MAMME E PAPA AL LAVORO LAVORO[DOCUMENT T ITLE … · non oltre 30 giorni) prima della nascita e...

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MAMME E PAPAAL LAVORO [D T ] STORIE, DIRITTI, OPPORTUNITA

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MAMME E PAPA’ AL LAVORO

LAVORO[DOCUMENT TITLE] STORIE, DIRITTI, OPPORTUNITA’

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DIRITTI E OPPORTUNITA’

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Prima del parto:

entro quando devo comunicare che sono incinta? non c’è alcun obbligo di tempo. Chiaramente lo devi far sapere se vuoi utilizzare i permessi per gli esami e quando chiederai il congedo di maternità, normale o anticipato. Tieni presente che l’obbligo del datore di lavoro a tutelare la tua salute in gravidanza scatta dal momento che ne è ufficialmente a conoscenza.

e gli esami da fare? per tutti i controlli diagnostici hai diritto ad assentarti e le ore di assenza sono retribuite purchè porti il giustificativo.

come si richiedono? la Asl o lo specialista della sanità pubblica o privata ti rilascia un giustificativo, dove è indicata l’ora, l’orario di permanenza e la dicitura “controllo in gravidanza”. Basta poi consegnare il certificato al datore di lavoro.

il mio lavoro può essere pericoloso? nel Documento di Valutazione del rischio della tua azienda dovrebbe essere indicato se il tuo lavoro è rischioso per le donne in gravidanza, allattamento o puerperio. In ogni caso, rivolgiti ai Medici del Lavoro del Dipartimento Prevenzione della tua ASL. Ti diranno loro se e quali rischi comporta la tua attività. Nella P.A. il referente è il Responsabile della Sicurezza Prevenzione e Protezione sul luogo di lavoro.

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se il mio lavoro è rischioso cosa faccio? in questo caso, il datore di lavoro è obbligato a modificare la tua attività o a trovarti una mansione non rischiosa. Se questo non è possibile, hai diritto all’astensione anticipata.

che cosa è l’astensione anticipata? la legge prevede che tu possa stare a casa prima del 7° mese di gravidanza se il tuo lavoro è pericoloso, oppure se la tua situazione di salute o quella della bambina o del bambino sono a rischio.

come faccio per fare la domanda di astensione anticipata? fatti rilasciare il certificato di gravidanza dal tuo medico e dal ginecologo che attesti le tue condizioni di salute e presenta la domanda di astensione anticipata alla Direzione Provinciale del Lavoro o al Dipartimento di Prevenzione della tua Asl.

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Dopo il parto:

CONGEDO DI MATERNITÀ/PATERNITA’

cos’è il congedo di maternità? è un periodo obbligatorio di assenza dal lavoro, prima e dopo la nascita della tua bambina o del tuo bambino. Non si può mai rinunciare al congedo di maternità, neanche se te lo chiede il datore di lavoro.

cos’è il congedo di paternità? Il padre lavoratore ha diritto al congedo di paternità per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla madre, solo in caso di morte o di grave infermità della madre o di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.

quanto dura? il periodo è di 5 mesi, generalmente due prima della nascita e tre dopo. Se vuoi, e le tue condizioni di salute te lo permettono, puoi stare a casa 1 mese (fino e non oltre 30 giorni) prima della nascita e rimanere a casa per 4 mesi dopo il parto. In caso di parto prematuro i giorni compresi tra la data di nascita effettiva e quella presunta possono essere recuperati in aggiunta ai tre mesi dopo il parto. Se il figlio nato prematuro ha necessità di un periodo di degenza presso una struttura ospedaliera, pubblica o privata, la madre ha diritto alla sospensione temporanea del congedo di maternità. In questo caso il congedo obbligatorio post partum, comprensivo del residuo periodo ante partum non goduto, andrà a decorrere dalla data dell’effettivo rientro a casa del figlio. In caso di parto plurimo il congedo di maternità o di paternità ha la stessa durata del congedo prevista per il parto singolo. Nel caso di adozione o di affidamento, è possibile avere il congedo per cinque mesi a prescindere dall'età del minore adottato e di tre mesi nel caso dell'affido.

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I congedi possono essere utilizzati anche prima dell’ingresso del bambino in Italia, nel caso delle adozioni internazionali, quando la coppia si reca all’estero per incontrare il minore per perfezionare le procedure adottive. Al padre lavoratore spetta il congedo di paternità (adozione nazionale, internazionale ed affido), alle stesse condizioni previste per la madre, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua, in alternativa alla madre lavoratrice che vi rinuncia anche solo parzialmente. Il padre lavoratore potrà usufruire dei congedi anche in caso di decesso o infermità della madre e nei casi di abbandono o affidamento esclusivo.

quali documenti si devono presentare al lavoro? bisogna presentare al datore di lavoro il certificato di nascita o una dichiarazione sostitutiva entro trenta giorni. Se vuoi lavorare anche l’ottavo mese di gravidanza occorre una certificazione del tuo medico e del medico competente (ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro) attestante che il prolungamento dell’attività lavorativa non arreca pregiudizio alla tua salute e a quella del bambino.

quale è il trattamento economico? si riceve l’80% dello stipendio. Molti contratti di lavoro, come quelli del pubblico impiego, prevedono l’integrazione al 100%. Il periodo di assenza conta come anzianità di servizio, anche ai fini della 13° mensilità e delle ferie. Se vuoi utilizzare ferie o permessi in aggiunta al congedo per maternità sappi che ne hai diritto.

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la malattia che insorge durante il congedo di maternità è indennizzabile? No, e neppure sospende il decorso normale di tale periodo.

Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza avvenuta entro il 180° giorno della gestazione l’astensione è retribuita come malattia. Invece in caso di

interruzione successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, l’astensione è considerata maternità a tutti gli effetti; le lavoratrici hanno comunque facoltà di

riprendere in qualunque momento l'attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario

nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi

pregiudizio alla loro salute

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PERIODI DI RIPOSO (allattamento)

Cosa sono? La lavoratrice madre ha diritto dopo il terzo mese ed entro il primo anno di vita del bambino di assentarsi giornalmente dal lavoro per usufruire dei cosiddetti “periodi di riposo”. Anche il padre può godere di questi periodi di riposo, qualora sia un lavoratore dipendente.

A chi va presentata la domanda? La domanda va presentata solo al datore di lavoro.

Chi può usufruirne? la lavoratrice dipendente con orario di lavoro pari o superiore alle 6 ore. In questo caso ha diritto a due periodi di riposo (cosiddette “ore di allattamento”) di un’ora ciascuno, anche cumulabili durante la giornata lavorativa (tot. 2 ore al giorno) la lavoratrice che lavora meno di 6 ore al giorno. In questo caso può usufruire di un riposo di un’ ora durante la giornata lavorativa il padre lavoratore a condizione che il bambino sia affidato esclusivamente a lui oppure che la madre non se ne avvalga o non possa avvalersene perché lavoratrice domestica o a domicilio, autonoma o libera professionista. Possono essere utilizzate dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice dipendente. Se la madre è casalinga, i riposi giornalieri spettano al padre in ogni caso

In caso di parto plurimo sono raddoppiati i periodi di riposo durante la giornata lavorativa.

