Magnetostatica e induzione elettromagnetica - UniBG · 13 Magnetostatica e induzione...

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13 Magnetostatica e induzione elettromagnetica Questo capitolo affronta innanzitutto un tema accennato nel Capitolo 11: come le equazioni di Maxwell siano col- legate alle leggi per i fenomeni magnetici che le hanno precedute (leggi di Laplace, Ampère, Faraday) e seguite (forza di Lorentz). Tratteremo dapprima il legame tra correnti stazionarie e campi magnetici: la corrisponden- za tra legge di Ampère e prima legge di Laplace sarà provata in un caso particolare, e si farà uso dell’una o dell’altra espressione per calcoli di magnetostatica ele- mentare. Sempre per casi particolari, si discuteranno i legami tra legge dell’induzione di Faraday e forza di Lo- rentz, e tra forza di Lorentz e forza tra correnti (seconda legge di Laplace). Si tratteranno poi i principali dispositivi funzionanti in base alla legge dell’induzione elettromagnetica (cir- cuiti con induttanze, motori, alternatori) o alla forza di Lorentz (spettrometro di massa). I fenomeni legati alla magnetizzazione della materia saranno considerati da un punto di vista microscopico, cercando di spiegare, con semplici modelli classici, il diamagnetismo e il parama- gnetismo. 13.1 Qual è il vero campo magnetico? Il processo che ha portato alla comprensione del magneti- smo ha avuto una durata relativamente breve, ma è stato molto travagliato. Sintomo di queste difficoltà sono la va- rietà di nomi e unità di misura usati per descrivere i fe- nomeni magnetici, e il fatto che ancora oggi si parla, per esempio, del “fluido magnetico” di maghi e guaritori per indicare un qualcosa di misterioso. Maxwell aveva introdotto, accanto all’intensità del campo elettrico (E), il vettore spostamento elettrico (D), definito mediante la relazione E D P = - ε 0 13.1 dove P è la polarizzazione elettrica prodotta dai dipoli elettrici del mezzo (vedi Equazioni 12.21 e 12.22). Il campo elettrico E, moltiplicato per la carica elettrica, dà la forza agente sulla carica, forza che dipende sia dalle cariche che generano il campo, sia da quelle presenti nel mezzo interposto, complessivamente neutro, e descritto mediante P. Lo spostamento elettrico D (chiamato anche spostamento dielettrico) non dipende dal mezzo materia- le e permette di esprimere, mediante il teorema di Gauss, il legame con la distribuzione delle cariche “sorgenti” in forma particolarmente semplice. Infatti dalle 11.12, 12.22 e 13.1 si può ricavare che la densità di carica elettrica è uguale alla divergenza dello spostamento elettrico D. In modo simmetrico, Maxwell utilizza anche due vet- tori magnetici: l’induzione magnetica B e il campo ma- gnetico H legati dalla relazione, simile alla 13.1, ( ) B H M = + μ 0 13.2 dove M è la magnetizzazione, che, come vedremo, svol- ge una funzione analoga a quella della polarizzazione e- lettrica. H svolge un ruolo simile a D poiché è indipen- dente dal mezzo materiale e, in regime stazionario, per- mette di esprimere il legame con le correnti mediante il teorema di Ampère (vedi Capitolo 11): il rotore di H è pari alla densità di corrente J, ovvero la sua circuitazio- ne è pari alla somma delle correnti concatenate. Maxwell ritenne necessario ricorrere a due vettori e- lettrici e due vettori magnetici per poter distinguere tra parte del campo elettromagnetico dovuta “alle sorgenti” e parte dovuta “al mezzo”. Questa distinzione trae la sua motivazione profonda dalla natura “continua” dell’elet-

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13 Magnetostatica e induzione elettromagnetica

Questo capitolo affronta innanzitutto un tema accennato

nel Capitolo 11: come le equazioni di Maxwell siano col-

legate alle leggi per i fenomeni magnetici che le hanno

precedute (leggi di Laplace, Ampère, Faraday) e seguite

(forza di Lorentz). Tratteremo dapprima il legame tra

correnti stazionarie e campi magnetici: la corrisponden-

za tra legge di Ampère e prima legge di Laplace sarà

provata in un caso particolare, e si farà uso dell’una o

dell’altra espressione per calcoli di magnetostatica ele-

mentare. Sempre per casi particolari, si discuteranno i

legami tra legge dell’induzione di Faraday e forza di Lo-

rentz, e tra forza di Lorentz e forza tra correnti (seconda

legge di Laplace).

Si tratteranno poi i principali dispositivi funzionanti

in base alla legge dell’induzione elettromagnetica (cir-

cuiti con induttanze, motori, alternatori) o alla forza di

Lorentz (spettrometro di massa). I fenomeni legati alla

magnetizzazione della materia saranno considerati da un

punto di vista microscopico, cercando di spiegare, con

semplici modelli classici, il diamagnetismo e il parama-

gnetismo.

