Tengo Famiglia di Famiglia Leoni - estratto

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Famiglia Leoni STORIE VERE TENGO FAMIGLIA

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Il tasso di natalità in Occidente è sempre più basso e l'Italia non fa eccezione, ma d'altra parte, come si fa a metter su famiglia oggi, con tutte le difficoltà economiche e sociali? Senza contare le notti insonni, le pappette, i pannolini… e poi, ne vale davvero le pena? Forse prima di rispondere a queste domande è il caso di fare un salto in casa Leoni: dodici persone in tutto, due genitori e dieci figli. Questo libro racconta la loro storia ed è una terapia d'urto per chi a far famiglia proprio non ci pensa, una bella spintarella per chi è indeciso e un lungo elenco di conferme per chi già ne tiene una. Certo, Luca e Anna Maria sono stati un po’ incoscienti, lo riconoscono, ma hanno guardato con fiducia al futuro e a loro piace definirsi «rivoluzionari». Insieme ai loro figli hanno fatto della parola “condivisione” un marchio di fabbrica e, tutti insieme, sono riusciti a superare le infinite difficoltà che negli anni si sono presentate. In queste pagine troverete la loro storia

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Famiglia Leoni

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LIAI Leoni vivono a Tavola, zona di Prato. Ol-

tre che dai genitori Luca e Anna Maria, sposati nel 1982, la famiglia è composta dai loro dieci figli, sei femmine e quattro maschi. Allegri, simpatici e accoglienti, da alcuni anni si impegnano nel testimoniare gioie e difficoltà della vita in una famiglia numerosa.Hanno assommato oltre settanta partecipa-zioni televisive. Sono stati più volte ospiti delle reti Rai e Mediaset, ma anche prota-gonisti di una puntata de “Il testimone” di Pif, su Mtv, dedicata alle famiglie numero-se. TV2000 gli ha riservato un intero pro-gramma di sedici puntate, “Romanzo fami-liare”, un vero reality show sulla loro vita quotidiana.Il loro sito è www.famiglialeoni.it

Come si fa, oggi, a metter su famiglia? Sembra una chimera che fa una gran

paura e vien da chiedersi se ne valga dav-vero la pena.Prima di rinunciarvi, però, sarà bene tenta-re una disperata terapia d’urto. Nella città di Prato troverete casa Leoni. La prima im-pressione sarà quella di un tornado di per-sone, di volti e di un toscanaccio che for-se avrete sentito solo nei film, ma in quella confusione scoprirete una comunità coesa e indistruttibile.Sono dodici persone: due genitori e i loro dieci figli. Luca e Anna Maria sono stati un po’ incoscienti, lo riconoscono, ma hanno guardato con fiducia al futuro e a loro pia-ce definirsi «rivoluzionari». Insieme ai fi-gli hanno fatto della parola “condivisione” il loro marchio di fabbrica e, tutti insieme, sono riusciti a superare le infinite difficoltà che negli anni si sono presentate.In questo libro troverete la loro storia, dal rischio di finire senza una lira a quando so-no arrivati in tv insieme a Maradona, tra giorni ordinari e giorni speciali, tra sorelle e fratelli, tra mamma e babbo. Una storia che hanno scritto così come l’hanno vissu-ta: tutti insieme.

«Vorrei dire ai neogenitori di non scoraggiarsi perché i problemi sono all’ordine del giorno ma tutto si aggiusta. L’importante è essere consapevoli di questo: la vostra vita di prima non tornerà, ora tutto è cambiato perché siete in tre.Ma vi domanderete, se quel primo figlio è stata un’esperienza così dura, perché l’abbiamo ripetuta per dieci volte? Spesso me lo chiedo anche io, e mi rispondo che, qualsiasi sia il motivo, quella scelta è stata di certo la mia salvezza».

Luca Leoni, il babbo

In copertina: La Famiglia Leoni© foto Silvia Mannino Progetto grafico: Angelo Zenzalari

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5 cose che servono a star bene in famiglia(e 5 che non servono)/1

Simone, #8

Vivo in una famiglia numerosa, tanto che ogni giorno c’è sempre qualcosa di nuovo. A casa nostra succede di tutto, dal-le risate, alle litigate, ai battibecchi con mia mamma che di me dice sempre: «Non ho sentito dolori durante il parto, ma vai vai me li fai sentire ora». Be’, io, data la mia lunga esperienza, vi voglio rivelare quali sono le cinque cose fondamentali che servono a star bene in famiglia.

