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1 Modalità d’esame LETTERATURA ITALIANA per LISAO SECONDO SEMESTRE I e II BIMESTRE A.A. 2007 - 2008 All’esame gli studenti porteranno, oltre al programma generale, un sondaggio testuale su Manganelli o su Calvino o su Moravia o su Malerba o su Terzani Staude, secondo il metodo esemplificato durante le lezioni e secondo gli esempi delle SINOSSI (che costituiscono il punto di riferimento imprescindibile per l’esame); e la lettura di almeno cinque degli articoli giornalistici i cui argomenti sono indicati nell’elenco. Sia le SINOSSI, sia gli articoli si trovano nella copisteria Clony (Dorsoduro, Calle Longa S. Barnaba). Eventuali lezioni di recupero si svolgeranno il giovedì dalle 18.30 alle 19.15 sempre all’ex Cinema Italia. Sono comprese nell’orario del modulo le proiezioni dei film La stella che non c’è di G. Amelio (Italia, 2006) il 16 maggio alle ore 14,30; e La città proibita di Zhang Yimou (Cina, 2006) il 23 maggio alle ore 14,30. Inoltre: giovedì 29 maggio all’Auditorium S. Margherita, Seminario e recital “La letteratura e i sentimenti”. Il 13 marzo si terrà all’Auditorium S. Margherita il Seminario del prof. Alvaro Barbieri su L’Altrove asiatico de “Il Milione”: schede di etnografia marcopoliana; il 27 marzo il recital dedicato a Romano Pascutto del Circolo attoriale di Mogliano Veneto. Le manifestazioni specifiche per LISAO costituiscono parte obbligatoria del modulo e saranno oggetto d’esame. Il modulo vale 5 crediti. Tutte le manifestazioni sono comunque interessanti per ambedue i corsi (LICAO e LISAO) e quindi tutti sono invitati a parteciparvi. Gli studenti che portano ancora il programma 3+3 aggiungeranno la lettura completa di I. Calvino Collezione di sabbia (Einaudi). E-mail del docente: [email protected]

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Modalità d’esame

LETTERATURA ITALIANA per LISAO SECONDO SEMESTRE I e II BIMESTRE

A.A. 2007 - 2008 All’esame gli studenti porteranno, oltre al programma generale, un sondaggio testuale su

Manganelli o su Calvino o su Moravia o su Malerba o su Terzani Staude, secondo il

metodo esemplificato durante le lezioni e secondo gli esempi delle SINOSSI (che

costituiscono il punto di riferimento imprescindibile per l’esame); e la lettura di almeno

cinque degli articoli giornalistici i cui argomenti sono indicati nell’elenco. Sia le SINOSSI,

sia gli articoli si trovano nella copisteria Clony (Dorsoduro, Calle Longa S. Barnaba).

Eventuali lezioni di recupero si svolgeranno il giovedì dalle 18.30 alle 19.15 sempre all’ex

Cinema Italia.

Sono comprese nell’orario del modulo le proiezioni dei film La stella che non c’è di G.

Amelio (Italia, 2006) il 16 maggio alle ore 14,30; e La città proibita di Zhang Yimou (Cina,

2006) il 23 maggio alle ore 14,30.

Inoltre: giovedì 29 maggio all’Auditorium S. Margherita, Seminario e recital “La letteratura

e i sentimenti”.

Il 13 marzo si terrà all’Auditorium S. Margherita il Seminario del prof. Alvaro Barbieri su

L’Altrove asiatico de “Il Milione”: schede di etnografia marcopoliana; il 27 marzo il recital

dedicato a Romano Pascutto del Circolo attoriale di Mogliano Veneto.

Le manifestazioni specifiche per LISAO costituiscono parte obbligatoria del modulo e

saranno oggetto d’esame.

Il modulo vale 5 crediti.

Tutte le manifestazioni sono comunque interessanti per ambedue i corsi (LICAO e LISAO) e quindi tutti sono invitati a parteciparvi. Gli studenti che portano ancora il programma 3+3 aggiungeranno la lettura completa di I.

Calvino Collezione di sabbia (Einaudi).

E-mail del docente: [email protected]

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SINOSSI STORICA DELLA LETTERATURA ITALIANA

La letteratura italiana è, in realtà, dagli inizi duecenteschi fino all’800 risorgimentale e

romantico, una letteratura in volgare (dal ’300 prevale il volgare toscano, seguito da

Dante, Petrarca, Boccaccio) oppure in latino, rimasto, fino all’800, lingua privilegiata della

cultura.

I diversi volgari, in ambito italiano ed europeo, derivano dal latino parlato e costituiscono

la premessa delle lingue nazionali neolatine (italiano, francese, spagnolo, portoghese,

romeno).

La letteratura italiana cominciò, nel ’200, con la poesia siciliana, col “dolce stil novo”

(Guido Guinizzelli e Guido Cavalcanti) con la poesia religiosa di Jacopone da Todi, e con Il

Milione di Marco Polo.

