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Quaderni ISSP Istituto Superiore di Studi Penitenziari 7 Ricerca Formazione Valutazione Innovazione Ministero della Giustizia Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Benessere organizzativo complessità ed emergenza Ricerca-intervento sui climi organizzativi negli istituti penitenziari italiani

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Penitenziaria

Benessere organizzativocomplessità ed emergenza

Ricerca-intervento sui climi organizzativi negli istituti penitenziari italiani

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Marzo 2010

Istituto Superiore di Studi Penitenziari

Benessere organizzativocomplessità ed emergenza

Quaderni ISSPNumero 7

Ricerca-intervento sui climi organizzativi negli istituti penitenziari italiani

Dipartimento dell’AmministrazionePenitenziaria

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Il contenuto del presente volume è scaricabile alle pagine intranet dell’ISSPhttp://issp.dap.giustizia.it/

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INDICE

Presentazionea cura di Luigia Culla .............................................................................. 5

Prologo............................................................................................... 5Il ruolo dell’Istituto Superiore di Studi Penitenziari ....................... 5Il Metodo .......................................................................................... 8I Partecipanti e i Feedback ............................................................... 9Il Ruolo dei Tutor ............................................................................. 14Report e Meta-risultato ..................................................................... 14Sommario di possibili azioni ........................................................... 17Considerazioni e Riflessioni Conclusive .......................................... 18

Box Informativi Circolari sul Benessere .......................................... 20

Report sui Laboratori di Ascolto Organizzativoa cura di Francesco Avallone .................................................................. 23

Premessa ........................................................................................... 23I contenuti del Laboratorio e la popolazione dei partecipanti ...... 25Le immagini del lavoro negli Istituti penitenziari ........................... 26La mappa del disagio lavorativo ..................................................... 34Gli interventi per promuovere il benessere organizzativo ............. 40Le competenze del direttore d’Istituto e del comandante di reparto . 44Le conclusioni dei partecipanti ........................................................ 46

Appendice tecnica ................................................................................. 49Tav. A – rappresentazioni del lavoro attraverso i disegni ..................... 49Tav. B – elementi costitutivi del cluster 2 ............................................... 53Tav. C – elementi costitutivi del cluster 3 ............................................... 54Tav. D – elementi costitutivi del cluster 1 .............................................. 55

Ringraziamenti ...................................................................................... 57

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

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PROLOGO

Lavorare in carcere è da sempre considerato emotivamente impegnativotanto che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2007 predispo-ne una guida dedicata alla salute nelle carceri e al trattamento dello stresstra il personale carcerario, aspetto che influenza in modo più ampio la vitain un Istituto Penitenziario. Quando, nei primi mesi del 2008, i massimi vertici dell’Amministrazionepenitenziaria si sono ritrovati intorno ad un tavolo per ragionare sul feno-meno dei ripetuti episodi di comportamenti suicidari agiti da personale dipolizia penitenziaria nell’arco del volgere di pochi mesi, sono nate diverseidee che hanno trovato spazio di declinazione nelle due circolari cosiddet-te sul benessere1 (si vedano box informativi pagg. 20-22).Dallo studio e dall’analisi dei fattori contribuenti a generare stress o adamplificarlo si è giunti a circoscrivere le aree correlate a tali fattori.L’approccio al malessere del personale operante negli istituti penitenziari harichiesto un rovesciamento di prospettiva, si è scelto un approccio di tipopreventivo teso cioè ad intervenire sulle aree critiche per rigenerare pre-condizioni di salute organizzativa nelle organizzazioni carcerarie. Era infattiopportuno delineare gli ambiti di responsabilità dei datori di lavoro/dirigen-ti nella ordinaria manutenzione dei meccanismi e dei processi implicati nelgarantire benessere, sensibilizzandoli, piuttosto che delegare loro tipologiedi interventi su disagio e malessere conclamato più pertinenti ad altre agen-zie di servizio pubblico (servizio sanitario).

IL RUOLO DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI STUDI PENITENZIARI

L’Istituto Superiore ha colto queste sollecitazioni ricomponendole in unquadro più ampio di attenzione al benessere del personale verso il quale la

Presentazione

1 GDAP 230431 del 3 luglio 2008 e GDAP 49427 del 6 febbraio 2009.

a cura di Luigia Culla – Direttore dell’Istituto Superiore di Studi Penitenziari

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Pubblica Amministrazione era già stata orientata da una precisa direttiva delMinistro della Funzione Pubblica nel 2004.In questo percorso l’ISSP ha tenuto presenti i processi di rinnovamento chehanno investito la Pubblica Amministrazione a partire dagli anni ’90 e chehanno condotto ad una rivalorizzazione delle risorse umane, considerateleve del cambiamento grazie alla formazione nonché vero e proprio patri-monio di cui l’Amministrazione penitenziaria dispone.Si è scelto di tradurre le multiformi spinte culturali ed emergenziali attraver-so un radicale processo di approfondimento e di analisi dei bisogni con lapartecipazione di tutti i dirigenti che governano gli Istituti carcerari italiani econ i comandanti, figure di massimo riferimento per la polizia penitenziarianella gestione di quel personale negli stessi Istituti.In questa ampia opera di ricerca-intervento (un percorso cioè che dallaconoscenza si traduce contestualmente in azione diretta al cambiamento)l’ISSP ha scelto come partner l’Università La Sapienza di Roma, ove la ricer-ca sul benessere nelle organizzazioni lavorative data oltre un quindicennio.Fin dai lavori preparatori era ferma la volontà dell’ISSP di coinvolgere inprima battuta e nello stesso momento formativo quegli operatori che negliistituti penitenziari, più di ogni altra figura professionale, assolvono la fun-zione di gestori di risorse umane: il direttore e il comandante di poliziapenitenziaria, l’uno perché responsabile dell’intera governance della struttu-ra, l’altro perché a capo del gruppo di operatori più numeroso e in contat-to di maggiore prossimità con l’utenza, con le problematicità che ne deriva-no.Si è strategicamente scelta la formula della partecipazione congiunta dellacoppia direttore e comandante del medesimo istituto penitenziario perincentivare un cambiamento fattivo nelle relazioni a partire dall’esperienzaromana del Laboratorio, da cui poi potesse promanare il miglioramento delclima nelle relazioni nelle rispettive sedi operative locali. Oltre a ciò, si èritenuto che la natura delle competenze di direttore e comandante, unitaalla recente introduzione nella vita degli istituti del ruolo dei commissari,potesse aver generato nuove energie, possibilità inedite ma anche punti diimpasse che la formazione sull’ascolto organizzativo, come si andava deli-neando, avrebbe concorso ad affrontare.Questo primo coinvolgimento non ha escluso altre figure, pur importanti,nella qualità della comunicazione e delle relazioni all’interno di un IstitutoPenitenziario, si pensi ai capi-area, agli educatori, ecc. I numeri ipotizzatierano però tali che si è deciso di innescare il processo a partire dai dirigen-ti e dai comandanti, per proseguire nel tempo localmente con azioni forma-tive di prossimità, a cascata in tutta la penisola. Altro punto fermo per l’ISSP, fin dai lavori preparatori, è stato il voler valo-

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rizzare l’apporto esperienziale e il portato di conoscenza di coloro cheavrebbero partecipato alla formazione. Vi era l’esigenza di pervenire ad unmodello di formazione ove il gradiente di attivazione/partecipazione deicorsisti fosse elevato. Era molto importante favorire massima espressione delle buone prassi inessere e, oltre alla contestuale partecipazione di dirigente e comandante delmedesimo Istituto Penitenziario, in tutte le edizioni è stata garantita la rap-presentazione dell’intera compagine delle realtà provveditoriali italiane peroffrire spazio di scambio tra medesime figure professionali e mondi espe-rienziali diversi da nord a sud. È noto infatti come i territori in cui gli Istitutipenitenziari insistono possano notevolmente contribuire sulla qualità dellavita sia di detenuti che di operatori chiamati a prestare servizio in quel datocontesto socio-culturale. Rendere possibile il raffronto avrebbe aiutato aconsolidare buone prassi già esistenti, a fornire rinforzo a coloro che talibuone prassi hanno promosso, a sostenerne e a favorirne l’estensione adaltri Istituti.La complessità dell’intero impianto del progetto sia rispetto alle finalità(generare pre-condizioni di salute organizzativa) che sul piano del metodoe della organizzazione ha orientato l’Istituto Superiore ad avvalersi dellasupervisione scientifica e della docenza del professor Francesco Avallone,titolare della Cattedra di Psicologia del Lavoro presso La Sapienza e pro-ret-tore della stessa Università.Questa scelta voleva sia garantire elevati standard ai corsisti sia ottenere unpunto di vista terzo rispetto agli sviluppi della formazione proposta anchenei termini di possibile feedback agli Uffici Centrali.In quello che in definiva è anche un processo di rivisitazione di modelligestionali ed organizzativi, l’apporto dell’ISSP – oltre all’innesco dei proces-si formativi con la prima tornata di formazione a livello centrale – è consi-stito nei seguenti punti:

❑ impegno alla massima diffusione dei materiali prodotti dai Laboratori,vero e proprio frutto di un lavoro condiviso con i direttori e i coman-danti di tutta Italia

❑ definizione di proposte specifiche e rappresentative dei bisogni chepossono essere utilizzate come linee-guida nella predisposizione deiprogetti per il benessere a livello decentrato

❑ promozione di una cultura del lavoro e dell’organizzazione fedele allespecifiche esigenze locali nel rispetto del quadro di riferimento checircoscrive l’attenzione al benessere del personale

❑ finanziamento di progetti che, attraverso attività di formazione (il pro-getto formativo di struttura), promuovono cambiamenti di processoper migliorare i climi organizzativi.

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IL METODO

Ritornando sulle finalità dei Laboratori di ascolto organizzativo, è apparsodoveroso orientare l’azione verso un mutamento fondamentale nei climiorganizzativi e relazionali interni agli istituti penitenziari. Fattori questi chemolto influiscono sul benessere fisico, psicologico e sociale a partire daisingoli per giungere ai gruppi di lavoro e a tutta collettività appartenentealla medesima articolazione del sistema.La centratura sull’ascolto organizzativo è stata scelta come chiave di volta,soprattutto sulla base della considerazione che le risorse umane, come giàdetto, siano l’unico vero e proprio patrimonio di cui l’Amministrazionepenitenziaria disponga e che dunque debba essere oggetto di grande atten-zione non solo formativa ma proprio gestionale, nella quotidianità operati-va di tutti i servizi penitenziari.La forma utilizzata è stata quella del Laboratorio, modalità che prevede lapartecipazione attiva dei corsisti e che vuole essere il volano di questomiglioramento organizzativo attento a tutte le risorse umane impiegate neigangli più remoti dell’organizzazione penitenziaria del territorio italiano.Ogni Laboratorio è stato immaginato come vero e proprio spazio artigiana-le, un luogo fisico di scambio e di lavorazione condivisa di idee ed espe-rienze già implementate anche in funzione delle sensibilità e delle possibi-lità dei diversi territori. Ogni Laboratorio è stato a sua volta anche un esem-pio di metodologia orientata all’ascolto attivo e dunque organizzativo delpersonale. A questo fine ogni edizione del Laboratorio ha previsto sessioni di lavoro sutemi specifici di tre sotto-gruppi di partecipanti, in ognuno dei quali sonostate rappresentate equamente le due professionalità coinvolte. Il prodottodi sotto-gruppo è stato sottoposto alla plenaria per essere condiviso, discus-so, socializzato. Alla conclusione dei lavori in plenaria è seguita una lezio-ne del docente abitualmente percepita dai partecipanti come una restituzio-ne in chiave teorica degli apporti già emersi nel lavoro da loro già condivi-so e discusso, una completa re-integrazione e ri-organizzazione dei materia-li e riflessioni da loro stessi proposti.La metodologia adottata ha consentito ad ogni corsista di individuarsi ope-rativamente riscoprendo i punti di forza e di debolezza del proprio agirequotidiano; da ciò sono derivati sia un rinforzo positivo e sia la possibilitàdi riflettere in condizioni di massima discrezione sugli aspetti del propriooperato e del proprio contesto lavorativo che ognuno ha potuto verificareessere più critici.Dopo la fase di preparazione in collaborazione con l’Università degli StudiLa Sapienza di Roma, è stata realizzata all’inizio di settembre la prima edi-

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zione sperimentale dei Laboratori di ascolto organizzativo.Si è trattata di edizione sperimentale per la precisa volontà di testare diret-tamente con i corsisti l’impianto ed eventualmente ridefinirlo con la massi-ma apertura verso l’apporto degli stessi, restituendo loro spazio di espres-sione. Per gli stessi motivi in questa prima edizione si è favorita in tutti i modi lapartecipazione volontaria di direttori-dirigenti di Istituti penitenziari e deicomandanti a capo del personale di polizia penitenziaria.Fin dai lavori di preparazione è stato molto chiaro che dai Laboratori sareb-be derivato del materiale utile e prezioso sullo stato, sulla temperatura deiclimi organizzativi delle carceri italiane. Perciò in ognuna delle edizioni deiLaboratori la Direzione dell’Istituto Superiore ha voluto uno spazio finale didiretto contatto con i corsisti per una valutazione complessiva dell’esperien-za e per una ricostruzione compartecipata e collegiale sul tema del benes-sere e sul punto della situazione negli istituti penitenziari.

