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Marinai d’Italia MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE MARINAI D’ITALIA Anno LXII n. 7 • 2018 Luglio Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 - DCB Roma “Una volta marinaio... marinaio per sempre” L’ANMI al Quirinale

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Marinaid’ItaliaMENSILE

DELL’ASSOCIAZIONENAZIONALE

MARINAI D’ITALIA

Anno LXII

n. 7 • 2018Luglio

Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento

Postale - D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n° 46)art. 1 comma 1 - DCB Roma

“Una volta marinaio... marinaio per sempre”

L’ANMI al Quirinale

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S e già in inverno si vedono in giro per paesi ecittà persone con abbigliamenti che definirestrani o stravaganti è ormai divenuta accettata

realtà, ora che siamo in estate la questione “abbiglia-mento”, portata al cubo dai dettami o meglio impera-tivi di una moda sempre più martellante e imbambo-lante, diviene degna di alcune considerazioni. Poi po-tremmo anche disquisire, a costo di inimicarci i “fa-shion influencer (!)” se va bene passeggiare per ViaNazionale o Corso Garibaldi come se si fosse sullaspiaggia a Formentera, torso nudo, “ciavattone” infra-dito con Swarowsky e “quella maglietta fina che mi im-maginavo tutto” (magari, perché a volte l’immagina-zione è superata dalla diretta ostentazione). Sono su-perato dai tempi, vecchio, bacchettone e schiavo delleconvenzioni? Può darsi ma mi piacerebbe confrontarmisul tema: esibizionismi privati e pubblica decenza. In-somma, voglio dire che, come mi hanno insegnato, ilvestiario è comunicazione, così come quello che dicia-mo e facciamo. E l’effetto che quel che diciamo e fac-ciamo, abito incluso, sugli altri ci deve essere chiaro findal primo momento in cui decidiamo di utilizzare unostile, un linguaggio e un abbigliamento, fa parte dellanostra intelligenza. Chi non ricorda il bikini bianco diUrsula Andress, quando appare a James Bond o la “ca-notta” di Umberto Bossi? Facciamo l’esempio deijeans, siamo titolati a farlo perché non si può ignorareche è stata la mia generazione la prima in Italia a ve-nirne a contatto (ricordate il risvolto, la proibizione diportarli a scuola ecc.?). Ora sono la norma, li indossa-no perfino Presidenti del Consiglio, professori univer-sitari e direttori d’orchestra. Rimane una boutadequel-lo che ne disse Giorgio Gaber in una sua celebre can-zone, che cioè i jeans “sono un segno di sinistra, conla giacca vanno verso destra”! Oggi “vanno” scoloriti,sdruciti e tagliuzzati, come se si fosse appena soprav-vissuti ad un grave incidente stradale, fanno tanto mo-da. Qual è il messaggio? Secondo me, il messaggio chetrasmettono è semplice: sono trasgressivo, indipen-dente e me frego di te e del giudizio altrui.

Quello che viene percepito da chi si imbatte in un tipoche li indossa è, più o meno, che di lui non gliene im-porta un fico, tanto da non essersi preso nemmeno ildisturbo di cambiarsi i pantaloni dopo che ha pulito ilgarage. Insomma, dando per certo che l’abito non fa ilmonaco, è tuttavia certo che il monaco si esprima an-che attraverso il suo abito, la più potente ed immediataforma di comunicazione col prossimo, dopo il linguag-gio verbale (e anche qui, oggi, apriti Sesamo dove sia-mo arrivati, a cominciare dalla televisione per finire al-la scuola!). “Gli abiti esprimono inoltre l’identità”, hascritto recentemente Silvana De Mari (scrittrice e notablogger nazionale), sono nati per questo, “oppure inquesti momenti, con la loro eccessiva cacofonia, pro-prio la mancanza di una identità definita”. Ho volutotrattare questo argomento e dire la mia perché noi Ma-rinai, invece, abbiamo un’identità, una dignità, una vi-sibilità che è rappresentata dal nostro essere onesti,disciplinati, affidabili e lo comunichiamo anche, se nonsoprattutto, quando indossiamo la nostra divisa socia-le. Una camicia bianca sporca, la giacca blu sbottona-ta, la cravatta mal fatta e sopra la pancia, il solino “sbu-linato” forniscono al prossimo una comunicazione fal-sa, fuorviante e lesiva della nostra realtà, di come in-vece “siamo fatti”. Che cosa vi suggerisce, di prima im-pressione, l’immagine di un medico che si presentacon il camice sudicio? Che sia bravo ed affidabile? Ci faalmeno rinviare il giudizio al comportamento ed allediagnosi successive che farà, ma d’amblé credo provo-chi una cattiva impressione. Andiamo a comprare piùvolentieri in un negozio dove le commesse sono in or-dine, aggraziate e gentili oppure laddove esse sianosolite apparire con un grembiule sporco, strappato econ bottoni alterni strappati? La comunicazione, intesacome “linguaggio del corpo”, è sempre presente e ladivisa, qualunque essa sia, accende i neurotrasmetti-tori in maniera evidente ed automatica: ricordiamoci didare sempre messaggi positivi, l’abbigliamento è unodei nostri principali biglietti da visita.

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Editoriale del Presidente Nazionale

L’abito (non) fa il monaco...

L’uomodi Neanderthalera un navigatore!Ancora sorprese dagli uomini di Nean-derthal: erano anche un popolo di navi-gatori, più volte in ‘crociera’ nelle isoledel Mediterraneo. Lo indicano numero-se scoperte di utensili in pietra lungo lerive di alcune isole greche e risalenti a130.000 anni fa, presentate a Washing-ton, nel congresso della Società ameri-cana di archeologia.

I risultati, resi noti dalla rivista Sciencesul suo sito, si devono al gruppo grecocanadese guidato da Tristan Carter, del-la McMaster University, e a quello gre-co-americano coordinato da ThomasStrasser, del Providence College a Rho-de Island, e Curtis Runnels, della Bo-ston University.

La scoperta ha sbalordito gli espertiperché indica che i Neanderthal aveva-no i mezzi tecnologici e cognitivi per na-vigare e hanno preceduto in questol’uomo moderno. Si pensava infatti“che non ci fosse stata gente di mare fi-no alla prima età del bronzo”, rileval'archeologo John Cherry dell’america-na Brown University. “Ora - aggiunge -stiamo parlando di Neanderthal navi-gatori: è un bel cambiamento”.

I più antichi resti di una nave risalgono in-fatti a 10.000 anni fa e sono stati scopertinei Paesi Bassi, mentre si ipotizza che glispostamenti via mare, sia del l’Homoerectus, giunto in Indonesia un milione dianni fa, sia dei Sapiens arrivati in Austra-

lia 65.000 anni fa sarebbero dovuti al ca-so. Forse per colpa di uno tsunami questiuomini sarebbero stati trascinati in maree sarebbero stati trasportati lontano ag-grappati ai tronchi.

Al contrario, le scoperte sulle coste delMediterraneo suggeriscono una naviga-zione mirata, perché riguardano più siti.Tutto ha avuto inizio nel 2008, quando so-no stati scoperti centinaia di utensili inpietra di 130.000 anni fa, nel villaggio di

Plakias sull’isola di Creta. La sorpresa haspinto molti archeologi a setacciare la re-gione, fino a quando non sono state tro-vate asce e lame in selce in altre isole, acominciare da Naxos. Questi strumentisono uguali a quelli fabbricati dai Nean-derthal nel periodo compreso tra 200.000anni e 50.000 anni fa e altri utensili similisono stati recuperati anche nelle isole diCefalonia e Zante.

Da Agenzia ANSA - 27 aprile 2018

Contributi 2018 Gruppo di Ospitaletto (BS) € 50,00

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1 Editoriale del Presidente Nazionale

4 8 giugno 2018 La Marina Militare al Quirinale

SPECIALE - XX Raduno ANMI - SALERNO 6 Tutti a Salerno! 8 Area Marina Protetta

16 Varo di nave Angelo Cabrini

18 Gli Internati Militari Italiani nei lager del Terzo Reich

23 Crociera dei Marinai d’Italia 2018 - MSC Poesia

26 Le cartoline raccontano...

30 Armada del Venezuela

36 Regio Sommergibile Leonardo Da Vinci

40 Idro (volanti) nemici

46 Il relitto dell’Anna Bianca

48 Recensioni

pag. 8

pag. 18

pag. 30

pag. 40

Sommario

Avvisoai Naviganti

Dal 1° giugno 2018saranno trattate solo:

• le foto pervenute alla Pre-sidenza Nazionale inviatealla casella di posta elet-tronica della [email protected] in formato digita-le (con risoluzione ottima-le per la stampa di 300 dpie una misura di base paria 10 cm. che di massimacorrisponde al “peso” di1,2 megabyte);

• le foto in cui sia palese ilcorretto impiego della di-visa sociale (come riporta-to nel “Regolamento di at-tuazione dello Statutodell’ANMI” - ed. 2012).

In ottemperanza al GDPR(General Data ProtectionRegulation) 679/2016, entra-to in vigore a far data dal 25maggio 2018, si assicura chela ditta incaricata della distri-buzione del “Giornale deiMarinai d’Italia” (DATASPED,SRLS - Via Ragusa 13/A,00041 Albano Laziale - RM)provvede alla cancellazionedei file elettronici contenentii dati dei Soci ANMI ai quali,avendo espresso il proprioassenso a riceverlo, il perio-dico viene inviato per posta.

La cancellazione dei dativiene eseguita al terminedella fase di cellofanatura(che precede quella dellaconsegna delle copie del“Giornale” alle PP.TT.).DATASPED SRLS comunicavia email a questa PresidenzaNazionale, di volta in volta,dell’avvenuta cancellazionedei file di che trattasi.

LA REDAZIONE

DIARIO DI BORDOMARINAI D’ITALIA

In copertinaIl Presidente della Repubblicasaluta il Presidente Nazionaledurante l’incontro al Quirinaleper la Giornata della Marina(vds art. a pag. 4 )

Direttore responsabileGiovanni Vignati

VicedirettoreAngelo Castiglione

RedazioneAlessandro Di Capua, Gaetano Gallinaro,Massimo Messina, Daniela Stanco,Beppe Tommasiello

Direzione, Redazione e Amministrazionec/o Caserma M.M. Grazioli LantePiazza Randaccio, 2 - 00195 RomaTel. 06.36.80.23.81/2Fax 06.36.80.20.90

Sito webwww.marinaiditalia.com

[email protected]

Iscrizionen. 6038Reg. Trib. Roma 28 novembre 1957

Progetto grafico e impaginazioneRoberta Melarance

StampaArtigrafiche Boccia spa via Tiberio Claudio Felice, 784131 Salerno

Numero copie34.750

Codice fiscale 80216990582

C.C. BancarioUNICREDIT BANCA DI ROMA S.p.A.Agenzia di Roma 213Ministero Difesa MarinaIBAN: IT 28 J 02008 05114 000400075643Codice BIC SWIFT: UNCRITM 1B94

C.C. Postalen. 26351007 ABI 07601 - CAB 03200 - CIN OIBAN: IT 7400760103200ooo026351007Codice B.I.C. BPPIITRRXXX

Ambedue i conti intestati aAssociazione Nazionale Marinai d’ItaliaPresidenza Nazionalec/o Caserma M.M. Grazioli LantePiazza Randaccio, 2 - 00195 Roma

ANCONA - 10 giugno 2018

Festa della Marinae consegna della Bandiera di Combattimento

al smg Romei e al smg Venuti

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importanza: si sono aggiunti la difesa del suolo nazionale, la difesadegli interessi nazionali; la difesa della pace e della sicurezza dellacomunità internazionale.La Marina ha portato con onore la sua bandiera per il mondo nellalotta contro il terrorismo, contro la pirateria, contro i trafficanti diessere umani. Naturalmente tutto questo comporta l’ampliamentodi competenze e di responsabilità; comporta la richiesta di profes-sionisti sempre più preparati e consapevoli. Ma di questo caratterela Marina è sempre stata ben fornita, così come è sempre statapronta all‘innovazione e agli aggiornamenti offerti dalla scienza edalla tecnologia.Le nostre navi e i nostri marinai sono un patrimonio per il nostroPaese; riscuotono, come si verifica di frequente, l’affetto dei nostriconcittadini, in Italia e all’estero; incontrano grande apprezzamen-to in sede internazionale.L’emblema di questo apprezzamento è la nave Vespucci, che ri-scuote successo ovunque vada; ma qualunque nave della nostraMarina incontra apprezzamento e conferisce prestigio al nostroPaese. La Marina Militare, nelle sue varie articolazioni e con lesue tante capacità operative – e tra queste ricordo il Corpo delleCapitanerie di Porto - Guardia costiera – contribuisce, in colla-borazione sempre più intensa e coordinata con le altre Forze ar-mate e in vero spirito di interforze, al prestigio, al peso, al ruolodel nostro Paese nella comunità internazionale. Lunedì vi sarà laconsegna delle bandiere di combattimento a due sommergibilinuovissimi. Ammodernare i mezzi costantemente è un’esigenza

non rinunziabile per assolvere alla complessa missione dellaMarina. Testimonia inoltre la competenza della vostra cantieri-stica nel progettare e realizzare soluzioni sempre aggiornate,proiettate nel futuro.Vorrei salutare con commozione - davvero con commozione - i fa-miliari del secondo Capo incursore Alessandro Bergaglio - la si-gnora e i figli - e, ricordandolo, il pensiero si estende a tutti i cadutiin servizio. Le loro figure rappresentano un patrimonio della memo-ria del nostro Paese, che la Marina coltiva concretamente attra-verso l’Istituto Andrea Doria.E il ricordo dei caduti è un ricordo che motiva, tiene ancora piùstretti alla bandiera e all’impegno l’equipaggio della Marina. Vorreirivolgere i miei complimenti ai quattro marinai che lunedì verrannoinsigniti delle medaglie d’oro e d’argento, e vorrei esprimere un ap-prezzamento a Giovanni Abagnale, se non ricordo male bronzo alleolimpiadi, argento ai mondiali e oro agli europei, con una gammadi colori di medaglie particolarmente lusinghiera. Un apprezzamen-to anche ad Andrea Pendibene per la straordinaria traversata insolitaria dell’Atlantico.Questa è la raffigurazione della grande varietà di capacità e di im-pegni che la Marina Militare pone in opera. E per questo vorreiesprimere a tutti voi e alle vostre famiglie la riconoscenza dei nostriconcittadini.La storia della Marina è molto lunga, antica, ma la sua festa la pre-senta sempre giovane.

Auguri!

5Marinai d’Italia Luglio 20184 Marinai d’Italia Luglio 2018

Cerimonie della Marina Militare

Roma, 8 giugno 2018

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,in occasione della Giornata della Marina Militare,ha ricevuto nel pomeriggio al Palazzo del Quirinalel’Ammiraglio di Squadra Valter Girardelli,Capo di Stato Maggiore della Marina,accompagnato da una rappresentanzadella Forza Armata. All’evento è stato invitatoa partecipare il P.N. Amm. Sq. (r) Paolo Pagnottella

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Rivolgo un benvenuto al Capo di Stato Maggiore, Ammiraglio Gi-rardelli, con cui poc’anzi ho avuto un colloquio per ringraziarlodell’opera della Marina Militare, e alla rappresentanza del “grandeequipaggio”della Marina.Sono molto lieto di incontrarvi, donne e uomini, in occasione dellafesta che fra due giorni sarà celebrata, la festa della Marina, que-st’anno ancora più significativa e solenne, ricorrendo i cento annidell’impresa di Premuda.Un’azione di grande coraggio, capacità e determinazione che con-tribuì a risolvere vittoriosamente la Grande Guerra.La Marina ha attraversato tanti fronti: le due guerre mondiali etanti altri impegni.

Le sue radici sono antiche; nel nostro Paese abbracciano anchel’esperienza delle Repubbliche marinare. E questa tradizione an-tica la Marina ha sempre saputo trasmetterla, di volta in volta, acoloro che sono transitati e si sono arruolati nelle sue fila.Questa capacità di trasmettere al personale i valori e le competen-ze, via via aggiornandole, è stata continua in questi giorni, e siproietta nel futuro con gli allievi delle scuole.Il mare, le avversità delle lunghe navigazioni, danno una comple-tezza effettiva, concreta, a quel che si apprende studiando nelle ac-cademie e nelle scuole. E la formazione si realizza e si completa,appunto, in navigazione, in mare. Questo fa sì che il personale dellaMarina Militare aggiunga alla dedizione, al coraggio, al valore mi-litare, alla professionalità, il senso di umanità, l’accoglienza, lo spi-rito di solidarietà che caratterizza la gente di mare.Rispetto a cento anni fa, all’anno di Premuda, è molto cambiato.Sono cambiate le società contemporanee, sono più complessedi quelle un tempo; è cambiato il contesto internazionale, profon-damente diverso da quello di cento anni addietro; si sono estesii confini; si sono ampliate le competenze e le responsabilità. LaMarina ha sempre avuto la capacità di aggiornare competenzee responsabilità rispetto ai cambiamenti, quelli del passato equelli di oggi.Nella Prima Guerra Mondiale – di cui ricordiamo la conclusionecento anni addietro – la sua presenza è stata nei mari intorno a noi.Oggi la Marina è chiamata a far fronte all’impegno delle sue mis-sioni del mare in mari anche molto lontani. Sono missioni di grande

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universalmente onorata famiglia marina-ra italiana. Il raduno è, insomma, partefondante dell’etica e dell’essere uominidi mare. Non per nulla il marinaio non èriconducibile né sintetizzabile in una pro-fessione o un mestiere o un compito, an-che se è certamente anche tutto questo,marinaio è colui che racchiude in sé unacultura millenaria, un intero modo di es-sere, uno stile ed una umanità adusa apercorrere e conoscere i due terzi delglobo. Già nell’antichità Tucidide affer-mava che l’umanità è comporta da trecategorie, i vivi, i morti ed i marinai. Il ra-duno è sentito dunque come impegnopersonale, proprio contributo al di là del-le chiacchiere, dovere compiuto ancorauna volta e finché ne siamo e ne saremocapaci e convinti. Non siamo noi, è l’Italiache ha bisogno di vedere, toccare conmano che ci sono ancora cittadini esem-plari e coscienti, come i marinai sonosempre stati, sono e sempre saranno,nella buona e nell’avversa sorte e che so-no essi i portatori sani di valori irrinuncia-bili e fondanti una società sviluppata emoderna, con un passato glorioso che lacandida ad un glorioso futuro. Il radunonazionale è certamente l’occasione piùfavorevole per contribuire a colmare lagrande lacuna culturale, presente a tutti ilivelli della pubblica opinione, dovuta aduna colpevole e prolungata carenza dicognizioni nel campo marittimo e navale.Esso deve servire dunque ed in primo

luogo per evidenziare, soprattutto ai gio-vani ed agli studenti, cui il messaggio de-ve pervenire in via prioritaria ed esseredestinato nelle forme e nei contenutiprincipali, quanto una coscienza ed unareale conoscenza del mare e dei suoiproblemi e sistemi sia importante, fonda-mentale per l’economia e la vita stessa diuna nazione come l’Italia. In conclusione,il raduno è occasione unica, periodica edirrinunciabile, veicolo ottimale per la dif-fusione della fondamentale cultura che almare fa capo e si richiama, così da con-ferire alla città ospitante, a seconda dellasua immedesimazione e partecipazionealle varie attività del raduno, il titolo di“Capitale italiana del mare”. Una volta, inItalia, ce ne erano, di queste Capitali: og-gi ne abbiamo bisogno!Nei Raduni Nazionali precedenti, a partireda quello di Reggio Calabria, è stato speri-mentato con successo il progetto della“Settimana del Mare”.Lo stesso modello, a motivo delle espe-rienze fin qui maturate e della “qualità”dell’offerta della città, è da riproporre peril XX Raduno Nazionale di Salerno, coneventi che potrebbero interessare realtàed attività non solo del territorio ma anchea livello nazionale. Pertanto, è intendi-mento organizzare un’intera settimana dieventi che collochino Salerno al centrodell’interesse e della visibilità di tutte lesocietà, organizzazioni, istituzioni e privatiche operano sul mare, vivono e lavorano

su temi legati al mare, così da risultare“l’evento marinaro dell’anno nella Capi-tale del mare di quell’anno”. In sintesi, of-frire una panoramica della consistenza,validità e rappresentatività del compartomarinaro italiano, inteso nel senso piùampio, in ogni campo di interesse econo-mico, culturale, sportivo, sociale, ecc..

