Moggio dicembre 2013

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“Il Moggio” Periodico di informazione e cultura a diffusione gratuita - Anno VI, Numero 3 - Dicembre 2013 - Decreto Iscrizione n.825 del 04/06/2008 Tribunale di Orvieto PERIODICO DI CITTÀ DELLA PIEVE e-mail: [email protected] RESTAURARE PER RESTITUIRE Un binomio che vede protagonista l’edificio di culto preminente di Città della Pieve di Gaetano Fiacconi Direttore: Gaetano Fiacconi Editore: Ass.Culturale “Il Moggio” Direttore Artistico: Mario M. Marroni Grafica: Enrico Socciarello Stampa: Tipografia Pievese EDIZIONE SPECIALE SULLA RIAPERTURA DEL DUOMO DI CITTÀ DELLA PIEVE L’immagine di uno degli ingressi laterali della Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio nella sua nuova veste post-restauro è, a mio avviso, il simbolo migliore per raccontare le novità di una “chiesa antica che torna nuova”. La Cattedrale è stata prima la Pieve e poi la Collegiata che hanno dato a Città della Pieve l’anima e la forma che oggi ha, una sorta di sigillo impresso sulla cera che segna il carattere e la regalità di un luogo. Luogo aperto, luogo di ritrovo e del popolo che addos- sa le sue case in cerca di protezione alle possenti mura romaniche. Una porta che “cade” e lascia spazio ad un manufatto artistico dal quale è possibile vedere l’interno interpre- ta l’apertura alla protezione e alla godibilità del popolo. Escono gru, camion, impalcature e tralicci … sacchi, materiali edili at- trezzi, torna la gente … entrano le memorie personali. Per me, una su tutte, è “la corona degli angeli” che fino a qualche anno fa incorniciava la statua del “Bambinello” durante le feste natalizie… quella corona dipinta da Antonio Marroni che tan- te volte nello studio gli avevo visto sistemare e ritoccare. Una Cattedrale delle “nostre” pic- cole cose che, nei pievesi, ricostru- iscono la memoria delle radici, la fierezza dell’appartenenza ed il de- siderio del sacro suscitato ancora dalla bellezza che sembra rinvigo- rita in questa nostra “chiesa antica che torna nuova”. L’architetto Alfonso del Buono e l’ingegnere Michele Verdi “raccontano” i lavori. Il progetto di intervento sulla Chiesa Cattedrale di Città della Pieve - aperto oltre tre anni fa - è un progetto multiplo che non solo mira a restituire al culto la chiesa principale della città, ma al tempo stesso recupera un tassello storico-artistico di una co- munità, riguardo alla sua fondazione e alle eccellenze artistiche preminenti nel percorso museale”. I due professionisti iniziano così il percorso di analisi dei lavo- ri; Verdi aggiunge: “Il primo intervento è stato esclusivamente strutturale per intervenire in quei danni statici che il terremoto in primis, ma anche il tempo, avevano prodotto sulle strutture. Chiaramente la struttura di una chiesa è estremamente fragile rispetto a quella di una civile abitazione per le dimensioni, gli spazi architettonici, e i materiali utilizzati. I lavori all’epoca interessarono tutte le coperture, le pesanti infiltrazioni d’acqua e le murature portanti. Il finanziamento in relazione ai danni importanti del terremoto fu erogato dalla Regione sui fondi del Terremoto”. La seconda fase dei lavori, quella appena conclusa”, ripren- de Del Buono “è stata più specifica nel ripristino degli interni, degli impianti e degli apparati artistici. Un finanziamento im- portante è arrivato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (otto per mille alla cultura), terzo arrivato in Italia, conferma l’importanza di questo monumento storico-artistico e l’interes- se che suscita nella comunità culturale. Si è poi aggiunto al fi- nanziamento il contributo della Conferenza Episcopale Italiana che ha consentito la conclusione dei lavori. continua a pag. 4

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Edizione speciale sulla riapertura della Cattedrale

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“Il Moggio” Periodico di informazione e cultura a diffusione gratuita - Anno VI, Numero 3 - Dicembre 2013 - Decreto Iscrizione n.825 del 04/06/2008 Tribunale di Orvieto

PERIODICO DI CITTÀ DELLA PIEVE e-mail: [email protected]

RESTAURARE PER RESTITUIREUn binomio che vede protagonista l’edifi cio di culto preminente di Città della Pieve

di Gaetano Fiacconi

Direttore: Gaetano FiacconiEditore: Ass.Culturale “Il Moggio”Direttore Artistico: Mario M. MarroniGrafi ca: Enrico SocciarelloStampa: Tipografi a Pievese

EDIZIONE SPECIALE SULLA RIAPERTURA DEL DUOMO DI CITTÀ DELLA PIEVE

L’immagine di uno degli ingressi laterali della Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio nella sua nuova veste post-restauro è, a mio avviso, il simbolo migliore per raccontare le novità di una “chiesa antica che torna nuova”. La Cattedrale è stata prima la Pieve e poi la Collegiata che hanno dato a Città della Pieve l’anima e la forma che oggi ha, una sorta di sigillo impresso sulla cera che segna il carattere e la regalità di un luogo. Luogo aperto, luogo di ritrovo e del popolo che addos-sa le sue case in cerca di protezione alle possenti mura romaniche. Una porta che “cade” e lascia spazio ad un manufatto artistico dal quale è possibile vedere l’interno interpre-ta l’apertura alla protezione e alla godibilità del popolo. Escono gru, camion, impalcature e tralicci … sacchi, materiali edili at-trezzi, torna la gente … entrano le memorie personali. Per me, una su tutte, è “la corona degli angeli” che fi no a qualche anno fa incorniciava la statua del “Bambinello” durante le feste natalizie… quella corona dipinta da Antonio Marroni che tan-te volte nello studio gli avevo visto sistemare e ritoccare.Una Cattedrale delle “nostre” pic-cole cose che, nei pievesi, ricostru-iscono la memoria delle radici, la fi erezza dell’appartenenza ed il de-siderio del sacro suscitato ancora dalla bellezza che sembra rinvigo-rita in questa nostra “chiesa antica che torna nuova”.

L’architetto Alfonso del Buono e l’ingegnere Michele Verdi “raccontano” i lavori.

“Il progetto di intervento sulla Chiesa Cattedrale di Città della Pieve - aperto oltre tre anni fa - è un progetto multiplo che non solo mira a restituire al culto la chiesa principale della città, ma al tempo stesso recupera un tassello storico-artistico di una co-munità, riguardo alla sua fondazione e alle eccellenze artistiche preminenti nel percorso museale”. I due professionisti iniziano così il percorso di analisi dei lavo-ri; Verdi aggiunge: “Il primo intervento è stato esclusivamente strutturale per intervenire in quei danni statici che il terremoto in primis, ma anche il tempo, avevano prodotto sulle strutture. Chiaramente la struttura di una chiesa è estremamente fragile rispetto a quella di una civile abitazione per le dimensioni, gli

spazi architettonici, e i materiali utilizzati. I lavori all’epoca interessarono tutte le coperture, le pesanti infi ltrazioni d’acqua e le murature portanti. Il fi nanziamento in relazione ai danni importanti del terremoto fu erogato dalla Regione sui fondi del Terremoto”.“La seconda fase dei lavori, quella appena conclusa”, ripren-de Del Buono “è stata più specifi ca nel ripristino degli interni, degli impianti e degli apparati artistici. Un fi nanziamento im-portante è arrivato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (otto per mille alla cultura), terzo arrivato in Italia, conferma l’importanza di questo monumento storico-artistico e l’interes-se che suscita nella comunità culturale. Si è poi aggiunto al fi -nanziamento il contributo della Conferenza Episcopale Italiana che ha consentito la conclusione dei lavori.

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LA CATTEDRALENuova o solo un modo nuovo di vederla e di viverla?

Le vetrate del Duomo.Mi piacerebbe riprendere questo titolo per scrivere poche righe sulla inaugurazione dei lavori e la riapertura al culto della nostra Cattedrale. Non possiamo parlare di conclusione dei lavori perché tale non è. Rimane da portare a termine un ampio spazio di opere già avviate e che permetterebbero di aprire anche quelle già realiz-zate. Solo a quel punto il progetto avrebbe la sua defi nizione e la sua chiarezza che suonerebbe solo enfatica se si volesse presentarla in termini defi niti. Questa parte la potremo comprendere meglio quando l’avremo compiuta.