I PARTECIPANTI E I FEEDBACK

L’iniziativa formativa si è svolta in dieci edizioni, ha visto la partecipazionedell’88% degli istituti penitenziari italiani, ovvero 180 istituti su un totale di204 e, più nello specifico, si è registrata una presenza di partecipanti, tradirettori e comandanti, pari all’80,8%, ovvero 307 partecipanti effettivi su untotale di 380 partecipanti previsti.

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Totale Istituti Presenti

180 Presenti

88%

24 Assenti12%

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Totale Direttori Comandanti

400

350

300

250

200

150

100

50

0

380

307

138169177

203

Previsti

Effettivi

Numero Partecipanti

0

50

100

150

200

250202

105

74 64

128

41

Totale Direttori Comandanti

Uomini

Donne

Uomini;202; 66%

Donne;105; 34%

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È risultata prevalente la presenza di uomini (66%), in particolare tra icomandanti, mentre è da notare che tale ultima funzione è ancora soventesvolta da appartenenti al ruolo degli ispettori.Dalla tabella n. 1 (pag. 26) sulla partecipazione per Provveditorato si puòapprezzare l’adesione dei piccoli Provveditorati (Basilicata, Umbria), proba-bilmente facilitata e dal minor numero di istituti penitenziari di riferimentoe dalla minore complessità organizzativa. In questo senso è ancor più apprezzabile l’efficienza nella partecipazionedel Provveditorato del Triveneto, probabilmente segno di consapevolezzadegli aspetti critici nei climi organizzativi delle proprie realtà ma anchesegno positivo di investimento e di fiducia nelle possibilità offerte da partedel livello centrale dell’Amministrazione.Sorprende invece la partecipazione dei Provveditorati della Puglia,dell’Emilia-Romagna e della Toscana; rispetto ad altre pur complesse realtàprovveditoriali dello scenario italiano, registrano il più alto tasso di assenzarelativa del personale chiamato a partecipare (30% e 33%). Sui partecipanti è ancora interessante analizzare quanto emerso nella riela-borazione dei feedback registrati nel giro di tavolo finale, in cui si raccoglie-vano le conclusioni dei corsisti sull’attività svolta.

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Ruolo di appartenenza

Vice Direttori; 3; 1%

Ispettori; 34; 11%

Commissari; 135; 44%

Direttori; 135; 44%

Direttori

Vice Direttori

Commissari

Ispettori

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Gran parte dei partecipanti ha apprezzato la scelta di far partecipare congiun-tamente direttori e comandanti di polizia penitenziaria. Tale evenienza da unlato è stata considerata molto positiva per la possibilità di gettare le basi peruna più stretta e solidale collaborazione nelle rispettive sedi operative, inqualche caso si è trattato invece solo di un consolidamento di un’alleanza giàfunzionante e funzionale. Comunque questo aspetto è stato consideratospesso come unica/prima esperienza in questo senso che, da sola, permettedi ri-circoscrivere rispettivi ambiti di competenza, rafforzare alleanze, ridefini-re stili comunicativi anche dal confronto diretto con altre “coppie” di diretto-ri e comandanti provenienti da altri Istituti penitenziari di tutte le zone d’Italia. Per apprezzamento dei partecipanti il corso si colloca al secondo posto per-ché attinente, tempestivo, ben articolato e necessario, ecc.Segue la metodologia laboratoriale e il docente, che sono stati apprezzatiper svariati motivi:

❑ La metodologia impiegata nella conduzione del laboratorio, proprioper come è stata concepita, ha avuto un gradiente di partecipazioneattiva molto più “intenso” rispetto ad altri corsi di formazione propo-sti. Il lavoro in sottogruppi, la costruzione della mappa del disagio inognuna delle realtà, la restituzione dei risultati in plenaria hanno per-messo ad ogni partecipante di sentirsi molto attivo, importante per laspecificità dei propri portati esperienziali. Ognuno si è sentito valoriz-zato e portatore di un bagaglio utilmente condivisibile e prezioso.

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I Corsisti hanno particolarmente apprezzato ...

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Lo scambio di esperienze

Il docente

La metodologia

Il corso in sé (attinente, tempestivo, benarticolato e necessario)

La partecipazione congiunta Direttore eComandante

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❑ Il docente, considerato efficace nello stile, addentro alla complessarealtà umano-organizzativa penitenziaria, gradevole.

Un’altra fetta di partecipanti si è dichiarato molto soddisfatto dallo scambiodi esperienze con il raffronto diretto con realtà analoghe in tutta Italia, conuna netta prevalenza di comandanti. Questa categoria di personale, essen-do in gran parte composta dai vice-commissari di più recente immissionenell’Amministrazione penitenziaria, sembrerebbe trarre più beneficio dacorsi di formazione che permettono il confronto diretto con realtà analoghedi altre regioni d’Italia. Uno tra gli aspetti segnalati riguarda i processi riso-lutivi di criticità posti in essere ognuno nelle proprie realtà e che, rinvenutianche in altri Istituti penitenziari, hanno avuto l’effetto di rinforzo positivo edi rassicurazione sulla bontà del proprio operato.Tra i feedback proposti a fine laboratorio i partecipanti hanno anche offer-to dei suggerimenti che in molti casi hanno riguardato il perfezionamentodell’esperienza formativa soprattutto con l’allargamento della platea di cor-sisti coinvolti nei laboratori di Ascolto organizzativo agli altri capi-areadell’Istituto. In altri casi i partecipanti hanno considerato l’esperienza formativa sedeidonea per segnalare al Dipartimento le difficoltà intrinseche al loro opera-to. Tali difficoltà inciderebbero sul clima organizzativo e quindi sulle condi-zioni di malessere/benessere del personale, sulle quali lo stessoDipartimento avrebbe grande potere di intervento risolutivo.In particolare sono state evidenziate:

❑ le relazioni sindacali: i rapporti con le organizzazioni sindacali sonorappresentate come ricorrente area critica della vita operativa negliIstituti penitenziari; la rappresentazione delle relazioni sindacali forni-ta dalla maggior parte dei partecipanti è lontana dallo scambio serio erispettoso che le parti sociali devono intrattenere per gestire la convi-venza lavorativa;

❑ le regole relative ai distacchi e ai trasferimenti: questo versante condi-ziona le dimensioni generali di benessere/malessere, soprattutto trapoliziotti penitenziari; i partecipanti hanno segnalato la necessità diregole chiare, trasparenti e applicate a tutti nella medesima forma; lediscriminazioni percepite minano il benessere e l’affezione al lavoro eall’Amministrazione oltre a mettere a dura prova l’organizzazione deiservizi;

❑ la difficoltà per le figure apicali nelle strutture locali di utilizzareforme tempestive di ricompensa che fungerebbero da rinforzo positi-vo per il personale; in particolare sembra avvertita la necessita di evi-denziare le eccellenze in ambito di attività strettamente istituzionalirafforzando la specificità identitaria del Corpo di polizia penitenziaria;

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analogo ragionamento si ripropone rispetto a rilievi/annotazioni nega-tive su comportamenti da disincentivare.

IL RUOLO DEI TUTOR

In ciascuna edizione del laboratorio formativo l’ISSP ha previsto la parteci-pazione di tutor che hanno direttamente collaborato con il docente, costi-tuendo presidio efficace per il monitoraggio delle attività nelle diverse fasi,fornendo indicazioni utili per la valutazione del clima d’aula e svolgendouna funzione di gestione organizzativa.La loro funzione prevalente è stata quella di facilitatori di processo all’inter-no dei sottogruppi durante le specifiche attività del laboratorio.Con la loro discreta presenza hanno cercato di favorire le dinamiche digruppo e la circolarità nell’espressione delle idee, permettendo ai sotto-gruppi di produrre il risultato atteso nel rispetto dei tempi e delle modalitàpreviste.Significativo poi è stato il lavoro da loro svolto di registrazione manoscrittadegli apporti dei corsisti nelle discussioni in plenaria con il docente, nonchénei giri di tavolo finali. Solo questo lavoro certosino ha consentito la mas-sima tesaurizzazione dei contributi dei partecipanti al laboratorio.La scelta dei tutor è stata particolarmente attenta; tenuto conto del profilomulti-professionale della formazione attivata, l’Istituto Superiore ha previstola presenza di figure professionali eterogenee scelte tra un dirigente peni-tenziario, un dirigente di area 1, un commissario del Corpo e un educatore.Il personale impiegato, tranne un’unica eccezione, era personaledell’Istituto Superiore di Studi Penitenziari.

