Morgan Llywelyn - L’Orgoglio Dei Leoni

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romanzo

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Morgan Llywelyn è ormai riconosciuta come la più importante e acclamata autrice di narrativa storica di ambientazione celtica ed è famosa sia in Irlanda che negli Stati Uniti per la sua conoscenza della storia e del folklore irlandese. Nata a New York da genitori irlandesi, ha fatto dapprima parlare di sé non per i suoi libri, ma per la sua carriera sportiva. Infatti, nel 1975 era stata candidata a far parte della squadra olimpica di equitazione degli Stati Uniti. Quando però non venne inclusa nella selezione ufficiale per le olimpiadi di Montreal del 1976, decise di dedicarsi con impegno alla sua antica passione, la narrativa storica, esplorando a fondo le vicende della propria famiglia per scrivere The Wind from Hastings, un libro che le procurò un immediato e lusinghiero successo. Il suo secondo romanzo, Il leone d’Irlanda (1979) ottenne un’accoglienza ancor più clamorosa. Nel corso degli anni, Il leone d’Irlanda ha spinto lettori e lettrici di tutte le età e di varia estrazione a scrivere una valanga di lettere, e il libro viene continuamente ristampato.Dopo questa grande affermazione sono seguiti altri romanzi fra cui I guerrieri del Ramo Rosso (1989), Il potere dei Druidi (1991), L’ultimo principe (1992), La saga di Finn MacCool (1994) tutti pubblicati dall’Editrice Nord, e per ultimo questo L’orgoglio dei leoni (1995), seguito diretto del celebre Leone d’Irlanda che siamo lieti di presentare al pubblico italiano.Fra il 1984 e il 1985, dopo la morte prematura del marito, ha deciso di trasferirsi definitivamente in Irlanda.Attualmente è fiduciaria del Fondo Irlandese della letteratura per l’infanzia e fa parte del comitato esecutivo dell’Unione Irlandese degli Scrittori e della sezione locale del PEN Club. Camminatrice instancabile, ha esplorato a piedi in lungo e in largo la terra che rivive nelle sue epiche narrazioni.

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Nel Leone d’Irlanda abbiamo rivissuto le epiche gesta di Brian Boru, il grande re che guidò i riottosi capi d’Irlanda all’unità sotto il suo regno illuminato.Ora Morgan Llywelyn ci riporta nel vivo della lotta, sul campo di battaglia dove Brian perse la vita. Il giovane figlio quindicenne, Donough, è deciso a fare proprio il titolo di sovrano, ma deve affrontare le ambizioni della madre, Gormlaith, una donna infida la cui brama di potere e piaceri terreni non è diminuita con l’età.L’erede di Brian è troppo giovane, ma rappresenta l’unica speranza per il suo popolo: così assume il comando sul campo di battaglia di Clontarf, e da quel momento non lo abbandonerà più, per guadagnarsi infine il diritto di regnare su Kincora e farsi accettare dai sovrani d’Irlanda come Re Supremo.Ma Donough è lacerato da sentimenti contrastanti, l’odio profondo per la madre e l’amore sincero per l’affascinante Cera, che però è un sogno irraggiungibile, perché la sposa di un Re Supremo non può adorare dèi pagani…L’orgoglio dei Leoni è un romanzo di vibranti passioni e perfidi tradimenti, nel quale l’Irlanda dell’undicesimo secolo si trasforma sotto i nostri occhi in una magnifica avventura.

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Collana diNARRATIVA

Nord

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Di Morgan Llywelynl’Editrice Nord ha già pubblicato:

IL LEONE D’IRLANDAI GUERRIERI DEL RAMO ROSSO

L’ULTIMO PRINCIPEIL POTERE DEI DRUIDI

LA SAGA DI FIN MACCOOL

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Morgan Llywelyn

L’ORGOGLIODEI LEONI

EDITRICE NORD

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Titolo originalePRIDE OF LIONS

Traduzionedi Annarita Guarnieri

Codice libro 22 073 CNISBN 88-429-0932-7

Dedicato a Michael

Scan e Rielaborazionedi Purroso

© 1996 by Morgan Llywelyn© 1996 per l’edizione italiana by Casa Editrice Nord

Via Rubens 25 - 20148 MilanoStampato dalla New Angel - S. Vittore Olona (MI)

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PREFAZIONEdel Molto Onorevole Conor O’Brien,

Lord Inchiquin

Con L’Orgoglio dei Leoni, Morgan Llywelyn ha ancora una volta prodotto un romanzo che è al tempo stesso affascinante dal punto di vista storico e piacevolmente leggibile: seguendo l’evolversi del destino dei figli superstiti di Brian Boru, e in particolare del tormentato e impulsivo Donough, ha così creato un seguito degno della sua opera più famosa, Il Leone d’Irlanda, confermando il suo dono celtico di manipolare le parole e la sua straordinaria abilità di ridare vita al passato, che sono le caratteristiche della sua eccellenza nel campo letterario.L’abilità quasi soprannaturale di Morgan Llywelyn di trascinare i lettori indietro attraverso i secoli deriva da una comprensione profonda e quasi intuitiva di altre ere: come scrittrice, lei è alla costante ricerca della qualità e della realtà umana alle spalle della storia e del folclore, con il risultato che anche le poche figure immaginarie da lei introdotte nelle sue opere risultano del tutto vere e aderenti alla loro epoca. In L’Orgoglio dei Leoni, queste figure giocano un intenso ruolo di sostegno a vantaggio di numerosi personaggi storici, gettando luce sul tipo di società in cui essi vivevano.La famosa famiglia che risale a Brian Boru, il più grande fra i re irlandesi, ha svolto nel corso dei secoli un ruolo di primo piano nella storia delle isole britanniche e i matrimoni dinastici stipulati per i suoi discendenti hanno avuto ripercussioni che si sono fatte sentire a lungo nel tempo: nel suo periodo di regno Brian è senza dubbio arrivato più vicino di chiunque altro ad unificare l’Irlanda e suo figlio Donough, per quanto meno famoso, costituisce un personaggio affascinante perché su di lui è ricaduto l’obbligo di cercare di dimostrarsi all’altezza di un genitore quasi sovrumano, un compito che ha abbracciato con la stessa passione che metteva in tutte le cose della sua vita… senza però prendere in considerazione i capricci del fato, che è poi intervenuto a modellare diversamente il suo futuro e quello dell’Irlanda, a tal punto che viene

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spontaneo chiedersi quanto sarebbe stata diversa la storia dell’Irlanda se Donough fosse riuscito a realizzare le sue ambizioni.In L’Orgoglio dei Leoni, abbiamo la rara opportunità di vedere ciò che accade dopo un evento sconvolgente, di scoprire in che modo la gente riprende a vivere, quali adattamenti e quali scelte deve compiere. Donough è un eroe che induce alla riflessione, e nel guardare indietro oltre un baratro di novecento anni di storia il lettore si trova a dover valutare di persona se al posto di Donough avrebbe compiuto le stesse scelte. Inoltre esiste una sottile ironia… e gli Irlandesi hanno sempre apprezzato l’ironia… nel fatto che nonostante tutti i suoi sforzi per emulare il padre Donough abbia portato con sé a Roma i simboli stessi della sovranità paterna, la corona e lo scettro di Brian Boru, che a tutt’oggi non sono ancora tornati in Irlanda.Dal punto di vista dei fatti, la storia di Donough raccontata in questo libro è accurata, e come discendente diretto di Brian Boru e Capo della Casata, ritengo che noi O’Brien si sia stati davvero fortunati ad avere in Morgan Llywelyn un moderno bardo che raccontasse con tanta eloquenza e passione la storia della nostra razza.

L’O’Brien Principe di Thomond 18° Barone Inchiquin

County Clare, Irlanda Giugno 1995

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ROMA, 1064

Dicono che la strada fino a Roma sia molto lunga, e la mia è stata più lunga e difficile di quella degli altri, in quanto sono giunto qui ormai vecchio e con la consapevolezza che potrei non vivere abbastanza a lungo da rivedere ancora l’Irlanda.Sono venuto qui perché devo, perché ci si aspettava che lo facessi, come estremo pellegrinaggio in remissione dei miei peccati… ma sono essi stati tanto grandi da obbligarmi ad attraversare il mare e usare le mie ultime forze per chiedere perdono? Ci sono molti che pensano che sia così.In gioventù il mio peccato era quello dell’orgoglio: eravamo tutti orgogliosi, noi cuccioli del Leone, passione e ambizione erano parte di noi dalla nascita e abbiamo aggredito la vita con una fame che era difficile da placare. Io volevo tutto ciò che mio padre aveva avuto, volevo essere tutto ciò che lui era stato, e a quel tempo pensavo di volerlo per me stesso.Poi ho creduto di volerlo perché le mie imprese avrebbero reso mio padre orgoglioso di me, nonostante lui fosse già morto. Infatti per me lui non era morto, mi era sempre accanto, cavalcava al mio fianco, vedeva il mondo attraverso i miei occhi, e per questo ho fatto del mio meglio per cercare di modellarlo come lui voleva che fosse.Per realizzare il suo desiderio.Quando sono diventato più maturo ho cominciato a comprendere cosa significasse desiderare. In un primo tempo ho desiderato il più splendido palazzo d’Irlanda, e mi sono sentito pronto a qualsiasi cosa… letteralmente qualsiasi cosa… pur di farlo mio. Kincora! Esso sorge nella mia memoria splendido com’era un tempo, con le pareti di pietra grigia che si levavano a sfidare il tempo stesso e la paglia dei tetti che si tingeva d’oro sotto il sole estivo!Poi ho desiderato il potere che era appartenuto a mio padre, perché ero certo che con un simile potere avrei potuto avere tutto quello che volevo, e a tal scopo ho cercato di ottenere quella sovranità che era appartenuta a mio padre per tutta la vita: ponendomi sulla strada del pericolo ho

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impugnato la spada che era stata sua e ho incassato molti colpi, ricevuto molte ferite, versato sangue e pagato un prezzo terribile.Ho desiderato delle donne, dapprima sulla spinta divampante del piacere, di quel folle ribollire del sangue che scuote i pilastri stessi dell’anima e placa angoscia e dolore; poi ne ho desiderata una molto speciale ed ho odiato segretamente la Chiesa che s’interponeva fra noi.Ho avuto una vita così lunga… due mogli, molti figli, nemici generati dal mio orgoglio e dal mio desiderio, e così tante perdite!Kincora non è mio, la sovranità che tanto bramavo non è mai stata mia, perché anche se venivo chiamato re non ho mai portato il titolo che era stato di mio padre, e il poco potere che sono riuscito a conseguire è stato consumato e logorato dalle cospirazioni dei nemici e da amici benintenzionati.Ho perso ricchezze ed onore, e adesso sono esule in una terra sconosciuta.Sono venuto qui a implorare perdono per un fratricidio, il peccato che più di ogni altro mi ha spinto a implorare la misericordia di Roma, non per me ma per i miei discendenti: non volevo che i miei figli pensassero che io fossi morto con una simile macchia sulla mia anima, quindi ho compiuto questo gesto estremamente pubblico, per adempiere ad un ultimo dovere.Se mi doveste incontrare sulla strada che porta a Bolsena, dove il Papa mi ha concesso qualche acro di terra che si affaccia sul lago, vedrete e forse compatirete un vecchio dai capelli canuti e dalle spalle curve… le stesse spalle che un tempo erano così ampie da indurmi a credere che potessero reggere qualsiasi fardello, così come credevo che sarei rimasto per sempre giovane e forte, immortale come lo era stato mio padre, con un futuro luminoso davanti a me.Mi sbagliavo, in tutto.E sono il più felice fra gli uomini viventi.

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Dagli

ANNALI DEL REGNO D’IRLANDAStilati dai Quattro Maestri

Volume II

“Era di Cristo, 1014.

… a Clontarf, il Venerdì precedente la Pasqua. In questa battaglia è stato ucciso Brian, figlio di Cennedi, monarca d’Irlanda, che era l’Augusto di tutto l’Occidente d’Europa…”

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n sella al suo cavallo grigio, il ragazzo scoccò un’occhiata piena di apprensione in direzione del cielo, ascoltando al tempo stesso i continui borbottii degli uomini che lo seguivano, pieni di

risentimento per il fatto che la loro compagnia fosse stata sottoposta al suo comando in quanto ritenevano che questa fosse una nomina immeritata imposta loro da suo padre; ancor più erano inoltre risentiti per il fatto di essere stati mandati a combattere piccole schermaglie nel sud mentre Brian Boru stava radunando il grosso del suo esercito a Dublino, in previsione della battaglia che avrebbe determinato il futuro dell’Irlanda.

I

Il giovane Donough si sentiva frustrato quanto i suoi uomini, anche se nel suo animo alla frustrazione si univa la sensazione crescente che stesse per succedere qualcosa di nefasto, accentuata dal fatto che verso nord, in direzione di Dublino, il cielo era pieno di nubi nere che fin dall’alba avevano continuato a ribollire formando le più strane configurazioni. Adesso era tarda sera del Venerdì Santo dell’Anno di Nostro Signore 1014, e quelle nubi apparivano più minacciose che mai.Mio padre non impegnerebbe mai una battaglia in un Giorno Santo, pensò Donough, cercando di rassicurare se stesso. Però potrebbe darsi che i suoi nemici lo abbiano costretto allo scontro, perché questi nordici pagani non hanno nessun rispetto del calendario cristiano.Nell’osservare quel cielo demoniaco, Donough si sentì sempre più certo che Brian Boru avesse già incontrato i nemici sul campo di battaglia, perché le nuvole che si contorcevano sopra di lui erano prova tangibile dell’accaduto.Voltato il cavallo verso Dublino, calò il frustino sui suoi fianchi per spingerlo al galoppo.

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on il cadere dell’oscurità i membri delle truppe congiunte di Brian Boru si dedicarono allo spiacevole compito di identificare i loro morti, un macabro lavoro che venne assolto in un silenzio quasi

assoluto perché i più erano troppo sconvolti per parlare: pur essendo guerrieri veterani che avevano visto più di un campo di battaglia alla fine di uno scontro, infatti, fino a quel giorno non era mai capitato loro di trovarsi davanti a migliaia di cadaveri ammucchiati in cinque o sei strati, mentre tutt’intorno la quiete del crepuscolo era infranta dalle grida e dalle imprecazioni dei feriti, dalle preghiere e dai gemiti dei morenti.

C

Molti fra i condottieri irlandesi che si erano uniti al Sommo Re con le loro truppe personali per fronteggiare gli invasori erano rimasti uccisi in battaglia, lasciando i superstiti fra i loro seguaci a vagare storditi e privi di un capo nella penombra sempre più fitta fino a quando Malachi Mor non cominciò a radunarli e ad aggiungerli ai propri uomini del Meath.Malachi non aveva idea di dove fosse Brian Boru perché aveva tenuto i propri guerrieri del Meath al di fuori del conflitto fino a quando il suo esito non era risultato certo, piombando soltanto allora dalle colline con il proprio esercito per combattere al fianco degli altri alleati di Brian, e di conseguenza non aveva avuto modo di vedere l’Ard Ri, il Sommo Re d’Irlanda, durante lo scontro.E adesso stava radunando intorno a sé i resti del suo grande esercito, guerrieri che erano stati pronti a seguire la bandiera di Brian Boru dovunque essa li avesse guidati, anche incontro alla morte… una situazione la cui ironia non gli sfuggiva di certo.Un gruppo di portatori di lettiga si avvicinò provenendo dalla direzione della diga di Clontarf, trasportando un corpo che aveva il volto coperto da un pezzo dì stoffa strappato dalla sua tunica di lino color zafferano. Quando Malachi segnalò ai portatori di arrestarsi essi obbedirono, perché riconobbero in lui l’uomo che era stato Ard Ri prima di Brian Boru.Nel sollevare il pezzo di stoffa che copriva il viso del morto, Malachi si

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trovò davanti un quindicenne i cui occhi fissi nel nulla parevano scrutare un futuro ormai perduto.– È il figlio del Principe Murrough – disse uno dei portatori, con voce incrinata dal dolore, – il primo nipote dell’Ard Ri. Lo abbiamo trovato che galleggiava prono nel canale, con le dita ancora strette intorno ai capelli dell’ultimo Vichingo da lui ucciso.Malachi si passò le mani fra i capelli radi e grigi, un gesto che lo indusse a ricordare come la massa dei capelli di Brian Boru conservasse qualche bagliore fra il rosso e l’oro e fosse ancora folta come sempre nonostante il passare degli anni. Questi paragoni gli riuscivano tormentosi, ma al tempo stesso lui non riusciva ad impedirsi di farli, come non era possibile impedire alla lingua di stuzzicare un dente dolorante.Brian ha dieci anni più di me, pensò. Questo mese ne ha compiuti settantatré. È possibile che siano davvero passati tanti anni e che entrambi si stia ancora combattendo?Scuotendo dolorosamente il capo tornò al presente con i propri pensieri e coprì di nuovo il volto del ragazzo.– Dov’è il Principe Murrough? – chiese ad uno dei portatori.– Lo stanno portando qui ora – interloquì un guerriero dalcassiano, nell’oltrepassarli con passo zoppicante.I portatori della lettiga di Murrough erano eroi dalcassiani famosi per la loro forza, e tuttavia adesso il loro passo era barcollante quanto quello di altrettanti vecchi, e sia loro che la lettiga erano coperti di sangue.– Cosa gli è successo? – chiese loro Malachi, abbassando lo sguardo sul cadavere che aveva il volto scoperto ma nascosto alla vista da chiazze di sangue coagulato.– Quel sangue non proviene dalle sue ferite – spiegò uno dei portatori. – Siamo passati attraverso il Bosco di Tolmar, dove si sono svolti i più cruenti combattimenti con l’ascia. Là il sangue gronda ancora dai rami degli alberi.Nonostante tutto, Malachi fu percorso da un brivido mentre usava un bordo della propria tunica per pulire dal sangue gli occhi del morto, notando con sollievo che le palpebre erano abbassate.Adesso quel volto che lui aveva visto tanto spesso contorto dall’ira appariva sereno e infine dimentico di ogni motivo di attrito.Compresi i nostri, pensò Malachi, rivolgendosi silenziosamente a Murrough. Dimenticati e perdonati.Posò quindi il palmo della mano sulla fronte insanguinata in un gesto di benedizione e segnalò ai portatori di incamminarsi nuovamente, sorpreso

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dalla profondità del dolore che stava provando per la morte di Murrough, considerato che fra lui e il figlio maggiore di Brian Boru non c’era mai stata molta simpatia reciproca.Intanto il recupero dei cadaveri, che si sarebbe protratto per giorni, stava continuando nella notte che puzzava di sangue e di escrementi, e da un punto imprecisato nelle vicinanze della baia giungeva un selvaggio grido dì acclamazione:– Boru! Boru! Boru!

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l cavallo grigio, che pure apparteneva alla resistente razza allevata sulle ricche pianure di Kildare, era ormai stanco, come lo erano gli uomini e gli altri cavalli, e tuttavia Donough continuava a

pungolarli a proseguire.I– L’Ard Ri ha bisogno di me – ripeté per l’ennesima volta.– L’Ard Ri non ha bisogno di te – lo contraddisse come sempre Ronan, il suo comandante in seconda e membro più anziano della compagnia. – Io stesso gli ho sentito dire che non si aspettava che noi andassimo a raggiungerlo se non dopo Pasqua. Questi sono stati i suoi ordini.Donough però lo ignorò e persistette in quella marcia forzata, con il risultato che il calare della sera del sabato trovò lui e i suoi uomini ai piedi dei monti Wicklow; i guerrieri erano ormai talmente sfiniti da essere prossimi a ribellarsi, e quando si fermarono per abbeverare i cavalli Ronan tentò di nuovo di fargli cambiare idea.– Devi avere un po’ di considerazione per i tuoi uomini – disse a Donough. – È da incosciente obbligarli a mantenere un’andatura del genere quando non ce n’è bisogno e sono costretto a protestare a loro nome, Donnchad.– Ti ho già detto che d’ora in poi mi devi chiamare Donough – ribatté il ragazzo, con un bagliore negli occhi grigi… e pronunciando il nuovo nome Donno a causa del suo accento del Munster. In cuor suo disprezzava infatti il nome Donnchad, che sua madre gli aveva dato e a cui lei anteponeva sempre qualche critica nei suoi confronti, e riteneva adesso di essere un uomo e di aver quindi bisogno di un nuovo nome che riflettesse la sua nuova condizione. Brian Mac Cennedi non era forse diventato Brian Boru?– Och, me l’ero dimenticato – replicò Ronan, scrollando le spalle come se la cosa non avesse importanza. – Ascolta però la voce dell’esperienza, ragazzo. Quello che stai facendo è pericoloso perché è facile che i cavalli stanchi inciampino, rompendosi una zampa o rompendo il collo a

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qualcuno di noi. Una cosa del genere potrebbe succedere altrettanto facilmente anche a te, e allora saremmo nei guai, perché abbiamo l’ordine di…– Che ordine? – lo interruppe Donough, in tono subito sospettoso. – Quali sono i tuoi ordini?– Di tenerti al sicuro – ammise Ronan. – È stato per questo che l’Ard Ri ci ha incaricati di venire al sud con te mentre gli altri andavano a Dublino.– Lo pensavo! – esplose Donough. – Ti garantisco però che non ho bisogno di nessuno che mi tenga al sicuro perché so badare a me stesso! Non ho forse la stessa età che aveva mio padre quando ha cominciato a combattere contro i Vichinghi? E non sono al comando di questa compagnia? Proseguiremo alla volta di Dublino, Ronan, anche se questo significa che dovremo viaggiare per tutta la notte.– Se fosse qui adesso, l’Ard Ri ti spellerebbe vivo – dichiarò Ronan, protendendo in avanti la mascella rasata sotto i lunghi baffi rossicci. – Lui è famoso per la cura che ha dei suoi guerrieri.Per un momento Donough provò un impeto di comprensione nei confronti del maggiore dei suoi fratellastri, Murrough, che spesso si lamentava di vedersi porre davanti Brian Boru come un ineguagliabile modello di perfezione: possedere un padre simile era un fardello che gravava pesantemente su tutti i suoi figli e in particolare sul maggiore.Donough, che era invece il minore, si sforzò adesso di immaginare cosa avrebbe fatto suo padre in una situazione come quella, e decise che Brian avrebbe optato per un compromesso, dal momento che il compromesso era sempre stato una delle armi più efficaci dell’Ard Ri, e una di cui Murrough non aveva mai imparato a servirsi. Lui invece avrebbe imparato a utilizzarla, perché idolatrava Brian e la sua massima ambizione era diventare uguale a lui.– Voglio fare un patto con te, Ronan – propose quindi. – Tu e gli altri continuerete a cavalcare con me soltanto fino a quando cambierà il vento. Non appena questo succederà pianteremo il campo e riposeremo prima di procedere oltre.– E se il vento non dovesse cambiare? – obiettò Ronan, dubbioso.– Lo farà di certo, dal momento che è ormai incostante da giorni… hai osservato tu stesso che non era mai capitato che fosse tanto instabile. Allora, siamo d’accordo?Il veterano esitò, per dare l’impressione di avere un’effettiva possibilità di scelta.– D’accordo – disse infine.

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Rimontati in sella ripresero il cammino nell’oscurità sempre più fitta, una stanca banda di uomini dalla tunica color zafferano e dal mantello di lana, affamati e infreddoliti.– Avevi paura che proseguisse senza di noi e ci denunciasse come disertori a suo padre, vero? – chiese a bassa voce uno dei guerrieri a Ronan.– Non ho paura di Brian Boru – fu la rapida risposta. – Ti dirò una cosa… quella da cui bisogna veramente guardarsi è la madre del ragazzo.Quell’accenno a Gormlaith strappò ai soldati un coro di rauche risate.– Se permettessimo al suo bambino di andarsene in giro da solo e gli succedesse qualcosa – continuò intanto Ronan, – quella donna scagnerebbe su tutti noi una potente maledizione.– Gormlaith è già di per sé una maledizione – commentò qualcun altro, e nessuno trovò da obiettare.Intorno la notte era adesso di un buio assoluto, senza luna o stelle che rischiarassero la via nel cielo reso opaco dalle nubi, ed era sferzata da un vento gelido.Prima di quanto avrebbe desiderato Donough sentì il vento cambiare direzione, spostandosi fino a soffiare direttamente da nord. Grato comunque di aver guadagnato almeno un po’ di tempo, sollevò la mano per segnalare la sosta e gli uomini cominciarono a scivolare di sella ancor prima che lui avesse impartito l’ordine.Si accamparono a ridosso di una massiccia sporgenza di roccia che li proteggeva in buona parte dalla furia del vento, poi uno degli uomini si servì di alcuni pezzi di selce per ottenere delle scintille e appiccare il fuoco ad un mucchietto di rami secchi di ginestrone e di felci uccise dal gelo; troppo stanchi per cercare di procurarsi del cibo fresco, i guerrieri mangiarono un po’ di pane e di filacciosa carne secca prelevata dalle loro scorte, poi si disposero per dormire.Donough però si scoprì incapace di riposare e prese a gironzolare intorno al perimetro del campo, ascoltando il russare dei suoi uomini e il rumore prodotto dai cavalli che stavano pascolando sull’erba montana, senza badare al vento tagliente che agitava i lembi del suo brat, il pesante mantello lungo fino al ginocchio e fermato sulla spalla da una massiccia spilla di bronzo.Sebbene fosse molto irritato con suo padre per averlo posto in quella che lui considerava una posizione umiliante perché gli impediva di prendere parte effettiva ai combattimenti, Donough era infuriato soprattutto con sua madre, perché se non fosse stato per Gormlaith nessuna invasione avrebbe minacciato il regno dell’anziano Sommo Re, a cui avrebbe dovuto essere

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permesso di vivere in pace gli anni che gli rimanevano… anni che Donough desiderava condividere con lui.Durante il periodo in cui Brian e Gormlaith erano stati sposati, a Donough non era stato concesso di trascorrere molto tempo con suo padre perché Gormlaith aveva fatto in modo di tenerlo lontano da Brian per poter avere la sua attenzione tutta per sé. Quando infine aveva divorziato da Gormlaith secondo la Legge Brehon e aveva allontanato la moglie da Kincora, l’Ard Ri aveva però tenuto Donough presso di sé, cosa che il ragazzo aveva interpretato come un segno di particolare affetto, cominciando a sognare di poter un giorno soppiantare Murrough e diventare lui il favorito di Brian, il figlio che veniva preparato per succedere al padre.Adesso però Murrough, che per tutta la vita aveva cercato di uscire dall’ombra di Brian ed essere indipendente da lui, stava combattendo al fianco dell’Ard Ri a Dublino, mentre Donough veniva tenuto lontano… perché fosse al sicuro.Il giovane serrò i denti nell’oscurità. Ora che nessuno lo stava guardando poteva infatti abbandonare la facciata di maturità che era costretto a sfoggiare alla luce del giorno ed essere soltanto se stesso, un ragazzo di sedici anni… ecco, per essere onesti ne avrebbe avuti sedici fra due mesi… che si trovava in un territorio sconosciuto nel cuore della notte e si sentiva assalire dai timori propri di tutti i ragazzi della sua età.Cosa farò se dovesse succedere qualcosa a mio padre? si chiese.Quella semplice idea fu sufficiente a contrargli lo stomaco perché senza il supporto di Brian lui era soltanto il figlio di Gormlaith, di quella Principessa del Leinster che era la donna più odiata d’Irlanda.Di certo Dio non permetterà che succeda qualcosa all’Ard Ri, pensò quindi, concentrandosi con disperata intensità e immaginando suo padre come lo aveva visto l’ultima volta a Kincora… alto, regale e all’apparenza molto più giovane di quanto fosse in realtà.E tuttavia nonostante il suo aspetto giovanile Brian era vecchio, lo era già stato fin da quando Donough era nato.Nel silenzio notturno il ragazzo si sorprese a ricordare la voce paterna dal timbro lento e profondo, che sembrava elargire ogni singola parola come se fosse stata una gemma, costringendo la gente all’ascolto. Più di una volta Donough si era sforzato la gola per cercare di modellare la propria voce fino ad ottenere quel timbro così basso, e quando qualcuno aveva commentato che cominciava a parlare come l’Ard Ri il suo volto si era illuminato di gioia.Quanto al suo aspetto, sapeva di somigliare in certa misura a Brian perché

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si era scrutato spesso nei numerosi specchi di sua madre alla ricerca di quelle somiglianze, rilevando in comune con suo padre la fronte ampia e il naso lungo e diritto; sfortunatamente aveva ereditato anche la sensuale curva delle labbra materne, un particolare che avrebbe potuto peraltro celare non appena gli fossero cresciuti folti baffi da guerriero. Un altro particolare che destava il suo scontento era il fatto di non avere la stessa famosa capigliatura fra il rosso e l’oro propria di Brian, in quanto i suoi capelli erano di una tinta ramata così scura da sembrare quasi nera a meno che lui si venisse a trovare sotto il sole. Se non altro, però, era alto di statura e un giorno avrebbe potuto diventare alto quanto il Leone d’Irlanda. Un giorno…D’un tratto si tese, perché gli era parso di aver sentito un grido di donna… ma com’era possibile che una donna se ne andasse in giro di notte su quelle montagne popolate da lupi affamati? Pensando che quello che aveva udito potesse essere un lupo, abbassò per cautela una mano sull’elsa della spada, ma poi il suono si ripeté ed ebbe l’effetto di fargli rizzare i capelli sul collo: quello non era un lupo, adesso ne era certo… no, era invece una voce femminile al tempo stesso familiare e spaventosa.Il lamento si levò acuto sulle ali del vento, e all’improvviso lui comprese cosa fosse.– Ban shee! – sibilò, con voce piena di orrore.– Cosa? – borbottò un guerriero che giaceva a terra poco lontano, avvolto in un voluminoso e irsuto mantello.Donough però rimase del tutto immobile, come paralizzato, mentre il suono saliva di volume e si faceva sempre più acuto fino a mutarsi in un ululato inumano che era parte dell’Irlanda quanto lo erano i suoi campi e le sue foreste.– Madre di Dio! – sussultò il guerriero che aveva parlato poco prima, cercando di liberarsi del mantello per alzarsi in piedi. – Quello cos’era?– Lo spirito protettore dei Dal Cais – rispose Donough, con improvvisa e assoluta certezza, in quanto il suo sangue e le sue ossa avevano identificato quel suono. – La presenza che vive sul Crag Liath, la Roccia Grigia che domina Kincora. Adesso però lei non è là, è da qualche parte in questa zona e sta piangendo i morti dalcassiani.– Gesù, Maria e Giuseppe ci proteggano! – gridò con fervore il guerriero, tracciandosi sul petto il segno della Croce.Intanto anche gli altri si stavano svegliando nonostante la stanchezza, perché il semplice menzionare il ban shee era stato sufficiente a farli emergere dalle nebbie del sonno. I preti sostenevano che i ban shee…

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esseri fatati, membri del Piccolo Popolo, relitti soprannaturali di una razza scomparsa… fossero soltanto miti e leggende che facevano presa sulle menti superstiziose, ma quando si ripeté con agghiacciante nitidezza il grido dello spettro venne udito da tutti… un urlo che sembrava quello di una lepre lacerata dai cani e che era pervaso da una tale disperazione da dar l’impressione di esprimere tutto il dolore e l’angoscia del mondo.– Vi avevo detto che mio padre ha bisogno di me! – singhiozzò Donough, in tono angosciato.Il campo venne smontato nell’arco di pochi minuti e ben presto la compagnia si rimise in cammino ad un trotto affrettato lungo le strette piste di montagna, pungolata dal ricordo dell’urlo del ban shee.Le prime luci della fredda e grigia alba del giorno di Pasqua li colsero nell’atto di scendere dalle montagne alla volta di Dublino. I veterani cavalcavano in un silenzio quasi assoluto perché paura e superstizione li pervadevano fin nel profondo delle ossa e anche Donough era silenzioso, con la mascella serrata per l’ansia e con i pensieri che si contorcevano febbrili nella sua mente.Suo padre, i suoi fratellastri generati dalle diverse donne di Brian, i suoi cugini dalcassiani… tutti gli uomini che rappresentavano una certa stabilità nella sua vita… erano andati a Dublino per combattere contro gli invasori, e là c’era anche sua madre, Gormlaith, l’antitesi stessa della stabilità.Una volta lasciate le montagne la pista che stavano seguendo confluì nella Slighe Cualann, una delle cinque strade principali tracciate dal Re Cormac Mac Airt nel terzo secolo dell’era cristiana per far affluire le merci e i tributi alla sua roccaforte di Tara da tutte le parti d’Irlanda. L’isola era attraversata da innumerevoli strade di terra battuta chiamate bothar, o strade per mucche, perché erano larghe quanto due mucche disposte una nel senso della lunghezza e l’altra di traverso su di essa, ma queste piste anguste non erano certo state sufficienti per il genere di traffico che Cormac aveva previsto per il futuro, il che spiegava la creazione delle slighe.Costruite in origine con tronchi di quercia posati su sostegni di legno, le slighe erano state progettate per contenere affiancati due carri da guerra del genere usato un tempo dai guerrieri gaelici, e sebbene il passare del tempo avesse visto la scomparsa dei carri da guerra essi erano stati rimpiazzati da veicoli di vimini dello stesso stile che venivano ancora impiegati dai nobili come mezzo per viaggiare. Nel frattempo, le ruote di legno dei carretti dei mercanti unitamente al clima irlandese avevano

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contribuito all’erosione della superficie delle slighe, e anche se di tanto in tanto i pezzi di legno marcio erano stati sostituiti con strati di pietre per fornire una superficie stabile al di sopra del fango, quelle strade rimanevano comunque tutt’altro che sicure per dei cavalli stanchi.Senza riflettere, Donough guidò il cavallo sulla slighe mentre Ronan, che veniva subito dietro di lui, diresse il proprio animale in modo da affiancarsi ad esso, imitato dagli altri; pur accorgendosene, Donough rifiutò però di abbandonare la strada ineguale per non mostrare di accettare i consigli del suo comandante in seconda che si concesse un accenno di sorriso, pensando che non c’era da stupirsi che il ragazzo fosse tanto orgoglioso e cocciuto.A mano a mano che si avvicinarono a Dublino, cominciarono ad incontrare gruppi di profughi, individui biondi e massicci che costituivano la tipica popolazione scandinava della città.I primi in cui s’imbatterono non furono prosperi razziatori vichinghi ma tre uomini e due donne che dal vestiario sembravano appartenere alla classe artigiana. Gli uomini indossavano infatti una lacera casacca di lana e gambali che erano stati rappezzati molte volte, mentre le donne, che erano forse madre e figlia, erano avvolte in informi abiti di lana grezza lunghi fino alla caviglia che coprivano una camicia di lino altrettanto grezzo, il tutto senza la minima traccia di ricamo; come tutti i Vichinghi, anche quei cinque portavano le scarpe, che erano però lacere e legate ai piedi con dei lacci.Nel vedere i cavalieri il gruppetto si arrestò e sbirciò i guerrieri con espressione timorosa, mentre le due donne si stringevano una all’altra.– Venite da Dublino? – domandò Donough, usando a fatica quel miscuglio di irlandese aristocratico e di norvegese che veniva parlato dagli abitanti di Limerick, i soli Vichinghi che lui conoscesse. – Cosa è successo il giorno del Venerdì Santo? – insistette quindi in tono urgente, protendendosi in avanti sul collo del cavallo.I profughi lo fissarono a bocca aperta e con espressione vacua.– Ci sono stati combattimenti nel Giorno di Freya? – intervenne allora Ronan, che aveva familiarità con Dublino e i suoi abitanti, esprimendosi nel dialetto locale.Un uomo ossuto e sporco di fuliggine, che fino a quel momento aveva fissato intensamente il collare d’oro di Donough che lo identificava come un membro della classe dominante, spostò allora lo sguardo su Ronan.– Yah, yah, combattimenti – confermò, agitando le braccia.– Grande battaglia sul pascolo del Toro.

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– Clontarf?– Yah, yah.– Chiedigli chi ha vinto, Ronan – intervenne con impazienza Donough, che aveva seguito quel dialogo come meglio poteva. – Chiedigli se sa qualcosa di mio… dell’Ard Ri.Ronan riferì le domande ma non ottenne altra risposta se non uno sguardo vacuo.Per enfatizzare la propria richiesta estrasse allora la spada corta dal fodero che portava alla cintura, e quel gesto di minaccia ridusse il Dublinese in uno stato di semi isterismo, mentre le donne lanciavano uno strillo spaventato e si stringevano maggiormente l’una all’altra.– Io sono un carbonaio, non so niente di niente! – esclamò l’uomo sporco di fuliggine. – Non so niente! – ripeté, guardandosi freneticamente intorno con gli occhi che si muovevano nelle orbite come insetti terrorizzati.– Eravamo spaventati, perciò ci siamo nascosti – interloquì un altro uomo. – Sono sempre le persone come noi a soffrire. Chiunque siano, i vincitori bruciano e violentano sempre. Ci siamo nascosti per molto tempo e questa mattina siamo usciti quando hanno aperto le porte.– Chi ha aperto le porte? Gli uomini di Brian Boru o quelli di Sitric Barba di Seta?– Uomini armati di lance – rispose il profugo, scrollando le spalle a indicare che per lui i guerrieri armati di lancia erano tutti uguali, indipendentemente da quale fosse l’esercito a cui appartenevano.– Non otterremo nulla da questa gente – affermò allora Ronan, rivolto a Donough. – Probabilmente sono rimasti a tremare in una cantina per tutto il tempo.– Allora lasciamoli andare. Forse più avanti avremo maggior fortuna.Ronan ripose la spada nel fodero e la compagnia si allontanò al trotto, lasciando i profughi raccolti in un gruppetto compatto, come un branco di pecore spaventate.Il grappo successivo risultò composto di persone meglio vestite che spingevano un carretto carico di mobilio; una delle donne si tirava dietro una capra legata ad una corda, e quando vide sopraggiungere i cavalieri cercò di nascondere l’animale alla vista con il proprio corpo mentre un uomo massiccio dal volto simile ad una luna rossa avanzava con cautela verso i nuovi venuti. Saggiamente, Donough lasciò a Ronan il compito di interrogarlo.– Sono un calzolaio – spiegò l’uomo, – ed ho una bottega in Fishamble Street. Spero di trovarla ancora intatta al mio ritorno – aggiunse, con una

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nota di malinconia nella voce.– Cosa sai della battaglia che ha avuto luogo a Clontarf?– Non solo a Clontarf ma un po’ dappertutto – replicò il calzolaio. – È stata una cosa terribile, come la fine del mondo, e c’erano guerrieri che combattevano dappertutto intorno alla città e nella pianura al di là di essa.«Da settimane sentivamo circolare la voce che Re Sitric aveva convocato un grande esercito dal nord per sfidare il Sommo Re dell’Irlanda e togliergli il controllo del paese. Allora sarebbe stato tutto nostro, tutte le ricchezze di questa prospera isola…L’uomo s’interruppe con un sospiro, come se quei beni promessi gli fossero stati strappati di mano.– Continua – lo incitò Ronan.– Per giorni le navi hanno continuato ad arrivare nella baia di Dublino, portando guerrieri dalla Scandinavia, dalle Orkney e dalle Ebridi… qualcuno ha detto che fra loro c’era anche Re Amlaff della Danimarca.«Poi Brian Boru è arrivato dall’est con un grande esercito raccolto in tutte le terre d’Irlanda… pare che con lui ci fossero perfino alcuni traditori norvegesi di Limerick, venuti a combattere contro i loro stessi connazionali.«Quando ha raggiunto la costa, Brian Boru ha messo a ferro e a fuoco tutto il territorio da Fingal ad Howth nel tentativo di intimidire Sitric: il fumo era tanto denso che a Dublino abbiamo dovuto accendere le lampade anche se era ancora giorno pieno.«A quel punto mia moglie voleva lasciare la città, ma io non me la sentivo ancora di abbandonare la bottega, quindi siamo rimasti. Il mattino del Giorno di Freya l’esercito irlandese è calato verso il mare e dalle navi lunghe dei Vichinghi è giunto un altro esercito per fronteggiarlo, e così la battaglia ha avuto inizio, con un frastuono tanto violento di armi che cozzavano e di uomini che urlavano che lo si poteva sentire dall’interno delle mura di Dublino, anche se all’inizio il combattimento si stava svolgendo parecchio a nord del Liffey.– Quel fragore ha spaventato i bambini – intervenne una donna alta a cui mancavano parecchi denti. – Hanno gridato e si sono premuti le mani sugli orecchi, ed io ho capito che saremmo dovuti andare via prima – continuò, scoccando una cupa occhiata al calzolaio. – Ho avvertito mio marito che avrei finito per essere violentata se non fossimo fuggiti immediatamente.– Costringi quell’uomo a raccontarti come si è svolta la battaglia – ordinò Donough a Ronan, ma ormai la donna aveva tolto definitivamente la parola al marito.

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– L’ho vista, sapete… ho visto Kormlada con questi miei occhi – continuò, con palese soddisfazione di essere al centro dell’attenzione generale e usando la pronuncia vichinga del nome di Gormlaith. – Stava osservando la battaglia dalla sommità delle mura cittadine con suo figlio, Re Sitric… il figlio che ha avuto dal vecchio re di Dublino, quello che veniva chiamato Olaf Cuaran.Nel sentirla menzionare il nome di sua madre Donough la fissò in volto con espressione intensa e quasi feroce.– Olaf è stato il primo marito di Kormlada – proseguì intanto la donna, mostrando di preferire i pettegolezzi alla descrizione della battaglia. – È Irlandese, sapete, e sostiene di essere una principessa del Leinster, ma ha sposato un re vichingo e dopo la sua morte è andata in moglie a Malachi Mor, il Sommo Re degli Irlandesi. E quando poi Brian Boru ha tolto la sovranità a Malachi lei cos’ha fatto? Ha sposato lui e gli ha dato un altro figlio, sebbene sia abbastanza vecchia da poter essere una nonna. – A questo punto la donna abbassò la voce fino a ridurla ad un mormorio confidenziale e concluse: – Dicono che Re Sitric l’abbia offerta in moglie al nobile straniero che fosse riuscito ad uccidere Brian Boru.– Adesso dobbiamo andare! – esclamò bruscamente Donough, e sferzò il cavallo così selvaggiamente che esso scattò in avanti al galoppo, con gli zoccoli che scivolavano sulle pietre che ricoprivano la slighe.– Credevo che volessi interrogare… – gli gridò dietro Ronan.Donough era però già fuori della portata d’udito. Scambiata un’occhiata perplessa con i compagni, Ronan scrollò le spalle e si avviò con loro per seguire il giovane.I profughi osservarono il gruppo allontanarsi.– Cosa pensi che gli abbia preso? – domandò la donna che teneva per la corda la capra, senza accorgersi che l’animale le stava masticando la manica ricamata.– Hanno reagito alla menzione del nome di Kormlada – affermò il calzolaio. – Hai notato com’è impallidito quel ragazzo ancora imberbe? Gli Irlandesi la odiano.– Non è molto amata neppure a Dublino – commentò un uomo più anziano, appoggiandosi ad un bastone. – Non fa che pavoneggiarsi per la città criticando le nostre usanze. Suo figlio può anche essere il re di Dublino, ma lei è soltanto una vecchia irlandese.– Soltanto una vecchia irlandese? – ripeté il calzolaio, inarcando un sopracciglio. – Io stesso ho visto Kormlada percorrere a grandi passi Fishamble Street, con la luce del sole che le tingeva di fiamma i capelli e

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dava ai suoi occhi il bagliore verde del mare, e ti garantisco che non c’è donna vichinga che le possa stare alla pari, per quanto sia vecchia.– È tipico di un uomo dire una cosa del genere! – scattò sua moglie. – Soltanto perché ha un corpo alto e formoso e una quantità disgustosa di capelli rossi pensate che sia meravigliosa, però quelle sono doti con cui è nata e delle quali non ha alcun merito. Sai cosa dice la gente di lei? “Kormlada del Leinster è maggiormente dotata in quelle cose su cui non ha nessun controllo, mentre riesce ad operare il male in tutte quelle su cui ha il minimo potere.” Non hai forse visto la conferma di questo detto nel Giorno di Freya?– Di certo una donna non può essere la causa di una guerra – obiettò in tono mite il calzolaio.– Rifletti su questo – ribatté sua moglie, in tono sprezzante.– Brian Boru ha mantenuto la pace in Irlanda per dieci anni ed ha perfino dato in sposa una delle sue figlie a Re Sitric per creare un’alleanza con i Vichinghi di Dublino. Poi ha divorziato da Kormlada e di colpo si è scatenata la guerra. A chi attribuiresti la colpa di questo conflitto?

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ebbene fosse la Domenica di Pasqua, il pensiero di celebrare la Festa della Resurrezione era quanto mai lontano dalla mente degli uomini della compagnia di Donough mentre proseguivano a ritmo

serrato il viaggio alla volta della città di Dublino sotto una pioggia sferzante.

SA dire il vero definire Dublino una città era un po’ azzardato, in quanto paragonata a Costantinopoli o a Roma essa appariva come un primitivo porto commerciale vichingo le cui vie strette e contorte si snodavano in mezzo a case e botteghe addossate le une alle altre, costruite con pali e cannicciate miste a fango e a letame per impermeabilizzarle agli elementi; alcuni fra i predoni marini più prosperosi si erano costruiti una casa a due piani in travi di legno, ma anche in quel caso il tetto era comunque costituito dalle canne fluviali impiegate dovunque per quello scopo.Capre e oche chiuse in recinti sporchi e maiali semiselvatici che razzolavano nei cumuli di rifiuti contribuivano ad incrementare il puzzo onnipervasivo che derivava dai mercati del pesce, dai fuochi fumosi, dalla lana bagnata, dalle alghe che marcivano, dai cani affamati, dalle masse di fango portate dalla marea e dalle fognature scoperte.Nel complesso Dublino era una città che poteva essere individuata con l’olfatto ancor prima che con la vista, soprattutto in una giornata calda in cui il vento soffiasse dal fiume.Le origini di quel borgo risalivano ad un piccolo insediamento che era cresciuto intorno a parecchie chiese cristiane sulla riva meridionale del fiume Liffey, in un luogo noto come Ath Cliath… il Guado delle Barriere… perché gli Irlandesi erano soliti disporre sul letto di quel tratto poco profondo del fiume delle graticciate del genere usato per le pecore… pannelli di vimini intrecciati impiegati come temporanei recinti per gli ovini… in modo da fornire un guado attraverso il Liffey, un espediente che non salvaguardava i viandanti dal bagnarsi i piedi ma almeno impediva loro di rimanere impantanati nel fango e nel limo.Il porto era stato scoperto dai naviganti scandinavi già nell’837, quando le navi norvegesi avevano esplorato la baia e l’estuario del Liffey per poi

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tornare in forze nell’841, scatenando sulla pacifica e sognante Ath Cliath tutto l’orrore delle scorrerie vichinghe.I Norvegesi si erano quindi insediati per svernare in una zona poco lontana chiamata Dubh Linn… la Polla Nera… perché si trattava di un bacino scavato dalla marea nel punto in cui il fiume Poddle si gettava nell’estuario del Liffey. Per tutto l’inverno i nordici avevano passato il tempo riparando le loro navi, gongolando sul bottino accumulato e godendo del clima locale, decisamente più mite di quello della loro terra d’origine; al tempo stesso, però, avevano costruito quello che definivano un lungoporto, cioè un campo racchiuso da una palizzata protettiva che si estendeva a circondare anche le navi tirate in secca… l’embrione da cui entro pochi anni sarebbe nata Dublino, la principale colonia vichinga in Irlanda.In un primo tempo gli Irlandesi, che insieme agli Scozzesi costituivano la branca gaelica della razza celtica, non avevano compreso a fondo le ramificate conseguenze di quell’insediamento stabile perché era da oltre un migliaio di anni che la loro isola non veniva molestata da invasori di sorta in quanto perfino Giulio Cesare non aveva esteso così ad ovest le sue campagne militari. Essendo un popolo dedito alla pastorizia e vivendo su un’isola dalle risorse così estese da non rendere necessario cercare di che sostentarsi sul mare, essi non si erano resi conto che esso poteva costituire una via di accesso alle loro coste per un numero sempre crescente di razziatori e in un primo tempo avevano considerato i Vichinghi e le loro lunghe navi come un rischio temporaneo.Quando però i Norvegesi erano giunti in numero sempre maggiore, razziando, saccheggiando e… inevitabilmente… costruendo delle colonie dovunque trovassero un buon porto, gli Irlandesi si erano infine messi in allarme. Ai Norvegesi avevano poi fatto seguito i Danesi, decisi ad appropriarsi del controllo dei lucrosi traffici di oro, legname, cuoio, schiavi, oggetti sacri e laici provenienti dall’Irlanda e di fattura che non trovava uguale nelle loro terre. Con il crescere della presenza vichinga sull’isola, gli Irlandesi avevano infine cominciato a reagire.Nel frattempo però i Norvegesi avevano creato centri commerciali stabili in luoghi come Waterford, Wexford e Limerick, introducendo così il concetto di città in una terra i cui abitanti si erano gloriati per innumerevoli generazioni della libertà derivante dall’allevare bestiame e cacciare senza avere una base fissa.Nei due secoli che erano seguiti l’Irlanda era stata devastata da una guerra quasi costante fra Gael e Vichinghi, una lotta alla pari perché da un lato i

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Norvegesi erano feroci nel combattere quanto erano attenti nel commerciare e dall’altro gli Irlandesi erano governati da un’aristocrazia guerriera che trovava nella lotta la propria dimensione ottimale… con la conseguenza che nessuna delle due parti era riuscita a conseguire una vittoria decisiva in quello strenuo conflitto per il controllo delle ricchezze dell’isola.A confondere ulteriormente la situazione era poi venuto con il passare del tempo il progressivo sgretolarsi delle differenze fra nativi e invasori, perché anche se alcuni Vichinghi avevano portato con sé le loro donne i più avevano sposato donne irlandesi e generato dei mezzosangue che erano diventati poi dei mercenari, al soldo dell’una o dell’altra fazione. Al tempo stesso, inoltre, alcuni condottieri irlandesi avevano formato alleanze di comodo con i Vichinghi per proteggere i loro crescenti interessi commerciali o per aggiungere dei guerrieri vichinghi ai loro eserciti personali nel portare avanti qualche antica faida contro altri condottieri irlandesi.E così la guerra aveva cessato di essere una semplice contesa fra Gael e Vichinghi o fra Cristiani e pagani, in quanto alcuni Vichinghi si erano convertiti agli insegnamenti di Cristo e al tempo stesso alcuni Irlandesi avevano rifiutato la cristianità per continuare a seguire le antiche usanze druidiche, con profonda contrarietà della Chiesa.Era stata questa l’Irlanda a cui Brian Boru aveva faticosamente portato un decennio di pace.E adesso quella pace era infranta.Incerti sull’esito della battaglia, Donough e i suoi uomini stavano proseguendo il cammino alla volta di Dublino quando s’imbatterono in alcuni Vichinghi che stavano guidando lungo la slighe una mandria di ventotto buoi di qualità, e subito piombarono sui sorpresi mandriani per sottrarre loro le bestie.– Sono spoglie di guerra – dichiarò Donough.L’aggiunta dei buoi alla compagnia ebbe l’effetto di rallentare la marcia, ma contrariamente alle aspettative degli uomini Donough non se ne lamentò perché a mano a mano che si avvicinavano alla città sentiva crescere la propria apprensione in merito a ciò che avrebbero potuto trovarvi ed era quindi disposto a rinviare il più a lungo possibile il momento in cui lo avrebbe scoperto.Ben presto davanti a loro incombettero comunque le mura di Dublino, pesantemente fortificata da palizzate di legno e da porte sorvegliate in conseguenza degli innumerevoli assedi e assalti subiti nel corso degli anni.

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Giunti vicino alla casa dei Vespri i cavalieri attraversarono la Slighe Dala, che si avvicinava a Dublino da ovest, e avvistarono infine i primi cadaveri… guerrieri irlandesi riconoscibili dalla tunica di lino color zafferano e Vichinghi in cotta di maglia che giacevano contorti gli uni addosso agli altri in una danza di morte, coperti da un nero strato di sangue coagulato.Alla vista dei cadaveri i buoi dilatarono gli occhi e si spostarono in modo da evitarli, e al tempo stesso uno degli uomini di Donough indicò in direzione della città.– Vedo delle figure che si muovono sulle mura – osservò.– Senza dubbio sono guardie disposte sulle palizzate – commentò Ronan. – Il problema è scoprire se sono o meno i nostri uomini.– Mi sembra che abbiano un oggetto conico sulla testa – interloquì Donough, socchiudendo le palpebre per vedere meglio.– Hai gli occhi di un’aquila – ribatté Ronan, imprecando sommessamente. – Dal momento che i Vichinghi portano elmi conici e noi no, questo significa che sulle mura ci sono gli uomini di Sitric.Donough si morse un labbro, riflettendo che se l’Ard Ri non aveva preso Dublino questo doveva significare che per la prima volta da anni Brian Boru era stato sconfitto in battaglia.– Voglio raggiungere subito mio padre – disse quindi a Ronan. – Ha bisogno del mio sostegno.Per una volta, Ronan non parve intenzionato a protestare.– Probabilmente lui si trova ancora a nord del Liffey – opinò invece, intento a sovrintendere al raduno dei corpi e alla preparazione di fosse comuni. Il posto migliore per attraversare il fiume è il Guado delle Barriere, che è fuori della portata di eventuali lance scagliate dalle mura. Si trova da quella parte – aggiunse, indicando con un cenno del capo.La compagnia si avviò quindi lungo il lato occidentale di Dublino, diretta verso il guado, mentre gli uomini di Sitric l’osservavano dalle mura immersi in un minaccioso silenzio.– Perché non ci gridano contro, non imprecano o comunque non fanno qualcosa? – si chiese ad alta voce uno degli uomini.Nell’avvicinarsi al Prato del Mercato avvistarono quindi un accampamento militare che si allargava a casaccio sull’erba, e nel riconoscere le bandiere Donough emise un grido di gioia.– Dalcassiani! – esclamò, lanciando il cavallo al galoppo. – Abu Dal gCais!Nessuno però rispose all’antico grido di vittoria a cui fece eco soltanto un

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minaccioso silenzio, e quando fu più vicino Donough cominciò ad accorgersi che gli uomini presenti al campo non avevano più nulla da elargire, né dal punto di vista fisico né da quello emotivo: insanguinati, malconci e avviliti come le bandiere che pendevano flosce dai loro pali davanti alle tende di cuoio degli ufficiali, i guerrieri se ne stavano distesi o sdraiati sulla terra umida, inerti, e i volti che si girarono verso di lui risultarono essere quelli di uomini passati attraverso l’inferno.Allora siamo stati sconfitti, pensò, reagendo come avrebbe fatto di fronte ad un colpo fisico.Poi da una delle tende uscì un uomo dai capelli color sabbia e dai baffi molto folti, che portava sopra il gonnellino lungo fino alle ginocchia un mantello di lana tinta del vivace azzurro del Munster e bordato di pelo di lupo.– Fergal! – gridò allora Donough, rivolto al cugino. – Fergal Mac Anluan.– Oh, sei tu – commentò soltanto il figlio di Anluan, sollevando lo sguardo con espressione accigliata.– È ovvio che sono io – ribatté Donough, sconcertato.– Avresti potuto esserci utile il giorno del Venerdì Santo.– Sono qui adesso – ritorse il ragazzo, irritato. – Dov’è mio padre?Fergal lo fissò con aria pensosa, accennò a dire qualcosa, poi cambiò idea e indicò con il braccio verso nord.– Voi rimanete qui e pensate ai buoi – ordinò Donough da sopra la spalla, rivolto ai suoi uomini. – Io tornerò dopo aver visto l’Ard Ri.E si allontanò al galoppo prima che chiunque avesse il tempo di protestare, compreso il secondo uomo che era intanto uscito dalla tenda ed era venuto a raggiungere Fergal.– Non potevi fermarlo? – domandò quest’ultimo a Ronan, che intanto stava smontando di sella.– Con lui non si riesce ad ottenere nulla, Cian, perché ha la testa dura come la roccia. Non credi che sia pericoloso che si allontani da solo in quel modo? Potrei seguirlo, e…– Dubito che attualmente corra molti pericoli – ribatté Cian, che indossava un mantello ancor più sfarzoso di quello di Fergal. – Però avrà bisogno di qualcuno che gli stia vicino.– Non capisco – obiettò Ronan.– Non glielo hai detto? – chiese allora Cian, rivolto a Fergal.– Non ne ho avuto il coraggio.– Cos’è che non ci hai detto? – domandò Ronan, sentendosi improvvisamente agghiacciare.

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Mentre galoppava verso nord alla volta del Guado dette Barriere seguendo una pista tracciata nel fango devastato dagli zoccoli di innumerevoli cavalli, Donough vide venirgli incontro una processione funebre che proveniva dal fiume e marciava al suolo solenne del bodhran, un tamburo da guerra coperto di pelle di pecora: ai lati dei portatori che reggevano due lettighe era schierata una guardia d’onore armata di tutto punto, e su una delle due lettighe era drappeggiata la bandiera personale di Murrough Mac Brian.– Non può trattarsi di Murrough! – esclamò Donough in tono sgomento, facendo arrestare il cavallo… infatti neppure nelle sue previsioni più cupe aveva supposto la morte di uno dei suoi fratelli, perché i guerrieri dalcassiani erano soliti dire che «i cuccioli del Leone erano impossibili da uccidere quanto il loro genitore».Nel frattempo il capitano della guardia d’onore, che portava i colori azzurro e oro propri dei Dal Cais, segnalò al corteo di arrestarsi.– È il Principe Murrough – confermò. – Ucciso in battaglia da uno straniero di nome Anrad.Per un momento Donough lottò per dare un senso a ciò che gli occhi e gli orecchi gli stavano rivelando: come poteva un uomo forte, aggressivo e litigioso come Murrough essere morto?– Dove lo state portando? – chiese infine, con voce opaca.– In un posto non lontano da qui, chiamato Kilmainham. Ci siamo accampati là prima della battaglia, in un bosco che domina il Liffey, e il Principe Murrough ha commentato che Kilmainham era un luogo piacevole, aggiungendo che gli sarebbe piaciuto riposare là quando la battaglia si fosse conclusa. E così… – Il Dalcassiano fece una pausa, lottando per mantenere salda la voce, poi riprese: – E così adesso lo portiamo a riposare laggiù.– E quello chi è? – domandò Donough, spostando lo sguardo sulla seconda lettiga.– Il figlio del Principe Murrough, Turlough: ha combattuto con lo stesso coraggio di suo padre e adesso dormiranno insieme sotto la stessa pietra.– Ma Turlough è soltanto un ragazzo! – protestò Donough, come se questo potesse in qualche modo comportare una differenza.– Aveva la tua età – ribatté il Dalcassiano. – Era abbastanza maturo per morire.Donough intanto era alle prese con una serie di emozioni contrastanti. La più intensa era di sollievo per il fatto che il ban shee non avesse pianto per

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Brian Boru ma per Murrough e Turlough, ma ad essa si mescolava anche una colpevole soddisfazione derivante dalla realizzazione che adesso il posto occupato da Murrough come successore scelto da Brian si era reso vacante.Nel momento stesso in cui gli affiorò nella mente, quel pensiero venne però scacciato da un’ondata di genuino dolore perché Murrough, pur essendo distanziato da lui di oltre una generazione, era comunque stato parte della struttura familiare tanto importante per i Gael, e pur avendo sempre avuto un atteggiamento antagonistico nei confronti di Gormlaith aveva dato al tempo stesso l’impressione di trovare simpatico suo figlio, almeno abbastanza da scherzare allegramente con lui quando capitava loro d’incontrarsi a Kincora.Una volta, molti anni prima, Murrough aveva perfino regalato a Donough un fischietto intagliato nel legno di un rovo che cresceva sui pendii del Crag Liath, un dono che il ragazzo conservava ancora da qualche parte… e che improvvisamente desiderò di riuscire a ritrovare.Intanto il bodhran riprese a scandire il suo battito in modo da stabilire la cadenza funebre a cui i portatori potessero adeguarsi nella marcia, e sia essi che la scorta d’onore si prepararono a rimettersi in cammino.– Che ne è di mio padre? – esclamò allora Donough, riscuotendosi d’un tratto. – L’Ard Ri non intende essere presente al funerale di suo figlio?Il capitano della scorta indugiò per il tempo necessario a scoccargli un’occhiata fredda e penetrante.– L’Ard Ri è in viaggio alla volta della Spada di St. Colmcille – replicò con voce strana, come se quelle parole gli facessero male.– La Spada di St. Colmcille? Perché sta andando in un monastero?Il capitano dalcassiano decise che non c’era modo di risparmiare al ragazzo il duro colpo che stava per ricevere e che quindi era meglio dargli la notizia in modo secco e rapido.– Il corpo di Brian Boru è stato portato nella cappella di Colmcille, dove attenderà che il Vescovo di Armagh venga a scortarlo fin nell’Ulster per la sepoltura. Mi dispiace, ragazzo, mi dispiace per tutti noi.Donough però non sentì quelle ultime parole.La sola cosa che riusciva a sentire era l’urlo del ban shee che si levava sulle ali del vento.

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lcune battaglie sono destinate ad essere ricordate, mentre altre è meglio che vengano dimenticate. A Clontarf, era già sufficiente essere sopravvissuti, perché delle migliaia di guerrieri che

avevano combattuto per ira o per avidità la maggior parte giaceva ora morta sul terreno.

ACoraggio e vigliaccheria si erano confrontati fra loro, spesso all’interno della stessa persona, e i ricordi avrebbero perseguitato i superstiti per il resto della loro vita: sarebbe bastato loro soltanto mormorare «Clontarf» per ricordare ogni cosa… la fedeltà portata all’estremo, il clangore delle spade, il sibilare delle lance, i grugniti e le urla e l’improvviso fetore degli intestini che si rilasciavano nella morte o per il terrore, lo stridio delle cornamuse di guerra, il tuono dei pugni picchiati sugli scudi e soprattutto il nauseante e indimenticabile tonfo delle asce.Usata dai guerrieri di entrambe le parti, l’ascia da battaglia aveva trasformato i prati fra il Tolka e il Liffey in una palude di sangue e aveva fatto del Bosco di Tomar un vero e proprio incubo.Alla fine della battaglia, alcuni fra i contendenti erano rimasti così sgomenti di fronte alla strage a cui avevano preso parte da scagliare le loro armi nel mare, ma i più avevano conservato l’ascia per trasmettersela di padre in figlio, ricoperta di leggenda, in modo da potersi un giorno vantare da vecchi di essere stati a Clontarf con Brian Boru, parole sufficienti a raccogliere intorno a loro un pubblico immediato.La gloria sarebbe però giunta in futuro: in quella Domenica di Pasqua del 1014 era sufficiente essere sopravvissuti.Ciò che restava delle forze congiunte irlandesi attendeva in preda allo sgomento e al disordine che qualcuno… chiunque… impartisse degli ordini, ma gli ufficiali superstiti erano incapaci di assumersi il fardello del comando perché erano sgomenti quanto i loro uomini per la perdita dell’Ard Ri.In vita Brian Boru aveva dominato l’Irlanda come nessun altro uomo

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prima di lui ed era stato molto più del Sommo Re, di un semplice sovrano supremo a cui i cinque re provinciali e i duecento re tribali pagassero un tributo annuo. No, Brian aveva amato l’Irlanda con una passione infinita e per tutta la vita l’aveva corteggiata con ogni suo talento, inclusi una feroce energia e un intelletto indagatore e complesso.Anche se in gioventù aveva cercato di massacrare ogni Vichingo in cui si era imbattuto, con il tempo aveva imparato a riconoscere l’ineluttabilità della permanenza degli Scandinavi in Irlanda e a rendersi conto che dopo duecento anni i coloni vichinghi non potevano semplicemente essere sradicati come un dente dolorante. Una volta accettata questa verità Brian aveva modificato il suo approccio al problema e si era mosso per ottenere l’alleanza dei Norvegesi e dei Danesi in modo da incorporarli completamente nella vita dell’Irlanda.L’ampiezza della sua visione e l’audacia della sua ambizione avevano però sconvolto alcuni e infuriato altri.Progressivamente, Brian aveva avviato negoziati politici con i diversi condottieri tribali che da lungo tempo godevano a muoversi guerra a vicenda e aveva imposto loro la pace con un astuto miscuglio di corruzione e di intimidazione, incoraggiando al tempo stesso alleanze fra Vichinghi e Gael attraverso il commercio, il matrimonio e l’adozione degli orfani. Servendosi dei propri figli aveva inoltre sviluppato una rete di matrimoni dinastici che si estendeva al di là delle coste d’Irlanda per intrecciarsi con le case regnanti straniere, e per ottenere il sostegno della Chiesa per i suoi piani aveva ricostruito chiese e fatto ricchi doni a diversi monasteri. Dimostrando una comprensione senza precedenti della strategia militare… stimolata dall’istruzione ricevuta nelle scuole monastiche, che comprendeva lo studio della carriera di Giulio Cesare e di Carlo Magno… aveva costruito una flotta, addestrato una cavalleria e progettato difese perimetrali per l’isola che servissero da deterrente per qualsiasi altro straniero che si sentisse attratto dalle ricchezze irlandesi.Quelle difese non erano però ancora state attuate all’epoca della sua morte, perché Murrough era stato incaricato di realizzarle… in futuro.L’influenza di Brian Boru aveva permeato ogni aspetto della vita irlandese, perché lui aveva sconvolto le tradizioni, reinterpretato le leggi, riformato la società e rimodellato l’immagine che il suo popolo aveva di se stesso… e così facendo era diventato il Carlo Magno irlandese.I suoi nemici, che erano molti, lo accusavano di essere un opportunista e un usurpatore, ma nel Libro di Armagh lui si era definito Imperatore degli Irlandesi.

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L’Irlanda del 1014 era un sogno che Brian Boru aveva custodito e realizzato, quindi la sua morte era un evento incomprensibile.Soprattutto per suo figlio… per me.

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l capitano della scorta d’onore sollevò lo sguardo sul volto pallido di Donough, sul quale le lentiggini spiccavano ora in maniera allarmante, e si accorse che il giovane stava barcollando sulla

sella.I– Stai bene? – domandò il Dalcassiano.Donough non riuscì a rispondergli e neppure a sentirlo: tutto ciò che udiva era il vento che portava con sé il grido del ban shee, un vento spaventosamente gelido che lo aveva intrappolato all’interno del proprio vortice e al di fuori del quale non c’era altro che un vasto e terribile vuoto. Infine il Dalcassiano venne avanti e afferrò il suo cavallo per la briglia.Grazie a Dio almeno uno di loro è ancora vivo! pensò fra sé.– Vedo che la notizia ti ha sconvolto – affermò intanto, ad alta voce. – Nessuno ti aveva ancora informato?Donough fissò in silenzio un punto al di sopra della sua testa.– Sei appena arrivato dal sud? – tentò ancora il Dalcassiano.– Ci sono degli uomini con te? Vuoi che ti accompagni da loro? Il Principe Murrough può aspettare, perché ha a disposizione tutta l’eternità.Donough infine rispose qualcosa, anche se in seguito non fu in grado di rammentare cosa avesse detto, e il Dalcassiano impartì alcuni ordini ai suoi uomini mentre lui sedeva immobile in sella al suo cavallo, sferzato dal vento gelido. Dopo un po’ si rese conto che lo stavano conducendo da qualche parte e si librò al di sopra del dolore, ascoltando il vento.Qualche tempo dopo si ritrovò di nuovo sul Prato del Mercato, dove qualcuno lo condusse in una tenda, al riparo dal vento… senza però che lui cessasse di sentirne il grido ululante.Nella tenda c’era Cian l’Owenacht, Principe di Desmond, che aveva sposato una figlia di Brian Boru, Sabia, in un’unione incoraggiata da Brian stesso al fine di stabilire un’alleanza fra i Dalcassiani e i loro antichi nemici, la tribù degli Owenacht. Per quanto di mezz’età Cian era ancora avvenente, ma adesso aveva lo stesso aspetto esausto di tutti gli altri nel

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sedere accasciato su uno sgabello da campo di legno. Quando vide arrivare Donough però si alzò in piedi e mise una coppa nelle mani del ragazzo.– Bevi questo, nipote – ingiunse. – Dal tuo aspetto pare che tu ne abbia bisogno.Donough trangugiò la birra danese senza neppure sentirne il sapore, poi si lasciò cadere per terra a gambe incrociate e rimase a fissare con espressione vacua la coppa vuota.Anche Ronan e Fergal si trovavano nella tenda, insieme all’ufficiale dalcassiano che aveva scortato Donough fin lì, e tutti e quattro cominciarono a parlare senza curarsi della presenza del ragazzo, pronunciando di tanto in tanto il suo nome senza però che lui trovasse la forza di volontà necessaria per rispondere.– So che mi sono assunto una notevole responsabilità – stava dicendo il capitano dalcassiano, – ma sono certo che stavo agendo come avrebbe voluto il Principe Murrough. Lo capisci, Principe Donnchad?– Donough – lo corresse Ronan. – Ora vuole essere chiamato Donough.– Eh? Er… certamente, è giusto. Principe… Donough – riprese l’ufficiale, – gli uomini dell’Ard Ri hanno insistito che il suo figlio preferito dovesse essere portato ad Armagh per essere sepolto laggiù insieme a lui, ma quelli di noi che erano stati più vicini al principe sapevano che avrebbe voluto riposare in un posto che fosse soltanto suo e non di suo padre, quindi abbiamo avvolto un altro corpo in uno dei suoi mantelli e ve lo abbiamo cucito dentro con lacci di cuoio, consegnandolo poi agli attendenti dell’Ard Ri per portare invece il vero Murrough con noi e seppellirlo a Kilmainham. Che gli scribi annotino pure che è sepolto ad Armagh, se lo desiderano.Nell’ascoltare le sue parole Donough incurvò le labbra in un accenno di sorriso, pensando che quello era il genere di inganno che Brian Boru avrebbe approvato e applicato, e il Dalcassiano interpretò il suo sorriso come un segno di approvazione.– Allora posso andare? – chiese. – Posso seppellire il mio principe a Kilmainham?Il tono deferente della sua voce sorprese Donough, che annuì in segno di assenso e tornò a sprofondare nel grigio vuoto in cui il dolore era tenuto a bada dal semplice espediente di annullare qualsiasi sensazione. Accanto a lui gli altri intanto ripresero a parlare fra loro, ma ormai non li stava più ascoltando.Dopo un po’ si accorse però che stava tremando, e con la consapevolezza fisica ritrovò anche una certa dose di comprensione di quanto gli accadeva

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intorno.– So che è troppo giovane – stava dicendo Fergal, – ma è tutto ciò che ci rimane e non credo che in questo momento i Dalcassiani sarebbero disposti a prendere ordini da chiunque altro. Dobbiamo porre al comando un figlio di Brian, altrimenti non ci rimane che restarcene qui seduti fino a quando Sitric si sarà ripreso dalla sconfitta e uscirà in forze da Dublino. Se gliene daremo il tempo riuscirà a distruggerci, indeboliti come siamo.– Io ho sposato una figlia dell’Ard Ri – obiettò Cian, con voce gelida. – Gli uomini mi dovrebbero accettare al comando.– Sei un Owenacht, non un Dalcassiano – gli fece notare Fergal, – e non ti seguirebbero mai mentre accetteranno Donough. E poi chi può dirlo… è possibile che il ragazzo dimostri di essere uomo quanto lo era suo padre alla sua età.– Che queste parole possano salire dalla tua bocca all’orecchio di Dio – commentò Ronan.– Avete detto che Sitric è stato sconfitto? – domandò Donough, riscuotendosi con uno sforzo dal suo prolungato silenzio. – Credevo che avesse vinto.– L’Ard Ri aveva disposto il suo schieramento di battaglia in maniera tale che i nemici sono rimasti intrappolati, in qualsiasi direzione andassero – rispose Fergal. – Quando gli stranieri hanno cercato di fuggire sulle navi che li avevano condotti fin qui la marea era ormai cambiata e le navi erano al largo nella baia, fuori della loro portata. Centinaia di Vichinghi sono annegati in mare e noi ne abbiamo uccisi centinaia di altri sulla spiaggia, per non parlare della strage che ha avuto luogo dall’altra parte di Fingal. È possibile che qualcuno di essi abbia trovato rifugio all’interno delle mura di Dublino, ma alla fine della battaglia soltanto una manciata di invasori era ancora in vita. L’Ard Ri ha inflitto ai Vichinghi la peggiore sconfitta che abbiano mai subito – concluse, con voce piena di orgoglio.– Per lui è stata una grande vittoria.– Vittoria? – ripeté Donough, incapace di capire. – Ma lui è morto.– È morto, ma in trionfo. Che altro potrebbe volere un guerriero?Quelle parole rimasero sospese nell’aria, a definire l’estrema impresa realizzata da Brian, e in silenzio tutti i presenti rifletterono su di esse.– Cosa sai di Sitric? – chiese infine Donough. – Hai detto che i condottieri nemici sono stati uccisi.– Non Sitric – replicò Cian, in tono carico di disprezzo. – Lui non è mai uscito dalla città ed è ancora là anche adesso… con tua madre.– E Maelmordha, suo fratello?

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– L’infido Principe del Leinster ha guidato i Vichinghi di Sitric contro Brian Boru ed è stato ucciso in cambio del suo servizio – affermò Fergal, in tono compiaciuto. – Lo so perché sono stato io ad abbatterlo… è morto strillando, da quel verme che era.– E mio padre? – si costrinse a chiedere Donough. – Com’è morto mio padre?– Alla fine della giornata era nella sua tenda intento a pregare, in quanto il Principe Murrough lo aveva dissuaso dal partecipare alla battaglia… non perché fosse troppo vecchio ma perché era troppo prezioso per essere esposto al pericolo. Noi tutti ci siamo sentiti sollevati da quella decisione, credendolo al sicuro, perché se la battaglia si fosse volta a nostro sfavore avremmo avuto più che mai bisogno di lui.«Naturalmente con Brian c’era una guardia del corpo, ma verso la fine del combattimento lui ha allontanato tutti da sé. Poi un Vichingo di nome Brodir, l’ultimo capo superstite del contingente d’invasione che stava fuggendo in mezzo ai boschi per salvarsi la vita, si è imbattuto nella tenda dell’Ard Ri e lo ha attaccato, fracassandogli il cranio con la sua ascia.Donough sussultò e il suo volto si fece pallido come il latte.– Brian aveva però tenuto presso di sé la sua spada – continuò intanto Fergal, – e nel momento stesso in cui è stato ferito ha raggiunto Brodir alla gamba con un colpo possente, degno di un uomo giovane. Brodir è morto dissanguato accanto all’Ard Ri, e noi abbiamo trovato i due corpi tanto vicini che quasi si toccavano.«Il giorno successivo… ieri… alcuni prigionieri che sono stati scortati davanti a noi hanno cercato di sostenere che Brodir fosse sopravvissuto, che gli Irlandesi lo avessero catturato e torturato a morte, ma si tratta soltanto di una menzogna che speravano di diffondere. È risaputo che gli Irlandesi non ricorrono mai alla tortura, che è invece di uso abituale da parte dei Vichinghi. Comunque quelli di noi che hanno visto i due corpi nella tenda di Brian sono stati testimoni della verità.– Mio padre è morto combattendo – mormorò Donough, aggrappandosi a quello che gli sembrava il dato di fatto più importante.– È morto vincendo – sottolineò Fergal.– Fate portare qui il mio cavallo – ordinò Donough, issandosi faticosamente in piedi anche se le ginocchia minacciavano di piegarsi sotto il suo peso. – Devo andare da lui, alla Spada di St. Colmcille.– Per il momento non andrai da nessuna parte – ribatté Ronan, in tono severo, posandogli una grossa mano sul petto e spingendolo di nuovo a sedere.

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– In questo momento c’è bisogno di te qui – spiegò Cian, e Fergal aggiunse: – Tuo padre avrebbe voluto che tu rimanessi qui a prenderti cura al suo posto dei Dalcassiani. Abbiamo bisogno di suo figlio perché riparta da dove lui si è fermato.– Chiamate Flann, oppure Conor.– Sono morti entrambi in battaglia, e se ben ricordi Teigue è stato lasciato a protezione di Kincora. Fra tutti i suoi figli, soltanto tu sei vivo e sei qui.Donough sentì un peso enorme calare su di lui e per reazione sgranò gli occhi, assumendo più che mai l’aspetto di un ragazzo spaventato.– Ma… – tentò di obiettare.– Hai continuato a sostenere di essere pronto a comandare – persistette spietatamente Ronan, – e adesso hai l’occasione di dimostrarlo. Assumi il comando dei Dalcassiani… oppure non sei in grado di farlo? Sei tutto parole e niente azioni?Donough si contorse interiormente, costretto ad affrontare una spiacevole verità riguardo a se stesso in quanto adesso sì stava rendendo conto di aver soltanto giocato a fare il guerriero. Aveva potuto fingere di comandare una piccola compagnia di cavalleria perché gli adulti, Ronan e gli altri veterani che gli erano stati assegnati, erano pronti a impedirgli di mettersi nei guai, formando una rete destinata a sostenerlo mentre metteva alla prova le sue ali implumi.Adesso però tutto era cambiato all’improvviso e gli si stava chiedendo di assumere il comando dei Dalcassiani, l’esercito personale che aveva servito suo padre con estrema devozione e che comprendeva gran parte delle truppe della provincia del Munster: si trattava di una responsabilità enorme, e non c’era nessuno che potesse proteggerlo dalle conseguenze dei suoi errori.Il mantello che aveva infantilmente desiderato gli era scivolato sulle spalle senza preavviso o preparazione, e il solo uomo che avrebbe potuto metterlo in condizione di riceverlo aveva invece addestrato Murrough… con il risultato che ora erano entrambi morti.Non voglio questo! gemette interiormente, assalito di nuovo da un tremito incontrollabile. Fate che non succeda!Ma stava succedendo, e gli altri uomini erano intenti a fissarlo, in attesa che per qualche miracolo lui riuscisse a sostituire Brian Boru.

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l corpo dell’Ard Ri venne adagiato su nove scudi legati gli uni agli altri, com’era necessario per trasportare quello che in vita era stato l’uomo più alto d’Irlanda, poi la processione che lo avrebbe

trasportato al monastero della Spada si mise in cammino accompagnata dal battito solenne del bodhran e dal selvaggio lamento della cornamusa di guerra che intonava un inno funebre che qualcuno definì «La Marcia di Brian Boru», imponendogli un nome che sarebbe perdurato in eterno.

I

Sfidando la penombra di una sera piovosa, gli uomini che scortavano il corpo si munirono di torce in modo da formare intorno ad esso un rettangolo di luce che sfrigolava di continuo al contatto con le gocce gelide. Al centro di quel rettangolo c’era Brian Boru, avvolto in un mantello carminio e nella sua bandiera con lo stemma dei tre leoni, modellati come i leoni celtici stilizzati presenti nel Libro di Kells; i preti avevano insistito per porre fra le sue mani un crocifisso mentre i guerrieri avevano preteso che al suo posto ci fosse una spada, e alla fine si era giunti ad un compromesso ponendo sul corpo entrambi gli oggetti.Adesso Malachi Mor camminava in testa alla processione, mantenendo deliberatamente una certa distanza fra se stesso e il seguito personale di Brian perché poteva avvertire il risentimento dei Dalcassiani che lo induceva di tanto in tanto a guardarsi intorno di soppiatto per accertarsi che i suoi uomini del Meath fossero a portata di voce.La massa della processione era composta da guerrieri, ma fra essi c’erano anche alcuni preti, uomini di Dio che tenevano lo sguardo distolto dall’orrenda guardia d’onore che circondava il cadavere sul suo catafalco e dalla cui presenza i guerrieri di Brian si erano rifiutati di prescindere: secondo una tradizione celtica molto più antica della Cristianità, adesso la testa di ciascuno degli eroi che avevano dato la vita combattendo per Brian era disposta intorno al suo corpo, con gli occhi vitrei che guardavano verso l’esterno, vigili anche nella morte.Conaing, Duvlann, Niall del clan Cuinn, capitano della guardia personale

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del Sommo Re; Mothla di Oriel, Scandal Mac Cathal, Donall, un principe degli Scoti il cui cugino Malcom aveva sposato una delle figlie di Brian; principi del Connacht e del Munster, Fiann Mac Brian, Conor Mac Brian.Il corpo intatto di quello che si credeva essere Murrough Mac Brian veniva invece trasportato separatamente, qualche passo più indietro rispetto a quello dell’Ard Ri, e l’ometto grassoccio che camminava accanto ad esso avrebbe voluto invece essere vicino al feretro di Brian, da cui era però stato allontanato a gomitate dai soldati: adesso Brian, il condottiero caduto in battaglia, apparteneva soltanto a loro e non avevano la pazienza di tollerare la presenza di un semplice storico.Carroll però non ne era offeso, perché era abituato alla mentalità dei guerrieri, e dal suo punto di osservazione in coda alla processione era impegnato a memorizzarne ogni dettaglio per poi trascrivere il tutto con calma, proprio come avrebbe voluto Brian.Laiten, che era stato l’attendente personale di Brian, uscì per un momento dalla fila per dare sollievo alla vescica, e approfittando di quell’opportunità Carroll lo aspettò, affiancandogli quando tornò ad avvicinarsi.– Volevo parlarti – esordì.Laiten era un giovane basso e snello, dai capelli scuri e dal volto sottile che appariva ora invecchiato dal dolore, perché anche se era poco più che un ragazzo negli ultimi giorni aveva visto più morti di quanti la maggior parte degli uomini ne avrebbe mai visti in tutta la vita.– Cosa vuoi da me? – domandò, con voce resa rauca dal pianto.– Fare un po’ di conversazione. Siamo partiti così in ritardo che arriveremo alla Spada soltanto dopo che sarà sceso il buio, e parlare farà apparire più breve il tragitto.Laiten però non si lasciò ingannare, perché sebbene le guance rotonde e gli occhi segnati di Carroll dessero un’impressione di sincera ingenuità tutti sapevano che lo storico era stato il confidente dell’Ard Ri e che aveva imparato da un maestro l’arte di manipolare le persone.– Non ho nulla di cui parlare – dichiarò, secco.– Oh, non è possibile! Sei stato nell’occhio della tempesta e mi potresti dire molte cose di ciò che è successo venerdì, così come sono apparse dal tuo punto di vista… per esempio chi c’era e altri particolari del genere. Non hai idea di quanto mi saresti utile.– Devo supporre che tu voglia scrivere ogni cosa?– Uno dei portatori ha il mio piccolo scrittoio pieghevole, i rotoli di pergamena e l’inchiostro, quindi potrò scrivere stanotte alla Spada se i

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buoni fratelli non saranno troppo avari con le loro candele.– Se ti servirà più luce potrai sempre chiedere una lampada a Malachi – commentò Laiten. – Immagino che adesso farà per noi tutto il possibile.– Malachi non ha fatto molto per noi venerdì, vero? – ribatté Carroll, perdendo la propria espressione cordiale. – Se n’è rimasto in disparte finché non ha avuto la certezza che la battaglia fosse vinta, e soltanto allora è sceso in campo per condividere la nostra gloria.– Non credo che questo sia del tutto giusto.– Stai prendendo le sue parti, Laiten?– Come osi insinuare una cosa del genere? Tutti sanno che ero devoto all’Ard Ri.– Però lo hai lasciato privo di difesa.– In tutta la sua vita l’Ard Ri non è mai stato indifeso, neppure alla fine… e poi è stato lui a mandarci via. Come capitano della sua guardia del corpo Niall ha cercato di discutere con lui, ma nessuno ha mai vinto una discussione con Brian Boru. Lui ha insistito perché partecipassimo alla fase conclusiva del combattimento, dicendo che meritavamo di avere la nostra parte di vittoria… un ordine che è poi costato a Niall la vita, dato che è stato quasi l’ultimo uomo a morire… tranne l’Ard Ri stesso.– Quando esattamente Brian ti ha mandato via, Laiten?– Dopo che gli ho riferito della morte del Principe Murrough.– E non ti sei preoccupato, sapendo che doveva essere in preda alla disperazione per la morte di suo figlio? Come hai potuto lasciarlo solo?– Ti ho già detto che me lo ha ordinato: tu avresti potuto opporre un rifiuto ad un ordine diretto dell’Ard Ri? Io non ho potuto farlo, e poi lui non sembrava in preda alla disperazione ed era invece sorprendentemente calmo, quasi… sereno. – D’un tratto Laiten ridusse la voce ad un sussurro e proseguì: – Ripensandoci, Carroll, credo che sapesse quello che stava per succedergli. Lo sapeva e ne era contento.– Come poteva mai sapere che Brodir si sarebbe imbattuto per caso nella sua tenda e lo avrebbe ucciso?– Era stato avvertito – confessò Laiten, dopo un attimo di esitazione.– Da chi? – incalzò lo storico, smettendo di camminare.I due uomini si fermarono uno di fronte all’altro mentre le ultime file della processione li oltrepassavano a poco a poco, e per quanto fosse riluttante a parlare alla fine Laiten si trovò costretto a farlo dallo sguardo attento e inflessibile dello storico.– La notte prima della battaglia una donna è venuta nella tenda dell’Ard Ri – disse.

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– Che donna? – chiese subito Carroll, inarcando le sopracciglia.– Io non l’ho vista. Ero con Brian nella tenda, impegnato a sistemare i cuscini sull’inginocchiatoio e ad accendere la lampada sul tavolo delle mappe, ma poi lui ha detto che voleva restare solo e così sono andato a prendere posto vicino all’ingresso, come al solito. All’improvviso ho visto l’ombra di una donna passare fra la lampada e la parete della tenda.– Sei certo che fosse una donna?– Conosco le colline e le vallate di una forma femminile! – esclamò Laiten, indignato. – E quella che ho sentito era una voce di donna, per quanto fosse… strana e frusciante come le foglie. Il suo suono era tale da raggelarmi, e anche soltanto ripensarci… no, non voglio parlare di questo.– Devi farlo – insistette con gentilezza Carroll. – Sono certo che Brian vorrebbe che tu mi raccontassi tutto: sai che ci teneva che io registrassi per iscritto ogni cosa. Allora, Laiten, dimmi… sei riuscito a vederla quando se n’è andata?– Questa è stata la cosa più strana. Io non mi sono mai mosso neppure per un momento dal mio posto vicino all’ingresso della tenda, ma quando dopo un po’ sono entrato perché l’Ard Ri mi aveva chiamato… ecco, lui era solo.– Cosa significa… era solo?– Voglio dire che non c’era nessuno con lui, né una donna né altri esseri viventi – dichiarò Laiten, rabbrividendo al ricordo, – e tuttavia io ero rimasto all’esterno per tutto il tempo, e sono pronto a giurare che quella donna non se n’è mai andata.– Hai chiesto di lei a Brian? – volle sapere Carroll, le cui sopracciglia erano adesso tanto inarcate da minacciare di scomparire fra i capelli.– L’ho fatto. Lui ha sorriso e mi ha risposto: “Era il mio angelo custode.” Poi mi ha volto le spalle, Carroll, ed io ho avuto paura d’interrogarlo ancora. Sai cosa pensava delle persone che ficcavano il naso nei suoi affari personali.«Però ti giuro sulla tomba di mia madre che ho sentito quella donna dire all’Ard Ri che l’indomani sarebbe morto dopo la fine della battaglia. Ha affermato che sarebbe stato il prezzo della sua vittoria. Per questo non credo che averlo lasciato solo abbia comportato qualche differenza e sono anzi convinto che lui ci abbia mandati via perché non cercassimo di salvarlo.

La sera appariva molto buia e la pioggerella si era trasformata in uno spietato diluvio sotto il quale i tamburi continuavano a battere, le

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cornamuse a gemere e le torce a sfrigolare.Il corpo giaceva sugli scudi sovrapposti, con le mani congiunte sul crocifisso e sulla spada; intorno ad esso dodici teste guardavano con ferocia verso l’esterno, sfidando chiunque o qualsiasi cosa a tentare d’interferire.

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onough trascorse il resto della Domenica di Pasqua nel campo dalcassiano, mentre gli uomini della sua compagnia si mescolavano ai superstiti dell’esercito di Brian e ascoltavano

nervosamente le descrizioni della battaglia che venivano fomite loro dai compagni: entro pochi giorni storie del genere avrebbero cominciato ad assumere proporzioni mitiche, ma adesso che venivano riferiti da uomini stanchi i cui abiti puzzavano ancora del sangue che avevano versato, gli eventi del Venerdì Santo venivano narrati soltanto con le rozze parole proprie dei guerrieri di fanteria, abbelliti unicamente da qualche imprecazione.

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In un momento imprecisato della notte Donough si addormentò nella tenda di Cian, con la testa appoggiata sul braccio, ma il suo riposo venne disturbato da un vorticare di immagini confuse composte da tutto ciò che aveva visto o immaginato.Nel frattempo gli ufficiali anziani superstiti si accalcarono nella tenda e Donough, che dormiva praticamente ai loro piedi, recepì a livello inconscio la loro presenza, sentendoli parlare e penetrando nelle storie che stavano raccontando fino a trovarsi a procedere a fatica nelle acque insanguinate della diga o ad avanzare a grandi passi sui campi intrisi di sangue, o a ritrovarsi nel Bosco di Tomar dove qualcosa di rosso e appiccicoso colava dai rami degli alberi.Nella sua mente le asce colpirono più e più volte e Donough serrò i pugni nel sonno, gemendo e agitandosi mentre Murrough moriva una seconda volta davanti ai suoi occhi e lui si vedeva nell’atto di raccogliere la sua bandiera e di spiccare la corsa in avanti con grida di vendetta.Su uno sfondo di spade scintillanti Brian Boru venne abbattuto come un grande albero sotto il suo sguardo angosciato, ma quando cercò di muoversi per andare in aiuto di suo padre gli parve di avere i piedi inchiodati al terreno, e nel sonno le lacrime gli scivolarono sotto le palpebre chiuse e lungo le guance.

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– Svegliati, ragazzo. Avanti, svegliati – disse qualcuno, e una mano lo prese per una spalla, scuotendolo.Donough si ritrasse borbottando qualcosa. Gli serviva ancora un momento, un momento solo per lottare contro la paralisi, trovare un’arma e arrivare in tempo al fianco di suo padre…– Avanti, alzati! È l’alba.Donough stava ancora lottando per raggiungere Brian quando i brandelli del sogno si fusero con la realtà e lui si trovò disteso per terra nella tenda di Cian, avvolto in un irsuto mantello che qualcuno gli aveva gettato addosso.– Ronan? – borbottò, cercando di liberarsi della mano che gli scuoteva la spalla. – Vattene, lasciami solo.– Non sono Ronan e non intendo andarmene – lo informò la voce. – Abbiamo bisogno dei tuoi ordini, comandante.Comandante? Ma il comandante era Brian Boru!Di colpo Donough si svegliò del tutto con un violento sussulto, come se fosse stato precipitato giù da una grande altezza, e vide Cian di Desmond chino su di lui.– Ci servono i tuoi ordini – insistette questi, tirando via il mantello che era servito a Donough da coperta.– Ho freddo – si lamentò il giovane.– Non ne ho forse anch’io? È una giornata gelida, come il Lunedì di Pasqua non dovrebbe essere, ma che differenza può fare? Adesso alzati, così ti potrai riscaldare al fuoco che c’è fuori: gli ufficiali si raduneranno presto per ricevere i tuoi ordini.– I miei ordini – ripeté Donough, in tono stordito, pensando che quella doveva essere una continuazione del suo sogno.Poi però venne sospinto fuori della tenda, nel gelo dell’alba che stava tracciando pallide strisce di luce al di sopra del Mare d’Irlanda: per la prima volta da giorni la mattinata si annunciava serena, ma il fumo dei numerosi fuochi da campo gravava nell’aria umida ed era abbastanza denso da costringerlo a tossire.Il mondo che lo circondava era troppo tangibile, quindi quello non poteva essere un sogno.Ci si aspetta che io guidi l’esercito di mio padre! pensò con sgomento, ricordando gli anni dell’infanzia, le spade giocattolo, gli scudi fatti con il fondo di un cesto, i giavellotti che erano il manico rotto di qualche scopa, e se stesso che si pavoneggiava fingendo di essere al comando di un esercito.

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Adesso di colpo la finzione era diventata realtà, e lui non aveva mai avuto tanta paura in tutta la sua vita.Deglutendo a fatica lasciò vagare lo sguardo sul campo e cercò di pensare come Brian Boru, ma il solo pensiero che gli affiorò nella mente fu un vago senso di sgomento di fronte alla quantità di uomini che adesso guardavano a lui per essere guidati.Un esercito, il mio esercito… ma cosa ne posso fare? si chiese, scrutando intorno a sé come se la risposta si potesse trovare alle sue spalle, e verso est scorse la cupa massa delle mura di Dublino che si stagliava sullo sfondo dell’alba. La roccaforte di Sitric. Se fosse ancora vivo, mio padre starebbe progettando un modo per conquistare Dublino, punire Sitric e fare… qualcosa… riguardo a Gormlaith.Al pensiero di sua madre la mente gli si fece confusa in maniera irrimediabile, poi vide un piccolo gruppo di ufficiali… per lo più Dalcassiani a cui era mescolato qualche Owenacht… che si stava dirigendo verso di lui attraverso l’accampamento, e si rese conto che doveva comandarli come avrebbe fatto l’Ard Ri.Donough aveva però un enorme svantaggio, e cioè che mentre Murrough era stato addestrato da Brian nonostante la sua riluttanza ad obbedirgli, il giovane Donough era invece stato tenuto lontano dal padre per la maggior parte del tempo, con il risultato che adesso conosceva Brian più in virtù della sua reputazione che di un’esperienza costruita di persona. Ai suoi occhi lui era un perfetto eroe, impavido e imbattibile, perché gli era stata tenuta nascosta la deliberata costruzione di quell’immagine di se stesso operata da Brian.Non avendo mai avuto accesso all’uomo che si celava dietro di essa, Donough poteva quindi imitare Brian Boru soltanto in maniera superficiale, ma ci provò ugualmente: incerto, distrutto dal dolore, in quel freddo Lunedì di Pasqua ricacciò indietro la paura come meglio poteva e si preparò alla giornata che aveva davanti.– Cian, d’ora in poi la tua tenda diventerà la mia postazione di comando, perché sembra essere la più grande – disse al Principe Owenacht, senza chiedere il permesso perché non aveva mai sentito suo padre chiederlo per fare qualsiasi cosa.Cian si sentì indignato che un semplice ragazzo, non importava di chi fosse figlio, osasse appropriarsi della sua tenda… una tenda owenacht e non dalcassiana… con modi tanto arroganti.Usurpatore! pensò. Ignora il rango e le usanze!Anche Brian Boru era stato definito un usurpatore quando aveva tolto la

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sovranità a Malachi Mor, e adesso suo figlio sembrava incamminarsi lungo la stessa strada.Cian però evitò di esprimere le sue riflessioni e si limitò a reagire con un sorriso un po’ troppo accentuato e a cedere la propria tenda con un inchino cortese, indicando così a Donough… che però non se ne accorse neppure… in che modo si dovessero comportare i principi.Il giovane comandante prese quindi posto davanti alla tenda e gli ufficiali si disposero in semicerchio davanti a lui, uomini stanchi al di là di ogni limite, tutti segnati da lividi e ammaccature, e precocemente invecchiati dalla spossatezza, intenti ad aspettare che un ragazzo impartisse loro degli ordini.Donough si erse il più possibile sulla persona e cercò di rendere profonda la voce, consapevole che essa era cambiata soltanto nel corso di quell’anno e non era ancora affidabile, poi sussurrò sotto voce una sola parola, come se fosse stata una preghiera. Padre.– Finiremo la campagna che l’Ard Ri ha cominciato! – esclamò quindi, rivolto agli ufficiali. – Questo significa catturare Dublino e punire Sitric Barba di Seta per il tradimento con cui ha infranto la tregua stipulata con l’Ard Ri.– Ma non abbiamo ancora finito di seppellire i nostri morti – protestò uno degli ufficiali, – e abbiamo più feriti che uomini validi. Che ne dobbiamo fare di loro?Donough si rese allora conto del proprio errore, perché prendersi prima cura dei morti e dei feriti era sempre stato uno dei principi di base della filosofia militare di suo padre.– Naturalmente ci dovremo innanzitutto occupare di loro – si affrettò a correggersi. – Dopo potremo sfidare Sitric.Gli ufficiali si scambiarono delle occhiate, consapevoli più di lui di quanto fossero logorate le loro truppe: uomini tanto malconci non erano certo in condizione di riprendere presto le armi.Donough avvertì la loro esitazione, e in quel momento gli parve che qualcuno si trovasse dietro di lui e gli stesse gravando addosso: d’istinto si allontanò dalla tenda e questo permise al sole nascente di tingere di un infuocato bagliore ramato i suoi capelli, ponendo al tempo stesso in ombra i suoi lineamenti.– Ci possiamo riuscire! – garantì agli uomini.La sua sagoma dinoccolata di ragazzo era nascosta dagli abiti, che però non potevano celare la sua statura, quasi uguale a quella di Brian Boru, e la sua voce stava suonando profonda quanto quella dell’Ard Ri. Era il

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periodo della Resurrezione, e tutti gli uomini volevano disperatamente credere in un miracolo.Fergal Mac Anluan cominciò a sorridere.– Sì – sussurrò fra sé. – Sì.– Finché si terranno nascosti dietro le mura della loro città i Vichinghi saranno al sicuro – proseguì intanto Donough, – perché noi non abbiamo guerrieri abili a combattere abbastanza numerosi da poter prendere con la forza le porte… ma perché non attirarli allo scoperto? Abbiamo una mandria dei loro buoi, bestie belle, forti e preziose. Io propongo di cominciare a massacrare i buoi uno alla volta sul Prato del Mercato, in piena vista delle mura. Questo dovrebbe indurre gli uomini di Sitric a uscire per cercare di fermarci, permettendoci così di attaccarli.L’astuzia di quello stratagemma suonò familiare quanto la voce profonda che lo stava illustrando, e un paio di capitani lanciarono un grido d’entusiasmo.Mentre le squadre addette alla sepoltura scavavano le fosse per i fanti caduti, altri uomini s’incaricarono di costruire delle slitte per il trasporto dei feriti e per riportare i condottieri morti presso i rispettivi popoli; una volta ultimati questi preparativi, Donough ordinò quindi che ogni uomo capace d’impugnare un’arma si recasse sul Prato del Mercato, e che si cominciasse a macellare i buoi.Mentre gli uomini di Sitric assistevano alla scena dai camminamenti sulla cima della palizzata, Donough diede il segnale e una spada a due mani calò sul collo del primo bue, attraversandolo per metà e facendo crollare l’animale in ginocchio. Allorché il bue si accasciò sul fianco, dai Dalcassiani si levarono grida di sfida all’indirizzo dei Dublinesi asserragliati sulle mura.Gli uomini di Sitric reagirono con una pioggia di lance che però non arrivarono fino ai bersagli e con una salva di imprecazioni, giurando di torturare a morte ogni Dalcassiano e di strappare loro i polmoni, lasciandoli sopra il torso squarciato a formare 1’«aquila insanguinata» dei Vichinghi.– Per farlo dovranno venire fuori – commentò Ronan, sogghignando per l’anticipazione ed estraendo dal fodero la spada corta per provarne il filo sul pollice. Accanto a lui gli altri Dalcassiani si stavano preparando nello stesso modo alla battaglia e stavano scoprendo che la prospettiva dello scontro pareva dissipare il dolore alle giunture e la rigidità dei muscoli.Cian di Desmond era però tutt’altro che soddisfatto.– Quei buoi sono spoglie di guerra – si lamentò. – Dovrebbero essere

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divisi fra noi e non sprecati in questo modo, considerato che i Vichinghi potrebbero non tentare di venire a salvarli.– Verranno – garantì con sicurezza Ronan.Però si sbagliava. Una mente pragmatica all’interno della città ordinò infatti ai guerrieri vichinghi di restare dove si trovavano, al sicuro dietro le mura, con Sitric Barba di Seta. E con Gormlaith.

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uando aveva termine una battaglia, indipendentemente da quale dei contendenti avesse vinto, le donne andavano a frugare sul campo di battaglia alla ricerca di oggetti preziosi, in quanto quella

di privare i guerrieri caduti dei loro monili e delle loro armi prima che gli altri guerrieri potessero provvedere a farlo era una tradizione onorata da tempo… anche se nei recenti pacifici anni del regno di Brian Boru le occasioni di indulgere in quel profittevole passatempo si erano fatte molto rare.

