Maje Majestade - Lorenzelli · 9 - Volto Santo di Lucca, XI secoloI Italia, , Chiesa di S. Martino....

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9 - Volto Santo di Lucca, XII secolo, Italia, Chiesa di S. Martino. 10 - Majestad di Bagct, M.A.C. Barcellona. ] l Imervard, secondi) metà del XII secolo, Braunschweig,Germania. 12 - Majestad di Caldas, Montbuy. era , nei primi secoli del Cristianesimo, insostenibile sia per la crudezza del tema, sia per l'umiliazione imposta al figlio di Dio; questo orienta tutto verso una testimonian- za di trionfo sulla morte annunciante la Resurrezione. Sebbene i crocifìssi vestiti e nudi siano presenti nell'iconografìa dei primi tempi cristiani del V I secolo, vediamo nascere un interesse maggiore per il Cristo con la tunica che lentamente si diffonde in Europa nei secoli successivi al X secolo e troviamo il suo apice all'interno dell'XI secolo. LA MAJESTAD De Francovich suppone un ipotetico itinerario del soggetto che dalla Siria giunse a noi attraverso i territori della Spagna, della Francia, della Germania. A sostegno della sua ipotesi adduce la presenza in que- ste zone di crocifìssi rispecchianti la tipologia delle Maje- stad, termine che in lingua iberica definisce il Cristo vesti- to da una lunga tunica manicata. In Spagna la tipologia delle Majestad ebbe una grande diffusione nel X I I e XIII secolo, supposizione confortata dal gran numero di crocifìssi a noi pervenuti e dalla pre- senza del tema del Cristo con il collobio anche in altre arti come la pittura e l'oreficeria. A differenza di quelli italiani e franco-tedeschi, che erano di misure superiori al naturale, quelle spagnole, a parte qualche eccezione, non superavano il metro di al- tezza. Dato questo di particolare rilievo, probabilmente at- tribuibile al fatto che non venivano collocati sopra l'alta- re, ma posti all'entrata dei templi, motivo tradizional- mente derivato dall'affresco di San Quirce de Pedret ( N . 8) che raffigura una Majestad dipinta sul pilastro della na- vata di fronte alla porta della chiesa. Oppure, visto che la provenienza di questi crocefissi è da chiese e basiliche, va esclusa una responsabilità adorati- va di uso privato o itinerante, e possibile supporre una collocazione in una piccola nicchia all'interno del tempio. Ma il tema del Cristo vivo con la tunica supera i confi- ni spagnoli confermando in questo modo l'internaziona- lità dei rapporti fra i santuari e le cattedrali d'Europa, co- me precedentemente discusso in sede introduttiva. Per quanto riguarda infatti la produzione italiana, uno dei più sconcertanti ed affascinanti crocifissi del periodo è il «Volto Santo» di Lucca, il quale rispecchia in maniera 6-i

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9 - Volto Santo di Lucca, X I I secolo, Italia, Chiesa di S. Martino.

10 - Majestad di Bagct, M . A . C . Barcellona.

] l Imervard, secondi) metà del XII secolo, Braunschweig,Germania.

12 - Majestad di Caldas, Montbuy.

era , nei pr imi secoli del Cristianesimo, insostenibile sia per la crudezza del tema, sia per l'umiliazione imposta al f i g l i o di D i o ; questo orienta t u t t o verso una t e s t i m o n i a n ­za di trionfo sulla morte annunciante la Resurrezione.

Sebbene i crocifìssi vestiti e nudi siano presenti nell'iconografìa dei pr imi tempi cristiani del V I secolo, vediamo nascere un interesse maggiore per i l Cristo con la tunica che lentamente si diffonde in Europa nei secoli successivi al X secolo e troviamo i l suo apice all 'interno del l 'XI secolo.

L A M A J E S T A D

De Francovich suppone un ipotetico itinerario del soggetto che dalla Siria giunse a noi attraverso i territori della Spagna, della Francia, della Germania.

A sostegno della sua ipotesi adduce la presenza in que­ste zone di crocifìssi rispecchianti la tipologia delle Maje­stad, termine che in lingua iberica definisce i l Cristo vesti­to da una lunga tunica manicata.

In Spagna la tipologia delle Majestad ebbe una grande diffusione nel X I I e X I I I secolo, supposizione confortata dal gran numero di crocifìssi a noi pervenuti e dalla pre­senza del tema del Cristo con i l collobio anche in altre arti come la pittura e l'oreficeria.

A differenza di quelli italiani e franco-tedeschi, che erano di misure superiori al naturale, quelle spagnole, a parte qualche eccezione, non superavano i l metro di al­tezza.