Per ora torniamo alla riapertura al culto della Cattedrale. E ripor-tiamo gli occhi dentro. Magari a cominciare proprio da quelle ve-trate che sono state il primo segno di un diverso modo di disegnare l’immagine nuova della cattedra-le. Con la superfi cie ampia, con i vetri a speciale protezione per le opere pittoriche, hanno dato il primo importante segno di un di-verso rapporto con la luce.Oggi bisogna dire che per la Cat-tedrale di Città della Pieve inizia un’epoca nuova. C’è da riscri-vere la sua storia, da ricercare e apprezzare tracce stimolanti del suo passato. Ci sono sensazioni

forti che l’avvolgono, emozioni profonde che si diffondono … Un impatto nuovo, sicuramente sorprendente, accoglie oggi chi oltrepassa la monumentale porta di ingresso e si trova avvolto den-tro una quantità fi sica di colori e di luce. Un ampio spazio liberato da ingombri un po’ inutili e un po’ stonati, si apre davanti agli occhi, e i passi si fermano. Si sente che si tratta di una immagine globale che risponde alla scelta iniziale di dare al progetto l’indicazione ine-quivocabile di operare un cambia-mento di luce.

Una pagina nuova per fare festa a questo messaggio ma anche per sentire che resta un cammino culturale e spirituale che si deve collegare con questa nuova realtà. Bisogna che la luce nasca dentro la gente e si trasmetta alle cose e dalle cose si trasmetta ancora perché la luce è nata per essere veloce. Dentro il cuore di Città della Pie-ve, nel centro del suo centro sto-rico, la Cattedrale riprende il suo posto e la sua voce, il suo ruolo fondamentale e irrinunciabile.Raccontano momenti di cantie-re, accompagnano per una visita rapida tra le numerose opere che rivelano più di sempre la loro bel-lezza, accennano ad un percorso

originale e nuovo per la conoscen-za e l’apprezzamento di questa ricchezza storica … un percorso che attende di crescere seguendo i segni lasciati dal tempo e dalle mani della nostra gente di ieri.Così questa realizzazione amplie-rà lo spazio da visitare e si realiz-zerà la conoscenza visibile di tut-to quello che la storia lentamente ha costruito e lentamente distrutto ma i cui segni restano come trac-

ce decisive per una nuova lettura basata su un recupero parziale ma progressivo.Non è possibile concederci il tem-po che ci vorrebbe per fare anche semplicemente i nomi di quanti sono da ringraziare.

Di chi non si può tacere è il nostro Mons. Gualtiero Bassetti Arcive-scovo di Perugia e Città della Pie-ve, per la passione che ha posto nel seguire e facilitare il cammino di questo progetto. Sarà Lui, con altri Confratelli Ve-scovi, a celebrare la gioia di una Comunità e la lode a Dio.

Ultima nota, ma la prima per chiarezza e la prima da ricordare, è che quanto è stato realizzato in questi anni è frutto di una grande collaborazione e unità di intenti. Quasi una composizione di re-sponsabilità e di volontà, di genia-lità e di professionalità. Si tratta di una rete di gesti di amore verso la nostra città e la nostra gente. In ogni parte attentamente curata, in ogni pietra e in ogni superfi cie rivestita di colore o di tenerezza, c’è una dedica a Dio, perché abiti qui che è la sua casa, alle perso-ne che entrano con lo spirito di un pellegrino che cerca. Qui deve nascere la riconciliazio-ne e la fraternità. Qui si deve su-perare la distanza e lo sbarramen-to tra ricchezza e povertà. È aperta a tutti, c’è posto per tutti. è bella per tutti. È il cuore della nostra città, l’anima della nostra comunità.

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IL RESTAURO DEL DUOMO FRA CONSENSI E PERPLESSITÀ Il percorso di collegamento tra l’interno della chiesa e la misteriosa “cripta”

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L’inaugurazione del nuovo “allestimen-to” della Cattedrale di Città della Pieve dopo un lungo periodo di lavoro, da par-te del cantiere di restauro, permettendo nuovamente l’ingresso in una chiesa un po’ trasformata, susciterà, credo, appro-vazione, consenso, perplessità, polemica. Una differenza evidente che si può subito notare è rappresentata dal pavimento in cotto, realizzato con mattonelle quadrate di due tonalità di colore, disposte secon-do una tessitura che suggerisce il disegno del precedente pavimento marmoreo, e composte da quella terracotta che rievo-ca il rivestimento originario, seicentesco e anche quello ancora più antico, proba-bilmente medievale, che è stato messo in luce, in alcune porzioni, ad una quota più bassa, durante la prima fase dei lavori. Così come il riposizionamento, lungo gli spazi laterali della navata, delle lastre di pietra serena, recanti tracce di iscrizioni incise, in corrispondenza delle aperture di botole che, a distanze regolari, permet-tevano l’accesso a limitati ambienti ipo-gei, sta a testimoniare l’esistenza di una piccola necropoli rispettata dalla costru-zione della Cattedrale. Un insieme di cripte funerarie che sono state utilizzate ininterrottamente nei se-coli, proprio attraverso le botole, come risulta anche dalla cronologia delle epi-grafi incise.Il restauro, per quanto possibile, ha cer-cato di conservare qualche traccia delle fasi edilizie precedenti attestate da nume-rosi resti architettonici scoperti durante la rimozione del pavimento marmoreo e

che solo una opportuna indagine archeo-logica stratigrafi ca avrebbe permesso di analizzare, studiare e datare. Tra le fasi architettoniche conservate appunto, è stata restaurata e abilmente esaltata da un’opportuna illuminazione, la poderosa struttura angolare situata, in prossimità dell’altare, all’interno del braccio destro del transetto, ad una quota inferiore. Sia l’alzato che la fondazione di tale struttura si possono apprezzare e osser-vare completamente scendendo la rampa di una scala, rivestita in cotto, che dal transetto conduce ad un ambiente sotto-stante, sulla cui parete è possibile seguire la continuità della stessa struttura, realiz-zata con blocchi parallelepipedi di calca-re, regolari e rifi niti da modanature. La novità dell’intervento di restauro è stata proprio quella di collegare, con un percorso praticabile dall’interno, la chiesa seicentesca, in particolare la zona dell’altare, con la misteriosa “cripta” (accessibile anche prima da Piazza del Plebiscito ma pressoché sconosciuta alla maggior parte dei cittadini pievesi) cer-tamente pertinente ad un impianto eccle-siastico molto più antico, forse la “pieve” medievale. In effetti la tecnica edilizia della “crip-ta” è molto simile a quella della suddetta struttura conservata e attesta in più punti, legami strutturali che dimostrano la stes-sa messa in opera, quindi lo stesso can-tiere edilizio e quindi lo stesso progetto architettonico.

Silvia De Fabrizio

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MEMORIE E SUGGESTIONI DALLA CATTEDRALEUn amore ed un interesse che non si esauriscono mai

Quando, quale che ne sia il motivo ho occasione di frequentare la nostra Chiesa Cattedrale, immancabilmente nei miei pensieri oltre le naturali meditazioni, si fanno strada ricordi, memorie, sugge-stioni. Ecco allora i sacerdoti che si sono succeduti nella cura e nel mantenimento dell’edifi cio, unitamente agli storici sa-crestani, e ancora la fi gura di mio padre Antonio, o meglio “Toni”, come lo chia-mava amichevolmente Don Francesco Tassini. Tra i due, il tempo, aveva realiz-zato un connubio di grande e reciproca stima. Il sacerdote, divenuto un tutt’uno con la Cattedrale, tante le attenzioni e le cure mai mancate per tutto il periodo del suo incarico quale responsabile di tutto il complesso. Mio padre sempre pronto a fornire prestazioni ed opere per molte

di quelle cure richiamate “i lavoretti”, così li defi niva Don Francesco. Al solito piccole lacune, scrostature diremmo noi in gergo più popolare. Poi, in prossimi-tà delle feste pasquali o natalizie, inter-venti più consistenti. Che dire poi delle semplici o articolate macchine da altare e ancora i famosi manifesti, per i quali l’amico sacerdote si presentava allo stu-dio con il suo solito materiale da tagliare e riordinare con metodo rigorosamente condiviso attraverso discussioni che oc-cupavano interi pomeriggi. E sì perché dovevano essere, i manifesti, chiari ed esortativi, oltre che di buon livello este-tico. Per la cronaca devo anche dire che se fi n dalla mia adolescenza ho imparato a nutrire amore e apprezzamento per la nostra cattedrale, lo devo a mio padre,

