Moca_press_feb13

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Nel 2012 in India sono stati 754 gli uomini denunciati per stupro nella sola capita- le Nuova Delhi. Il dato, il più alto degli ultimi cinque anni, è significativo di un deciso e costante aumento. La maggior parte degli in- diani reagiscono con sdegno alle accuse mosse alla loro cultura, so- stenendo che le donne non sarebbero discriminate e che l’India, da sempre, ne esalta le virtù e il ruolo nella società. A ben guarda- re, il popolo indiano ha eletto un primo mini- stro donna, Indira Gand- hi, e vanta molte figure femminili di spicco: ministre, filosofe, studiose, campionesse spor- tive e scrittrici. Sembrereb- be, dunque, che il Paese ponga la donna su un piedi- stallo e che sia tra i più avanzati del pianeta. In realtà è vero il contrario! Basti pensare che, nel pieno rispetto della cultura tradi- zionale le ragazze vengono obbligate dalle famiglie a sposarsi con dei perfetti sco- nosciuti. Esse sono trattate, dunque, come degli oggetti. Devono saper essere in pri- mis delle buone mogli e poi delle buone madri. Di fatto la ragazza è prima proprietà del padre e poi, una volta sposata, del marito. I recenti stupri e assassini di gruppo, avvenuti in India, non sono incidenti isolati. La violenza contro le donne è un problema culturale. È la cultura che incide sulle leggi di un Paese, è la cultura che incoraggia o scoraggia la violenza. La stessa Bollywood (la Hollywood indiana!) con la propria produzione cinemato- grafica dà un’immagine tutt’al- tro che confortante. La scena ricorrente è la seguente: uomi- ni che inseguono e molestano le donne. Sembrerebbe che un attore locale, tale Ranjeet, ab- bia girato oltre un centinaio di scene di stupro, sostenuto da un pubblico inneggiante. E que- sta la dice veramente lunga… In seguito allo stupro di gruppo della studentessa aggredita in un autobus a Nuova Delhi nello scorso dicembre e poi deceduta per le lesioni riportate, in India si sono riscoperti “rivoluzionari”. Le proteste sono diventate così intense che la polizia indiana ha vietato le manifestazioni in centro: nelle scorse settima- ne una folla enorme ha mar- ciato, per la prima volta, in cortei spontanei invocando un inaspri- mento delle pene, per segnare la fine delle violenze e delle mole- stie. Tanta è stata la furia della folla che le f o r z e dell’ordine non sono riuscite a controllare la situazio- ne. Il caso indiano sembra aver dato forza an- che ad altri Paesi, infatti nelle ultime settimane an- che in Nepal, Sri Lanka, Bangladesh e Pakistan sono sorti movimenti spontanei a difesa delle donne. In India, ma in tutte le parti del mon- do, questa epidemia di vio- lenza non finirà fino a che una radicata concezione del- la donna non sarà messa completamente in discussio- ne. Eppure Gandhi aveva insegnato loro tutt’altra co- sa… La Redazione [email protected] Contattaci [email protected] MoCa (im)Press(ione) Febbraio 2013 Odio antisemita... 2 L’Irpinia è verde... 2 Non tutto è perduto 2 Davos 2013 3 “Ecco” un bel disco! 3 Domande a risposte.. 4 La biblioteca... 4 Guappo, esci da... 5 “Delitti incrociati” di 5 Classifica libri 4 Lascia le vesti nel... 5 Sommario: Leggi direttamente dal tuo telefono cellulare le ultime notizie del nostro sito, attraverso questo codice Visita il nostro sito internet www.mocapress.org Figlie di un dio minore