Q

Adesso però Clontarf stava compensando abbondantemente le privazioni del precedente decennio, perché i cadaveri erano sparsi sul terreno per chilometri e le donne stavano sciamando su di essi come api in un alveare; quando Donough ordinò il massacro dei buoi, alcune di esse erano ancora intente a depredare gli ultimi corpi.Da dove si trovava, intento ad aspettare con sempre minore speranza che i Vichinghi uscissero dalla città, il giovane poteva vedere in lontananza quelle donne, che stavano depredando i cadaveri dei Vichinghi o dei seguaci di Maelmordha in quanto ormai i corpi di tutti gli Irlandesi fedeli all’Ard Ri erano stati recuperati, e nell’osservarle le paragonò mentalmente a dei mietitori in un campo, perché si chinavano in rapida successione su un cadavere dopo l’altro, senza sussultare di fronte al sangue perché erano tutte donne di campagna.– La tua è stata una buona idea, ragazzo – commentò d’un tratto la voce di Ronan, accanto a lui, distogliendolo dalle sue fantasticherie. – È un peccato che non abbia funzionato. Adesso cosa farai?– Hai qualche suggerimento?– Io? Direi di no, dal momento che adesso sei tu il comandante – ribatté allegramente Ronan, godendo nel vedere il ragazzo sotto pressione perché riteneva che questo potesse fare di lui un uomo.– Non ho detto che avrei accettato i tuoi suggerimenti, ti ho solo chiesto se ne avevi – precisò Donough, scoccandogli una fredda occhiata intesa a

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ridimensionarlo, in quanto la mancanza di rispetto che Ronan stava dimostrando si sarebbe potuta rivelare disastrosa se si fosse comunicata agli altri guerrieri, rendendo impossibile controllarli.Girando sui tacchi, si allontanò quindi attraverso il Prato del Mercato senza avere in mente una destinazione precisa, anche se badò a camminare con passo determinato come se avesse avuto una meta importante da raggiungere. Per un momento indugiò a osservare il mucchio di carne in via di raffreddamento che poco prima aveva costituito ventotto ottimi buoi, pensando che il piano non aveva funzionato e che adesso non si poteva fare nulla al riguardo, poi si morse un labbro e riprese a camminare sentendo su di sé lo sguardo degli uomini e chiedendosi se stavano cominciando a perdere fiducia in lui.Fergal Mac Anluan, che aveva appena abbattuto l’ultimo bue, venne verso di lui ripulendo al tempo stesso l’arma dal sangue.– Dimmi, Fergal – lo interpellò Donough, – sai quanti degli ufficiali di mio padre siano ancora vivi?– Non a sufficienza – rispose Fergal, dopo aver riflettuto. – Perché?– Stavo pensando di nominare un nuovo comandante in seconda. Ronan è un brav’uomo, ma a volte non credo che… che mi rispetti a sufficienza.– Capisco. Dunque, ci sono parecchi uomini del clan Cuinn che facevano parte della guardia personale di Brian.– Dove sono?– Suppongo che siano andati al nord per scortare il corpo dell’Ard Ri.– E dopo torneranno a Thomond?– Direi di sì, dal momento che le terre del loro clan non sono lontane da Kincora.– Chi altri conosceva il modo di agire di mio padre?– Naturalmente c’è Carroll, lo storico – cominciò ad enumerare Fergal, contando sulle dita. – Da quando avevano riscritto insieme il Libro dei Diritti capitava di rado che Brian andasse da qualche parte senza di lui perché aveva un grande rispetto della sua conoscenza della legge. Direi che se c’è qualcuno che sa in che modo funzionasse la mente di Brian Boru quello è Carroll.– Conosco Carroll. È troppo vecchio e grasso, e poi è uno studioso e non un guerriero. Non mi serve a nulla.– Forse troverai qualcuno quando torneremo a Kincora – suggerì in tono speranzoso Fergal. – Potremmo partire domani all’alba e…– Sarò io a decidere quando partiremo – lo interruppe Donough, con un bagliore negli occhi grigi, – e non sarà prima che abbiamo conquistato

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Dublino.Fergus si sentì deluso perché gli appariva evidente che non sarebbero riusciti a prendere Dublino e che qualsiasi sforzo in quel senso sarebbe stato soltanto uno spreco di tempo e di energie mentre lui voleva tornare a casa perché la battaglia era ormai finita.Accennò ad esprimere il suo punto di vista ma poi si rese conto che Donough non gli stava prestando attenzione e che il suo sguardo era fisso su un punto alle sue spalle, concentrato su qualcuno che si trovava lontano.– Chi è quella donna laggiù, Fergal? – chiese poi.– Dove? – replicò Fergal, girandosi a guardare. – Io non vedo nessuno.– Laggiù, oltre il fosso – indicò Donough, – dove le donne stanno frugando fra i cadaveri. Non vedi quella ragazza snella con la gonna rossa?Fergal si riparò gli occhi con una mano ma poi scosse il capo.– A me sembrano soltanto minuscole figure nere – affermò.– Hai preso da tuo padre, che riusciva sempre a scorgere una donna da attirare nel suo letto…– Non stavo… – cercò di precisare Donough, arrossendo.– Certo che ci stavi pensando, e del resto perché non avresti dovuto? Se la vuoi, va’ a prenderla: adesso sei il comandante e agli occhi delle donne questo è meglio che essere un semplice condottiero perché amano gli uomini che hanno una lunga lancia e una spada robusta – ammiccò Fergal.– Non ho nessuna intenzione di…– Non hai mai posseduto una donna, vero? – continuò Fergal, assumendo ora l’espressione di chi la sa lunga. – Esse ti spaventano? Se avessi avuto una madre come la tua anch’io ne sarei terrorizzato, ma…Fergal s’interruppe, accorgendosi che stava parlando al vento perché Donough si era già allontanato con passo deciso.Mentre camminava il giovane s’immaginò nell’atto di assalire le porte della città e di abbatterle con la pura forza della volontà per poi afferrare Gormlaith per i suoi capelli rossi e trascinarla attraverso le strade mentre lei implorava misericordia, cosa che nessun uomo d’Irlanda le aveva mai sentito fare.Immagini eccitanti ribollirono dentro di lui, riscaldandogli il sangue e impedendogli di badare alla direzione in cui i piedi lo stavano guidando, perché con la mente lui era dentro Dublino… e quando la ragazza dalla gonna rossa gli si parò davanti per poco non le andò a sbattere contro.Fermandosi di colpo per lo stupore, Donough si chiese da dove fosse

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spuntata così all’improvviso, poi si accorse che vista da vicino non era giovane come la facevano sembrare il corpo snello e i movimenti agili, in quanto la pelle era solcata da linee sottili sotto i grandi occhi scuri.Lasciando vagare lo sguardo sul suo corpo Donough notò che per quanto la giornata fosse fredda lei indossava soltanto una semplice camicia di lino sbiancato e una gonna di lana rossa. I suoi piedi finemente arcuati erano nudi, e apparivano bianchi e puliti anche se lei era ferma sul terreno fangoso.Perplesso, Donough la fissò in volto.– Non puoi prendere Dublino – affermò la donna. – Non ci provare.– Tu cosa ne sai?– Più di quanto ne sappia tu.– Vivi nelle vicinanze? Sei una delle donne che ho visto frugare fra i cadaveri?– Non puoi prendere Dublino in questo momento – reiterò la donna. – Riporta i Dalcassiani a Kincora.Poi incontrò e trattenne lo sguardo di lui con il proprio, impedendogli di distoglierlo per quanto si sforzasse di farlo, e al tempo stesso sollevò una mano con le dita protese in un gesto fluente che sembrava un invito a seguirla, in reazione al quale i piedi di Donough parvero muoversi di loro iniziativa.Allarmato, lui cercò di afferrarle il polso, ma la donna schivò il suo braccio e lo oltrepassò di corsa: quando cercò di inseguirla Donough si trovò a guardare direttamente verso il sole fiammeggiante e sbatté furiosamente le palpebre per allontanare una serie di vortici carmini e oro che continuarono a danzargli davanti agli occhi finché non premette le mani contro di essi alla ricerca di un po’ di rinfrescante oscurità.Allorché riaprì gli occhi, la donna era scomparsa.Turbato e pensoso Donough fece allora ritorno al campo, desideroso di discutere con qualcuno di quell’esperienza e tuttavia timoroso di farlo. L’unica cosa di cui era certo era che adesso non avrebbe più tentato di prendere Dublino: sia che si fosse trattato di una visione soprannaturale o di una persona reale, infatti, il presagio era stato troppo concreto per poterlo ignorare.Allorché arrivò alla tenda di comando trovò al suo interno Cian, impegnato a pettinarsi meticolosamente i capelli davanti ad un lucido specchio di metallo.– Lasciami solo, ho bisogno di riflettere – gli ordinò.– Questa è la mia tenda – obiettò Cian, serrando le dita intorno al pettine

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fino a far sbiancare le nocche.– Ora serve a me.– Molto bene – ribatté l’Owenacht, irrigidendosi e fissandolo con occhi gelidi. – Puoi avere tutto quello che vuoi, Dalcassiano… per ora.Poi se ne andò, ancora rigido per l’indignazione, e Donough si rese tardivamente conto dell’errore commesso: era infatti sbagliato provocare l’ostilità di Cian perché Brian Boru aveva lavorato a lungo e faticosamente per trasformare l’antica faida fra Owenacht e Dalcassiani con un rapporto di amicizia.Gli chiederò scusa più tardi, si disse. Ma mio padre gli avrebbe chiesto scusa? Non l’ho mai sentito scusarsi con nessuno, quindi forse dovrei lasciar perdere…Allorché impartì infine il suo ordine, esso venne accolto con un generale impeto di sollievo.– Torniamo a casa – ripeterono gli uomini, gli uni agli altri.– A casa nel Munster.Si misero in cammino a metà della settimana e nell’allontanarsi dalla città furono acutamente consapevoli dei Dublinesi che li osservavano partire, accalcati sulle mura, per cui si costrinsero a camminare con l’orgoglio che si addiceva ad un esercito vittorioso, anche se molti di essi avevano riportato ferite dolorose e dovevano lottare per non zoppicare.Donough si guardò alle spalle una volta soltanto, ma se pure sua madre era fra quanti si trovavano sulle mura lui non riuscì a vederla.L’esercito procedette faticosamente verso sudovest, fermandosi di frequente per far riposare i feriti; lungo la strada s’imbatterono in alcuni mandriani e in qualche contadino, che però si mostrarono indifferenti alla loro presenza. Alcuni avevano sentito parlare della battaglia perché secondo l’usanza la notizia era stata gridata dalla vetta di una collina a quella della successiva, ma la loro vita era legata alla terra e le lotte per la sovranità da parte di principi e di condottieri avevano ben poco peso ai loro occhi.– Dovrò comunque pagare il tributo a chi comanda adesso – confidò a Donough un contadino. – Una pecora su venti andrà a questo o a quel re, e per me sono tutti uguali finché a primavera ho agnelli a sufficienza. Hai detto che abbiamo conseguito una grande vittoria, ma io non ho combattuto perché non avevo motivo per farlo.– È stato anche nel tuo interesse che l’Ard Ri ha combattuto contro Sitric Barba di Seta e gli invasori venuti dal nord.– Ti riferisci ai Vichinghi? Ha combattuto contro i Vichinghi?

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– Sì, e contro alcuni uomini del Leinster che si erano alleati con loro.– Ma i Vichinghi comprano la mia lana e mi pagano bene… perché dovrei volere che qualcuno combatta contro di loro?– Volevano prendere possesso dell’Irlanda – cercò di spiegare Donough.– Sono qui in ogni caso, giusto? Ci sono da anni… e poi come potrebbero prendere l’Irlanda? Non possono certo legarla alle loro lunghe navi e trainarla via, non credi? Non riesco a capire.E il contadino tornò verso la propria casa, riflettendo sulle stranezze dei condottieri.Le donne in cui i Dalcassiani s’imbatterono reagirono però in maniera diversa. Le più giovani si umettarono le labbra, accentuarono l’ancheggiare dei fianchi e sorrisero ai guerrieri, badando di farsi notare quando andavano a portare ai feriti acqua e medicazioni, mentre le più vecchie chiesero con ansia notizie dei loro parenti che potevano essersi trovati a Clontarf e nascondevano poi il volto nelle gonne per piangere i loro morti.Quella notte al campo si parlò a lungo e sboccatamente di donne, e Donough ascoltò quei discorsi con una certa invidia perché Fergal aveva indovinato nell’intuire che lui aveva paura dell’altro sesso. Gormlaith era infatti il suo principale esempio di esponente del sesso femminile: una donna volubile, sensuale, gelosa e manipolatrice, che causava guai per il piacere di farlo e che aveva messo gli uomini di Kincora gli uni contro gli altri finché Brian non si era deciso ad allontanarla.Gormlaith era una tempesta il cui uguale Donough non voleva vedersi scatenare ancora nell’ambito della sua vita, quindi si limitò ad osservare le donne e ad ascoltare gli altri uomini mentre parlavano di loro, e di tanto in tanto si sorprese a ripensare a quella sconosciuta dalla gonna rossa e all’arco dei piedi così accentuato, ma evitò di abbandonarsi a qualche avventura.Per quanto ne avessero ogni opportunità, anche i suoi uomini per lo più fecero lo stesso, perché molti di essi erano feriti in modo troppo grave per essere interessati a qualsiasi donna, mentre quelli illesi si sentivano ancora opprimere dal ricordo di Clontarf e non erano pronti a cedere al piacere.Stanchi e depressi continuarono a marciare attraverso la provincia del Leinster e alla volta del Munster, che conteneva il regno di Thomond, la terra tribale dei Dal Cais.Ad Athy si accamparono accanto al fiume Barrow per riposare e curare i feriti; la sponda era costeggiata da salici che s’incurvavano ad immergere i loro rami nell’acqua, e nello spezzare un ramoscello per sfregarsi i denti

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con esso, Donough si sorprese a ricordare una donna dagli occhi scuri che agitava le dita nell’aria in un gesto invitante…– Abu Gillapatrick!Quell’esclamazione lacerò l’aria, precedendo di un istante una dozzina di guerrieri armati che emersero dai salici lanciando il loro grido di guerra, con la lancia spianata e lo scudo sollevato.Lasciato cadere il ramoscello Donough afferrò la spada, imitato da diversi altri Dalcassiani più o meno svestiti, mentre ai feriti non rimaneva che giacere impotenti a guardare l’evolversi degli eventi.– Non è un attacco – avvertì intanto Ronan, – non con così pochi uomini. Questa è una delegazione, quindi cerca di parlare con loro.Donough annuì e si fece avanti, notando con sollievo che Ronan si era subito posto alle sue spalle.– Siete Dalcassiani? – chiese intanto il primo degli stranieri, in tono ostile.– Sì, e voi chi siete?– Uomini di Ossory.– Ronan, siamo entrati nel regno di Ossory? – chiese Donough da sopra la spalla.– Credo di sì.– Siete penetrati illegalmente nelle nostre terre – annunciò intanto il capo della delegazione.– Non intendevamo farlo – garantì Donough. – Stiamo tornando a casa dopo la battaglia.– Quale battaglia?– Quella contro i Nordici di Dublino. L’Ard Ri ha vinto in nome di tutti noi – ribatté Donough, non riuscendo a trattenersi dall’aggiungere quell’ultimo commento.– Davvero? – ritorse in tono beffardo l’Ossoriano. – Non ricordo di aver chiesto ai Dalcassiani di combattere per me.– Se lui non lo avesse fatto a quest’ora vi sareste trovati assoggettati a Sitric Barba di Seta e costretti a mandare una notevole porzione del vostro grano e del vostro bestiame a Dublino come tributo.– Non io. Io non pagherò mai tributi a nessuno tranne a Mac Gillapatrick, Principe di Ossory. Lui mi ha mandato a dirvi che nessun Dalcassiano è il benvenuto nel suo regno e che si trova a meno di un’ora di marcia alle nostre spalle, intenzionato a impegnare battaglia contro di voi.– Non siamo in condizione di combattere! – protestò Donough. – Non lo vedi? Abbiamo con noi numerosi feriti, e di certo il tuo principe non vorrà attaccare dei feriti che stanno soltanto cercando di tornare a casa.

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– Fra un’ora sarete puniti per la vostra invasione, Dalcassiani – ribatté con freddezza l’Ossoriano, poi agitò un’ultima volta la lancia in un gesto di minaccia e si allontanò con i compagni nella direzione da cui era venuto.– Questo è oltraggioso! – esclamò allora Fergal, sgomento.– Ossory sputa sulle regole che Brian ha stabilito in fatto di guerra.– Brian è morto – gli ricordò in tono secco Cian.– E Mac Gillapatrick lo sa – aggiunse Ronan. – Lui era un vecchio nemico dell’Ard Ri, che in passato gli ha sfregato la faccia nel fango e lo ha costretto a sottomettersi. Non oserebbe mai agire così se pensasse che l’Ard Ri fosse ancora vivo.– Non gli permetterò di farlo! – esclamò Donough, serrando i pugni.– E come pensi di impedirglielo? – domandò Cian.– Ho un piano – mentì Donough.– Sarà meglio che sia più astuto dell’ultimo che hai escogitato. Guarda questi uomini, non possono combattere contro un esercito riposato, e quanto a te chi credi di essere… Cuchulain?Vuoi forse provare ad affrontare Mac Gillapatrick da solo?Cian vuole vedermi umiliato, comprese Donough. Probabilmente tutti quanti vogliono vedere umiliato il figlio di Gormlaith.– Se non vuoi schierarti con me sei libero di andartene con i tuoi uomini, Cian. Tu non sei un Dalcassiano e Mac Gillapatrick non ha motivi di odio nei tuoi confronti.– Non sono mai fuggito davanti ad uno scontro in tutta la mia vita – ritorse Cian a denti stretti, fissandolo con occhi roventi. – Però non devo nessuna fedeltà ad un cucciolo non ancora svezzato che insinua che potrei fare una cosa del genere. La forza dei Dalcassiani è morta con Brian Boru, quindi forse è tempo che Desmond si allei con Ossory.Poi rivolse un segnale ai suoi uomini perché ripiegassero la sua tenda di cuoio e lasciò il campo insieme ai guerrieri della sua tribù.Donough rimase fermo a braccia conserte, osservandoli allontanarsi in silenzio perché sembrava che non ci fosse nulla da dire, poi fu di colpo consapevole di qualcosa di simile ad una presenza… o ancor meno dotata di sostanza di una presenza… che si trovava accanto a lui o addirittura nella sua mente, intenta ad osservare. Una presenza… maschile, forte e sicura…In quel momento un guerriero ferito sdraiato sulla sua slitta sollevò debolmente un braccio verso il cielo, serrando il pugno e gridando con tutte le sue forze:– Abu Dal gCais!

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E Donough sorrise, ricordando l’accenno ironico da parte di Cian al leggendario Cuchulain, poi cominciò a impartire ordini.Gli uomini di Ossory giunsero marciando sotto il sole e intonando canti di battaglia: i Dalcassiani avevano spadroneggiato fin troppo a lungo in Irlanda e sconfiggerli sarebbe servito a dare agli Ossory il titolo di nuovi campioni… almeno per qualche tempo.Alla loro testa cavalcava Mac Gillapatrick, un principe brizzolato avvolto in un manto verde. Ormai la notizia della battaglia di Clontarf era stata gridata per tutta l’Irlanda secondo l’antica tradizione, destando l’interesse della nobiltà se non quella della gente comune, e Mac Gillapatrick aveva gioito della morte del suo antico nemico quando il corpo di Brian Boru era ancora in viaggio alla volta della Spada di St. Colmcille. A mano a mano che si avvicinava poteva quasi avvertire il sangue dalcassiano sulla propria spada, insieme alla certezza che un antico rancore avrebbe trovato soddisfazione. La pace duramente conquistata da Brian Boru era morta a Clontarf e adesso stavano per tornare i bei giorni passati delle battaglie e della gloria, delle lotte fra tribù mediante le quali i condottieri gaelici stabilivano il loro valore.Mac Gillapatrick stava sorridendo quando intravide per la prima volta lo schieramento dalcassiano: essendo in sella al suo cavallo lo avvistò prima di quanto potessero fare i suoi guerrieri appiedati e lo stupore gli fece rilassare la mascella, distorcendo il suo sorriso.Un momento più tardi anche i suoi seguaci videro ciò che si parava loro davanti e si arrestarono per lo stupore.Di fronte a loro c’era una falange di pali tagliati dagli alberi circostanti e conficcati in profondità nel terreno: a ciascuno di quei pali era legato un ferito in modo che potesse rimanere eretto come il morente eroe dell’Ulster Cuchulain, che si era legato ad una pietra per poter affrontare in piedi i suoi nemici.Alcuni di quegli uomini erano in effetti già morti, corpi di nobili che venivano riportati a casa per la sepoltura, ma ogni figura aveva un’arma in mano… anche se in alcuni casi la spada era stata legata alle dita ormai rigide mediante lacci di cuoio.Accanto ai pali erano schierati i Dalcassiani ancora in grado di combattere, rincuorati dal coraggio dimostrato dai loro compagni feriti e pronti dal primo all’ultimo a combattere fino alla morte, come dimostrava l’espressione di quei volti incavati.Lo spaventoso esercito rimase immobile, in attesa dell’attacco ossoriano, ma gli uomini di Mac Gillapatrick rimasero sgomenti di fronte ad esso.

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– Cosa state aspettando? – gridò intanto il principe, che si era ormai ripreso dalla sorpresa. – Là c’è il nostro nemico: attaccatelo!I suoi uomini però non si mossero.In quel momento uno dei Dalcassiani feriti più gravemente si accasciò in avanti sotto i loro occhi, ormai morto, senza però abbandonare la presa sulla spada, e parecchi Ossoriani si tracciarono sul petto il segno della Croce.– Questa è una brutta cosa – commentò nervosamente uno di essi.– Attaccateli! – stridette il Principe di Ossory, fuori di sé per l’ira, mentre un altro Dalcassiano si accasciava fra i legami e moriva.– A cosa ci servirà attaccare dei morti? – obiettò uno dei suoi ufficiali. – In questo non c’è gloria di sorta.– Vuoi disobbedire al mio ordine?L’ufficiale si volse a scrutare in volto i suoi uomini. Nella gerarchia bellica gaelica ogni esercito era composto da bande individuali che giuravano fedeltà ad un condottiero della loro tribù, e se quel condottiero decideva di andarsene i suoi guerrieri lo avrebbero seguito, perché dovevano fedeltà soltanto a lui e non al principe di cui era al servizio.– Non possiamo attaccare degli uomini così disperati e risoluti – osservò un secondo ufficiale, in tono secco. – Ci copriremmo di vergogna.– Ma sono Dalcassiani! Vi ordino di abbatterli dove si trovano!Gli uomini spostarono lo sguardo dal loro principe all’esercito di Donough: erano tutti guerrieri che avevano preso per la prima volta le armi durante il regno di Brian Boru, quando l’affermazione di cui un uomo poteva andare maggiormente orgoglioso era dire «io sono Irlandese», e a quei tempi erano stati essi stessi orgogliosi di pronunciare quelle parole che ora non intendevano rinnegare.Lasciato Mac Gillapatrick a inveire e a infuriare invano, gli uomini gli volsero le spalle e si allontanarono.

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e mura di Dublino non erano sufficienti a contenere la passione di Gormlaith. Finché i resti dell’esercito di Brian Boru si aggiravano ancora nella zona lei non poteva peraltro osare di lasciare la città,

ma più e più volte salì la scala che portava al camminamento in cima alla palizzata e spinse lo guardo oltre il Liffey, in direzione delle nove colline e della pianura di Fingal; l’area in cui la piana di Fingal incontrava il mare era chiamata il Pascolo del Toro perché là il mare muggiva come un toro mentre le sue onde si abbattevano spumeggianti sulle dune di sabbia.

L

Clontarf. Le labbra di Gormlaith modellarono in silenzio quella parola.Nell’arco di una notte la sua leggendaria bellezza si era sbiadita e lo specchio, che appena il giorno prima aveva riflesso l’immagine di una creatura vitale e desiderabile che splendeva ancora del fuoco che aveva catturato in successione tre re, le rivelava ora una donna catapultata all’improvviso nella vecchiaia.Adesso nessun uomo degno di questo nome avrebbe combattuto per i suoi favori, rifletté con amarezza: i signori della guerra del settentrione che erano stati attirati in Irlanda per uccidere Brian Boru e ottenere lei come premio erano tutti morti, ogni nobile condottiero che avesse mai desiderato Gormlaith era morto… tranne Malachi Mor, che però non si sarebbe mai lasciato indurre da nessuna forza terrena o celeste a riprenderla con sé dopo averla avuta in passato.E così Gormlaith si sfogò camminando lungo le mura di Dublino e agitando il pugno verso il cielo.Alla fine però Sitric perse la pazienza nei suoi confronti, anche perché era a sua volta consapevole che sua madre era ormai priva di qualsiasi valore, e mandò un servitore a convocarla nella sua sala, una fumosa camera rivestita in legno che somigliava ad una nave rovesciata e che era l’unica forma d’imbarcazione a cui lui osasse anche soltanto avvicinarsi in quanto con sua estrema irritazione era soggetto ad una forma incontrollabile di mal di mare, una debolezza che cercava in ogni modo di nascondere.

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Mentre aspettava che sua madre venisse a raggiungerlo Sitric valutò la situazione. Aveva ancora il possesso di Dublino, ma soltanto perché i suoi avversari non avevano la forza di reclamare quel premio finale: adesso probabilmente sarebbero tornati a casa per leccarsi le ferite e si sarebbero ripresentati a primavera, perché Brian Boru aveva insegnato agli Irlandesi ad unirsi, e contro quella compattezza lui non aveva nessuna speranza di vittoria.Ora però chi si sarebbe posto alla loro testa?Durante l’attesa che Gormlaith si decidesse ad arrivare… del resto per lei essere in ritardo era un’abitudine… Sitric ebbe la sorpresa di vedersi raggiungere da sua moglie, una delle figlie di Brian Boru.Nel corso della recente battaglia Emer aveva dimostrato con chiarezza a chi andasse la sua fedeltà, applaudendo le forze di suo padre e insultando i guerrieri del nord; la notte di Venerdì Santo si era rifiutata di unirsi al marito nel loro letto matrimoniale e da allora lo aveva sempre evitato. Se adesso era venuta a raggiungerlo era soltanto perché aveva fame e prevedeva che nella sala sarebbe stato servito da mangiare.Al suo ingresso Sitric le rivolse un sorriso affabile, come se fra loro non ci fosse stato il minimo screzio, perché era difficile non sorridere ad Emer, una donna graziosa dal viso dolce e rotondo rischiarato da occhi ben distanziati fra loro. Adesso però ogni dolcezza era scomparsa dal suo volto e i suoi occhi erano del colore dell’inverno.– Emer, moglie! Ho sentito la tua mancanza. Sei stata male?– chiese Sitric, in tono pieno di sollecitudine.– Stavo piangendo mio padre.– Ma certo. Era un uomo coraggioso ed è stato uno shock apprendere della sua morte.– Non ne dubito – ribatté Emer, con una fredda risata, – soprattutto se si considera che hai ammassato diecimila uomini per cercare di ucciderlo.– Stai esagerando. Ne avevamo meno della metà e le forze dell’Ard Ri erano il doppio delle nostre, il che costituisce il solo motivo per cui hanno vinto.– È questa la tua versione dei fatti? Dimentichi che io ero presente e che dalle mura era possibile vedere quanto fossero grandi i due eserciti.– Hai frainteso ciò che hai visto – ribatté Sitric, in tono blando. – Come può una donna intendersi di guerra?– Dimentichi un altro particolare – obiettò lei, serrando le labbra in una linea sottile. – Io sono stata allevata a Kincora e per tutta la vita ho guardato i guerrieri addestrarsi, ho ascoltato i loro discorsi. Probabilmente

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potrei guidare un esercito bene quanto te… anzi meglio, perché non sono una vigliacca.Sitric trasse indietro la mano per picchiarla ma si trattenne con uno sforzo perché non doveva inimicarsi ulteriormente Emer. Infatti aveva nemici in abbondanza e ciò che gli serviva adesso erano degli alleati, che avrebbero scarseggiato dopo la sua recente sconfitta.– Pensi che abbia voluto evitare il combattimento? – ritorse, lottando per costringersi a restare calmo. – Non è così, anzi desideravo combattere, le mie dita erano impazienti di impugnare un’ascia. Però io sono il Re di Dublino ed è mia responsabilità restare nella mia città per occuparmi del mio popolo.– Davvero comodo per te – commentò Emer, osservandosi le unghie per non guardare in volto il marito mentre si domandava come poteva aver acconsentito a sposarlo. Lo aveva fatto soltanto per compiacere suo padre e adesso si chiedeva se le fosse mai piaciuto davvero guardare Sitric, perfino durante 1 primi tempi del loro matrimonio. Lui era un grosso Vichingo biondo con l’orgoglioso profilo di Gormlaith e mani grandi che non esitavano a colpire le donne… mani brutte dalle nocche nodose.Anni di vita al fianco di Sitric avevano avuto l’effetto di ingrandire i suoi difetti agli occhi di Emer e di sminuire le sue virtù, tanto che adesso lei poteva enumerare i primi sulla punta delle dita: lui era brutale, russava, ruttava e mentiva; era meschino e avido e portato agli intrighi, aveva le dita dei piedi storte e cominciava a mostrare una traccia di calvizie sulla sommità del capo.Poi Gormlaith fece la sua apparizione nella sala, distraendo Sitric e relegando Emer al ruolo di mosca sulla parete, perché ogni volta che era presente Gormlaith accentrava su di sé l’attenzione al punto di dare l’impressione di assorbire tutta l’aria della stanza.Quando c’era in giro lei Emer si sentiva invisibile.Gormlaith era alta come suo figlio, forte di ossatura e con uno spirito prorompente, e anche a sessant’anni conservava una schiena eretta ed un portamento orgoglioso; la sua famosa chioma era sempre rossa, sebbene parecchi servitori sostenessero con disprezzo che lei la tingesse, e gli occhi dalle palpebre pesanti erano ancora verdi pur avendo perso l’abbagliante tonalità smeraldina della giovinezza. Nelle loro profondità qualcosa si smosse ora pigramente, come un predatore che nuotasse sotto la superficie dell’acqua.– Come osi convocarmi come se fossi una serva! – esclamò a titolo di saluto, rivolta a Sitric.

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– Non ti ho convocata, ho richiesto il piacere della tua compagnia – ribatté lui, subito sulla difensiva.Gormlaith lo oltrepassò a grandi passi e si lasciò cadere sulla più vicina panca dotata di cuscini… l’unica presente nella sala e che spettava di diritto al re… sedendosi e stendendo le lunghe gambe davanti a sé in un gesto stranamente mascolino.– Sì, nella stessa misura in cui un maiale chiede la compagnia del macellaio – ritorse. – Cosa vuoi, Sitric? Tu vuoi sempre qualcosa.– Perché tutto quello che mi dici deve suonare come una sorta di accusa? – si lamentò lui, dandosi da fare per riempire il corno per bere senza però riuscire a trattenersi dallo scoccarle un’occhiata di nascosto per valutare il suo umore.– Smettila di guardarmi – ingiunse Gormlaith. – Lui mi guardava in quel modo quando pensava che non me ne potessi accorgere.Non ebbe bisogno di precisare a chi si stesse riferendo, perché nel suo vocabolario esisteva soltanto un lui.Sitric si schiarì nervosamente la gola, perché Gormlaith era la sola persona che riuscisse a metterlo in uno stato di goffo imbarazzo.– Madre, ho bisogno di parlarti delle tue… ah… delle tue abitudini.– Abitudini? Io non ho abitudini. Faccio quello che voglio quando mi va di farlo, e mai due volte la stessa cosa.– Mi riferisco al tuo continuo salire sulla palizzata per agitare i pugni verso il cielo. Cominci a mettere a disagio i miei uomini.– Allora si agitano con facilità – commentò Gormlaith, scrollando le spalle, – ma del resto lo sapevamo già. Guarda come sono fuggiti davanti a lui, il giorno del Venerdì Santo.Sitric serrò i denti, consapevole che sua madre lo stava provocando deliberatamente allo scopo di fargli perdere il controllo e deciso questa volta a non lasciarsi manipolare.– Non sono fuggiti davanti a Brian Boru – dichiarò. – I miei uomini hanno combattuto come devono fare dei veri Vichinghi, con coraggio e fino alla morte.– Quei codardi sono fuggiti come lepri – ribadì Gormlaith, con un sorriso sprezzante, poi si girò verso Emer, mostrando per la prima volta di essere consapevole della sua presenza e aggiunse: – Li hai visti anche tu, vero?– Li ho visti, e quando ho commentato che stavano fuggendo tuo figlio mi ha percossa – annuì Emer, avvertendo nonostante tutto un senso di gratitudine nei confronti di Gormlaith per averla inclusa nella conversazione, per aver riconosciuto e avvallato la sua presenza quasi le

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stesse elargendo un dono. Possedendo la capacità di concentrare l’attenzione generale su di sé, a volte Gormlaith allargava la propria sfera fino ad includere gli altri che se ne sentivano invariabilmente lusingati. Anche coloro che più la detestavano non potevano trattenersi dal reagire con gratitudine, perché quello era uno dei suoi talenti che lei sapeva sfruttare bene a proprio vantaggio.Adesso rivolse ad Emer l’occhiata comprensiva propria di una donna maltrattata ad un’altra, creando una sorta di sorellanza alla presenza di quel maschio tirannico e accennando un lento sorriso da cospiratrice prima di tornare a rivolgersi a Sitric.– Hai picchiato tua moglie ma non colpirai me, vero? – gli chiese in tono sommesso e letale, alzandosi dalla panca e avanzando verso di lui con una grazia fluida che smentiva la sua età.Contro ogni sua intenzione, Sitric si ritrasse di fronte a lei e Gormlaith scoppiò in una risata, peraltro priva di divertimento perché nel suo animo non c’era più di che essere contenta. Si sentiva vuota interiormente e sapeva che avrebbe trascorso il resto della sua vita con un vuoto spaventoso nel centro del suo essere.Finché lui non l’aveva ripudiata aveva adorato Brian Boru con tutta la passione della sua natura esuberante, aveva sfoggiato le proprie grazie per eccitare la sua gelosia e aveva presi parte ai giochi politici con un’ambizione pari alla sua. Quando poi lui aveva divorziato si era messa alla ricerca di una spaventosa vendetta… che nel concretizzarsi le aveva però spaccato in due il cuore.Sono un relitto, pensò. Senza di lui, che era l’unico che potesse starmi alla pari, sono sola al mondo.Sono sola.– Colpiscimi – invitò, fissando Sitric con i suoi occhi che spiccavano enormi nelle orbite infossate, pensando che se lui l’avesse picchiata forse sarebbe tornata a provare qualcosa.Sitric però scosse il capo e indietreggiò di un altro passo.– Vigliacco – sibilò allora Gormlaith, accantonando con una scrollata di spalle lui e tutto il suo mondo e voltandosi per lasciare la sala.– Aspetta! – esclamò Sitric.– Per quale motivo? – domandò lei, da sopra la spalla. – Esiste la remota possibilità che tu dica qualcosa che valga la pena di sentire?– Ho bisogno del tuo consiglio – ammise il Re di Dublino.Gormlaith attese dove si trovava, con la schiena rigida in modo eloquente.– Tu comprendi meglio di tutti la politica applicata dai sommi re –

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continuò Sitric. – Sei stata sposata a due di essi e conosci ogni possibile pretendente, quindi dimmi con chi dovrò vedermela adesso.– Perché dovrei farlo? – ritorse Gormlaith, girandosi parzialmente verso di lui.– Madre! – esclamò Sitric, e nel sentire la nota supplichevole che gli si era insinuata nella voce comprese di aver commesso un errore, perché adesso lei si sarebbe mostrata ancor più sprezzante.Invece Gormlaith si limitò a sbadigliare.– D’accordo, del resto non ho di meglio da fare. Quei tuoi miserabili servitori si decideranno prima o poi a portarci da mangiare? – chiese quindi, mentre tornava verso la panca con aria profondamente annoiata e si rimetteva a sedere. – Diamo un’occhiata alla situazione, Sitric. Dunque, Malachi Mor è il pretendente più ovvio perché è già stato Ard Ri. Ricorda che prima dell’ascesa dei Dalcassiani il Sommo Re è sempre stato un membro degli Ui Neill del settentrione o del meridione.«Poi però lui ha distrutto la tradizione dell’alternarsi della sovranità… una tradizione che Malachi potrebbe tentare di ristabilire, adesso che lui non c’è più.– Brian Boru ha posto fine a quell’alternarsi della sovranità non soltanto per poter diventare Ard Ri ma anche per creare una sua dinastia, con dei figli che gli succedessero – sottolineò Sitric. – Naturalmente i suoi desideri adesso non hanno più importanza.– Ne sei così sicuro? – domandò in tono sommesso Gormlaith. – Rammenta che uno dei suoi figli è il mio Donnchad.– Quel ragazzo? Non ha la stoffa per diventare un Sommo Re.– Chi sei tu per giudicarlo? – sibilò Gormlaith.– Anch’io sono tuo figlio – le ricordò lui.– Tu sei un perdente nato – ritorse Gormlaith. – Avevi alleati sufficienti a conquistare il mondo e tuttavia non sei riuscito a sconfiggere lui. Pensare che ti ho generato! Però mi piacerebbe essere orgogliosa almeno di uno dei miei figli… quindi forse aiuterò Donnchad a succedere a suo padre come Ard Ri, in modo che possa punirti come meriti.– Non lo faresti davvero – mormorò Sitric, sconcertato.– Lo pensi proprio? – ritorse lei, con uno scintillio nello sguardo, mentre quel qualcosa che si era annidato nelle profondità dei suoi occhi cominciava ad affiorare nel fiutare una facile preda.

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l ritorno dell’esercito a Kincora avrebbe dovuto essere una marcia trionfale, ma una costante malinconia accompagnò gli uomini lungo tutta la strada. I cavalieri procedevano per lo più

stancamente al passo, spingendo gli animali al trotto soltanto quando era necessario risalire una collina, mentre i fanti che trascinavano le slitte con i feriti procedevano senza un ordine particolare, dimentichi della disciplina che Brian Boru aveva imposto loro.

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– Abbiamo vinto, ma a che pro? – borbottò un uomo dalla mascella pronunciata e dalla tunica lacera. – L’Ard Ri è morto, quel dannato Sitric occupa ancora Dublino e gli invasori sono tornati da dove erano venuti, il che significa che potrebbero arrivare di nuovo la prossima primavera o quella successiva.– Lo fanno sempre – commentò un altro, la cui ascia infilata nella cintura era ancora sporca di sangue e cominciava ad arrugginire.– Finché avremo bestiame grasso, oro giallo e belle donne qualche straniero cercherà di saccheggiarci – intervenne un terzo. – Puoi esserne certo come delle pulci che ci sono nel tuo letto.– Non permetterò a nessuno di saccheggiarci – avrebbe voluto ribattere Donough. – Difenderò l’Irlanda come ha fatto mio padre.Ma rimase in silenzio per il timore che gli altri ridessero di lui.Beltaine… maggio, secondo il calendario cristiano… avviluppava la terra circostante dell’aroma fragrante dei fiori di biancospino in boccio, e dopo la primavera fredda e umida adesso il sole splendeva quasi ogni giorno come per farsi perdonare delle sue precedenti assenze, seccando il fango e rendendo la marcia più facile.Però i Dalcassiani continuavano ad essere tormentati dal ricordo di Clontarf.Quando si avvicinarono allo Shannon, tuttavia, Donough sentì il morale che gli si risollevava e si eresse maggiormente sulla sella, protendendo il collo come se avesse potuto vedere Kincora attraverso i folti boschi ad est

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del fiume. Nella sua mente Kincora rappresentava prestigio e sicurezza in un mondo in cui entrambi erano difficili da conseguire, e lui adorava quella vasta fortezza nella stessa misura in cui l’aveva amata suo padre, con un enorme orgoglio per ogni pietra e ogni asse di legno.Al tempo stesso, però, era sgradevolmente consapevole del fatto che Brian aveva lasciato a Teigue il controllo della fortezza: se lui aveva a propria disposizione l’esercito del Munster o almeno la sua parte più consistente, costituita dai Dalcassiani, d’altro canto Teigue aveva nelle mani la fortezza reale.L’esercito era ancora lontano quando alcuni esploratori lo videro avvicinarsi e si precipitarono a Kincora per fare il loro rapporto a Teigue.Lo trovarono nella grande sala che coronava una collina a sud della diga per le anguille eretta sullo Shannon che dava a Kincora il suo nome… Ceann Coradh, Testa della Diga. L’immensa sala rettangolare serviva ad un duplice scopo in quanto Brian Boru l’aveva usata come camera delle udienze oltre che come sala dei banchetti, intimidendo di proposito i visitatori con un’ostentata esibizione di coppe d’oro e di boccali adorni di gemme disposti su ogni tavolo della stanza.Gli appartamenti privati dell’Ard Ri erano di pietra, ma la grande sala era fatta di cannicciate e di travi pannellate con fragranti assi di cedro e il tetto di tegole di legno era sorretto da pilastri ricavati da tronchi d’albero ridotti tutti alle stesse dimensioni e decorati poi con rame e argento. Arazzi di lana dai colori vivaci pendevano da aste di bronzo e servivano a deviare le correnti d’aria, e la sala sfoggiava addirittura due focolari di pietra, ciascuno posto ad un terzo della lunghezza dell’ambiente rispetto al centro. Il tutto era illuminato da una quantità incredibile di candele di cera d’api.Il seggio intagliato dell’Ard Ri si trovava su una piattaforma sopraelevata posta a destra rispetto all’ingresso, ma in assenza del padre Teigue non aveva osato occupare il seggio reale pur consumando i propri pasti nella sala perché gli piaceva vedere i servi andare e venire dai due corridoi gemelli che comunicavano con le cucine, progettati da Brian Boru in modo che un gruppo di servitori ne usasse uno per servire il cibo e un altro gruppo utilizzasse l’altro per portare via i piatti vuoti senza che gli uni s’intralciassero con gli altri.Teigue si stava leccando dalle dita il grasso del montone arrosto che aveva mangiato quando gli esploratori furono condotti alla sua presenza perché latori di un messaggio che non poteva aspettare.– I Dalcassiani sono a pochi chilometri dallo Shannon – riferirono, con il

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respiro affannoso.– Chi li guida?– Il figlio più giovane dell’Ard Ri.Teigue smise bruscamente di leccarsi le dita e le pulì su uno dei tovaglioli di lino che costituivano uno dei lussi di Kincora. Alto e snello, aveva gli stessi colori della madre, con i capelli castano scuro e gli occhi di una morbida tonalità azzurra, ombreggiati da folte ciglia.– Non puoi voler dire che Donough è al comando dell’esercito, vero? – chiese, come se non fosse certo di aver sentito bene.– A quanto pare è così. Cavalca in testa alle truppe e la bandiera del clan Dal Cais viene tenuta vicino al suo cavallo.Teigue si girò immediatamente verso il servitore più vicino.– Corri a cercare Mac Liag, se si trova qui a Kincora, e digli che ho bisogno urgente di lui – ordinò.Il servo si allontanò di corsa e tornò di lì a poco seguito dall’ansimante e sbuffante Mac Liag: l’uomo che per tanti anni era stato il capo poeta della corte di Brian Boru aveva ormai passato l’età in cui gli era possibile correre, ma stava camminando più in fretta che poteva.– Non hai ragione di sottoporre a tanta fatica un vecchio, Teigue – si lamentò, al suo ingresso nella sala. – Sai che non sto bene. Ero in procinto di ritirarmi nella mia casa per riposare un poco e lavorare ancora al lamento per…– Ti ho mandato a chiamare perché ho bisogno di una risposta onesta – lo interruppe Teigue, sapendo che se non fosse stato bloccato Mac Liag avrebbe continuato a parlare a tempo indefinito. – Mi serve la verità e so che posso sentirla da te.Il poeta sorrise: cantore di lodi altrui per professione, era sensibile all’adulazione quanto i nobili di cui era al servizio.– I poeti non badano sempre ai fatti veri e propri, ma sono scrupolosi nel rispettare la verità – replicò.– Allora dimmi in tutta sincerità… tu hai osservato il mio fratellastro Donough per tutta la sua vita: sai se è contaminato dal sangue di sua madre?– Perché mi chiedi di lui? – obiettò Mac Liag, perplesso. – La sua importanza non potrebbe essere minore di quanto non sia…– Invece la sua importanza è estremamente rilevante – lo contraddisse Teigue. – Secondo le notizie che abbiamo ricevuto Murrough, Flann e Conor sono morti, il che significa che fra tutti i figli che mio padre ha avuto da madri di sangue nobile restiamo in vita soltanto Donough ed io.

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Mentre Teigue parlava dei principi morti gli occhi di Mac Liag si velarono di lacrime e la bocca gli si contrasse come se delle elegie funebri stessero già prendendo forma sulla sua lingua.– Dal momento che siamo sopravvissuti soltanto noi – proseguì brutalmente Teigue, prima che il poeta potesse lanciarsi in una declamazione, – chi di noi due è per carattere e indole più adatto a succedere a nostro padre?– Non ti posso proprio rispondere – replicò Mac Liag, mostrandosi sgomento. – Ti conosco bene e conosco Donough da quando è nato, e voi siete molto diversi uno dall’altro. E poi, in tutta franchezza, non ho mai immaginato che uno di voi potesse portare il manto di Brian.– Non l’ho mai immaginato neppure io, Mac Liag, però adesso i titoli di nostro padre sono vacanti e Donough sta riportando a casa i Dalcassiani. Capisci cosa sto dicendo? Il figlio di Gormlaith è alla testa dell’esercito personale di Brian Boru.«Di conseguenza ciò che ho bisogno di sapere da te è questo: in Donough c’è abbastanza di sua madre da poterlo rendere pericoloso?– Onestamente non lo so – rispose il poeta.

– Alcuni anni fa – ricordò Fergal Mac Anluan, mentre Donough e i suoi guerrieri si avvicinavano alla riva orientale dello Shannon, – Brian ha fatto costruire da queste parti una grossa cantina per riporvi le trecento botti di vino d’importazione che i Vichinghi di Limerick gli pagavano ogni anno come tributo.Donough era troppo giovane per poter rammentare la costruzione della cantina in questione, ma parecchi fra gli ufficiali sorrisero al ricordo.– Si trova in quest’area – confermò poi uno di essi. – Lui l’aveva nascosta su questo lato del fiume in modo che i guerrieri di guarnigione a Kincora avessero minori probabilità di saccheggiarla, però adesso possiamo anche cercarla e servirci del suo contenuto. È il minimo che ci meritiamo, dopo quello che abbiamo passato.Senza neppure guardare verso Donough per chiedergli il permesso una ventina di uomini si lanciarono nel sottobosco, alla ricerca del sentiero che doveva condurre alla cantina.– Fermi! – gridò loro dietro Donough. – Adesso non abbiamo tempo per queste cose.– E perché no? – fu pronto a sfidarlo Ronan. – Che altro abbiamo da fare?– Dovete seguire me – ritorse Donough, facendo appello a tutta l’autorità di cui era capace, consapevole che la vera sfida alla sua posizione di

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comandante non era giunta durante il confronto con gli Ossoriani ma si stava presentando adesso che la tentazione di darsi al bere stava facendo presa sui soldati stanchi. Anche a lui sarebbe piaciuto trovare la cantina, e gli pareva che sarebbe riuscito a svuotare una intera botte di vino da solo, senza bisogno di aiuto.– Continua senza di noi – suggerì però Ronan, in tono condiscendente. Troppo vino rosso fa male ai ragazzi.Alcuni degli uomini ridacchiarono.Adesso, ingiunse una voce nella mente di Donough. Adesso o mai più.Lui rimase stupito nel sentire quelle parole scandite in un tono calmo e profondo che non era riconoscibile come il suo, ma al tempo stesso si trovò ad estrarre la spada in un movimento fluido e rapido per poi girarsi sul cavallo e protendersi a premere la punta della lama contro la gola di Ronan.– Andiamo a Kincora – ripeté. – Il vino può aspettare.Per un lungo momento nessuno si mosse: adesso i guerrieri di fanteria avevano lo sguardo concentrato su Donough, mentre quelli di cavalleria stavano fissando Ronan. Per qualche istante l’equilibrio della situazione si spostò ora a favore dell’uno ora dell’altro, un’oscillazione che i guerrieri videro con chiarezza negli occhi dei due contendenti, poi Ronan si trasse indietro in maniera infinitesimale.– Proseguiamo verso Kincora, comandante – disse con voce risonante.Donough abbassò la spada ma rimase in silenzio, impassibile in volto, pur essendo stupefatto e non poco sollevato che Ronan avesse ceduto. Dopo tutto forse non sarebbe stato costretto a nominare un nuovo comandante in seconda.

Si addentrarono nell’acqua bassa, guadando il fiume nel punto in cui per secoli migliaia di capi di bestiame lo avevano oltrepassato per essere pagati come riluttante tributo dagli uomini del Leinster al Re del Munster. Il luogo in cui Brian era nato, un forte circolare del settimo secolo che adesso era stato assimilato dai bastioni settentrionali di Kincora, era stato conosciuto come Beal Boru… il Forte del Tributo del Bestiame… e quei pagamenti forzati erano da lungo tempo una causa di aspri attriti fra Leinster e Munster.Nel contemplare le palizzate di legno e gli innumerevoli edifici che componevano la vasta massa di Kincora, adagiata sulla riva occidentale dello Shannon, Fergal Mac Anluan si chiese se il tributo del bestiame sarebbe stato pagato anche quest’anno, ora che Maelmordha del Leinster e

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Brian del Munster erano morti entrambi.Oltrepassato il fiume un suono di voci che sembravano appartenere a degli angeli giunse fino a loro, chiaramente udibile al di sopra del ruggito delle cascate che si trovavano al di là del guado, segno che i monaci del vicino monastero di Kill Dalua stavano cantando il Pater e l’Alleluia.Donough fu il primo a far risalire al cavallo la riva del fiume, senza neppure aspettare di essere preceduto dall’uomo che portava lo stendardo dalcassiano, cosa richiesta invece dalle convenzioni.Con un ampio sorriso sul volto stanco, si avviò quindi verso casa.

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rent’anni prima mio padre aveva impiegato per la costruzione della sua roccaforte i più abili artigiani del Munster. Le massicce porte di quercia erano decorate da intagli raffiguranti le teste dei

santi, mescolate a figure zoomorfiche che risalivano ad un’era più pagana, i cardini di ferro che le reggevano erano di lavorazione elaborata e perfino la testa del più piccolo chiodo recava qualche incisione. I pali e le assi del soffitto erano anch’essi intagliati e decorati con rame e argento, le pareti di cannicciate e legno erano rivestite di uno strato di calce dal candore abbagliante, la pietra usata per la costruzione delle camere private e della cappella era costituita da blocchi che collimavano con precisione tale da impedire il passaggio fra essi della lama di un coltello.

T

La mente inquieta di Brian Boru aveva progettato numerose innovazioni che aumentassero la magnificenza di Kincora: unica fra tutte le fortezze irlandesi essa era pervasa di luce e ogni camera aveva piccole finestre inserite appena sotto il tetto, in modo da permettere l’accesso ad ogni raggio di sole o di luna.Il defunto Ard Ri aveva a buon diritto definito Kincora il suo palazzo, una testimonianza della capacità artistica irlandese che sapeva creare gioielli d’incomparabile bellezza e vangeli miniati che non avevano pari in tutta la cristianità. Al confronto, la vichinga Dublino appariva rozza in modo offensivo.Al mio ingresso nella roccaforte avvertii di nuovo un senso di familiarità privo di tempo: era come se avessi conosciuto da sempre quel posto, come se fossi stato parte delle speranze, dei sogni e degli eventi che si sviluppavano fra le sue pareti. Molto tempo prima della mia nascita un elemento essenziale del mio essere era già esistito a Kincora, e con la nascita io avevo soltanto cominciato a prendere parte attiva ad una vita che in precedenza avevo solamente osservato dall’ombra.

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alla torre di guardia posta sopra le porte una sentinella rivolse dei segnali a chi si trovava all’interno delle mura, comunicando le dimensioni del contingente che si stava avvicinando. Kincora era

abituata ad accogliere eserciti e in passato era capitato che vi si acquartierassero fino a tremila guerrieri, o che trecento imbarcazioni gettassero l’ancora sulle rive dello Shannon.

D

Quando le porte si aprirono scricchiolando il figlio più giovane di Brian le oltrepassò senza guardare né a destra né a sinistra, come riteneva dovesse fare un eroe vincitore, e all’interno trovò Teigue ad attenderlo.Consapevole di essere sporco a causa del viaggio, Donough si pentì di non essersi concesso il tempo di lavarsi nel fiume non appena posò lo sguardo sul fratello: il volto di Teigue era addirittura splendente di pulizia e ogni articolo di vestiario che lui aveva indosso era lindo e fresco, compreso il regale mantello azzurro foderato in seta e bordato di pelo di martora.Teigue accolse con calore gli eroi di ritorno da Clontarf, riservando a Donough un saluto che esprimeva tutta la cordialità di un fratello amorevole, poi insistette perché si rimandasse ogni altra cosa fino a quando quegli uomini stanchi non avessero avuto la possibilità di lavarsi e di rinfrescarsi.– Dopo ci incontreremo nella grande sala e ci racconterai ogni cosa – disse a Donough. – Devo pensare che ti insedierai di nuovo nelle tue solite camere? – aggiunse quindi, in tono del tutto innocente.Le camere di Gormlaith.– Quelle stanze contengono ricordi spiacevoli – obiettò Donough, dopo un momento di esitazione.– Ma certo – convenne Teigue, esitando a sua volta. – Potremo trovarti altrove una sistemazione migliore. Per ora puoi usare la mia camera: c’è già il fuoco nel braciere e ti manderò dei servi con un po’ d’acqua calda e un cambio di vestiario.– Qualcosa di simile a ciò che tu hai indosso?

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Teigue abbassò lo sguardo sulla propria persona e contrasse le labbra come per reprimere un sorriso, – Ammetto che non mi vesto sempre in maniera tanto sfarzosa – confessò.– È quel che mi pareva di ricordare.– Mia moglie ha scelto questi abiti per me – aggiunse Teigue, e Donough si trattenne dal ribattere.Poco dopo venne introdotto nella camera privata di Teigue, una stanza circolare dal pavimento coperto da uno strato di canne fresche e arredata in modo tale da rendere evidente la presenza di un tocco femminile.Era passato molto tempo dall’ultima volta che Donough aveva visto tanto lusso. Gormlaith si era sempre circondata di oggetti costosi, ma il suo gusto era stato sempre eccessivo e lei aveva insistito per tinte così accese da risultare vistose, non accontentandosi inoltre mai di un solo oggetto di qualsiasi tipo se poteva averne tre o quattro.Nella camera di Teigue era invece visibile il gusto più sottile di sua moglie Maeve, rivelato da una teca dorata per libri che spiccava in isolato splendore su un tavolinetto, mentre su un altro erano disposti gli oggetti da toeletta di Maeve, realizzati in una lega di rame e decorati con motivi di uccelli realizzati su uno sfondo di smalto rosso che li trasformava in piccole opere d’arte.Molti cuscini erano ammucchiati su un materasso rivestito di lino e ripieno di piume d’oca e di erbe profumate, ma Donough lanciò appena un’occhiata in quella direzione e subito distolse lo sguardo, sentendosi come un bambino che si fosse introdotto nel mondo rarefatto degli adulti e aspettandosi quasi di sentire Gormlaith urlargli di andare via.Poi un’anziana serva gli portò una brocca di rame piena d’acqua calda e una bacinella; con pazienza, tenendo lo sguardo fisso nel vuoto, la donna attese che Donough avesse finito di lavarsi e portò via la bacinella con l’acqua sporca nel momento in cui un’altra serva entrava nella stanza con le braccia piene di articoli di vestiario.Consapevole dello sfarzo volutamente ostentato da Teigue, il giovane scelse una tunica di fine lino bianco dalle maniche pieghettate e tagliate a campana, fermandola in vita con una cintura in modo che gli arrivasse appena sopra le ginocchia e mettesse in evidenza le sue gambe muscolose, poi si gettò sulle spalle un mantello ricamato in verde ed oro su cui appuntò una spilla a cinque anelli in cui era incastonata dell’ambra. Poiché era un principe e si trovava nel proprio palazzo rifiutò di circolare scalzo e scelse invece un paio di scarpe di cuoio decorate con un motivo in argento filigranato.

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Quando ebbe finito di vestirsi, prese quindi uno specchio che si trovava in mezzo all’assortimento di oggetti femminili disposti sul tavolino e vide riflesso in esso un volto che appariva più maturo di quanto lo ricordasse a causa dell’affiorare dei primi segni dell’esperienza; con sua gioia si accorse al tempo stesso che stavano cominciando a crescergli i baffi e che le guance avevano bisogno del rasoio, ma aveva appena iniziato a cercarne uno in giro quando sentì una donna schiarirsi la voce alle sue spalle: girandosi di scatto, si trovò davanti la moglie di Teigue.Maeve, che era di pochi anni più vecchia di Donough, era una donna dal volto gentile incorniciato da capelli biondi raccolti in riccioli e trecce, ed era vestita per l’occasione con un lungo abito di lino a cui era sovrapposta una sopragonna azzurra; le unghie erano tinte di rosso con il ruam, ma il colore acceso delle labbra era del tutto naturale, e nel fissarle Donough si sorprese a pensare a dei frutti maturi.Da quando si era sposato, Teigue aveva fatto di rado ritorno a Kincora perché possedeva un suo forte al di là del Crag Liath, in un’ampia valle cinta dalle montagne, e nelle sue visite non aveva mai portato con sé Maeve, per cui questa era la prima volta che Donough aveva occasione di vederla.Anche per Maeve quella era la prima volta in cui incontrava Donough, e non avendolo conosciuto da bambino ciò che vide davanti a sé fu un uomo.– Donnchad? – esordì con un sorriso. – Oppure devo chiamarti Donough? Mi pare di ricordare di aver sentito mio marito accennare al fatto che hai cambiato il tuo nome.– Infatti ora mi chiamo Donough – replicò lui, sorridendo a sua volta. – Come hai fatto a riconoscermi?– A causa della tua somiglianza con l’Ard Ri.Da quel momento, Maeve si conquistò la devozione di Donough.Mentre lo accompagnava nella grande sala, lei ascoltò con lusinghiera attenzione tutto ciò che Donough aveva da dire, e al tempo stesso non poté fare a meno di notare il modo in cui lui si protese ad accarezzare con apprezzamento gli intagli che decoravano un pilastro portante o si soffermò ad ammirare la forma elaborata di un sostegno per torce in ferro battuto.– Casa – mormorò Donough, accorgendosi che lei lo stava osservando.E Maeve comprese, perché amava con altrettanta intensità la sua casa nella valle al di là delle colline.Al loro arrivo trovarono la sala piena di gente e sorvegliata lungo tutto il

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suo perimetro dai membri della compagnia scelta di guerrieri che Brian Boru aveva lasciato a guardia di Kincora, e che adesso erano dislocati lungo le pareti con la lancia in mano.Teigue si fece incontro al fratello con un ampio sorriso, che però si dissolse di fronte alle prime parole di Donough.– Mio padre non ha mai permesso che si portassero armi nella sala dei banchetti – osservò questi.– A volte lo ha fatto – ribatté Teigue, – ma probabilmente sei troppo giovane per poterlo ricordare.Quel riferimento alla sua età ebbe l’effetto di irritare Donough perché era esattamente il genere di commento che sua madre avrebbe usato per metterlo in soggezione, e lo indusse a supporre che quelle parole fossero state deliberate e che l’abbigliamento regale di Teigue fosse stato scelto di proposito per intimidirlo.– Perché tutte queste persone si trovano qui? – chiese, indurendosi in volto.– Di certo conosci molti dei presenti – replicò Teigue. – Ecco laggiù Cathal Mac Maine, Abate di Kill Dalua fin dalla morte di tuo zio Marcan. Accanto a lui c’è Eamonn, condottiero del clan Cuinn, e più oltre c’è tuo cugino Fergal. Poi ci sono Enda, il mio intendente, e Conor, un nobile di Corcomrua, e…Donough rivolse a ciascuno degli interpellati un cenno di saluto, ma al tempo stesso il suo sguardo continuò a tornare a posarsi su un gruppetto di individui che si tenevano in disparte e che spiccavano fra gli altri a causa del mantello triangolare carico di ricami e della tunica lunga fino alle caviglie e priva di cintura.– Chi sono quegli uomini laggiù, Teigue? – domandò.– Giudici brehon – rispose Teigue, mentre per la prima volta nella sua voce entrava una sfumatura di cautela.– Perché ci sono tanti giudici? Non ricordo che mio padre ne avesse più di un paio, qui a Kincora.– Infatti si tratta del numero abituale – convenne Teigue, – ma in queste circostanze abbiamo bisogno del consiglio di ogni possibile esperto della legge.– Quali circostanze?– Mi riferisco al fatto che sia nostro padre che Murrough, il successore da lui prescelto, sono morti contemporaneamente – replicò Teigue, fissando il fratello con sconcerto. – I Dalcassiani hanno perso il loro condottiero e i brehon dovranno ora sovrintendere all’elezione del suo successore.

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Entrambi i fratelli erano però consapevoli che in questo caso la posizione di condottiero del clan era la meno importante fra quelle rimaste vacanti, in quanto Thomond, pur essendo la terra tribale dei Dal Cais, era soltanto una delle molte terre tribali che versavano i loro tributi alla più grande provincia del Munster… e Brian Boru aveva detenuto anche il titolo di Re del Munster, in quanto questo era stato il primo grande passo da lui compiuto per poi diventare il Sommo Re degli Irlandesi.L’Ard Ri.Nei giorni seguiti al momento in cui aveva avuto notizia degli eventi di Clontarf, Teigue aveva avuto il tempo di accettare la necessità di succedere a suo padre come condottiero dei Dal Cais, e aveva perfino ammesso con se stesso di poter reclamare anche la corona del Munster… ma non aveva proferito nessun accenno alla posizione di Sommo Re perché fondamentalmente era per indole un uomo semplice che avrebbe preferito rimanere a badare alle sue mandrie e alla sua famiglia piuttosto che marciare nel fango per andare a combattere contro qualche re provinciale ribelle.Soltanto Maeve sapeva quanto fosse stato grande il suo sgomento nel trovarsi ad essere il principe più anziano del suo clan.Non appena ricevuta la notizia, Teigue aveva mandato a chiamare ogni brehon che era riuscito a raggiungere, perché adesso la decisione ultima… quale che fosse risultata… avrebbe dovuto avere il supporto degli esponenti dell’antica Legge Brehon.Pur avendo accantonato le tradizioni, infatti, Brian Boru non aveva modificato la legge in se stessa, scegliendo invece di reinterpretarla in modo da trovare in essa il sostegno per le sue ambizioni.Per tradizione, la sovranità del Munster era sempre stata detenuta alternativamente ora da un principe eletto fra quelli del ramo anziano della tribù dalcassiana, ora da uno scelto fra gli Owenacht, nello stesso modo in cui la posizione di Sommo Re era stata detenuta alternativamente da un condottiero degli Ui Neill del nord e da uno degli Ui Neill del sud.Poi però la spada e la strategia di Brian Boru avevano cancellato questo metodo di successione alternata e le divisioni che esso generava… e adesso che lui era morto era possibile ridefinire il concetto di sovranità sfruttando il vuoto di potere creatosi a Clontarf.Il tempismo dell’arrivo di Donough era stato davvero fortuito, perché adesso i due figli superstiti dell’Ard Ri avrebbero potuto udire insieme la decisione dei brehon.

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a grande sala di Kincora era pervasa da un mormorio di voci che suonavano come il sommesso e rabbioso ronzare di api prossime ad attaccare.L

– Perché non hai riportato l’Ard Ri a casa? – domandò in tono di sfida il patriarca di una famiglia dalcassiana a Donough, mentre lui e Teigue attraversavano la sala. – Hai portato con te gli altri principi morti perché potessero essere seppelliti dalla loro gente, quindi avresti potuto fare altrettanto con l’Ard Ri.– Avrebbe dovuto essere sepolto qui, nella cappella di Saint Flannan – intervenne la voce sonora di Cathal Mac Maine. Anche se suo padre era stato un primo cugino di Brian, il massiccio abate tonsurato somigliava ben poco al defunto Ard Ri, tranne che per l’espressione ambiziosa dello sguardo e la curva cocciuta della mascella. – Esiste forse in Irlanda un luogo più adatto ad accogliere le sue spoglie di quanto possa esserlo la cappella dove si recava a pregare?– Vogliamo sapere perché hai lasciato il re del Munster a riposare in eterno fra gli stranieri dell’Ulster! – esclamò un altro uomo, venendo avanti e agitando il pugno davanti al volto di Donough.– Non è stata una mia decisione – replicò questi, sconcertato. – Quando sono arrivato a Clontarf lo avevano già portato via.– Perché? – ruggì una dozzina di voci.– Pare che sia stata una decisione presa dai preti, – replicò Donough, rivolgendosi a Teigue anche se questi non aveva parlato.– E tu non l’hai messa in discussione?Donough non aveva una risposta per quest’ultima domanda: erano successe troppe cose, troppo in fretta, e adesso stava cominciando ad accorgersi che molte questioni erano state lasciate irrisolte, che forse un uomo più maturo si sarebbe comportato in maniera diversa, sarebbe rimasto meno sconvolto e stordito…– Non sai com’era la situazione – ribatté infine, – e quanto fosse difficile

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pensare con chiarezza in mezzo a tanta confusione. Io ho fatto ciò che tutti hanno preteso da me, ho riportato i Dalcassiani a casa. Se vuoi una spiegazione in merito alla sepoltura di mio padre dovrai rivolgerti a coloro che hanno portato il suo corpo ad Armagh.– Non sono ancora tornati, ma ti prometto che esigeremo da loro una spiegazione – intervenne Teigue, parlando a voce abbastanza alta perché tutti potessero sentirlo. – Adesso però abbiamo bisogno che ci vengano rammentate le clausole della legge relativa alle elezioni.Il ronzio rabbioso calò di tono, ma continuò ad essere udibile in sottofondo.Ferma da un lato, Maeve ascoltò affascinata i brehon recitare le leggi enunciate sotto forma di versi in modo da facilitarne la memorizzazione in quanto si trattava di norme elaborate molti secoli prima che i monaci cristiani portassero con loro in Irlanda l’arte del leggere e dello scrivere. La Legge Brehon abbracciava ogni aspetto della vita irlandese, e nell’ascoltarla Maeve si sentì commuovere dalla bellezza e dalla precisione di quella lingua viva che definiva la struttura mediante la quale era consentito ad un popolo di essere governato.Un tempo fra i brehon c’erano state anche delle donne, ma erano ormai passati cinquecento anni dall’ultima volta in cui in Irlanda una di esse aveva figurato fra i giudici, perché a causa dell’influenza patriarcale della Chiesa alle donne non era più permesso di fare parte della classe professionale. Di conseguenza i brehon convocati a Kincora erano tutti uomini anziani o di mezz’età, dal volto segnato e severo.Il capo brehon del Munster, che secondo le usanze doveva appartenere alla tribù dei Desi, diede inizio alla procedura.– Come si recano lungo molte strade fino alla residenza reale, così le persone giungono attraverso molti patti alla legge di Senchus Mor, l’Antico Grande Sapere.– Adesso sono costretti a parlare così, dopo che Brian Boru ha cambiato tanta parte delle vecchie usanze – commentò alle sue spalle Fergal Mac Anluan, rivolto a Ruadri di Ara.– Brian Boru non ha aspettato di essere eletto – replicò Ruadri, con un sorriso. – Ha preso quello che voleva e ha dimostrato di essere l’uomo più adatto per conservarlo.Di un anno appena maggiore di Donough, Ruadri si sentiva attratto dall’audacia dimostrata dal defunto Ard Ri.– I Dal Cais di Thomond piangono il loro condottiero caduto – proseguì intanto il brehon, scegliendo con attenzione le parole, – però è necessario

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trovare al più presto chi gli succeda perché una tribù non può rimanere senza un capo. Secondo quella che è… di solito… l’usanza… in assenza di un erede designato la tribù sceglie come proprio condottiero l’uomo più qualificato all’interno del clan più importante. Adesso Teigue Mac Brian è il principe anziano della famiglia ed è inoltre un uomo che gode di buona salute e di buon senso.«Se nessuno dei suoi cugini prossimi intende mettere in discussione la sua nomina e se gli uomini più importanti dei Dal Cais riuniti qui oggi sono d’accordo, possiamo procedere all’elezione e annunciare la nomina del nuovo condottiero.Vedendo l’espressione addolorata apparsa sul volto del marito, Maeve comprese che lui stava pensando ai fratelli maggiori, che si sarebbero dovuti trovare fra lui e il titolo che non aveva mai desiderato, e si sentì dolere il cuore per lui.Poi spostò lo sguardo su Donough e vide un bagliore affiorargli nello sguardo mentre sollevava una mano per chiedere il permesso di parlare, ottenendo un cenno di assenso dal capo brehon.– La carica di condottiero include anche il possesso di Kincora? – domandò Donough.I brehon si scambiarono una lunga occhiata, consapevoli che le proprietà erano sempre una fonte principale di contesa che rendeva necessari centinaia di versetti della Legge Brehon. L’ultima cosa che volevano era vedere la successione tribale trasformarsi in una lotta familiare per il possesso di Kincora.– Come residenza reale Kincora sarà… – cominciò il capo brehon, schiarendosi la gola.– È sempre stata la mia casa – lo interruppe Donough… commettendo un’infrazione del decoro che non aveva quasi precedenti e che causò un’ondata di shock in tutta la sala. – Teigue ha il suo forte e non ha bisogno di questo, né ama Kincora quanto l’amo io. Che sia il condottiero, se lo desidera, ma date Kincora a me.Leggendo sul volto dei brehon l’unanime intenzione di rifiutare la sua richiesta, Donough sentì intensificarsi la sua determinazione ad averla vinta: avrebbe lottato, come aveva sempre fatto Brian Boru per tutto ciò che voleva.– Mio padre mi ha lasciato Kincora in eredità! – esclamò. – Mi ha reso erede della sua fortezza.Seguì un momento di sconvolto silenzio.– E quando lo avrebbe fatto? – volle sapere un brehon di una magrezza

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cadaverica che proveniva da Nenagh.– La sera prima che mi mandasse al sud con il mio contingente di cavalleria. Stavamo banchettando qui nella sala… io ero seduto ai piedi del seggio dell’Ard Ri… e lui si è chinato in avanti e mi ha detto che desiderava che fossi il suo erede, nel caso che gli fosse successo qualcosa.– Io non l’ho sentito – obiettò Teigue, fissando il fratello.– Non stava parlando con te ma con me. Flann era seduto al mio fianco, e ha detto di non avere obiezioni perché possedeva il suo forte, come tutti voi, come Murrough, l’erede prescelto, che aveva una grande fortezza. Io ero il solo che non avesse altra casa tranne queste pareti.– Flann Mac Brian è morto – sottolineò il capo brehon. – Chi altri hai come testimone?Dopo un momento di pausa, che Donough passò a riflettere freneticamente, Fergal Mac Anluan sollevò la mano.– Mi trovavo nella sala quella notte, seduto con i miei parenti, e per caso ho sentito le parole che Brian ha rivolto a Donough, per cui posso attestare la verità della sua pretesa – affermò, sorprendendo perfino Donough.– Hai visto? – esclamò questi, scoccando al cugino un sorriso pieno di gratitudine. – Ho come testimone un nobile dei Dal Cais di cui si deve accettare la parola. Come erede prescelto da mio padre spetta a me ereditare la sua residenza.– Se Kincora era destinato a te – intervenne un altro brehon, in tono lento e pensoso, – per quale motivo la sua difesa è stata affidata a tuo fratello Teigue?– Perché mio padre sapeva che desideravo acquisire un po’ di esperienza militare e che Teigue preferisce essere un allevatore di bestiame piuttosto che un guerriero. Sono io quello che ha ereditato l’indole di Brian Boru.Dal suo angolo, Maeve proiettò i propri pensieri verso il marito con tutta la forza di cui era dotata.Lasciagli Kincora, lo incitò. Lascia che Donough si tenga questo mucchio di pietre e di legno in modo che io e te si possa tornare nella nostra valle, dai nostri figli.Pungolato da un senso del dovere più intenso del proprio amore per una vita tranquilla, Teigue non se la sentì però di cedere: dal momento che Gormlaith era stata una consumata bugiarda, era possibile che suo figlio le assomigliasse e che le sue pretese non coincidessero con le intenzioni di Brian, una falsità che lui non poteva permettere.– Mi dispiace – disse quindi, – ma non posso accettare una cosa del genere senza ulteriori prove. Se ha lasciato un’eredità del genere, di certo mio

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padre deve aver stilato un documento scritto, quindi dobbiamo aspettare il ritorno di Carroll e chiedere a lui, che era il detentore di tutti i documenti dell’Ard Ri.– Mi stai accusando di avanzare diritti infondati? – esclamò Donough, fissando il fratello con occhi roventi.– E me di essere un bugiardo? – incalzò Fergal, con rabbia.– Non metterei mai in discussione l’onore di nessuno di voi – si affrettò a replicare Teigue. – Ritengo soltanto che sarebbe meglio aspettare di avere la possibilità di parlare con Carroll.– Quali sono i miei diritti? – chiese allora Donough, protendendo le mani verso i brehon.– In base alla legge – recitò il capo brehon, attingendo dalle profondità della sua vasta memoria sviluppata nell’arco di oltre vent’anni di studio, – alla morte del padre ciascun figlio ha diritto ad una parte uguale delle terre che lui possedeva e del bestiame che si nutre su di esse, ma uno dei figli eredita la casa paterna in aggiunta alla sua porzione di terra e di bestiame. Che il figlio prescelto sia il maggiore o il minore dipende dalla decisione del padre.«Riflettete entrambi su questo: Kincora è vasto e le persone che dipendono da esso sono molte, per cui si tratta di un pesante fardello che richiede spalle forti e una testa saggia.Donough avvertì su di sé una quantità di sguardi che lo accusavano di una giovinezza e di un’inesperienza che lui non poteva confutare.– Tu non hai moglie né figli – lo sfidò Cathal Mac Maine. – Che ne sai di come ci si prenda cura delle donne? Non devi neppure provvedere a tua madre!– Gormlaith non ha bisogno di nessuno che provveda a lei – rise qualcuno, dal fondo della sala.– Tranne che a letto – aggiunse un’altra voce. – La metà degli uomini che si trovano qui si è presa cura di lei a letto prima o poi.Mentre le risate crescevano d’intensità Donough serrò con violenza i pugni in preda ad una tensione che suo fratello non mancò di avvertire.– Sta calmo – consigliò Teigue, sotto voce. – Devi aspettarti discorsi del genere.– Nessuno parla così di tua madre – ritorse con amarezza Donough. – Tu sei fortunato, perché lei è morta.Teigue sbiancò in volto e sentì nascere dentro di sé un senso di duro astio nei confronti del fratello, una sorta di pietra che gli avrebbe gravato per sempre nel cuore.

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Donough, che aveva parlato soltanto per l’eccessiva emozione, non si accorse di quel cambiamento; esso però non sfuggì a Maeve, che all’improvviso ebbe la sensazione che il terreno si fosse mosso sotto i suoi piedi, sotto tutti loro, e controllò a fatica l’impulso di correre dal marito per sentirsi al sicuro fra le sue braccia.Intanto Teigue si era girato verso il capo brehon.– Non accetto l’affermazione di mio fratello dell’esistenza di un testamento a suo favore – annunciò in tono rigido e formale. – A meno che e finché essa non venga comprovata intendo quindi mantenere il controllo di Kincora, che mio padre ha affidato alla mia custodia.– Reclami anche tutto quello che era suo? – infuriò Donough, voltandosi di scatto a fronteggiarlo. – Vuoi diventare anche Re del Munster e possedere la fortezza di Cashel?Accennò quindi ad aggiungere altro ma infine il buon senso ebbe la meglio su di lui e lo indusse a trattenersi dal chiedere se Teigue volesse addirittura diventare il nuovo Ard Ri.Ciò che aveva già detto era però sufficiente a costituire una sfida, e Teigue fu costretto dall’orgoglio a rispondere.– Servirò il mio popolo in qualsiasi modo esso vorrà – affermò.– Gli Owenacht potrebbero combatterti per conquistare la sovranità del Munster – lo avvertì un principe proveniente dai monti Slieve Aughty.– Allora combatterò – ribatté Teigue, cupo in volto.– Teigue Mac Brian che si mette a combattere? – rise suo malgrado Donough. – Il massimo che sei riuscito a fare per emulare nostro padre è stato costruire canoe di corteccia e farle galleggiare sullo Shannon… e hai anche lasciato che la corrente te le portasse via.Di nuovo Maeve proiettò i propri pensieri verso il marito con tutte le sue forze.Lascia perdere! gli gridò con la mente. Fermati adesso, prima che le cose si spingano troppo oltre.Lui però non la sentì e le sue parole successive, per quanto rivolte a Donough, furono pronunciate a beneficio di tutti coloro che si trovavano nella sala.– In assenza di qualsiasi prova in senso contrario – dichiarò, – devo considerarmi l’erede di Brian Boru. Donough, ti invito a rimanere mio ospite a Kincora fino a quando Carroll e gli altri avranno fatto ritorno da Armagh. Se per allora la tua rivendicazione troverà conferma io ti cederò la fortezza di nostro padre. Nel frattempo chiedo ai presenti di votare per eleggere il condottiero dei Dal Cais.

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– E che ne sarà della sovranità del Munster? – gridò qualcuno.No! urlò silenziosamente Maeve.– Qualora diventi il capo dei Dal Cais – rispose Teigue, sia pure con lo sguardo pieno di ombre, – sono disposto ad addossarmi anche la sovranità del Munster a beneficio della mia tribù.

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er essere il capo poeta del Munster e quindi un uomo che per rango era inferiore soltanto al re, Mac Liag possedeva una casa molto modesta, costruita in legno e di forma rettangolare, con il

tetto di zolle e composta di appena due camere. Mac Liag amava però quella casa in riva al lago e aveva creato dei versi per esaltarne la bellezza: «Un frassino su un lato della soglia, e dall’altro un nocciolo; alle spalle una fila di pini che cantano al vento. Salmone e luccio e pesce persico e trota per la mia cena, e il canto dell’allodola che mi desti al mattino.»

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Adesso che il poeta era anziano il suo figlio vedovo, Cumara, era venuto a vivere con lui per provvedere alle sue poche necessità, e fu proprio Cumara che accolse Donough quando questi bussò contro lo stipite, in quanto la porta in se stessa non era quasi mai chiusa.– Nessuno viene a trovare mio padre qui – disse all’inatteso visitatore, senza fare alcuno sforzo per nascondere la propria sorpresa. – L’unico che lo facesse era l’Ard Ri. Questa infatti è la dimora privata di mio padre, e coloro che desiderano vederlo lo incontrano a Kincora.– Io desidero vederlo ma non voglio parlare con lui dentro le mura di Kincora – replicò Donough, fissando quell’uomo dalle spalle arrotondate e dai capelli castani che, pur essendo già vedovo, era più vecchio di lui di appena una decina d’anni.– Vado a vedere se è disposto a incontrarti – replicò Cumara.Mentre aspettava, Donough lasciò vagare lo sguardo sul Lough Derg, il Lago Rosso, così chiamato perché si tingeva spesso di carminio, a volte a causa dei raggi del sole al tramonto o di inesplicabili maree di plancton rosato che apparivano e scomparivano senza preavviso, e a volte per il sangue che si mescolava alle sue acque.– Mi cercavi, Principe Donough? – domandò una voce melliflua, alle sue spalle.Girandosi, Donough abbassò lo sguardo su Mac Liag. L’ultima volta lo aveva visto nella sala di Kincora, appena tre mesi prima, ma in quei tre

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mesi Mac Liag pareva essere invecchiato di anni perché il suo grasso subcutaneo si era sciolto e adesso la pelle gli pendeva dalle ossa come un indumento preso a prestito da un uomo molto più grosso di lui.– Eri amico di mio padre – disse, – e adesso io ho bisogno di un amico.– Di certo avrai molti amici dentro quelle mura – osservò il poeta, accennando con la testa in direzione di Kincora.– Davvero? E chi sarebbero? Forse amici di mia madre?– Forse.– Suvvia, Mac Liag, sai che qui lei non aveva amici.– È stata tutta opera sua. Brian le ha dato ogni opportunità di condurre al suo fianco una vita serena e se lei lo avesse reso felice gli amici di Brian sarebbero divenuti anche i suoi.Quella era la prima volta in assoluto che Donough sentiva qualcuno fare riferimento alla felicità di suo padre… o alla sua infelicità… e l’idea che lui potesse essere stato infelice non gli era mai passata per la mente perché era molto giovane e le emozioni degli altri gli apparivano ancora come delle mere astrazioni, soprattutto quelle di suo padre.– Essere re non è sufficiente a rendere felice un uomo? – domandò.– Cammina con me per un po’, ragazzo – lo invitò Mac Liag, scoccandogli una lunga occhiata. – Cammina con me e parleremo della sovranità… e di altre cose. Torneremo al tramonto – avvertì quindi da sopra la spalla.Cumara apparve sulla soglia, scrutando il padre con quel suo volto dall’espressione perpetuamente ansiosa, con la fronte aggrottata e gli occhi azzurri che sembravano anticipare sempre cattive notizie.– Non hai bisogno che io venga con te? – domandò.– Non è necessario, e poi se avrò bisogno di un braccio a cui appoggiarmi sono certo di poter fare affidamento sul nostro giovane amico – replicò Mac Liag.Lui e Donough si allontanarono a passo tranquillo dalla casa vicino al lago, seguendo un sentiero tortuoso che si snodava fra i pini fruscianti. Per un po’ Donough attese che il poeta avviasse la conversazione, ma per una volta Mac Liag rimase in silenzio nella quiete assoluta della pineta, dove perfino il rumore dei loro passi era soffocato da uno strato di aghi di pino accumulatosi nell’arco di secoli. Quando infine Donough si schiarì la gola per parlare, Mac Liag lo trattenne posandogli una mano sul braccio.– Annusa – ordinò.– Devo annusare?– Avverti la fragranza dei pini e come i miei piedi ricavino da questi aghi essenze profumate ad ogni mio passo, ascolta il merlo che canta per me su

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quell’alto ramo… e renditi conto che sono felice. Riesci a capire?– A dire il vero no – ammise Donough, sconcertato. – Credevo che dovessimo parlare della sovranità.– È ciò che stiamo facendo – garantì il poeta. – Anche se non ero presente, so quello che è successo ieri nella grande sala perché a Kincora non ci sono segreti. Sei stato uno stolto a sfidare Teigue per ottenere il possesso della fortezza di tuo padre.– Ho diritto ad essa tanto quanto lui.– Però tu sei…– Non mi dire che sono troppo giovane! – esplose Donough. – Secondo ogni legge, inclusa quella della natura, ormai sono un uomo.– Volevo dire che sei inesperto – replicò con disinvoltura Mac Liag. – Cosa ne sai di come si gestisce una vasta tenuta?– Ho passato la vita a Kincora, osservando Brian Boru, e di certo questo costituisce un’esperienza sufficiente.– Tu hai passato la tua vita a Kincora, ma non osservando Brian Boru, perché finché lui non l’ha scacciata tua madre ti ha tenuto il più lontano possibile da tuo padre. Non sei stato addestrato al suo fianco, sei stato tenuto nascosto dietro le gonne di Gormlaith… e non ho mai notato una tua ribellione a questo stato di cose – ribatté Mac Liag.– Mi sono ribellato! L’ho fatto ad ogni occasione che ho avuto, ma lei era così…– Lo so. Gormlaith ha fatto tutto il possibile perché tu rimanessi un bambino perché per lei eri un ornamento da esibire ogni volta che si voleva vantare dell’essere diventata madre ad un’età in cui le altre donne sono già nonne.– Odi Gormlaith quanto la odiano tutti gli altri? – chiese Donough, girandosi a fronteggiare il poeta.– Odiarla? – ripeté Mac Liag, riflettendo su quella parola. – Non l’ho mai odiata, ma del resto è possibile odiare una tempesta che abbatte i tuoi alberi?– Allora mi sarai amico anche se sono il figlio di Gormlaith?– Ma certo, ragazzo, è ovvio che ti sarò amico per amore di tuo padre – garantì il vecchio, mosso dalla compassione. – Sai, lui aveva l’abitudine di venire qui nella mia piccola casa – proseguì, mentre la sua voce impostata, che non aveva perso nulla con gli anni, assumeva un tono reminescente. – Restavamo seduti per ore accanto al mio focolare, a parlare; a volte lui suonava per me la sua arpa, oppure mi convocava perché partecipassi a qualche banchetto a Kincora e mi dava da bere dalla sua coppa il primo

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sorso di vino rosso – aggiunse, mentre gli occhi sbiaditi si velavano di lacrime.Donough era però troppo impaziente di muovere verso il futuro per lasciarsi affascinare dal passato.– In qualità di mio amico devi sostenere la mia rivendicazione di Kincora – affermò.– Non ho detto… – cominciò Mac Liag, sgranando gli occhi.– Quando Kincora sarà mia potrai partecipare ad ogni banchetto e avrai sempre il primo sorso dalla mia coppa – promise il giovane.– Ascoltami, Donough, voglio darti un consiglio da amico.Il possesso di un palazzo non ti renderà felice: tuo padre aveva Kincora, ma in lui c’era sempre una fame che lo tormentava, un desiderio di qualcos’altro, di qualcosa di più. Vuoi che non lo sappia io, che gli sono sempre stato accanto?«Era un uomo solo e lo è stato fino alla fine. La madre di Murrough è morta fra le sue braccia e altre donne non sono mai state abbastanza per lui, e quanto a Gormlaith…«Nonostante tutto il suo potere l’Ard Ri non era felice e non credo che ci sia stato un solo giorno in cui si sia sentito appagato come lo sono io nella mia piccola casa sul lago. Attingendo all’esperienza di una vita intera ti posso dire questo: il senso di appagamento è molto più desiderabile di qualsiasi nobile roccaforte d’Irlanda.– La «tua piccola casa sul lago» – citò Donough, ripetendo le sue parole. – La tua casa. Ebbene, Kincora è la mia casa e conto su di te perché mi aiuti ad ottenerla!

– Come ho fatto a venirmi a trovare in un simile pasticcio – si lamentò più tardi Mac Liag con suo figlio, mentre sedeva meditabondo accanto al focolare. – Teigue è stato eletto condottiero dei Dal Cais e diventerà senza dubbio Re del Munster. E quando questo succederà sarà certo sua intenzione governare da Kincora, come ha fatto suo padre prima di lui.«Come capo poeta del Munster la mia fedeltà deve andare al re, ma adesso ho detto… peggio ancora, ho promesso… al giovane Donough che gli sarei stato amico. Per un momento, là nell’ombra degli alberi, è parso così simile a suo padre… sono un uomo malato, Cumara, non posso affrontare cose del genere – gemette. – Trovarmi intrappolato fra i figli di Brian mi distruggerà del tutto. Ho sentito per l’ultima volta il cuculo cantare dal biancospino.Fin da quando riusciva a ricordare, Cumara aveva sempre sentito suo

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padre lamentarsi di svariati malanni, e anche se la morte di Brian Boru era stata senza dubbio per lui un duro colpo dentro di sé Cumara era convinto che il vecchio poeta avesse la costituzione di una quercia. Nonostante questo, si preoccupò ugualmente perché era ansioso per natura.– Allontana il problema dalla tua mente, padre – consigliò, protendendosi a battere un colpetto sulla mano di Mac Liag. – Lascia che Teigue e Donough risolvano da soli la questione e tieniti alla larga da loro.– Voglio che la mia veglia funebre duri sei giorni – disse Mac Liag. – Sei. È un onore che merito.– Non morirai, quindi non avrai bisogno di una veglia funebre.– Sei giorni, con le candele accese tutt’intorno alla bara. E voglio che sia Cathal Mac Maine e nessun altro a pregare per me… hai capito? Seppellitemi a Cashel, presso la sede reale del Munster. A dire il vero preferirei essere seppellito qui vicino al lago, ma devo pensare alla mia posizione sociale.– Sì, padre – sospirò Cumara.– Ancora una cosa… provvedi di avvertirmi non appena Carroll sarà rientrato, perché ho urgente bisogno di parlargli.

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entre tutto Kincora aspettava che la scorta del defunto Ard Ri facesse ritorno da Armagh, Donough si diede da fare per trovare dei sostenitori. Una persona su cui faceva affidamento era suo

cugino Fergal Mac Anluan, e quando andò a cercarlo lo trovò nel basso edificio di pietra che Brian aveva adibito ad armeria, dove Fergal era impegnato insieme al fabbro Odar a contare le diverse armi che i Dalcassiani avevano sottratto ai morti e riportato a Kincora, armi che costituivano una muta testimonianza della ferocia della battaglia di Clontarf perché alla luce delle lampade di bronzo rivelavano di aver subito danni consistenti.

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– Alcune di queste lame sono impossibili da riparare – stava dicendo Odar quando Donough si chinò per oltrepassare la soglia dell’edificio. La cosa migliore da fare è fonderle per riforgiarle. D’altro canto potremo ancora usare la maggior parte delle vecchie else, soprattutto quelle delle spade corte, mentre riciclare quelle delle spade a due mani sarà un problema in quanto devono essere modellate a seconda delle mani di chi le impugna e dovranno quindi essere valutate singolarmente.«Per le asce la questione è del tutto diversa, perché sono fatte in modo da essere più resistenti: qualche colpo di martello, una nuova affilatura e saranno pronte per uccidere un uomo. – Interrompendosi, Odar scrutò Fergal con occhi socchiusi, poi aggiunse: – Sai da cosa si valuta l’esperienza di un guerriero nel maneggiare un’ascia? Deve poter tagliare un uomo in tre pezzi, con un colpo di dritto e uno di rovescio prima che il suo corpo si accasci al suolo.– Non solo lo so, ma riesco anche a farlo – ribatté Fergal.– Davvero? – controbatté Odar, che non pareva convinto. – È una cosa che ho visto fare di rado. L’ultima volta è stato…– Probabilmente si è trattato di mio padre – intervenne Donough, venendo avanti sotto la luce delle lampade che evidenziò nei particolari i suoi lineamenti in via di maturazione.

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– Credo di sì… durante la battaglia di Glenmama.– Puoi insegnarmi a farlo?– Non te lo ha già insegnato l’Ard Ri?Evitando di rispondere, Donough si mostrò di colpo impegnato a frugare in mezzo al mucchio di armi danneggiate.– C’è una cosa che puoi fare per me – osservò intanto Odar. – La prossima volta che parlerai con tuo fratello, avvertilo che otterrà da questo mucchio trecento armi ancora utilizzabili.– Lui le otterrà? – ritorse Donough, fissando il fabbro con occhi roventi. – Queste armi mi appartengono perché sono stato io a riportarle qui.– È vero, ed è stato onesto da parte tua, ma spetterà al condottiero distribuirle fra i suoi Dalcassiani.– I miei Dalcassiani. Ho riportato indietro anche loro.Odar scrutò con attenzione il giovane in volto, perché dopo aver condotto una vita intera all’interno di una società guerriera era ormai molto sensibile al mutare del vento, poi scoccò un’occhiata in direzione di Fergal il cui volto aveva però un’espressione accuratamente neutra.– È meglio che cominci a lavorare – concluse allora il fabbro, indicando con il tono che si aspettava di essere lasciato in pace a svolgere il suo mestiere.Una volta fuori dell’armeria, Donough trattenne il cugino per un braccio.– Tu sai che i Dalcassiani sono miei – disse. – Hanno seguito la mia bandiera fino a casa.– Però non sono il tuo esercito privato – gli fece notare Fergal. – Il loro comandante è il capo della tribù.– Non sei dalla mia parte? Cosa mi dici della questione del testamento?– Quella è stata una cosa diversa.– In che senso?– Mi è parso che la tua argomentazione fosse valida e che tu dovessi avere Kincora. Inoltre mi sei simpatico ed è sempre utile essere creditori di un favore con un principe… al punto che vale la pena ricorrere ad una piccola menzogna.– Una menzogna? Stai dicendo che non hai sentito mio padre indicarmi come suo erede?– Vuoi sostenere che lo ha fatto? – ribatté Fergal, socchiudendo gli occhi.– Non lo hai sentito?– No, naturalmente no, però non ha importanza. Io…Donough però non aspettò di udire il resto della frase e si allontanò a passo rapido e con espressione corrucciata.

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Più tardi, mentre stava attraversando il cortile pavimentato che divideva le sue camere personali dal grianan, il solario delle donne, Maeve vide Donough che sedeva accasciato per terra con le ginocchia ripiegate contro il petto e la testa addossata ad un muro: il giovane aveva un’aria così abbattuta che lei non seppe trattenersi dall’avvicinarsi.– Ci sono notizie di Carroll? – chiese Donough, guardandola con gratitudine.– Non ancora, Donough, però non dovresti accentrare su di lui tutte le tue speranze. Sono successe tante cose ed è possibile che un eventuale testamento scritto sia andato perduto nella confusione, o che Brian avesse intenzione di dettarlo a Carroll durante la marcia verso Dublino ma poi se ne sia dimenticato per l’incalzare degli eventi.– Mio padre non dimenticava mai nulla – dichiarò Donough, in tono cocciuto.– Tutti dimenticano qualcosa – rise Maeve.– Non mio padre.– Non hai niente altro a cui aggrapparti, tranne il suo ricordo e il desiderio di possedere Kincora? – domandò lei, e nel vedere l’espressione cupa di quegli occhi grigi che la stavano fissando si protese impulsivamente verso il giovane, aggiungendo: – C’è qui in visita una mia sorella, più giovane di me, non ancora fidanzata e molto graziosa. Se sei abbastanza maturo per combattere allora lo sei anche per prendere moglie, e il fatto di avere una famiglia a cui fornire riparo e sostegno darebbe maggior forza alle tue pretese su Kincora… per quanto non riesca a capire perché tu voglia un posto tanto grande e tutti i problemi che ad esso si accompagnano.– Una moglie? Tua sorella?– E perché no? Neassa possiede tutte le virtù richieste ad una donna di alto rango, ha una voce amabile, sa ricamare e preparare il sidro e impartire ordini alla servitù. Vuoi che te la presenti? Chi lo sa, potreste anche trovarvi vicendevolmente gradevoli.– Suppongo che non ci sia nulla di male a provare – replicò Donough, mentre il suo sguardo vagava involontariamente verso la scollatura quadrata dell’abito di Maeve, che rivelava la curva piena e rotonda dei seni.Quella sera, nella sala dei banchetti dove veniva servito il pasto principale della giornata, Maeve e una giovane donna si avvicinarono a Donough dopo essersi fatte largo per quasi tutta la lunghezza della stanza attraverso un groviglio di lunghe panche, di tavoli e di gambe stese, una difficoltà dovuta al fatto che la tensione presente all’interno del clan di Brian aveva

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portato a una ridisposizione dei posti a tavola.Enda, l’intendente capo, si era mostrato molto imbarazzato quando aveva accompagnato Donough al suo nuovo posto.– Ecco, questo è il tuo tavolo e qui c’è anche uno sgabello per i piedi… ti va bene? – aveva domandato in tono speranzoso.– I miei fratelli ed io abbiamo sempre preso posto al centro della sala, fra i due focolari – aveva protestato Donough. – Là dove Teigue è seduto in questo momento.– Adesso esiste un nuovo ordine di precedenza stabilito dal Principe Teigue ed io posso soltanto obbedire – aveva replicato Enda, evitando d’incontrare il suo sguardo.Senza aggiungere altro, Donough si era seduto al posto assegnatogli ed era rimasto a fissare il fratello assiso dalla parte opposta della sala con una tale concentrazione che quando Maeve gli si fermò accanto non si accorse della sua presenza, costringendola a battergli un colpetto sulla spalla per richiamare la sua attenzione.– Principe Donough, voglio presentarti mia sorella Neassa. Non trovi che sia adorabile come te l’ho descritta?La donna ferma accanto a Maeve le somigliava molto perché aveva le stesse forme morbide e gli stessi capelli biondi che alla luce delle candele le conferivano una luminosa aura di fascino.Una moglie, pensò Donough, con improvvisa e intensa determinazione. Quando avrò una moglie dovrò avere anche una fortezza, e si tratterà di questa.Con l’occhio della mente gli pareva di vedere ogni cosa con estrema chiarezza, e che ogni dettaglio fosse una replica esatta della vita di suo padre… tranne naturalmente per quanto riguardava Gormlaith… al punto che d’un tratto si sentì quasi sorpreso di essere ancora seduto lontano dal centro della stanza e che la ragazza chiamata Neassa lo stesse guardando come se lui fosse stato uno sconosciuto.– Siedi vicino a me e dividi la mia coppa – la invitò, costringendosi a tornare con la mente al presente.Neassa però inarcò le sopracciglia e scoccò un’occhiata interrogativa a Maeve.– Una donna nubile del nostro rango non può dividere una coppa con un uomo a meno che questi non abbia offerto a suo padre un prezzo di nozze, e tu lo sai – si affrettò ad intervenire quest’ultima.– Lo so – ripeté Donough, mentre un cupo rossore gli si diffondeva sulle guance, poi aggiunse in tono brusco: – E a quanto ammonterebbe un

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prezzo di nozze accettabile? Tuo padre sarebbe soddisfatto di cinque mucche? E che genere di dote mi porterà Neassa?– Di solito – replicò la moglie di Teigue, sconcertata, – sia l’ammontare della dote che quello del prezzo di nozze vengono determinati da un intermediario che non abbia un interesse personale nella stipulazione del contratto di nozze. Si può trattare di un lontano cugino, di un prete o di un brehon… qualcuno che possa fungere da negoziatore fra le due parti in un periodo di tempo che può essere di settimane o addirittura di mesi.– Così ci vorrebbe troppo tempo – dichiarò Donough, con un gesto impaziente. – Domani potremmo essere tutti morti… e di recente ho visto tanti uomini privi di vita da indurmi a desiderare di godermi la vita finché mi è possibile. La tua famiglia abita appena a monte del fiume, quindi puoi avvertire immediatamente tuo padre che io gli offro cinque mucche e che ne assegnerò altre cinque a Neassa il giorno delle nozze. Se questo non dovesse bastargli, chiedigli quale prezzo è disposto ad accettare.– Possiedi davvero dieci mucche? – non riuscì a trattenersi dal chiedere Maeve.– Certo che le posseggo… non hai sentito i brehon? Teigue ed io ci divideremo in parti uguali tutto il bestiame che mio padre allevava sulle sue terre, quindi ho centinaia di mucche – concluse con un ampio gesto delle braccia, andando involontariamente a colpire una coppa di vino che si trovava su un tavolo vicino, rovesciandone il contenuto sull’abito di Neassa che si ritrasse con un grido e cominciò a ripulirsi furiosamente.Entro l’indomani tutti gli abitanti di Kincora… e buona parte di quelli delle campagne circostanti… avevano appreso la notizia: il Principe Donough si era scelto una moglie!– Si tratta della sorella di Maeve – comunicò un servitore ad uno sguattero delle cucine.– Lei però non ha ancora acconsentito alle nozze – riferì lo sguattero ad un uomo di fatica.– Naturalmente si sposeranno – garantì quella notte l’uomo di fatica a sua moglie, mentre erano a letto. – Anche se la ragazza dovesse essere contraria credo che la famiglia le imporrà le nozze perché si tratta di un Principe di Thomond e per via del prezzo di nozze. Tutte quelle mucche!– La sua famiglia ha già dato in sposa una figlia ad un Principe di Thomond – obiettò però sua moglie. – Maeve ha sposato Teigue Mac Brian, il nuovo condottiero e il padrone di Kincora.– Quanto a Kincora, non ne sarei così sicuro – ribatté il marito. – Il giovane Donough ha contestato i diritti del fratello. Sostiene che c’è un

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testamento.– E c’è davvero?– Come faccio a saperlo? Ora basta parlare… girati, donna, e poggia la testa sul mio ventre.

Organizzare un matrimonio non era una cosa rapida quanto Donough avrebbe voluto, e nel complesso il giovane aveva la frustrante sensazione che mentre a Brian Boru era bastato schioccare le dita per ottenere che i suoi desideri fossero soddisfatti, tutti quanti fossero invece decisi a contrastare e ostacolare il suo figlio più giovane.Una volta che ebbe detto a Maeve di essere disposta a prendere in considerazione la proposta di Donough… risposta che peraltro giunse dietro insistenze della sorella e con notevole riluttanza… Neassa venne immediatamente rimandata nella casa paterna dove sarebbe rimasta fino alla conclusione dei negoziati fra i due clan; nel frattempo i negoziatori avrebbero fatto la spola fra le due parti interessate e i brehon avrebbero consultato con attenzione la legge. Inoltre era necessario effettuare un accurato conteggio del bestiame posseduto dal defunto Ard Ri, perché secondo la legge Donough non poteva disporre neppure di una mucca fino a quando non si fosse conosciuta la dimensione di ogni singola mandria su ogni singolo pascolo e tutto il bestiame non fosse stato diviso fra lui e Teigue.– Ma sappiamo che sono comunque più di dieci mucche! – protestò con veemenza il giovane. – Perché non posso prenderne subito una decina?Per quanto suo padre fosse riuscito a manipolare con successo la legge, a lui risultò impossibile aggirarne i dettami.– Perché mi rendono tutto tanto difficile? – tempestò, facendo irruzione nella casa sul lago per lamentarsi con Mac Liag.– Non è così. Ti pare che lo facciano perché sei giovane.– Voglio soltanto sposarmi in fretta. È tanto irragionevole?– Per nulla, considerato che la gente lo fa da sempre. Io stesso… – Mac Liag fece una pausa e un sorriso pensoso gli si diffuse sul volto, illuminandolo. – Io non ho avuto un matrimonio principesco con annesse complicate questioni di proprietà da assegnare – proseguì quindi, in tono sognante. – Io sono un poeta, quindi ho rapito mia moglie e l’ho portata via con me su un mare pieno di stelle e…– Rapita? – ripeté Donough, i cui occhi si erano fatti di colpo molto, molto luminosi.– Certamente… si tratta di un’antica e onorevole tradizione. Lei ne è stata

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deliziata, anche se ha emesso un piccolo grido di protesta in segno di rispetto delle convezioni. Però…Mac Liag scoprì di colpo che stava parlando da solo, perché Donough se n’era andato.– Ah, poter essere di nuovo giovane – osservò in tono malinconico, rivolto al figlio. – Giovane e impetuoso, convinto che tutto sia possibile.– Nulla è possibile – borbottò in tono cupo Cumara, che amava considerarsi ancora giovane e che vedeva davanti a sé un futuro in cui sarebbe stato l’unico sostegno di un genitore vecchio e malandato.