REPORT E META-RISULTATO

Per il meritato approfondimento dei risultati si rimanda al report conclusivosui Laboratori, predisposto a cura del professor Francesco Avallonedell’Università La Sapienza di Roma (pag. 23).È sempre stato fermo intendimento dell’Istituto Superiore tenere in massi-mo conto, nella programmazione formativa centrale e regionale, di quantoemerso nel lungo e produttivo lavoro dei Laboratori.E, affinché l’importante testimonianza della periferia non venga dispersa,l’ISSP ha reso noti gli esiti agli Uffici Centrali e ai Provveditorati regionali perla realizzazione di piani d’azione coerenti e attagliati ai bisogni evidenziati. Tra i risultati ottenuti sembra qui opportuno ricordare che l’Associazione

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Italiana Formatori (settore nazionale Pubblica amministrazione), con ilComitato Scientifico dell’ VIII Edizione del Premio Basile per la formazionenella Pubblica amministrazione, ha conferito ai Laboratori di Ascolto orga-nizzativo la segnalazione di eccellenza. L’esperienza dei Laboratori, è sinte-ticamente illustrata nel CD allegato al volume Ricerca AIF 2009 sullaFormazione nella PA ed è stata premiata al sesto Convegno AIF a Palermoil 22 ottobre 2009.I dieci Laboratori hanno rappresentato la fase iniziale di un processo dicambiamento di più ampio respiro che prosegue nel tempo. In più di unaregione è stato costituito un gruppo di lavoro orientato al benessere delpersonale, in altre la programmazione della formazione si è già orientata aincidere direttamente sulla qualità della comunicazione, sul maggiore coin-volgimento delle figure rappresentative dei diversi settori nelle decisioni enegli orientamenti specifici delle direzioni. In una parola, sulla reale com-partecipazione degli operatori nei processi decisionali importanti per la vitadell’Istituto. Molti sono ancora, infine, i progetti di formazione di strutturasul benessere che mirano direttamente a far calare i livelli di stress con tec-niche operative e di auto-gestione emotiva.È ora necessario evidenziare alcuni punti di forza tratti dall’esperienza finqui condotta con i Laboratori. Il report de La Sapienza conferma la bontà delle intuizioni che hanno por-tato l’ISSP ad intraprendere la formazione sull’ascolto organizzativo a parti-re dalle figure apicali.Direttori e comandanti di reparto sono diretti responsabili dei processi digestione delle risorse umane e di conseguenza dell’efficienza dell’organiz-zazione del lavoro, coinvolgerli ha consentito di rilevare gli indicatori didisagio del personale correlati a malessere organizzativo ma anche causa discarsa efficienza dei servizi. Uno tra gli esiti dei Laboratori è che la compresenza dei due ruoli ha resopossibile una positiva ridefinizione degli ambiti di competenza, delleresponsabilità che sui due ruoli gravano, un confronto sulle dinamiche rela-zionali problematiche originate a livello organizzativo dall’ingresso dei ruolidirettivi della polizia penitenziaria.Dai lavori di gruppo sono emerse informazioni molto preziose che, con ladebita sistematizzazione, sono veri e propri strumenti di lettura della realtàoperativa penitenziaria.Lo stato di salute delle organizzazioni penitenziarie, ricavato dallo sguardod’insieme dei disegni prodotti da tutti i sotto-gruppi, riferisce di uno staffmolto coinvolto e appassionato del proprio lavoro che persiste nel perse-guimento della mission istituzionale nonostante le difficoltà pur oggettiva-mente rilevate (complessità, abnormità dei compiti rispetto al fluttuare con-

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tinuo delle situazioni, senso di abbandono e di isolamento). La capacità diintegrare aspetti contrastanti in piani coerenti di azioni gestionali e la pre-senza di persistente coinvolgimento nel proprio mandato, permettono difare una buona prognosi rispetto ai cambiamenti sugli stili di leadership esulle iniziative da intraprendere negli Istituti penitenziari per un attentoascolto organizzativo.Dai lavori di mappatura del disagio è emersa un’autentica checklist (lista dicontrollo, Tav. 4 pag. 36) che identifica cosa verificare nell’osservazione deldisagio manifesto. Lo strumento della checklist, utile di per sé stesso perchéla spunta dei suoi elementi è il metodo sicuro per attività che richiedonoparticolare attenzione, lo è ancora di più in questo caso, essendo stataestrapolata dalla testimonianza dei 307 partecipanti e testimoni di ogni sin-gola realtà penitenziaria del territorio. Assume in questo caso la valenza diuna comprovata griglia di lettura della realtà umana nelle organizzazionipenitenziarie.La sistematizzazione delle cause del disagio, tratte da 307 testimoni privilegia-ti, è materiale unico per individuare gli ambiti che devono essere attinti nel-l’implementare mutamenti che generino presupposti di benessere organizza-tivo. In altre parole, le tavole dalla 5 alla 8 (pagg. 37-38) possono essereimpiegate a tutti i livelli (periferico, intermedio e centrale) per decidere dovee come orientare la propria programmazione sul tema della salute e delmiglioramento organizzativo nel breve, medio e lungo periodo.Rappresentano a parere dell’Istituto Superiore delle ottime delimitazioni dicampo e possono essere utilizzate come cartina di tornasole dell’azionedell’Amministrazione penitenziaria in tutte le sue proprie articolazioni; ciònon in termini di giudizio ma in una sorta di auto-analisi, di auto-valutazioneutile a orientare le micro e le macro azioni sul piano cultural-organizzativo.Non si commenta ulteriormente il capitolo relativo alla specifica sugli inter-venti per promuovere il benessere organizzativo (pagg. 40-43) perché diadamantina chiarezza e per il quale valgono le positive considerazioni giàespresse.L’esito dei Laboratori deve rappresentare spunto di riflessione per tutti e pergli Istituti; deve essere impulso a progetti utili a rimotivare il personaleanche con il coinvolgimento dei responsabili delle aree, e con modalità digestione finalizzate a migliorare il clima lavorativo e a infondere serenitànel personale consentendo, nel contempo, di ripensare i propri contestiorganizzativi/lavorativi con approccio innovato.Le differenti realtà penitenziarie del territorio nazionale sono accomunateda problematiche e disagi che possono trovare possibilità di risoluzione raf-forzando la professionalità e utilizzando degli strumenti acquisiti nel corsodel Laboratorio: un meta-risultato dunque.

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SOMMARIO DI POSSIBILI AZIONI

L’obiettivo della salute organizzativa è proprio di una moderna ed efficien-te Amministrazione, per perseguirlo è necessario intervenire sulle situazionidi conflittualità relazionali che trovano terreno favorevole in realtà lavorati-ve ove convivono professionalità e ruoli molteplici e ove il disagio dellapopolazione detenuta si rinfrange inevitabilmente sugli uomini e sulledonne chiamati ad operare nelle strutture detentive.Nella prospettiva del benessere e della salute organizzativa la formazioneha ruolo di sostegno al cambiamento e, considerato il livello e la qualitàdella soddisfazione percepita dai partecipanti ai Laboratori, è necessario unpiano d’azione costante che, su tematiche rilevanti, offra occasioni formati-ve periodiche con il confronto tra i due ruoli e tra realtà territoriali diverse.È importante creare occasioni di incontro e di dialogo in tutti i sensi: affi-dando a gruppi di studio e di progetto l’elaborazione di piani di attività, cre-ando gruppi di consulenza e di supporto a decisioni di rilievo perl’Amministrazione, prima di assumerle. In sostanza tutto ciò che è necessa-rio a valorizzare l’apporto professionale e a far sentire che ogni responsabi-le è importante per l’Amministrazione.Altro nodo molto problematico, vulnus ricorrente nei dieci Laboratori, èdato dalla qualità delle relazioni sindacali. Considerata l’estrema criticitàrilevata, l’Istituto Superiore ha considerato prioritario realizzare tempestiva-mente un corso di aggiornamento sulla negoziazione sindacale rivolto aidirettori. La problematica registrata della distanza tra centro e periferia può essere inparte superata con interventi di fluidificazione della comunicazione bi-dire-zionale incentivando l’uso di strumenti telematici. Il miglioramento della comunicazione deve rendere possibile la pubbliciz-zazione delle esperienze di eccellenza e delle buone prassi di molti Istitutidel territorio, troppo spesso sconosciute e non valorizzate. Questo potreb-be essere ottenuto con l’istituzione di una sorta di vetrina delle eccellenzenel sito del Dipartimento.Molto lavoro dovrebbe essere indirizzato a curare il riconoscimento socialedel lavoro svolto negli Istituti penitenziari; un piano di comunicazione dedi-cato sarebbe molto opportuno.Queste e molte altre sono le azioni auspicabili; il report in questo sensoindica chiaramente molte strade di possibile intervento migliorativo suambiti diversi. Oltre infatti ad un profondo ed ampio processo di sensibilizzazione al cam-biamento sui partecipanti ai Laboratori, l’esperienza costituisce anche unimportante ed approfondito studio con valenza di scientificità sullo stato di

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salute delle organizzazioni penitenziarie a partire da testimoni privilegiati.Gli Uffici Centrali e i Provveditorati potrebbero essere protagonisti conside-rando il report agenda di verifica preventiva o successiva di azioni, o diprocessi già in essere e da ri-valutare. Questo orientamento potrebbe per-mettere condizioni di lavoro più agevoli alle strutture periferiche, ove insi-ste nei fatti l’ingranaggio cardine della mission dell’Amministrazione peni-tenziaria.

CONSIDERAZIONI E RIFLESSIONI CONCLUSIVE

L’attività formativa dei Laboratori è stata consistente ed impegnativa sul pro-filo organizzativo, per il numero dei destinatari, per la peculiarità dell’inter-vento, per la complessità e l’attualità della tematica e, in ultimo, per l’utiliz-zo dei sui esiti, per la loro disseminazione.Il lavoro dunque è ancora lungo.Vale qui la pena ricordare, per evitare errate interpretazioni, che gli intentidell’Amministrazione non devono essere ricondotti esclusivamente ai casidi suicidio accaduti tra il personale dell’Amministrazione penitenziaria.I comportamenti suicidari sono fenomeni complessi e frutto di concause dinatura multifattoriale. Sono episodi che incidono così gravemente sull’esi-stenza di esseri umani che richiedono una lettura approfondita che abbrac-ci tutti gli ambiti relazionali in cui l’individuo è inserito, non escludendoaprioristicamente lo specifico psichismo di cui ogni essere umano è dotatoe che in questa sede può solo enunciarsi.Occorre sottolineare che l’ambiente lavorativo penitenziario, pur nonessendo uno spazio di cura per il personale, può comunque essere spaziorelazionale dove i segnali di malessere sono colti da una comunità sensibi-lizzata e, dove si può intervenire a correggere o a intraprendere nuove azio-ni/procedure per permettere agli operatori di metabolizzare quegli stressche dal lavoro derivano (es. con il debriefing dopo eventi critici). A questo si deve tendere e, già questo, permetterebbe all’individuo soffe-rente di ri-orientarsi e intraprendere azioni tese a riconquistare un livelloaccettabile di benessere.Gli interventi già attuati, quelli che prevedono le circolari sul benessere equelli che si sono sommariamente citati, vanno quindi ricondotti al cambia-mento che l’Amministrazione penitenziaria si propone passando da unaprospettiva centrata sul malessere ad un obiettivo qualificato quale quellodell’attenzione costante alla salute organizzativa.Ultimo tassello, per ora sottaciuto ma non meno importante, è che nel casodelle organizzazioni carcerarie l’approccio al benessere del personale e alla

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salute organizzativa sia in stretto rapporto con la sfera della vita detentiva. L’interdipendenza tra qualità della vita dei detenuti negli Istituti penitenzia-ri e la qualità della vita lavorativa di chi in quei servizi opera, rende ancorpiù impervio incidere sul versante del benessere dell’organizzazione.Probabilmente è necessario un approccio davvero ampio. Si ritiene peròche proprio da questa prospettiva possano nascere molte idee per ilmiglioramento dei climi organizzativi.

Luigia Mariotti CullaDirettore Istiotuto Superiore Studi Penitenziari

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BOX INFORMATIVO N. 1ESTRATTO DELLA PRIMA CIRCOLARE SUL DISAGIO/BENESSERE LAVORATIVO

GDAP 230431 DEL 3 LUGLIO 2008

AZIONI A MEDIO E LUNGO TERMINE

– Attività del gruppo permanente per il benessere, operante a livello centrale presso ISSP con lacollaborazione della DGPF e di personale delle strutture locali. Ha compiti di analisi indirizzo ecoordinamento delle iniziative sul piano locale.

– Indagine conoscitiva ad opera del medesimo gruppo in collaborazione con mondo scientifico eaccademico.

– Rilancio dell’ascolto organizzativo con la formazione diretta alle figure apicali (direttori e coman-danti di reparto).

– Progetti di formazione mirati e dedicati ai processi comunicativi.– La circolare è atto d’indirizzo per la programmazione del prossimo piano annuale della for-

mazione.– Rivalutazione spazi organizzativi già esistenti come le conferenze di servizio, si prevede che:

- possano essere opportunamente strutturate ed utilizzate come incontri tematici ad hoc;- possano essere il luogo ove siano trattati gli eventi critici post hoc.