Il ProgrammaUna volta consolidato in via definitiva, saràpresentato ufficialmente e congiuntamen-te dal Sindaco di Salerno e dalla Presiden-za ANMI, alla presenza dei partner parte-cipanti, nella più appropriata sede di Sa-lerno, nei tempi concordati con le altre lo-cali autorità, affinché si ottenga il massimoeffetto mediatico e la divulgazione più effi-cace. All’uopo, sarà dedicata appositaparte del piano di comunicazioni redattoper l’intera manifestazione. A cominciaredalla realizzazione e successiva stampadel manifesto ufficiale del raduno (caratte-rizzazione a cura del Gruppo di Salerno)contenete l’intero programma, da affigge-re nelle principali strade salernitane e,sotto forma di locandina, anche nelle vetri-ne dei negozi disponibili ad ospitarla.Il manifesto, rappresenta in conclusioneil SIMBOLO del XX Raduno su ogni tipolo-gia di comunicazione e sarà riprodottosulle medaglie commemorative, gadget eoggettistica varia, commercializzabili nel-la circostanza.

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7Marinai d’Italia Luglio 2018

Lettera apertadel Presidente Nazionaleai Soci

N el corso dell’Assemblea del di-cembre 2016 il Consiglio DirettivoNazionale ha approvato all’unani-

mità la cadenza quadriennale del RadunoNazionale; nel dare mandato alla Presiden-za Nazionale di organizzarlo nel 2019, è sta-to quindi deliberato che il XX Raduno Na-zionale si terrà a Salerno.

Considerato che il precedente si è svolto amaggio, che le condizioni climatiche dell’a-rea salernitana consigliano di svolgere at-tività all’aperto preferibilmente nel mese disettembre ed inoltre le attività alberghieredi quell’area della Campania offrono nelperiodo condizioni particolarmente favore-voli, è stato altresì deciso, in accordo e sin-tonia con le locali autorità, per il periodoche va da venerdì 23 a domenica 29 set-tembre 2019.Salerno sarà la sede del XX Raduno Nazio-nale, tenuto conto che:• esiste una lunga tradizione ed una storia

marinara della città che, attualmente, èrichiamo culturale dell’area a marcatocarattere navale e marittimo delle princi-pali attività e dell’economia locali;

• il porto è idoneo all’attracco in banchinadi navi di grande tonnellaggio e pertantodi Unità Navali della Marina;

• la città può ospitare i Marinai d’Italiagrazie al notevole complesso alberghie-ro disponibile (ampia disponibilità logi-stica nell’area), alla sua posizione bari-centrica rispetto a rinomate località turi-stiche (Amalfi e la sua costiera, quellacilentana, sorrentina, ecc.), alla configu-razione urbana che consente una buona

ricettività ed un valido sistema di am-massamento/defilamento dei radunistie, non ultimo, una buona connessioneautostradale e ferroviaria sia provenen-do da Nord che da Sud;

• è manifesto l’impegno delle Istituzionilocali, soprattutto del Comune, Provin-cia, Regione e Camera di Commercio, arendere disponibili le infrastrutture lo-gistiche e a contribuire ai vari eventiconnessi al Raduno ed alla “Settimanadel Mare”.

Per poterlo organizzare al meglio, occorredefinire cosa sia un raduno e, nel nostrocaso, quali peculiarità abbia il raduno deimarinai. Perché radunarsi deve avere unsignificato profondo, se migliaia di perso-ne si muovono dalle loro case, perfino danazioni estere per convenire in una città evivere insieme questo evento. Per noi ma-rinai ritrovarsi e vivere di nuovo giorni,momenti insieme a tanti altri come noi èpiù che un semplice incontro, come si di-ceva a bordo è un “intimo gaudio”, è an-che contarci quanti siamo e quanti e qualirappresentiamo, quanta altra gente ci siache prova in nostri stessi sentimenti, l’or-goglio marinaro, la fierezza di far partedella “meglio gioventù”, della grande ed

6 Marinai d’Italia Luglio 2018

SPECIALE XX Raduno Nazionale Marinai d’Italia - Salerno 28/29 settembre 2019

TUTTI A SALERNO!(lo sbarco dei Marinai d’Italia a Salerno)

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Il territorioSoprattutto nella zona costiera dellefrazioni Licosa e Ogliastro Marina, il ter-ritorio è caratterizzato dalla presenzadel “Flysch del Cilento”, una rarissimatipologia di roccia composta da diversestratificazioni (costituite tipicamente daalternanze cicliche di livelli di arenaria,di argilla o marna, di calcare) che assu-mono colori davvero molto particolari ecaratteristici. La sua origine è antichis-sima, risale infatti addirittura all’epocapreistorica. Si sono formati grazie all’a-zione dell’erosione delle montagne informazione che sono emerse dal mare, icui detriti sono finiti poi nelle adiacenzedei bacini marini. Tali rocce, ben visibiliin superficie a ridosso delle coste im-merse nella macchia mediterranea, de-gradano lentamente nel mare, esten-dendosi anche per oltre cinque migliaverso il largo.

9Marinai d’Italia Luglio 2018

Santa Maria di Castellabate

L’ area è suddivisa in zone sottopo-ste a diverso regime di tutela am-bientale, tenuto conto delle sue

caratteristiche e della situazione socioe-conomica presente.La zona A di riserva integrale, quella conmaggiore tutela e limitazioni (vieta infatti an-che la balneazione), riguarda la costa com-presa tra Punta Tresino e Vallone Maroccia.La zona B di riserva generale, che consenteanche la balneazione e la navigazione (avelocità non superiore a 5 nodi) a non me-no di 300 metri dalla costa, comprende iltratto di mare circostante la zona A di Pun-ta Tresino e il tratto di mare prospiciente lacosta tra Punta Torricella e Punta dell’O-gliastro; la zona C di riserva parziale (con li-mitazioni molto circoscritte) comprende in-fine il residuo tratto di mare all’interno delperimetro dell’area marina protetta.

8 Marinai d’Italia Luglio 2018

Area Marina ProtettaSanta Maria di Castellabatee Costa degli Infreschi

L’Area Marina Protetta (AMP)di Santa Maria di Castellabate,comune che ricadenel Parco Nazionale del Cilentoe Vallo di Diano e inserito nella listade “I borghi più belli d’Italia”,è stata istituita nel 2009

Punta Tresino

Ente gestoreEnte Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano

SedeTenuta Montesani84078 Vallo della Lucania (SA)Tel. 0974.719911Fax 0974.7199217

[email protected]

Posta [email protected]

Sito Webwww.cilentoediano.it

Presidente Tommaso PellegrinoDirettore Angelo De Vita

Capitaneria di Porto SalernoTel. 089.224544Locamare Castellabate

Flyschdel Cilentoa Licosa

(Castellabate)

SPECIALE XX Raduno Nazionale Marinai d’Italia - Salerno 28/29 settembre 2019

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11Marinai d’Italia Luglio 2018

L’esistenza originaria delle zone di tuteladel Parco Nazionale del Cilento e Valle diDiano ha consentito di poter ancora in-contrare zone incontaminate in corri-spondenza del Promontorio di Tresino edel Promontorio di Licosa.In altri tratti, ed in particolare lungo lerotte che d’estate vedono il transitodelle imbarcazioni dirette verso l’isolot-to di Licosa, e nelle piccole cale vicine,l’eccessiva presenza di imbarcazioniha creato talvolta rischi di un eccessi-vo impatto ambientale, tanto che si èdeciso di istituire una zona B di tutelaparticolare ed una (inconsueta) sotto-zona B lasciando tuttavia un corridoiodi transito. A Nord, davanti a Capo Pagliarolo si tro-vano due zone d’immersione particolar-mente adibite al diving.Le grosse franate di roccia e le grottesommerse offrono un paesaggio mera-viglioso.A Sud, nella sottozona B si incontra laSecca della Bella, dove a causa della li-mitata profondità è possibile effettuarelo snorkeling, mentre poco più al largola Caduta della Bella offre viste spetta-colari su fondali più elevati.Davanti alla Spiaggia del Lago, a circaun chilometro dalla riva, vi sono resti ar-cheologici di un certo interesse che atti-rano numerosi subacquei.

Nei fondali questa particolare confor-mazione rocciosa sedimentaria è for-mata da numerosissime cavità e spac-cature che vengono utilizzate come ri-fugio da numerose specie di fauna eflora marina come posidonie oceani-che, alcionacei, cernie, saraghi, mure-ne e aragoste.Le acque intorno a Tresino (a nord del-l’AMP) e a Punta Licosa sono un veroscrigno di tesori naturali sommersi. In queste zone, oltre i 20 m di profon-dità, s’incontra il coralligeno, la cuicrescita è favorita dal gioco delle cor-renti, che trasportano ricchi elementinutritivi. Questi fondali risultano così essereparticolarmente frequentati dai subac-quei, visto che già a profondità limitates’incontrano specie di grande bellezza,come madrepore, gorgonie e spugne.

I fondali antistanti le spiagge del Poz-zillo, del Lago e dell’Ogliastro e quelliprospicienti Punta Licosa e l’isolaomonima sono in parte ricoperti daampie praterie di posidonia oceanica,che con la loro presenza svolgono ladoppia funzione di tutelare i litorali(smorzando l’effetto erosivo del motoondoso) e di offrire rifugio ad una granquantità di specie animali.

Tra queste praterie bisogna tuttavia ri-levare la presenza di piccole, ma fre-quenti, chiazze di un’alga infestante,nota come caulerpa, che sta progressi-vamente invadendo il Mediterraneo.Questa alga viene diffusa dalle ancoredelle imbarcazioni che ne prelevanoframmenti in un sito, rilasciandoli inun altro nuovo quando viene dato fon-do successivamente.

10 Marinai d’Italia Luglio 2018

Punta Licosa

Punta Licosa

Il Diving CenterMarina di Camerota È un centro di attivitàsubacquee che dal 1992opera nel settoredel turismo subacqueo.Possiede in zonadue strutture:una a Marina di Camerota,con la segreteria,la ricarica, le auleper i corsi, l’agenziadi incoming turistico,il laboratorio di riparazioneattrezzature.

L’altro diving è situatoall’interno del villaggioBlack Marlin Clubdove viene svoltatutta la parte relativaal mare:per la zona di Palinuroimbarco e sbarcoimmersioni, centroricariche, zona risciacquo,spogliatoi, docce, spiaggia,self service.

A.S.D.Diving CenterMarina di CamerotaVia S. Alfonso 1084059 - Marinadi Camerota (SA)Cell. [email protected]

Centro Sub Ulisse& Shark DivingL’associazione SharkDiving è stata creatasecondo finalitàdi carattere sportivo,culturale, turistico,di valorizzazionee conservazionedel territorio formandocosì gli allievi, secondole scrupolose direttivedelle didatticheCMAS e PADI.La Shark Diving inoltre,promuove la valorizzazionee la salvaguardiadell’ ambiente marinoe di quello archeologicosommerso, stabilendorapporti lavorativicon enti pubblici e privati.

L’associazione SharkDiving diventa semprepiù operativa sul territoriograzie alla fusionecon il Centro Sub Ulisse,situato direttamentenel porto di Baia.

Per info corsi CMASe Visite al ParcoGiuseppe: 340 5353066ResponsabileManutenzione Parcodi Baia e Gaiola.Esegue lavori e recupericon Marine SubSamuele Carannante:338 2918942

Si ricorda a tutti i sub che,presso il distretto sanitariodi Marina di Camerotaè presente una CameraIperbarica attiva durantela stagione da aprilead ottobre.

Shark DivingVia Epomeo, 57 - Napolihttp://www.sharkdiving.it/

Centro Sub UlissePresso il Porto di Baia

DIVINGVi sono tutta una seriedi belle immersioni che possonoessere organizzate con l’aiutodei Diving Center della vicinaMarina di Camerota.Le località d’immersionemaggiormente frequentate sonola Cala Fortuna(in cui si aprono ben 6 distintegrotte sottomarine, a profonditàche vanno da 1 a 10 m),la Cala Monti di Luna,Punta Falconarae la Magnosa(con una grotta che si aprea 10 m di profondità).

SPECIALE XX Raduno Nazionale Marinai d’Italia - Salerno 28/29 settembre 2019

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13Marinai d’Italia Luglio 2018

Costa degli Infreschie Marina di Camerota

T ra Torre di Cala Bianca e Torredegli Infreschi si trova uno deitratti più vari ed interessanti, dal

punto di vista naturalistico, dell’interacosta. Sui fondali s’incontrano ampiepraterie di posidonia oceanica, campi dinacchere, falesie ricche di coralligeno,grotte subacquee d’ogni tipo.Questa è la ragione per cui tra PuntaIscotelli e Cala Falconara è stata istituitala zona A di riserva integrale.Poco più a Nord-est si incontra invece labaia di Porto Infreschi che è l’area mag-giormente interessata alla presenza turi-stica. Tra le caratteristiche più interessantidi questo tratto di costa c’è indubbiamenteda ricordare l’abbondanza di grotte e ca-vità carsiche poste intorno al livello del ma-re, poco sopra o poco sotto la superficie.

12 Marinai d’Italia Luglio 2018

Statuasubacquea di Padre Pio

I l paese di Marina di Camerota è ilpalcoscenico di un evento parti-colare: in un atmosfera suggestiva,infatti, si svolge ormai da diversianni nel mese di settembre la ceri-monia di immersione subacquea,da parte di moltissimi sub che pro-vengono da tutta l’italia, con depo-sizione di un omaggio floreale allastatua del Santo Pio, sui fondali diCala Fortuna.La manifestazione è l’epilogo del la-voro del Comitato per Padre Pio e delDiving Center Marina di Camerota.La statua è visibile a chi fa immer-sioni in questa zona nella Cala For-tuna su un fondale di circa 11 metri,dove la natura circostante, con stel-le marine e posidonie ed una paretedi gorgonie gialle che fa da preziososfondo a questo simbolo di pace pertutti gli uomini.

La foto di Padre Pioè stata gentilmente concessada Paolo - Diving CenterMarina di Camerota

Spiaggia del Lago,resti archeologici sul fondale

La natura

Nel 2006 nella Baia Are-na di Ogliastro Marina

si è assistito anche alla de-posizione di numerose uo-va di tartaruga del tipo Ca-retta caretta.

Nell’ambiente terrestre,soltanto sull’isola di Lico-sa, vive la rarissima lucer-tola endemica “Podarcissicula klemmeri”, che pre-senta una bella livrea ver-de e azzurra.

A Castellabate la forma-zione vegetale arbustivadominante è la macchiamediterranea con carrubi,mirti, ginepri, corbezzoli,pini d’Aleppo e rari ende-mismi, come la ginestradel Cilento (Genista cilen-tina) o la Primula palinurispecialmente nella zonacostiera.Nei territori che non co-steggiano il mare preval-

gono gli alberi simbolo delCilento: l’ulivo e il fico.E poi il giglio di mare (ilPancratium Maritimum),un fiore selvatico che cre-sce spontaneamente sui li-torali sabbiosi (soprattuttonella frazione Lago), tute-lato con ordinanza comu-nale che ne vieta la raccol-ta in quanto specie rara evulnerabile.

Foto Riccardo M. Cipolla

Pini d’Aleppo

Un uovodi Caretta carettaappena schiuso

Ente gestoreRivolgersimomentaneamenteal Parco Nazionaledel Cilentoe Vallo di Diano

Tel. 0974.719911Fax 0974.7199217

[email protected]

Sito webwww.pncvd.it

Capitaneria di PortoSalernoTel. 089.224544

Locamare CastellabateLocamare Scario

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ha il suggestivo (e meritato) nome diGrotta dell’Alabastro. Vi si accede attra-verso un passaggio subacqueo allaprofondità di circa 4 m, da cui si passa al-la grande sala. Da questo punto è possi-bile proseguire la visita a snorkel, abban-donando temporaneamente le bombole.La sala offre una serie di immagini sug-gestive, con colonne di concrezioni di

alabastro che formano figure suggestive.La visita prosegue attraverso altre saledi varie dimensioni, con blocchi d’alaba-stro ed addirittura un grosso tronco d’al-bero che il mare ha misteriosamente tra-sportato fino a quaggiù, tanto da inca-strarlo sul fondale. L’ultima sala è piut-tosto bassa e ricca di concrezioni sul-le pareti, tanto da poterci arrivare so-

lo strisciando (per questo è pericolo-sa durante la fase di marea).Oltre alle numerose grotte, le falesie del-la costa offrono splendidi spettacoli va-riopinti di colori sgargianti, grazie aigrandi ventagli di gorgonie rosse e gial-le, alle margherite di mare, alle spugnemulticolori.

nnn

15Marinai d’Italia Luglio 2018

Il nome stesso di Costa degli Infreschi siriferisce alla presenza di risorgive d’ac-qua dolce lungo la costa e, difatti, legrotte sono state formate dall’effettocombinato dei marosi con quello dei fe-nomeni carsici di acque dolci che s’infil-trano sottoterra.Con il trascorrere dei secoli alcune grot-te sono finite sott’acqua, altre al contra-rio si trovano a quote di 5-10 m sul livellodel mare, a ridosso della grande spiag-gia di Cala Cefalo, ora posizionata aqualche decina di metri dalla battigia.A Cala dei Morti c’è, ad esempio, unagrotta che si apre immediatamente sottoil livello del mare. Una volta all’interno,basta percorrere pochi metri in apneaper ritrovarsi in un ambiente più ampio,dove procedere all’asciutto.La grotta di Cala Fetente, invece, deve ilsuo sgradito nome alle esalazioni sulfu-ree. Le grotte presenti su questa costahanno caratteristiche molto varie, inoltre

un gran numero di queste cavità sono fa-cilmente accessibili: a piedi, ai nuotatoridotati di sole maschera e pinne, o, perquelle più impegnative, a subacquei. Inalcuni casi vi sono anche grotte acces-sibili con una barca, dato che l’ingressoè sufficientemente ampio.La Risorgiva di Punta Infreschi, ha l’in-gresso posto a circa 2 m sotto la super-ficie del mare, e subito dopo presentauna galleria di 35 m, al termine della qua-le s’incontra una piccola sorgente d’ac-qua dolce.Poco più a sud, a 50 m dalla costa ed allaprofondità di 16 m si trova un’ampia ca-verna, detta il Camino per la presenza diun ripido camino ricco di concrezioni,che si arrampica per un’altezza di circa 5m. La cavità più famosa dell’intero litora-le si trova nei presi di Cala Falconara ed

14 Marinai d’Italia Luglio 2018

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N ell’assolata e calda mattinata del 26 maggiosi è svolta la cerimonia del varodi nave Angelo Cabrini presso il cantiere navale

della Intermarine (SpA), di Messina.Un varo un po’ particolare, in quanto la nave è stata messain mare per mezzo di un carro ponte che l’ha trasportatadal piazzale alla vicina darsena. L’unità, ufficialmente denominata “U.N.P.A.V. - Unità NavalePolifunzionale ad Altissima Velocità”, formeràla classe “Incursori” con la seconda, in avanzato statodi allestimento presso lo stesso cantiere.Le due unità, realizzate in materiali compositi di elevataresistenza e ridotto peso, sono state “sfornate” pressoil cantiere di Sarzana della stessa Intermarinee quindi rimorchiate a Messina per l’allestimentoe la messa a punto finale.Le caratteristiche principali della nave(dimensioni f.t.m.44,16 x 8,4 x 1,5, dislocamento 190 t.,velocità 32 nodi) la rendono idonea a diverse missioni:anche se principalmente destinata al supportodel Gruppo Incursori, ove necessario potrà concorrereal controllo dei traffici marittimi e dei flussi migratoried al contrasto dei traffici illeciti.Tale versatilità è supportata da sofisticate apparecchiature,tutte di produzione nazionale, per l’abbattimentodelle segnature radar, acustiche e termiche, mentrela spinta automazione le consentirà di operarecon un equipaggio numericamente ridotto.

