli non è ritornato ad una vita terrena. Allo stesso modo, in lui, «tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti», ma questo corpo sarà trasfigurato in corpo glorioso, in «corpo spirituale» (1 Cor 15,44): «Ma qualcuno dirà: "Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?". Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore, e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco [...]. Si semina corrut-tibile e risorge incorruttibile. [...] È necessario infatti che questo corpo corrutti-bile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità» (1 Cor 15,35-37.42.52-53). Il «modo con cui avviene la risurrezione» supera le possibilità della nostra im-maginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione all'Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per opera di Cristo: «Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di due realtà, una terrena, l'altra celeste, così i nostri corpi che ricevono l'Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il germe della risurrezione». Quando? Definitivamente «nell'ultimo giorno» (Gv 6,39-40.44.54; 11,24); «alla fine del mondo». Infatti, la risurrezione dei morti è intimamente associata alla parusia di Cristo: «Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i mor-ti in Cristo» (1 Ts 4,16). Risuscitati con Cristo Se è vero che Cristo ci risusciterà «nell'ultimo giorno», è anche vero che, per un certo aspetto, siamo già risuscitati con Cristo. Infatti, grazie allo Spirito Santo, la vita cristiana, fin d'ora su questa terra, è una partecipazione alla morte e alla risurrezione di Cristo: «Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel Battesimo, in

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zione che non può essere tutto finito, che il bene dato e ricevuto non è stato inutile. C’è un istinto potente dentro di noi, che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte. Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale e affidabile nella risurrezione di Gesù Cristo. La risurrezione di Gesù non dà soltanto la certezza della vita ol-tre la morte, ma illumina anche il mistero stesso della morte di ciascuno di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a Lui, saremo capaci di affrontare con speranza e serenità anche il passaggio della morte. La Chiesa infatti prega: «Se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura». Una bella preghiera della Chiesa questa! Una persona tende a morire come è vissuta. Se la mia vita è stata un cammino con il Signore, un cammino di fiducia nella sua immensa misericordia, sarò preparato ad accettare il momento ultimo della mia esistenza terrena come il definitivo abbandono confidente nelle sue mani accoglienti, in attesa di contemplare faccia a faccia il suo volto. Questa è la cosa più bella che può accaderci: contemplare faccia a faccia quel volto me-raviglioso del Signore, vederlo come Lui è, bello, pieno di luce, pieno di amore, pieno di tenerezza. Noi andiamo fino a questo punto: vedere il Signore. 3. In questo orizzonte si comprende l’invito di Gesù ad essere sempre pronti, vigilanti, sapendo che la vita in questo mondo ci è data anche per preparare l’altra vita, quella con il Padre celeste. E per questo c’è una via sicura: prepa-rarsi bene alla morte, stando vicino a Gesù. Questa è la sicurezza: io mi preparo alla morte stando vicino a Gesù. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei Sacramenti e anche nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e bisognosi. Lui stesso si è identificato con loro, nella famosa pa-rabola del giudizio finale, quando dice: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete ac-colto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. …Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-36.40). Pertanto, una via sicura è re-cuperare il senso della carità cristiana e della condivisione fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo. La solidarietà nel compatire il dolore e infondere speranza è premessa e condizione per ricevere in eredità quel Regno preparato per noi. Chi pratica la misericordia non teme la morte. Pensate bene a questo: chi pratica la misericordia non teme la morte! Siete d’accordo? Lo diciamo insieme per non dimenticarlo? Chi pratica la miseri-cordia non teme la morte. E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera con l’amore di Gesù Cristo.