che con grande semplicità ed atti sempre spontanei, mi ha guidato in questo. Ricordo quando ancora adolescente, in-sieme a lui, ho realizzato le mie prime esperienze lavorative di un certo livello, proprio grazie ai lavori di restauro delle decorazioni di volta delle cappelle late-rali. Poi sempre in quegli anni i primi in-terventi per il ripristino dei fi nti marmi presenti con una infi nita varietà. Un banco di prova diceva Antonio, così era stato per lui e così è stato, in quel tempo, per me. “Quando avrai imparato a riprendere tutte le decorazioni presen-ti nella Cattedrale potrai dire di aver in mano un mestiere”. Questo mi sentivo ri-petere soprattutto quando manifestavo le mie inevitabili diffi coltà di apprendista. Che dire poi dei continui richiami alle

opere presenti, tutte di grande spessore religioso e artistico, tale e tanto da con-fi gurare, oltre il suo essere chiesa, la di-mensione di un museo a prescindere. Museo per chiarezza mistica e devozio-nale, per insostituibile ed effi cace narra-zione storica, per la forza esortativa e la potenza rifl essiva, diffi cili da dimentica-re per chiunque abbia la fortuna dell’in-contro. Qualche cosa che va oltre la più generosa affezione. Un amore ed un interesse che non si esauriscono mai, ed una testimo-nianza che, non per caso, è lì per inse-gnare. A noi il dovere di tenere sempre aperto questo fantastico libro affi nché ciò che è nostro possa essere di tutti, qualun-que sia l’approccio.

Mario Marco Marroni

continua dalla prima

RESTAURARE PER RESTITUIRE

“Purtroppo ancora manca all’appello la restituzione del Percorso Museale per la quale si dovrà aspettare”.“L’impianto dell’edifi cio e importanti novità sulla sua fondazione”, prosegue Del Buono, “sono apparse evidenti durante l’iniziale intervento di ripristino dei pianciti; le indagini sotto il pavimento e sulla faccia-ta hanno evidenziato una struttura tardo gotica molto elegante costruita con blocchi di arenaria (gialla) e travertino (bianco) squadrati con precisione e lavora-ti in una alternanza di bianco/giallo che ricorda molto le strutture toscane vicine a noi. Oltre alle tombe cin-quecentesche il piano sotto il pavimento ha fi nalmente svelato quella che fi no ad oggi abbiamo genericamente chiamato ‘cripta’. Si tratta in realtà di un ‘portico dei

pellegrini’ addossato all’edifi cio religioso aperto sul lato dove oggi insiste il campanile - che all’epoca non c’era - l’orientamento delle colonne - oggi quasi tutte riemerse - rivolto verso Via Verri, ci fa immaginare che il piano della piazza digradasse verso quella zona che era senza edifi ci”.L’immagine della piazza era certamente diversa, le indagini hanno rilevato numerose ‘rivisitazioni’ della chiesa fi no addirittura l’arretramento della facciata gotica – che oggi sopravvive – e la costruzione dell’at-tuale piccolo portico con materiale di risulta. Addirit-tura si ha la certezza che la chiesa non fosse addossata alla Torre Civica, ma anche su quel fronte l’impianto fosse diverso. È strano che non ci siano documenti re-lativi alla riedifi cazione seicentesca dell’edifi cio sacro quando fu trasformato in Cattedrale per l’elevazione del castello a Diocesi e di conseguenza a Città. Oggi l’edifi cio è ‘mascherato’ sotto questa nuova veste, ma le

indagini ci hanno riportato l’esatta sagoma originaria e di conseguenza la sagoma della piazza”. I tecnici sono concordi nel sostenere che questo potreb-be essere un progetto di partenza per stimolare ulteriori indagini che possano colmare il vuoto documentario ri-spetto ai lavori seicenteschi e alle preesistenze, che da sempre si dice sia dovuto all’incendio dell’archivio dio-cesano di Chiusi, ma che appare estremamente strano. Forse negli Archivi Vaticani o in quelli Comunali po-trebbero esserci notizie da scoprire. Un lavoro, conclu-dono i tecnici, che restituisce alla città un monumento preminente che parla di “origine della città”, tradizione e radici. Un ultimo ringraziamento i tecnici lo hanno rivolto alla ditta Scargiali che ha realizzato il lavoro; lavoro messo a punto dalla loro professionalità e com-petenza, ma sicuramente anche dall’orgoglio di ‘restau-rare per restituire’.

Gaetano Fiacconi

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Molte le opere presenti in DuomoCATTEDRALE: LA PIÙ ANTICA PINACOTECA DI CITTÀ DELLA PIEVE

Da “Città della Pieve – Città d’Arte” di Francesco Dufour e Valerio Bittarello

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“… All’interno, al primo altare a sinistra, la tavola di Pietro Perugino raffi gurante il Battesimo di Cristo (circa 1510). Si tratta di una tipica rappresentazione del maestro pievese che trova riscontro nella tavola di uguale soggetto del Kunsthisto-riches Museum di Vienna e nell’affresco della Nunziatella di Foligno. Sono visi-bili con chiarezza gli schemi della pro-spettiva centrale entro la quale sono di-sposti i personaggi studiati sugli esempi della statuaria classica. Al secondo altare a sinistra si trova la tela di Antonio Cir-cignani detto il Pomarancio raffi gurante lo Sposalizio della Vergine (circa 1606), ridipinta nel XVIII secolo. Nell’abside, al centro, la tavola di Pietro Perugino raffi gurante la Madonna in gloria fra i santi protettori Gervasio e Protasio con lo stendardo della città e i santi Pietro e Paolo, fi rmata e datata1514. La composi-

zione, tutta in primo piano, si caratteriz-za per i particolari, effi cacissimi, valori cromatici impostati sul rosso e sull’azzurro.A destra, sempre sull’absi-de, una tavola di Giannicola di Paolo, con la Vergine col Bambino tra i santi Giovanni Evangelista, il beato Giaco-mo Villa, Giovanni Battista e Pietro martire (circa 1520). Pur nella evidente formazio-ne peruginesca dell’artista si possono notare i riferimenti a Raffaello nella concezione piramidale della composi-zione e ad Andrea del Sarto nell’uso dello “sfumato”.Nel catino absidale, l’af-fresco Gloria celeste (circa 1598) di Antonio Circignani detto il Pomarancio, è quello che resta di più estese deco-razioni ad affresco distrutte nell’incendio provocato da un fulmine nel 1783.

Al di sotto si trova il bel coro in noce in-tagliato nel 1576 da Rasimo Marini della Fratta.Al primo altare a destra, è col-locata la scultura di ambien-te del Giambologna (Jean de Boulogne) raffi gurante Gesù crocifi sso, della seconda metà del XVI secolo. L’opera si rifà al modello in bronzo da questi realizzato per la chie-sa fi orentina della Santissima Annunziata. L’artista interpre-ta la lezione plastica di Mi-chelangelo secondo uno stile legato ad un preziosismo for-male ravvisabile nell’elegante ed aristocratico allungamento dell’anatomia del Cristo.Al secondo altare, a destra, la tavola di Domenico di Pa-ride Alfani con la Vergine col Bambino, san Martino vesco-vo, santa Maria Maddalena e due angeli, del 1521. Anche in questo artista umbro, come

in Giannicola di Paolo, si riscontrano ri-ferimenti a Raffaello, soprattutto nella

composizione del gruppo centrale, ricon-ducibile ad analoghe opere fi orentine di Fra Bartolomeo e di Andrea del Sarto. A sinistra della tavola si trova la tomba del poeta seicentesco pievese Francesco Me-losio, come detto animatore del circolo culturale di Cristina di Svezia a Roma. Proseguendo, sulla volta della cupola della cappella del Santissimo Sacramen-to sono visibili glio affreschi con scene dell’Antico Testamento del pittore um-bro Giacinto Boccanera, fi rmati e datati 1714.Degli tessi anni sono gli stucchi dei fra-telli Cremoni che operarono anche nella sacrestia. Di particolare rilievo la tela a sinistra, dipinta da Giacinto Gimignani, pittore pistoiese del XVII secolo, raffi gu-rante il Beato Giacomo Villa portato in gloria degli angeli.