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Moca PRess mese feb 2013

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Nel 2012 in India sono stati 754 gli uomini denunciati per stupro nella sola capita-le Nuova Delhi. Il dato, il più alto degli ultimi cinque anni, è significativo di un deciso e costante aumento. La maggior parte degli in-diani reagiscono con sdegno alle accuse mosse alla loro cultura, so-stenendo che le donne non s a r e b b e r o discriminate e che l’India, da sempre, ne esalta le virtù e il ruolo nella società. A ben guarda-re, il popolo indiano ha eletto un primo mini-stro donna, Indira Gand-hi, e vanta molte figure femminili di spicco: ministre, filosofe, studiose, campionesse spor-tive e scrittrici. Sembrereb-be, dunque, che il Paese ponga la donna su un piedi-stallo e che sia tra i più avanzati del pianeta. In realtà è vero il contrario! Basti pensare che, nel pieno rispetto della cultura tradi-zionale le ragazze vengono obbligate dalle famiglie a sposarsi con dei perfetti sco-nosciuti. Esse sono trattate, dunque, come degli oggetti. Devono saper essere in pri-mis delle buone mogli e poi

delle buone madri. Di fatto la ragazza è prima proprietà del padre e poi, una volta sposata, del marito. I recenti stupri e assassini di gruppo, avvenuti in India, non sono incidenti isolati. La violenza contro le donne è un problema culturale. È la cultura che incide sulle leggi di un Paese, è la cultura

che incoraggia o scoraggia la violenza. La stessa Bollywood (la Hollywood indiana!) con la propria produzione cinemato-grafica dà un’immagine tutt’al-tro che confortante. La scena ricorrente è la seguente: uomi-ni che inseguono e molestano le donne. Sembrerebbe che un attore locale, tale Ranjeet, ab-bia girato oltre un centinaio di scene di stupro, sostenuto da un pubblico inneggiante. E que-sta la dice veramente lunga… In seguito allo stupro di gruppo della studentessa aggredita in un autobus a Nuova Delhi nello scorso dicembre e poi deceduta

per le lesioni riportate, in India si sono riscoperti “rivoluzionari”. Le proteste sono diventate così intense che la polizia indiana ha vietato le manifestazioni in centro: nelle scorse settima-ne una folla enorme ha mar-ciato, per la prima volta, in cortei spontanei invocando

un inaspri-mento delle pene, per segnare la fine delle violenze e delle mole-stie. Tanta è stata la furia della folla che le f o r z e dell’ordine non sono riuscite a controllare la situazio-ne. Il caso i n d i a n o

sembra aver dato forza an-che ad altri Paesi, infatti nelle ultime settimane an-che in Nepal, Sri Lanka, Bangladesh e Pakistan sono sorti movimenti spontanei a difesa delle donne. In India, ma in tutte le parti del mon-do, questa epidemia di vio-lenza non finirà fino a che una radicata concezione del-la donna non sarà messa completamente in discussio-ne. Eppure Gandhi aveva insegnato loro tutt’altra co-sa…

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MoCa (im)Press(ione) Febbraio 2013

Odio antisemita... 2 L’Irpinia è verde... 2 Non tutto è perduto 2 Davos 2013 3 “Ecco” un bel disco! 3 Domande a risposte.. 4 La biblioteca... 4

Guappo, esci da... 5 “Delitti incrociati” di 5

Classifica libri 4

Lascia le vesti nel... 5

Sommario:

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Figlie di un dio minore

Il 27 gennaio è stata la Giornata della Memoria, giorno in cui vennero abbattuti i cancelli di Auschwitz e che, per questa ragione, è stata scelta come data per commemorare le vit-time della Shoah. È giusto non dimenticare mai ciò che è successo; pare, però, che ricor-darlo non basti mai: molti non hanno imparato nulla dagli errori commessi dagli uomini nella storia. Sono stati arrestati recentemente diversi esponenti dell'estrema destra na-poletana per aver partecipato a scontri e aggressioni contro degli avversari politici. Quel-lo che più mi ha lasciato basita della notizia è stato ciò che c'era alle spalle di questa or-ganizzazione; pare, infatti, che alcuni degli arrestati avessero pianificato uno stupro di gruppo su una studentessa napoletana appartenente alla comunità ebraica. Tra le altre notizie emerse dalle indagini, gli estremisti napoletani erano soliti dare degli insegna-