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ha aperto anche a noi le porte dell’eternità. Cristo ci sostiene attraverso la notte della morte che Egli stesso ha attraversato; è il Buon Pastore, alla cui guida ci si può affidare senza alcuna paura, poiché Egli conosce bene la strada, anche attraverso l’oscurità. Ogni domenica, recitando il Credo, noi riaffermia-mo questa verità. E nel recarci ai cimiteri a pregare con affetto e con amore per i nostri defunti, siamo invitati, ancora una volta, a rinnovare con coraggio e con forza la nostra fede nella vita eterna, anzi a vivere con questa grande speranza e testimoniarla al mondo: dietro il presente non c’è il nulla. E proprio la fede nella vita eterna dà al cristiano il coraggio di amare ancora più intensamente questa nostra terra e di lavorare per costruirle un futuro, per darle una vera e sicura speranza. CATECHESI DI FRANCESCO— 23 novembre 2013

[...] 1. Fra noi comunemente c’è un modo sbagliato di guardare la morte. La morte ci riguarda tutti, e ci inter-roga in modo profondo, specialmente quando ci tocca da vicino, o quando colpisce i piccoli, gli indifesi in una maniera che ci risulta “scandalosa”. A me sempre ha colpito la domanda: perché soffrono i bambini?, perché

muoiono i bambini? Se viene intesa come la fine di tutto, la morte spaventa, atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva, che spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino. Questo capita quando consideriamo la nostra vita come un tempo rinchiuso tra due poli: la nascita e la morte; quando non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive come se Dio non esistesse. Questa concezione della morte è tipica del pensiero ateo, che interpreta l’esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo e un camminare verso il nulla. Ma esiste anche un atei-smo pratico, che è un vivere solo per i propri interessi e vivere solo per le cose terrene. Se ci lasciamo prendere da questa visione sbagliata della morte, non abbiamo altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla, o di banaliz-zarla, perché non ci faccia paura. 2. Ma a questa falsa soluzione si ribella il “cuore” dell’uomo, il desiderio che tutti noi abbiamo di infinito, la nostalgia che tutti noi abbiamo dell’eterno. E allora qual è il senso cristiano della morte? Se guardiamo ai momenti più dolo-rosi della nostra vita, quando abbiamo perso una persona cara – i genitori, un fratello, una sorella, un coniuge, un figlio, un amico –, ci accorgiamo che, anche nel dramma della perdita, anche lacerati dal distacco, sale dal cuore la convin-

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lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti [...]. Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» (Col 2,12; 3,1). I credenti, uniti a Cristo mediante il Battesimo, partecipano già realmente alla vita celeste di Cristo risorto, ma questa vita rimane «nascosta con Cristo in Dio» (Col 3,3). «Con lui, [Dio] ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù» (Ef 2,6). Nutriti del suo Corpo nell'Eucaristia, apparteniamo già al corpo di Cristo. Quando risusciteremo nell'ultimo giorno «allora» saremo anche noi «manifestati con lui nella gloria» (Col 3,4). Nell'attesa di quel giorno, il corpo e l'anima del credente già partecipano alla

dignità di essere «in Cristo»; di qui l'esigen-za di rispetto verso il proprio corpo, ma anche verso quello degli altri, particolar-mente quando soffre: «Il corpo è per il Si-gnore e il Signore è per il corpo. Dio poi che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? [...] Non appartenete a voi stessi. [...] Glorifica-te dunque Dio nel vostro corpo» (1 Cor 6,13-15.19-20). II. Morire in Cristo Gesù

Per risuscitare con Cristo, bisogna morire con Cristo, bisogna «andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore» (2 Cor 5,8). In questo «essere sciolto» che è la morte, l'anima viene separata dal corpo. Essa sarà riunita al suo corpo il giorno della risurrezione dei morti. La morte «In faccia alla morte l'enigma della condizione umana diventa sommo». Per un verso la morte corporale è naturale, ma per la fede essa in realtà è «salario del peccato» (Rm 6,23). E per coloro che muoiono nella grazia di Cristo, è una par-tecipazione alla morte del Signore, per poter partecipare anche alla sua risurre-zione. La morte è il termine della vita terrena. Le nostre vite sono misurate dal tempo, nel corso del quale noi cambiamo, invecchiamo e, come per tutti gli esseri viventi della terra, la morte appare come la fine normale della vita. Que-