– Istituzione di specifici protocolli da seguire dopo eventi critici che si configurino come una verifi-ca critica tra pari alla presenza dei responsabili coinvolti nelle singole circostanze (anche quideve intervenire la formazione mirata allo scopo d’intesa tra le due agenzie formative (ISSP eUfficio V – DGPF).

– Nell’immediato previsto che ciascun direttore si attivi per avviare incontri con piccoli gruppi perrivisitazione condivisa di eventi critici accaduti, da realizzare con le unità operative di volta involta coinvolte.

– Introduzione, sul lungo termine, di sessioni di verifica operativa strutturata per rielaborazioneperiodica – individuale e di sistema – di processi e di meccanismi lavorativi.

AZIONI A BREVE E MEDIO TERMINE

– Progetto per il benessere, tutta una serie di iniziative che chiamino a raccolta le capacità, gli inte-ressi, la disponibilità dei singoli e che valorizzino le opportunità del territorio. Si parla di progettoperché deve essere abbandonata la logica della estemporaneità e della occasionalità.

– Nella ricerca di risorse nuove ed aggiuntive si dovrà valutare come attivare e ri-orientare l’azionedell’Ente assistenza soprattutto nei termini di un ampliamento della platea degli aderenti e quin-di dei beneficiari.

– Ciascun direttore e dirigente responsabile di struttura ai diversi livelli organizzativi e in modo par-ticolare in ogni IP, annualmente dovrà predisporre il proprio progetto per il benessere fatto di ini-ziative concrete e significative di attenzione verso il personale (es. convenzioni con palestre delterritorio per accessi preferenziali – prezzi e orari, sconti spesa in centri alimentari, ecc.).

– Dovranno far parte dello stesso progetto tutte le iniziative di attenzione alla salubrità degliambienti e delle condizioni generali delle strutture di accoglienza del personale (mense, caser-me, sale per tempo libero ecc.). Focus sull’adeguatezza e il decoro delle condizioni alloggiative(caserme, alloggi, palestre, edilizia agevolata, ecc.).

– Sottolineatura sulle sezioni detentive in quanto luogo di lavoro che, se vivibile per la popolazionedetenuta, diventa spazio di lavoro più vivibile per gli operatori.

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

SEGUE BOX INFORMATIVO N. 1

RUOLO DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI STUDI PENITENZIARI

– Monitoraggio azioni provveditoriali a cura del Gruppo permanente per il benessere.– Incarico all’ISSP di intensificare contatti già avviati con mondo scientifico, accademico e isti-

tuzionale per sviluppo di sinergie e collaborazione dirette alla individuazione delle migliorisoluzioni.

RUOLO DEI PROVVEDITORI REGIONALI

– Attenzione dei provveditori regionali ad una interlocuzione attenta con le autorità a livelloregionale per contribuire ad attirare risorse degli enti locali anche verso il mondo penitenzia-rio inteso non solo come popolazione detenuta ma come mondo degli operatori penitenziari.

– Indicazione dell’estensione di buone pratiche già esistenti in questo senso a sistema in tuttoil territorio.

– Indicazione di fornire un progetto regionale per il benessere; prima come atto di indirizzo epoi come atto di sintesi della politica regionale per il benessere e il contrasto del disagio.

– Conferenza dei dirigenti della propria regione per illustrare mandato e per definire lineed’azione in ciascuna realtà.

– Informazione di rimando al Dipartimento.

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BOX N. 2ESTRATTO DELLA SECONDA CIRCOLARE SUL DISAGIO/BENESSERE

LAVORATIVOGDAP 49427 DEL 6 FEBBRAIO 2009

– Totale conferma dell’atto di indirizzo e dei contenuti della circolare di luglio.– Necessità di dare puntuale attuazione ai programmi da avviare nelle singole strutture.– Simultaneità e omogeneità interventi per garantire a tutto il personale medesime opportunità.– Attenzione a tutto il personale come portatore di disagio e non unicamente al personale di Polizia

penitenziaria, al di là della maggiore esposizione di questo profilo per la prossimità costanteall’utenza.

– Adozione di interventi concreti e spedibili nel breve e medio periodo, che non contrasta con inter-venti di più ampia portata.

– Rivitalizzazione di esperienze e strumenti anche già attuati che vanno inseriti in un vero e propriopiano di intervento per contrastare l’estemporaneità d’azione o la sporadicità.

– Promozione di incontri di sensibilizzazione per la definizione di un progetto teso al benessereorganizzativo.

– Pianificazione annuale per garantire costante attenzione/riflessione sul problema.– Ruolo strategico formazione come supporto al cambiamento e al miglioramento organizzativo.– Ricaduta a “cascata” della sensibilizzazione all’ascolto organizzativo dell’ISSP con ulteriori inter-

venti a livello decentrato.– Ruolo dei provveditorati: promozione, stimolo, coordinamento e monitoraggio sui comportamen-

ti organizzativi nei singoli servizi penitenziari rispetto alle previsioni delle circolari.– Conferenza dei dirigenti presieduta dal Provveditore che precede l’avvio della progettazione a

livello regionale (principio dell’interdipendenza).– Le Direzioni generali, secondo gli ambiti di competenza, dovranno supportare le azioni che si svi-

lupperanno a partire dalla progettazione a livello locale.– Collaborazione dei dirigenti responsabili nel monitoraggio e nella decodifica dei segnali di

disagio.

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PREMESSA

Questo report costituisce un resoconto di sintesi del lavoro formativo svol-to con i Direttori di Istituto Penitenziario e i Comandanti di Reparto nell’am-bito del Laboratorio su “L’ascolto organizzativo”, promosso dall’IstitutoSuperiore Studi Penitenziari del Dipartimento Amministrazione penitenzia-ria del Ministero della Giustizia. Il Laboratorio è stato pensato come occasione per restituire voce alle “espe-rienze esperte” che, in questi anni, hanno garantito il funzionamento degliIstituti penitenziari e come opportunità di esprimere, ripensare e ridefinireil modo di essere e di agire dei ruoli professionali nell’organizzazione.Il Laboratorio ha promosso un confronto e uno scambio di esperienze tra lefigure apicali degli Istituti penitenziari (direttori e comandanti di reparto) alfine di mantenere condizioni di lavoro che assicurino il benessere fisico epsicologico degli operatori, rafforzandone l’autostima, l’efficacia personalee il senso di appartenenza.Il Laboratorio ha adottato un metodologia che ha previsto un forte coinvol-gimento degli interessati chiamati a ricostruire la storia e il senso del pro-prio lavoro e ad affrontare i temi del disagio lavorativo e dei possibili inter-venti per promuovere migliore efficacia degli apporti professionali e miglio-re qualità della vita di lavoro.Il Laboratorio sì è svolto nell’arco temporale di dieci mesi (autunno 2008 –estate 2009) è si è articolato in dieci edizioni, nove delle quali sono statecoordinate da Francesco Avallone, titolare della Cattedra di Psicologia delLavoro dell’Università “La Sapienza” di Roma e prorettore vicario della stes-sa università, nell’ambito di una convenzione stipulata tra l’IstitutoSuperiore Studi Penitenziari e la Facoltà di Psicologia 2. Il ruolo di condu-zione dei gruppi di lavoro è stato svolto da Fabio Pichi, Patrizia Trombetti,Liliana Uccheddu, dell’Istituto Superiore Studi Penitenziari e da NadiaCersosimo della Casa di reclusione di Paliano.Questo report è destinato al committente, a tutti coloro che hanno parteci-pato alle dieci edizioni del Laboratorio come restituzione del lavoro da essi

Report del laboratorio su “l’ascolto organizzativo” per direttori di istituto penitenziario e comandanti di repartoa cura di Francesco Avallone – titolare della Cattedra di Psicologia del Lavoro – Facoltà diPsicologia 2 – Università di Roma “La Sapienza”

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prodotto e all’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizianella speranza di fornire a tutti gli interessati utili elementi per la gestionedegli Istituti penitenziari e per la gestione del personale che in essi opera.Il report è articolato in cinque punti:a) i contenuti del Laboratorio e la popolazione dei partecipanti;b) le immagini del lavoro negli Istituti penitenziari;c) la mappa del disagio lavorativo;d) gli interventi per promuovere il benessere organizzativo;e) le competenze del direttore d’istituto e del comandante di reparto.Nel report sono rigorosamente riportati i dati raccolti. I commenti dell’esten-sore sono in corsivo al termine di ciascun paragrafo.Sarei lieto di poter illustrare il lavoro svolto in ogni situazione che potràessere individuata.

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I CONTENUTI DEL LABORATORIO E LA POPOLAZIONE DEI PARTECI-PANTI

Il laboratorio – dopo le prime due edizioni che hanno consentito la defini-tiva messa a punto del programma – si è sviluppato intorno a quattro areeprincipali:

❑ espressione delle concezioni e delle emozioni legate al lavoro e alruolo negli Istituti penitenziari.

❑ mappatura del disagio lavorativo nelle organizzazioni penitenziarie:individuazione delle forme del disagio, delle sue possibili cause econseguenze sulla prestazione lavorativa e sul clima organizzativo;

❑ individuazione delle principali azioni per migliorare l’ascolto e ilbenessere del personale da prevedere nel Progetto di Istituto per lapromozione del benessere organizzativo;

❑ definizione delle competenze del direttore di istituto e del comandantedi reparto.

Per ognuna delle quattro aree suindicate è stato previsto un lavoro in picco-li gruppi a composizione spontanea con il vincolo di assicurare, in ogni sot-togruppo, la contemporanea presenza di direttori e comandanti. L’esito dellavoro è stato poi presentato e discusso in una sessione plenaria.Un attento lavoro di valutazione dell’esperienza, che ha sempre visto la pre-senza della Direzione dell’Istituto Superiore Studi Penitenziari, chiudeva ilLaboratorio.L’invito a partecipare è stato rivolto a tutti i 204 istituti rivolgendosi ad unapopolazione potenziale di 380 persone. Al Laboratorio hanno effettivamen-te aderito 180 istituti (88,2%) e 307 persone (80,8%). I direttori presenti sonostati 138; i comandanti 169. La percentuale delle donne, tra i direttori, è del46,4 %; mentre tra i comandanti è del 24,3%. La tavola riportata a pagina seguente riepiloga i dati della partecipazioneper singolo Provveditorato evidenziando la percentuale di partecipazione, ilnumero dei direttori e comandanti invitati e il numero dei presenti.

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Tav. 1 – Partecipazione al Laboratorio formativo “L’ascolto organizza-tivo”.

LE IMMAGINI DEL LAVORO NEGLI ISTITUTI PENITENZIARI

Il primo lavoro del Laboratorio è consistito nel produrre, in sottogruppo, undisegno per esprimere la propria concezione del lavoro. I partecipanti sonostati invitati a realizzare una produzione grafica a partire dallo stimolo: “illavoro per me…”.La tecnica impiegata, che coinvolge i partecipanti sia a livello cognitivo cheemotivo, è stata apprezzata ed ha costituito una base concreta, leggera erispettosa delle diverse letture individuali, per iniziare il lavoro del Laboratorio.Una volta prodotto, il disegno veniva presentato in plenaria e gli altri sotto-gruppi (quelli che non avevano partecipato alla sua predisposizione) cerca-vano di comprendere quali concezioni del lavoro e quali emozioni eranoespresse dalle immagini costruite dai colleghi. Veniva così prodotto unampio materiale spontaneo e ricco di suggestioni utili per comprendere lacoscienza della rilevanza del ruolo sociale svolto, le difficoltà delle relazio-ni all’interno del carcere, con l’Amministrazione e con la società civile edanche sentimenti di disagio e di sofferenza.