13.1 Qual è il vero campo magnetico?

Il processo che ha portato alla comprensione del magneti-smo ha avuto una durata relativamente breve, ma è stato molto travagliato. Sintomo di queste difficoltà sono la va-rietà di nomi e unità di misura usati per descrivere i fe-nomeni magnetici, e il fatto che ancora oggi si parla, per esempio, del “fluido magnetico” di maghi e guaritori per indicare un qualcosa di misterioso.

Maxwell aveva introdotto, accanto all’intensità del campo elettrico (E), il vettore spostamento elettrico (D), definito mediante la relazione

ED P

=−

ε0 13.1

dove P è la polarizzazione elettrica prodotta dai dipoli elettrici del mezzo (vedi Equazioni 12.21 e 12.22). Il campo elettrico E, moltiplicato per la carica elettrica, dà la forza agente sulla carica, forza che dipende sia dalle cariche che generano il campo, sia da quelle presenti nel mezzo interposto, complessivamente neutro, e descritto mediante P. Lo spostamento elettrico D (chiamato anche spostamento dielettrico) non dipende dal mezzo materia-le e permette di esprimere, mediante il teorema di Gauss, il legame con la distribuzione delle cariche “sorgenti” in forma particolarmente semplice. Infatti dalle 11.12, 12.22 e 13.1 si può ricavare che la densità di carica elettrica è

uguale alla divergenza dello spostamento elettrico D. In modo simmetrico, Maxwell utilizza anche due vet-

tori magnetici: l’induzione magnetica B e il campo ma-

gnetico H legati dalla relazione, simile alla 13.1,

( )B H M= +µ0 13.2

dove M è la magnetizzazione, che, come vedremo, svol-ge una funzione analoga a quella della polarizzazione e-lettrica. H svolge un ruolo simile a D poiché è indipen-dente dal mezzo materiale e, in regime stazionario, per-mette di esprimere il legame con le correnti mediante il teorema di Ampère (vedi Capitolo 11): il rotore di H è

pari alla densità di corrente J, ovvero la sua circuitazio-

ne è pari alla somma delle correnti concatenate. Maxwell ritenne necessario ricorrere a due vettori e-

lettrici e due vettori magnetici per poter distinguere tra parte del campo elettromagnetico dovuta “alle sorgenti” e parte dovuta “al mezzo”. Questa distinzione trae la sua motivazione profonda dalla natura “continua” dell’elet-

270 Capitolo 13

tromagnetismo classico, ma perde la sua utilità a livello microscopico, dove il mezzo diventa una distribuzione discreta di cariche e correnti. Qui vogliamo spiegare in-nanzitutto perché vi sia una differenza di segno tra le e-spressioni 13.1 e 13.2 e, in secondo luogo, perché Max-well diede a H, e non a B, il nome di campo magnetico.

La differenza di segno tra la 13.1 e 13.2 dipende da proprietà fondamentali di E e di B che illustriamo nella figura sottostante. A sinistra è rappresentato un dipolo e-lettrico orientato parallelamente a un campo elettrico e-sterno E, ossia nella posizione di minima energia.

N

S

EI

B

All’interno del dipolo, le linee di flusso del campo elet-trico dipolare vanno dalla carica positiva a quella negati-va, ossia nel verso opposto a quello del campo E in cui il dipolo elettrico si orienta. All’interno del dipolo, la pola-rizzazione P ha perciò verso opposto al campo D/ε0 che si avrebbe nel vuoto; se si escludono casi di polarizzazio-ne permanente (materiali ferroelettrici), il campo elettrico medio nella materia è perciò sempre minore di quello che si avrebbe nel vuoto.

Nel caso della bobina percorsa da una corrente I (di-polo magnetico), orientata in un campo di induzione ma-gnetica esterno B, le linee di forza del campo di induzio-ne prodotto dalla corrente hanno lo stesso verso di B all’interno della bobina, in quanto è sempre ∇∇∇∇ ⋅⋅⋅⋅ B ==== 0. All’interno della bobina, il valore dell’induzione magne-tica è perciò la somma del vettore induzione in assenza di corrente nella bobina, µ0H, e di un contributo proporzio-nale al momento magnetico (corrispondente magnetico del momento di dipolo elettrico; esso sarà definito quanti-tativamente nel Paragrafo 13.5) della bobina stessa.

Come è evidente dai nomi, Maxwell ha istituito una corrispondenza tra i vettori spostamento elettrico D e in-duzione magnetica B, e tra i vettori campo elettrico E e

campo magnetico H. La sua motivazione è puramente formale: mediante D e B si possono riscrivere in modo indipendente dal mezzo le equazioni della divergenza:

∇∇∇∇ ⋅ D = ρ ∇∇∇∇ ⋅ B = 0 13.3

mentre mediante E e H si hanno in forma particolarmente semplice le equazioni del rotore in regime stazionario:

∇∇∇∇ × E = 0 ∇∇∇∇ × H = J 13.4

Tuttavia, gli effetti elettrici e magnetici si manifestano tramite forze proporzionali a E e B, mentre D e H posso-no sembrare vettori “fittizi”, la cui introduzione è dettata solo, come si è detto, dal desiderio di distinguere tra “sorgenti” e “mezzo”. Quando Hertz afferma che “non

c’è vero magnetismo” intende dire che il “vero” vettore magnetico è B e che le linee di questo campo non hanno una sorgente, come invece avviene per le linee di flusso di E, in quanto la divergenza di B è sempre nulla. In pra-tica, i “veri” campi sono E e B, ma le equazioni che ne descrivono proprietà e legami con le sorgenti sono “in-crociate”:

• E è conservativo (rotore nullo) in condizioni staziona-rie, B è sempre solenoidale (divergenza nulla);

• l’equazione della divergenza collega il vettore elettri-co D e la densità di carica, quella del rotore collega il vettore magnetico H e la densità di corrente.