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sei un genitore adottivo o affidatario? nel caso di adozione o affidamento, si possono utilizzare le medesime regole entro il primo anno dall’ingresso nella famiglia. In caso di adozione o affidamento di più bambini con meno di un anno di età le ore raddoppiano.

per la retribuzione? i riposi sono considerati come ore di lavoro a tutti gli effetti, quindi retribuiti al 100%

e per la previdenza? i riposi sono coperti da contribuzione figurativa. Nel pubblico impiego la retribuzione è totalmente a carico del datore di lavoro che quindi versa i contributi effettivi (non figurativi).

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CONGEDO PARENTALE

che cosa è il congedo parentale? è un’astensione facoltativa dal lavoro della durata di 6 mesi fino all’ottavo anno di vita del bambino che va richiesto all’INPS; tale richiesta va presentata anche al datore di lavoro 15 GIORNI PRIMA dell’inizio dell’astensione. In caso di rapporto di lavoro dipendente da pubblica amministrazione la richiesta va presentata solo al datore di lavoro. Qualora sussistano gravi motivi si può prescindere dal termine di preavviso. Il termine

di preavviso va comunque calcolato non in giorni di lavoro effettivi ma in giorni di calendario.

A chi spetta il congedo parentale? Può essere usufruito da entrambi i genitori, anche contemporaneamente, per un periodo complessivo di 10 mesi (elevabili a 11)

Alla madre lavoratrice spetta un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi.

Al padre lavoratore spetta un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi elevati a 7 se esercita il diritto all’astensione per un periodo non inferiore a 3 mesi.

Qualora vi sia un solo genitore, questi ha il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato pari a 10 mesi.

Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro non ne abbia diritto in quanto non occupato o appartenente a una categoria diversa da quella dei lavoratori subordinati.

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La possibilità della fruizione contemporanea del congedo parentale fa sì che il padre possa utilizzare il proprio periodo durante il congedo di maternità della madre e mentre la madre usufruisce dei riposi giornalieri per allattamento.

quando posso avere il congedo parentale? il diritto può essere esercitato fino agli 8 anni di età del bambino o della bambina, per un periodo continuativo o frazionato. Questo significa che puoi prenderlo anche per un solo giorno. Il congedo parentale non fruito decade.

sei la mamma di due gemelli? allora i mesi di congedo raddoppiano. Il congedo parentale è calcolato per ogni figlia/o.

il congedo parentale può essere negato? no. Il datore di lavoro che ostacola il diritto al congedo parentale è perseguibile a norma di legge.

qual è il trattamento economico durante il congedo parentale?

FINO AL TERZO ANNO DI VITA DEL BAMBINO: Per i primi 6 mesi di astensione facoltativa il genitore viene indennizzato al 30% della retribuzione salvo i trattamenti migliorativi disposti dal relativo contratto collettivo. Il contratto degli enti locali prevede che il primo mese di astensione facoltativa sia pagato al 100%, mentre i restanti 5 sono pagati al 30%.

OLTRE IL TERZO ANNO DI VITA DEL BAMBINO: il genitore viene indennizzato al 30% della retribuzione solo nel caso in cui il reddito sia inferiore a 2,5 volte il trattamento minimo di pensione. Tale periodo è anch’esso coperto da contribuzione figurativa, avendo come valore retributivo il doppio dell’assegno sociale.

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…e quello normativo? il periodo di congedo è calcolato nell’anzianità di servizio. Sono esclusi gli effetti relativi alle ferie ed alla tredicesima mensilità.

sei una lavoratrice autonoma? Le lavoratrici autonome possono astenersi dal lavoro per 3 mesi entro il primo anno di vita del bambino. Ai padri lavoratori autonomi non è riconosciuto il diritto al congedo parentale.

Hai un contratto di lavoro parasubordinato? a partire dal 1° gennaio 2007, le lavoratrici e i lavoratori parasubordinati, che non siano titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, possono astenersi dal lavoro per 3 mesi entro il primo anno di vita del bambino.

sei un genitore adottivo o affidatario? i genitori adottivi o affidatari, analogamente ai genitori biologici, possono fruire del congedo parentale entro i primi otto anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare, indipendentemente dall'età del bambino nel momento dell'adozione o dell'affidamento e comunque non oltre il compimento della maggiore età.

I genitori di minori con handicap grave accertato (art.4 comma 1 legge 104/92) possono entro il compimento dell’ottavo anno di vita de bambino, prolungare il

congedo parentale per un periodo massimo, comprensivo del congedo parentale ordinario, non superiore a 3 anni a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che in tal caso non sia richiesto dai

sanitari la presenza del genitore

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CONGEDO PER MALATTIA FIGLIO

il bimbo è ammalato… i congedi per malattia del figlio sono un diritto della mamma, in alternativa del papà, fino all’ottavo anno di età del figlio. Il congedo spetta al genitore richiedente anche se l’altro genitore non ne ha diritto. Nel caso di due gemelli ammalati entrambi, si possono assentare tutti e due i genitori.

come si richiede il congedo per la malattia del figlio? con una domanda al datore di lavoro allegando il certificato di malattia rilasciato da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato. Attenzione: a questo tipo di congedi non si applicano le disposizioni sul controllo della malattia dei lavoratori. Chi prende il permesso deve dichiarare che l’altro genitore non si astiene dal lavoro per lo stesso motivo.

la mia piccola ha meno di 3 anni… puoi assentarti dal lavoro in qualsiasi momento, senza vincoli di tempo e fino alla completa guarigione, per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio/a. Nel caso di adozioni e affidamenti il limite di età è elevato a sei anni.

il mio bimbo ne ha più di 3 ma meno di 8….. se il tuo bambino (dai 3 agli 8 anni di età) si ammala, puoi assentarti dal lavoro per un massimo di 5 giorni lavorativi (per ciascun genitore da utilizzare alternativamente)all’anno per ogni figlio/a.

sono un genitore adottivo o affidatario se, all’atto dell’adozione o dell’affidamento, il bambino o la bambina hanno tra i 6 e i 12 anni, si può utilizzare questo tipo di congedo nei primi tre anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare.

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nel caso di un ricovero ospedaliero? se avviene quando sei in ferie, queste possono essere sospese per l’intera durata del ricovero.

per quanto riguarda la retribuzione? non è prevista nessuna indennità. I congedi sono utili per il calcolo dell’anzianità, ma non delle ferie e mensilità aggiuntive. Il contratto degli Enti locali prevede 30 giorni annui (computati complessivamente per entrambi i genitori) di malattia figlio retribuiti fino al compimento del terzo anno di età, utili anche per il calcolo delle ferie e della tredicesima mensilità.

…e la previdenza? i periodi di congedo entro i 3 anni di età del bimbo/a prevedono la contribuzione figurativa; tra i 3 e gli 8 anni la contribuzione figurativa è ridotta.

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I TUOI DIRITTI

prima di tutto… mantenimento del posto di lavoro: mansioni, sede e ruolo.