1. Condividere. Il motto della famiglia. La condivisione di tutto, dai vestiti alle macchine e sopratutto agli stipendi, è im-portante perché non si può sopravvivere se ognuno pensa a se stesso. Il babbo dice che così non ci manca nulla e si vive sereni: a volte addirittura ci scappa una pizza tutti insieme. Per questo mio padre non smette mai di insegnarcelo ed è il primo a farlo per noi.

2. Il rispetto. Bisogna avere rispetto verso i genitori, che han-no fatto e fanno molti sacrifici per farci crescere bene e nella felicità, e verso tutti i fratelli e le sorelle, che anche nei loro momenti duri mi aiutano sempre e, visto che “studio troppo”, cercano di farmi diplomare. I miei fratelli hanno grande pa-zienza e li ringrazio.

3. La confusione. Il momento più caotico è la cena, quando siamo tutti, o quasi. Ad ogni modo, siamo sempre tanti e spes-

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so si inizia a parlare tranquillamente ma, in breve, inizia la di-scussione. Dal calcio alla politica alla scuola: volendo dire tut-ti la nostra, nasce un caos tremendo. Però è anche bello così perché siamo tutti coinvolti. Il maggior artefice delle discus-sioni è Francesco, che ha sempre qualcosa in mente, che si trat-ti di politica o di qualunque altro argomento, e guai se gli toc-chi la Fiorentina!

4. Il cibo. È un punto fondamentale: tra di noi abbiamo tutta una gamma variegata di rapporti con il cibo: da chi mangia poco a chi mangia fino a che non gli si gonfia lo stomaco. A colazione c’è il gruppo del salato e quello del dolce, c’è quella a cui non piacciono gli alimenti di colore verde (Miriam) e chi non sop-porta le bucce di pomodoro (Margherita e Maria). Mamma deve far fronte a tutte queste esigenze: lei vorrebbe accontentare tut-ti, per questo mio padre dice che è troppo servizievole e che do-vremmo essere contenti di avere questa abbondanza. La mam-ma gli dà ragione, ma poi fa sempre di testa sua.

5. L’aiuto reciproco. In questo noi siamo bravissimi, non la-sciamo cadere nessuno. Anche se stiamo a battibeccare, se hai un problema c’è sempre un fratello pronto per te, e i consigli sono all’ordine del giorno. La cosa buffa è che quando c’è una questione da affrontare ogni persona dice la sua e io poi non capisco dove stia il giusto e dove lo sbagliato. A quel punto il babbo interviene e ci mette l’ultima parola. Dice: «Anche se a volte sbaglio, fate come dico che va bene così». Poi, se davve-ro sbaglia, chiede scusa.

Ecco adesso l’elenco delle cose che invece in casa nostra non servono proprio, e che forse non servono in nessuna famiglia.

1. Il timore. Non bisogna aver paura di chiedere qualsiasi cosa, che sia grande o piccola. Bisogna saper chiedere aiuto se

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si ha bisogno, tanto siamo tutti disponibili. In casa Leoni, di-cono i miei genitori, le cose si affrontano insieme e, sempre insieme, si vince e si perde.

2. La solitudine. Essendo in tanti c’è sempre un fratello che si accorge se ti stai isolando dalla famiglia e corre ai ripari. La solitudine è impossibile! Conosco amici che spesso sono soli in casa e che mi dicono che sono fortunato ad avere, in ogni momento, qualcuno con cui giocare o parlare. In effetti ho sem-pre intorno tanta bella gente: la mia famiglia è un dono unico.

3. Stare senza nulla da fare. In casa mia si collabora sempre. Ogni sabato si trova qualche impegno: pulire, riordinare tut-to... ed è bello perché è un continuo via vai di cose da fare.

4. Il menefreghismo. Nella nostra casa non esiste, perché l’u-nità è meglio della solitudine. Chi trova un amico trova un te-soro; io ho avuto in regalo nove tesori. In casa Leoni si cerca sempre di capire se qualcuno di noi ha dei problemi e, nel caso, ne parliamo.