Fisici autorevoli come Arnold Sommerfeld e Richard Fe-

ynman hanno proposto definizioni diverse per M e per H per meglio esprimere una simmetria tra elettrostatica e magnetostatica. Altri hanno suggerito di chiamare B campo magnetico e di usare il reciproco della permeabili-tà del vuoto µ0 come costante magnetica fondamentale; in tal modo tale costante comparirebbe, come ε0, a de-nominatore nella formula di B (vedi 13.1 e 13.2). Nessu-na di queste proposte è finora riuscita a soppiantare l’impostazione originale di Maxwell, anche se sempre più spesso in fisica atomica la dizione “campo magnetico” viene usata per indicare il vettore induzione magnetica B, anziché H.

Come abbiamo evitato nei capitoli precedenti di par-lare dello spostamento dielettrico D, introducendo invece la polarizzazione P e la costante dielettrica relativa εr, così eviteremo qui di ricorrere a H, e descriveremo le proprietà magnetiche di un mezzo mediante la sua ma-gnetizzazione M e la sua permeabilità magnetica rela-

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 271

tiva µr. 13.2 Convenzioni e unità di misura

Nel Capitolo 11 si è visto che la forza di Lorentz a cui è sottoposta una carica q in moto con velocità v in un cam-po magnetico è (Equazione 11.25)

f v B= ×q 13.5

Come discuteremo in dettaglio più avanti, questa equa-zione è collegata sia alla forza prodotta da B su un tratto ∆l di filo conduttore percorso da una corrente I:

f B= ×I∆l 13.6

sia alla legge di induzione di Faraday:

∇ × E = −∂

B

t 13.7

Si noti che in queste tre espressioni compare un prodotto

vettoriale. Questo dipende dal fatto che B è un vettore as-siale il cui verso viene assegnato, come per ogni prodotto vettoriale, mediante la regola della mano destra descritta nel Capitolo 2. Per esempio, orientando pollice, indice e medio della mano destra a 90° uno rispetto all’altro, se una carica positiva si sta muovendo con velocità v verso la punta dell’indice (i) in un campo B diretto verso la punta del medio (j), la forza di Lorentz sulla carica è di-retta verso la punta del pollice (k). Si utilizza anche la regola della mano destra che identifica con quella delle dita la direzione del campo B prodotto da una corrente diretta come il pollice.

B ∝∝∝∝ ∆s ×××× OP

BI

I

P

O ∆s

Le dimensioni di B si ottengono analizzando la 13.6:

[ ][ ][ ]

[ ][ ]

[ ] [ ] [ ]

[ ] [ ]B

forza

carica

tempo

distanza

forza distanza tempo

carica distanza 2= ⋅ =

⋅ ⋅

Ossia:

[ ]Bvolt s

m

weber

mtesla

2 2=

⋅= = 13.8

L’induzione magnetica nel Sistema Internazionale si mi-sura in tesla (T) ma alcuni testi la esprimono mediante l’unità di misura del flusso magnetico, il weber (che ha le dimensioni di volt⋅s), o mediante una unità pratica, il gauss:

1 gauss = 10−4 tesla

Le dimensioni della permeabilità magnetica µ si ricavano dalla legge di Ampère (∇ × B = µJ):

[ ][ ]

µ =∇ ×

=⋅

⋅ =⋅B

J

volt s

m

m

ampère

ohm s

m3

2 13.9

e il valore della permeabilità magnetica nel vuoto è

µπ

0ohm s

m=

⋅4

107 13.10

13.3 Campi magnetici prodotti

da correnti stazionarie nel vuoto

Come accennato nel Capitolo 11, quando il problema magnetostatico ha un elevato grado di simmetria, il mo-dulo del campo magnetico è facilmente calcolato median-te il teorema della circuitazione di Ampère (vedi Equa-zione 11.5): l’integrale di B lungo un percorso chiuso (circuitazione di B) è uguale alla permeabilità del mezzo moltiplicata per la corrente I concatenata con il circuito.