Quando la bandiera dell’Ard Ri con i tre leoni rossi in campo oro macchiati di sangue oltrepassò le porte principali di Kincora, l’intera popolazione della grande fortezza si radunò per accoglierla in reverenziale silenzio.Dietro il portatore della bandiera veniva il seguito di Brian… un gruppo di uomini sfiniti e con lo sguardo spento di chi era sopravvissuto alla fine del mondo.Dopo la sepoltura dell’Ard Ri ad Armagh la scorta si era fermata per qualche giorno ospite del Vescovo Maelmuire e quando si era infine messa in viaggio per lasciare l’Ulster Malachi Mor aveva insistito perché si fermasse presso la sua roccaforte del Meath, dove aveva intrattenuto i seguaci del suo antico rivale in modo tanto sfarzoso da indurre Carroll a commentare che senza dubbio Malachi stava sognando di tornare ad essere il Sommo Re.– Non è un sogno – aveva ribattuto un membro del clan Cuinn. – Chi altri può succedere a Brian se non un uomo che già conosce i doveri di quella carica?Carroll aveva pensato di controbattere, ma non gli era parso che valesse la pena di farlo. Ormai non c’era più nulla per cui valesse la pena di discutere.Infine gli uomini di Brian erano tornati a casa nel Munster, dove le porte di Kincora si erano aperte per accoglierli e dove avevano trovato ad attenderli un interrogatorio simile a quello di cui era stato fatto oggetto Donough.Contrariamente a lui, però, Carroll sapeva cosa rispondere a quelle domande.– L’Ard Ri è stato sepolto ad Armagh per sua esplicita richiesta – spiegò a Teigue ancor prima di entrare per lavarsi i piedi e la faccia. – Si tratta di un accordo che Brian ha stipulato alcuni anni fa, in mia presenza. Per poter

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sfidare Malachi Mor e ottenere la sovranità suprema, Brian aveva bisogno di tutti i possibili alleati, e in particolare della Chiesa, quindi si è recato in pellegrinaggio ad Armagh ed ha lasciato sull’altare venti once d’oro, riconoscendo al tempo stesso ad Armagh il rango di principale città ecclesiastica d’Irlanda. Sul libro del monastero ha apposto la propria firma definendosi 1’«Imperatore degli Irlandesi»… una definizione a cui la Chiesa non ha obiettato… poi ha reso all’Ulster l’onore più grande, decidendo che il suo corpo sarebbe stato seppellito ad Armagh in modo che la sua carne potesse diventare una cosa sola con il nord.«Quell’adulazione ha avuto il successo sperato, e quando lui ha sfidato Malachi il clero del nord è rimasto neutrale, senza schierarsi dalla sua parte ma senza neppure sostenere Malachi. In questo modo l’Ulster ha aiutato Brian a diventare l’Ard Ri e adesso gli ha elargito il funerale più splendido che si sia mai visto in Irlanda. Il suo corpo è stato vegliato per dodici giorni e dodici notti, e sono state recitate messe in ogni cappella e in ogni monastero a beneficio della sua anima. Ora il suo corpo riposa in una grande tomba di pietra sul lato settentrionale della chiesa di Armagh e il suo debito è stato pagato, secondo la sua volontà.– Secondo la sua volontà – ripeté Teigue. – Così sia, dunque… a proposito di volontà, hai visto mio fratello?– Sono morti – affermò Carroll in tono dolente. – Murrough, Conor, Flann… tutti morti.– Mi riferivo a Donnchad… o Donough, come adesso si fa chiamare. Sostiene che esiste un testamento e abbiamo bisogno che tu verifichi se questo è vero… ma dov’è quel ragazzo? – esclamò con irritazione Teigue, guardandosi intorno. – Credevo che sarebbe stato il primo ad accoglierti.Nessuno però sapeva dove fosse Donough, fino a quando uno dei garzoni di stalla si decise a farsi avanti, con aria piuttosto tesa.– Il Principe Donough ha lasciato Kincora al galoppo alle prime luci dell’alba, in sella al suo cavallo migliore e portandone con sé un altro – disse in tono piuttosto nervoso.– Un altro? – ripeté Teigue, fissando il ragazzo.– Ha detto che era per sua moglie.

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l di là del terrapieno che circondava la roccaforte di suo padre c’era un prato cinto da alberi dove Neassa si recava all’alba nelle mattine di maggio perché la rugiada del periodo di Beltaine era

famosa per la sua capacità di migliorare la carnagione di una donna.AQuella più efficace era la rugiada raccolta il primo giorno del mese, ma Neassa era una giovane donna che non voleva correre rischi e per questo raccoglieva la rugiada per tutto il periodo di Beltaine.L’ultimo giorno di maggio lei indugiò sul prato più a lungo del solito perché vivendo in una casa piena di genitori, di fratelli, di servitori e di qualche occasionale mucca malata, quello era l’unico posto dove potesse rimanere sola con i suoi pensieri… e anche se per natura tendeva ad essere più passiva che riflessiva, quella mattina c’erano parecchie cose che le gravavano nella mente.Secondo la Legge Brehon una donna non poteva essere costretta a sposarsi contro la sua volontà, ma la legge non impediva ai genitori di esercitare su di lei una considerevole pressione al riguardo, e pur essendo proprietario di una tenuta di dimensioni sostanziose, il padre di Neassa non sdegnava di ampliare di continuo le proprie mandrie, per cui aveva cominciato a fare progetti non appena aveva saputo che Donough intendeva sposare sua figlia.– L’altro figlio dell’Ard Ri, Teigue, mi ha dato quel toro pezzato come parte del prezzo di nozze per Maeve – aveva ricordato. – È il toro migliore che abbia mai avuto, ed ogni giovenca da lui coperta mi ha dato un vitello, anzi parecchie ne hanno avuti anche due – aveva aggiunto, con un bagliore nello sguardo.– Non so se voglio sposare Donough – aveva protestato Neassa. – Non lo conosco bene e poi è goffo e non ha ancora neppure un accenno di baffi.– È abbastanza maturo da comandare un esercito, quindi lo è anche abbastanza da sposarsi – aveva ribattuto suo padre. – A quanto ammonta il prezzo di nozze che è disposto ad offrire per te?

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– Maeve manda a dire che è un bel giovane, più attraente di suo marito e con gambe bianche e forti – interloquì la madre di Neassa, poi si rivolse alla figlia e aggiunse: – Pochi uomini hanno i suoi pregi, e diventerai magra e vecchia prima di trovarne un altro così.Neassa però non era convinta, e comunque non aveva avuto modo neppure di intravedere le gambe bianche di Donough prima che questi le rovesciasse addosso del vino rosso, rovinando l’abito nuovo che lei aveva così faticosamente ricamato in previsione della visita a Kincora: durante quell’unico, breve incontro Donough le era parso brusco, distratto e tutt’altro che disposto a prestarle attenzione, per cui non riusciva a immaginare di trascorrere al suo fianco il resto della vita.Alla fine decise che probabilmente Donough era un uomo ottuso e che in futuro le si sarebbe presentato di meglio, e si mise a passeggiare con aria sognante per il prato, facendo dondolare la piccola fiala di vetro appesa ad un laccio di cuoio e pensando in modo vago al futuro, al matrimonio, ad un modo diverso di acconciarsi i capelli. Cominciò quindi a valutare l’eventualità di entrare in un convento, immaginandosi rivestita di abiti di lino bianco… un colore che le si addiceva molto… e vedendosi intenta ad opere buone. Forse un giorno sarebbe potuta diventare una santa come la Principessa Brigit di Kildare, e…Le sue fantasticherie furono interrotte dal rumore ritmico degli zoccoli di un cavallo al galoppo. Sorpresa, lasciò cadere la piccola fiala di rugiada nel momento stesso in cui Donough sbucò dal bosco, in sella ad un cavallo e conducendone un altro per le briglie, e si venne a fermare davanti a lei.Per un momento si fissarono a vicenda in silenzio, poi Neassa si riprese per prima dallo stupore.– Cosa ci fai qui? – domandò.Donough trasse un profondo respiro.– Sono venuto… – esordì, poi arrossì con violenza quando la voce gli s’incrinò e infine disse: – Sono venuto a rapirti.

– Cos’ha fatto? – esclamò Teigue, stupefatto.– Ha rapito la figlia di Gadhra, Neassa. Il messaggero ha riferito che è entrato nelle terre di suo padre e l’ha portata via con sé.Il volto di Teigue si fece tempestoso come il cielo in una mattina di marzo.– Questo dimostra che è troppo impetuoso perché gli si possa affidare qualsiasi responsabilità e tanto meno la gestione di Kincora. Cosa dirò adesso a Gadhra? Lui è mio suocero e abbiamo avuto sempre buoni

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rapporti, ma questa faccenda non gli piacerà perché non ci sono stati adeguati negoziati e neppure è stato pagato un prezzo di nozze… a meno che io non ne offra uno a nome di mio fratello. Ma devo farlo? Dannazione a Donough! Non so neppure come ci si comporti in una situazione del genere! Mandate a chiamare un brehon!

Mentre Teigue lottava con le formalità e imprecava contro il fratello, Donough e la donna da lui rapita stavano galoppando attraverso le terre di Thomond… anche se galoppare non è certo la definizione più adeguata. In effetti il viaggio ebbe inizio al galoppo, con Neassa gettata di traverso sulla groppa della cavalcatura di Donough perché non era mai salita su un cavallo in vita sua e aveva rifiutato di cavalcare quello che lui le aveva portato, ma ben presto la ragazza cominciò a protestare così violentemente per quella scomoda posizione che Donough fu costretto a rallentare l’andatura non appena fuori del raggio visivo della tenuta di suo padre, finendo per far procedere il cavallo addirittura al passo. Quanto all’altro animale, gli annodò le redini sul collo e lo lasciò libero, certo che avrebbe trovato da solo la strada per tornare a Kincora.Dopo un po’ permise a Neassa di sollevarsi a sedere davanti a lui e cercò di sistemarla il più comodamente possibile a cavalcioni sulle spalle del proprio cavallo, circondandola con le braccia e tenendo le redini con una mano. In quella posizione poteva avvertire il profumo dei suoi capelli e il calore del suo corpo, e quando abbassò lo sguardo notò il rigonfiamento dei suoi seni e il modo in cui la gonna sollevata le esponeva le cosce alla vista.Dal canto suo Neassa stava fingendosi impegnata a lisciare il davanti spiegazzato dell’abito, pensando che se avesse saputo che stava per essere rapita avrebbe indossato qualcosa di più adatto, come gli ampi abiti ricamati delle principesse irlandesi delle antiche leggende, invece di quel semplice vestito di lana marrone lungo fino alla caviglia e di un corpetto di lino ora molto stropicciato. Non aveva neppure indosso dei gioielli… e le sue cosce nude erano decisamente troppo grasse.Per impedire a Donough di accorgersene gli batté un colpetto sul braccio e gli rivolse la parola in tono allegro.– Sedere in groppa ad un cavallo dà l’impressione di trovarsi molto in alto, non credi? – commentò.– È vero – replicò Donough, poi attese invano che lei aggiungesse qualche altra cosa; ricordando che sua madre aveva sempre avuto la capacità di conversare in maniera intelligente in qualsiasi occasione, e che era sempre

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risultata interessante anche nei suoi momenti peggiori, si disse quindi che forse Neassa era troppo spaventata per essere interessante, e che si sarebbe rivelata una buona compagna una volta che avesse imparato a conoscerlo meglio.Dal canto suo, Neassa aveva intanto cambiato idea sul conto di Donough, in quanto era evidente che non era per nulla ottuso: quando le aveva annunciato di essere venuto a rapirla si era sentita stupita e poi deliziata e pronta a collaborare, perché in quella radiosa mattina di primavera l’idea le era parsa meravigliosa.Con il passare delle ore e l’aumentare dell’indolenzimento dovuto al sedere in groppa al cavallo, la cosa le appariva però sempre meno entusiasmante.– Smettila di contorcerti – avvertì Donough. – Stai innervosendo il cavallo, che non è abituato a portare un doppio peso.– Ed io non sono abituata a cavalcare! – ribatté Neassa. – Non posso scendere e camminare?– Cosa penserebbe chi vedesse passare me a cavallo e te a piedi?– Potremmo camminare entrambi e condurre il cavallo per le briglie.– La cosa sembrerebbe ancora più strana, e poi perché dovrei camminare quando ho una cavalcatura in perfetta forma? Adesso sta ferma e goditi il viaggio.Neassa cercò di escogitare un argomento persuasivo ma non le venne in mente nulla e dopo un po’ tentò di nuovo di cambiare posizione con la massima delicatezza possibile per assestare le parti più sensibili della sua anatomia sulla groppa ossuta del cavallo.– Dove stiamo andando e quando ci arriveremo? – chiese d’un tratto.Donough si stava però ponendo quello stesso interrogativo: travolto dall’eccitazione derivante dall’idea che intendeva mettere in pratica, non aveva infatti formulato piani che andassero al di là dell’atto vero e proprio di rapire Neassa. Per quanto ne sapeva, poteva soltanto supporre che un uomo che rapiva una donna la portasse poi nella propria roccaforte, ma lui non ne possedeva una e lo scopo della sua impresa era proprio l’acquisizione di Kincora, per cui nelle attuali circostanze non poteva certo portare là Neassa e implorare Teigue di dare loro asilo, dato che probabilmente suo fratello gli avrebbe ordinato di riportare la ragazza a casa e lo avrebbe rimproverato per la sua impetuosità.In effetti era stato impetuoso, ne era consapevole, ma adesso ammetterlo non gli serviva a nulla e la sola cosa da fare era rendere sua Neassa in modo che Teigue non potesse costringerlo a riportarla da suo padre… ma

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dove farla sua? Se doveva diventare la moglie di un Principe di Thomond lei non poteva certo essere posseduta all’aperto su un prato come la figlia di un mandriano e aveva invece diritto a un tetto, delle mura, una camera degna di questo nome e un letto nuziale.Invece loro avevano a disposizione soltanto un cielo soleggiato che stava cominciando a velarsi di nubi e un’ondulata distesa d’erba punteggiata di felci e di qualche roseto selvatico.Nel frattempo Neassa aveva ripreso a contorcersi e il cavallo stava ora appiattendo gli orecchi in segno d’irritazione, incurvando al tempo stesso la schiena in modo tale da far comprendere a Donough che entro pochi istanti avrebbe cominciato a sgroppare, scaricando ignominiosamente a terra entrambi.Era imperativo giungere ad una rapida decisione, quindi il giovane fece arrestare l’animale sul lato sottovento di una bassa collina che riparava una depressione erbosa cosparsa di margherite… un insieme che con uno sforzo poetico poteva essere definito un mare pieno di stelle… e si chiese se una dose sufficiente di ardore avrebbe potuto indurre Neassa a sorvolare sulle pecche che quel luogo presentava come camera nuziale.Spingendosi indietro sul dorso del cavallo creò uno spazio sufficiente per portare entrambe le gambe dallo stesso lato della groppa e scivolare a terra, poi protese le braccia verso Neassa.– Scendi e vieni da me – la invitò.– Perché? – domandò lei, immediatamente sospettosa.– Perché ti possa abbracciare in modo adeguato.– Mi stavi già abbracciando in groppa al cavallo. Perché sei smontato? Che farò se questa bestia fuggirà con me in groppa?– protestò Neassa, con voce che andava salendo di tono.– È ben addestrato e non andrà da nessuna parte. Adesso scendi.Per essere una donna che fino a poco prima era parsa ansiosa di rimettere i piedi per terra, Neassa si mostrò però stranamente riluttante ad obbedire.– Perché? – ripeté, con gli occhi accesi da un bagliore civettuolo che Donough avrebbe riconosciuto se fosse stato un uomo più esperto.– Perché voglio che tu lo faccia! – esclamò lui in tono esasperato, poi l’afferrò per la vita e tentò di tirarla giù di peso, ma Neassa stridette… anche se non molto forte… e cercò di colpirlo senza troppa convinzione.Non avendo mai lottato con una donna Donough non seppe come reagire e tentò di tenerla a bada e di tirarla al tempo stesso al suolo, con il risultato di perdere l’equilibrio e di far cadere entrambi con violenza. Nel rovinare al suolo tentò di contorcersi in modo da attutire l’impatto a Neassa con il

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proprio corpo, ma il selvaggio dibattersi di lei gli fu d’intralcio e in qualche modo quando finirono a terra si ritrovò invece sopra di lei.Neassa rimase senza fiato, ma non per molto, e prima che Donough avesse avuto il tempo di raccapezzarsi cominciò a strillare, questa volta sul serio.– Razza di goffo somaro, mi hai fatto male! – stridette, con voce perforante.Sapendo che un grido del genere lanciato da una donna aveva il potere di far accorrere in suo aiuto chiunque si trovasse nelle vicinanze, Donough cercò di placarla perché non aveva nessun desiderio di essere colto in una situazione tanto imbarazzante.– Taci – sibilò. – Non ti sei fatta nulla.– Mi hai fatto male! Mi devi una compensazione, quanto meno un pendente d’ambra e un pettine d’avorio e…Neassa continuò a infuriare, elencando il genere di ricompense con cui il suo paziente genitore era solito garantire la pace nella propria casa, finché lo sgomento Donough non reagì premendole una mano sulla bocca e bloccandola al suolo con una gamba stesa di traverso sul suo corpo.Da sopra la sua mano, Neassa lo fissò con occhi furenti e lui comprese che gli rimaneva soltanto una cosa da fare: doveva possederla subito, in modo da essere obbligato a reclamarla in moglie, perché se le avesse permesso di sfuggirgli probabilmente non avrebbe più avuto una seconda opportunità.Quando aveva inizialmente pensato di rapirla, aveva concesso alla propria immaginazione di sfogarsi ad elaborare immagini del corpo di lei e delle cose che avrebbero fatto insieme.Finalmente avrebbe avuto una donna tutta sua! Si era ripromesso che sarebbe stato gentile e premuroso ma al tempo stesso tanto appassionato da destare il suo desiderio e…La realtà risultò molto diversa: mentre annaspava alle prese con i propri abiti e tentava al tempo stesso di tenere bloccata la ragazza che si dibatteva, Donough scoprì che non sempre l’ardore era a disposizione quando lo si richiedeva.– Cosa stai facendo? – domandò Neassa, sebbene fosse inutile perché ciò che lui stava cercando di fare era assolutamente ovvio.Donough non rispose e si limitò a trattenerla con crescente disperazione, spostando al tempo stesso il proprio corpo e tentando di affrontare il problema da una diversa angolazione… ma l’abito di lei risultò essere d’intralcio.Se Neassa avesse collaborato la cosa si sarebbe risolta in fretta, mentre in

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questo modo lui doveva cercare di spingere da parte i suoi abiti con il ginocchio perché aveva già entrambe le mani occupate.– Mi stai rovinando il vestito! – gemette Neassa.– Te ne regalerò uno nuovo – ansimò Donough.– Non ne voglio uno nuovo, voglio questo e voglio che mi lasci andare – ritorse lei, che non era propensa a mostrarsi ragionevole.Ormai Donough stava lottando sul serio, con la forza della disperazione, perché gli pareva che fossero in gioco il suo futuro e la sua virilità, e per quanto desiderasse fermarsi non osava farlo.Più di una volta gli era capitato di sentire i guerrieri vantarsi delle loro conquiste e delle violenze compiute, e come molti giovani aveva provato una certa eccitazione indiretta, ma adesso che gli si era presentata l’occasione usare violenza era l’ultima cosa che desiderava fare e si sentiva disgustato da quella lotta, che lo imbarazzava più che eccitarlo e che stava umiliando entrambi.All’inizio della giornata lui aveva avuto nei confronti di Neassa soltanto le intenzioni migliori e più nobili… com’era possibile che le cose fossero poi precipitate al punto che si erano ridotti ad accapigliarsi fra le erbacce?Poi Neassa si contorse sotto di lui in maniera diversa e Donough avvertì contro la propria pelle nuda l’umido calore della sua femminilità che gli strappò un sussulto e indusse il suo corpo ad assumere il controllo della situazione, liberandolo da ogni pensiero cosciente mentre il suo membro inturgidiva e pareva animarsi di vita propria.– No – mormorò lei, con la bocca premuta contro la sua guancia, ma quella parola adesso non aveva significato, era soltanto un suono, una protesta poco sentita che si perse nel ritmo frenetico che si era impadronito del suo corpo.Avvertendo una barriera esercitò una pressione maggiore e sentì qualcosa cedere; al tempo stesso la ragazza sussultò di dolore, ma lui non riuscì comunque a fermarsi.Gli sembrava stranamente di salire, come se stesse correndo su per una montagna con l’aria che si faceva sempre più sottile e il suo respiro che diventava sempre più affaticato: era disperatamente ansioso di raggiungere la cima dove era in attesa una ricompensa meravigliosa ma al tempo stesso non voleva arrivarvi perché desiderava continuare a salire all’infinito mentre quell’estasi da carenza di ossigeno andava aumentando dentro di lui fino a…Il sopraggiungere dell’orgasmo lo colse alla sprovvista: un brivido violento gli attraversò tutto il corpo quando giunse infine alla vetta e lui

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gridò un nome senza neppure rendersene conto perché ormai non era più consapevole di nulla tranne che dell’intensità di quello spasimo pulsante che lo stava scuotendo al punto da minacciare di strappare gli ormeggi stessi della sua anima.Neassa fu abbastanza generosa da rimanere distesa immobile in attesa che si calmasse, concedendogli di vivere fino in fondo quell’esperienza anche se non ne aveva condiviso la passione.– Mi stai schiacciando – protestò infine in tono irritato, una volta che lui si fu rilassato e che il suo respiro ebbe assunto un ritmo più lento.Donough si sollevò immediatamente a sedere. Il cuore gli martellava ancora nel petto ma adesso aveva ritrovato in certa misura il controllo e si sentiva talmente contrito da non osare guardarla in faccia perché non sapeva cosa fare, o cosa dire.Naturalmente non poteva scusarsi, perché era il figlio di Brian Boru.Con la coda dell’occhio vide Neassa sollevarsi lentamente a sedere e portarsi le mani ai capelli nel gesto senza tempo proprio di ogni donna che cerchi di riparare i danni subiti dalla sua pettinatura, notò che la gonna dell’abito era ancora arruffata intorno alle cosce ora sporche di sangue. Poi Neassa si accorse che lui la stava guardando e atteggiò il volto ad una smorfia contrariata.– Mi hai fatto decisamente male – dichiarò.

Sul finire della giornata una sentinella di guardia sopra le porte di Kincora lanciò un avvertimento a quanti si trovavano all’interno.– Arriva qualcuno… un solo cavallo – gridò, poi socchiuse gli occhi per ripararli dal bagliore del tramonto e sogghignò nell’aggiungere: – Con due cavalieri.Rosso in volto e pieno di sfida, Donough oltrepassò le porte non appena si aprirono, senza guardare né a destra né a sinistra, mentre fra le sue braccia Neassa girava di continuo la testa di qua e di là come se non avesse mai visto Kincora prima di quel momento.Non appena scorse il sorrisetto compiaciuto che incurvava le labbra di sua sorella Maeve capì cosa era successo, ma Donough insistette per spiegare ogni cosa a Teigue quando lui e il fratello si appartarono nella camera privata di quest’ultimo.– Ho consumato il matrimonio con questa donna, rendendola mia moglie secondo la Legge Brehon. So che i contratti non sono stati stipulati e che non c’era un prete che invocasse su di noi la benedizione di Dio, ma lei è mia moglie ed ho bisogno di darle una casa.

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– Ti sei comportato molto, molto male – dichiarò Teigue, con le braccia incrociate sul petto e un’espressione dura sul volto. – Suo padre e i suoi parenti sono infuriati con noi, e non mi sento di biasimarli.– Lei è mia moglie – ripeté cocciutamente Donough. – Mi serve una casa in cui alloggiarla.– Potrai restare qui finché non ti sarai costruito un forte sulla tua parte delle terre di nostro padre.– Non voglio un altro forte, voglio questo che mi è stato lasciato in eredità!– Chiama Carroll – ordinò Teigue ad un servo, con un sospiro.Il confronto fu breve e sgradevole.– Brian non ha lasciato nessun testamento scritto – affermò Carroll, con assoluta certezza.Lo storico aveva appena avuto una conversazione con Mac Liag proprio su quell’argomento, ed entrambi si erano trovati d’accordo nel ritenere che il ragazzo fosse intelligente e pieno di spirito, ma non ancora pronto ad assumersi grosse responsabilità.– Ricorda che è il figlio di Gormlaith – aveva sottolineato Carroll, – la donna più irresponsabile che sia mai vissuta. Dobbiamo proteggere suo figlio da se stesso.– Sono d’accordo – aveva risposto Mac Liag. – Però dimmi una cosa, in confidenza: esiste davvero un testamento?– Non uno scritto – aveva replicato Carroll, con esitazione.– Tuttavia…– Tuttavia?– Prima che la battaglia avesse inizio Brian mi ha mandato a chiamare per ricordarmi la promessa di farlo seppellire ad Armagh, e durante quella conversazione ha anche elargito espressamente la propria benedizione al suo figlio minore. Non a Teigue o ad uno degli altri, ma al figlio di Gormlaith. È una cosa che mi ha lasciato perplesso.– È possibile che avesse voluto privilegiare Donough a scapito dei suoi fratelli?– È possibile – aveva ammesso Carroll. – In quel momento era difficile stabilire cosa passasse per la mente di Brian perché lui era vecchio e stanco e stava per affrontare una spaventosa battaglia. Ritengo che se avesse avuto la mente limpida non avrebbe elargito il suo favore al figlio della donna che ha causato quella battaglia. È impossibile che Brian abbia mai amato Gormlaith!– Ricordi l’aspetto che lei aveva quando si sono sposati? – aveva però

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ribattuto Mac Liag, con un accenno di sorriso. – Guardarla era sufficiente ad arrestare il cuore di un uomo.Con uno sforzo il vecchio poeta aveva poi riportato i propri pensieri al presente, aggiungendo:– In ogni caso hai ragione tu: sarebbe uno sbaglio enorme permettere al ragazzo di ereditare Kincora. Potrebbe fargli soltanto del male.– Non c’è nessun testamento – ripeté ora Carroll. – Mi dispiace.– Ma deve esserci stato! – esclamò Donough, che appariva stupefatto. Lui mi ha detto cosa intendeva fare!– Non posso confutare qualsiasi cosa Brian abbia scelto di dirti, però ti garantisco che non mi ha né consegnato né dettato un testamento scritto.– Sei stato tu a ordinargli di negare che esista un testamento? – esclamò Donough, fissando Teigue con occhi roventi.– Per nulla – rispose questi, in tutta sincerità. – Cerca di essere ragionevole, ragazzo. Tu e la tua… ah, la tua Neassa potrete vivere a Kincora come miei ospiti mentre prenderemo gli accordi per la celebrazione del vostro matrimonio e provvederemo a placare la tribù di suo padre.Quel riferimento a Neassa ricordò a Donough che durante il viaggio di ritorno a Kincora le aveva promesso che il palazzo sarebbe stato suo: adesso scoprire che non sarebbe stato così l’avrebbe contrariata, e lui la conosceva già abbastanza bene da sapere che non era donna da soffrire in silenzio.

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n Irlanda le notizie relative ai matrimoni di re e di principi e al conseguente, complicato ramificarsi delle alleanze tribali, viaggiavano con estrema rapidità. A Dublino, Gormlaith ascoltò

con ira crescente le novità provenienti dal Munster.I– Mio figlio sta per sposare la figlia di un semplice nobile?– esclamò, mentre nei suoi occhi riaffiorava una traccia dell’antico fuoco. – Non ha dunque imparato nulla da me? Un matrimonio deve migliorare la posizione di chi lo contrae o portare ricchezze al clan. Lui capiva questo genere di cose, infatti ha dato in sposa una delle sue figlie a mio figlio Sitric e un’altra ad un principe degli Scoti, ed ha trovato per gli altri suoi figli delle mogli provenienti dalle più nobili famiglie d’Irlanda… per tutti tranne che per quello stolto di Teigue, naturalmente, che non ha mai avuto sufficiente ambizione – sbuffò con disprezzo. – Cosa possono offrire le figlie di un nobilotto che alleva bestiame al clan di un Ard Ri? Mio figlio è giovane e stolto e a Thomond si stanno approfittando di lui: è chiaro che una ragazza dagli occhi dolci lo ha catturato con le sue trecce, o meglio con le sue cosce, ma adesso porrò io fine al suo galoppo.Quando sua madre entrò tempestosamente nella sala annunciando che doveva lasciare immediatamente Dublino il primo impulso di Sitric fu quello di gettarsi in ginocchio ed offrire sacrifici di ringraziamento ad Odino, ma si trattenne con uno sforzo perché conosceva Gormlaith troppo bene per mostrarsi d’accordo con lei, un comportamento che l’avrebbe soltanto indotta a cambiare idea.– Lascia in pace quel ragazzo – replicò invece, pettinandosi la barba con le dita. – Adesso sei fuori dalla sua vita, lontana da Kincora e da tutte le spiacevolezze ad essa connesse. Credevo che non volessi rivedere mai più quel posto.– Infatti, ma lui è mio figlio ed ho un obbligo nei suoi confronti.– Ho bisogno di te qui, madre – insistette Sitric, mantenendo un’espressione indecifrabile.

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– È ovvio che ne hai, dal momento che da solo non sei capace di badare ad un topo che attraversi la strada, però io andrò a Kincora per prevenire questa sconsiderata alleanza e insisto perché tu mi fornisca un carro adeguato alla mia posizione. E anche una guardia d’onore.Sitric sapeva che in tutta Dublino non c’era un solo carro che Gormlaith avrebbe considerato adeguato alle sue esigenze, ma requisì comunque il miglior veicolo disponibile e lo fece attrezzare con cuscini e coperte di pelliccia, attaccando ad esso un paio di rapidi cavalli e aggiungendone un’altra coppia che desse loro il cambio, oltre ad una scorta di robusti Danesi messa insieme in tutta fretta, ai quali impartì istruzioni concise e alquanto ermetiche.– Non perdete mai di vista mia madre – disse loro, – ma se le dovesse capitare qualche disavventura non abbiate troppa fretta di soccorrerla.E anche se non fornì ulteriori spiegazioni gli uomini compresero molto bene cosa avesse inteso dire.Come un vento di tempesta che soffiasse verso l’interno dal Mare d’Irlanda, Gormlaith partì infine alla volta di Kincora.Durante il regno di Brian Boru era stato possibile per le donne viaggiare senza essere molestate da un’estremità all’altra dell’isola pur avendo indosso tutti i loro gioielli, ma adesso Brian era morto e già nelle foreste cominciavano a formarsi bande di fuorilegge per le quali una donna anziana avvolta in pellicce e scintillante d’oro avrebbe dovuto costituire una preda appetitosa… e tuttavia nessuno tentò di avvicinarsi a Gormlaith.– Il fato cavalca al suo fianco – cominciò a sussurrare la gente, fissando Gormlaith con lo stesso superstizioso timore di solito riservato alle pietre druidiche o agli alberi delle fate.Tolte le redini dalle mani dell’auriga che le era stato assegnato, lei guidò di persona i cavalli lungo la Slighe Dala, sferzandoli senza pietà con la lunga frusta, al punto che la scorta cominciò ad avere delle difficoltà a mantenere il passo del sobbalzante carro di vimini.– Finirà per ribaltarsi ed uccidersi – commentò uno dei Danesi, rivolto ad un compagno.– Non quella donna – ribatté l’altro. – Non si potrebbe uccidere Gormlaith neppure con un’ascia.Durante tutto il viaggio lei si lamentò di continuo di tutto e di tutti, compreso l’alloggio che ad ogni tramonto le veniva fornito dai condottieri di cui stavano attraversando il territorio, nessuno dei quali osò rifiutarle asilo pur non desiderando al tempo stesso averla sotto il suo tetto.L’ospitalità che le venne estesa fu comunque ridotta al minimo e in

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cambio Gormlaith insultò apertamente quegli orgogliosi condottieri irlandesi.– Adesso capisco perché Sitric Barba di Seta è ingrigito come un tasso – commentò un membro della sua sempre più imbarazzata scorta. – Quella donna vive sotto il suo tetto.– E sua moglie è una delle figlie di Brian Boru – aggiunse un’altra guardia. – Immaginate come deve essere la vita di Sitric, intrappolato fra quelle due donne?– Per lui sarebbe stato meglio brandire un’ascia a Clontarf e lasciare che l’Ard Ri lo uccidesse – sentenziò un terzo, e gli altri annuirono in segno di assenso.Nel complesso gli uomini della scorta trovarono quel viaggio interminabile, ma Gormlaith risultò ancor più impaziente di loro, perché ad ogni giro delle ruote del carro aumentava la preoccupazione che quello stolto di suo figlio potesse sposarsi prima del suo arrivo.

In effetti i timori di Gormlaith erano fondati, perché Teigue aveva deciso per un matrimonio affrettato al fine di blandire i parenti di Neassa, soluzione a cui Donough non aveva trovato da obiettare anche perché intendeva riasserire le proprie pretese su Kincora una volta che fossero state osservate tutte le formalità.Neassa, dal canto suo, mostrò di voler invitare tutti coloro che conosceva perché potessero vederla sposare un figlio dell’Ard Ri.– Non offriremo ospitalità ad ogni compagno di giochi della tua infanzia – avvertì però Maeve.– Perché no? Brian Boru intratteneva di continuo centinaia di persone e…– Mio marito ha un temperamento molto diverso e ti posso garantire che non vuole vedere una folla d’invitati divorare le sue scorte di viveri e indugiare per settimane nella sua sala.Nessa mise il broncio, ma Maeve la ignorò.Anche se non ci sarebbero state grandi folle d’invitati, Donough insistette dal canto suo perché gli amici più intimi di suo padre fossero presenti, e ottenne da Mac Liag una lista di quanti fra essi si sapeva essere ancora vivi.Il giovane e il poeta sedettero accanto al focolare nella casa di Mac Liag, scrutando i nomi alla luce del fuoco mentre fuori una delle prime tempeste estive faceva spumeggiare le acque del Lough Derg.– Questo chi è? – domandò Donough, indicando un nome in particolare.– Oh, è Padraic, naturalmente – replicò Mac Liag, dopo essersi chinato

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maggiormente per leggere.– Padraic? – ripeté Donough, che non aveva mai sentito quel nome.– In origine era l’attendente di tuo padre, all’epoca in cui Brian era ancora giovane, e in seguito è diventato il suo fidato confidente. Durante la Battaglia di Glenmama ha però riportato una ferita che gli è costata la perdita della vista e Brian ha dovuto metterlo a riposo. Nessun uomo ha mai amato maggiormente Brian Boru… o ha ricevuto da lui maggiore affetto – aggiunse con malinconia Mac Liag.– Sono sorpreso che non gli sia stato permesso di restare a Kincora per concludere i suoi giorni serenamente vicino a mio padre.– Si è trattato di una questione politica – spiegò Mac Liag.– Vedi, Padraic ha avuto… ah… una relazione con una donna che non era cristiana. Una seguace delle antiche usanze druidiche.– Un druido?– Esatto. Quella donna si chiamava Niamh e Padraic le era molto affezionato. Io ho sempre pensato che Brian abbia incoraggiato la loro relazione perché provava lui stesso una certa simpatia per i druidi anche se non lo avrebbe mai ammesso perché gli serviva il sostegno della Chiesa nei suoi diversi giochi politici. Io però sapevo ciò che provava nel suo intimo… non l’ho forse visto a volte sgusciare fuori all’alba per portare piccoli doni a lei, sul Crag Liath?Cumara, che stava alimentando il fuoco, s’irrigidì nel sentir menzionare il Crag Liath, ma il vecchio non se ne accorse, come non notò l’occhiata sorpresa di Donough.– In seguito la donna chiamata Niamh ha abbandonato Padraic – proseguì il poeta. – Nessuno sa dove sia andata, si sa soltanto che sua madre è venuta a prenderla e l’ha portata via. Padraic ne ha sofferto per parecchio tempo, e personalmente credo che per questo sia diventato tanto sbadato in battaglia da rimanere ferito e cieco.«Padraic non ha però mai smesso di pensare a lei, e Brian di assicurargli che un giorno sarebbe tornata. Infatti Niamh è tornata davvero, ma Brian non poteva certo invitare un druido a stabilirsi a Kincora con i vescovi e gli abati che vanno e vengono da qui con la stessa frequenza con cui cambia il vento, quindi ha concesso a Padraic una tenuta nelle vicinanze del suo luogo di nascita, da qualche patte al di là di Ennis.– E lui ha vissuto là con una donna druido? – domandò Donough, incuriosito.– Esatto. Quando è tornata da lui quella donna ha portato con sé un bambino che era l’immagine stessa di Padraic, e in seguito hanno avuto

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altri figli che sono stati allevati secondo l’Antica Fede – ridacchiò il poeta. – Dopo tutto Padraic aveva perso soltanto la vista, il resto del suo corpo continuava a funzionare alla perfezione.– Quindi si sono sposati? – domandò Donough, la cui mente era concentrata sull’idea del matrimonio.Mac Liag si concesse un momento per massaggiarsi l’arco del naso con il pollice e l’indice.– Non direi esattamente che si sono sposati, perché i riti druidici sono alquanto… diversi. Comunque erano devoti uno all’altra, e quando Niamh è morta Padraic ha chiesto a Brian il permesso di erigere un grande tumulo in suo onore, su cui lo stesso Brian ha deposto l’ultima pietra.«Avresti dovuto sentire il lamento che ho composto per l’occasione, uno dei migliori che abbia mai creato – continuò il vecchio, con un tremito nella voce. – Tutti hanno pianto, poi siamo tornati qui e Brian si è seduto dove sei tu adesso, e abbiamo parlato…Il vecchio cominciò quindi ad andare alla deriva nel mare dei ricordi e Cumara posò una mano sulla spalla di Donough.– In questo momento ha smesso di piovere, perciò è meglio che tu vada – gli disse. – Intanto io lo metterò a letto prima che cominci a piangere.

Quando lasciò la casa di Mac Liag e si avviò sul sentiero fangoso che arrivava fino alle porte di Kincora, Donough si sorprese a guardare verso la propria destra, in direzione della vetta boscosa del Crag Liath.La cima era adesso nascosta da una coltre di nuvole basse e l’aria satura di pioggia conteneva la certa promessa del ritorno della tempesta, ma Donough si fermò comunque a fissare la rupe minacciosa.Aveva sempre accettato senza remore il fatto che lo spirito guardiano dei Dal Cais fosse un ban shee, un residuo incorporeo della razza di maghi chiamati Tuatha de Danann che erano stati sconfitti dai suoi antenati gaelici millecinquecento anni prima, e ricordava ancora come il ban shee l’avesse avvertito di quello che era successo a Clontarf.Adesso però si trovò a interrogarsi su chi… o cosa… dimorasse sul Crag Liath, a chiedersi a chi suo padre avesse portato quei «piccoli doni»: ad un ban shee proveniente da un passato pagano oppure a qualcosa di più concreto? Come aveva fatto Brian a sapere che la donna druido sarebbe tornata da Padraic?D’un tratto si trovò a domandarsi fino a che punto avesse effettivamente conosciuto Brian Boru.

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Il matrimonio di Donough Mac Brian con Neassa Ni Gadhra si sarebbe svolto attraverso diverse fasi successive: innanzitutto Donough e Neassa avrebbero accettato le clausole del contratto di matrimonio alla presenza di un brehon, come la nobiltà irlandese aveva sempre fatto ancora prima dell’avvento della cristianità in quanto quel contratto stabiliva i termini che avrebbero regolato i rapporti fra i coniugi. Poi gli ospiti si sarebbero radunati per assistere alla benedizione cristiana impartita alla coppia dal chierico di rango più elevato, Cathal Mac Maine.Mentre preparavano il banchetto che avrebbe fatto seguito alla cerimonia, i servi si scambiarono qualche pettegolezzo nelle cucine.– Per un banchetto di nozze l’Ard Ri avrebbe mandato i cacciatori in cerca di ogni cinghiale e di ogni cervo di Thomond – dissero uno all’altro. – In quale celebrazione Principesca si sono mai serviti comune carne di montone e lucci pescati nel fiume?Infine l’intendente Enda intervenne a zittirli.– Il mio padrone non vuole che il giovane Donough si convinca di occupare una posizione più elevata di quella che effettivamente detiene: questo non è il matrimonio di un re ma soltanto di un figlio minore, quindi si farà festa ma in maniera sobria.In maniera sobria. I servi si scambiarono occhiate significative.– Ahimè, Kincora – borbottò sotto voce uno di essi, ripetendo il ritornello del lamento funebre che Mac Liag aveva creato per Brian Boru.

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Clontarf Brian Boru aveva infranto il potere dei Vichinghi, ma come lui stesso aveva previsto scacciarli dall’Irlanda era ormai impossibile, come dimostrò la carovana di carri appartenenti a

mercanti norvegesi provenienti da Limerick che Gormlaith incontrò nell’imboccare la strada che portava a Kincora.

AAnche se alcuni guerrieri originari di Limerick avevano combattuto al fianco di Brian Boru, i mercanti di quella città si erano resi conto soltanto in modo vago del fatto che una grande battaglia era stata combattuta dalla parte opposta dell’isola in quanto il principale, se non unico, interesse di Limerick e della sua gente era il commercio. Mediante il mare, un flusso costante di merci andava e veniva dall’Irlanda indipendentemente da quali e quante battaglie venissero combattute, perché l’oro e il cuoio irlandesi erano considerati all’estero di grande pregio e dal canto loro i condottieri irlandesi costituivano un proficuo mercato per i beni che i Vichinghi importavano fin dalle rive del Mar Caspio.Alla vista dei mercanti Gormlaith segnalò alla sua scorta di arrestarsi, poi scese dal carro e si diresse a grandi passi verso i mercanti, con il mantello che le si agitava intorno alle spalle, mentre gli uomini della scorta aspettavano impassibili in sella ai loro cavalli.– Dove pensate di andare? – domandò in tono brusco Gormlaith all’uomo biondo e massiccio che camminava accanto alla prima pariglia di buoi.Il Norvegese, un giovane che per la prima volta si trovava a capo di una carovana di merci di suo padre, la fissò a bocca aperta perché l’ultima cosa che si era aspettato in quel viaggio era stata di essere affrontato da un’anziana Irlandese che aveva indosso più oro di quanto lui ne avesse visto su una singola persona in tutta la sua vita.– Siamo diretti a Kincora, madre – replicò, appoggiando una mano sulla schiena calda del bue più vicino e usando automaticamente il titolo onorifico che i Norvegesi rivolgevano a qualsiasi donna che fosse uscita dall’infanzia.

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– Non sono tua madre – ritorse però Gormlaith, con occhi roventi. – Chi ti ha invitato a Kincora?Accorgendosi che la donna si stava comportando in modo deliberatamente scortese il giovane Norvegese s’irrigidì per l’indignazione ma si trattenne dal guardare alle proprie spalle per controllare la reazione degli altri conducenti: adesso era lui ad avere il comando della carovana.– Noi siamo mercanti – rispose, – e i mercanti sono sempre i benvenuti dovunque. Attualmente, però, stiamo portando birra, sete e cannella a Kincora in occasione di un matrimonio che vi deve avere luogo.– Cannella? – ripeté Gormlaith, inarcando le sopracciglia. – Vera cannella e non semplice corteccia d’albero tritata che cerchi di far passare per cannella a spese degli Irlandesi ignoranti? Fammi vedere.Spinto di lato lo stupefatto mercante, Gormlaith si protese oltre il fianco del carro e gettò indietro la pelle che copriva il carico.– Un momento… – cominciò il Norvegese, protendendosi per afferrarla, ma in quel momento una lancia s’interpose fra lui e la donna, e nel sollevare lo sguardo il mercante vide un guerriero danese che lo stava fissando con occhi roventi dall’alto del proprio cavallo.– Questo è il mio carro e quelle sono le mie merci! – protestò comunque, non lasciandosi intimidire. – Non posso permettere che una sconosciuta…– Lei è la Principessa Gormlaith – lo informò il guerriero a cavallo.– Non m’importa se è addirittura la Dea Freya in persona, non ha il diritto di frugare fra le mie merci! – esclamò il giovane mercante, poi accennò ad aggiungere altro ma si bloccò perché aveva infine riconosciuto il nome di Gormlaith: quando da ragazzo aveva accompagnato suo padre a Kincora non aveva mai avuto modo d’incontrarla, ma sapeva chi fosse.Tutti sapevano chi fosse Gormlaith.Il giovane esitò, incapace di credere che la megera che stava frugando fra le sue merci come un avido tasso potesse essere stata la donna più bella d’Irlanda e la moglie di tre diversi re, e nel frattempo Gormlaith pescò infine all’interno del carro un sacchetto di mussola che si accostò al naso, fiutandone con sospetto il contenuto.– È vera cannella – ammise infine, gettando di nuovo il sacchetto nel carro, – ma di certo stai progettando di ingannare i tuoi clienti in qualche altro modo.– Io non inganno nessuno – dichiarò il giovane mercante, fissandola con occhi furenti. – Vendo buone merci in cambio di buone monete.– Monete? – ripeté Gormlaith, con un improvviso bagliore negli occhi verdi. – Sai che mio figlio Sitric ha fatto coniare le prime monete che

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siano mai circolate in Irlanda? Probabilmente devi averne qualcuna… sono quelle con il suo profilo. Lui voleva usare il mio, ma naturalmente l’ho convinto che sarebbe stato più appropriato usare il suo.Nel sentire quelle parole i membri della scorta si scambiarono un’occhiata e si morsero la lingua per non interloquire, perché in tutta Dublino era ampiamente risaputo che Gormlaith aveva fatto l’impossibile per ottenere che il suo volto venisse riprodotto sulle monete, e aveva poi tormentato Sitric per mesi quando questi aveva deciso invece di usare il proprio ritratto.– Se state andando a Kincora – proseguì intanto Gormlaith, – questo significa che dovete essere intenzionati a cercare di vendere le vostre cianfrusaglie a quell’altro mio figlio, però vi avverto che non comprerà nulla perché ha ereditato da me un gusto eccellente.Rivolta un’ultima occhiata sprezzante alle merci accumulate sul carro, tornò quindi al proprio veicolo, ma si arrestò con un piede sul predellino.– Conosci questa donna che si suppone mio figlio stia per sposare? – domandò al mercante.Quell’incontro si stava rivelando così bizzarro che il giovane si mostrò incerto se rispondere o meno, ma il guerriero a cavallo lo pungolò gentilmente con la punta della lancia, inducendolo a decidersi.– La conosco, o meglio ne ho sentito parlare. È la sorella della moglie di Teigue Mac Brian.– Quanti capi di bestiame possiede suo padre? Acquistate da lui del cuoio?– Non commerciamo con lui perché le sue bestie danno un cuoio di scarsa qualità.– Hah! – esultò Gormlaith, balzando sul suo carro con sorprendente agilità, poi afferrò la frusta e la fece schioccare sulla groppa dei cavalli, che scattarono in avanti. Un momento più tardi il carro si stava già allontanando alla massima velocità tallonato dalla sua scorta, lasciando i mercanti avvolti in una nuvola di polvere.Seguendo con lo sguardo il carro che si allontanava, il giovane Norvegese a capo della carovana si chiese se non sarebbe stato più prudente evitare del tutto Kincora e andare invece a vendere le proprie merci ai condottieri che vivevano oltre Nenagh.

La maggior parte degli ospiti invitati per le nozze era già arrivata a Kincora e a seconda del rango era stata alloggiata in camere private o in una delle grandi case per gli ospiti fatte di legno e cannicciate.In attesa della formalizzazione del loro matrimonio, Donough e Neassa

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erano stati sistemati in un appartamento un tempo riservato a Murrough perché sarebbe stato impensabile rimandare Neassa presso suo padre prima delle nozze: un insulto del genere avrebbe infatti scatenato una guerra fra clan perché con o senza contratto e benedizioni lei era adesso la moglie di Donough e una sua responsabilità.Al tempo stesso, il giovane stava cominciando a scoprire che questa responsabilità aveva anche qualche aspetto irritante. Di notte, sotto le pellicce e le coperte, la vicinanza di Neassa era per lui un piacere, ma durante il giorno avrebbe voluto allontanarla dalla mente e dedicarsi al compito di solidificare nuove alleanze. E tuttavia non appena trovava un angolo appartato dove poter discutere in privato di politica Neassa gli compariva immancabilmente accanto.– Ah, eccoti qui, Donough! Ti stavo cercando. Dimmi, credi che per il nostro matrimonio dovrei indossare queste perle che mi ha dato mia sorella, o che queste siano più adatte? – chiedeva, avendo sempre qualche diverso problema da sottoporgli, poi piroettava su se stessa per farsi vedere senza badare agli altri uomini che erano con lui e distruggendo l’atmosfera che Donough era nel frattempo riuscito faticosamente a creare. Per quanto lui cercasse di allontanarla, Neassa poi indugiava a parlare di sciocchezze come se fossero state la cosa più importante del mondo, e alla fine invariabilmente gli uomini di cui Donough aveva cercato di ottenere il supporto si allontanavano, abbandonandolo con lei.– Neassa parla di continuo senza dire nulla – sintetizzò efficacemente Fergal.– È soltanto giovane ed eccitata – ribatté Donough, prendendo le difese di Neassa perché sapeva di doversi mostrare leale nei suoi confronti davanti agli altri in quanto questo faceva parte del contratto di matrimonio secondo la Legge Brehon.– Lo dici adesso che ti ha appena conquistato – rise suo cugino, – ma aspetta che sia più vecchia e vedrai che non migliorerà.Donough però non volle credergli perché era deciso a trovare in Neassa delle qualità nascoste che lui solo potesse apprezzare: quelle qualità dovevano esistere, perché voleva amarla e voleva essere felice. Di certo per riuscirci sarebbe bastato soltanto un piccolo sforzo di volontà.Il matrimonio avrebbe dovuto avere luogo il primo giorno della luna nuova. Alcuni ospiti arrivarono all’ultimo momento, e da parte del Principe di Desmond giunse soltanto un messaggio gelido e conciso in cui si affermava che né lui né sua moglie avevano piacere di partecipare a qualsiasi festa in onore di Donough Mac Brian.

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– Guai in vista – commentò Teigue, rivolto alla moglie, e convocò immediatamente Donough per ottenere una spiegazione; non appena lui arrivò esordì: – Nostro padre ha dato nostra sorella Sabia in moglie a Cian di Desmond con l’espresso intento di portare la pace fra i Dal Cais e gli Owenacht, e tuttavia adesso pare che si stia sviluppando un nuovo motivo di rancore. Cosa è successo?– Abbiamo litigato, ma non è stato nulla di grave.– Nulla di grave? Se dovesse costarmi il sostegno degli Owenacht questo potrebbe comportare seri problemi per la mia sovranità – ritorse Teigue.– Allora sei deciso a diventare il Re del Munster? – domandò Donough, incrociando le braccia sul petto.– Nostro padre ha detenuto quel titolo fino alla morte, ed io sono il suo figlio maggiore.– Secondo la tradizione della scelta del successore, uno qualsiasi dei nostri cugini prossimi potrebbe avanzare una pari rivendicazione al titolo – gli fece notare Donough.– Ma nessuno di essi lo ha fatto per rispetto verso nostro padre – ribatté Teigue, accantonando la tradizione con un cenno della mano. – Nel caso te ne sia dimenticato, Donough, ti voglio rammentare che il piano di Brian Boru era quello di fondare una dinastia regnante basata sulla successione diretta di padre in figlio, secondo il modello delle famiglie reali dei Britanni e dei Galli.– Non intendo discutere su questo punto. Metto solo in discussione il fatto che tu possa essere l’uomo più adatto a succedere a Brian Boru in qualità di re.– Io sono il solo che gli possa succedere – dichiarò in tono severo Teigue, fissandolo con espressione dura. Inizialmente non aveva voluto la sovranità ma sulla spinta dell’ira destata in lui da Donough cominciava ora a sentir emergere dentro di sé almeno una parte dell’ambizione che era stata di Brian Boru.Donough si trattenne dal ribattere perché sapeva che alienarsi ulteriormente il fratello non gli sarebbe servito a nulla, senza contare che Teigue era il parente più prossimo che gli fosse rimasto, a parte alcune sorelle che non aveva mai visto e una madre che non voleva più vedere.– È stato un errore litigare con Cian – ammise, a fatica, – però la tribù degli Owenacht è sempre stata litigiosa e se tu ti fossi trovato al mio posto sarebbe successa la stessa cosa. Cian si offende con estrema facilità.– Non voglio che tu riversi su Cian il biasimo per l’accaduto: devi addossarti la responsabilità delle tue azioni.

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– È quello che sto cercando di fare!– Lascia perdere, Donough – sospirò Teigue. – Una volta passato questo matrimonio tenterò di ristabilire rapporti amichevoli con il Principe di Desmond.– Se sono responsabile del problema dovrei occuparmene io – obiettò Donough.– Non voglio che tu intorbidi ulteriormente le acque – ribatté però suo fratello, in tono severo.

– Mi sento come un cavallo impastoiato – si lamentò più tardi Donough con Mac Liag; ultimamente finiva per recarsi quasi ogni giorno a casa del vecchio poeta, cercando… non sapeva neppure lui che cosa.– I cavalli impastoiati accettano i loro legami e sono obbedienti – replicò Mac Liag.– Ma sono stato io a riportare indietro da Clontarf l’esercito del Munster! Ho perfino conseguito una specie di vittoria lungo la strada, quindi adesso merito di meglio che essere trattato come un bambino.– Tuo fratello Murrough ha avanzato le stesse lamentele fino al giorno della sua morte – osservò il vecchio, con un bagliore divertito nello sguardo. – Però Brian non gli ha mai lasciato le briglie sul collo.– Almeno Murrough è morto con lui – commentò in tono amaro Donough.– Non è facile essere un superstite, lo so perché ogni giorno della mia vita rimpiango di non essere morto con il fiore dei Dalcassiani.– È esattamente questo ciò che volevo dire! – esclamò il giovane. – Anche tu parli come tutti gli altri, come se tutto ciò che c’era di più bello e nobile al mondo fosse morto! Però io sono vivo. Guardami, sono fatto di carne e di sangue e sono qui davanti a te.– Sii paziente, ragazzo – consigliò Mac Liag. – Ciò che ti spetta in sorte prima o poi giungerà.Nel lasciare la casa del poeta, Donough si sfogò sotto voce con Cumara.– Lui fa presto a parlare, perché ha vissuto un’esistenza ricca di onori… ma io cosa ho? – borbottò.Cumara rispose soltanto con un’occhiata piena di comprensione.

Il giorno del matrimonio si rivelò nuvoloso, con una cortina di pioggia grigia che incombeva nel cielo a nord del lago e le nuvole basse che nascondevano la massa incombente del Crag Liath che dominava Kincora.Il servo personale di Teigue, Torchan, aveva offerto a Donough uno degli

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uomini alle sue dipendenze perché lo aiutasse a prepararsi per l’occasione, ma il giovane aveva chiesto invece di avere accanto Fergal.– Voglio al mio fianco un alleato – spiegò al cugino.– Perché? Sei nervoso? Si tratta soltanto di un matrimonio, e per di più hai già posseduto la tua donna.– Ti voglio vicino – ripeté Donough, sebbene il senso pratico di Fergal non sembrasse sufficiente a rilassare il nodo che gli serrava lo stomaco.Per l’occasione si vestì con una tunica nuova e con un mantello carminio punteggiato di grigio e di nero e decorato con grossi tasselli di pelo di cavallo, abbastanza grande da poter essere avvolto quattro volte intorno al suo corpo in quanto una simile quantità di lana tessuta rappresentava la sua prosperità di principe.Ponendosi di fronte al cugino, Fergal sollevò uno specchio in modo che Donough potesse ammirare il risultato finale, e nel guardarsi nella superficie di lucido metallo il giovane ebbe l’impressione di somigliare in certa misura a suo padre.– Ti ricordo qualcuno? – domandò a Fergal.– Mi ricordi un ragazzo spaventato che abbia paura di essere frustato da qualcuno – ribatté con assoluta insensibilità suo cugino. – Sei pronto ad andare?

Il primo evento della giornata era la recita del contratto di matrimonio preparato dalle parti, effettuata alla presenza del brehon anziano. Si trattava di una cerimonia sobria e privata, come si conveniva nel caso di accordi legali relativi a delle proprietà, quindi soltanto Teigue e Gadhra accompagnarono la giovane coppia, in quanto entrambi i loro clan sarebbero stati vincolati dagli accordi in procinto di essere stretti. Una volta che il contratto fosse stato accettato formalmente da entrambe le parti e fossero stati scambiati dei simboli… pezzi di cuoio dorato che rappresentavano il bestiame promesso come prezzo di nozze e coltelli cerimoniali che raffiguravano il rafforzarsi dell’alleanza con il clan di Gadhra… i festeggiamenti avrebbero potuto cominciare.A quel punto sarebbe seguita la benedizione da parte della Chiesa, elargita dall’Abate di Kill Dalua nella cappella di Saint Flannan, e questo evento avrebbe segnato l’inizio di tre giorni di festeggiamenti. La partecipazione sacerdotale non era abituale nei matrimoni comuni, ma stava diventando sempre più frequente nelle nozze di membri di clan nobiliari a mano a mano che la cristianità consolidava la propria presenza in Irlanda.Nel lasciare la camera privata dove era stato formalmente accettato il

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contratto di matrimonio, la coppia attraversò il cortile principale di Kincora per dirigersi verso la cappella di pietra grigia, e subito parenti e dipendenti della tenuta si affollarono tutt’intorno.I servi avevano coperto il terreno con canne tagliate di fresco e cosparse di fragranti boccioli di biancospino, una pianta che secondo i poeti fioriva a Kincora più a lungo di quanto facesse in qualsiasi altra parte d’Irlanda.– Mi sento come una regina – dichiarò Neassa, rivolgendo sorrisi raggianti a destra e a sinistra nell’agitare la mano verso i presenti come se fossero stati i suoi sudditi. In effetti era splendida in una casacca di morbida lana priva di maniche che sovrastava un abito di lino sfarzosamente ricamato in filo di seta; perline di vetro importate via mare decoravano le sue babbucce.Donough si sentiva al tempo stesso esaltato e imbarazzato, perché quello era soltanto il secondo rituale della sua vita in cui avesse avuto una posizione di primo piano… e non aveva modo di ricordare il primo in quanto si era trattato del battesimo. Cercando di vincere la propria timidezza, avanzò quindi con passo solenne e sforzandosi di assumere un atteggiamento dignitoso.Neassa si adeguò subito alla sua andatura ma badò a tenersi un passo più indietro perché secondo la Legge Brehon il loro era un matrimonio di secondo grado in quanto i coniugi non avevano la stessa condizione sociale ed economica, e la posizione di quello di rango inferiore era quindi determinata dalla tradizione.Fra le persone che si erano accalcate a formare una linea fitta su entrambi i lati del loro percorso c’era un uomo anziano e ossuto i cui capelli sbiaditi conservavano ancora una sfumatura rossa e che Donough identificò come Padraic, l’antico attendente di suo padre, a causa degli occhi ciechi e infossati. A lui si stringevano protettivamente intorno parecchi giovani, fra cui una ragazza snella dai capelli neri.Donough l’aveva ormai quasi oltrepassata quando qualcosa attrasse la sua attenzione e lo indusse a voltarsi: fra tutti gli ospiti presenti, la ragazza era la sola ad essere scalza e i suoi piedi nudi e bianchi dall’arco pronunciato facevano capolino da sotto una gonna rossa.Lo sguardo di Donough si spostò sul volto della ragazza: il suo naso era tanto diritto da essere quasi greco e il mento deciso avrebbe fatto onore a qualsiasi regina; sotto le sopracciglia regolari gli occhi scuri e indecifrabili scintillavano come se fossero stati colmi di stelle.Quello era un volto che lui avrebbe saputo riconoscere dovunque, anche se al tempo stesso avrebbe potuto giurare con assoluta sincerità di non aver

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mai incontrato prima quella ragazza… e mentre si fissavano a vicenda fra loro si svolse una silenziosa conversazione la cui intensità lo lasciò sconvolto.Dimentico della folla che lo circondava, della futura sposa che gli camminava accanto, dell’abate che li stava aspettando, Donough si sentì circondare da una nube grigia trapassata da un singolo raggio di luce, in mezzo al quale spiccava la ragazza dalla gonna rossa che gli sorrideva come se lo conoscesse da un migliaio di anni.

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n seguito non sono mai riuscito a ricordare l’ingresso nella cappella né le preghiere recitate da Cathal Mac Maine davanti all’altare: anche se i miei occhi restavano fissi sull’abate, con un

altro senso più profondo stavo infatti cercando la presenza della ragazza nella penombra circostante.

IQuando mi resi conto che lei non era entrata nella cappella ne fui sconvolto e desiderai che Cathal la smettesse di recitare le sue litanie in modo da poter uscire a cercarla.– Le risposte – sibilò Neassa, assestandomi una gomitata nelle costole.– Le… ah… certo – balbettai, riportando la mia mente al presente e recitando le frasi latine che ci si aspettava di sentire da me. Cathal tracciò quindi su di noi il segno della Croce, poi seguirono altre preghiere e finalmente la cerimonia si concluse.Lasciai la cappella quasi correndo.Ma la ragazza con la gonna rossa non c’era più.

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er l’occasione Mac Liag aveva indosso tutti e sei i colori a cui aveva diritto come poeta: la sua tunica pieghettata arrivava fino alle caviglie e il mantello semicircolare era a strisce gialle, verdi,

nere, rosse, grigie e blu. Perfino Teigue, che ancora non era Re del Munster, non era vestito in modo così sfarzoso, e Mac Liag spiccava nel cortile come se fosse stato un arcobaleno tanto da indurre Donough a puntare dritto verso di lui.

P

– Quell’uomo cieco che era qui poco fa era Padraic, vero? – chiese al poeta.– Sì. Sono stato contento di vederlo, dopo tanto tempo.– Chi era quella giovane donna con la gonna rossa che lo accompagnava?– Non l’ho notata – replicò Mac Liag, dopo aver frugato nella propria memoria, – però suppongo che fosse una delle sue figlie. Come me, Padraic è vedovo e…– Perché non sono entrati nella cappella? – lo interruppe con impazienza Donough.– Ah, Padraic non avrebbe mai commesso un atto così sconveniente.– Cosa intendi dire?– Non ricordi quello che ti ho raccontato? Sua moglie seguiva l’Antica Fede e anche i suoi figli aderiscono ad essa. I pagani non sono i benvenuti nella cappella di Saint Flann e Padraic non sarebbe mai entrato senza i suoi figli.– Chi dice che non sarebbero stati i benvenuti? – infuriò Donough. – È il mio matrimonio, posso avere ospite chi voglio ed io volevo Padraic e la sua famiglia nella cappella.Cathal Mac Maine parve materializzarsi accanto a lui, con i lineamenti massicci contratti in un’espressione di disapprovazione.– Sei appena uscito dalla Casa di Dio – ricordò a Donough, – e mi aspetto un certo decoro da parte tua quando hai ancora una benedizione che ti cinge la fronte. Invece stai volutamente causando guai.

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– Hai sentito quello che stavamo dicendo?– Certo che l’ho sentito. La tua voce è profonda e arriva lontano: volevi portare dei pagani nella Casa di Dio.– Gli stavo giusto spiegando come stanno le cose, Cathal, perché non lo sapeva – intervenne Mac Liag, cercando di placare gli animi.– Invece lo sapevo – lo contraddisse Donough. – Me ne avevi già parlato in passato… però io volevo avere vicino quel vecchio amico di mio padre e la sua famiglia. Alla luce del servizio che Padraic ha reso all’Ard Ri nessuno gli può negare di avere accesso a Kincora.– Non a Kincora – convenne l’abate. – Però sarei pronto a sbarrare loro l’accesso al sacro interno di Saint Flannan con il mio stesso corpo, se fosse necessario. Hai capito?Intanto Teigue interruppe una conversazione che stava avendo con Gadhra e attraversò il cortile diretto verso di loro.– Cosa c’è che non va? – domandò.– Perché quando ci sono di mezzo io supponi sempre che ci sia qualcosa che non vada? – ritorse Donough, cercando di tenere a freno l’ira.Cathal Mac Maine si lanciò invece prontamente in una spiegazione condita da numerose espressioni di indignazione clericale, mentre Donough riprendeva a difendere la propria posizione, Mac Liag cercava di sovrastare entrambi e Teigue si sforzava di prendere il controllo della situazione.Ben presto le voci salirono di tono, facendosi sempre più irose.

– Guarda quegli uomini laggiù! – protestò Neassa, rivolta a Maeve. – È il mio giorno di nozze e stanno litigando per rovinarmelo.– Sono uomini dei Gael – commentò sua sorella, scrutando il gruppo in questione con occhio esperto. – Amano discutere e comunque ti garantisco che non ti rovineranno questo giorno di festa. I principi irlandesi sono tutti guerrieri, perché sono diventati nobili proprio combattendo e vincendo: domarli non è possibile perché significherebbe distruggerli.– Il tuo Teigue non è un guerriero – ribatté sventatamente Neassa. – Tutti sanno che è pacato come un bue.– Il mio Teigue sa combattere bene quanto chiunque altro! – esclamò Maeve, in tono iroso. – Sei una stupida ragazza ignorante.– Non gridare con me! – infuriò Neassa, rossa in volto e con gli occhi pieni di lacrime.Entro pochi momenti i presenti cominciarono a schierarsi da una parte o

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dall’altra perché una lite era divertente quanto un matrimonio, anzi per molti lo era ancora di più, e voci sempre più elevate risuonarono ben presto nella fortezza dei Dalcassiani.

Sul finire della giornata giunse il momento del banchetto nella grande sala. Un flusso costante di servi prese ad andare e venire dalle cucine per portare cibi e bevande e prelevare i piatti vuoti, badando al tempo stesso con tatto ad ignorare le discussioni che a tratti si rinfocolavano da ogni parte. In seguito, nel parlare del matrimonio di Donough, gli ospiti intervenuti ad esso avrebbero dichiarato che era stato il più litigioso a cui avessero mai partecipato, considerato che tre risse avevano preso una piega piuttosto seria e che il medico Ferchar era ancora impegnato a curare i feriti.Nella galleria delle donne Neassa cominciò a piangere a causa del troppo sidro bevuto e chiese di poter tornare a casa con suo padre, al che Gadhra fece notare a Teigue che gli accordi relativi alle proprietà potevano considerarsi nulli se sua figlia non era soddisfatta, scatenando una lite nella quale Fergal Mac Anluan colpì alla testa uno dei parenti di Gadhra con uno sgabello.Poi Ruadri di Ara si trovò coinvolto in una violenta discussione in merito a quali fra i Dalcassiani si fossero comportati più coraggiosamente a Clontarf, e ben presto una replica della battaglia venne improvvisata nel cortile della fortezza, con i cani che cercavano di prendere parte a quello strano gioco e aggiungevano caos alla confusione.Soltanto il centro di quella tempesta, Donough Mac Brian, rimase al di fuori di tutto.Suo fratello era infuriato con lui, l’abate non era da meno, sua moglie stava piangendo a dirotto… senza farsi notare, Donough sgusciò fuori della sala e s’incamminò nella nebbia verso le porte principali di Kincora.– Quel vecchio cieco, Padraic, è andato via passando di qui? – chiese alla sentinella.– Sono appena montato in servizio – rispose l’uomo. – Aspetta un momento, vado a chiedere se qualcuno lo ha visto.Mentre Donough attendeva, dal lago si levò un vento fresco che soffiò via la nebbia; alcuni filamenti bianchi parvero salire verso il cielo a formare un cerchio che poi si mutò in un volto pallido incorniciato da un alone pastello: la luna stava contemplando la sommità del Crag Liath.Senza neppure accorgersene Donough si spinse oltre le porte aperte e i suoi piedi si diressero spontaneamente verso nordovest… poi una delle

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guardie lo raggiunse con passo rapido.– Principe Donough. Principe Donough! Stavi cercando quel vecchio cieco? I suoi figli lo hanno riportato a casa, vicino a Ennis, perché hanno preferito non trascorrere la notte a Kincora. Intendono chiedere ospitalità lungo la strada.Donough si arrestò in mezzo al sentiero, consapevole che Ennis si trovava verso nordovest, al di là di foreste, montagne e paludi, poi si volse con riluttanza per tornare dentro ma al tempo stesso indugiò a contemplare per un momento ancora il Crag Liath rivestito dal chiarore della luna.– Adesso dove sei? – chiese alla ragazza dalla gonna rossa.Il vento soffiava ora da lago, portando con sé un odore umido e dolce simile a quello della terra… e un lontano suono che non sfuggì al suo udito attento e che indusse subito una guardia armata a portarsi al suo fianco.– Ci sono dei cavalli che si stanno avvicinando lungo la strada – affermò l’uomo, piegando una mano a coppa dietro l’orecchio, poi si girò verso la sentinella attestata sulla torre di guardia e gridò: – Attenzione! Stiamo per avere compagnia!– Qualche ospite ritardatario? – opinò Donough.– Se si tratta di ospiti sono davvero molto in ritardo, ma del resto è per questo che abbiamo tenuto aperte le porte. Dalla rapidità con cui si avvicina, deve essere qualcuno che conosce la strada anche al buio.Donough indugiò accanto alla guardia per vedere chi potessero essere quei nuovi arrivati, e ben presto vide apparire un carretto di vimini seguito da una scorta a cavallo: eretta, con i piedi saldamente piantati sul fondo del carro per resistere ai suoi scossoni, Gormlaith stava guidando i cavalli spossati alla volta di Kincora.

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re grosse torce rette da sostegni alti quanto un uomo ardevano ad entrambi i lati delle porte, emanando una luce dorata che rischiarava la strada fino alla più vicina macchia di alberi, e sotto

quel chiarore intenso il volto di Gormlaith apparve emaciato e segnato da rughe profonde, con i famosi occhi verdi infossati nelle orbite scavate. Il suo portamento era però arrogante come sempre, e quali che fossero i suoi difetti si sarebbe sempre detto comunque di lei che il suo passo era quello di una giovane regina.

T

Nel vederla scendere dal carro Donough si sentì assalire dallo sgomento ed ebbe quasi l’impressione di avvertire i legami che aveva creduto infranti tornare a serrarglisi intorno.– Cosa ci fai qui? – domandò.– Sono venuta a impedire che tu commetta un terribile errore – dichiarò Gormlaith.– Quale errore?– Quello di sposare una donna che non è alla tua altezza, naturalmente. Adesso mostrami…– Se ti riferisci a Neassa Ni Gadhra, l’ho già sposata – annunciò Donough, con estrema soddisfazione, perché era la prima volta nella sua vita che gli riusciva di contrastare sua madre.– Non è possibile – ribatté lei, incrociando le braccia sul petto. – Non puoi averlo fatto.– Invece sì, proprio oggi.– Un matrimonio con contratto?– Di secondo grado. Il giuramento è stato pronunciato davanti al capo brehon del Munster, Gadhra e Teigue sono stati…– In tal caso puoi tornare dal capo brehon e dirgli che vuoi divorziare da quella donna – lo interruppe Gormlaith. – Digli che hai commesso un errore.Fin dal momento in cui aveva visto la ragazza con la gonna rossa

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Donough si era reso conto che sposare Neassa era un errore, perché di colpo la figlia di Gadhra gli era parsa… comune, del tutto uguale a innumerevoli altre donne. Però adesso lei era sua moglie in base ad un contratto accettato da entrambi, ed era una sua scelta. Se Gormlaith intendeva ordinargli di ripudiarla, allora l’avrebbe tenuta con sé indipendentemente da qualsiasi considerazione.Nel giungere a quella decisione serrò la mascella in un’espressione che alla luce incerta delle torce lo fece apparire quanto mai simile a suo padre.– No, Gormlaith – rispose, senza chiamarla «madre», perché era una cosa che non aveva mai fatto.La donna alta e scarna trasse un profondo respiro e gli uomini della scorta, che sedevano in sella alle sue spalle, si fecero attenti, ben sapendo che era impossibile prevedere come avrebbe potuto reagire.– Corri dal Principe Teigue e avvertilo che lei è qui – ordinò intanto la sentinella ad un compagno, da sopra la spalla, e l’uomo obbedì all’istante.Gormlaith però non prestò attenzione a quanto le accadeva intorno: ergendosi in tutta la sua altezza sotto la luce delle torce, lanciò al figlio uno sguardo pieno di sfida.– Chi ti ha convinto a fare una cosa del genere? Quel debole di tuo fratello? Voglio parlare con lui!Durante tutta la sua vita Donough aveva accettato la tirannia materna perché non aveva avuto altra scelta: quando era bambino lei lo aveva controllato in maniera totale, e aveva continuato a farlo fino al giorno in cui Brian Boru l’aveva allontanata da Kincora.Da allora, però, Donough aveva visto una battaglia e guidato un esercito… e non intendeva permettere a Gormlaith di tiranneggiarlo ancora. Stava aprendo la bocca per dirglielo quando lei gli premette una mano sul petto e lo spinse da un lato come se fosse stato un servitore, oltrepassando quindi a testa alta le porte di Kincora per la prima volta da quando ne era stata bandita.Le sentinelle tentarono di fermarla, ma lei le spinse da parte come aveva fatto con il figlio ed esse non osarono ricorrere alle armi contro una donna, neppure contro quella donna, perché nell’Irlanda di Brian Boru una cosa del genere non era ammessa.Peraltro le sentinelle non ebbero la minima esitazione a usare le armi nei confronti della sua scorta, in quanto essa era composta da quei Vichinghi di Dublino che appena poco tempo prima erano stati il nemico: quando cercò di oltrepassare le porte, la scorta si trovò quindi la via sbarrata da parecchie lance incrociate.

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– Non ci è permesso di lasciarla sola – disse il capitano, appellandosi a Donough.– Penserò io a lei – sospirò il giovane, con evidente riluttanza, poi si rivolse al capo delle guardie e aggiunse: – Trova alla scorta di mia madre un posto dove trascorrere la notte, perché domani la dovrà riaccompagnare a Dublino.Poi seguì Gormlaith all’interno del forte lasciando i due gruppi di uomini armati a confrontarsi alla luce delle torce.– Personalmente – commentò infine il capo delle guardie, – io sarei più contento se la portaste via adesso.– Non possiamo – replicò il capitano danese, accigliandosi.– Di certo il tuo principe non negherà ad una donna ospitalità per la notte.– A quella donna? – ribatté la sentinella, scrutando il guerriero a cavallo. – Il Diavolo stesso le negherebbe ospitalità. Comunque suppongo sia meglio che veniate dentro fino a quando questa storia non sarà stata chiarita: ci sono cibo e foraggio in abbondanza e potrete dormire negli alloggi delle guardie. A proposito, mi piace il tuo cavallo – aggiunse in tono cordiale, per dimostrare che fra loro non c’erano rancori. – È un esemplare di Kildare, vero?Nel frattempo la sentinella che aveva portato a Teigue la notizia dell’arrivo di Gormlaith stava ottenendo un assaggio del genere di benvenuto che lei avrebbe ricevuto nella sala.– Lapidatela prima che metta piede oltre le porte! – esclamò un Dalcassiano, e da tutti gli ospiti riuniti di levò un grido di assenso.– Quella donna è colpevole di tutti i mali che affliggono l’Irlanda! – rincarò la moglie di un condottiero.Puntellando il palmo delle mani sul tavolino che aveva davanti, Mac Liag si alzò allora in piedi.– L’onestà mi impone di dissentire – dichiarò, con voce un po’ impastata a causa del troppo vino rosso che aveva bevuto.– Non provo per lei più affetto di quanto ne nutriate voi, ma i guai hanno origini molteplici e di certo in occasione della festa di nozze di suo figlio possiamo accantonare ogni animosità e…– Non fare sforzi per difendermi! – esclamò una voce dalla soglia, inducendo tutti a girarsi in tempo per vedere Gormlaith avanzare nella sala come se fosse stata la sua casa. – Non ho bisogno che tu mi faccia da campione, Mac Liag, perché so badare a me stessa… e anche a mio figlio, già che ci siamo.Suo figlio, che la seguiva da presso, tentò di trattenerla posandole una

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mano sul braccio, ma Gormlaith si liberò con uno strattone.– Teigue! – esclamò. – Sei tu da biasimare per quest’assurdità?Per tutta risposta Teigue si alzò dal suo seggio e si mosse verso di lei con il braccio proteso e il palmo in fuori, per sbarrarle il passo.– Non sei la benvenuta qui – dichiarò.– Sciocchezze. Come potrebbe una madre non intervenire al matrimonio del figlio? – ritorse Gormlaith, poi si volse di scatto verso Donough e aggiunse: – Vorresti coprirti di vergogna davanti alla tua tribù usando una simile crudeltà nei confronti di tua madre?– Io…– È come pensavo: vedi, Teigue, lui mi vuole qui.– Non ho detto questo – la corresse Donough, cercando di interporsi fra loro. – Stavo per…– Adesso taci e lascia che ci pensi io perché sei già abbastanza nei guai e sono arrivata quasi troppo tardi. Dov’è questa ragazza che sostieni di aver sposato? Lascia che le dia un’occhiata!Fin dal momento in cui Gormlaith aveva fatto il suo ingresso Neassa era rimasta a fissarla a bocca aperta, e adesso cercò di farsi il più piccola possibile sulla sua panca… ma lo sguardo acuto della donna più anziana la individuò senza fallo al posto d’onore nella prima fila della galleria delle donne.– Tu, lassù! Alzati in piedi, se non sei una storpia!In reazione a quell’ordine perentorio Neassa si alzò in piedi, tremando.– Siediti e ignorala – le sibilò Maeve, ma lei non parve sentirla.– Questo è ciò che hai sposato, Donnchad? – esclamò Gormlaith, dopo aver vagliato Neassa da testa a piedi con occhi penetranti. – Sono esterrefatta. Guarda quel volto, dietro c’è un cervello grosso quanto quello di un’oca… come puoi aspettarti di avere figli brillanti da una donna stupida? Questo non è un matrimonio di secondo grado ma al massimo di decimo, perché uno dei due coniugi è un’idiota!Cupo in volto per l’ira Gadhra spinse indietro a calci la propria panca e si scagliò contro Gormlaith.– Stai insultando mia figlia! Esigo una compensazione secondo la Legge Brehon! Digiunerò davanti alla tua soglia e mi farò consegnare un terzo di tutto quello che possiedi, esigerò che i poeti cancellino il tuo nome da ogni canto storico!Teigue si trovò per un momento a corto di parole e Donough riempì quel vuoto aggrappandosi al primo pensiero che gli affiorò nella mente.– Gormlaith, adesso il mio nome è Donough, non Donnchad. Inoltre la

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donna che stai insultando non è solo la figlia di Gadhra ma anche mia moglie, e tu sei…– Ci stai insultando tutti con la tua immonda presenza, donna – lo interruppe Teigue, ritrovando la parola. – Hai persuaso tuo fratello Maelmordha a ribellarsi contro mio padre e hai istigato tuo figlio Sitric e i suoi alleati vichinghi ad unirsi a lui soltanto per vedere Brian Boru morto. Hai coperto l’Irlanda di sangue e se non fossi un cristiano io ti…– Se non fossi debole come un topo di bosco avresti combattuto con tuo padre a Clontarf – ritorse Gormlaith. – Se non altro il mio Donnchad è…– Donough! – gridò il giovane, esasperato.Uno dei talenti di Gormlaith era la capacità di pensare contemporaneamente su diversi livelli. Quella era la prima volta che sentiva il nuovo nome di suo figlio, e tuttavia l’urgenza presente nel tono della sua voce le rivelò che esso era importante per lui, particolare nel quale individuò subito un modo per conquistarsi una certa dose di gratitudine, se non di affetto, da parte del giovane.– Il mio Donough – si corresse senza nessuna percettibile esitazione, è un guerriero, e un principe guerriero non ha ragione di impegolarsi con una monotona mucca che genererà figli privi di lustro.Nella sala scoppiò un fermento tale che le ultime parole di Gormlaith furono soffocate dal caos di urla e di proteste; Donough però le sentì e una parte del suo cervello si trovò d’accordo con esse nel notare come Neassa stesse fissando Gormlaith esattamente con la stessa espressione di una giovenca in attesa dell’ascia del macellaio.Di certo la ragazza con la gonna rossa non avrebbe reagito in questo modo: sebbene non le avesse rivolto neppure una parola Donough era certo che lei avrebbe tenuto testa a Gormlaith colpo su colpo.Il suo volto fine e intelligente era stampato nella sua mente come l’immagine che rimaneva negli occhi dopo aver fissato il sole, e lui non poteva evitare di chiedersi come e quando l’avrebbe rivista… ma nel frattempo doveva prima porre rimedio al caos che si era scatenato nella grande sala di Kincora: accantonando il fragore, l’ubriachezza e l’ira, doveva soppesare e valutare sua madre, la sua nuova moglie, le sue ambizioni… e la ragazza dalla gonna rossa.Per un momento si sentì sopraffare da quel carico, poi da un’ignota profondità interiore sentì scaturire una voce che gli era stranamente familiare, proprio come lo era la figlia di Padraic.Sii freddo, consigliò quella voce. Reprimi tutte le emozioni in modo da poter pensare con chiarezza.

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Donough rimase immobile, concentrato su quella presenza invisibile ma possente che sentiva ora occupare lo spazio accanto a sé.Sii freddo, ripeté la voce, e lui obbedì quasi inconsciamente, cominciando a prendere le distanze dai propri sentimenti mentre essa continuava: Rifletti. Qui ci sono delle opportunità. Trovale e usale, un passo per volta.Ergendosi al massimo della sua altezza, Donough abbassò lo sguardo sul fratello maggiore e lo interpellò in tono severo.– Teigue, non ti permetterò di insultare mia madre.– E cosa mi dici degli insulti rivolti a mia figlia? – infuriò Gadhra?– Ho sposato Neassa ed ho pagato per lei un sostanzioso prezzo di nozze – gli ricordò Donough. – Questo non costituisce certo un insulto.– Questa donna ha insultato la mia Neassa – ringhiò Gadhra, puntando un dito in direzione di Gormlaith. – Disconoscila! Lo esigo!– Oseresti ripudiare tua madre? – domandò Gormlaith, fissando Donough negli occhi. – Cosa direbbe tuo padre?– Nostro padre ti ha scacciata! – esclamò Teigue, quasi urlando.Donough s’immobilizzò per un momento, come se stesse ascoltando qualcosa, poi tornò a intervenire.– Brian Boru non ha però mai insultato mia madre in pubblico – affermò, – né ha mai permesso che altri lo facessero, ed io non intendo essere da meno di lui.«Se mia madre non è la benvenuta qui allora non lo sono neppure io, e la vergogna ricade su di te, Teigue, per aver scacciato un figlio di Brian Boru da Kincora nel giorno delle sue nozze. È questo il metodo che hai scelto per derubarmi del mio patrimonio?– Derubarti! – stridette Teigue, non riuscendo quasi a credere che gli fosse stata rivolta una simile accusa. Un uomo più materiale avrebbe di certo colpito Donough senza esitazione, ma lui si limitò a restare immobile a fissarlo con gli occhi che sporgevano dalle orbite, ripetendo imprudentemente: – Derubarti?Quanti non lo avevano sentito la prima volta lo udirono con chiarezza la seconda e la sala piombò nel caos.Il nome di Brian Boru era stato invocato ripetutamente, e adesso uomini che poco prima erano pronti a lapidare Gormlaith cominciarono a scambiarsi occhiate piene di disagio.– Quando qui c’era il vecchio Ard Ri…– Brian non avrebbe mai permesso…Molti sguardi si appuntarono pensosi su Teigue.– Forse manca della stoffa di suo padre… – azzardò qualcuno.

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– Forse – suggerì allora Fergal Mac Anluan, – il Principe Teigue non è l’uomo giusto a cui consegnare Kincora. Considerato il carattere del Principe Donough, è possibile che la sua rivendicazione sia la più valida, dato che sta difendendo la madre come è giusto che faccia un figlio, senza perdere la calma di fronte alle provocazioni.– Guardate quanto il giovane Donough somiglia a suo padre! – aggiunse qualcun altro.Il poeta Mac Liag spostò lo sguardo dall’uno all’altro dei figli di Brian e si accarezzò in silenzio la barba.Molti nella sala stavano ora scrutando alternativamente i due principi, notando che Donough trasudava una dignità inattesa e superiore ai suoi anni mentre per contro Teigue, colto alla sprovvista, appariva furente e rosso in volto.Decidendo che era giunto il momento di un intervento clericale, Cathal Mac Maine sollevò le braccia per attirare l’attenzione.– Il nostro Signore, che ha preso parte alla festa nuziale di Cana, sarebbe addolorato di vedere un’occasione di gioia divenire motivo di discordia! Accantonate le vostre dispute e festeggiamo insieme! – esortò, ma fu come se avesse cercato di fermare le onde che il vento creava sulla superficie del Lough Derg.La giornata era stata costellata di liti che, come i gradini di una scala, portarono ora inevitabilmente al momento in cui ciascuno dovette scegliere da che parte stare.Gormlaith fu la prima ad accorgersi del cambiamento d’umore che si era verificato nella sala e prese subito nota del modo sottile in cui gli uomini stavano cominciando a spostarsi per schierarsi da un lato o dall’altro della sala, più vicini a Teigue o a Donough, constatando che i sostenitori di Teigue erano più numerosi ma che i più giovani erano tutti dalla parte di Donough.Per un momento si chiese poi come avesse fatto Donough a sapere che suo padre non l’aveva mai insultata davanti ad altri, dal momento che non li aveva accompagnati quasi mai in pubblico. Senza dubbio, la sua era stata una buona intuizione, segno evidente che lui era un giovane astuto. Certa che Donough rappresentasse il futuro, Gormlaith sorrise.

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l mattino successivo trovò Cathal Mac Maine intento a riflettere con aria cupa nella sua camera di Kill Dalua. L’alloggio dell’abate era più confortevole delle consuete celle monastiche, in quanto

Cathal lo aveva arredato con un seggio dotato di braccioli, un inginocchiatoio personale, un piccolo scrittoio da mettere a disposizione del suo scrivano e… in aperta contraddizione con la Regola di Maelruain… un materasso di piume d’oca. Nonostante questi lussi e la catena d’oro che portava al collo, dono del defunto Ard Ri, l’abate non era un uomo felice mentre guardava fuori della piccola finestra del suo alloggio, da cui era possibile intravedere le rive alberate del Lough Derg, al di là delle quali c’era Kincora.

I

Alzatosi pesantemente in piedi, Cathal cominciò a passeggiare avanti e indietro sul pavimento di pietra: cinque passi in un senso e quattro nell’altro, là dove un tempo gliene sarebbero bastati tre per attraversare la stanza. Questo apparteneva però ad un passato lontano, antecedente al momento in cui suo cugino Brian Boru era stato proclamato Sommo Re degli Irlandesi sulla vetta della Collina di Tara, un passato che gli pareva ora appartenere ad un’altra vita ma che risaliva ad appena dodici anni prima.E adesso i cuccioli del leone si stavano contendendo le sue spoglie.L’abate sospirò, tormentandosi il labbro inferiore fra il pollice e l’indice, mentre il suo scrivano sedeva in attesa in un angolo, tranquillo come un un topo. Quella mattinata avrebbe infatti dovuto essere dedicata alla stesura degli aggiornamenti degli annali, ma l’umore di Cathal non era tale da favorire quel genere di lavoro e già da qualche tempo lo scrivano aveva posato la penna e tappato il calamaio d’argento con un pezzo di cera d’api.– La vita di un uomo è un perpetuo fardello – annunciò infine l’abate in tono solenne, sospirando ancora.– Sono decisamente d’accordo con te, Padre Abate! – esclamò il monaco, protendendosi in avanti per sottolineare la propria uniformità di vedute

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con il suo superiore.– Allora perché non l’hai detto? – scattò Cathal.– Stavo appunto per farlo, Padre Abate – replicò Fratello Declan, sconcertato, pensando che cercare di adeguarsi all’abate era la sua croce personale.– Hmmm – borbottò Cathal, – riprendendo a passeggiare. – Cosa ne puoi sapere tu dei miei fardelli, del peso delle responsabilità che mi gravano addosso? – esclamò quindi, agitando un braccio a includere il monastero e una quantità imprecisata di territorio circostante. – A chi posso rivolgermi per avere aiuto nello svolgere l’opera di Dio? Il defunto Ard Ri è stato per il nostro monastero un patrono generoso – proseguì, guardando di nuovo fuori della finestra. – Durante il suo regno non ci è mai mancato nulla perché era un uomo straordinariamente devoto.– Era straordinariamente astuto… – cominciò Declan, interrompendosi subito quando si rese conto che ciò che era stato sul punto di dire avrebbe potuto metterlo nei guai.Cathal aveva però intuito il suo pensiero inespresso e gli scoccò un’occhiata rovente.– Che sorta di calunnia sei stato sul punto di proferire? Che i doni elargiti da Brian alla Chiesa servivano soltanto a favorire i suoi interessi? Hai forse dimenticato che secondo la Regola di Maelruain di Tallaght non ci è permesso accettare doni da uomini che hanno peccato e che in tal caso dobbiamo distribuirli invece ai poveri? Ti garantisco che il defunto Ard Ri era il più santo fra gli uomini e un vanto per la nostra tribù. Qualsiasi altra cosa si dica sul suo conto è una menzogna diffusa dai suoi nemici.– Certamente, Padre Abate – annuì Declan, abbassando lo sguardo con espressione contrita.– Ci sono stati perfino coloro che hanno sostenuto che lui continuasse ad avere dei contatti… dei contatti con i druidi, ma anche questa è una menzogna.– Una menzogna – convenne Declan. – Un perfido insulto.– Sulla terra non è mai apparso un principe più cristiano del mio defunto cugino – insistette Cathal. – La sua morte è stata una tragica perdita, ma ho tratto conforto dalla consapevolezza che suo figlio Teigue è un uomo altrettanto devoto e obbediente, che porterà avanti le buone opere di suo padre.«Devo però ammettere di avere seri dubbi nei confronti del suo fratello minore. Ieri al suo matrimonio… al suo matrimonio, bada bene!… Donough si è coperto di vergogna. Prima ha preteso che l’antico

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attendente di suo padre e la sua progenie pagana fossero accolti nella cappella di Saint Flannan.– Sconvolgente – mormorò Declan, badando a tenere sempre lo sguardo basso.– Poi è arrivata la Principessa Gormlaith, e ti garantisco che questo è stato il principio della fine. A quel punto si è scatenata una lite spaventosa durante la quale Donough ha sostenuto che suo fratello stava cercando di derubarlo del suo patrimonio, e Teigue ha ribattuto che era invece Donough che cercava di portargli via Kincora.«Non accontentandosi di litigare a parole, i due fratelli e i loro sostenitori sono poi usciti nel cortile dove hanno afferrato le armi che erano state lasciate sulla porta e si sono scagliati gli uni contro gli altri nonostante tutti i miei tentativi per separarli. Una volta che si sono armati i colpi che si scambiavano hanno cominciato a diventare letali: il povero Ruadri di Ara è rimasto ucciso e parecchi altri potrebbero morire per le ferite riportate.– Le lotte fra fratelli possono essere violente – interloquì Fratello Declan. – I miei fratelli ed io, per esempio…– Senza dubbio – lo interruppe Cathal, che non era interessato a sentire delle liti scoppiate in seno alla famiglia del suo scriba. – Ero ormai convinto che Teigue avrebbe scatenato tutto il proprio esercito contro il fratello quando per fortuna Donough è rinsavito e si è reso conto di essere notevolmente inferiore dal punto di vista numerico, per cui ha lasciato Kincora portando con sé i suoi seguaci superstiti, oltre a sua moglie e a sua madre.– Sua madre? La Principessa Gormlaith?– Proprio lei… come se Donough avesse bisogno di attirarsi addosso altre maledizioni!– Dove sono andati?– Non ne ho idea, ma si sono lasciati alle spalle la devastazione. Sono molto preoccupato, Fratello Declan, perché questa potrebbe rivelarsi una grave frattura in seno al Dal Cais, e nel caso che Donough e i suoi sostenitori dovessero avere la meglio temo per la sorte del nostro monastero perché quel giovane nutre delle simpatie verso l’Antica Fede e potrebbe non essere generoso con noi quanto Teigue.– Cosa farai? – volle sapere Declan, grattandosi la tonsura al di sopra della frangia circolare di capelli.– Sosterrò Teigue, naturalmente – scattò l’abate, – però questa storia non mi piace perché farsi vedere a sostenere uno dei figli di Brian contro

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l’altro significa andare incontro a dei guai. Ricorda, Declan, che le razzie ai monasteri da parte di condottieri irlandesi sono state in passato più numerose di quelle vichinghe. Sotto il governo di Brian questi crimini sono cessati, ma adesso…Cathal Mac Maine non concluse la frase e riprese a passeggiare per la sua cella, cinque passi in una direzione e quattro nell’altra, mentre il suo scrivano si concentrava nel tentativo di alleviare un prurito che andava dalla sommità della testa alla base della schiena e che partiva da un punto che lui non riusciva a raggiungere per quanto si contorcesse.E la tunica di lana serviva soltanto a peggiorare la situazione.

La partenza di Donough da Kincora era stata un evento pieno di amarezza per tutti gli interessati, perché Donough era pervaso da un’ira gelida, Teigue in preda ad un’ira furibonda, Neassa in lacrime e Gormlaith intenta a protestare con quanto fiato aveva e a minacciare chiunque vedesse di future rappresaglie.– Mio figlio Sitric e i suoi Vichinghi bruceranno questo miserabile cumulo di legname sulla vostra testa! – gridò alle sentinelle di guardia alle porte, nell’oltrepassarle.Sapeva però che era una promessa priva di fondamenta, perché dopo Clontarf suo figlio si era trovato a corto di guerrieri e i pochi che le aveva assegnato come scorta non potevano certo costituire una minaccia.Dal canto suo, Donough stava rimpiangendo di non avere uomini a sufficienza per risolvere la questione in maniera definitiva. Anche supponendo che fossero stati disposti a schierarsi dalla sua parte, tuttavia, la maggior parte dei veterani che lui aveva guidato a Kincora dopo Clontarf erano tornati da tempo alle rispettive case e gli ufficiali dalcassiani che avevano partecipato al matrimonio si erano dimostrati per lo più favorevoli a Teigue.Alcuni di essi erano però partiti con lui, e fra essi Fergal e Ronan, oltre a Conor di Corcomrua che aveva con sé una piccola banda dei suoi guerrieri.– Con il Principe Donough avremo una vita più eccitante di quella che condurremmo restando al fianco di Teigue e passando il tempo a lucidare gli scudi – commentò Fergal, rivolto a quest’ultimo.– Sono d’accordo con te. So riconoscere un uomo destinato a causare guai, e ti garantisco che Donough non avrà una vita tranquilla, qualsiasi cosa possa succedere.

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Con loro sorpresa, anche Mac Liag si unì al gruppo insieme a suo figlio.– Mio padre desidera offrirvi ospitalità per qualche notte, finché non avrete deciso cosa fare – riferì Cumara a Donough.– Questo non ti attirerà le simpatie di mio fratello – ammonì Donough, rivolto al poeta, mostrandosi riluttante ad accettare.– Sono troppo vecchio per preoccuparmi di cose del genere – ribatté Mac Liag, scrollando le spalle. – E poi, chi creerebbe problemi ad un uomo prossimo a morire?– Tu non stai morendo, padre – ripeté automaticamente Cumara, come stava facendo almeno una volta al giorno fin da quando riusciva a ricordare.– Certo che sto morendo. È un miracolo che sia vissuto tanto e non ho alcun desiderio di protrarre oltre questa esistenza. Quando non ci sarò più la mia casa sarà tua e potrai prenderti un’altra moglie che si occupi di te, invece di provvedere ai bisogni di un vecchio.– Mi sto occupando di quel vecchio da tanto tempo che ho dimenticato cosa si faccia con una donna – commentò in disparte Cumara, parlando con Fergal.– Lo ricorderai la prima volta che avrai l’opportunità di possederne una – garantì questi, ammiccando. – Non appena il tuo corpo combacerà con il suo il resto ti risulterà ovvio.Essendo tutti guerrieri veterani, i Dalcassiani avrebbero dormito per terra fuori della casa di Mac Liag, ma il poeta insistette per alloggiare all’interno Donough e le due donne.– Potete prendere il mio letto – disse alla coppia appena sposata. – È in vero legno di quercia, con un materasso di piume d’oca – aggiunse, mentre i suoi occhi sbiaditi brillavano di un fuoco non dimenticato.Per qualche motivo imprecisato, però, nella mente di Donough apparve l’immagine della massa del Crag Liath che incombeva meditabondo su di loro.– Dormirò fuori con i miei uomini – decise. – Se lo aspettano da me.– Loro non se lo aspettano, mentre io mi aspetto che tu dorma con me! – esclamò Neassa, imbronciandosi in volto.– Se qualcuno ha bisogno di un materasso di piume quella sono io – annunciò intanto Gormlaith. – Donough, voi potete litigare quanto vi pare per decidere dove dormire, ma nel frattempo Mac Liag mi accompagnerà al suo letto.Il vecchio poeta assunse un’espressione così inorridita che suo malgrado Gormlaith scoppiò a ridere.

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– Nel quale dormirò da sola – aggiunse, ridendo nuovamente di fronte al sollievo che lesse sul suo volto.– Ed io? – gemette Neassa.– Ti preparerò un pagliericcio vicino al focolare – promise Cumara.– Devo forse cedere l’unico letto decente a quella donna? – stridette Neassa, per nulla placata. – Sono io quella che ha appena sposato un principe!Cumara scambiò un’occhiata significativa con suo padre, che con la massima gentilezza possibile prese Neassa per un braccio e la trasse in disparte.– Ti suggerisco di accettare quello che ti viene offerto e di non dire nulla, piccolo fiore – consigliò. – Ci sono già problemi a sufficienza e nessuno ha mai avuto di che guadagnare a discutere con Gormlaith… anzi, tutt’altro.Neassa si girò verso il marito con le braccia protese in un gesto di supplica, ma Donough aveva già lasciato la casa e si era avvolto nel suo mantello, sdraiandosi per terra con gli altri uomini, intenzionato a trascorrere dormendo quel che restava della notte.

L’alba lo trovò del tutto sveglio, disteso sulla schiena con le braccia incrociate dietro la testa, intento a contemplare la notte fredda ma limpida che cedeva il passo alla gloria dell’alba, che stava tingendo il cielo di raggi color salmone sul cui sfondo si stagliavano le montagne ad est dello Shannon.Sollevandosi a sedere, Donough guardò quindi in direzione della casa, nella quale regnava la quiete.Forse una quiete eccessiva, si disse, ricordando che sua madre e sua moglie erano sotto lo stesso tetto. Quando Gormlaith aveva lasciato Kincora per andare a vivere a Dublino con suo figlio Sitric, erano stati in molti a chiedersi come dovesse essere la vita familiare di Sitric, con Gormlaith e una figlia di Brian sotto lo stesso tetto.Che ne farò di lei? si chiese. Devo rimandarla da Sitric? E se lui rifiutasse di accoglierla?Girandosi prono si protese a toccare la spalla di Fergal, che dormiva ancora.– Fergal! Sei sveglio?– Adesso sì – fu il brontolio che emerse dalle pieghe del mantello, – però non era quello che volevo.– Ascoltami. Tua madre e tuo padre hanno posto fine al loro matrimonio,

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vero?Fergal sospirò, gemette, poi gettò il mantello da un lato e si puntellò su un gomito.– Lo hanno fatto. Perché vuoi saperlo? Ti sei già stancato della bionda Neassa?– Dov’è andata tua madre… dopo? – insistette Donough, ignorando la domanda.– Secondo la Legge Brehon le sono state restituite tutte le proprietà che aveva portato con sé all’atto del matrimonio, più la sua porzione del prezzo di nozze, quindi si è fatta costruire una bella casa sui monti Arra. Perché me lo chiedi?– Mi stavo domandando se mia madre avesse riavuto la sua dote.– Da quale matrimonio?– Da uno qualsiasi. Da quello con mio padre.– Se l’ha riavuta – commentò Fergal, alzandosi per andare a urinare nel lago, – a giudicare dal suo aspetto l’ha certo spesa in sete e gioielli. Quella è una donna che non si nega nulla.Donough rotolò supino e tornò a fissare il cielo, la cui limpidezza era già stata guastata dalle prime masse di nubi nere.

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adraic sedeva con aria sognante nella sua capanna di pietra e zolle ricoperta d’edera e annidata fra le querce. Dietro i suoi occhi spenti antiche guerre venivano combattute nuovamente, trombe di

bronzo lanciavano i loro squilli, il bodhran scandiva il suo ritmo costante e un gigante dai capelli fra l’oro e il rosso avanzava fra i nemici brandendo una spada a due mani che nessun uomo comune avrebbe potuto maneggiare.