5. La tristezza. In definitiva, in casa nostra è impossibile es-sere tristi, perché c’è sempre qualcuno che ti fa tornare il sor-riso, con una battuta, con un insegnamento, con un gelato of-ferto. Poi io, che sono il burlone della casa, faccio ridere tutti con le mie buffe battute.

Stare in questa famiglia è qualcosa di insolito. Noi dobbia-mo fare sacrifici per star bene, ma vi assicuro che sono tutti ripagati quando vedo la mia famiglia unita, che combatte sem-pre insieme. Non posso desiderare niente di meglio perché, anche se possiamo avere tanti difetti, abbiamo anche tanti pre-gi che, non ho paura a dirlo, mancano a tante altre famiglie.

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Il decalogo per le neomamme

Anna Maria, mamma

Non si può parlare di maternità senza introdurre il tema della sessualità. Ed educare alla sessualità vuol dire prima di tutto insegnare a voler bene a se stessi – soprattutto per le ra-gazze – e a rispettare il proprio corpo. E poi, di conseguenza, a voler bene all’altro. Quel piacere, se non è accompagnato dall’amore, dal donarsi della donna e dell’uomo, è effimero e ti lascia un senso di vuoto.

Diventare una carne sola, unita dall’amore più profondo, raggiunge il suo apice nella vita, ovvero nella maternità. Devo essere sincera, quello che sto scrivendo l’ho scoperto pian pia-no: diventare madre più volte mi ha molto aiutata, fortificata, resa una moglie molto molto felice. Il dono più grande che una donna possa ricevere è di diventare mamma. È una sensazio-ne unica; anche quando i primi mesi stai male, tu sei come il centro del mondo, tutto gira intorno a te, le attenzioni di tuo marito e di chi ti sta accanto si moltiplicano.

Quel corpo che si trasforma, che diventa quasi ridicolo, è bellissimo. Adesso, quando vedo una donna in dolce attesa, con la sua bella pancia e quel modo goffo di camminare, mi viene tanta tenerezza. Lei cammina dondolando e la gente si sposta come se passasse una regina. Io non mi stanco mai di dirlo: non c’è prezzo, né lavoro, né soddisfazione più grande per una donna di diventare madre.

E quando il piccolo è nato? Che meraviglia! Lo guardi, è perfetto e pensi che tu hai contribuito a quella perfezione. Non

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smetti mai di guardarlo, accarezzarlo, proteggerlo. È così che si crea un legame forte, unico, tra una mamma e suo figlio.

Forse vi sono sembrata un po’ troppo sdolcinata, stucche-vole, ma non importa perché il sentimento che sto cercando di esprimere è ancora in me, sempre.

Oggi ho 56 anni, i miei dieci figli sono grandi e vi assicuro che è meraviglioso quando sono tutti insieme che parlano, che ridono, che si dimenticano della mia presenza; io li osservo ed è come se fossi davanti a un meraviglioso quadro, di un infi-nito valore, dove l’autore è Dio ma il pittore – o meglio, i pit-tori – sono due povere e piccole persone: Luca e Anna Maria, il babbo e mamma. Umili strumenti nelle mani di Dio.

Tutto parte da lì, dal diventare mamma. È un evento impor-tante e dieci sono i consigli che cercherò di darvi, con la con-sapevolezza che ogni gravidanza è una storia a sé ed è diver-sa dalle altre. Io, però, un po’ di esperienza ce l’ho...

Ogni donna vive e sperimenta sia fisicamente sia psicologi-camente cambiamenti importanti. Una gravidanza dopo l’al-tra, mi sono accorta che tante paure e sensazioni nascono so-prattutto dall’inesperienza.

1. Non avere paura di un figlio. La gravidanza è un evento naturale: è vero che ti cambia il corpo, crea malessere, stan-chezza ecc., ma avere il pancione ti fa star bene, perché senti dentro di te la vita che nasce. Ti ritrovi al centro dell’attenzio-ne, le persone intorno saranno disponibili e gentili. Tutti ti guarderanno facendoti sentire bellissima.

2. Per una neomamma è importante affidarsi a un ginecolo-go di fiducia, che l’aiuti e la rassicuri durante questa nuova esperienza. A volte viene consigliato di affiancare al medico l’ostetrica, ma nella mia esperienza non è stato di grande aiu-to. Devo però ammettere che, nel caso di una prima gravidan-za, questa figura può essere rassicurante. L’ostetrica era im-

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portante negli anni in cui i parti erano ancora casalinghi: ora, con i metodi attuali e con il servizio sanitario nazionale, tutto è programmato. L’ostetrica è utilissima, certo, ma soprattutto durante il travaglio e il parto.