13.3.1 Cavo rettilineo

Un cavo rettilineo di lunghezza infinita (cioè di lunghez-za molto maggiore di ogni altra dimensione considerata) e sezione circolare di raggio R è percorso da una corrente I0 = πR2J. Per la simmetria del problema, B(P) giace in un piano normale all’asse del cavo, è perpendicolare alla normale dal punto considerato P al cavo e il suo verso è dato dalla regola della mano destra. Le linee di forza di B sono circonferenze in piani perpendicolari all’asse del

272 Capitolo 13

cavo e centro sull’asse del cavo. La circuitazione di B lungo una tale circonferenza di raggio d, orientata secon-do la regola della mano destra, è

B × (circonferenza) = µ0 × (corrente concatenata) B s⋅ = ⋅ =∫ d B d I d2 0π µ ( ) 13.11

0

µ

π0 0

2

I

R

d

2

B1

B

2RR

B

J

Per calcolare la corrente concatenata distinguiamo due casi, riferendoci alla figura precedente. 1. d ≤ R. La porzione della corrente totale I0 concatenata dalla circonferenza concentrica al cavo vale

I(d) = π

π

d

RI

d

RI

2

2 0

2

2 0=

e dalla legge di Ampère 13.11 si ottiene

B 2πd = µµ

π0

2

2 00 0

22

d

RI B

dI

R⇒ = 13.12

2. d > R. L’intera corrente I0 è concatenata e il teorema di circuitazione si scrive

B 2πd = µµ

π0 0

0 0

2I B

I

d⇒ = 13.13

All’esterno di un filo rettilineo indefinito percorso da corrente in regime stazionario il campo magnetico è in-versamente proporzionale alla distanza dal filo (legge di

Biot-Savart).

13.3.2 Lastra conduttrice

con corrente uniforme

Consideriamo una lastra di spessore s con una densità di corrente uniforme J diretta nella direzione dell’asse x. Se la piastra è sufficientemente larga e lunga da potersi con-siderare “infinita” il campo induzione magnetica sopra e sotto il piano è diretto come l’asse y: perciò nel calcolo della circuitazione di B lungo il percorso rettangolare tratteggiato i lati verticali danno contributo nullo.

J

s

l

B

B

J

x

y

z

La circuitazione di B lungo il percorso tratteggiato vale allora B 2l, e la corrente concatenata vale in modulo slJ. Segue che

B 2l = µ0slJ⇒ =BsJµ0

2 13.14

In questa formula non compare la distanza dal piano. Come nel caso del campo elettrico prodotto da un piano carico, il campo magnetico prodotto da un piano “illimi-tato” percorso da corrente uniforme è indipendente dalla distanza dal piano stesso.

13.3.3 Il solenoide infinito

Un filo conduttore percorso da una corrente I è avvolto su cilindro formando una bobina (solenoide) di lunghezza infinita (cioè molto maggiore rispetto al diametro delle spire) con n spire per metro (vedi figura seguente). All’interno della bobina le linee di forza di B (linee con-tinue) hanno densità praticamente uniforme e sono dirette come l’asse della bobina: indichiamo con Bint il modulo del campo magnetico all’interno del solenoide. All’ester-

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 273

no della bobina la densità delle linee di forza è tanto mi-nore quanto più lunga è la bobina e, nel limite di bobina infinitamente lunga, deve essere Best = 0.

B

B

I

Inoltre non vi può essere, in prossimità del centro della bobina, alcuna componente di B normale all’asse del so-lenoide, in quanto le linee di forza si incurvano solo in prossimità degli estremi della bobina. Perciò solo il tratto orizzontale all’interno della bobina, di lunghezza l, con-tribuisce alla circuitazione di B lungo il percorso, tratteg-giato in figura, con Bintl. Nel circuito tratteggiato sono concatenate nl spire e una corrente nlI. Applicando il teo-rema della circuitazione si ha

Bintl = µ0Inl ⇒ Bint = µ0In 13.15

B/µ0 ha le dimensioni di In e si misura in

amperenum. spire

m× oppure ampere × spira/m

13.3.4 Relazione tra la legge di Ampère

e la prima legge di Laplace

La prima legge di Laplace afferma che ogni tratto ds di un circuito percorso dalla corrente I (orientato nel verso della corrente positiva) contribuisce al campo magnetico nel punto P, B(P), con una quantità pari a

dB(P)=µ

π0

34

I d

r⋅

×s r 13.16

dove r è il vettore spostamento dal centro del trattino al punto P. Il campo magnetico complessivo si ottiene come somma (integrale) su tutti i trattini in cui il circuito chiuso filiforme C è stato scomposto:

Bs r

( )PI d

rC= ⋅

×∫

µ

π0

4 3 13.17

Anziché dedurre la 13.17 dalle equazioni di Maxwell, ve-

rifichiamo che all’esterno del filo rettilineo, di diametro trascurabile, essa porta allo stesso risultato (13.13) rica-vato mediante la legge di Ampère. Sia R la distanza del generico punto P dal filo e assumiamo come origine O la proiezione di P sul filo.

z + dz

z

ϑ

OR R

dz

r

O

dB(P)

PP

I

Il prodotto vettoriale dz × r che figura nella 13.16 ha modulo pari all’area del parallelogramma, in grigio, della figura:

|dz × r| = rdzcosϑ

Poiché tutti i tratti del filo danno contributi al campo in P che hanno la stessa orientazione e verso (normale al pia-no del disegno e uscente da questo), nel calcolo del mo-dulo B(P) basta sommare tra di loro i moduli dei vettori dz × r/r3. Dal disegno inoltre si ricava

r =R

cosϑ, z = R tanϑ , dz = R

ϑcos2

Sostituendo nella 13.17 si ha:

B PI r dz

r

I d

R

I

R

( )cos

cos

/

/

= =

= =

−∞

µ

π

ϑ

µ

π

ϑ ϑ µ

ππ

π

03

0 0

4

4 22

2

Questa formula coincide con la 13.13, ricavata mediante la legge di Ampère, che è la versione integrale di una del-le equazioni di Maxwell per la magnetostatica.