Nella cappella del Rosario troviamo la tela di Salvo Savini con la Vergine in tro-no col Bambino, san Domenico e santa Caterina da Siena (circa 1580). Il Savini evidenzia qui una formazione eclettica che spazia da Raffaello alle prime espe-rienze del manierismo fi no ad arrivare alle esigenze di rappresentazioni più ac-costanti e devozionali dettate dal concilio di Trento.A sinistra della tela, in una nicchia, la scultura lignea raffi gurante l’Addolorata, del XVI secolo. Quest’opera che esprime il patetismo tipico della devozione popo-lare, proviene dalla chiesa di Santa Maria dei Servi: probabilmente faceva parte di un gruppo scultoreo che il Perugino aveva inserito nella decorazione della cappella della Madonna della Stella.Sulla controfacciata, ai lati dell’orga-no, costruito dai maestri organari Se-bastiano Vici e Angelo Morettini nel 1827, si trovano affreschi del pittore Annibale Ubertis raffi guranti episodi della Vita del Beato Giacomo Villa e di Santa Margherita da Cortona, da-tati 1895”.

Vista l’esauriente illustrazione tratta dal suo libro, rivolgiamo al dr. Bittarello una sola domanda: “Qual è l’importanza culturale della riapertura della cattedrale per Città della Pieve?”.

La sua risposta: “La riapertura della cattedrale, che rappresenta la più grande e antica pinacoteca della città costituisce un fatto di grande importanza per quanto ri-guarda anche la fruizione dei beni culturali di Città della Pieve. Prendendo ad esempio il sor-prendente intervento di restauro de “Il Battesimo di Cristo”, an-drebbe effettuata una campagna di interventi su tutte le altre ope-re pittoriche al fi ne di assicurare una corretta conservazione delle

stesse e contribuire in questo modo alla loro valorizzazione. Numerose opere presentano cadute di colore come anche ridipinture avve-nute durante i secoli che andrebbero rimosse. La cattedrale pertanto a seguito di questi interventi potrebbe diventare un cantiere di restauro continuativo e aperto al pubblico”.

Si ringrazia il dr.Bittarello per il suo contributo e il suo impegno in favore di Città della Pieve

Lucia Testa

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Intervista a Riccardo Manganello, sindaco di Città della Pieve

LA CATTEDRALE: BARICENTRO DELLA NOSTRA STORIAIntervista al Sindaco Riccardo Man-ganello che augura una “gestione consapevole della pievesità” per una rinascita del turismo culturale e spi-rituale.Anche quest’anno, prima dell’edizione natalizia, abbiamo incontrato il sindaco di Città della Pieve Riccardo Manganel-lo per gli auguri alla città; considerato il particolare fermento per la riapertura della Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio abbiamo approfi ttato per rifl et-tere anche con lui sull’evento.

Sindaco, ritiene anche lei che la D. Cattedrale di Città della Pieve sia il simbolo di una rilevanza stori-co/politica del passato? Potremmo immaginare ancora oggi un ruolo di preminenza così rilevante per Città della Pieve, e soprattutto in quale bacino?

Certamente il ruolo di Città della Pie-ve quale sede di una diocesi antica ed estesa segna, per il passato, un “potere” - anche politico - importante e ricono-sciuto. Oggi i tempi sono cambiati e ciò che determina l’importanza politica è, conseguentemente, altrettanto mutato. Non si può dire la stessa cosa per il ri-lievo spirituale, considerato che, forse oggi più di ieri, la comunità di Città del-la Pieve - e non solo lei - ha bisogno di punti di riferimento anche spirituali, che la Cattedrale rappresenta egregiamen-te. Per ciò che concerne la preminenza pievese, posso dire - con un’espressione che mi piace ripetere - che Città della

Pieve è un “territorio di cerniera”, che dimostra un ruolo di collegamento in un bacino interessante che si espande dall’Alto Orvietano al Chiusino, fi no, naturalmente, al Trasimeno. Guardando a questo ruolo, storico, di connessione tra diverse comunità, la preminenza po-litica di oggi è chiaramente meno “di potere”, ma la considerazione che la comunità dell’Umbria ha per la nostra città è lo specchio di quanto Città della Pieve sia uno dei centri dell’Umbria con maggiori potenzialità. La positiva col-laborazione con i colleghi Sindaci dei comuni circonvicini, come Monteleone d’Orvieto e Fabro, è ulteriore segno di una centralità che sopravvive non solo per una ragione geografi ca, ma anche geopolitica che è fatta di esigenze e di aspettative comuni.

Tornando al ruolo centrale della D. Cattedrale per la nostra città, lei pensa che potrà contribuire a ri-portare Città della Pieve ad essere più conosciuta e pubblicizzata per le sue ricchezze artistiche? Ha ri-levato che i due anni di chiusura abbiano contribuito ad un abbas-samento del fl usso turistico?

La Cattedrale è un elemento importante dei beni culturali cittadini, come conte-nitore, ma soprattutto come straordina-rio museo che custodisce opere d’arte preziose e signifi cative, che raccontano il trascorrere della storia culturale e arti-stica della città. Possiamo dire che Cit-tà della Pieve non sarebbe tale senza la

Cattedrale, non solo perché nel suo nome porta quello dell’antica pieve, ma anche perché il Duomo è uno strumento privi-legiato di presentazione e di promozione per la città. Negli ultimi anni, sebbene il turismo abbia tenuto bene alle pressioni della crisi, una fl essione nelle presenze è stata rilevata anche a Città della Pie-ve, ma capire se la chiusura di un monu-mento di ricchezze, qual è la Cattedrale, sia “complice” di questa diminuzione è diffi cile. Le ricchezze artistiche del-la Cattedrale sono inserite nel circuito museale cittadino, anche se attualmente non si strappa un biglietto per l’ingresso e dunque non è immediato separare dei dati. Certo è che il Duomo è uno scrigno di opere d’arte e costituisce un tassello centrale del nostro essere “città d’arte”: tutti salutiamo con soddisfazione la sua riapertura, positiva anche dal punto di vista dell’attrattiva turistica.

Secondo lei la Cattedrale è ben D. pubblicizzata come ricchezza ar-tistica?

Negli anni passati la Cattedrale è sta-ta vista e vissuta più come luogo sacro che come luogo museale dove fare cul-tura; più recentemente, e in particolare con l’arrivo del nuovo Vescovo Bassetti e grazie all’impegno del Parroco, Don Aldo Gattobigio, vi è stato un contributo ad una maggiore apertura della cattedra-le come luogo di conoscenza e di risco-perta della città e della sua vocazione culturale. Oggi la Cattedrale non è solo gelosa-

mente custodita, ma ricchezza della col-lettività.

A proposito di pubblicizzazione e D. fruibilità, è prevista una formula di collaborazione fra Amministra-zione Comunale e Parrocchia per una gestione integrata dell’offerta culturale affi nché Città della Pie-ve trovi nel turismo un effettivo volano economico?

La collaborazione possiamo dire che già esiste, anche perché la maggior parte dei luoghi di fascino e di valore artistico, ricompresi nel circuito museale, sono proprietà ecclesiastiche (Parrocchia, Diocesi e Confraternite). È mio desiderio mettere in campo un progetto diverso, con una gestione an-cora più collaborativa con le proprietà esterne all’amministrazione comunale, una “gestione della pievesità” ancora più attenta e consapevole, che contribuisca a creare le condizioni per una maggiore visibilità turistica ed un incremento del turismo religioso. Un turismo che non cerca la spettacola-rizzazione del sacro, ma che offra per-corsi nella profondità e spiritualità del sacro che molti luoghi pievesi “natural-mente” offrono.