3. Ascolta le donne più esperte. Tieni conto delle persone care (la mamma, la suocera, la nonna, le sorelle più grandi) che già hanno sperimentato una o più gravidanze. La loro esperienza è importante perché sanno spiegarti come affrontare le piccole ansie e i vari cambiamenti che senti quotidianamente. Loro sanno che questi cambiamenti spesso sono del tutto normali e naturali, mentre una neomamma si spaventa per ogni cosa, è apprensiva e difficilmente riesce a controllarsi.

4. Fai attenzione all’alimentazione... ma senza esagerare. In-somma, ogni tanto togliti pure qualche sfizio succulento (se non ci sono problemi di salute) e non aver paura di mangiarti anche tre piatti di pasta al pesto. A me è successo! Insomma, se ti viene una voglia soddisfala, non succede niente.

5. Vivi più normalmente possibile. Lo ripeto, la gravidanza non è una malattia. Il tuo corpo fa qualcosa che è preparato a fare. Se non ci sono controindicazioni mediche, fai passeggia-te (magari fatti accompagnare da tuo marito), fai shopping (questo meglio senza marito). Il buon esercizio fisico tonifica corpo e mente, lo shopping soddisfa qualche altro desiderio. Non fumare e non bere: si sa che questo fa male a te e al bam-bino.

Riassumendo, la gravidanza deve essere vissuta in modo rilassato, gustandoti la gioia di sapere che in grembo hai una creatura, sangue del tuo sangue, che tra poco sarà al mondo. Goditi l’attesa e lasciati coccolare: che cosa può desiderare di più una donna?

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Ben presto, molto prima di quanto ti aspetti, arriverà il fa-tidico nono mese: si deve preparare il parto. Non dimenticare i documenti! La prima cosa da mettere in valigia sono le ana-lisi e i riscontri delle visite fatte durante i nove mesi. Sono fon-damentali perché aiutano i medici a fare un buon lavoro.

Inoltre, prepara bene la valigia. Non sapendo quale sarà il giorno fatidico, è bene prepararsi per tempo. La domanda sor-ge spontanea: cosa mi porto? Cosa mi serve? Per come la vedo io, occorrono questi oggetti: camicia da notte aperta davanti, per poi allattare; molte mutande per “pannolone”, calzini, cia-batte, reggiseno per allattamento; tutto l’occorrente per l’igie-ne intima (consiglio di usare prodotti naturali). Per il nascitu-ro, il corredino in molti ospedali viene dato in dote alla nasci-ta, in altri deve essere portato da casa. Il corredino consiste nella camiciola e in tutine invernali o estive, a seconda della stagione.

Quando dopo tanta attesa finalmente tuo figlio è venuto al mondo, arriva il bello. Non mi riferisco a tuo marito, ma all’i-nizio di una nuova avventura. Tranquilla: da quando c’è il mondo le donne allevano figli. Ce la puoi fare, e io ti voglio aiutare con qualche semplice accorgimento.

La prima cosa che ti succederà, mentre sarai stanca e debi-litata per il parto, è essere assalita dall’amore dei familiari, al-cuni dei quali neanche ti ricordavi di avere. Abbi pazienza, tanto non li rivedrai fino alla prossima gravidanza. A parte questa nota, ti consiglio cinque cose.

6. Lascia che lui impari a fare il papà. Vivi il rientro a casa con tuo figlio e tuo marito: per tutti e tre non è facile abituarsi a questa nuova realtà. Coinvolgi sempre il marito, che è parte integrante nella crescita di vostro figlio.

7. Segui i ritmi di tuo figlio. Non accanirti con regole come quella di dover allattare ogni tre ore. Ricorda che ogni bimbo

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è diverso, ha i suoi ritmi e cercare di cambiarli è una fatica per tutti e due. Non stressarti pesando il bimbo tutte le volte che lo allatti al seno, basta una volta alla settimana.