16 Marinai d’Italia luglio 2018

Varo di nave Angelo CabriniLuciano Grazioli - Presidente del Gruppo di Messina

Lo schieramento d’onore

• Bandiera di Guerra del Raggruppamento subacqueied incursori,

• Labaro dell’istituto del Nastro Azzurro;• Gonfaloni della Regione Siciliana e della Città Metropolitanadi Messina;

• Gonfalone della città di Messina, decorato di MOVM;• Medagliere della Marina Militare, affidato al Gruppo di SanCataldo;

• Vessilli dei Gruppi ANMI di Catania, Messina, Taormina,Pozzallo e San Cataldo.

Presenti alla cerimonia le principali autorità civili e militaricittadine, fra cui il Prefetto, il comandante della DivisioneCarabinieri Culqualber, i Comandanti di Marina Siciliae di Marisuplog Messina.Ad onorare la cerimonia la presenza della N.D. MariaGuglielmina Rizzo, figlia della M.O.V.M. Luigi.Per l’ANMI presenti il Consigliere Nazionale C.V. Mario Dolcied il Delegato Regionale C.A. Enzo Tedone.Ha aperto la cerimonia il Direttore del Cantiere, ing. AntonioBacchione, che ha dato voce all’orgoglio delle maestranzeper aver portato a termine l’allestimento con ben cinque mesidi anticipo sulla scadenza contrattuale. Quindi il dott. Antonio Parisi, Presidente della societàIntermarine, dopo aver tracciato velocemente la storia dellecostruzioni di aliscafi nel cantiere, ha espresso la soddisfazionedel managenent per la commessa ricevuta e l’ottimo lavorosvolto localmente, e si è augurato che il rapporto con la MarinaMilitare continui proficuamente per entrambi. Nella sua allocuzione il Capo di Stato Maggiore dellaMM AS Valter Girardelli , dopo aver ricordato la ricorrenza

del centenario della fine vittoriosa della Prima Guerra Mondiale,ha tracciato un rapido escursus dei risultati conseguitidalla Forza Armata in quel conflitto, per illustrarepoi i programmi di nuove costruzioni, destinate a sostituireil naviglio vecchio ed obsoleto.Il Primo Cappellano militare Capo mons. Andrea di Paolaha impartito la benedizione alla nave, seguita dalla letturadella Preghiera del Marinaio e della motivazionedella M.O. conferita al S.T.V., poi A.S., Angelo Cabrini.La Madrina del varo, signora Anna Accardo, madredel 2° Capo Incursore Nicola Fele, Caduto in servizioe decorato di M.O. al Valore di Marina, ha tagliato la sagolache ha sbloccato la rituale bottiglia che si è felicementeinfranta sulla fiancata della nave. Il Direttore del Cantiere ha ordinato l’avvio della proceduradi varo ed il carro ponte con la nave si è spostato lentamentefino alla darsena e qui ha messo in mare l’imbarcazionealla quale è stato assegnato il distintivo ottico P 420,già attribuito al radiato aliscafo Sparviero.

nnn

17Marinai d’Italia Luglio 2018

SchieramentoANMI

Dopo la cerimonia,l’Ammiraglio Girardelli

si è brevemente intrattenutocon i soci dei Gruppi ANMI

che sono intervenuti

Cerimonie della Marina Militare

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19Marinai d’Italia Luglio 201818 Marinai d’Italia Luglio 2018

Seconda Guerra Mondiale

L’operazione, soprattutto grazie al diso-rientamento dei reparti e del crollo dellestrutture direttive apicali, si concluse conil disarmo di circa un milione di militari e lacattura di circa 800.000 di essi, nonché

con l’occupazione di buona parte d’Italia eil controllo tedesco dei territori occupatinei Balcani, nel Mare Egeo e nella Franciameridionale.

Hitler non volle considerare i soldati cat-turati come prigionieri di guerra, sia per-ché non riconosceva come Stato bellige-rante il “Regno del Sud” con il governoBadoglio (va ricordato che la dichiarazio-ne di guerra alla Germania da parte diquest’ultimo avvenne soltanto il 13 otto-bre, lasciando per 35 giorni la truppa distanza al di fuori del territorio metropoli-tano senza lo status di combattente rego-lare) sia per la costituzione della Repub-blica Sociale Italiana, che accreditandosicome Stato sovrano alleato del Terzo Rei-ch pose la sua tutela sui militari ivi dete-nuti: perciò i prigionieri furono inquadratisecondo lo status di Internati Militari Ita-liani (I.M.I.), che nel diritto internazionalesi applica a una diversa fattispecie, e pri-vati di gran parte delle garanzie previstedalle Convenzioni internazionali.Le autorità germaniche misero in attomolti e aggressivi tentativi per indurre gliinternati italiani ad arruolarsi nelle loroforze armate o nelle costituende divisionidella RSI o per spingere gli ufficiali (esclu-si dal lavoro obbligatorio) ad accettare disostituire nelle attività produttive i tede-schi chiamati alle armi.Gli strumenti usati per piegare i nostri sol-dati nei lager furono costituiti dalle carat-teristiche dell’ambiente (il lager stesso,

ma anche la fame e il freddo), dal tratta-mento inflitto (l’insufficiente alimentazio-ne e le violenze) e dalla martellante pro-paganda nazifascista.Nonostante tutto ciò, giorno dopo giorno,una larga parte degli internati rifiutò diaderire alla repubblica di Mussolini e, nelcaso degli ufficiali, anche alle proposte dilavoro. La resistenza nei lager interessòuomini di tutte le Forze Armate (Esercito,Marina e Aeronautica), ma anche finan-zieri e guardie di P.S., cappellani militari ecrocerossine.Fu quindi una resistenza con le stellette,di massa, in obbedienza al dovere pre-scritto dai regolamenti militari e sostenuta

dall’onore, dalla fedeltà e dalla fermezza:giustamente un ex internato come il giuri-sta Roberto Socini Leydendecker affer-mava che “non vi è dubbio che di vera epropria guerra si è trattato, guerra che haavuto i suoi caduti, i suoi feriti, i suoi ma-lati, combattuta con le sole armi dell’ono-re, della fedeltà alla Patria e agli idealidella libertà e della giustizia”.La resistenza degli I.M.I. fu importante nu-mericamente e moralmente, sia perché ri-guardò oltre 600.000 militari effettivamenteresistenti e coinvolse anche le loro fami-glie in patria, sia poiché – pur nell’impos-sibilità di conguagliare oggi le singole mo-tivazioni individuali su uno o pochi temi –

T ra le componenti che presero partealla Resistenza italiana all’invasoretedesco e ai residui fascisti, dopo l’8

settembre 1943, risalta per alcune caratte-ristiche quella dei militari italiani che, peressersi opposti all’ex alleato e aver sceltodi non collaborare furono disarmati (talvol-ta dopo duri combattimenti), stipati su con-vogli ferroviari e deportati nei lager del Ter-zo Reich. Difatti si colloca per la sua stessanatura al crocevia fra sistema concentra-zionario nazionalsocialista e resistenza insenso lato, in una prospettiva storica “lun-ga” che affonda alcune delle sue radiciideologiche nel nostro Risorgimento, ed èuna storia di prigionieri e al contempo di

patrioti saldamente inserita nell’ambito del-le differenti forme di resistenza europeaall’oppressione nazifascista.Come è noto, già dal mese di maggio Hitlere l’Oberkommando der Wehrmacht aveva-no pianificato il da farsi in previsione delcrollo del Fascismo e dell’uscita dell’Italiadal conflitto.In particolare, subito dopo la sostituzionedi Mussolini con il maresciallo d’Italia Ba-doglio affluirono nella penisola consisten-ti truppe tedesche, ufficialmente per con-tenere l’avanzata degli angloamericani,mentre sui fronti di guerra ancora apertisi preparava la resa dei conti con le gran-di unità italiane che, in caso di armistizio

separato, sarebbero potute passare aimovimenti di resistenza locali o trattarecon essi le modalità di rimpatrio. Al mo-mento dell’annuncio dell’armistizio, neltardo pomeriggio dell’8 settembre, mentrei comandi italiani rimanevano per almenotre giorni privi di ordini, i tedeschi di con-tro poterono mettere in esecuzione senzaindugi l’Operazione “Alarico”, che preve-deva con gli specifici piani “Achse” e“Schwarz” la liquidazione delle forze mi-litari italiane, con la conseguente requisi-zione di armi e materiali e l’occupazionedei punti d’interesse strategico nell’Italiacentro-settentrionale per garantirsi il pie-no controllo della penisola.

Gli Internati Militari Italianinei lager del Terzo Reich:

esempio di disciplina e di fedeltàAlessandro Ferioli - Saggista

Alessandro FerioliDocente a t.i. di Lingua e letteratura italiana e di Storia, prestaservizio nelle scuole superiori statali. È autore di diversi volumicollettanei, ha promosso e curato l’edizione di memoriali e diaridi prigionia ed ha collaborato – con oltre 360 fra articoli e saggi –con riviste quali «Nuova Storia Contemporanea», «Quaderni me-dievali», «Archivio Trentino», «l’Impegno», «Ricerche StoricheSalesiane», «Rivista Marittima», «Rivista Militare», «RivistaAeronautica», «Rivista della Guardia di Finanza», «Informazio-ni della Difesa», «Rivista Militare della Svizzera Italiana»,«Marinai d’Italia», «Noi dei lager», «Rassegna della ANRP»(poi «Liberi»), «Triangolo Rosso» e molte altre. Ha scritto per iquotidiani «Il Resto del Carlino», «Avvenire» e «Il domani di Bo-logna». È stato insignito delle onorificenze di Cavaliere (2008) edi Ufficiale (2012) dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.Il comandante Brignole

dopo la liberazione

Il comandanteBrignole Il tenente

MicheleMontagnano

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21Marinai d’Italia Luglio 2018

[di Salò, ndR]; noi non vogliamo né possia-mo lavorare per la resistenza tedesca e ri-fiutiamo ogni collaborazione”. Un altroimportante ufficiale fu il tenente colonnel-lo Pietro Testa, anziano nell’Oflag 83 diWietzendorf e, come tale, punto di riferi-mento degli ufficiali resistenti di cui poiegli stesso scrisse la storia in un’ampiarelazione (P. Testa, Wietzendorf, Leonar-do, Roma 1947, 2a ed., CSDI, Roma 1973).Per la R.S.I. il problema dell’assorbimentodei militari già in servizio – effettivi, di com-plemento o di leva – era vitale per un buonavvio della nuova realtà statuale. Difatti l’a-desione dei militari doveva apparire comela prova più evidente della legittimità delnuovo Stato e della continuità, per lo menoistituzionale, con il vecchio regime: se i mi-litari dovevano fedeltà alla Patria, cui eranovincolati dal giuramento prestato, il loropassaggio alle dipendenze della R.S.I.avrebbe costituito il più vistoso riconosci-mento della repubblica sia in politica inter-na che nelle relazioni internazionali; inoltreavrebbe legittimato un eventuale arruola-mento di militari di leva, disincentivando gliantifascisti che già cominciavano le primeazioni. Tale operazione investì soprattuttogli I.M.I., che rappresentavano una consi-stente forza combattente catturata in ter-ritorio metropolitano e sui vari fronti diguerra. Cosicché Mussolini, con l’Ordinedel giorno n. 7 del 17 settembre, dichiarò gliufficiali liberi dal giuramento prestato alRe, mentre in seguito, con l’articolo 8 set-tembre: morte della monarchia, spiegò chela R.S.I. serviva per mantenere fede “a unimpegno solenne preso a nome del popolodall’ex-re”, ossia quello assunto con l’en-trata nel conflitto. Alla fedeltà al legittimoCapo dello Stato si cercava quindi di sosti-tuire una diversa concezione di fedeltà: al-la patria invasa, all’ex alleato tedesco eall’onore individuale. Gli internati militari,quindi, negando l’adesione alla R.S.I. neminarono la legittimità alle fondamenta erifiutando talvolta apertamente di ricono-scere come connazionali i militari italianicoi gradi repubblicani, o contestandone ilgrado, negandone la legittimità anche da-vanti all’opinione pubblica nazionale e alladiplomazia internazionale.Alcuni internati vissero situazioni estreme:860 furono inviati a lavorare come schiavinel lager di Dora-Mittelbau, dove lo scien-ziato Wernher von Braun, poi passato allaNASA negli anni della conquista dellospazio, aveva impiantato la fabbrica di ar-mamenti missilistici V1 e V2 (cfr. A. Ferioli,

Dal lager sotterraneo alla luna, “RivistaMilitare”, n. 3/2003, pp. 76-85). Non pochi,inoltre, finirono in terribili campi di puni-zione per avere alimentato la resistenza oper essersi opposti platealmente ai tede-schi. È il caso dei 44 ufficiali che nel“Campo 83” presso Wietzendorf, nellaBassa Sassonia, il 24 febbraio 1945 si of-frirono al posto di 21 colleghi prescelti perla decimazione in conseguenza del rifiutodi massa di avviarsi ai lavori cui i tedeschicercavano di obbligarli: condannati amorte, i 44 furono inviati nel campo di con-centramento di Unterliss. Lì subirono ves-sazioni dalle guardie e dai prigionieri di al-tre nazionalità, cosicché alla liberazionedel Campo da parte degli inglesi il grupporegistrava sei deceduti. L’unico reduceancora in vita, Michele Montagano, è sta-to recentemente insignito dell’onorificen-za di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordineal Merito della Repubblica per iniziativapersonale del Capo dello Stato (cfr. A. Pa-rodi, Gli eroi di Unterliss. La storia dei 44ufficiali IMI che sfidarono i nazisti, Mila-no, Mursia, 2016).Va inoltre osservato che quella degli I.M.I.fu una resistenza in buona parte di giovanie giovanissimi. Cresciuti sotto il fascismoed educati nelle scuole al culto di valoriastratti e alla propaganda di regime, essifurono costretti ad appropriarsi improvvi-samente della loro stessa vita, assumendo-si la responsabilità di ogni atto e compien-do scelte gravide di conseguenze letali.

Ricordo soltanto due esempi. Il primo èquello degli allievi ufficiali di complementodel IX Corso Preliminare Navale dell’Acca-demia Navale di stanza a Brioni, che dopol’armistizio furono praticamente consegna-ti senza resistenza di sorta, benché si tro-vassero su territorio italiano occupato ille-galmente dai tedeschi dopo la dichiarazio-ne d’armistizio. Da Pola furono trasferiti aVenezia e lì caricati su un convoglio chelungo la linea Venezia-Treviso-Udine li con-dusse fino allo Stammlager 317 di MarktPongau in Austria dove, tolti i fuggitivi e unatrentina di aderenti alle SS, i rimanenti fu-rono avviati ai campi di lavoro, a gruppi,prendendo direzioni differenti (una settan-tina in Austria e la gran parte nella Germa-nia settentrionale) e occupazioni lavorativediverse (i più furono utilizzati in fabbriche,altri a scavare canali e gallerie o nella co-struzione di strade). Alla loro vicenda è de-dicato il romanzo di Oreste del Buono, Rac-conto d’inverno (1945), diversi volumi di re-duci e un mio articolo (L’armistizio a Brionie la cattura degli allievi dell’Accademia Na-vale, “Noi dei Lager”, n. 3-4/2013).La legge n. 858 del 18 dicembre 1973 rico-nobbe ai frequentatori del IX Corso chenon avevano completato l’iter formativo ilgrado di guardiamarina. Il secondo esem-pio da ricordare è quello dei 244 sottote-nenti di cavalleria di prima nomina chenon avevano ancora prestato il giuramen-to e che a Przemyl di Neribka, nel novem-bre del ‘43, chiesero al colonnello Luigi De

20 Marinai d’Italia Luglio 2018

la fede religiosa, l’attesa e la speranza delritorno, l’esempio dei superiori, l’ideologia,la stanchezza della guerra e il desiderio difarla terminare con la sconfitta tedesca,l’ostilità e la diffidenza verso tedeschi edemissari della repubblica, l’avversione all’i-dea di combattere contro altri italiani.Certamente la forte coesione trovata fra gliinternati in certi lager si dovette anche allapresenza di un Anziano del Campo (unadelle poche figure che i tedeschi ricono-scevano in una certa misura, in analogiacon l’articolo 43 della Convenzione di Gi-nevra del 27 luglio 1929) di valore e presti-gio personale: a Sandbostel la resistenzasi organizzò soprattutto intorno al tenentedi vascello Giuseppe Brignole, medagliad’oro al valore militare, che seppe cemen-tare un forte spirito di fermezza e di solida-rietà che poi fu portato dai vari gruppi diufficiali negli altri campi in cui essi furonotrasferiti successivamente (cfr. A. Ferioli,Giuseppe Brignole: un comandante italia-no nei campi di prigionia, “Rivista Maritti-ma”, n. 3/2003). Un altro personaggio digrande rilievo fu il tenente colonnello Al-berto Guzzinati, che nel Campo di Falling-bostel marcò la resistenza al lavoro con leparole lapidarie, inserite in una protestada presentare al comando tedesco, cherimasero per sempre impresse nei suoiufficiali: “Noi non vogliamo, non dobbia-mo, non possiamo riconoscere il governodi Mussolini; noi ci consideriamo nemicidella Germania e della repubblica italiana

essa valse come una sorta di referendumpopolare spontaneo di massa contro il na-zifascismo, contribuendo a screditare larepubblica di Mussolini. Oltre 50.000 inter-nati non tornarono più e ancora a tutt’oggiè difficile quantificare il numero dei dece-duti dopo il rimpatrio per le malattie con-tratte in prigionia.Il rifiuto degli IMI a collaborare con il nazi-fascismo fu un rifiuto difficile, replicato piùvolte, che attraversò diverse fasi: un primo“no” fu quello dichiarato subito all’indoma-ni dell’8 settembre ‘43 e per i mesi di otto-bre e novembre, nei confronti dei tedeschiche in linea di massima chiedevano un im-pegno di fedeltà verso Hitler per continua-re la guerra; un secondo diniego fu controil fascismo della R.S.I. e contro la propostad’arruolamento nelle costituende divisionidel maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani; ilterzo “no”, infine, fu quello pronunciatodagli ufficiali a fronte delle istanze a lavo-rare per i tedeschi in Germania o in Italia.Si badi che, se il primo rifiuto poteva appa-rire ai più come naturale e istintivo, anchetenuto conto del trattamento adottato daitedeschi all’indomani dell’armistizio, assaipiù consapevoli dovettero essere i duesuccessivi, poiché le sollecitazioni erano,rispettivamente, di riprendere la guerraper la propria Patria, servendo agli ordini diuno tra i più prestigiosi generali italiani, odi svolgere attività lavorativa, migliorandocosì la propria situazione dopo mesi di re-gime duro, ma senza implicazioni troppocompromettenti.