Al rientro dal congedo per maternità o paternità hai diritto a conservare il tuo posto di lavoro nella stessa sede o in altra sede dello stesso Comune, e hai diritto di restarvi fino al compimento di un anno di età del bimbo. Dovrai essere adibita/o alle stesse mansioni che svolgevi prima del congedo oppure ad altre mansioni che il contratto collettivo consideri equivalenti.

dopo il congedo parentale? anche al rientro dopo un congedo parentale, dopo un permesso o un riposo hai gli stessi diritti del congedo per maternità/paternità.

divieto di licenziamento fino al compimento di un anno di età del bimbo, non puoi essere licenziata/o dopo essere stata/o assente per congedo di maternità. Anche se sei un genitore adottivo o affidatario vale lo stesso divieto di licenziamento fino ad un anno dall’ingresso del minore in famiglia.

quindi c’è un diritto assoluto a conservare il posto di lavoro? no. Si può essere sempre licenziati in caso di colpa grave che costituisca giusta causa (ma non si perde il diritto all’indennità), oppure se l’azienda cessa l’attività, se finisce la prestazione per la quale si era stati assunti o se è scaduto il contratto a termine. Se non rientra in questi casi il licenziamento è nullo. Il divieto vale anche se, al momento del licenziamento, non sai ancora di essere incinta. Se non si è superato il periodo di prova bisogna stare molto attenti perché ci potrebbe essere una discriminazione originata proprio dalla richiesta del congedo di maternità. Non puoi essere sospesa dal lavoro, a meno che non sia sospesa l’attività della tua azienda o del tuo reparto, e non puoi essere messa in mobilità. Anche se sei collaboratrice domestica e la tua gravidanza è iniziata all’interno del periodo di lavoro non puoi venir licenziata fino al terzo mese dopo il parto.

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per ulteriore precisazione non puoi essere licenziata/o perché chiedi i congedi parentali o ti assenti per una malattia del bimbo.

e se mi voglio licenziare? se la mamma, dopo il congedo per maternità, presenta le dimissioni volontarie entro un anno dalla nascita, ha diritto a richiedere le stesse indennità previste in caso di licenziamento. Non vale il preavviso previsto dal contratto. Le dimissioni sono valide solo se sono convalidate dalla Direzione Provinciale del Lavoro.

…una lettera di dimissioni in bianco se il datore di lavoro ti ha fatto firmare le dimissioni in bianco (cioè senza data) al momento dell’assunzione, da utilizzare nel caso tu rimanessi incinta, o ti ha costretta a presentare le dimissioni, sappi che non poteva farlo e ha violato le norme antidiscriminatorie. Non convalidarle e le dimissioni saranno prive di effetto. Puoi rivolgerti alla Consigliera di Parità per essere consigliata e assistita. Per legge le dimissioni della lavoratrice madre devono essere convalidate (art.55 D.Lgs. 151/2001), a seguito del colloquio diretto tra gli ispettori della Direzione Provinciale del Lavoro e la lavoratrice stessa. Il colloquio ha lo scopo di informare la lavoratrice delle tutele che le spettano in gravidanza e maternità, e di accertare la sua autentica volontà e la sua spontanea decisione di lasciare il lavoro rassegnando le dimissioni. Senza convalida le dimissioni sono nulle. Questa disposizione si applica ai contratti a tempo determinato ed indeterminato (compreso il contratto di apprendistato), a tempo pieno o parziale.

test di gravidanza l’azienda che effettua i colloqui di selezione non può sottoporti al test di gravidanza in fase di assunzione, e nemmeno assumere informazioni sulla tua vita privata. Se lo ha fatto, ha violato le norme antidiscriminatorie.

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in caso di interruzione di gravidanza (aborto spontaneo o volontario)?

l’interruzione di gravidanza è equiparata alla malattia. L’astensione dal lavoro durerà quanto prescritto dal medico sul certificato.

il lavoro notturno fino al compimento del 1° anno di vita del bambino o della bambina, non puoi lavorare dalle ore 24 alle 6. Non sei obbligata a svolgere il lavoro notturno fino ai tre anni d’età della bambina o del bambino. Se sei l’unico genitore il termine del divieto di lavoro notturno sale a 12 anni.

E ANCORA….

part time è possibile richiedere il part-time come misura per favorire la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro. Non c’è un obbligo di legge che imponga all’azienda di concedere il part-time, ma le Consigliere di Parità possono tentare una mediazione con l’impresa in cui lavori.

Rapporti di lavoro a termine nelle Pubbliche Amministrazioni Alle lavoratrici ed ai lavoratori assunti da pubbliche amministrazioni con contratto di lavoro a tempo determinato o utilizzati con contratto di lavoro temporaneo, spetta il trattamento economico previsto dal testo unico, salvo che i relativi ordinamenti non prevedano condizioni di miglior favore. A tali lavoratori deve essere corrisposto il trattamento economico a cura dell’amministrazione pubblica presso cui si è svolto l’ultimo rapporto di lavoro.

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Lavoro a tempo parziale Il testo unico sulla tutela della maternità e paternità equipara i dipendenti a tempo pieno e dipendenti part-time. I lavoratori e le lavoratrici part-time, beneficiano dei medesimi diritti spettanti al lavoratore dipendente a tempo pieno comparabile, per quanto riguarda la durata dei congedi. Il relativo trattamento economico è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa. L’unica differenza si riscontra nei riposi per l’allattamento durante il primo anno di età del bambino, in quanto se l’orario di lavoro giornaliero è inferiore alle sei ore, è previsto un solo periodo di riposo anziché due.

Congedi per eventi e cause particolari La legge n. 53/2000 all’art. 4 prevede che i lavoratori possano fruire di permessi retribuiti e congedi per motivi personali specificamente previsti. Durante l’astensione dal lavoro i lavoratori conservano il posto di lavoro e al termine del periodo hanno diritto, salvo rinuncia espressa, di rientrare nella medesima unità produttiv o altra ubicata nello stesso comune e di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti. In sintesi, è previsto che il lavoratore possa godere di un permesso retribuito pari a tre giorni all’anno (nel corso dei quali non si conteggeranno festivi e non lavorativi) qualora si verifichi il decesso ovvero la grave infermità del coniuge (anche legalmente separato), di un parente entro il secondo grado (anche se non convivente) ovvero di un convivente (purché con stabile convivenza risultante da certificazione anagrafica).Il lavoratore è tenuto al preavviso rispetto sia all’evento che dà titolo al permesso sia in riferimento ai giorni pianificati per l’astensione dalla prestazione lavorativa, nonché a fornire idonea certificazione; in ogni caso i permessi (o l’eventuale riduzione di orario alternativa) dovranno essere utilizzati entro il termine di sette giorni dalla data del decesso ovvero dall’insorgenza della grave infermità (o, ancora, dal momento in cui insorgano necessità di procedere a specifici interventi terapeutici).Nel caso di permessi richiesti in occasione dell’insorgenza di gravi infermità, il lavoratore dovrà fornire idonea documentazione medica (si considera idonea la documentazione rilasciata dal medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o di struttura ad esso

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convenzionata, oltre che i certificati del medico di medicina generale, del pediatra di libera scelta o, ancora, della struttura sanitaria presso la quale sia avvenuto l’eventuale ricovero). In tale caso è previsto altresì che il lavoratore possa optare per il godimento, in alternativa al permesso, di riduzioni di orario per un monte ore complessivamente non inferiore ai giorni di permesso sostituiti. Ovviamente la riduzione potrà riguardare un numero di giorni superiore a tre, mentre è previsto un controllo del datore di lavoro circa l’evoluzione dell’infermità, in quanto il contratto prevede espressamente l’obbligo del lavoratore a riprendere servizio a tempo pieno qualora venga meno la ragione giustificatrice del permesso (la cadenza nella presentazione delle certificazioni all’uopo rilevanti dovrà essere disciplinata dall’accordo).