P

– Mi chiedo dove sia adesso la spada di Brian – mormorò Padraic.– Non lo ricordi, Padre? – sussurrò una voce sommessa. – L’hai già chiesto, e quello storico, Carroll, ti ha detto che la spada è stata portata ad Armagh insieme al corpo dell’Ard Ri.– L’ho sentito – ribatté il cieco, – ma m’interessa più ciò che non ho sentito. Carroll non ha mai detto che la spada sia stata messa nella tomba con Brian. Seppellire la spada di Brian Boru? Scommetto che è tornata nel Munster sotto il mantello di qualcuno, Cera.– Hai una mente sospettosa – rise sua figlia.– Ho imparato dall’Ard Ri.Canticchiando mentre lavorava, Cera si diede da fare per riordinare la casa. Dal momento che erano stati lontani per qualche tempo, adesso c’era parecchio da fare perché secondo l’usanza locale in loro assenza avevano lasciato la casa aperta, con cibo, bevande e coperte messi a disposizione di qualsiasi viandante di passaggio che potesse averne bisogno. In effetti qualcuno aveva approfittato dell’offerta di ospitalità, però aveva usato soltanto una parte del cibo e aveva lasciato le coperte ordinatamente piegate.Nonostante questo, il focolare doveva essere spazzato e riempito di nuova legna, era necessario andare a prendere dell’acqua fresca alla vicina sorgente e cuocere dell’altro pane nel rotondo forno di pietra dietro la casa utilizzando la farina prodotta dal mulino di Ennis. Inoltre bisognava

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raccogliere le uova d’oca, filare e trasformare la scorta di lana dell’anno precedente in mantelli per il prossimo inverno.I tre fratelli di Cera erano usciti poco dopo l’alba per andare a lavorare nei campi della loro tenuta, la loro sorella Failenn era andata in cerca di piante medicinali, e nessuno di essi sarebbe tornato prima di notte… ma anche se soltanto la figlia minore avrebbe trascorso la giornata con lui Padraic non si sentiva solo.Lui aveva il passato.Cercò di ricordare le parole esatte che la sua Niamh gli aveva detto riguardo al passato, quella saggezza druidica che aveva voluto condividere con lui.Il passato è il futuro… era questo ciò che aveva detto? La vita è una spirale, percorriamo ripetutamente la stessa strada ma ogni volta abbiamo un panorama diverso.– Dio lo voglia – mormorò il vecchio, fra sé, senza rendersi conto di quanto fosse contraddittorio invocare il suo dio cristiano a verificare la fede druidica. – Dio lo voglia.– Il Grande Fuoco della Vita risplende sui cristiani come fa sui druidi – gli aveva ripetuto spesso Niamh.Le mani di Cera che gli rincalzavano intorno una coperta lo riscossero dalle sue fantasticherie.– Non ho freddo, piccola, sono un guerriero – protestò, cercando di allontanarla.– Naturalmente, però io ho freddo ed ho anche messo dell’altra legna sul fuoco. Il clima cambierà presto.Lui non le chiese come facesse a saperlo. I druidi sapevano sempre queste cose.Entro mezzogiorno una feroce tempesta si abbatté sul regno di Thomond, stendendosi dall’oceano fino alle piane erbose di Tipperary.Mentre filava, Cera cominciò a battere per terra il piede al ritmo di una musica che soltanto lei poteva sentire, e di tanto in tanto quella melodia le scaturì dalle labbra sotto forma di un fischio struggente, di un’aria dolce e lenta che ammaliava come il profumo del biancospino.– Sono pronto a giurare che tua madre usava quella stessa canzone per deliziarmi – commentò suo padre, chinando il capo da un lato per ascoltare. – Lei però è morta quando tu eri ancora molto piccola. Come puoi conoscere la sua canzone?Cera non rispose e si limitò a sorridere, mentre nel focolare la legna scoppiettante creava una sua musica particolare. Di tanto in tanto, si

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alzava per andare ad alimentare le fiamme, e una volta nel passare accanto a suo padre si soffermò a guardarlo.– Dove vai, dietro ai tuoi occhi chiusi? – chiese ad alta voce.– Qua e là. Qua e là.– Con Brian Boru?– Sì.A parte il crepitare del fuoco e il martellare della pioggia la casa era molto silenziosa e pareva racchiudere Cera e suo padre in una sorta di sfera isolata, creando il momento più adatto per porre domande profonde.– Non ti senti mai amareggiato, Padre? Per i tuoi occhi, intendo.– Perché dovrei esserlo? Non ho forse avuto modo di usarli per numerosi anni, molti più di quelli che sia dato di vivere a molti guerrieri?– Hai dato quegli anni al re e non hai tenuto nulla per te.– Io non sono un uomo saggio come Carroll o Mac Liag – affermò Padraic, girandosi verso di lei, – però so per certo una cosa: se si riceve la benedizione del dono della forza, altre persone fanno affidamento su di essa e tu la elargisci con gioia perché è un dono destinato ad essere condiviso.Fece quindi una pausa, traendo un profondo respiro, e Cera ebbe l’impressione che le sue mani abbandonate in grembo tremassero leggermente.– Poi un giorno ti trovi solo – proseguì, – quelli con cui hai condiviso te stesso se ne sono andati con la forza che avevi dato loro, non lasciandone neppure un po’ per te.«Allora restano soltanto il vuoto del mare e quello del cielo, se si hanno occhi per vederli, ma io non ho occhi quindi contemplo il passato che è vivido e luminoso, Cera, proprio come il tuo nome. Vivido e luminoso.– Cera significa rosso acceso, Padre – gli ricordò la ragazza.–Sì.– I miei capelli non sono rossi.– Davvero? Vieni qui, piccola.Lei si chinò e le mani coperte di lentiggini, con le dita rese nodose e contorte dall’età, le accarezzarono i capelli castano scuro.– Al tatto sembrano rossi – disse infine Padraic.Più tardi, dopo che si fu addormentato accanto al fuoco, Cera andò a soffermarsi sulla soglia della casa per osservare gli ultimi resti della tempesta che si allontanavano verso est, e nel seguire con lo sguardo le grigie cortine di pioggia che si dirigevano verso il lontano Shannon rifletté che le tempeste provenienti dall’oceano si spostavano sempre verso est.

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Verso Kincora.Gli occhi ciechi di Padraic vedevano soltanto il passato, ma nel sostare su quella soglia sua figlia stava guardando verso est e verso il futuro.

Per quanto l’ospitalità di Mac Liag fosse esemplare, fin dalla prima notte risultò evidente che quella sistemazione non poteva durare per molto: la casa infatti era troppo piccola e la vicinanza di Kincora metteva tutti a disagio a causa della consapevolezza che le guardie di Teigue passavano quotidianamente lungo la strada ad un tiro di lancia di distanza.– Ci stanno spiando – disse Gormlaith al capitano della sua scorta. – Teigue mi odia, e sono certa che è molto più infuriato con me che con mio figlio.– Potremmo tornare a Dublino – suggerì in tono speranzoso il guerriero danese, che non si sentiva a proprio agio in condizione di inferiorità numerica e in territorio ostile.– Se proprio vuoi, allora va! – ribatté Gormlaith, fissandolo con espressione gelida.– Non possiamo tornare senza di te perché abbiamo l’ordine di restarti vicino.– Adesso sono con mio figlio e non ho più bisogno di voi. Insisto perché ve ne andiate – ribadì Gormlaith, i cui occhi parevano ora schegge di pietra verde.Il grosso Vichingo esitò ancora.– Vattene! – stridette allora Gormlaith, curvando le mani come se fossero artigli, mentre il suo volto diventava una maschera di furia.Entro pochi momenti la scorta era già in viaggio ad un rapido trotto alla volta di Dublino.– Preferirei in qualsiasi momento affrontare Sitric Barba di Seta piuttosto che quella donna – commentò il capitano, rivolto ai suoi uomini.Dopo aver atteso che fosse passato parecchio tempo dalia partenza dei suoi uomini, Gormlaith andò ad informare con noncuranza Donough del fatto che la scorta l’aveva abbandonata.– Non so dove siano andati – dichiarò in tono innocente. – Mi hanno piantata in asso.La reazione di Donough fu soltanto un angoscioso senso di sgomento che gli serrò la bocca dello stomaco.Subito dopo cominciò però a sondare i suoi uomini in cerca di una sistemazione più adeguata per l’immediato futuro, e si rischiarò in volto quando Conor gli propose di recarsi nella sua fortezza di Corcomrua.

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– Nel Burren? A nord di Ennis? – chiese.– Sì, in un posto chiamato la Roccia Fertile – rispose Conor, con evidente orgoglio.– Quello a cui volete sottoporre queste donne è un lungo viaggio – osservò Cumara, mentre il gruppo si preparava a lasciare la casa di Mac Liag, ma Donough non si lasciò dissuadere.– Per il momento quanto più lontano andrò da mio fratello e meglio sarà per entrambi – ribatté, cupo.Fu così che Donough Mac Brian e i suoi seguaci si misero in marcia attraverso Thomond e in direzione del Burren, accompagnati anche da Gormlaith nonostante tutti i tentativi da parte di suo figlio di dissuaderla.– Sono stata abbandonata… che altro posso fare? – obiettò lei.– Quella donna sarà per lui come una spina fra i capelli – profetizzò Fergal, rivolto a Ronan.Sebbene avesse deciso di fare a meno della guardia del corpo, Gormlaith aveva conservato il carro e intraprese il viaggio con stile, guidando personalmente i cavalli… con Neassa al suo fianco dietro esplicita insistenza da parte di Donough.Naturalmente quella soluzione non andava a genio a nessuna delle due donne, ciascuna delle quali trovò il momento opportuno per esprimere al giovane la propria contrarietà, il che contribuì a far sembrare molto lungo il viaggio fino al Burren.– Quel carro ci rallenta – osservò Conor, parlando con Fergal. – Con un buon cavallo basterebbero meno di due giorni.– Sospetto che se potesse Donough sarebbe ben lieto di abbandonare il carro… e il suo contenuto – replicò Fergal.Per lo più Donough riuscì comunque ad ignorare le lamentele delle due donne, le cui voci acute divennero per lui come strida di gazze e parte dei rumori di sottofondo quanto lo erano il battito degli zoccoli o lo scricchiolio delle ruote del carro o il frusciare del vento estivo fra le foglie; per tutto il tempo badò a cavalcare sempre accanto ai suoi uomini, ora con uno ora con l’altro, parlando o condividendo il loro silenzio a seconda dell’umore del momento.Dal Lough Derg si diressero verso est attraverso una terra montuosa punteggiata di laghi che gradualmente cedette il passo a pantani e pianure erbose nella valle del Fergus. Mentre cavalcavano, Donough interrogò Conor in merito ai diversi aspetti geografici del territorio… e alle distanze.– Non eri mai stato nella parte occidentale di Thomond prima d’ora? –

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chiese il signore di Corcomrua.– Non avevo motivo per farlo – replicò Donough, scrollando le spalle.– Eppure adesso mi sembri estremamente interessato.– Alcune delle terre che ho ereditato si trovano in questa zona, e poi questa è la terra dei Dal Cais… non credi che dovrei acquisire familiarità con ogni prato e ogni montagna?– Perché? – sorrise Conor, un uomo massiccio e allegro dal volto segnato dal vento e dai denti bianchissimi. – Immagini di diventare un giorno il capo della tribù? A me pare che tuo fratello Teigue goda di ottima salute.– Ennis si trova in quella direzione? – chiese Donough, per cambiare argomento, indicando con un braccio.– A Ennis non c’è nulla d’interessante – garantì Conor.– Nessun forte importante?– Direi proprio di no. Alcuni nobili minori dediti all’allevamento hanno delle tenute laggiù e c’è un mulino sul fiume, ma nulla di più. Perfino la fiera più vicina si tiene al crocevia della Collina di Spancil.– Mi pareva che l’antico attendente di mio padre vivesse vicino ad Ennis.– Padraic il cieco? Vive un po’ più avanti, dalle parti di Drumcullaun Lough.– Passeremo vicino alla sua tenuta?– No. Dal momento che abbiamo con noi il carro sarà molto più semplice deviare al più presto verso nord, perché in quella direzione c’è una specie di strada.Il paesaggio cambiò nuovamente, assumendo un aspetto lunare: grandi lastre di pietra grigia giacevano sul terreno come una sorta di pavimentazione e fra esse spuntava una profusione di fiori rari e delicati.– La Roccia Fertile – disse Conor, indicando.– Nessuna delle mie terre si trova nel Burren – commentò Donough, guardandosi intorno con apprezzamento, – però mi piacerebbe avere qui un forte.– Questa è la mia terra – precisò Conor, assumendo un’espressione leggermente acida.Quando arrivarono alla roccaforte la moglie di Conor accolse con calore il gruppo e mandò le sue donne a prendere acqua calda e vino fresco.– Non so come possa tollerare di vivere qui – commentò Gormlaith, mentre si lavava la faccia e i piedi. – Questo non è un palazzo, è un mucchio di rocce.Per fortuna Conor, Signore di Corcomrua, non sentì il suo commento dispregiativo perché subito dopo aver salutato la moglie e averle

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presentato i suoi ospiti, era partito per la Baia di Galway, appena a nord della sua tenuta, per effettuare alcuni scambi commerciali. Infatti la presenza imprevista di tante persone nella fortezza implicava la necessità di ulteriori scorte di provviste, e lui era intenzionato a ottenere merluzzo affumicato e barili di aringhe in cambio dell’impegno di fornire pelli e burro.Nonostante le critiche di Gormlaith, Corcomrua era una roccaforte degna di qualsiasi condottiero: la sua struttura di cashel, cioè di forte circolare in pietra, era dovuta alla zona in cui sorgeva, in quanto nel Burren la pietra era il materiale da costruzione più comune, e all’interno delle mura merlate la fortezza conteneva parecchie case rotonde, anch’esse in pietra, oltre ad un’ampia cucina; all’esterno dell’anello centrale del forte, una seconda cinta di mura proteggeva gli edifici esterni e i recinti per il bestiame. Esso infatti abbondava perché il suolo calcareo del Burren offriva ricchi pascoli anche d’inverno, facendo sì che il signore di Corcomrua fosse rinomato per la qualità del suo bestiame.Quando insistette per avere una sistemazione «adeguata al suo rango», Gormlaith ottenne un posto per dormire nel grianan, il solario delle donne, mentre Donough, Neassa e gli altri membri di rango del gruppo furono sistemati nella casa per gli ospiti.Quella notte gli uomini si raccolsero intorno al focolare centrale della casa di Conor, per bere sidro e discutere della situazione. Il sidro del Burren, un delizioso vino ricavato dal miele e dalle mele, era così potente che cantava nelle vene, e ne bastarono pochi boccali per rendere tutti più ottimisti.– Il resto dei Dalcassiani si schiererà dalla mia parte, quando verrà a sapere in che modo mi ha trattato Teigue – dichiarò Donough.– In che senso? – domandò Conor, protendendo il boccale alla moglie perché tornasse a riempirglielo. – Ti aspetti che diventino il tuo esercito invece che il suo? Speri di conquistare Kincora con la forza?– Voglio soltanto ciò che è mio.– Ma se non puoi provare…– Teigue ha ottenuto il titolo di condottiero – intervenne Fergal. – Adesso è il capo dei Dal Cais e nessuno lo può più scacciare da Kincora.– Il Re del Munster potrebbe farlo – obiettò una voce proveniente dall’ombra.Poi Gormlaith entrò nella stanza.

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on era abitudine che le donne intervenissero nelle conversazioni degli uomini, ma del resto Gormlaith non aveva mai rispettato le usanze. Senza esitazione, si diresse verso il focolare e si sedette su

una panca, sollevando senza imbarazzo le gonne sopra le ginocchia e protendendo le lunghe gambe verso il fuoco in modo tale che Donough e gli altri non poterono evitare di notare come esse fossero ancora ben modellate.

N

– Cos’hai detto? – chiese dopo un lungo momento il signore di Corcomrua.– Una cosa che dovrebbe essere del tutto evidente perfino a degli uomini. Come capo dei Dal Cais, Teigue non può essere costretto a lasciare Kincora da nessuno… tranne che dal suo signore, il Re del Munster.– Ma Teigue diventerà il Re del Munster.– Davvero? – ritorse Gormlaith, sgranando i suoi occhi verdi. – Prima dovrà essere eletto, e questo non si potrà verificare fino a quando i condottieri delle tribù non avranno modo di riunirsi. Conosco bene voi uomini del Munster e so che adesso che è piena estate siete tutti impegnati con le vostre mandrie o a coltivare i campi, il che significa che non ci sarà nessun raduno a Cashel fino a quando le mandrie non saranno state riportate al chiuso e i raccolti mietuti. E per allora – proseguì, girandosi verso Donough, – tu potresti aver raccolto un numero di sostenitori sufficiente a permetterti di reclamare per te il titolo di sovrano.Senza parole, Donough si limitò a fissare con stupore sua madre.– Chiudi la bocca – consigliò lei, con un sorriso. – Una bocca aperta è un invito ad un demone ad entrarvi.Poi parve disinteressarsi della conversazione e concentrarsi sul calore che giungeva dalle fiamme, consapevole che ormai il seme era stato piantato.Essere Re del Munster… poter reclamare tributi sotto forma di bestiame e di prodotti della terra da ogni re tribale dell’Irlanda meridionale.Quel pensiero rimase sospeso nell’aria fumosa, al centro dell’attenzione di

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tutti tranne che di Gormlaith, che stava ora fissando le fiamme, consapevole che il loro chiarore le attenuava le rughe e accendeva bagliori nei suoi capelli rossi ormai opachi.– Donough sarebbe un re migliore di Teigue – commentò infine Fergal. – Ha più spirito.Gli altri uomini presenti si scambiarono occhiate furtive, riflettendo sui vantaggi che potevano derivare dal sostenere l’ascesa di un giovane principe ambizioso e memori del fatto che i loro padri e i loro nonni si erano arricchiti sostenendo Brian Boru.Poi Conor si assunse l’onere di evidenziare la difficoltà principale.– Questo causerebbe senza dubbio una scissione all’interno dei Dal Cais – sottolineò. – Teigue può non possedere la stoffa di cui sono fatti i re, ma è convinto che il suo dovere gli imponga di assumere la sovranità e non vi rinuncerà facilmente.– Per ora non la possiede ancora – ricordò Gormlaith a tutti loro, senza distogliere lo sguardo dal fuoco. – Se dovesse essere eletto qualcun altro lui si piegherà alla decisione comune perché è un uomo fondamentalmente docile. Teigue farebbe di tutto per avere una vita tranquilla – concluse con una smorfia di disprezzo.Adesso tutti i presenti stavano fissando il fuoco come se esso contenesse un oracolo prossimo a rivelare loro il futuro, ed entro breve tempo Gormlaith cominciò ad avvertire un cambiamento nell’atmosfera, pervasa ora di un entusiasmo che si andava impadronendo degli uomini, inducendoli a parlare in tono sempre più rapido ed eccitato nell’elaborare i loro piani.Soltanto Donough continuava a tacere, ma lei sapeva come stimolare il suo spirito.– Tuo padre sarebbe stato orgoglioso di te – mormorò, protendendosi verso di lui. – Sai che ci sono già in giro bande di fuorilegge? Lui si era dedicato al compito di rendere le strade sicure per i viandanti, e adesso… io stessa sono stata fermata proprio entro i confini di Thomond – aggiunse, trascurando di spiegare che era invece stata lei a fermarsi di propria iniziativa per interrogare un mercante e non per consegnare i propri gioielli ad un fuorilegge.Mi chiedo se ho una possibilità di scelta, pensò Donough, fissando sua madre con espressione seria; accanto a sé poteva infatti già sentire gli altri uomini impegnati a fare progetti, a discutere del numero di guerrieri che ciascuno poteva radunare e delle varie pressioni che era possibile esercitare sui diversi condottieri a loro noti, cosa peraltro non difficile

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perché la rete dei rapporti fra nobili era molto intricata e in quella stanza non c’era un solo uomo che non fosse imparentato per matrimonio o per adozione o mediante entrambi i vincoli con qualche potente clan del Munster.Quando infine Gormlaith si ritirò nel suo letto, nel grianan, con l’espressione soddisfatta di un gatto steso al sole, i prossimi anni della vita di Donough erano già stati programmati indipendentemente dalla sua volontà.D’altro canto, Gormlaith sapeva che non poteva essere del tutto certa di come si sarebbe comportato il figlio perché Donough non aveva afferrato al volo il suo suggerimento, come lei aveva invece sperato che facesse; era rimasto seduto in disparte ad ascoltare gli altri mentre essi si sforzavano di convincerlo… e nell’avvilupparsi in una coperta di pelliccia per proteggersi dal freddo della notte del Burren, Gormlaith decise che sarebbe stato necessario esercitare su di lui una pressione maggiore.L’indomani mattina di buon’ora intercettò Neassa mentre si stava dirigendo verso le latrine.– Questo posto non è un granché – commentò in tono noncurante, – però conosco un cashel molto più bello di questo.– Di cosa stai parlando? – domandò Neassa, in tono sospettoso.– Del vero Cashel, l’antica roccaforte dei Re del Munster. Suppongo che tu non l’abbia mai visto, ma avrai modo di ammirarlo quanto tuo marito vi si recherà per la sua nomina.– Nomina? – ripeté Neassa, dimentica della pressione alla vescica.Gormlaith si costrinse a controllare il proprio disprezzo per quella stupida ragazza che era capace soltanto di ripetere ciò che dicevano gli altri ma non aveva un solo pensiero originale.– Come Re del Munster, naturalmente – replicò. – Non ne sai nulla? Lui non te ne ha parlato la scorsa notte nell’intimità del vostro letto? Lo stiamo incoraggiando ad avanzare la rivendicazione al trono, perché ha diritto quanto il suo stupido fratello a diventare re.E si allontanò con un sorriso sulle labbra.Dimentica di ogni altra cosa, Neassa si precipitò a cercare Donough.

Cathal Mac Maine era sconvolto. I quattro anni trascorsi da quando era succeduto al defunto Marcan Mac Cennedi come Abate di Kill Dalua erano stati anni di successo ecclesiastico e di soddisfazione personale… fino al Venerdì Santo del 1014. Da quel giorno i disastri si erano succeduti ai disastri: innanzitutto c’era stata la lotta per il possesso di Kincora che

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aveva posto un fratello contro l’altro e aveva causato la morte di validi guerrieri, poi l’estate si era fatta così piovosa che nessun uomo vivente ricordava di averne vista una peggiore, le mucche avevano cessato di dare latte, le oche di deporre le uova e le api si erano ritirate negli alveari. E condottieri che fino a quel momento erano stati in pace fra loro avevano ripreso improvvisamente a combattersi e a litigare.Il cambiamento della stagione non aveva portato miglioramenti di sorta in quanto l’autunno era giunto in anticipo portando un freddo intenso e grandinate che giungevano dalle montagne; poco prima di Natale si era diffusa la notizia di uno sconvolgente omicidio perpetrato nella grande scuola monastica di Colnmacnois… e adesso, all’inizio del nuovo anno, ne era giunta una ancora peggiore.– Perché mi stai punendo, Signore? – gemette Cathal, rivolto al cielo grigio e cupo, sentendosi sopraffare da quel fardello eccessivo, poi ordinò: – Fratello Declan, registra negli annali che Domnall, figlio di Donohue di Desmond, sta radunando i suoi seguaci con lo scopo di attaccare e di saccheggiare Limerick.– Padre Abate? – esclamò Declan, mentre la penna per poco non gli sfuggiva di mano per lo sgomento. – Credevo che Domnall avesse combattuto a Clontarf dalla parte di Re Brian e che anche i Vichinghi di Limerick avessero fatto lo stesso. Perché Domnall dovrebbe attaccare i suoi antichi alleati?– Si tratta di una deliberata provocazione da parte degli Owenacht per mettere alla prova il nuovo Re del Munster dalcassiano.– Ma di certo Teigue Mac Brian saprà spezzare le lance degli Owenacht – protestò Declan.– Il problema è proprio questo – ribatté Cathal, accigliandosi. – Lui non ha intenzione di intervenire e sostiene che forse il saccheggio di Limerick soddisferà gli Owenacht, evitando ulteriori problemi. E tuttavia chi può sapere cosa succederà dopo – proseguì l’abate, in tono gemente. – Se non verrà ostacolato adesso, Domnall potrebbe poi saccheggiare Kill Dalua al semplice scopo di rincarare l’insulto. Non riesco a capire perché Dio stia permettendo che questo accada!

Più rapida delle ombre delle nubi sospinte dal vento, la notizia della presenza di un esercito in marcia si diffuse di fortezza in fortezza, passando di bocca in bocca: i guerrieri owenacht stavano marciando contro Limerick, e Teigue non stava radunando un esercito per fermarli.– Sapevo che quel miserabile di Teigue non valeva nulla! – esclamò in

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tono di trionfo Gormlaith, quando la notizia arrivò fra le mura di Corcomrua. – Ecco la tua occasione, Donough. Impadronisciti della sovranità del Munster e combatti tu stesso contro Domnall.Quello era stato un inverno lungo e difficile per tutti, perché Gormlaith e Neassa non si sopportavano a vicenda e qualsiasi stanza in cui si venissero a trovare entrambe cominciava a trasudare immediatamente gelida ostilità. Donough era perfino arrivato a inviare un urgente messaggio a Sitric, suo fratellastro e recente nemico, chiedendogli di mandare una scorta che riportasse Gormlaith a Dublino, ma non aveva avuto nessuna risposta.Di notte, Donough stringeva Neassa fra le braccia e lasciava che la passione giovanile di entrambi seguisse il suo corso, ma quelle notti d’amore lo lasciavano stranamente insoddisfatto. Tanto per cominciare, Neassa parlava troppo e anche quando giaceva sotto di lui continuava a fantasticare del suo desiderio di vivere in un palazzo e a biasimare lui per il fatto che non ne possedeva uno.– Se tu fossi il Re del Munster… – esordiva invariabilmente, nel dare inizio ai suoi monologhi a cui però Donough chiudeva gli orecchi.Sapeva infatti benissimo cosa stava succedendo: sua madre stava cercando di manipolarlo utilizzando la sua povera, sciocca moglie, come uno dei suoi strumenti, e questa consapevolezza lo indusse a ribellarsi al punto da accantonare dalla mente ogni idea di sovranità e da rifiutarsi di parlarne perfino con gli altri uomini.Il giorno in cui apprese che Teigue era stato nominato Re del Munster a Cashel, Donough pensò di montare a cavallo e di partire alla ricerca del Drumcullaun Lough, ma venne trattenuto da una paura che neppure lui sapeva definire… forse la paura di non trovare la ragazza dalla gonna rossa.O di non sapere cosa fare se l’avesse trovata.Il tempo continuò a trascinarsi e le pareti di pietra di Corcomrua parvero farsi sempre più opprimenti. Gli abitanti della fortezza stavano diventando sempre più irritabili e non passava giorno senza che ci fossero liti o risse, tanto che alla fine Donough si offrì di prendere il proprio gruppo e di andare via, non importava dove, pur di cessare di essere d’impiccio.– Di certo sono in grado di offrire ospitalità ai miei amici – protestò però Conor, contando mentalmente i favori di cui un giorno sarebbe stato creditore. – Una volta che sarà tornata la primavera potrai pensare a trovarti una casa tutta tua.La primavera sembrava però molto lontana.Poi gli Owenacht si misero in marcia per andare a saccheggiare Limerick,

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e ancora una volta Gormlaith incitò Donough ad assumere il titolo di re, riuscendo per un momento a trasmettergli il proprio selvaggio entusiasmo, perché per quanto fosse vecchia possedeva ancora un notevole carisma. Per un momento lo contagiò al punto che lui vide se stesso con un cerchio d’oro che gli cingeva la fronte… ma poi la realtà tornò ad avere il sopravvento.– Anche ammettendo che fossi disposto a sfidare mio fratello, non ho uomini a sufficienza – ribatté in tono brusco.– Ma Conor e Fergal e questi altri…– Non sono sufficienti.– I Dalcassiani si schiererebbero dalla tua parte. Tu li hai già guidati una volta.– Adesso seguono Teigue… com’è giusto che facciano – la contraddisse lui, scuotendo il capo e costringendosi a soffocare la propria amarezza. Quegli uomini erano stati suoi soltanto per un breve momento… ma ricordava ancora cosa si provava ad avere un esercito alle spalle.Le parole di Gormlaith lo avevano comunque indotto a riflettere, e quella notte vicino al fuoco sollevò la questione con Connor.– Non si tratta soltanto di Limerick – osservò. – A meno che mi sbagli di grosso, questo è un tentativo da parte degli Owenacht di reclamare la sovranità del Munster. Prima dell’avvento di mio padre, gli Owenacht e i Dalcassiani detenevano il titolo di re alternativamente, ed ho il sospetto che vogliano vedere se Teigue è abbastanza forte dà conservare la carica. Se decideranno che non lo è un principe degli Owenacht… probabilmente Cian… cercherà di spodestarlo.– T’importa?Donough rifletté sulla domanda: era ancora infuriato con Teigue, e tuttavia…Quando disse a Fergal cosa intendeva fare, suo cugino ne rimase sconcertato.– Vuoi tornare a Kincora? Dopo che tuo fratello ti ha buttato fuori? Nel nome della Santa Vergine, perché…– È mio fratello – rispose Donough.

Quando Donough partì alla volta di Kincora, Conor di Corcomrua si unì a lui e raccolse altri guerrieri da tutto il Burren perché lo accompagnassero, ritenendo di avere ormai ottenuto una nicchia sostanziosa nel futuro del giovane principe.Donough rifiutò tuttavia di permettere a Gormlaith di accompagnarlo e la

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lasciò a Corcomrua insieme a Neassa perché fosse «al sicuro», rimanendo inflessibile nella sua decisione nonostante tutte le sfuriate di sua madre e ignorando l’evidente disappunto delle donne della casa di Conor di fronte alla prospettiva di dover sopportare ancora Gormlaith.Nell’allontanarsi dalla fortezza Donough inspirò a fondo la fredda e pulita aria di gennaio, sentendo i polmoni che gli si liberavano dal fumo di troppe notti trascorse intorno al fuoco. E non vide la donna ferma accanto alle porte che lo stava seguendo con lo sguardo.

Mentre Donough viaggiava alla volta di Kincora, Domnall Mac Donohue si stava avvicinando lentamente a Limerick, la città commerciale norvegese all’imboccatura dello Shannon, prendendosela comoda perché si era accorto che Teigue non stava facendo nulla per cercare di ostacolarlo e perché i suoi uomini stavano marciando attraverso un territorio ricco, dove il bottino era abbondante. Quanto alle più piccole e deboli tribù del Munster che stavano subendo quei saccheggi, l’Owenacht non si sentiva minimamente responsabile nei loro confronti adesso che Brian Boru, il cemento che li aveva tenuti tutti uniti, era scomparso.Una volta conclusa con successo questa scorreria, Domnall stava già prendendo in considerazione la possibilità di sfidare Cian per conquistare il comando della loro tribù, che peraltro avrebbe potuto rivelarsi soltanto un punto di partenza. Brian Boru non aveva forse dimostrato che in Irlanda chiunque, per quanto di oscure origini, poteva salire ai massimi onori?

Teigue rimase quanto mai sorpreso quando Donough si presentò a Kincora accompagnato da un piccolo esercito, e in un primo tempo rifiutò di accoglierlo, acconsentendo infine a incontrarlo nella grande sala soltanto a seguito delle pressioni di sua moglie.Mentre i due fratelli parlavano i seguaci di Donough vennero però lasciati fuori della fortezza e vennero disarmati; per ingannare il tempo, Conor e Fergal scesero fino alle rive del lago e cominciarono a lanciare sassi nell’acqua, gareggiando per vedere chi riusciva a tirarli più lontano.Teigue intanto incontrò il fratello minore in un’atmosfera densa di tensione e che pareva ancora echeggiare dell’ira dell’estate precedente: essendo il più anziano, non riusciva infatti a indursi a scusarsi per i contrasti che c’erano stati fra loro, e naturalmente Donough non pensò neppure di farlo.

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– Dal momento che a Clontarf abbiamo perso molti Dalcassiani e che tu potresti ritenere di non avere uomini a sufficienza per affrontare Domnall, ti ho portato tutti quelli che sono riuscito a radunare – disse soltanto.– Tu hai portato dei guerrieri a me?– Naturalmente.– Chi ha detto che sto per combattere contro Domnall?– Stai per affrontarlo, non è così? Chiunque può vedere che questa sua marcia verso Limerick non è che il primo passo di una campagna militare più ampia. Fermalo adesso, altrimenti prima del prossimo inverno dovrai combattere non soltanto contro di lui ma anche contro Cian e il resto della tribù.– Sei stato tu a causare tutto questo, litigando con Cian.– Non è Cian quello che sta attaccando Limerick – sottolineò Donough. – Dobbiamo fermarlo.Anche l’Abate di Kill Dalua continuava da giorni a sostenere quella tesi, e dopo molti esami introspettivi Teigue era stato sul punto di cedere alle sue pressioni quando Donough si era presentato alla sua porta… un evento inatteso che gli appariva ora come un presagio… ma al tempo stesso non poteva arrendersi senza obiettare, non con il figlio di Gormlaith.– Forse ci penserò – disse con riluttanza.– Pensa in fretta, però. Suppongo che ormai Domnall sia arrivato alle porte di Limerick.

Domnall Mac Donohue non era però alle porte di Limerick… non ancora. Lui e i suoi uomini erano alcuni chilometri a sud della città quando vennero a sapere che un esercito stava marciando a tappe forzate verso di loro proveniente da Kincora.– Non credevo che avrebbe combattuto! – esclamò Domnall, sinceramente sorpreso, poi mandò dei corrieri a richiamare i suoi guerrieri sparsi un po’ dappertutto e intenti al saccheggio, e si preparò alla battaglia.

I Dalcassiani di Teigue intanto stavano marciando con cupa determinazione e in formazione compatta, come avevano imparato a fare sotto il comando del defunto Ard Ri; schierato insieme agli ufficiali, Donough si guardava intorno di tanto in tanto per controllare che qualcuno dei suoi seguaci personali gli fosse sempre alle spalle.Tutto il suo essere era adesso concentrato sulla battaglia imminente e non stava più pensando a sua madre o a Neassa… e neppure alla ragazza dalla

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gonna rossa; qualsiasi importanza esse potessero avere nella sua vita aveva infatti cessato di avere valore di fronte alla prospettiva di un combattimento mortale, uomo contro uomo.Donough si sentiva al tempo stesso privo di peso e profondamente vivo all’idea che presto sarebbe andato in battaglia: non una semplice scaramuccia ma una guerra come quelle che Brian Boru aveva conosciuto, un ruggente combattimento in cui centinaia di uomini si sarebbero scagliati gli uni contro gli altri in preda ad una furia incandescente e brandendo le armi con assoluta ferocia. La guerra era ciò che definiva un uomo, che gli mostrava quali fossero i suoi punti di forza e le sue debolezze, che esaltava il suo coraggio o metteva a nudo la sua vigliaccheria.Come poteva quindi un uomo conoscere se stesso senza aver sperimentato la guerra?Donough aveva l’impressione di essere rimasto in attesa di questo giorno per tutta la sua vita. Alla vigilia della sua primissima scaramuccia si era sentito nervoso ed eccitato, ma non timoroso perché non aveva saputo cosa aspettarsi, mentre adesso lo sapeva, adesso aveva visto e sentito e fiutato la morte, e aveva scoperto che la maggior parte degli uomini la temeva, anche se rifiutava di ammetterlo perché ammettere la paura generava in qualche modo debolezza.Mentre marciava per andare ad affrontare gli Owenacht, Donough si rese conto di avere paura, non tanto della morte quanto di un cedimento del proprio coraggio.Oppure, peggio ancora, di non risultare all’altezza delle proprie aspettative.

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llontanandosi da Limerick, Domnall Mac Donohue guidò i suoi guerrieri lungo la riva orientale dello Shannon, alla ricerca di un terreno di battaglia che gli fornisse una posizione di vantaggio, e

alla fine decise di aspettare Teigue vicino ad un guado roccioso posto al di sopra di una serie di cascate, un luogo dove gli uomini della tribù degli Uaithne costruivano piccole barche da pesca. Arrivando da Kincora e dalla riva occidentale dello Shannon, i Dalcassiani avrebbero così dovuto attraversare il fiume per attaccare e un esercito che guadava un fiume era sempre vulnerabile: sarebbe bastato uno sbarramento di lance scagliate con buona mira per dimezzare le forze di Teigue ancora prima che arrivassero alla riva del fiume.

A

Domnall diede quindi l’ordine di montare il campo e i suoi Owenacht eressero delle barricate coperte di pelli utilizzando il bottino che avevano accumulato e che comprendeva di tutto, da casse di vestiti a botti di vino, da attrezzi da lavoro a sacchi di grano; quando furono pronti, presero posizione dietro quella difesa improvvisata e rimasero in attesa della loro imminente vittoria.Non dovettero aspettare a lungo.Il suono delle trombe di bronzo e del bodhran coperto di pelle di pecora, portato fino agli Owenacht dal vento teso proprio delle giornate di primavera fredde e piovose, annunciò ben presto l’avvicinarsi dei Dalcassiani.Domnall di Desmond, un uomo alto e bruno, con gli occhi azzurri e duri come pietre lucide, esaminò con approvazione i suoi guerrieri, attestati dietro le barricate e pronti a scagliare i giavellotti contro i Dalcassiani non appena questi fossero arrivati a metà del fiume; nelle previsioni di Domnall, i superstiti di quel primo attacco avrebbero poi formato un ampio schieramento e si sarebbero scagliati contro la posizione degli Owenacht, soltanto per essere annientati da una seconda scarica di giavellotti.

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Lo schieramento ampio e profondo non più di due o tre file costituiva la tecnica di guerra utilizzata dai Celti fin dai tempi in cui i Galli avevano combattuto contro Cesare. Avendo studiato le strategie adottate da Cesare nel corso delle sue campagne, Brian Boru aveva tentato di introdurre nuove tattiche fra i suoi guerrieri, abbandonando l’assalto frontale che faceva dipendere l’esito dello scontro da un’unica selvaggia carica e sviluppando formazioni più complesse e astute a seconda del terreno di battaglia e della situazione.Con la sua morte, tuttavia, i guerrieri irlandesi erano rapidamente tornati all’antico e familiare stile di combattimento perché le innovazioni introdotte da Brian non avevano avuto il tempo di diventare una tradizione. Per questo motivo Domnall era adesso certo che i Dalcassiani, come gli Owenacht, avrebbero combattuto secondo lo stile che era stato proprio dei loro antenati e che in futuro sarebbe stato anche quello dei loro nipoti.Pensando che ormai Brian Boru era morto e che dopo tutto in Irlanda in effetti non era cambiato nulla, Domnall si concesse un cupo sorriso nel vedere i primi Dalcassiani emergere dagli alberi sulla riva opposta del fiume.– Preparatevi, ragazzi! – gridò ai suoi uomini in attesa.I guerrieri assestarono la loro posizione dietro la barricata, sbirciando con cautela al di sopra di essa nel bilanciare meglio le lance.Sulla riva opposta del fiume Teigue guardò prima a sinistra e poi a destra, in modo da attirare su di sé l’attenzione dei suoi ufficiali: anche se per inclinazione e carattere lui non era un guerriero, gli uomini che aveva con sé erano quanto rimaneva dell’esercito forgiato da Brian Boru.– Adesso – disse.I Dalcassiani scattarono in avanti assumendo la forma di una punta di lancia, in modo che ciascun uomo fosse parzialmente coperto da quello che lo precedeva, e nel frattempo due ali si spostarono sui fianchi in un ampio cerchio, al di sopra e al di sotto delle cascate, in modo da attaccare alle spalle il campo degli Owenacht.Era ormai evidente che la prevista carica frontale non ci sarebbe stata.Il cuneo di guerrieri cominciò ad addentrarsi nel fiume con Teigue nella posizione di punta, in sella ad un robusto cavallo baio dalla criniera nera, discendente delle cavalcature norvegesi importate dai Vichinghi due secoli prima. Dietro di lui venivano i suoi due capitani più massicci, alle cui spalle ce n’erano altri quattro scelti anch’essi per la loro corporatura, e al posto del tradizionale scudo rotondo tutti erano muniti di un tipo di scudo

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modellato apposta per proteggere la parte superiore del corpo di chi si trovava a cavallo e fatto in modo da poter essere fissato al braccio sinistro per lasciare una mano libera di tenere le redini e l’altra di usare le armi.La testa dei guerrieri era protetta da un aderente elmo di cuoio rinforzato con piastre di metallo, più leggero dell’antico elmo celtico in bronzo e più comodo di quello di ferro usato dai Vichinghi.Nell’addentrarsi nell’acqua la testa della falange dalcassiana mantenne quella formazione a cuneo virtualmente invulnerabile, e dietro di essa si mossero gli altri guerrieri, sempre in formazione serrata: quegli uomini, fra cui c’erano veterani come Ronan e Fergal, avevano già combattuto in quel modo in passato e sapevano con esattezza cosa fare, quindi si scagliarono ruggendo attraverso il fiume, dirigendo la loro lancia umana dritta verso il cuore del nemico.Qualcuno dei giavellotti lanciati dagli Owenacht riuscì comunque a trovare un bersaglio, ma la massa dei Dalcassiani risultò così compatta e ben protetta dagli scudi che la maggior parte dei proiettili rimbalzò su di essa come gocce di pioggia sul guscio di una testuggine.Nel momento in cui il suo cavallo entrò nel fiume Donough, che si trovava nella terza fila della punta di lancia, si sentì assalire da un’ondata di esaltazione che cancellò le sue paure.– Adesso! – aveva ordinato Teigue. Adesso era il momento di lanciarsi in avanti al galoppo, di urlare il proprio grido di guerra, di scagliarsi contro il nemico sentendo la bramosia della battaglia che pulsava come vino nelle vene…Con un enorme sforzo Donough si costrinse a controllarsi, come stavano facendo anche gli uomini che aveva intorno, abituati dall’addestramento a tenere a freno la loro natura impetuosa: invece di precipitarsi a testa bassa in una carica che sarebbe equivalsa a morte sicura si stavano attenendo al ritmo della musica marziale, scandita dal rintocco delle punte di lancia contro gli scudi che faceva da contrappunto al rimbombare del bodhran.Un tempo il gallo Vercingetorige aveva visto gli uomini di Cesare avanzare verso di lui in questo stesso modo, freddi, determinati e implacabili.Allorché i Dalcassiani uscirono dal fiume Teigue spinse però di lato il proprio cavallo.– Io vi guiderò, ma non intendo uccidere personalmente nessun Owenacht – aveva detto ai suoi uomini, quando si erano messi in marcia, quella mattina. – Quando mi presenterò alla Rocca di Cashel per ricevere la corona di mio padre come Re del Munster, infatti, non voglio che gli

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uomini di Desmond mi rifiutino come sovrano perché il sangue degli Owenacht è ancora fresco sulle mie mani.Con la coda dell’occhio, Donough vide il fratello allontanarsi dal campo di battaglia e si accorse che la posizione di comando era rimasta momentaneamente vuota.Prima che chiunque altro potesse riempirla si lanciò allora in avanti, levando alta la spada.– Abu Dal gCais! – gridò, poi si sentì assalire da un’ispirazione improvvisa e levò con voce tonante anche il grido di guerra personale di suo padre, quel grido indimenticabile che non era più stato udito in Irlanda da quando l’Ard Ri era morto. – Boru! – ruggì il cucciolo più giovane del vecchio leone. – Boru! Boru! BORU!Alle sue spalle la lancia umana si scagliò con tutte le sue forze contro la barricata degli Owenacht.

Ordine e disciplina scomparvero in un batter d’occhio non appena i Dalcassiani a cavallo ebbero spinto le loro cavalcature al di sopra e oltre la fragile barricata: nel giro di pochi istanti il terreno circostante fu cosparso di ogni sorta di oggetti, dai forconi alle pelli squarciate, dalla farina sparsa dovunque alle botti di vino infrante.Poi i guerrieri di fanteria fluirono attraverso la breccia aperta dai cavalieri. Scagliate a terra le lance gli Owenacht andarono incontro ai nemici con le spade e le asce e i pugni nudi, impegnando un disperato combattimento difensivo che però non riuscì a frenare l’impeto dei Dalcassiani.Ben presto gli Owenacht cominciarono a perdersi d’animo e uno dopo l’altro gettarono al suolo le armi, insensibili alle urla d’incitamento di Domnall: brandendo la propria spada a due mani, il nobile di Desmond si lanciò allora nella mischia per attaccare il nemico con tutto il folle coraggio di un eroe mitico, urlando a gran voce il grido di guerra della sua tribù.Alcuni dei suoi uomini lo seguirono, molti altri esitarono… e i Dalcassiani li abbatterono senza pietà.

Nell’osservare lo scontro da un punto a monte del fiume, Teigue rimase sgomento nel rendersi conto di quanto il fratello minore fosse stato rapido ad assumere il comando da lui lasciato vacante, e al tempo stesso si rese conto che ormai era troppo tardi per tornare indietro e sottrarglielo… senza contare che un atto del genere sarebbe risultato troppo evidente agli occhi

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di tutti.

Donough intanto stava combattendo come aveva sempre sognato di fare, con assoluto abbandono, aggiungendo all’energia propria della giovinezza tutta la frustrazione a lungo contenuta. Per qualche tempo si accontentò di protendersi dalla sella per abbattere un avversario dopo l’altro, ma ben presto questo non gli bastò più perché voleva immergersi fisicamente nella battaglia, quindi scivolò di sella e continuò la lotta a piedi, in mezzo alla calca di corpi che combattevano.

Dal suo punto di osservazione, Teigue intravide per un istante la testa del fratello minore torreggiare al di sopra di quella degli altri guerrieri, poi la perse di vista e in quel momento dimenticò di colpo tutti gli attriti che erano esistiti fra loro mentre il nome di Donough gli scaturiva dalle labbra in un grido angosciato. Quando di lì a poco vide la sua testa riapparire al centro della mischia, a dimostrare che lui era apparentemente illeso, Teigue si accasciò per il sollievo.Che si tenga pure Kincora, pensò fra sé. Gli lascerò tutto quello che vuole, purché sopravviva a questa battaglia.Un istinto radicato nel profondo del suo essere gli impedì però di trasformare quel pensiero in un voto sacro.

Impegnato a combattere in mezzo al puzzo del sangue e del sudore, affondando nel fango viscido creato dal vino versato e con gli orecchi assordati dalle grida e dal clangore delle armi, Donough perse del tutto la concezione del passare del tempo.Un’ascia da battaglia calò verso di lui come una falce di morte e questo lo indusse ad abbassarsi d’istinto, sollevando al tempo stesso lo scudo che intercettò il fendente, tanto violento che il suo impatto gli riverberò lungo il braccio e nelle ossa. Abbassando lo scudo appena dello stretto necessario per poter contrattaccare, il giovane colse quindi l’avversario alla sprovvista e con un affondo riuscì a raggiungerlo sotto l’ascella con la propria spada corta.

Mentre Teigue osservava l’evolversi della battaglia, rimpiangendo ogni decisione presa fino a quel momento, essa si allargò al di là delle barricate e lungo le rive del fiume; nel frattempo le ali dei Dalcassiani erano riuscite

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ad attraversare lo Shannon senza problemi e in quel momento piombarono sul nemico prendendolo alle spalle: le urla di rabbia si mutarono in grida di terrore allorché i guerrieri owenacht si resero conto della situazione disperata in cui si trovavano, e alcuni di essi tentarono di darsi alla fuga.Fra gli altri, Donough intravide di sfuggita un uomo alto che gli parve essere Domnall Mac Donohue e che stava spiccando la corsa in direzione degli alberi.Vigliacco! pensò, lanciandosi all’inseguimento.Ben presto entrambi scomparvero nella foresta.

D’un tratto Teigue non riuscì più a sopportare di restare in disparte a guardare: spronato il cavallo, andò ad unirsi al combattimento.

Mentre correva attraverso il bosco all’inseguimento dell’Owenacht, Donough ricordò come il norvegese Brodir fosse fuggito dopo la Battaglia di Clontarf, finendo per imbattersi in quella tenda isolata nel Bosco di Tomar dove l’anziano Sommo Re attendeva pregando per la vittoria irlandese.Rammentando come Brodir si fosse fermato per uccidere Brian Boru, Donough si sentì assalire da un’ira violenta che gli centuplicò le forze: nella sua immaginazione quello che stava inseguendo non era più un Owenacht, un Irlandese come lui, bensì l’assassino di suo padre.– Boru! – stridette nella penombra che regnava fra gli alberi.

Nella capanna avvolta dall’edera Cera era irrequieta ormai da giorni: Padraic poteva quasi percepire la sua ansia, e il modo in cui il suo costante cipiglio disturbava l’aria intorno a lui.– Hai bisogno di allontanarti da qui per un po’ – le disse.– Per nulla! Non sono appena stata lontana? Sono arrivata fino a Kincora, e quello è stato il viaggio più lungo che avessi mai compiuto.– Da allora non sei più la stessa – le fece notare suo padre.– Cosa ti turba?– Nulla.– Puoi dirmelo. Non sono forse sempre in grado di comprenderti?– Non c’è nulla che mi turbi! – esclamò Cera. Non le piaceva la sensazione di quelle dita mentali che stavano sondando i contorni della sua mente alla ricerca di una via d’accesso, segno che Padraic aveva imparato troppe cose nel tempo vissuto con Niamh.

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Afferrata la scopa di sterpi cominciò a passarla sul pavimento di terra battuta con tanta violenza da sollevare una nube di polvere che fece tossire suo padre; di lì a poco si dimenticò di rimestare il contenuto della pentola di ferro che bolliva sul fuoco, con il risultato che l’odore di farinata d’avena bruciata si diffuse ben presto per tutta la capanna, e quando infine alimentò il fuoco vi mise sopra troppa legna, generando un calore tale da indurre Padraic a lamentarsi e ad uscire sotto la pioggia.Quella sera, quando tornarono i suoi figli, il vecchio rivolse un suggerimento al maggiore, Torccan.– Forse dovresti andare a vendere un po’ dei nostri prodotti al mercato di Limerick – propose. – È una brutta annata e nei dintorni non riusciremo a ottenere nulla in cambio, e poi i Vichinghi sono sempre pronti a comprare della lana. A proposito, che ne diresti di portare Cera con te? Non credo di poter sopravvivere un altro giorno in casa con lei.

In lontananza qualcuno stava suonando della musica. Per qualche momento Donough si accontentò di giacere disteso, sognante, ad ascoltare il suono della piccola arpa bardica dalle corde d’ottone così simile a quella che a volte suo padre suonava nella sala di Kincora.Poi i suoi sensi si ridestarono e lui si rese conto che ciò che udiva non era un’arpa bensì il battito di un bodhran: in preda ad un vago senso di delusione cercò di riprendere a dormire ma non ci riuscì perché in effetti quel battito pulsante non dipendeva da un tamburo ma dalla sua testa, che stava pulsando dolorosamente.Tenendo gli occhi chiusi cercò allora di valutare la situazione: a quanto pareva era disteso per terra… poteva avvertire degli arbusti sotto di sé… e tuttavia la sua testa pulsante e dolorante poggiava su qualcosa di morbido.Suo malgrado si lasciò sfuggire un gemito e immediatamente una mano fresca gli scese sulla fronte.– Taci, così peggiori soltanto le cose – sussurrò una voce.La mano si spostò su una tempia e venne affiancata da un’altra sulla tempia opposta, in modo da intrappolare il cranio tormentato, poi i palmi esercitarono una lieve pressione come per spremere fuori il dolore.Donough s’irrigidì ma le pulsazioni non aumentarono e addirittura diminuirono; nell’aria echeggiò quindi un suono ronzante e lui si sentì percorrere da una vibrazione che gli attraversò tutto il corpo e parve attenuare ulteriormente il dolore, permettendogli infine di aprire gli occhi.La luce gli trafisse le pupille, inducendolo a riabbassare in fretta le palpebre per poi socchiuderle con estrema cautela, sbirciandosi intorno.

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In un primo tempo tutto risultò offuscato, poi la vista gli si schiarì a poco a poco, permettendogli di distinguere una sagoma scura china su di lui, segno che la sua testa doveva poggiare sul grembo di qualcuno.– Abbiamo vinto? – chiese con voce rauca.– Vinto cosa?– La battaglia – replicò, sentendosi le labbra aride e la lingua gonfia.– Non ho visto nessuna battaglia, soltanto te e quell’altro, che ti ha colpito.– Dov’è? – domandò Donough, tentando di sollevare la testa. Prima che un’accecante fitta di dolore gli attraversasse il cranio, costringendolo a riadagiarsi, ebbe il tempo di intravedere un uomo che giaceva prono a qualche passo di distanza. – Cosa gli è successo? – mormorò, chiudendo gli occhi pieno di gratitudine per il tocco benefico di quelle mani che gli si erano tornate a posare sulla fronte.– Stava cercando di farti del male.– Lo hai…?Donough non riuscì a concludere la frase. Parlare e perfino pensare era troppo doloroso, quindi chiuse gli occhi e si lasciò sprofondare nel morbido strato di lana grigia che sembrava esserglisi formato intorno…

Quando riaprì gli occhi vide davanti a sé il fogliame che ricopriva il suolo della foresta e scoprì che adesso la sua guancia non posava su un morbido grembo ma sul terreno.Un uomo giaceva prono a pochi passi di distanza.Con cautela, quasi a titolo di esperimento, provò a sollevare la testa e non appena ebbe verificato che non avvertiva dolore si issò sulle mani e sulle ginocchia e strisciò verso l’altro uomo.Allorché lo girò supino rimase deluso di constatare che non si trattava di Domnall Mac Donohue, ma al tempo stesso notò con sorpresa che sul suo corpo non si vedevano segni di sorta: chiunque fosse quell’uomo, non era stata un’arma ad ucciderlo.Improvvisamente lucido, con ogni senso sul chi vive, Donough sentì riaffiorare nella memoria come una sorta di eco il ricordo di una conversazione avuta poco prima con qualcuno.Chi c’era con me? si chiese. Una donna? Mi pare di aver sentito qualcosa come “Lui stava cercando di farti del male,” ma com’era la voce che mi ha parlato? Maschile… no, non era maschile, di certo era una voce di donna. Anche se ero così stordito, avrei dovuto prestare maggiore attenzione…Ma quella conversazione aveva avuto luogo davvero oppure era un frutto

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della sua immaginazione, il delirio di un uomo ferito? Il suo ricordo stava già svanendo come la musica di un’arpa, confondendosi con le immagini indistinte della battaglia e con l’eccitazione di dare la caccia a qualcuno…Tornato vicino al corpo Donough lo scrutò nuovamente senza riscontrare neppure dei lividi, nulla che giustificasse la morte di quel grosso e forte guerriero dagli inconfondibili tratti propri degli Owenacht. Con dita esitanti procedette quindi ad esaminare se stesso, riscontrando una ferita abbastanza ampia sul lato destro del cranio, sopra l’orecchio e leggermente più indietro rispetto ad esso, dove il colpo di striscio inferto da una lama aveva staccato in parte la pelle, con il risultato che ora il collo e la spalla erano coperti di sangue ormai quasi rappreso e che gli orecchi continuavano a vibrargli, sebbene il dolore fosse del tutto scomparso.Procedendo nell’esame appurò che la sua spada era riposta nel fodero, anche se l’ultima cosa che ricordava era di averla avuta in mano, poi procedette a vagliare in maniera sistematica il tratto circostante di foresta senza però trovare nulla tranne il varco creatosi nel sottobosco quando lui stesso vi era passato all’inseguimento dell’Owenacht.Tornato vicino al guerriero morto indugiò quindi ad osservarlo pensosamente per qualche tempo, poi estrasse la spada e gli trapassò il cuore; infilatasi nella cintura l’ascia da battaglia dell’Owenacht si chinò infine per issarsi il cadavere in spalla, e nel risollevarsi non avvertì la prevista fitta di dolore.Perplesso, s’incamminò attraverso i boschi per andare alla ricerca del resto dei Dalcassiani.

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n seguito, Declan di Kill Dalua appose la seguente annotazione negli annali: «Ad Annacotty, il Guado delle Piccole Barche, venne impegnata una battaglia fra i figli di Brian Boru e Domnall degli

Owenacht. Molti uomini vennero uccisi.»ICome Donough aveva scoperto prima di fare ritorno al guado, l’uomo da lui inseguito nella foresta non era il capo degli Owenacht: l’onore di abbattere Domnall Mac Donohue era invece toccato a suo cugino Fergal Mac Anluan, che continuò a raccontare i dettagli della morte del condottiero nemico fino a quando tutti si furono stancati di ascoltarlo.Anche Teigue aveva ucciso parecchi avversari, però non ne parlò e mostrò di essere d’umore tutt’altro che allegro nonostante la vittoria conseguita.– Tutto questo ci porterà ad una guerra aperta con gli Owenacht – predisse in tono cupo ai suoi ufficiali, durante il viaggio di ritorno a Kincora. – Cian ci era già avverso e adesso il resto della tribù condividerà i suoi sentimenti.Nel parlare scoccò un’occhiata ostile in direzione del fratello, che cavalcava poco lontano, ma Donough non se ne accorse perché era assorto nei suoi pensieri e stava cercando di ricordare la voce della persona che nella foresta aveva dato sollievo alla sua testa ferita… e gli aveva forse salvato la vita.Per quanto non avesse nessun fatto che lo comprovasse, dentro di lui stava infatti nascendo la convinzione di essere stato salvato dalla ragazza con la gonna rossa. Sapeva che era impossibile, e tuttavia… tuttavia voleva crederlo.Immerso in quelle riflessioni, lasciò che fosse il cavallo a scegliere la strada da seguire, riscuotendosi soltanto a tratti per grattare il sangue secco che ancora gli incrostava l’orecchio e la mascella.Non appena arrivarono a Kincora, Teigue convocò il suo medico personale perché si occupasse della ferita di suo fratello, e Ferchar fece sedere

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Donough su uno sgabello nel cortile, in modo da avere luce a sufficienza per lavorare.– Dici di essere stato colpito con un’ascia? – domandò.– Un colpo di striscio, per fortuna. Ho riportato l’ascia a casa con me.Donough cercò di non sussultare quando Ferchar sollevò con una mossa esperta del pollice la striscia di pelle parzialmente staccata, la lavò delicatamente con un decotto di salice per liberarla dai capelli che vi si erano impastati e la riadagiò al suo posto, ricoprendola con un impiastro di arnoglossa e piantaggine.– Per essere una ferita prodotta da un’ascia è notevolmente pulita – commentò infine il medico. – Gli uomini che sopravvivono ad una lesione da ascia di solito muoiono in seguito a causa di qualche veleno latente che infettava la lama, ma qui non vedo traccia di purulenza. Hai forse immerso la testa in una sorgente magica? Oppure lo spirito guardiano dei Dal Cais è sceso dalla sua montagna per risanarti? – scherzò quindi, ridacchiando.Donough però non rise e nei suoi occhi apparve un’espressione indecifrabile mentre ripensava a quell’incontro nella foresta di cui non aveva fatto parola con nessuno, in parte perché poteva essere frutto della sua immaginazione e in parte perché se era una cosa reale era anche molto personale.– Non è ancora stata forgiata l’ascia che mi può uccidere – rispose soltanto.E forse era vero.

Non appena seppe che suo fratello sarebbe guarito senza problemi Teigue lo informò che i suoi servigi non erano più richiesti a Kincora, scegliendo di non ricordare la promessa che aveva fatto a se stesso durante il combattimento al guado.– È così che dimostri la tua gratitudine per l’aiuto che ti ho dato in battaglia? – esclamò Donough, sinceramente sconcertato.– Se tu non avessi causato dei problemi fra la nostra tribù e quella degli Owenacht non ci sarebbe stata nessuna battaglia.– Una lite! Si è trattato soltanto di una semplice lite!– È così che cominciano le guerre – ritorse Teigue. – Se non fosse stato per la tua «semplice lite» dubito che gli Owenacht si sarebbero mai messi in marcia alla volta di Limerick.– Non puoi saperlo! Non hai sentito le notizie che i tuoi messaggeri ti hanno riferito? Si stanno verificando battaglie in tutta l’Irlanda: uomini che erano stati alleati per anni si stanno rivoltando gli uni contro gli altri.

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Era l’Ard Ri a tenerli uniti, e adesso le coalizioni da lui create si stanno disgregando.– Tu sei il solo responsabile di questo problema – ribadì Teigue, ignorando le sue parole, – ed io credo che sia meglio che ti tenga il più lontano possibile da Kincora. Forse con il tempo il risentimento si spegnerà.– E tu continuerai ad essere il Re del Munster senza incontrare opposizione – ribatté Donough, cupo. – O almeno così credi.– Questo cosa significa?– Quello che tu vuoi che significhi – rispose Donough, scrollando le spalle.Radunati i suoi sostenitori li informò quindi con pochi e tersi monosillabi che sarebbero dovuti di nuovo andare via.– Torneremo a Corcomrua per il tempo necessario a prelevare le mie donne – disse quindi a Conor, – poi dovrò cominciare a costruire un mio forte. Non ho bisogno di Kincora per sopravvivere.Ma la sua mascella serrata e la luce che gli brillava negli occhi smentivano quelle parole.Prima di ripartire per il Burren Donough andò però a trovare Maeve.– Qualsiasi cosa succeda fra me e Teigue, ti sarò sempre grato per la gentilezza che mi hai dimostrato – garantì.– Non voglio che voi due litighiate – replicò Maeve, protendendo una mano verso di lui, – e credo che in realtà non lo voglia neppure Teigue. Ormai per lui è però diventata una questione di orgoglio, perché è figlio di suo padre.– Lo sono anch’io – le ricordò Donough.

Prima di partire, Donough aveva un’ultima visita da fare. Quando si avvicinò alla casa che Mac Liag possedeva sul lago trovò il vecchio poeta fermo sulla soglia, come se lo stesse aspettando, e notò che appariva grigio in volto per la stanchezza.– Lavora troppo – spiegò Cumara. – Insiste a ripetere che morirà presto e sta cercando di completare in tempo una biografia di Brian Boru scrivendola tutta da solo perché si rifiuta di mandare a chiamare uno scriba dal monastero.– Devo riferire delle cose che non voglio vengano sentite da uno dei monaci di Cathal – interloquì Mac Liag.– Non dovrebbe essere Carroll a compilare una storia delle imprese e della vita di mio padre? – obiettò Donough.– Ci sono cose che neppure Carroll conosce – affermò il poeta, con un

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bagliore negli occhi sbiaditi. – Lui riferirebbe solo i fatti mentre io conosco le verità. Vieni dentro con me, ragazzo, così potremo parlare mentre mi riposo dalle mie fatiche… bada però che ho poco tempo da dedicarti perché ho ancora molto da fare e non voglio che i miei inchiostri si secchino.Sedettero insieme accanto al focolare e Cumara servì loro alcuni cibi estivi: bacche e formaggio morbido, crescione stufato e una torta di farina, latte e uova, riempiendo quindi fino all’orlo i boccali da una brocca di sidro e aggiungendo un po’ di legna sul fuoco anche se la giornata era abbastanza calda e l’interno della casa soffocante.Osservando con attenzione il volto del vecchio poeta, Donough si rese conto che Mac Liag stava infine morendo davvero, come se una parte fondamentale del suo spirito fosse venuta meno.– Prima che lasci Kincora per… per quello che potrebbe essere un tempo piuttosto lungo – esordì quindi, scegliendo con cura le parole, – mi piacerebbe sentire da te ancora qualche verità.– Cosa posso fare per te? – domandò Mac Liag, rigirando il contenuto della sua ciotola di formaggio con l’indice per poi portarselo alla bocca.Notando che a parte succhiarsi il dito come un neonato, il vecchio stava mangiando ben poco, Donough comprese perché Cumara lo stesse tenendo d’occhio con aria tanto ansiosa.– Parlami del Crag Liath – disse.– Sai su di esso ciò che tutti sanno.– Ma tu sai qualcosa di più – insistette Donough. – Tu sei un forziere in cui sono custoditi tutti i miti e le leggende dei Dalcassiani.– Un forziere? – sorrise Mac Liag, compiaciuto da quell’analogia. – Forse è vero. Per esempio, posso dirti che spesso con il termine mito si definisce una parte di storia che è stata dimenticata. – Interrompendosi, si girò quindi sullo sgabello e si rivolse a suo figlio, ordinando: – Trovati qualche lavoro da svolgere fuori, perché questo non ti riguarda.Borbottando fra sé, Cumara lasciò la casa.Prima di riprendere a parlare, il vecchio poeta bevve un lungo sorso di sidro e ruttò sonoramente, esalando un respiro che aveva la fragranza del miele e delle mele fermentate invece dell’odore rancido del respiro di un vecchio.– Vuoi sapere dello spirito del Crag Liath – riprese quindi, in tono sommesso, scrutando le travi del soffitto come se vi potesse scorgere lo spirito di cui stava parlando. – Il suo vero nome, quello antico che portava come membro dei Tuatha de Danann, era Eevin, il termine danann che

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significa «bellezza». Probabilmente i monaci di Cathal pronuncerebbero quel nome Aebhinn, distorcendolo come fanno con tutto il resto della nostra lingua… sempre ammesso che osassero scriverlo, cosa di cui dubito. Eevin e gli altri spiriti come lei sono anatema per loro.– Eevin è un ban shee?– Una fata? – chiese Mac Liag, arricciando le labbra in una sorta di sorriso. – Secondo le cosiddette leggende ciò che definiamo come fate sono in effetti gli spiriti immortali dei membri della razza che viveva in Irlanda quando i nostri antenati vi sono giunti, molti secoli prima della nascita di Cristo. I Gael hanno sconfitto i Tuatha de Danann con le loro spade di ferro, ma non hanno potuto scacciarli perché i Danann si sono fusi con la terra stessa e ne sono divenuti parte integrante a tal punto da non poterne più essere separati.«Questo è ciò che racconta il mito – proseguì Mac Liag, enfatizzando la parola mito. – Esiste però un’altra versione secondo cui Eevin sarebbe stata la prima di una lunga discendenza di donne druido che per secoli hanno praticato i loro sacri riti sul Crag Liath. Quando la pietra grigia medita nel sovrastare la valle silenziosa, le figlie di Eevin pregano gli dèi di un tempo più antico… o così dicono alcuni.Interrompendosi, Mac Liag immerse di nuovo il dito nel formaggio per poi succhiarlo.– È questo il vero motivo per cui mio padre si recava sulla montagna… per presentare delle offerte durante le cerimonie druidiche? – domandò Donough.– Un re profondamente cristiano come Brian Boru? – esclamò Mac Liag, fingendosi sconvolto all’idea.– Ne so abbastanza sul conto di mio padre da essere certo che abbia cercato alleati dovunque ne poteva trovare.– Sul Crag Liath non stava cercando alleanze politiche.– Cosa, allora?– Non me lo ha mai detto.– Però hai un sospetto.– Infatti. Credo che andasse a cercare una donna.– Una donna druido? – chiese Donough, protendendosi in avanti. – Una persona in carne ed ossa e non lo spirito protettore dei Dal Cais?– Deve trattarsi per forza dell’una o dell’altra cosa? Non potrebbe essere che cercasse entrambe?– Stai parlando per enigmi, Mac Liag.– Lo credi davvero? Allora lascia che ti sottoponga un vero enigma, un

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mistero. Per tutta la sua vita, almeno da quando io l’ho conosciuto, Brian Boru è stato tormentato dal ricordo di una donna druido. Una notte in cui aveva bevuto troppo vino rosso mi ha confidato di averla conosciuta quando erano entrambi molto giovani, e che il suo nome era Fiona.«Lui l’ha amata e l’ha perduta, l’ha lasciata andare perché era troppo impegnato a prepararsi la strada verso la sovranità. In qualche modo, però, lei è sempre rimasta appena al di fuori del suo campo visivo, e perfino nei giorni in cui Gormlaith ha vissuto qui ci sono state occasioni in cui Brian è salito da solo sul Crag Liath alla ricerca della donna chiamata Fiona.– L’ha trovata?– Non posso dirtelo perché onestamente non lo so – rispose Mac Liagh, scuotendo il capo.Per un momento i due uomini contemplarono entrambi il fuoco in silenzio, mentre Donough sorseggiava il suo sidro, poi di colpo il giovane sollevò la testa.– Forse lei lo ha trovato. A Clontarf – disse.– Cosa intendi dire?– Carroll ha riferito che circola una strana storia relativa ad una donna che avrebbe visitato l’Ard Ri nella sua tenda la notte prima della battaglia e sarebbe poi svanita.– Ah, ma non poteva essere Fiona. Se anche fosse ancora viva, sarebbe troppo vecchia per compiere un viaggio del genere.– Davvero? – obiettò però Donough. – Hai detto che era un druido… i druidi non hanno forse poteri magici?– Cathal sostiene che la magia è malvagia, opera dei demoni – osservò Mac Liag, irrigidendosi in volto.– Non so perché, ma sono convinto che tu non gli creda. Dimmi una cosa, Mac Liag: perché l’Abate di Kill Dalua odia tanto i druidi?– Questa è davvero una domanda interessante, soprattutto se si considera che stiamo parlando del Crag Liath – affermò Mac Liag, mentre un bagliore malizioso gli riaffiorava nello sguardo. – Alzati e versami dell’altro sidro, ragazzo, perché non è storia che si possa raccontare a gola asciutta.Mac Liag attese che Donough gli avesse riempito di nuovo il boccale, poi lo svuotò in un solo sorso.– Ascolta attentamente perché è una cosa che racconterò una volta sola – ammonì quindi, – in quanto si tratta di una storia che alcuni vorrebbero venisse dimenticata. Come forse sai, Saint Da-Lua ha fondato l’abbazia sul finire del sedicesimo secolo. Da-Lua era un nipote di Eochaid, a

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quell’epoca Re del Munster, ed era un Owenacht. Il successivo abate di spicco del monastero è stato Flannan Mac Turlough, al quale è intitolata la cappella di Kincora, figlio di un re dei Dal Cais che si dice sia salito al potere con l’aiuto di un demone.«Adesso parlano di un demone, ma nelle leggende della nostra tribù si narra che ad aiutare Turlough sia stata Eevin del Crag Liath, che con la sua influenza magica ha permesso ai Dal Cais di ottenere il controllo di tutto Thomond e di esigere l’alternarsi della sovranità del Munster fra la loro tribù e gli Owenacht. Secondo la leggenda Eevin veglia ancora sui Dal Cais dall’alto della sua rupe, e quando un Dalcassiano muore leva per lui un lamento funebre.«Un tempo simili alleanze con gli antichi spiriti erano incoraggiate, perché la terra era stata loro prima di essere nostra, ma il nostro consanguineo Cathal Mac Maine è animato dallo zelo del riformatore e vuole cancellare ogni vestigia dell’Antica Fede per sostituirla con il Cristianesimo… nell’ambito del quale occupa una posizione di rilievo. Odia i druidi perché riveriscono quegli spiriti che lui sta cercando di estirpare.«Quanto a Eevin, Cathal la considera un umiliante ricordo dei legami dei Dal Cais con il paganesimo: se osasse farlo appiccherebbe il fuoco all’intera montagna per bruciare ognuno di quegli alberi che si dice le siano tanto cari… ma per quanto si atteggi a moralista non osa farlo perché era un Dalcassiano molto prima di diventare abate e in un angolo del suo animo anche lui crede in Eevin. Essendo lacerato fra due diverse fedi, odia quella che ritiene essere la fonte del suo dilemma – concluse Mac Liag, poi improvvisamente sbadigliò e aggiunse: – Ultimamente parlare mi stanca, e prima di dormire ho ancora delle cose da scrivere.Comprendendo di essere stato congedato, Donough si alzò in piedi.– Anch’io sono stanco – mentì, – e poi i miei uomini mi stanno aspettando.– Prima di separarci, ragazzo, rispondi ad una mia domanda: mi hai chiesto tutte queste cose per semplice curiosità oppure c’è un motivo più profondo?– Non si tratta solo di curiosità – ammise Donough, ritenendo di dovere a quel vecchio una spiegazione. – Il giorno di Venerdì Santo ho sentito la voce del ban shee, e dopo che siamo arrivati a Dublino una donna che non avevo mai visto mi è apparsa davanti e mi ha dato un buon consiglio. L’ho rivista al mio matrimonio, solo che aveva un volto più giovane. Inoltre quando sono rimasto ferito nella recente battaglia la stessa donna mi ha aiutato… o almeno credo che fosse lei. In qualche modo speravo che tu potessi… spiegarmi…

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S’interruppe, vedendo che Mac Liag lo stava fissando a bocca aperta.– Il suo erede – sussurrò il vecchio, con voce piena di reverenziale meraviglia.– Cosa?– Brian è morto, e adesso lei è venuta da te. Sei davvero il suo erede, anche se non nel modo che tu ti aspettavi.Per un momento i due uomini si fissarono a vicenda, intrappolati nello stesso mistero, poi Donough si decise a infrangere il silenzio.– Però lei è una persona vera! La ragazza che c’era al mio matrimonio… è reale, so che lo è.– Fiona era reale – ribatté Mac Liag, in tono piatto, poi sospirò, cercò a tentoni il proprio boccale e tornò a riempirlo, aggiungendo: – Ho paura per te, ragazzo, e al tempo stesso ti invidio.

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uando Donough e i suoi uomini tornarono a Corcomrua, Gormlaith non perse tempo nel far notare al figlio gli errori che aveva commesso.Q

– Avrei potuto dirti io stessa che era inutile cercare di blandire Teigue: facendogli dei favori non lo persuaderai mai a cederti nulla, perché la sola cosa che gli uomini rispettino è la forza. Una volta sconfitti gli Owenacht avresti dovuto far notare che la vittoria era stata opera tua e appellarti ai Dalcassiani perché seguissero la tua bandiera e non quella di Teigue. In quel momento avresti potuto trascinarli dalla tua parte, però hai sprecato quell’opportunità. Da questo momento prestami ascolto e trai profitto dalla mia conoscenza dei re e dei condottieri.Donough le scoccò un’occhiata piena di stanchezza: non era dell’umore adatto per sopportare una predica di Gormlaith, ma una volta che cominciava a parlare non c’era nulla che la potesse fermare e se anche avesse lasciato la stanza lei lo avrebbe seguito, tormentandolo fino a indurlo a desiderare di picchiarla.E tuttavia questa era una cosa che non osava fare, nella stessa misura in cui Cathal Mac Maine non osava bruciare gli alberi del Crag Liath.

Quella notte divise il letto con Neassa, che si dimostrò altrettanto loquace ma meno concreta nelle sue argomentazioni. Ben presto Donough cessò di sentire la sua voce e si limitò a giacere tenendola fra le braccia in attesa che la giovinezza e il desiderio si destassero dentro di lui. Quando accadde eseguì il suo dovere di marito e lei lo accettò, in un rito della fertilità antico quanto il tempo, ma nel possederla Donough era consapevole della mancanza di qualcosa che non sapeva definire e quando ebbero finito rimase sveglio a fissare il buio, inappagato perché invariabilmente c’era una parte di se stesso che non riusciva a donare.A volte nel buio vedeva il volto di sua madre, a volte quello della figlia di Padraic.

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Il giorno in cui Neassa gli disse che aspettava un bambino, Donough annunciò che intendeva avviare la costruzione di un forte in una valle a sud del Burren, servendosi della manovalanza dei clan locali dipendenti dai Dal Cais.– Non voglio vivere in un altro avamposto solitario e selvaggio come Corcomrua, distante giorni di viaggio dal clan di mio padre – protestò Neassa. – Insisto perché tu mi fornisca una casa più adeguata al mio rango.– Il tuo rango? – rise Donough. – Vuoi una casa adatta alla figlia di un allevatore di bestiame?– Adatta alla moglie di un principe – ribatté lei, – cosa che io sono.– Allora tu e i tuoi figli vivrete con questo principe dovunque lui vada ad abitare – la informò suo marito.Donough non aveva comunque intenzione di rimanere isolato nel Thomond occidentale per il resto della sua vita e sognava ancora che un giorno Kincora sarebbe stata sua, ma nel frattempo era deciso a costruire una roccaforte il più possibile simile a quella dei suoi sogni in cui far crescere la sua famiglia.Potendo scegliere fra tutti i diversi appezzamenti di terreno che ora gli appartenevano, decise di costruire la sua casa non lontano da Ennis e dal Drumcullaun Lough, adducendo a giustificazione della sua scelta il fatto che quel punto era equidistante da Corcomrua e da Kincora.Gormlaith si mostrò indignata quanto Neassa di fronte alla decisione del figlio.– Non ho nessuna intenzione di andare a vegetare in una zona piena di ortiche dove non succede mai nulla d’importante! – protestò.– Non ci sono ortiche e abbonda invece l’edera, ma se il posto non ti piace puoi tornare a Dublino.– Hai bisogno di avermi vicina perché non disponi di consiglieri degni di questo nome – ritorse Gormlaith, poi notò l’espressione cocciuta assunta dalla mascella del figlio, così simile a quella di suo padre, e addolcì il proprio tono nel proseguire: – Inoltre, Donough, preferisco stare con te. Sitric non mi vuole e sarebbe pronto a buttare fuori sua madre come Teigue ha fatto con te a Kincora. Il mio posto è accanto a te – aggiunse, sfiorando con le dita il braccio nudo e muscoloso che emergeva dalla manica della tunica di lino e lasciandosi dietro una scia di pelle d’oca. – Non vuoi veramente che me ne vada – sussurrò. Donough era suo figlio, ma era anche un uomo, e lei aveva sempre conosciuto il proprio potere

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sugli uomini.Donough inviò a Dublino un altro urgente messaggio, implorando Sitric di mandare a prendere Gormlaith e offrendosi addirittura di elargire come dote dei capi di bestiame.Passò del tempo, poi arrivò a Corcomrua una piccola delegazione che riferì un rifiuto da parte di Sitric ed anche altre cattive notizie.– Adesso a Dublino c’è una pestilenza. Dappertutto ci sono persone che muoiono – dissero gli inviati, forti e coraggiosi Vichinghi che non temevano nessun uomo vivente e tuttavia tremavano nel pronunciare la parola «pestilenza». – Permettici di restare qui con te.Ricordando come Brian Boru avesse incorporato dei Vichinghi nelle proprie truppe, Donough fu felice di acconsentire.– Giurate di essermi fedeli e di combattere nel mio interesse ed io vi tratterò meglio di come abbia mai fatto Sitric – replicò.Era una vaga promessa basata su un futuro incerto, ma almeno il forte nella valle cosparsa di edera era una cosa tangibile e in crescita. Non appena si fu accordato con Conor perché ai Vichinghi venissero garantiti cibo e un luogo dove dormire, Donough si preparò ad uno dei suoi frequenti viaggi per controllare i progressi dei lavori al forte, ma Gormlaith lo intercettò prima che riuscisse ad andarsene.– Hai visto? Devo restare con te, non posso tornare a Dublino finché lì c’è la peste! – esclamò.– Non sei preoccupata per Sitric?– Lui è uno che sa sopravvivere – ribatté Gormlaith, con una scrollata di spalle, perché non aveva ancora perdonato a Sitric di essere stato sconfitto a Clontarf. Lei non perdonava mai i perdenti.– Tuo figlio è sposato con una mia sorellastra, ed io sono preoccupato per lei – obiettò Donough.– Si può dire che quasi non la conosci, perché è molto più vecchia di te.– Però è una mia consanguinea.– Lo è anche il caro Teigue – gli ricordò Gormlaith, inarcando con sarcasmo un sopracciglio. – Il clan O Brian è davvero una famiglia affiatata e amorevole.Donough provò del sollievo a lasciarsela alle spalle, ad allontanarsi da Corcomrua, che non gli apparteneva, e da Neassa, che invece era sua.Neassa, che si lamentava di continuo a causa della nausea e del modo in cui il ventre le si stava allargando, e che voleva di continuo il marito accanto perché nessun altro era disposto a tollerare le sue lamentele.Donough si diresse quindi verso sud con il cuore sempre più leggero,

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scrutando l’orizzonte alla ricerca della massa della montagna più alta, che costituiva il punto di riferimento per orientarsi in quella regione.Il suo nuovo forte stava sorgendo su un prato, vicino ad un limpido ruscello e sullo sfondo della Slieve Callan, una montagna sulla cui sommità pareva che venissero svolti riti druidici sull’Altoir-na-Greine, l’Altare del Sole. Era stato Donough a volere che la montagna dominasse il suo forte, perché anche se non era vicina quanto il Crag Liath lo era a Kincora la sua mistica vetta costituiva lo stesso una presenza rassicurante. E comunque lui aveva bisogno di una montagna nel panorama circostante la sua casa.Per quanto gli capitasse spesso di pensare alla figlia di Padraic, non era mai andato a cercarla perché, stranamente, per il momento gli bastava sapere che lei non era lontana. Come Kincora, quella ragazza gli sembrava una promessa per il futuro, tangibile come la fragranza del biancospino che profumava l’aria di Thomond.Il profumo della magia.Con quel profumo nelle narici Donough sedette su una collinetta e rimase a guardare con appagamento il suo forte che si levava dal terreno come una sorta di agglomerato di piante di pietra il cui disegno era determinato da una struttura esistente nella sua mente; nel guardarlo, fantasticò che se gli fosse stato possibile rimuovere la sommità del proprio cranio e sbirciare all’interno, avrebbe forse scoperto che quel disegno somigliava alla forma del suo cervello.Contemporaneamente, il suo desiderio di possedere Kincora cominciò ad attenuarsi.Quando fece ritorno alla fortezza di Corcomrua, una sera sul tardi, trovò tutti in preda all’agitazione perché Nessa stava molto male.– Stava bene quando sono partito – protestò con chiunque fosse disposto ad ascoltarlo, ma ben pochi avevano tempo da dedicargli e pareva che l’intera popolazione femminile della fortezza fosse freneticamente occupata a curare la donna malata o a raccogliersi in capannelli negli angoli per discutere delle sue condizioni con molti borbottii e molto gesticolare.Incapace di ottenere da una qualsiasi di loro la benché minima informazione, alla fine Donough fu spinto dalla disperazione ad andare fuori ad unirsi agli altri uomini.– Mia moglie è là dentro e non mi vogliono dire nulla – protestò.– Hai ancora molte cose da imparare in merito alle donne – commentò il signore di Corcomrua, guardandolo con aria comprensiva. – Quando una

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di loro è malata le si chiudono intorno e ci fanno sentire tutti inutili come un paio di ali su un pesce. È il modo che le donne hanno di esercitare il potere.– Non è così che mia madre esercita il suo – obiettò Donough.– Och, no – rise Conor. – Tua madre è diversa. Nessuna regola si applica a Gormlaith.A quanto risultò, un’altra delle regole che non si applicavano a Gormlaith era quella relativa all’essere inclusa nel numero delle donne che si prendevano cura della malata, in quanto Neassa protestò a tal punto che alla fine sua suocera venne esclusa dalla camera.– Non sono mai stata insultata in questo modo! – gridò Gormlaith, tremante di rabbia, consapevole che gli uomini la stavano osservando.– Non so perché ma ne dubito – mormorò Fergal a Ronan, nascondendo la bocca con la mano.Trascorsero le ore e la notte si fece più fitta. Schegge di luce proiettata dalle lampade di bronzo alimentate con l’olio di squalo proveniente dalla Baia di Blacksod trapelavano attraverso le fessure della porta, ma nessuno accennava ad uscire dalla camera dove si trovava la malata. Un paio di volte Donough provò a bussare alla porta e a chiamare, ma la sola risposta che ricevette fu la richiesta di allontanarsi.– Perché qui non avete un medico? – chiese a Conor.– Non ho un rango tale da aver diritto ad un medico personale, però le mie donne conoscono erbe e pozioni e si prenderanno buona cura di lei. Adesso smettila di camminare avanti e indietro, stai scavando un solco nel cortile.Poco prima dell’alba la moglie di Conor emerse dalla stanza, con il volto scavato per la stanchezza.– Mi dispiace – disse a Donough.– Ti dispiace? Per cosa?– Sono morti entrambi. Non abbiamo potuto fare nulla.– Entrambi? – ripeté lui, sentendosi come sospeso nello spazio e non riuscendo a dare un senso a quella parola.– Tua moglie e tuo figlio – spiegò la donna, posandogli una mano sul braccio. – Neassa aveva la febbre altissima. Ha partorito un maschietto morto ed è morta poco dopo. È stata la volontà di Dio.Donough non avvertiva più la terra sotto i piedi e aveva la sensazione che non ci fosse più aria nei suoi polmoni: in quel momento Neassa divenne preziosa per lui, e così pure il neonato morto. Un maschio, un figlio! Un bambino a cui finora aveva pensato soltanto come ad un’astrazione, ad

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una ragione in più per costruire un forte, e che di colpo era diventato una persona in carne ed ossa.E morta.Mio figlio, pensò, assimilando a poco a poco la realtà di quanto era accaduto. Mio Figlio!Uno spasimo di dolore incontenibile lo attraversò e senza sapere se stava piangendo per Neassa, per il figlio morto o per tutti i possibili futuri che erano stati così crudelmente cancellati, si mise a singhiozzare come un bambino pur essendo un uomo di diciassette anni.Due braccia lo circondarono e una mano gli premette sulla nuca, costringendolo ad affondare il volto contro la spalla di qualcuno.Tenendo stretto a sé il figlio piangente, Gormlaith sfidò con lo sguardo chiunque altro a tentare di confortarlo.

Quando un messaggero annunciò che il forte sul ruscello era quasi finito Donough non mostrò il minimo interesse per la cosa.Adesso ti puoi trasferire là, se vuoi – disse a sua madre, con indifferenza.– Io? Vivere da sola in una terra selvaggia?– Puoi avere dei servitori.Per tutta risposta Gormlaith scoppiò in un’aspra risata e come tutti gli altri gli chiese cosa intendesse fare. Lui però non lo sapeva, e trovava più facile non fare nulla.La febbre che aveva stroncato Neassa non uccise nessun altro, anche se per qualche tempo nel forte di Conor parecchie altre persone continuarono ad ammalarsi, finché il nobile si decise a chiedere aiuto per purificare la sua roccaforte.– Un prete potrebbe benedire questo posto – spiegò a Donough, – ma gli spiriti che abitano il Burren sono più antichi della Cristianità e abbiamo bisogno di qualcuno che sappia come placarli, quindi ho mandato un messaggero a cercare un druido.Nel sentire quelle parole gli occhi di Donough si rischiararono per la prima volta da giorni… e subito dopo lui s’infuriò con se stesso per aver sperato che a rispondere alla convocazione potesse essere la figlia di Padraic.Quella notte giacque sul letto che aveva diviso con Neassa e sopportò le fitte corrosive del senso di colpa per la prima volta nella sua giovane vita, mordendosi le nocche e rigirandosi insonne mentre immaginava le cose che avrebbe potuto fare in maniera diversa, le azioni che avrebbero potuto portare ad una conclusione più lieta.Se avessi saputo che sarebbe morta… se… se…

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Dopo qualche tempo il druido arrivò, conducendo a mano un asino carico di fascine di legno di frassino e di sacche di erbe, ma si trattava di un vecchio curvo e canuto dagli occhi roventi che non aveva nulla in comune con la figlia di Padraic. Il vecchio preparò dei fuochi intorno al cashel, creando nubi di fumo denso che odoravano di papavero, di borragine e di trifoglio, poi spinse il fumo nelle camere e negli edifici interni con l’ausilio di alcune coperte, cantilenando al tempo stesso parole inintelligibili con una voce acuta e nasale: un canto per gli antichi dèi.Dopo aver eseguito quel rito per tre notti consecutive in fase di luna nuova, il vecchio ripose quel che restava della legna e delle erbe e si sedette per godere di un banchetto preparato dalle donne di Conor.– Adesso la vostra casa è sicura – garantì loro. – Avete un po’ di birra con cui accompagnare questa carne? È un po’ filacciosa e i miei denti non sono più quelli di una volta. Già che ci siete, non mi dispiacerebbe avere ancora un po’ di quelle mele cotte, e magari un po’ di miele con un pezzo di focaccia d’avena.Quando se ne fu andato, Conor chiamò i preti cristiani perché benedicessero la casa, e pur arricciando il naso di fronte all’odore di erbe che potevano ancora avvertire nell’aria essi si trattennero saggiamente dal far commenti, perché erano uomini del Burren.

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ornai al sud ancora una volta per dare un’ultima occhiata al forte nella valle coperta di edera. Adesso che Neassa e il bambino erano morti mi riusciva difficile immaginare di vivere là, ma avevo

bisogno di rivedere il posto perché forse allora avrei potuto prendere qualche decisione in merito a cosa fare della mia vita.

TRonan mi accompagnò con una piccola scorta armata, ma io insistetti perché gli altri aspettassero ad una certa distanza dal forte in quanto volevo entrarvi da solo.Gli uomini che lo avevano costruito se n’erano andati e adesso la fortezza era completa, priva soltanto degli arredi e delle provviste. Le sue porte di quercia erano spalancate, in attesa.In attesa di cosa? Me lo domandai mentre impastoiavo il cavallo e lo lasciavo libero di pascolare. Abituato alle morbide pastoie di cuoio, l’animale sapeva con esattezza la lunghezza dei passi che poteva fare e si allontanò lungo il prato, assaggiando i diversi tipi di erba che vi crescevano, mentre io restavo per qualche tempo fermo a osservarlo, rimandando l’inevitabile. Infine mi girai e oltrepassai lentamente le porte.Il mio ingresso avrebbe dovuto essere accompagnato da una cerimonia e da una sepoltura simbolica sotto l’architrave, eseguita al suono dell’arpa e della cornamusa e accompagnata dal canto della gente. Poi avrebbe dovuto essere acceso il primo fuoco, su cui arrostire allo spiedo un intero bue mentre la gente rideva e beveva birra e latte.Invece ciò che c’era era… il nulla.Giunto davanti alla rotonda casa di pietra che avrei dovuto dividere con Neassa mi fermai e piegai la testa da un lato per ascoltare: un vento sommesso sussurrava su Thomond e sui prati un cucù lanciava il suo ripetitivo verso di due sillabe per annunciare la propria presenza; l’aria era appesantita dal calore e dalla sonnolenza dell’estate e gli insetti ronzavano operosi fra l’edera lungo le rive del ruscello. All’interno del forte però c’erano soltanto la quiete e il silenzio, e l’unica presenza viva era la mia.

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Poi qualcosa parve muoversi al limite del mio campo visivo, ma quando mi girai per guardare meglio non trovai nulla. Era possibile che un posto in cui nessuno aveva mai vissuto fosse abitato dagli spiriti? Forse si trattava dei fantasmi di un futuro che non si sarebbe verificato.Facendomi forza sbirciai all’interno della casa vuota, che la mia immaginazione aveva da tempo arredato con un letto di legno intagliato e dipinto, alari di ferro per il focolare, cassapanche per gli abiti, un telaio, calderoni, tini e pentole, ed erbe appese alle travi a seccare, ma una volta che i miei occhi si furono abituati alla penombra vidi soltanto ombre vuote.Con la gola serrata da un nodo doloroso volsi le spalle alla casa e presi a girovagare per la fortezza, esaminandola in modo superficiale perché l’entusiasmo che avevo sentito in passato era svanito.Nonostante tutto, non avevo ricreato Kincora. Il forte era troppo piccolo e troppo comune, e così nuovo da risultare quasi offensivo ai miei occhi, con le superfici di pietra che recavano i segni recenti dello scalpello e il legno che perdeva ancora linfa a causa dei colpi di ascia e di pialla.Quasi ad accentuare il mio dolore, dovunque guardassi trovai lavori eseguiti in maniera sciatta e inadatti a Brian Boru, ma evidentemente considerati più che sufficienti per Donough Mac Brian: gli intagli celtici sui pali e sui pilastri sembravano essere stati incisi nel legno da un bambino dispettoso, i cardini di ferro che avrebbero dovuto brillare di grasso erano opachi e già segnati dalla ruggine. Nulla era come lo avevo sognato.Improvvisamente m’immobilizzai, perché questa volta ero certo di aver visto qualcosa con la coda dell’occhio. Quando mi girai di scatto un fugace gioco d’ombre su una parete produsse l’effetto di un’ampia gonna che spariva dietro un angolo e uno scherzo della luce mi diede l’impressione di vedere un braccio che mi rivolgeva un cenno d’invito da una soglia aperta.– Sei qui? – gridai, scattando in avanti con il cuore che mi martellava nel petto, mentre dentro di me speranza e senso di colpa lottavano per il predominio.Il senso di colpa ebbe la meglio e i miei passi si fecero più lenti: se fossi rimasto con Neassa e con il bambino invece di venire qui…Se non fossi stato attirato dalla visione di un’altra donna e non avessi deciso di costruire il mio forte vicino a dove lei viveva…I druidi… erano maledetti… Cathal aveva ragione…Fermandomi di colpo mi girai e accennai a tornare verso le porte

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principali, ma in quel momento sentii un suono che sembrava un lieve battere di piedi nudi in corsa sulla terra compatta e il cuore mi balzò di nuovo in gola; al tempo stesso mi resi conto che qualcuno stava canticchiando in tono tanto sommesso da essere quasi inudibile e abbassai d’istinto la mano sull’elsa della spada prima di rendermi conto che si trattava di una voce femminile lieve e sommessa.Cercai di dire a me stesso che si trattava della moglie di uno degli operai, curiosa di vedere ciò che il marito aveva contribuito a costruire, ma non riuscii a crederci, e senza neppure pensare a chiamare Ronan e i suoi uomini cominciai a passare al setaccio il forte.Mentre il sole si spostava a poco a poco nel cielo passai dalla camera centrale agli edifici esterni, tornando ripetutamente sui miei passi, sbirciando nei magazzini e arrampicandomi sui muri per vedere cosa c’era dall’altra parte, perché ero animato dalla radicata convinzione che in quella fortezza ci fosse un altro essere vivente che si trovava sempre qualche passo più avanti o più indietro rispetto a me.Parecchie volte mi girai di scatto soltanto per trovarmi di fronte alla mia ombra, ma ero certo di non essere solo e desideravo disperatamente vederla.Fino al momento della morte di Neassa ero stato un ragazzo, ma adesso ero un uomo, e questo comportava una solitudine spaventosa.– Dove sei? – chiamai.La sola risposta fu l’eco della mia stessa voce.– Chi sei?Di nuovo l’eco si fece beffe di me.Alla fine mi arrestai al centro della fortezza che avevo costruito e, in preda alla disperazione, ricordai le parole del poeta Mac Liag.– Il possesso di un palazzo non ti renderà felice.

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’aria fredda e pungente di Alba non era per lei quella di casa neppure dopo tanti anni. Se chiudeva gli occhi, Blanaid poteva ancora evocare immagini dell’Irlanda, con i pascoli lussureggianti

bordati di fragranti e magiche siepi di biancospino, le felci che splendevano come di una luce interna e l’agrifoglio che custodiva l’accesso alle primitive foreste di querce e di frassini che in tutte le stagioni echeggiavano del canto degli uccelli, e i suoi sensi risentivano della privazione di tanta naturale abbondanza.

L

In giorni come questo, in cui il vento soffiava da sudovest, era più facile cedere alla malinconia. I principi gallesi che a volte visitavano la corte dì suo marito chiamavano hiraeth quel desiderio profondo e inappagato, mentre con il termine cynefin facevano riferimento alla loro terra d’origine, al loro habitat nativo, e pur avendo appreso ben poche parole di gallese, Blanaid comprendeva a fondo entrambi i termini.Naturalmente non parlava mai con Malcom della propria malinconia perché lui non aveva tolleranza per gli umori femminili, per l’area effimera delle emozioni: il suo interesse e le sue energie erano completamente dedicati al mantenimento della carica di Re di Alba, titolo che deteneva ormai dal 1005.Re. Blanaid, che come figlia di Brian Boru aveva ricevuto un’istruzione adeguata alla sua posizione sociale, rigirò quella parola sulla lingua, pensando che il termine gaelico era Ri, derivante dal latino Rix.– Ard Ri – sussurrò fra sé. – Sommo Re.Per lei quel titolo si sarebbe riferito sempre e soltanto a Brian Boru e le riusciva strano pensare che adesso Malachi Mor lo avesse reclamato di nuovo per sé senza formalità di sorta ma come un suo diritto, così come le pareva ancora più strano che nessuno glielo avesse contestato.– Chi avrebbe potuto farlo? – aveva commentato Malcom, quando l’anno precedente avevano appreso dell’ascesa al potere di Malachi. – Chi altri aveva la statura politica necessaria? Malachi è sostenuto dalla tradizione

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perché è un principe degli Ui Neill, e poi conosce di certo gli obblighi connessi a quella carica.– Ormai dovrebbe conoscerli – aveva ribattuto con amarezza Blanaid. – Ha imparato osservando mio padre.– Mi riferivo alla sua esperienza personale, precedente all’avvento di Brian.Precedente a Brian. A volte Blanaid aveva la sensazione che nella vita tutto fosse diviso in due parti, prima e dopo Brian, e si chiedeva quanto più intensa dovesse essere questa impressione in Irlanda, se lei che era lontana riusciva ad avvertirla in questo modo.Con la mente che vagava al di là del mare, si avviò lentamente lungo il sentiero che conduceva alla polla in cui si bagnava quando il clima era caldo. I duri Scoti affrontavano l’acqua perfino nel cuore dell’inverno, ma lei proveniva da una terra più mite e non avrebbe mai fatto un bagno a quest’ora di sera, neppure in tarda estate, perché nell’aria si avvertiva già un accenno d’autunno unito al sentore del fumo dei fuochi. La saggia locale aveva già predetto che l’inverno del 1016 sarebbe stato molto freddo… a quel pensiero Blanaid rabbrividì e si strinse maggiormente il mantello intorno al corpo.Alle sue spalle si levava la massa di pietra della sede reale di Malcom, che sembrava quasi una naturale sporgenza di roccia. In base a ciò che lui le aveva detto, quella collina aveva ospitato fortezze fin dai tempi più antichi, rocche costruite, distrutte, ricostruite e ampliate secondo quello strano processo di morte e di rinascita proprio di edifici del genere.D’un tratto si chiese da quale fortezza adesso Malachi Mor governasse l’Irlanda. Di certo non da Tara, che non veniva più usata da secoli come residenza reale primaria: i re appena nominati occupavano i suoi edifici splendidi e decadenti soltanto come simbolo di possesso per poi spostarsi in dimore più comode e resistenti. Brian aveva governato da Kincora anche se avrebbe potuto usare Cashel, che era la sede reale del Munster, mentre probabilmente Malachi doveva aver insediato la sua corte nella roccaforte di famiglia, a Dun na Sciath… un palazzo che non era certo regale quanto Kincora.Blanaid sapeva però che Malachi stava dimostrando in altri modi di aver riconquistato il potere: nel gennaio del 1015 aveva guidato insieme al suo parente Flaherty, Re di Aileach, una scorreria coronata da successo contro Dublino, bruciando e saccheggiando la città di Sitric come vendetta per l’insurrezione di Pasqua contro l’Ard Ri per poi dirigere a sud ed estendere la vendetta contro il Leinster, prendendo là parecchi ostaggi. Il fratello di

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Gormlaith, Maelmordha Principe del Leinster, si era infatti unito a Sitric nella ribellione contro Brian, combattendo e morendo a Clontarf, il che significava che anche il Leinster doveva pagare per l’insurrezione.Per completare la punizione inflitta alla provincia orientale Malachi aveva poi nominato re del Leinster Donncuan, il figlio di uno degli ufficiali di Brian, ma Blanaid riteneva che questa fosse stata una mossa sconsiderata.– È un gesto di riconciliazione – aveva spiegato Malcom, quando avevano appreso la notizia. – Malachi sta cercando di riallacciare i rapporti con i Dal Cais, il che significa che è abbastanza intelligente da capire che non può conservare la carica di Sommo Re senza l’appoggio del Munster.Com’era prevedibile, gli uomini del Leinster si erano indignati per l’arbitraria elargizione delle loro terre tribali ad un principe dalcassiano: sconfitti a Clontarf dall’uomo che avrebbero sempre considerato «l’arrivista del Munster», adesso stavano ribollendo d’ira e aspettando il momento propizio, ma era certo che si sarebbero ribellati ancora.Di nuovo l’antico succedersi di rappresaglie, pensò stancamente Blanaid. Mio padre ha cercato di infrangere questa mentalità, ma adesso…Adesso Malachi era l’Ard Ri e tutto era tornato ad essere com’era prima dell’avvento di Brian. Il fiore dei guerrieri Dal Cais era morto a Clontarf e Malachi governava, all’apparenza con il consenso generale, un’Irlanda che stava regredendo verso uno sfrenato susseguirsi di guerre tribali.A volte Blanaid si sentiva molto vecchia e stanca.Un fischio penetrante che lacerò l’aria la indusse a girarsi verso la sommità del sentiero, dove vide la sua cameriera che si stava togliendo due dita di bocca.– Tuo marito ti vuole, mia signora – gridò la donna. – Afferma che ci sono delle notizie che potresti voler sentire. Un messaggero ha portato le più recenti novità dall’Irlanda.Per un istante Blanaid esitò per lo stupore, in quanto le pareva che Dio avesse recepito i suoi pensieri e le avesse inviato una risposta diretta, poi sollevò le gonne con entrambe le mani e risalì di corsa il sentiero.Un messaggero biondo dagli orecchi prominenti si stava scaldando la schiena davanti al fuoco che ardeva nella grande sala di Malcom, elargendo al tempo stesso al re e ai suoi cortigiani alcune notizie miste a interessanti pettegolezzi.Quando Blanaid entrò nella sala Malcom scoccò automaticamente un’occhiata nella sua direzione e i suoi occhi neri brillarono come ossidiana sotto le sopracciglia scure: anche se si guardava bene dal dirglielo, perché mostrare affetto verso una donna era un segno di

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debolezza, la sua vista lo compiaceva ancora dopo tutti quegli anni e adesso ammise con se stesso che sua moglie si stava conservando bene, proprio come sua madre che era stata anche lei Irlandese, e che era stata il motivo che lo aveva indotto a cercarsi una moglie in Irlanda.Quando Brian Boru, che a quell’epoca era ancora soltanto Re del Munster, aveva cominciato a cercare un marito o una moglie per i suoi figli in seno a famiglie nobili, con l’intento di estendere dove possibile la propria influenza all’esterno dei confini provinciali, Malcom aveva quindi acconsentito a dare un’occhiata alle sue figlie e gli era bastato un solo sguardo per scegliere Blanaid.Ventisei anni più tardi lei era ancora piacevole a guardarsi, con la schiena eretta, la fronte relativamente priva di rughe e grandi occhi che avevano lo stesso colore del mare al largo di Montrose, e se la luce non era intensa era possibile scambiarla per una delle sue figlie.– Pensavo che potesse interessarti sentire questo – le disse, quando lei si arrestò appena oltre la bassa soglia arcuata. – Si tratta di Ossory.Serrando le labbra, Blanaid attraversò la stanza per andare a sedersi su una panca coperta di cuscini, vicino al focolare, irritata che suo marito pensasse ancora che lei fosse originaria di Ossory dopo tutte le volte che aveva già corretto quel suo errore.– Ripetici quella parte delle notizie – ordinò intanto Malcom al messaggero. – Ricomincia da dove prima ti ho interrotto.– Di recente Maelfogarty di Ossory ha condotto una scorreria in Thomond – recitò doverosamente l’uomo, – e allora il Principe Donough Mac Brian ha radunato un esercito per sfidarlo. Gli Ossoriani hanno però sconfitto i Dalcassiani e parecchi seguaci di Donough sono stati uccisi.– Che ne pensi? – chiese Malcom, girandosi verso la moglie. – I tuoi Ossoriani devono essere valenti guerrieri.– Non sono i miei Ossoriani – gli ricordò pazientemente Blanaid, come aveva già fatto molte altre volte. – Mia madre è nata in Ossory, ma tutta la sua gente veniva dal Connacht, e in Irlanda queste sono cose che hanno peso. Invece sono imparentata con Donough Mac Brian, che è il mio fratellastro.Malcom represse un sorriso: stuzzicare sua moglie gli dava un piccolo, segreto piacere perché lei non sembrava mai accorgersene. Molto tempo prima di porre piede sulle coste di Alba, Blanaid aveva nutrito la convinzione che tutti gli Scoti fossero privi di umorismo, così come prima di incontrarla Malcom era stato certo che tutti gli Irlandesi fossero emotivi. Blanaid invece era calma come una polla profonda e teneva per

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sé i propri sentimenti, gestendo la casa con una pacata competenza priva di stravaganze che incontrava la sua approvazione. Fra loro non c’era mai stata una grande passione… anzi Malcom era convinto che sua moglie fosse incapace di provare passione… ma la serenità stessa che lei emanava si era rivelata un porto tranquillo in una vita altrimenti turbolenta.– Sapevo del tuo fratellastro – disse ad alta voce, continuando a stuzzicarla. – Se non sbaglio ne hai un altro che è Re del Munster. Non dovrebbe essere lui a sfidare chi effettua razzie nel suo regno?I pensieri di Blanaid si rivolsero al passato, cercando lungo gli oscuri corridoi del tempo alcune nicchie vivacemente illuminate.– Teigue è sempre stato il meno litigioso fra noi – replicò infine. – Io lo ricordo come un ragazzo piuttosto dolce, se paragonato agli altri.– Dolce – ripeté Malcom, sbuffando con disprezzo. – Non è un attributo particolarmente desiderabile in un re, perché i re devono essere dei combattenti. Cosa mi dici di Donough? Lui com’è?– Non lo conosco. Tu ed io ci siamo sposati e sono venuta in Alba prima che lui nascesse. È il più giovane fra i figli di mio padre.– Di certo tuo padre ha avuto una quantità di figli – commentò Malcom, con una nota d’invidia nella voce perché pur essendo dì tredici anni più giovane del defunto Ard Ri lui aveva una progenie molto meno numerosa e composta da quattro figlie. La sua gente attribuiva la colpa di questo a Blanaid, ma nel profondo del suo cuore lui aveva il sospetto che il seme che poteva generare dei maschi avvizzisse e morisse dentro il suo corpo prima che potesse seminarlo in una donna. Se avesse creduto in cose del genere avrebbe pensato che si trattava di una punizione per i suoi peccati, ma un re non poteva permettersi di avere una coscienza.– Il Principe Donough è vedovo – affermò il messaggero, in risposta ad una sua domanda in merito. – Sua moglie ha perso un bambino ed è morta a causa di una febbre.– Non ha ancora vent’anni ed è già vedovo? – osservò Blanaid, accigliandosi. – È un duro inizio.– In aggiunta a questo – annuì il messaggero, – il Principe Teigue gli ha rifiutato parte dell’eredità da lui reclamata, e adesso è giunta anche questa sconfitta… una sconfitta che lui non meritava! – esclamò, dimostrando a chi andassero le sue simpatie in quella lite di famiglia. – Donough è un eccellente guerriero.– Sua madre è Gormlaith, vero? – domandò Malcom, accarezzandosi la barba. – Non ci si può certo aspettare che il figlio di quella famosa principessa del Leinster sia… dolce – aggiunse con un mezzo sorriso, poi

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si girò verso Blanaid e suggerì: – Forse dovremmo invitare questo tuo fratello a Glamis per imparare a conoscerlo.