La giustificazione del rifiuto, quindi, inmolti casi non fu sempre “chiusa” e im-modificabile ma piuttosto, quand’anchescaturita da una repulsione spontanea,ebbe sovente una maturazione nellospazio della coscienza, durante la qualesi chiarì e precisò, acquisendo una luci-dità che magari non possedeva all’origi-ne. Inoltre la resistenza morale degli in-ternati doveva confrontarsi con le mise-revoli condizioni di vita, che non di radopeggioravano (con aumento delle mal-versazioni) a ogni rifiuto. Non lo si ricor-da mai, al proposito, ma tra coloro chepatirono di più vi furono senz’altro quelliprovenienti dal Meridione d’Italia che ilfronte di guerra tagliò fuori dai contattiepistolari con le famiglie, aggiungendoun ulteriore dolore spirituale a una con-dizione già difficile.Pertanto la ricerca ha avvertito la necessitàdi indagare i motivi del rifiuto, anche perchiarire le ragioni di quel comportamentoapparentemente così contrario all’istinto disopravvivenza innato nell’uomo. La sceltadegli I.M.I. fu analizzata con metodo socio-logico da G. Caforio e da M. Nuciari (“NO!”:i soldati italiani internati in Germania: ana-lisi di un rifiuto, Milano, Angeli, 1994), i qualiper la prima volta spostarono la ricerca dalpiano della memorialistica (talora priva del-la necessaria obiettività) a quello più rigoro-so dell’indagine scientifica. Gli autori, nell’e-saminare i diversi moventi, non mancaronodi rilevare come i punti di riferimento piùimportanti fossero la fedeltà al giuramento,

Gli allievi ufficialia Brioni

Gli allievi ufficiali a BrioniTen. Col.AlbertoGuzzinati

Seconda Guerra Mondiale

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22 Marinai d’Italia Luglio 2018

Micheli di poterlo prestare nel lager perrinforzarsi nella decisione di non aderirealla Repubblica Sociale. Va evidenziatoche qualche giorno più tardi si presenta-rono allo stesso De Micheli anche tre sol-dati, che ancora non avevano giurato eche chiesero di poterlo fare davanti a lui,a conferma che il significato del giura-mento non era appannaggio soltanto degliufficiali. Il fatto costò all’ufficiale superiorel’invio prima a un campo di concentra-mento e poi il carcere a vita a Torgau, dovefu liberato dagli Alleati (Il lungo inverno deilager. Dai campi nazisti trent’anni dopo, acura di P. Piasenti, ANEI, Roma 1976, pp.127-129). Rispetto del giuramento e disci-plina sono quindi le doti più preziose chegli I.M.I. hanno consegnato al personaledelle Forze Armate e alla Nazione.Nonostante le vessazioni e i decessi, la re-sistenza degli I.M.I. acquistò una certa in-cisività col trascorrere dei mesi: il loro rifiu-to di combattere sottraeva uomini all’eser-cito di Salò e quello degli ufficiali di lavorareimpediva di avviare al fronte i giovani tede-schi. Il 20 luglio 1944, durante l’incontro do-po il fallito attentato, Mussolini e Hitler con-cordarono la cessione degli internati allaGermania per l’impiego in attività produtti-ve: gli internati divennero perciò “liberi la-voratori” e dal mese di agosto il termine diinternato fu sostituito con quello di lavora-tore civile: una nuova condizione di libertàche, in effetti, si ridusse pressoché soltantoalla perdita delle stellette, ma che sgravavala sedicente potenza protettrice (cioè laR.S.I.) dall’obbligo formale di versare allefamiglie l’acconto di un terzo dello stipen-dio. Si trattava di un espediente per esclu-dere in maniera definitiva i nostri soldati daqualsivoglia tutela internazionale e dai con-trolli che da più parti si richiedevano.

Anche qui, comun-que, gli I.M.I. in buo-na parte non furonopassivi. Gli appunti didiario di Alberto Gorni(Diario della mia prigio-nia: appunti di un inter-nato militare italiano inGermania 1943-1945, a cura di A. Ferioli, IlMascellaro, Castel Maggiore 2009) sonoeloquenti: il 26 agosto 1944 egli scrive che“c’è stata l’adunata e ci è stato chiesto seeravamo disposti a firmare per passare ci-vili: nemmeno uno ha aderito”; un mese do-po, domenica 24 settembre, annota che inoccasione della libera uscita “ci diconoche siamo civili”. Anche nel caso degli al-lievi ufficiali di Brioni il passaggio alla nuo-va condizione fu effettuato senza neppureavvertirli, cosicché i più ne vennero a co-noscenza casualmente leggendo una co-pia del periodico filonazista “La voce dellapatria” (M. Fumarola e S. Ghezzi, Quelli diBrioni... I figli degli anni terribili, Besa Editri-ce, s.l., s.d., p. 81). La firma d’accettazionealle dichiarazioni di adesione fu in molti ca-si estorta con la promessa d’un migliora-mento delle condizioni di vita o con le mi-nacce, mentre laddove gruppi compatti dimilitari resistettero a qualunque intimida-zione fu la polizia stessa a firmare per loro.Ecco il grande successo diplomatico dellaR.S.I.: la civilizzazione fatta d’ufficio, per viameramente burocratica e di nascosto.La questione del lavoro fu tra le più delicateper gli ufficiali internati, poiché a partiredalla fine di luglio 1944, stante il ridotto nu-mero di volontari racimolati, i tedeschi co-minciarono le precettazioni di giovani uffi-ciali di complemento, forzandone molti allavoro “obbligatorio“ nonostante il loro de-ciso rifiuto: a ragione il tenente colonnello

Testa stabil” perciò ladefinizione di tale pro-

cedura come avvia-mento coatto al lavoro

imposto o forzato. A parti-re dalla fine di ottobre co-

minciarono a Wietzendorfle coercizioni di massa, e dal 24 gennaio1945 un ordine superiore obbligò al lavorotutti gli ufficiali, compresi quelli superiori egli effettivi: dal giorno successivo una com-missione “di autentici negrieri” cominciò aselezionare gli ufficiali da avviare al lavoroin base alle condizioni fisiche. Il risultato fuquello che Testa defin” un vero e proprio“mercato degli schiavi”, che fu praticatopressoché in tutti i campi per gli ufficiali.Sulla questione del lavoro, quindi, si com-batté una delle battaglie morali più impor-tanti per gli ufficiali internati e proprio su diessa insistette l’attività resistenziale degliintellettuali impegnati nei campi.Anche dopo la liberazione dei lager da par-te degli Alleati a Ovest e dei Russi a Est, do-vettero passare ancora mesi prima che sicompissero le operazioni di rimpatrio. Nonè mai lecito generalizzare, ovviamente, mava detto che per gli internati militari l’im-patto al ritorno in patria fu amaro, sia perle difficoltà di reinserimento tipiche dei re-duci della Seconda Guerra Mondiale (siveda il libro di S. Frontera, Il ritorno dei mi-litari italiani internati in Germania: dalla“damnatio memoriae” al paradigma dellaResistenza senz’armi, Ariccia, Aracne,2015) sia perché i simboli delle Forze Arma-te, e forse specialmente quelli della Mari-na, che molti di essi ancora indossavanoerano considerati per antonomasia quellidella fedeltà alle istituzioni, talché l’epitetodi “badogliano” e l’aggettivo “regio” con-tinuarono talora ad accompagnare sfavo-revolmente i reduci nelle relazioni con lenuove autorità.Da parte tedesca abbiamo oggi il ricono-scimento, sempre più completo, del com-plesso di crimini commessi ai danni degliitaliani dopo l’8 settembre. Grazie ancheall’A.N.E.I. e all’A.N.R.P. – le due associazio-ni che hanno raccolto gli ex internati e necustodiscono la memoria storica – la riven-dicazione della resistenza degli I.M.I. è oggiriconosciuta appieno dalla Germania, per-ché scevra da rivalse antistoriche nei con-fronti di quello che oggi è uno Stato demo-cratico, ma condotta nell’ottica della realiz-zazione di una memoria condivisa nell’ami-cizia e nel dialogo fra i popoli.

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Raduno di marinai a Wietzendorfdopo la liberazione

Crociera dei Marinai d’Italia 2018

MSC POESIAIn occasione del Centenario della fine vittoriosa della Prima Guerra Mondiale,la Presidenza Nazionale organizza, in collaborazione con MSC CROCIERE

che ha concesso tariffe speciali per i Soci ANMI, la “Crociera dei Marinai d’Italia 2018”particolarmente dedicata, con un itinerario in Adriatico e Mediterraneo orientale,

alla commemorazione dei marinai italiani caduti in combattimento nel corso di quel conflitto

Tutte le informazioni di dettaglio, inerenti a tariffe, modalità di iscrizione,attività a bordo e terra, etc sono pubblicate sul sito

www.marinaiditalia.com

Associazione Nazionale Marinai d’Italiain collaborazione con MSC Crociere

Per tutte le informazioni, l’organizzazione tecnica e le prenotazioni, la PresidenzaNazionale, in accordo con MSC Crociere, ha dato l’incarico all’agenzia “I Viaggi delleMeraviglie S.r.l.” sita in Roma in Viale Trastevere, 117-121 (contattabile via telefono allo06.53.27.43.74 oppure all’indirizzo e-mail [email protected]) che opereràattraverso un service dedicato a disposizione dei Soci ANMI dal lunedì al venerdì dalle10,00 alle 13,00 e dalle 15.00 alle 18.00.

Per motivi di semplicità ed omogeneità organizzativa si raccomanda a tutti i Gruppi e/o Soci di fare esclusivoriferimento alla citata agenzia la quale, tra l’altro, per chi lo desidera, offre modalità agevolate di pagamento(da richiedere e valutare direttamente).

LE ATTIVITÀ PROGRAMMATE SARANNO RISERVATE ESCLUSIVAMENTE AI PRENOTATI PRESSO QUESTO UNICO REFERENTE

Seconda Guerra Mondiale

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KatakolonMykonos

Pireo/Atene

Venezia

Bari

GRECIA

ALBANIA

ITALIA

CROAZIA

Mar Tirreno

Mar Mediterraneo

Mar IonioM a r E g e o

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eeo/Atenee

Sarande

Ragusa(oggi Dubrovnik)

Da Caporettoa Vittorio Veneto

Il salvataggiodell’Esercito Serbo

Omaggio ai cadutidi Matapan

Il Dodecannesoitaliano

La Regia Marinanella Prima Guerra

Mondiale

Crociera dei Marinai d’Italia 2018MSC POESIA

Per i Soci ANMI sono previsti due porti di imbarcoSabato29 settembre - Venezia partenza ore 16,30Domenica30 settembre - Bari partenza ore 17,00

Lunedì1 ottobre - Katakolon - Grecia dalle 11,00 alle 17,00 Martedì2 ottobre - Mykonos - Grecia dalle 8,00 alle 19,00 Mercoledì3 ottobre - Pireo/Atene - Grecia dalle 7,30 alle 16,30 Giovedì4 ottobre - Sarande - Albania dalle 12,00 alle 20,00

Venerdì5 ottobre - Ragusa (oggi Dubrovnik) - Croazia dalle 9,00 alle 15,00

Sabato6 ottobre - Venezia dalle 9,00 alle 16,30Domenica7 ottobre - Bari arrivo ore 10,00

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Guerra Mondiale meritando la medagliad’Argento al Valor Militare quale coman-dante di una squadriglia di torpedinierecostiere nel Basso Adriatico ed al termi-ne del conflitto, al comando dell’esplora-tore Riboty (foto in basso), aveva preso iprimi contatti con le popolazioni delleIsole Curzolari effettuandone l’occupa-zione il 2 novembre 1918, prima che en-trasse in vigore l’armistizio (attività perla quale sarà insignito della Croce di Ca-valiere dell’Ordine Militare di Savoia).

Ma torniamo a Carluccio con questacartolina del 9 novembre che ci mostraun dormitorio allievi (il dormitorio 12) coni suoi letti di ferro battuto e semplici se-die al posto dei comodini. Carlo è nel dormitorio 1, che è comunqueidentico, tanto che segna con una x ilsuo letto (il quart’ultimo nella fila di sini-stra) a vantaggio dell’immaginazione deifamiliari. Il 6 novembre sono iniziate le lezioni ec’è stato un giro di vite nella libertà degliallievi che adesso potranno scrivere acasa solo nei giorni di franchigia, il gio-vedì e la domenica! Vengono anche enumerate le materie distudio: Italiano, Storia, Geografia, Alge-bra, Geometria, Disegno geometrico, Fi-sica, Scienze naturali, Francese e Ingle-se; completano la formazione del giova-ne ufficiale Scherma, Ginnastica e Ballo.

La sala da ballo (ufficialmente sala dipattinaggio) ci viene mostrata nella car-tolina del 13 novembre nella quale la ma-no di Carluccio aggiunge appunto “eballo” al titolo. Ma manca ancora qual-che decennio perché le porte dell’istitu-to si schiudano al gentil sesso e quindi lelezioni di ballo non avevano nulla di ro-mantico, come possiamo constatare dal-la foto in basso tratta dal libro del cin-quantenario dell’Accademia!

27Marinai d’Italia Luglio 2018

S correndo il nostro album vedia-mo che nel 1924 l’editore AlbertoMei ha pubblicato una fortunata

serie di cartoline che ritraggono l’Acca-demia, le aule, i locali di vita, insommatutto quello che un genitore con il figlioin Accademia vorrebbe vedere per im-maginarsi la vita dell’allievo.In queste cartoline mancano solo gli al-lievi che, come ai miei tempi, erano evi-dentemente tenuti ben nascosti quandofotografi, visitatori o giornalisti giravanonell’istituto! Ovviamente queste cartoline erano moltousate dagli allievi per scrivere a casa oagli amici e fra le tante ne ho scelte qual-cuna usata da Carluccio Maccaferri percomunicare con il fratello e la sorella.

La prima, scritta il 23 ottobre 1924, cimostra il parlatorio così com’era in que-gli anni. Carluccio, che frequenta la prima clas-se, racconta al fratello come siano an-dati a bordo dell’ Amerigo Vespucci (nonl’attuale ma il precedente, rimasto in at-tività fino al 1928), da poco rientrato dal-la campagna estiva e gli chiede il favoredi spedirgli la Domenica del Corriere

(precisando che è permes-so!) in quanto non potevacomprarla perché non era-no ancora usciti in franchi-gia (evidentemente eranoentrati da pochi giorni).

La seconda cartolina, del 3novembre, è indirizzata allasorella e ci mostra l’austerasala da pranzo allievi. Il primo impatto con l’Acca-demia è un po’ brusco, aquanto pare: in quindici gior-ni è uscito una volta sola mal’indomani è il 4 novembre e c’è la possi-bilità di avere “pranzo e cena fuori”(CPF!) con uscita dalle 11.30 alle 21.15.

Ma c’è un problema da superare, Car-luccio ha ancora quindici anni e per po-ter uscire deve esserci un genitore... ilSig. Giacomo che evidentemente era il“raccomandatario” del ragazzo. I raccomandatari erano, a norma di re-golamento, persone maggiorenni (nor-malmente di buona famiglia e che co-munque dovevano avere il gradimentodel Comando dell’Accademia) che veni-vano delegati dai genitori che non dimo-ravano a Livorno per rappresentarlipresso il Comando dell’Istituto.E in questo caso dovevano prelevare ilpargolo assumendosene la responsabi-lità per la franchigia. In questi giorni Carlo era anche statopresentato al Comandante in seconda, ilcapitano di Vascello Gustavo Vettori,che l’aveva spronato allo studio per con-servare il buon posto in graduatoria con-quistato nel concorso. Ricordo, per inciso, che il comandanteVettori aveva partecipato alla Prima

26 Marinai d’Italia Luglio 2018

Le cartolineraccontano...Roberto Liberi A.I.C. (r) e Socio del Gruppo di Livorno

Testimonianze

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condizioni di luce e di mare, dirigevacon perizia e decisione le operazionidi ricerca e recuperodi numerosi naufraghi”.

(Acque di Biserta, 10 aprile 1943)Torpediniera CignoMedaglia d’Argento al V.M.“Sul campo - Comandantedi Sezione Torpedinieredi scorta a convoglio direttooltremare, avvistati nella nottedue grossi CT avversari in fase i attacco, li attaccavacon pronta contromanovraattirandone l’azione offensiva.Lanciati i siluri reagivacon efficace azione di artiglieriainfliggendo gravi danni ad unodei CT che fu abbandonatoed affondato. Inutilizzata la sua torpedinierada colpi in caldaia e poco dopocolpita da siluro che la spezzavain due parti, faceva proseguiredai superstiti il fuococol cannone di prora finchénon si sommergeva anche la metàanteriore della nave. Il valoroso comportamentoed il sacrificio delle silurantinazionali consentiva al convoglioloro affidato di raggiungereil porto di destinazione”

(Canale di Sicilia, 16 aprile 1943)Torpediniera Cigno

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29Marinai d’Italia Luglio 2018

Capo e giovedì col Sig. Giacomo”. Avevo già detto come Carluccio, nonavendo ancora compiuto i sedici anni,non poteva uscire da solo. Ma il racco-mandatario (il sig. Giacomo) era dispo-nibile il giovedì per andarlo a prenderementre quella domenica l’unico modoprevisto dal regolamento era di uscireassieme ad altri ragazzini con un sot-tufficiale (il Capo) che aveva la respon-sabilità del gruppo e poteva fare gli ac-quisti per loro! Carlo Maccaferri uscirà dall’Accade-mia nell’estate del 1929: lo attendevauna brillante carriera, conclusasi nel1968 nell’incarico di Comandante diMarisardegna nel grado di ammiragliodi squadra. Durante la Seconda Guerra Mondialemeriterà due medaglie di Bronzo ed unad’Argento al Valor Militare, sempre im-pegnato nella snervante attività di scor-ta ai convogli. La prima in qualità di di-rettore del tiro dell’incrociatore Ducadegli Abruzzi, le altre due quale coman-dante della torpediniera Cigno. Ne riporto qua di seguito le motivazioni. Medaglia di Bronzo al V.M.