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LE STORIE

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Scrivo la mia storia……

Sono rientrata al lavoro quando il mio secondo figlio aveva 9 mesi: nel primo periodo uscivo di casa lasciandolo con la nonna e con i suoi giochi, in seguito lo accompagnavo al Nido attiguo al mio luogo di lavoro e lo affidavo ad un’educatrice di cui mi fidavo ciecamente. A volte lo sentivo piangere dalla mia sede lavorativa, visto che solo un muro separava le due strutture, ma saperlo in mani professionali ed in un piccolo contesto familiare mi portava a sorridere, scambiando alcune battute con i miei colleghi, anziché riempirmi di angoscia. Il rientro al lavoro dopo diversi mesi di assenza è stato accompagnato da una spinta reale a voler dare il mio contributo, le mie idee, le mie conoscenze in un ambito che mi coinvolge molto e per cui mi sono formata negli anni, trovando “buoni maestri” e modelli di pensiero che si avvicinavano al mio modo di essere. Nel periodo del mio congedo l’incarico di coordinamento del gruppo di lavoro era stato temporaneamente ricoperto da una collega che in passato aveva effettuato un tirocinio e che avevo affiancato nella stesura della tesi finale; si era instaurato un rapporto di stima e fiducia reciproca, che ero convinta di ritrovare e che invece si era ora modificato per una serie di circostanze. Le prime settimane, infatti, ho trovato un ambiente piuttosto ostile nei miei confronti da parte delle colleghe più dirette, mentre un’accoglienza “sollevata” da parte delle figure responsabili, che in quei mesi avevano dovuto gestire non poche occasioni conflittuali con il gruppo di lavoro. Le mie colleghe si aspettavano da me una presa in carico delle loro richieste/pretese ed erano piuttosto recriminatorie verso la dirigenza. La mancanza di fiducia che è scaturita progressivamente anche nei miei confronti era sollecitata dalle mie modalità mediatrici, sia per il ruolo che rivestivo e che richiedeva un rapporto di collaborazione all’interno del gruppo e con le figure esterne, sia per l’epoca del tutto particolare che stavo vivendo nella mia sfera personale. Allattavo

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ancora e cercavo di tutelare la mia serenità al lavoro, per non condizionare il rapporto con i miei figli una volta fuori da quell’ambiente così complesso e pieno di tensioni. Alla lunga il tempo mi ha dato ragione: la ricerca di una comunicazione aperta con tutti e di un’analisi lucida delle situazioni problematiche da dover gestire di volta in volta mi ha permesso di costruire rapporti e progettualità dotati di un senso e mi ha protetta da una cappa di generico disfattismo. In questi anni, inoltre, devo riconoscere che la dirigenza del mio Settore si è dimostrata disponibile ad accogliere le mie richieste di temporanee modifiche dell’orario, minime se pensate in termini temporali, ma determinanti rispetto alla gestione complessiva del mio ménage famigliare. Posso infine affermare che l’essere diventata madre non ha ostacolato il mio percorso di crescita professionale e formativa, ma ha dato nuovo slancio alla mia persona e, forse, anche ai nuovi colleghi con cui lavoro attualmente.

Ma è tutto come prima?!?

Ho lavorato fino all’ottavo mese perché stavo bene e perché amo profondamente il mio

lavoro…nessun timore che la gravidanza potesse causarmi rallentamenti nello svolgere

la mia intensa giornata lavorativa, nessun timore che potessero subentrare problemi di

salute che mi avrebbero costretta a casa prima del previsto…forse, a dirla con il senno

di poi, ho avuto poca reale concentrazione sul mio stato di gravidanza…

Ricordo perfettamente l’ultimo giorno di lavoro: mi è assalita un tristezza devastante

all’idea di lasciare le mie colleghe ed il contenuto del mio lavoro…quanti pensieri mi

hanno bombardata anche per i giorni successivi: “Come farò a tenermi

aggiornata?Sarò in grado, al rientro, di riprendere in mano le attività

lasciate?Ritroverò lo stesso clima di lavoro?Come farò a gestire tutto con una bimba?”.

Poco dopo il mio tesoro è venuto al mondo e tutti quei pensieri che sino ad allora mi

avevano assalita, sono svaniti cedendo il posto a ben altre riflessioni, più urgenti, più

concrete…tutte si concentravano unicamente sulla nuova arrivata e non lasciavano

spazio ad altro. Emozioni uniche ed irripetibili, che lasciavano il posto a grandi fatiche e

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tormenti…non mi sono mai sentita triturata così tanto in un simile vortice di

suggestioni e commozioni, estremamente diverse tra loro e dall’impatto così forte ed

intenso!

Là, sullo sfondo, continuava ad esserci il lavoro e la sua ripresa...

Non ho mai staccato la spina dal mio lavoro, in fondo…mi ha fatto sempre molto

piacere andare a trovare le colleghe e continuare a sentirle per i diversi aggiornamenti

e…aspetto più importante e significativo, cercare il loro contatto poiché riconoscevo di

aver bisogno del supporto affettivo e morale che sapevano darmi!!!In quei mesi mi

sono rassicurata ed è subentrata in me la certezza che sarei rientrata con lo stesso

entusiasmo e con la medesima energia di sempre, sostenuta dal mio gruppo che mi

aveva accompagnata anche nel percorso di mamma “fuori dal Comune” (in tutti i

sensi!!!).

Ricordo perfettamente il giorno del rientro: sveglia al mattino presto…scelta

dell’abbigliamento…era da tempo che avevo appeso, ormai, gli abiti “da lavoro”

nell’armadio…che stranezza ritirarli fuori…! Ed eccomi di nuovo dentro al frullatore, per

uscirne carica e piena di curiosità per il nuovo inizio ma allo stesso tempo pervasa da

un senso di vuoto e di dolore perché lasciavo la mia piccola…nelle mani di chi?di una

tata che avevo appena conosciuto…nuovi pensieri subentravano: “Come farà senza di

me?Chi sarà in grado di prendersi cura di lei se non la sua mamma?Come passerà tutto

questo tempo che intercorrerà dal mio rientro?Che crisi…ne uscirò mai?”. Ero io a non

riuscire, a qualche ora dal rientro al lavoro, a sostenere la mancanza della mia cucciola,

ero io ad aver un bisogno smoderato di lei, ero io a non tollerare la grande fatica di non

poterla vedere per tutte quelle ore!

C’è voluto tanto tempo per elaborare tutto ciò…tanto impegno e tanta fatica. Ma oggi,

a conclusione di questa testimonianza, desidero condividere con tutti voi una riflessione

per me fondamentale: non abbiate nessun timore a chiedere aiuto e sostegno, a tutti

coloro che vi stanno vicini ed ai colleghi che vi accoglieranno al rientro, non abbiate

nessun timore ad esprimere i vostri bisogni che con la nascita di un bimbo o di una

bimba cambiano completamente il nostro approccio alla vita ed anche al lavoro!

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Un augurio affettuoso a tutte le neo mamme e a tutti i neo papà che si apprestano a

rientrare al lavoro!

”Bentornata all’inferno”

”Bentornata all’inferno”………..questo è stato il primo saluto al mio rientro dalla

maternità, io sorridevo e un po’ per sdrammatizzare ho chiesto chi fosse il diavolo…..