13.3.5 Il campo magnetico

lungo l’asse di una spira

Un caso trattabile in modo elementare mediante la prima

274 Capitolo 13

legge di Laplace è quello del campo magnetico sull’asse di una spira circolare di raggio R percorsa da una corren-te I.

Idsr

dB(P)

ϑ

R

O

P(z)

dBz

ϑ

x

y

z

Nel punto P a distanza z sulla verticale dal centro O della spira, il trattino di spira di lunghezza

ds = Rdϕ(rad)

produce il campo magnetico dB(P) con direzione indicata nella figura, descritto dalla 13.16 con

|r|= R z2 2+

Il vettore dB(P) è perpendicolare a ds e r e forma un an-golo ϑ con la verticale alla spira (parallela all’asse z) il cui coseno vale

cosϑ = =+

R

r

R

R z2 2

Per la corrente orientata come nel disegno, la componen-te di dB(P) lungo z vale

dB d PI Rd r

r

I Rd

R z

R

R z

IR

R z

d

z0

0 0

= ⋅ =⋅

=

=+ +

=

+

B( ) cos cosϑµ

π

ϕϑ

µ

π

ϕ µ

π

ϕ

4

44

3

2 2 2 2

2

2 23

Sommare i contributi a Bz dai vari tratti ds di circuito vuol dire integrare questa espressione su un angolo giro (2π). In questo caso, l’integrale si ottiene semplicemente sostituendo 2π a dϕ. Si ricava così Bz :

BIR

R z

I

R

IR

z

z

z

z R=

+

⇒ → =

→ ≈

=

>>

µ

µ

µ0

0

2

2 23

0 0

2

32

2

2

13.18

Per ragioni di simmetria il campo magnetico sull’asse della spira (z) non può avere componenti lungo x e y; perciò |B| = Bz. L’Equazione 13.18 dice che

1. il campo al centro della spira è inversamente propor-zionale al raggio R;

2. a grande distanza dalla spira il campo magnetico è inversamente proporzionale al cubo della distanza (z) dal centro della spira e direttamente proporzionale al prodotto della corrente (I) per l’area della spira (πR2).

13.4 L’induzione elettromagnetica

Nel Capitolo 11 si è visto che la formulazione integrale dell’Equazione 13.7 è la seguente: la circuitazione del campo elettrico lungo una linea chiusa C è uguale alla ve-locità di variazione del flusso del campo magnetico con-catenato a C (ossia uscente da una superficie S che ha per contorno C):

V= ( ) ( )E t B n⋅ = − ⋅∫ ∫C SdC

tdS

∂( ) 13.19

t

t

n

n

S

C

La velocità di variazione del flusso magnetico attraverso S produce una differenza di potenziale elettrico V detta forza elettromotrice (fem) indotta. Le convenzioni sui segni sono quelle indicate in figura: con C nel piano del foglio e verso di percorrenza antiorario, la normale n alla superficie S appoggiata su C va orientata nel verso uscen-te dal foglio. Una corrente nella direzione di percorrenza di C creerebbe all’interno di C un campo d’induzione magnetica B nella stessa direzione di n, quindi con flusso concatenato (∝ B ⋅ n) sempre positivo. Il segno meno nella 13.19 significa che, quando il flusso magnetico au-menta, il campo elettrico è diretto in senso opposto a quello di percorrenza di C. Perciò se il percorso C coin-cidesse con un conduttore elettrico si avrebbe in esso una corrente che produrrebbe un campo magnetico contra-

stante l’aumento del flusso magnetico. Questa formula-

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 275

zione della legge di induzione è nota come legge di Lenz ed è indipendente dalle convenzioni sulla orientazione di contorni e di superfici.