“Sul campo - Direttore del tirodi incrociatore, colpito da offesasubacquea nemica duranteuna missione di scortaa convoglio, reagiva con vivacespirito combattivoe sereno coraggio a reiteratiattacchi di aerosiluranti avversari,dirigendo tempestivamentee proficuamente l’intensa azionedi fuoco contraerea. Nell’ardua prova dimostravanoncuranza del pericoloed elevate virtù militari”

(Mediterraneo Centrale, 21 novembre 1941)Incrociatore Duca degli AbruzziMedaglia di Bronzo al V.M.

“Comandante di silurantedi scorta a convoglio attaccatoripetutamente da aerei,contribuiva con azione decisaall’abbattimento di due velivoliavversari e, durante la notte,ad effettuare pronta e vivace reazionecontro moto siluranti avversarie. Colpiti da siluro due piroscafiscortati, perdurando la minacciaavversaria, ed in particolari

28 Marinai d’Italia Luglio 2018

Testimonianze

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DOSSIER

Bimestrale in edicoladal 1° marzo del 2012Pubblicazione dedicataa specifici argomentistorico-militari

Dal testo della cartolina possiamo trarreanche altri spunti; ad esempio si può no-tare come anche a quei tempi in Marinanon tutti i comandanti fossero grandi na-vigatori, lo dimostra il cacciatorpedinie-re sul quale gli allievi dovevano fareun’uscita di ambientamento, che va adincagliarsi per essersi troppo avvicinatoa riva (questi incidenti nel passato nonerano infrequenti al contrario di quantosi potrebbe immaginare). E poi la rivista in città, una cosa che si èpersa nel tempo, della quale riporto unacartolina di inizio ‘900. Se mi ricordo letante ore di “ordine chiuso” fatte in primaclasse per arrivare a marciare a SantaBarbara, mi chiedo cosa avranno fatto fa-re a quei ragazzini per “farsi onore” nellarivista in città l’11 novembre!

L’ultima cartolina di questa serie chepropongo è datata 30 novembre e mo-stra una vera sala polifunzionale, la“Sala di ginnastica e scherma”, deno-minazione alla quale la mano di Car-luccio ha aggiunto “ ... cinematografoe cappella”.Infatti nel 1924 l’Accademia non avevaancora la sala cinema e per le funzionireligiose usava la vicina chiesa di S.Jacopo e, evidentemente, anche que-sto locale. Nella cartolina Carlo parla dell’uscita inmare su una torpediniera, del poco tem-po libero a disposizione (“scrivo pocoper mancanza di tempo” ... e non è l’uni-co che ho visto lamentarsi di questoaspetto) e della franchigia: “Oggi proba-bilmente uscirò assieme ad altri con un

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Sempre nel 1946 la US Navy cedette anche una LST “Type-542”da 4.080 t., costruita nel 1944: ribattezzata Capana, fu impiegata si-no al 1957 anche come nave-scuola, mentre la forza anfibia pas-sava da una compagnia creata nel 1943 a 2 battaglioni.Tuttavia il vero passo in avanti giunse negli anni ’50, dominati daun nuovo boom petrolifero e da una decennale dittatura militare,protrattasi dal 1948 al 1958, quando il regime fu rovesciato da unarivolta: guidata proprio da un ammiraglio, nonostante alla Marinanon fossero state lesinate le risorse.Nel 1949 in effetti la Giunta aveva varato un programma che de-finire ambizioso, per una flotta che annoverava ancora certoimpiegato solo come nave guardaporto: l’incrociatore protettoSucre del 1887, appare utopistico. La lista della spesa in effetticomprendeva una portaerei leggera, un incrociatore, 3 caccia-torpediniere di squadra e 6 di scorta, 4 sommergibili, e poi dra-gamine, navi anfibie, pattugliatori.

Il primo contratto fu comunque firmato già nel 1950 con i cantieriinglesi Vickers-Armstrong, che nel 1953-1956 consegnarono al-l’Armada i previsti 3 caccia di squadra classe “Nueva Esparta”,unità da 3.300 t. capaci di raggiungere i 35 nodi e armate con 6cannoni da 114 mm, pezzi antiaerei Bofors da 40 mm radar guidati,oltre a lanciasiluri e sistemi antisom. Tra il 1959 e il 1964 sarebberostati modificati alcuni sensori e installati 2 lanciabombe ASW alposto dei siluri, mentre nel 1969 il capoclasse avrebbe ricevuto 2sistemi missilistici sup/aria quadrinati “Sea Cat” (con 16 missili) enuove armi antisommergibili.Nel 1954 fu poi firmato un secondo, ricco contratto con l’italianaAnsaldo, che a Livorno avrebbe realizzato tra 1954 e 1957 i 6 cac-ciatorpediniere di scorta (classificati poi come fregate) classe“Almirante Clemente”. Unità sofisticate, da 1.500 t. e capaci diraggiungere i 34 nodi, armate con 4 cannoni da 102 mm a guida ra-dar, e con diversi sistemi antisom, ma rivelatesi di costruzionetroppo leggera. Nel 1954-1956, inoltre, furono costruite in cantierifrancesi e locali, la nave da trasporto Los Aves, e 8 guardacosteclasse “Rio”, rimasti in servizio sino al 1983.Pur senza raggiungere i livelli programmati nel 1949, si trattava diun salto notevole, da rugginosa Brown Water Navy, a Green Wa-ter Navy di tutto rispetto, con una prima linea che nel 1960 era for-mata da 9 unità di moderna costruzione su 12.Proprio nel 1960 la Marina Venezuelana entrò anche nel club dei“delfini” sudamericani, sino a quel momento frequentato solo daArgentina, Brasile, Cile e Perù; quando, come previsto nel pianodel 1949, ottenne il Carite, un ex “Balao” della US Navy, aggiorna-to allo standard “GUPPY” dopo il trasferimento nel 1960-1962. Tra1959 e 1960 gli Stati Uniti trasferirono al Venezuela anche 4 navianfibie tipo LSM da 1.100 t. (classe “Los Monjes”), e un paio diunità idrografiche: per oltre 10 anni, queste sarebbero state le ul-time unità ad entrare in servizio nell’Armada, che nel frattempo

S ino agli anni ’50 del secolo scorso, la Marina Venezuelana(o Armada Nacional, dal 2008 Armada Boliviariana), non èmai stata una realtà di particolare peso, nonostante l’im-

portanza che il mare e i commerci hanno per il Paese divenuto in-dipendente nel 1830. Ancora nel 1845, acquistando una dozzina diunità guardacoste, il Governo aveva privilegiato piccoli velieri (bri-gantini e golette), e un solo vapore a ruote. Durante le sanguinoseguerre civili succedutesi tra il 1858 e il 1870, furono acquisite 4 can-noniere a vapore, ed entro fine secolo si aggiunsero altre unità:ma sempre tutte destinate alla sorveglianza costiera e al trasportotruppe. Tra la fine dell’800 e la Seconda Guerra Mondiale le cosenon cambiarono molto: i 3 “incrociatori” acquistati tra 1898 e 1920erano, rispettivamente, un ferrovecchio ex-spagnolo dismessodalla US Navy, una cannoniera e uno yacht armato promossi dirango. Anche i 2 posamine classe “Ostia”, costruiti nel 1925-1926e venduti al Venezuela dalla Regia Marina nel 1938, trasformati incannoniere – classe “Soublette” – furono talvolta spacciati per“incrociatori”, restando in servizio sino al 1950.La Seconda Guerra Mondiale pertanto sorprese il Venezuela, giàimportante produttore di petrolio la cui linea costiera si estendevain una regione cruciale per gli Alleati, con una flotta da operetta.Nel 1942 fu impossibile respingere un attacco lanciato da 7 som-mergibili tedeschi e italiani contro le linee di navigazione che col-legavano l’isola olandese di Aruba e il porto di Maracaibo, conclu-sosi con 6 petroliere affondate e 2 danneggiate, comprese alcuneunità venezuelane. Quando il 15 febbraio 1945 il governo di Cara-cas dichiarò (ormai pro forma) guerra all’Asse agonizzante, la Ma-rina comprendeva ancora 2 dei presunti incrociatori – il più vec-chio con 58 anni sulle vecchie ossature – e i 2 ex posamine/can-noniere italiani, più qualche guardacoste e mercantile armato.Uniche unità moderne, 4 cacciasommergibili classe “AntonioDiaz” cedute dagli Stati Uniti nel 1944.Questa mossa tardiva e il surplus di navi moderne creato dalla finedalla tumultuosa smobilitazione bellica, fornirono anche al Vene-zuela il destro per creare un primo nucleo navale decente – e re-cente. Un primo passo fu compiuto grazie alle 7 corvette tipo“Flower” cedute dal Canada già nel 1945-1946. A dispetto di un ini-zio sfortunato (la capoclasse Carabobo andò perduta quasi subi-to, la Libertad nel 1949), si trattava di unità da 1.280 t. costruite nel1940-1941, con un buon armamento antiaerei e antisom, asservitoa radar e sonar, e che negli anni ’50 fu aggiornato con nuovi can-noni da 76 mm. Tra 1953 e 1956 altre 2 unità furono disarmate percannibalizzazione; le 3 superstiti restarono in servizio sino al 1962.

Armadadel Venezuela:una marinache parla italianoGiuliano Da FrèGiornalista

Caccia leggericlasse Almirante Clemente(1956-2011)

Lo yacht-incrociatoreRestaurador(1900-1920)

Il caccia Nueva Esparta(1953-1978)

La nave scuolaSimon Bolivar

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Marine Militari nel Mondo

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“Achowami” del 1944-1946, impiegati anche come pattugliatoriguardapesca (classe “Felipe Larrazabal”, l’ultimo dei quali radiatonel 2009). Di seconda mano giunsero anche motovedette, naviglioausiliario locale, e nel 1986 una nave da trasporto misto costruita inNorvegia come mercantile nel 1972, la Puerto Cabello, da 13.000 t.Tuttavia, come accennato, negli stessi anni venivano pensionatenumerose unità: vecchie, come i 3 sommergibili Carite e Picua, nel1977-1978, e il Tiburon (nel 1987), i caccia ex-US Navy, nel 1981, ele 4 unità anfibie classe “Los Monjes”: 3 nel 1979-1980, mentre l’u-nica conservata andava perduta per incendio nel 1984, dopo cheun incidente aveva danneggiato anche la più recente Amazonas,poi riparata. Meno scontata, dati gli standard sudamericani, dovesi sono viste navi da guerra vecchie di 50 o 60 anni ancora in ser-vizio attivo, la decimazione cui furono sottoposte le unità frutto delprogramma del 1949. Non solo entro il 1983 uscirono di scena le 8vedette classe “Rio” e la nave da trasporto Los Aves, anche i cac-ciatorpediniere classe “Nueva Esparta” furono tutti radiati tra1975 e 1978 (uno dopo appena 19 anni di servizio, e compreso il ca-poclasse trasformato nel 1969), mentre eguale sorte conoscevano4 degli “Almirante Clemente”, disarmati nel 1976-1978 dopo unamedia di 20 di vita, e cannibalizzati a favore della capoclasse e delGeneral Moran, ricostruiti tra 1968 e 1976 con assistenza italiana,rimotorizzati con un apparato tuttodiesel, e aggiornati con nuovisensori e armi, compresi 2 cannoni Compatti da 76/62 mm di OTO-Melara e un CIWS Breda-Bofors da 40/70 mm, associati al radarSelenia RTN-10X, oltre a una nuova suite sonar con lanciasiluriWhitehead. Nuovamente ammodernati nel 1983-1986, furono poitrasferiti alla Guardia Costiera, dove restarono in servizio a lungo,come vedremo, potendo contare sulle 4 unità cannibalizzate.

Tuttavia, la sostituzione di 7 destroyer ancora moderni, fu ancorauna volta affidata all’industria italiana, con un programma che fuil culmine dei piani di ammodernamento avviati negli anni ’70. Unprimo passo era stato fatto introducendo naviglio armato di mis-sili, ossia 3 delle 6 unità d’attacco classe “Constituciòn” costrui-te da Vosper Thornycroft nel 1973-1975, da 170 t. e 30 nodi alle-stite in 2 configurazioni, con armi e sensori sempre “made inItaly”: 2 lanciamissili Otomat Mk-1 e cannone Bofors da 40 mmnella versione motomissilistica, o con Compatto da 76/62 mm lecannoniere, ma tutte e 6 equipaggiate con radar RTN-10X edelettronica Elsag. Nel contempo, veniva avviata l’espansionedella componente di sorveglianza costiera, con una sessantinadi vedette (comprese le 18 “Rio Orinoco” progettate dalla IMAitaliana) acquisite tra 1973 e 1985, e rinnovata la linea di suppor-to, grazie a 4 nuove unità anfibie tipo LST da 4.070 t. classe “Ca-pana” costruite in Corea del Sud, e 2 più piccole LCU classe“Orchila”, tutte consegnate nel 1984, il tre alberi nave-scuolaBolivar realizzato in Spagna nel 1980, e infine la nave oceano-grafica Punta Brava (1991).I programmi più ambiziosi, come accennato, furono tuttavia quellirelativi a una nuova generazione di unità alturiere, e al rinnova-mento (almeno qualitativo) della componente subacquea, che fuanche il primo ad essere avviato quando ancora non erano arri-vati gli altri 2 battelli ceduti dalla US Navy.Nel 1971 furono infatti ordinati alla tedesca HDW due “Type209/1300”, consegnati nel 1976-1977 e ribattezzati Sabalo e Caribe,tuttora in linea come la quasi totalità dei sommergibili di questomodello acquistati dai paesi latino americani per complessivi 21esemplari, in varie versioni, entrati in servizio tra il 1974 e il 2006.

avrebbe radiato il naviglio più datato, comprese le restanti 3 cor-vette ex-canadesi.Negli anni ’70 e ‘80, l’Armada conobbe un nuovo processo di mo-dernizzazione, alimentato sia con naviglio di seconda mano, sianuovo di pacca, mentre nel contempo venivano radiate unità an-che di recente realizzazione, come 7 dei 9 cacciatorpediniere de-gli anni ’50.Ancora una volta, la maggior parte del naviglio usato giunse dallaUS Navy. Nel 1972-1973 entrarono in servizio un sommergibile tipo“Balao” del 1945, il Tiburon, “guppyzzato” nel 1948, e un più re-cente “Tench”, impostato nel 1944 ma completato già aggiornatonel 1951, e ribattezzato Picua.

Nel 1973-1974, gli Stati Uniti trasferirono anche 2 cacciatorpedi-niere tipo “Allen Sumner” (classe “Falcon”), costruiti nel 1944-1945 ma aggiornati allo standard FRAM-II nel 1960.Tra il 1971 e il 1978 furono anche acquisiti la LST anfibia da 5.800 t.Vernon County (classe “Terrebonne Parish”, ribattezzata nel 1973Amazonas), costruita nel 1952-1953, e 3 vecchi rimorchiatori tipo

Nave anfibiaCapana

Cannoniera General Urdaneta (1938-1951),un ex posamine italiano

Due fregate tipo Lupoclasse Mariscal Sucreconsegnate nel 1980-82

32 Marinai d’Italia Luglio 2018 33Marinai d’Italia Luglio 2018

Marine Militari nel Mondo

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permettono l’impiego di un elicottero medio-pesante e 2 RHIB. Le4 navi sono quindi già predisposte per essere trasformate in fre-gate leggere, con una piazzola destinata ad accogliere un modu-lo VLS a 8 celle per missili sup/aria a corto raggio, mentre a cen-tronave, accanto ai lanciadecoys del sistema di contromisureMk-36 SRBOC, c’è spazio per l’installazione di 2 lanciatori quadri-nati per missili antinave, e lungo le fiancate si possono vedere iportelli dei sistemi di lancio trinati per siluri ASW da 324 mm, pen-sati per l’eventuale impiego di sistemi come il Mk-32 o l’ILAS-3.Già nel 2014 era in effetti stata annunciata l’intenzione di riconfi-gurarle, ipotizzando di imbarcare un sonar rimorchiato (si è par-lato del VDS-2087 CAPTAS Mk-4) e sistemi missilistici e antisomancora non meglio definiti, anche a causa dei problemi politici efinanziari in cui il Paese si dibatte. Nell’ottobre 2016 è poi statoavviato un negoziato con la China National Aero-Technology Im-port & Export Corporation, per un progetto non ancora definito.Per quanto riguarda i “Guaicamacuto”, i 3 realizzati in Spagnasono stati consegnati tra 2010 e 2011, mentre il quarto (intitolatoal defunto presidente Chavez) è in costruzione dal 2009 nel can-tiere DIANCA di Puerto Cabello, dove ha accumulato non pochiritardi, con la consegna rimandata al 2017. Si tratta di unità da1.720 t. di dislocamento a pieno carico, più lente (20 nodi) e conmaggiore autonomia, mentre a poppa si trova il ponte di volo, maprivo di hangar.Anche la dotazione di armi e sensori è più spartana, con unsemplice radar di sorveglianza, un cannone da 76/62 mm manon in torretta stealth, il CIWS “Millennium”, e 2 mitragliatricida 12,7 mm, e nessuna predisposizione per sistemi più paganti.Nel 2012 e 2014 sono poi stati firmati una serie di contratti con

l’olandese Damen per 12 guardacoste tipo “Stan Patrol” nelleversioni “4207” e “5009”, 18 vedette “Interceptor-1102” e per 12unità anfibie da 60 metri tipo “Stan Lander-5612” (classe “LosFrajles”). Sempre Damen aveva consegnato all’Armada, nel2007, il rimorchiatore/nave appoggio Almirante Miranda.Restano in sospeso i programmi più ambiziosi, mirati a sostituirefregate e sommergibili, ormai con età comprese tra i 35 e i 41 an-ni. Per le prime, si è ipotizzata un’evoluzione dei “Guaiqueri”, conil possibile ordine per un secondo lotto; ma anche una versione“customizzata” delle fregate “F-110” che Navantia sta progettan-do per Madrid, o i più avanzati modelli realizzati da Russia e Cina,paesi che con Caracas hanno rapporti privilegiati: e molto dipen-derà anche dalle scelte della rivale Marina Colombiana, a suavolta impegnata in un programma per 4-8 nuove unità, cui parte-cipa anche Fincantieri.Strada che sarà probabilmente percorsa anche per i sommergi-bili. Sin dal 2006, infatti, nell’ambito dei cambi di alleanze decisidal regime bolivariano allora guidato da Chavez, Caracas ha an-nunciato l’intenzione di investire 500 milioni di dollari per l’acqui-sto di 3/5 sottomarini dalla Russia, puntando su “Amur” e “Kilo”versione “636M”; e durante il boom delle entrate petrolifere, si èarrivati a ipotizzare l’acquisto di un massimo di ben 9 battelli.Ma il progetto si è arenato sulle secche della crisi socio-econo-mica scoppiata nel 2013, e per ora si parla – me senza ancoracontratti definiti – di 3 soli sommergibili, magari con propulsione“AIP”. Molto dipenderà dall’evoluzione della difficile situazioneinterna, che nel 2017 si è pericolosamente inoltrata sul piano in-clinato di una strisciante guerra civile.