Provveditorato Percentuale di Direttori Comandanti Direttori Comandantiregionale partecipazione invitati invitati presenti presenti

Potenza 100 3 3 3 3Catanzaro 95,5 10 12 10 11Padova 90,6 14 18 14 15Cagliari 89,5 6 12 7 10Perugia 87,5 4 4 3 4Napoli 84.8 16 17 13 15Ancona 84,6 6 7 5 6Pescara 80,0 10 10 7 9Torino 80,0 11 14 10 10Milano 79,4 16 18 11 16Genova 78,6 7 7 4 7Roma 78,6 14 14 10 12Palermo 78,0 24 26 17 22Firenze 69,7 15 18 9 14Bologna 69,6 11 12 8 8Bari 66,7 10 11 7 7TOTALE 80,8 177 203 138 169

380 307

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Facciamo un esempio. Un sottogruppo produce questo disegno.

Al ritorno in plenaria, i membri degli altri gruppi che non avevano parteci-pato alla sua predisposizione così commentano il disegno2:

❑ pur essendoci il fuoco non c’è fumo;❑ l’idea del cuore esprime un senso di positività; un cuore che si lascia

cuocere a fuoco lento, il fatto che intorno non ci sia nessuno esprimela solitudine dei ruoli, il cuore rappresenta noi, il nostro lavoro e ledifficoltà;

❑ il cuore rappresenta la passione;❑ è un cuore che arde;❑ è il nostro modo di intendere la passione che mettiamo nel nostro

lavoro, l’essere infilzati e sottoposti al calore del fuoco rappresenta ilmetterci in difficoltà: è un cuore che cuoce a fuoco lento;

❑ è comunque un bel sistema già organizzato quindi ci sarà un consu-matore di questo cuore e il fatto che non ci sia il fumo significa che èun cuore che non da fastidio e non disturba;

❑ è una rappresentazione che fa sorgere tante domande ad esempio chigira la manovella?

❑ chi mangia il cuore?❑ chi ha fatto il fuoco?❑ forse simboleggia la solitudine della situazione lavorativa che si vive;❑ il cuore è pulsante: ❑ le gocce di sangue rappresentano la sofferenza; ❑ ci vuole un professionista per dare assistenza a questo cuore, un car-

diologo;❑ richiama una forma di cannibalismo; operatori penitenziari divorati;

2 Tre tutor hanno provveduto a trascrivere testualmente quanto detto nella discussione. Al terminedi ciascun Laboratorio le trascrizioni sono state confrontate e unificate.

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❑ è un cuore che chiede aiuto; ❑ è un cuore grande;❑ è un cuore grande e dolorante e lo spiedo rappresenta le difficoltà

quotidiane; ❑ un cuore che chiede aiuto è un cuore che non ha aiuto;❑ manca il sostegno.

Infine, il gruppo degli autori forniva la sua “interpretazione autentica” che,nel caso del disegno riportato, è: “La rappresentazione grafica poneva l’at-tenzione su due aspetti: la grande passione per il lavoro e il fatto che que-sta passione, trafitta e cotta a fuoco lento, viene messa a dura prova nellasua integrità, nel suo mantenimento, per le circostanze esterne.L’aspetto che è stato colto dall’aula relativo al senso della solitudine è invo-lontario, forse è stato rappresentato inconsciamente. Siamo consapevoli dichi ci trafigge, l’assenza della mano umana rappresenta la mancanza delsupporto ma il cuore nonostante tutto continua a battere”.Così si procedeva con il secondo e poi con il terzo disegno di ciascunLaboratorio. Una sintesi conclusiva sui tre disegni e sulle relative associazio-ni chiudeva questa sessione.Poiché le edizioni sono state dieci, si dispone di 30 disegni (vedi tavola Adell’Appendice) e dei relativi commenti. Non essendo interessati in questa sede ad approfondire singoli disegni maa ricostruire il lavoro collettivo svolto dai 307 direttori e comandanti e desi-derando evitare qualunque interpretazione frettolosa e soggettiva, i com-menti ai 30 disegni sono stati accorpati come se costituissero un unico testoe trattati con un pacchetto statistico per l’analisi dei testi (T-Lab di FrancoLancia), che consente di individuare i principali nuclei di significato espres-si dai partecipanti.Il testo dei commenti dei gruppi ai disegni prodotti, è stato riportato inte-gralmente. L’analisi di questi testi, costituito dall’insieme di tutti i commentia tutti i disegni, ha generato un corpus molto ricco, costituito da 20.414occorrenze (cioè parole diverse presenti nel testo). Al fine di individuare alcune rappresentazioni condivise, espresse dai parte-cipanti attraverso i disegni e narrate nel loro commento, l’intero corpus èstato sottoposto ad una analisi del contenuto attraverso la procedura “tipo-logie di contesti elementari” (frammenti di testo costituiti da paragrafi o daparti di paragrafo) del software per l’analisi dei testi T-Lab.È stata scelta una soluzione che sintetizza i testi prodotti in tre raggruppa-menti (cluster), che possono essere considerati altrettanti nuclei di rappre-sentazioni del lavoro espresse dai direttori e dai comandanti. Nel primo rag-gruppamento è ricompreso il 24,82%; nel secondo raggruppamento il45,92%; nel terzo cluster il 25,24% dei commenti prodotti (vedi tavola 2).

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Tav. 2 – Raggruppamenti (cluster) delle rappresentazioni del lavorodi direttori e comandanti

I tre cluster si dispongono sullo spazio fattoriale come illustrato alla tavo-la 3. Il primo fattore, quello rappresentato dall’asse orizzontale, suddivide i com-menti dei partecipanti in due grandi nuclei. Sul polo sinistro troviamo lerappresentazioni che parlano del “fuori” rispetto agli Istituti penitenziari; sulpolo destro le rappresentazioni che parlano del “dentro” degli istituti, in unmodo aderente alla realtà lavorativa reale. Il secondo fattore, quello rappresentato dall’asse verticale, articola i com-menti dei partecipanti in due aree: quelli che (in alto) descrivono l’internodel mondo penitenziario nei suoi aspetti oggettivi, di realtà concreta (“strut-tura”); e quelli che (in basso) lo descrivono nei suoi aspetti più soggettivied emotivi (“persone”). Incrociando i due fattori sono stati ottenuti 3 cluster.

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0

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CLUST-1 CLUST-2 CLUST-3

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Tav. 3 – Struttura fattoriale delle rappresentazioni del lavoro di diret-tori e comandanti

Nella parte sinistra dello spazio fattoriale è collocato il cluster_2, che rag-gruppa le parole elencate alla tavola B dell’Appendice. I soggetti rappresentano il loro contesto lavorativo in modo dinamico(verso, visione, obiettivo, dirigere, nave), ipotizzando scelte evolutive versoun futuro positivo (sole, speranza, luna, ottimismo) ma anche i rischi con-nessi (negativo, fondo). Gli attori sono soggetti attivi che cercano di com-prendere e interpretare la realtà che li circonda (vedere, capire, parlare) edi integrare aspetti diversi dotandoli di significati soggettivamente diversi(puzzle, costruzione, significato, sfondo, percezione).

Alcune unità di contesto elementare che caratterizzano il cluster_2 sono leseguenti:

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CL_2

CL_3

CL_1

-0,8 -0,6 -0,4 -0,2 -0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0

0,8

0,6

0,4

0,2

0,0

-0,2

-0,4

-0,6

Fattore 1 DENTRO

Fattore 2 STRUTTURA

Fattore 1 FUORI

Fattore 2 PERSONE

Dinamismoe

integrazione

Ambivalenzadelle

emozioni

Centralità edistanza

del vertice

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In sintesi, le rappresentazioni del lavoro proposte da questo cluster posso-no essere riassunte con l’etichetta “Dinamismo e integrazione per ilfuturo”.L’area destra dello spazio fattoriale è articolata dal secondo fattore, chedistingue, come detto, tra le rappresentazioni aggregate nel cluster_3 (inalto), che descrivono l’interno del mondo penitenziario nei suoi aspettioggettivi, di realtà concreta (“struttura”); e quelle del cluster_1 (inbasso), che lo descrivono nei suoi aspetti più soggettivi ed emotivi (“per-sone”). Nel quadrante superiore destro dello spazio fattoriale è collocato il clu-ster_3 che raggruppa i lemmi elencati alla tavola C dell’Appendice.Il contesto lavorativo è rappresentato nei suoi aspetti di realtà organizzativa,attraverso le figure professionali che gerarchicamente lo rappresentano(direttore, comandante), la struttura (Amministrazione penitenziaria, car-

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

Il significato è stato colto: la barca è l’istitutogovernato dal direttore e comandante che ten-gono il timone. La tempesta sono i problemi,l’ancora è l’evento critico passato e si va verso ilsole, verso un obiettivo. Gli scogli sono altrieventi critici. Sullo scoglio c’è una sirena: la sire-na è simbolica, è il fato che attrae il personaleverso lo scoglio.

C’è un collegamento tra i vari elementi, un pro-cesso vitale che si attiva con l’azione del soleche scioglie il ghiacciaio, attraverso le piogge sicrea il corso d’acqua che con la sua azione puri-fica e nutre la terra tanto da far generare. I colle-ghi si impersonano negli elementi positivi nelsole che crea e nell’acqua che purifica e fa cre-scere.

Le linee che ad un certo punto della fune si sno-dano non sono segni casuali, bensì rappresenta-no le scelte e le differenti decisioni che quotidia-namente si presentano al direttore ed al coman-dante. Alcune delle linee sono dirette verso ilsole che dopo la crescita professionale rappre-senta il secondo elemento positivo del disegno.

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cere, area, centrale, periferia, dimensione, struttura) e il riferimento agliutenti (detenuto). Le persone sembrano anch’esse reificate (mano, occhio,immagine, figura) e le relazioni risultano fondate su una condizione dinecessità (chiedere, bisognare, cercare, mancare, prendere), che non con-sente di avvicinarsi del tutto (distante).Alcune unità di contesto elementare che caratterizzano il cluster_3 sono leseguenti:

In sintesi, le rappresentazioni del lavoro proposte da questo cluster posso-no essere riassunte con l’etichetta “Centralità e distanza del vertice”.Infine, nel quadrante inferiore destro dello spazio fattoriale è collocato ilcluster_1, che raggruppa le parole elencate alla tavola D dell’Appendice. I soggetti rappresentano il proprio contesto lavorativo valorizzando la com-ponente umana che lo anima (operatore, interno, persona, soggetto, risor-

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Per quanto un direttore e un comandante cerca-no di essere comunicativi e per quanto puoidelegare, comunque il personale finisce con ilchiederti un grosso sostegno e in questo biso-gna saper mediare perché essere troppo dispo-nibili a volte può essere un’arma a doppio taglio.Alla fine la problematica ricade sul direttore e sulcomandante.

La torre rappresenta il carcere sia il direttore cheil comandante cercano di mantenere l’equilibrio.I sindacati infieriscono sull’equilibrio precario e idetenuti sono in balia, mentre l’Amministrazionepenitenziaria è assolutamente neutrale.

Sembra che oltre al carcere non ci sia riferimen-to al mondo esterno, c’è una interiorizzazione. Inogni caso c’è un ruolo propositivo nei disegni delcomandante e del direttore, c’è una idea creati-va. L’idea degli uffici superiori che sono distantiè ricorrente, bisognerebbe chiedersi se nehanno coscienza.