Il ’300 è dominato dagli autori che creano la tradizione del volgare toscano: Dante che,

oltre alla Divina Commedia e alla Vita Nova scrive il De vulgari eloquentia difendendo il

volgare come lingua letteraria; Petrarca che considerava più importanti le opere in latino

rispetto al Canzoniere ripreso poi come un modello esemplare della poesia fino a

Leopardi; Boccaccio che, col Decamerone, crea il modello della prosa narrativa.

Il ’400 è caratterizzato dall’Umanesimo che riprende gli esempi della classicità greca e

latina. Tra gli autori di questo periodo, ricordiamo Lorenzo il Magnifico e Angelo Poliziano.

Il ’500 è il secolo del Rinascimento: l’autore centrale, nell’ambito poetico, è Ludovico

Ariosto che, rifacendosi alla tradizione medievale, compone il poema Orlando furioso

(continuazione di Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo). Altri autori di primario

rilievo sul versante storico e politico sono Niccolò Machiavelli (Il Principe) e Francesco

Guicciardini. Nella seconda metà del ’500 un poeta importante, per il passaggio dal

Rinascimento al Manierismo, è Torquato Tasso (di cui ricordiamo, almeno, il poema La

Gerusalemme liberata).

Il ’600 è caratterizzato dal Barocco, di cui il maggior esponente, in ambito poetico, è

Giambattista Marino, autore dell’Adone. Ma il ’600 è anche significativo per la filosofia

(Giambattista Vico) e per la scienza (Galileo Galilei).

Il ’700 è il secolo del razionalismo illuminista; ricordiamo Pietro Metastasio, esponente di

un genere d’evasione, detto “Arcadia”; ben più rilevanti sono Carlo Goldoni, veneziano,

grande commediografo in volgare veneziano (oltre che in volgare toscano); Giuseppe

Parini, milanese, autore del poemetto Il Giorno; Vittorio Alfieri, autore di tragedie, e

precorritore del Romanticismo.

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L’800 è il secolo del Risorgimento e del Romanticismo: fioriscono Ugo Foscolo e

Giacomo Leopardi, mentre Alessandro Manzoni è il fautore della lingua italiana che si

costituisce come lingua nazionale (il 1868 è la data del primo Vocabolario della lingua

italiana).

Nel secondo ’800 troviamo narratori come Ippolito Nievo (Le confessioni di un italiano) e il

capostipite del Verismo, Giovanni Verga (I Malavoglia, Mastro don Gesualdo).

Il primo ’900 si caratterizza per il passaggio dal Verismo al Decadentismo. Quest’ultimo è

un fenomeno europeo rappresentato in Italia da poeta quali Giovanni Pascoli, Gabriele

D’Annunzio, Guido Gozzano (quest’ultimo considerato esponente del Crepuscolarismo);

narratori quali Italo Svevo, e da drammaturghi quali Luigi Pirandello.

Fenomeni qualificanti della letteratura novecentesca saranno, poi, le riviste («La Voce»,

«La Ronda», «Solaria», «Letteratura»); l’ermetismo, i cui precursori sono Giuseppe

Ungaretti, Eugenio Montale; e che trova nel fiorentino Mario Luzi il maggiore esponente.

Nel 2° dopoguerra, il neorealismo rispecchia l’esigenza di collegare la letteratura alla vita

sociale e politica. Quindi, troviamo autori che rivalutano il significato dell’avventura, della

fantasia, del viaggio, come Italo Calvino e Goffredo Parise; e i narratori e i poeti della

neoavanguardia e dello sperimentalismo come Edoardo Sanguineti e Andrea Zanzotto.

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LETTURA DINAMICO-INTERATTIVA (fondamento del SONDAGGIO TESTUALE)

mette in evidenza come ogni momento del testo possa essere correlato con altri momenti

del testo rivelandone più profondamente il significato.

1) Rapporto tra lettore e testo

2) Nessi intratestuali ed intertestuali

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“… allenarsi alla lettura letteraria, addestrarsi a leggere letteratura, allena i riflessi ad

andare verso l’altro. Quando i miei studenti leggono poesie, o romanzi, o anche testi di

molto tempo fa […] dimostrano poca sensibilità per tutto ciò. Ma se cerchi di insegnare

come leggere, ciò che stai insegnando loro è come entrare in un altro mondo e lasciare se

stessi alle spalle”.

(Gayatri C. Spivak

studiosa indiana che insegna negli Stati Uniti)

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“E certo il lettore conserva un proprio margine di libertà eccentrica, di anticonformismo,

anche rispetto alle leggi implacabili del mercato: con la consapevolezza della sua funzione

primaria all’interno del testo, della cui forza vitale è responsabile in prima persona, egli non

può confondersi con l’acquirente di un oggetto di consumo o con il cliente di un grande

magazzino. Il libro non informa soltanto né solo intrattiene: è una creatura, che non posso

ridurre a una superficie discontinua di stimoli eccitanti quanto effimeri, di istanti consumati

in se stessi. Essa anzi attinge il proprio volto più vero se ci si impegna nella continuità

organica di un dialogo che cresce nel tempo, sempre sulla traccia di un’origine da

riscoprire nel futuro: attraverso la differenza si illumina una affinità, una corrispondenza di

forme e di gesti interiori; il lettore non è come un turista, ma come un pellegrino, che nel

compiere il suo viaggio cerca anche se stesso e indaga il proprio caos sentendosene

responsabile”.