Donough rimase stupefatto di ricevere un invito da parte del Re di Alba: anche se formalmente l’invito proveniva da Blanaid, era infatti implicito che lei non glielo avrebbe mai rivolto senza l’approvazione del marito. Quando ne parlò con Gormlaith, lei si accese in volto per l’entusiasmo.– Rispondigli oggi stesso che accettiamo! – esclamò.– Accettiamo?– Certo, è ovvio. Tu non sai nulla delle corti straniere e avrai bisogno di qualcuno che ti spieghi le complessità dei diversi rapporti, e chi potrebbe essere più adatto di me, o più sensibile alla tua causa?– Qual è la mia causa? – chiese Donough, scrutando la madre in tralice.– Quella che tu vorrai che sia, figlio mio – sorrise lei. – Credi che non sappia che desideri emulare tuo padre? Realizzare i suoi sogni rimasti inadempiuti? È una nobile ambizione, che sono certa lui approverebbe, ma se vuoi riuscire ti servirà più di un semplice esercito, avrai bisogno dell’appoggio dei nobili stranieri. Il mondo non si riduce all’Irlanda, e hai visto anche tu quanto i legami con gli stranieri siano tornati utili a tuo padre a Clontarf, dove Malcom ha mandato un grande principe degli Scoti perché combattesse al suo fianco.«È venuto per te il momento di espandere le tue mire, figlio mio, e questo invito è un presagio. Io ti sarò accanto e ti aiuterò lungo tutta la strada, perché desidero per te tutto ciò che desideri tu stesso… e tu lo sai.Donough non sapeva nulla del genere: in realtà Gormlaith danzava soltanto al suono della sua musica personale, e se offriva il proprio aiuto si poteva essere certi che lo faceva per il suo proprio vantaggio.In realtà non era mai stata sua intenzione tenerla presso di sé a tempo indefinito, e per scoraggiarla dal rimanergli accanto aveva abbandonato l’idea di vivere in un forte per costruirsi in una valle del Fergus una sorta di accampamento che era una via di mezzo fra un campo militare e un insieme di abitazioni stagionali del genere eretto dai mandriani. Quel campo si era rivelato un eccellente punto focale verso cui far confluire tutti i Dalcassiani scontenti, ma al tempo stesso la sua struttura era stata resa di proposito disagevole per una donna.Con suo sgomento Gormlaith aveva però deciso di vedere la cosa come un’avventura.– Sono stanca dei lussi – aveva annunciato. – Dopo un po’ mi stanco di tutto… di un abito, di un uomo, di un modo di vivere… e questa tua idea

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dell’accampamento è per me una novità piacevole.Per dimostrare che parlava sul serio si era insediata in una capanna provvisoria di rami intrecciati e di paglia e vi si era messa a proprio agio come se avesse passato la vita intera seguendo il bestiame da un pascolo all’altro, vestendosi con semplici tuniche di lino, girando scalza e nuotando nuda nel fiume, con il risultato di scandalizzare Donough, che pure aveva creduto non ci fosse più nessun altro modo in cui sua madre potesse sconvolgerlo.– Sei troppo vecchia per un comportamento del genere! – aveva protestato.– Sciocchezze, mi sento invece ringiovanire. Hai paura che i tuoi uomini si accendano di desiderio nel vedere il mio corpo nudo? Ti garantisco che questo mi farebbe sentire ancora più giovane – aveva ribattuto Gormlaith, scoppiando poi a ridere di fronte all’espressione apparsa sul volto del figlio.Con il sopraggiungere dell’inverno lei si era però rivelata incapace di affrontarlo all’aperto. Avendo accertato che la pestilenza era cessata, aveva quindi fatto ritorno a Dublino e si era imposta a Sitric e a sua moglie… nonostante tutti i loro tentativi per scoraggiarla. Era stato necessario l’attacco da parte di Malachi Mor per indurre infine Gormlaith a dirigersi di nuovo ad ovest per presentarsi al campo di Donough, certa di esservi nuovamente accolta.– Io sono tua madre – ripeteva ad entrambi i figli, come se non fosse stato necessario aggiungere altro.Quell’alternarsi di dimore era poi diventato un’abitudine: l’estate con Donough e l’inverno con Sitric, l’anno diviso fra i Gael e i Vichinghi. La cosa non piaceva a nessuno dei due interessati e la moglie di Sitric si stava ormai dimostrando quasi maniacale nel suo odio nei confronti di Gormlaith, ma nessuno pareva in grado di costringerla a trovarsi una diversa sistemazione, e quando ogni altro mezzo falliva lei ricorreva sempre all’espediente della maternità, esigendo come un diritto la protezione da parte dei figli.A volte gli uomini di Sitric Barba di Seta lo avevano sentito borbottare fra sé che forse quella di esporre e abbandonare alla nascita i neonati di sesso femminile non era una cattiva idea, ma dal canto suo Donough era stato lieto di trovare Gormlaith ad attenderlo quando era rientrato al campo dopo la sconfitta per mano degli Ossoriani, che era costata la vita a parecchi dei suoi uomini migliori e nella quale erano stati regolati antichi conti.

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Senza pronunciare una sola parola di critica Gormlaith si era messa subito all’opera per curare i feriti, scherzando per risollevare loro lo spirito e arrivando qua e là a flirtare con questo o con quello, tanto più marcatamente quanto più erano gravi le ferite del guerriero che stava curando. In alcuni casi quel suo modo di fare aveva operato meraviglie, e uomini che erano ormai dati per morti si erano ripresi dopo aver giaciuto con la testa contro l’ancor ampio seno di Gormlaith.– Detesto ammetterlo – aveva confidato Donough a Fergal, – ma ci sono occasioni in cui quella donna è preziosa.Gormlaith non sarebbe peraltro stata preziosa in Alba, di questo Donough era fermamente convinto, e la prospettiva di viaggiare con Gormlaith fino alla terra degli Scoti lo spaventava.Lei però si era già immersa in piani e preparativi come se non fosse neppure da prendere in considerazione l’eventualità di lasciarla a casa.– Per me questo viaggio sarà il coronamento di tutta una vita – continuava a ripetere di proposito agli ufficiali di Donough. – Non sono fortunata ad avere un figlio che è disposto a portarmi presso una corte straniera, dove possa mescolarmi a persone del mio rango? Che ricordo di cui far tesoro in vecchiaia!Poi si serrava le mani contro il seno ed esaltava la gentilezza di Donough… che alla fine dovette rassegnarsi all’idea di portarla con sé se non voleva rischiare la disapprovazione dei suoi uomini, che avevano tutti una madre.Di tanto in tanto, Gormlaith lasciava poi cadere qualche interessante accenno sulla vita e le imprese di Malcom Secondo, ma badava al tempo stesso a non rivelare nulla di quello che sapeva.– Te ne parlerò durante il viaggio – prometteva, – perché così esso passerà più in fretta e le informazioni saranno tutte fresche nella tua mente quando ti troverai davanti a quell’uomo.Donough era consapevole che lei lo stava manipolando, riconosceva le sue tattiche abituali con una sorta di amaro divertimento e una certa riluttante ammirazione, ma riteneva che non valesse la pena di discutere perché c’erano troppe cose da fare, accordi da prendere e addii da proferire.Dopo quell’ultima frustrante visita al forte che aveva costruito a sud del Burren, Donough aveva cercato di non pensare più alla figlia di Padraic: come il forte abbandonato lei era un simbolo di sogni giovanili e di progetti stravaganti ormai accantonati, perché la morte di Neassa e la perdita di suo figlio avevano cambiato qualcosa nel suo animo.Adesso però non voleva lasciare l’Irlanda senza informare della cosa la

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figlia di Padraic: per un motivo inesplicabile riteneva importante che lei sapesse dove si trovava, quindi prese un cavallo veloce e andò a cercarla senza portare con sé una scorta e senza dire a nessuno, neppure a Fergal, dove stava andando.Sotto una pioggia sferzante galoppò attraverso un mare sterminato di maltempo, mentre il cavallo sobbalzava sotto di lui come una nave che infrangesse le onde e la spuma che gli schizzava dalla bocca gli chiazzava gli abiti.La tenuta di Padraic il cieco era facile da trovare. Un mandriano incontrato su una collina gli indicò la direzione esatta e lui continuò a galoppare, con la massa incombente della Slieve Callan che si faceva sempre più vicina, mentre la pioggia a poco a poco cedeva il passo ad un sole incerto.Infine Donough ebbe pietà del cavallo ansimante e lo fece fermare sulle rive di un lago per permettergli di bere, cosa che l’animale fece avidamente, dandogli il tempo di guardarsi intorno.Osservando i dintorni del lago, Donough si rese conto che essi sarebbero stati un luogo più adatto per erigere un forte rispetto a quello da lui scelto: i pesci saettavano abbondanti nell’acqua bassa e parevano quasi chiedere di essere pescati, un’isoletta solitaria nel centro del lago era un nido ideale per gli uccelli acquatici e la spiaggia sabbiosa su cui si trovava sarebbe stata perfetta per varare piccole imbarcazioni. Quanto ai pascoli, da un lato le colline salivano verso verdi pascoli d’altura e dall’altro si allargavano vasti prati lussureggianti.E il silenzio era assoluto, a parte i rumori prodotti nel bere dal suo cavallo.D’un tratto si accorse che una luce particolare stava brillando sulla superficie del lago, poi il cavallo sollevò di colpo la testa, sbuffando sommessamente, e lui s’irrigidì, perché i suoi istinti di guerriero lo stavano avvertendo che non era solo.Girandosi molto lentamente, la vide ferma alle sue spalle, a meno di quindici o venti passi di distanza.Quel giorno non aveva indosso una gonna rossa ma una tunica corta che le copriva a stento le ginocchia e che era aperta all’altezza della gola; i suoi capelli sciolti le ricadevano intorno alle spalle e l’insieme dava l’impressione che gli abiti sottili fossero inesistenti, rendendo Donough estremamente consapevole del corpo snello racchiuso in essi.– Da quanto tempo sei lì? – le chiese.– Da un tempo abbastanza lungo – sorrise lei, avvicinandosi.– Come facevi a sapere che ero qui? – insistette Donough, senza rendersi conto che quello era un modo strano per avviare una conversazione, come

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se fossero stati due vecchi amici che si erano appena incontrati nella stessa stanza.Lei non rispose.Lasciate andare le redini del cavallo Donough le andò incontro, e quando fu abbastanza vicino da toccarla sentì le parole che fino a quel momento gli erano uscite con tanta scioltezza dalle labbra inaridirglisi sulla lingua. Invece di parlare protese una mano e lei la sfiorò con esitazione con la propria: le sue dita erano calde e reali, e Donough serrò le proprie intorno ad esse, traendola più vicina a sé.– Mi hai seguito? – le chiese, con voce soffocata, mentre lei abbassava lo sguardo fino a sfiorare le guance con le lunghe ciglia.– Perché avrei dovuto farlo? – ribatté la ragazza, senza sollevare lo sguardo.– Eri tu quel giorno, nel mio forte?– Quale forte? – domandò lei, rifiutandosi ancora di guardarlo.– Non è lontano dal Drumcullaun Lough – insistette Donough, accentuando la stretta intorno alla sua mano. – Di certo sai che ho costruito lì una fortezza.– Dovrei saperlo? Che interesse posso avere per un edificio o per un forte, Principe Donough? – controbatté lei, sollevando infine lo sguardo perché Donough potesse scorgere il riso che c’era nei suoi occhi.– Sai il mio nome ma io non conosco il tuo.– Mi chiamano Cera – rispose lei, pronunciando quel nome Karra, con il morbido accento dell’Irlanda occidentale. – Mi hanno imposto il nome di una delle mogli di Nemed.– Io mi sono imposto il mio nome da solo – dichiarò Donough.Lei non gli chiese come questo fosse possibile, si limitò ad accettare la cosa, così come accettò che il suo braccio le cingesse le spalle, traendola più vicina.

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uando Donough s’inginocchiò per terra Cera fece altrettanto e i loro volti si vennero a trovare così vicini da permettergli di avvertire il dolce profumo dell’alito di lei; ritenendo di dover dire

qualcosa, accennò a parlare ma Cera gli lesse quell’intenzione negli occhi e gli posò le dita sulla bocca, sostituendole poi con le proprie labbra.

QDalle ginocchia in su il suo corpo si premette contro quello di Donough, che si chinò su di lei per accentuare quel contatto, avvertendo al tempo stesso l’insorgere di un desiderio che in un primo tempo non gli parve sessuale ma piuttosto dovuto ad un sopraffacente bisogno di sentirsi completo, di trarla dentro di sé per riempire un enorme vuoto dolente che esisteva al centro del suo essere.Quando però Cera si mosse contro di lui, permettendogli di avvertire la morbidezza del proprio ventre, Donough si rese conto di essere in uno stato di eccitazione tanto intenso da essere quasi doloroso e con un gemito cercò alla cieca di affondare in lei.Cera reagì premendogli le mani contro i glutei nel tentativo di portarlo ancor più vicino a sé.– Cosa vuoi? – sussurrò Donough, con voce rauca.– Te.– Come?– Dentro di me.Quelle parole lo portarono sull’orlo dell’orgasmo ma si costrinse a controllarsi e si girò in modo da potersi distendere e da trarla sull’erba accanto a sé, evitando però di giacerle sopra perché sapeva che in quel caso avrebbe versato il proprio seme ancor prima di riuscire a penetrarla.Per qualche tempo la tenne fra le braccia, scrutandola in volto con meraviglia: Cera era pagana, e fino a quel momento lui aveva giaciuto soltanto con una donna cristiana, tutta rimproveri e piagnucolii e sottili rifiuti che dovevano essere sopraffatti; Cera invece non ricorreva a simili sotterfugi e lo stava sconvolgendo con la franchezza delle sue reazioni e

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delle sue carezze, celebrando il suo corpo come celebrava la forza della vita negli alberi, negli uccelli e nella terra, con una gioia che avviluppò Donough in un’aura di calore dorato.– Voglio toccarti – disse, facendo scivolare le mani sotto la sua tunica e chiudendo con infinita gentilezza le dita intorno al suo membro rigonfio fino a strappargli un sussulto e a dargli la certezza che avrebbe versato il proprio seme al minimo movimento della sua mano, che però rimase incredibilmente immobile contenendo il suo pulsare.– Sei bellissimo – mormorò Cera.Mai in tutta la sua vita Donough aveva esercitato un simile sforzo di volontà. Costringendosi a controllare l’orgasmo come se fosse stato un sole in procinto di esplodere la scrutò attentamente in volto, sintonizzando al tempo stesso gli orecchi con i suoni che li circondavano e avvertendo sulla pelle il calore del sole, l’umidità dell’erba, la morbida carezza del vento. In quel momento era più intensamente vivo di quanto lo fosse mai stato, e voleva che quell’attimo durasse per sempre.– Con dolcezza – sorrise lei, comprendendo la sua esigenza.– Lentamente.L’urgenza che lo aveva tormentato fino ad un attimo prima si attenuò e lui fu in grado di far scorrere le mani lungo il corpo di lei fino a liberarla degli abiti, perché improvvisamente l’idea che uno strato di stoffa li separasse gli sembrava oscena. Non appena la pelle nuda di lei incontrò la sua, però, per poco non cedette di nuovo all’orgasmo.– È splendido avvertire il tuo corpo! – esclamò.Cera cominciò ad emettere un suono nel profondo della gola, un sommesso mormorio che le vibrava attraverso la pelle fino a penetrare anche nel corpo di lui, e Donough non riuscì più a contenersi. Rotolando su di lei sentì le sue cosce che si aprivano per riceverlo e si lasciò sprofondare nel loro umido abbraccio, avvertendo i muscoli del suo corpo che lo afferravano e lo traevano più in profondità senza nessuno sforzo da parte sua.Tardivamente si rese conto che Cera era molto minuta e per un fugace momento temette di poterle fare del male perché Neassa si era spesso lamentata che lui le causava dolore, ma proprio mentre quel pensiero gli affiorava nella mente Cera gli serrò le mani intorno ai fianchi e lo trasse a sé con violenza, esigendo che lui sfogasse fino in fondo la sua forza e la sua passione.Donough affondò in lei, e il sole esplose.Qualche tempo dopo, ritrovò la consapevolezza e si rese conto di essere

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sdraiato su di lei, circondato dalle sue gambe: consapevole che quella doveva essere per Cera una posizione scomoda cercò di districarsi, poi la strinse a sé quando la sentì gemere come di dolore.– Non te ne andare – sussurrò lei.– Era soltanto perché fossi più comoda…– Non te ne andare!Donough si rilassò nel suo abbraccio e ben presto il ritmo ricominciò a vibrare in maniera lenta e sottile, i muscoli interni del corpo di Cera presero a pulsare fino a destare in lui un’identica pulsazione e a far riaffiorare quello strano accentuarsi di tutte le percezioni, compresa quella della morbida distesa dei suoi seni e della contraddittoria durezza dei piccoli capezzoli.Nell’istante in cui lui pensò ad essi, Cera ruotò con disinvoltura sul suo membro che ancora la trafiggeva e sedette sopra di lui, cavalcandolo mentre giaceva supino sull’erba. Allorché lo sguardo affascinato di Donough si posò sui suoi seni, lei scoppiò in una risata deliziata e prese a spingere il bacino avanti e indietro, simulando il movimento di un cavaliere su un cavallo al galoppo.Era una sensazione sopraffacente: erano liberi e nudi e insieme…La seconda esplosione fu quasi intensa quanto la prima ma diversa, una nuova scoperta per ogni nervo e ogni muscolo. Improvvisamente avido di nuove esperienze del genere, Donough si sollevò a sedere e la trasse contro di sé, contorcendosi per trovare una nuova posizione, un nuovo modo di rivisitare quella meraviglia appena scoperta.Lei rise… o forse fu lui a farlo, o il suono scaturì gorgogliante dal corpo di entrambi senza che la sua fonte avesse importanza perché erano una cosa sola.Poi Donough mormorò un nome con la bocca premuta contro i capelli di lei… e non fu Cera; affondando il volto nella piega del suo collo lei rispose mormorando un nome che non era Donough. Si trattava di nomi più antichi del tempo, pronunciati in una lingua dimenticata ma comprensibili uno per l’altra: tutto veniva ricordato e ripreso dove si era interrotto, ed essi celebrarono ridendo la felicità ritrovata sotto la luce del sole.

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adraic udì lo scricchiolio della porta che si apriva e sentì il fecondo vento estivo soffiare nella stanza.P

– Cera? – chiamò, sollevando il capo.– Sono qui, padre.– Dove sei stata?– Nella valle vicina a raccogliere erbe.– Quello che sento è odore di erbe?Lei non rispose.– Nella valle vicina – ripeté intanto Padraic, con tono riflessivo. – Al lago del corbezzolo?La sola risposta fu il silenzio.– Il lago della città sprofondata che appare soltanto ogni cento anni? – insistette lui, stuzzicandola.– Non deridere un incantesimo – scattò Cera, con una durezza insolita per lei.– È una cosa che ho appreso da tua madre – spiegò Padraic, immediatamente contrito. – La città perduta esiste davvero? Tu l’hai vista?Cera però non era più in grado di parlare, aveva bisogno di silenzio, quindi dopo aver preparato il fuoco e aver assestato i cuscini del padre lo lasciò solo per uscire sulla porta aperta a contemplare i propri ricordi.Aveva trascorso l’intero pomeriggio con Donough, su un prato dove si erano amati con la libertà e la spensieratezza di due daini, senza porre domande o esigere risposte: essere insieme era così naturale che lei aveva in qualche modo supposto che sarebbe stata una cosa permanente, si era aspettata che lui la sollevasse davanti a sé sul proprio cavallo per portarla… dovunque era diretto a sua volta.Era come se per lei si fosse aperta una porta, ed era pronta a varcarne la soglia senza esitazione, bastava soltanto che Donough la prendesse per mano.Quando però il sole aveva cominciato ad abbassarsi e le ombre ad

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allungarsi aveva avvertito in lui un cambiamento, aveva sentito una parte vitale del suo essere ritrarsi. Donough l’aveva avvolta in un mantello di fine lana prelevato dal sacco legato dietro la sella, poi le aveva accarezzato il volto e le aveva sfiorato le labbra con le proprie, fissandola negli occhi, ma non l’aveva invitata ad andare con lui.Non le aveva detto «adesso sei mia», anche se ogni fibra del suo essere era teso nella speranza di sentire quelle parole: lei che era stata libera per tutta la vita gli si era donata totalmente e desiderava di veder riconosciuto quel dono.Invece Donough le aveva accarezzato i capelli, e quando infine era balzato in sella aggrappandosi alla criniera del cavallo non le aveva teso la mano per tirarla davanti a sé.– Dove stai andando? – gli aveva chiesto.– Nella terra degli Scoti… Alba – aveva risposto lui, e quella parola gli era suonata strana sulle labbra, perché durante quel lungo pomeriggio si era quasi dimenticato di Alba e di Malcom.– Posso venire con te? – aveva insistito Cera, detestandosi per aver formulato quella domanda.Lui aveva fissato i suoi occhi, così limpidi che sembravano scintillare, e la sua bocca morbida, pensando che nonostante tutta la passione che avevano condiviso quel giorno appariva innocente come lui non ricordava di essere mai stato. Di colpo si era sentito assalire dall’impulso di sollevarla fra le braccia e…Sta calmo, si era autoammonito. Rifletti bene, non prendere una decisione affrettata che in seguito potresti rimpiangere.Se voleva imitare suo padre doveva essere astuto e pragmatico, perché pur essendo stato molte cose Brian non era mai stato impulsivo, almeno per quel che lui ne sapeva.Abbassando di nuovo lo sguardo su Cera si era quindi costretto a reprimere le proprie emozioni e a valutare la situazione in modo oggettivo. Cosa ne poteva capire una ragazza del genere di esigenze politiche? Come poteva farle comprendere l’importanza di stabilire un rapporto con il Re di Alba, che di certo esulava dalla sua sfera di esperienza quanto potevano farlo le stelle? Come poteva esporre in poche e chiare parole quelle macchinazioni che sua madre aveva impiegato una vita ad apprendere e che erano la base mediante la quale si conquistavano i regni? Cera era figlia del sole e del vento, non possedeva conoscenze del genere.E poi c’era il nucleo del problema, che non risiedeva nella sua ignoranza ma nella sua saggezza, nel fatto che Cera era un druido.

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E perfino Brian Boru non aveva osato offendere la Chiesa sposando la sua donna druido.I freddi fatti concreti connessi alla situazione avevano infranto ogni residuo di magia mentre Cera lo fissava piena di aspettativa, e lui si era reso conto che qualsiasi cosa le avesse detto adesso sarebbe suonato come una scusa, o peggio ancora come un tradimento… ma d’altro canto come poteva andarsene al galoppo, in silenzio, dopo aver usato il suo corpo?Sapeva già che ciò che era avvenuto fra loro era stato più di un atto sessuale, lo aveva saputo dal momento in cui l’aveva stretta fra le braccia, e tuttavia Cera apparteneva ad un mondo distaccato dal suo come se ne fosse separato da un velo, un mondo che era mistero e magia, antichi sortilegi e giovani sogni… o almeno lui desiderava disperatamente che così fosse.Lei era però al tempo stesso più di quanto si poteva permettere, e di fronte a questa consapevolezza qualcosa si stava lacerando dentro il suo animo, come un pezzo di stoffa spaccato nel centro.Aveva borbottato qualche parola, parlando di obblighi pressanti, mentre lei lo fissava in silenzio con occhi limpidi come acque lacustri.– Devo andare – aveva ripetuto con crescente urgenza, timoroso che se non si fosse allontanato subito non lo avrebbe mai più fatto. – Però tornerò da te, lo farò… non appena potrò… una volta che avrò realizzato…A corto di parole, aveva agitato una mano nell’aria, cercando di dare una definizione all’indefinibile, perché non le poteva spiegare il motivo per cui la stava lasciando a meno di ferirla, e questa era una cosa che non intendeva fare.Confuso e infuriato con se stesso, alla fine aveva voltato il cavallo e si era allontanato.Ferma sulla soglia della casa paterna, adesso Cera stava guardando verso est, nella direzione in cui lui era scomparso.– Quanto è lontana Alba? – chiese infine a suo padre, da sopra la spalla.

– Quanto è lontana Alba? – domandò Gormlaith. – Una volta che avremo raggiunto la costa e trovato un’imbarcazione vi potremo giungere in un giorno o due?– Non sono un marinaio – rispose Fergal Mac Anluan, scrollando le spalle. – Tu hai vissuto per tanti anni con i Vichinghi e di certo ne sai più di noi in merito alla durata di viaggi del genere.Gormlaith detestava ammettere che ci fosse qualcosa che non sapeva, ma la realtà era che non aveva mai navigato perché all’epoca in cui i suoi

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capelli avevano il colore della fiamma viva per superstizione nessun marinaio era stato disposto ad affidare la propria vita alla furia del mare avendo Gormlaith a bordo, in quanto avere sulla nave una donna dai capelli rossi significava andare incontro ad un disastro sicuro.Adesso i suoi capelli erano sbiaditi, ma lei era del tutto consapevole che qualsiasi marinaio avrebbe comunque rifiutato di accettarla a bordo e che Donough avrebbe dovuto imporsi al riguardo.– Sono stata per mare decine di volte – ribatté in tono noncurante, confidando che le sue parole venissero ripetute a Donough. – A dire il vero, ogni volta che salivo su una nave il clima si faceva così mite che il mio primo marito, Olaf Cuaran, era solito definirmi un portafortuna. Però non ricordo quanto tempo ci voglia per navigare fino alla terra degli Scoti.Da quando era tornato da quel breve e misterioso viaggio di cui rifiutava di parlare, Donough si stava peraltro comportando in modo tale da destare la sua preoccupazione, mostrandosi distratto e del tutto privo d’interesse nei confronti del viaggio fino ad Alba: mentre prima ne era parso entusiasta, adesso pareva considerarlo una sorta di compito sgradevole che andava portato a termine in modo da liberarsene.– Se riuscirai a farti un alleato in Malcom di Alba avrai esteso la tua influenza all’esterno dell’Irlanda – prese quindi a ricordargli ripetutamente. – Allora i Dal Cais saranno costretti a riconoscerti come il loro vero capo e a darti un sostegno sufficiente a spodestare Teigue.– Io non lo voglio spodestare – ribatteva allora Donough, in tono stanco, ben sapendo che lei non lo avrebbe ascoltato. – Voglio soltanto ciò che è mio di diritto e voglio rendere mio padre orgoglioso di me.– Tuo padre è morto! – sbottò infine Gormlaith, perdendo la pazienza. – Perché non cerchi di rendere orgogliosa me?– Non lo sei già? – domandò Donough, fissandola.Gli occhi di Gormlaith brillarono d’ira, ma per una volta lei non seppe cosa rispondere.Donough decise di dirigersi ad est lungo la costa orientale accompagnato da venti guerrieri fidati, fra cui figuravano anche Fergal e Ronan, e di affittare poi un’imbarcazione che li portasse fino ad Alba.Fin da un’epoca antecedente la stesura degli annali, infatti, imbarcazioni di mercanti e di pirati avevano solcato il Mare d’Irlanda seguendo rotte stabilite da barche di vimini e cuoio nell’Età del Bronzo, e durante i primi secoli dell’era cristiana alcun condottieri gaelici avevano navigato su quelle stesse acque provenienti dall’Irlanda per insediarsi in permanenza sulle montagne di Alba; con il tempo la nuova patria aveva trasformato

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quei coloni e aveva instillato in loro le caratteristiche necessarie per la sopravvivenza in una terra più fredda ed aspra, ma essi avevano continuato a definirsi Scoti per indicare la loro provenienza dalla Scotia… uno degli antichi nomi con cui veniva indicata l’Irlanda.Brian Boru aveva ravvivato l’antica affinità dando in sposa una sua figlia all’interno del clan che discendeva da Kenneth Mac Alpin, il primo condottiero gaelico che si fosse attribuito il titolo di re sia degli Scoti che dei Pitti, gli abitanti indigeni di Alba: unendo quei due popoli sotto un solo monarca verso la metà del nono secolo, Mac Alpin aveva creato un esempio che Brian aveva poi seguito nel fondere in Irlanda Vichinghi e Irlandesi.In seguito alla morte di Brian la coesione da lui ottenuta aveva però assunto una forma spiacevole, dando vita a bande di mercenari iberno-norvegesi che erano fedeli soltanto a loro stessi e che si davano al banditismo, e nell’attraversare l’Irlanda, Donough e la sua scorta furono assaliti ripetutamente da banditi del genere.La prima volta si trattò di una banda che uscì urlando dalla foresta vicino al crocevia noto come Ros Cre, il Bosco di Cre, dove la Slighe Dala era attraversata da una strada secondaria. Per rendere meno disagevole il viaggio a Gormlaith, che come al solito si serviva di un carro, Donough aveva deciso di seguire la slighe quasi fino a Dublino per poi evitare la città con un ampio giro e salpare da uno dei villaggi di pescatori del nord, in quanto non aveva nessun desiderio di cercare di procurarsi una nave nella città di Sitric.Il gruppo era però ancora lontano dalla costa orientale quando giunse il primo attacco.– Fuorilegge! – gridò Gormlaith, che li avvistò per primi.I banditi avevano infatti atteso che Donough e la sua scorta passassero oltre prima di uscire sulla strada urlando minacce e cercando di impadronirsi del carro che conteneva Gormlaith, un auriga che Donough le aveva affidato, e tutto il bagaglio personale che lei era riuscita a caricare, compresi alcuni oggetti di cui non aveva intenzione di rivelare la presenza e a cui non voleva rinunciare.Allorché i fuorilegge si fecero più vicini, Gormlaith strappò la frusta dalle mani del conducente e cominciò a sferzarli con essa, stridendo con voce più stentorea e selvaggia della loro.– Ti staccherò la faccia a morsi! – urlò contro un giovane dalla mascella pronunciata e vestito con una tunica di pelli non conciate. – E quanto a te… ti farò strisciare di nuovo nel ventre del verme che ti ha generato! –

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inveì quindi contro un uomo più maturo che era riuscito a mettere un piede sul carro, sferrandogli al tempo stesso un calcio violento.L’uomo ricadde all’indietro e Gormlaith si protese a sputargli addosso mentre lui si contorceva al suolo serrandosi l’inguine.Nel frattempo Donough fece girare il cavallo e tornò indietro al galoppo per difendere sua madre, seguito da Fergal e dagli altri guerrieri, una ventina di Dalcassiani ben addestrati e ben armati che valutarono la situazione con una sola occhiata e agirono com’era necessario senza bisogno di ordini, accerchiando in fretta i fuorilegge, separandoli e procedendo a farli a pezzi, mentre dal carro Gormlaith gridava consigli e incoraggiamenti.Incapace di contenersi, ad un certo punto lei balzò però giù dal veicolo e corse verso il morto più vicino, recuperando una corta lancia che questi aveva ancora in mano e scagliandola contro un altro bandito.La sua mira risultò sorprendentemente buona ma la forza del suo braccio non fu sufficiente a far penetrare l’arma nella carne, quindi la lancia rimbalzò senza causare danno; la vittima da lei prescelta rimase però abbastanza sorpresa da abbassare la guardia, e in quel momento uno degli uomini di Donough le troncò il collo con un’ascia.Donough non fece prigionieri, e quando lo scontro fu finito indugiò a contemplare con soddisfazione il risultato della sua opera.– Avresti dovuto lasciarne uno vivo perché tornasse indietro ad avvertire gli altri che non tentassero più di aggredirti – osservò però Ronan. – Brian Boru lasciava sempre in vita un testimone.Sconcertato, Donough promise a se stesso che la prossima volta lo avrebbe fatto anche lui.

Sebbene un paio dei suoi uomini avessero riportato delle ferite che li avrebbero costretti ad accamparsi per qualche giorno prima di essere in condizione di riprendere il viaggio, la battaglia destò in Donough un senso di esaltazione e attenuò nella sua coscienza il peso dell’interludio con Cera: questa era la realtà, combattere, vincere e costruire… ricostruire?… un regno.Scoccando un’occhiata di soppiatto a sua madre constatò che il suo viso era colorito e che i suoi occhi scintillavano: questo la faceva apparire più giovane di dieci anni, permettendogli di capire cosa altri uomini avessero trovato in lei.– Abbiamo impartito loro una bella lezione, vero? – continuò a chiedere con eccitazione Gormlaith quella notte, mentre sedevano intorno al fuoco

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da campo. – Se avessi avuto una spada avrei potuto ucciderne un paio io stessa. Giuro che avrei potuto farlo.– Ho il sospetto che ci saresti riuscita – replicò Donough, divertito.– Che ne è stato della… della spada di tuo padre? – chiese lei. – Ce l’hai tu?– Non ce l’ho – ammise Donough, serrando i muscoli della mascella. – Non so dove si trovi, ma credo che l’abbiano sepolta con il suo corpo.– La spada di Brian Boru? – replicò lei, con uno scintillio nello sguardo, pronunciando quel nome per la prima volta da molto tempo. – Dubito che sia finita nella tomba ad arrugginire, e se pensi che sia successo questo allora non conosci proprio la natura umana. Probabilmente all’ultimo momento uno dei suoi devoti seguaci l’ha portata via sotto il mantello… però essa dovrebbe essere tua – aggiunse in tono sommesso, posando una mano sul braccio del figlio.

Sedendo nudo ed eretto sul suo letto, Malcom rigirò la spada fra le mani controllandone il filo con il pollice secondo il suo solito rito notturno, riflettendo che una spada era un simbolo potente, più di una corona. Con una spada Svein di Danimarca aveva indotto gli Anglo-Sassoni alla sottomissione e posto il Wessex sotto la legge danese; dopo la morte recente di Svein suo figlio Canute aveva ereditato la sovranità e le ambizioni territoriali paterne, e pur non dubitando che si sarebbe dimostrato un avversario formidabile almeno quanto il suo predecessore, Malcom non aveva intenzione di permettere che Alba venisse posta a sua volta sotto il dominio danese.– Vorrei che non tenessi la spada nel letto come se fosse una donna – protestò Blanaid, che era seduta su una panca vicino al braciere, intenta a intrecciarsi i capelli per la notte.– Se non desideri dividere il letto con la mia spada puoi tornare nella tua camera.– Mi hai mandata a chiamare – gli ricordò lei. – Adesso mi stai congedando?– Certamente no – sorrise Malcom, rivelando i denti candidi in mezzo alla barba scura striata di grigio. – Ho bisogno di te.Blanaid continuò a intrecciarsi pacatamente i capelli, perché ormai erano sposati da troppo tempo perché lei potesse ancora credere di essere desiderata dal punto di vista sessuale.– Hai bisogno di qualcuno con cui parlare – replicò… e non era una domanda.

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– Con chi altri posso parlare? – ritorse Malcom, appoggiandosi la spada sulle ginocchia e grattandosi il petto coperto di peluria grigia. – Questa è Glamis, dove le pietre stesse sono intrise di tradimento. Un re rimane tale soltanto fino a quando non commette l’errore di fidarsi di qualcuno, ma io ho comunque bisogno di una persona che ascolti i miei pensieri perché nessun uomo può vivere solo nella propria mente senza impazzire.– Questa è Glamis – annuì Blanaid, – e le pietre stesse sono intrise di follia.– Non la mia, e non saranno neppure coperte del mio sangue finché avrò la mente lucida e mi terrò informato delle azioni di Canute – dichiarò Malcom, tornando a sollevare la spada. – Ultimamente penso spesso a Canute; lui è un uomo rapace come tutti questi ladri di terre, Blanaid, e adesso che ha consolidato la sua posizione in Albion mi aspetto che cominci a minacciare Alba. Mi serve una strategia per prevenire le sue mosse.Blanaid spinse indietro la lunga treccia e si alzò in piedi: la luce del fuoco delineò la sua sagoma sotto l’abito di lino ma Malcom non se ne accorse.Quanto si dimentica in fretta il pane che si è mangiato!, pensò lei.– Dopo averlo sconfitto a Moray hai dato nostra figlia Thora in sposa a Sigurd il Grosso per garantire che lui e i suoi uomini delle Orkney non ti attaccassero ancora – ricordò al marito, nell’attraversare scalza la stanza dal pavimento di pietra per poi infilarsi nel letto accanto a lui. – Quella è stata una strategia di successo… finché è durata, ma…– Ma – fece eco Malcom, cogliendo la nota amara nella voce di lei. – Intendi biasimare me per il fatto che lui invece ha attaccato l’Irlanda? Tuo padre gli ha tenuto testa e Sigurd è stato ucciso.– E così pure mio padre – gli ricordò Blanaid con voce sommessa, poi rabbrividì e si tirò le coperte fin sopra le spalle. Contrariamente a lei, Malcom non sembrava mai avvertire il freddo e dormiva nudo estate e inverno; il suo letto era intriso del suo odore maschile, forte e aspro.– Tuo padre era un vecchio – le ricordò Malcom. – Ha avuto una vita incredibile e lunga, ma prima o poi tutti devono morire e se devo essere sincero invidio Brian Boru per essere morto nel momento della sua più grande vittoria, perché pochi di noi concludono la vita sulla cima di una montagna, con il mondo ai piedi.– Cosa intendi fare riguardo a Canute? – chiese Blanaid, per cambiare argomento.– Non lo so… per ora. È un giovane Danese focoso e pieno di ambizione.– Ha una moglie che potrebbe simpatizzare per Alba?

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– Mi hanno detto che poco dopo essere arrivato in Albion ha sposato la figlia di un facoltoso Nortumbro, e i Nortumbri sono ansiosi di restare nelle mie grazie… per ora, almeno. Peraltro non credo che Canute sia il tipo d’uomo che si lasci influenzare da una donna. Non sopravvalutare il potere del tuo sesso.– Il mio sesso ha più potere di quanto tu voglia riconoscergli – sottolineò Blanaid, pur abbassando lo sguardo. – Cosa mi dici della Principessa del Leinster? Non è forse stata lei l’esca che ha attirato Sigurd incontro alla morte, insieme a molti altri?– Gormlaith – affermò pensosamente Malcom, smettendo di accarezzare la spada, – è soltanto un trofeo. Gli uomini sono cacciatori e apprezzano i trofei… e una donna che è stata moglie di tre re e che è famosa per la sua bellezza è di certo il trofeo più ambito.– Gormlaith è una vecchia – dichiarò Blanaid, irritata da una sfumatura presente nella sua voce, girandosi per assestarsi il cuscino. – Una vecchia tinta, avvizzita e spenta che non vedrai mai mettere piede qui in Alba.

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alachi Mor di stava concedendo a Dun na Sciath un periodo di riposo che riteneva di essersi guadagnato perché l’anno 1016 era stato difficile. Fin dall’inizio riasserire la propria autorità come

Ard Ri non era stato semplice perché troppi principi gaelici ricordavano come lui avesse ceduto il titolo a Brian Boru senza lottare: ai loro occhi questo lo sminuiva e non riuscivano a resistere alla tentazione di sfidarlo. Quando il Re di Ossory aveva ucciso Donncuan, Re del Leinster, che Malachi stesso aveva scelto come sovrano, si era reso necessario mandare in Ossory un esercito che uccidesse il colpevole, saccheggiasse le sue terre e prelevasse un certo numero di ostaggi di nobile nascita, che avrebbero garantito a Malachi la sottomissione di Ossory per il tempo che fossero rimasti nelle sue mani.

M

Poi c’era stata una rivolta fra gli Ui Kinnsellagh, che si erano rifiutati di pagare il tributo dovuto all’Ard Ri, e questo aveva comportato un’altra battaglia e altri ostaggi, con il risultato che adesso le case per gli ospiti di Dun na Sciath erano piene al massimo della capienza e Malachi aveva dovuto ordinare che se ne costruissero altre, perché come gli aveva ricordato il suo capo brehon, gli ostaggi dovevano essere trattati nello stesso modo in cui chi li aveva catturati trattava se stesso, in quanto fare qualsiasi altra cosa sarebbe stato causa di disonore.Di conseguenza interi buoi arrostiti e botti di birra stavano scomparendo nel ventre degli ospiti forzati di Malachi, che si stavano divertendo terribilmente e non avevano nessun desiderio di tornare a casa.– Suppongo che dovrei avviare con le loro tribù i negoziati per la loro restituzione – commentò Malachi, quando suo figlio Ardgal e l’altro suo figlio Congalach si unirono a lui per una giornata di caccia con i cani sui pascoli ondulati al di là di Dun na Sciath.Nonostante la sua affermazione continuò però a rimandare i negoziati perché era molto più facile lasciare per il momento il problema in sospeso

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e unirsi ai suoi ostaggi quando essi banchettavano nella sua sala… ma del resto Malachi aveva sempre amato presiedere a festeggiamenti e banchetti, ed era a ragion veduta che i suoi amici lo chiamavano «Malachi delle Coppe».Recitare in pace il ruolo di allegro padrone di casa gli era però impossibile perché ogni giorno continuavano ad affluire messaggeri provenienti dagli angoli più remoti d’Irlanda per riferire di combattimenti, di faide, di atti di banditismo, di monasteri saccheggiati, di donne rapite e di razzie di bestiame.– Perché mi stai dicendo queste cose? – domandò in tono lamentoso Malachi ad un impassibile messaggero del Connacht inzuppato di pioggia che era appena entrato nella sala dei banchetti.– Il precedente Ard Ri voleva essere tenuto informato di tutto quello che succedeva in Irlanda – rispose l’uomo, sorpreso per la domanda, – in modo da poter…– Lo so, lo so, in modo da poter interferire.– In modo da poter intraprendere le azioni necessarie – lo corresse il messaggero, tornando con il pensiero ai bei tempi andati di tre anni prima. – Adesso il Principe Aed degli Ui Brinn richiede il sostegno dell’Ard Ri per soffocare una rivolta fra i clan di…– E cosa c’entra questo con me? – chiese con crescente irritazione Malachi, agitando nell’aria una coscia di maiale in parte spolpata. – Questi clan si stanno forse ribellando contro la mia autorità? Rifiutano di pagare la loro porzione del tributo dovuto a Tara?–No, ma…– In tal caso sono un problema di Aed – dichiarò con fermezza Malachi, riprendendo a spolpare la coscia di maiale.– Presto saranno un problema per tutto il Connacht se 1 combattimenti si dovessero estendere, e…– Nel caso dovesse accadere mi occuperò della cosa, ma lino ad allora torna da Aed e riferiscigli di risolvere i suoi problemi e di lasciare me a risolvere i miei – ingiunse Malachi, e quando il messaggero sconcertato se ne fu andato aggiunse, rivolto ad Ardgal: – Brian Boru aveva uno strano concetto di sovranità: tentava di controllare tutta l’Irlanda da solo, come un auriga che avesse una pariglia di cento cavalli e tenesse tutte le redini in mano, e dove sono adesso le sue idee grandiose? A marcire in una tomba ad Armagli.«Quanto a me, non ho nessuna intenzione di galoppare fino nel Connacht per risolvere una lite locale. Regnerò come Ard Ri con tutta la generosità e

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la giustizia che mi competono ma intendo muovermi soltanto per le grandi battaglie.Non dubitava infatti che ci sarebbero state altre grandi battaglie, e in cuor suo avrebbe voluto ammettere con suo figlio di essere ormai troppo vecchio per quel genere di cose, ottenendo così un po’ di comprensione, ma non riusciva a dimenticare che Brian Boru era stato più vecchio di lui… e poi di tanto in tanto gli capitava di sorprendere i suoi figli a osservarlo in maniera tale da renderlo riluttante ad ammettere di avvertire il peso degli anni.Al tempo stesso, però, pensò che sarebbe stato opportuno compiere qualche gesto che stimolasse la buona volontà negli altri, quindi annunciò che avrebbe costruito nuove chiese, riparato altre che erano in decadenza, e inoltre avrebbe fondato una scuola, mantenendone a proprie spese gli studenti.Quando apprese di queste iniziative, l’Abate di Killaloe non ne rimase tuttavia impressionato.– I tentativi di un uomo dappoco di imitarne uno più grande – commentò soltanto, con malcelato disprezzo.Contemporaneamente Cathal Mac Maine si recò in visita presso il suo parente Teigue per incitarlo ad avanzare la propria candidatura alla carica di Sommo Re.– Malachi Mor è benintenzionato ed è un uomo abbastanza devoto – disse l’abate, – ma è un Ui Neill e mi sembra una vergogna permettere che il governo dell’Irlanda sfugga dalle mani dei Dalcassiani.Teigue aveva sempre temuto il momento in cui qualcuno lo avrebbe incitato apertamente a combattere per riconquistare il titolo supremo di suo padre, e aveva già preparato le argomentazioni con cui controbattere.– Governare il Munster è sempre più faticoso – replicò. – Così tante tribù, tante cose a cui provvedere, gli Owenacht alla costante ricerca di un segno di debolezza… questo pomeriggio stesso partirò per Cashel per passarvi tutto il prossimo mese ad ascoltare un flusso interminabile di petizioni e di lamentele, e a cercare di comporre ogni sorta di liti, e tuttavia tu vorresti che mi addossassi un onere ancora maggiore? Hai detto tu stesso che Malachi è un uomo devoto, quindi lascia che conservi la carica di Sommo Re. D’altronde, quanto ancora gli resta da vivere?Tornato a Kill Dalua, Cathal dettò a Declan una registrazione da inserire negli annali.– Era di Cristo, 1016, secondo anno del secondo regno di Malachi Mor. Nuove chiese sono state costruite nel Meath e nell’Ulster, ma nessuna nel

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Munster. Teigue, figlio di Brian, governa il Munster ma non esige che si compia la beneficenza che spetta a questa provincia.Nel trascrivere le parole di Cathal, lo scrivano si rese conto della sua ira e del fatto che lui stava ponendo quei dati in forma scritta perché il mondo li ricordasse.Tutti i monasteri compilavano degli annali, ed erano in tacita competizione gli uni con gli altri per produrre le copie più estese e decorate. Ai tempi di Brian Boru gli annali di Kill Dalua erano stati considerati eccellenti, ma senza il patronato dell’Ard Ri alle spalle dell’abbazia la loro reputazione sarebbe svanita quando la doratura e gli inchiostri colorati possedevano ancora il massimo della loro vivacità.Due giorni più tardi Cathal stava ancora vagliando mentalmente il problema costituito da Teigue, perché da un lato voleva che si mostrasse obbediente e maneggevole, ma dall’altro riteneva che per Kill Dalua sarebbe stato meglio se lui avesse posseduto un’indole più aggressiva.Come spesso faceva quando aveva un problema, Cathal Mac Maine si recò nel frutteto alle spalle del refettorio per essere solo con i suoi pensieri, e prese a passeggiare fra le file di meli ben curati, con le mani nascoste nelle maniche e il volto contratto in un’espressione concentrata sufficiente a dissuadere chiunque dal disturbarlo; di tanto in tanto giocherellava con il crocifisso che portava al collo o si massaggiava l’arco del naso o si grattava la testa tonsurata.Per qualche tempo l’abate continuò a passeggiare avanti e indietro, ignorando il dolce canto di un merlo che dall’alto del muro di pietra che racchiudeva il frutteto si diffondeva nell’aria quasi immobile del mattino… poi di colpo smise di camminare e sollevò la testa, annusando intorno a sé e sgranando gli occhi. Fumo!In lontananza poteva adesso sentire le prime grida che stavano echeggiando sull’altra sponda del Lough Derg.Voltandosi di scatto, si precipitò all’interno dell’abbazia.

Nella piccola casa sul lago Mac Liag si stava riposando dalle sue fatiche, adesso che il resoconto dettagliato della vita di Brian Boru era praticamente finito, in quanto non rimaneva che rileggerlo, controllare il testo alla ricerca di errori, e prendere accordi perché venisse copiato e rilegato.– Per la copiatura lo manderò a Kells – disse a Cumara. – Quello scriptorium fornisce la calligrafia migliore che… cos’è stato? Hai sentito qualcosa?

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Cumara si avvicinò alla porta e indugiò ad ascoltare.– Sembra che stiano attaccando Kincora! – esclamò quindi, pallidissimo in volto, girandosi verso suo padre.

Nel Connacht una serie di piccole guerre fra clan erano esplose in una conflagrazione tribale e un condottiero che viveva al confine con Thomond, ansioso di aumentare la propria reputazione e di intimidire così i suoi rivali, aveva deciso che attaccare la fortezza di Brian Boru era un modo sicuro per conquistarsi un po’ di gloria, calibrando con astuzia la scorreria in un momento in cui Teigue era lontano e i Dalcassiani erano divisi a causa della frattura creatasi fra i due fratelli.La scorreria fu anche progettata con astuzia, in quanto una banda di uomini del Connacht descrisse un ampio giro che lo portò a sud della grande fortezza mentre il grosso della banda attaccò da nord, mettendo in rotta le sentinelle che si erano fatte molto meno vigili durante quei lunghi anni di pace, appiccando il fuoco alla palizzata di legno e forzando le porte.Nel frattempo un’altra compagnia venne inviata a saccheggiare il vicino monastero.Cathal e i suoi monaci opposero resistenza, ma non erano guerrieri di professione; per deferenza alla loro vocazione, gli uomini del Connacht evitarono comunque di ucciderli e si limitarono a legarli come polli e a lasciarli sulle rive dello Shannon a guardare impotenti i tetti di Kill Dalua che bruciavano.Il fuoco appiccato al monastero fu comunque una cosa insignificante rispetto al danno arrecato a Kincora.

Mac Liag si lanciò di corsa lungo la strada sollevando la lunga tunica al di sopra delle ginocchia e correndo come non aveva più fatto da decenni mentre Cumara gli correva accanto e lo supplicava invano di tornare indietro.– Kincora – ripeteva suo padre, con voce ansimante. – Kincora.Nel suo campo al di là del Bosco di Cre, Donough si stava preparando a riprendere il viaggio quando sentì echeggiare un grido lontano che venne raccolto e ripetuto da un taglialegna che si trovava nelle vicinanze.– Attaccano Kincora!Sconvolto, Donough impiegò un momento a riorganizzare i suoi pensieri, poi urlò una serie di ordini.

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– Non hai motivo di tornare là proprio adesso – cercò di obiettare Gormlaith. – È una responsabilità di Teigue, mentre tu ed io dobbiamo andare in Alba per…– Tu rimarrai qui! Ronan, tu e una dozzina di uomini restate con lei e proteggetela. Gli altri con me… a Kincora!E si allontanò al galoppo abbandonando in mezzo alla strada la furente Gormlaith.Quando raggiunsero la riva orientale dello Shannon il cielo era già chiazzato da nuvole di fumo oleoso derivanti dall’incendio che infuriava sulla riva opposta. Nell’attraversare il guado la sua compagnia sollevò una nube di spruzzi le cui gocce riflessero i tetti in fiamme che erano visibili al di sopra della palizzata, intorno alla quale era possibile vedere uomini e donne che correvano avanti e indietro dal fiume per riempire inutili secchi d’acqua, mentre altri sciamavano lontano dalla fortezza trasportando fuori della portata delle fiamme gli oggetti che erano riusciti a salvare.– Dov’è Teigue? – gridò Donough all’uomo più vicino, non appena raggiunse la riva occidentale del fiume.L’uomo, che aveva in mano una botte da vino trasformata per necessità in un secchio per l’acqua, era coperto di fuliggine, aveva la fronte sporca di sangue e lo sguardo appannato.– È andato a Cashel – riuscì a dire.– E ha lasciato Kincora indifesa?– Oh, no, qui c’erano delle guardie… ma loro sono arrivati così in fretta… così inattesi… – balbettò l’uomo, stordito, cercando di organizzare i propri pensieri.– Chi è arrivato?– Uomini del Connacht – rispose l’altro, poi trasse un profondo respiro, si riscosse ed aggiunse con veemenza: – Questo non sarebbe mai successo se tuo padre fosse ancora l’Ard Ri.Donough si lasciò sfuggire un gemito d’angoscia, fissando le grandi porte spalancate da oltre le quali giungeva il crepitare del legno che bruciava.

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asciati la moglie e i figli a Cashel, Teigue si precipitò a Kincora insieme al suo intendente Enda e allo storico Carroll, ma quando arrivò trovò soltanto un mucchio di cenere ormai fredda e uno

spettacolo di desolazione.LLa maggior parte delle sezioni in legno della fortezza era stata distrutta dal fuoco, compresi parecchi tratti della palizzata, e anche se le pareti di pietra erano ancora in piedi, la calcina era stata danneggiata dal calore che aveva inoltre crepato molti blocchi di pietra, il che significava che sarebbero state necessarie massicce riparazioni prima che Kincora potesse essere di nuovo utilizzabile.– Non hanno tralasciato nulla – commentò amaramente Teigue, aggirandosi fra le rovine e chinandosi di tanto in tanto a raccogliere qualche frammento. – Guarda qui, Enda.– Uno dei cardini della chiusa – affermò l’intendente, rigirando fra le mani il pezzo di ferro contorto e deformato.– Odar il fabbro può ripararlo?– In caso contrario lo fonderà e lo forgerà di nuovo. Temo però che il fabbro dovrà lavorare per parecchie ore prima di poter sostituire tutte le parti in ferro, e quanto a quelle in legno…– Perse – interloquì Carroll, in tono cupo. – L’edificio che è sorto per ordine di Brian è perduto per sempre.– Parli come Mac Liag – osservò Teigue, sollevando il capo. – A proposito, lui dov’è?La risposta a quella domanda venne fornita da Cathal Mac Maine, che non appena fu informato dell’arrivo di Teigue si affrettò a lasciare il rifugio trovato da lui e dai suoi monaci sull’isola Santa del Lough Derg per recarsi a Kincora.– Ci hai lasciati indifesi – accusò l’abate, in tono freddo e iroso, senza il minimo preambolo di convenienza.– Ho lasciato qui una guarnigione adeguata che…

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– Quegli uomini erano grassi e pigri, e i guerrieri del Connacht li hanno dispersi come una marea. Alla fine della giornata erano malconci e storditi, utili quanto un calderone fatto di burro. I soli veri guerrieri che ho visto negli ultimi quindici giorni sono stati quelli che sono arrivati qui con tuo fratello.– Mio fratello? Donough? Cosa ci faceva qui? – domandò Teigue, sorpreso.– È accorso più in fretta di te, e quando ha visto cosa era stato fatto a Kill Dalua… e anche a Kincora, naturalmente… è partito immediatamente per compiere una rappresaglia.– Donough?– “La vendetta è mia”, ha detto il Signore – recitò Cathal, – e tuttavia in questo caso cercare vendetta è un atto nobile, per cui io non lo biasimo per questo, dato che negli ultimi mesi i monasteri di Clonmacnois, di Clonfert e di Kells sono stati attaccati da razziatori. Non ti sei accorto che l’Irlanda sembra essere impazzita?Consapevole che Carroll stava ascoltando quel dialogo con estremo interesse… e ne avrebbe senza dubbio memorizzato ogni parola… Teigue ribatté con ira crescente.– Certo che l’ho notato, ma non so cosa ti aspetti che io faccia al riguardo – replicò. – Io sono il Re del Munster, e quei monasteri sono nel…– Kill Dalua è nel Munster – lo interruppe Cathal, – e anche Kincora.– Quello che non capisco è cosa abbia intenzione di fare mio fratello – osservò Teigue, tornando con il pensiero a Donough. – Vuole forse attaccare gli uomini del Connacht con i suoi guerrieri?– Non gli uomini del Connacht: è andato a scatenare la sua rappresaglia contro Malachi Mor.– Malachi Mor? – ripeté Teigue, sconcertato. – Donough è forse impazzito?– Sì! – esclamò invece Carroll, nei cui occhi si era accesa una luce intensa e gioiosa. – Sì, Donough! – ripeté, calando il pugno sul palmo della mano aperta.– Tu approvi il suo comportamento? – chiese Teigue, sempre più perplesso. – Sta usurpando un privilegio che è mio.– Tu non eri qui – intervenne Cathal Mac Maine.– Dov’è Mac Liag? – chiese Teigue, cercando di cambiare argomento nella speranza di tenere la propria ira sotto controllo. – Mi aspettavo di trovarlo qui a comporre un altro lamento.Da un punto alle loro spalle giunse un violento tonfo allorché due uomini

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che guidavano una pariglia di buoi abbatterono quel che rimaneva di un muro danneggiato in maniera irreparabile.– Con nostro profondo dolore – replicò Cathal, sussultando per il rumore, – Mac Liag ha recitato il suo ultimo lamento. Quando il fuoco ha cominciato ad ardere è accorso a precipizio come se quella che bruciava fosse stata la sua casa, ma lo sforzo è stato eccessivo per lui ed è crollato morto sulla strada appena all’esterno delle porte. Possa Dio essere misericordioso con la sua anima.– Morto? – ripeté Teigue, incapace di immaginare Mac Liag morto perché quell’uomo aveva fatto parte del suo mondo fin da quando era bambino.– Non si è potuto fare nulla, anche se suo figlio era con lui – annuì Cathal. – Dicono che il suo cuore si è spezzato come le pietre di Kincora.Seguì una pausa di doloroso silenzio durante la quale tutti e tre rimasero immobili a capo chino nel centro della fortezza distrutta. Era infatti doveroso essere reverenti e silenziosi nelle ore che seguivano la morte di qualcuno, perché la sua anima si trovava davanti al Creatore per essere giudicata.– Dov’è adesso il figlio di Mac Liag? – domandò infine Carroll. – Mi piacerebbe parlargli perché le ultime parole del capo poeta d’Irlanda dovrebbero di certo essere commemorate.– Cumara è andato al nord – gli fu risposto. – È andato in cerca di rappresaglia con il Principe Donough.

Donough risalì lo Shannon fino al Lough Ree ed attaccò l’Isola di Pietra e l’Isola della Mucca Bianca, dove Malachi teneva una piccola guarnigione e una flotta di barche per il trasporto fluviale. Lui e i suoi guerrieri piombarono sugli ignari uomini del Meath e li misero completamente in rotta, portando via le barche e prendendo una quantità di ostaggi. La scorreria si concluse con uno spettacolare successo e non costò loro la perdita neppure di un guerriero.

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urante tutta la strada ebbi la sensazione di avvertire la presenza di mio padre che guardava da sopra la mia spalla, ed ero fermamente convinto che l’idea di attaccare la guarnigione di Malachi sul

Lough Ree mi fosse giunta da quello spettatore invisibile che non soltanto guidava le mie azioni ma aveva cominciato a controllare anche le mie emozioni.

D

La notte successiva alla scorreria contro l’Isola della Mucca Bianca, mentre giacevo avvolto nel mio mantello ebbi la sensazione che mi sarebbe bastato protendere la mano per toccare un anziano gigante dai capelli tinti d’argento.– Sei qui? – sussurrai, tanto era intensa la mia convinzione, e anche se non ebbi risposta la sua presenza quasi tangibile mi rassicurò.Lui era venuto da me mentre mi trovavo in mezzo alla sconvolgente distruzione scatenata su Kincora, il suo spirito fiero e orgoglioso si era riversato dentro di me per usarmi come un suo strumento, ed io avevo compreso con chiarezza che Brian non avrebbe sprecato tempo a piangere su una cosa ormai irrimediabile ma avrebbe invece agito per il futuro.Come se stessi guardando attraverso i suoi occhi e contemplando l’Irlanda da una notevole distanza, adesso vedevo con chiarezza la situazione che si era creata: il centro era collassato perché mentre il precedente Ard Ri aveva governato mediante l’intelligenza e la volontà, prevedendo i problemi ed elaborando piani a lungo termine che generavano nel suo popolo un senso di sicurezza, Malachi Mor vedeva invece soltanto ciò che aveva davanti al naso e non era capace di agire ma soltanto di reagire.La causa prima della distruzione che mi circondava non era quindi costituita dagli uomini del Connacht che, come il resto dell’Irlanda, stavano semplicemente reagendo alle circostanze.La vera causa era Malachi Mor.Io però non potevo sfidarlo, non ancora, perché avevo soltanto una manciata di guerrieri se paragonati agli eserciti che lui poteva richiedere ai

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re che gli dovevano tributi: Ulster, Leinster, Munster e Connacht erano infatti obbligati a fornire guerrieri all’Ard Ri.Ciò che potevo fare era però dare un avvertimento: compiere un’azione intimidatoria nei confronti di Malachi e poi provvedere a mettermi nella posizione di poterlo sfidare formalmente.All’improvviso vidi ogni cosa allargarsi davanti a me come una mappa stesa su un tavolo, e in quel momento mi venne tolta ogni indipendenza d’azione perché mio padre assunse il controllo e procedette a dettare tutte le mie azioni successive… cosa di cui ero convinto allora e di cui lo sono ancora adesso.Suppongo che mio cugino Cathal Mac Maine avrebbe detto che ero posseduto e avrebbe ritenuto che si trattasse di un complotto del demonio.Un tempo Mac Liag mi aveva detto che mio padre era stato visitato da una donna druido, e nel mio desiderio di emularlo io avevo immaginato di essere visitato nello stesso modo dalla figlia di Padraic.Dopo la distruzione di Kincora, cominciai però ad essere visitato da qualcosa di molto diverso.

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Gormlaith era raggiante di approvazione.Quando Donough fece ritorno all’accampamento vicino al Ros Cre portando con sé gli uomini del Meath che aveva preso in ostaggio, lei non gli diede pace finché non le ebbe raccontato ogni cosa nei minimi dettagli.– Questo è un vero pugno in un occhio per Malachi – gongolò quindi.– Essere stato marito della Principessa Gormlaith è un modo sicuro per conquistarsi la sua imperitura inimicizia – commentò sarcasticamente Fergal, rivolto a Ronan.Donough rimase piacevolmente sorpreso di non dover spiegare a sua madre i motivi per cui aveva effettuato la scorreria sul Lough Ennel, perché lei comprese subito ogni cosa con un acume politico tutt’altro che femminile.– È ovvio che hai dovuto scatenare la tua rappresaglia contro Malachi – annuì, – perché in ultima analisi lui è il vero responsabile della disintegrazione del regno. Aver eseguito con tanto successo una scorreria del genere nel suo territorio costituisce un messaggio evidente: d’ora in poi Malachi dovrà provvedere di persona a proteggere almeno i suoi interessi, dagli uomini del Connacht o da chiunque altro. Inoltre hai messo bene in chiaro che Kincora è una cosa che riguarda te, scavalcando quel tuo miserabile fratello.

A Dun na Sciath, Malachi non faticò a comprendere il messaggio di Donough e ne rimase inorridito.– Non sono più giovane – protestò con i suoi figli. – Come posso tenere testa ad un altro Dalcassiano dagli occhi infuocati? Doverne subire uno nell’arco della mia vita non è già stato sufficiente?I suoi figli stavano nutrendo la stessa preoccupazione perché un ripetersi dell’umiliante rivalità esistita fra il loro genitore e Brian Boru era l’ultima

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cosa che desideravano.– Se questa non è un’aperta rivolta contro la tua autorità non fare in modo che lo diventi – consigliò Ardgal. – Presenta un’offerta per riavere gli ostaggi… abbondante ma non tanto da incoraggiare un ripetersi dell’incidente… e quando Donough l’accetterà rappacificati con lui.– Ma perché lo ha fatto? – si chiese Coor, il figlio minore di Malachi.– Perché è un Dalcassiano – dichiarò Malachi, fissandolo con espressione cupa. – Sospetto che questo sia stato il suo modo di avvertirmi che è infuriato per la devastazione di Kincora. I Dal Cais tendono a pensare in cerchi e spirali e ad agire di conseguenza, mentre a me piacciono le cose semplici e dirette, perché noi del clan Colman non siamo una razza tanto tortuosa.L’altro suo figlio, Ardchu, non disse nulla ma dentro di sé pensò che forse essere tortuosi era proficuo, se si doveva prendere ad esempio il successo dei Dal Cais.

Donough rimase in attesa nel suo accampamento, e come aveva previsto entro pochi giorni vide arrivare in sella a cavalli veloci gli emissari inviati da Malachi Mor per prendere accordi per la restituzione degli ostaggi.L’incontro avvenne nell’intimità della tenda del giovane e gli inviati osservarono una formalità quasi eccessiva; dal canto suo, Donough era lieto che essi fossero giunti così in fretta, perché nutrire la quarantina di guerrieri che aveva catturato stava cominciando a mettere a dura prova la pazienza dei suoi uomini, sui quali ricadeva il compito di andare a caccia e di battere il territorio circostante alla ricerca di viveri per quei voraci uomini del Meath. E poi c’era Gormlaith, che gli elargiva di continuo consigli su come trattare i prigionieri finché erano in sua custodia.– Fornisci loro il meglio di ogni cosa, in modo che non abbiano motivo di parlare male di te quando torneranno presso Malachi. Inducili a pensare di avere a tua disposizione risorse illimitate, perché questo è ciò che lui faceva sempre.Donough però non aveva bisogno di quei consigli.In cambio della libertà degli ostaggi gli emissari di Malachi portarono a Donough dodici cavalli, dodici mantelli bordati di pelliccia e infine un dono meno appariscente ma assai più prezioso, che consisteva in un massiccio anello d’oro, ma davanti a loro il giovane badò a mostrarsi insoddisfatto.– Avrebbe potuto almeno mandare un cavallo per ogni uomo che abbiamo catturato – brontolò.

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Dentro di sé però era deliziato perché quei cavalli sarebbero tornati utili durante il resto del viaggio fino alla costa e poi avrebbero potuto essere barattati per pagare il tragitto per nave fino ad Alba, mentre i mantelli sarebbero stati un dono eccellente per i membri della corte di Malcom Secondo.Quanto all’anello…– Lo hai mai visto prima? – chiese al figlio di Mac Liag, mostrandoglielo.– Sì. L’ultima volta che l’ho visto era sulla mano dell’Ard Ri… il precedente Ard Ri, intendo.– Lo pensavo – annuì Donough. – Come ha fatto Malachi ad entrarne in possesso?– Quali che siano i suoi difetti, è un uomo d’onore – replicò Cumara, – e se stai pensando che possa averlo rubato dalla mano di Brian dopo la sua morte ritengo che ti sbagli. Probabilmente tuo padre glielo ha dato prima della battaglia di Clontarf, forse in uno scambio di anelli come patto di alleanza.– E adesso lui lo ha mandato a me. Come devo interpretare il suo gesto, Cumara?– Come preferisci, credo. La mia mente non è in grado di analizzare i giochi sottili dei condottieri.– La mia lo è – sorrise Donough, infilandosi l’anello nell’indice della mano sinistra in modo da lasciare libera quella che impugnava la spada, e scoprendo che esso gli calzava alla perfezione.Dopo che gli uomini del Meath furono partiti con i loro ostaggi Donough indisse un piccolo festeggiamento nel campo al di là del Ros Cre: i suoi uomini accesero un fuoco più grande di quanto fosse necessario e uno di essi suonò la cornamusa mentre un altro l’accompagnava con il bodhran.Sedutosi con la schiena appoggiata ad un albero, Donough rimase ad ascoltarli. Il suo seggio era un mucchio di foglie autunnali, in mano stringeva una coppa piena di acqua limpida proveniente da una vicina sorgente, nessun poeta lo intratteneva e non c’erano servi che andassero e venissero con i vassoi carichi di cibo, e tuttavia era appagato… o quasi.Cera…Risolutamente allontanò il pensiero di lei dalla mente, ma esso continuò a indugiare al limite estremo della sua sfera cosciente come una voluta di fumo, dolce e tormentoso…No!Alzandosi in piedi di scatto Donough si passò freneticamente le mani sul corpo come se fosse stato coperto di ragnatele, e un momento più tardi si

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accorse che sua madre lo stava osservando.– Cos’è quell’anello che hai al dito?– Soltanto un anello.– Fammelo vedere – ordinò lei, in tono imperioso, e quando Donough protese la mano perché potesse esaminarlo aggiunse, con un bagliore nello sguardo: – Era di tuo padre.– Infatti.– Come lo hai avuto?– Ha voluto lui che l’avessi – rispose il giovane, con studiata noncuranza. – Fa parte della mia eredità.Gormlaith inarcò le sopracciglia ma non disse nulla.Si stavano preparando a togliere il campo per riprendere la marcia verso la costa e la terra d’Alba, quando Cumara si presentò nella tenda di Donough con il volto atteggiato ad un’espressione ancor più seria del consueto.– Dal momento che hai l’anello di tuo padre, credo che dovresti avere anche questa – disse, porgendogli una sacca di cuoio. – L’ho portata via con me da casa perché non ho ritenuto saggio lasciarla lì priva di custodia.Per un momento Donough sentì il cuore balzargli in gola pensando che forse aveva trovato la spada paterna, ma poi si rese conto che la sacca non aveva la giusta forma e dimensione. Stranamente, tuttavia, la mano che protese verso di essa era scossa da un lieve tremito.– Prima di marciare alla volta di Dublino, tuo padre l’ha lasciata in custodia al mio – continuò Cumara. – Mio padre era dell’opinione che lui sapesse ciò che stava per succedergli e stesse facendo i suoi preparativi, come per esempio dire a te quale sarebbe stata la tua eredità.Lentamente, con fare reverenziale, Donough infilò le mani nella sacca e ne tirò fuori una piccola arpa bardica.La colonnina anteriore dello strumento era ricurva e modellava una T, inspessendosi fino a creare una cassa armonica relativamente poco profonda e un collo elegantemente incurvato. Motivi astratti celtici e altri zoomorfici di fattura scandinava decoravano gli uni accanto agli altri il legno lucido, una striscia di oro purissimo seguiva la curva del collo, le chiavi erano d’argento e le nove corde d’ottone emettevano suoni dolcissimi pur essendo leggermente brunite.Per un momento i due uomini fissarono l’arpa in preda ad un silenzio pieno di ammirazione.– Molte volte ho visto tuo padre sedere nella nostra casa con questo strumento in grembo – disse infine Cumara. – Lui preferiva le arie lente a quelle vivaci e mentre suonava teneva gli occhi chiusi, come se intorno

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non ci fosse stato nessuno tranne lui e la sua arpa. Mi è sempre parso un comportamento strano per un guerriero.Donough non disse nulla ma quella notte… l’ultima in quel luogo prima di riprendere la marcia… si sdraiò avvolto nel mantello con l’anello di suo padre al dito e l’arpa accanto a sé: di tanto in tanto si protese ad accarezzare le corde, e anche se gli mancavano le unghie lunghe che erano necessarie per suonare adeguatamente quello strumento fu ricompensato da un’onda di suoni limpidi e chiari quasi quanto quelli di una campana.– Quanto tempo ci vorrebbe per imparare a suonarti? – sussurrò.L’indomani, mentre cavalcavano verso est, andò ad affiancarsi a Fergal.– Dove credi che possa essere la spada di mio padre? – gli chiese.– Non ne ho idea.– Mia madre ha una teoria: lei non crede che sia stata riposta nella sua tomba, ad Armagh.– Probabilmente ha ragione – annuì Fergal, scrutando con aria assorta la strada davanti a loro. – La famosa spada di Re Brian, l’arma che sapeva come vincere le guerre, deve essere stata una tentazione eccessiva.– Chi può averla presa? Hai qualche supposizione al riguardo?– No, ma credo che potrebbe essere stato uno qualsiasi dei guerrieri, o addirittura lo stesso Malachi Mor. In quella spada c’era qualcosa di magico.– Magico – ripeté Donough, assumendo per un momento un’espressione sognante.Mentre cavalcava immaginò la grande spada riposta nel fodero e appesa alla sua cintura, arrivando quasi ad avvertirne il peso sulla coscia.La lama era tanto lunga che soltanto un uomo molto alto avrebbe potuto usarla, e la pesante elsa che la bilanciava era stata modellata per mani molto grandi.Nell’abbassare lo sguardo sulle proprie, Donough constatò che erano abbastanza grandi.

Il clima si fece freddo ed aspro, e Donough cominciò ad imporre un’andatura più sostenuta perché una volta giunto l’inverno sarebbe stato difficile persuadere qualsiasi proprietario di nave a trasportare lui e il suo seguito oltre il Mare d’Irlanda, in quanto perfino i Vichinghi abbandonavano il mare settentrionale durante la stagione delle tempeste.Durante il viaggio subirono altri due attacchi da parte di fuorilegge, ma in entrambi i casi Donough li respinse con furia crescente.Una volta nelle vicinanze di Dublino il gruppo deviò verso nord e

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descrisse un ampio cerchio intorno alla fortezza di Sitric per poi puntare verso la costa, passando nelle vicinanze di una minuscola cappella dedicata a Saint Mobhi, dove sostarono per il tempo necessario a bere dalla fontana sacra del santo, la cui acqua era stranamente amara ma lasciava sulla lingua un retrogusto dolce.Per qualche motivo, quel sapore evocò nella mente di Donough il ricordo di Cera.In un giorno in cui cielo, mare e aria erano di un uniforme e gelido azzurro, raggiunsero poco prima del tramonto il minuscolo villaggio di Skerries, dove la spiaggia descriveva un’ampia curva ed era possibile scorgere al largo parecchie isole, la più vicina delle quali distava ben poco dalla riva. Un assortimento di imbarcazioni era tirato in secca sulla spiaggia e le barche rovesciate sulla rena sembravano giganteschi scarafaggi dal carapace nero rimasti impigliati in una ragnatela di reti da pesca stese a seccare.– Ci accamperemo all’esterno del villaggio – decise Donough, – e domattina ci informeremo per trovare chi ci trasporti fino ad Alba. Porterò con me Fergal e Cumara, e anche Ronan, con quattro degli uomini migliori. E naturalmente anche mia madre – aggiunse senza entusiasmo. – Il resto di voi può tornare a Thomond con la mia gratitudine.Stranamente, sua madre non trovò nulla da dire su quelle decisioni perché era impegnata a contemplare la distesa d’acqua dall’alto del suo carro, con il volto atteggiato ad un’espressione indecifrabile.Trovare una nave che li portasse ad Alba richiese parecchi giorni perché nessuna delle piccole barche da pesca era in grado di trasportare un gruppo numeroso come il loro per una tale distanza, anche ammesso che il proprietario fosse stato disposto ad intraprendere un viaggio del genere con l’inverno alle porte. Alla fine però un uomo del posto il cui cognato aveva sposato la figlia di un Iberno-Danese intraprese una complicata trattativa a vantaggio di Donough e riuscì ad affittare una malconcia nave vichinga, completa di albero sovrastato da una testa di drago.La nave avrebbe avuto un equipaggio danese e sarebbe stata capitanata dal suo proprietario, un Danese di nome Ragnald che altrimenti avrebbe trascorso l’intera stagione inattivo in porto. Considerando una dozzina di cavalli un inatteso dono divino, Ragnald fu lieto di accettarli come forma di pagamento, anche se rialzò il prezzo quando si rese conto che fra i passeggeri c’era anche una donna dai capelli rossi.– Sul mare le donne dai capelli rossi portano una terribile sfortuna – sentenziò.

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Quando infine giunse il momento di imbarcarsi gli uomini della scorta di Donough, nessuno dei quali era mai stato per mare fino a quel momento, cedettero all’unanimità il passo al loro signore.– Prima tu – lo invitò allegramente Fergal.Sei con me? chiese silenziosamente Donough alla presenza visibile che lo aveva pungolato e diretto fino a quel momento, ma non ottenne nessuna risposta decifrabile e infine si decise a salire a bordo, imitato dagli altri.La sensazione trasmessa dall’imbarcazione lo sorprese, perché il piancito di legno sotto i suoi piedi risultò sorprendentemente sottile, al punto da permettergli di avvertire i movimenti del mare come se fosse stato una creatura vivente: l’acqua si muoveva, sussultava, aveva una mente propria, e fra poco lui avrebbe viaggiato su di essa protetto dai suoi capricci e dalla sua violenza soltanto da un fragile guscio di legno.Questo però è più di quanto abbia mai fatto mio padre, ricordò a se stesso, poi si rivolse alla presenza invisibile e aggiunse: Adesso spicchiamo il grande balzo.

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Nel compilare gli annali di Kill Dalua, verso la fine dell’anno, Declan scrisse: «Era di Cristo, 1017. Terzo anno del secondo regno di Malachi Mor. In quest’anno sono morti parecchi abati e molti principi sono stati uccisi, spesso dalla loro stessa gente. Il figlio del Re del Leinster è stato accecato a tradimento da Sitric di Dublino, e suo fratello è stato assassinato. Malachi ha compiuto delle scorrerie in svariati regni e molti uomini sono morti, compresi suo figlio Congalach e il suo capo brehon. Teigue, Re del Munster, ha intrapreso la ricostruzione di Kill Dalua, ma un vento violento è sorto dal lago e per tre volte ha strappato via il tetto della cappella.»Per poter sovrintendere ai lavori in corso a Kill Dalua, Cathal Mac Maine lasciò l’Isola Santa insieme ad una mezza dozzina di monaci e si reinsediò con un certo disagio nel monastero danneggiato. Ben presto l’abate cominciò a nutrire il sospetto che gli uomini di Teigue impiegassero i materiali migliori per la riedificazione di Kincora e conservassero pietre e legno di scarsa qualità per le riparazioni da effettuare a Kill Dalua. Pervaso di una giusta indignazione si mise quindi in cammino verso il forte per protestare, senza però chiedere a nessuno dei suoi monaci di accompagnarlo perché non voleva fossero presenti ad una manifestazione d’ira da parte del loro abate.Nell’avvicinarsi alle porte principali Cathal s’imbatté in un gruppetto di quattro persone che procedeva nella sua stessa direzione e che era composto da tre giovani e da una donna scalza avvolta in un mantello con cappuccio. Il capo del gruppo era un uomo angoloso e lentigginoso dai capelli rossi e dal volto stranamente familiare, ma Cathal non fu in grado di identificarlo finché non vide l’ornamento che portava al collo appeso ad una collana: si trattava di un pendente di bronzo estremamente antico e di stile vagamente gallico… un triskele, emblema dei druidi.– Cosa ci fate qui? – esclamò allora, in tono di sfida, protendendo il suo

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bastone di rovo per sbarrare loro il passo.– Nostro padre ci ha mandato ad aiutare nella ricostruzione di Kincora – spiegò il figlio maggiore di Padraic. – Lui è un Dal Cais, quindi questa è anche una nostra responsabilità.– Non abbiamo bisogno del vostro aiuto. Ci sono Cristiani in abbondanza per svolgere il lavoro necessario, uomini timorati di Dio che non lasciano simboli pagani nascosti sotto gli architravi.– Noi cerchiamo soltanto di renderci utili – ribatté Torccan in tono piano, anche se negli occhi gli era apparsa una scintilla d’ira. – I miei fratelli ed io siamo abili carpentieri e nostra sorella può mescolare la calce e tagliare la paglia per il tetto. Siamo noi a svolgere ogni lavoro nella tenuta di nostro padre, e sappiamo fare di tutto.– Comunque sia non abbiamo bisogno di voi! Tornate da dove siete venuti, altrimenti… altrimenti…Cathal s’interruppe, soffocato dall’indignazione, e per ritrovare una certa compostezza abbassò il bastone, protendendo la mano verso la croce che portava sempre indosso. Nel momento in cui le sue dita si chiusero intorno a quel sacro simbolo le parole parvero fluirgli spontanee dalle labbra.– Andatevene, a meno che non siate disposti a rinunciare all’idolatria e all’adorazione del sole e degli alberi per abbracciare la Vera Fede – concluse.Nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole si sentì pervadere da un piacevole senso di calore e la sua immaginazione lo fece piombare nell’estasi spirituale della conversione: preghiere appassionate, istruzione patriarcale, l’opportunità di emulare Saint Patrick e di portare la luce del messaggio di Cristo ai pagani. Dal momento che Dio era solito operare per vie misteriose, forse la distruzione di Kill Dalua e di Kincora era stata decisa all’espresso scopo di attirare a Thomond i pagani ancora presenti fra le colline perché potessero affidarsi alle sue cure ed essere convertiti.– Non siamo interessati a questo – replicò però Torccan, scuotendo il capo. – Tu hai le tue convinzioni e noi abbiamo le nostre, che non hanno nulla a che vedere con la ricostruzione di Kincora.Devo mantenermi paziente con queste persone, si autoammonì Cathal, perché un commento sbagliato proprio adesso potrebbe distruggere un’opportunità inviata dal Signore.– Ricordo che tuo padre era un Cristiano. Di certo non può aver negato ai propri figli il beneficio della sua fede.– Abbiamo una fede, l’Antica Fede – intervenne Onchu, che aveva intensi occhi azzurri e la mascella marcata. – E possediamo il vero sapere che

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viene dalla terra e dal cielo, e non dalla mente di uomini che non sono migliori di noi.Farneticamenti druidici, si disse Cathal, rifiutandosi di sentirsi insultato e continuando a stringere con decisione la croce fra le dita. In quel momento sentì però il vento gemere lungo i pendii del Crag Liath e suo malgrado scoccò un’occhiata superstiziosa in direzione della montagna.– Senti la voce degli dèi – osservò allora il fratello minore, Daman, notando la direzione del suo sguardo. – Gli antichi dèi ci parlano mediante gli elementi, usando un linguaggio che possiamo comprendere, e non abbiamo bisogno di una Chiesa che ce lo traduca.Daman era più basso e tozzo dei fratelli, quasi stolido d’aspetto, ma il suo volto aveva un’indistruttibile espressione d’innocenza.Sii gentile con costui, si ammonì quindi Cathal. Sii persuasivo, trova un terreno comune su cui edificare, come hanno fatto i santi nel loro primo contatto con i pagani d’Irlanda.– Secondo le parole del benedetto Patrick, del quale vostro padre porta il nome – affermò quindi, con voce gentile, – il nostro Dio è il Dio di tutti i popoli, ed anche del sole e della luna e delle stelle, delle alte montagne e delle profonde vallate.– Allora tu ed io adoriamo già gli stessi dèi – obiettò Daman, sbattendo le palpebre come un bue assonnato.– Non dèi – lo corresse in tono secco Cathal. – Dio, un solo Dio! Egli ha inviato il suo Figlio che è eterno come lui, e insieme con lo Spirito Santo essi…– Credevo che avessi detto che si tratta di un solo Dio – intervenne Torccan, incrociando le braccia. – Adesso però stai parlando di tre divinità.– Tre in uno, la Trinità. È un grande mistero che sarà chiarito quando…– I misteri non sono fatti per essere chiariti – spiegò Torrcan con un sorriso, come se stesse istruendo un bambino. – I misteri sono necessari per ricordarci che ci sono cose che esulano dalla comprensione umana e per impedirci di diventare arroganti, servono a incoraggiare l’estasi dell’adorazione. Noi adoriamo la vita, godiamo di tutto ciò che essa ci porta, dal calore del sole alla frescura della pioggia: anche se non conosciamo la fonte di nessuna delle due cose siamo affascinati da entrambe e le riteniamo parimenti sacre.«Voi uomini di Cristo acquistate potere incanalando l’innato bisogno di adorazione dell’uomo attraverso voi stessi quali soli interpreti degli spiriti, erigete edifici e sostenete che sono la casa del vostro Dio… come se un

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dio potesse essere contenuto in un edificio. Ma così non scoraggiate forse la gente dall’imparare a sentire da sola le voci dell’Aldilà? Mi chiedo inoltre se i vostri fedeli trovino in quei riti al chiuso la stessa gioia che noi proviamo nel cantare fra l’erba.Cathal accennò a protestare ma Torccan continuò spietatamente la sua arringa.– Devo dirti che noi troviamo repellente la vostra usanza di celebrare la tortura subita dal vostro dio e poi mangiarne il corpo, ma se queste pratiche vi fanno sentire meglio seguitele pure quanto vi pare… a patto che non cerchiate di imporle ad altri. Quanto a noi, non ci servono i tuoi servizi e neppure li vogliamo. Siamo qui soltanto per offrire il nostro aiuto al Principe Teigue.Le parole di quel deprecabile pagano dimostravano una tale pervertita intelligenza e capacità di ragionamento che Cathal si sentì tentato di abbandonare la sua tolleranza cristiana per sferrargli un pugno in piena faccia.In quel momento però la donna con il mantello venne avanti e spinse indietro il cappuccio a rivelare il proprio viso.– Per favore – chiese, – mi sai dire se il Principe Donough ha rimandato il suo viaggio ad Alba per aiutare a ricostruire Kincora?– A te cosa importa? – ribatté Cathal, sconcertato. – Come può… ah… ma non ti ho forse vista al suo matrimonio?– Eravamo all’esterno – confermò Cera, abbassando lo sguardo. – Non ci è stato permesso di entrare.Intanto alcuni pezzi sparsi stavano infine combaciando nella mente dell’inorridito Cathal.– La sua giovane moglie è morta non molto tempo dopo. Eri infuriata per essere stata esclusa e così hai scagliato una maledizione pagana su di lei! – esclamò, arrossandosi in volto per l’ira. – Esigo che lasciate questo posto adesso per non farvi mai più ritorno.– Credevo che ci volessi convertire alla cristianità – obiettò Onchu, con voce divertita.All’improvviso Cathal comprese ogni cosa: quelli erano demoni inviati a tormentarlo e non c’era mai stata nessuna speranza di conversione… anzi, con ogni probabilità essi erano i responsabili del vento che continuava ad abbattere il tetto nuovo della cappella.Numericamente gli erano superiori, ma lui non aveva paura, non si sarebbe permesso di averne, perché era un Dal Cais, nato per essere un guerriero, e Dio era al suo fianco: avrebbero potuto lacerare e straziare il

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suo corpo, ma non avrebbero toccato la sua anima cristiana.– Andatevene, demoni! – gridò, brandendo il bastone come una lancia e incurvandosi in avanti in previsione di una loro aggressione.I quattro però si limitarono a fissarlo senza muovere un dito e a poco a poco la tensione crebbe fino a diventare intollerabile per Cathal, che si lasciò cadere in ginocchio e chinò il capo nella preghiera, implorando Dio di essere al suo fianco.Intanto Torccan scambiò un’occhiata con gli altri e senza che venisse pronunciata una sola parola i quattro si allontanarono dall’uomo che se ne stava inginocchiato nella polvere come Saulo sulla via di Damasco.Cathal non li sentì allontanarsi perché il cuore gli stava martellando nel petto: per quanto ne sapeva in Irlanda nessun cristiano era ancora morto per mano dei druidi, quindi forse questo era un onore speciale che Dio intendeva riservare a lui soltanto.Alternativamente raggelato dal terrore e rovente per l’esaltazione continuò ad attendere mentre il tempo passava e il vento si levava violento sulla strada, agitando gli alberi e sollevando i capelli che circondavano la sua tonsura.Infine Cathal aprì gli occhi, e scoprì di essere solo.

I quattro imboccarono un tortuoso sentiero che risaliva il fianco del Crag Liath. Nel precedere i fratelli aprendo un varco fra l’agrifoglio, i noccioli e i biancospini, Torccan poteva sentire l’energia vitale estiva che defluiva dalla vegetazione per tornare alla terra che l’avrebbe custodita fino alla primavera successiva: adesso sulla montagna regnava la pace, scandita dal lento ritmo delle stagioni.– Ormai sarebbe per noi un errore andare a Kincora – disse da sopra la spalla. – Causerebbe soltanto dei guai.– Infatti – convenne Onchu. – L’abate ci odia.– Non abbiamo fatto nulla per incoraggiarlo a trovarci simpatici – rise Daman, poi si fece più serio e aggiunse: – Noi non cerchiamo di convertire i Cristiani, quindi perché l’abate vuole convertire noi?– Uno dei principi della fede cristiana – rispose il fratello maggiore, – è che devono estenderla a tutti gli altri.– Perché?– Sono convinti di essere i soli depositari della verità.– Ma ci sono tante verità quanto sono le persone viventi! – rise Onchu. – Sarebbe come pretendere che tutti avessero i denti uguali!Intorno stava intanto scendendo un velo di nebbia umida e densa, e Cera

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si leccò le labbra per avvertirne il dolce sapore.L’acqua era sacra, in tutte le sue forme.Infine il quartetto emerse da una macchia di alberi e si venne a trovare davanti alla roccia grigia da cui la montagna prendeva il nome.Come per un segnale, la nebbia si dissipò e quando si girarono essi poterono contemplare Thomond che si allargava ai loro piedi.– Posso vedere Kincora! – esclamò Cera, deliziata. – Torccan, sei certo che non ci possiamo andare?– Nostro padre ci ha raccomandato di tenerci lontani dai guai, soprattutto a causa della tua presenza. Sarebbe stato meglio se fossi rimasta a casa ad assisterlo, sorellina.– Con lui c’è Failenn – ribatté Cera, scuotendo il capo. – E poi ho insistito per venire.– E sappiamo tutti quanto sei cocciuta – rise ancora Daman.– E allora? La vita stessa è cocciuta – ritorse lei, muovendo qualche passo giù per il pendio e fissando l’ampia fortezza sottostante. Lui era là? Avrebbe avvertito la sua presenza sulla montagna che lo sovrastava?Quando però lo cercò con la mente e con lo spirito non riuscì ad avvertire traccia di Donough Mac Brian, e le spalle le si accasciarono per l’avvilimento.– Avanti, Cera, dobbiamo darci da fare – la richiamò Torccan.Con un sospiro lei si volse e tornò a raggiungere i fratelli mentre Onchu prelevava dallo zaino sulle spalle di Torccan un pacchetto avvolto in una pelle di daino; subito gli altri posarono ciascuno una mano su di esso, in modo da deporre tutti insieme l’offerta davanti alla pietra per poi sostare per qualche momento in silenziosa comunione con il Tutto.– Se non possiamo andare a Kincora, come faremo a prendere parte alla sua ricostruzione, secondo il desiderio di nostro padre? – obiettò poi Onchu.– Conosco la risposta a questa domanda – sorrise Cera. – Infonderemo forza nei costruttori.– Quale struttura seguiamo? – domandò Onchu, mentre Torccan annuiva in segno di approvazione.– Una ruota di forza – replicò Cera, – girando nella direzione del sole.Si protese quindi a prendere per mano Daman e avanzò di un passo, scalza sulla nuda terra; Torccan ed Onchu si accodarono a loro e tutti e quattro iniziarono una danza druidica pervasa di inconsapevole grazia, seguendo un ritmo profondo come il tempo e radicato nelle loro stesse ossa.Con leggerezza spiccarono dei balzi atterrando sulla punta dei piedi,

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sollevando in perfetta armonia il piede destro per muoverlo al ritmo di una musica silenziosa presente dentro di loro, facendo poi seguire un passo rapidissimo del piede sinistro: destro e sinistro ancora per sette volte, finendo con il piede sinistro perché stavano ruotando verso destra, nella direzione del sole.Avevano effettuato un cerchio completo e si stavano accingendo ad iniziare il secondo quando la voce di Cera si levò nel canto.Più in basso, a Kincora, gli uomini che stavano lavorando per ricostruire il forte danneggiato sentirono il canto delle allodole estive sebbene la giornata fosse pervasa dal gelo dell’autunno e raddoppiarono i loro sforzi perché avevano l’impressione di essere di colpo pieni di energia, come se una nuova vita stesse fluendo loro nelle vene.Il capo dei lavoranti, che aveva appena subito una sfuriata dell’Abate di Kill Dalua, non era certo di buon umore, e tuttavia perfino lui si rilassò e cominciò a canticchiare fra sé nel lavorare, dimenticandosi del recente incontro sgradevole.Sulla via del ritorno al monastero Cathal udì un suono che pareva emanare dalla cupola stessa del cielo e si arrestò, guardandosi intorno e sollevando poi lo sguardo verso l’alto: anche se non vide nulla sentì però un brivido gelido corrergli lungo la schiena e accelerò l’andatura, picchiando l’estremità del bastone contro il terreno ad ogni passo.Il suono lo seguì, simile… a suo parere… ad uno stridio, ad un gemito demoniaco, e quando arrivò infine a Kill Dalua era ormai sudato e rosso in volto.– Il ban shee! – gridò all’allarmato Declan. – Ho sentito il ban shee, e sono un Dal Cais!

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ell’autunno del 1017 Donough s’imbarcò sulla nave che aveva noleggiato e seguì la costa irlandese fino all’isola di Rathlin, dove vennero caricate aggiuntive scorte di viveri prima di dirigere verso

il mare aperto. Raggiunta Islay, la nave deviò di nuovo verso nord, seguendo la costa profondamente frastagliata e toccando terra quando giungeva il momento di accamparsi per la notte.

N

Nonostante le frequenti esortazioni rivolte da Ragnald a Odino, il vento continuò ad essere contrario e per la maggior parte del tempo l’imbarcazione dovette fare affidamento sui remi piuttosto che sulla vela quadrata: sotto il cielo coperto da un fitto strato di nuvole lo scorrere delle ore diurne venne ben presto scandito dal loro ritmo costante.Il piano originale di Donough era stato quello di aggirare la punta settentrionale di Alba e di toccare terra sulla costa orientale quasi all’altezza del Firth of Tay, in modo da giungere il più vicino possibile a Glamis, perché un viaggio per mare gli era parso preferibile ad un lungo e pericoloso tragitto via terra in un territorio sconosciuto.In effetti però viaggiare per mare poteva essere più pericoloso che spostarsi sulla terraferma, come il proprietario della nave ricordò ai suoi passeggeri dopo che essi lo ebbero pagato e si furono imbarcati.– In queste acque abbondano i razziatori – spiegò. – Non parlo di me, che sono un onesto mercante – si affrettò ad aggiungere, con un’espressione di assoluta sincerità sul volto duro dal naso aquilino, incorniciato da capelli biondo scuro. – Però quando aggireremo la costa settentrionale di Alba passeremo molto vicino alle Isole Orkney, e gli uomini delle Orkney prendono il mare con qualsiasi tempo come squali in cerca di una preda.– Mio figlio li saprà affrontare – garantì Gormlaith, ma Donough trascorse parecchio tempo aggrappato alla murata a scrutare il mare e a chiedersi come si faceva a combattere contro i Vichinghi stando su una nave.Con il peggiorare del clima sia lui che gli altri ebbero poi un nuovo motivo per aggrapparsi alla murata perché lo stomaco di tutti prese a

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sussultare e a contrarsi con l’ingrossarsi delle onde sotto l’imbarcazione, e perfino Ronan si tinse di una strana sfumatura verdastra.Soltanto Gormlaith non cedette ai capricci del suo stomaco. Con un enorme sforzo di volontà rimase eretta sulla prua dalla testa di drago e tenne il volto esposto alla bufera, come se stesse godendo di ogni momento di quel viaggio, lasciando che il vento le agitasse i capelli come una bandiera; quando la nausea aveva la meglio, si chinava semplicemente in avanti fingendo di esaminare qualcosa che aveva attirato il suo interesse fra le onde ribollenti.– Adoro le tempeste! – proclamò.– Quella donna è una tempesta – dichiarò Fergal, che sedeva accasciato sul fondo dell’imbarcazione, con le mani strette sullo stomaco e la bocca che aveva il sapore della bile.Ragnald, che teneva il timone, concordò fra sé con quella definizione. Il viaggio aveva avuto inizio da meno di un giorno quando lui aveva appreso che la sua passeggera non era altri che la notoria Kormlada, di cui si diceva che per quanto vecchia non avesse rivali fra tutte le donne d’Irlanda quando si trattava di sapere come compiacere un uomo.La primissima notte in cui si erano accampati a riva lui si era avvicinato a Gormlaith, che sedeva in mezzo al piccolo assortimento di sacche e di scatole che insisteva per scaricare e tenere accanto a sé in ogni momento, e lei aveva spostato sulla sua figura lo sguardo che fino ad un istante prima era fisso sul fuoco da campo.– Le mie donne mi chiamano Ragnald dal Lungo Coltello. Riesci a indovinare il perché? – aveva esordito il Danese.Riconoscendo il compiaciuto sottinteso che aveva già udito in un migliaio di altre voci maschili, Gormlaith aveva sbadigliato con aria annoiata.– No – aveva poi replicato in tono secco, tornando a fissare il fuoco.Ragnald non si era aspettato di essere respinto: di certo una donna tanto vecchia avrebbe dovuto essere grata delle attenzioni di un virile e vigoroso Danese che le riscaldasse il sangue nelle vene.– Abbiamo davanti a noi un lungo viaggio e le notti si faranno sempre più fredde a mano a mano che andremo verso nord – aveva insistito.– Bene. Mi piace il freddo.– Nel mio letto ho delle calde pellicce.– Goditele. Le pellicce mi fanno sternutire.– Pensi che staremmo forse più comodi nel tuo letto?Gormlaith si era girata di scatto e questa volta aveva incontrato lo sguardo di Ragnald con quello dei suoi occhi che ardevano come carboni accesi

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nelle orbite infossate.– Tu non entrerai nel mio letto – aveva ribattuto, poi qualcosa aveva brillato alla luce del fuoco da campo e con stupore di Ragnald lei aveva impugnato un coltello… una daga affilata e non il piccolo coltello da tavola che le donne vichinghe portavano alla cintura con le forbici e le chiavi… puntandoglielo contro l’inguine con un solo movimento fluido.– Questo è il mio lungo coltello – aveva affermato, in un tono pratico che risultava ancor più letale per la sua assoluta mancanza di emozione. – E sono del tutto capace di usarlo per amputare il tuo.Ragnald non aveva avuto il minimo dubbio che stesse dicendo sul serio. Sconcertato, era tornato dai suoi uomini ed aveva trascorso quella e tutte le notti successive al sicuro in mezzo ad essi.Gli Irlandesi avevano ridacchiato dell’incidente ma avevano badato a non farsi notare perché non era il caso di offendere gli uomini da cui dipendeva la loro vita.Gormlaith non aveva però simili inibizioni, e anche adesso continuava a sogghignare ogni volta che Ragnald le passava troppo vicino.– Per quanto sostenga il contrario, quell’uomo è un pirata – avvertì Ronan, traendo Donough in disparte. – Non puoi indurre tua madre ad essere gentile con lui? Potrebbe far tagliare la gola a tutti noi e farci gettare fuoribordo in qualsiasi momento.– Cosa ti induce a pensare che possa convincere mia madre a fare qualcosa? – ribatté Donough, scoccando all’amico un’occhiata sardonica.Gormlaith provava soltanto disprezzo per Ragnald e per tutti quelli come lui, ed era stanca fin nel profondo dell’anima della cieca lussuria di uomini che non conoscevano né desideravano conoscere la persona che c’era nella sua mente. Inoltre i Danesi puzzavano perché si erano sfregati il corpo con un abbondante strato di grasso rancido per proteggersi dal freddi erano incapaci di leggere e di scrivere, e non sapevano sostenere una conversazione intelligente su nessuno degli argomenti che le interessavano.– Nel porto di Dublino ho visto navi molto più grandi di questa – disse a Donough. – Il tuo Ragnald non è un facoltoso mercante ma un comune pirata, e neppure molto abile, a giudicare dalla sua nave e dal suo equipaggio. Avresti potuto assoldarlo per molto meno.– Il costo è stato così elevato perché ho dovuto convincerlo a trasportare a bordo una donna dai capelli rossi – ribatté Donough. – Senza di te avrei potuto risparmiare metà della somma.– Valgo un prezzo più elevato – dichiarò Gormlaith, scrollando le spalle.