menti “utili” ai più giovani. Come dichiarato dal Procuratore aggiunto di Napoli, gli esponenti di questo movimento politico erano dediti: “alla sistematica attività di indottrinamento dei giovani militanti all'odio etnico e all'antisemitismo mediante riunioni in cui si discuteva, tra l'altro, anche dei contenuti del libro "Mein Kampf" di Adolf Hitler”. Credo sia inutile aggiun-gere altro: si tratta di ignoranza e pura crudeltà. È nostro dovere combattere sentimenti disumani come l'antisemitismo; facciamo in modo, però, che tutto ciò non accada solo il 27 di Gennaio. L'ignoranza sembra sia un male incurabile, in realtà non è così: lo diventa se ci arrendiamo. Per combattere l'antisemitismo e, soprattutto, chi spreca energie nel diffonderlo è necessario rispondere con la stessa moneta: è nostro compito, dunque, istruire (si, perché l'ignoranza si combatte con l'istru-zione) i più giovani (e non solo) all'umanità e all'uguaglianza. Non supponiamo che, essendo nel 2013, certe ideologie non esistano più, purtroppo il razzismo e l'antisemitismo sono realtà ancora vive in molte persone: non abbassiamo la guardia!

Rita Mola [email protected]

La notizia è una buona notizia, pertanto meglio non divulgarla. Non sia mai che un fune-sto virus, per il quale ancora non esiste né cura né vaccino, dilaghi tra gli uomini! È il 2 dicembre, a Burlada, in Navarra, si svolge una gara di corsa campestre. Il keniano Abel Mutai (già bronzo alle Olimpiadi di Londra nella 3000 siepi) conduce la gara, con notevo-le distacco dal secondo corridore, il basco Ivan Fernandez Anaya. Quando mancano soli 10 metri all’arrivo Abel Mutai rallenta, convinto di aver già superato la linea del traguar-do. Cosa fa allora Anaya? Approfitta dell’errore del keniano per conquistare una inspera-ta (ma anche immeritata!) vittoria? Gli scommettitori dell’ultim’ora, avrebbero sicura-mente puntato sul sì e avrebbero tutti perso. Anaya, infatti, raggiunge Mutai e, rimanen-do alle sue spalle, gli indica la linea del traguardo. Se Anaya avesse vinto, probabilmente sarebbe stato convocato immediatamente nella squadra spagnola per la partecipazione ai

Campionati Europei. Anaya ha perso ma ha fatto vincere lo sport, quello vero, quello basato su un sano antagonismo e sul riconoscimento della superiorità dell’avversario. Ivan Fernandez Anaya ha offerto una lezione di sport e una lezione di vita; ha dato la speranza di credere ancora che esistano persone oneste e dignitose.

Marialuisa Giannone [email protected]

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Partiamo dal presupposto che non mi piace l’idea che nella mia verde Irpinia si voglia dare inizio a trivellazioni per l’estrazione (?) di petrolio, se poi ci aggiungiamo che tutto ciò dovrebbe avvenire a ridosso del centro abitato, mi sembra veramente assurdo! Ma andiamo per gradi: in principio c’era l’idea di voler sondare il nostro sottosuolo alla ricerca dell’oro nero (neanche fos-simo il Kuwait!). Gli irpini, per quanto è stato nelle loro possibilità, si sono opposti, poi per un periodo non se n’è sentito più parlare. Fino a quando, qualche giorno fa, leggo che una compa-gnia petrolifera ha ben pensato di inoltrare alla Regione Campania un progetto di pozzo ubica-to proprio nelle immediate vicinanze del centro abitato, praticamente i gesualdesi si vedranno sorgere un profondo pozzo nel… giardino di casa. Eppure il danno ambientale sarà notevole, infatti ciò che non hanno fatto sino ad oggi i rifiuti campani in Irpinia potrebbe farli, d'un col-po, il petrolio, soprattutto in virtù delle intenzioni espresse dal governo in materia di trivella-zioni. Mi fa molto male vedere la mia Irpinia trattata in questo modo, sempre subalterna a tutto e a tutti, sempre al servizio del potente di turno che decide le nostre sorti senza neanche mai conoscere realmente di ciò che si parla. Noi sembriamo coloro che devono fare “quello spor-co lavoro che nessuno vuole mai fare”. Noi ci dobbiamo prendere i rifiuti napoletani, noi dobbia-mo permettere che il nostro territorio venga trivellato, noi dobbiamo sempre correre in aiuto. Eh no! Il territorio è nostro, non deve essere lasciato alla mercé di chicchessia, tocca a noi salvaguardarlo. Ma queste menti “illuminate” ragionano quando partoriscono queste grandi idee?!? A conclusione di tutto ci vorrebbe solo che la Regione Campania ritenesse valida la proposta e concedesse l’autorizzazione, poi sì che dovremmo seriamente iniziare a preoccuparci!