(Ezio Raimondi)

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NOZIONE DI ERMENEUTICA

La lettura dinamico-interattiva pre-comprensione

è un’esperienza del soggetto-lettore comprensione

spiegazione interpretazione intratestuale ed intertestuale risalimento alla genesi e

ampliamento dei nessi contestuali

---------------------------------

STRUMENTI CONCETTUALI

- testo struttura / segni / simboli

- linguaggio espressione / comunicazione

- sincronia elementi compositivo-strutturali

- diacronia tempo interno del testo

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REPORTAGES: LINGUAGGIO LETTERARIO, LINGUAGGIO GIORNALISTICO, LINGUAGGIO FILMICO

Il linguaggio degli scrittori è accentrato sugli elementi connotativi e metaforici (immagini,

simboli) che costituiscono la verità poetica dei testi.

Il linguaggio dei giornalisti è accentuato sugli elementi denotativi e referenziali

(informazioni, documentazioni). Ciò non significa che anche nei giornalisti non ci siano

elementi connotativi, ma non sono prevalenti, perché in essi prevale l’esigenza

dell’informazione oggettiva, storica.

Semplificando molto, si potrebbe dire che mentre negli scrittori prevale la verità poetica ,

nei giornalisti prevale la verità storica.

Ciò che permette di paragonare il linguaggio letterario dei reportages dall’Estremo

Oriente, soprattutto quelli di Manganelli, Calvino e Moravia, al linguaggio cinematografico

dei film sull’Estremo Oriente che verranno proiettati sono gli elementi dinamico-compositivi dell’immaginario visivo. Sia i reportages che i film si riferiscono a un

determinato mondo geo-culturale e alle sue vicende sociali non raccontandolo dall’esterno ma rappresentandolo dall’interno secondo un accostamento di immagini.

Nella letteratura dei reportages la funzione “rappresentativa” degli elementi visivi è

particolarmente rilevante; e il nesso tra letteratura e cinema risulta evidente.

Nel caso particolare dei film che verranno proiettati, l’interesse deriva – inoltre - dal

confronto tra le immagini dell’Estremo Oriente degli scrittori italiani (che comprendono un

arco di tempo dagli anni ’50 agli anni ’80 del secolo scorso) e le immagini dell’Estremo

Oriente di un regista italiano e di un regista cinese degli anni più recenti.

Sia per gli scrittori dei reportages, sia per i registi dei film, gli elementi diacronici si

qualificano come RITMO, SEQUENZA, gli elementi sincronici si qualificano come

IMMAGINI, SEGMENTI.

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giornalismo significati differenti immagini visive letteratura ma non nettamente distinguibili cinema

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L’IMMAGINE VISIVA IN MALERBA E IN MANGANELLI

“… mi preoccupavo, al momento della partenza, di non smentire il mio rapporto mentale,

letterario e affettivo con quel paese, immagine ormai acquisita, capitolo chiuso e lontano, e

mi proponevo semmai di realizzare una totale immersione in una delle tante possibili realtà

cinesi… Questa ipoteca letteraria e sentimentale non mi ha impedito di prendere possesso

di alcuni dati reali e storici”.

(Luigi MALERBA, Cina Cina, Lecce, Manni ed., 1985, p. 17)

cfr. con MANGANELLI “stile cinese … / artificio ecc. /

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MALERBA / MANGANELLI // CALVINO /// MORAVIA / TERZANI STAUDE

Malerba e Manganelli si corrispondono sul piano dell’immaginario del mondo cinese, e il

loro linguaggio tende piuttosto al saggio letterario che al reportage giornalistico.

Calvino, per quanto riguarda il mondo giapponese, si pone sullo stesso piano.

Moravia e Terzani Staude si possono collegare sul piano dell’ottica sociologica del mondo

giapponese (tanto che Moravia poi sembra addirittura la prefigurazione di Terzani Staude

(anche se scrive circa 30 anni prima) e il loro linguaggio tende più specificamente al

reportage giornalistico.

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DIFFERENZE TRA LA CINA DI MALERBA E LA CINA DI MANGANELLI Ambedue gli scrittori prendono avvio da un’ottica interpretativa che privilegia l’immaginario

in luogo della realtà e che ricerca antropologicamente lo “stile cinese”’ (l’espressione è

propriamente di Manganelli, ma si potrebbe applicare anche a Malerba, nell’attenzione ai

fattori teatrali e scenici della recitazione, della finzione). Malerba si qualifica piuttosto per la

riflessione saggistica che per il reportage vero e proprio; Manganelli si riferisce anche ai

particolari del suo viaggio in Cina, alle città di Shanghai e di Pechino.

DIFFERENZE TRA IL GIAPPONE DI CALVINO, MORAVIA E TERZANI STAUDE

Calvino parte dalle immagini visive per cogliere il retroterra filosofico (il senso del tempo

ad esempio) della storia e della contemporaneità del Giappone.