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Fin dal primo giorno in cui la vide emergere dalla nebbia trovò che la costa occidentale di Alba fosse molto bella: profonde insenature e innumerevoli piccole isole offrivano centinaia di nascondigli per eventuali pirati, ma creavano al tempo stesso un effetto panoramico grandioso e imponente.Oltrepassato Cape Wrath, promontori cosparsi di massi si levarono dal mare come bestie mitologiche dalle spalle scintillanti, e Gormlaith ebbe l’impressione che l’assenza di vegetazione conferisse loro una bellezza ancor più impressionante.Prelevato uno specchio dalla cassa che conteneva il suo bagaglio, indugiò quindi a contemplare la propria immagine nella sua liscia superficie.La morbidezza è scomparsa anche dal mio volto, pensò, consumata dalle tempeste della vita. Adesso le ossa sono visibili, e anch’esse come queste alture hanno un’aspra grandiosità.Riposto lo specchio fra le sue cose tornò ad occupare la sua posizione abituale a prua della nave, ma questa volta non si girò in modo da contemplare il panorama che aveva davanti, voltandosi invece verso i marinai chini sui remi.Secondo il modo di vedere degli uomini sono vecchia, pensò. Dovrei essere avvolta nelle coperte e accoccolata vicino ad un fuoco fumoso. Invece navigo sulla prua di una nave e dei Vichinghi mi stanno portando verso Alba, una terra dove neppure Brian Boru è mai stato!Poi allargò le braccia e scoppiò in una risata.Anche se ad un’occhiata distratta appariva desolata, la costa settentrionale ospitava parecchi piccoli insediamenti annidati dietro i promontori; la gente del posto tendeva però ad anticipare i pericoli e non aspettava di sapere se gli stranieri che venivano avvistati fossero razziatori o mercanti, per cui ogni volta che la nave tentava di accostare a riva veniva accolta da una pioggia di lance accompagnate da imprecazioni.– Non riescono a distinguerci dagli uomini delle Orkney? – chiese Fergal a Ragnald.– Non gli importa di sapere chi siamo. Per quanto li riguarda chiunque viaggi su una nave vichinga costituisce un pericolo.Per fortuna il capitano danese conosceva la zona abbastanza bene da saper localizzare luoghi sicuri in cui accamparsi per la notte, ma per maggior sicurezza sia lui che Donough appostarono delle sentinelle.Giunti vicino ad Arbroath trascinarono la nave in secca e si accamparono per l’ultima notte su un prato di felci separato dall’entroterra da una macchia di pini e di larici che bloccava la visuale; avevano appena acceso

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il fuoco quando una mandria di bestiame estremamente irsuto e dalle coma di una lunghezza impossibile si materializzò sul prato come una folla di fantasmi e si soffermò a scrutare con curiosità gli stranieri.– Non ho mai visto nulla di simile in tutte e cinque le province – mormorò Ronan, meravigliato, ma quando cercò di avvicinarsi per vederli meglio gli animali si diedero alla fuga fra le risa dei suoi compagni.– Spero che avrai maggior fortuna con le donne di Alba – lo derise Fergal.Mentre cenavano, Donough annunciò poi la sua intenzione di mettersi in marcia all’alba alla volta di Glamis, ma sua madre trovò da obiettare.– Non dire stupidaggini – lo rimproverò. – Tu sei un principe d’Irlanda e non ti puoi presentare davanti alle porte di Malcom come un mendicante. È un bene che sia venuta con te per insegnarti come ci si deve comportare in questi casi.«Ciò che faremo sarà aspettare qui e mandare un messaggero a Glamis che annunci il nostro arrivo e richieda una scorta reale. Non muoveremo un solo passo finché non ci verranno a prendere.– Ma siamo perfettamente in grado di… – cominciò Donough.– Sei perfettamente in grado di fare la figura dello stolto ignorante – lo interruppe Gormlaith, accigliandosi maggiormente. – Ascolta il mio consiglio.– Questa donna ne sa più di chiunque fra noi, te compreso, su come ci si debba comportare presso una corte reale – intervenne Fergal, schierandosi dalla parte di Gormlaith. – Al tuo posto le darei retta, perché qui non ti conviene partire con il piede sbagliato.Dietro richiesta di Donough, Ragnald mandò allora quattro dei suoi uomini a Glamis perché informassero Malcom dell’arrivo dei suoi ospiti, poi tutti si disposero ad attendere.– Avresti dovuto mandare me e Fergal – protestò Ronan.– Conosci la strada per Glamis? – ribatté Donough.– No, ma dubito che quei Danesi la conoscano.– Invece io sono certo che sappiano dove andare – sorrise Donough. – Ragnald ha troppa familiarità con Alba, il che mi fa supporre che la sua nave abbia già solcato molte volte queste acque, e non per semplici traffici commerciali.– Se è così, gli Scoti permetteranno ai suoi uomini di avvicinarsi a Glamis?– Portano un formale messaggio stilato di proprio pugno da un principe irlandese – intervenne Gormlaith. – Quali che siano le circostanze, nessuna sentinella che ci tenga alla propria testa rifiuterà di portarli al

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cospetto del suo re: un messaggero deve essere sacrosanto come un bardo.Mentre aspettavano di ricevere notizie da parte del Re di Alba, Donough tentò di tenere la mente occupata con immagini del futuro.Se Malcom dovesse trovarmi simpatico potrei forgiare con lui un’alleanza di qualche tipo… ma poi come potrei servirmene? si chiese. Per sfidare Teigue del Munster?O per sfidare Malachi Mor?Sceso fino al limitare della distesa di acqua scura che gli aveva permesso di giungere fin lì indugiò a contemplare non il panorama che lo attorniava ma il proprio io interiore, in quanto era turbato dalla qualità amorfa delle proprie ambizioni.Dovrei avere un’idea più precisa di quello che voglio fare. rifletté, perché la vita è breve, cosa di cui ogni guerriero e consapevole.Io voglio… ma cosa voglio?Cosa voleva mio padre, quando era giovane?La pace, di certo, dal momento che l’Irlanda della sua gioventù era devastata dalle guerre e Gael e Vichinghi erano uno alla gola dell’altro.Brian ha vinto le sue battaglie ed ha vissuto abbastanza a lungo da avere la certezza della sua vittoria, ma adesso le cose sono più complicate. Clontarf ha costretto i Nordici ad abbandonare il loro sogno di dominare l’Irlanda e tuttavia la pace ci è di nuovo sfuggita dalle mani e siamo tormentati dalle lotte di potere fra i principi delle diverse province, mentre le tribù e perfino i clan combattono fra loro. E poi ci sono i fuorilegge…L’Ard Ri dovrebbe risolvere tutti questi problemi, ricomporre le liti, emettere giudizi e governare l’isola secondo lo schema creato da mio padre, e se Malachi Mor non riuscirà nel suo compito esso ricadrà sul prossimo Sommo Re. Sotto il governo di Brian Boru gli Irlandesi si erano abituati alla stabilità, ed è per questo che adesso ci sono tanti sconvolgimenti: vogliono il ritorno dello stato di fatto precedente.Come Ard Ri ci si aspetterà che io lo ripristini.Dedicare la mia vita…Fissando l’acqua scura senza vederla davvero, cercò di convincersi che non era ancora troppo tardi, che poteva sempre andare da sua madre e dirle che aveva commesso un errore a venire fin lì, che voleva tornare in Irlanda e… e…Non riusciva a pensare a cos’altro poteva fare. I principi seguivano i passi dei loro padri, era sempre stato così. Come poteva essere diversamente?Non desiderando più rimanere solo con i suoi pensieri, fece ritorno al campo dove i suoi uomini erano seduti intorno al fuoco, intenti a

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raccontare storie di guerra; di tanto in tanto Gormlaith si univa alla conversazione, traendo un evidente piacere dal descrivere battaglie combattute per lei e uomini che erano stati uccisi per amor suo.Soffermandosi all’esterno del cerchio di luce del fuoco, Donough indugiò ad ascoltare mentre il suo sguardo pensoso scrutava i volti familiari rischiarati dal fuoco: quanto era tutto semplice… per loro.Guerra e guerra e guerra, disse con chiarezza una voce. Sorpreso, Donough si girò di scatto senza però trovare nessuno dietro di sé, e intanto la voce proseguì: Uccidere o essere uccisi, che gloria c’è in questo? Che gloria c’è quando una spada ti attraversa, i visceri ti si squarciano e tu muori in mezzo al fetore stesso del tuo corpo?– Sei tu? – sussurrò Donough, sconvolto. – Padre?Ma nessuno rispose.

Infine la scorta che stavano attendendo arrivò da Glamis: si trattava di una compagnia di uomini che indossavano pesanti tuniche di lana e portavano vistosi plaid gettati sulle spalle; i loro lineamenti erano simili a quelli degli Irlandesi e la lingua che parlavano era più o meno la stessa, anche se l’accento era così marcato da rendere quasi impossibile a Donough comprenderli.Gli uomini della scorta portarono con loro robusti pony pitti su cui caricarono il bagaglio degli ospiti, e quando venne fatto loro notare che non c’era un carro per Gormlaith il loro capo rispose che nessuno aveva accennato al fatto che con il gruppo ci sarebbe stata una donna.– E poi – aggiunse, rivolto a Gormlaith, – che razza di donna sei per avere le gambe che non funzionano?Tingendosi in volto di un violento rossore Gormlaith si volse e si avviò davanti a loro, decisa a sfiancarli tutti prima che fossero arrivati a Glamis.Nel frattempo, Ragnald e i suoi uomini erano impegnati a preparare la nave per il viaggio di ritorno in Irlanda.– Il vero inverno è ormai prossimo – affermò il Danese, parlando con Donough, – e quando sarà cominciato nessuno prenderà più il mare, il che significa che dovrete rimanere qui fino a primavera… ne siete consapevoli?– Lo sappiamo – garantì Donough.– Resterete qui qualsiasi cosa succeda… capisci cosa intendo?– Mi stai dando un avvertimento?– Sto soltanto dicendo che non potrai lasciare Alba finché le rotte marine non saranno di nuovo percorribili. Accetta un consiglio da chi ne sa più di

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te… anche se vi somigliano, questi uomini non sono Irlandesi, sono vissuti qui troppo a lungo e adesso cantano canzoni diverse. Non vi fidate di loro.– Un consiglio del genere da parte di un Vichingo? – rise Donough.Ragnald scrollò le spalle: avendo portato i suoi passeggeri sani e salvi a destinazione non aveva più motivo di interessarsi della loro sorte.Mentre Donough e il suo gruppo si addentravano nella prima macchia di alberi che si stagliava fra loro e Glamis, però, il Danese portò impulsivamente le mani a coppa intorno alla bocca per un ultimo avvertimento.– Ricorda ciò che ti ho detto! – gridò.

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La compostezza per cui Blanaid era tanto famosa stava rischiando di disgregarsi completamente.Lei era stata felice di apprendere che suo fratello era arrivato in Alba, e poiché come spesso accadeva Malcom era assente da Glamis perché stava tenendo corte a Scone, si era incaricata lei di organizzare una scorta che accompagnasse gli ospiti al castello, per poi ingannare l’attesa preparando un banchetto e una camera adatta ad un principe.Al suo arrivo, il gruppo di Donough trovò quindi Blanaid ad attenderlo all’ingresso della grande sala: con un ampio sorriso sul volto lei protese immediatamente le mani verso il fratello che aveva riconosciuto a causa della sua somiglianza con Brian Boru e della statura che lo faceva torreggiare di tutta la testa sugli altri uomini presenti.– Chiedo scusa per non avere qui una serva che si prenda cura di te – disse alla persona che si era venuta a fermare accanto a Donough. – Non sapevo che mio fratello avrebbe portato una donna con sé.– Non sono soltanto una donna – fu la rapida risposta. – Sono sua madre.– Gormlaith del Leinster? – chiese Blanaid, sconcertata.– Naturalmente – ritorse l’altra donna, in tono secco. – Quante madri pensi che lui abbia? – Poi oltrepassò Blanaid con passo imperioso e scrutò la grande sala con occhi socchiusi, aggiungendo: – Dunque questa è Glamis. Devo dire che dall’interno ha un aspetto migliore che dall’esterno. Che posto cupo! Non avete finestre!– Glamis – affermò con freddezza Blanaid, riprendendosi in fretta, – è una roccaforte nobiliare da generazioni ed è adesso la residenza primaria del Re degli Scoti e dei Pitti. Posso ricordarti che qui siete ospiti e che come tale tu non hai il diritto di insultare…– Ed io – ridacchiò Gormlaith, – ti posso ricordare che non sono un’ospite dal momento che non mi hai mai invitata e sono venuta di mia iniziativa?Blanaid si girò verso Donough e per un istante, prima che i loro sguardi

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s’incontrassero, si sentì pronta a giurare che lui stesse sorridendo divertito; ma quando lo guardò in faccia lo trovò adeguatamente serio.– La Principessa Gormlaith costituisce una legge a sé stante – le comunicò Donough.– Mio… nostro padre è morto per causa sua – gli ricordò Blanaid, tremante e pallidissima in volto. – Come hai osato portarla qui?Questa volta Gormlaith scoppiò apertamente in una ricca risata, sconcertante quanto inaspettata.– Lui non avrebbe potuto fermarmi, e comunque tuo padre non è morto per causa mia ma perché Sigurd, il marito di tua figlia, e altri condottieri hanno cercato di togliergli il controllo dell’Irlanda.– Gli «altri» a cui accenni includono anche tuo figlio Sitric e tuo fratello Maelmordha – ritorse furiosamente Blanaid.– Adesso sono tutti morti – fu la tranquilla risposta, – tranne mio figlio Sitric, che a dire il vero è un uomo da poco. Questo mio figlio vale il doppio di lui ed è per questo che ho pensato che per voi due era giunto il momento d’incontrarvi.– Tu hai pensato…– Certamente. Donough non voleva venire ma io ho insistito, e devo dire che è stato un viaggio davvero lungo. Giorni di navigazione in mare aperto e notti trascorse a dormire per terra al freddo… ed io odio il freddo! Di certo avrai intenzione di offrirci un po’ di acqua calda per lavarci la faccia e i piedi, e poi un pasto altrettanto caldo, vero? – domandò Gormlaith, fissando Blanaid con espressione ingenua. – Mi hanno garantito che nessuno attraversa il mare d’inverno, quindi dovremo restare qui con te per mesi e mesi.Nessun membro della corte di Malcom aveva mai visto la sua moglie irlandese così sconcertata come lo era adesso davanti alla Principessa del Leinster.Ritrovato a fatica un certo contegno, Blanaid applicò infine l’immutabile tradizione dell’ospitalità gaelica, che era la stessa in Alba come in Irlanda: l’ospite, anche se era un mortale nemico, aveva diritto al meglio che la casa aveva da offrire, e Malcom non l’avrebbe perdonata se non si fosse attenuta a quei dettami.Le sue emozioni erano però difficili da tenere sotto controllo..Vedere Donough era quasi come vedere una versione giovanile di suo padre, e lei avrebbe voluto gettargli le braccia intorno al collo, trarlo vicino a sé e parlare dell’Irlanda e di Kincora, evocare il canto del cucù e lo stridio delle cornacchie, il sapore del siero di latte e l’abbaiare dei cani

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da caccia dagli orecchi rossi. Avrebbe voluto che lui la riportasse a casa con le sue parole e con i suoi ricordi.Invece Donough aveva portato con sé Gormlaith.In assenza del re, durante la cena Blanaid presiedette al banchetto che si tenne nella sala.– Accertati che venga servito soltanto il meglio di tutto – ordinò all’intendente di Malcom, – e metti mio fratello e sua madre alla nostra tavola come faresti con qualsiasi nobile in visita. Soltanto sistema Gormlaith il più lontano possibile da me… hai capito?Blanaid impartì quegli ordini parlando in tono freddo e scandito, con la schiena rigida per l’indignazione, decisa a fare in modo che al suo ritorno Malcom non trovasse la minima pecca nell’ospitalità che lei aveva offerto in suo nome. L’orgoglio l’avrebbe aiutata a sopportare quella situazione.Il banchetto venne servito nella grande sala dove gli ospiti sedettero su alcune panche accostate ad un tavolo ricavato da una singola, massiccia asse di legno di quercia, mentre il resto della corte di Malcom prese posto ad altri tavoli più piccoli. Come a Kincora, anche qui grossi cani da caccia gironzolavano per la stanza, divorando gli ossi spolpati che venivano gettati sul pavimento coperto di paglia, ma Glamis era più cupa di Kincora perché era costruita interamente in pietra e l’illuminazione interna era fornita esclusivamente dalle torce intrise di resina di pino che erano infilate negli anelli appositi fissati alle pareti. Il chiarore delle torce era intenso ma tremolante e l’aria aveva un forte odore di resina.– In questo posto non c’è un grianan – commentò Gormlaith, in tono irritato. – Come fanno le donne a sopravvivere senza un solario?Al tempo stesso, Fergal Mac Anluan si accorse che gli scudi appesi alle pareti e dipinti con disegni e combinazioni di colori che non gli erano familiari recavano i segni di un uso notevole.– Credo che qui sopravvivere non sia facile per nessuno – commentò.La cena fu un vero e proprio incubo per Blanaid, che non riuscì a mangiare nulla e si limitò a tormentare il cibo con la punta del suo sciann dubh, mentre Gormlaith mangiava per due e divorava cacciagione arrostita e anguilla bollita nel latte con un entusiasmo che smentiva i suoi anni.– Pensavo che le persone anziane perdessero l’appetito – mormorò Blanaid, sotto voce… ma venne sentita da Donough, che sedeva alla sua destra.– Per quanto ne so mia madre non ha perso nessuno dei suoi appetiti – replicò questi. – Mi dispiace per questa situazione, vedo che per te non è facile, ma lei è una mia responsabilità e non potevo semplicemente

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abbandonarla e andarmene.– Sitric Barba di Seta non poteva accoglierla presso di sé? – domandò Blanaid, pronunciando quel nome in tono amaro.– Sitric non la vuole – spiegò Donough, abbassando lo sguardo, – o per meglio dire è sua moglie Emer a non volerla. Gormlaith vive con loro per una parte dell’anno, ma invariabilmente quella convivenza degenera in una guerra, e adesso che Maelmordha è morto non ha altri parenti viventi tranne me.– Parlami di Emer – chiese Blanaid, in tono allegro, per cambiare argomento.Donough poteva però dirle ben poco di quella comune sorellastra perché anche Emer, come la stessa Blanaid, viveva una vita separata dalla sua e modellata dal matrimonio che aveva contratto.– Suppongo che ormai sia diventata una Vichinga nello stesso modo in cui io ho assimilato il modo di vivere degli Scoti – commentò Blanaid, giocherellando distrattamente con lo scialle di plaid che portava intorno alle spalle.Pensando che il sangue di Brian si era sparpagliato nelle direzioni più sorprendenti, Donough sbirciò di nascosto la sorella alla luce delle torce, cercando di individuare qualcosa di familiare nei suoi lineamenti ma trovandosi di fronte una sconosciuta.Se la incontrassi lungo la strada non la saprei riconoscere, rifletté. Davvero strano.Poi la risata di Gormlaith echeggiò nella sala in risposta a qualche commento di uno degli uomini, e quando per reazione Blanaid squadrò le spalle e sollevò il mento come se si stesse preparando alla battaglia, Donough ritrovò sua sorella in quell’orgoglioso gesto di sfida.– Perché stai sorridendo? – volle sapere Blanaid.– Perché ricordo di aver visto il tuo stesso portamento in nostro padre, l’ultima volta che ci siamo parlati.Afferrando la mano del fratello, Blanaid la strinse in preda ad un impulso d’affetto.Quella notte un suonatore di cornamusa si esibì nella sala di Glamis, seguito da una compagnia di giocolieri che commisero però parecchi errori nell’eseguire i loro esercizi.– Sono fittavoli di mio marito – spiegò Blanaid a Donough.– In Alba il re ha il diritto di riscuotere l’affitto sotto forma di cibo ed ha anche diritto al «conveth», cioè ad esigere che i suoi fittavoli organizzino per lui intrattenimenti serali.

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– Intrattenere il re non è un onore da ricercare? – chiese Donough, pensando all’arpa riposta nella custodia di cuoio che si trovava insieme al resto del suo bagaglio.– Da parte di alcuni sì… anche noi abbiamo i nostri bardi. Altri però si esibiscono perché devono – spiegò Blanaid, accennando con la testa in direzione dei giocolieri. – Altrimenti verrebbero scacciati dalla loro casa.– Allora la terra non appartiene alla tribù, come in Irlanda?– Alba è diversa, fratello mio. Qui un uomo reclama per sé tutta la terra che è in grado di conquistare e la Legge Brehon, che in Irlanda ha ancora valore, è stata assorbita da altre leggi e da altre usanze. Il re però non è un despota e Malcom governa con giustizia, anche perché ha un consiglio di preti e di mormaers a cui deve rispondere delle sue azioni.–Mormaers?– Qualcosa di simile agli eredi designati delle nostre tribù, uomini di sangue reale che potrebbero avere qualche diritto ad ascendere al trono. Uno di essi era Donall, il Grande Intendente di Mar, che Malcom ha mandato a combattere accanto a Brian Boru, a Clontarf.Un movimento all’estremità del tavolo avvertì Donough del fatto che sua madre si era protesa in avanti e stava ascoltando avidamente la loro conversazione.– Davvero astuto da parte di Malcom! – esclamò Gormlaith.– Si è fatto rappresentare sia da Sigurd di Orkney che dall’intendente di Mar. Ammiro un uomo che sa combattere con entrambe le fazioni contemporaneamente, perché non può perdere.Donough le scoccò un’occhiata di ammonimento, che però lei scelse d’ignorare.Le torce stavano cominciando a consumarsi e i cortigiani ad assopirsi davanti ai boccali di birra quando uno squillo di corno riverberò all’esterno, acuto e forte come le trombe del giudizio, poi nel cortile si udì un’immediata agitazione e attraverso le porte aperte della sala Donough sentì un’aspra voce maschile gridare invettive.– Mio marito pare essere tornato in anticipo – commentò con calma Blanaid.Di lì a poco Malcom entrò a grandi passi nella sala, portando con sé un odore di sudore, di cavallo e di fresca aria notturna.– Dov’è il figlio di Brian Boru? – chiese con voce decisa.Prima che Blanaid potesse rispondere Donough balzò in piedi e sollevò il mento, squadrando al tempo stesso le spalle come per prepararsi ad uno scontro, poi rovesciò deliberatamente con un calcio la panca su cui era

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seduto fino ad un istante prima.– Io sono Donough di Thomond – disse.

Parlarono fino a tarda notte, o per meglio dire Donough parlò e Malcom rimase ad ascoltarlo, perché il Re di Alba voleva sapere tutto ciò che i suoi ospiti erano in grado di dirgli riguardo alla battaglia di Clontarf e alla situazione politica che si era creata in seguito in Irlanda e Donough gli fornì tutti i fatti in suo possesso, senza mancare di notare che di tanto in tanto Malcom annuiva fra sé come per comparare la sua versione con quella di altri suoi informatori.Questo è un uomo a cui sarebbe pericoloso mentire, avvertì la voce nella sua mente.Infine Malcom si appoggiò allo schienale della panca e prese a giocherellare distrattamente con la massiccia coppa d’argento contenente la sua birra.– Adesso parlami di te – ordinò. – Provieni da una razza di guerrieri: che sorta di combattente sei?– So usare la spada e l’ascia – replicò Donough, che non aveva mai sentito una domanda tanto diretta, – e riesco a scagliare una lancia ad almeno…– Non era questo che intendevo. Combatti perché devi o perché ti piace?– Mi piace vincere – replicò Donough, dopo una lieve pausa di riflessione.– Ah – commentò Malcom, con un bagliore negli occhi scuri. – Quale sentimento è più intenso dentro di te, il desiderio di vincere… o la paura di perdere?Di nuovo Donough rifletté per un momento, poi scelse la risposta più eroica perché riteneva fosse quella che ci si aspettava da lui.– Desidero vincere, naturalmente. Non ho paura di nulla.– Per la santa croce, ragazzo, hai molto da imparare! Quando giungerà il giorno… e puoi essere certo che verrà… in cui avvertirai una sana scarica di puro terrore, vieni da me e troverò il modo di utilizzarti nel mio esercito. Un combattente deve conoscere la paura e riuscire a superarla, altrimenti non serve a nulla.– Non mi interessa combattere in Alba. In Irlanda ci sono già guerre a sufficienza per tenermi occupato.– E cosa speri di ottenere da queste guerre irlandesi? In base a quanto ho capito non hai sovranità né potere. Desideri forse togliere a tuo fratello la corona del Munster?Non rispondere. Questa non è domanda a cui dare risposta pubblicamente e tanto meno a quest’uomo.

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– Voglio soltanto ciò che merito – replicò Donough, soppesando le parole.– E cosa mi dici della tua eredità… non la meritavi, forse? – incalzò Malcom, protendendosi in avanti. – Ah, non mostrarti sorpreso, qui sappiamo molte cose. Per esempio, so che non sei stato trattato con giustizia, Donough, e che hai ogni motivo per essere pieno di risentimento.– Non provo risentimento.– E neppure paura. Sei davvero una meraviglia, una creatura priva di sentimenti umani – commentò sarcasticamente Malcom, poi il suo tono cambiò mentre proseguiva: – Però potremmo riuscire ancora a fare di te un uomo, considerato che ti fermerai presso di noi per tutto l’inverno e che forse potremmo trarre da questo un beneficio reciproco.«Tuo padre era un mio alleato, e anche se non ci siamo mai incontrati di persona io lo ammiravo e lui mi ha affidato sua figlia, cosa di cui gli sono debitore.– Non ti secca che abbia portato Gormlaith con me? – domandò Donough, improvvisamente a disagio. – So che Blanaid ne è risentita perché lo ha già dimostrato chiaramente: come molte persone, ritiene mia madre colpevole almeno in parte della morte di mio padre.– Nessuna donna è capace di abbattere un gigante – dichiarò Malcom, accantonando la cosa con un cenno della mano. – La Principessa del Leinster ha fatto parte dell’esca, ma la battaglia sarebbe stata combattuta comunque, con o senza di lei, perché l’Irlanda è una ricca preda e tuo padre si era fatto troppi nemici.«È stata soltanto sfortuna che fra essi ci fosse anche tua madre – aggiunse, mentre il bagliore gli riappariva nello sguardo.– Forse un uomo diverso avrebbe saputo tenerle testa.

La luce grigia dell’alba cominciava a filtrare nella sala quando infine Donough riuscì a congedarsi da Malcom e ad andare a letto. Blanaid gli aveva assegnato una camera appena più grande di un ripostiglio, che però costituiva il miglior alloggio per gli ospiti che il castello avesse da offrire. Per quanto piccola, Donough doveva comunque dividerla con suo cugino Fergal, mentre Ronan e gli altri uomini stavano già dormendo sul pavimento della sala e Gormlaith era stata sistemata in una sua cameretta indipendente, preparata all’ultimo momento dietro sua veemente insistenza.Stanco al di là di ogni limite, Donough si lasciò cadere sul materasso pieno di piume d’oca su cui Fergal stava già russando, ma quando chiuse gli occhi non riuscì a prendere sonno.

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– Vuoi sentire una cosa sorprendente? – chiese al cugino, svegliandolo con una gomitata.– Sì – borbottò Fergal. – Voglio sentire che mi lascerai dormire.– Il Re di Alba è interessato a Gormlaith.Fergal si svegliò di colpo con uno sbuffo soffocato.– Cosa intendi dire? – domandò.– Quello che intendo è che mi ha fatto sul suo conto una quantità di domande, spesso personali. E l’espressione del suo volto…– Ma quella donna è vecchia – obiettò Fergal, che si sarebbe sentito scandalizzato… se si fosse trattato di chiunque altra e non di Gormlaith.– Malcom è più vecchio di lei, e poi non hai notato l’aspetto di mia madre dopo che lui è entrato nella sala? Può essere stato uno scherzo della luce, ma avrei potuto giurare che in qualche modo sembrava più graziosa.– A quanto pare ci sono alcuni uomini a cui tua madre è sensibile, indipendentemente dalla sua età – osservò Fergal.– Ed io ti sto dicendo che Malcom reagisce a lei.– Ebbene, non credo che farà qualcosa di concreto – dichiarò Fergal, dopo un momento di silenziosa riflessione. – Non ti offendere, ma tutti sanno cosa sia Gormlaith… anche se è tua madre.Donough non si offese, e tuttavia prima di riuscire infine ad addormentarsi non poté evitare di chiedersi quali sorprese Alba avrebbe avuto in serbo per lui.

Gormlaith si era accorta di essere soggetta all’attenzione di Malcom fin dal momento in cui lui aveva appreso la sua identità. A parte il saluto di circostanza che aveva avuto per lei al suo arrivo, non le aveva più rivolto la parola per tutto il tempo che avevano trascorso nella sala, ma quando un servo l’aveva accompagnata fuori di essa per mostrarle la sua camera, il re le aveva indirizzato un cenno del capo che lei non aveva avuto difficoltà ad interpretare.Prima di crollare sul proprio pagliericcio aveva aperto alcuni colli del suo bagaglio e aveva tirato fuori un cofanetto di legno intagliato, adorno di gemme e d’argento come un reliquiario, e alla luce di una lampada alimentata da olio di foca ne aveva sollevato il coperchio per sbirciare all’interno con un sorriso.Malcom trascorse il giorno successivo in riunione con il suo consiglio; poco dopo il tramonto si stava infine dirigendo nella sala quando incontrò Gormlaith lungo un corridoio.Lei aveva dormito per la maggior parte della giornata e dopo essersi alzata

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aveva richiesto dell’acqua calda a cui aveva aggiunto dell’olio profumato, lavandosi poi il volto, il corpo e i capelli senza farsi aiutare da nessuno perché aveva ormai passato l’età in cui era disposta a permettere ad un’altra donna di vederla nuda.Da un assortimento di vasetti aveva quindi prelevato una varietà di unguenti che era solita applicare assiduamente, poi si era scrutata con aria critica allo specchio e ne aveva rimossi alcuni per sostituirli con altri, e aveva impiegato il ruam schiacciato nella cera d’api per tracciare il contorno degli orecchi in modo da dare loro una rosea tinta giovanile; con espressione pensosa si era quindi pulita le dita sporche di ruam sull’aureola dei capezzoli in modo da dare anche ad essa un alone rosato; infine si era versata un po’ di olio profumato fra le mani e l’aveva sfregato lungo le gambe, alla sommità delle cosce, dove i riccioli di peluria erano ancora rossi e morbidi.E con una fitta di dolore aveva ricordato l’ultima volta che si era decorata in questo modo, per lui…Ma era successo molto tempo prima, e molto lontano.Gormlaith aveva quindi provato una mezza dozzina di abiti prima di sceglierne uno di purissimo lino che evidenziava la forma dei seni e del ventre. Soddisfatta dell’effetto, si era pettinata i capelli con un pettine di salice e li aveva disposti in vortici elaborati sulla testa e sulle spalle. Infine si era arrestata al centro della piccola camera, aveva chiuso gli occhi e aveva lasciato scorrere lentamente le mani lungo il proprio corpo.Quando la incontrò nel corridoio per un momento Malcom non la riconobbe, perché ciò che la notte precedente aveva destato il suo interesse era stata la notorietà di quella donna, il cui aspetto scarno, anziano e segnato dal viaggio non aveva avuto per lui nessuna attrattiva.La Gormlaith che si stava però trovando davanti adesso appariva trasformata: alta, splendente, gli venne incontro con un sicuro e giovanile oscillare dei fianchi che per un momento distolse la sua attenzione dalle linee che le segnavano il volto e che a dire il vero apparivano ora molto meno profonde di quanto lui avesse inizialmente pensato. Adesso Gormlaith sembrava coetanea di sua moglie.– Mio figlio ti ha dato i doni che ti abbiamo portato? – chiese Gormlaith. – Hai visto i mantelli?– Lo ha fatto la scorsa notte nella sala, dopo che tu ti sei ritirata. Un dono davvero principesco, di cui sono stato grato.– Anch’io ho un dono per te – affermò allora Gormlaith, abbassando la voce fino ad assumere un tono più rauco ed intimo. – Però preferirei non

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presentartelo in pubblico, nella sala. Quando lo avrai visto comprenderai il perché.Malcom trasse un profondo respiro: sapeva con esattezza… o almeno credeva di sapere… cosa fosse questa donna, che emanava pericolo come una barra di rame lasciata troppo a lungo al sole emanava calore, ma un uomo maturo come lui che aveva visto e fatto troppo e che di certo sapeva come gestirsi in qualsiasi situazione, non poteva avere nulla da temere. Lui amava sua moglie nella misura in cui era capace di amare chiunque, e non era quindi emotivamente vulnerabile di fronte a Gormlaith, che per lui sarebbe stata soltanto un diversivo, qualcosa di esotico in una vita che finora non gli aveva mai offerto nulla del genere.– Ho una camera privata – disse.

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l Re degli Scoti e dei Pitti non era un amatore esperto ma riteneva di avere una sufficiente esperienza in fatto di donne, perché dopo la prima ragazza che aveva posseduto in un fienile quando era

poco più che un ragazzo, aveva sempre goduto del sesso femminile nello stesso modo in cui aveva goduto della carne, delle bevande e di uno scontro acceso. Di conseguenza aveva una notevole familiarità con il panorama di un corpo femminile e conosceva gli umori delle donne quanto bastava per ignorarli, e a parte l’occasionale conquista sessuale che s concedeva quando era lontano da Glamis in genere aveva la tendenza ad ignorare le donne perché si era ormai lasciato alle spalle i fuochi della giovinezza e aveva altre questioni più importanti a cui dedicare la propria mente.

I

Dal momento in cui Gormlaith entrò con passo deciso nella sua stanza privata, tenendo in mano uno scrigno decorato con preziosi, lui ebbe però la sensazione di essere stato catapultato in un territorio che non gli era familiare.– Siediti qui – ordinò lei, indicando con un cenno perentorio del capo la panca vicino al braciere in cui crepitava il fuoco acceso da poco. Malcom accennò a protestare, poi ci ripensò e obbedì con aria perplessa.Spinto davanti alla panca un piccolo tavolo, Gormlaith posò su di esso lo scrigno ancora chiuso, le cui decorazioni in argento scintillarono alla luce del fuoco.– Non guardare, ancora – avvertì. – Avete del sidro qui, oppure Alba ha un clima troppo freddo perché ci siano mele ed api? Quella birra danese che avete servito la scorsa notte va bene per taglialegna e conciatori di pelle, ma io ho un palato più fine del loro.– Abbiamo del buon sidro – garantì Malcom, sentendosi stranamente sulla difensiva, poi alzò il tono di voce e tuonò: – Sidro! Per il re, subito!Il suo grido echeggiò nei corridoi di pietra ed ottenne di far accorrere immediatamente un servitore che aveva in mano una caraffa; Gormlaith

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attese che due coppe d’argento venissero riempite del fragrante liquido dorato, poi vuotò la sua in un lungo sorso deciso, come un uomo, e infine depose la coppa sul tavolo, girandosi a fissare il servitore.– Vattene – ordinò.L’uomo lasciò la stanza e Gormlaith tornò a girarsi verso Malcom con un sorriso che le brillava negli occhi ma non le toccava ancora le labbra… un sorriso lento, caldo e pieno di possibili promesse.– Vuoi vedere cosa ti ho portato? – domandò con quel tono sommesso e un po’ rauco che Malcom ricordava.Sentendosi la bocca stranamente secca nonostante il sidro, lui annuì e Gormlaith aprì il cofanetto.– Un re dovrebbe ricevere un dono regale – mormorò, chinandosi in avanti per tirare fuori il suo contenuto… e Malcom si trovò a guardare all’interno della scollatura del suo abito.Intanto Gormlaith cominciò a prelevare dallo scrigno una serie di pezzi per gli scacchi, figure elaboratamente intagliate nell’avorio e nel basalto lucido. Ciascun pezzo era decorato con oro o argento, e su quelli più grossi c’erano anche alcune gemme; osservando meglio, Malcom si accorse che i pezzi bianchi portavano un costume gaelico, mentre quelli neri rappresentavano dei Vichinghi.Premendo un pannello sul fondo dello scrigno Gormlaith rivelò quindi una scacchiera pieghevole che aprì per mostrare i quadrati realizzati in avorio e basalto, ciascuno delineato con filo dorato dalla minuziosa lavorazione celtica.Nel complesso era l’oggetto più splendido che Malcom avesse mai visto, e nel leggere l’apprezzamento nei suoi occhi Gormlaith lasciò che il sorriso le incurvasse infine le labbra.– Questi erano gli scacchi del… del precedente Ard Ri – disse.– Come ne sei entrata in possesso? – chiese Malcom, distogliendo infine lo sguardo dalla scacchiera per fissarlo su di lei.– L’ho rubato.– Cos’hai fatto?– L’ho rubato da Kincora – ripeté lei, scrollando le spalle. ~ Quando… ah, quando ho lasciato quel posto dopo la fine del nostro matrimonio ho portato con me soltanto i vestiti che avevo indosso, ma in seguito…– Avevo sentito dire che Brian ti aveva buttata fuori da Kincora.– Ci siamo stancati reciprocamente uno dell’altra – dichiarò Gormlaith, con un bagliore nello sguardo. – Il punto, comunque, è che lui non mi ha restituito la mia dote, e dal momento che ne avevo diritto l’ultima volta

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che sono stata a Kincora ho prelevato questi scacchi come compensazione parziale. E adesso li voglio donare a te.Malcom la fissò a bocca aperta, sconcertato.– Possibile che tu non sappia come si gioca? – chiese Gormlaith, inarcando un sopracciglio. – Allora forse conosci uno dei giochi irlandesi più semplici, come il fidchell o il bran dubh? Sono certa che mio figlio ha…– È ovvio che so giocare a scacchi – scattò Malcom, di nuovo sulla difensiva. – Ho imparato sull’isola di Lewis.– Allora mi vuoi concedere una partita? – lo incalzò Gormlaith, e prima che lui potesse rispondere accostò uno sgabello al tavolo e gli si sedette di fronte, stringendo un pedone bianco in una mano ed uno nero nell’altra e ingiungendo: – Scegline uno.Quando batté un colpetto con l’indice sul suo pugno sinistro Malcom sentì una scintilla scaturire fra loro.Mai in tutta la sua vita aveva giocato a scacchi con una donna, perché quei giochi erano un’estensione della tattica militare e richiedevano quindi una mente maschile, ma fin dalle prime mosse si rese conto che Gormlaith era un’abile giocatrice… al punto che ben presto si trovò a lottare per la sopravvivenza come se si fosse trovato su un campo di battaglia e sentì il sudore scorrergli lungo la schiena.Con sua costernazione, scoprì quindi che Gormlaith era in grado di giocare e al tempo stesso di portare avanti una conversazione, perché non appena la partita ebbe avuto inizio cominciò a tempestarlo di domande inerenti alle sue campagne militari.– A quanto mi è dato di capire, di recente hai sconfitto a Carham un potente esercito di Nortumbri e adesso hai il controllo su tutto il territorio fino alle Colline di Cheviot – osservò, mentre spostava un pedone in profondità nel suo territorio.– In realtà le mie ambizioni non corrispondono del tutto a ciò che ho realizzato – replicò Malcom, fissando la scacchiera con espressione accigliata. – Ci sono ancora regioni non completamente sottomesse, ma forse con l’aiuto di alleati stranieri…?– Sono certa che trionferai – dichiarò Gormlaith, scoccandogli un contegnoso sorriso.Quando riabbassò lo sguardo sulla scacchiera Malcom scoprì che lei aveva catturato il suo alfiere.A poco a poco il ritmo della partita rallentò ma Gormlaith continuò a rivolgere a Malcom domande a cui lui si sentiva costretto a rispondere, a

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detrimento della sua concentrazione, minata anche da una crescente consapevolezza della sensualità di lei… sensazione che si stava trasformando in una tensione tanto devastante da causargli un’emicrania.– Cosa ne pensi di mio figlio? – domandò d’un tratto Gormlaith, mettendo al tempo stesso in pericolo una delle torri di Malcom.– Quando ci siamo incontrati ha spinto da un lato la panca con un calcio, un gesto audace che devo ammettere mi ha subito impressionato favorevolmente. In genere tendo a giudicare le persone dalle piccole cose – replicò Malcom, compiendo al tempo stesso una contromossa di cui si pentì immediatamente, certo che fosse un errore.– È abbastanza coraggioso, ma ha bisogno di qualche piccola spinta per arrivare ad ottenere ciò che gli spetta. Io faccio il possibile per consigliarlo e guidare le sue mosse – osservò Gormlaith, spostando inaspettatamente la regina e divorando l’altro alfiere di Malcom, – in modo che possa raggiungere l’eminenza che merita.– E cosa mi dici di te? – ribatté lui, scrutandola da sotto le spesse sopracciglia. – Suppongo che un’ascesa della posizione di Donough comporterebbe un’elevazione sociale anche per te.Gormlaith si morse un labbro e finse di studiare la scacchiera.– Ti piace essere alleata con il potere, vero? – insistette Malcom.– Mi piace avere potere – lo corresse Gormlaith, trapassandolo con lo sguardo dei suoi occhi verdi.La partita continuò lenta, mentre la luce tremolante del braciere proiettava ombre grottesche sulle pareti della camera. Malcom era seduto in una posizione che lasciava in ombra il suo volto anche se le sue mani erano chiaramente visibili sulla scacchiera, e Gormlaith si sorprese più volte ad osservarle mentre lei e il re discutevano di potere e di politica, di piani e di strategie.Al tempo stesso pensò che era davvero piacevole poter conversare con qualcuno che era un suo pari per acume mentale, e si trovò a ricordare momenti di molti anni prima, quando lui le aveva insegnato a giocare a scacchi ed entrambi avevano avuto l’abitudine di parlare per ore, molto tempo dopo che tutti gli altri erano andati a letto, mentre i pezzi si spostavano sulla scacchiera e piccole guerre in miniatura venivano vinte e perse.Adulato dall’interesse da lei dimostrato Malcom cominciò intanto a descriverle la sua campagna coronata da successo contro una forza d’invasione degli uomini delle Isole Orkney, campagna conclusa a Moray nel 1010.

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– Le Orkney sono una base molto importante per l’impero marittimo dei Norvegesi – spiegò. – Al fine di salvaguardare Alba dalle loro razzie ho dovuto dimostrare di poterli sconfiggere in battaglia, ma ho preso anche la precauzione di intessere un’alleanza con la loro famiglia più potente mediante il matrimonio di una delle mie figlie. Da quando Sigurd è morto il bambino nato da quel matrimonio vive qui con noi a Glamis. Si chiama Thorfinn ed è un ragazzo deciso, nel quale mi pare di ritrovare qualcosa di me stesso.– Forse potremo trarre profitto dal tuo esempio – commentò Gormlaith.– Cosa intendi dire?– Se vuole arrivare a detenere il potere che merita mio figlio Donough ha bisogno di un matrimonio vantaggioso, ma lasciato a se stesso finirebbe per scegliere una persona inadeguata quanto lo era la sua prima moglie. Quella poveretta era soltanto la figlia di un nobile terriero, mentre lui avrebbe potuto scegliere di molto meglio. Non credi che tu ed io si possa trovare una persona adatta ad aumentare le sue opportunità? – domandò, tenendo le mani sospese sopra la scacchiera.– È possibile trarre dei vantaggi da un matrimonio politico ben combinato – ammise Malcom. – Sfortunatamente tutte le mie figlie sono ormai sposate, altrimenti avrei…Di colpo s’interruppe, concentrandosi con aria accigliata sulla propria strategia, ma Gormlaith intuì ciò che lui non aveva detto.– I tuoi rapporti con le Isole Orkney possono anche esser amichevoli in questo momento… ma un re è sempre sotto assedio in un modo o nell’altro. Forse potremmo trovare per mio figlio una donna le cui connessioni di parentela ti possano tornare utili, considerato che fra noi sono già stabilite delle alleanze – suggerì Gormlaith, con un sorriso significativo.Malcom era stupefatto: quella donna aveva una mente che sapeva andare dritta al punto come una lancia scagliata con precisione, e le sue parole lo stavano inducendo a pensare a Canute, ai Danesi e ai Sassoni del sud, e alla grande lotta per il potere che sentiva ormai imminente.

Con il progredire della partita Gormlaith divenne sempre più consapevole delle mani di Malcom, mani enormi con dita forti e ben modellate, coperte da una peluria di cui nella penombra era impossibile distinguere il colore al punto da determinare se fosse nera o chiara.Avrebbe potuto essere di un rosso dorato.Mentre giocava Gormlaith evitò di guardare il suo volto, perché finché si

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concentrava sulle sue mani poteva quasi immaginare che seduta di fronte a lei ci fosse una persona diversa, un altro re… un altro uomo possente…Con il passare del tempo bevve una quarta coppa di sidro, poi una quinta, e i fumi dell’alcool cominciarono a danzarle nel cervello mentre rideva e flirtava e abbagliava il suo interlocutore con la portata del proprio intelletto: scintillante come una gemma, gli permise di vedere una dopo l’altra una dozzina delle diverse sfaccettature che costituivano Gormlaith.L’uomo il cui volto rimaneva in ombra divenne gradualmente non una persona specifica ma l’udienza maschile per cui si era sempre esibita: un momento dopo l’altro sentì la carne diventare più soda sulle sue ossa, gli anni che le scivolavano via dai muscoli e che fluivano all’indietro come un fiume di cui si fosse invertito il corso fino a venirsi a trovare non più a Glamis ma in un altro luogo… e ad avere di fronte qualcun altro come avversario di scacchi.I peli sul dorso delle mani evidenziate dalla luce del fuoco divennero di un colore fra il rosso e l’oro ed emozioni che lei aveva creduto morte tornarono ad insorgere con prepotenza, gli occhi le bruciarono a causa di lacrime non più versate da tempo.Una grande, dolorosa tenerezza s’impadronì di lei ma si costrinse a combatterla perché essere tenera significava essere vulnerabile, femminile e debole… e gli uomini approfittavano sempre della vulnerabilità femminile, una lezione che aveva imparato quando era ancora nel fiore degli anni.C’era stato un tempo in cui aveva desiderato disperatamente esplorare quel lato più dolce della sua natura, e c’era stato un uomo a cui avrebbe voluto mostrare tutte le diverse sfaccettature di Gormlaith: per lui avrebbe potuto essere bambina e donna, demone e angelo, seduttrice e compagna di giochi e amica. Però il fato li aveva resi avversari perfino nel letto coniugale, e poi lui era morto a Clontarf…No, non era morto, era seduto di fronte a lei adesso. Conosceva quelle mani e l’abilità con cui stavano improvvisamente manovrando i pezzi degli scacchi… un’abilità tale che lei non era mai riuscita a sconfiggere Brian Boru.Un piccolo singhiozzo le sfuggì dalle labbra e indusse Malcom a guardarla in volto con espressione stupita.Adesso i suoi occhi erano immensi e pieni di luminosità, e i giochi di luce creati dal fuoco la facevano apparire come una donna giovane e incredibilmente bella, dal volto acceso dalla passione.Malcom era arrivato al potere e lo aveva conservato grazie alla sua

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capacità di saper riconoscere le opportunità e trame vantaggio.Con un gesto del braccio gettò a terra i preziosi pezzi da scacchi, poi si protese sul tavolo vuoto e afferrò Gormlaith per le spalle, traendo il volto di lei verso il proprio.Prima che la luce potesse rivelarle i lineamenti di chi aveva di fronte, Gormlaith chiuse gli occhi: le labbra che incontrarono le sue erano dure e prepotenti, ma lei non rispose al bacio nello stesso modo.Non questa volta, disse a se stessa. Ho imparato la lezione. Lui è tornato da me ed io ho imparato la lezione.Permettendo alla propria bocca di rilassarsi, lasciò che il suo corpo si piegasse docilmente quando lui si alzò in piedi e la trasse contro di sé: tutto il suo essere era cedevole e pronto a donarsi, e questo era talmente diverso da quello che Malcom si era aspettato che per poco lui non la lasciò andare: aveva creduto di abbracciare una tigre e invece stava tenendo stretta a sé una ragazza virginale.Quel cambiamento lo lasciò confuso e lo indusse a cercare di addolcire il bacio, di rispondere con altrettanta gentilezza alla dolcezza di lei, ma non sapeva come fare, la sua bocca era capace soltanto di afferrare e di divorare. Irritato dal proprio fallimento divenne più violento che mai, lasciando scivolare con prepotenza le mani sul corpo di lei e lacerandole la tunica: il tessuto le sfregò dolorosamente contro la pelle, strappandole un sussulto, ma lui non vi prestò attenzione.– Per favore, non questa volta – gli parve di sentirle mormorare contro le sue labbra, ma rifiutò di lasciarsi guidare da una semplice femmina e la spinse a forza sul pavimento, lasciandosi quindi cadere su di lei.– Resta immobile, donna, stai per essere posseduta da un altro re – le disse, scoppiando a ridere quando lei cominciò a lottare.Allargandole a forza le gambe con un ginocchio cominciò ad armeggiare con i vestiti, consapevole del proprio stato di eccitazione.Gormlaith! La preda più ambita era nella sua camera, sotto di lui!

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ontrariamente alle sue aspettative, Cathal Mac Maine non morì. L’abate era convinto di aver sentito il ban shee gemere per lui, ma trascorsero i giorni, le settimane e i mesi senza che gli succedesse

nulla di più grave di un accentuarsi dei dolori reumatici durante i lunghi inverni umidi.

CI suoi sogni erano però perseguitati da echi che assumevano di solito la forma del gemito di un ban shee ma contenevano a volte anche una beffarda risata di sottofondo.– Quei pagani mi hanno maledetto! – si lamentava allora con Fratello Declan. – Hanno riempito di dolori le mie ossa.Per quanto sentisse ormai da anni Cathal lamentarsi per i dolori alle giunture, lo scrivano si guardava bene dal contraddire l’abate, e tenendo per sé i suoi pensieri continuava doverosamente ad aggiornare gli annali e a trascrivere le lettere di Cathal. All’inizio del 1018 fu inviata una lettera di solidarietà all’Abate di Kildare, il cui monastero era stato colpito da un fulmine, e all’Abate di Kells, la cui abazia era invece stata saccheggiata dai Danesi di Dublino guidati da Sitric Barba di Seta, due disastri a cui Cathal attribuiva la stessa importanza.In occasione di una lettera all’Ard Ri, Cathal dettò: «Condividiamo il tuo dolore in questo periodo di tribolazioni. La morte di due dei tuoi figli, Ardgal e Ardchu, è una grande perdita, ed è triste che entrambi siano stati uccisi dalla tribù traditrice dei Cenel Eoghain, insorta contro la tua autorità. Saranno entrambi ricordati nelle nostre preghiere qui a Kill Dalua per sette giorni.»Nel trascrivere quella lettera Declan pensò che sette giorni era una veglia davvero misera e che i figli dell’Ard Ri meritavano di certo un periodo di lutto più prolungato, ma tutti sapevano che durante il regno di un buon Ard Ri il grano straripava dai granai e ogni mucca aveva vitelli gemelli, mentre un cattivo Ard Ri portava inevitabilmente con sé un’era di calamità.

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In effetti si stavano verificando disastri di ogni genere, che però Cathal attribuiva sempre più di frequente al perdurante paganesimo presente in Irlanda, e più specificatamente ai druidi stessi.Declan sapeva bene che in questo suo atteggiamento l’abate costituiva una minoranza anche fra gli altri religiosi, perché fin dall’avvento del Cristianesimo in Irlanda nel quinto secolo, i rapporti fra la Chiesa e i druidi erano stati caratterizzati da un certo grado di tacita coesistenza. Quasi dall’inizio i missionari cristiani si erano infatti resi conto che i druidi avevano facilitato loro la strada insegnando alla gente che l’anima era immortale, e che avere in comune questa convinzione di fondo poteva rendere pacifica la conversione degli Irlandesi. La Nuova Fede non era infatti così radicalmente diversa da quella antica da riuscire inaccettabile ai druidi, e in molti casi si era trattato soltanto di cambiare nome ai giorni di festa o di sovrapporre una superstizione ad un’altra.I druidi erano membri della fìlidh, la classe intellettuale della società irlandese che comprendeva insegnanti, addetti ai sacrifici, guaritori, brehon, storici, filosofi e poeti, e anche se la Chiesa si era appropriata di alcune di queste funzioni altre erano tuttora decisamente di pertinenza dei druidi senza che la Cristianità avesse ancora fatto uno sforzo congiunto per soppiantarli.Nel corso dei secoli l’equilibrio di potere si era poi spostato a mano a mano che i membri della fìlidh accettavano la nuova fede senza però abbandonare del tutto il loro sacro rispetto nei confronti della terra ma limitandosi piuttosto ad allargare la loro visione della divinità, riconoscendo il dio dei Cristiani come immanente nelle sue creazioni. Quell’innocente panteismo aveva aggiunto una nuova dimensione alla Chiesa, conferendole un sapore propriamente celtico, con il risultato che nelle loro celle solitarie i monaci componevano poemi che esaltavano le bellezze della natura e involontariamente ribadivano la loro affinità spirituale con i pagani.Nelle vaste e oscure foreste c’erano però ancora alcuni che seguivano l’Antica Fede nella sua forma pura, non diluita dalla Cristianità.I druidi irlandesi non praticavano sacrifici umani come avevano fatto in passato le loro controparti continentali, ma manipolavano l’ambiente mediante tecniche che la Chiesa definiva stregoneria, guarivano i malati, maledicevano chi compiva azioni malvagie, istruivano i giovani… tranne i figli dei principi che venivano educati nelle grandi scuole monastiche… e continuavano a dedicarsi alle scienze naturali come avevano fatto per un migliaio di anni.

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Queste pratiche venivano tollerate se non condonate dalla Chiesa, perché fra le morbide nebbie d’Irlanda gli antichi dèi e il nuovo Dio si erano mescolati e l’aspra pianta dell’intolleranza non aveva ancora messo radici.A volte le cappelle cristiane venivano adornate con teste intagliate di uomini e di animali che costituivano un abbellimento puramente pagano e non inteso a rappresentare nessun santo, mentre la Legge Brehon continuava a controllare usanze come quella del matrimonio, permettendo la poligamia e il divorzio e negando il concetto di illegittimità, perché ogni unione da cui derivava un bambino veniva considerata una forma di matrimonio.Questa perdurante influenza pagana cominciava peraltro a destare il crescente risentimento della Chiesa a mano a mano che essa operava per estendere il proprio potere, e Cathal Mac Maine era un esponente di spicco di questa nuova corrente, in quanto vedeva i druidi in diretta competizione con la Chiesa e riteneva che il loro operato portasse alla distruzione della Cristianità.– Il mio confronto con Torccan Mac Padraic è stato la prova di cui avevo bisogno – confidò a Declan. – Quell’uomo ha dimostrato una capacità di ragionamento che nessun pagano dovrebbe poter possedere.Di certo è stata opera di Lucifero.Ciò che aveva sconvolto l’abate non era però stata l’intelligenza di Torccan ma il fatto che tutti i figli di Padraic emanavano una serenità che aveva avuto il potere di scandalizzarlo in quanto un dono del genere avrebbe dovuto appartenere soltanto a chi era stato unto in Cristo. La cosa peggiore, poi, era che quei quattro traevano piacere dall’essere vivi.– Questa esistenza temporale è un fardello e una punizione, una dura prova da sopportare in modo da poter poi godere dell’eternità in compagnia di Cristo – predicava di frequente l’abate ai suoi monaci.Alla luce delle sue convinzioni, gli pareva quindi che la gioia di vivere druidica costituisse una negazione della sua personale filosofia esistenziale.– Ci viene insegnato che la cieca obbedienza alla Chiesa e la sola via che porti alla vera felicità – ricordò severamente l’abate a Declan. – Come possiamo perciò tollerare il pericoloso esempio offerto dai druidi?Cominciò quindi a scrivere numerose lettere alla gerarchia ecclesiastica, esprimendo i suoi timori e il suo disgusto, e chiedendo con urgenza che una volta per tutte si facesse qualcosa per distruggere la setta dei druidi. I vescovi a cui si stava rivolgendo erano però essi stessi irlandesi e la loro Cristianità, per quanto sentita, era sovrapposta ad un rispetto per l’antica

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saggezza radicato nelle loro stesse ossa, per cui non erano pronti ad attaccare apertamente i druidi.– Prega per la loro anima – consigliarono a Cathal, – in modo che possano trovare il sentiero della redenzione.Avendo pronunciato un giuramento di obbedienza, Cathal provò a fare come gli era stato detto e pregò a lungo e intensamente, inginocchiato sulle fredde lastre di pietra del pavimento della cappella, rialzandosi poi faticosamente sulle gambe irrigidite, ma per quanto offrisse questi sacrifici a Dio il suo cuore non si ammorbidì: avendo individuato la minaccia posta dai druidi, adesso la vedeva dovunque e ai suoi occhi l’Irlanda appariva colma di seduzioni druidiche.Cathal amava la Chiesa con tutta la passione di un uomo che non aveva mai avuto altri amori in tutta la sua vita, e quindi con una devozione intensa e possessiva. Se gli fosse stato possibile convertire i figli di Padraic lo avrebbe fatto, ma poiché lo riteneva impossibile si vide invece impegnato a difendere da solo la Cristianità contro di essi.E il guerriero che era in lui vibrò d’entusiasmo al pensiero di quel trionfo della Chiesa.

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ormlaith si svegliò in maniera graduale, acquistando dapprima una vaga e nebbiosa consapevolezza di sé per poi diventare cosciente anche di giacere su una superficie dura e di avere la testa che

pulsava. A poco a poco si rese conto di essere sdraiata su un pavimento e che qualcuno l’aveva avvolta in una coperta di lana, infilandone le estremità sotto il suo corpo; quando tentò di muoversi avvertì poi un altro genere di pulsazione, un dolce e familiare indolenzimento delle parti femminili.

G

Aprendo gli occhi di una fessura appena vide a poca distanza da lei alcuni pezzi per gli scacchi sparsi sul pavimento: gli scacchi di Brian.Per un momento li fissò senza capire, poi nella memoria le affiorò nitida e precisa l’immagine di una grossa mano che calava sui pezzi e li sparpagliava, una mano coperta sul dorso da peli fra il rosso e l’oro… e si sentì raggelare e ardere nello stesso tempo.Lui era vivo!Del resto era ovvio che fosse vivo: come aveva potuto essere tanto stupida da pensare il contrario? Non era ancora nato l’uomo che potesse uccidere Brian Boru. No, invece Brian era vivo e il terribile passato che lei rammentava era stato soltanto un incubo.Tutti i miei peccati mi sono stati perdonati, pensò con gratitudine, sollevandosi faticosamente sulle ginocchia e tracciandosi sul petto il segno della Croce. Presto lui oltrepasserà la porta e staremo di nuovo insieme come all’inizio, o come avremmo dovuto fare se io mi fossi accontentata di amarlo come una donna ama un uomo invece di competere con lui. Ma questa volta le cose saranno diverse.Abbassò quindi lo sguardo sulle proprie mani, che alla luce incerta apparivano giovani e lisce, e nel sollevare le dita ad accarezzarsi la gola sentì la pelle soda e tesa al tatto.Gli anni sono tornati indietro, pensò con stupore. Sono di nuovo una ragazza e lui sarà il solo uomo che conoscerò mai. Lo renderò felice… oh,

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lo renderò molto felice!Con quel pensiero in mente si guardò intorno per la stanza alla ricerca di una bacinella in cui lavarsi e di un pettine per districare i capelli arruffati perché lui non doveva vederla così in disordine: doveva essere bella e giovane come lo sarebbe stato anche lui, quel gigante alto e forte e crepitante di indomita e irresistibile energia che aveva conquistato l’Irlanda…No. Se lui era giovane, allora non aveva ancora conseguito le sue grandi vittorie e Kincora non era stata costruita…– Se è così, io dove mi trovo? – chiese alle pareti, che però non risposero.Lentamente si alzò in piedi, ignorando l’indolenzimento dovuto all’aver dormito sul pavimento di pietra perché una cosa del genere era insignificante per una persona giovane. Per terra c’era un abito lacerato che lei non riconobbe e che evitò di raccogliere: al suo ritorno lui l’avrebbe trovata nuda e avrebbero…Nel corridoio echeggiò un rumore di passi e il cuore prese a martellarle nel petto a tal punto da impedirle quasi di respirare, poi la porta si aprì provocando una corrente fredda che le strappò un brivido ma che non riuscì ad offuscare il sorriso raggiante che stava sfoggiando soltanto per lui.– Brian. – Le sue labbra si mossero in silenzio nel formulare quel nome come una preghiera.Lui era sulla soglia, un uomo massiccio che la occupava interamente, e di colpo Gormlaith si sentì timida come una vergine mentre aspettava immobile che la prendesse fra le braccia, e nel guardarlo avanzare nella stanza vide con chiarezza assoluta la fronte alta, il naso lungo e diritto, gli zigomi pronunciati e i luminosi occhi grigi nelle orbite infossate.Lui era vivo.Incapace di aspettare oltre gli si gettò fra le braccia, e un momento più tardi il suo urlo echeggiò lungo i corridoi di Glamis.

Nel giorni che seguirono Gormlaith prese a usare i cosmetici in maniera sempre più pesante, accentuando la propria età, ma al tempo stesso cominciò a indossare abiti semplici che si addicevano ad una ragazza ancora nubile, mostrandosi di volta in volta svampita, capricciosa, diffidente ed esigente.E tuttavia il re continuò ad accoglierla nel proprio letto.La prima volta Gormlaith lo aveva spaventato mettendosi a urlare come una pazza quando lui aveva fatto ritorno nella sua camera, e si era

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affrettato a premerle una mano sulla bocca per soffocare le sue urla; quando infine lei si era calmata aveva lasciato che la mano le scivolasse lungo il corpo, apprezzando il contatto con i suoi seni ansanti.– Ho creduto che fossi Brian – aveva mormorato lei.– Sei ancora stordita e semiaddormentata, ed è stato soltanto un sogno – aveva replicato Malcom.Gormlaith era quasi riuscita a credergli… quasi ma non del tutto. Chiudendo gli occhi gli aveva permesso di accarezzarla e nel buio dietro le sue palpebre il ridestarsi del desiderio aveva di nuovo sostituito un re con un altro.– Brian – aveva sussurrato, concedendosi a Malcom.Il re degli Scoti aveva sorriso cupamente fra sé: se questo era il gioco che Gormlaith intendeva portare avanti lui non aveva nessuna difficoltà a giocarlo, soprattutto se si considerava che era il beneficiario della sua passione.La notte successiva l’aveva invitata nella sua camera e aveva tenuto la stanza al buio, evitando di contraddirla quando lei lo aveva chiamato Brian… e se prima Gormlaith era stata una buona compagna di letto, in quelle condizioni si era dimostrata eccezionale.Da allora Malcom aveva preso l’abitudine di dormire con lei tutte le volte che sentiva ridestarsi il desiderio, il che accadeva piuttosto spesso perché i fuochi della gioventù si erano ridestati in lui e una primavera inattesa aveva interrotto l’insorgere dell’inverno.E dopo, nel buio, si era trovato a parlare con lei come non aveva mai fatto con nessun’altra donna: invece di essere una confidente passiva come sua moglie, Gormlaith aveva infatti dimostrato di possedere un’incredibile comprensione del mondo maschile della politica e del potere ed era risultata essere una preziosa fonte di stratagemmi, al punto che privatamente i cortigiani avevano cominciato a borbottare che dall’arrivo della Principessa del Leinster la camera da letto del re era diventata la sua camera del consiglio.

L’inverno che Donough trascorse alla corte di Malcom Secondo fu il più freddo della sua giovane vita, ma come il fuoco tempra una lama di spada l’aspro clima di Alba ebbe l’effetto di temprarlo, e se al suo arrivo a Glamis era stato poco più che un ragazzo quello che ne sarebbe partito sarebbe stato un uomo.Nei grigi mesi invernali Malcom tenne spesso vicino a sé il giovane principe irlandese e pur rispondendo alle domande che gli venivano poste

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il più delle volte Donough si accontentò di ascoltare perché Malcom era astuto ed esperto e non sembrava avere remore a trasmettergli la propria saggezza.Una sera in cui aveva bevuto troppa birra durante un banchetto in onore di un condottiero di Strathclyde, però, Donough si lasciò sfuggire una confidenza con Cumara.– Malcom non è una persona con cui sia facile stare – osservò. – Gormlaith sembra andare d’accordo con lui, ma io ho sempre la sensazione che mi stia tenendo d’occhio da sopra il bordo di uno scudo.– Sapere che dormono insieme ti turba? – domandò con brusca franchezza il figlio del poeta, che a sua volta aveva bevuto troppo.– In un primo tempo mi ha dato fastidio perché mi sembrava un tradimento nei confronti di mio padre – ammise Donough, dopo un momento di esitazione. – Poi ho ricordato a me stesso che il loro matrimonio era finito e che il fatto che lei sposasse qualcuno o dormisse con mille uomini non aveva più nulla a che fare con lui. Adesso sono lieto che abbia ritrovato piacere nella vita.– Dici sul serio?– Certamente – ribatté Donough, irrigidendosi.– Hai risposto un po’ troppo in fretta.– Sciocchezze, Cumara, stai immaginando cose che non ci sono.E tuttavia di notte, mentre giaceva nel suo letto ben sapendo che Gormlaith era andata di nuovo nella camera di Malcom, Donough si girava e si agitava a lungo con irrequietezza mentre la sua febbrile immaginazione gli presentava cento diverse immagini di sua madre nelle braccia del robusto Scoto.Una notte a tarda ora non riuscì più a resistere e si alzò, infilandosi una tunica bordata di pelliccia e uscendo nel corridoio senza avere in mente una destinazione precisa, con il solo intento di sottrarsi ai suoi pensieri… ma dopo pochi passi s’imbatté in sua sorella e alla luce delle torce che ancora ardevano nel passaggio si accorse che era tesa in volto e con gli occhi arrossati.– C’è qualcosa che non va? – le chiese, avvertendo l’impulso improvviso di prenderla fra le braccia per confortarla ma trattenendosi perché fino a quel momento lei non aveva incoraggiato in nessun modo un simile atteggiamento intimo da parte sua.– Certamente no – replicò Blanaid, sollevando il mento. – Volevo soltanto prendere una boccata d’aria.– Anch’io. Posso venire con te?

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Lei annuì e s’incamminarono insieme lungo il corridoio, scendendo la stretta scala di pietra che portava nella grande sala dove uomini e cani dormivano insieme sul pavimento coperto di paglia per tenersi caldi a vicenda; il fuoco nel focolare si era ormai spento e l’aria stantia odorava di cenere e di corpi immersi nel sonno.Donough e Blanaid attraversarono la sala senza svegliare nessuno e si fecero aprire la massiccia porta di quercia da una guardia assonnata che scoccò loro un’occhiata incuriosita ma non pose domande.Fuori il freddo era intenso e non c’era la luna, ma le stelle erano tanto luminose da far dolere gli occhi.– Le notti invernali posseggono una loro forma di bellezza – osservò Blanaid, in tono colloquiale, avvolgendosi nel mantello e sollevando lo sguardo verso l’alto.– Infatti.Seguì una pausa di silenzio, poi:– Alba è come te l’aspettavi? – domandò Blanaid.– Non so cosa mi aspettassi.– Allora perché sei venuto?– Non so con certezza neppure questo – ammise Donough, in tutta onestà. – Mia madre…– Ah, sì, tua madre – lo interruppe Blanaid, con un tono di voce accuratamente neutro. – Lei è stata una cosa che non mi aspettavo.– Nessuno è preparato a fronteggiare Gormlaith – rise Donough.– No, suppongo di no – convenne Blanaid, unendosi suo malgrado alla risata.– È lei il motivo per cui stavi piangendo? – domandò d’un tratto Donough, scrutando il volto della sorella alla luce delle stelle.– Non stavo piangendo. Mio marito ha sempre avuto altre donne perché lui è il re, e per me questo non significa nulla.– No – assentì Donough, appoggiandosi al muro accanto a lei, e per un momento indugiarono insieme ad osservare le stelle come se fra esse fosse nascosto qualche importante messaggio.– Deve essere davvero strano avere quella donna per madre – osservò Blanaid, dopo qualche tempo.– Non posso fare paragoni perché lei è la sola madre che abbia mai avuto, ma per la maggior parte del tempo non penso a lei come a mia madre.– No? E in che termini pensi a lei?– Per me è soltanto Gormlaith.– E nostro padre?

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Donough respirò a fondo e quando rispose la sua voce risuonò così profonda e familiare da strappare un sussulto a Blanaid.– Ard Ri – disse soltanto.– Parli esattamente come lui – osservò sua sorella, girandosi di scatto a fissarlo.– Dici davvero?Blanaid sentì la gola che le si serrava e gli occhi che riprendevano a bruciarle per il pianto trattenuto.Non è giusto, pensò. Non piangevo da anni e adesso mi sta succedendo due volte nella stessa notte…– Guarda! – esclamò in quel momento Donough. – Guarda lassù!Sbattendo con decisione le palpebre lei guardò nella direzione indicata dal suo dito e vide una stella cadente.– I druidi erano soliti dire che una stella cadente indicava la morte di un re – osservò, con voce soffocata.Nel sentir menzionare i druidi Donough si trovò a pensare a Cera: sopraffatto dall’eco di una dolce risata e dal profumo selvatico dei boschi fissò il buio senza vederlo, vagando lontano con il pensiero.Accanto a lui, Blanaid cedette all’improvviso al pianto e fu scossa da una tempesta di singhiozzi senza sapere se stava piangendo perché Brian Boru era morto, perché Malcom era con Gormlaith o semplicemente perché la vista del fratello le aveva ricordato l’Irlanda con dolorosa intensità.L’istante successivo si sentì circondare dalle braccia del fratello, che le premette con gentilezza il volto contro il cavo della propria spalla.– Sssh – sussurrò la voce di lui. – Va tutto bene. Ora calmati.Mai in tutta la sua vita Donough aveva tenuto stretta la madre o una sorella come stava facendo ora con Blanaid, e le emozioni che questo generò nel suo animo furono per lui una rivelazione: di certo ciò che provava per Cera era amore, un amore che il tempo e la distanza stavano gradualmente ammantando di una nostalgia malinconica. Pur mancando di qualsiasi connotazione sessuale, i sentimenti che provava per Blanaid erano altrettanto teneri e con sua sorpresa gli davano un senso di appartenenza ad una famiglia che con Gormlaith non aveva mai provato.Mentre teneva stretta sua sorella fra le braccia era infatti estremamente consapevole del fatto che avevano lo stesso padre in comune, una connessione tangibile quasi quanto gli anelli di una catena: era impossibile immaginare di abbracciare Brian Boru, e tuttavia tramite Blanaid lui stava in qualche modo abbracciando suo padre e questo significava che l’amore aveva una sua vita propria, un’immortalità che non aveva nulla a che

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vedere con la morte o con la distanza. Nel tenere fra le braccia sua sorella Donough ebbe per un momento la percezione di forze molto più grandi di lui.Cera, pensò ancora, mentre con sua sorella sostava sotto le stelle.

In seguito non parlarono mai di quella notte perché Blanaid aveva acquisito un senso di reticenza tutto scozzese che la indusse ad evitare l’argomento e dal canto suo Donough rifiutò di essere il primo a sollevarlo. In cuor suo lui sapeva però che ad entrambi era successa la stessa cosa: avevano trovato una famiglia e adesso quando i loro sguardi s’incontravano nella sala o nel cortile o quando s’incrociavano in un corridoio, fra loro nasceva subito un calore che non aveva bisogno di parole.

Sulla sponda opposta del Mare d’Irlanda, un altro membro della famiglia di Donough stava pensando a lui, anche se non con tenerezza, perché lo storico Carroll… che considerava proprio dovere seguire le sorti dei figli di Brian… aveva innocentemente accennato al viaggio di Donough in Alba durante una conversazione con Teigue.I due si trovavano nella grande sala di Cashel, dove adesso Teigue trascorreva la maggior parte del suo tempo perché i restauri di Kincora si stavano protraendo più del previsto e lui aveva quindi deciso di alloggiare la propria famiglia nella fortezza tradizionale dei re del Munster. Cashel, che era splendida in un suo modo incombente, era formata da una serie di edifici di pietra appollaiati su un’enorme sporgenza di roccia calcarea che dominava gran parte del Munster.Teigue aveva preso l’abitudine di fare più volte al giorno una passeggiata lungo il perimetro della rupe, soffermandosi nei diversi punti e restando immobile a contemplare la distesa di fertile terra ondulata con espressione soddisfatta, ma Carroll continuava a preferire Kincora e fu proprio esprimendo questo suo parere che diede inizio alla conversazione.– Oserei dire che Donough sarebbe d’accordo con me – commentò in tono noncurante. – Alba deve apparirgli davvero inospitale al confronto con Kincora.– Cosa ci fa in Alba? – domandò Teigue, irrigidendosi. – Perché qualcuno non mi ha informato prima del suo viaggio?– Credevo che già lo sapessi – replicò Carroll.– Non lo sapevo. È andato forse in pellegrinaggio a Iona?

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– Pare che si tratti di una visita di famiglia. Tua sorella Blanaid lo ha invitato presso la fortezza di Malcom, a Glamis, e così lui e Gormlaith…– Donough ha portato quella donna in Alba?– Lo ha fatto.– Allora non si tratta di una visita di famiglia – scattò Teigue. – Se c’entra Gormlaith si può trattare soltanto di una cospirazione. Cosa sta tramando adesso quella donna? Forse di indurlo a sottrarmi il Munster?– Sono certo che nessuno dei due nutre mire inerenti alla tua sovranità – dichiarò Carroll, in tono conciliante.– Hai quasi ragione – ribatté Teigue. – Il Munster non è il loro obiettivo ultimo perché una sola provincia non soddisferebbe mai Gormlaith. Lei vuole che suo figlio diventi l’Ard Ri, e la visita alla corte di Malcom è il suo modo di promuovere quest’ambizione, il che dovrebbe essere del tutto evidente per chiunque conosca quella donna!«Il fatto stesso che Donough sia suo figlio lo condanna: non gli si dovrà mai concedere del potere perché la porta che dovesse socchiudersi per lui permetterà il passaggio anche a Gormlaith.«Io non volevo essere Re del Munster, ma adesso che lo sono Donough non farà di Cashel un gradino per arrivare a Tara. Non glielo permetterò e gli sbarrerò il passo con la spada stessa di Brian Boru!– La spada di Brian? – esclamò Carroll, stupefatto. – Tu possiedi la spada di Brian?– Potrei sapere dove si trova – rispose Teigue, mentre negli occhi gli appariva un bagliore astuto che un tempo sarebbe stato del tutto estraneo al suo carattere.Poi si rifiutò di aggiungere altro sull’argomento, ma ormai Carroll era come un mastino alla ricerca di un osso e senza dare nell’occhio cominciò a interrogare le sentinelle, gli attendenti e la servitù, che di solito sapevano molte più cose dei nobili, e anche se non menzionò mai espressamente la spada con il tempo riuscì ad ottenere la risposta che stava cercando… e che non risultò essere quella che lui si era aspettato.

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ltre a essere Re degli Scoti e dei Pitti, fin dalla morte di un suo cugino avvenuta nel 991, Malcom era anche Principe di Cumbria, la regione nordoccidentale che si stendeva lungo il Mare

d’Irlanda, e dopo aver sconfitto i Nortumbri a Carham nel 1016 aveva esteso il suo regno verso sud fino alle Colline di Cheviot, con il risultato che un territorio tanto vasto richiedeva non soltanto una costante vigilanza militare ma anche una notevole dose di amministrazione monarchica.

O

A questo scopo lui teneva la sua corte a Scone, dove si fece accompagnare da Donough e dai suoi uomini dal momento che la distanza era di appena una lunga giornata di cavallo su un’ampia strada ben battuta che si snodava attraverso valli coperte di felci morte; in alto stormi di corvi grigi volteggiavano nel cielo plumbeo lanciando aspre strida.Scone era un antico luogo di raduno che risaliva all’era precristiana, e gli edifici che adesso vi sorgevano erano in legno e pietra, con il tetto di zolle su cui cresceva uno strato d’erba; strutturata come un’antica rocca, la fortezza era formata da un agglomerato di camere rotonde dal basso soffitto e odorose di terra.– I Pitti preferiscono questo posto a Glamis – spiegò Malcom a Donough in occasione della sua prima visita a Scone, – perché sono… o meglio erano… un popolo di cavernicoli di bassa statura e in questo ambiente si sentono più a loro agio. Bisogna peraltro dire che sono abili artigiani, come dimostrano le decorazioni d’argento che vedi intorno a te e che sono tutte opera loro.Dal canto suo Donough pensò che Scone aveva un’atmosfera antica e non celtica, caratterizzata da un diverso aroma dell’aria, che sapeva di metallo e di polvere di pietra.Malcom scortò di persona i suoi ospiti fino al Sito delle Assemblee cinto da alberi.– Questa collinetta è stata formata secoli fa da mucchi di terra portati fin qui da tutta la regione dei Pitti – spiegò con orgoglio, – e laggiù potete

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vedere la Pietra di Scone, che si ritiene sia parte dell’originale cuscino di pietra su cui il biblico patriarca Giacobbe ha riposato mentre aveva le sue visioni di angeli – proseguì, indicando con un gesto possessivo del braccio un blocco rettangolare di pietra di un giallo pallido che si trovava sulla sommità della collinetta. – Il Cuscino di Giacobbe è arrivato con il tempo fino in Irlanda… dove è stato posto sulla Collina di Tara e chiamato Lia Fail, Pietra del Destino, diventando la pietra inaugurale dei sommi re irlandesi. Il mio predecessore, Kenneth Mac Alpin, è riuscito ad ottenere un pezzo della Lia Fail per la sua nomina a primo Re degli Scoti e dei Pitti… sua madre era una principessa dei Pitti… e l’ha chiamato la Pietra di Scone. Da allora ogni Re di Alba si è seduto su di essa e si può quindi dire che piuttosto che essere incoronati, noi veniamo «posti sulla Pietra».«Avanti, guardatela pure. Dal momento che sei di sangue reale, Donough, se vuoi puoi anche toccarla – aggiunse in tono magnanimo.Donough e i suoi uomini si raccolsero intorno alla pietra, incastonata nell’erba come una gemma, e dopo averle dato un’occhiata Ronan sbuffò, assestando a Donough una gomitata nelle costole.– Questa è parte della Lia Fail quanto lo sono io – commentò, una volta che Malcom non fu più a portata di udito. – Anche se ero soltanto un ragazzo appena entrato a far parte di una compagnia di guerrieri, io ero a Tara quando tuo padre è salito sulla Lia Fail ed essa ha gridato, proclamandolo Ard Ri. Non dimenticherò mai quel giorno e tutto ciò che è ad esso connesso… compreso il fatto che la Lia Fail è grigia e non gialla come la roccia di Malcom. Si tratta di una pietra del tutto diversa.– È vero? – domandò Fergal a Donough.– Non lo so – replicò questi, – perché non ho mai visto la Lia Fail. Quando è andato a Tara per la sua nomina, mio padre ha lasciato me e mia madre a Kincora.– Ha fatto bene – mormorò Cumara. – Gormlaith era stata sposata anche a Malachi Mor, e in quel momento Brian stava portando via a Malachi la sua sovranità, per cui sarebbe stato un insulto troppo grave fare mostra del fatto di avere sposato la donna che prima era sua moglie.Pur astenendosi dal dirlo apertamente, Donough sapeva che Gormlaith non aveva mai perdonato a Brian di averle negato quel momento di gloria a Tara e l’opportunità di essere onorata come moglie del nuovo Ard Ri alla presenza di Malachi Mor. Le liti che erano seguite a quel fatto costituivano uno dei primi ricordi che lui aveva di suo padre.

I condottieri giungevano a Scone dagli angoli più lontani di Alba per

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rendere omaggio a Malcom, e Donough trascorreva il suo tempo ascoltando con attenzione mentre l’astuto re degli Scoti li usava uno contro l’altro e sempre a proprio vantaggio.Di tanto in tanto Malcom sollevava lo sguardo a incontrare quello di Donough e gli strizzava solennemente l’occhio come a indicare una cospirazione comune.– Il re sta cercando di fare impressione su di me – commentò Donough con Fergal, durante un raro pomeriggio di sole in cui stavano partecipando ad una caccia al cervo che Malcom aveva organizzato in onore del nuovo Mormaer di Ce. – Deve ritenermi più potente di quanto io sia.Prima che Fergal potesse ribattere avvertì poi una presenza invisibile alle proprie spalle e sentì risuonare nella mente quella voce lenta e profonda che conosceva così bene.Le percezioni sono importanti, consigliò la voce. Se Malcom pensa che in Irlanda tu abbia centinaia di guerrieri ai tuoi ordini evita di disilluderlo.Da quel momento Donough cominciò a lasciar cadere nella conversazione distratti accenni agli «eserciti che aveva a casa».Durante quei suoi soggiorni a Scone Donough ebbe inoltre modo d’incontrare una varietà di uomini potenti che venivano a trattare con Malcom per svariati motivi, come il Re di Man, il Signore delle Isole Occidentali, i Mormaer di Caithness e di Argyll, abati e vescovi, nobili norvegesi dai capelli chiarissimi e bruni condottieri pitti; a tutti costoro Malcom presentò in tono pacato Donough come «il figlio dell’Imperatore degli Irlandesi», e ogni volta il giovane vide una luce di rispetto apparire nello sguardo dei diversi ospiti.In Alba gli stava venendo accordata una posizione che non possedeva a casa.Consapevole di questo, ordinò a Ronan e a Fergal di stare in piedi al suo fianco con la lancia cerimoniale in pugno quando lui sedeva nella grande sala, e mentre Ronan obbedì senza esitazione Fergal mostrò di considerare la cosa come un’offesa.– Io sono un principe dei Dal Cais e ho diritto ad avere una mia guardia d’onore – protestò.– E io sono il figlio di Brian Boru – ribatté Donough, troncando la protesta sul nascere.

Mentre Malcom teneva la sua corte a Scone, Gormlaith venne lasciata a Glamis insieme alle altre donne, cosa di cui Donough fu sollevato perché cominciava ad essere turbato dal comportamento di sua madre, che si

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metteva a ridere nei momenti meno appropriati… il che era già di per sé abbastanza sgradevole… oppure tendeva a fissare Malcom per poi scoppiare in pianto.Questo disturbava Donough più di ogni altra cosa, perché prima di allora non aveva mai visto sua madre piangere.Anche Blanaid rimase a Glamis, insieme alla vedova di Sigurd, Thora, e al piccolo Thorfinn, e in quel periodo cercò di evitare Gormlaith ogni volta che le era possibile, il che non era facile perché l’alta Irlandese aveva la tendenza a dominare ogni ambiente in cui si veniva a trovare; Blanaid tenne però sotto controllo la propria irritazione e conservò la propria dignità fino all’arrivo della sua figlia maggiore, Bethoc, di suo marito Crinan, Abate di Donkeld, e del loro giovane figlio Duncan.Essendo della stessa età e avendo lo stesso carattere, Duncan e Thorfinn divennero immediatamente compagni di giochi, e Bethoc fu lieta di ricongiungersi alla sorella Thora che non vedeva da alcuni anni.Gormlaith, dal canto suo, cominciò a flirtare in maniera scandalosa con l’Abate di Donkeld.Naturalmente Bethoc si lamentò della cosa con sua madre e al suo ritorno Malcom ebbe la spiacevole sorpresa di vedersi affrontare da sua moglie, che non aveva mai detto una sola parola per se stessa ma che si era trasformata in una tigre adesso che ad essere in difficoltà era una delle sue figlie.– Fa’ qualcosa riguardo a quella donna – ingiunse Blanaid.– A meno di rinchiuderla nella sua stanza non posso impedire a Gormlaith di recarsi nella grande sala – replicò Malcom, – e non mi voglio alienare la simpatia di Donough Mac Brian abusando di sua madre.– Abusi abbondantemente di lei nella tua camera da letto.– Questi sono affari miei – ritorse Malcom, accigliandosi, – e non si tratta di abuso.– No? Approfittarsi di una demente…– Non è demente.– Credevo che fossi un osservatore più attento – dichiarò freddamente Blanaid. – Ti avverto, marito, tieni d’ora in poi Gormlaith lontana dalla mia vista altrimenti farò personalmente in modo che tu e Donough non siate mai alleati.Nel parlare squadrò le spalle e sollevò la testa in un gesto orgoglioso nel quale Malcom lesse una determinazione implacabile.– Quando tornerò a Scone verrai con me – disse quella notte a Gormlaith.– Mi vuole al suo fianco – riferì lei a suo figlio, in tono compiaciuto.

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Naturalmente Gormlaith trovò Scone ancor meno invitante di Glamis e non esitò a dirlo apertamente. Nel tentativo di catturare il suo interesse, Malcom la portò allora a vedere la famosa Pietra e Donough li accompagnò per cortesia e con segreto divertimento.Percezioni, pensò fra sé. Gli Albani percepiscono questo sasso come una legittima pietra per la nomina dei re, quindi per loro essa lo è davvero. Il vecchio Kenneth Mac Alpin doveva essere molto astuto.Perso nei suoi pensieri, si avviò verso la Pietra di Scone camminando accanto a sua madre e a Malcom… ma né lui né lo Scoto erano preparati alla reazione di Gormlaith.Non appena Malcom ebbe concluso il suo discorso relativo alla provenienza della pietra Gormlaith lo superò con passo rapido, risalì il pendio della collinetta e si gettò al suolo accanto alla pietra, premendo la guancia contro la sua fredda superficie sotto lo sguardo costernato dei due uomini.– Proprio così – mormorò con voce sensuale. – Proprio così. Sei salito su questa pietra sotto il sole, lo ricordo: sei salito su di essa ed io ti ero accanto, ed essa ha gridato per noi.– Di cosa sta parlando? – chiese Malcom a Donough. – Noi non saliamo su questa pietra, che è un trono, il seggio dei re.Il giovane si limitò a scuotere il capo in silenzio, incapace di parlare.Intanto Gormlaith stava facendo scorrere le mani sulla pietra con infinito amore, come se si fosse trattato del corpo di un uomo.– Ard Ri – mormorò, e cominciò a piangere.Donough sentì un terribile dolore trapassargli il cuore, come se qualcuno glielo avesse squarciato con una spada, perché di colpo si rese conto che Gormlaith aveva davvero amato suo padre, senza che nessuno se ne fosse mai accorto.Risalita di corsa la collina posò le mani sulle spalle della madre e cercò di sollevarla in piedi, ma lei lo respinse.– Lasciami! Lasciami stare con lui! Gli appartengo, non lo sai? Possibile che nessuno di voi lo sappia?In un attimo Malcom raggiunse Donough e insieme riuscirono a issare Gormlaith in piedi anche se lei lottò come una gatta selvatica, urlando e dibattendosi a tal punto che alla fine dovettero trascinarla giù dalla collina mentre continuava a divincolarsi e a urlare implorazioni in direzione della pietra.– Non lasciare che mi prendano! – strideva.Quella notte il medico personale di Malcom trascorse molto tempo chiuso

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con Gormlaith in una piccola camera davanti alla cui porta era stata piazzata una guardia, e alla fine venne fuori scuotendo il capo.– Ha perso la ragione – riferì. – È un vero peccato, trattandosi di una donna così forte. Passa il tempo parlando con qualcuno anche se nella camera non c’è nessuno.Anch’io parlo con lui, pensò Donough, sussultando interiormente. Questo significa che sono impazzito a mia voltar Oppure lui è veramente con noi?La sua tacita domanda non ebbe risposta: per quanto si sforzasse non riuscì infatti ad avvertire alle proprie spalle l’abituale presenza torreggiarne, e all’improvviso si sentì terribilmente solo, come se avesse avuto la schiena priva di protezione nel cuore di una battaglia.Al tempo stesso i suoi sentimenti nei confronti della madre, che erano sempre stati ambivalenti, subirono un cambiamento drastico e si mutarono in compassione, sebbene questa fosse di certo l’ultima emozione che Gormlaith avrebbe voluto ispirare in chiunque.Anche Malcom cambiò atteggiamento nei confronti di Gormlaith: quando era lucida, il che accadeva per la maggior parte del tempo, il suo intelletto era acuto come sempre e lui trovava piacere a parlare con lei, ma l’ardore che aveva provato nei suoi confronti adesso era svanito e non riuscì a indursi ad accoglierla ancora nel proprio letto, un rifiuto che ferì manifestamente Gormlaith anche se si sforzò di accettarlo con coraggio.– Mi sono stancata di lui – annunciò a Donough. – Ha il ventre grosso, è troppo vecchio per me e la sua lancia è ormai spuntata.Quell’aperto riferimento alla sua vita sessuale mise Donough a disagio e lo colpì come un’altra conferma del progressivo venire meno della sanità mentale di sua madre, destando in lui l’ansiosa impazienza di riportarla a casa in Irlanda, perché esporla in quello stato ad occhi stranieri gli sembrava una forma di tradimento.Al tempo stesso però si sentiva lacerato da diverse esigenze, perché la visita in Alba gli stava fornendo nuove cognizioni, esperienza e una cerchia di potenti conoscenze e partire adesso avrebbe significato perdere opportunità che avrebbero potuto non ripresentarsi in quanto in Alba era visto come il prossimo Ard Ri degli Irlandesi, mentre in patria non era neppure un re provinciale.

Era il primo giorno in cui si avvertisse nell’aria un accenno di primavera e Donough si trovava con Malcom nella camera delle udienze, intento a conferire con i capi clan di Angus e dei Fife, quando la conversazione

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venne interrotta dal suono di un corno ed entro pochi momenti una delegazione straniera venne introdotta nella stanza.Il capo del gruppo era un uomo massiccio dalla barba dorata e dai decisi occhi azzurri che brillavano in un volto squadrato da sassone, e sotto il mantello di lana portava la corta casacca dotata di maniche e gli ampi pantaloni che costituivano il vestiario degli uomini di Albion, ora chiamata dai suoi abitanti terra degli Anglo-Sassoni, o Inghilterra.– Il mio signore Godwine, conte del Wessex e del Kent – annunciò con voce affannata un ragazzino, che stava quasi correndo per tenersi al passo con il nuovo venuto.Malcom si sollevò a sedere più eretto sulla panca, impassibile in volto, ma le mani che teneva posate sulle ginocchia si serrarono fino a far sbiancare le nocche.Il potere incontra il potere, sussurrò una voce nella mente di Donough. Osserva in modo da cogliere ogni opportunità che ti si presenti.

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uel giorno a Scone l’orizzonte di Donough si allargò in un modo che lui non avrebbe mai previsto: il viaggio fino ad Alba si era già rivelato come una grande avventura, ma con l’arrivo del potente

Conte Godwine risultò evidente che Alba era soltanto la soglia per arrivare a qualcosa di molto più grande. Donough rimase ad ascoltare, affascinato, mentre il conte e Malcom parlavano di Londra, della Normandia e di Roma, di cambiamenti di potere temporali e spirituali, di guerra e di politica, e di come rimodellare il regno anglo-sassone.

Q

– Canute è addirittura brillante – affermò il Conte Godwine senza mezzi termini. – Quando ha raggiunto la nostra costa nell’estate del 1015 con una flotta di navi danesi molti hanno creduto che fosse poco più che un ragazzo inesperto, tanto che sono circolate battute sul ragazzo-re di Danimarca e si è arrivati a commentare che doveva aver portato con sé una balia asciutta.«Entro quattro mesi nessuno stava però più scherzando perché Canute aveva ormai il completo controllo militare del Wessex e oltre a consolidare le conquiste di Svein ne stava facendo di nuove. Io ho ritenuto utile allearmi con lui… una decisione di cui non mi sono mai pentito, considerato che devo a Canute la mia recente nomina a conte. Mia moglie è una Danese purosangue e suo fratello Ulf ha sposato una sorella di Canute, quindi i nostri figli ascenderanno insieme alla stella del re.«Nel momento in cui Canute ha cominciato la sua campagna militare nel paese c’era già un grande scontento unito perfino ad accenni di ribellione contro il re sassone Aethelred, e uno dei suoi principali detrattori, Eadric di Mercia, si è schierato apertamente con i Danesi, anche se poi è tornato dalla parte del re… per qualche tempo.«Aethelred si è deciso a radunare un esercito quando ormai era troppo tardi, e le sue truppe si sono dissolte nel nulla allorché la milizia di Londra ha rifiutato di unirsi ad esse; nel frattempo Canute ha fatto leva sui timori del popolo tormentando le contee prive di protezione, che hanno ceduto

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una dopo l’altra.«Poi Aethelred è morto con un tempismo davvero conveniente e gli è succeduto suo figlio Edmund Ironside, che però ha avuto contro Canute un successo pari a quello di suo padre. È stata combattuta una grande battaglia per il controllo di Londra e durante lo scontro Eadric di Mercia ha abbandonato il campo, portando con sé molti guerrieri.– Ho sentito dire che ha deliberatamente tradito il re – commentò Malcom.– Mi avevano avvertito che hai orecchi molto lunghi – replicò Godwine, con rispetto. – I tuoi informatori ti hanno detto la verità. Comunque dopo quella defezione la difesa anglosassone è crollata.«Devo però ammettere che Edmund Ironside si è dimostrato così coraggioso davanti al disastro da conquistare il cuore di molti che in precedenza non lo avevano sostenuto e Canute è stato abbastanza astuto da accorgersene, decidendo di incontrare Edmund su un’isola sul Severn dove hanno stipulato un patto secondo cui si sono divisi il territorio, lasciando il Wessex ad Edmund e il territorio al di là del Tamigi a Canute. Perfino i nemici di Canute sono rimasti impressionati da questo esempio di generosità nei confronti di un nemico coraggioso.«Naturalmente una divisione del genere non poteva durare e quando di lì a poco Edmund è morto Canute è diventato Re d’Inghilterra quasi per acclamazione, perché il popolo sentiva il bisogno di un uomo forte.Come in Irlanda, disse la voce nella mente di Donough. La gente ha bisogno di un uomo forte.Protendendosi in avanti, lui si concentrò per assorbire ogni parola mentre il Conte Godwine procedeva a descrivere i mezzi mediante i quali Canute aveva consolidato il suo potere in Inghilterra: sebbene Svein fosse stato un pagano, suo figlio Canute aveva cominciato a sostenere la religione cristiana e a proteggere e arricchire il clero, diventando il primo re vichingo che fosse riuscito ad entrare nella cerchia esclusiva dei re cristiani, con il risultato di stabilire contatti con Roma e di acquisire collegamenti politici che non erano mai stati accessibili a nessun membro della sua razza.In aggiunta a questo aveva sposato Emma, la vedova del defunto Re Aethelred.– Ma Canute non aveva già una moglie? – domandò con stupore Malcom, che evidentemente non era al corrente di quest’ultima notizia.– In effetti sì – confermò Godwine, con un bagliore divertito negli occhi azzurri, – perché poco dopo il suo arrivo in Inghilterra aveva sposato la figlia di un ricco possidente terriero nortumbro che gli ha dato in breve

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tempo due figli. Una volta diventato re, però, si è trovato di fronte alla minaccia costituita dai figli di Aethelred: la loro madre, Emma, era una sorella del Duca di Normandia, e questo comportava il pericolo che la Normandia strumentalizzasse la cosa per avanzare rivendicazioni sulla corona inglese.«Canute può anche professarsi cristiano ma ha ancora in sé una vena barbarica e non accetta le convenzioni che limitano uomini meno potenti – proseguì Godwine. – Non appena visto il pericolo, ha prontamente annunciato che il suo matrimonio con la donna nortumbra non era mai stato formalizzato dalla Chiesa e che di conseguenza un re cristiano non poteva considerarsi legalmente legato a lei. Ed ha sposato Emma.«Adesso ha il controllo dei figli di Aethelred e per di più ha come cognato il Duca dì Normandia. Alla luce di queste circostanze dubito che la Normandia contesterà mai a Canute il diritto di essere Re d’Inghilterra.

Quando infine si ritirò dalla sala, stanco e con gli occhi che bruciavano ma entusiasta, Donough trovò Gormlaith ad attenderlo perché le raccontasse ogni dettaglio relativo ai visitatori sassoni.Un tempo Donough avrebbe cercato di evitarla, ma adesso la compassione lo induceva a trascorrere con lei tutto il tempo che gli era possibile.– Perché Godwine è venuto alla corte di Malcom? – domandò Gormlaith, dopo che Donough le ebbe raccontato tutto quello che era in grado di ricordare della conversazione svoltasi nella camera delle udienze.– Per lo stesso motivo per cui vengono tutti… per ottenere qualcosa per sé. Anche se non si è detto nulla di simile in mia presenza, ho la profonda convinzione che Malcom lo abbia mandato a chiamare, o quanto meno invitato qui, per una ragione molto specifica.– Quale?– Come ha ampiamente sottolineato oggi nella camera delle udienze, Godwine gode dell’attenzione e della fiducia di Re Canute, quindi credo che Malcom intenda fargli qualche generosa offerta in cambio dell’impegno da parte di Godwine di usare la sua influenza per dissuadere Canute dal tentare la conquista di Alba.– E cosa può offrire Malcom che abbia valore per Godwine?Gli occhi di Donough si socchiusero fino a diventare due fessure, ma Gormlaith non stava guardando i suoi occhi bensì la sua mano, su cui l’anello di Brian Boru scintillava alla luce delle torce.– Un potente alleato in Irlanda – sentì dire a quella voce profonda che conosceva tanto bene… e sorrise.

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– Godwine ha le sue ambizioni personali – continuò intanto Donough. – Ha ammesso con assoluta sincerità che un giorno non gli dispiacerebbe vedere un suo figlio sul trono inglese. In una eventualità del genere l’alleanza con l’Ard Ri degli Irlandesi gli tornerebbe molto utile, ed ho il sospetto che questo sia ciò che Malcom ha intenzione di offrirgli.– Giochi – mormorò Gormlaith. – I vecchi giochi di potere… oh, come li conosco bene e come tutto sta combaciando alla perfezione per te! Un’alleanza con il Re d’Inghilterra… – aggiunse, protendendosi ad accarezzare il massiccio anello che spiccava sulla mano del figlio.– Questa potenziale alleanza si basa sul fatto che io sia l’Ard Ri, il che non sono – le ricordò Donough.Gormlaith incontrò il suo sguardo con occhi vitrei che sembravano quasi ciechi e che lo indussero a chiedersi se lei lo stesse vedendo davvero, anche se pareva essere consapevole della sua identità.– Avendo a tua disposizione forze come quelle che si stanno radunando, chi potrebbe opporsi a te? Certo non quel flaccido vecchio di Malachi.– Non posso essere Ard Ri senza prima diventare Re del Munster, e ti ricordo che questo è un titolo a cui mio fratello si sta aggrappando con la stessa determinazione di un mastino che abbia azzannato alla gola un cervo.– Un inconveniente temporaneo – garantì Gormlaith, agitando con indifferenza una mano.– Cosa intendi dire?– Chiedilo a Malcom… te lo dirà lui. Chiedigli come ha fatto in modo di diventare Re di Alba.Quando interrogò Malcom sull’argomento Donough ottenne però una risposta così evasiva da indurlo a sospettare che gli si stesse tenendo nascosto un importante segreto.– Potremo discutere di queste cose dopo che Godwine se ne sarà andato e saremo tornati a Glamis – affermò Malcom. – Ci sono questioni a cui non si deve accennare quando ci sono in giro degli stranieri.Io sono uno straniero, pensò Donough. Quante cose mi stai tenendo nascoste?Il fatto che non venisse invitato a partecipare a tutte le conversazioni che Malcom aveva con Godwine, ebbe l’effetto di accentuare questo suo sospetto.Quindici giorni più tardi Godwine ripartì con l’aria di un uomo che aveva ottenuto tutto ciò per cui era venuto, e il Re di Alba rientrò a Glamis insieme al suo seguito.

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Quando vi si avvicinarono sotto una pioggia battente la costruzione di pietra scura apparve più incombente che mai. Gormlaith, che sedeva su un pony dal passo sicuro ed era avvolta in alcuni mantelli di cuoio fissò la fortezza come se non l’avesse mai vista prima e si guardò selvaggiamente intorno.– Che luogo è questo? – esclamò. – Dove siamo?Abbandonando il suo posto accanto al re Donough andò ad affiancarlesi e cominciò a parlarle con gentilezza senza però che lei mostrasse di sentire la sua voce, anche se parve poi tornare in sé non appena furono all’interno.Dentro le severe pareti di Glamis c’erano fuochi che ardevano allegramente e l’aria echeggiava di grida infantili perché 1 due bambini, Thorfinn e Duncan, stavano correndo per il castello e giocando alla guerra. Il Re di Alba era appena entrato nella sala che essi gli andarono a sbattere contro, si ritrassero ridendo e continuarono la corsa senza neppure guardarsi indietro mentre Malcom sorrideva con indulgenza.– Hai dei figli? – chiese a Donough, salutando al tempo stesso Blanaid che era venuta ad accoglierli.– Non ancora. Mia moglie è morta prima di potermi dare una discendenza.Malcom si volse allora a incontrare lo sguardo di Gormlaith e tra loro passò un’occhiata che Donough riconobbe come quella di due cospiratori.

Quella stessa notte Donough ripeté la domanda che Gormlaith gli aveva consigliato di rivolgere a Malcom, usando perfino le stesse parole che sua madre aveva impiegato… un particolare che non sfuggì all’attenzione del re.– Fatto in modo? – ripeté. – Chi ti ha detto che «ho fatto in modo» di diventare re?– Mia madre.– Ah – commentò lo Scoto, facendosi per un momento più triste del solito in volto. – Credo che si stesse riferendo a… a delle chiacchiere di letto. Bisognerebbe stare attenti a ciò che si confida al buio ad una donna.– Ho il sospetto che mia madre abbia il talento di saper strappare agli uomini i loro segreti.– Tua madre ha molti talenti, e in un certo senso mi dispiacerà molto vederla partire perché alcune delle sue idee sono state… molto preziose. Considererò la risposta alla tua domanda un favore che le devo.Con uno sguardo Malcom convocò quindi un servitore perché riempisse di nuovo la sua coppa e quella di Donough, poi si alzò e precedette il giovane in direzione della sua camera privata; per Donough quella era la prima

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volta che vi metteva piede e badò ad evitare che il suo sguardo indugiasse troppo sul letto. Sedutosi su una panca posta accanto ad un tavolino su cui era posato un cofanetto di legno decorato in argento, Malcom bevve un lungo sorso dalla sua coppa prima di cominciare a parlare.– Prima di me, Kenneth Secondo si considerava Re dei Pitti e degli Scoti, e come me anche lui era un discendente di Kenneth Mac Alpin perché, come ritengo accada a volte anche in Irlanda, i re di Alba vengono scelti alternativamente dalle diverse branche della casa reale. Il mio predecessore proveniva però da un ramo collaterale e a mio parere non aveva diritto alla sovranità, senza contare che era un cattivo re, debole in battaglia ed esitante nell’emettere giudizi. – A questo punto Malcom s’interruppe e trasse un profondo respiro prima di concludere: – Così l’ho ucciso.–Tu…– L’ho ucciso, un antico e onorevole modo di dimostrare di essere il migliore.– Antico di certo, ma è anche onorevole? Mio padre non ha ucciso Malachi Mor, ha dimostrato di essere il migliore senza ricorrere a spargimenti di sangue.– E così ha disintegrato il concetto della successione alternata della somma sovranità… sì, lo so. Questa frattura delle tradizioni è però pericolosa, giovane Donough: ascolta il parere di un uomo che ha considerevole esperienza e ricorda che le vie antiche sono sempre le migliori, più semplici e dirette.«Tuo padre ha cambiato troppe cose in Irlanda e troppo in fretta, e adesso che lui non c’è più antiche verità hanno cessato di esistere perché le ha spazzate via con le sue innovazioni, ma al tempo stesso le nuove tradizioni non hanno ancora avuto il tempo di mettere radici, con il risultato che Malachi Mor non può sostituire tuo padre e neppure ripristinare il sistema che lui ha distrutto.«Per questo io non approvo i metodi usati da Brian Boru: se avesse ucciso Malachi adesso lui non si troverebbe fra te e il trono di Sommo Re.– Tu sei un re cristiano…– Lo sono. Elargisco ricche somme a chiese e monasteri.– … e tuttavia propugni l’omicidio a danno dei propri rivali?– concluse Donough.– Omicidio è un termine sbagliato. Sostengo la politica dell’assassinio quando esso si rende necessario per il benessere generale.– E questo non pesa sulla tua coscienza?

