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Maria Giulia Catemario 1 Tutto è mobbing . . . . . . . . . . . . . . . . . niente è mobbing Maria Giulia Catemario matricola 466 CORSO RESPONSABILI DEI SERVIZI DI PREVENZIONE E PROTEZIONE A.A 2011-2012

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Maria Giulia Catemario 1

Tutto è mobbing . . . . . . . . . . . . . . . . . niente è mobbing

Maria Giulia Catemariomatricola 466

CORSO RESPONSABILI DEI SERVIZI

DI PREVENZIONE E PROTEZIONEA.A 2011-2012

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SaluteStato di completo benessere fisico mentale e sociale non consistente solo in una assenza di malattia

Sistema di promozione della salute e sicurezzaI soggetti istituzionali che concorrono, con la partecipazione delle parti sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento finalizzati a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici.

Benessere organizzativo La capacità di un’organizzazione di promuovere e di mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori e delle lavoratrici in ogni tipo di occupazione.

Benessere e salute

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Malattie lavoro - correlate

compiti esorbitantisquilibrio

responsabilità/competenze

inattività forzata,privazione strumenti di lavoro

ambiguità e conflitti di ruolo

svuotamento delle mansioni

compiti dequalificanti e scarsa varietà del lavoromarginalizzazione ecc.……

PRINCIPALI FONTI DI RISCHIO da circolare Inail n. 71 del 17 dicembre 2003

“mobbing strategico”

“stress lavoro-correlato”

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Malattie lavoro - correlate

La risposta dell’organismo (reazioni fisiche ed emotive potenzialmente dannose) che insorge quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle capacità o esigenze del lavoratore o lavoratrice

STRESS LAVORO - CORRELATO

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Il mobbing

Il termine mobbing nasce dal verbo inglese “TO MOB” (accerchiare, affollarsi attorno a qualcuno) )

Gli elementi essenziali del fenomeno sono: l’aggressione o persecuzione di carattere psicologico: la

volontà del datore di lavoro o del collega diretta alla persecuzione o all’emarginazione del dipendente o collega;

la frequenza, sistematicità e durata nel tempo: la protrazione per un periodo più o meno lungo della pluralità di atti lesivi; la condotta deve essere reiterata e sistematica (almeno una volta a settimana per almeno sei mesi)

le conseguenze patologiche gravi che ne derivano per il lavoratore mobbizzato : la conseguente lesione al’integrità psico-fisica e la personalità morale del lavoratore.

Il mobbing è la causa delle malattia e non l’effetto (come lo stress, il burn out, la depressione)

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Cosa non è mobbing

I fattori organizzativo/gestionali legati al normale svolgimento del rapporto di lavoro; nuova assegnazione, trasferimento, licenziamento

Le situazioni indotte dalle dinamiche psicologico-relazionali: conflittualità interpersonali, difficoltà relazionali o condotte comunque riconducibili a comportamenti puramente soggettivi che, in quanto tali, si prestano inevitabilmente a discrezionalità interpretative

Anche un comportamento lecito del datore di lavoro (es. richiami, visite fiscali) può diventare illegittimo vessatorio nel caso nasconda un intento persecutorio (sentenza Corte di Cassazione 475/1999)

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Le basi legali

Il mobbing costituisce reato, purché i singoli comportamenti, isolatamente considerati, corrispondano a una fattispecie prevista dal nostro codice penale come ad esempio: l’ingiuria, la violenza privata

Vi sono però casi di singoli comportamenti di natura vessatoria che isolatamente considerati non corrispondono a nessuna fattispecie di reato, però producono danni, menomazioni dell’integrità psico-fisica della vittima. In questi casi l’intento persecutorio, caratterizzando d’illiceità i comportamenti, diventa elemento costitutivo del reato di lesioni colpose.

Il lavoratore o la lavoratrice deve, comunque, fornire la prova del danno ingiusto e quindi del comportamento contra legem.

In Italia non vi sono normative specificamente rivolte a disciplinare il fenomeno del mobbing, ma solo -e da diversi anni- alcuni disegni e proposte di legge.

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Le basi legali

Art. 2087 codice civile "tutela delle condizioni di lavoro”, (obbligo del datore di lavoro di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro;

Art. 2049 e 2059 cod.civ., ed il regime di corresponsabilità del datore di lavoro per i fatti dei propri dipendenti che cagionino ad altri dipendenti danni non patrimoniali)

Disciplina sulla sicurezza sul lavoro, decreto legislativo 9. 4. 2008, n. 81.