Moravia parte dalle immagini visive per cogliere il retroterra sociologico della storia e della

contemporaneità del Giappone.

Terzani Staude accentua l’ottica sociologica, giungendo a considerare il Giappone in

termini “occidentali”, come una prefigurazione dell’Occidente contemporaneo.

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DIACRONIA DI CINA CINA

circolare (pag. 21) si riflette nel tempo interno del testo

1. tempo “tempio di legno” (Samarcanda, p. 96 cfr. Calvino) storia continuità tra antico e moderno, tra prima di Mao e dopo Mao (1949)

pp. 35-38 – p. 98 (Samarcanda)

il titolo

2. esistenza punti interrogativi (disseminati un po’ dappertutto…):

ad es.: il sorriso del leone (p. 66), l’aereo (pp. 66-67)

realtà / immagine (bambini /angelo p. 23)

incipit (p. 20) / explicit (pp. 77-80)

favola (pp. 26-31)

funzione / ornamento (p. 22)

Due mandarini (p. 59)

Il passo del mandarino (p. 46)

4. artificio limitazioni (pp. 54-55)

Ricamare il cielo (pp. 55-56)

giocattolo/bambola (p. 61)

convenzioni (Pa Chin, p. 69-72)

il titolo

3. ripetizioni il piacere della ripetizione (pp. 43-45)

Magazzino dei santi: “La varietà nella rassomiglianza è una

regola dell’arte cinese e la replica esteriore è soltanto un

artificio per mettere in evidenza le variazioni” (p. 72)

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SINCRONIA DI CINA CINA immagini

- trucco (pp. 41-42) - Teatrino della musica (ecc.) (p. 44) - piedi /solletico / trampoli (pp. 47-52) - profumo (p. 58) - caramelle ecc. (p. 62) - cibi ecc. (pp. 64-65) - voci (p. 74) - percezioni “fuori campo” (Joris Ivens) (pp. 75-76) - colori (p. 40)

figurative plastiche tattili olfattive uditive

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LA CINA DI MANGANELLI

DIACRONIA TESTUALE ritmo mimetico-visivo

- dalla visione immaginaria alla visione oggettiva

- dal viaggio in aereo al contatto reale

- dall’inconscio, dalle sedimentazioni culturali all’esperienza percettiva

- dall’esperienza percettiva alla comprensione dello “stile cinese” come

“rappresentazione”, “recitazione”, “artificio”

- ritorno “circolare” alla visione immaginaria iniziale (il disegno, la calligrafia…)

ritorno all’occidente (del “tempo vano e segreto”, dell’“arcaica eleganza dell’Asia”).

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LA CINA DI MANGANELLI

SINCRONIA TESTUALE

11 paragrafi

racconto unitario (accentrato su Pechino)

incipit fino a “L’aereo… atterra a Shangai”

explicit ultimo capoverso (“E ripercorriamo l’aria dell’Asia…”)

gli stacchi grafici non corrispondono del tutto ai segmenti reali

- 4 macrosegmenti (viaggio aereo / Pechino / “stile cinese” / Canton – Hong Kong)

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LA PECHINO DI MANGANELLI

Manganelli, pur dedicando la maggior parte del suo reportage a Pechino, “incornicia”

Pechino tra Shangai, Canton e Hong Kong: Shangai è la città dove atterra e che

costituisce il primo impatto con la Cina; Canton e Hong Kong gli permettono di evidenziare

i confronti tra la Cina e l’occidente.

DIACRONIA TESTUALE

- dalla figurazione geometrica alla percezione reale

- dagli elementi plastici agli elementi coloristico-atmosferici

- dalla terra al cielo

- dalla geometria astratta alla “dimensione del villaggio”

- dal “brulicare di una vita minuta e svelta” alle “strade morbide, naturalmente

notturne”

--------------------------------------------------------------------------------------

SINCRONIA TESTUALE Incipit prefigurazione immaginaria Segmento - 1 la città-ideogramma

corpi sottili lavoro in legno negozi

- 2 la strada farmacie biciclette colori aria iterazioni deittiche questa città / questa strada / questi cinesi explicit “Pechino è una città interamente nordica”

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ANGELA TERZANI STAUDE GIORNI GIAPPONESI

Milano, Longanesi 1994 – Nuova edizione 2006 – pp. 316

- 1985-1990 anni del soggiorno giapponese di Angela e Tiziano Terzani

1989 dall’epoca Showa all’epoca Heisei ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ - diario – saggio ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ - Cfr. con Moravia (e con Calvino) ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ - DIACRONIA temporalità dilatata (diversa da quella di un viaggio) la comprensione si compie verità esperienziale attraverso l’esperienza diversa dalla verità poetica e dalla verità documentaria ottica antropologica - SINCRONIA parametri interpretativi

tradizione storica e innovazione tecnologica forti e ricorrenti incipit p. 15 explicit p. 326 natura / storia / società / cultura / religione Asia / Cina - Giappone Europa / Occidentale America 1945 bomba atomica p. 191 Yamato

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• villa Katsura a Kyoto (cfr. Calvino) - natura / arte Tsunami p. 117 la luce del Nord p. 265