Non sapevo quanto, di li a poco, avrei trovato reali quelle parole. A parte gli scherzi , al

mio ritorno dopo più di un anno e mezzo mi sembrava tutto strano, tutto diverso, un

posto dove non ero mai stata e dove non sapevo più come muovermi, cosa dire,

neanche più come comportarmi con i colleghi. Da quel momento per tanti mesi mi sono

definita un astronauta sbarcato sulla luna, che vede il mondo circostante attraverso un

vetro, cammina ondeggiando e piano piano perché non sa dove andare, cosa fare, se le

cose che farà o dirà comporteranno per lui ulteriori problemi………Insomma, per me un

problema gigantesco,…..tutto nuovo, tutto diverso, e in più un unico pensiero…….Ce la

farò anche a essere una brava lavoratrice e una brava mamma?.....La

risposta?.....Sincera?........Work in progress……….Nel senso che grazie a voi, care

colleghe della formazione, e a qualcuna in particolare, e con tanto lavoro su me stessa,

…ho ancora tutti i problemi dovuti agli orari, non proprio favorevoli a una mamma, ma

adesso so che ce la posso fare….ho piu’ fiducia sul come sto proseguendo su questo

pianeta sconosciuto. Vedo tutto un po’ meglio e cerco di fare scelte, e di organizzarmi

in modo da riuscire se non in tutto, in quel poco che riesco, ma essendo contenta del

risultato…..questo mi da soddisfazione….intanto spero nello sbarco dei marziani che mi

ridiano gli orari di PRIMA!!!!! Grazie a tutte voi!

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Care compagne di sventura

Dispiace dirlo, perché è ammettere di aver fallito, ma diventare madre nella nostra

società è un problema.

Durante gli studi e nei primi anni di lavoro mi ero illusa che la maternità fosse per

questa società un evento meraviglioso; quante volte dall’adolescenza in poi il mondo ti

chiede “quando ti sposi?”, “ quando ti decidi a dare un nipotino ai tuoi genitori?”.

Nessuno, dico nessuno, ti dice che questo evento farà di te una cittadina di serie B.

Una donna sposata è vista sul luogo di lavoro come una pericolosa mina vagante:

quando deciderà di avere un figlio cosa accadrà all’ufficio, all’organizzazione e al

mondo intero?

Vorrei rassicurare tutti: niente di irreparabile. L’ufficio, l’organizzazione e il mondo

intero supereranno lo shock , si riadatteranno e continueranno ad esistere.

L’umanità è sopravvissuta a pesti, carestie, guerre mondiali, perché non dovrebbe farlo

per la nascita del mio frugoletto/a: mica ho partorito l’Anticristo!

E perché dopo 30 secondi dal parto tutti iniziano ad interrogarti su quando tornerai al

lavoro, se quando tu rientri sembra che tu non sia mai stata lì, che il tuo essere madre

azzeri di colpo il tuo essere lavoratrice, magari anche brava, relegandoti al ruolo di

quella che “sai ha un figlio, quindi non ci si può contare”, “quella che non c’è mai

perché il figlio è sempre malato” e via discorrendo?

BASTA…BASTA…BASTA!

Io non ci sto.

Essere madre non mi ha tolto niente: non ho dovuto restituire la laurea,l’esperienza

acquisita o gli anni di anzianità.

Penso che le donne che decidono di avere figli non hanno niente di meno degli uomini

in generale e soprattutto delle donne che, per scelta o no, non hanno figli.

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Diventare madre sviluppa delle capacità organizzative che sono molto utili anche

nell’ambito lavorativo:

non è possibile che una donna che governa una casa, un marito ed un figlio stile

domatore/giocoliere di un circo non sia in grado di gestire un capo, un team di lavoro e

le situazioni critiche.

Applica perfettamente modelli organizzativi complessi ai due emisferi della sua vita e

nella maggior parte dei casi riesce anche ad essere abbastanza spiritosa da sentirsi un

po’ clown.

Per cui è ora di mettere la parola FINE a questo triste discorso e studiare metodi per

aiutare il rientro delle mamme nel mondo del lavoro.

In una società che offre una chance di riscatto a chiunque mi sembra giusto dare una

seconda possibilità a tutte noi che non abbiamo alcun peccato da farci perdonare.

È passato quasi un anno.

I miei ricordi ripercorrono gli ultimi giorni lavorativi prima del mio congedo maternità e

la piccola festa fatta insieme ai miei colleghi con pasticcini e spumante. Ricordo il loro

bigliettino di auguri per quello che sarebbe stato, ora lo posso dire, il momento più

importante della mia vita e anche quello più bello e ricordo infine il loro regalo: un paio

di “micro” scarpine rosa. Forse sono state quelle scarpine, ricevute tre mesi prima della

nascita in un momento per me di frenesia lavorativa, a dirmi per prime che a breve la

mia vita sarebbe cambiata, forse a partire proprio da quell’ultimo giorno di lavoro.

E dopo undici mesi eccomi di nuovo a percorrere da casa la stessa strada a fare gli

stessi gesti, a salire sullo stesso ascensore allo stesso piano del mio ufficio, a ritrovare

quasi tutti i miei colleghi e a conoscerne di nuovi, a sedermi alla mia scrivania col mio

pc. Ma è passato veramente così tanto tempo e così tante cose sono successe? A me

sembra che il tempo si sia fermato e che tutto ricominci da dove l’avevo lasciato. Cosa

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è cambiato? La foto sul desktop del mio pc che mi ricorda una bimba che quando torno

a casa mi corre incontro a braccia aperte chiamandomi mamma.

Sbaammmmm!

Sono rientrata al lavoro utilizzando i permessi per l’allattamento, il mio bimbo piccolo

aveva circa 9 mesi e la grande 3 anni.

Ricordo che mi sentivo abbastanza organizzata, avevo preso una baby sitter per il

piccolo che arrivava al mattino e si fermava finchè io non tornavo e la grande andava

all’asilo con il papà.

Ero pronta per ricominciare.

Allattavo ancora, quindi quando arrivavo a casa salutavo la baby sitter, attaccavo il

bimbo e subito uscivamo per andare a prendere la sorellina all’asilo.

Era un buon incastro e infatti grazie alle due ore di permesso per allattamento, anche

se abitavo un po’ lontano dall’ufficio e contando sul fatto che a quell’ora non c’era

molto traffico, riuscivo a fare tutto.

Chissà perché però quel primo giorno ero in ansia, non ero in ritardo, c’era tutto il

tempo, correvo forte in macchina (devo dire che non ho proprio il piede leggero) e

controllavo sempre l’orologio per capire quanto ci stavo impiegando. Arrivata a casa

come da programma saluto la baby sitter e allatto subito mio figlio, lo preparo e

usciamo velocemente per andare a prendere la “grande” all’asilo.

Il tempo c’era, ma nonostante tutto, nonostante la prima fase si fosse svolta in modo

più che regolare, salita in macchina quella sorta di agitazione era ancora lì

e……sbaammmmm!

Nella fretta ho chiuso troppo presto una curva e ho urtato una di quelle ringhiere di

protezione sui marciapiedi vicino alle scuole. Mi sono spaventata perché si è sentito un

bel botto, ma ho capito cos’era successo e dal nervoso mi son scesi i lacrimoni.

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A me non era mai successo di rovinare una macchina, ma sicuramente la colpa non era

solo di quei quattro graffi sul parafango posteriore destro (che sono ancora lì)!

Il motivo, più che la colpa direi, era sicuramente la tensione per un nuovo inizio. Una

nuova sfida in cui cimentarsi non da sola, non in due, non più in tre, ma bensì in

quattro: la mia famiglia.