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– No – dichiarò Malcom, senza battere ciglio. – Un re non si può permettere di avere una coscienza ma ci sono altre cose di cui ha bisogno. Tua madre ed io ne abbiamo discusso e lei ha avanzato un eccellente suggerimento.– Qualsiasi suggerimento da parte sua è da prendere con la dovuta cautela, perché lei non è più sana di mente – avverti Donough, spinto dall’onestà, anche se dire quelle parole gli causava dolore.– Chi è veramente sano di mente? – ritorse Malcom, con una smorfia. – Lei è ancora astuta ed ha avanzato a tuo beneficio una proposta che sarà vantaggiosa per tutti noi.– Mia madre non ha l’autorità di avanzare proposte per mio conto! – esclamò Donough, accalorandosi.– Non fare l’irascibile con me, ragazzo, e limitati ad ascoltarmi, perché questa potrebbe essere l’ultima richiesta da parte della tua povera madre.

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acemmo ritorno in Irlanda su una nave delle Orkney procurataci da Malcom, portando con noi i numerosi doni che il re mi aveva fatto, i piani e i sogni che la visita aveva instillato in me ed un

forte e silenzioso Scoto il cui solo compito era quello di prendersi cura di mia madre, perché quando infine lasciammo Alba era ormai evidente per tutti che la Principessa del Leinster era impazzita.

F

Lei che per anni non aveva pronunciato il nome di Brian Boru adesso aveva cominciato a parlare costantemente con lui, guardando a volte verso Malcom e a volte verso di me ma rivolgendosi soltanto a Brian e non reagendo più alle parole di nessun altro.Adesso i venti primaverili si stavano dimostrando clementi con noi e la nave vichinga dalla chiglia poco profonda stava volando come un uccello sulle onde.Seduto al centro dello scafo, io trascorrevo il tempo suonando l’arpa di mio padre. Cumara mi aveva insegnato tutto ciò che di quell’arte gli era stato trasmesso da Mac Liag, e questo mi aveva permesso di rendermi conto del perché lui non avesse seguito le orme di suo padre intraprendendo il mestiere di bardo, in quanto non possedeva la comprensione istintiva della musica racchiusa nelle parole o in qualsiasi strumento. Sapeva quali corde dovessero essere toccate e in che ordine, ma non era in grado di far cantare l’arpa.Dopo qualche lezione le mie dita cominciarono invece a cercare le corde come mosse da volontà propria, i suoni che ne trassi… anche se non sempre precisi… risultarono almeno musicali, e per quanto l’umidità marina stesse arrochendo la sua voce l’arpa rispose al mio tocco come se mi conoscesse, diventando una piacevole compagna.Una sera il buio ci sorprese prima che potessimo trovare un approdo adeguato e la nave scivolò per qualche tempo sulle onde grazie alla sola spinta della vela, mentre tutt’intorno scendeva il silenzio e i duri marinai di Orkney si appoggiavano ai remi per ascoltarmi suonare.

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L’aria era insolitamente calda per la stagione e la luna nascente scintillava argentea sull’acqua… nella memoria posso ancora vedere il suo volto pallido e rotondo incorniciato da brandelli di nubi, così come vedo ancora mia madre avanzare verso di me con passo incerto, tallonata dal suo custode per timore che potesse farsi del male: la vedo percorrere tutta la lunghezza della nave e inginocchiarsi ai miei piedi, appoggiandomi la testa contro un ginocchio.– Suona – le sento dire, in tono sommesso. – Suona la musica che hai composto per me, mio Brian.

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Mai prima di allora Cera aveva celebrato i riti di primavera con tanto felice abbandono, danzando, canticchiando e scintillando in volto.– Donough tornerà da noi con lo spuntare delle foglie – spiegò a suo padre.– Da noi? Vuoi dire da te.– Forse sì.– Non cominciare a vivere nel futuro prima che esso sia giunto, piccola – ammonì Padraic, posando una mano sul braccio della figlia. – È possibile che il Principe Donough tomi presto in Irlanda… così come può darsi che non lo faccia, perché è impossibile prevedere i movimenti dei principi. In ogni caso lui avrà in mente cose che non hanno nulla a che fare con te, quindi non ti aspettare di vederlo correre qui il giorno in cui metterà piede a terra.Vivere con i druidi aveva amplificato i sensi di Padraic, che pur non potendo vedere Cera avvertiva ora chiaramente le onde di calore che emanavano dal suo spirito.– Ascoltami – insistette in tono enfatico. – Sii paziente e sappi aspettare. Ciò che ti spetta…– … non mi verrà negato, lo so, me lo ripeti fin da quando mi riesce di ricordare, ma come posso restare seduta con le mani conserte e non fare nulla? La vita deve essere vissuta, mi hai ripetuto anche questo! – esclamò però Cera, poi si liberò con uno strattone dalla mano patema e uscì di corsa.Al di là del bosco di querce che abbracciava la sua casa il terreno saliva a formare una successione di colline rocciose attraversate da un torrenziale ruscello che andava a gettarsi nel Fergus e che lungo il tragitto dissetava le radici di numerosi sorbi selvatici, che d’estate servivano da rifugio ad una quantità di farfalle notturne e d’inverno fornivano delle bacche dalla cui fermentazione la sorella di Cera ricavava una bevanda rinfrescante. Il

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potere del sorbo raggiungeva però il suo apice a primavera, al punto da scintillare attraverso la corteccia grigio argentea e da essere quasi visibile.Questo era l’albero che adesso Cera stava cercando, il favoloso albero della velocità e della protezione, l’albero dell’evocazione e del benvenuto. Quando individuò un esemplare i cui rami si allungavano verso est come braccia protese s’inginocchiò alla sua base e vi depose una piccola offerta prima di mettersi all’opera.

Sulla nave degli uomini di Orkney, Donough posò l’arpa e lasciò vagare lo sguardo sulla distesa grigioazzurra del mare, evitando al tempo stesso di guardare verso Gormlaith. Per riuscire a calmarla la notte precedente il capitano della nave aveva rinunciato alla sua personale dose di birra e il grosso Scoto aveva provveduto a tenere bloccata la donna mentre Donough la costringeva a bere, con il risultato che oggi lei aveva la nausea e lo sguardo appannato, ma almeno era silenziosa e se ne stava raggomitolata in una coperta, inerte e passiva.– In queste circostanze non posso più tenere Gormlaith con me perché la sua presenza sarebbe un ostacolo, quindi dovrò portarla a Dublino, da Sitric – confidò Donough a Fergal. – Avvisa in questo senso il capitano della nave.Una volta che ebbe preso quella decisione i suoi piani si fecero più nitidi e concreti: trovare una sistemazione stabile a Gormlaith era adesso il primo passo di una campagna accuratamente programmata, e per quanto si aspettasse da parte di Sitric sonore proteste Donough era comunque certo che alla fine non avrebbe abbandonato Gormlaith in mezzo ad una strada.Mentre osservava il mare scivolare sotto la prua della nave, il giovane stava già progettando mentalmente il passo successivo: non appena rientrato a Thomond avrebbe radunato quanti più seguaci poteva e avrebbe richiesto un raduno dei brehon a Cashel, e poi…Un brivido gli attraversò le spalle nonostante il pesante mantello di pelliccia, dono di Malcom, che avrebbe dovuto proteggerlo dalla fredda aria di mare.Dopo un momento il brivido si ripeté, accompagnato questa volta da una malinconia dolorosa quanto un pugno al ventre.– Cera! – esclamò senza neppure rendersene conto.– Cosa? – domandò Fergal, scoccandogli un’occhiata. – Mi hai detto qualcosa?– Io… ah, no, stavo soltanto pensando ad alta voce, o almeno credo.– Stai bene, Donough? – insistette suo cugino. – Sei diventato molto

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pallido.– Sto bene, sono soltanto impaziente di tornare a casa per cominciare a mettere in moto le cose.– E le metterai in moto, su questo non ci sono dubbi – sorrise Fergal. – Bada soltanto di non dimenticare i vecchi amici.In quel momento Donough avvertì un profumo di erba novella e di fiori in boccio, e gli parve di percepire la presenza di Cera fra le sue braccia.– Io non dimentico mai – disse, in tono così dolente da sconcertare suo cugino, mentre un’ombra gli passava sul viso.Poi rimase seduto immobile, in attesa: quando tornò ad assalirlo, la sensazione risultò così violenta che lui riuscì a stento a trattenersi dal gettarsi in mare per nuotare freneticamente in direzione dell’Irlanda.– Fa’ presto! – gridò al capitano. – Non puoi andare più veloce?Il marinaio delle Orkney cominciò a perdere la pazienza, perché già era rimasto sfavorevolmente impressionato dall’episodio causato la sera precedente da Gormlaith, e adesso non intendeva certo permettere ad un uomo di terra di criticare il suo modo di navigare.– Arriverai quando sarà il momento – rispose in tono acido, – e non un istante prima.Allorché infine intravidero il primo delinearsi della costa irlandese Donough sentì il cuore balzargli nel petto ma fu subito distratto da parecchie considerazioni pratiche, prima fra tutte la decisione di puntare su Dublino che avrebbe allungato la navigazione e li avrebbe portati incontro ad un’accoglienza dall’esito incerto.– Di tanto in tanto ho commerciato con i Danesi di Dublino – commentò il capitano della nave, – ma adesso sono gli Irlandesi ad avere il controllo della città e ci potrebbero accogliere con le armi in pugno.– Se sono gli Irlandesi a occupare Dublino non corri pericoli perché sei al servizio di un principe d’Irlanda – gli garantì Donough, ma dentro di sé si chiese quale potesse essere la situazione che si era venuta a creare a Dublino e se fosse possibile che Malachi avesse espugnato la città.Attraccarono la nave alla foce del Liffey, dove i Vichinghi avevano costruito alcuni moli di legno per facilitare le operazioni di carico e di scarico delle merci, e ancor prima di scendere a terra si resero conto che la città era ancora sotto il controllo vichingo, anche se di tanto in tanto era possibile scorgere fra la folla presente sui moli qualche volto inconfondibilmente gaelico.Allorché il fetore della città si diffuse intorno a lui Donough sentì diminuire la sensazione della presenza di Cera, perché lei era una creatura

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che apparteneva ai prati e alle montagne, e la sua voce non poteva penetrare il chiasso di Dublino.– Tieni saldamente sotto controllo mia madre – ordinò al grosso Scoto, prima di avviarsi alla volta del palazzo di Sitric circondato dalla sua scorta.Come previsto, Sitric si mostrò tutt’altro che contento di vedere il fratellastro… o sua madre… e quando le sentinelle gli annunciarono il loro arrivo li fece aspettare a lungo davanti alle porte prima di permettere infine che venissero introdotti nella sua sala.– Cosa vuoi qui? – fu il suo saluto al fratellastro.Guerrieri armati erano disposti tutt’intorno alla stanza e anche se si era al chiuso per ordine di Sitric essi avevano tutti indosso l’elmo conico dotato di paranaso e di fessure per gli occhi che conferiva loro un aspetto particolarmente sinistro.Donough però non si lasciò intimidire perché comprese il gioco di Sitric.– Lasciate le armi vicino alla porta perché qui non ne avremo bisogno – ordinò ai suoi uomini, con voce stentorea, quindi incontrò lo sguardo di Sitric e aggiunse: – Non è così?– Sì – rispose il Vichingo, dopo un momento di esitazione, poi si rivolse ai suoi guerrieri e ingiunse: – Abbassate le lance. Allora, Donough, cosa significa questa visita?– Devo lasciare Gormlaith presso di te perché non mi è più possibile tenerla con me.– Neppure per metà dell’anno? – chiese Sitric, accigliandosi.– Neppure per un giorno, adesso. Viaggerò leggero e in fretta, ed ho molte cose da fare, quindi per lei sarà meglio rimanere qui.Sitric spostò lo sguardo da Donough alla donna silenziosa e apatica avvolta in un mantello, e notò il modo in cui lo Scoto la teneva saldamente per una spalla.– È questo ciò che vuoi, madre? – domandò.Gormlaith non rispose e non sollevò neppure il capo.Avanzando verso di lei a grandi passi, Sitric si chinò leggermente per vederla bene in volto e ciò che scorse lo lasciò inorridito, perché i suoi occhi erano del tutto vacui e un filo di saliva le colava lungo il mento.– Cosa le hai fatto? – chiese a Donough.– Nulla. L’ho portata con me nel mio viaggio presso il Re di Alba perché è stata lei a insistere per venire, ma mentre eravamo là ha cominciato a vedere e a sentire cose che non c’erano, a parlare con persone inesistenti. Non ha subito lesioni di sorta, è soltanto…

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Senza concludere la frase Donough sollevò le mani con il palmo verso l’alto in un gesto d’impotenza.– È soltanto impazzita – finì Sitric, al suo posto.– Esatto. La cosa mi addolora terribilmente ma ti garantisco che non le ha fatto niente nessuno. Quando abbiamo lasciato Alba era ancora sana di mente, almeno per parte del tempo… abbastanza coerente da strapparmi delle promesse – aggiunse sotto voce, – ma una volta che siamo giunti in mare aperto è diventata come la vedi ora e non credo che ci sia nulla che si possa fare per riportarla alla normalità.Sitric provò allora a posare una mano sulla spalla di Gormlaith ma lei non diede segno di averlo riconosciuto e la sola reazione giunse dal grosso Scoto, che fissò il Vichingo con espressione guardinga.– Noi due dobbiamo parlare – disse infine Sitric, girandosi verso il fratellastro.

Per prima cosa venne trovata una camera per Gormlaith, e dal momento che Emer rifiutò di avere qualsiasi cosa a che fare con lei lo Scoto provvide a lavarla, a nutrirla e a metterla a letto mentre gli uomini di Donough circolavano con fare guardingo fra i Vichinghi presenti nella fortezza e lui parlava con Sitric del loro comune problema.I servi portarono da mangiare… carne arrosto, frutta secca e comi pieni di birra danese… ma entrambi gli uomini mostrarono di aver ben poco appetito, tranne che per la birra.Quei due uomini erano nemici naturali che avevano in comune soltanto il grembo che li aveva generati, e tuttavia la tragedia abbattutasi su Gormlaith era una cosa abbastanza grave da permettere loro di rivolgersi la parola in modo civile anche se pieno di tensione.– Secondo la Legge Brehon – disse Donough a Sitric, – i suoi parenti si devono prendere cura di lei, ma la verità è che le restano ben pochi parenti ancora in vita, e cioè soltanto tu ed io… e comunque non credo che tu riconosca la validità della Legge Brehon.– Infatti non la riconosco, ma fra i Vichinghi vige la stessa usanza. Non abbandoneremmo mai una pazza nella neve… a patto di avere cibo a sufficienza per nutrirla senza patire noi stessi la fame.– E ne hai?– Dopo Clontarf le cose non mi sono andate bene – ammise Sitric, – ma posso nutrire un’altra bocca perché sono ancora il Re dei Danesi di Dublino e, come di certo avrai visto, il commercio è sempre fiorente. Il commercio continua sempre, indipendentemente da chi detenga il potere –

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aggiunse.– Quello che sono venuto ad offrirti è un patto commerciale – sorrise Donough, tenendo il capo piegato da un lato come se stesse ascoltando qualcosa.– Mi hai portato delle ricchezze da Alba?– In un certo senso. In Alba mi sono procurato alcuni potenti alleati, non ultimo dei quali lo stesso Re Malcom, e adesso ho al di là del mare sostenitori su cui Malachi non potrà mai fare affidamento. Questo cosa ti suggerisce, Sitric?– Continua, sto ascoltando – replicò il Danese, incrociando le braccia sul petto.– Significa che ti posso rendere o meno la vita molto difficile, a seconda di ciò che decida.– Malachi mi sta già rendendo la vita abbastanza difficile, perché lui e i suoi seguaci attaccano la mia gente al minimo pretesto. Quel vecchio è peggio di una macchia di ortiche perché sta cercando di ricostruirsi una reputazione come re a mie spese.– Ci sono modi migliori per crearsi una reputazione come re, Sitric.– Stai suggerendo una tregua fra noi a patto che io sia disposto a liberarti in modo permanente dal peso di occuparti di Gormlaith?– Dopo Clontarf, è possibile una tregua fra noi? – domandò Donough, piegando di nuovo la testa da un lato.– Malachi direbbe di no.– Non lo sto chiedendo a Malachi, lo sto chiedendo a mio fratello.– Fratellastro – lo corresse Sitric, bevendo un lungo sorso di birra dal suo corno. – Questo crea una differenza perché tuo padre era un Gael e il mio un Danese, e ciò fa di noi due nemici per nascita.– Il che non significa che adesso non si possa addivenire ad un accordo. Il mondo è progredito, e così pure l’Irlanda.– Tu puoi anche pensarlo, ma alcune cose non cambiano – replicò Sitric. – Mia moglie odia Gormlaith come l’acqua odia il fuoco.– Anche io ed Emer siamo consanguinei. Cosa faresti se riuscissi a persuaderla ad accettare questa sistemazione?– Le vecchie inimicizie sono profonde – osservò Sitric, grattandosi la barba con le unghie annerite. – Io non ti piaccio e tu non piaci a me, e Clontarf è una ferita aperta.– Lo è – convenne Donough, in tono serio, – ma è finita e nessuno può riportare in vita i morti, dalla tua parte o dalla mia. Ecco la mia proposta, Sitric: ospita Gormlaith per il resto della sua vita e in cambio io non

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prenderò mai le armi contro di te o contro la tua gente senza averti prima incontrato e aver fatto ogni possibile sforzo per risolvere pacificamente i nostri contrasti.– Sei pazzo quanto lei. Non è così che si fanno queste cose.– È come le faceva mio padre.– Tuo padre – ripeté Sitric, mentre un muscolo gli si contraeva lungo la mascella. – Sì, ma lui era…– Qualsiasi cosa fosse, intendo esserlo anch’io. Allora, abbiamo un accordo oppure no?– Pensi davvero che diventerai Ard Ri? – domandò Sitric, scrutando il fratellastro con riluttante rispetto.– Rispondi alla mia domanda.– Non sai cosa mi stai chiedendo. Anche un solo momento trascorso sotto lo stesso tetto con Emer e con Gormlaith è sufficiente ad indurre un uomo a strapparsi i capelli con entrambe le mani. Stai esigendo da parte mia un grosso sacrificio… in cambio di cosa?– In cambio della mia solenne promessa che quando diventerò Ard Ri tu sarai il sovrano indiscusso dei Danesi di Dublino e che le penalità che ti sono state imposte dopo Clontarf verranno annullate.– E cosa mi dici di Malachi Mor?– Non posso parlare per conto di Malachi Mor. Finché lui sarà l’Ard Ri… – Deliberatamente, Donough lasciò la frase in sospeso.Sitric bevve un altro sorso di birra, poi scoppiò inaspettatamente a ridere.– Sei in gamba, devo ammetterlo, molto in gamba! Mi pare quasi di sentir parlare tuo padre. Suppongo che questo significhi che tu ti aspetti di avere il mio sostegno quando deciderai di rivendicare la somma sovranità.– Sarebbe vantaggioso per te – ribatté Donough, – ma per me non costituirebbe una differenza sostanziale. Come ti ho detto, ho l’appoggio di Malcom di Alba… e un’alleanza con il Re d’Inghilterra – aggiunse in tono noncurante.– Tu hai cosa? – esclamò Sitric, a bocca aperta per lo stupore.

A Kill Dalua, Fratello Declan stava intanto continuando a registrare il susseguirsi di carneficine e di saccheggi che infuriavano nella regione, ma adesso non si concentrava più sui Vichinghi e scriveva prevalentemente del rinnovarsi delle antiche lotte per la supremazia fra i principi irlandesi.«Malachi Mor si sforza di controllare la violenza usando una violenza ancora maggiore,» scrisse negli annali, «ma questa tattica non ha

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successo. Flaherty, nipote dì Eochaid, Re dell’Ulster, è stato accecato da Niall, figlio di Eochaid. Gli uomini di Brega hanno ucciso un condottiero di Murgorn. L’erede designato di Delbhna è stato brutalmente assassinato nella sua stessa casa e Ruadri del Nechach è stato ucciso da un rivale proveniente da Fernmai.»– Di questi tempi nessuno è più al sicuro in Irlanda – si lamentò amaramente Cathal Mac Maine.Ben sapendo quale fosse la fonte di quella maledizione riprese quindi a bombardare di lettere i suoi superiori, richiedendo che il culto dei druidi venisse estirpato.

Una volta giunto ad un accordo con Sitric, Donough dovette affrontare una spiacevole conversazione con Emer, che non poteva blandire come aveva fatto con Sitric e che indicò chiaramente di non essere disposta in nessun modo ad accettare con piacere la presenza di Gormlaith sotto il suo tetto.– E se mio marito sostiene di gradirla non ti devi fidare di lui – avvertì.– Non mi fido di lui ma lo capisco: lui rispetta soltanto la forza, e finché io avrò forza sufficiente manterrà la parola che mi ha dato.– Non ha rispettato la tregua stipulata con nostro padre – ricordò Emer.– Perché aveva Gormlaith alle spalle che lo incitava a combattere e ci sarebbe voluto un uomo molto più forte di Sitric Barba di Seta per resistere a Gormlaith quando era al massimo del suo potere. Adesso però esso è svanito ed è mio dovere fare il possibile per prendermi cura di lei, quindi ti chiedo di fare altrettanto in nome della nostra consanguineità. È quel che vorrebbe nostro padre – aggiunse.– Non puoi parlare per lui e non hai il diritto di invocare il suo nome in questo modo – ribatté Emer, con le lacrime agli occhi. – Non è giusto.– Io posso parlare per lui – ribadì Donough Mac Brian.

Prima di lasciare Dublino, Donough si recò a vedere un’ultima volta sua madre. Non si aspettava di essere riconosciuto, ma quando entrò nella stanza lo Scoto che si occupava di lei affermò che quel giorno le condizioni della malata erano migliori del solito.– Come fai a dirlo? – chiese Donough, osservando la donna dallo sguardo vuoto che sedeva accasciata su una panca.– Ormai mi sono abituato al suo comportamento.– È per questo che voglio che tu le rimanga accanto. Sitric le offrirà riparo

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e cibo, ma il solo modo in cui posso avere la certezza che ci si prenda adeguatamente cura di lei è che il suo custode risponda soltanto a me. Ti ricompenserò abbondantemente e quando… quando non ci sarà più bisogno dei tuoi servizi potrai tornare in Alba oppure accettare un po’ di terra fertile qui in Irlanda.– Sono al tuo servizio – rispose senza esitazione lo Scoto. – Non tornerò in Alba. Là il clima è freddo.Donough sedette quindi accanto a sua madre e pur desiderando prenderle la mano si trattenne, perché simili gesti non erano mai stati in uso fra loro e adesso sarebbero parsi innaturali. Non sapendo che altro fare le parlò dei suoi piani per qualche tempo, e quando non ottenne reazione si alzò con un sospiro.– È meglio che vada – disse allo Scoto. – Sii buono con lei.Era quasi fuori della porta quando sentì la voce di Gormlaith, sottile e priva di sostanza come quella di uno spettro.– Ricorda la promessa che mi hai fatto – disse.Donough si girò di scatto e gli occhi opachi di lei fissarono i suoi.– Mi hai fatto una promessa, ed è l’ultima cosa che ti chiedo.– Non lo dimenticherò – garantì lui, con voce rauca. – Manterrò la mia promessa… madre.Dopo che se ne fu andato, Gormlaith rimase a fissare a lungo la soglia vuota, poi le sue labbra aride e screpolate si mossero a sillabare un nome.

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alachi Mor era ormai al limite delle proprie risorse fisiche perché non si era mai del tutto ripreso dalla morte dei figli e riusciva a non pensare a loro soltanto se si teneva occupato; il passare degli

anni giocava però a suo sfavore e ogni giorno lui si sentiva più stanco e scoraggiato, sensazioni che respingeva quotidianamente con tutta la furia a cui era in grado di fare appello.

M

Però doveva ammettere con se stesso che questo non era abbastanza… e apprendere che Donough Mac Brian era tornato in Irlanda e si era recato immediatamente da Sitric Barba di Seta non servì certo a migliorare il suo umore.– Senza dubbio starà complottando qualche diavoleria insieme ai Danesi di Dublino – si disse.Di conseguenza rimase stupefatto quando Donough si presentò a Dun na Sciath e offrì di mettere se stesso e i propri seguaci al suo servizio. Quella era la prima volta che i due uomini si trovavano faccia a faccia, e invece del giovane impudente che si era aspettato di incontrare l’Ard Ri si trovò di fronte ad un uomo così familiare da lasciarlo turbato.– Perché dovresti volermi aiutare? – chiese in tono sospettoso. – Che benefici cerchi di ricavarne?– Tu hai perso dei figli che dovrebbero combattere al tuo fianco, ed io ho perso un padre – replicò Donough, con un disarmante sorriso.– Non posso sostituire tuo padre.– Né io posso sostituire i tuoi figli – replicò Donough, consapevole dell’ironia presente nelle parole di Malachi anche se lui non lo era. Però ho un certo numero di seguaci a Thomond, tutti ottimi combattenti, e credo che un’alleanza sarebbe vantaggiosa per entrambi.

A Cashel, Carroll riusciva a stento a contenere il proprio entusiasmo a mano a mano che i messaggeri provenienti dal nordest cominciarono a

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riferire di una serie di vittorie conseguite dall’Ard Ri, battaglie in cui il nome di Donough Mac Brian figurava sempre in posizione di primo piano.– Si sta comportando in un modo che renderebbe suo padre orgoglioso di lui – dichiarò lo storico. – Il Principe Donough sta aiutando l’Ard Ri a riportare finalmente un po’ di ordine.– Perché mio fratello sta combattendo per il Sommo Re? – chiese in tono stizzoso Teigue. – Il suo posto non è qui nel Munster?– Tu gli hai negato un posto nel Munster – obiettò Maeve, sentendosi obbligata ad essere onesta.– Non ho fatto nulla del genere. Ho soltanto rifiutato di permettergli di prendere possesso di Kincora.– E tuttavia tu non vivi più là.– Lo farò quando la ricostruzione sarà stata ultimata.– Dicono che i lavori siano finiti.– Sei così ansiosa di tornare là?– In realtà mi piacerebbe tornare nella nostra casa nella valle ad ovest di Kincora – sospirò in tono malinconico Maeve, – ma suppongo…– No – la interruppe Teigue. – Adesso sono il Re del Munster.

Nella capanna fra le querce Cera continuò ad aspettare. Sapeva che Donough era in Irlanda, poteva sentire la sua presenza, ma lui era molto lontano e non le riusciva di attirarlo più vicino a sé.A volte percepiva che lui era in grande pericolo, e in quei momenti faceva ricorso a tutte le sue conoscenze dell’arte dei druidi per tenerlo al sicuro.

Gli Ui Caisin erano da tempo una tribù particolarmente litigiosa, tanto che i loro vicini li temevano e li odiavano e che le loro incessanti razzie di bestiame avevano scatenato un centinaio di aspre faide. Le lamentele ricevute al riguardo dall’Ard Ri erano così numerose che alla fine Malachi, con Donough al fianco, si decise a guidare un piccolo esercito nel sudovest, da Kildare al territorio degli Ui Caisin.Era il pieno dell’estate, le siepi ronzavano d’insetti e Donough poteva avvertire la fragranza della terra riscaldata dal sole mentre cavalcava alla testa alle truppe, permettendo soltanto a Malachi di precederlo; come sempre nel corso di simili spedizioni, il principe indossava una cotta di maglia e un elmo di stile vichingo, precauzione a cui non rinunciava mai perché aveva fatto tesoro della lezione impartitagli dalla ferita alla testa riportata ad Annacotty. Il suo assortimento di armi non includeva però

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anche l’ascia vichinga perché lui preferiva la spada.I raggi luminosi del sole erano così intensi che l’elmo gli stava dando fastidio al punto da indurlo a chiedersi se fosse il caso di rimuoverlo, ma alla fine decise di tenerlo perché non voleva che gli uomini lo vedessero a disagio. Lui era più forte dell’Ard Ri, che trovava queste campagne sempre più difficili e di recente aveva cominciato a soffrire di emorroidi, che rendevano lo sforzo di cavalcare un’agonia; Malachi era però troppo vecchio per camminare, quindi aveva fatto imbottire la sella con spessi cuscini di pelliccia e insisteva che la sua cavalcatura procedesse al passo o al piccolo galoppo ma mai al trotto, una cosa che destava il disprezzo di Donough.– Quel vecchio è patetico – commentò privatamente, parlando con Fergal e con Ronan, ma si guardò dall’affermare la stessa cosa alla presenza di Cumara, che aveva trascorso anni a prendersi cura di un vecchio e simpatizzava con le condizioni di Malachi.A mano a mano che si avvicinarono alle terre degli Ui Caisin l’Ard Ri parve ritrarsi in se stesso, raccogliendo come meglio poteva le energie per far fronte ad un’altra di quelle battaglie che ormai era giunto a temere, ma nonostante questo venne comunque colto alla sprovvista quando gli Ui Caisin emersero all’improvviso dal sottobosco.Perfino Donough rimase sorpreso dall’attacco, e prima ancora che si fosse reso conto di quello che stava succedendo un guerriero nemico afferrò la briglia del suo cavallo, tentando di far perdere l’equilibrio all’animale in modo che cadesse al suolo, bloccando il cavaliere sotto il suo peso.– Verme! – stridette Donough, poi estrasse la spada dal fodero e colpì furiosamente l’uomo appiedato, costringendolo a indietreggiare; nello stesso tempo un altro nemico balzò dietro di lui sulla groppa del cavallo, prendendolo alle spalle e cercando di strangolarlo, ma Donough si contorse e scagliò al suolo l’assalitore per poi scivolare lui stesso a terra, pronto a combattere.Ormai aveva familiarità con la tecnica del combattimento, che aveva un suo ritmo di attacchi, affondi, fendenti, parate e ancora attacchi: una buona spada poteva intessere nell’aria uno scudo di metallo intorno a chi la brandiva, e le sue spalle erano sempre protette da un compagno che di solito era Fergal.Donough era giovane, era estate e lui si sentiva invulnerabile.

Catharnach, figlio di Aedh, condottiero degli Ui Caisin, non conosceva l’identità di nessuno dei guerrieri che avevano invaso la sua terra natale

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marciando sotto la bandiera dell’Ard Ri, e per quanto lo riguardava erano tutti Il Nemico, ma era deciso ad attribuirsi il merito di aver abbattuto il più valoroso di tutti gli avversari, il loro campione… e dal modo in cui stava combattendo, quasi danzando sulla punta dei piedi, il campione sembrava essere quell’uomo molto alto con i lunghi baffi fra il rosso e l’oro.Brandendo un’ascia, Catharnach spiccò la corsa in direzione di Donough.

Cera era inginocchiata accanto ad un ruscello, intenta a lavarsi i capelli, quando un freddo lampo bianco esplose su di lei e la indusse a sollevarsi bruscamente a sedere spingendo indietro i capelli, senza accorgersi dell’acqua che le grondava dalla testa e dentro gli abiti.Poi il lampo svanì e con esso la luce: anche se il sole era ancora visibile, intorno sembrava essere calato una sorta di grigiore nebbioso abbinato ad un gelo intenso, e lei poteva avvertire in bocca il sapore del sangue.Balzando in piedi, spiccò la corsa verso le piante di sorbo selvatico.

Donough avvertì l’impatto violento allorché la sua spada incontrò l’osso, poi l’uomo a cui aveva appena squarciato il petto stridette di dolore e barcollò, crollando al suolo, e Donough passò per un momento la spada nella mano sinistra in modo da scuotere vigorosamente la destra e attenuare il torpore dovuto alla vibrazione. In quel momento un giovane florido dal naso rotondo e dai capelli ricci intrisi di sudore gli si scagliò contro lanciando un grido di battaglia e dirigendo un possente colpo d’ascia contro il suo collo con l’intenzione di decapitarlo.L’attacco colse Donough impreparato e lui sollevò d’istinto la destra per deviare il colpo, sentendo subito dopo l’ascia echeggiare contro il suo elmo di ferro.Per un istante indefinibile non ci fu dolore ma soltanto una bianca luce accecante, poi Donough barcollò e la spada che stringeva nella sinistra si fece incredibilmente pesante, al punto che riusciva a stento a sollevarla. Quando cercò di eseguire un contrattacco fu poi assalito da un senso di vertigine e il suo colpo risultò debole e mal diretto, tanto che l’avversario vi si sottrasse senza problemi e tornò ad avanzare, sogghignando in previsione della facilità con cui avrebbe abbattuto la sua vittima.Fergal lo colpì però alle spalle, e Catharnach morì senza sapere cosa gli fosse successo mentre Fergal si affrettava a sostenere Donough prima che questi si accasciasse.

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– Laggiù… da questa parte… – disse, trasportando quasi di peso il cugino lontano dal combattimento e al riparo di un boschetto.Donough intanto non si era ancora reso conto di essere rimasto ferito e non riusciva a capire perché il panorama circostante sembrasse vorticargli intorno mentre negli orecchi gli echeggiava un ruggito intermittente simile a quello del mare e la nausea gli serrava la gola. Sollevando lo sguardo, cercò di mettere a fuoco il volto del suo soccorritore.– Non ho il mal di mare – borbottò. – Ormai non ne soffro più, Fergal.– Siamo molto lontano dal mare – ribatté suo cugino, con una risata priva d’umorismo. – Il tuo malore è stato causato da un’ascia e pare che tu abbia perso una mano.

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era si sentiva in preda ad un’ansia frenetica perché era certa che lui fosse gravemente ferito e non sapeva dove fosse, né aveva il tempo di scoprirlo.C

E aveva sentito in bocca il sapore del sangue.Fin dopo il sorgere della luna continuò a setacciare i campi e le foreste alla ricerca di ogni erba medicinale che poteva essere utile, raccogliendo ciascuna con gli adeguati segni e incantesimi per poi portare tutto vicino alla riva del ruscello, dove accese un grande fuoco. Quando il calore fu tale da scaldare la linfa degli alberi più vicini e una densa nube di fumo cominciò ad allargarsi al di sopra del ruscello, lei affidò alle fiamme le erbe che aveva raccolto.

Per la seconda volta nella sua vita Donough perse conoscenza in seguito ad una ferita riportata in battaglia, ma questa volta non si svegliò con la testa sul grembo di qualcuno e il risveglio non fu indolore.– Dolce Gesù – gemette nell’acquistare consapevolezza di un devastante dolore pulsante che gli pervadeva tutto il lato destro del corpo; quanto al braccio, dava l’impressione di essere schiacciato fra due fauci gigantesche.Con uno sforzo di concentrazione richiamò alla mente la battaglia, di cui ricordava in modo vago solo un’ascia che brillava sotto il sole, poi gemette ancora e sentì un rumore di passi che si avvicinavano, seguito dalla voce di Fergal che sembrava provenire da una notevole distanza.– Ti sei svegliato? Dio sia lodato, credevamo di averti perduto.– Fergal? – chiamò Donough, facendo fatica a formulare con chiarezza le parole perché gli sembrava che la lingua gli riempisse la bocca.– Non cercare di parlare, risparmia le forze – consigliò suo cugino, accoccolandoglisi accanto. – Se davvero non stai per morire prepareremo una lettiga per trasportarti.– Malachi…

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– Sta festeggiando la vittoria e ripartirà domani per Dun na Sciatti.–Non posso…– È ovvio che non puoi, è troppo lontano. Ti porteremo a Thomond, che è molto più vicino, e là sarai al sicuro. Adesso bevi e riposa.Fergal gli accostò alle labbra una coppa d’acqua e Donough ne bevve il contenuto, obbediente, anche se lo sforzo gli fece pulsare ancora di più il braccio.Poi scivolò in una ronzante oscurità.All’alba apprese infine la piena portata della lesione subita. Quando si svegliò, nonostante il dolore si costrinse a rimuovere la benda insanguinata che qualcuno gli aveva avvolto intorno al braccio destro: le dita della mano sinistra risultarono rigide e goffe, come se fossero riluttanti a svolgere quel lavoro, e prima di aver finito si trovò con la fronte madida di sudore gelido.Poi il braccio apparve davanti ai suoi occhi, così arrossato e gonfio che in un primo tempo lui non riuscì a determinare il suo stato effettivo e si rese soltanto conto che i contorni erano sbagliati.Cercò allora di vedere meglio e si sentì di nuovo assalire dalla nausea allorché si accorse che aveva perso la maggior parte della mano destra.L’ascia aveva tranciato di netto le dita con un’angolazione che partiva dall’incavo fra il pollice e l’indice per finire appena sopra l’osso del polso, con il risultato che adesso delle dita restava soltanto il pollice insieme ad una serie di schegge d’osso e ad un ammasso di tendini recisi che sbucavano da una crosta di sangue secco.Sconvolto, Donough rimase immobile a fissare l’arto, e dopo un momento Fergal si chinò su di lui.– Una brutta ferita – commentò. – Ronan ha detto che probabilmente ne saresti morto.– Riferiscigli che apprezzo la fiducia che nutre nei miei confronti – ribatté Donough, serrando i denti.– Stai meglio – rise Fergal, raddrizzandosi. – Non dovrebbe essere così ma è evidente che ti stai riprendendo. Cumara – chiamò poi, – vieni qui a dare un’occhiata.Cumara, che come sempre sfoggiava un’espressione preoccupata, venne a raggiungerli ed esaminò la ferita messa a nudo.– Ronan ci ha detto che la ferita si sarebbe infettata e che avremmo dovuto amputare il braccio – affermò infine, scuotendo il capo.– Non il mio braccio! – esclamò Donough, sgomento di fronte a quella prospettiva. – Come vedi non c’è infezione!

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– Non sembra che ce ne sia – convenne con riluttanza Cumara, – ma dovrebbe esserci. Non avevamo nulla con cui curarti e ci siamo limitati a lavare via la maggior parte del sangue con l’acqua presa dal ruscello. Non riesco a capire come…– Sto guarendo nonostante Ronan – lo interruppe Donough.– Lui dov’è?– È andato con Malachi – replicò Fergal, con espressione accigliata e in tono di disapprovazione. – Ha detto che lui è un guerriero e che siccome tu non avresti combattuto mai più…– Capisco – commentò Donough, mentre la sensazione di essere stato tradito gli causava un dolore pari a quello provocato dal braccio ferito. Deciso a non lasciar trapelare la propria angoscia fisica e spirituale mantenne un’espressione impenetrabile mentre aggiungeva: – La prossima volta che andremo in guerra ce la caveremo meglio senza di lui.– La prossima volta? – ripeté Fergal, con espressione interrogativa.– Ci sarà una prossima volta – garantì Donough. – Ho perso soltanto parte di una mano e sono tutt’altro che morto, indipendentemente da ciò che pensa Ronan. Mi servirà un posto dove riposare e guarire – proseguì, guardando verso Cumara. – Possiamo andare nella tua casa sul Lough Derg?– L’ho ceduta ad altri quando mi sono unito a te – replicò il figlio di Mac Liag. – Naturalmente c’è sempre Kincora.– Non ancora. Vi andrò soltanto quando ne potrò attraversare le porte con la piena approvazione della legge.– Che ne dici di Kill Dalua? – suggerì Fergal. – In questo modo il medico dei Dal Cais potrà dare un’occhiata al tuo braccio, anche se sembra che ci sia ben poco che lui possa fare, e i monaci si potranno prendere cura di te finché non sarai guarito.Donough cercò di avvolgere di nuovo la fascia intorno al braccio, ma risultò troppo goffo e Cumara intervenne con sollecitudine per aiutarlo.– Kill Dalua non sarebbe la mia prima scelta – affermò intanto Donough, distogliendo lo sguardo, – ma suppongo che in queste circostanze sia l’alternativa migliore. Non mi serve una lettiga, Fergal: posso cavalcare, se tu provvederai a tenere la briglia del mio cavallo.

Il ricostruito monastero di Kill Dalua era l’orgoglio e la gioia di Cathal Mac Maine, che eseguiva quasi ogni giorno un giro d’ispezione per riempirsi lo sguardo con la vista delle robuste porte di quercia e delle pareti di pietra erette da poco. Se la nuova struttura somigliava più ad una

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fortezza che ad un monastero, la cosa era decisamente intenzionale, perché adesso Cathal pensava a Kill Dalua come ad una roccaforte che dovesse resistere contro le forze pagane che l’assediavano.Quando il principe dalcassiano ferito venne portato da lui perché avesse la possibilità di riprendersi, Cathal lo accolse con estrema gentilezza perché continuava a non approvare il comportamento di Teigue e il fatto di avere per qualche tempo Donough sotto la propria influenza gli sembrava un’opportunità inviata dal cielo.– Sarai il primo ad occupare la nostra nuova casa per gli ospiti – affermò, con un sorriso raggiante. – Qualsiasi cosa ti serva, basterà che tu la chieda. Adesso distilliamo un sidro eccellente ricavato dal nostro miele e dalle nostre mele, e provvederò perché ce ne sia sempre una caraffa accanto al tuo letto in modo che ti aiuti a lenire il dolore.L’istinto avvertì Donough che Cathal si stava dimostrando troppo cordiale, ma era ferito e stanco e gli bastava essere sdraiato fra lenzuola di lino ad ascoltare distrattamente le voci angeliche dei fratelli che cantavano le loro preghiere.L’abate incaricò parecchi monaci di occuparsi delle sue esigenze e soprattutto un giovane del posto chiamato Fratello Senan, che aveva il volto rotondo proprio della gente di Thomond e un notevole spazio fra i due denti anteriori… un difetto su cui era propenso a scherzare spesso.Sotto l’occhio attento di Fratello Senan, Donough dormì, mangiò e dormì ancora, mentre il braccio guariva con una rapidità sorprendente. E a volte, mentre giaceva sul suo letto e contemplava il cielo al di là della finestra, si sorprese a pensare a Cera.

Poteva sentirlo, adesso era molto più vicino e se non altro era vivo… ma in lui si percepiva un’oscurità simile ad un’ammaccatura in un frutto, segno che era ferito: nonostante tutti i suoi sforzi aveva subito un danno, e questa consapevolezza era per lei un tormento.Adesso passava un tempo sempre maggiore lontano dalla capanna, fra le querce, perché non riusciva a tollerare di trovarsi sotto un tetto o rinchiusa fra quattro pareti, ma non se la sentiva di confidare il suo stato d’animo a Padraic perché nel suo intimo era avvenuto un cambiamento e desiderava rivelare i suoi pensieri più intimi soltanto a Donough: ora tutto ciò che in lei c’era di prezioso era suo di diritto.E il suo desiderio nostalgico continuava a protendersi per raggiungerlo.

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A mano a mano che la sua salute migliorava Donough cominciò a leggere voracemente, chiedendo di continuo che gli venissero portati dei libri dalla biblioteca dell’abate perché l’irrequietezza della sua mente era pari alla mancanza di forze del suo corpo e lui si risentiva delle periodiche crisi di sfinimento che ancora lo bloccavano a letto, anche se Ferchar, il capo medico dei Dal Cais, gli aveva assicurato che questa era una cosa normale per chi avesse subito una ferita come la sua.– Riposa e concediti del tempo – consigliò il medico.Era però difficile riposare, difficile sentire la vita che andava avanti senza di lui.– L’abate ha detto che potevo avere qualsiasi cosa desiderassi – disse un giorno a Fratello Senan, – ed ho bisogno che tu faccia una cosa per me.– Certamente – assentì il monaco, impegnato ad avvolgere il materasso di Donough in un telo di lino pulito; nello stendere il tessuto sul sacco di piume avvertì un fugace senso d’invidia ma si affrettò a soffocarlo e a ringraziare invece Dio del fatto che gli veniva permesso di dormire su una tavola di legno.– Voglio avvertire Cera Ni Padraic del fatto che sono stato ferito e che mi piacerebbe vederla – continuò intanto Donough.– È la figlia dell’attendente di mio padre e vive vicino ad Ennis.– Se vedrà prima il mio sorriso potrebbe dimenticarsi di te – scherzò Fratello Senan, rivolgendogli un allegro sorriso d’assenso.– È un rischio che sono disposto a correre – ribatté Donough, ricambiando il sorriso.Quando riferì doverosamente la richiesta del principe a Cathal, il monaco rimase però sconcertato dalla sua reazione.– Dimentica che questa conversazione si sia mai verificata – ordinò l’abate.– Dimenticarlo? Ma il Principe Donough vuole…– Lui non sa cosa sia meglio per lui. Una donna come quella non si deve avvicinare neppure lontanamente al Principe Donough, ed io intendo proteggerlo da lei.– Ma cosa gli dirò?– Non gli dire nulla. Lasciamogli pensare che il messaggio sia stato mandato… e ignorato.Senan era un uomo di un’onestà scrupolosa e qualsiasi inganno aveva l’effetto di turbarlo, ma era anche obbediente.Mentre aspettava che Cera venisse da lui, Donough cominciò a lavorare per ritrovare le forze, sottoponendosi ogni giorno a sforzi maggiori e

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ignorando l’ordine di riposare: era già abbastanza spiacevole che Cera lo trovasse mutilato, non aveva intenzione di farsi vedere anche debole.Era un guerriero… non poteva pensare a se stesso in altri termini… e poiché un guerriero doveva combattere lui doveva imparare daccapo ad usare le armi. Dal momento che durante la sua convalescenza Cumara si era trasferito con Fergal a casa di quest’ultimo, Fratello Senan si trovò ad essere nominato suo compagno di addestramento, al fine di aiutarlo ad abituarsi ad usare la spada con la sinistra.L’arma era però fatta per un uomo che usasse la destra, quindi l’elsa risultava goffa nella sinistra e il bilanciamento della lama era sbagliato.– Ho bisogno di una spada nuova – disse Donough a Senan.– Avverti Odar il fabbro, a Kincora, e digli di venire da me per parlare del modo di forgiarla.Odar arrivò presto e lui e Donough trascorsero un lungo pomeriggio a discutere della forma dell’elsa e del bilanciamento della lama, poi la fucina di Kincora venne attivata e si procedette a creare una nuova arma: il risultato finale, quando Odar lo presentò a Kill Dalua, fu una spada bella e ben bilanciata, ma Donough non poté fare a meno di pensare a quanto poco essa somigliasse alla spada di Brian Boru.– Avendo la spada nella sinistra dovrò portare lo scudo sul braccio destro – disse a Senan, – e questo potrebbe essere un vantaggio, perché lo scudo mi nasconderà la mano e nessun avversario si potrà accorgere della mia lesione. Un momento, Senan, ho un’idea: perché non legare un coltello al mio polso destro, in modo che la lama risulti come un’estensione del pollice? In questo modo se pure dovessi perdere lo scudo avrei comunque sempre un’arma in ciascuna mano.– Soltanto che non hai due mani.– Una mano e mezza dovrà bastare – dichiarò Donough.A mano a mano che le forze cominciavano a tornargli, s’impose quindi di esercitarsi ogni giorno nel frutteto alle spalle del refettorio. Fratello Bressal si lamentò che questo disturbava le api e avrebbe comportato una riduzione della produzione di miele, ma gli altri monaci presero l’abitudine di visitare il frutteto ad ogni possibile occasione per concedersi il piacere di assistere a quegli allenamenti, perché anche se si erano votati a Dio erano comunque figli di una razza guerriera e nutrivano tutti una grande ammirazione per Donough.Lui non parlava mai della sua menomazione e non la considerava una scusante, così come non cercava di nasconderla tranne quando aveva lo scudo sul braccio. Il resto del tempo lasciava l’arto danneggiato in piena

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vista come l’altro, e ben presto tutti cessarono di badarvi.Poi i raggi del sole cominciarono ad acquisire l’inclinazione dorata propria dell’autunno, le mele raccolte nel frutteto si accumularono nei cesti, e Donough iniziò a chiedersi quando Cera sarebbe arrivata.

Lei attese più a lungo che poté ma alla fine si avvolse uno scialle intorno alle spalle, diede un bacio d’addio a suo padre e s’incamminò verso est, con i piedi come sempre scalzi sotto il bordo della gonna rossa, certa che l’intuito l’avrebbe portata da Donough nello stesso modo in cui l’istinto guidava gli uccelli fino al nido costruito l’estate precedente.Poteva avvertire la sua presenza e sapeva che tre giorni di cammino con passo deciso avrebbero dovuto permetterle di arrivare da lui.Quando si presentò davanti alle porte di Kill Dalua le trovò chiuse, ma senza scoraggiarsi suonò con decisione il campanello di bronzo posto in una nicchia.Un piccolo pannello inserito nel battente di sinistra scivolò di lato con uno stridio e una testa dotata di tonsura fece capolino dall’apertura.– Voglio vedere il Principe Donough Mac Brian – annunciò Cera.– Come ti chiami? – domandò il monaco, fissandola con occhi miopi.Lei gli disse il proprio nome e il pannello tornò a richiudersi.Per qualche tempo Cera attese con un senso di anticipazione che le vibrava sulla lingua come il sapore della menta fresca, poi si decise a suonare ancora il campanello e quando un monaco diverso dal primo fece capolino dall’apertura gli ripeté la propria richiesta.– L’abate è stato informato – le venne risposto questa volta.– Non sono qui per vedere l’abate ma il Principe Donough.Io sono… una sua amica e voglio sapere se sta bene.– Aspetta – le fu risposto, e il pannello tornò a chiudersi.La terza volta che esso scivolò di lato nell’apertura apparve il volto di Cathal Mac Maine. Cera lo riconobbe immediatamente e si preparò ad un altro sgradevole confronto, ma questa volta lui si limitò ad assumere un’espressione di cortese rincrescimento.– Sei venuta a trovare il Principe Donough, vero?–Sì.– Mi dispiace dirti che lui non intende vederti.– Ma ho fatto tanta strada… – cominciò Cera, fissando l’abate.– Allora mi dispiace doppiamente.– Esigo che sia lui stesso a dirmi che non vuole vedermi – insistette Cera, sollevando il mento in un gesto deciso.

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– Non può dirtelo senza incontrarti, e rifiuta di farlo – sorrise Cathal. – Io non posso obbligarlo, perché lui è nostro ospite e non possiamo ignorare i suoi desideri.–Ma è stato ferito!Per un momento l’abate parve sorpreso, ma si riprese in fretta.– Come fai a… certo, è stato ferito in battaglia ma adesso sta quasi bene. Non ti devi preoccupare per lui.Cera ebbe la certezza che quell’uomo stesse mentendo ma avendo di fronte la sua determinazione a non farla entrare, le porte chiuse e un alto muro di pietra, non poteva fare nulla al riguardo.Quando però ripeté per la terza volta che gli dispiaceva per lei, Cathal lo fece con un tono così sincero da scuotere le sue certezze: il suo cuore di donna le ricordò che lei non era di nobile nascita ed era quindi forse stata soltanto un piacevole interludio nella vita di un principe. Era possibile che Donough non volesse davvero rivederla, che durante il viaggio fino ad Alba si fosse dimenticato di lei, perché non aveva nessuna prova che le dimostrasse il contrario.Leggendo nel suo sguardo quei dubbi, Cathal comprese di avere vinto e decise che poteva permettersi di essere generoso, se non altro per mantenere il nemico in posizione di svantaggio: ai suoi occhi quella non era ipocrisia ma soltanto un’astuta strategia, perché tutto era ammissibile per il bene superiore della Chiesa.– Aspetta qui, ordinerò ad uno dei fratelli di darti un bariletto di sidro da portare a casa con te – disse.

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mano a mano che i giorni passavano senza che avessi notizie di Cera cominciai ad essere ansioso. Al mio ritorno in Irlanda era stato necessario stabilire immediatamente un’alleanza con

Malachi, ma era stata mia intenzione andare direttamente da Cera dopo aver lasciato il territorio degli Ui Caisin, perché c’erano cose che dovevo dirle e spiegazioni da fornire in modo che lei potesse capirle.

A

Invece ero stato ferito.Alla fine fu Cathal stesso a informarmi che Cera non sarebbe venuta.– Come tu hai domandato, abbiamo riferito la tua richiesta ma la ragazza ha opposto un rifiuto e non c’è altro che possiamo fare al riguardo, Principe Donough.– Perché ha rifiutato?– Non so spiegare le motivazioni delle donne – ribatté Cathal, scrollando con indifferenza le spalle. – Posso solo supporre che l’idea della tua mutilazione…E fece una pausa significativa.– Le è stato detto di questo? – chiesi, abbassando lo sguardo su quel che restava della mia mano.– Certo, le abbiamo detto della tua ferita.Dopo che se ne fu andato rimasi per molto tempo immobile a fissare la mia mano… o quel che ne restava, provando un dolore molto più intenso di quello che l’ascia mi aveva inflitto.

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n Donough c’era un’ira che ribolliva e fremeva. A volte essa giaceva quiescente come una sorta di cupo calore al di sotto della superficie della sua anima e in altri momenti erompeva senza

nessuna ragione che lui potesse identificare in maniera consapevole, sferzando tutto e tutti con una furia incandescente che ustionava lui stesso e quanti lo attorniavano.

I

Quando Ferchar gli disse che la mano era guarita nella misura in cui questo era possibile, Donough lasciò Kill Dalua. Chiamati a sé Fergal e Cumara perché lo accompagnassero attraversò lo Shannon ed entrò nel territorio degli Ely. Come i Dal Cais e gli Owenacht, anche gli Ely possedevano nel Munster estese terre tribali che si allargavano sulla riva orientale dello Shannon e si spingevano a nord fino al Meath e a sud fino a Cashel. La tribù era composta da otto potenti clan il cui re tribale versava i propri tributi al Re del Munster.Donough e i suoi compagni si accamparono vicino al forte di un nobile di nome Lethgen… un individuo dalle gambe arcuate e dal torace massiccio, il cui colorito rubizzo indicava una certa passione per la birra… che uscì prontamente dalla fortezza con un paio di guardie per scoprire quali fossero le loro intenzioni.Quando Donough rivelò la propria identità, Lethgen ne rimase visibilmente impressionato.– Un mio parente era lo storico di corte presso tuo padre – si vantò. – Maelsuthainn O Carroll, della linea di discendenza di Re Cearbhaill, il più grande fra i condottieri degli Ely.– Stai parlando di un mio ottimo amico – affermò Donough.– Da bambino, a Kincora, sedevo sulle sue ginocchia mentre mi insegnava a leggere e a scrivere. Noi Dalcassiani lo abbiamo però sempre chiamato soltanto Carroll, perché lui lo preferisce.Certo che Donough conoscesse davvero il suo parente, Lethgen gli rivolse un sorriso raggiante.

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– Sono sicuro che lui si aspetterebbe da me che ti garantissi la migliore ospitalità possibile – dichiarò. – Cosa posso offrirti?– Della terra.– Cosa? – domandò Lethgen, sconcertato, smettendo di sorridere.– Mi serve una tenuta, un po’ di terra.– Come principe dei Dal Cais possiedi di certo delle tenute a Thomond.– Voglio costruire una fortezza altrove e raccogliere un esercito – ribatté Donough.Intanto Lethgen stava riflettendo in fretta: davanti a lui c’era un altro discendente della famiglia O Brian, ovviamente intenzionato ad allargare il proprio potere, e sarebbe stato soltanto saggio accontentarlo.– Questo tuo esercito… proteggerà la tua tenuta e fornirà sostegno ai tuoi alleati? – chiese.– Certamente.– Ora che ci penso, Principe Donough, non lontano da qui c’è una collina da cui si gode una vista eccellente del territorio circostante, per cui nessuno potrebbe assalirti alla sprovvista.Io ho pascoli in abbondanza e posso certo concederti una tenuta come atto di gentilezza nei confronti del mio parente.– Sei l’anima stessa della generosità – dichiarò Donough, con un sorriso.

Non appena appresero dove si trovava, i Dalcassiani… quelli fedeli, quelli delusi e quelli semplicemente annoiati… cominciarono ad affluire da lui, e scegliendo fra essi Donough mise insieme un esercito personale, usando al tempo stesso il legname degli Ely per edificare un nuovo forte le cui pareti non fossero contaminate da nessun ricordo.E in cui non ci fossero donne, neppure serve. All’inizio il forte di Donough fu una rocca esclusivamente maschile, nella quale lui cercò di ricreare l’atmosfera virile della Kincora che esisteva nei suoi ricordi.Innumerevoli guerrieri si erano aggirati con fare baldanzoso nella grande sala di suo padre, vantandosi di ogni sorta di cose, dalla loro abilità in battaglia alla loro virilità nel buio dell’alcova, e da bambino lui aveva bevuto ogni parola, considerando quei guerrieri una sorta di semidei che si aggiravano in un panteon nel quale Brian Boru era la divinità principale.Adesso uomini del genere si radunarono sotto la sua bandiera nel territorio degli Ely e giurarono fedeltà a lui. Ogni volta che un nuovo guerriero gli si presentava, Donough protendeva il braccio destro in maniera tale da costringere il suo interlocutore a osservare il danno che esso aveva subito.– Questa è una ferita che ho riportato in un combattimento onorevole –

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diceva. – Non me ne vergogno, quindi guardala a tuo piacimento, poi potremo parlare di altre cose.Ferite più deturpanti della sua erano comuni nella società dei guerrieri, ma non venivano mai esibite in maniera così palese: richiamando l’attenzione generale sulla mano mutilata Donough in qualche modo diminuì il potere che la menomazione poteva esercitare sugli altri e ottenne ben presto il suo scopo, che era quello di trasformarla in una cosa abituale e quindi ignorata.Ciò che voleva era essere trattato come un uomo integro.– Ho perso abbastanza – disse a Cumara, una notte in cui rimasero fino a tardi seduti accanto al fuoco, – e non intendo perdere altro.Mentre parlava estrasse l’arpa dalla sacca posata accanto alla panca senza chiedere l’aiuto di Cumara e aggiunse: – È giunto il momento che impari a suonare con la sinistra.– Se vuoi della musica sarebbe più facile procurarti un arpista – osservò Cumara, dubbioso.– Non ho bisogno che qualsiasi cosa mi venga resa più facile – ribatté Donough, poi appoggiò quanto restava della mano destra sulla colonnina dell’arpa in modo da tenere fermo lo splendido strumento con il moncherino che terminava con il pollice ricurvo come un uncino. La rete di muscoli eccezionalmente sviluppati dall’uso della spada che ancora esisteva alla base di quel dito aveva cercato di contrarsi e di irrigidirsi a mano a mano che la ferita guariva, ma lui aveva combattuto contro quella reazione, manipolando il pollice e costringendo le giunture a flettersi in modo da rimanere funzionali.Con cupa determinazione aveva imparato a fare molte cose usando la mano destra mutilata, cose che Cumara avrebbe creduto impossibili, quindi senza dubbio avrebbe anche imparato a suonare l’arpa con la sinistra.A parte il crepitare del fuoco nella grande sala regnava il silenzio più assoluto, e le prime note che Donough evocò dallo strumento vi echeggiarono come un suono torturato, senza però che lui si desse per vinto.Parecchi guerrieri che stavano passando davanti alla sala sentirono quel tentativo di fare della musica ma non si resero conto di chi fosse il responsabile e da uno di essi giunse una risata di derisione.Donough depose con cura l’arpa da un lato, poi si alzò in piedi e si lanciò oltre la porta aperta, raggiungendo in due passi i sorpresi guerrieri. Afferrato l’uomo più vicino per la spalla in una morsa dolorosa piegò il

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braccio destro e colpì la sua impotente vittima alla carotide con il gomito.Il guerriero si accasciò nella sua stretta annaspando e gorgogliando, e i suoi compagni cercarono di intercedere, ma Donough li trafisse con un’occhiata così rovente da indurli a indietreggiare mentre lui scagliava lontano da sé l’uomo che aveva riso e gli andava poi dietro, sferrandogli due o tre pugni al volto con la sinistra.Quando l’uomo giacque inerte e privo di sensi, Donough si girò senza una sola parola e tornò a grandi passi nella sala, dove raccolse l’arpa e riprese ad esercitarsi come se non fosse successo nulla.Da quel momento nessuno rise più del suo modo di suonare l’arpa.

Avendo appreso che Donough si era costruito un forte nel territorio degli Ely, Carroll decise di fare una visita a quel ramo del suo clan che viveva ad est dello Shannon.Ormai troppo vecchio e grasso per viaggiare a piedi, si mise in viaggio su un carro di vimini guidato da un servo maleodorante che nutriva poca propensione a lavarsi ma adorava parlare, anche se soltanto di se stesso. A quanto pareva aveva una lunga riserva di aneddoti personali del tutto insignificanti e pur commentando di tanto in tanto con qualche mormorio di cortese interessamento, Carroll si trovò spesso a divagare con la mente mentre procedevano sobbalzando sulle piste segnate da solchi profondi.– Come studioso ho ricevuto una particolare benedizione – osservò, in uno dei rari momenti di silenzio da parte del conducente. – Ci stavo pensando proprio ora, enumerando le mie benedizioni: sono stato testimone di eventi di estrema importanza e il confidente di più di un re, le parole che ho scritto saranno portate in terre che io non vedrò mai e saranno lette molto dopo la mia morte da persone non ancora nate.– Annh – grugnì il conducente. – Io non so leggere perché i servi non hanno diritto come voi nobili ad un’istruzione, però posseggo altri talenti. Ti ho mai raccontato di quella volta che ho sconfitto quattro volte di fila mio cugino a braccio di ferro?– Non ancora – mormorò pazientemente Carroll, con un sospiro.Prima che potesse iniziare quella nuova narrazione, però, il conducente fu distratto dalla vista di una colonna di fumo nero che si levava all’orizzonte.– Fuorilegge che stanno appiccando il fuoco alla tenuta di qualcuno – osservò, indicando. – È una vergogna. Io sono un uomo onesto, e anche se ci sono dei giorni in cui mi sento maltrattato non oserei mai…

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Ho visto l’Irlanda al suo apogeo, pensò tristemente Carroll, e adesso sarò testimone del suo declino. Ma almeno c’è Donough.Come un viaggiatore perso in mezzo al mare, stava appuntando tutte le sue speranze su una stella.

Quando incontrò Donough, lo storico rimase sconvolto anche se cercò di non darlo a vedere: al posto del giovane allegro e arrogante che ricordava così bene, stava infatti vedendo un uomo nei cui occhi si leggevano tutte le tragedie che aveva vissuto… e fra le quali la perdita della mano era la meno importante.– Guarda pure – suggerì con noncuranza Donough. – Mi dicono che è guarita molto bene.Carroll diede un’occhiata e si affrettò a distogliere lo sguardo perché aveva visto troppe ferite del genere e non desiderava contemplarne altre.– Non avevo idea che avessi perso un braccio – commentò.– Non ho perso il braccio. Guarda meglio e vedrai che manca soltanto parte della mano. Non sono uno storpio e posso fare tutto quello che facevo prima – ribatté Donough, quasi sfidando lo storico a contraddirlo.Girandosi, Carroll si accorse che in quel momento il servo stava trasportando il suo bagaglio nella sala.– Sta’ attento! – esclamò. – Lì dentro ci sono il mio scrittoio e le mie penne!– Tutto quel bagaglio per uno scrittoio portatile e qualche penna? – domandò Donough, inarcando le sopracciglia.– Ho anche qualche altra cosa, sai… abiti, libri, ricordi. Nel corso degli anni si tende ad accumulare una certa quantità di oggetti.– A giudicare dalle dimensioni di quel bagaglio, direi che hai portato con te la maggior parte delle tue cose.– In effetti è così – ammise Carroll, abbassando lo sguardo.– Intendi fermarti a lungo?– Sì, se tu non hai obiezioni. Preferirei trascorrere i giorni che mi rimangono con te piuttosto che con…– Con mio fratello? Ma di certo Teigue ti può alloggiare più comodamente di me – osservò Donough, segnalando al tempo stesso ai suoi uomini di portare una bacinella di acqua calda.– A Kincora, forse, ma adesso lui non vive a Kincora – replicò Carroll. – Cashel sembra piacergli maggiormente perché non è tanto la fortezza di Brian Boru quanto la sua. Il nostro Teigue si è alquanto affezionato ai privilegi derivanti dall’essere il Re del Munster. Ah, ecco una cosa

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piacevole – commentò lo storico, vedendo che gli veniva offerta una bacinella di acqua fumante con cui lavarsi la faccia e i piedi.– Chi occupa Kincora, adesso? – trovò il coraggio di chiedere Donough, mentre Carroll provvedeva alle sue abluzioni.– Il re vi mantiene una guarnigione in modo da non lasciare vuota la fortezza.– Teigue avrebbe potuto offrirla a me – osservò in tono amaro e sommesso Donough, i cui occhi erano adesso simili a laghi invernali.Carroll non replicò e si concentrò invece sul compito di rimuovere la polvere della strada dai propri piedi.

Donough accolse con piacere lo storico presso di sé e ordinò che venisse eretta per lui una camera separata sul lato sinistro della sua fortezza, dove il sole del mattino avrebbe potuto destarlo ogni giorno.– Tu ed io sembriamo destinati a prenderci cura di uomini anziani – commentò poi, parlando con Cumara.– Se non altro non abbiamo da pensare a Gormlaith.– Stranamente, sento la sua mancanza – ammise Donough, mentre uno dei suoi sorrisi sempre più rari gli attraversava fugacemente il volto.– E quella di tuo padre?– Una volta ero solito pensare che lui fosse con me… per la maggior parte del tempo – confessò Donough, fissando un punto oltre la spalla del suo interlocutore, – ma non nel modo in cui sembra pensarlo mia madre.– Non è una cosa insolita. Dopo che Mac Liag è morto io ho avvertito la sua presenza per mesi. Devo dedurre che adesso però non percepisci più Brian Boru accanto a te.– No – replicò Donough, mentre la pelle intorno agli occhi gli si tendeva in un’espressione addolorata.

Un giorno arrivò un messaggero da parte di Malachi, che stava tenendo corte a Tara, per chiedere se il Principe Donough era disposto a mandare alcuni dei suoi guerrieri perché combattessero al suo servizio.– La marea della battaglia deve essergli diventata di nuovo contraria – commentò Donough, con una cinica risata. – Penso che andrò io stesso, perché mi divertirà dimostrargli che non sono lo storpio che lui senza dubbio suppone che sia diventato.– Puoi usare una spada? – domandò Carroll.– Vieni fuori sul prato e ti farò vedere.

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Lo storico rimase notevolmente impressionato nel vedere Donough usare la spada come se fosse stato mancino per natura.– È un peccato che tu non abbia la spada di tuo padre – osservò, – considerato che porti il suo anello e suoni la sua arpa.– A quanto mi risulta si suppone che sia stata sepolta con lui – replicò Donough, improvvisamente teso perché qualcosa nella voce di Carroll lo aveva messo sul chi vive.– Si suppone che sia stata… sì, ti sei espresso molto bene. Io stesso l’ho vista deporre sul suo corpo, ma la volta non è stata sigillata che dopo parecchi giorni, e durante quel tempo…– Qualcuno ha preso la spada – concluse Donough, che non sembrava particolarmente sorpreso della cosa.– Infatti. Una volta nessun uomo d’Irlanda avrebbe osato dissacrare una tomba, ma i tempi stanno cambiando, e molto in fretta.– Che ne è stato della spada?– Il guerriero che l’ha presa… non ti dirò il suo nome perché non ha importanza… era un Dalcassiano, e credo che abbia perpetrato il furto perché amava Brian. La spada è tornata a Thomond con quell’uomo, ma alla fine lui è stato assalito dai rimorsi di coscienza e l’ha consegnata al Re del Munster.– Teigue ha la spada di mio padre? – domandò Donough, i cui lineamenti si erano trasformati in una rigida maschera.– Sì e no. Ha pensato che sarebbe stato… ah… presuntuoso da parte sua sfoggiare la spada dell’Ard Ri, e se devo essere onesto io credo che tema un possibile furto da parte degli Owenacht. Comunque ha ordinato segretamente ai suoi servi di seppellirla, a Cashel.

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a vita di Malcom di Alba si stava facendo sempre più caotica e pressante. Di recente aveva cominciato a delegare una certa autorità ai mormaers per quanto concerneva la raccolta dei tributi

e la responsabilità di applicare la legge del re, ma non era facile per lui cedere il potere neppure a coloro di cui sì fidava e per questo trascorreva adesso molto tempo viaggiando da una regione all’altra per accertarsi che la parola del re rimanesse assoluta in Alba.

L

Un’altra delle preoccupazioni di Malcom era la mancanza di un figlio maschio, e con il passare degli anni si era sviluppata in lui l’ossessione di garantire a suo nipote Duncan la successione al trono che un giorno sarebbe rimasto vacante. Consapevole del disastro seguito alla battaglia di Clontarf che aveva distrutto i piani di Brian Boru per la creazione di una monarchia stabile ed ereditaria, Malcom aveva discusso della cosa con Gormlaith durante la sua visita, e nelle loro lunghe conversazioni notturne aveva elaborato insieme a lei la linea d’azione più pragmatica.Nel 1020 Malcom mise infine in pratica il suo piano. Così come aveva ucciso Kenneth Secondo per salire al trono, adesso fece assassinare anche il nipote del suo predecessore, in modo da avere la garanzia che non ci fossero in circolazione pretendenti al trono con una rivendicazione più valida di quella del suo Duncan. Ciò che non poteva sapere era che la vittima dell’assassinio aveva lasciato una figlia, Gruoch, che era fidanzata con un giovane Scoto di nome Mac Beth, Mormaer di Moray e a sua volta di sangue reale.Malcom non si sentì in colpa per quel nuovo assassinio più di quanto lo avesse fatto per il precedente, perché come aveva commentato con Gormlaith, la sovranità era soltanto per chi era capace di conservarla.Anche se dubitava che lei possedesse ancora la capacità mentale di comprendere le sue parole, all’inizio del 1020 le aveva scritto una lettera nella quale diceva: «Il nostro piano congiunto a beneficio di Duncan è stato realizzato. Adesso sono pronto a dedicare le mie energie a vantaggio

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di tuo figlio, come convenuto.»In quegli anni, Malcom aveva infatti continuato a seguire con interesse la carriera di Donough, accogliendo con piacere ogni minima notizia dall’Irlanda.– Duncan non avrà una vita facile quando sarà re – disse un giorno a Blanaid. – Ho intenzione di procurargli tutti gli alleati che mi sarà possibile perché prevedo il giorno in cui lui potrebbe aver bisogno di ammassare un esercito di Gael irlandesi al fine di conservare il trono. È per questo che voglio essere certo che tuo fratello sia indebitato con me.Blanaid però era stanca di quelle manipolazioni politiche: Gormlaith aveva inserito una barriera fra lei e Malcom, distruggendo ogni comprensione da parte sua nei confronti del marito, e d’altro canto non le andava a genio l’idea che suo fratello venisse strumentalizzato in questo modo, cosa che disse a Malcom senza mezzi termini, lasciandolo sorpreso.– Che ne è stato della mia arrendevole moglie? – domandò questi, con l’intenzione di stuzzicarla.– È irlandese – replicò Blanaid, indurendosi in volto, – e non è arrendevole quanto tu credi!Da quel momento Malcom evitò di confidarsi con lei e quando mandò altre due lettere, una al Conte Godwine e in seguito una a Donough Mac Brian, trascurò di raccontarglielo.

Donough ricevette la lettera di Malcom a Tara, dove era andato a raggiungere Malachi.Preferendo Kincora, Brian Boru non aveva mai fatto di Tara la sua residenza principale, e Malachi Mor stava ora seguendo il suo esempio, con il risultato che l’antica sede reale, un tempo nota come Tara del Re, cominciava a mostrare segni di decadimento: il complesso di fortezze e di camere di legno recintato da una palizzata che cingeva la verde sommità dell’altura aveva urgente bisogno di essere imbiancato di fresco con la calce e la paglia dei tetti andava rinnovata.In questa che era la sua prima visita alla famosa Collina di Tara, Donough rimase quindi deluso da ciò che vide.In risposta all’appello di Malachi, lui aveva portato con sé il proprio esercito personale, e durante il viaggio aveva continuato ad elargire agli uomini storie relative all’epoca di suo padre.– Quando Brian è salito sulla Pietra di Fal essa ha gridato forte per lui, rivelandolo come il vero Ard Ri – aveva ripetuto più volte con voce squillante.

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Quando però vide la Pietra di Fal, che si supponeva essere il blocco originario da cui derivava la Pietra di Scone, ebbe difficoltà ad immaginare la scena che si era svolta in quel luogo appena diciotto anni prima, perché adesso le erbacce crescevano intorno al rozzo pilastro di pietra grigia che giaceva su un fianco sulla sommità della Collinetta degli Ostaggi, e la sua superficie era sfigurata dagli escrementi degli uccelli che la costellavano come licheni bianchi.Perfino la grande sala dei banchetti della Casa del Re appariva trasandata: qualche bandiera pendeva floscia accanto alle quattordici soglie della sala e nel focolare ardeva un fuoco, ma nel complesso l’atmosfera che permeava Tara era di abbandono.Malachi però sembrava allegro, anche se si trattava di una giovialità forzata derivante dalla disperazione.– Sei cento volte il benvenuto – esclamò nel venire avanti per accogliere Donough con le mani protese, poi abbassò lo sguardo e aggiunse, in tono esitante: – Io… ecco… ho sentito che eri stato ferito, ma…– Nessun ma. Sono pronto a battermi contro qualsiasi campione che tu voglia scegliere.– Certamente, certamente – sorrise Malachi, spingendo lo sguardo alle spalle di Donough e in direzione del grosso gruppo di guerrieri validi che questi aveva portato con sé. – Siamo lieti di avervi qui tutti quanti – proseguì. – C’è una ribellione nell’ovest e gli uomini del Connacht hanno saccheggiato Clonmacnois. Ho convocato altri guerrieri dall’Ulster e dal Leinster, ma non sono ancora arrivati – concluse, mentre il suo sorriso svaniva e lui appariva per ciò che veramente era, un vecchio turbato che si stava avvicinando alla fine del suo regno.Quando salirò sulla Pietra di Fal essa griderà forte per me, pensò Donough, e intorno non ci saranno erbacce.Mentre l’Ard Ri aspettava l’arrivo di altri guerrieri, un messaggero proveniente da Dublino consegnò a Donough la lettera di Malcom.«Gli accordi sono stati presi in maniera definitiva,» scriveva il Re di Alba. «Oggi stesso ho appreso dal Conte Godwine che accetta la tua proposta di prendere in moglie sua figlia Driella, che ti verrà mandata in Irlanda non appena avrà l’età per consumare il matrimonio, permettendoti così di creare un legame di parentela con una delle più potenti famiglie d’Inghilterra.«Ricorda chi ha reso possibile tutto questo.«Malcom Secondo, Re degli Scoti e dei Pitti.»Donough posò la lettera e lasciò vagare lo sguardo nel vuoto, pensoso e

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cupo per essere un uomo che aveva appena appreso di essere fidanzato; soltanto quando ormai l’esercito comandato da Malachi era in marcia alla volta del Connacht si decise infine a menzionare a Fergal e a Cumara il contenuto della lettera.– Fra un anno o due avrò una moglie – osservò con voluta noncuranza.I suoi due amici si girarono sulla sella per fissarlo.– Una moglie? – ripeté Fergal, in tono sorpreso. – Non ce ne avevi mai parlato prima. Quale nobile irlandese verrà questa volta arricchito dal tuo prezzo di nozze?– Nessun nobile irlandese – replicò Donough, con un bagliore nello sguardo, – bensì Godwine, Conte del Wessex e del Kent.L’assoluto stupore dei due amici gli strappò la prima risata che si fosse concesso da molto tempo.– Nel nome di Dio, perché vuoi sposare una Sassone dalla testa squadrata? – chiese quindi Fergal, riprendendosi per primo.– In realtà sua madre è una Danese, e suo zio è sposato ad una sorella di Canute, Re d’Inghilterra.Per una volta perfino Fergal si trovò senza parole.– Com’è successo tutto questo? – domandò in sua vece Cumara.– Per mezzo di Malcom e di mia madre. È una cosa che lei voleva moltissimo ed io… non ho visto motivo per non accontentarla. Quando mi trovavo ancora a Kill Dalua ho inviato una lettera a Malcom pregandolo di prendere i necessari accordi.– Non sembri molto felice – osservò Cumara, accostando il cavallo a quello di Donough e scrutandolo in volto.– La felicità è una storia da raccontare ai bambini. Sto contraendo un matrimonio estremamente vantaggioso e in Irlanda non c’è nessun altro principe che abbia rapporti di parentela di questo tipo. Mia sorella è sposata al Re di Alba ed io diventerò…– L’Ard Ri – concluse per lui Fergal.– Non sarà facile, anche con il sostegno del Re d’Inghilterra – ammonì però Cumara, scuotendo il capo. – I brehon sosterranno che tu sei imperfetto, e un uomo imperfetto non può diventare re.– Queste sciocchezze non funzionano più – ribatté Donough, in tono sprezzante. – Mentre ero in convalescenza a Kill Dalua ho letto parte del Senchus Mor, i libri che contengono la Lege Brehon: i re dovevano essere integri per poter essere dei combattenti, ma io sono un guerriero abile quanto qualsiasi altro in questo esercito ed ho intenzione, di provarlo ampiamente ai brehon e a chiunque altro. Mio padre ha sovvertito le

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tradizioni ormai superate, ed io farò lo stesso.E nel cavalcare verso ovest al seguito della bandiera di Malachi, con l’occhio della mente lui cominciò a vedere la propria bandiera alla testa dell’esercito.

In seguito gli annalisti avrebbero scritto: «Un esercito è stato guidato da Malachi Mor e da Donough Mac Brian fino allo Shannon e là è stata impegnata una grande battaglia. Le forze dell’Ard Ri hanno trionfato e lui ha ottenuto degli ostaggi dal Connacht.»I guerrieri che effettivamente presero parte alla battaglia l’avrebbero però ricordata in termini molto più accesi. Anche con una mano sola Donough combatté come un demonio: il suo braccio sinistro si alzava e si abbassava senza posa, finché la spada che poco prima aveva scintillato sotto il sole dell’autunno fu ricoperta di sangue, e quando un attacco congiunto da parte di parecchi uomini del Connacht ebbe l’effetto voluto di strappargli lo scudo dal braccio destro, il coltello fissato al polso inflisse una ferita letale all’avversario più vicino, cosa che sorprese gli altri a tal punto da far perdere loro il fondamentale ritmo del combattimento, permettendo agli uomini di Donough di sopraffarli in fretta.Sotto l’elmo il volto di Donough era raggiante per l’avvicinarsi della vittoria.– Boru! – urlò. – Boru!Il suono di quel grido ebbe l’effetto di paralizzare i rimanenti uomini del Connacht e i guerrieri del Sommo Re si abbatterono su di loro come un’onda, annientandoli.Quella notte nella tenda di cuoio che i suoi uomini avevano montato per lui accanto a quella di Malachi, Donough cercò di immaginare la presenza di suo padre al proprio fianco.– Oggi ho combattuto bene – sussurrò. – Saresti stato orgoglioso di me.La notte rimase però assolutamente immobile e nessuna voce gli sussurrò una risposta.

La campagna nel Connacht fu un grande successo, ma quello stesso autunno Kildare venne bruciato e saccheggiato, i monasteri di Glendalough e della Spada di Saint Colmcille furono devastati, la campana di Saint Patrick venne rubata e la stessa abbazia di Armagh fu data alle fiamme, un incendio da cui si salvò soltanto la biblioteca.Malachi si precipitò a nord e ad est, a sud e ad ovest, estinguendo piccoli

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focolai mentre altri più grandi divampavano alle sue spalle, e soltanto il sopraggiungere dell’inverno lo salvò dallo sfinimento totale.– Malachi non ha più forze – commentò privatamente Donough, parlando con Fergal. – Ormai è soltanto questione di tempo, e mentre aspettiamo l’inevitabile posso lavorare per rinforzare la base del mio sostegno.L’esercito congiunto venne sciolto e i suoi membri tornarono a casa per l’inverno nelle rispettive tende tribali, consapevoli che una nuova stagione di battaglie li aspettava senza dubbio al varco l’anno successivo.In attesa di Donough c’era però qualcosa di più. Lui aveva infatti appena fatto ritorno alla sua roccaforte nel territorio di Ely quando gli arrivò un altro messaggio: Driella, figlia del Conte del Wessex, sarebbe giunta da lui a primavera.

Un uomo alto dai turbati occhi grigi stava sostando sulla soglia di una sala di legno, intento a contemplare il cielo cupo.Una moglie. Un’altra moglie, una donna che non ho mai visto e che probabilmente non parla neppure l’irlandese. Come farò a comunicare con lei? Conoscerà almeno il latino? Che sorta di istruzione viene data alle donne sassoni?Driella era però di sangue nobile, quindi di certo doveva aver ricevuto un’educazione simile a quella impartita alle nobildonne irlandesi.Di cosa parleremo? Avremo qualcosa in comune? Lei sarà appena una ragazza, con un’esperienza senza dubbio limitata, e forse la sola cosa che avremo in comune sarà il nostro corpo.Il corpo. Una donna sconosciuta nel suo letto. Un’ondata di calore prese a pulsargli nelle vene, ma si trattava di un calore stranamente dissociato dalla mente.Da quando era rimasto ferito non aveva più diviso il letto con una donna perché la convinzione che Cera non fosse venuta da lui a causa della sua mutilazione lo aveva reso guardingo e restio ad assoggettarsi alla compassione femminile.Forse Driella lo avrebbe compatito, ma lui non avrebbe permesso che questo lo turbasse perché quella ragazza sarebbe stata il suo collegamento con il grande mondo che scintillava oltre l’orizzonte d’Irlanda.Mentre pensava al matrimonio nella sua mente si creò una forma, che non era però quella di una donna sassone: nel contemplare dall’alto della sua collina la piana di Tipperary… che prendeva il nome da una sorgente sacra… Donough immaginò un’intera vita in compagnia di una snella donna irlandese dai grandi occhi scuri, immaginò di ridere con lei e di

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suonare l’arpa per farle piacere.In alto alcuni merli presero a volare in cerchio nel cielo invernale, stridendo pieni di derisione e riportandolo infine alla realtà.Rientrato nella sala, Donough si sbatté la porta alle spalle.

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ra tarda primavera e Dublino ribolliva di attività: navi di ogni tipo e dimensione risalivano la foce del Liffey per contendersi a vicenda uno spazio lungo i moli e mercanti provenienti da tutta

l’Europa occidentale scaricavano mercanzie, contrattavano, gesticolavano, discutevano e infine ricaricavano le loro navi con le ricchezze d’Irlanda. A nessuno importava delle origini delle persone con cui faceva affari, a patto che ci fosse un profitto.

E

Quando giunse per attendere l’arrivo della nave di Driella, Donough si recò immediatamente dal Re dei Danesi di Dublino.– Non ti conviene vederla – avvertì Sitric. – Non ti riconoscerà, non riconosce più nessuno.Adesso Gormlaith veniva tenuta in una camera di pietra ad una certa distanza dalla sala di Sitric. La pesante porta di quercia era bloccata dall’esterno con una sbarra e le due finestre poste una di fronte all’altra erano troppo strette perché chiunque potesse insinuarvisi. Sollevato di trovare con lei il suo custode Scoto, Donough gli elargì una borsa piena di monete su cui era impressa l’immagine di Sitric Barba di Seta… preziose a Dublino se non nel resto d’Irlanda dove bestiame e serve erano ancora la moneta di scambio più utilizzata.Poi concentrò la propria attenzione su Gormlaith, e non appena la vide desiderò di aver seguito il consiglio di Sitric perché non voleva ricordarla com’era adesso, avvizzita, rugosa e grigia. Gormlaith era avvolta in abiti caldi e lo Scoto la teneva pulita e ben nutrita, ma a parte questo sembrava un guscio vuoto e quando le si rivolse chiamandola madre lei non gli rispose affatto.Sedendole accanto, Donough le prese la mano destra nella propria e le parlò del suo fidanzamento, senza ottenere reazione.– Sei contenta? – le chiese in tono serio. – Non è questo ciò che volevi da me?Con la testa abbandonata sul petto, Gormlaith prese a giocherellare

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distrattamente con un filo che le sporgeva dalla manica.– È anche soltanto consapevole del fatto che sono qui? – esplose Donough, frustrato.– Non sono in grado di dirlo – replicò lo Scoto, – però se le chiedo di alzarsi o di sedersi lo fa, quindi nella sua povera vecchia testa rimane ancora qualcosa.Alla fine Donough tornò a raggiungere Sitric nella sala, dove bevve quattro comi di birra in rapida successione.– Allora? – domandò Sitric. – Ti ha riconosciuto?–No.– Le hai detto ciò che dovevi?– L’ho fatto.– Qualche reazione?– No. Adesso devo andare, Sitric. Ti sono grato per la bontà che dimostri nei suoi confronti.– Puoi… puoi restare qui, se devi fermarti a Dublino per qualche tempo – offrì con esitazione il suo fratellastro.Donough gli rivolse un sorriso ben calibrato, abbastanza caldo da essere cortese ma freddo a sufficienza da scoraggiare qualsiasi intimità.– Non credo, perché nessuno di noi due ci farebbe una buona figura. Tu stai ancora saccheggiando le terre del mio popolo ogni volta che ritieni di poterlo fare impunemente.– Il tuo popolo? – ripeté Sitric, accarezzandosi la barba. – Allora è in questa direzione che soffia il vento?– Come convenuto, un giorno dovrai incontrarti con me per trattare – replicò Donough. – Fino a quel momento, sarà meglio non sviluppare un’amicizia personale.– Amicizia! – rise Sitric, gettando indietro il capo. – Con te? Di questo non c’è mai stato pericolo!

Nella sua camera Gormlaith si passò ripetutamente la punta della lingua sulle labbra. Lo Scoto la lasciò sola per andare a prendere una brocca di acqua fresca e quando rientrò lei sollevò il capo, fissando la porta chiusa.– Un matrimonio – borbottò, accigliandosi e cercando di pensare con chiarezza, ma la sua mente era piena di forme e di ricordi che si fondevano in maniera incontrollabile. – Sposarsi…Non riuscì però a trattenere quel pensiero che le sfuggì dalla mente come una goccia d’acqua dalle dita, scomparendo. Sopraffatta dalle maree del tempo, Gormlaith venne trasportata indietro ad un suo giorno di nozze e

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rivide se stessa a Kincora accanto ad un gigante dai capelli ramati: entrambi senza età e così splendidi da poter appartenere ad una diversa razza, una immortale.

Donough e i suoi uomini piantarono le tende all’esterno delle mura di Dublino, non lontano dal punto in cui lui aveva visto per la prima volta la città danese, dieci anni prima. Lasciati gli altri al campo, Donough si recò da solo a Kilmainham e sostò a lungo davanti ad una rozza pietra grigia su cui era intagliata una spada celtica.– Murrough – chiamò a bassa voce, rivolto al fratello che giaceva sotto la pietra. – Sto vivendo la vita che era destinata a te, che avresti dovuto succedere a nostro padre come Ard Ri. Quanto sono inattesi gli eventi che modellano la nostra esistenza! Essa non è mai come la progettiamo, si rivela sempre diversa per opera del fato o di Dio… o forse della mera casualità? Quanta parte di essa risiede nelle nostre mani? Almeno una piccola parte dipende da noi?D’un tratto Donough si rese conto di aver paura della risposta.

Un corriere portò la notizia che una nave sassone era entrata nella baia e Donough andò a Dublino per incontrare la sua sposa, vestito in stile principesco e con il suo collare d’oro messo bene in evidenza.Accompagnato da Fergal e da Cumara attese con impazienza accanto al molo mentre una nave dallo scafo ampio e dalla squadrata vela sassone manovrava per addossarsi ad esso, ma nello scrutare i volti visibili al di sopra della murata non vide nessuno che potesse essere la figlia del Conte Godwine.– Forse ha cambiato idea e non è venuta – scherzò Fergal.– Non poteva cambiare idea – ribatté Donough, a denti stretti. – Le loro leggi sono diverse dalle nostre e le donne sassoni sono una proprietà, quindi suo padre l’avrebbe comunque costretta a venire.– Eccola là! – esclamò Cumara.Una ragazza paffuta dalle trecce color del grano avvolte intorno agli orecchi era apparsa vicino alla murata, intenta a rosicchiarsi un pollice: il suo volto era ampio, mite e segnato dal vento, e nel complesso non poteva avere più di quattordici anni.Donough andò incontro alla ragazza quando lei infine sbarcò accompagnata dalla scorta assegnatale dal Conte Godwine, composta da quattro armigeri sassoni che si stavano guardando intorno con sospetto… e

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da un prete sassone la cui presenza costituì per Donough una sorpresa.La lingua risultò subito un problema, perché Driella non parlava l’irlandese e quando il suo futuro marito cercò di salutarla in latino si limitò a fissarlo con espressione vacua; il suo sguardo si spostò quindi sulla mano mutilata che Donough lasciava sempre ben visibile e un attimo dopo lei si girò verso il giovane bruno in abito clericale che le era accanto, cominciando a parlargli nella propria lingua.Soffocando un sorriso, il prete si rivolse quindi a Donough in latino.– Mi chiamo Geoffrey di Fens – si presentò. – Sono stato mandato dal Conte Godwine per proteggere la virtù di sua figlia e verificare che il matrimonio venisse celebrato nel modo più conveniente.– Lei cosa ti ha detto, un momento fa? – volle sapere Donough.– Ha commentato che sei un uomo avvenente – rispose con disinvoltura Geoffrey.Donough non gli credette neppure per un momento e nel profondo del proprio animo sentì nascere un’ira intensa: i Sassoni consideravano gli Irlandesi pagani al punto da dover inviare con Driella uno dei loro preti?Lui e i suoi uomini scortarono quindi i Sassoni attraverso Dublino, lungo le strette strade dove i Vichinghi locali li fissarono con curiosità e più di un cane randagio abbaiò loro contro. Il carro di vimini a colori vivaci che Donough aveva portato per Driella aspettava appena fuori delle porte orientali, sorvegliato da una compagnia di guerrieri che aveva anche in custodia i cavalli di Donough, di Fergal e di Cumara; non essendo stata prevista la presenza di una scorta, non c’erano però cavalcature disponibili per i quattro Sassoni o per il prete, che peraltro ovviò al problema salendo prontamente sul carro accanto alla sua giovane protetta.Da quel momento ogni comunicazione con Driella si svolse tramite il religioso, cosa che non mancò di divertire immensamente gli uomini di Donough.– Mi chiedo se sosterà anche accanto al loro letto matrimoniale per impartire alla ragazza le necessarie istruzioni – borbottò Fergal a Cumara, che scoppiò a ridere.Durante il lungo viaggio di ritorno a Tipperary, Donough ebbe intanto l’opportunità di studiare a fondo la sua promessa sposa.– Potrebbe essere peggio – confidò infine a Fergal.– Infatti – convenne questi. – Ha due espressioni, una di stupidità e l’altra di timore, e sarebbe peggio se ne avesse una sola. Se non altro ha fianchi ampi e ti darà dei figli.Fianchi ampi e ascendenze nobili costituivano i pregi maggiori di Driella,

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che pur avendo portato con sé la dote richiesta, formata da monete sassoni e da stoffe fiamminghe, sembrava spaventosamente carente dal punto di vista della personalità e non appariva interessata a nulla tranne che al prete, tenendosi aggrappata al suo braccio come una bambina timorosa degli sconosciuti. Dal canto suo Geoffrey di Fens la tenne stretta a sé per la maggior parte del viaggio per proteggerla dai sussulti del carro.Quando infine arrivarono alla fortezza di Donough, la ragazza batté le mani e rivolse un commento a Geoffrey.– Dice che hai un palazzo magnifico – tradusse il prete, a beneficio di Donough.– Che razza di abitazione hanno i conti sassoni, se lei pensa che questo forte sia un palazzo? – ridacchiò Fergal.Dal momento che era intenzionato a sposare Driella nella Cappella di Saint Flannan, avendo di nuovo Cathal Mac Maine come officiante, Donough si concesse il notevole piacere di mandare a Teigue un messaggio per richiedere formalmente il permesso di usare Kincora per il suo matrimonio «con una nipote del Re d’Inghilterra».– Questo non è del tutto vero – gli fece notare Carroll. – Suo zio è sposato con una sorella del re, il che significa che Driella…– Lei è ciò che io dico che è – lo interruppe Donough, secco.Quali che fossero le sfumature del grado effettivo di parentela, Teigue rimase sconvolto dalla notizia, proprio com’era stato nelle intenzioni di Donough, perché comprese immediatamente le ramificazioni di quel matrimonio.– Suppongo che gli dovrò permettere di usare Kincora… temporaneamente… però non andrò a quel matrimonio – disse a sua moglie.– Invece dobbiamo andarci perché lui è tuo fratello – replicò Maeve, posandogli con dolcezza una mano sul braccio. – Che effetto farebbe ad occhi estranei una simile spaccatura fra i Dalcassiani?– La spaccatura esiste già e tutti lo sanno – obiettò Teigue.– Ma perché renderla ancora più grande? Andiamo al matrimonio di Donough e usiamo magari quest’occasione per appianare le cose fra voi.Quelle nozze stavano però causando problemi anche altrove.Cathal Mac Maine era infatti irritato per la presenza di Geoffrey di Fens, e quando apprese che questi intendeva «celebrare una sorta di rito sassone» a beneficio della coppia, la sua ira infine esplose, costringendo Donough a mandare Carroll a placarlo.– Quest’occasione costituirà un estremo onore per i Dal Cais e per Saint

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Flannan – sottolineò lo storico. – Il Principe Donough non sta sposando una ragazza qualsiasi ma una nipote del Re d’Inghilterra – proseguì, pronunciando quella mezza menzogna con notevole disinvoltura, – e la celebrazione delle nozze da parte tua congiuntamente ad un prete sassone produrrà l’avvento di una nuova tradizione. Non dubito che la Chiesa di Roma ne sarà compiaciuta quando lo verrà a sapere.Come sempre Carroll riuscì ad essere persuasivo e alla fine Cathal acconsentì a fissare la data per le nozze.Donough invitò per l’occasione quasi tutte le persone di rango presenti a Thomond, poi si recò nella fortezza che era stata di suo padre per sovrintendere di persona ai preparativi, e per settimane carri carichi di provviste affluirono a Kincora per nutrire la prevista orda di ospiti.Quando arrivarono, Teigue e Maeve rimasero stupefatti dalla ricchezza dell’ospitalità che veniva fornita.– Mio fratello pagherà da sé tutto questo perché io non intendo farlo! – disse Teigue a sua moglie.Donough però non gli chiese nulla, enfatizzando con ogni sua azione la propria indipendenza dal fratello.

Un gruppo di giovani servi che lavoravano a Kincora si raccolse vicino al fiume per un momento di sosta, e il giovane apprendista di Odar il fabbro approfittò della pausa per parlare con una serva attraente che lavorava nelle cucine.– Se il Principe Donough sta sposando la figlia del re d’Inghilterra questo significa che verrà qui anche un esercito inglese? – chiese.– Spero di no – rispose la ragazza, grattandosi la testa perché quell’anno i pidocchi erano numerosi. – Abbiamo già fin troppo lavoro per preparare il cibo per il banchetto di nozze e se verrà un altro esercito non so come faremo a nutrirlo. Non so neppure da dove arrivi tutto questo cibo.– Gli O Carroll di Ely ne stanno fornendo la maggior parte – affermò un uomo di fatica che aveva portato le provviste nelle cucine. – Questa mattina sei carri carichi di cinghiali macellati hanno attraversato lo Shannon, seguiti da dodici carri carichi di botti di birra e di vino. Adesso la vecchia cantina di Brian Boru è talmente piena che ne dovremo aprire una nuova.– Perché gli Ely sono così generosi? – si chiese la ragazza, ma i suoi compagni non furono in grado di spiegarle le astrazioni della politica.Teigue però era convinto di comprendere molto bene.– Donough ha stretto un’alleanza con gli Ely in modo da schiacciare

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numericamente i Dalcassiani che mi sono fedeli – disse a Maeve. – Ha intenzione di usare questo matrimonio per dimostrare a tutti che ha più sostenitori di me, ma non sono obbligato a restare qui a subire, quindi tornerò a Cashel e porterò i miei uomini con me, in modo che nessuno possa fare un paragone.– Ma il matrimonio…– Tu resta pure, se vuoi. So che alle donne piacciono i matrimoni.La partenza del Re del Munster venne notata da tutti e commentata dalla maggior parte dei presenti, ma non dispiacque a Donough.– In aggiunta a tutti gli altri suoi difetti adesso mio fratello ha dimostrato di essere anche gretto e meschino – commentò.Il matrimonio si rivelò l’evento spettacolare che lui aveva progettato che fosse, nel quale vennero rappresentati tutti e quattro i gradi della sovranità irlandese. L’Ard Ri non partecipò di persona ma mandò dei doni; i re provinciali del Leinster e del Connacht mandarono ciascuno il proprio figlio maggiore, ed entrambi i principi rimasero doverosamente impressionati di trovare Donough all’apparenza in possesso di Kincora. Anche parecchi re tribali come quello di Ely furono presenti fra gli ospiti, insieme ad un certo numero di condottieri di clan.Padraic di Ennis e la sua famiglia brillarono per la loro assenza.Quando uscì con Driella dalla cappella, Donough si rese conto che stava al tempo stesso sperando e temendo di vedere Cera nel cortile, e per un selvaggio momento immaginò di lasciare l’insulsa ragazza che aveva accanto per correre dalla sua donna druido, prenderla fra le braccia, portarla via da Kincora per sempre e andare sulle selvagge colline di Thomond…– Maa-rito – disse Driella, stringendogli con fare possessivo il braccio sinistro… poi scoppiò a ridere.Quella era la prima volta che Donough la sentiva ridere, e il suono da lei emesso gli parve uguale al rumore di un mucchio di uova che si rompessero.

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alachi Mor sentiva ormai nel profondo delle ossa l’avvicinarsi della morte: i ratti della mortalità lo stavano rosicchiando con i loro denti aguzzi e gli capitava di svegliarsi di notte annaspando

per respirare e ascoltando il battito sempre più irregolare del proprio cuore.

M– Non ho paura di morire – disse al suo confessore, – perché ogni guerriero ha affrontato la morte tante volte da far sì che la paura sia sostituita dalla familiarità.La sua mancanza di paura aveva però le sue fondamenta anche in un’emozione molto più potente del timore: nella morte Malachi aveva intenzione di trionfare infine sul suo più grande rivale e di affondare per sempre i sogni di Brian Boru.I suoi figli erano morti in battaglia o per le malattie, perfino il più giovane di essi, ma ci si aspettava comunque che lui designasse un successore, e in base alle regole stesse di successione che Brian aveva stabilito a beneficio del proprio figlio Murrough il suo successore sarebbe diventato anche il Sommo Re.– Donough Mac Brian ha lavorato molto duramente per conquistarsi la mia fiducia e il mio sostegno – disse ai condottieri del Meath nell’intrattenerli nella sala di Dun na Sciath. – Spera che io guardi al di fuori della mia tribù e lo nomini come mio successore, compiendo un’infrazione alle tradizioni secondo lo stile introdotto da suo padre.– No! – tuonarono i condottieri, picchiando il pugno sul tavolo.– Donough si è creato nel Munster una formidabile base di potere – proseguì serenamente Malachi, – ed io so il perché: ha intenzione di sottrarre Cashel a suo fratello, diventando Re del Munster e seguendo le orme di suo padre lungo la via di Tara.«Non mi fissate con aria così accigliata, amici miei. La somma sovranità non verrà tolta alla nostra tribù e al nostro sangue, ve lo giuro sulle sacre ferite di Cristo. Ci sono parecchie mosse con cui riuscirò a bloccare le

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ambizioni del clan O Brian e la prima, che riguarda Tara, è tale da rendere necessario il vostro sostegno.Tara era il simbolo estremo della somma sovranità, ma adesso Malachi aveva deciso di abbandonare del tutto l’antica sede reale, un atto ufficiale con cui intendeva negare il possesso di Tara a chi gli sarebbe succeduto, perché aveva giurato che nessun figlio di Brian Boru avrebbe mai tenuto la sua corte nella sala dei banchetti dalle quattordici porte.I condottieri accettarono il suo piano con una certa riluttanza, perché porre fine alla supremazia di Tara avrebbe significato infliggere un colpo al prestigio del Meath… ma come Malachi essi preferirono in ultima istanza vedere Tara andare in rovina piuttosto che vederla tornare nelle mani degli uomini del Munster.