• il mare oscuro e selvaggio p. 266 • p. 39 – p. 324

• solitudine (p. 286) • i giovani (p. 278) • personaggi Reiko / Steven Platzer... • yakuza

- società massa (p. 308 G. Parise)

• Samurai • 23.000 Giapponesi si tolgono la vita ogni anno (p. 37) • vertigine economica (p. 42) – Borsa /speculazione

finanziaria (p. 103) • “uomini – salario” (da p. 70) Love hotel (p. 258) • matrimonio (p. 91) (pp. 219-220) [condizione della donna]

• rivoluzione industriale e tecnologica p. 318 • Tokyo p. 57

- storia p. 84 p. 166 Hiroshima p. 298 p. 234 (Università)

• Kyoto 6 novembre 1987 • Enclave imperiale pp. 132 e seguenti

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- • Cinema giapponese (p. 96)

- cultura • Natale dicembre 1987 • democrazia – politica pp. 149-153 • nazionalismo p. 170 • amoralità p. 180 • funerali di Hirohito pp. 197 e seguenti • il tempo p. 248 • visibile e invisibile p. 309

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

• Shintoismo (p. 244) - religione (p. 200)

• Buddhismo (p. 74, p. 276) • p. 323 • p. 324 • p. 325 saggezza p. 74 – 276 – 292 – 325

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• p. 25 • pp. 86-87

Asia / Cina • Mao e gli statisti dei Meiji (p. 271, p. 302) • Fatti di Tien An Men

(4 giugno 1989) • ubbidienza p. 247

p. 303 Giappone America

• Mike Mansfield p. 253 • Mac Arthur p. 270

e nostro futuro

• p. 208 • Lafcadio Hearn (Inghilterra)

• Germania Glueckdor

Europa - Occidentale sull’isola di Hokkaido p. 160 e Introd. 2002 muro di Berlino (novembre 1989)

• Italia p. 273 “… dalla faccia assolata della Terra a quella ombrosa e lunare”

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I. CALVINO La forma del tempo da Collezione di sabbia, 1984

DIACRONIA TESTUALE RITMO MIMETICO – VISIVO

Percezione visiva e riflessione filosofica

Spazio unità e molteplicità

Poesia e natura (“giardino – parola”)

SINCRONIA TESTUALE incipit treno (interno)

Spaesamento tra realtà e senso

Svolgimento “circolare”

Dal reale al poetico

Dall’interiore all’esteriore

Explicit essenza poetica e spirituale

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CALVINO La vecchia signora in kimono viola

osservazione - riflessione

DIACRONIA TESTUALE Alternanza interno – esterno

visibile – invisibile

Tokyo

Excursus parentetici Imperatore

SINCRONIA TESTUALE la Signora

la ragazza

il treno

la casa

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A. MORAVIA La folla in Giappone

«Corriere della sera», 10 novembre 1957

RITMO DIEGETICO-NARRATIVO dall’osservazione visiva

alla riflessione sociologica

dai significati psicologici

ai significati sociologici

SINCRONIA TESTUALE incipit treno

Folla (multiforme)

Moltitudine

Guerra perduta

SEGMENTI Dinamismo

Immobilità

Borghesia (prevalente)

Sorriso (hostess)

Sentimenti (nascosti)

Noia ideale reale

Explicit Asia Europa

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ROMANO PASCUTTO E IL SUO VENETO: TRA REALISMO E TENSIONE LIRICA

Nato nel 1909 a San Stino di Livenza (Venezia) da una famiglia di artigiani sarti e calzolai,

Romano Pascutto visse gli anni del secondo conflitto mondiale a Tripoli, in Libia, dove si

impiegò presso una Compagnia di viaggi per dodici anni. Rientrato in patria nel1943

partecipò alla lotta partigiana come membro del Comitato di liberazione nazionale e nei

“Gruppi di combattimento Livenza”. Nel dopoguerra fu sindaco della sua cittadina nativa

dal 1975 al 1980. Grande fu la sua passione per la scrittura. Fu poeta in lingua e dialetto e

si cimentò anche come romanziere. Particolare attenzione merita la sua produzione di

scritti di carattere politico e la sua attività di autore teatrale. Pascutto morì a Treviso l’8

aprile del 1982.

La bibliografia dell’autore sanstinese è curata dall’Associazione culturale Romano

Pascutto che ha promosso in questi anni la conoscenza e lo studio dello scrittore ed ha

raccolto e ordinato i suoi materiali presso un locale del municipio di S. Stino di Livenza. Di

recente il poeta ha ottenuto la pubblicazione dei primi tre volumi dell’opera omnia per i tipi

della Marsilio, tra cui il volume di poesie L’acqua, la piera, la tera, Venezia, Marsilio, 2000

che riprende, in un “livre de poche”, la pubblicazione precedente L’acqua, la piera, la tera

e altre poesie, (Venezia, Marsilio, 1990) a cura di Antonio Daniele.