Laura Bonavitacola

[email protected]

Non tutto è perduto

L’Irpinia è verde, non nera!

Odio antisemita… ancora! MoCa (im)Press(ione) Febbraio 2013

71.000 euro per un posto in sala nelle retrovie. Le critiche sono tante. A Da-vos un redivivo Mario Monti ha rappre-sentato l’Italia, mostrandosi più attento

alla campagna elettorale che alle reali esigenze della nostra nazione. Nelle stesse sale i potenti della terra hanno incontrato i magnati dell’industria, dello show business e della moda, ma raramente si sono abbassati a discutere dei reali effetti dell’economia con chi ne subisce le scelte. Anche le ONG, desti-

Il 23 gennaio si è aperto a Davos in Svizzera il 43esimo Forum economico mondiale (WEF). L’obiettivo dichiarato di questo appuntamento annuale è tro-vare soluzioni alla crisi economica mon-diale. Al WEF sono legati momenti si-gnificativi che hanno segnato la storia mondiale recente. Tra gli altri basta citare l'accordo sottoscritto tra Grecia e Turchia nel 1988 che scongiurò il ri-schio di una guerra tra i due paesi con-finanti o l'incontro tra il presidente su-dafricano Frederik van De Klerk e Nel-son Mandela nel 1992 a soli due anni dopo l'uscita dal carcere del futuro capo dello Stato. A leggere il programma dell’evento e la sontuosità mediatica che ha accompagnato l’apertura del Forum quest’anno, sembra di vivere altri tempi che rendono vuoto di conte-nuti concreti quello che è stato uno degli eventi mondiali più attesi dal 1971 ad oggi. I nobili propositi di un tempo si sono persi tra il rombo dei jet privati, le passerelle dei vip e l’enorme costo del biglietto d’entrata agli eventi:

natarie d’ingenti finanziamenti stan-ziati nei vari accordi sottoscritti al tavolo dei meeting, sembrano essere divenute degli apparati burocratizza-ti, più concentrate sui fondi da inve-stire che alla risoluzione dei proble-mi, mentre si può parlare di macroe-conomia senza la presenza dei colossi mondiali Cina e Stati Uniti che, di fatto, l’hanno snobbato inviando dele-gazioni di facciata. In un’intervista recente anche lo sconsolato fondato-re, Klaus Schwab, ha affermato : " Io ho creato il forum quarant'anni fa affinché i potenti incontrassero la società civile, ma nel corso degli anni le loro politiche hanno avvicinato piuttosto i potenti agli azionisti…Davos è soprattutto una operazione commerciale, molto efficace e molto riuscita dove bisogna pagare per par-tecipare e i posti sono molto cari” e se lo dice lui non c’è che da crederci.