8. Cerca di riposare. Un problema che si incontra nel percor-so della maternità è la profonda stanchezza. I ritmi del sonno sono completamente stravolti: riposa non appena si presenta l’occasione, per esempio quando il bambino dorme.

9. Mangia bene, mangia sano. La neomamma può mangia-re di tutto, basta che sia fatto con moderazione. Limita in par-ticolare il caffè, gli alcolici e i dolci. Importantissimo è bere molto: la produzione di latte parte dall’assunzione di liquidi.

10. Non tenerlo chiuso nella solita stanza. Fai vivere la casa al bambino, lascia che segua i ritmi della giornata. Se dorme di giorno, non tenerlo al buio in modo che si abitui alla diffe-renza notte\giorno. Se possibile portalo fuori anche se fa fred-do (basta coprirlo). Evita ambienti caldi e umidi che favorisco-no l’insorgere di malattie. L’aria fresca non ha mai fatto male. Fagli spesso il bagnetto perché l’acqua calda rilassa e, la sera, concilia il sonno.

Spero di non aver annoiato le neomamme. Per chiudere que-sto capitolo vi consiglio vivamente di ricordarvi di vostro ma-rito: se lui è disponibile, fate tutto insieme e vivete anche i vo-stri momenti di intimità che rafforzano la coppia. Potete avere la migliore mamma del mondo o la sorella più informata, ma vostro marito o il vostro compagno è la roccia a cui dovete ap-poggiarvi.

Ricordate infine che l’istinto materno e il vostro amore sa-pranno guidarvi nelle scelte giuste per la crescita del bimbo.

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Il decalogo del papà

Luca, babbo

Diventare papà: cosa è importante? Cosa è facile sbagliare?Inizio con il dire che non è una cosa semplice: si rischia sem-

pre di essere un padre “padrone” o un padre “amico”. Il pri-mo è quello che ordina, comanda, dispone; il secondo, invece, è l’esatto opposto: concede qualsiasi cosa al figlio creando un giovane senza spina dorsale, spesso incapace di affrontare le problematiche della vita.

Io penso che un padre debba essere autorevole. L’autorevo-lezza è uno stile educativo sano, né soffocante né repressivo, che aiuta a evitare di essere troppo permissivi lasciando figli insicuri e insoddisfatti. Bisogna essere un padre presente, ca-pace di consigliare e di partecipare alle piccole e grandi av-venture dei figli.

Mica è facile! Cerco allora di dare dieci consigli che mi sem-brano importanti per tutti coloro che stanno per diventare papà – o già lo sono – e non sanno bene come dovrebbero com-portarsi.

1. L’ascolto. Caro papà, devi prevedere l’ascolto attento dei bisogni dei tuoi figli. Cosa vuol dire in concreto? Da piccoli i bisogni sono semplici e basta un po’ di buon senso per aiuta-re i tuoi figlioli, ma quando diventano più grandicelli le do-mande e i problemi iniziano a farsi più tosti. I ragazzi e le ra-gazze si devono confrontare con altri e staccarsi dai propri genitori, e da questo possono nascere nuove paure. Il ruolo del

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padre è di ascoltare e consigliare, cercando di mediare in quel-le piccole e normalissime liti che accompagnano la crescita.

2. Segna i limiti. I “no” sono importanti: ci sono cose che un figlio o una figlia non deve fare. Bisogna dar loro dei limiti, non procurare qualsiasi cosa vogliano, spiegare cosa è perico-loso e cosa no, che non tutti i luoghi sono sicuri. Il papà deve dare precise regole, così come fornire orari per insegnare ai fi-gli il rispetto degli altri. Dire “no” vuol dire far crescere in ma-turità tuo figlio.

3. Non mancare i momenti importanti. Il papà non deve es-sere sempre presente, ma in certe occasioni non può mancare all’“appuntamento”. Deve contribuire a trasmettere al conte-sto familiare sicurezza, essere un punto di riferimento. Ci deve essere quando bisogna fare la scelta della scuola giusta, even-tualmente quando si parla di scegliere un lavoro. Deve cerca-re di dare un consiglio per discernere il bene dal male, le cose giuste da quelle sbagliate. Come ci si accorge se un consiglio è giusto? Secondo me un buon consiglio generalmente procu-ra unità e non crea divisione.