D. Concludiamo con un augurio?Il mio augurio è che la riapertura del Duomo, baricentro della nascita stessa e della storia della nostra comunità, co-stituisca motivo di unità e di rinnovato orgoglio cittadino.G.Fiacconi , Jessica Muça, Ariele Di Mario

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Facciamo il punto sulla lunga avventura di risanamento della Cattedrale

IL RESTAURO DEL DUOMO: VIAGGIO IN QUATTRO TAPPESpunti di rifl essione

Sta per concludersi il lungo periodo di chiusura della Cattedrale dei Santi Ger-vasio e Protasio di Città della Pieve; un lungo arrivederci che quasi ci ha fatto sentire, come comunità, orfani di un luogo che è l’essenza stessa della no-stra città nell’etimologia ma non solo. Per Natale, Città della Pieve, riceverà il più bello dei regali, la restituzione del-la sua antica pieve, che nel punto più alto della città ne disegna inconfondi-bilmente lo skyline con la sagoma del Campanile e la Torre Civica che disor-dinatamente si addossa alla facciata, celandola in parte. Torna in tutto il suo splendore il più vetusto dei nostri monumenti, molti gli interventi e molte sorprese anticipate all’esterno dalle sovrapposizioni che già mostravano le lunghe vicende che ne caratterizzano la storia e la costru-zione. Primo elemento di questo viaggio di restauro è sicuramente il pavimento: alcuni mesi fa, il suo rifacimento, ave-va mostrato le sorprese che si celavano sotto lo stesso, le gallerie dei sepolcre-ti, le lapidi che le chiudevano e i resti di tratti dell’antica Pieve romanico- gotica, la base di due pilastri, come di parte del muro esterno dell’abside che con la ripulitura ha mostrato il rivesti-mento a fasce bianche e grigie, ele-mento che riconduce alla fabbrica del Duomo di Orvieto e Siena. Nel transet-to e nel coro si sono rinvenuti infatti i tori del profi lo degli scalini e numerosi tratti del pavimento barocco in cotto che è servito per riprodurre e in parte recuperare l’assetto originale della fab-brica, restituendo maggiore uniformità all’insieme della chiesa e permettendo la messa in posa delle lapidi dei sepol-creti che non si sarebbero armonizza-ti con il pavimento in marmo peraltro piuttosto recente (1897); una scelta fi -lologica lungimirante e saggia.Secondo elemento che ha costituito una vera e propria sorpresa, gioiello del tardo barocco: la Cappella del Sa-cramento. La ripulitura ed il restauro della cappella più grande della chie-sa ha riportato allo splendore le ric-che decorazioni dei fratelli Cremona, particolarmente attivi in città che ne hanno eseguito gli apparati in stucco. Le decorazioni architettoniche accom-pagnate da vivaci putti amplifi cano le volte dell’abside e contribuiscono a far risaltare il prezioso altare, ricco di marmi, questi non dipinti, e le de-corazioni con temi tratti dal Vecchio Testamento. Gli affreschi superstiti fu-rono realizzati da Giacinto Boccanera, artista nato a Leonessa, Rieti nel 1666, ma particolarmente attivo a Perugia dove morì nel 1746 e dove fu direttore dell’Accademia di Belle Arti. Deco-razioni, se pur in alcune parti fram-mentarie, molto preziose e ricche, non fatevi mancare in una visita attenta di

alzare gli occhi e fermarvi a goderne. Altra tappa artistica di restauro: la Via Crucis. Un ciclo, di estrema qualità e raffi nata esecuzione che una volta faceva bella mostra nel Duomo, poi tolta e per molti anni celata, è stata interamente restau-rata e, recuperato l’originale splendore, ricollocata in loco, arricchisce la prezio-sa raccolta d’arte che contiene la chiesa.Proprio a proposito della Via Crucis una chiacchierata con il restauratore Andrea Giordani ha messo in luce al-cuni aspetti di grande rilievo di questo piccolo grande tesoro.“I dipinti erano in condizioni preca-rie, molti erano rifoderati e soprattut-to verniciati con una patina protettiva spessa e lucida che aveva alterato i colori originali” - racconta Giordani - “Anche per questa opera si è ipotizzato Boccanegra per l’autore, sebbene non

vi siano riferimenti certi, documentari o autografi . L’ipotesi è da attribuire alla vicinanza stilistica, ma forse anche all’esistenza di una Via Crucis di Boccanera a Nar-ni, oggi nel Museo Civico, con stazioni datate 1728/29. L’opera pievese vi si accosta nello studio della composizio-ne scenica barocca come ad esempio nel tentativo di caratterizzarne i rifl essi di luce catturati dalle superfi ci metalli-che di elmi e corazze e nel ricco chia-roscuro tra i panneggi. Altra vicinanza nella giustapposizione tonale tra colori primari e secondari, distesi sulle tele con preparazione di colore ocra rossa e dal contrasto di luci ed ombra. Le stazioni più dramma-tiche: Crocifi ssione, Pietà, Deposizio-ne e Trasporto al sepolcro, esprimono il sentimento e il pathos con grande de-strezza e maestria”.

L’ultima tappa di questo viaggio di re-stauro che vi ho raccontato la vorrei dedicare alla preziosa pala dell’altare maggiore: tavola, fi rmata e datata dal nostro Pietro de Chastro Plebis che ri-trae i protettori della città, anch’essa gode della nuova luce che il contenitore ha recuperato, una luce che ha rimesso in evidenza la data: 1514.

La Diocesi, la Parrocchia e con loro la città laica, non si lascino sfuggire l’occasione di celebrare il cinquecen-tenario (1514-2014), un’occasione per restaurarlo, valorizzarlo e renderlo pro-tagonista di un grande evento, del resto ritrae i Santi Protettori con in mano i gonfaloni della città, simboli religiosi e laici insieme; una delle opere che forse maggiormente ci rappresenta..!

Luca Marchegiani

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GLI ARTIGIANI DELLA CATTEDRALE - SOGNO O REALTÀ?Rino Giuliacci : immagini di un tempo che fu

Un quartiere dell’artigianato nei locali adiacenti l’edifi cio sacro per celebrare altre radici cittadine e tradizioni. Al termine del restauro che ha interessato l’area della Cattedrale si inizia a pensa-re un nuovo progetto di valorizzazione e restauro che interesserà l’area circostante l’edifi cio sacro ed in particolare gli spazi annessi; un nuovo “quartiere artigiano” che ripercorre la tradizione locale e rac-conta eccellenze e manualità antichissi-me.Per iniziare questo nuovo viaggio fra i saperi artigianali, la redazione ha incon-trato Rino Giuliacci, storico conoscitore della “pievesità”, delle sue radici e della storia, che ci ha raccontato dei suoi ma-estri artigiani e di quello che avremmo visto in città se fossimo nati anche noi qualche anno fa …“C’era a Santa Maria Maddalena la bot-tega di Egisto Vecchi, falegname carret-tiere” … inizia così il racconto di Rino che celebra il Vecchi come suo primo maestro uno dei pochi che alla Pieve sa-peva fare la ruota della cariola, “l’arte” specifi ca Rino “stava nel costruire alla perfezione ‘il moggio’ che era il perno che teneva i raggi.”Rino racconta di un periodo, quello subi-

to dopo il passaggio del fronte, di grandi ristrettezze economiche e diffi coltà a la-vorare, il baratto stava alla base dell’eco-nomia di Città della Pieve e i ragazzi, per arrotondare, recuperavano il legno dalla vicina stazione di Chiusi dove giacevano i resti dei vagoni bombardati. Il recupero del legno era un’operazione delicata ma veniva ben scambiato dagli artigiani so-prattutto con l’ospitalità nelle botteghe dove i ragazzi potevano formarsi, avere opportunità dei primi lavoretti ma anche … scaldarsi.Già scaldarsi… “Nella bottega di Ameli-to, il fabbro meccanico che stava in Via del Fango, c’era il fuoco della forgia e c’era sempre un bel gruppetto di ragaz-zini che si scaldavano. Talvolta portava-mo noi la legna, se la trovavamo sulla via del ritorno dalla stazione, oppure avevamo un altro metodo più ingegnoso. Cercavamo i cartoni e li lasciavamo am-mollare nelle vasche per la tempera dei metalli una notte intera, poi giocavamo a strizzarli e ne facevamo delle palle che mettevamo a asciugare al calore della forgia. Diventavano dure e compatte e sprigionavano un gran calore.” Quella di Amelito era un’altra bottega storica che aveva aperto prima nelle cantine “degli