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sto aspetto della morte comporta un'urgenza per le nostre vite: infatti il far memoria della nostra mortalità serve anche a ricordarci che abbiamo soltanto un tempo limitato per realizzare la nostra esistenza. «Ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza [...] prima che ritorni la polvere alla terra, com'era prima, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato» (Qo 12,1.7). La morte è conseguenza del peccato. Interprete autentico delle affermazioni della Sacra Scrittura e della Tradizione, il Magistero della Chiesa insegna che la morte è entrata nel mondo a causa del peccato dell'uomo. Sebbene l'uomo pos-sedesse una natura mortale, Dio lo destinava a non morire. La morte fu dunque contraria ai disegni di Dio Creatore ed essa entrò nel mondo come conseguenza del peccato. «La morte corporale, dalla quale l'uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato», è pertanto «l'ultimo nemico» (1 Cor 15,26) dell'uomo a dover essere vinto. La morte è trasformata da Cristo. Anche Gesù, il Figlio di Dio, ha subìto la mor-te, propria della condizione umana. Ma, malgrado la sua angoscia di fronte ad essa, egli la assunse in un atto di totale e libera sottomissione alla volontà del Padre suo. L'obbedienza di Gesù ha trasformato la maledizione della morte in benedizione. Il senso della morte cristiana Grazie a Cristo, la morte cristiana ha un significato positivo. «Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21). «Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui» (2 Tm 2,11). Qui sta la novità essenziale della morte cristiana: mediante il Battesimo, il cristiano è già sacramentalmente «morto con Cristo», per vivere di una vita nuova; e se noi moriamo nella grazia di Cristo, la morte fisica consuma questo «morire con Cristo» e compie così la nostra incorporazione a lui nel suo atto redentore. Nella morte, Dio chiama a sé l'uomo. Per questo il cristiano può provare nei riguardi della morte un desiderio simile a quello di san Paolo: «il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo» (Fil 1,23); e può trasformare la sua propria morte in un atto di obbedienza e di amore verso il Padre, sull'esem-pio di Cristo.

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sono un modo per proteggerlo nella convinzione che essi non rimangano senza effetto sul giudizio. Questo lo possiamo cogliere nella maggior parte delle cultu-re che caratterizzano la storia dell’uomo. Oggi il mondo è diventato apparentemente molto più razionale, o meglio, si è diffusa la tendenza a pensare che ogni realtà debba essere affrontata con i cri-teri della scienza sperimentale, e che anche alla grande questione della morte si debba rispondere non tanto con la fede, ma partendo da conoscenze sperimen-tabili, empiriche. Non ci si rende sufficientemente conto, però, che proprio in questo modo si è finiti per cadere in forme di spiritismo, nel tentativo di avere un qualche contatto con il mondo al di là della morte, quasi immaginando che vi sia una realtà che, alla fine, sarebbe una copia di quella presente. Cari amici, la solennità di tutti i Santi e la Commemorazione di tutti i fedeli de-funti ci dicono che solamente chi può riconoscere una grande speranza nella morte, può anche vivere una vita a partire dalla speranza. Se noi riduciamo l’uomo esclusivamente alla sua dimensione orizzontale, a ciò che si può percepi-re empiricamente, la stessa vita perde il suo senso profondo. L’uomo ha biso-gno di eternità ed ogni altra speranza per lui è troppo breve, è troppo limitata. L’uomo è spiegabile solamente se c’è un Amore che superi ogni isolamento, anche quello della morte, in una totalità che trascenda anche lo spazio e il tem-po. L’uomo è spiegabile, trova il suo senso più profondo, solamente se c’è Dio. E noi sappiamo che Dio è uscito dalla sua lontananza e si è fatto vicino, è entrato nella nostra vita e ci dice: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me an-che se muore vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno» (Gv 11,25-26). Pensiamo un momento alla scena del Calvario e riascoltiamo le parole che Ge-sù, dall’alto della Croce, rivolge al malfattore crocifisso alla sua destra: «In veri-tà io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43). Pensiamo ai due disce-poli sulla strada di Emmaus, quando, dopo aver percorso un tratto di strada con Gesù Risorto, lo riconoscono e partono senza indugio verso Gerusalemme per annunciare la Risurrezione del Signore (cfr Lc 24,13-35). Alla mente ritornano con rinnovata chiarezza le parole del Maestro: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi so-no molte dimore. Se no non vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un po-sto”?» (Gv 14,1-2). Dio si è veramente mostrato, è diventato accessibile, ha tanto amato il mondo «da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16), e nel supremo atto di amore della Croce, immergendosi nell’abisso della morte, l’ha vinta, è risorto ed