Vogliamo ora mostrare che vi è un nesso tra legge dell’induzione magnetica (terza equazione di Maxwell), seconda legge di Laplace (Equazione 11.3) e forza di Lo-rentz (Equazione 13.5). Consideriamo la spira rettango-lare della figura immersa in un campo uniforme B per-pendicolare al piano della spira; supponiamo che un lato della spira, di lunghezza L, scorra verso destra con velo-cità v. Per la 13.18 il flusso di B concatenato con la spira aumenta in un secondo di una quantità proporzionale alla variazione di area della spira nell’unità di tempo, ∆S/∆t. La velocità di variazione del flusso di B è pari, in valore assoluto, alla differenza di potenziale V che si genera

lungo il percorso della spira:

V=∂

Φ ∆

( )B

t

S

tB L B= = v

V+

v

E

B

+

x

y

z

Se nel circuito non circola corrente (come nel caso della figura dove V è misurata da un voltmetro)(*), non si han-no cadute di tensione dovute alla resistenza elettrica; la differenza di potenziale V si genera nella barra mobile dove è presente un campo elettrico, di modulo E, che moltiplicato per L deve dare la differenza di potenziale V (fem):

EL = V = LvB ⇒ E = vB

Perciò una carica q nella barra è sottoposta a una forza f con modulo

f = qE = qvB

(*) Un voltmetro ideale misura un voltaggio senza assorbire

corrente; è perciò un dispositivo caratterizzato da resistenza in-finita. Al contrario, un amperometro ideale misura una corren-te senza provocare alcuna caduta di potenziale; ha perciò resi-stenza nulla.

Questa espressione corrisponde a quella per la forza di Lorentz 13.5. Notiamo però alcune differenze. Per appli-care la legge dell’induzione magnetica abbiamo immagi-nato la presenza di un circuito chiuso, per il quale ha sen-so parlare di flusso concatenato. La forza di Lorentz in-vece si produce solo sulla barra spostata nel campo ma-gnetico, per la quale si deve parlare di “flusso di B taglia-to dalla barra nell’unità di tempo” anziché di “varia-zione del flusso di B concatenato”.

Dimostriamo ora che dall’espressione della forza di Lorentz si può ricavare la seconda legge di Laplace che qui riscriviamo:

f = I∆L × B 13.20

Consideriamo un tratto ∆L di conduttore rettilineo im-mobile di sezione S, percorso da una corrente I e immer-so in un campo magnetico B. Se il conduttore contiene n cariche mobili q per unità di volume, che hanno una ve-locità media v nella direzione del filo, la corrente elettri-ca I e la sua densità J sono così esprimibili:

I = nqSv J = nqv 13.21

f

I

Sv

B∆L

x

y

z

Infatti, in un secondo passano attraverso S tutte le cariche che si trovano in un tratto di conduttore di lunghezza (v × 1 s), il cui numero è pari a

densità × volume = n(Sv × 1 s)

La corrente è, per definizione, questo numero moltiplica-to per q. In modo simile si ha che la carica mobile com-plessiva Q che si trova nel tratto ∆L vale

Q = nqS∆L 13.22

276 Capitolo 13

Moltiplicando ambo i membri della 13.21 per ∆L e B si ottiene

I∆LB = nqS∆LB v = QvB 13.23

dove, a secondo membro, si ha il modulo della forza di Lorentz e a primo membro il modulo della 13.20. La conclusione è che le equazioni di Maxwell permettono di

descrivere le forze di natura magnetica su correnti e ca-

riche in moto.

13.5 Forze su correnti elettriche

Le forze che si esercitano su cariche in moto e circuiti percorsi da corrente posti in un campo magnetico hanno un enorme interesse pratico perché sono alla base del funzionamento dei dispositivi che trasformano energia meccanica in energia elettrica (alternatore, dinamo) ed energia elettrica in meccanica (motore elettrico). Esami-niamo il fenomeno dell’induzione magnetica nei suoi due aspetti complementari: forze agenti su correnti e forze e-lettromotrici indotte in conduttori in moto nel campo ma-gnetico o sottoposti a campi magnetici variabili.

13.5.1 Spira in un campo B

Consideriamo una spira rettangolare in un campo indu-zione magnetica uniforme diretto lungo l’asse z, percorsa da una corrente I e libera di ruotare attorno all’asse x.

Sui lati, di lunghezza a, paralleli all’asse di rotazione si esercitano due forze uguali e opposte dirette come y, perpendicolari a B e all’asse di rotazione, che in modulo valgono (vedi 13.20)

fa = IaB

Queste due forze costituiscono una coppia, con braccio bsinϑ (vedi figura) e momento diretto lungo l’asse x dato da

Mx = −fab sinϑ = −(Iab)Bsinϑ 13.24

dove ϑ è l’angolo tra B e la normale n al piano della spi-ra(*).

(*) La normale al piano della spira ha verso fissato dalla

corrente con la regola della mano destra; ϑ è l’angolo antiorario tra B e n; nel caso del disegno le due forze fa producono un momento diretto nel verso negativo dell’asse x perché produco-no una rotazione in senso orario.

fa

−−−−fb

I

b

a

n

Bfb

−−−−fa

ϑ

x

y

z

Sui due lati di lunghezza b, le due forze fb hanno sempre la stessa retta d’azione e quindi momento nullo.