Scargiali” a San Pietro e poi si era trasfe-rita poco lontano in Via del Fango. Anche per il ferro il recupero/baratto costituiva il principale mezzo di approvvigiona-mento, a sovvenire alla necessità erano le macchine belliche bombardate e abban-donate in più zone della città. “Andava-mo al cimitero, oppure vicino a dove ora c’è Della Lena”, prosegue Rino, “perché i militari avevano lasciato i mezzi inser-vibili danneggiati o bombardati; e an-cora verso Fiordi ce n’erano un paio.” Mentre osserva sornione le nostre facce stupite, Rino specifi ca che i mezzi rima-sero per tre o quattro anni dopo la guerra, così in balia della città e dei suoi biso-gni. “Del resto erano fonte di materiali metallici da scegliere, poi con mazza e scalpello spaccavamo i bulloni ribattuti e recuperavamo anche viti e bulloni. Per le gomere dell’aratro andava benissimo il metallo che si recuperava dai vagoni mentre le lamiere dei carri armati erano perfette per gli strumenti dell’agricoltu-ra, le balestre dei cannoni ottime per ac-cette e roncole. Quello che ci faceva guadagnare meglio (sempre in natura) era invece il ferro che si recuperava dalle recinzioni della fer-rovia. Mussolini aveva fatto proteggere i

tracciati con pali in cemento con anima in ferro. Molti giacevano abbattuti e bombardati, pulire il tondino centrale e recuperarlo faceva sì che i fabbri le trasformassero in ‘bollette per gli scarponi’. Bollette metalliche che si mettevano sotto le suole degli scarponi per evitare che si consumassero. Il pagamento era in bol-lette e dunque in prodotto fi nito, subito utilizzabile e ulteriormente scambiabi-le.” Egisto ed Amelito sono il segno di un arti-gianato fondato sulla professionalità, ca-pacità manuali e creatività ingegnosa che Rino ha voluto celebrare come maestri ai quali noi dedichiamo il progetto che potrà nascere degli ‘Artigiani della Cattedrale’. Per celebrare questo legame Rino ci ha confi dato che quando fu distrutto il pa-diglione dei fabbri a Sant’Agostino c’era una specie di fontana realizzata con una grossa pietra a forma di pantera che dalla bocca gettava l’acqua e, per salvarla dal-la distruzione, fu portata in Cattedrale. Per celebrare questo sodalizio auspichia-mo prima o poi di vedere riaffi orare, fra un mattone e l’altro, la … pantera dei fabbri.

Gaetano Fiacconi – Ariele di Mario

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VENIZZA E MELOSIO - FRA POESIA E BUONGOVERNOStoria in cattedrale attraverso le tombe dei personaggi celebri

La riapertura della Cattedrale di Città della Pieve consentirà di riscoprire i te-sori d’arte, ma anche la storia locale at-traverso le sepolture celebri che vi sono custodite. Veri e propri monumenti alle eccellenze umane pievesi, fra gli altri dobbiamo ricordare mons. Venizza uni-co pievese diventato vescovo nel 1754 a trentasei anni; monsignor Canuti lo ricorda nel suo “Nella Patria del Perugi-no” come “zelantissimo uomo d’onore” che resse la diocesi per ben sedici anni e che “diede molte missioni al popolo, prese particolare cura dei poveri e degli infermi, amò l’arte e il decoro tanto che arricchì con preziose suppellettili la Cat-tedrale”.L’altro pievese celebre che è ricordato in

Cattedrale, peraltro in un pregevole ton-do dipinto, è Francesco Melosio.Il prezioso tondo, un rame dipinto ad olio, è certamente quello fatto apporre dalla sorella qualche anno dopo la scom-parsa del poeta al quale oggi è intitolata la nostra biblioteca comunale. Francesco Melosio era nato a Città della Pieve il 9 gennaio 1609 da Federico e da Maddalena Isabella Brizi. La famiglia paterna fi gura negli elenchi dei nobili pievesi del secolo XVI. Compiuti i primi studi a Firenze, si trasferì a Roma per seguire i corsi di fi -losofi a e giurisprudenza, entrando poi al servizio, in qualità di aiutante di camera, del cardinale Bernardino Spada, appas-sionato collezionista di opere d’arte. La sua prima composizione databile in-

torno al 1634 è il Lamento di Volesta-no moribondo (in Norreri), sul generale dell’esercito imperiale Albrecht von Wal-lenstein assassinato il 25 febbraio 1634. Pare che Melosio fosse però insoddisfat-to del proprio stato alla corte del cardina-le e lasciò il servizio nel 1640. Si occupò sempre di poesia con compo-nimenti che oggi rappresentano piena-mente gli stilemi della poesia barocca. Melosio non curò mai la raccolta dei suoi componimenti, ma diverse edizioni delle poesie furono pubblicate postume, fra la fi ne del Seicento e l’inizio del Settecento, egli infatti morì a Città della Pieve il 2 marzo 1670 e fu sepolto nella cattedrale, nella cappella di S. Francesco.

Matteo Leoni di Angelo

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IN CATTEDRALE ARRIVA ...... LA BANDAConcerto inaugurale della Banda Musicale Pietro Vannucci

Angela Ciampani, direttrice della Banda Musicale Pietro Vannucci di Città della Pieve racconta la vita musicale pievese e l’appuntamento organizzato per festeg-giare la riapertura della Cattedrale.

La Musicale P. Vannucci di Città della Pieve ha rappresentato in questi lunghi anni, e lo è ancora fortemente, un fi ore all’occhiello per il nostro paese. La sua valenza in ambito culturale è sicuramen-te riconosciuta sia per la qualità musicale che per le tradizioni popolari che le note profuse hanno sempre elevato. Non pos-siamo non ricordare e ringraziare i diver-si Maestri che si sono succeduti nella sua storia Un grazie doveroso ai tanti Presi-denti, in particolare a quello attuale Enzo Cini e ai collaboratori che, con un lavoro encomiabile e gratuito, si adoperano in tutti i modi per migliorare, potenziare ed amalgamare le diverse componenti uma-

ne e materiali, necessarie a sostenere la vita di un complesso bandistico così ar-ticolato.Credo di non sbagliare, e lo posso te-stimoniare in prima persona per questi 15 anni trascorsi tra le note della nostra banda, nel sostenere come la valenza più importante e più signifi cativa sia da ri-cercarsi innanzitutto tra i rapporti umani, fatti di amicizia, di solidarietà, di crescita e perché no, di amori, che la nostra banda ha saputo creare in tutti questi anni, prima ancora che tra gli strumenti o gli spartiti. La banda è stata, ed è ancora oggi, fucina di valori: non è scontato affermare come l’impegno nella musica e nel volontaria-to in genere, siano compagni “buoni” dei nostri ragazzi, non è scontato affermare come la banda rappresenti ancora oggi una retta via per tanti giovani grazie a quel suo modo di tracciare una fase della vita fatta di impegno, sacrifi cio ma anche

di divertimento ed opportunità di incon-tro. Abbiamo avviato con successo la scuola di musica, che attualmente conta circa 60 iscritti con insegnanti qualifi cati e tutti diplomati in Conservatorio. Non potevamo dunque mancare all’ap-puntamento clou di questo 2013 con la riapertura della Chiesa Cattedrale di Cit-tà della Pieve e per questa occasione ab-biamo organizzato un evento unico che vede unite le bande di Città della Pieve e di Monteleone d’Orvieto, le due Co-rali e i ragazzi degli Istituti Scolastici cittadini. Avrò l’onore di dirigere circa trecento persone tra strumentisti e can-tori ed è con non poca emozione che vi aspettiamo il 20 dicembre alle ore 21.00. Un evento che corona l’attività del 2013 che rinsalda il legame con la città e con le sue tradizioni del resto, da sempre la vita cittadina è stata scandita dalla presenza della banda; protagonista e partecipe del-le funzioni liturgiche, delle processioni e al contempo delle feste laiche di piazza; ancora una volta la banda sarà testimone e protagonista di uno degli eventi impor-tanti della nostra comunità. Proprio per questo nostro “esserci” nella vita e nelle “cose della città” non posso non approfi ttare per rinnovare a tutte le famiglie, ai giovanissimi e a chi ha buo-na volontà di venire a conoscere la no-stra realtà, crescendo prima nella scuola di musica, formandosi alla musica e poi

perpetrando la tradizione pievese ed esse-re anche voi artefi ci e strumento di questa presenza. Chi pensa di non poter contri-buire con l’attività musicale, ma vuole sovvenire alle necessità della banda in altro modo, tutti i contributi sono ben accetti, il gruppo ha bisogno sempre di stimoli e di idee nuove; idee che possano aiutarci a raccogliere i fondi per l’autofi -nanziamento così da poter integrare sem-pre le nuove divise, i leggii, gli strumenti e crescere ancora.

Angela Ciampana

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Voce ChiaraUNA CURIOSA COINCIDENZA

Il giusto verso

L’AMORE NON POSSIEDE STANCHEZZA...