Con il passare dei giorni la prova che l’organizzazione “reggeva” ha fatto sì che io mi

ritrovassi in questa nuova dimensione restituendomi la capacità di dedicarmi al lavoro

e a capire quali prospettive ci potessero essere.

La possibilità di usufruire dei permessi per allattamento si sono rivelati, per me,

fondamentali per riuscire a gestire positivamente la ripresa lavorativa.

Amici con posizioni di responsabilità in aziende private vedono con terrore le mamme

che rientrano usufruendo dei permessi di allattamento perché dicono di non poterci

contare al 100%.

Preferirebbero di sicuro un rientro definitivo.

Io penso invece che sia un’ ottima opportunità per abituare gradualmente le famiglie e

i bambini a vedere meno presente la mamma e nel contempo un periodo importante

per la mamma e l’azienda per ricreare una relazione professionale proficua.

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Mi sembrava tutto così facile

Ho cominciato a lavorare in Comune a settembre 2008 e le mie due figlie avevano già 5

anni e 1 anno e mezzo.

I miei ricordi di rientro dalla maternità sono legati quindi all'azienda privata dove

lavoravo prima.

Arrivata in Comune ho dovuto affrontare invece il problema dei figli che crescono.

A settembre 2009 ho dovuto fare l'inserimento alla Scuola dell'Infanzia della piccolina a

avevo anche la grande che iniziava la scuola Primaria.

Non avendo molte ferie ho dovuto affrontare il problema di come gestire i due

inserimenti; parlando con un mio collega ho scoperto che potevo fare la domanda per

usufruire della maternità retribuita al 100% che non avevo usato nell'azienda privata.

Mi sembrava tutto così facile: maternita' retribuita al 100% e 30 gg di malattia figlio

retribuiti, ho pensato è meraviglioso!

Quando la piccolina ha compiuto i 3 anni però tutto è svanito.

Nel privato non c'è la malattia figlio, quindi ero già organizzata per affrontare queste

problematiche; meno male che ho ancora i miei super nonni.

Dico sempre alle mie bambine che non si possono ammalare e che se proprio devono

farlo devono aspettare i sabati e le domeniche o i giorni di feste....ma si sa i figli non

ascoltano mai i genitori.

Tutto questo per dire che mi arrabbio quando scopro che ci sono alcuni permessi per

motivazioni ridicole e che sono illimitati nel tempo mentre i permessi per i figli hanno

una scadenza; a questo punto, per coerenza, meglio non averli, come nel privato.

Anche per quanto riguarda il monteore mensile mi sono organizzata in modo da

riuscire a coprire tutte le ore anche se questo vuol dire rimanere i venerdì pomeriggio

da sola in ufficio e credo anche nell'intero palazzo.

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E anche se qualche mese mi è capitato di non coprire tutto il monteore non mi sono

sentita in colpa perchè ho portato ugualmente a termine il mio lavoro, infatti non

ho mai avuto nessun tipo di richiamo dal Dirigente, Funzionario o Capo Ufficio.

Come farlo capire agli altri?

In merito all' esperienza di rientro dalle maternita' in entrambi i casi lavoravo ancora

nel privato ed e' stata pessima in quanto i primi mesi ero trattata come una nuova

assunta a cui si evita di dare lavori di responsabilità per paura e si affidano solo compiti

marginali come per tastarne le capacità; non scendo nel dettaglio in quanto credo non

sia rilevante.

Ti racconto invece di quando sono stata assunta in Comune, Valeria, la mia

secondogenita, aveva due anni quindi ancora piccola e si ammalava di frequente ma

riuscivo a gestire cio' grazie all'aiuto di una tata. Circa due anni fa la tata ci ha lasciato

in quanto ha trovato un lavoro che le impegnava l'intera giornata e in aggiunta la

scuola parificata di mio figlio ha sospeso il servizio di post scuola per cui mi sono

trovata in notevole difficolta' . I problemi principali erano: 1. le malattie improvvise di

Valeria che mi costringevo a casa creandomi imbarazzi e sensi di colpa nei confronti

della collega che in mia assenza doveva subire anche il peso del mio lavoro e

2.quotidianamente dovevo affidarmi a mamme di amichetti di mio figlio perche'

uscendo io alle 16.30 circa (entrando al mattino prima possibile e facendo la pausa

pranzo obbligata di 30 minuti) non riuscivo a prenderlo (anche Leonardo usciva alle

16.30). La ricerca di un nuovo aiuto non dava esiti positivi e in assenza di nonni e con

un marito che lavora fino a tardi la sera dopo mesi di corse e di accumulo di stress mi

sono decisa a parlarne con il mio dirigente al quale ho chiesto un part time garantendo

la continuazione di tutti i lavori che mi competevano.E' rimasto molto sorpreso e

sicuramente era preoccupato per l'ufficio e per gli equilibri che si erano creati ma,

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disponibile come sempre me lo ha concesso. La mia vita quotidiana e il rapporto con i

miei figli ha subito una metamorfosi, finalmente ho cominciato a fare la mamma(

prendevo da scuola i miei bimbi, li portavo personalmente alle feste e li accompagnavo

ai vari sports, giocavano qualche ora al giorno con loro senza dover contare i minuti,

ecc.) e a lavoro, anche se con un po' di impegno in piu' sono riuscita a riorganizzarmi e

farmi bastare le ore a disposizione. Tutto apparentemente sembra perfetto ma ho

comunque qualche senso di colpa per non essere presente i pomeriggi in ufficio e

soprattutto mi scoccia molto quando sento in giro che i part time fanno poco e che un

part time in ufficio è da considerare una risorsa limitata poiche' un full time è

sicuramente piu' efficiente. Io sono cosciente del fatto che la mia scelta non abbia

compromesso la qualita' del mio lavoro e, anche se puo' sembrare assurdo, essendo

piu' serena come persona ritengo di fare anche meglio ma il punto è come farlo capire

agli altri................................?

Cous-cous di emozioni

Ingredienti:

Accordo con il marito, per esigenze familiari, per un trasferimento e cambio di lavoro della moglie tramite richiesta di “mobilità tra enti”, con rientro al lavoro possibilmente coincidente con la fine del periodo di astensione dalla seconda maternità,