Oppresso da una stanchezza che rifiutava di ammettere con chiunque, Malachi visitò Tara un’ultima volta, recandovisi su un carro da guerra di antico modello adorno di piume e di colori vivaci, e facendosi scortare dai migliori guerrieri del Meath.Alla fine, però, compì l’ultima visita da solo.– Aspettami qui – ordinò al conducente, poi scese dal carro ed entrò dalla grande porta settentrionale, avanzando a piedi lungo la via cerimoniale nonostante il vento freddo che lo sferzava e i ratti della mortalità che affondavano sempre più i denti nelle sue ossa.Per ottocento anni questa era stata Tara dei Re, e prima ancora una roccaforte dei Tuatha de Danann, ma la magia che poteva sussistere in quel luogo, quale che ne fosse la natura, non era in grado di prevalere contro il potere del tempo. I terrapieni che una volta avevano avuto un’altezza pari a quella di sei uomini stavano sprofondando gradualmente, vittime di secoli di logoramento umano e di erosione da parte degli elementi, mentre le palizzate di legno che circondavano la fortezza stavano marcendo in maniera tale che un esercito nemico avrebbe potuto aprirvi una breccia senza difficoltà.Adesso però nessuno avrebbe più attentato a Tara perché il suo valore simbolico era finito per decreto dell’Ard Ri.Malachi rabbrividì e improvvisamente desiderò terribilmente andare via di lì perché Tara non era mai stata sua, non da quando Brian Boru era salito sulla Pietra di Fal ed essa aveva gridato per lui.La Pietra non aveva mai gridato per Malachi.Quando infine si rese conto che il sole stava cominciando a tramontare si avviò con passo lento per tornare indietro lungo la via cerimoniale: il giro

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di addio era finito, i saluti silenziosi erano stati pronunciati e il suo carro lo stava aspettando appena oltre la porta: un viaggio rapido lo avrebbe riportato a Dun na Sciath, al suo focolare, a un boccale di birra e alle distratte riflessioni proprie dei vecchi.Vicino alle porte si arrestò senza premeditazione e si guardò alle spalle: il sole al tramonto stava ammantando i tetti di Tara di un bagliore d’oro e sulla sommità della Collinetta degli Ostaggi la Pietra di Fal scintillava sotto un raggio di luce diretto.Nel guardarla Malachi sussultò, perché per un momento gli parve di vedere su di essa un uomo con i capelli ramati che fiammeggiavano sotto la luce del sole al tramonto.Un gigante.

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umara era preoccupato, ma essere ansioso era per lui una cosa tanto naturale che l’espressione permanentemente aggrondata si era formata sulla sua fronte quando ancora era un bambino. Da

sempre aveva ormai l’abitudine di chiedersi ad ogni risveglio cosa sarebbe potuto andare male in quel particolare giorno, ma adesso non aveva più bisogno di domandarselo.

C

Ora lo sapeva già.La fortezza non era più un posto piacevole in cui vivere, perché da quando si era sposato Donough era diventato più irascibile che mai, al punto che perfino Fergal aveva cominciato a controllare ciò che diceva, accorgendosi che il suo sarcasmo non divertiva più il cugino e aveva invece l’effetto di farlo infuriare.Quasi ogni cosa aveva adesso il potere di destare le ire di Donough e nessuno sapeva mai in quale momento avrebbe ricevuto una sfuriata verbale da parte sua perché anche il commento più casuale veniva interpretato nel modo sbagliato e lui scorgeva insulti dove nessuno aveva inteso proferirne. Per la prima volta da quando era stato ferito Donough aveva inoltre preso l’abitudine di portare maniche abbastanza lunghe da nascondere la mano mutilata, e se pensava che qualcuno la stesse fissando lo trafiggeva con uno sguardo rovente.– Intendo andare via di qui e tornare a Thomond – confidò Cumara a Fergal. – L’atmosfera di questo posto mi rende nervoso, è come se il fuoco nel focolare stesse per esplodere da un momento all’altro.– Non te ne andare! – esclamò Fergal. – Tu hai una buona influenza su di lui e se non altro a volte suona l’arpa per te… e quelli sono gli unici momenti in cui sembra essere relativamente di buon umore.– Io sono figlio di un poeta – gli ricordò Cumara, – ed ho il temperamento di mio padre anche se non ho ereditato il suo talento, per cui la discordia mi mette a disagio. Voi guerrieri non avete problemi e prosperate in mezzo ai conflitti, ma alcune notti io non riesco neppure a cenare perché ho lo

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stomaco troppo contratto, e di recente mi è capitato un paio di volte di vomitare sangue. Intendo tornare a Thomond.– Credevo che avessi dato ad altri la tua casa.– L’ho fatto, ma ho alcuni amici che mi accoglieranno presso di loro… amici di mio padre che mi daranno asilo in suo nome.– Cosa farà Donough se tu te ne andrai?– Questo mi preoccupa – ammise Cumara, però partì lo stesso… il suo primo atto di autodifesa in una vita dedicata agli altri… e l’orgoglio trattenne Donough dal chiedergli il motivo della sua decisione, anche perché nel profondo del suo cuore la conosceva molto bene.Quando si congedò da Carroll, Cumara gli rivolse però un ammonimento.– Mi raccomando, tieni d’occhio quel prete sassone, d’accordo? – gli disse.– Cosa posso fare? Qui sono soltanto un ospite e non ho il diritto di interferire.– Quando mai non hai interferito, Carroll? – domandò Cumara, mentre il suo volto naturalmente lugubre si rischiarava per un momento in un sorriso.Donough non aveva però bisogno di essere messo in guardia da Geoffrey di Fens: la presenza di quell’uomo era per lui una costante fonte di irritazione ma al tempo stesso non poteva mandarlo via perché soltanto Geoffrey era in grado di tradurre le sue parole a Driella e viceversa, in quanto la ragazza sembrava incapace di imparare qualsiasi lingua che non fosse il sassone.In un primo tempo Donough aveva pensato che fosse stupida, ma con il passare del tempo aveva cominciato a sospettare che si stesse deliberatamente rifiutando di imparare in modo da poter tenere Geoffrey presso di sé.Ma nonostante i suoi sospetti non riuscì mai a sorprenderli insieme in una situazione compromettente, e quando Carroll avanzò dei commenti sul fatto che quei due erano compagni inseparabili e sulla totale dipendenza di Driella da Geoffrey, l’orgoglio lo indusse a prendere le difese della moglie.– Non riesco a immaginare che mia moglie mi possa tradire con un prete o con chiunque altro. Lei non è come mia…– Come tua madre? No, lei non somiglia di certo a Gormlaith – convenne Carroll, ma al tempo stesso rifletté che Driella aveva comunque dei difetti.Una vita trascorsa ad assorbire senza discriminazione ogni dettame della Chiesa aveva annullato la sua personalità, rendendola liscia e uniforme

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come un ciottolo levigato dalle onde dell’oceano, e lei risultava sottomessa e modesta fino a riuscire irritante… una cosa che, nonostante la sua età avanzata, stava inducendo Carroll a chiedersi cosa significasse dividere il letto con una donna del genere.

La prima notte era stata imbarazzante, ma non più di quanto Donough si fosse aspettato, perché Driella era vergine e questo aveva comportato lacrime, sangue e gemiti di dolore.Anche Cera era stata una vergine, come Donough aveva ricordato contro la sua stessa volontà, ma nonostante il sangue non c’erano state lacrime, soltanto raggianti sorrisi.Driella gli si era sottomessa totalmente nonostante il dolore, offrendoglisi come un sacrificio e rimanendo distesa con gli occhi serrati in un atteggiamento di paziente sopportazione tale che se non fosse stato per il desiderio fisico da troppo tempo represso Donough si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato, perché gli sembrava di possedere un pezzo di carne inerte.La mattina successiva Geoffrey aveva fatto irruzione subito dopo che lui aveva lasciato il letto, e si era inginocchiato a pregare con la neosposa assumendo un atteggiamento di untuosa compassione.– Nessuno ti ha mandato a chiamare – gli aveva fatto notare freddamente Donough.– Sono qui soltanto per essere d’aiuto – aveva però ribattuto il prete. – Questa bambina ha bisogno di me, perché a causa delle difficoltà del viaggio non ha potuto portare con sé un seguito femminile. Di certo avrai la delicatezza di comprendere la sua situazione.Quello stesso giorno Donough aveva procurato a Driella alcune serve personali, che però erano risultate di poca utilità tranne che per i compiti più umili perché non parlavano il sassone.D’altro canto Geoffrey si era rivelato una presenza costante accanto a Driella, e quando Donough aveva soffocato il suo orgoglio quanto bastava per chiedergli di cosa stessero discutendo il prete aveva assunto un atteggiamento disarmante.– Sto istruendo Driella in merito ai suoi doveri coniugali – aveva replicato.E tuttavia il comportamento di Driella nel letto coniugale non era migliorato: lei accettava e sopportava, ma la sola emozione che le capitava di rivelare era il disgusto con cui si ritraeva dal minimo contatto con il braccio mutilato del marito.

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Dopo ogni notte trascorsa con Donough il suo primo atto il mattino successivo era quello di pregare con Geoffrey.– Stiamo pregando affinché lei possa concepire – spiegava Geoffrey.Con il passare del tempo Donough stava intanto scoprendo una cosa strana riguardo a se stesso, e cioè che la passione fisica era una forza che lo dominava ma che poteva essere incanalata in altre direzioni, come nel combattimento… a patto che non ci fosse nelle vicinanze una donna su cui focalizzare il desiderio.Quando aveva nel letto quella florida ragazza sassone, però, la sola cosa a cui riusciva a pensare era il sesso, e se non possedeva Driella giaceva comunque sveglio a fiutare l’odore della sua pelle e dei suoi capelli, intensamente consapevole di ogni suo movimento e soffrendo per una dolorosa erezione. Se cedeva al desiderio fisico e possedeva sua moglie riusciva a trovare un momentaneo sollievo, ma entro pochi momenti cominciava ad essere oppresso da un senso di profonda delusione e quasi di disgusto di se stesso.Alla fine giunse alla conclusione che il matrimonio era un accordo simile a qualsiasi altro patto politico: Driella gli forniva importanti alleanze politiche e lui non aveva ragione di dubitare che con il tempo gli avrebbe dato dei figli, ma in cambio di quei vantaggi c’era un prezzo che doveva pagare.Compromessi, pensò con una certa ironia. Quell’arte che Murrough non ha mai imparato.E quando il ventre di Driella iniziò a gonfiarsi per la gravidanza quel compromesso gli parve giustificato.La nascita del primo figlio di Donough, un maschietto che venne chiamato Murchad, non meritò una registrazione negli annali. In quell’anno Fratello Declan scrisse: «Branafan, un condottiero del Meath, è stato annegato nel Lough Ennell, e Mac Conailligh, capo brehon di Malachi Mor, è morto, dopo che entrambi avevano saccheggiato il santuario di Saint Ciaran. A Delgany il Re del Leinster ha conseguito una vittoria contro Sitric di Dublino; Donough Mac Brian ha effettuato una mediazione fra loro ed ha posto fine ad una strage spaventosa.»

Da quando aveva abbandonato Tara, Malachi non aveva più convocato Donough a servire sotto la sua bandiera, quindi Donough inviò ora un rapporto completo all’Ard Ri, fornendo un resoconto dettagliato dei negoziati fra il Re del Leinster e i Danesi di Dublino in modo da dimostrargli di essere abile a portare la pace oltre che a combattere.

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Malachi non rispose.L’estate successiva trovò il Sommo Re di nuovo alla testa di un esercito che si scontrò con Sitric e i Danesi di Dublino al Guado Giallo di Athboy, sotto una grandinata i cui chicchi erano grossi come mele.Anche questa volta Donough Mac Brian non venne convocato.Appena un mese più tardi Declan scrisse negli annali: «Era di Cristo, 1022. Malachi Mor, Sommo re di Tara, pilastro di dignità, è morto su un’isola del Lough Ennell nel settantatreesimo anno della sua vita. Malachi ha reso la sua anima a Dio nella quarta ora delle None di Settembre, dopo aver fatto penitenza per i suoi peccati e aver ricevuto il corpo e il sangue di Cristo. Messe, inni, salmi e cantici sono stati intonati in tutta l’Irlanda per il riposo del suo spirito.»Cathal Mac Maine ordinò però al suo scrivano di aggiungere: «Per quanto splendide, le esequie di Malachi Mor sono state soltanto l’ombra di quelle di Brian Boru.»Pur non avendo partecipato ai funerali, l’Abate di Kill Dalua doveva infatti proteggere l’onore dei Dalcassiani.Malachi venne pianto da parecchi dei suoi seguaci e molti poeti lodarono la sua generosità. Perfino Donough confidò a Carroll:– Sono sorpreso di scoprirmi sinceramente addolorato per la sua morte, ma del resto in un modo o nell’altro Malachi ha fatto parte della mia vita fin da quando mi riesce di ricordare.– Anch’io piango la sua perdita, anche se forse per motivi differenti – replicò Carroll. – Malachi apparteneva alla mia generazione, e se adesso ha oltrepassato il confine del mondo ciò significa che io lo seguirò presto.– Non prima di avermi visto nominare Ard Ri! – esclamò Donough, con un bagliore intenso nello sguardo.Essendo convinto che questo sarebbe accaduto presto, risultò del tutto impreparato allo shock che ricevette di lì a poco.La notizia venne gridata per tutto il paese come se fosse stata l’annuncio della fine del mondo, e quando l’apprese Donough ne rimase talmente sconvolto che sellò il suo cavallo più veloce e si precipitò a Kill Dalua per ottenere una conferma di ciò che aveva sentito. Là trovò l’abate in preda quanto lui allo sconcerto.– Malachi Mor ha derubato i Dal Cais del titolo a cui avevano diritto – si lamentò Cathal.La sua ira era però insignificante se comparata a quella di Donough.– Quel miserabile ideatore di complotti deve aver elaborato questi piani molto tempo prima di morire: l’ultima volta che l’ho visto… e che

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abbiamo bevuto insieme… sapeva già cosa intendeva fare, lo sapeva e non ha detto nulla, continuando a sorridermi come uno zio affezionato, Cathal! E pensare che stavo piangendo la sua morte! Come è riuscito a persuadere gli altri? Ha forse offerto dell’oro a Lismore per indurre l’abate ad acconsentire?– Impossibile – dichiarò Cathal, offeso. – Corrompere un uomo di Dio?– L’intero progetto da lui elaborato è impossibile! – esclamò con veemenza Donough. – Lui… loro… non possono essere il Sommo Re. Come possono due uomini detenere una sola sovranità?La stessa domanda veniva ripetuta in quei giorni in ogni nobile casa d’Irlanda.Dopo aver vagliato assiduamente i testi della legge irlandese, alla fine perfino gli sconcertati brehon dovettero darsi per vinti, perché non erano riusciti a trovare nulla che impedisse ad un Sommo Re di nominare due successori, se così avesse voluto. Brian Boru aveva rivestito quella carica di poteri che non avevano precedenti, e come ultimo atto ufficiale della sua vita Malachi Mor aveva usato al massimo quei poteri, con il risultato che d’ora in poi l’Irlanda sarebbe stata governata congiuntamente da Cuan, della discendenza di Lochlan, capo poeta del Meath, e da Corcran Cleireach, un famoso prete anacoreta che avrebbe agito sotto la supervisione dell’Abate di Lismore.Il titolo di Ard Ri sarebbe stato intanto tenuto in sospeso e Tara sarebbe rimasta deserta.

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L’esplosione che Cumara aveva previsto infine si verificò e Donough diede libero sfogo alla sua rabbia.Finché era in vita sua madre si costrinse a mantenere un certo livello di amicizia con Sitric, ma nessun altro poté dirsi al sicuro dalla sua furia che lo indusse a risvegliare antiche faide tribali del Munster e a crearne di nuove, scagliandosi in una battaglia dopo l’altra con un’energia che stupì e infine sfiancò i suoi seguaci.Gli Owenacht, i tradizionali rivali dei Dalcassiani, costituirono il suo principale bersaglio, ma lui intraprese anche delle scorrerie in Ossory e nel Muskerry, riportando a casa degli ostaggi per i quali pretese un riscatto molto elevato.– Daranno a me la colpa di questo – si lamentò lo sgomento Teigue con i suoi cortigiani, a Cashel. – Gli altri re provinciali penseranno che io lo stia incoraggiando come preparazione ad invadere il loro regno.– Potresti farlo davvero – gli suggerì speranzosamente un annoiato guerriero. – Potresti allargare il tuo controllo fuori del Munster e cominciare ad avanzare rivendicazioni su tutta l’Irlanda. Ci sono molti che ti sosterrebbero.– Qui ho tutto quello che voglio – ribadì Teigue, leggendo la paura negli occhi di sua moglie… ma ormai il seme era stato piantato e nel buio della notte lui cominciò a restare seduto fino a tardi nella sua camera privata di Cashel, fissando il fuoco che ardeva nel braciere e pensando alla somma sovranità di Brian che rimaneva in sospeso, in attesa.Senza dire nulla a Maeve ordinò che la spada di suo padre venisse disseppellita e gli fosse consegnata.

Donough accolse con risentimento l’insorgere dell’inverno che portò la fine della stagione delle battaglie, perché adesso che non c’erano più

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guerre da combattere si sarebbe dovuto ritirare nella sua fortezza per aspettare la primavera, quando il fango invernale si sarebbe indurito abbastanza da permettere ai guerrieri di rimettersi in marcia.Una stagione d’attesa che avrebbe dovuto trascorrere sotto io stesso tetto con Driella, con Geoffrey e con la sua amarezza.Il suo secondo figlio venne concepito quell’inverno e Donough annunciò che se fosse stato un maschio sarebbe stato chiamato Lorcan, che significava «fiero».– Lorcan era il nome del nonno di mio padre – spiegò, quando Geoffrey protestò per la scelta di quel nome non cristiano. – E comunque che diritto hai tu di mettere in discussione il nome che scelgo per i miei figli?Con i piedi saldamente piantati per terra Geoffrey di Fens rifiutò di battere in ritirata e aprì la bocca come per ribattere… ma poi diede una lunga occhiata all’espressione di Donough e richiuse le labbra senza dire nulla, girandosi e allontanandosi.Donough sopportò il trascorrere dell’inverno in preda ad un umore cupo, consapevole di essere irritabile e mercuriale a causa dell’inattività che gli logorava l’anima; un paio di volte tirò fuori l’arpa dalla custodia e l’accordò, ma poi la ripose senza suonare perché nel suo animo non c’era più musica.Le giornate erano lunghe e le notti eterne, e lui si sentiva sospeso nel nulla come una mosca intrappolata nell’ambra.Per passare il tempo cominciò ad invitare Lethgen nella sua sala, perché il loquace nobile si accontentava di portare avanti la conversazione in maniera quasi unilaterale e fingeva di non notare il cattivo umore del suo ospite; del resto Lethgen sarebbe stato disposto a sopportare un temperamento molto peggiore di quello pur di conservare l’amicizia di Donough, sia perché continuava ad essere convinto che un giorno lui sarebbe diventato l’Ard Ri sia perché era un ospite generoso che aveva sempre una botte di birra a portata di mano.Una notte sul tardi, quando già tutti gli altri si erano addormentati, Donough e Lethgen stavano ancora gareggiando con la determinazione propria degli ubriachi per stabilire chi avrebbe bevuto più birra, brindando in onore del figlio di Donough, Murchad, e del bambino che ancora doveva nascere, in onore dei figli e delle figlie di Lethgen, degli svariati cugini di ciascuno dei due, del Munster, dell’Irlanda e di tutti i santi.– Bevo alla spada di mio padre – disse Donough, con voce impastata, quando infine ebbero esaurito l’elenco delle persone a cui brindare.– Un’ottima scelta – approvò Lethgen, con un rutto. – A Brian, nella sua

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tomba.– La spada non è nella tomba.– No? – esclamò Lethgen, posando il boccale e sbirciando Donough con occhi da ubriaco. – Allora dov’è?– Mio fratello ne è entrato in qualche modo in possesso, e adesso è sepolta a Cashel.– Quello non è il posto adatto per una buona spada che sa come si vincono le guerre. Dovresti essere tu ad averla.– Lo so – annuì in tono cupo Donough. – Teigue non la userà e non merita di averla.– Dovrebbe essere tua.– Lo so.– Ma certo, il mio amico Donough dovrebbe possedere lui quella spada, e prometto che farò in modo di procurargliela – dichiarò Lethgen, fissando la propria coppa e scoprendo con sgomento che era vuota. – Lo prometto – ripeté, mentre Donough tornava a riempire la coppa ad entrambi.Quando infine Lethgen rotolò giù dalla panca e si addormentò sullo strato di paglia che copriva il pavimento, Donough era però ancora sveglio: qualsiasi cosa era meglio che andare a letto, quindi si riempì un’altra coppa di birra e si diresse con passo leggermente barcollante verso la porta della sala.Le stelle apparivano molto lontane e poiché i suoi occhi rifiutavano di metterle adeguatamente a fuoco si trasformarono in uno scintillio indistinto. Soltanto la luna brillava nitida e isolata.– Cera – sussurrò Donough, che quando era sobrio non si permetteva mai di pensare a lei.

Lethgen si svegliò nel freddo grigiore dell’alba con la testa che doleva terribilmente, ed era ormai a metà strada da casa quando cominciò a ricordare qualche frammento della conversazione della notte precedente. Una volta che ebbe ricordato però non dimenticò più, perché era un Gael e per lui una promessa era una cosa sacra.La primavera del 1023 tardò a venire e il lungo inverno si rivelò particolarmente duro per il bestiame, portando ad una diminuzione delle mandrie di Lethgen, che non poteva neppure sperare in una buona stagione degli accoppiamenti perché i suoi tori erano vecchi e meno vigorosi di quanto lui avrebbe voluto.Avendo sentito parlare di un giovane toro di qualità che si trovava nelle vicinanze di Cashel, il nobile si mise in viaggio per tentare di entrarne in

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possesso, e portò con sé un complemento armato di uomini di Ely perché adesso viaggiare per l’Irlanda non era più sicuro come un tempo.Sfortunatamente dopo parecchi giorni di serrate trattative non gli fu possibile concludere l’accordo perché il proprietario del toro si dimostrò intransigente… ma per quanto deluso Lethgen decise che non sarebbe tornato a casa a mani vuote.

Nel frattempo Donough stava cominciando a reagire al cambiamento della stagione, liberandosi dalla depressione dei giorni invernali: non potendo sopportare di essere malinconico quando il sole era raggiante e l’aria stessa odorava di vita nuova, con uno sforzo di volontà si costrinse ad essere più cortese con tutti, perfino con Geoffrey, con il risultato che il sollievo generale fu una cosa quasi palpabile in tutto il forte.– Sarebbe ora che prendessi moglie anch’io – disse Fergal a Carroll, cominciando a risentire lui stesso dell’effetto della primavera.– Hai esaurito l’elenco delle donne locali?– O forse loro hanno esaurito me – rise Fergal. – A dire la verità sento il bisogno di avere dei figli, quindi devo trovare una donna adatta a sposare un uomo del mio rango. Dividere il letto una volta ogni tanto è un conto, ma il matrimonio è una cosa diversa e mia moglie deve essere una Dalcassiana. Queste donne di Ely sono belle e luminose ma non conoscono nessuna delle nostre canzoni.– Il posto migliore dove cercare la donna che vuoi tu è Cashel – ridacchiò lo storico. – Dove c’è un nido si possono trovare delle pollastrelle, e dove ci sono i re è possibile trovare delle principesse.– Se andassi, a Cashel Donough si sentirebbe tradito. Sai quali rapporti ci sono fra lui e Teigue.– Lascia che ci pensi io a Donough – suggerì Carroll.Quando infine gli si presentò l’occasione giusta, affrontò l’argomento con Donough.– Hai perso gran parte della tua famiglia – osservò, – quindi dovresti cercare di essere in buoni rapporti con i parenti che ti rimangono.– Credi che dovrei porre fine alla mia lite con Teigue? – domandò Donough, invece di esplodere come si era aspettato lo storico.– Sì, e per molte ragioni, non ultima il bisogno di trovare una moglie adeguata per il nostro Fergal. Donne del genere che serve a lui abbondano alla corte dei re.Donough non sorrise, ma la piega cupa delle sue labbra si addolcì

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leggermente.– Ho sempre ammirato un buon esperto di tattica, Carroll – commentò. – Mi stai offrendo una scusa per andare a trovare mio fratello senza dare l’impressione che stia cercando di ottenere qualcosa per me.– E cosa potresti mai volere per te stesso? – ribatté Carroll, con un’espressione di assoluta innocenza sul volto.Donough si concesse parecchi giorni di riflessione sulla cosa: la sua ira si era ormai consumata e la sua famiglia in via di espansione gli stava ricordando l’importanza dei rapporti di parentela. Forse era proprio giunto il momento di fare ammenda, perché sebbene Kincora continuasse a non appartenergli questo non gli causava più dolore. Il tempo e la distanza gli erano stati d’aiuto e adesso aveva la sua casa e la sua vita, anche se non erano quelle che aveva sognato.– Se andremo a Cashel tu verrai con noi? – domandò a Carroll.– Sono troppo vecchio e non intendo più viaggiare. Non hai bisogno di avermi accanto perché ti suggerisca cosa dire, Donough. Fra tutti i figli di Brian sei quello che ha la mente più acuta, e nonostante quel guscio duro che mostri al mondo so che nel tuo animo sei un uomo gentile.«Va’ da tuo fratello e porgigli la mano dell’amicizia. Se sarai sincero lui ti accoglierà a braccia aperte, perché Teigue non può volere il perdurare di questa barriera fra voi più di quanto possa volerlo tu.In preparazione per il viaggio Donough ammassò botti di birra, balle di pellicce e di cuoio pregiato da portare in dono a suo fratello, perché adesso che aveva preso la sua decisione non voleva lasciarsi intralciare dall’orgoglio: avrebbe offerto la pace nel modo migliore possibile, e a Teigue sarebbe rimasto soltanto il compito di accettarla.A poco a poco cominciò perfino ad avvertire un senso di sollievo, come se si stesse liberando di un fardello che aveva sopportato troppo a lungo.Dal momento che non voleva che Teigue potesse fraintendere il motivo della sua visita decise di non portare con sé il suo esercito e di partire soltanto con Fergal e una ventina di uomini, tutti armati di lance da caccia e dell’onnipresente spada corta di tipo celtico che ogni uomo portava alla cintura.– Stai correndo un rischio, Donough – gli fece notare Fergal, mettendo in discussione quella sua decisione. – Di recente abbiamo combattuto contro la metà delle tribù del Munster: cosa succederà se una di esse vedrà in questo viaggio l’opportunità ideale per tenderci un’imboscata?– Rimarremo nel territorio di Ely per tutto il tragitto fino a Cashel – gli garantì Donough, – e se dovessimo incontrare dei fuorilegge una ventina

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di guerrieri coraggiosi è in grado di avere la meglio su qualsiasi banda di cani rognosi.– È vero – annuì Fergal, rincuorato come sempre dalla sicurezza del cugino.Donough aveva un nuovo cavallo… parte del riscatto pagato per gli ostaggi di Ossory… che era intenzionato a usare per quel viaggio: si trattava di un puledro nervoso e possente, che aveva cercato di disarcionarlo facendolo sbattere contro un ramo basso quando lui lo aveva montato per la prima volta, e Donough riteneva che il viaggio avrebbe fornito la giusta occasione per domarlo in quanto sarebbe stato abbastanza lungo da stancare l’animale e renderlo trattabile.Per un momento pensò di indossare l’elmo, nel caso che il cavallo avesse cercato di nuovo di mandarlo a sbattere con la testa contro un ramo, ma poi vi rinunciò a causa della sua determinazione ad apparire del tutto pacifico.Una volta che furono in cammino, prese a scherzare amabilmente con i suoi uomini che cominciarono a rilassarsi, lieti che lui fosse di nuovo quello di una volta. Infine qualcuno si decise a porre la domanda che da tempo dominava nella mente di tutti.– Adesso intendi infine far valere la tua candidatura alla posizione di Sommo Re?– Malachi è stato molto astuto – rispose Donough, scuotendo il capo. – Sapeva che non avrei mai cercato di spodestare un poeta e un sant’uomo perché entrambi sono figure sacre in Irlanda. Finché Cuan e Corcran saranno in grado di governare l’autorità resterà nelle loro mani.– Ma…– Niente ma. Lasciate perdere – ingiunse Donough, e dopo qualche istante aggiunse: – Per ora.Gli uomini che erano con lui si scambiarono un’occhiata significativa e sogghignarono.Quando infine Cashel apparve davanti a loro, dominando dalla sua collina la piana di Tipperary, Donough fece arrestare il proprio cavallo.– Re del Munster – mormorò fra sé.Soltanto Fergal lo sentì, e si affrettò ad accostare il proprio cavallo al suo fino a quando le loro ginocchia si urtarono.– Se per ora non puoi diventare l’Ard Ri, perché non essere intanto il Re del Munster? – chiese.– Dal momento che non intendo sfidare un poeta e un sant’uomo, cosa ti induce a pensare che voglia usurpare il titolo di mio fratello?

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– Ma non hai il desiderio di farlo?Donough girò il cavallo in modo da fissare in volto il cugino, e il puledro baio scartò lateralmente in risposta a quel suo comando.– Il desiderio? Lascia che ti parli del desiderio. Ci sono… cose… che ho desiderato con una tale passione da pensare che ne sarei stato lacerato, e tuttavia non ho mai avuto nessuna di esse ma soltanto dei sostituti. Dei compromessi.– Metà di ciò che hai renderebbe felice la maggior parte degli uomini – osservò Fergal.– Davvero? – domandò Donough, con voce stranamente remota. – In tal caso possono anche prendersi tutto, il mio bestiame, il mio forte, mia… – Fece una pausa, scoppiando in una risata di autoderisione, poi continuò: – Mia moglie… anche se ho il sospetto che qualcuno se la sia già presa.Poi spronò violentemente il cavallo, spingendolo al galoppo, e il resto del gruppo lo seguì.

Mentre Donough e i suoi uomini si avvicinavano a Cashel dal nord, Lethgen si accampò sul lato meridionale della collina e cominciò ad elaborare arditi piani per il furto che voleva commettere.Un tempo infrangere deliberatamente la legge sarebbe stata per lui una cosa impensabile, ma adesso i tempi erano cambiati e gli Irlandesi si erano dati al saccheggio e alle ruberie con lo stesso entusiasmo dei Vichinghi perché non c’era più il potere di Re Brian a tenerli sotto controllo.Il piano di Lethgen prevedeva una visita formale al Re del Munster con il pretesto di discutere del commercio del bestiame all’interno del regno: essere cortese con Teigue sarebbe stato un necessario e spiacevole atto di ipocrisia, perché Teigue aveva trattato molto male il suo amico Donough, ed essendo un uomo dalle emozioni violente Lethgen, che provava un intenso affetto per Donough, di conseguenza odiava Teigue in pari misura.Mentre lui teneva impegnato il re, i suoi uomini si mescolarono ai servitori di Cashel ponendo loro delle domande, perché come Carroll prima di lui anche Lethgen era consapevole che i membri dei ranghi più umili erano spesso i meglio informati. Una volta appreso dove si trovasse la spada, il nobile riteneva che sarebbe stato facile disseppellirla con il favore della notte e portarla al Principe Donough.Quando i suoi uomini fecero ritorno al campo per fornirgli un rapporto scoprì però che il furto non sarebbe stato una cosa tanto semplice.– Adesso il re tiene la spada presso di sé – gli riferirono infatti le sue spie.– Ne siete certi?

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– Assolutamente. Abbiamo saputo da fonti attendibili che ha riposto l’arma in una cassapanca piena di vestiario, nella sua camera privata.– Non trovate che sia una cosa interessante? – commentò Lethgen, con un bagliore nello sguardo. – Mi piacciono le sfide.Dopo essersi fatto coraggio con una considerevole quantità di birra fece quindi una seconda visita nella sala del re, che come in precedenza trovò piena di persone venute a richiedere il giudizio o il sostegno del re, cosa di cui approfittò per gironzolare fra la folla in quanto ciò che voleva non era parlare di nuovo con Teigue ma aspettare che gli si presentasse l’opportunità di agire.Infine giunse il momento propizio: quando nessuno stava guardando Lethgen sgusciò oltre una porta e lungo un passaggio che gli era stato detto condurre alla stanza privata di Teigue.Evitando di stretta misura di essere visto da Maeve, che con il figlio maggiore Turlough, un ragazzo di circa sette anni, stava lasciando in quel momento la camera reale, Lethgen si appiattì contro un angolo della parete fino a quando i due non lo ebbero oltrepassato, poi avanzò nella stanza in punta di piedi, pervaso del falso coraggio derivante dall’ubriachezza.Il piccolo fuoco che ardeva in un braciere emanava una luce sufficiente a permettere di vedere una cassapanca da vestiario in legno intagliato che si trovava ai piedi del letto del re: trattenendo il respiro per il timore che il legno potesse scricchiolare Lethgen l’aprì e cominciò a frugare in mezzo al suo contenuto fino a raggiungere la spada, che si trovava sul fondo.Riconoscendola al tatto, con uno sforzo di volontà s’impose di tirarla fuori e la luce del fuoco si riflesse su un’arma troppo grande per essere impugnata da qualsiasi uomo comune: la lunghezza della lama e il peso dell’elsa stupirono Lethgen a tal punto che per un momento non poté fare altro che fissare l’arma, abbagliato dalla consapevolezza che quella che stava lenendo fra le mani era la spada di Brian Boru.– Cosa stai facendo con quella spada! – gridò una voce furente.

Al suo arrivo a Cashel, Donough decise di non presentarsi immediatamente da Teigue.– Non voglio incontrare mio fratello finché non avrò avuto il tempo di lavarmi e di rendermi presentabile – spiegò a Fergal. – Anche tu dovresti fare lo stesso, se vuoi che le donne di qui abbiano una buona impressione di te.Dopo che ebbero dichiarato la loro identità vennero accompagnati nella

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più grande fra le case per gli ospiti, quella che sorgeva ai piedi della Rocca di Cashel, che comprendeva soltanto la grande sala, la cappella, gli appartamenti privati e un’armeria in quanto la sommità della collina era troppo piccola per permettere di erigervi un intero assortimento di edifici reali.Chi non risiedeva in quelle poche costruzioni privilegiate doveva adattarsi ad aspettare più in basso.Vestito con abiti puliti e con i capelli dorati ancora umidi dopo essere stati pettinati, Donough s’incamminò su per l’erta salita che portava alla sommità della Rocca, presentandosi a piedi, senza scorta e senza armi.Alla sommità della salita una porta doppia dai battenti massicci bloccava l’accesso all’interno, che era cinto da mura di pietra. La prima porta adesso era aperta ma non vi erano davanti sentinelle di sorta, e dall’interno giungeva un ruggito di voci punteggiato da urla e da imprecazioni.Perplesso per il volume di quel frastuono, Donough oltrepassò la soglia ed era appena entrato nella cerchia delle mura quando qualcuno corse verso di lui inseguito da una folla di guardie urlanti e da una pioggia di lance.Reagendo d’istinto, Donough si abbassò e l’uomo in corsa gli andò a sbattere contro, facendo barcollare entrambi: era Lethgen.– Cosa… – cominciò Donough, mentre il nobile gli metteva qualcosa fra le mani.– Prendi questa… l’ho fatto per te! – gli gridò Lethgen, poi lo oltrepassò di corsa e si lanciò oltre le porte e giù per il pendio, tallonato dai suoi inseguitori.Abbassando lo sguardo, Donough scoprì che l’oggetto che aveva in mano era la spada di Brian Boru.

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uella fu la fine della mia vita, o per meglio dire di ogni speranza di condurre il tipo di vita che avevo sempre desiderato. In un primo tempo riuscii soltanto a fissare con sconcerto l’arma che

Lethgen mi aveva messo fra le mani. Naturalmente sapevo di cosa si trattava anche se non l’avevo mai toccata prima, in quanto nostro padre non aveva mai permesso a nessuno di noi, neppure a Murrough, di toccare la sua spada.

Q

Il semplice stringerne l’elsa nella mano sinistra mi dava una strana sensazione, e in quel momento il solo pensiero che c’era nella mia mente era lo stupore di scoprire che essa non era troppo grande per me.Poi una guardia mi afferrò per le spalle e mi scosse.– Tu! – gridò. – Hai avuto qualcosa a che fare con questo?– Con cosa? – ribattei, ritraendomi da lui. – Mi stai accusando di qualcosa? Io sono il Principe Donough, e…In quel momento l’uomo mi riconobbe e sul suo volto passò un assortimento di espressioni.– Vieni con me – ingiunse infine.Venni condotto attraverso una grande sala affollata di persone urlanti e agitate che sembravano impegnate a cercare di spiegare le une alle altre qualcosa d’inspiegabile mediante frasi tronche e gesti selvaggi, poi imboccammo un passaggio che portava alla camera del re.Mio fratello giaceva supino accanto ad un braciere rovesciato: parte dei suoi abiti aveva preso fuoco e nell’aria si sentiva un puzzo di stoffa bruciata… ma il problema non erano le scottature, bensì una terribile ferita al petto da cui il sangue usciva a fiotti.– Teigue! Teigue! – gridai, inginocchiandomi accanto a lui.Teigue aprì gli occhi che, incorniciati dalle fitte ciglia, apparivano dolci e perplessi come quelli di un bambino, poi con uno sforzo mise a fuoco il mio volto e contrasse le labbra, senza però riuscire ad emettere nessun

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suono.Un singhiozzo che echeggiò nella stanza mi indusse a guardarmi intorno: Maeve era appoggiata contro una parete, con le mani ustionate protese lontano dal corpo. Dunque era stata lei a spegnere le fiamme; poi il giovane Turlough si fece largo fra la calca presente sulla soglia e si arrestò bruscamente nel vedere il padre disteso al suolo.Quando tornai a voltarmi verso Teigue, le sue labbra si stavano muovendo di nuovo.– Tu – disse, fissandomi in pieno volto. – Tu.Poi chiuse gli occhi e parve improvvisamente appiattirsi al suolo.Con un grido straziante Maeve mi oltrepassò e si gettò sul suo corpo, subito raggiunta da Turlough, che si chinò sul padre e lo chiamò per nome parecchie volte, prima di voltarsi verso di me con occhi roventi.– Sei stato tu a fare questo – mi accusò. – L’ho sentito, sei stato tu.– Non ho fatto nulla – protestai, inconsapevole delle lacrime che mi scorrevano sul volto.– Hai in mano una spada! – gridò Turlough, indicando.Abbassando lo sguardo scoprii che stringevo ancora in pugno la spada di Brian Boru, la cui lama non era però sporca di sangue, e anche se continuavo a non capire cosa stesse succedendo, fui comunque lieto che non fosse stata la spada di mio padre l’arma che aveva tolto la vita a mio fratello.La ferita letale poteva essere stata prodotta da una spada corta? Per appurarlo mi protesi maggiormente in avanti per vedere meglio, cercando di capire se la lama era penetrata solo per un tratto o da parte a parte in quanto sapevo che la lama possente che stringevo in pugno era capace di tagliare in due un uomo.– Assassino! – stridette però il giovane Turlough, bloccandomi il passo con il suo corpo.A quel punto le guardie mi afferrarono e mi trascinarono fuori della camera mentre io cercavo di far notare a chiunque fosse disposto ad ascoltarmi che la spada che avevo in mano non era insanguinata. Però non c’era nessuno che mi desse retta.Mi gettarono in una camera angusta e priva di finestra, lasciandomi solo per un periodo di tempo che non riuscii a valutare… e fu in quel periodo di isolamento che mi resi a poco a poco conto di cosa fosse successo.Teigue era morto, assassinato. Mio fratello… il mio ultimo fratello era morto e si pensava che fossi stato io ad ucciderlo.– No! – ruggii, con tutta la forza dei miei polmoni, e quel grido echeggiò

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nella camera di pietra, assordandomi.Finalmente vennero a prendermi e mi scortarono di nuovo in quella terribile camera, dove adesso Teigue giaceva sul suo letto, con il volto nascosto da una coperta; Maeve gli sedeva accanto, piangendo, e il capo brehon del Munster era nella stanza insieme a parecchi altri funzionari. Se non altro, qualcuno aveva avuto il buon senso di allontanare Turlough.Mi furono poste delle domande a cui cercai di rispondere, e dovetti essere convincente perché alla fine mi fu permesso di informarmi a mia volta sull’accaduto.– Lethgen di Ely ha pugnalato il re – mi fu detto. – È possibile che sia stato colto nell’atto di commettere un furto… e quando ti hanno visto con quell’arma in mano hanno supposto che tu fossi coinvolto nell’omicidio.– Io non sapevo nulla di tutto questo finché non ho oltrepassato le porte e lui mi ha messo in mano la spada! – esclamai, ma pur protestando con calore la mia innocenza in fondo al mio cuore mi sentivo profondamente nauseato perché capivo ormai con estrema chiarezza cosa fosse successo, come se ne fossi stato testimone, e sapevo di esserne effettivamente responsabile.E credo lo sapesse anche Maeve, che mi stava fissando con occhi rossi per il pianto.Ufficialmente i brehon accettarono la mia parola, perché ero un principe dei Dal Cais, e se affermavo che non avevo ordinato quell’assassinio mi si doveva credere; quanto allo sfortunato Lethgen, era già stato catturato dalle guardie e ucciso sul posto, senza neanche un processo.Ai tempi di mio padre avrebbe invece avuto un processo.

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io mi ha concesso il martirio permettendomi di vivere abbastanza a lungo da vedere questo terribile giorno – gemette Cathal Mac Maine. – Teigue Mac Brian è stato assassinato e circolano voci

orribili secondo cui suo fratello sarebbe in qualche modo coinvolto nella cosa.

D– Devo scriverlo negli annali? – domandò Fratello Declan.– Certamente no! Vuoi gettare la vergogna sui Dal Cais?Declan si trattenne quindi dal trascrivere quelle voci sugli annali di Kill Dalua, ma altri annalisti furono meno generosi, anche se nessuno osava accusare apertamente Donough in quanto poteva essere imprudente accusare di omicidio il Re del Munster.

Donough era rimasto più sorpreso di chiunque altro quando Maeve lo aveva mandato a chiamare, il giorno dopo che la notizia della morte di Teigue era stata diffusa per tutto il Munster. Adesso la provincia era immersa nel lutto e si stavano celebrando messe di suffragio in ogni chiesa e in ogni abbazia, mentre Donough attendeva insieme ai suoi uomini di assistere alla sepoltura del re.Per quanto l’idea di affrontare la vedova del fratello lo riempisse di timore, Donough fu costretto dall’orgoglio a presentarsi a testa alta, anche se cupo in volto. Maeve, che appariva altrettanto cupa e sembrava essere invecchiata di un decennio nell’arco di una notte, incontrò il suo sguardo in silenzio per un lungo momento, poi gli si gettò fra le braccia scoppiando in singhiozzi, e Donough la tenne stretta a sé, battendole qualche colpetto sulla schiena con un certo imbarazzo, intensamente consapevole del fatto che la stava toccando con la mano mutilata.– Mi dispiace – continuò a mormorare.– Lo so – rispose lei, con voce soffocata.– Non sono stato io a ordinare la sua morte, Maeve.– So anche questo. Tu non lo avresti mai fatto.

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– E tuttavia mi sento responsabile… – cominciò Donough, spinto a parlare da un’integrità che era parte del suo essere.– Non lo dire mai! Mai! – esclamò Maeve, ritraendosi dal suo abbraccio e fissandolo con spaventosa intensità.–Ma…– Qualsiasi cosa ti gravi sulla coscienza, d’ora in poi la dovrai sopportare in silenzio. Possibile che tu non capisca?Ottenebrato dal dolore e dal senso di colpa, Donough si scoprì incapace di seguire il suo ragionamento. – Adesso tu sei il principe più anziano dei Dal Cais – proseguì Maeve, mordendosi un labbro. – Mio figlio Turlough è troppo giovane per diventare re ma l’ultima cosa che qualsiasi Dalcassiano può volere è che la sovranità del Munster venga ceduta di nuovo agli Owenacht dopo tutti questi anni. La sovranità deve restare all’interno del clan O Brian, quindi tu devi accettare di succedere a Teigue.– Non posso! – esclamò Donough, sussultando come se fosse stato schiaffeggiato. – Non capisci? La gente vedrà in questo la prova che ho deliberatamente ucciso mio fratello per impossessarmi del suo titolo.– Dal momento che non è vero non hai nulla da temere. Questo è ciò che Teigue avrebbe voluto, Donough, per amore dei nostri figli e dei loro figli. La dinastia O Brian deve continuare.– Attraverso me? – domandò lui, in tono amaro.– Sì, se necessario. Nonostante tutte le vostre liti, lui ti voleva bene.– Vorrei poterlo credere.– Ti garantisco che è vero – affermò Maeve, con un triste sorriso… e nel rendersi conto dello sforzo che questo le stava costando Donough rimase meravigliato e ammirato dal suo coraggio.Il giorno della sepoltura di Teigue il capo brehon annunciò che Donough Mac Brian era il nuovo Re del Munster.

Non potendo più rimanere nella sua fortezza nel territorio di Ely, in quanto questo avrebbe soltanto alimentato le voci di una cospirazione, Donough doveva scegliere una nuova residenza, che avrebbe dovuto essere Cashel… o Kincora.– Desideravo Kincora con tutta l’anima – confessò a Fergal, – e così pure la spada di mio padre, ma adesso che posseggo entrambe mi accorgo di non volerle. Mi sono costate troppo.Alla fine decise con riluttanza di trasferirsi a Cashel, e una volta che Maeve fu tornata con i suoi figli nella sua vecchia casa nella valle ad ovest

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dello Shannon ordinò di sigillare la stanza in cui era avvenuto l’omicidio, facendo costruire per sé una nuova camera privata a pochi passi di distanza dalla tomba di un altro re assassinato… suo zio Mahon.Quando Mahon era morto Brian Boru gli era succeduto come Re del Munster, e adesso la corona da lui portata sarebbe poggiata sul capo di Donough.L’ironia era troppo manifesta per essere divertente.Nel frattempo Fergal tornò a Tipperary per scortare a Cashel Driella e il resto del seguito di Donough, un viaggio che venne compiuto con estrema lentezza perché Driella era in stato di avanzata gravidanza; per tutto il tragitto Geoffrey rimase con lei sul carro, tenendola per mano.Il loro gruppo non era il solo che sì stesse dirigendo a Cashel: le strade che vi portavano erano affollate di persone che si recavano là, alcune per professare fedeltà al nuovo re, altre per una morbosa curiosità che le induceva a voler vedere un re che aveva assassinato suo fratello per conquistare un regno.Un re che era uno dei grandi e potenti Dal Cais.Nonostante la sua affermazione di essere ormai troppo vecchio per viaggiare, anche Carroll tornò a Cashel, dove venne immediatamente accompagnato da Donough.– Sei sottile come un bastone di nocciolo! – esclamò il vecchio storico, allarmato dal suo aspetto.– Davvero? – ribatté Donough, scrollando le spalle con indifferenza.– E i tuoi capelli…– Lo so, si stanno facendo grigi, la gente me lo ha già fatto notare… a volte con soddisfazione, come se la ritenesse una meritata punizione.– Non sei colpevole di nessun crimine – dichiarò con certezza Carroll.– La storia mi renderà giustizia?– Ah… dipende da chi la racconterà – ammise lo storico, abbassando lo sguardo sul pavimento.– Gli Owenacht stanno facendo tutto il possibile per accertarsi che la loro versione sia quella che verrà ricordata, ed ho il sospetto che influenzeranno almeno alcuni degli annalisti.– In tal caso dovrai condurre una vita che smentisca i tuoi accusatori – consigliò Carroll.– Ho sempre condotto una vita del genere – gli fece notare Donough. – Non ho mai fatto nulla che potesse indurre la gente a ritenere che avrei potuto macchiarmi di un fratricidio ed ho sempre cercato di essere all’altezza dell’esempio posto da mio padre.

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– Forse è questo il problema – osservò Carroll, in tono sommesso.– Cosa intendi dire?– Ti sei addossato un compito troppo gravoso, che già per Brian era stato incredibilmente difficile, se consideri che tu sei partito a metà di una scala che lui aveva creato e salito da zero. Le aspettative che gli altri avevano nei confronti di Brian non sono mai state esigenti come quelle che lui aveva verso se stesso.– Ma lui poteva fare qualsiasi cosa!– No, non poteva – rise Carroll, – ma era semplicemente abile nell’indurre gli altri a credere il contrario: ci ha tenuti tutti sotto il suo incantesimo, ed ho il sospetto che anche tu ne sia caduto vittima. Per quanto lo ammirassi quanto chiunque altro, però, nel corso degli anni ho scoperto che era soltanto un essere umano.– Era più che umano – ribadì cocciutamente Donough.– Manchi di prospettiva storica – affermò Carroll, scuotendo il capo. – Io, che pure gli volevo bene, ti dico in tutta franchezza che Brian ha rovinato la vita dei suoi figli.Quelle erano però parole che Donough non voleva sentire.Il giorno in cui venne nominato Re del Munster si costrinse a portare al fianco la spada di suo padre, e per quanto lo sguardo di tutti fosse su di lui… e su quella lama scintillante… si obbligò a presentarsi davanti al suo popolo a testa alta e con il volto atteggiato ad un’espressione indomita che i più anziani fra i presenti ricordavano bene… e che li indusse ad applaudirlo, perfino quelli che gli erano nemici.Malcom di Scozia e Godwine del Wessex mandarono messaggi di congratulazioni e doni appropriati ad un re.«Confido che tu abbia adesso a tua disposizione un considerevole esercito,» scrisse Malcom. «Le nostre lotte contro svariati nemici continuano e non ci dispiacerebbe il prestito di alcuni armigeri.»Prontamente, Donough inviò in Alba un contingente di uomini del Munster.La lettera del Conte Godwine al genero aveva invece un tono leggermente diverso. Essa diceva: «La morte di Llywelyn, Re del Galles, coincide con la tua ascesa al trono, e ci ricorda che il cambiamento è la legge stessa della natura. Canute conserva il trono d’Inghilterra ed è nel pieno vigore delle forze, ma adesso io ho avuto il primo figlio maschio, un bel bambino che abbiamo battezzato Harold Godwinesson. È davvero splendido, la mia stessa immagine, ed è mia speranza vederlo succedere a Canute sul trono. Nel caso tale opportunità dovesse presentarsi confidiamo di poter contare

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in Irlanda sul sostegno di un potente alleato.»Potente. Donough lesse la lettera in solitudine, nella sua camera, poi l’accantonò e infine la prese per leggerla di nuovo.Il mio potere esiste soltanto nella percezione del Conte Godwine, pensò. A meno che qualcuno glielo dica, lui non ha modo di sapere quanto sia instabile la base su cui mi reggo. Cosa diceva Carroll a proposito di mio padre? Ah, sì… Brian era abile nell’indurre gli altri a credere di poter fare qualsiasi cosa.Convocato uno scrivano, gli dettò la propria risposta al conte: «Le risorse del mio regno saranno a tua disposizione nel momento in cui tu dovessi averne bisogno.» Nella lettera non accennò al fatto che lui stava regnando su un Munster diviso, nel quale una buona metà della gente lo riteneva più o meno apertamente un fratricida, e non menzionò neppure il fatto di aver perso ogni speranza di poter diventare Ard Ri… a meno che si fosse procurato lui stesso un alleato eccezionalmente potente entro il momento in cui Cuan e Corcran non fossero più stati in grado di governare.In ogni caso era ancora giovane ed esisteva sempre la possibilità che Harold Godwinesson arrivasse un giorno a sedere sul trono d’Inghilterra, considerato che Godwine era abile nei giochi di politica e di potere.

Quando la compagnia di guerrieri del Munster arrivò in Alba, Malcom la utilizzò nella sua rinnovata guerra contro i Nortumbri, oltre ad apprendere dai suoi componenti una versione molto interessante dell’ascesa di Donough alla sovranità.– Blanaid, il Re del Munster è astuto quanto uno Scoto – commentò con notevole soddisfazione, parlando con la moglie.– Ha saggiamente seguito il mio esempio nell’eliminazione degli ostacoli.– Di cosa stai parlando?– Tuo fratello Donough ha fatto uccidere tuo fratello Teigue per avere la sua corona.Senza parole, Blanaid fissò il marito con espressione inorridita.

Anche Sitric Barba di Seta credette alla storia dell’omicidio, ma non ne rimase inorridito, anzi ne fu invece ammirato… ma avendo appreso una certa cautela nel trattare con le donne non tentò neppure di accennare con sua moglie Emer al fatto che uno dei suoi fratelli ne aveva ucciso un altro.Parlarne con Gormlaith sarebbe stato altrettanto inutile, perché lei non capiva più nulla di quello che le veniva detto e passava il tempo nella sua

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camera, seduta o distesa, intrappolata in un corpo troppo forte per morire anche se lo spirito racchiuso in esso era una fiamma ormai spenta.Solo con lei in quel suo declino crepuscolare, il suo grosso custode scoto a volte le teneva la mano.

L’anno successivo Cuan O Lochlan morì inaspettatamente, ma il governo dell’Irlanda non tornò alla forma della somma sovranità perché prima che chiunque venisse a sapere della sua morte Corcran aveva già nominato un nuovo poeta che lo sostituisse.Tara rimase quindi deserta, con la sala abitata soltanto dai ragni e decorata dalle loro ragnatele.Le stagioni delle battaglie si succedettero le une alle altre, cessando con l’inverno e riprendendo con la primavera, e i Danesi di Sitric continuarono a saccheggiare e a depredare, ma con un entusiasmo sempre minore perché ormai la competizione era eccessiva in quanto i due governanti degli Irlandesi, essendo un poeta e un prete, mancavano completamente di esperienza militare e non si sforzavano neppure di mantenere la pace almeno in misura minima.Donough Mac Brian, Re del Munster, impegnò le battaglie che erano necessarie ad un re per dimostrare il suo diritto di governare ponendo i nemici in stato d’intimidazione.A Cashel Driella gli diede un terzo figlio in aggiunta a Murchad e a Lorcan. Il nuovo neonato risultò però piccolo e rugoso, con la carnagione scura, e dopo avergli dato una sola occhiata Donough volse le spalle a lui e a sua madre.Distesa sul letto, Driella lo stava fissando con un’espressione simile al timore sul volto florido e sudato.– Quale nome per tuo figlio? – chiese, attingendo al poco irlandese che nel frattempo aveva involontariamente assimilato.– Chiamalo come preferisci – ribatté Donough, sempre senza guardare il piccolo.Nel lasciare la camera incontrò nel corridoio Geoffrey di Fens e i loro sguardi s’incrociarono, una cosa alquanto rara. L’espressione sul volto del prete era guardinga e ansiosa, e indusse Donough a far scivolare la mano verso il coltello che portava alla cintura.Cos’avrebbe fatto mio padre se quest’uomo avesse generato un figlio da sua moglie? si chiese. Di certo lo avrebbe ucciso e avrebbe rimandato il suo corpo in Inghilterra dentro una cassa.Il pensiero dell’Inghilterra gli richiamò però alla mente il ricordo del

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Conte Godwine, e come se qualcuno gli stesse sussurrando all’orecchio rammentò le parole che questi gli aveva scritto a proposito di suo figlio Harold, parole che splendevano di orgoglio.Figli, si trovò a pensare. E padri.Traendo un profondo respiro protese il braccio destro e appoggiò con infinita gentilezza la mano mutilata sulla spalla del prete, parlando poi con voce gentile.– Hai un figlio – gli disse.

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l giovane apprendista scrivano sedeva appollaiato come un ossuto airone sul suo sgabello a tre gambe, tremante per lo sforzo di apparire al tempo stesso umile e attento mentre ascoltava le

spiegazioni di Fratello Declan.I– Tenere gli annali è un sacro dovere – stava dicendo il monaco, ripetendo le stesse parole che Cathal aveva detto a lui molti anni prima. – Questi annali registrano il passato nell’interesse del futuro, in modo che coloro che li leggeranno possano essere ispirati dai nostri sacrifici ed evitare i nostri peccati.Mentre l’apprendista cercava di non contorcersi, Declan intinse intanto la penna nell’inchiostro e scrisse: «Era di Cristo, 1027. Riccardo il Buono, Re di Francia, Duca di Normandia e figlio di Riccardo il Senza Paura, è morto. Dopo essere piombato sul Connacht e aver preso molti ostaggi, Donnough Mac Brian ha guidato l’esercito del Munster nella terra tribale di Ossory, dove gli uomini del Munster hanno subito una grande strage. Fra i caduti ricordiamo Fergal, nobile figlio di Anluan, figlio di Kennedy. Grande è stato il dolore dei Dalcassiani.»Quelle parole apposte sulla pergamena non erano però sufficienti ad esprimere a fondo la perdita che la morte di Fergal aveva costituito per Donough.Il Re del Munster aveva già perso Carroll, che due anni prima era infine morto a causa di una somma di malanni dovuti all’età avanzata, ma pur avendo pianto la scomparsa dello storico la sua era stata per lui una morte prevista.Quella di Fergal non lo era stata. Un minuto prima lui e Donough stavano combattendo insieme, con Fergal come al solito un po’ più indietro rispetto al cugino in modo da proteggergli le spalle, e il momento successivo Donough aveva udito un tonfo, appena recepibile in mezzo agli altri rumori della battaglia, e subito dopo un peso gli era piombato sulla schiena, inducendolo a girarsi appena in tempo per sostenere fra le braccia

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il cugino morente. Una lancia dall’asta ancora vibrante per l’impatto sporgeva dalla schiena di Fergal.– Non puoi morire! – aveva protestato Donough, che pure aveva visto innumerevoli uomini perdere la vita nello stesso modo e sapeva quindi che si trattava di una ferita mortale.– Non sono obbligato ad obbedire sempre ai tuoi ordini – aveva ribattuto Fergal, con voce rauca. – Anch’io sono un principe.Poi aveva cercato di ridere, invece aveva tossito e un rivolo di sangue gli era scaturito dalle labbra mentre gli intestini gli si rilasciavano. Quando Donough lo aveva adagiato con delicatezza al suolo, la sua anima se n’era già andata.Il sacrificio di Fergal non aveva portato a Donough nessuna ispirazione.È morto per niente, rifletté, nell’accompagnare il corpo a Cashel. Stavo cercando di dimostrare a me stesso di essere un guerriero pari a mio padre e cosa ho ottenuto? Un altro scontro, un’altra battaglia, ma nulla d’importante, nulla che valesse la vita di un uomo in gamba. Uccidere o essere uccisi, che gloria c’è in questo? Si ottiene soltanto di morire immersi nel proprio fetore.D’un tratto Donough interruppe il corso dei propri pensieri, assalito dalla sconcertante sensazione di aver già sentito quelle parole… ma quando? E chi le aveva dette?Non riusciva a ricordarlo.Era estate e ogni cespuglio vibrava del canto degli uccelli, l’aria era dolce, la terra fertile, la vita traboccava tutt’intorno, preziosa e insostituibile.– Nulla vale la perdita di una vita – affermò improvvisamente Donough, ad alta voce, sotto lo sguardo sconcertato dei suoi uomini.I combattimenti però non cessarono. Donough prese degli ostaggi nel Leinster e nel Meath, e i guerrieri di quei regni assalirono per rappresaglia i suoi confini, mentre una tribù del Munster rifiutava di pagare il proprio tributo a Cashel, alcuni clan del Munster ne depredavano altri e innumerevoli supplici si aspettavano che il re agisse nel loro interesse… o che ammettesse di non essere abbastanza forte da sedere sul trono.Di conseguenza Donough fu costretto a marciare ancora da Cashel con il suo esercito, a volte vincendo altre perdendo: le battaglie erano tutte uguali ma erano un modo per passare le giornate, per sfuggire a quelle cose a cui lui non voleva pensare.Come Driella e il bambino che era stato chiamato Donalbane.– Questo non è un nome irlandese – borbottavano i cortigiani, ma Donough rifiutava di rispondere a quei commenti.

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Da quando era nato il bambino non aveva più diviso il letto con sua moglie, preferendo dormire in un’altra stanza nelle notti in cui gli riusciva di prendere sonno invece di aggirarsi per i corridoi di Cashel, alto, severo e con occhi roventi.Il suo corpo infatti provava ancora desiderio, come un animale che non gli riuscisse di domare, ma non avrebbe toccato Driella mai più anche se questa decisione non derivava da un senso d’ira dovuto al tradimento quanto all’impressione di averla ceduta a Geoffrey il giorno in cui Donalbane era nato.Adesso il vero atto di tradimento sarebbe stato quello di dividere il letto con lei, e in un certo senso Donough era quasi contento che nessuno dei suoi confidenti fosse più in vita perché non avrebbe saputo spiegare quella sua decisione in maniera tale da renderla comprensibile per chiunque altro. Sapeva soltanto che si stava adeguando ad un suo personale standard di vita interiore… sebbene esso non corrispondesse all’immagine che lui aveva di suo padre.Nella sua vita c’erano comunque altre donne, perché Donough era un uomo virile ed erano molte le donne che cercavano l’onore di giacere fra le braccia del re, ma lui non provava nulla per loro e ne era grato, in quanto era convinto che anch’esse non provassero nessun sentimento nei confronti di un uomo imperfetto e sfigurato quale lui era e riteneva meglio evitare qualsiasi coinvolgimento emotivo e lasciare che il sesso diventasse una transazione diretta di cui ciascuno degli interessati conosceva il prezzo.Al tempo stesso, però, detestava la desolata malinconia che scendeva dopo su di lui, e quando non gli riusciva più di tollerarla cercava di distrarsi andando ad ispezionare la guarnigione di Kincora, perché gli bastava vedere quella palizzata per tornare per un momento a sentirsi un ragazzo.Per puro caso si trovava là nel 1028, quando infine Cathal Mac Maine morì, quindi si recò a rendere l’estremo omaggio all’anziano abate e presenziò alla sua sepoltura all’interno delle mura di Kill Dalua, apprendendo con piacere che il suo vecchio amico, Fratello Senan, era stato nominato a succedere a Cathal. Dopo il funerale i due sedettero insieme nella camera dell’abate, ricordando il suo precedente occupante nel sorseggiare una coppa di sidro.– Era un vero cristiano con una forte dedizione e una notevole determinazione, anche se non sempre ero d’accordo con lui – commentò Senan.– Non mi sono mai accorto che fra voi ci fosse del disaccordo – osservò

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Donough, inarcando un sopracciglio.– Non si può parlare di disaccordo in quanto lui era abate ed io un semplice fratello, ma per esempio Cathal sapeva che non ero d’accordo con il modo in cui ha agito in merito a quella ragazza druido.– Quale ragazza? – chiese Donough, irrigidendosi.– Quella che tu avevi fatto chiamare e che è stata mandata via.– Vuoi dire che in effetti lei era venuta da me?– Sì, ma il defunto abate le ha detto che tu non volevi vederla. Non poteva approvare che tu avessi a che fare con una pagana, quindi…– Ciò significa che lei non mi ha rifiutato a causa di questa?– ruggì Donough, scattando in piedi e agitando nell’aria la mano destra.Lo sconvolto monaco sollevò lo sguardo su di lui, rendendosi conto con sgomento di quanto Donough fosse grosso, possente e furioso.– Sei stato ingannato – sussurrò, mentre Donough lo fissava con espressione tale da indurlo quasi ad aspettarsi che lui lo colpisse.Senan si sentì venir meno per il sollievo quando il re si limitò a lasciare a precipizio la camera, e non appena rimase solo afferrò con mani tremanti la coppa di sidro abbandonata da Donough, svuotandola in un fiato.

Nello stesso momento Sitric Barba di Seta stava decidendo di averne abbastanza. Dopo Clontarf la sua gioia di vivere era andata logorandosi costantemente e adesso non poteva più neppure sperare nel Valhalla perché le sue probabilità di morire in battaglia erano ormai molto esigue in quanto non aveva più guerrieri sufficienti per avventurarsi fuori delle mura di Dublino. L’estate precedente i suoi Danesi erano infatti stati quasi distrutti da un esercito di guerrieri del Meath e quella primavera il suo figlio maggiore era stato preso in ostaggio da un principe di Brega che pretendeva come riscatto milleduecento mucche, centoquaranta cavalli britanni e sessanta once di argento bianco.I saccheggiatori venivano saccheggiati.In aggiunta a tutto questo, in quel periodo Emer era di umore spaventoso perché voleva che lui si liberasse di Gormlaith, che aveva cominciato ad urlare durante la notte.– Cosa devo fare, mandarla alla deriva nella baia? – domandava Sitric.– Puoi anche darle fuoco con una torcia, per quel che m’importa.– Non farò nessuna delle due cose, perché lei è mia madre.– Allora mandala da Donough – ringhiava Emer, – prima che le dia fuoco io stessa.All’inizio del loro matrimonio, molti anni prima, Sitric aveva trovato

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divertente il temperamento irlandese della figlia di Brian, che aveva scherzosamente ribattezzato «la mia piccola leonessa». Il suo divertimento era però diminuito in fretta ed era svanito del tutto il giorno della battaglia di Clontarf, quando Emer lo aveva deriso per la sua sconfitta e lui l’aveva picchiata.– Adesso che ogni mano è levata contro di me tranne quella di Donough non posso permettermi di infrangere la sua fiducia – dichiarò, assumendo un’espressione cocciuta. – Ho acconsentito a tenere qui Gormlaith e lo farò… e se dovesse succederle qualcosa di male per causa tua subirai la sua stessa sorte.– Ma tu devi fare qualcosa! – stridette Emer.Sitric in effetti fece qualcosa: si convertì al cristianesimo.– Se non posso entrare nel Valhalla, – spiegò al vescovo che lo aveva battezzato, – posso almeno assediare il Paradiso.Il vescovo nutriva parecchi dubbi sulle possibilità da parte di quell’anziano Vichingo di entrare in Paradiso, ma si trattenne saggiamente dal dirlo, anche perché era per lui un titolo d’onore essere riuscito a convertire Sitric Barba di Seta.Dopo essere stato battezzato questi partì immediatamente per andare in pellegrinaggio a Roma, lasciandosi alle spalle tutti i suoi problemi.

Donough intanto stava compiendo un viaggio molto più breve. Lasciata Kill Dalua, raggiunse il Drumcullaun Lough viaggiando ad una velocità tale da rischiare di uccidere il cavallo per lo sfinimento, e in breve tempo individuò la capanna druidica che sorgeva in mezzo alle querce. Una volta che ebbe impastoiato il cavallo perché non si allontanasse troppo si sentì però di colpo sperduto nel chiedersi cosa le potesse dire dopo tanto tempo, e subito dopo fu assalito da un pensiero ancora peggiore: e se nel frattempo lei si fosse trovata un altro uomo?Per poco quel timore non lo indusse a girarsi e a risalire a cavallo, ma in tutta la sua vita non era mai fuggito davanti a nulla e non avrebbe cominciato adesso: con passo deciso raggiunse la porta chiusa e bussò sul battente con la mano sana.Seguì una pausa di silenzio, nella quale gli parve di sentire il martellare del proprio cuore, poi qualcuno si mosse all’interno e la porta scricchiolò sui cardini, rivelando il volto incredulo di Cumara.

– Padraic era un vecchio amico di mio padre e mi ha accolto a vivere con la sua famiglia – spiegò Cumara, mentre Donough si riscaldava le mani

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vicino al fuoco. – Da allora abito qui e passo il tempo ricopiando la biografia di Brian Boru scritta da mio padre, ma la mia salute è così cagionevole che penso di essere ancora in vita soltanto grazie all’antica scienza di queste persone.– Dove sono gli altri… Padraic e la sua famiglia?– Lui è morto due inverni fa e la sua figlia maggiore e due dei figli maschi si sono sposati, andando a vivere altrove. Qui con me sono rimasti soltanto Daman e Cera.– Cera – ripeté Donough, poi si fece forza e si costrinse a chiedere in tono cortese: – Tua moglie?– Io ho provato a corteggiarla, ma non mi vuole accettare – replicò Cumara, con una vacua risata. – La nostra Cera ha una natura selvaggia e appartiene soltanto a se stessa.Mentre parlava, Cumara stava intanto cominciando a riprendersi dalla sorpresa, e nello scrutare il volto di Donough alla luce tenue del fuoco ebbe l’impressione di scorgervi un intenso sollievo, sentendosi gratificato all’idea che lui fosse così contento di averlo incontrato.– Dove sono i tuoi uomini, amico mio? – chiese ad alta voce.– Sono venuto solo.– Non è possibile! Ho sentito dire che ti hanno nominato Re del Munster, quindi di certo ora un esercito ti accompagna dovunque.– Ho lasciato i miei uomini a Kincora – spiegò Donough. – Non ho permesso a nessuno di accompagnarmi.– Perché no? Sei venuto a trovarmi e tuttavia non hai voluto che nessuno ti scortasse?– Non sapevo neppure che tu fossi qui.– Allora non capisco cosa… perché… – cominciò Cumara, sconcertato.La porta si aprì con uno scricchiolio e la luce del giorno piovve sul volto di Donough, permettendo a Cumara di vederlo bene in viso mentre Cera entrava nella capanna… e di colpo ogni domanda trovò risposta.Per un momento Cera fissò Donough con stupore, poi accennò a parlare ma lui scattò in piedi e la strinse a sé con tanta forza da impedirle di emettere suono.– Ssshhh – sussurrò, con la bocca affondata contro i capelli di lei. – Ssshhh.E si limitò a tenerla stretta, un uomo alto che avviluppava nel proprio abbraccio una donna minuta, mentre entrambi lasciavano che il proprio corpo parlasse per loro ed esprimesse sensazioni più eloquenti di qualsiasi parola.

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Con un sorriso triste e malinconico Cumara si alzò e lasciò la capanna.Più tardi… molto più tardi… parlarono infine di quel giorno a Kill Dalua, quando Cera aveva cercato invano di farsi ammettere nell’abbazia.– Ho creduto che non fossi venuta da me perché ero mutilato – affermò Donough.Per tutta risposta lei gli afferrò il braccio destro e spinse indietro la manica in modo da esporre il pollice scolorito e il palmo sfregiato e monco: tenendo la mano rovinata vicino al fuoco in modo da poterla vedere con chiarezza, chinò il capo e la coprì di baci.

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uando Donough la portò con sé a Kincora lei non pose domande e si accontentò di sedere in sella dietro di lui, con le braccia strette intorno alla sua vita e la guancia appoggiata sulla lana ruvida

della sua tunica. Di tanto in tanto prese a cantare sommessamente, con voce che non pareva penetrare negli orecchi di Donough ma piuttosto abitare in essi come se fosse stata sempre parte di lui.

Q

Arrivato a Kincora, Donough la condusse immediatamente nella camera del re, che adesso era sua di diritto.– Riposeremo qui per qualche giorno – le disse, supponendo che per Cera fosse chiaro che dopo avrebbero proseguito alla volta di Cashel, perché lui era il Re del Munster e apparteneva al suo popolo, così come Cera apparteneva a lui soltanto.Il primo problema sorse quando Donough espose le proprie intenzioni a Senan, aspettandosi le sue congratulazioni per il modo in cui aveva posto rimedio ad un errore che era stato commesso. Invece l’Abate di Kill Dalua si mostrò sgomento.– Non puoi installare una donna pagana a Cashel! – esclamò.– Io non ho approvato a suo tempo il modo in cui la situazione è stata gestita, ma sono d’accordo con le premesse che ci sono a monte di essa. Grazie soprattutto a Cathal Mac Maine esiste adesso in Irlanda un grosso movimento inteso a cancellare le antiche usanze pagane e il Re del Munster commetterebbe un atto di aperta sfida nei confronti della Chiesa facendo di una donna druido la sua favorita. Portala da me, Donough, e daremo inizio immediatamente alla sua conversione!Cera però non aveva nessuna intenzione di lasciarsi convertire.– Non posso cambiare il mio spirito più di quanto tu possa farti crescere una mano nuova – disse a Donough. – Così come sono ti riesco tanto sgradevole?– Mi piace tutto di te – rispose lui, in assoluta sincerità. – Non cambiare nulla soltanto per compiacermi.

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Una volta presa quella decisione Donough fu però costretto a mostrarsi circospetto per quanto concerneva la loro relazione e decise di portare Cera a Cashel in segreto, trovando per lei un luogo dove vivere vicino alla Rocca ma lontano dallo sguardo della Chiesa.Allorché espose a Cera le sue intenzioni incontrò però nuove rimostranze.– Non voglio che tu mi nasconda come una cosa di cui ti vergogni! – protestò lei. – Voglio vivere con te, ho bisogno di vedere il tuo volto accanto a me alle prime luci del giorno e di addormentarmi la notte fra le tue braccia.– Io ho una moglie – cercò di spiegarle Donough.– Ripudiala, se preferisci me. Di certo non vorrai offendere il suo orgoglio mettendola in una posizione del genere. Rivolgiti ai brehon per avere il divorzio e…– Non posso farlo, Cera. Tu non capisci, io ho bisogno di quella donna, o meglio delle sue connessioni politiche. La mia posizione è quanto meno pericolante e dipende da come gli altri percepiscono la mia forza. Se troncassi il mio rapporto con Re Canute potrei distruggere per sempre le mie possibilità di diventare l’Ard Ri.– Tu vuoi essere l’Ard Ri? – domandò Cera, incontrando e sostenendo il suo sguardo.– Tutta la mia vita è stata diretta verso questo scopo.– Ma tu vuoi essere l’Ard Ri? – ripeté Cera.Quanto erano limpidi i suoi occhi e quanto vedevano in profondità nella sua anima!– Non lo so – ammise Donough, in tono infelice.

Mentre giaceva con lei nella camera del re di Kincora, Donough si chiese se suo padre avesse mai portato la sua donna druido in quella stanza e in quel letto, e se essi li stessero ora osservando in spirito.Poi le mani di Cera si mossero sul suo corpo e la sua bocca gli incendiò la carne, allontanando ogni pensiero.Quando lei gli scivolò sopra, cavalcandolo, Donough contemplò con ammirazione i suoi seni, la cui florida pienezza non risultava evidente sotto gli abiti e che adesso sobbalzavano in reazione ai suoi movimenti. Chiudendo i palmi intorno ad essi li fece sobbalzare più in alto e Cera scoppiò in una risata che riverberò lungo i suoi muscoli interni, facendoli contrarre ritmicamente intorno al suo membro fino a causargli un orgasmo così intenso da essere doloroso. Entro pochi momenti il desiderio tornò però a renderlo avido di possederla, perché non c’erano limiti al gioioso

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donarsi di Cera.

Cera gli permise di portarla a Cashel con uno scialle sulla testa per mantenere in ombra il viso e di installarla in una casa appartata fatta di calde assi di legno e non di fredda pietra come le strutture sulla sommità della Rocca, e là ogni giorno rimase in attesa che Donough venisse da lei.Per lui sacrificò il proprio orgoglio, ma nonostante tutti i suoi sforzi non riuscì a nascondere la sofferenza che questo le causava e a volte, in qualche momento in cui le sue difese si abbassavano, Donough riusciva a intravedere l’angoscia nei suoi occhi e si rendeva conto dell’amore che lei nutriva nei suoi confronti.Deciso a fare in modo che il suo sacrificio non fosse vano, Donough raddoppiò i propri sforzi per arrivare ad una posizione da cui poter avanzare con successo la sua rivendicazione alla somma sovranità.Avendo ormai dimostrato la propria abilità di guerriero, cominciò ad elargire doni a chiese e monasteri, procedendo al tempo stesso con mezzi spietati a liberare il Munster dalla maggior parte dei fuorilegge che lo infestavano, fino a rendere le strade ragionevolmente sicure.A volte però aveva l’impressione di combattere contro le ombre, perché le profonde forze di disintegrazione che erano all’opera in Irlanda non potevano essere tenute a bada da nessun uomo.Un giorno Maeve lasciò la sua valle per venire a Cashel a informarlo di aver mandato il figlio maggiore Turlough in adozione presso Diarmait Mac Mael-nambo, Principe del Leinster.– Turlough ha bisogno di un padre nobile – affermò.– Io lo avrei allevato con piacere. Il figlio di mio fratello…– Impensabile – lo interruppe Maeve. – Anche se io fossi stata disposta a farlo Turlough non avrebbe mai acconsentito perché ti considera ancora responsabile per la morte di Teigue. No, è meglio che lui arrivi all’età adulta restando il più possibile lontano da te, perché vederti serve soltanto ad alimentare la sua ira. Inoltre – aggiunse, con un’astuzia politica che Donough non si sarebbe aspettato da lei, – un giorno lui potrebbe aver bisogno di una forte alleanza con il Leinster.Donough comprese immediatamente che Maeve aveva intenzione di vedere Turlough diventare il prossimo Re del Munster e cominciò immediatamente a preparare suo figlio Murchad a diventare un principe guerriero e un re.Un anno più tardi Sitric Barba di Seta fece ritorno da un prolungato pellegrinaggio a Roma, dove aveva incontrato con sua sorpresa parecchi

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altri Vichinghi. In quel periodo l’apprendista di Fratello Declan appose la sua prima registrazione negli annali:«Era di Cristo, 1030. Gormlaith, Principessa del Leinster, madre di Sitric, Re di Dublino, e di Donough, Re del Munster, è morta. Si tratta della stessa Gormlaith che ha contratto tre matrimoni che nessun’altra donna riuscirà mai a contrarre: con Olaf di Dublino, con Malachi di Tara e con Brian Boru di Kincora.»Donough pianse la madre in privato, e soltanto Cera seppe del suo dolore.– Se mai avrò una figlia la chiamerò Gormlaith – giurò.Per quanto lo desiderasse, Cera però non osava dargli dei figli perché un bambino avrebbe rivelato in maniera irrimediabile il loro segreto in quanto Donough non sarebbe stato capace di nascondere la propria gioia e il proprio orgoglio.Con il passare del tempo intanto il loro desiderio reciproco stava aumentando invece di diminuire, e il loro amore si faceva sempre più ricco, profondo e pieno d’inventiva.– Di certo una passione del genere non può essere naturale – scherzò Donough.– Non userei mai la magia druidica per una cosa del genere – rispose Cera, in assoluta serietà. – La sola magia risiede in noi stessi.– In noi stessi?– In tutti e due – precisò lei, mentre la sua espressione grave si addolciva in un sorriso. – La magia è in entrambi.L’autunno successivo arrivò da Alba un messaggio urgente.«Nonostante tutti i miei sforzi per blandirlo» scriveva Malcom, «Canute d’Inghilterra ha attaccato Alba e sta marciando verso il nord con un grosso esercito che include un contingente di Danesi reclutati a Dublino. Di conseguenza ti chiedo di mandarmi tutti i guerrieri che ti è possibile in modo da permettermi di conservare Alba per trasmetterla a mio nipote Duncan.»Quella richiesta sconvolse Donough, che radunò i suoi più saggi consiglieri ed espose loro la situazione.– Se andrò in aiuto di Malcom mi troverò a combattere contro Canute, inimicandomi così il Re d’Inghilterra, con il quale mia moglie è imparentata – aggiunse, anche se non era necessario.– Tua sorella ha sposato Malcom – gli fece notare il capo brehon del Munster. – Quale legame è il più forte?Gli altri fornirono troppi consigli tutti insieme, in quanto pareva che tutti avessero un’opinione ma nessuno disponesse di una soluzione, e alla fine

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Donough li congedò tutti quanti.Il finire del giorno lo trovò solo, appoggiato con i gomiti al muro di pietra che cingeva la sommità della Rocca di Cashel e che era abbastanza alto da far sì che un uomo di statura meno elevata arrivasse ad appoggiatisi soltanto con il mento; al di là di quella barriera si allargavano le terre del Munster, sfumate dalla luce tremolante del crepuscolo.In questa situazione non è possibile ricorrere al compromesso, rifletté. La sola cosa da fare è fingere di non aver mai ricevuto la lettera di Malcom, ma evitare un problema è una soluzione da vigliacco che alla fine mi costerebbe l’appoggio di entrambi, Malcom e Canute.Tenendo lo sguardo fisso sull’oscurità incombente, Donough cercò di pensare come avrebbe fatto suo padre.Qual è il nemico più pericoloso? Ovviamente Canute, perché ha un esercito più grande e più alleati. Se voglio arrivare ad ottenere Tara è quindi Canute quello che può garantirmi il vantaggio di cui ho bisogno mentre Malcom è un vecchio che non ha più potere, una forza ormai consumata. Canute è uno dei Conquistatori e il futuro è suo.Nelle stesse circostanze probabilmente Malcom si sarebbe lasciato guidare dal suo selvaggio pragmatismo e si sarebbe comportato esattamente come lui stava per fare, ma saperlo non gli fu di conforto e quando andò a trovare Cera passò la sera bevendo troppa birra.Il giorno successivo scrisse una lunga lettera, non a Malcom ma a Blanaid, scusandosi per la propria impossibilità a mandare dei guerrieri «in quel momento particolare» e riferendo nei dettagli le diverse guerre che stava combattendo e il numero di uomini che poteva convocare sotto la sua bandiera, dando la falsa impressione che ognuno di quegli uomini fosse già impegnato al massimo, il che non era. Dopo aver concluso con parole di affetto nei confronti della sorella inviò la lettera per mezzo del suo più rapido messaggero e si dispose ad attendere, ma non. giunse risposta e lui non ebbe più notizie da Blanaid.Soltanto più tardi gli venne in mente che schierarsi con Malcom lo avrebbe liberato dalla necessità di mantenere in essere il matrimonio con Driella, ma la sua decisione risultò la più valida quando Malcom accettò infine la sovranità suprema di Canute.Donough aveva scelto la fazione vincente, anche se non gli riusciva di venire a patti con la sua coscienza al riguardo.In mezzo a tante battaglie materiali e spirituali, Cera costituiva il suo unico rifugio. Nell’autunno del 1034 Donough andò immediatamente da lei non appena apprese che il Re degli Scoti e dei Pitti era stato assassinato

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a Glamis e che il trono di Alba era passato a Duncan, proprio come Malcom aveva desiderato. Com’era normale nel caso di successioni del genere, il diritto di Duncan ad ascendere al trono era stato violentemente contestato da Mac Beth di Moray.– Per fortuna questo è un conflitto che non mi riguarda – dichiarò Donough, con un certo sollievo, poi allontanò risolutamente la cosa dalla mente.Del resto quando sedeva nella piccola casa di Cera, con le lunghe gambe stese davanti al fuoco e il lieve peso di lei sulle ginocchia poteva dimenticare… almeno per breve tempo… che esistevano cose spiacevoli come le lotte dinastiche per la successione al trono.Perfino il re d’Inghilterra era però soggetto ai capricci della sorte, e nel 1035 Canute morì inaspettatamente, causando un’improvvisa lotta per il potere. I quindici anni che seguirono furono caratterizzati da un avvicendarsi di re inetti e da agitazioni politiche, fino a quando sul trono salì Edward, noto come il Confessore, e il Conte Godwine venne esiliato insieme alla sua famiglia con l’accusa di aver complottato per spodestare il nuovo re.Quando ricevette una lettera del conte, Donough la lesse a voce alta a Cera.

«Mio fidato genero,Per amore di mia figlia, che è sua sorella, ti imploro di concedere rifugio a mio figlio Harold. La mia famiglia è stata frantumata e dispersa e i pericoli si moltiplicano, ma non temo per me stesso perché sono un vecchio che non ha molto da vivere. Il futuro di Harold deve però ancora modellarsi, quindi ti prego di dargli riparo e tutto il sostegno possibile, per amore di tua moglie.Il tuo servitore Godwine, ex-Conte di Wessex e di Kent.»

– Cosa ne pensi? – domandò Donough, quando ebbe finito di leggere.– Penso che tu rimpianga ancora il rifiuto opposto a Malcom – affermò Cera, dopo averlo scrutato attentamente in volto.Di lì a poco venne inviata a Godwine una lettera in cui gli si garantiva che suo figlio Harold sarebbe stato il benvenuto a Cashel.Nel frattempo la situazione in Irlanda stava degenerando verso una depressione sia fisica che morale, con un moltiplicarsi delle battaglie che sembravano causate da un bisogno interiore di distruggere e di lacerare presente nei suoi abitanti. Nessun posto era più al sicuro dai saccheggi, e

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quando Donough si recò all’est per una rappresaglia in risposta ad un attacco da parte degli uomini del Leinster, una banda di guerrieri del Connacht colse l’opportunità per saccheggiare la grande scuola monastica di Clonmacnois.Nello stesso tempo sulla regione si abbatterono una serie di calamità naturali: la pioggia cadde incessante, i fiumi strariparono, il bestiame annegò e la terra prese ad emettere umidità come se stesse sanguinando, fino a far marcire i raccolti nei campi… e anche se per tradizione gli Irlandesi attribuivano la colpa del maltempo al malgoverno del re, i preti cominciarono invece a dire che Dio stava punendo il popolo per la sua malvagità.– I tuoi uomini di Cristo non sanno come placare il loro dio, ecco tutto – commentò Cera, divertita da quelle affermazioni.– Credi che potresti fare di meglio?– Potrei provarci – ribatté lei, ammiccando.La pioggia continuava però a cadere quando Harold Godwinesson arrivò a Cashel nell’estate del 1050, stanco e inzuppato. Il giovane inglese era un avvenente biondo che possedeva la grazia muscolosa propria dei guerrieri e per quanto la somiglianza fra lui e Driella fosse decisamente scarsa, lei gli si gettò al collo con grida di gioia e una raffica di esclamazioni in lingua sassone, mentre Donough pensava con una fitta di dolore a Blanaid, per lui ormai perduta.Scusandosi per il clima orribile, Donough fece quindi il possibile per sistemare comodamente l’esiliato Harold, che nonostante gli occhi cerchiati di scuro per la stanchezza rimase alzato per gran parte di quella prima notte a lamentarsi dell’ingiustizia arrecata alla sua famiglia, ora sparpagliata fra le Fiandre e l’Irlanda.– Dicono che il vecchio Edward sia un santo – ringhiò con voce carica di amarezza, – ma io lo definisco in un altro modo.Una volta che si fu riposato dal viaggio, Harold cominciò però a ritrovare il suo naturale ottimismo e a parlare di come avrebbe realizzato il sogno di suo padre e sostituito Edward il Confessore con un re più virile… lui stesso.Un tempo io ero come lui, pensò Donough, vedendolo traboccare di speranze per il futuro. Impaziente e impulsivo, pronto a tutto. In gioventù siamo immortali, ed è sempre estate.Al tempo stesso si sentì catturare dall’entusiasmo di Harold e commuovere dal suo desiderio di realizzare il sogno del Conte Godwine, tanto che ben presto finì per acconsentire a fornirgli dei guerrieri e a prendere accordi

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con i Norvegesi di Waterford perché portassero lui e i suoi uomini fino all’Isola di Wight, dov’erano nascosti i suoi fratelli minori. Con quei rinforzi Harold avrebbe potuto adesso progettare il ritorno in Inghilterra e una campagna militare per la conquista del trono.Harold Godwinesson, Re d’Inghilterra, indebitato nei miei confronti, sussurrò a se stesso Donough.E all’improvviso tutti i suoi sogni riaffiorarono: fermo nel centro della fumosa grande sala di Cashel vide se stesso sostare sotto il cielo limpido di Tara, prima di salire sulla Pietra di Fal.Quella notte nell’intimità della sua camera tirò fuori uno specchio di metallo lucido che era appartenuto a sua madre e che il suo custode scoto gli aveva mandato dopo la sua morte… un oggetto che teneva sempre con sé insieme all’arpa e alla spada di suo padre.Per molto tempo indugiò a fissare la superficie dello specchio, vedendo riflesso in esso un volto che avrebbe potuto quasi essere quello di Brian Boru perché era segnato da una vita dura e dal passaggio di mezzo secolo di esistenza ed appariva severo, grave, imperioso.Ard Ri.Audacia in guerra e competenza nell’amministrazione non sono sufficienti, gli ricordò il volto nello specchio e lui annuì. Adesso sapeva come condurre quel gioco.Convocato il capo brehon e lo scrivano lavorò con loro fino a tarda notte, e quando si sentì tanto stanco da avere il cervello intorpidito scese a cavallo l’erto pendio di Cashel, confidando che l’animale sapesse dove andare. La sua cavalcatura seguì infatti un sentiero familiare che portava a una piccola casa immersa nei boschi, ad una certa distanza dalla Rocca.La donna che vi abitava aveva scelto un punto da cui era impossibile vedere Cashel, perché non tollerava di contemplare il luogo in cui Donough viveva accanto ad un’altra donna.Senza aver bisogno di essere avvertita, Cera sapeva sempre quando il cavallo di Donough si avviava sulla strada della Rocca, e anche quella sera aprì la porta in anticipo, aspettando sulla soglia con la luce del fuoco che delineava la sua figura.Un tempo Donough aveva creduto che lei non potesse capire la sua vita, ma adesso nel giacere fra le sue braccia le esponeva i suoi pensieri più intimi, i suoi piani più segreti, e Cera lo ascoltava, comprendendo ogni cosa. E quando lui se ne andava, al mattino, sostava sulla soglia seguendolo con lo sguardo.

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Convocati alla sua presenza i condottieri e gli esponenti anziani del clero del Munster, Donough sfoggiò davanti a loro un altro aspetto della sua sovranità… un’estesa conoscenza delle norme della legge.E il successore di Declan annotò negli Annali di Kill Dalua:«Anno di Cristo, 1051. Ad un raduno degli uomini più saggi del Munster, Donough Mac Brian ha presentato e posto in essere nuove leggi e nuove limitazioni riguardanti ogni forma d’ingiustizia. Da quel momento Dio ha concesso all’Irlanda il ritorno di un clima sereno.»Nelle settimane che seguirono Donough fu oggetto di commenti positivi da parte di vecchi amici e della riluttante ammirazione di antichi nemici.– È venuto il tuo momento – insistettero i suoi alleati. – Dopo Malachi Mor non c’è più stato un vero Ard Ri e gli Irlandesi sono ridotti ad un branco di cani che litigano per un osso. Fa’ valere il tuo diritto alla somma sovranità detenuta da tuo padre e noi ti sosterremo. Tutto il Munster sarà con te.– Il Munster non mi basta – ribatté Donough, – mi servono degli alleati anche nelle altre province, principi che siano consapevoli di avere con me una comunanza d’interessi, potenti membri del clero che influenzino la gente…– La Chiesa ti sosterrà – gli fu garantito.Donough si recò allora in visita all’Abate di Kill Dalua, ma quando Senan gli chiese senza mezzi termini se avesse ancora con sé la sua donna druido Donough si rifiutò di mentire.– È con me – rispose.– Allontanala, Donough. Tu sei tutt’altro che giovane e lei non è più una ragazza, quindi il fuoco si deve di certo essere spento. Soltanto se la manderai via la Chiesa ti potrà fornire il sostegno che cerchi… e con il supporto di Roma tu potresti ancora diventare l’Ard Ri d’Irlanda.

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Senan aveva detto la verità: Donogh non era più giovane e il grigio abbondava ormai fra i capelli di Cera.A Cashel passavano intere giornate senza che Donough vedesse Driella, che trascorreva il tempo a cucire nel grianan con le sue donne oppure inginocchiata in preghiera nella cappella; a volte poi capitava che Donough la intravedesse in giro… una donna grassa e serena che camminava tranquilla accanto a Geoffrey, che era diventato del tutto calvo. I due amavano passeggiare insieme sul prato, parlando nella loro lingua d’origine che non avevano dimenticato, e quando li incontrava Donough rivolgeva a Driella un cenno di saluto, che lei ricambiava con un sorriso di cortesia: avendo assolto ai rispettivi doveri reciproci, entrambi erano consapevoli di non dovere più nulla uno all’altra.Nel complesso Driella era più fortunata di tanti altri perché si era creata una vita che le si adattava, e Donough non poteva che augurarle ogni bene.Intanto Senan stava aspettando una risposta in merito a Cera, ma lui non poteva dirgli ciò che l’abate voleva sentire.– Di certo il fuoco si è ormai consumato – aveva detto Senan, senza sapere quanto questo fosse lontano dalla realtà.Sono come una mosca intrappolata nell’ambra, pensò Donough.E intanto le stagioni continuarono ad avvicendarsi e Murchad crebbe fino a diventare un giovane robusto e bellicoso, meno alto di Donough, tanto che era soprannominato «Murchad dallo Scudo Corto», ma certo che un giorno sarebbe succeduto a suo padre come Re del Munster.Nel Leinster, intanto, Diarmait Mac Mael-nambo salì al trono ed entro poche settimane dalla sua nomina Donough scoprì di avere in lui un nuovo e aggressivo rivale. Il figlio adottivo di Diarmait, Turlough Mac Brian, scese in campo con lui e insieme i due attaccarono Waterford per poi assediare con successo Dublino. Diarmait si proclamò quindi Re di

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Dublino e degli Stranieri, mandando in esilio i figli di Sitric Barba d’Argento, che era morto mentre si trovava in pellegrinaggio.Insieme, Diarmait e Turlough formavano una squadra formidabile, e questo indusse i seguaci di Donough a pressarlo perché li abbattesse prima che diventassero ancora più forti.– Diarmait ha intenzione di allungare la propria ombra anche sul Munster facendoti sostituire come re dal giovane Turlough – lo avvertirono.– Turlough ha già dei sostenitori nel Munster – confidò Donough a Cera. – Non tutti i Dalcassiani sono dalla mia parte perché continua ad esistere una fazione convinta che io abbia assassinato mio fratello, e che in un confronto si schiererebbe con mio nipote.Dovunque si girasse poteva scorgere cambiamenti nelle sfere di potere: in Inghilterra, Harold Godwinesson stava manovrando in modo da trovarsi nella posizione più adatta per soppiantare sul trono l’ormai anziano Edward il Confessore, mentre in Normandia il duca bastardo, William, stava prendendo in considerazione la possibilità di avanzare lui stesso una rivendicazione sulla corona inglese e in Irlanda il Leinster stava sfidando il Munster su un campo di battaglia dopo l’altro mentre Connacht e Ulster erano perennemente in guerra… anche se di tanto in tanto il Connacht sceglieva di schierarsi con il Leinster contro il Munster. In assenza di un forte Sommo Re che fungesse da forza unificante, i re provinciali dell’Irlanda stavano devastando i loro vicini.– Fa’ valere il tuo diritto di essere l’Ard Ri, padre – chiese ripetutamente Murchad dallo Scudo Corto. – Poi io governerò il Munster qui da Cashel.– Rinuncia alla tua donna druido – insistette la Chiesa, – e Tara sarà tua. Quando avrai il sostegno di Roma, i Dalcassiani saranno costretti a schierarsi tutti con te.

Donough era un uomo e c’erano decisioni che doveva prendere da solo: nessuno poteva aiutarlo, neppure e tanto meno Cera.Una possibilità, una sola, continuava a pensare, con l’ossessività del ritmo di un tamburo. Un’ultima gloriosa possibilità di ottenere tutto!Era vecchio, ma non tanto da non poter combattere, e gli anni di vita che gli rimanevano avrebbero potuto essere resi splendidi dalla realizzazione di un antico sogno: tutto quello che doveva fare era tendere la mano adesso, finché c’era ancora tempo.Solo nella sua camera di Cashel prese ancora una volta lo specchio di Gormlaith e scrutò il volto che vi era riflesso… ma questa volta vide con certezza a chi esso apparteneva.

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In uno scintillante giorno di primavera Donough si recò a Kill Dalua, e nell’avvicinarsi al monastero si soffermò ad ammirare una fila di snelle betulle che incoronavano una vicina collina come candele spente che attendessero di essere accese dalla fiamma del sole.Il Re del Munster non era accompagnato da una scorta di guerrieri ed era vestito con una semplice tunica e una casacca di lana; il suo volto aveva l’espressione serena di un uomo che infine è venuto a patti con se stesso.Dopo averlo accolto ed avergli offerto del cibo, i monaci mandarono a chiamare l’abate, che si mostrò molto contento di quella visita.– Sei finalmente venuto a portarmi delle buone notizie? – domandò in tono pieno di speranza.– Sono venuto a fare una confessione e un annuncio.– Una confessione? – ripeté Senan, accigliandosi e congiungendo le dita, mentre si chiedeva se Donough si fosse infine deciso ad ammettere di aver ordinato l’assassinio di suo fratello e in che modo avrebbe dovuto reagire la Chiesa.– Fin dal giorno in cui ho appreso che Cathal Mac Maine aveva tenuto Cera lontana da me ho odiato il tuo predecessore e tutto ciò che lui rappresentava – affermò intanto Donough. – Nel mio cuore ho cessato di riverire la Chiesa a cui lui apparteneva.– Nel corso degli anni hai ricevuto troppi colpi sulla testa e non sai più cosa stai dicendo! – esclamò Senan, sconvolto. – Ti avverto che stai mettendo in pericolo la tua anima.– So con esattezza quello che sto dicendo. Ho fatto il mio dovere nei confronti del Munster, della mia tribù e della mia famiglia… perfino nei confronti della Chiesa, sebbene mi sia sentito un ipocrita ogni volta che ho deposto un dono su un altare. Era questo ciò che Cristo voleva da noi? Che diventassimo maestri di ipocrisia? – domandò Donough, scuotendo tristemente il capo, poi continuò: – Adesso che ho assolto ogni mio dovere, prima di morire intendo cercare l’assoluzione per i miei peccati nell’interesse dei miei figli, ma intendo anche vivere, Senan, vivere pienamente e senza compromessi.– Di cosa stai parlando? Questo significa che acconsenti a fare tutto ciò che è necessario per…– Ho fatto tutto ciò che era necessario. Ho già detto addio a Driella e questo è il mio addio a te. Se vorrà governare da Cashel, Murchad potrà combattere per questo suo diritto come gli altri re hanno fatto prima di lui. Io gli lascio ogni cosa. Cera mi sta aspettando a Kincora.

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– Non capisco – mormorò l’abate, impallidendo in volto.– Stiamo partendo, Senan, diretti verso la tranquilla sponda di un lago, dove un uomo e una donna possano vivere in pace con gli dèi che adorano, dove giaceremo nudi nell’erba e celebreremo insieme.– Ciò che stai dicendo è blasfemia!Donough si limitò a fissarlo con i suoi occhi grigi, ora pieni di luce, e a sorridere.Tenendo la testa orgogliosamente alta lasciò Kill Dalua per l’ultima volta: mentre ne oltrepassava le porte la loro ombra gli oscurò per un momento il viso, ma poi uscì sotto il sole e s’incamminò con grazia disinvolta, come qualcuno che avesse a disposizione tutto il tempo del mondo.

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ROMA, 1064

E così mi incamminai, o meglio cavalcai lontano da Kill Dalua con Cera seduta in sella dietro di me e il vento dell’ovest che soffiava sul volto ad entrambi.Avevo al dito l’anello di mio padre e la sua arpa pendeva dal pomo della sella.Nel mio bagaglio c’erano la corona e lo scettro che erano appartenuti al Re del Munster.Quanto alla spada, la lasciai a Kincora.Poiché era Beltaine, ci attardammo per il tempo necessario a salire sul Crag Liath per deporvi un’offerta, e lassù io tenni la mia donna fra le braccia e lasciai vagare lo sguardo sul Munster, mentre dal basso il Lough Derg scintillava sotto il sole e ci fissava a sua volta come l’azzurro occhio di Dio.Sotto di noi c’era Kincora, che non era mai stata veramente mia.

Ci costruimmo una casa accanto ad un lago tranquillo, in un luogo inviolato, e là io suonai l’arpa per Cera e nessuno parlò di guerre o di re, mentre mi facevo crescere una folta barba grigia nella quale lei si divertiva a intrecciare margherite.Però non eravamo soli.A volte li potevo avvertire intenti a guardarci, quell’altro re e la sua donna druido, e allora il mio sguardo incontrava quello di Cera, che annuiva e sorrideva.Io non invidiavo la vita di Brian, ma sapevo che lui invidiava la mia.Quando giunse il suo momento Cera mi precedette nell’Aldilà e allora io mi incamminai alla volta di Roma: sapevo ancora portare avanti certi giochi di potere, e chiedendo e ricevendo l’assoluzione dal Papa in persona speravo di cancellare la macchia che gravava sul mio nome, in modo che i miei discendenti non dovessero recare il fardello dell’accusa di essere dei fratricidi.

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Quello era il mio ultimo dovere, a cui non era possibile sottrarsi.Sull’altare del Papa deposi i miei doni, costituiti da svariati paramenti regali che non mi servivano più: che bisogno ha un uomo dell’oro quando ha potuto cingere la sua donna con le braccia e osservare il sole al tramonto tingere d’oro un intero mare?La Chiesa proclamò che la mia anima era mondata e in questo modo annullò un atto che non era stato mai compiuto… una cosa di cui apprezzai l’ironia.Adesso sono ormai troppo debole per tornare in Irlanda, quindi ho dato istruzioni perché le ultime cose che ancora possiedo vengano consegnate al Papa dopo la mia morte, come ultimo pagamento per la sua generosità: alla fine della mia vita la Chiesa è stata gentile con me.Il mio unico rimpianto è che non morirò a casa e non potrò essere sepolto sotto un albero con la mia Cera, ma del resto lei è sempre con me ed io… io sono il figlio di Brian Boru.E sono il più felice fra gli uomini.

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NOTA DELL’AUTRICE

La storia raccontata nei dettagli in questo libro è tratta senza alterazioni dalle cronache dell’epoca, nelle quali sono documentati i matrimoni dinastici con cui il sangue di Brian Boru è entrato nelle famiglie reali della Scozia e dell’Irlanda, e così pure gli eventi descritti in queste pagine.Negli anni che seguirono il 1014 l’Irlanda impazzì; in seguito alla morte di Brian Boru ogni regione perse letteralmente la testa e il caos che seguì lasciò l’Irlanda vulnerabile alle mire di qualsiasi invasore deciso a conquistarla.Malachi Mor fu l’ultimo indiscusso Sommo Re. In seguito altri avrebbero rivendicato quel titolo, compreso Turlough Mac Teigue, che però preferiva essere conosciuto come Turlough Mac Brian, ma sia lui che i suoi cinque successori furono nel migliore dei casi dei «re d’opposizione» ed ebbero soltanto il sostegno di una piccola parte della popolazione.Con l’invasione normanna del 1170 la carica di sommo sovrano rimase perennemente vacante ed ebbero inizio i ripetuti tentativi di conquista che avrebbe dominato i successivi ottocento anni di storia irlandese.Donough è sepolto a Roma, e il lettore che lo desiderasse può visitare la sua tomba.Nel tempo l’anello di Brian Boru è poi tornato in Irlanda e insieme alla sua spada è rimasto in possesso della famiglia O’Brien fino al nostro secolo; quanto all’arpa, un Papa successivo la donò ad Enrico II d’Inghilterra… il monarca sotto il cui regno i Normanni invasero per la prima volta l’Irlanda.Un’ironia che di certo Donough avrebbe apprezzato.Il personaggio di Cera è fittizio, ma sia lei che la sua famiglia hanno radici nella storia del folclore irlandese, in quanto i Dalcassiani del Munster hanno conservato per lungo tempo la convinzione dell’esistenza di uno spirito protettore chiamato Aibhlinn, che dimorava sul Crag Liath.Anche se Donalbane scomparve presto dalle pagine della storia, gli altri figli di Donough e quelli di suo fratello Teigue ebbero una numerosa

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progenie, che ha permesso alla dinastia degli O’Brien di perdurare fino ai nostri giorni.Il passato appartiene a coloro che lo hanno modellato, mentre spetta a noi dare una forma al futuro.

FINE