Calcoliamo il lavoro fatto dalle forze magnetiche nel portare la spira da una orientazione iniziale ϑ0 = 90° (spi-ra nel piano xz) a una finale ϑ:

( )

lavoro M d Iab B d

Iab B Iab B

x= ′ = − ′ ′ =

= − ° =

° °∫ ∫ϑ ϑ ϑ

ϑ ϑ

ϑ ϑ

90 90

90

( ) sin

( ) cos cos ( ) cos

Tale lavoro cambiato di segno è l’energia potenziale Ep della spira nel campo magnetico

Ep = −(Iab)Bcosϑ 13.25

Per dare una forma vettoriale alle 13.24 e 13.25 introdu-ciamo il momento magnetico mI della spira definito da

mI ≡ Iabn = ISn 13.26

Il momento magnetico di una spira piana è quindi un vet-tore che ha per modulo il prodotto corrente × area (S = ab) della spira e per direzione la normale al piano orientata con la regola della mano destra: dita nel verso della corrente, pollice nel verso della normale.

Possiamo ora generalizzare quanto ottenuto scrivendo in forma vettoriale l’espressione della coppia 13.24:

M = mI × B 13.27

e della la sua energia potenziale 13.25:

Ep = −mI ⋅ B 13.28

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 277

Qui e nel seguito considereremo una sola spira; nella pra-tica gli avvolgimenti sono fatti in genere da centinaia, o migliaia di spire, tutte percorse dalla stessa corrente I; basterà calcolare momento magnetico, o fem indotta, per una singola spira e moltiplicare per il numero di spire.

13.5.2 Motore e alternatore

I principi di funzionamento dei motori elettrici e degli al-ternatori possono essere illustrati utilizzando le equazioni sviluppate per la spira percorsa da corrente in campo ma-gnetico. Mentre può essere non banale far ruotare il cam-po magnetico, mettere in rotazione la spira, o fornire a questa una corrente oscillante nel tempo, è abbastanza semplice calcolare le grandezze meccaniche rilevanti se quelle elettriche e magnetiche sono note. Supporremo di conoscere come stia ruotando la spira del disegno prece-dente e di sapere da che corrente sia percorsa per calcola-re il bilancio delle forze agenti.

Supponiamo che la spira del paragrafo precedente sia in rotazione uniforme e che l’angolo ϑ formato dalla sua normale con B cambi nel tempo secondo la legge

ϑπ

ω= =2

Tt t 13.29

Supponiamo inoltre che la spira sia percorsa da una cor-rente sinusoidale anch’essa di periodo T :

I(t) = I0sin2π

αt

T+

13.30

Calcoliamo su un periodo T il bilancio energetico del mo-to della spira. Il momento delle forze agenti sulla spitra, 13.24, mediato su un periodo è

⟨ ⟩ = − ⟨

+

⟩ =

= − ⟨

⟩ = −

M t I abBt

T

t

T

I abBt

T

I abB

x T T

T

( ) sin sin

sin cos cos

0

00

2 2

2

22

π πα

πα α

13.31

Secondo questa formula(*), quando α = ±90° il dispositi-

(*) La media su un periodo T di una funzione f(t) è

⟨ ⟩ ≡

=∫f t

Tf t tT

t

T

( ) ( )1

0

d

Posto β ≡ 2πt/T, e indicata con <⋅> la media su β, la media nel-la 13.31 diventa:

<sinβ sin(β + α)> = <sin2β cosα + sinβ cosβ sinα> = = <sin2β>cosα = (1/2)cosα

vo non compie, in media, lavoro perché il momento an-golare medio è nullo. Se applichiamo un momento resi-stente MR che si oppone alla rotazione la spira ritar-da ⇒ l’angolo α diventa maggiore di 90° ⇒ cosα diventa negativo ⇒ il momento medio applicato diventa positi-vo ⇒ il dispositivo fornisce lavoro meccanico per vince-re MR e può essere chiamato un motore. In questo caso, l’angolo di sfasamento è determinato dalla condizione che momento resistente e momento medio 13.31 siano in modulo uguali, in modo che la spira possa girare a velo-cità angolare costante, come ipotizzato nella 13.29:

| | cosMR0 0= − ≤

I abB I abB

2 2α 13.32

Fintanto che il momento resistente è minore del momento medio massimo I0abB/2, il motore gira a velocità angola-re costante fornendo una potenza media pari a

potenza del motoreangolo

tempo

T

I abB

=

= = −

| |

| |cos

M

M

R

R 2

20π ω

α

13.33

L’Equazione 13.33 con cosα ≤ 0 descrive il bilancio e-nergetico del motore sincrono, un dispositivo che è ali-mentato da una corrente alternata e gira alla stessa fre-quenza di questa fornendo lavoro meccanico: questo mo-tore eroga automaticamente la potenza necessaria a vin-cere il momento resistente aggiustando lo sfasamento α tra moto e corrente. Occorrono particolari accorgimenti (a volte interi motori ausiliari) per fare acquistare al mo-tore sincrono la sua velocità di regime; la potenza fornita dipende dallo sfasamento tra rotazione e corrente: varia da zero (per α = 90°) al valore massimo (per α = 180°).

L’alternatore è un dispositivo uguale al motore sin-crono. La differenza è che il momento medio 13.31 è ne-gativo, ossia cosα > 0, e sulle correnti della spira agisco-no forze che, in media, si oppongono alla rotazione della stessa. Per mantenere la spira in rotazione occorre fornire lavoro meccanico, applicando un momento uguale e op-posto a quello prodotto dalle forze elettriche. Mostriamo ora che il lavoro meccanico compiuto sulla spira contro le forze elettriche si traduce in potenza elettrica.