4. Insegna la condivisione. Come sapete, noi Leoni, visto anche il momento storico in cui viviamo, abbiamo deciso di comune accordo di condividere gli stipendi di tutti i compo-nenti della famiglia che lavorano. Questo ci aiuta ad affronta-re la vita, insegna il rispetto del fratello, dona unità all’intera famiglia. Se alla mia morte avrò inculcato questo ai miei figli, avrà un valore immenso, sarà un’eredità senza prezzo.

5. Riconosci i tuoi errori. Ho detto che devi dare regole, di-stinguere giusto e sbagliato, ma nessuno è perfetto. Anche quando si ha una grande esperienza o un’età avanzata, non si

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è certo infallibili. Anzi, io penso di dover sempre imparare, e imparare da tutti. Quindi se sbaglio chiedo scusa. In questo modo insegno ai miei figli e alle mie figlie a fare lo stesso.

6. La priorità è la scuola. È vero, ci sono situazioni diverse e i tempi si fanno difficili, ma ritengo di dover ricordare ai gio-vani padri che una delle priorità di oggi è studiare. Capisco le difficoltà, l’abbandono scolastico è alto, ma per il futuro dei vostri figli un diploma di scuola media superiore è il minimo di cui avranno bisogno. Non cedete ai capricci dei figli, loro magari non capiscono quanto sia utile la fatica che mettono nell’impegno scolastico. Chi studia ha un futuro migliore, e il vostro dovere è provvedere a un futuro migliore per i vostri figli.

7. Trasmetti a loro i valori fondamentali. Fagli sapere che è più importante essere che avere. Io la penso in questo modo: se sei corretto, onesto, intelligente, bravo, leale puoi ottenere ciò che vuoi. È uno stile di pensiero che rende i figli non ego-centrici, che evita di metterli sempre in un regime di compe-tizione con gli altri. Questo dà ai figli una maggiore serenità e la consapevolezza di quello che in realtà sono, li rende liberi e non schiavi del mondo.

8. Condividete una passione. Un buon consiglio è che tra padre e figli ci sia qualcosa in comune, un fine, un hobby, il tifo, che vi porti a interagire. Magari è qualcosa di futile, an-che solo un passatempo, ma serve a farvi stare vicini. Spesso è l’occasione per parlare con i figli e scoprire altre cose, ben più importanti. In casa nostra sono due le cose che ci unisco-no: la passione per il computer e il tifo per la Fiorentina. Que-sto spesso ci fa stare insieme a discutere e a parlare: un ottimo modo di “fare famiglia”.

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9. Ama e rispetta tua moglie. Sembra scontato ma è una del-le cose più importanti. Rispettare la propria moglie (ma vale anche il contrario) dà ai figli una grande sicurezza, elimina un senso di ansia perché sanno sempre di poter contare su di voi. Questo innanzitutto produce nei figli sicurezza, e crea adulti rispettosi di un rapporto saldo, sull’esperienza di quello dei loro genitori. Certamente nell’educazione dei figli si hanno a volte idee diverse, ma dei genitori in gamba non combattono davanti a loro. Discutono quando sono soli, per trovare insie-me una soluzione.

10. Dai fiducia. In tutto questo, dare fiducia ai figli è impor-tante. Accompagnarli nelle decisioni, pensare bene di loro. La fiducia si dà parlando insieme, ma soprattutto ascoltando. Incoraggiando i loro progetti, cercando magari di dare una mano e di essergli utili. Il papà deve stare dalla loro parte, anche se a volte è necessario sapergli dire di “no”. Dare fidu-cia produce figli intraprendenti e positivi, capaci di affronta-re la vita.

Duro è il “mestiere” di padre, e pieno di insidie e di errori. L’importante è non abbattersi, essere se stessi, aiutare i figli e avere l’umiltà di chiedere scusa. Per concludere direi che un buon padre si riconosce dal tono della voce, risoluto ma non minaccioso. È un padre che non ha paura delle proprie insicu-rezze e sa di non avere tutte le risposte.

Io non so se sono un buon padre. Questo va chiesto ai miei figli. Non sempre riesco ad essere come vorrei e con l’età che avanza mi accorgo sempre più di aver bisogno dei miei figli, della loro forza, della loro gioventù. Loro crescono, si sposano e mi hanno dato la gioia di essere nonno. Saprò nel futuro es-sere una guida anche per i miei nipoti? Chissà.

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