Dato questo di particolare rilievo, probabilmente at­tribuibile al fatto che non venivano collocati sopra l'alta­re, ma posti all'entrata dei templi , mot ivo tradizional­mente derivato dall'affresco di San Quirce de Pedret ( N . 8) che raffigura una Majestad dipinta sul pilastro della na­vata di fronte alla porta della chiesa.

Oppure, visto che la provenienza di questi crocefissi è da chiese e basiliche, va esclusa una responsabilità adorati-

va di uso privato o itinerante, e possibile supporre una collocazione i n una piccola nicchia all 'interno del tempio.

Ma i l tema del Cristo vivo con la tunica supera i confi­ni spagnoli confermando in questo modo l'internaziona­lità dei rapporti fra i santuari e le cattedrali d'Europa, co­me precedentemente discusso i n sede introduttiva.

Per quanto riguarda infatti la produzione italiana, uno dei più sconcertanti ed affascinanti crocifissi del periodo è i l «Volto Santo» di Lucca, i l quale rispecchia in maniera

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chiara i l prototipo del Cristo crocifìsso triumphans vestito da una lunga tunica manicata ( N . 9 ) .

I l crocifìsso di Lucca è una delle sculture più amate e adorate dalla devozione cristiana ed è circondato da un alone di mistero e di leggenda; narra i l diacono Leobino che questa scultura, sita in Lucca da secoli, sarebbe stata scolpita addirittura da Nicodemo, i l pietoso seppellitore di Gesù.

Questi, desideroso di creare un'immagine a somiglian­

za dell 'uomo che lo aveva convertito, prese a scolpire con divino aiuto questo crocifìsso.

In Palestina esso rimase per circa sette secoli, poi im­barcato su di una nave senza timoniere, sbarcò a Luni ove, caricato su di un carro, arrivò nella città di Lucca.

Ivi divenne i l simbolo della stessa, gl i venne costruito prima un oratorio (si dice l'anno 782) poi spostato nella cattedrale nel 1119 per finire nel 1482 nella sua odierna col­locazione nel tempietto di Matteo Cividali . Nel X I I I se­colo fu rappresentato sulle monete della città divulgate in tutta Europa attraverso i pellegrinaggi e i contatti econo­mici .

Si realizza in questo modo la funzione di rappresen­tanza, di «insegna" che un'immagine nota può svolgere come simbolo immediatamente riconoscibile del luogo di appartenenza. L'aspetto singolare è che in questo caso si tratti , più che del nome del santo protettore o di una particolare iconografìa del Cristo o della Vergine, d i un oggetto individuato nella sua specificità.

I l Vol to Santo non ha destato solo interesse nel mon­do della fede cristiana, ma anche in quello della critica specializzata e molte furono le proposte di una sua attri­buzione sia geografica che cronologica. Salmi lo conside­ra della seconda metà de l l 'XI secolo influenzato dall'arte francese; Toesca della seconda metà del X I I , K . Porter de l l 'XI secolo da un prototipo catalano, Dami fine X I I p r i m i X l l l secolo, G . De Francovich e Carli del 1180-1190 da protot ipo siriaco del V i l i secolo giunto a noi attraver­so le peregrinazioni in Spagna, modellato da un seguace di Benedetto Antelami.

I l Cristo appare crocifìsso con i l capo leggermente chi­nato verso destra, vestito da una tunica manicata che lo copre interamente lasciando libere le mani ed i piedi; quest'ultimi pendono paralleli e non inchiodati, di un co­lore più chiaro rispetto agli incarnati, dovuto alla presen­za di calzature ora perdute che l i hanno protetti nel corso dei secoli.

I capelli divisi in una scriminatura centrale che scen­dono a boccoli sulle spalle ed i l viso dagli occhi sporgenti e dalla barba tripartita denuncia una derivazione dai Cristi siriaci.

La veste, modellata in larghe e piatte pieghe cadenti verticalmente verso i l basso, è stretta in vita da una cinta che forma un rimborso dell'abito e cade parallelamente al corpo in due stole terminanti con delle frange di porpora rossa.

Considerato da Carli contemporaneo o di poco poste­riore, è i l crocifisso firmato «Imervard me fecit» conserva­to presso i l D u o m o di Braunschweig ( N . 11).

Esso varia leggermente nello schema iconografico r i ­spetto a quello di Lucca, i l quale risulta avere i l capo chi­nato in avanti e piegato a destra; al contrario quello di Imervard si presenta assolutamente simmetrico e frontale con i piedi inchiodati al supporto ligneo.

Sia quello di Lucca che quello di Imervard mantengo­no un gioco di pieghe simile, ma, a differenza del primo

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13 - Sud-Est Massiccio Centrale, XII secolo. Cristo Reliquiario di Saint Michel Atguilhe, Le Puy, h.26.

14 - Catalogna, X I I secolo, Cristo d'Ellar, M . A . C . Barcellona. 15 - Rosellòn, X I I secolo, Cristo d'Angoustine, Pirenei Orientali.