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se), le relazioni interpersonali che portano i membri a desiderare di esseremaggiormente un gruppo di lavoro integrato, per sentirsi meno soli (noi,nostro, gruppo), e le emozioni che connotano e sostengono l’esperienzaprofessionale in senso positivo (passione, cuore, buono, fantasia, piacere)ma anche negativo (difficoltà, solitudine, bilancia). È evidenziata la neces-sità di un alto coinvolgimento emotivo per sostenere l’impegno e le respon-sabilità professionali (responsabilità, problemi, intervenire) e per garantireun risultato importante (istituzionale, grande, necessario, mandato, neces-sità) che può essere ottenuto solo attraverso l’integrazione di diversi contri-buti (periferia, centro) da parte di tutti (suonare, sistema, orchestra).Alcune unità di contesto elementare che caratterizzano il cluster_1 sono leseguenti:

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

Il sole rappresenta il nostro lavoro, è una visionepositiva ricca di luce e di calore che simboleggiala nostra motivazione. All’interno di questo soleche illumina c’è la figura di un uomo che portaun carico, nel corso del lavoro del gruppo eraemersa l’immagine di Sisifo, che rappresentaognuno di noi provati come siamo dal peso delleresponsabilità.

Il volatile nel disegno che viene illuminato da unraggio che rappresenta l’aspirazione di ognunodi noi che con un lavoro che parte dal basso sieleva attraverso l’aspirazione. I sassi sono le dif-ficoltà e le immagini che rappresentano il cam-biamento indicano la quiete della realizzazione.

Le insidie, rappresentate dagli animali, sono siainterne all’organizzazione che esterne. Il viaggioè difficoltoso con momenti belli e momenti criticima l’alpinista ama la montagna così come noimettiamo la passione nel nostro lavoro, il caricodello zaino rappresenta l’insieme delle respon-sabilità e delle competenze.

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In sintesi, le rappresentazioni del lavoro proposte da questo cluster posso-no essere riassunte con l’etichetta “Ambivalenza delle emozioni”.Fin qui i dati elaborati. Un commento personale finale.La popolazione dei direttori e dei comandanti che ha partecipato alLaboratorio su “Ascolto organizzativo” si presenta come un gruppo profes-sionale maturo, ricco di energia, in grado di leggere attentamente il conte-sto interno ed esterno all’istituto penitenziario e consapevole del ruolo diguida, di coordinamento delle risorse e della necessità di integrare esigenzediverse in un piano coerente di azione gestionale. Differenze individuali,pure rilevabili per età, storia, modelli di comportamento, non alterano que-sto quadro complessivo.Sul versante delle emozioni che colorano l’esperienza lavorativa prevalgonosentimenti di solitudine e di abbandono o, comunque, di forte distanza deivertici regionali e centrali dell’Amministrazione verso i problemi quotidiani,scanditi dalla scarsezza degli spazi e delle risorse, che – nella percezionedegli interessati – sono consegnati alla sola cura “locale”.Sarebbe opportuno creare occasioni di incontro e di dialogo (nelle valuta-zioni finali sono molto frequenti i ringraziamenti per il solo fatto di averpotuto incontrare colleghi e condividere speranze e problemi); affidare agruppi di studio e di progetto l’elaborazione di piani di attività; creare grup-pi di consulenza e supporto prima di assumere decisioni di rilievo perl’Amministrazione: in sostanza valorizzare l’apporto professionale e farsentire che ogni responsabile “conta” per l’Amministrazione.

LA MAPPA DEL DISAGIO LAVORATIVO

Un secondo lavoro del Laboratorio è consistito nell’individuare forme,cause e conseguenze del disagio lavorativo e organizzativo.La modalità di lavoro prevista non era di mera esercitazione ma di riflessio-

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Il nostro è un lavoro da soli, volevamo rappre-sentare il nostro disagio. La certezza che si trattidi un lavoro che nonostante tutto dà soddisfazio-ne è rappresentato dai due elementi positivi: ilfiore, peraltro colorato; e l’albero, disegnatoricco di frutti con il doppio significato dei risultatiraggiunti e delle soddisfazioni avute .

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ne e di sistematizzazione dell’esperienza. I partecipanti al Laboratorio sonostati considerati “osservatori” professionali del disagio in grado di usarecategorie di classificazione e di ricondurre l’esperienza alle possibili fontidel disagio.Per gli obiettivi del Laboratorio non è stato esaminato il disagio tra detenu-ti ma solo le diverse forme di disagio tra tutto il personale che opera all’in-terno dell’istituto penitenziario.Anche in questo caso, il materiale prodotto è stato copioso e per facilità dilettura del lavoro svolto è stata predisposta la sintesi che si presenta. Un primo strumento realizzato dai gruppi si riferisce agli indicatori visibilidel disagio. Con tale espressione si indicano comportamenti osservabili e rilevabili chepossono essere assunti come sintomi e segnalatori di uno stato di disagiopersonale. Ovviamente occorre che detti comportamenti non costituiscanoun evento episodico ma tendano a ripetersi nel tempo.La pronta rilevazione di uno stato di disagio consente, qualora lo si ritengaopportuno, di intervenire. In alcuni casi una “delicata” segnalazione diattenzione – hanno detto alcuni partecipanti – consente alle persone inte-ressate di riflettere sui propri comportamenti. Nella tavola che segue (tav. 4)è riportata una griglia per l’osservazione e la rilevazione delle situazioni didisagio.Più complesso è stato il lavoro dell’individuazione della cause del disagio.Nel lavoro dei gruppi è stata tentata una categorizzazione delle cause cheora, a posteriori, può assumere una tipologia sistematica.Le cause sembrano collocarsi a livello di quattro diversi contesti:a) il contesto della propria storia, della propria cultura e delle relazioni

familiari;b) il contesto micro del lavoro, materializzabile nell’organizzazione delle

attività e delle relazioni all’interno del gruppo di lavoro;c) il contesto macro del lavoro riferito all’organizzazione del sistema peni-

tenziario nel suo complesso;d) il contesto culturale e della società civile esterno all’istituto penitenzia-

rio.

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

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Tav. 4 – Aree da osservare e comportamenti manifesti di disagio

Questa classificazione per contesti è confermata dalla letteratura di riferi-mento e presenta il pregio di individuare le cause comunque in un proble-ma di relazione della persona con i suoi contesti di vita. Si evitano così altriapprocci (ad esempio la personalità degli interessati) che appaiono riduttivie, comunque, insuscettibili di intervento.Per ciascuno dei quattro contesti individuati i partecipanti al Laboratorio

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Aree da osservare Comportamenti manifesti di disagio

Cura esterna della personaSciatteriaMancata cura del proprio aspetto esterioreInvecchiamento precoce

Tono emotivo nella relazione e nella comunicazione

Tensione, irascibilità, aggressivitàPaureStato depressivoAutocommiserazione, vittimismo, lamentazioneProtagonismo e delirio di onnipotenza

Stile di interazione nelle relazioni interpersonali

Conflittualità con i detenutiConflittualità con i colleghiIndisponibilità a collaborare

Fuga dal lavoroAssenze e malattie sistematicheRicerca di incarichi diversiNomadismo sindacale

Errori sul lavoro

DisattenzioneScarso rendimentoStressDisturbi psicosomaticiEsaurimento psicofisico (burn out)

Tendenza alla dipendenzaDipendenza dal giocoDipendenza da alcoolDipendenza da droga

Rapporto casa/lavoroLitigi familiariSeparazioni

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hanno stilato una lista di cause che, nella percezione e in base all’esperien-za degli interessati, possono far comprendere antecedenti remoti e prossimidel disagio. Le terminologie usate sono quelle originariamente espressedagli interessati e consegnate in un file al termine dei lavori di gruppo. Datal’elevatissimo numero di cause individuate si riportano quelle ricorrenti neivari gruppi.

Tav. 5 – Cause di disagio legate alla relazione con il contesto dellapropria storia, della propria cultura e delle relazioni familiari

Tav. 6 – Cause di disagio legate alla relazione con il contesto microdel lavoro

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

Scelta del lavoro dettata dalla necessità e scarto tra aspettative e realtà

Lontananza dal luogo di origine, dalla famiglia e transitorietà del modo di vivere

Fragilità personali e povertà culturale

Disarmonie familiari, separazioni e divorzi

Indebitamento

Mancanza di progettualità extralavorativa

Ambiente di lavoro inadeguato o insalubre (strutture fatiscenti; scarsa igiene; talora scarsaqualità della mensa)

Lavorare costantemente in una situazione di emergenza

Eccessivi carichi di lavoro e non equa distribuzione del lavoro

Lavorare a contatto con le criticità del carcere (aggressioni, minacce, rischio di malattie)

Mancata certezza della programmazione dei turni

Mancanza di integrazione tra le aree

Mancanza del lavoro di squadra

Norme operative obsolete e inadeguate

Carichi emotivi sproporzionati

Interferenze delle organizzazioni sindacali

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Tav. 7 – Cause di disagio legate alla relazione con il contesto macrodel lavoro dell’organizzazione penitenziaria

Tav. 8 – Cause di disagio legate alla relazione con il contesto cultura-le e della società civile esterno all’istituto penitenziario

Più ovvie appaiono, invece, le conseguenze che non sono molto diverse daquelle che si rilevano in altri ambienti di lavoro quando il progetto persona-le e professionale delle singole persone non riesce a trovare adeguateforme di realizzazione nel contesto organizzativo e sociale.Alla tav. 9 sono, comunque, riportate le principali conseguenze del disagiodegli operatori degli istituti penitenziari.

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Abnormità della mission rispetto alle risorse messe a disposizione

Sovraffollamento degli istituti penitenziari

Insufficienza del personale rispetto all’attuale organizzazione del lavoro

Insufficienza di risorse economiche

Mancanza o scarsità di informatizzazione

Mancanza di formazione adeguata

Mancanza di prospettive di carriera

Scarsità di incentivi economici

Scarsa interlocuzione degli Uffici sovraordinati

Scarso interesse dell’Amministrazione per le dinamiche a livello periferico

Non equità dell’Amministrazione nell’assegnazione delle risorse alle varie sedi

Scarsa trasparenza nell’attuazione delle procedure di trasferimento, distacco, ecc.

Direttive poco chiare, inattuabili, ambigue

Scarsa valorizzazione dell’identità della polizia penitenziaria rispetto alle forze dell’ordineScarso riconoscimento sociale del ruolo degli operatori penitenziariScarsa visibilità se non per eventi negativiCattiva informazione sulla realtà penitenziaria. Assenza di pubblicità sulle buone pratiche.

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Tav. 9 – Conseguenze del disagio degli operatori penitenziari

Fin qui i dati elaborati. Un commento personale finale.Il lavoro svolto è pregevole. La tav. 4 può essere utilizzata dagli operatoricome una griglia di osservazione e “messa in stato di vigilanza” verso lemanifestazioni palesi del disagio.Più articolata la riflessione sulle cause del disagio. Si può prendere atto chealcune forme di disagio trovano la loro radice nella storia personale e “cul-turale” dell’individuo e nelle fragilità personali. Personalmente non credoche le organizzazioni possano risolvere questo tipo di problema ma l’espe-rienza insegna che un buon lavoro, un ruolo dignitoso in un’organizzazio-ne possono attenuare alcuni limiti personali o addirittura indurre la perso-na a riprendere in mano una parte della sua storia e tentare di introdurrealcuni cambiamenti nella propria esistenza. Il problema, in tal modo, si sposta sul versante organizzativo. I nostri partecipanti non hanno censurato alcune forme di disagio dovute pro-prio ad alcune carenze sul piano della gestione quotidiana del lavoro e, quindi,riconducibili proprio ai ruoli di direzione e di coordinamento di un istitutopenitenziario: non si può eliminare il lavoro a contatto con le criticità del carce-re (aggressioni, minacce, ecc.) ma si può certamente intervenire per program-mare meglio i turni, per distribuire il lavoro con attenzione all’equità, per rea-lizzare una maggiore integrazione delle aree o per favorire il lavoro di squadra.Queste sono responsabilità tipiche del direttore, del comandante e degli altricapi area che, certo, richiedono osservazione di ciò che accade, disponibilitàall’ascolto, messa in gioco della propria persona, lucidità di intervento, compe-tenze che nel Laboratorio si è cercato di approfondire e di sostenere.Altre responsabilità, invece, non possono attribuirsi ai responsabili dellagestione che, per definizione, operano all’interno di un sistema di regole, dirisorse date. Da questo punto di vista i partecipanti al Laboratorio mandano un messag-gio chiaro sia al potere politico che all’Amministrazione penitenziaria. Al potere politico rinviano problemi che non sono alla portata della stessaAmministrazione: il sovraffollamento degli istituti penitenziari e la contrad-dizione tra la mission affidata all’Amministrazione e la scarsità delle risor-se finanziarie ed umane disponibili.