In questa raccolta di poesie in dialetto sanstinese Pascutto, cresciuto ai limiti della grande

palude che delimitava i territori bagnati dal basso corso del fiume Livenza, ci offre una

magistrale interpretazione di quel sentimento profondo di identificazione con il mondo

struggente dei diseredati e con la sua terra d’origine che ha caratterizzato tutta la sua

opera.

Alcuni risultati di rilievo sono emersi durante il convegno “Romano Pascutto e il suo teatro”

svoltosi nel dicembre 2007 a Portogruaro per ricordare l’autore nel venticinquesimo

anniversario dalla morte e fare una prima esplorazione della sua opera teatrale. Gli invitati

hanno sottolineato in particolare la grandezza riconosciuta di Pascutto come cantore in

dialetto veneto di un popolo e di una terra e il significato di ricordarlo nella città centro,

anche dal punto di vista culturale, del territorio da lui celebrato nei suoi versi. Scopo del

convegno era di illustrare il teatro di Pascutto: si tratta di una vasta produzione (più di 35

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titoli), ad oggi insufficientemente investigata, nella quale è da mettere in luce la dialettica

“tra realismo e tensione lirica”. In particolare è interessante il poemetto, a metà strada tra

produzione poetica e teatrale La storia de Nane, (Milano, Edizioni Avanti! Il Gallo, 1963),

scritto in vernacolo e composto da 1197 versi a carattere lirico-narrativo. In esso è

contenuta, come se fosse un racconto epico narrato da un cantastorie, la vita di Nane, e,

perché no, quella del poeta stesso, che si allarga a storia esemplare di una classe sociale,

di un frammento della nostra vicenda patria negli anni del primo Novecento: la condizione

della povertà rappresentata nella sua crudele, e poco edificante verità e, tuttavia, nella sua

realtà naturale e tra le barocche immagini, proprie dell’inventiva popolare.

Andrea Zanzotto, a proposito della collocazione dei modi di questo “andar poetando”

scriveva: “è l’incontro di tre zone o meglio di tre ‘auree’ linguistiche; vi si coniugano sulla

base del dialetto Piave-Livenza che arriva fino al Bellunese e che si caratterizza per alcuni

tratti duramente arcaici, influssi lessicali e sintattici friulani e soprattutto dolcezze che sono

tipiche della bassa e che attestano la vicinanza di Venezia…”. E ancora: “in esso tutto un

mondo di presenze si riconosce ed esprime in una lingua né privata, né meta-storica, ma

feconda per una quotidianità che… ha tuttavia la forte articolazione della storia nel suo

farsi”.

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RECITAL DEDICATO A ROMANO PASCUTTO AUDITORIUM SANTA MARGHERITA – VENEZIA 27 MARZO 2008

Presentazione critica della prof. Saveria Chemotti, dell’Università di Padova Lettura delle poesie tratte dal volume Romano Pascutto, L’acqua, la piera, la tera,

Venezia, Marsilio, 2000.

1. SEZIONE – FIGURE Par la morte de un murador A Remo Pasetto (pag. 40-41) Aneme de puìna (pag. 29) Le mestre Caroline (pag. 68) I vovi friti del paradiso (pag. 15) Me nona (pag. 81) Vecia contadina morta (pag. 65) I omenoni (pag. 64) Pissada in laguna (pag. 144) I zìngani (pag. 14) Puto a tochi (pag. 141) Le marionete de mastro Capèo (pagg. 10-11) Signor del venere sant (pag. 140) A me fradeèt Tito (pag. 7)

2. SEZIONE – NATURA L’acqua, la piera, la tera (pag. 8) Gata piena (pag. 108) Pomi cachi e narance (pag. 25) Le rane pissote (pag. 129) La suca baruca (pag. 19) Formighete (pag. 121)

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Perlete de piova (pag. 120) El çerpignol (pag. 74) Vide che bala (pag. 148) La verta (pag. 133) Scarpete de Madona (pag. 56) I fossetti (pag. 57) Nodesmentegartedemi (pag. 28) Mirasoli (pag. 110) L’istà no l’è morta (pag. 124) El vassòr (pag. 55)

3. SEZIONE - SENTIMENTI La man de me mare (pag. 80) Resta la mare (pag. 100) La panocia (pag. 62) ‘Na foia secca (pag. 111) Le mame (pag. 9) I copi (pag. 104) Identità (pag. 22) Ultimo cason (pag. 67) De mi e de ti (pag. 132) Le tortoree (pag. 146) Insogno azuro (pag. 17) Poeta (pag. 149)

Lettura di passi dal poemetto Storia de Nane, Milano, Edizioni Avanti! Il Gallo, 1963, fuori

catalogo.

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LA STELLA CHE NON C’E’

Regia: Gianni Amelio. Scenografia: Attilio Viti. Fotografia: Luca Bigazzi. Musiche: Franco Piersanti Montaggio: Simona Paggi

Anno: 2006,Nazione: Italia, 2006. DURATA 104’

Liberamente ispirato a La dismissione di Ermanno Rea.

Trama

Una delegazione cinese arriva in Italia per rilevare un grande impianto da un'acciaieria in disarmo. Vincenzo Buonavolontà, manutentore specializzato nei controlli delle macchine, deve partire per la Cina per renderlo efficiente.