Gianluca Capra [email protected]

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Davos 2013

Recensire un film senza vederlo forse si può fare (l’ho fatto!), ma per i dischi è tutta un’altra storia. Le prime impressioni, la scoperta dei brani, l’ascolto riflessivo e quello scanzonato, la lettura dei testi e poi il live: ci vuole tutto questo per poter parlare di un disco! Per Niccolò Fabi, poi, il discorso si fa ancora più complesso, perché ogni parola di ogni verso ha una sua magia ed un suo ruolo che scopri col tempo. “Ecco”, in effetti, è già uscito da qualche mese, ma solo ora (dopo averlo ascoltato anche dal vivo, a Napoli, all’Augu-steo) posso confermare tutte le mie prime impressioni. È un disco dalle sono-rità un po’ retrò, direi (non è un caso che nel concerto Fabi intoni “The age of aquarius”). Eppure, c’è tutta la strumentazione più tecnologica che esiste in giro (meraviglioso Roberto Angelini dal vivo che si districa tra mille stru-menti - di cui non conosco nemmeno il nome - di cui chitarra e tastiere sem-brano essere vecchi antenati!). C’è la tromba di Roy Paci in “Indipendente”, un’atmosfera reggae in “Io” (“non sarà mica l’ego l’unico nemico vero di que-sto universo?”) che, però, sfocia in una sorta di stornello romano, c’è un’or-chestra d’archi in “I cerchi di gesso”, insomma questa è Musica, con la M maiuscola (e io sono una che, solitamente, ascolta i REM, Tracy Chapman, Patti Smith) e si farebbe un vero errore a snobbarla solo perché italiana e lanciata da Sanremo. I testi di Niccolò Fabi sono poetici ed incisivi e non è affatto un caso che vengano dalla mano di uno che si è laureato in filologia romanza e che con le parole ha una certa dimestichezza. E poi, a me Fabi fa uno strano effetto: sei in macchina, ascolti magari “Offeso” o “Costruire” a tutto volume e non riesci a non ragionare sul testo. Canti, si, anche a squarciagola, ma è come se in quel mo-mento ti stessero tatuando le parole sul cuore o nella mente. Esagero? Non credo. E che soddisfazione poter cantare magni-fiche parole in ITALIANO! Insomma, l’acquisto di “Ecco” vale tutta la somma spesa e molto di più. E pensare che non vi ho nemmeno parlato di “Una buona idea”, singolo di lancio dell’album, o di “Ecco” o di “Elementare”! Insomma, comprate que-sto meraviglioso esempio di cantautorato italiano, ma soprattutto, se potete, andate a vederlo dal vivo a Salerno (Teatro Verdi) il 7 marzo!

Giuseppina Volpe [email protected]

“Ecco” un bel disco!

MoCa (im)Press(ione) Febbraio 2013

Inviaci un tuo articolo, lo pubblicheremo!

Sono un laureato alla triennale di scienze delle pippe filosofiche. Vivo su una montagna di mille metri in Irpi-nia. Passo da un bar all'altro. Sono uno di quei giovani della crisi ad alto rischio di suicidio. Ancora vivo e respi-ro in questa tranquillità malsana... tutto resta immobile... anche lo sguar-do... sotto il silenzio stride l'allarme. Qui, per chissà quale strana cultura, non si dà mai tanta importanza ai vivi e si preferisce far parlare i morti. Per questo motivo aleggiano pensieri auto-lesionisti nell’aria. È molto facile cader preda di attacchi di panico. È quasi fisiologico che chi abita queste zone abbia una tendenza spiccata anche alla depressione, alle manie ossessivo – compulsive e alle sindromi paranoi-di. Mi sembra quasi una specie di qua-rantena per affetti da disturbi di tipo paranoideo. Io vivente ho deciso di scrivere ed è una mia colpa. Sono un non scrittore e soprattutto non sono uno scrittore del sud. Non mi importa da dove sto scrivendo, l’unica cosa che