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

Disaffezione al lavoro o scarsa motivazione al lavoro o scarso rendimento sul lavoro

Incomunicabilità e conflittualità interpersonale e tra ruoli

Inefficienze operative e gestionali

Atteggiamenti di rassegnazione, di sfiducia, di solitudine

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All’Amministrazione le richieste possono racchiudersi in tre parole: collabo-razione (tra centro e periferia); equità (nell’assegnazione delle risorse enelle pratiche gestionali); intraprendenza organizzativa (informatizzazio-ne e riorganizzazione del lavoro, comunicazione chiara). Un discorso a parte riguarda la considerazione e il riconoscimento socialedel lavoro svolto negli istituti penitenziari. Sappiamo che il carcere vieneespunto dalla considerazione collettiva perché evoca la violenza, la devian-za, la rottura della civile convivenza e che, quindi, a livello sociale si prefe-risce “appaltare” agli addetti ai lavori la custodia di questa parte di umani-tà ma qualche iniziativa pubblica di comunicazione del lavoro svolto dagliistituti penitenziari potrebbe migliorare la percezione sociale di questomondo professionale magari per evidenziare le pregevoli attività che inmolti istituti vengono svolte in connessione con il territorio.Le organizzazioni che sfuggono al desiderio delle azioni risolutive (che, amio avviso, non esistono) e che sono capaci di darsi strategicamente unpiano lucido, realistico e sostenibile di sviluppo organizzativo sono ingrado, anche grazie alle analisi proposte dai partecipanti al Laboratorio, diindividuare le azioni concrete che consentono di mantenere e di faremanutenzione di un sistema organizzativo complesso che riguarda la stes-sa evoluzione della convivenza civile.

GLI INTERVENTI PER PROMUOVERE IL BENESSERE ORGANIZZATIVO

Il terzo lavoro proposto ai partecipanti al Laboratorio è stato quello di indi-viduare – alla luce della mappa del disagio costruita – possibili interventi epossibili azioni per migliorare l’ascolto e il benessere organizzativo. Il problema non è stato posto a livello generale ed astratto ma la richiestaera, in primo luogo, di contestualizzare gli interventi all’interno del singoloistituto. Il lavoro prodotto riguarda, pertanto, sia attività che in tutto o inparte sono già realizzate con soddisfazione sia attività che possono essererivitalizzate ed aggiornate sia attività che non sono mai state svolte. Oltre alle azioni realizzabili all’interno dell’Istituto era anche richiesto diprevedere eventuali ulteriori azioni da realizzarsi in collegamento con il ter-ritorio e, infine, azioni auspicate a livello centrale o regionale.Ai partecipanti è stato altresì comunicato che, anche in questo caso, non sitrattava di esercitarsi sul tema ma di approfittare dell’opportunità di lavora-re insieme per predisporre una sorta di pre-progetto da definire poi a livel-lo locale, anche con l’apporto degli altri responsabili d’area non presenti alLaboratorio.Anche in questo caso il lavoro prodotto risulta particolarmente copioso e,per comodità di lettura, è stato raggruppato nelle seguenti tre categorie, che

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includono le 30 proposte più ricorrenti: a) Azioni realizzabili all’interno dell’Istituto;b) Azioni realizzabili in collegamento con il territorio;c) Azioni auspicate a livello centrale o regionale.

AZIONI REALIZZABILI ALL’INTERNO DELL’ISTITUTO

Le azioni realizzabili all’interno dell’Istituto per promuovere il benessereorganizzativo sono state ricondotte alle seguenti aree.

Area dell’informazione e della comunicazione

Le principali proposte riguardano:1. Creazione di un sito d’istituto e informatizzazione della rete interna di PC

(rete intranet comprensiva di sistemi di supporto, testi unici consultabilidi ordini e/o disposizioni di servizio, ecc.).

2. Assegnazione di una casella di posta elettronica a tutto il personale dautilizzare su PC dedicati dai quali sia possibile collegarsi alla rete intraneto sui quali siano disponibili utili informazioni circa le iniziative e le noti-zie dell’Amministrazione penitenziaria.

3. Segreteria informativa (tradizionale o informatica): domande precompi-late, assistenza alla compilazione, informazione capillare e tempestiva.

4. Conferenza di servizio “preventiva” alla realizzazione di una disposizio-ne e/o ordine di consegna oppure promozione di conferenze di servizioad hoc, ad esempio per l’analisi di un evento critico.

5. Briefing periodico con i responsabili dei vari settori anche per monitora-re ruoli e regole e verificare attività svolta.

6. Incontri con i singoli operatori o gruppi di operatori sui posti di servizio.

Area della partecipazione e del lavoro di gruppo

Le principali proposte riguardano:

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

Area dell’informazione

e della comunicazione

Area della partecipazione e

del lavoro di gruppo

Area dell’ambiente e

dell’organizzazione del lavoro

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7. Predisposizione annuale di un progetto di Istituto, realizzato in compar-tecipazione con i responsabili d’area

8. Creazione o incremento di Gruppi interprofessionali mirati alla realizza-zione di singoli progetti (es. impostazione nuove attività; studio delbenessere organizzativo nel singolo istituto; ecc.).

9. Formazione a costo “zero”, in orario di servizio, con le professionalità giàpresenti in Istituto (es. corso di “primo soccorso, trasmissione malattieinfettive, illustrazione circolari ministeriali, ecc.”).

10. Coinvolgimento del personale nelle attività di formazione dei detenuti evalorizzazione delle rappresentanze per la sicurezza sul lavoro.

11. Cene periodiche con il personale anche con il coinvolgimento dellefamiglie.

12. Box inserimento lettere per suggerimenti e bandi di concorso pernuove idee su miglioramenti.

Area dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro

Le principali proposte riguardano:13. Azioni di graduale miglioramento del confort dell’ambiente di lavoro e

della sicurezza sul lavoro.14. Attivazione, in alcuni ambienti, della filodiffusione.15. Automazione cancelli, impianti di videosorveglianza.16. Attivare un Ufficio stampa e pubbliche relazioni per curare i rapporti

con gli organi di comunicazione, televisivi e di stampa.17. Elaborare protocolli operativi con check list delle attività e delle

sequenze e tempi delle procedure.

Azioni realizzabili in collegamento con il territorio

Le principali proposte riguardano:18. Favorire l’incontro diretto e la conoscenza delle singole Autorità locali

dimostrandosi disponibili al dialogo.19. Incrementare l’attività di promozione e d’immagine facendo progetti

con le scuole: “Il carcere va a scuola e la scuola va al carcere”.20. Attività di ordine pubblico in collaborazione con le altre Forze dell’ordi-

ne su richiesta del Prefetto.21. Convenzioni per l’edilizia agevolata.22. Convenzioni con catene commerciali, asili nido, palestre, cinema, teatri,

centri benessere, strutture sportive, culturali, ricreative esterne, ancheper i nuclei familiari per usufruire dei servizi a prezzi agevolati.

23. Convenzioni con le sedi universitarie presenti sul territorio di riferimen-to, ad esempio per promuovere tesi o dottorati e accogliere tirocinanti

24. Servizio di sostegno psicologico in strutture convenzionate esterne

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all’Istituto, con garanzia di riservatezza e possibilità di affrontare undisagio personale.

25. Organizzazione di convegni o giornate di studio monotematiche coninterventi di specialisti provenienti da Enti esterni (Università, OrdineAvvocati, Magistratura, Dipartimenti dipendenti dall’Asl locale, etc.).

Azioni auspicate a livello centrale o regionale

Le principali proposte riguardano:26. Creare reti di relazioni tra Istituti penitenziari per condividere le buone

prassi e creare spazi di riflessione, suggerimenti, procedure analoghe.27. Standardizzazione e diffusione delle “pratiche” migliori di volta in volta

rilevate.28. Selezione attitudinale all’ingresso e formazione all’ingresso più incen-

trata sul ruolo specifico e regole chiare per la mobilità.29. Visibilità e tutela dell’immagine rispetto ai media.30. Revisione della rivista “Le due città” al fine di stimolare l’interesse del

lettore prevedendo spazi di interesse comune (es. consulenza fiscale elegale) e rappresentare un punto di riferimento autorevole per la risolu-zione di problematiche comuni agli appartenenti all’Amministrazionepenitenziaria.

Fin qui i dati raccolti. Un commento personale finale.È sorprendente che in una mezza giornata si producano tante idee e propo-ste sorrette anche da uno schema di riferimento che spazia dal locale al glo-bale, dal piccolo intervento ad un vero cambiamento di mentalità. Resta davedere cosa gli interessati concretamente faranno in una situazione di rou-tine dove la creatività e l’intraprendenza non sempre sono sollecitate. Forsequesto processo che, nel Laboratorio è stato appena attivato, andrebbe segui-to e supportato.Viene proposta un’evoluzione degli strumenti informatici e, allora, si potrebbeincaricare un piccolo gruppo di direttori e comandanti di prevedere un siste-ma semplice di intranet che potrebbe essere messo a disposizione di tutti. Vienesollecitato un rapporto con le scuole e, allora, un piccolo gruppo di direttori ecomandanti o di educatori potrebbe pensare la costruzione di un pacchetto damettere poi a disposizione di tutti. Viene sollecitata la formazione decentrata e,allora, un piccolo gruppo di direttori e comandanti potrebbe individuare 4-5esperienze pilota da seguire e poi trasformarle, come un gruppo ha detto, in“pillole” di formazione da veicolare via web a tutti gli istituti. E così via permolti altri progetti. L’Istituto superiore studi penitenziari potrebbe fornire leconsulenze tecniche e metodologiche necessarie ma il lavoro dovrebbe esseresvolto da persone che operano nel territorio anche per rappresentare simbolica-mente ma attraverso il fare operativo una nuova sinergia tra centro e periferia.

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LE COMPETENZE DEL DIRETTORE D’ISTITUTO E DEL COMANDANTEDI REPARTO

Il quarto ed ultimo lavoro proposto ai partecipanti al Laboratorio è statoquello di individuare le competenze distintive del ruolo di direttore e delruolo di comandante di un istituto penitenziario.I partecipanti erano invitati, prima a livello individuale e poi di piccologruppo ad individuare 7 competenze distintive del ruolo di direttore e 7competenze distintive del ruolo di comandante. Al termine del Laboratorio, pertanto sono risultate disponibili, per ciascunodei due ruoli, 30 liste (tre liste per ogni edizione del Laboratorio) di compe-tenze in gran parte sovrapponibili.Questo tipo di lavoro ha consentito, inoltre, di affrontare il tema della rela-zione tra questi due ruoli nell’istituto penitenziario evidenziando molte areedi omogeneità, specie sul piano delle competenze ma anche aree di diffe-renziazione di responsabilità. Si è provveduto, in primo luogo ad individuare le macrocategorie di classi-ficazione delle competenze che, sulla base del lavoro svolto, sono risultatequattro: tre riferibili alle competenze vere e proprie e la quarta riferita acaratteristiche e capacità personali. I partecipanti hanno voluto mantenerequesta distinzione quasi a sottolineare che i relativi ruoli, per quanto possa-no essere appresi e consolidati dall’esperienza, richiedono comunque ilricorso al repertorio delle capacità personali ritenute insostituibili.Le quattro categorie che raggruppano le competenze individuate sono:

Il numero delle competenze riportate nel prospetto di sintesi (vedi tavola10) è superiore a 7 per tener conto di tutti gli apporti forniti e trascurandoalcune sfumature di linguaggio che spesso hanno designato con terminidiversi la stessa competenza.Per comodità di lettura e per facilitare un immediato confronto, le due listedi competenze sono presentate, alla tavola 10, affiancate.