Qui vivrà un’esperienza di vita particolare e traumatica di fronte a una società e a un ambiente in acceleratissima evoluzione. Egli diventa il nostro tramite per osservare dal basso, cioè con un acuto senso di oppressione, una Cina che sta nascendo da una terra che fu civile e antica e che ora assume i connotati della modernità più spinta da una parte e dall’altra, invece, quelli di un ritorno alla schiavitù, all’oppressione, alla disumanità che, forse profeticamente – ed è allora da tremare – ci viene presentato da quei crudeli ed esasperati film di fantascienza della generazione che prende inizio da Blade Runner e di cui, tra le più recenti efficaci espressioni, c’è I Figli degli uomini.

Si può prescindere, per una lettura settoriale del film, dal fatto che esso sia stato tratto da un romanzo. Parlare di ciò, vorrebbe dire incentrare l’attenzione su un aspetto molto interessante dell’evoluzione industriale occidentale verso un’archeologia delle tecniche lavorative e che porta con sé un’umanità storicamente collocata in un preciso contesto culturale.

In occasione di questo corso universitario invece prendiamo in esame quella parte del film che anche visivamente ci introduce in una Cina incredibile, proiettata nel futuro con forti accenni disumanizzanti e in cui torna a vivere possente, ingombrante e di nuovo

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“necessario”, un medioevo da fantascienza. Davanti ai nostri occhi appare una Cina ripresa con evidente stupore da Gianni Amelio, come con evidente stupore aveva ripreso nel film LAMERICA un’Albania in disfacimento, ma con ben diverso e allarmante futuro.

Siamo nella realtà o in un’inquietante fantascienza nei film di Amelio? Ormai sappiamo abbastanza dell’odierna Cina per dire che quanto vediamo sta realmente accadendo e che le possenti immagini che il regista ci propone sono l’incubo, il dramma, attraverso i quali deve passare lo sviluppo bestiale di quella nazione.

Come appare la Cina all’operaio Vincenzo Buonavolontà? Il suo occhio e i suoi sensi la percepiscono in maniera dilatata, come se utilizzassero un obiettivo a “occhio di pesce”, che lo immerge in un paesaggio straniante, quasi simile a quello orribilmente fantasioso che fa da sfondo alla saga del Signore degli Anelli.

E dov’è l’uomo che fa parte della nostra vita? L’uomo con sentimenti, con stupori, con anima, che apprezza la tradizione, che ama la natura, che lotta e che sa rispettare, che si contraddice ma che rimane contemporaneamente libero e schiavo fin da quando apparve sulla terra?

Quest’uomo pare dimenticato in Cina, cancellato dalla nuova geografia e dalla storia economica, privato di identità, di capacità a riconoscersi. Questo drammatico tema sarà contemporaneamente sviluppato dal film Still life di Jia Zhangke, vincitore del Leone d’Oro a Venezia nel 2006.

Sarà forse una semplice impressione costruita con l’apporto di un patrimonio di immagini accumulate nelle lunghe frequentazioni di spettacoli cinematografici e di romanzi, ma è certo che la Cina si sta avvicinando sempre di più a noi con passo felpato ma deciso a conquistare per sé tutto ciò che le è necessario per occupare un posto in cima alla classifica dei Paesi più forti economicamente, per far vivere il suo miliardo di popolazione, i suoi nuovi straricchi capitalisti comunisti, le sue auto che devono avere le risorse necessarie per funzionare e che essa deve prelevare fuori di casa sua. E l’Africa che galleggia sul petrolio migliore del mondo sarà la sua vitale conquista non attraverso la rapacità da sempre messa in atto dai popoli colonialisti occidentali, ma da un’aggressività morbida che si insinua nel sangue che passa per il cuore e per gli altri organi vitali del grande continente e che ne farà un serbatoio fecondo per la sua esistenza e per il suo potere.

Questo non c’è nel film, ma viene indotto al pensiero quale conseguenza dello stato attuale delle cose.

"Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà", era la celebre previsione, pronunciata da Napoleone nel 1816 e poi ripresa da Lenin; si è essa realizzata?: la dirompente trasformazione di quel Paese ha fatto sì che in poco tempo essa ha creato delle classi sociali ricchissime e attive, mentre i suoi prodotti invadono il mondo utilizzando per fare concorrenza nei mercati globali lo sfruttamento delle classi lavoratrici deboli.

I quattro valori (onestà, pazienza, giustizia e solidarietà) rappresentati dalle quattro stelle della bandiera cinese sono insufficienti, questo pare dirci Amelio; manca un’altra stella, quella della speranza. O quella della libertà.

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Da un’intervista all’attore Sergio Castellitto:

“La Cina è viaggiare dentro un pianeta dove le immagini vanno dal medioevo alla fantascienza, dall'efficienza tecnologica più avveniristica alla povertà.(…) E’ un Paese che come tutti sappiamo ha una crescita impressionate che condiziona non soltanto l'interno della Cina, ma l'intero Paese. Non credo che la Cina conquisterà il mondo, ma lo comprerà. (…)”.

E' vero che c'è questa ansia di distruggere in Cina?