no e poi i miei compaesani sono cosi: individui anonimi che quando ti vedono per strada o non ti salutano sforzandosi di fartelo notare o ti salutano sfottendo con un ghigno. Loro sono perfetti per farti venire una bella sindrome. La comunità irpina non esiste, fatela fini-ta. Esistono un centinaio di paesi messi insieme dalla politica in cui ognuno si fa i cazzi suoi e cerca di metterlo in culo al vicino. Oggi mentre ero al bar a Casa Arsa ho visto due uccelli che volavano. Se ne stavano andando pure loro. L'Ir-pinia assomiglia al Titanic. Non rimar-rà nessuno. E ciò nonostante, ogni tor-nata elettorale iniziano a comparire scritte sui muri del tipo De Mita per tutta la vita. Qui sono anche le consue-tudini che ti ammazzano: la pizza il sabato sera è la via più vecchia e conso-lidata verso una sindrome paranoico depressiva. Qui l'età media è 75 anni. Non c'è quasi mai il sole.

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so è che queste parole, scritte in italiano, non provengono dall’Italia. La mia mente le ha recepite da qualche altra parte e

poi le ha rielaborate pensandole sotto forma di parole e sintagmi. Perciò vaf-fanculo i briganti, il meridionalismo, il falso moralismo: pattume reazionario in mostra. Io non vedo niente. Non mi vedo nemmeno io. Anche gli altri non mi vedo-

Se state cercando un misto di Medioevo, mi-stero e avventura, avete trovato quello che fa per voi. La storia del mercante, Ignazio da Toledo, e dei suoi compagni di viaggio potrà accompagnare piacevolmente i vostri momenti di relax durante le piovose giornate invernali. È il nuovo promettente libro di Marcello Simo-ni, autore del bestseller internazionale “Il mercante di libri maledetti” e vincitore del 60° premio bancarella. Vi inoltrerete in un giallo intricato e pieno di colpi di scena, arricchito da riferimenti storici, piccoli amori e contese poli-tiche, fino a giungere ad un sorprendente fina-le. Solo grazie all’intelligenza di Ignazio, all’a-gilità di Willalme e al coraggio del giovane Uberto sarà possibile risolvere il mistero di Airagne e riportare la pace nelle terre della

Linguadoca. L’intreccio di interessi non perdona distrazioni e il Conte di Nigredo è astuto e sfuggente. Molti sono i tranelli, altrettanti i tradimenti, ma non mancano aiutanti e interventi della Dea bendata. Nessuno è quello che sembra. Starà ai protagonisti servirsi efficacemente di ogni elemento e tenere a bada passioni e ambizioni per portare a termine il proprio difficile compito ed evitare così un fallimento fatale. La vittoria, soprattutto intellet-tuale, potrà riportarli alla propria vita e a ritrovare la serenità perduta. Queste, in fin dei conti, sono le vere fonti di felicità nell’esistenza umana.

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La biblioteca perduta dell’Alchimista di Marcello Simoni

Domande a risposte di tipo paranoideo– Prima parte La Narrativa… a cura di Luigi Capone

Classifica libri La recensione di un libro… di Francesca Pennucci

1. Gli onori di casa di Alicia Gimenez-Bartlett € 15.00

2. Il tuttomio di Andrea Camilleri € 16.00

3. Mancarsi di Diego De Silva € 10.00

4. Entra nella mia vita di Clara Sanchez € 18.60

5. Limonov di Emmanuel Carrere € 19.00

6. Fai bei sogni di Massimo Gramellini € 14.90

7. Diario di una schiappa. Si salvi chi può! di Jeff Kinney € 12.00

8. L'ex avvocato di John Grisham € 20.00

9. L'ultima fuggitiva di Tracy Chevalier € 18.00

10. La bella di Buenos Aires di Manuel Vazquez Montalban € 10.00

Fonte: http://www.lafeltrinelli.it/fcom/it/home/pages/classifiche/toplibri.html

Moca (im)Press(ione) Febbraio 20013

“La presente pubblicazione non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene pubblicata senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n°62 del 7-3-2001”