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Competenze tecniche

Capacità personali

Competenze relazionali

Competenze gestionali

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Tav. 10 – Competenze distintive del direttore e del comandante del-l’istituto penitenziario

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Competenze del Direttore Competenze del Comandante

Competenze tecniche

Conoscenze tecnico giuridicheCompetenze amministrative etrasparenza e imparzialitàdell’azione amministrativaCompetenze tecnico operative

Conoscenze tecniche, giuridi-che, informatiche, operativeCompetenze investigative

Competenze gestionali

Individuazione obiettivi epianificazione priorità e azioniCapacità organizzative e di coor-dinamentoGestione delle relazioni sindacaliGestione degli eventi critici

Capacità di pianificazione, diorganizzazione e di gestione Capacità di coordinamento delpersonale e di gestione dellapopolazione detenuta Gestione degli eventi criticiCapacità di controllo e verifica

Competenze relazionali

Capacità comunicative sia sulpiano cognitivo che emozionaleCapacità di gestire i conflitti e dimediareCapacità di empatia/ascoltoCapacità di assumere e gestirela leadership del gruppo di lavoroCapacità di interlocuzione conla comunità esterna e con lealtre istituzioni

Capacità comunicative, relazio-nali e di leadershipCapacità di gestire i conflitti edi mediareCapacità di empatia/ascoltoCapacità di coinvolgere e moti-vare il personaleCapacità di interagire con lealtre figure professionali

Capacità personali

AutorevolezzaLealtà istituzionaleEquità super partesCapacità di analisi e sintesiSpirito pragmaticoEquilibrioConsapevolezza del rischio ecapacità di decisione responsa-bile

AutorevolezzaLealtà istituzionaleTrasparenza e imparzialitàCapacità di analisi e sintesiSpirito pragmaticoEquilibrioConsapevolezza del rischio ecapacità di decisione responsa-bile

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Questi i dati raccolti. Un commento personale finale.Le liste individuate sono chiare, sintetiche, efficaci. Ribadiscono in modomolto netto che i due ruoli considerati, direttore e comandante, sono dueruoli tipicamente gestionali. Questo dato, assolutamente scontato per i par-tecipanti dovrebbe, tuttavia, far riflettere per le inevitabili conseguenze sulpiano del reclutamento e della selezione ed anche sul piano della formazio-ne di ingresso. È evidente infatti che, se si condividono le competenze indi-viduate come distintive, il solo apparato tecnico giuridico è del tutto insuffi-ciente per immettersi e gestire questo ruolo essendo richieste conoscenze eabilità professionali che appartengono all’ambito della previsione, della pia-nificazione e della programmazione, dell’organizzazione del lavoro, delcoordinamento delle persone e, infine, del controllo dei flussi di attività e deirisultati raggiunti. I ruoli gestionali chiedono, inoltre, proprio per il logorioal quale sono inevitabilmente soggetti, di essere oggetto di formazione e diaggiornamento ricorrente da realizzare non solo nella forma tradizionaledell’aula ma anche nelle forme dello stage, della ricerca formativa e dellasupervisione professionale.

LE CONCLUSIONI DEI PARTECIPANTI

Il laboratorio si chiudeva con un giro di valutazioni dei partecipanti sul-l’esperienza formativa. Sono state raccolte le opinioni di tutti i 307 parteci-panti. Le loro valutazioni sono tutte positive, in alcuni casi addirittura entu-siastiche.I motivi dell’apprezzamento hanno riguardato:

❑ la scelta di far partecipare congiuntamente direttori e comandanti dipolizia penitenziaria;

❑ Il programma, la metodologia laboratoriale e i conduttori; ❑ lo scambio di esperienze con il raffronto diretto con realtà analoghe in

tutta Italia.Nel corso della sessione di chiusura sono state anche sottolineate alcunecriticità del lavoro già esposte nei paragrafi precedenti.A solo titolo di esempio si riportano 3 commenti di direttori e 3 commenti dicomandanti con i quali si chiude questo report.

Direttori

❑ È stato tutto interessante e stimolante per noi che siamo molto soli;bello il confronto: è nuovo e da approfondire. Cose da segnalare: latempestività, in genere facciamo riflessioni quando è troppo tardi.

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❑ Trovo molto originale la conduzione, misurata, squisita: molto sempli-ce ma molto efficace. Me ne vado contento, motivato, soddisfatto.

❑ Molto positiva l’esperienza dei sottogruppi: 5 direttori 5 comandanti,abbiamo trovato equilibrio ritrovando lo stesso approccio.

Comandanti

❑ Momento formativo importante e positivo perché ha risvegliato cono-scenze che avevo ma che non erano sviluppate perché il quotidiano tiassorbe senza permetterti di riflettere.

❑ Quello che è emerso, nel rapporto con i direttori, è che i comandantie direttori possono affrontare qualsiasi avversità.

❑ L’esperienza è stata estremamente positiva sotto tre aspetti. Il percor-so è stato valido e innovativo a livello didattico: conduzione eccezio-nale; di gran rilievo il confronto tra le due figure apicali dell’istitutoche è stata un’esperienza formidabile; e ancor di più il confronto trarealtà penitenziarie di diverse aeree geografiche. La formula dellaboratorio è valida ed efficace ed ha stimolato la presa di coscienzarispetto alla finalità dell’azione lavorativa e formativa. Ci siamo resiconto che nella vita comune e nella vita lavorativa la conflittualitàesiste e va affrontata.

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Appendice tecnica

Tavola A – RAPPRESENTAZIONI DEL LAVORO ATTRAVERSO I DISEGNI

La metafora della navigazione, della rotta, delle intemperie

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

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La metafora dei sentieri impervi, tortuosi, dell’ascesa

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La metafora dell’equilibrio

La metafora del rapporto parte/tutto, dell’integrazione,del coordinamento

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

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La metafora del fuoco e del calore

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

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Tav. B – Elementi costitutivi del cluster 2293 CONTESTI ELEMENTARI (C.E.) SU UN TOTALE DI 638 CLASSIFICATI,PARI AL 45.92%

CAT. LEMMI E VARIABILI CHI2 C.E. IN CLU C.E. IN TOT

A sole 43,817 42 45A disegno 25,366 40 50A puzzle 18,087 15 15A verso 17,355 19 21A negativo 16,151 18 20A nave 13,768 16 18A strada 12,695 17 20A mercato 11,962 10 10A fondo 9,539 8 8A vita 9,333 14 17A polizia_penitenziaria 9,121 10 11A acqua 7,999 11 13A vedere 7,603 35 55A capire 7,568 14 18A visione 7,568 14 18A dirigere 7,132 6 6A bicicletta 7,132 6 6A uccello 7,132 6 6A barca 6,495 20 29A speranza 6,143 11 14A obiettivo 6,077 14 19A costruzione 5,934 5 5A scena 5,934 5 5A significato 5,807 9 11A parlare 5,639 7 8A sfondo 5,639 7 8A uomo 5,135 10 13A io 4,884 18 27A linea 4,74 4 4S luna 4,74 4 4S percezione 4,74 4 4A sipario 4,74 4 4S ottimismo 4,74 4 4A mare 4,133 17 26

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Tav. C – Elementi costitutivi del cluster 3161 CONTESTI ELEMENTARI (C.E.) SU UN TOTALE DI 638 CLASSIFICATI,PARI AL 25.24%.

CAT. LEMMI E VARIABILI CHI2 C.E. IN CLU C.E. IN TOT

A direttore 73,884 35 44A comandante 55,881 29 38A amministrazione_penitenz 36,933 35 61A carcere 24,218 19 30A chiedere 22,586 9 10A mano 20,216 15 23A occhio 19,605 8 9A donna 19,605 8 9A bisognare 18,994 9 11A mucca 13,614 9 13A figura 12,079 10 16A detenuto 11,718 12 21A distante 10,836 5 6A immagine 10,79 7 10A arrivare 10,444 10 17A bello 9,27 8 13A torre 8,005 5 7A centrale 7,101 7 12A area 6,508 6 10A periferia 5,963 5 8A dimensione 5,511 4 6A riuscire 5,335 8 16A colori 5,085 9 19A cercare 4,937 10 22A alto 4,937 10 22A mancare 4,653 7 14A struttura 4,448 5 9A prendere 4,448 5 9

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Tav. D – Elementi costitutivi del cluster 1184 CONTESTI ELEMENTARI (C.E.) SU UN TOTALE DI 638 CLASSIFICATI,PARI AL 28.84%

CAT. LEMMI E VARIABILI CHI2 C.E. IN CLU C.E. IN TOT

A lavoro 94,756 58 76A noi 92,461 37 38A rappresentare 80,936 74 118A nostro 54,426 32 40A senso 33,612 19 23A passione 32,743 13 13A cuore 31,162 18 22A equilibrio 28,734 17 21A difficoltà 26,289 28 45A solitudine 25,029 13 15A operatore 23,835 20 29A responsabilità 21,012 10 11A interno 19,307 13 17A mettere 19,189 14 19A persona 18,517 9 10A contesto 16,039 8 9A lavorativo 15,14 14 21A gruppo 13,768 15 24A bilancia 13,584 7 8A elementi 13,155 13 20A suonare 12,434 5 5A sistema 11,155 6 7A terzo 11,155 6 7A orchestra 11,155 6 7A istituzionale 11,155 6 7A grande 10,549 9 13S necessario 9,932 4 4S soggetto 9,932 4 4S buon 9,932 4 4S fantasia 9,932 4 4S per_me 9,932 4 4S braccio 9,932 4 4S contraddistinguere 9,932 4 4S mandato 9,932 4 4A situazione 9,768 12 20

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A penitenziario 9,06 10 16A rimanere 8,764 5 6A primo 8,764 5 6A risorse 8,763 9 14A superiore 8,527 8 12A ufficio 8,411 6 8A periferico 8,411 6 8A realtà 7,35 16 32A morte 6,427 4 5A gamba 6,427 4 5A testa 6,427 4 5A evidenziare 6,365 6 9A certo 6,255 5 7A problemi 6,255 5 7A intervenire 6,255 5 7A atleta 5,184 7 12A centro 4,49 8 15A attività 4,473 5 8A sentire 4,473 5 8A necessità 4,473 5 8A in_piedi 4,223 4 6A mostro 4,223 4 6S piatto 4,179 3 4S strumento 4,179 3 4S società 4,179 3 4S scalatore 4,179 3 4S posto 4,179 3 4S caduta 4,179 3 4S emergere 4,179 3 4S piacere 4,179 3 4S assenza 4,179 3 4S giusto 4,179 3 4A esterno 4,043 7 13A campo 4,043 7 13

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Benessere organizzativo complessità ed emergenza

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Si ringraziano tutti i corsisti, senza i quali i Laboratori non avrebberopotuto essere tali.

Si ringrazia infine il personale che ha partecipato e contribuito a generare ea ricostruire i risultati di questo elaborato: Nadia Cersosimo, dirigente eDirettore della CR di Paliano; Fabio Pichi, commissario di polizia penitenzia-ria e Liliana Uccheddu, dirigente Area 1; per l’organizzazione: PatriziaTrombetti, educatore, e Sebastiano Zinna, dirigente.

Ringraziamenti

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Cura grafica e revisione testi:

F. Angelo Vacca

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