“Distruggere no, cambiare forse. Il vecchio non è mai considerato antico. Il concetto di antico in qualche misura non esiste, ciò che è vecchio si butta, si ricostruisce, si rifà. Questa è una cosa che per noi che abbiamo la fissazione del restauro è una cosa inconcepibile. Abbiamo una visione completamente diversa: loro sono proiettati, in una certa misura la memoria, per loro, non esiste. Tenere insieme un paese di un miliardo e trecento milioni, almeno fra quelli censiti, non deve essere facile. Il collante è dato dalla dittatura e dalla potenza economica: una bomba inesplosa”.

a cura di Michele Serra

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La città proibita

regia di Zhang Yimou

Cina, 2006

. Zhang Yimou

La città proibita di Pechino tra storia e leggenda

La “Città proibita” fu il palazzo imperiale delle dinastie Ming e Qing. Esso si trova nel centro di Pechino. Consiste di 800 edifici, divisi in 8.886 stanze. Costruita a partire dal 1406, la Città Proibita è stata per cinque secoli la reggia degli imperatori cinesi, da Yong Le, della dinastia Ming, fino a PuYi, l'ultimo imperatore, deposto nel 1911 a seguito di una rivolta popolare. L'Imperatore-Dio viveva protetto da alte mura color rosso sangue, circondato da opere d'arte, marmi, stucchi, statue bronzee da favola, che riflettevano il potere assoluto e il ruolo cosmico del "figlio del cielo".

E' in questo complesso architettonico che Zhang Yimou ambienta il suo ultimo film, che conclude la trilogia d'amore e avventura iniziata nel 2003 con "Hero" e proseguita l'anno successivo con "La foresta dei pugnali volanti".

Con questa scelta di genere, Zhang Yimou denuncia una grande nostalgia per una Cina dal passato millenario, nobilitato da una civiltà raffinatissima e crudele che la rivoluzione maoista, prima, e l'economia pseudo-capitalista, poi, hanno distrutto e cancellato.

Egli aveva cercato di nobilitare il suo Paese anche con i toni del verismo sociale e politico (anche per soddisfare lo Stato e la sua burocrazia, portando alla luce gli aspetti positivi della società?), ritraendo la Cina d’oggi con poetica nostalgia e con l’orgoglio di portare sulla scena la robustezza morale dei suoi connazionali, soprattutto di quelli delle lontane dure terre di campagna, addolcendo poeticamente e sentimentalmente situazioni di povertà, di arretratezza, di spontaneità che ci fa intravedere in film precedenti quali Non uno di Meno, La strada verso casa, La storia di Qiu Ju, Vivere.

Trama

Zhang Yimou con quest’ultimo film narra la storia crudele e torbida di un dramma (o faida) celato dietro una facciata di perbenismo opulento e sfarzoso, che dilania la decadente famiglia dell'Imperatore. Siamo nella Cina del decimo secolo. L'imperatore, l'imperatrice e i

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loro figli sono serviti e riveriti da uno stuolo di servitori. Ogni minima azione quotidiana avviene nel rigore e nel rispetto di rituali millenari, nella magnificenza quasi surreale di un mondo estetizzato e dorato. Ma, come in ogni famiglia e favola che si rispettino, il male, il segreto, l'intrigo sono dietro l’angolo. La famiglia imperiale nasconde segreti inconfessabili fino al giorno in cui, durante la festa del Chong Yang, la festa dei crisantemi legata alla famiglia e alla sua solidità, ogni minimo intreccio verrà disvelato. Un'epica battaglia metterà fine a tutti i misteri.

Ciò che colpisce del film è lo straordinario spettacolo visivo, sontuoso e sfavillante, un vero tripudio di colori sui quali dominano, incontrastati, il giallo e l'oro: il giallo dei crisantemi, l'oro dei broccati e delle sete. E’ poi la ricchezza e la magnificenza dei costumi e degli ambienti perfettamente ricostruiti (senza l'ausilio della grafica computerizzata). Ma ciò che veramente lascia senza fiato sono le spettacolari scene di massa, epiche, crudeli, concentrate soprattutto nella parte finale del film, che esprimono tutta la forza e la violenza delle classiche scene d'azione in un profluvio di kung-fu ed effetti speciali.

Avranno un particolare significato le mirabolanti evoluzioni dei corpi senza peso volteggianti e combattenti senza toccare il suolo? Quale messaggio di misticismo e di spiritualità esse, così presenti in tanti film orientali (ricordiamo anche il coreano Ferro 3) vogliono far passare come frutto di pratiche severe di allenamento e di intransigente disciplina del corpo-anima degli esseri (superiori?) che le praticano?

Il dramma originario, intitolato "Thunderstorm", afferma il regista, è ambientato in Cina tra il 1920 e il 1930 ed è tuttora rappresentato in moltissimi teatri. “Io ho pensato che fosse interessante trasporre i suoi contenuti universali durante la dinastia Tong, prima dell'era moderna, perché i suoi colori si sarebbero contrapposti all'oscuro ritratto che fa dell'uomo”.

a cura di Michele Serra