Si è consegnato? È in fuga? Ha pianto o non ha pianto? Ci sarà stato un complotto? Tutte domande cruciali per il futuro del Paese e delle nostre misere vite e tutte rego-larmente approfondite, con dovizia di particolari (che siano inventati o meno, non è rilevante) e scottanti testimonianze di colleghi, amici e il tutto coronato dagli appelli dei parenti in stile “Chi l’ha visto?”. Sui social network il chiacchiericcio si è scatenato ed è salito ad un livello superiore: serrate le fila e imbracciate le lance, i lanzichenecchi 2.0 si sono spartiti il campo di battaglia. Da un lato ci sono gli innocentisti e gli estimatori delle gesta gloriose di questo “guerriero de noantri” che com-batte contro il sistema (?), contro i complottisti (?), contro la malagiustizia (?) armato solo della strafottenza del personaggio che in tutti questi anni si è auto-costruito.

Dall’altro si schierano i colpevolisti, quelli che lo accusano di esser stato un modello sbagliato per le generazioni correnti e future, i censori della moralità e i tifosi della forca che però, a metà tra odio e invidia, conoscono a menadito flirt e pettego-lezzi sul novello Silvio Pellico. E per quanto, lo ammetto, i secondi mi facciano leggermente più simpatia dei primi, mi chie-do perché mai una terza, numerosa categoria, di spettatori non sia stata contemplata in questa battaglia campale: coloro a cui non importa assolutamente nulla. È una vicenda come mille: accusato, processato, condannato in via definitiva. Perché stiamo ancora a parlarne? E infatti questa marmaglia di ignavi, la cui vita non migliora dopo le dirette e gli scoop, chiede di essere lasciata in pace e magari suggerisce ai contendenti di profondere una parte delle energie spese in queste emerite cazzate a confrontarsi su questioni più urgenti e rilevanti. Certo, queste righe sono state versate comunque come tributo al chiacchiericcio generalizzato in onore di un “guappo di cartone” e me ne scuso. Ma l’ho fatto in buona fede, come per esorciz-zare l’imbecillità imperante in un liberatorio: “Basta”!!

Luigino Capone

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Guappo, esci da questo notiziario!

Lascia le vesti nel dubbio… Lascia le preghiere, Le passioni e le meditazioni. Perché stai a porte chiuse nel cuore? Nascosto nell'oscurità, Chi pensi in silenzio? Apri gli occhi e guarda: l'amore non è in casa. Egli è andato dove l'uomo semina la bontà, dove l'uomo spezza la cattiveria e la tristezza. Insieme al passato e al presente, con le mani nel futuro lascia le vesti del dubbio!

MoCa (im)Press(ione) Febbraio 2013

Pensieri… di Cecilia Esposito

“Delitti incrociati” di Cecilia Valentino

Vogliamo segnalarvi un bel libro, uscito da pochi giorni, tutto incentrato sul caso dell’omicidio della maestra Ceccacci, di Montella, avvenu-to nel 1920. Molti di voi avranno sentito il racconto dai nonni, altri non ne sapranno nulla. La gelosia ha armato, allora come ora, la mano di una moglie tradita e del figlio contro una maestra troppo carina ed emancipata per un piccolo paese altirpino. La vicenda è scrupolosamente ricostruita dall’autrice, anche attraverso la consultazione degli atti del processo che si tenne negli anni ‘20 a

Sant’Angelo dei Lombardi, ma anche in Corte d’Assise a Napoli e che vide coinvolte illustri famiglie montellesi del tempo. Allora (come ora?) non fu fatta giustizia ed i colpevoli rimasero impuni-ti. L’omicidio della Ceccacci si intreccia, poi, con quello di Ferdi-nando Cianciulli, che sul suo giornale “Il Grido” non esitò a schierarsi a favore della maestra e contro i soprusi dei “potenti”. Ve lo consigliamo perché offre un interessantissimo spaccato della Montella passata, che ci appartiene, e perché in un tempo di “femminicidi” descrive attentamente la posizione della donna nella società e la sua evoluzione. Il libro è disponibile in libreria a Montella o contattando l’associazione Ginestra sul sito www.associazioneginestra.org.

La Redazione

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