Due figli rispettivamente di 4 anni e di 1 anno,

Suoceri vicini e a disposizione per accudire i bimbi

Genitori, parenti e amicizie della moglie lontani,

Rientro al lavoro a tempo pieno (avendo esaurito tutto il periodo di maternità a

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disposizione e anche un periodo di aspettativa non retribuita). Per il ripieno:

un mix di emozioni! Tanta agitazione, molta curiosità, eleganza q.b., interesse all’infinito per la nuova struttura e per il nuovo lavoro, ma anche tanto dispiacere, dal punto di vista lavorativo, per l’ambiente familiare e le amicizie che lasciavo (decennale esperienza in un Comune di piccole dimensioni), per il lavoro che svolgevo con tanta passione e per la professionalità e la stima che i colleghi avevano di me. Si aggiunge tanta paura, per il nuovo ambiente, per le dimensioni della struttura aziendale, per il fatto che non conoscevo nessuno e mi mancavano, quindi, persone cui fare riferimento, il tutto mescolato, comunque, dalla voglia di far emergere il “meglio di me” sia a livello caratteriale, personale e anche professionale, culturale, ecc…. Per quanto riguarda la gestione familiare, un figlio frequentava la scuola materna, l’altro era accudito dai suoceri e il marito viaggiava per lavoro. Spesso mi assaliva un senso di colpa: è giusto che io torni al lavoro e che “abbandoni” i miei bambini a strutture o altre persone? Non è più giusto che io stia insieme a loro, rinunciando al mio lavoro e a tutto ciò che questo comporta (realizzazione di sé anche al di fuori dell’ambito familiare, una maggiore sicurezza economica, ecc…), non è più giusto che li cresca io, in prima persona, come mamma, giorno per giorno? Subentrava anche un certo imbarazzo: chiedo troppo ai suoceri? (si sa, con la propria madre risulta più facile telefonarle perché si è un po’ in ritardo oppure chiederle di tenere i nipoti un’ora in più perché si vorrebbe andare dalla parrucchiera o a fare la spesa da sole…). E infine, una sensazione di non poter mai arrivare dove si vorrebbe arrivare, un “non ce la posso fare”: pur essendo in arretrato di sonno per le notti quasi in bianco dei figli, si fa una lista infinita di appunti (tutti cacciati nella grande borsa alla Mary Poppins), per non scordare nulla e riuscire a coricarsi la sera con la vaga idea di avere fatto tutto quello che una brava donna, madre, moglie e lavoratrice deve fare. Tutti questi ingredienti e queste emozioni vanno lavorati insieme e il risultato può assomigliare al seguente: il mio rientro al lavoro dopo la maternità e i miei primi anni di lavoro, coincisi con il cambio di “azienda”, non sono certo stati facili. Il

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nuovo ambiente mi piaceva poco, sia fisicamente sia come relazioni tra colleghi, la tensione era sempre alle stelle (principalmente per antichi rancori tra colleghi), venivo percepita poco come nuova risorsa, di più come probabile pericolo, avevo difficoltà pratiche sulla gestione dell’orario di lavoro in quanto l’elasticità o flessibilità era difficilmente contemplata, ecc…, ecc…, ecc…. Quante sere ho rimpianto le varie scelte che avevo fatto. Perché quando il lavoro non va, inevitabilmente ne risente anche tutto il resto! Per il tocco finale si deve necessariamente aggiungere: un carattere abbastanza aperto e socievole che mi ha permesso di fare alcune forti nuove amicizie anche in campo lavorativo, una giusta dose di tenacia e autostima, un forte sostegno, pratico ed emotivo, della famiglia, nonché una buona organizzazione singola e di gruppo (famiglia) e, infine, un po’ di fortuna e/o provvidenza (l’opportunità giusta al momento giusto). Dopo un paio d’anni ho chiesto e mi è stato concesso il tempo parziale, ho cambiato settore e mansioni di lavoro e i figli sono, inevitabilmente, un po’ cresciuti. Ora posso ritenermi soddisfatta sia del mio lavoro e dei compiti che mi sono stati affidati, sia delle relazioni instaurate con colleghi e superiori e tutto questo mi permette di vivere con più serenità la quotidianità, coniugando esigenze familiari, lavorative e personali.

Il part time Quando sono rientrata dalla maternità, dopo aver passato un anno (anche più) con il

mio splendido bambino Gabriele, non ero dispiaciuta...., avevo

infatti bisogno di confrontarmi con altre persone senza parlare solo di

pappe, cambio di pannolini ecc. Sono rientrata cambiando il mio rapporto di lavoro da

tempo pieno a tempo ridotto per riuscire così a gestire i miei 2 bambini (Vanessa e

Gabriele).

Ho ritrovato stessa scrivania e stessi colleghi ma la nota dolente è che mi

sono ritrovata a svolgere un lavoro di secondo piano al contrario di prima.

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A livello professionale mi sono quindi sentita sottovalutata e a volte

"messa da parte" , non più interpellata come un tempo dagli stessi colleghi

a collaborare all'attività d'ufficio. Dopo un primo momento di spaesamento dovuto a

questa nuova condizione lavorativa ed anche ai maggiori impegni familiari, ho voluto

affrontare la questione con il mio responsabile comunicandogli il mio disagio. Da allora

la situazione è migliorata anche se la scelta di fare un part-time ha segnato comunque

la mia attività lavorativa.

Qualche mese senza computer

“Qualche mese senza computer, senza programmi e sei fuori. Fuori contesto intendo.

Fare la mamma o il papà significa doversi organizzare senza poter fare programmi:

lavorare nel presente, per priorità, osservando quel che accade. Il Just in time non è

una tecnica organizzativa ma il motto di sopravvivenza della mamma sola. In questo

mestiere di genitori ci si abitua alla massima flessibilità, a reggere lo stress degli

imprevisti, ad avere sempre un piano B. Queste buone abitudini diventano risorse per

l’organizzazione.

Quello che a casa non ho sono il PC e il programma annuale. Bene che vada

programmo le vacanze estive qualche mese prima, altrimenti perdo le migliori

occasioni e… addio budget !

Magicamente dopo qualche tempo – e molta pazienza da parte delle mie colleghe - mi

sembra di non potere più fare a meno di questi nuovi strumenti: e-mail, tabelle, bozze

diventano la mia memoria. E mi sento di nuovo nel giro.”

La prima parola che mia figlia ha detto è stata "papà".

Sono rientrato a lavoro dopo aver usufruito di un periodo di paternità durato circa 7

mesi. La prima sensazione che ricordo al mio rientro è stata l’emozione, mista

all’imbarazzo (per un non so quale senso di colpa ad aver usufruito del periodo di

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congedo). Rientravo arricchito da una esperienza significativa e accresciuto dalla

consapevolezza di essere diventato genitore. La mia particolare situazione familiare,

legata alle condizioni di precaria salute della mia compagna, all’insolita esperienza di

paternità, oltre all'arrivo della bimba, mi hanno inevitabilmente fatto sentire una

particolare attenzione addosso a lavoro. Eppure, oltre al normale interessamento, né i

colleghi, né il responsabile, mi hanno mai sottolineato né fatto pesare nulla. Il

funzionario mi ha anzi permesso di riadattarmi al lavoro con la giusta progressione,

aumentando appunto gradatamente le mie responsabilità lavorative. Una volta

rientrato in servizio ho anche usufruito del diritto all'allattamento. Questa opportunità,

nonostante la difficoltà personale a richiedere di usufruirne, penso sia stata molto

importante come fase di “transizione” nel percorso di rientro full time a lavoro. È stato

fondamentale non solo per staccarmi con gradualità dalla realtà familiare, vissuta fino

a quel momento in maniera quasi totalizzante, ma anche per reinserirmi con i giusti

tempi e senza grossi scompensi nel contesto lavorativo. L’imbarazzo per il possibile

giudizio nei miei confronti da parte di colleghi e responsabili si è dimostrato quindi un

pensiero soggettivo. Infatti il clima è stato totalmente positivo nei miei confronti. Mi

dicono che il dirigente abbia storto il naso per il mio lungo periodo di congedo, ma di

contro, ho ricevuto da alcuni colleghi un segnale di forte stima per le scelte fatte.

Eppure non ho comunque mai ricevuto delle osservazioni negative neppure dal

dirigente.