Competenza all’Inail in materia di mobbing: sono malattie professionali, non solo quelle elencate nelle apposite Tabelle di legge, ma anche tutte le altre di cui sia dimostrata la causa lavorativa. Si prevede l’indennizzo Inail anche per il danno biologico.

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Quali le azioni vessatorie

Attacchi alla possibilità di comunicare gesti e sguardi scostanti, rimproveri e critiche frequenti ecc.

Attacchi alle relazioni sociali trasferimento in un altro lavoro isolato, marginalizzazione dalla attività lavorativa, svuotamento delle mansioni

Attacchi all’immagine sociale derisione, imposizione a fare lavori umilianti, impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie

Attacchi alla qualità della situazione professionale e privata prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto, prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione a eventuali condizioni di handicap psico-fisici

Attacchi alla salute minacce di violenza fisica

(da Leymann)

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Quali conseguenze?

La persona mobbizzata si trova nell’impossibilità di reagire adeguatamente agli attacchi e con il passare del tempo può accusare disturbi psicologici, psicosomatici e sociali.

Tutte le vittime di azioni vessatorie si assentano per malattia per periodi variabili da sei settimane ad oltre tre mesi l’anno

Diminuzione dell’attenzione e incremento degli infortuni sul lavoro e degli errori di produzione

La presenza lavorativa di un soggetto vittima di mobbing subisce un calo del 60% in termini di produttività ed efficienza

(Indagine ISPESL- Ist. Sup. Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro)

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Il casi di mobbing: l’esperienza del sindacato

Tra le persone che si rivolgono allo sportello del sindacato:

il 25 % dei casi è un ambiente di lavoro con alta litigiosità

il 15 % vengono risolti tramite l’intervento delle strutture sindacali

il 25 % scompaiono, dopo aver denunciato lo stato di malessere

il 4 % è convintissimo di essere mobbizzato, sono lavoratori con problemi particolari

il 5 % dei casi trova l’ auto soluzione,

per circa il 26 %, inizia un contenzioso legale

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Le azioni di prevenzione

Migliorare l’ambiente psicosociale di lavoro:- Dare ai singoli lavoratori o lavoratrici la possibilità di scegliere le

modalità di esecuzione del proprio lavoro- Diminuire l’entità delle attività monotone e ripetitive- Aumentare le informazioni concernenti gli obiettivi- Evitare definizioni imprecise di ruoli e mansioni.

Sviluppare una cultura organizzativa i cui standard e valori siano contro il mobbing:

– indagare l’estensione e la natura del fenomeno;– distribuire/comunicare i valori dell’organizzazione a tutti i livelli

organizzativi, per esempio tramite manuali destinati al personale, riunioni informative, bollettini;

– fare in modo che i valori dell’organizzazione siano noti ed osservati da tutti i lavoratori

– migliorare la responsabilità e la competenza del management per quanto riguarda la gestione dei conflitti e la comunicazione;

– coinvolgerei dipendenti ed i loro rappresentanti nella valutazione del rischio e nella prevenzione del mobbing.

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Le azioni di prevenzioni: dal comitato sul mobbing al CUG

Nelle amministrazioni pubbliche: nel 2002 è stata prevista l’introduzione dei Comitati paritetici sul fenomeno del mobbing inteso come forma di violenza morale e/o psichica in ambito lavorativo, attuato dal datore di lavoro o da altri/e dipendenti, nei confronti di un lavoratore/una lavoratrice.

Nel 2012 viene istituito il Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunita', la valorizzazione del benessere di chi lavora contro le discriminazioni (genere, all’età, all’orientamento sessuale, all’origine etnica, alla disabilità, alla religione e alla lingua)

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Le azioni di prevenzione del mobbing

Principali competenze sul mobbing: raccolta dei dati relativi all'aspetto quantitativo e qualitativo del

fenomeno del mobbing individuazione delle possibili cause del fenomeno, con particolare

riferimento alla verifica dell'esistenza di condizioni di lavoro o fattori organizzativi e gestionali che possano determinare l'insorgere di situazioni persecutorie o di violenza morale nei luoghi di lavoro

formulazione di proposte di azioni positive in ordine alla prevenzione e alla rimozione delle situazioni di criticità negli ambienti di lavoro;

formulazione di proposte per la definizione dei codici di condotta;

Coordinamento con d.lgs 150/2009 (piano della performance e OIV)

Coordinamento con d.lgs 81/2008 (T.U. in materia della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro)

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Le azioni di prevenzioni:la consigliera di fiducia

E’ uno/una specialista chiamato/a ad prevenire i fenomeni delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro, del mobbing. Ha i requisiti di riservatezza, terzietà, autonomia e indipendenza di giudizio, oltre alla provata competenza.