U n v e n t o d a l l ’ a n i m a

È sempre stato così, da secoli: affaccian-dosi alle feritoie della rotonda della cu-pola della nostra chiesa, ecco stagliarsi, oltre un paio di campanili, quello del duomo, accanto alla maestosa e possente torre civica. Questo è tutto ciò che le mo-nache di S. Lucia potevano contemplare della chiesa concattedrale di Città della

Pieve. Fino a pochi mesi fa. Poi, per motivi tecnico-pratici, una “par-te” del duomo ha trovato riparo ai pie-di del nostro monastero: ecco un giorno comparire pile di mattonelle di marmo, accuratamente rimosse dal pavimento della cattedrale e ripulite.Certamente nessuna monaca aveva mai avuto occasione di calpestarle. Eccole lì, in fi la ben ordinata, testimoni silenziose di un passato che solo loro potrebbero raccontare.Mi piace infatti pensare alle nostre chiese antiche come a luoghi impregnati di pre-ghiera, i cui muri sembrano trasudare le invocazioni e le lodi che nei secoli sono salite al Cielo da queste porzioni di terra sacra. Guardando quel marmo levigato dai pas-si dei pievesi, mi sono chiesta quante diverse fogge di calzature poteva aver conosciuto nel tempo, quanto “peso” ab-bia sostenuto, quanti sospiri e preghiere appena sussurrate - quelle che nascono dal profondo del cuore e si pronunziano a mezza voce, guardando in giù - abbia ascoltato…Hanno percorso la navata del duomo i

passi maldestri dei piccolini che appena si reggono, ma sfuggono alle mamme, e quelli leggeri e danzanti dei più gran-dicelli che non sanno rinunciare a una corsa irriverente; l’hanno percorsa i passi stanchi e affaticati degli anziani, ritma-ti magari dal sostegno di un bastone e i passi cadenzati e gravi dei Vescovi e dei sacerdoti che salivano all’altare; l’han-no percorsa i passi gioiosi degli sposi e i passi mesti di chi piange i propri cari…E dei pavimenti, calpestati dalle grandi assemblee o dai singoli oranti, forse si saranno accorti in pochi, perché chi visita una chiesa in genere guarda in su.Le umili mattonelle ospitate dalle mona-che non sono state rimesse al loro posto: ne sono subentrate altre, che ora rac-colgono la loro eredità e svolgeranno il medesimo servizio, fondamentale e umi-lissimo: sostenere tutto ciò che il futuro riserverà a questa chiesa.

Così, contemplando il pavimento del duomo, ho pensato che non sia stato un caso averlo custodito in monastero: non siamo forse anche noi, con la nostra pre-senza silenziosa ma reale, per la nostra

città, per questa porzione di Chiesa loca-le – come per quella universale – il soste-gno nascosto dei passi dei nostri fratelli e sorelle, di quanto pesa loro sul cuore, di quei bisogni che solo il Signore conosce e di cui ci facciamo carico con la nostra preghiera e la nostra offerta?

Probabilmente nessuna di noi calpesterà il nuovo pavimento del duomo, ma tutto ciò che vi sarà celebrato non sarà estra-neo alla nostra vita.

È una gioia poter celebrare la riapertura del duomo, centro della vita della comu-nità cristiana, ma anche di quella civile, per la sua storia, per la posizione centra-le in Città, per il valore di testimonianza della fede e dell’impegno dei nostri ante-nati che lo hanno voluto, e lo hanno vo-luto bello! Come noi oggi.Possano ora questi muri ripuliti, questi nuovi pavimenti, questa chiesa rinata, ri-cominciare ad impregnarsi di preghiera, di amore per Dio, e rinsaldare la fede nel cuore dei pievesi, di generazione in ge-nerazione.

Sr. Chiara Ester Mattio

“Non ci sono parole, dice il cuore, se non hai la porta aperta della tua vita verso la Luce, non ci sono mo-menti che ricordi se non hai appoggiato le piccole cose sul tuo passo, che si emoziona per un nuovo sì.E allora si cammina, e anch’io mi appoggio sulle goc-ce di una pioggia per vivere il senso della purezza, e allora dico che nonostante tutto io sono qui, qui a par-lare a quelle case che tra poco accenderanno una spe-

ranza, perché il Bambino Gesù anche in questo Natale, ci vuole dire parole d’amore.Ho respirato il silenzio di una preghiera, ho dettato an-cora lettere alle persone che mi stavano intorno, ma quello che stavo facendo era solo un mettere in movi-mento un fi ume, per irrigare la terra.Mi sono ritrovata a guardare le mie mani ancora una volta sopra le note, mi sono ritrovata a divulgare un messaggio, ma cosa, cosa stavo facendo?Non mi ero nascosta, non avevo avuto timore, ma ave-vo fatto un passo in avanti e avevo appreso che il mio viaggio, non era altro che un giorno di gioia per tutti, e così ho chiamato ad alta voce i miei anni, sono partita verso quella grotta e mi sono inginocchiata, adorando ancora una volta l’Amore.Non c’erano parole che venivano posate nella mia mente, perché quando si sta davanti all’Immenso, bisogna chiudere tutto quell’udito esterno e lasciarsi conquistare da quello interiore.Ho detto alla mia casa che non avrei tardato a portare a loro, una piccola giornata di sole, ho detto al mio cuore che non si sarebbe sentito solo ma che avrebbe avuto compagnia, perché molti sarebbero stati dentro di lui.Ricordo il mio primo passo, quando da bambi-na mi hanno lasciata continuare da sola, per non appoggiarmi più alle mani familiari, ma a quel-le che un giorno avrei chiamato le Mani di Dio. E poi ancora l’abbraccio della melodia, come se ad un tratto quel suono di campane diventasse la mia patria, la mia dimora, il mio Tutto.

Valentina Guiducci

[email protected]

SIGNORA LUIGIA

Nonna tu, luminosa meteora,attraversavi il tratto di cielo

innanzi al mio volo nello spaziodel tempo.

Tu, mia sorgenteaffi orata tra i pallidi monti,

mi sei discesa nel cuore,oramai tuo solo custode.

Circe misteriosadel mio recondito,

vorrò prenderti per manoe salire con te fi no

agli alpeggi,con la gerla di sale,

e ansanti guardarci negli occhigiù fi no all’anima.

Ed afferrarti fuggevole visioneper averti mia,

e insegnarti a ridere.

Renato Stefanini

Si ripropone la versione originale della poesia “Signora Luigia” scusandoci

con l’autore ed i lettori per l’errore con-tenuto nella precedente uscita.

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I SOTTERRANEI PIEVESI DIVENTANO POPOLARI NELLA TERRA DI JACOPONE

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DALLA CATTEDRALE E SANTA MARIA DEI BIANCHI I COLORI DEL POMARANCIOIpotesi per un nuovo circuito turistico che celebra il Pomarancio pievese

Sono in pieno svolgimento i lavori, di conso-lidamento e pulitura dell’affresco della Pre-sentazione al Tempio, posto sopra l’altare del-la Sacrestia di Santa Maria dei Bianchi, in città.Il restauro affi dato alla ditta di Luca e Monica Castri-chini di Todi, che in città hanno già eseguito il recu-pero della tavola con il Battesimo del Perugino nella Cattedrale, sta riportando agli originali splendori un piccolo, ma signifi cativo affresco di Antonio Circi-gnani, il Pomarancio, fi glio d’arte e natio nella nostra città. Pomarancio, importante fi gura nel panorama artistico del barocco in Umbria, Marche, Toscana, Emilia, fu pittore attivissimo a Roma dove viene a contatto con le più importanti avanguardie del tempo.Il restauro è stato possibile grazie alla raccolta del-le offerte ricevute dal comitato Pieve Vivibile, du-rante le iniziative delle Domeniche, visite guidate a tema alla scoperta del patrimonio nascosto cit-tadino e alla pubblicizzazione serrata in colla-borazione anche con il Moggio, che ringraziamo.Il Restauro sta facendo riscoprire un’opera giova-nile dell’artista e addirittura forse un suo autoritrat-to, l’analisi della stessa ci fa apprezzare la mae-stria di questo artista, un’esecuzione rapida, sicura e una vivacità dei colori straordinaria. Grazie alla pulitura oggi se ne leggono perfettamente - grazie alla luce radente - le giornate di lavoro, e l’esecu-zione del disegno - incidendo nell’intonaco fresco - ci mostra un ripensamento in corso d’opera; for-se, come ha notato la restauratrice Monica Castri-chini, una sigla in basso nascosta nella veste della Vergine ci fa sognare si tratti della fi rma dell’artista.