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Quindi, nel 1975 Caracas si rivolse agli allora Cantieri NavaliRiuniti per ordinare 6 fregate lanciamissili tipo “Lupo”, all’epo-ca già in costruzione per la Marina Militare e per l’Armada pe-ruviana.Consegnate nel 1980-1982, le nuove fregate della classe “Mari-scal Sucre” presentavano alcune differenze rispetto alle unitàitaliane come il sistema di difesa missilistico sup/aria“Albatros/Aspide” al posto dei meno prestanti “Sea Sparrow”,mentre a poppa la struttura risultava modificata, anche per lapresenza di un hangar fisso e non telescopico. Le unità, vendutenell’ambito di un “pacchetto” comprendente anche parti di ri-cambio, 100 missili Otomat “Teseo” Mk-2 e altrettanti “Aspide”,siluri A-244S, e 9 elicotteri AB-212ASW equipaggiati anche con12 missili “Marte” Mk-1 (cui si sono aggiunti più tardi 2 esemplaridismessi da cannibalizzare), da 35 anni sono la spina dorsale del-la flotta venezuelana.Come accennato, in questo periodo di potenziamento (alimen-tato come negli anni ’50 dal boom petrolifero) fu anche attivata,nel 1974, una componente aeronavale autonoma dall’Aeronau-tica che fu equipaggiata oltre che dai ricordati elicotteri AB-212 di Agusta con 11 aerei da pattugliamento e trasporto “CasaC-212/200” e “400” (consegnati a lotti tra 1981 e 1996) e 3 elicotteriBell-206 da addestramento, più una decina di aerei “Cessna” e“King Air” da collegamento. Un rafforzamento decisivo, tenendoconto che nel 1987 le forze aeree e navali di Venezuela e Colom-bia sfiorarono lo scontro armato per una disputa sui confini ma-rittimi nel Golfo del Venezuela.Dopo il 1990, mentre per il Venezuela si apriva un decennio di crisieconomica e politica (insanguinata dalla rivolta di piazza del 1989e dai colpi di stato del 1992, e chiusa con l’elezione del colonnellofilo-castrista Hugo Chavez, poi al potere dal 1999 al 2013), l’Arma-da ha di nuovo conosciuto un lungo periodo di stasi, con la quasiassenza di nuovo materiale entrato in servizio fino al 2010, ecce-zion fatta per un indispensabile rifornitore di squadra, il CiudadBolivar, costruito nei cantieri sudcoreani Hunday nel 1999-2001 (eammodernato nel 2012-2014), da 9.750 tonnellate, capace di tra-sportare 4.500 t. di combustibile, 1.000 di materiali e rifornimentivari. A questa unità si aggiunsero 24 vedette acquisite tra 1996 e2000, il ricordato secondo lotto di “C-212”, mentre veniva rinnova-ta la componente anfibia con nuovo equipaggiamento per i fanti diMarina, più 8 elicotteri tattici “Bell-412EP” (1999-2007), e 6 da tra-sporto Mi-17 “Panare”, acquistati dalla Russia nel 2009.

Gli ammiragli venezuelani si sono pertanto concentrati sull’ammo-dernamento e mantenimento del naviglio acquisito negli anni ’70 e’80: 6 fregate, 2 sommergibili, 6 unità d’attacco, 4 navi anfibie piùla linea logistica, ma ad esempio senza acquisire mezzi per laguerra alle mine o per il supporto ai sommergibili.Già nel 1992 era stato programmato un piano di ammodernamentoper le fregate, e nel 1997 fu firmato un contratto con il raggruppa-mento americano Northrop Grumman e Ingalls Shipbuilding, cheprevedeva la loro rimotorizzazione (con la revisione delle turbineFiat-GE LM-2500, e la sostituzione dei motori diesel), l’ammoder-namento della piattaforma e dei sistemi d’arma, con i missilisup/aria portati allo standard “Aspide-2000”, mentre venivano ac-quistati dall’israeliana Elbit il radar di ricerca aerea EL/M-2238“Star”, sistemi di comando e controllo ENTCS 2000 ed ECM/ESMElisra NS 9003/9005, lancia-chaff da 130 mm; Northrop Grummanavrebbe poi fornito il nuovo sonar a scafo 21HS-7.Tuttavia, solo 2 unità, la capoclasse e la Almirante Brion, furonosottoposte nel 1998-2002 al previsto upgrade. Per le altre 4 si èproceduto a normali interventi manutentivi negli anni successivi,con le navi spesso fuori servizio: tra 2013 e 2017 sono state revi-sionate nei cantieri Dykes e Astilleros Nacionales (DIANCA) diPuerto Cabello le fregate General Salom e General Urdaneta,mentre nel 2015 è stato firmato un contratto da 105 milioni di dol-lari per l’ammodernamento di General Soublette e Almirante Gar-cia presso i cantieri navali Granma di Cuba. Con oltre 40 anni di servizio sulle spalle, anche i 2 sommergibili“Type-209” sono stati sottoposti a vari aggiornamenti: a quello chenel 1990-1995 aveva visto l’adozione di un nuovo sonar CSU-83 diAtlas Elektronik, è seguito un upgrade avviato nel 2004, per poi se-gnare il passo. Il Sabalo è infatti tornato operativo solo nel 2011,mentre il Caribe è stato riconsegnato nel 2015, proprio mentre ilcapoclasse iniziava un nuovo turno di lavori (sempre nei cantieriDIANCA) per il periodo 2015-2017.Anche le “Constituciòn” sono state mantenute efficienti il più pos-sibile con vari interventi: nel 1992-1995 furono aggiornati tutti i si-stemi, mentre sulle motomissilistiche i missili originari sono statisostituiti con i Mk-2 “Teseo”, e i Bofors da 40 mm col “Compatto”Breda da 30/82 mm, mentre tra il 2000 e il 2002 si è proceduto allarimotorizzazione con diesel di nuovo modello. Nel 2014 è stato av-viato un nuovo programma di manutenzione straordinaria, miratosoprattutto alla revisione generale di piattaforma, sistemi, e degliapparati propulsori.Il primo passo verso nuove acquisizioni è avvenuto il 28 novembre2005, quando è stato siglato con la spagnola Navantia un mega-contratto da 1,2 miliardi di euro, per 8 pattugliatori d’altura portae-licotteri: 4 tipo “AVANTE-2400”, classe “Guaiqueri”, destinati allaMarina per il controllo della ZEE, e 4 per la Guardia Costiera, delpiù piccolo modello “AVANTE-1400” (classe “Guaicamacuto”).I “Guaiqueri”, da 2.450 t., sono stati consegnati nel 2011-2012:potenti motori diesel li spingono a 24 nodi, e sono caratterizzatida design stealth. Gli spazi disponibili e una buona dotazionesensoristica marca Thales (radar multifuzione 3D “Smart” Mk-2,e per la littoral warfare tipo “Scout” Mk-2, sistemi ESM/ECM,apparati per la direzione del tiro “Mirador” e EO Mk-2 “Sting”)possono supportare armi più prestanti di quelle per ora imbarca-te: un 76/62 mm Compatto-SR di OTO Melara/Leonardo nellanuova torretta stealth, e un CIWS da 35 mm Rheinmetall-Oer-likon GDM-008 “Millennium”, cui si aggiungono 2 mitragliatricida 12,7 mm, mentre a poppa un hangar e un ampio ponte di volo

Pattugliatore-fregata leggeraGuaiqueri (2011)

Pattugliatore della Guardia costieraGuaicamacuto (2005)

34 Marinai d’Italia Luglio 2018 35Marinai d’Italia Luglio 2018

Marine Militari nel Mondo

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37Marinai d’Italia Luglio 2018

(classe VIIC) comandato dal CC GhunterPrien che riuscì a penetrare nella baia in-glese di Scapa Flow, nelle isole Orcadi, edaffondare la corazzata HMS Royal Oak,riuscendo poi ad uscire dai fitti sbarramen-ti che ostruivano quella che era conside-rata una rada inespugnabile. L’onta subita dalla Royal Navy, metteràPrien ed i suoi uomini in cima alla lista deibattelli da affondare a qualsiasi costo. La cattura dell’U110 del comandante FritzJulius Lemp, morto eroicamente mentrecercava di far affondare il battello, non riu-scendoci, ed il ritrovamento a bordo dellamacchina “Enigma”, permetterà agli in-glesi di venire a sapere tutti i movimentidegli U-boot in missione. Solo a fine con-flitto si verrà a sapere la verità sull’U-110,

battello che per i tedeschi era andato per-duto con tutto l’equipaggio, macchina“Enigma” compresa.La notte del 7 marzo 1941, mentre si portavaall’attacco del convoglio “HX112”, assiemeal classico “Branco di lupi” presso le costeIslandesi, l’U-47 veniva intercettato edaffondato con tutto l’equipaggio dal CT Vol-verine. Quella notte per la Kriegsmarinedell’ammiraglio Karl Doenitz sarà deva-stante. Oltre a Prien, quarto affondatoredella Seconda Guerra Mondiale con 31 na-vi per 191,919 t.s.l., verrà affondato con tut-to l’equipaggio l’U-100, al comando delTV Joachim Shepcke, 12° affondatore

con 37 navi per 155.882 t.s.l .e l’U-99 delleggendario CC Otto Kretschmer, che con47 navi affondate per 274.414 t.s.l., risul-terà essere il primo affondatore della Se-conda Guerra Mondiale. Kretschmer riu-scirà comunque a venire in superficie emettersi in salvo con la sola perdita di unmarinaio, non prima di aver aperto le val-vole di sfogo per far sì che l’U-99 affon-dasse velocemente e non cadesse quindiin mano agli inglesi.Messo momentaneamente da parte il pro-getto “CA2” per vari motivi, ma non accan-tonato, il Da Vinci partì da Bordeaux il 6 ot-tobre 1942 per la sua decima missione diguerra effettuata in gran parte presso lecoste del Brasile, missione che lo vedrà ri-tornare alla base il 6 dicembre con quattrobandierine al periscopio equivalenti a 4 na-vi affondate per 26.042 t.s.l.Dopo vari lavori di riparazione alla care-natura esterna e alla falsatorre, causatiperlopiù dai colpi di cannone della naveFranz Hals, il 3 novembre 1942, nave che

il battello italiano attaccò a colpi di can-none avendo finito la scorta di siluri, il DaVinci era pronto a salpare per una nuovamissione. Quindi il 20 febbraio 1943 lasciòBETASOM per percorre ancora una voltail canale della Gironda ed addentrarsi nelgolfo di Biscaglia per quella che sarebbestata l’ultima volta.L’ordine di BETASOM era ben chiaro. Ilbattello avrebbe operato lungo le costedell’Africa e, doppiato il capo di BuonaSperanza, avrebbe quindi pattugliato peralcuni giorni in Oceano Indiano (esatta-mente tra Durban, Port Elizabeth e lo stret-to di Madagascar) acque che per prima

36 Mar

Marinai nella Storia

S ettantacinque anni fa, esattamenteil 23 maggio 1943, scompariva inOceano Atlantico, assieme a tutto

il suo equipaggio, una delle figure più cari-smatiche che la Marina italiana abbia maiavuto nella sua storia ultracentenaria e acui molti ufficiali sommergibilisti negli annia venire si sono ispirati: era il CC Gianfran-co Gazzana Priaroggia.Milanese di nascita, ma ligure di adozione,visto che la famiglia si trasferì a Rapalloquando era ancora adolescente, Gian-franco Gazzana fu l’emblema, assieme aCarlo Fecia di Cossato, Luigi Angelo Lon-ganesi Cattani, Primo Longobardo, EnzoGrossi, della guerra subacquea che intra-prese l’Italia in oceano Atlantico a fiancodell’allora alleato germanico, guerra chevide partecipi ben 32 sommergibili italiani(30 operativi), dislocati presso la grandebase nella città francese di Bordeaux , de-nominata in codice BETASOM, simbolo edorgoglio di tutti gli ufficiali, sottufficiali emarinai che hanno prestato e prestanotuttora servizio nei sommergibili. Tutti que-sti battelli, a parte il Guglielmotti, il Perla,l’Archimede ed il Ferraris, che arrivarono

a Bordeaux dalla base Italiana di Mas-saua in Eritrea, dopo la caduta della stes-sa in mano inglese circumnavigando l’A-frica, passarono lo stretto di Gibilterra peroltre 40 volte, sia in uscita dal Mediterra-neo che in entrata, senza mai essere inter-cettati dalle forze navali inglesi che pattu-gliavano lo stretto di giorno e di notte condecine di unità navali e aeree.La carriera di ufficiale sommergibilista diGianfranco Gazzana Priaroggia iniziò inMediterraneo ma ebbe il suo apice inOceano Atlantico, prima come c.te in 2a abordo del Regio sommergibile Enrico Taz-zoli e successivamente come titolaredell’Archimede e del Da Vinci.A bordo del Tazzoli, comandato da quellofu il suo maestro, il CC Carlo Fecia di Cos-sato, che con 86.000 t.s.l. di naviglio affon-dato sarà il secondo comandante italianoper affondamenti del secondo conflittomondiale, svolse quattro missioni di guer-ra, contribuendo all’affondamento di diecinavi per un totale di 54.362 t.s.l..Essendoci a BETASOM grande carenza dicomandanti di unità subacquee, visto chela gran parte di essi erano impegnati in

Mediterraneo a protezione dei convogliche quasi tutti i giorni trasportavano mate-riali presso i porti di Bengasi e Tobruk, nellaLibia Italiana, fu deciso dal comando som-mergibili di assegnargli il comando del Re-gio sommergibile Archimede, battello concui compirà una missione di guerra nell’A-tlantico centrale e che oltre all’affonda-mento di un mercantile di 5.586 t.s.l. porteràal danneggiamento di un incrociatoreamericano della classe “Pensacola” dacirca 10.000 t.Nell’agosto del 1942 gli fu assegnato il co-mando del Da Vinci, lasciato vacante dal-l’ormai veterano di molte missioni, LuigiAngelo Longanesi Cattani, che con questobattello aveva affondato 6 mercantili. Nelsettembre dello stesso anno fu lui a dirige-re le prove di appontaggio e sgancio delpiccolo sommergibile classe “CA2” che ilDa Vinci stesso avrebbe portato presso lecoste americane e precisamente all’inter-no del porto di New York per attaccare ecolpire la flotta statunitense in casa pro-pria, missioni già provate con successo siadai mini sommergibili giapponesi a PearlHarbour, ma ancor meglio dall’U-boot 47

Regio Sommergibile Leonardo Da VinciTra mito e leggenda

Vittorio Emanuele Dalla Bella -Vice Presidente del Gruppo di Caorle

Oceano Atlantico, 20 marzo 1943.Il comandante del Finzi,Mario Rossetto,si reca a bordo del Da Vinci

Il T.V.JoachimSchepke

Dopo la visita di Rossettoi due sommergibili sono prontia proseguire le rispettive missioni

Il C.C.OttoKretschmer

Il C.C. GianfrancoGazzana Priaroggia.Oceano Atlantico23 maggio 1943

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39Marinai d’Italia Luglio 2018

Disse l’allora Lieutenant G.P. Krieck, coman-dante della Ness, intervistato dallo scrit -tore Giulio Raiola agli inizi degli anni 70:“Mandai alcuni uomini con una scialuppaa recuperare alcuni relitti venuti in super-ficie. Dopo 20 minuti tornarono a bordocon parecchie prove dell’avvenuto affon-damento; c’erano quattro scatole di caffèitaliano, alcune cinture di salvataggio, deipezzi di legno con dei chiodi non arruggi-niti... Ma la prova più importante, anche semacabra, ma che accertava l’avvenutoaffondamento, era costituita da un paio dipolmoni umani appartenuti probabilmentead un componente dell’equipaggio delsommergibile”.Per anni l’affondamento del Da Vinci è ri-masto avvolto nel mistero, ma all’aperturadei dossier di guerra inglesi alcuni annidopo la fine del conflitto si potè constatareche furono proprio la fregata Ness ed il CTActive ad affondarlo perché era l’unico

battello che si trovava in quel tratto di ma-re in quel momento. Non poteva esserecomunque un U-boot sia per la confermadel “BDU” (Comando dei sommergibili te-deschi) che nessun battello tedesco si tro-vava in quella zona, sia per via delle cintu-re di salvataggio in dotazione alla marinaitaliana e per le scatole di caffè anchequeste di marca italiana. Ho avuto la fortuna di conoscere alcunianni orsono il comandante Mario Rosset-to, una persona speciale che con i suoiconsigli e le molte notizie di cui ero all’o-scuro, ha dato ulteriore slancio alla miagià ottima conoscenza storica sulle vicen-de dei nostri sommergibili nella SecondaGuerra Mondiale.Durante una delle mie ultime visite pressola sua casa di San Donato Milanese ci era-vamo soffermati a discutere su un passag-gio dell’intervista citata prima, fatta al te-nente Krieck, dove dallo stesso veniva

spiegato in maniera chiara a Giulio Raiolache ci volle oltre mezz’ora prima che salis-sero in superficie i primi rottami dopo chesi erano verificate le due esplosioni. Ricor-do bene le parole che mi disse il coman-dante del Finzi:“Caro Dalla Bella, sa bene anche lei cheun salvagente o qualsiasi cosa che al suointerno contenga dell’aria o del polistirolo,non può impiegare così tanti minuti per ar-rivare ad emergere in superficie da soli180 metri. Secondo una mia ipotesi, il DaVinci fu colpito subito dalle bombe lancia-te dalle due navi inglesi, molto probabi-mente ai timoni, quindi impossibilitato afermarsi ad una quota stabile ha continua-to la sua discesa verso l’abisso. La sua di-scesa verso il fondo ha avuto il suo apicequasi certamente ad una quota molto su-periore ai 600 piedi, dove la pressionedell’acqua è talmente forte da comprime-re qualsiasi oggetto, rallentandone di mol-to la sua risalita.L’implosione del Da Vinci è avvenuta aduna quota che non oso pensare. Moltospesso mi sono messo nei panni di Gazza-na e dei suoi uomini, ed essendo stato an-ch’io un sommergibilista, mi immedesimonelle sofferenze che quei ragazzi hannopassato.......i suoi occhi diventarono luci-di...e piangemmo entrambi”.