16 - Majestad di Battio, M . A . C . Barcellona.

17 - Avorio (Colonia), X I secolo, M iisr< i di Cluny, Parigi.

18 - fine X I I secolo. Cristo d'Hrp. Museo di Colonia.

in cui esse si presentano incise e piatte, nel secondo sono scolpite tondeggianti.

Se i l Vol to Santo rispecchia la produzione italiana, quello di Imervard, quella franco-tedesca; i crocifissi che seguono completano i luoghi di produzione delle Maje­stade sono tut t i attribuibili alla produzione spagnola tra la fine del X I I e l ' inizio del X I I I secolo.

Essi sono la Majestad di Baget ( N . 10), quella di Cai-das de Montbuy ( N . 12), quella di Battilo ( N . 16), quella di Ellar ( N . 14), quella d'Angoustine ( N . 15) ed infine i l piccolo Cristo reliquiario di Saint Michel d'Auguilhe ( N . 13).

La prima è collocabile fra le opere che orbitano nell'ambito del Vol to Santo ( N . 9) ed è imponente nelle sue misure (raggiunge quasi i due metri d'altezza).

I l Cristo si presenta vestito da una tunica manicata stretta in vita da un cinturone decorato a doppio nodo, con piccole losanghe in rilievo che imitano le pietre pre­ziose che probabilmente furono applicate durante un re­stauro risalente al X I I I secolo.

Sempre di grandi dimensioni, la seconda denuncia una maggiore umanizzazione in confronto alle altre Ma­jestad di produzione europea e fu tragicamente mutilata nel 1936. Essa porta sopra la veste un «pallium» classico, come le più antiche testimonianze bizantine e conservò, fino alla data della sua mutilazione, un'annerita policro­mia naturale che la ricopriva interamente, evidenziando i temi circolari dei panneggi della sua veste, anch'essi di de­rivazione bizantina.

I l Cristo, dal capo eretto ed incoronato indicante la

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con maestosità, ripete fedelmente il tema del Cristo triumphans, cioè trionfante sulla morte.

La terza ( N . 16) proviene dalla chiesa di Battio, dalla quale prende i l nome, richiama nel gioco delle pieghe del­la veste, i l crocifìsso di Caldas de Montbuy.

E noto per la sua policromia perfettamente conservata e denuncia una struttura facciale derivante da schemi in comune con quelli di Baget.

E curioso notare come, a differenza delle altre maestà, i n cui le trecce cadono simmetricamente a rilievo, qui es­se sono semplicemente dipinte; anche esso stretto in vita da una cinta che forma un ringonfiamento della veste, r i ­sulta muti lo dei piedi.

I l quarto conservato nel museo d'arte catalana di Bar­cellona e proveniente dalla chiesa di Ellar ( N . 14), dal ca­po leggermente chinato sulla destra e piegato in avanti, è di misura inferiore al metro. I n esso è possibile riscontra­re l'assemblaggio di diversi corpi legnosi che danno for­ma al crocifisso uni t i alla croce, sotto la perduta policro­mia, da chiodi in ferro.

Le mani, quasi interamente scomparse, mantengono una forma contratta ed i piedi sproporzionati cadono pa­ralleli e non inchiodati alla croce.

Contemporaneo a quello di Ellar è i l crocifìsso attri­buibile alla produzione del Rosellón ( N . 15) rispondente al quinto del nostro catalogo. I n questo la tunica disegna­ta da piccoli cerchi blu su stondo rosso veste la Majestad fino alle caviglie, lasciando liberi i piedi che, come le ma­ni , riportano i segni dei chiodi a pittura.

La policromia del crocifìsso è originale e riprende pit­toricamente, evidenziandoli, Ì tratti del viso.

I l sesto infine è considerato uno dei più piccoli croci­fìssi, i l Cristo risulta vestito da una tunica manicata e pro­viene dalla chiesa di S. Michele di Aiguilhe con la funzio­ne di reliquiario ( N . 13). Esso misura solo 26 cm.; oggi conservato a Le Puy in Alta Loira, risulta iconografica­mente fedele al Cristo de Beyrouth ed è raffigurato tr ion­fante sulla morte, tema evidenziato dalla mitriasi degli oc­chi; i n esso, a differenza delle altre Majestad, i piedi risul­tano cadenti paralleli e inchiodati ad un suhpedaneum,

A conclusione del tema delle Majestad collocherei i l Cristo d'Erp ( N . 18), interessante esempio di produzione plastica tedesca applicata ad un tema specificatamente orientale; risulta derivare da un avorio carolingio conser­vato nel Museo di Cluny ( N . 17) ed è una delle poche Majestad che assume caratteri iconografici riferibili al Cri­sto pattern anziché triumphans.

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