Finito il consolidamento e la messa in sicurezza come ci raccontano Luca e Monica si sta procedendo alle stuccature e alla pulitura della pellicola pittorica che alcuni saggi ci mostrano con colori cangianti che già ci fanno pregustare la bellezza del risultato fi nale.Questo affresco è una delle opere del nostro illustre concittadino che potrebbero essere messe in circuito e creare un percorso turistico alternativo da coronare in Duomo dove troviamo l’altra opera di Pomarancio. Molte le affi nità con lo Sposalizio della Vergine dalla concezione spaziale alla costruzione architettonica; tanto da supporre una vicinanza temporale. L’altra analogia con la Cattedrale la possiamo trovare nella calotta absidale che forse custodisce un ulteriore – probabile – autoritratto. Considerato che è in corso il restauro di un altra importante opera del Pomarancio, promossa dalla Diocesi, ed è la Decollazione di San Giovanni nella chiesa del Gesù, davvero un percorso artistico e turistico potrebbe essere a breve realtà. Il maestro Pomarancio che si avvicina spesso – in par-ticolare nell’opera del Gesù - alle atmosfere caravag-gescheConfi diamo che il lavoro possa procedere come pre-visto così che il 5 gennaio l’opera venga restituita alla città quando, in collaborazione con il Moggio, festeggeremo l’avvio di questo circuito allargato.Ci auguriamo che il restauro ci aiuti a scoprire la va-stità di ciò che ci è stato tramandato, un impegno gra-voso, affascinante e stimolante, speriamo sia il primo di tanti, in cui la città riscopra e recuperi se stessa..!

Luca Marchegiani

Todi dedica tre giorni alle città sotterranee e Città della Pieve si mostra grande protagonista con i volontari del C.A.I. e Pieve Vivibile.Urban Divers il gruppo speleologico della Città di Todi che valorizza e utilizza i percorsi sotterranei cittadini per una fruizione turistica ha organizza-to qualche settimana fa una tre giorni dedicata al pa-trimonio umbro sotterraneo: “Città in Ombra”. Mol-te città ospiti, da Norcia, Terni, Narni, Spoleto, che hanno presentato i loro percorsi cittadini e non solo.Città della Pieve, con la presenza istituzionale dell’as-sessore Luca Cesaretti, era ben rappresentata, con stu-di approfonditi e altri tutti da sviluppare, dal C.A.I. di Perugia che ha parlato delle splendide fonti e cisterne cittadine, aperte al pubblico con grande successo, in più occasioni e degli studi e rilievi approntati sulle stesse.Il Gruppo dei sommozzatori di Città della Pieve, ha esposto l’approfondito studio e i relativi rilievi fatti in collaborazione di Urban Divers di Todi che sono stati eseguiti sulla cisterna di Palazzo della Corgna.

Anche Luca Marchegiani di Pieve Vivibile è interve-nuto insieme a Benedetta Droghieri per mostrare la grande varietà del patrimonio sotterraneo cittadino, che è estremamente interessante e che può raccontarne una storia interessante e misteriosa. Dopo gli interventi, con grande piacere dei relatori, si è sviluppato un lungo di-battito che ha denotato un grande interesse per ciò che Città della Pieve offre a curiosi, studiosi e turisti. Una possibilità che i volontari del Comitato Pieve Vivibile ripropongono in alcune domeniche cittadine per una continua nuova scoperta. Prossimamente, presso la sala espositiva del Caffè degli Artisti, sarà possibile godere di tutto il percorso in foto, con una interessante mostra didattica. Luca Marchegiani

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Una nuova avventura spirituale e artistica sarà presentata dai volon-tari del Castello nei sotterranei del Palazzo della CorgnaIl Terziere Castello non manca all’ap-puntamento più importante dell’inver-no pievese: il Presepe Monumentale. I quattrocento metri quadrati dislocati nelle cinque stanze dei sotterranei del Palazzo della Corgna, nel cuore della città, anche quest’anno accompagne-ranno i visitatori nell’atmosfera del Natale e nella spiritualità che rende la nascita segno e salvezza per i popoli. La ricostruzione di paesaggi e ambien-tazioni per la nascita di Cristo è sempre accompagnata ad un messaggio e spesso

il messaggio diventa parte dell’ ambien-tazione; questo è il modo - oramai con-

solidato dai castellani - di rendere attuale l’evento della nascita e di contribuire a

far rifl ettere i visitatori sulle “cose del quotidiano”. La cura dei particolari, l’impegno dei volontari, la partecipazione delle scuole (la prima sala sarà allestita dagli alunni dell’ Istituto Comprensivo locale) ha contribuito a rendere la manifestazione dei castellani conosciuta in tutta l’Um-bria e visitata da migliaia di persone. Non mancherà una partecipazione spe-ciale soprattutto da parte dei sostenito-ri verde/nero perché quest’anno ricorre il cinquantennale della fondazione del Terziere. Un’occasione per ricordare i tanti che del Terziere hanno animato la vita, la socialità, le glorie.

Gaetano Fiacconi

ANCORA PRESEPE AL CASTELLOPer il cinquantennale del Terziere una edizione speciale dello storico appuntamento natalizio

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L’IDEALISMO ROMANTICO DI MARTA MANGIABENELa pittrice torna ad esporre a Città della Pieve

L’Accademia Pietro Vannucci riporta una serie di nuovi lavori a pastello e tecnica mista a Palazzo della Corgna.Torna ad esporre, dopo un periodo di as-senza dalle scene dell’arte, Marta Man-giabene, pittrice di grande sensibilità e passione che racconta una nuova pittura fi gurativa o, come ha scritto di lei Gio-vanni Faccenda un “Idealismo Romanti-co” che in passato aveva rivolto alle mi-steriose armonie della natura, dai cavalli

alle brine mattutine e che in questa mo-stra pievese affi da al volto e corpo fem-minile e a quello dei bambini.La sua formazione artistica è fi orentina, prima il Liceo Artistico di Firenze e dal 1985 al 1989 l’Accademia di Belle Arti di Firenze, Corso di Pittura Prof. Farulli. Nel 1990 si specializza in Grafi ca d’Arte presso la Scuola Internazionale “Il Bi-sonte” - Corso di Incisione a colori Prof. Kraczyna.Torna a Città della Pieve dove, con Anto-nio Marroni, aveva fatto la sua prima espo-sizione, così da ricominciare dall’inizio e torna a raccontare emozioni e sensazio-ni attraverso le forme femminili perché, come lei stessa aveva dichiarato in una intervista a Massimo Acciai, “mi imme-desimo molto di più nella fi gura femmi-nile e riesco ad esprimere così quello che sento, però a volte nella realizzazione di un quadro non sono concentrata sulla fi -gura in quanto donna o in quanto uomo; sono concentrata sull’espressione degli occhi, su quello che sento, e mi viene ab-bastanza naturale realizzare un quadro,

dando certo un’entità alla fi gura però non c’è una spiegazione. […] io trovo il nudo femminile più espressivo, poi per quanto riguarda l’espressione del viso ho ritratto anche uomini, anche idealizzati, non necessariamente presenti, perché ho studiato anche l’espressione maschile ai tempi dell’accademia: come ho studiato la modella ho studiato il modello. Ci sono poi anche lì due caratteristiche diverse, come la donna e il cavallo, così nello scegliere l’uomo o la donna ci sono degli stati d’animo diversi. La morbidez-za femminile non ha nulla a che vedere con la forza muscolare dell’uomo, anche se oggi la donna ha ribaltato completa-mente questo aspetto con il culturismo femminile.Sono cose che ritengo estreme, forzate e non le condivido. Per me la donna non ha bisogno di dimostrare la sua forza fi -sica per essere alla pari dell’uomo; per me lo è comunque mantenendo le sue ca-ratteristiche storiche. […] Quasi mai le donne che ritraggo sono reali. Mi può colpire l’espressione di un’amica, di una

conoscente, di una persona perfetta-mente sconosciuta che vedo in autobus. Posso memorizzare quell’espressione e partire per realizzare un quadro; ci sono infatti delle fi sionomie che ricorrono, so-miglianze di familiari, però in linea di massima non ritraggo mai una persona perfettamente uguale. Ci sono degli input da cui parto. Spes-so uso la macchina fotografi ca per foto-grafare cose che mi colpiscono, come un gioco di luci di una parete, le nuvole o il mare, anche delle persone, però poi vado sempre oltre quello che memorizzo con la macchina fotografi ca; per me la mac-china fotografi ca è il taccuino del pittore antico, trovo quindi giusto utilizzare il mezzo moderno.”Un ritorno che ripropone tutta la forza della pittura di Marta Mangiabene do-vuto alla forza universale dell’arte – che non si dissecca se alimentata – e anche all’attenzione dell’Accademia Pietro Vannucci che ha fortemente voluto orga-nizzare la mostra.

Gaetano Fiacconi