Non è un/una sindacalista, né un/una rappresentante dei lavoratori, non è un/una componente dei comitati pari opportunità, non è un/una rappresentante per la sicurezza e nemmeno un medico del lavoro, anche se un medico del lavoro potrebbe diventare un terminale sensibile delle situazioni di disagio.

Ha il ruolo di: prevenire, gestire, risolvere i casi di molestie, mobbing e discriminazioni laddove esista un codice di comportamento approvato dall’Ente o dall’impresa di riferimento.

Chiunque sia la persona designata, dovrà avere una formazione adeguata sul modo migliore di risolvere i problemi per poter svolgere il suo compito con efficacia.

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Le azioni di prevenzioni: il codice di condotta-codice etico E’ un atto di carattere volontario, assunto del datore di lavoro

(pubblico e privato) al fine di promuovere un clima favorevole al rispetto della dignità della persona che lavora.

Il codice si integra, affianca e supporta le regole contenute nei contratti collettivi e nelle leggi.

Ha specifiche funzioni di prevenzione dei comportamenti vietati, crea procedure utili alla soluzione delle vicende rientranti nel suo campo d’applicazione, favorisce l’emersione delle situazioni latenti e cerca, nel contempo, di formare ed informare.

Il codice è preferibilmente il risultato di un processo di elaborazione partecipata, aperto alle parti sociali, ai comitati di parità (laddove esistenti) e/o ai dipendenti e alle loro rappresentanze.

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Il codice etico dell’Università della Tuscia

Determina i valori fondamentali della comunità universitaria, promuove il riconoscimento dei diritti individuali nel rispetto dei principi costituzionali, detta le regole di condotta nell’ambito della comunità. (art.1)

L’Ateneo garantisce, nei confronti di tutte le sue componenti, le medesime condizioni di rispetto e di pari dignità. Respinge ogni forma di discriminazione in riferimento alla religione, alla cittadinanza, alla lingua, alle condizioni personali e sociali, quali l’identità sessuale, l’aspetto fisico, l’età, la salute, la disabilità, la gravidanza, la condizione economica e le convinzioni individuali. (art 4)

L’Ateneo adotta opportune strategie atte a evitare comportamenti discriminatori o vessatori abituali e protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di qualsiasi membro della comunità accademica che si sostanzino in forme di persecuzione psicologica o violenza morale tali da compromettere la serenità nei luoghi di lavoro, la salute, la professionalità e la dignità. (art. 4)

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Il codice etico dell’Università della Tuscia (art. 5)

Non è consentito approfittare dell’autorevolezza che deriva dalla posizione e dall’incarico ricoperto allo scopo di trarne vantaggi personali o di indurre altri soggetti ad eseguire prestazioni o servizi estranei allo svolgimento delle attività istituzionali.

L’Ateneo non tollera abusi o molestie di natura sessuale ed assicura alle vittime una sollecita protezione. È da considerarsi molestia anche ogni forma di ritorsione nei confronti di chi denunci i predetti comportamenti o ne sia involontario testimone. L’esistenza di un rapporto di subordinazione tra la vittima e chi molesta costituisce elemento aggravante. Assumono particolare gravità gli abusi e le molestie sessuali da parte di docenti nei confronti di studentesse e studenti.

L’Ateneo rifiuta qualsiasi tipo di molestia morale o qualsiasi comportamento lesivo della dignità umana e adotta opportune strategie atte a disincentivare comportamenti vessatori occasionali o protratti nel tempo, che si sostanzino in forme di persecuzione psicologica o violenza morale tali da determinare un degrado delle condizioni di studio e di lavoro.

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La Commissione Etica

Per garantire la corretta attuazione dei precetti contenuti nel Codice etico è istituita la Commissione Etica composta da cinque membri:

uno con funzioni di Presidente, scelto tra i professori ordinari in materie giuridiche;

2 docenti di cui 1 professore associato e 1 ricercatore; due unità del personale tecnico-amministrativo di ruolo.

Svolge funzioni consultive, di elaborazione di indagine e di controllo, in merito alla definizione, all’attuazione e al rispetto delle norme del Codice;

Favorisce, ove possibile, la composizione amichevole delle eventuali controversie;

Segnala agli organi competenti i responsabili di eventuali inadempienze e può altresì proporre al Rettore l’avvio dei provvedimenti disciplinari;