Su quella bara d’acciaio, posata sul fondodell’Oceano Atlantico a circa 300 miglia daCapo Finnisterre (Spagna), giace il corpodel CC Gianfranco Gazzana Priaroggia edei 62 ufficiali, sottufficiali e comuni che fa-cevano parte dell’equipaggio del RegioSommergibile Leonardo Da Vinci, tra que-sti anche un giovane marinaio di Caorle,mio concittadino: Gusso Giovanni (Perillo)classe 1921.Dei 32 sommergibili che operarono inAtlantico dall’ottobre 1940 all’8 settembre1943, 16 non torneranno alla base.Gianfranco Gazzana Priaroggia, con 11 na-vi affondate per oltre 90.000 t.s.l. sarà il pri-mo comandante non tedesco per affonda-menti della Seconda Guerra Mondiale.Il Regio Sommergibile Leonardo Da Vinci,con 17 navi affondate per oltre 120.000 t.s.l.sarà il primo sommergibile non tedescoper affondamenti della Seconda GuerraMondiale.Dall’ottobre del 1940 all’8 settembre 1943 isommergibili italiani affonderanno, inoceano Atlantico e Indiano, 109 navi percirca 600.000 t.s.l..

nnn

38 Marinai d’Italia Luglio 2018

volta venivano solcate in combattimentoda un sommergibile italiano.Per una simile missione della durata di cir-ca 90 giorni, anche se la capienza dei ser-batoi per la nafta era abbastanza elevata(alcune tonnellate furono aggiunte anchenei doppifondi) fu inviato a supporto del DaVinci il Sommergibile Giuseppe Finzi, co-mandato da quello che all’epoca era il piùgiovane ufficiale in Atlantico: il TV MarioRossetto.La notte del 14 marzo, il Da Vinci colò apicco con due siluri il grande transatlan-tico inglese Empress of Canada di 21.500t.s.l.: la nave più grande affondata sino aquel momento dai sommergibili italianinei circa due anni e mezzo di permanenza

in oceano. Questa era partita da Durban(Sudafrica) ed era diretta a Freetown, inSierra Leone, carica di prigionieri, traquesti circa 500 italiani e truppe di varienazionalità, la gran parte purtroppo anne-gate per il rapido affondamento dellagrande nave.Ripresa la rotta verso Sud, il 19 marzo af -fondò il piroscafo Lulworth Hill di 7628 t.s.l..Il giorno 20 ci fu l’incontro programmatonei piani della missione al largo delle costedell’Angola con il Finzi. Messo a traino, ilDa Vinci fu rifornito di nafta, olio, acqua eviveri, furono inoltre trasbordati tre siluri,operazione che in mare succedeva per laprima volta tra sommergibili nazionali.Questa operazione aveva lo scopo di pas-sare più siluri possibili al Da Vinci, ma il re-pentino alzarsi del vento e di conseguenzaanche delle onde, costrinse i due coman-

danti a decidere di sospendere il trasbordoper non mettere in pericolo l’incolumità de-gli uomini.Gazzana e Rossetto si incontrarono abordo del Da Vinci. Con l’occasione del-l’incontro tra i due sommergibili, venivatrasbordato anche il Tenente medico Vit-torio del Vecchio, tratto a bordo del DaVinci dopo l’affondamento dell’Empressof Canada.Terminate le operazioni il giorno 21, i duebattelli si separarono. Il Finzi diretto a Nord, il Da Vinci a Sud(nel viaggio di rientro il Finzi affonderàdue navi per circa 9.000 t.s.l.).Entrato in Oceano Indiano, il Da Vinciaffondò il 17 aprile il piroscafo Sembilan di

6566 t.s.l., il 18 il piroscafo Manaar di 8007t.s.l., il 21 la motonave John Draytondi 7.177t.s.l. e il 25 la cisterna Doryssa di 8078 t.s.l..Rimasto privo di siluri e con pochi colpi dicannone, intraprese la via del ritorno sen-za incontrare insidie, cosa sperata da tuttivista l’impossibilità di difendersi in caso diun attacco. Il Da Vinci si stava avviando al-la base con un bottino mai ottenuto da nes-suno dei sommergibili stanziati a BETA-SOM. 6 navi affondate per 59.160 t.s.l., ot-tava missione più prolifica tra tutte le ma-rine contendenti. Davanti a Gazzana Pria-roggia alcuni tra i più grandi comandantidel Terzo Reich.Il giorno 6 maggio venne comunicato al DaVinci la promozione di Gianfranco Gazzanada TV a CC. Per la prima volta un ufficialeveniva promosso di grado ancora in mis-sione di guerra.

Il giorno 22 maggio il Da Vinci comunicaval’imminente attraversamento del 15° me-ridiano, posizione da cui i battelli rientran-ti dalle missioni in Atlantico intraprende-vano la navigazione occulta: di notte na-vigazione in superficie per caricare lebatterie e di giorno in immersione per nonessere scoperti dal nemico ormai presen-te 24 ore su 24 con navi ed aerei in tutto ilGolfo di Biscaglia.Verso le 11,30 del 23 maggio, in superficieper motivi sconosciuti, ma molto proba-bilmente legati all’usura delle batterie,quindi bisognose di essere ricaricate piùspesso, fu individuato durante una repen-tina schiarita, visto che il tempo era moltoinstabile, dalle navi inglesi Ness e Active,di scorta ad un convoglio diretto proba-bilmente in Mediterraneo.Immersosi rapidamente, fu subito messosotto caccia con decine di bombe diprofondità. Appena scoccato mezzogior-no, due potenti esplosioni fecero tremarele due navi inglesi che lo stavano ormaibraccando.Alcune cariche innescate a 600 piedi (180metri di profondità) avevano probabilmen-te colpito il sommergibile, quindi alle navinon rimaneva che attendere l’emergere diqualsiasi cosa che ne certificasse l’avve-nuto affondamento.È molto strano che delle cariche fosseroinnescate a simili profondità, visto che ibattelli italiani erano collaudati per immer-gersi a circa 100 metri, ma probabilmentegli inglesi erano convinti di aver attaccatoun U-boot, che pur avendo delle grandiprofondità di collaudo simili ai nostri som-mergibili, spesso si spingevano a profon-dità prossime ai 300 metri.

Il Da Vinci e l’Archimedepronti a partireper quella che per entrambisarà l’ultima missione di guerra

Il c.t. inglese Active.Assieme alla fregata Ness affonderà il Da Vinci

il 23 maggio 1943 a circa 300 migliada capo Finnisterre (Spagna)

Il T.V. Mario Rossetto(1915-2015)

sarà l’ultimo ufficiale italianoa vedere in vita Gazzana

L’Empress of Canada.Con le sue 21.500 tonnellatesara la nave più grandemai affondatada un sommergibile italianoin Atlantico

Marinai nella Storia

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La sigla “A” comprendeva gli “A” e gli “A-Phönix”. Erano tutti bi-plani da caccia Hansa Brandenburg, idrovolanti i primi ed aero-plani terrestri i secondi, con motori da 200-220 HP.La velocità massima degli “A” era di 170 km/h mentre quella dei“Phönix” di 180. Portavano, ovviamente, solo il pilota e avevanouna diversa velocità di salita: gli “A” salivano a 3.000 metri in 25-30 minuti; i “Phönix” a 1.000 in 3 minuti, a 2.000 in 7 e a 3.000 in 12,con una quota massima di volo di 5.000 metri.Esistevano pure i modelli “KG”, “S” ed “E”, di cui però non abbia-mo immagini. Il “KG” era un Brandenburg, prodotto nel 1917-18,con un motore da 350 cavalli Austro-Daimler, un’autonomia di 6 orea tutta velocità e con carico di 400 kg, che scendevano a 4 con 700kg di carico utile e salivano a 7 se si andava più piano. Toccava i150 all’ora. Saliva a 1.000 metri in 10 o 19 minuti, secondo il carico,a 2.000 in 25-30, a 3.000 in 50-60. Serviva al bombardamento e al-l’esplorazione e portava due o tre persone di equipaggio e una mi-tragliatrice.La “S” identificava tutti i tipi di idrovolante-scuola che, prima dellacomparsa dell’Oeffag nel 1918, erano tutti i prototipi, i tipi speri-mentali e quelli ritirati dalla linea di combattimento per obsole-scenza. La “E” infine stava ad indicare i Lohner Werkecostruiti nel1913-14, con motore Hiero da 85 cavalli, 90 Km/h e 4 ore d’autono-mia alla massima velocità. Raggiungevano i 1.000 metri di quota in25 minuti. l’equipaggio era composto da due uomini; il peso utile,da 30 a 50 kg senza la mitragliatrice.Comunque fosse, sia per la modernità del mezzo sia per l’impres-sione creata dai bombardamenti aerei, giudicati particolarmenteinumani e dannosi sia, infine, per la difficoltà d’abbatterli, la catturao la distruzione di un aereo nemico, idrovolante o meno, facevasempre notizia e la stampa degli anni di guerra ne parlò, limitan-dosi spesso a pubblicare la foto dell’apparecchio catturato o ab-battuto. Vediamone alcuni e cominciamo dai due Lohner, “L47” ed“L78”.L’idrovolante “L47” iniziò ad operare contro l’Italia fin dal principiodella guerra. Nel giugno del ‘15, pilotato dal Sottotenente di Va-scello Fontaine, fece parecchi voli di ricognizione e d’attacco trale foci del Po e dello Sdobba, nella regione dell’Isonzo e su Salvore,Grado e San Canziano. L’8 giugno, pilotato dal Sottotenente di Vascello Goffredo de Ban-field, partì da Pola e attaccò la base dirigibili italiana di Campalto.

41Marinai d’Italia Luglio 201840 Marinai d’Italia Luglio 2018

Grande Guerra

Idro (volanti) nemiciabbattuti e catturatiCiro Paoletti - Storico

A vversari dell’aviazione della Regia Marina furono gli appa-recchi della Imperiale e Regia Marina da Guerra austro-ungarica. Questa, già dotata di una componente aerea fin

dall’inizio del conflitto la sviluppò passando però dalla superioritàpressoché assoluta del maggio-giugno del 1915 ad una sostanzia-le situazione di equilibrio a partire dalla metà del 1916, sbilanciatasipoi a netto e crescente favore dell’aviazione navale italiana dall’e-state del ‘16 in poi.In totale l’Austria-Ungheria perse 130 aerei: 8 negli otto mesi diguerra del 1915, 29 nel 1916, 47 nel 1917 e 46 negli ultimi dieci mesidi combattimenti nel 1918. Da parte sua inflisse alla Regia Marinala perdita di soli 38 apparecchi e due dirigibili, con la morte di 119fra piloti e osservatori italiani.Gli idrovolanti austriaci furono di vari (ma non numerosi) tipi, rag-gruppati secondo una di otto sigle alfabetiche seguita dall’ordinaled’immatricolazione. I Lohner, identificati dalla “L”, erano entrati inlinea nel 1914-15; avevano un motore Austro-Daimler, o Hiero-Warchalowski, o Rapp da 140-160 e poi 180 cavalli, toccavano i 100chilometri orari, salivano in quota a 1.000 metri in 18-20 minuti, por-tavano un pilota, un osservatore, una mitragliatrice e un carico uti-le di 100 o 200 kg di bombe. Erano usati per bombardamento e ri-cognizione con un’autonomia massima di 4 ore.

Gli Hansa Brandenburg, distinti dalla lettera “K”, erano di due tipi,entrambi nati da un progetto dell’Imperiale e Regia Marina daGuerra. I primi, consegnati nel 1916-17, avevano un motore da 180cavalli Austro-Daimler, o Rapp, o Mercedes, con un’autonomia divolo di 6 ore a tutta velocità. Toccavano i 135-140 chilometri orari.Salivano a 1.000 metri in 9 minuti, a 2.000 in 24 e a 3.000 in 45; ser-vivano al bombardamento e all’esplorazione, portando due perso-ne di equipaggio e 200 kg di carico utile.Gli altri, entrati in linea nel 1917, erano identici in tutto ai prece-denti salvo che la velocità massima era aumentata a 145 km/h,mantenendo intatte autonomia massima e velocità di salita allevarie quote.

L’ammiraglio Thaon di Revel e l’addetto navale inglese vicino ai restidell’idrovolante K 220 abbattuto nella Laguna di Grado il 28 luglio 1917

1916. Lohner 47 catturato

Idrovolante L 78 catturatodopo la fallita incursione nemicadel 27 marzo 1916contro le citta italiane

Resti dell’idrovolante K 228abbattuto presso Venezia

il 14 agosto 1917

Recupero dei restidell’idrovolante K 222

abbattuto

I resti dell’idrovolante K 222abbattuto a Brindisi l’11 agosto 1917galleggiano in rada.Sullo sfondo la corazzata Dante Alighieri,riconoscibile dai fumaioli accoppiati

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Il mese prima era stato perso il Lohner “78”.Entrato in servizio alla fine del 1915, l’”L78” fu inserito nella lineadell’Alto Adriatico, di base a Trieste, e cominciò ad operare a gen-naio del 1916. Il 17 di quel mese, pilotato dall’aspirante Freibergere col Tenente di Vascello Toncich come osservatore, fu uno degliotto idrovolanti che attaccarono Ancona bombardando la stazio-ne, la centrale elettrica e le caserme. Il 12 febbraio, sempre conFreiberger e Toncich, effettuò l’attacco, insieme ad altri tre idrovo-lanti, dell’impianto delle idrovore di Codigoro mentre il 15, con altriquattro velivoli, eseguì il bombardamento della fabbrica di muni-zioni e la raffineria di zolfo di Rimini.Il 27 marzo venne impegnato contro i ponti sul Piave fra San Donàdi Piave e Ponte di Piave, ma l’azione fallì per la scarsa visibilità.L’idrovolante venne colpito e catturato con tutto il suo equipaggio:Freiberger e l’osservatore, aspirante Igallfy von Igaly.Passiamo ai “K”, dalle maggiori prestazioni.Il “K220” entrò in servizio nella primavera del 1917 e fu basatoalla Stazione Idrovolanti di Trieste. Partecipò ad alcune azioni diguerra sul litorale controllato dagli austroungarici nella secondametà di maggio e, in giugno, ad azioni contro il litorale control-lato dagli Italiani, cioè su Palazzo, Monfalcone, Grado, Porto Ro-sega, San Giorgio di Nogaro, le foci del Tagliamento e su tutta laLaguna di Venezia.Fu abbattuto sulla laguna di Grado il 28 luglio 1917, durante l’azionein cui 21 idrovolanti delle stazioni di Trieste, Pola e Parenzo sgan-ciarono tre tonnellate di bombe. La sua distruzione fu resa pubbli-ca grazie ad una foto ricordo del Capo di Stato Maggiore, ammi-raglio Thaon di Revel, insieme all’addetto navale inglese davantiai rottami dell’apparecchio.Alla stessa operazione partecipò, ma con più fortuna, almeno inquella azione bellica, il “K228”.Entrato in linea operativa abbastanza tardi, nell’estate del 1917, erastato assegnato alla Stazione Idrovolanti di Parenzo. Fu impiegatoin luglio contro Piave Vecchia, le foci del Tagliamento e, il 28, nel-l’azione contro Grado in cui fu appunto abbattuto il “K220”.Nella notte del 9 agosto, pilotato da Wachtel (osservatore il sotto-tenente Ziegel), si alzò in volo per contrastare l’incursione aereaitaliana su Pola. Nello stesso mese compì delle incursioni su Pon-telagoscuro e Contarina. Fu abbattuto su Venezia il 14 agosto 1917,durante l’incursione compiuta da 20 idrovolanti della Imperiale eRegia Marina e 20 aerei dell’Esercito, sostenuti da cinque navi ecinque torpediniere.

Anche nel Basso Adriatico le operazioni aeronavali erano intense,partendo da Cattaro, Kumbor e Sebenico; anche lì le perdite au-striache furono sensibili.Cominciamo dal “K222”. Entrò in servizio nella tarda primaveradel 1917 e fu basato alla Stazione Idrovolanti di Kumbor, in Mon-tenegro, non lontana da Cattaro. Pilotato dal volontario Traxel-mayer e col tenente Toich come osservatore, partecipò ad alcu-ne azioni di guerra sul litorale italiano. Il 7 giugno fece parte dellaformazione che attaccò Taranto. In agosto, pilotato dal sottuffi-ciale Kniewallern col sottotenente Engel come osservatore, agìcontro Manfredonia e Brindisi, nella cui rada fu abbattuto l’11 diquello stesso mese.

43Marinai d’Italia Luglio 201842 Marinai d’Italia Luglio 2018

Il 7 luglio, sempre pilotato da de Banfield, scampò a stento all’in-seguimento di un Nieuport italiano mentre bombardava San Gior-gio di Nogaro. Il 12 luglio de Banfield lo usò per attaccare un ae-reo italiano, sparando “con fucile e pistola” e costringendolo adesistere dall’inseguimento. Il 27 agosto de Banfield, con questoapparecchio, scoprì e bombardò un sommergibile nei pressi delcampo minato di Primero, notando poi delle strisce di nafta. Ilgiorno dopo, sempre con l’”L47”, ritrovò un sommergibile cheperdeva nafta immerso nello stesso punto e scoprì una linea ditorpedini italiane.Nell’ottobre del 1915 l’”L47” effettuò delle ricognizioni dalle focidell’Isonzo a quelle del Piave. Il 24 ottobre, pilotato dal Sottote-

nente di Vascello Drakuli , partecipò da Trieste a un volo di squa-driglia da Pola su Venezia, dove furono colpite la stazione ferro-viaria, la centrale elettrica e il Forte di Tre Porti.Nel gennaio del 1916 effettuò altri voli di ricognizione e il 4 gennaioil pilota scoprì un banco di mine nella zona di Grado.Il mese seguente, pilotato dal Guardiamarina Schivanovits, fecevoli di esplorazione e il 19 febbraio 1916 partecipò all’intercettazio-ne, senza successo, d’un aereo italiano che riuscì nel disimpegno.Nella notte dal 17 al 18 aprile, pilotato dal Sottotenente di VascelloErnest barone von Schonberger (Sottotenente di Vascello E. F. Hr-dina come osservatore), il velivolo partecipò al bombardamento diTreviso; qui fu abbattuto e venne catturato anche tutto l’equipaggio.