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BREVE PAUSA PER LA LETTURA PERSONALE

CATECHESI DI BENEDETTO XVI— 2 novembre 2011

[...] Da sempre l’uomo si è preoccupato dei suoi morti e ha cercato di dare loro una sorta di seconda vita attraverso l’attenzione, la cura, l’affetto. In un certo modo si vuole conservare la loro esperienza di vita; e, paradossalmente, come essi hanno vissuto, che cosa hanno amato, che cosa hanno temuto, che cosa han-

no sperato e che cosa hanno detestato, noi lo scopriamo proprio dalle tombe, davanti alle quali si affollano ricordi. Esse sono quasi uno specchio del loro mondo. Perché è così? Perché, nonostante la morte sia spesso un tema quasi proibito nella nostra società, e vi sia il tentativo continuo di levare dalla nostra mente il solo pensiero della morte, essa riguarda ciascuno di noi, riguarda l’uo-mo di ogni tempo e di ogni spazio. E davanti a questo mistero tutti, anche in-consciamente, cerchiamo qualcosa che ci inviti a sperare, un segnale che ci dia consolazione, che si apra qualche orizzonte, che offra ancora un futuro. La strada della morte, in realtà, è una via della speranza e percorrere i nostri cimiteri, come pure leggere le scritte sulle tombe è compiere un cammino se-gnato dalla speranza di eternità. Ma ci chiediamo: perché proviamo timore davanti alla morte? Perché l’umanità, in una sua larga parte, mai si è rassegna-ta a credere che al di là di essa non vi sia semplicemente il nulla? Direi che le risposte sono molteplici: abbiamo timore davanti alla morte perché abbiamo paura del nulla, di questo partire verso qualcosa che non conosciamo, che ci è ignoto. E allora c’è in noi un senso di rifiuto perché non possiamo accettare che tutto ciò che di bello e di grande è stato realizzato durante un’intera esistenza, venga improvvisamente cancellato, cada nell’abisso del nulla. Soprattutto noi sentiamo che l’amore richiama e chiede eternità e non è possibile accettare che esso venga distrutto dalla morte in un solo momento. Ancora, abbiamo timore davanti alla morte perché, quando ci troviamo verso la fine dell’esistenza, c’è la percezione che vi sia un giudizio sulle nostre azioni, su come abbiamo condotto la nostra vita, soprattutto su quei punti d’ombra che, con abilità, sappiamo spesso rimuovere o tentiamo di rimuovere dalla nostra coscienza. Direi che proprio la questione del giudizio è spesso sottesa alla cura dell’uomo di tutti i tempi per i defunti, all’attenzione verso le persone che sono state significative per lui e che non gli sono più accanto nel cammino della vita terrena. In un certo senso i gesti di affetto, di amore che circondano il defunto,

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La visione cristiana della morte è espressa in modo impareggiabile nella liturgia della Chiesa: «Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e men-tre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna nel cielo». La morte è la fine del pellegrinaggio terreno dell'uomo, è la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo. Quando è «finito l'unico corso della nostra vita terrena», noi non ritorneremo più a vivere altre vite terrene. «È stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta» (Eb 9,27). Non c'è «reincarnazione» dopo la morte. La Chiesa ci incoraggia a prepararci all'ora della nostra morte («Dalla morte improvvisa, liberaci, Signore»: antiche Litanie dei santi), a chiedere alla Madre di Dio di intercedere per noi «nell'ora della nostra morte» («Ave Maria») e ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte: «In ogni azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi morire oggi stesso; se avrai la coscienza retta, non avrai molta paura di morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che fuggire la morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani?».

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra morte corporale,

da la quale nullo homo vivente pò skappare. Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali;

beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda nol farà male.

(San Francesco d'Assisi).

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