Conclusioni: non so se avrò la fortuna di diventare padre una seconda volta. Quindi col

senno di poi, nonostante le mie difficoltà ad usufruire dei miei diritti, utilizzerei

nuovamente il periodo di congedo genitoriale, magari anche per più tempo. La

paternità dovrebbe essere riconosciuta come diritto fondamentale per il genitore, non

solo in alternativa alla maternità o quando la madre ha una grave malattia. Ed è un

gran peccato, anche se non mi stupisce molto, che il diritto alla paternità sia stato

riconosciuto solo così tardi nel nostro Paese. La presenza del padre a casa nei primi

mesi di vita del bambino rappresenta un importante sostegno alla famiglia: possono

essere superati alcuni disagi, come per esempio le cosiddette “crisi post-partum” delle

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madri, derivate forse proprio dal senso di solitudine e responsabilità nell’affrontare la

nuova realtà da sole. La mamma e il figlio sono un tutt’uno nei primi mesi di vita, ma il

padre, oltre a essere il facilitatore del forte rapporto simbiotico madre-figlio, è anche

lui stesso genitore e ha diritto a vivere emozioni e trasmetterle, condividendo con la

compagna difficoltà e piaceri. La prima parola che mia figlia ha detto chiaramente è

stata "papà".

Chi non fa un’esperienza totalizzante con il proprio figlio nelle prime settimane di vita,

purtroppo perde un’opportunità di vita che può solamente pensare, ma che è molto più

significativo vivere.

Il mese trascorso con Anita

Proverò a raccontare brevemente quello che per me è stato il periodo di paternità

passato a casa con mia figlia, più che descrivere il mio rientro al lavoro dopo un solo

mese di assenza. Infatti non ho vissuto il ritorno al lavoro come un qualche cosa di

estremamente difficile in quanto la mia assenza non è stata prolungata nel tempo e

quindi ho potuto tranquillamente riprendere il lavoro interrotto. Posso dire però che in

quei primi giorni spesso mi capitava ripensare al mese trascorso a casa con Anita con

grande piacere e mi rendevo conto di quale grande opportunità era stata. Infatti

soprattutto nel primo anno di vita, un bambino trascorre la maggior parte del tempo

con la madre e passare così tanto tempo insieme ci ha dato la possibilità di “conoscerci

meglio”. Mi sono reso conto di aver “scoperto” tantissime cose di mia figlia che non

avevo potuto notare nei mesi prima, quando tornavo a casa alle sette di sera. All’inizio,

ad essere sincero , ero abbastanza spaventato di come sarebbe potuta andare: e se

chiamerà la mamma per tutto il giorno,, e se non riuscirò a farla addormentare, e se

non riuscirò a farla smettere di piangere???... fortunatamente tutto ciò non è successo

e questo mi è servito anche per aumentare la mia sicurezza di padre. Un aspetto che mi

ha molto colpito in quel periodo era la reazione della gente quando dicevo che avrei

usufruito del mese di paternità: da una parte vi era stupore in quanto quasi nessuno

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era a conoscenza di questa possibilità, dall’altra c’era la convinzione che un papà non

se la sarebbe cavata con una bimba così piccola per un mese intero. La mia esperienza

dimostra che questi sono più che altro luoghi comuni e credo che il periodo di paternità

debba essere più considerato e valorizzato dal mondo del lavoro, e non scoperto per

caso chiacchierando con un collega come è successo a me. Questo darebbe la

possibilità anche di rivalutare la figura del padre e l’importanza che ha nei primi mesi di

vita del bambino.

Ingresso nella paternità Ti viene chiesto di parlare del tuo rientro al lavoro, dopo il periodo di assenza per la

nascita di un figlio.

Rientro dalla paternità, nel mio caso, perché, sapete, ci sono le madri ma anche i padri

a prendersi cura dei figli. Anche a godere della gioia che questo ti da’, certo.

E’ forse una condizione, quella di paternità intendo, meno ricorrente nelle discussioni

che affrontano l’argomento, ma oggi, e sempre più, interessata invece dalle

incombenze che prima erano più spesso tipiche della mamma.

Rientro al lavoro quindi, magari dopo un periodo molto breve, ma certo in una

situazione nuova.

Perché, in realtà, non ho vissuto tanto un ritorno alle occupazioni precedenti, quanto

l’ingresso in una condizione di vita diversa e che modifica sicuramente, oltre agli affetti

come ovvio, i tempi e la loro gestione, tutti ed in particolare i tempi del lavoro.

Capita ad esempio che ci siano necessità improvvise di cui farti carico, perché il bimbo

sta male e devi precipitarti a prenderlo in asilo o magari era a casa e l’hanno portato al

pronto soccorso e devi andarci per dare il cambio a tua moglie, se lo trattengono

qualche giorno. Non sono situazioni programmabili. Non si tratta di spostare, per

tempo e se possibile, un appuntamento o una scadenza di lavoro, perché sei informato

solo quando le cose capitano. Ti trovi poi per la prima volta a fare i conti con le

giornate di ferie, i permessi, perché quando il nido/materna chiude, automaticamente

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apre il “tuo nido” nel senso che il bimbo sta con te, lo stesso quando si ammala, ed i

giorni disponibili che in precedenza magari ti ritrovavi ancora a fine anno, ora sono

sempre pochi. Per non parlare degli inserimenti: al nido, all’altro nido (quello pubblico,

quando finalmente c’è posto), alla materna. Anche se ti organizzi sulle disponibilità di

tutti e due e cioè ti dai il cambio con tua moglie, i giorni risultano sempre contati.

Devo dire inoltre che non capivo, prima, perché mai sentivo discutere spesso chi aveva

figli di tempo pieno nelle scuole, fino alle medie inferiori almeno: io il tempo pieno

l’avevo fatto appunto solo alle medie inferiori, ed era sperimentale! Però mia madre

non lavorava, era a casa per noi. Adesso capisco bene queste necessità. Anche mia

moglie lavora.

Quando hai i tuoi genitori e ti possono dare una mano sei fortunato. Ecco, cambia

anche il rapporto con tuo padre; ora, soprattutto quando non ti ascolta e concede ogni

cosa alla nipote nonostante tu gli abbia detto di non farlo, ti trovi tu a fare il padre,

anche con lui. Strano ma vero.

Tornando al lavoro, devo dire che nel mio caso, tuttavia, l’opportunità di organizzare

direttamente i compiti assegnati per il mantenimento degli obiettivi ed un orario

sufficientemente flessibile mi hanno consentito di gestire meglio il cambiamento

verificatosi con la nascita di mia figlia, emergenze permettendo.

Certo che quando, se capita di doverti assentare il giovedì per una febbre improvvisa

della bambina e lunedì, al rientro, dopo giornate di cambio pannolino, controlla che

stia bene, preparale la pappa, pulisci il cibo anche dal muro, ricambia il pannolino,

mettila a nanna, dalle la merenda, prepara la pappa e così via, incontri il collega e ti

dice “però, eh! Ce lo siamo presi un bel week-end lungo!”, non ti sembra che le cose

stiano proprio così …

Però questo è un altro discorso, ne riparleremo quando avrà dei figli.

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Un particolare ringraziamento… ….alle dipendenti e ai dipendenti che hanno voluto saperne di più e che hanno partecipato, con le loro storie, le loro domande e i loro suggerimenti alla costruzione di questo vademecum, alle specialiste che ci hanno letto e riletto, alle piccole artiste.

Il Servizio Sviluppo Risorse Umane del Comune di Sesto San Giovanni