Idrovolante K 307catturato a Brindisiil 27 settembre 1917

Idrovolante austriaco K 383catturato il 19 marzo 1918

Traino d’un idro austriaco,forse il k 388,abbattuto dagli aviatori di Marinail 19 marzo 1918

Idro A 91 abbattutoda Calvello

il 4 maggio 1918

Brindisi, 1917.Un idrovolante austro-ungarico del tipo Lohner di base

alle Bocche di Cattaro catturato e portato all’idroscalo di Brindisi

Grande Guerra

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Torniamo a nord, alla Stazione Idrovolanti di Trieste dove era as-segnato il “K383” entrato in linea nel tardo autunno del 1917.In novembre fu impiegato sulla costa fra Cortellazzo, Mestre eChioggia, come pure sull’entroterra di Treviso. In dicembre parte-cipò ad alcune crociere di protezione e all’inseguimento di alcuniMAS. Nel corso d’una missione sui depositi materiali di Maranza-no, il 19 marzo 1918, fu abbattuto e catturato con tutto l’equipaggio,composto dal pilota Adam e dall’osservatore Nagy. E veniamo al “K388”. In realtà la foto, comparsa senza altra dida-scalia che “idrovolante nemico abbattuto dagli aviatori di Marina”pone un problema d’identificazione. Fu pubblicata il 2 giugno del1918, due settimane prima dell’incursione austriaca su Mestre del15 giugno; perciò è da escludere che possa riferirsi a quella incur-sione. Di conseguenza bisogna cercarne un’altra precedente; l’u-nica possibile, perché è prossima alla data di pubblicazione ed èuna azione in cui gli avversari lamentino la perdita di un idrovolan-te nelle vicinanze di Venezia, sembrerebbe quella del 17 aprile1918. Se così fosse, l’aereo dovrebbe essere per l’appunto il“K388”. Ammettendo che lo sia, si trattava d’un apparecchio en-trato in linea da circa quattro mesi e che operava da Trieste. Il 17aprile 1918 partecipò al bombardamento della caserma della Re-gia Guardia di Finanza alla foce del Piave (insieme a cinque idro-volanti in aerocooperazione coll’Armata dell’Isonzo) e lì fu abbat-tuto, con la cattura dei tre componenti l’equipaggio: il pilota Kebered il meccanico Kuschel (feriti), l’osservatore Simentlasch (illeso).Questo spiegherebbe anche il successivo trasferimento dei resti

dell’aereo a Venezia, dove venivano concentrati gli ap-parecchi catturati.

Ed ecco l’unico “A”, l’”A91”, al qualeè legato il ricordo d’una vittoria ae-rea italiana notevole, almeno perl’epoca. Il 4 maggio 1918 gli idro-caccia italiani si scontrarono coi

loro avversari, guidati dall’asso del-l’aviazione di marina austro-ungarica, il baro-

ne triestino Goffredo de Banfield.La pattuglia dell’aviazione navale italiana, guidata dal Tenente diVascello Federico Carlo Martinengo e composta, oltre che da lui,dal Sottotenente di Vascello Umberto Calvello, dal 2º nocchieroAndrea Rivieri, dal 2º capo Guido Jannello e dal marinaio pilotaGiuseppe Pagliacci, stava scortando un Macchi “M.5” in ricogni-zione fotografica su Trieste e faceva parte di una formazione di 14

aerei italiani, con un MAS sotto di loro. Fu assalita da quattro idro-caccia austriaci Hansa Brandeburg del tipo “A”: l’”A78”, l’”A83”,l’”A82” (pilotato da de Banfield) e l’”A91” di Niedermayer.I piloti italiani rivendicarono l’abbattimento di tre idrocaccia. GliAustriaci ne ammisero due: l’”A91” e l’”A78” perché furono co-stretti ad ammarare e catturati insieme ai loro equipaggi dalle duetorpediniere italiane apparse nelle acque dello scontro. Tacquerosul terzo, l’”A82” di de Banfield, che era stato costretto ad amma-rare sotto costa; per cui gli aerei abbattuti dall’Aviazione Navaleitaliana effettivamente erano tre. Questo in foto è l’”A91”, obbliga-to all’ammaraggio da Calvello e fotografato dopo la cattura.Infine arriviamo al Lohner “L127”; e si vedrà fra poco perché siastato volutamente lasciato per ultimo.Entrò in servizio nell’autunno del 1916. Fu messo in linea nell’AltoAdriatico e basato a Pola. Cominciò ad operare a ottobre con deivoli di ricognizione e d’attacco su San Giorgio di Nogaro. Svolseattività di routine. Non prese parte a nessuna delle operazioni piùimportanti dell’aviazione di marina austro-ungarica e, forse an-che per questo, giunse agli ultimi mesi di guerra in buone condi-zioni. Era tanto in buone condizioni che la mattina del 3 giugno1918 la base dell’Aviazione Navale della Regia Marina di Anconaricevette una telefonata: due marinai italiani della “K.u.K. Krieg-smarine” avevano disertato, venendo in volo da Lussinpiccolo aFano con l’”L 127”!Il Tenente di Vascello Pellegrini ordinò al Guardiamarina Brigantid’accompagnarlo a Fano con un “FBA” (Franco-British AviatonCompany, idroricognitore biplano utilizzato sia dal servizio aero-nautico della R Marina che dal R. Esercito) per prendere in conse-gna l’aereo nemico. Partirono alle 9 e arrivarono in mezz’ora. Pel-legrini si fece spiegare dai due marinai come si pilotava il Lohnere, scortato dal “FBA” di Briganti, lo trasferì in Ancona verso mez-zogiorno. Briganti – lo vediamo qui – si fece fotografare sull’aereonemico, che poi venne rinchiuso in un hangar e ci restò fino… allafine della Guerra? No, un po’ di più, un bel po’ di più; perché se lodimenticarono, per settant’anni. Finché non fu ritrovato, restauratoe, privo del motore, esposto nel museo dell’Aeronautica Militare diVigna di Valle, sul Lago di Bracciano, dove ancora si trova; ultimosopravvissuto di tutti gli idro nemici abbattuti e presi dall’Aviazionedella Regia Marina durante la Grande Guerra.

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45Marinai d’Italia Luglio 2018

Questa fotografia, presa sullo scalodella stazione idrovolanti di Sant’Andrea a Venezia,

nel 1918, avanti all’hangar N. 2 della 260a Squadriglia,mostra, in primo piano, un idrovolante da caccia austro-ungarico

del tipo Hansa Brandenburg A caduto in mani italiane

In questa foto si noti,sullo sfondo,l’incrociatore corazzatoSan Giorgio

Il Guardiamarina Alberto Briganti sul Lohner 127 austriacoconsegnatosi il 3 giugno del 1918

Stessa sorte attendeva il “K307”. Entrato in servizio nell’estate del1917, fu basato anch’esso alla Stazione Idrovolanti di Kumbor. Pi-lotato da Ierch, con Leuti come osservatore, il 27 settembre 1917partecipò al bombardamento di sei idrovolanti austriaci su Brindi-si, colpendo i moli delle siluranti e dei sommergibili e i campi di vo-lo, ma fu abbattuto e catturato insieme all’equipaggio.

Grande Guerra

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Le strutture del mercantile sono ancora ben visibilie abitate da diverse forme viventi: all’interno della salamacchine osserviamo grandi scorfani rossi, eleganti musdeee molti gronghi. Uno in particolare è noto a tutti i suoisubacquei anche per il suo carattere un po’... irascibile.

Vedere ma non toccare... non provate ad accarezzarlose non si vogliono portare in superficie i segni dei suoi denti.Non è raro incontrare anche grandi aragoste, asticinella parte più profonda e qualche pesce di passo.Ci fiancheggiano due grossi dentici che provocano la fugain tutte le direzioni di un branco di castagnole.Sono predatori temibili, piuttosto frequenti sul relitto.Lungo la poppa osserviamo varie tubolature sulle quali fannocapolino alcune murene Helena incuriosite dal nostro arrivoe molti spirografi di grandi dimensioni. La tentazionedi penetrare nel suo interno non manca ma la presenzadi numerosi cavi ci fa cambiare idea. Il pericolo di restareintrappolati non vale la candela.

Procedendo verso la prua della nave, può essere osservatoil punto in cui avvenne lo spezzamento del relitto,e si riscontrano sul fondale alcune lamiere e parti della pruache troveremo più avanti ad una profondità di circa 52 metri.Decidiamo di tornare verso la costa con il fondale che risalefino ad una zona di coralligeno ricca di cavità geologichevivamente popolate da castagnole rosse, ricca di biodiversitàanimali e vegetali se vogliamo è anche un modo per scaricarel’azoto accumulato ed osservare begli esemplari di gorgoniabianca (Eunicella stricta) e spirografi di notevoli dimensioni.In sintesi, un’immersione che fa la gioia dei fotografisubacquei che hanno modo di sbizzarrirsi, nell’ultima partedell’immersione, in acque relativamente basse con moltisoggetti interessanti con un’ottima visibilità.

Una storia mai completamente chiarita

Come spesso accade per i relitti, la storia legata al loroaffondamento è avvolta nel mistero o, meglio dire, in fattimai completamente chiariti.Era il 3 aprile 1971, la Anna Bianca andò ad urtare controla scogliera di Giannutri ed affondò. spezzandosi in due.C’è chi dice che il mare era calmo, altri che un forte ventol’aveva spinta sugli scogli. Gli abitanti raccontanoche la mattina seguente la scogliera era completamentericoperta di polvere bianca. La leggenda dice che i localipensarono si trattasse di droga in realtà era la polveredella pietra pomice che il cargo trasportava.Che fosse stata affondata dall’equipaggio per ottenereun lauto rimborso dalla compagnia assicuratriceo se fu dovuto alle pessime condizioni meteorologiche marine,di fatto avvenne una esplosione che divise in due il mercantilefacendolo affondare in pochi minuti.Ora giace sul fondo del mare offrendo alle creature marineriparo e protezione e ai subacquei un bel punto di immersione.

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L’ isola di Giannutri ci regala sempre sorprese e,anche in presenza di tempo inclementele immersioni non mancano, basta cambiare lato.

Oggi parliamo del relitto della Anna Bianca, una bellaimmersione piena di spunti per subacquei e fotografisubacquei. Il relitto della “Bianca” si trova a circacento metri dalla costa, all’interno della parte norddi Cala Ischiaiola su un fondo sabbioso, sulla costaoccidentale dell’isola. Certo è un’immersione non per tutti,viste le profondità in gioco che vanno nel lato più distanteda terra ad oltre i 45 metri. Quello che inganna i visitatoriè la visibilità subacquea che spesso è maggiore di 30 metried invita all’esplorazione dello scafo.

Il subacqueo poco accorto si potrebbe trovare facilmenteoltre la curva e nel caso dovrà affrontare lunghi minutidi decompressione.Come sempre la pianificazione è essenziale ma ne valela pena. Per il supporto di superficie, si consiglia di rivolgersia diving professionali (noi ci siamo serviti dell’ottimoDiving “Il Nostromo” di Porto Santo Stefano). Scendiamo lungo la cima dell’ancora, sulla verticale dellapoppa del relitto che si presenta in più tronconi, partendodai circa 35 metri della poppa fino ad oltre i 50 metridella prua. Immergendosi, il primo troncone del relittoche troveremo è quello di poppa che prosegue verso sudad una profondità di circa 35 metri.

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Com’è profondo il mare...

GiannutriIl relittodell’Anna BiancaAndrea Mucedolawww.ocean4future.org /archives/13393

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48 Marinai d’Italia Luglio 2018

Orazio Ferrara PELLE DI MARINAIAviani e Aviani Editori - Udine€ 18,00

G ià il titolo del libro è accatti-vante, poiché ricorda il più ce-

lebre “Pelle d’Ammiraglio” di Alber-to Da Zara. Non contrapposizione,però, ma completamento delle “pel-li”: a quelle degli Ammiragli devonoaggiungersi quelle dei marinai, percompletare il quadro delle vicendedella Marina Italiana nel corso delsecondo conflitto mondiale. OrazioFerrara è noto ai nostri lettori: origi-nario di Pantelleria, ha curato il vo-lume – qui già presentato – di Giu-seppe Ferrara “Memorie di un Se-condo Capo della Regia Marina”,arricchendolo con quell’ultimo, pre-zioso ed esauriente capitolo sullaresa di Pantelleria. Questo volumeracconta storie di eroismo, da quel-lo silenzioso degli equipaggi a quel-lo dei nostri straordinari Comandan-ti in mare, cui l’autore ha voluto as-sociare pagine non esaltanti di cer-te “poltrone” di Supermarina. Tuttestorie della nostra guerra sul mare,oggi possiamo dire amara e a volte“sfortunata”, spesso per la pochez-za dei nostri capi più che per l’av-verso destino. Sempre una Storiafatta di sacrifici, eroismo e abnega-zione cui avrebbe potuto e dovutocorrispondere migliore sorte, storie“nostre” che, piaccia o no, che fan-no parte del nostro tessuto socialee nazionale, ne dovrebbero esaltarela trama e dalle quali non è giustoné corretto stralciare a nostro piaci-mento quelle che non ci piacciono.Storie, alcune, forse minimali – manon per chi le ha vissute – ma cer-tamente cariche di straordinariaumanità. Non vuole essere una rac-colta apologetica né un nuovo librodenigratorio o accusatorio, solo unaserie di storie di vita vissuta e sof-ferta sul mare, sulla “pelle” appun-to, di uomini e mezzi della nostra Re-gia Marina. E come tutte le storieche riguardano fatti e uomini veri,

sono “impastate di fango e di cielo”,come conclude giustamente l’auto-re. Egli non giudica, perché per giu-dicare occorre conoscere i fatti, gliantefatti e le vere connessioni: par-tiamo allora, sembra suggerire Fer-rara, dalla conoscenza, poi potremotrarre, ciascuno di noi, le conclusio-ni. Se poeticamente l’autore aprecon la storia della Preghiera del ma-rinaio, quasi fosse il collante di tut-to, gli dobbiamo un grazie per averriportato all’attenzione la vicendadella Motonave “Umbria” e del suocomandante Lorenzo Muiesan, cosìcome quelle del R. Smg. “Perla” inMar Rosso e del R.Smg. “Lafolé” inMediterraneo. Anche le più noteoperazioni che videro i nostri som-mergibili atlantici, come il “Morosi-ni”, il “Tazzoli” e il “Da Vinci” sonoqui riprese per individuarne ed esal-tarne aspetti particolari e carichi dipathos. La storia che riguarda CapoAmendola, trucidato nelle foibe titi-ne, serve a richiamare la dolorosavicenda dei nostri italiani d’Istria edi Dalmazia, il cui esodo solo di re-cente ha avuto il riconoscimentodella memoria nazionale. Ferrara ciha ormai abituato alle chiuse dram-matiche ed anche in quest’occasio-ne non si smentisce: leggere dellafuga e del “travestimento” in abitiborghesi del Contrammiraglio Pria-mo Ugo Leonardi, il comandantedella munitissima base di Augustaall’apparire degli Alleati, riporta allagià citata resa di Pantelleria, con lamedesima drammaticità. E terminapoi con l’angosciosa e mai definiti-vamente chiarita, nonostante i pro-cessi e le commissioni d’inchiesta,questione “Maugeri”, l’ammiragliodecorato dopo la guerra dagli Ame-ricani “per la condotta eccezional-mente meritevole nel compimentodi superiori servigi resi al governodegli Stati Uniti in qualità di Capodel servizio informazioni navali ecome capo di stato maggiore dellamarina prima e dopo la secondaguerra mondiale”. La ferita ancorasanguina nel costato della Marina,che lo ebbe come suo Capo nell’im-mediato dopoguerra ma che lo an-noverava capo delle informazioniprima dell’8 settembre e dunque si-curamente coinvolto in quell’orribi-le, infamante e mai punita fornituradi “servizi” all’allora nemico, percolmo d’ignominia resa non perse-guibile dall’art.16, del trattato di pa-ce impostoci dagli Alleati (in spre-gio alla consegna della flotta e allacobelligeranza).

Boetto CohenL’ARTE DI SFIDARE IL TEMPOEberhard & Co.Una grande storia di uomini e orologi

Rizzoli editore

I l libro celebra i primi 130 anni distoria della Eberhard, produttore

svizzero di orologi assurti a mito delsettore. La casa ha impostato i fe-steggiamenti sulla produzione diuna serie limitatissima del suo cro-no più prestigioso, cui ha voluto ab-binare una pubblicazione che, oltrea ricordare i passi storici dell’azien-da, riportasse all’attenzione i lega-mi tecnici e storici con il mondo del-la Marina, dell’Aeronautica e del-l’automobilismo. A noi è molto pia-ciuto che la parte al mare connessasia stata dedicata al decano deisommergibilisti italiani, Mario Ros-setto, già secondo in comando (me-glio “tenente”, come lo si chiamavaallora) dell’asso degli affondatoriCarlo Fecia di Cossato nel corsodella battaglia dell’Atlantico sul mi-tico “Tazzoli”. L’originale racconto,che intervalla ricordi e racconti acronache odierne legate a ripresetelevisive e visite a Bordeaux, deli-nea l’animo del sommergibilistameglio di tanti scritti o narrazioni.Rossetto infatti, il nostro amato“Comandante” che ci ha onoratodella sua stima ed amicizia fino agliultimi istanti della sua vita, nonostenta, non enfatizza, non mitizza:

descrive mirabilmente l’animo di ungiovane che imbarca sui battelli“,.perché è bello essere sommergi-bilisti, perché lì si deve impararepresto e a trent’anni si prende il co-mando”. E, ammette senza reticen-ze, si può avere anche paura, unapaura tremenda sotto un bombar-damento di profondità, forse la cosapiù spaventosa che un uomo possaprovare. Il “Finzi”, suo primo co-mando, lui il più giovane comandan-te della flotta, inviato nel mezzodell’Oceano Atlantico, fra l’Africaed i Brasile ad incontrare il mitico“Da Vinci” di Gianfranco GazzanaPriaroggia, per rifornirlo di viveri esiluri. E con i mezzi di allora, senzaGPS, senza strumenti sofisticati,sembra quasi una scommessa,però vinta dalla tenacia e dalle vo-lontà. Poi, a missione assolta, è ilsuo turno di attacchi ai mercantili,di salvataggio dei naufraghi, in unaguerra vissuta in ogni suo meandrodi eroismo e di cameratismo. E lamente va al suo equipaggio, strettointorno al suo Comandante, “dentroun tubo d’acciaio a sua volta ripienodi tubi, dove non entra mai la lucedel sole”. Un sistema uomo-mac-china scandito dalla misura deltempo, dai turni di guardia alle ve-glie delle vedette, dalla carica bat-terie la più rapida possibile persfuggire ai radar ed agli aerei aicalcoli di longitudine. E Rossetto ri-corda che “il mio Eberhard mi è par-ticolarmente caro perché me lo haregalato mio padre il giorno del di-ploma in Accademia Navale ed ètra le poche cose personali cheposso portare con me in missione,la più preziosa”. Ricordi di guerra,nostalgia di persone lontane, dove-re da compiere e compiuto con tut-te le proprie energie e capacità:uno splendido esempio, privo diogni retorica, di virtù del marinaioitaliano.

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Recensioni di Paolo Pagnottella

Ristampa del romanzo storicoSOMMERGIBILE DA VINCIMISSIONE FINALEnarrante l’ultima missionedi questo sommergibile italiano.

Il libro si potrà acquistarepresso Tuttostoria.itdi Ermanno Albertelli Editore,oppure rivolgendosi direttamenteall’autore, V. Emanuele Dalla [email protected]

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