Per la legge dell’induzione applicata alla spira rotante in un campo magnetico fisso, la forza elettromotrice (fem) sulla spira è pari alla derivata cambiata di segno del flusso magnetico (vedi 13.29 e la figura del paragrafo precedente):

278 Capitolo 13

( )fem t

d abB

dt

abBd

dtabB t

( )cos

sin sin

= − =

= =

ϑ

ϑϑ

ω ω

13.34

Poiché si è supposto che la corrente circolante sia descrit-ta dalla 13.30, la potenza elettrica generata vale in media

potenza dell’alternatore =

= =fem t I tabB

T( ) ( ) cos

ωα

2 13.35

Come atteso per la conservazione dell’energia, la potenza

elettrica generata è uguale alla potenza meccanica as-

sorbita, ossia alla 13.33 cambiata di segno. Si noti che, idealmente, è possibile convertire completamente energia

elettrica in energia meccanica e viceversa.

13.5.3 Correnti parassite indotte

Finora abbiamo considerato conduttori filiformi nei quali la corrente elettrica può scorrere solo lungo il filo. L’induzione elettromagnetica agisce anche su conduttori non filiformi producendo l’effetto, di solito indesiderato, delle correnti parassite, dette anche correnti di Fou-

cault (o eddy currents, da eddy = vortice in un fluido, corrente opposta al moto principale). In un piatto metalli-co che entra in un campo magnetico perpendicolare con velocità v si generano linee di corrente che producono un campo di verso opposto: se il piatto fosse un conduttore perfetto (ossia con resistività nulla), le correnti sarebbero tanto grandi che il campo espellerebbe il piatto (con ve-locità −v) proprio come un ostacolo rigido fa rimbalzare una palla di gomma.

I

fafa

vvB

B

Se il piatto ha resistenza elettrica, l’energia del moto del piatto produce corrente elettrica e riscaldamento per ef-fetto Joule; il piatto è soggetto a una forza di attrito fa che si oppone al moto. Se nel piatto vengono praticate delle

fessure che interrompono gli anelli di corrente, le correnti e gli attriti prodotti dall’induzione vengono grandemente ridotti. È questa la ragione per cui in molti dispositivi ba-sati sull’induzione (motori, generatori e trasformatori) si realizzano diverse parti metalliche mediante lamierini i-solati tra loro anziché mediante pezzi massicci.

Uno dei pochi casi in cui le correnti parassite trovano un impiego utile è nel forno a induzione: la sostanza da scaldare è posta in un contenitore fatto da metallo a ele-vato punto di fusione (per esempio platino o iridio) e po-sta in un solenoide nel quale viene fatta circolare una cor-rente oscillante, tipicamente fino ad alcuni milioni di vol-te al secondo. Le correnti indotte portano facilmente la temperatura del metallo oltre 1000 °C.

B

I

correnti parassite

La ragione per cui non è consigliabile mettere metalli o altro materiale conduttore nel forno a microonde è che, per la presenza di campi magnetici oscillanti (a frequenze dell’ordine del GHz), la potenza del forno, anziché di-stribuirsi sul cibo da cuocere, viene quasi tutta dissipata in correnti parassite sul conduttore.

13.6 Circuiti elettrici con induttanze

13.6.1 L’induttanza

Una spira percorsa da una corrente I genera un campo magnetico che è proporzionale a I. Il flusso di questo campo concatenato con la stessa spira Φ(B) (flusso auto-

concatenato) è anch’esso proporzionale a I:

Φ(B) = LI 13.36

e la costante di proporzionalità L nella 13.36 è detta in-

duttanza del circuito, simbolo: . Come la capacità elettrica C, l’induttanza descrive

una proprietà “geometrica” del circuito che si può in li-nea di principio calcolare: nel caso di C, tramite l’inte-grale che esprime il lavoro fatto da una carica unitaria passando da una armatura all’altra del condensatore; nel

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 279

caso di L, tramite l’integrale che esprime il flusso di B at-traverso una superficie appoggiata alla spira percorsa da una corrente unitaria. All’aumentare della corrente elet-trica nel circuito aumenta il flusso concatenato e, per la legge di Faraday 13.19, si sviluppa una forza elettromo-trice che si oppone all’aumento di corrente:

fem = −LdI

dt 13.37

Questa equazione definisce la proprietà fondamentale dell’induttanza come componente dei circuiti elettrici. L’unità di misura SI dell’induttanza si chiama henry, H, che per la 13.37 ha le dimensioni di una resistenza elet-trica per tempo, ossia 1 henry = 1 Ω⋅s.

13.6.2 Il calcolo dell’induttanza

Come esempio di calcolo dell’induttanza consideriamo un solenoide di lunghezza l nel vuoto costituito da N spi-re circolari di sezione πr2. Il campo magnetico all’interno del solenoide per la 13.15 è

B IN

l= µ0

e il flusso autoconcatenato è N volte il flusso concatenato dalla singola spira:

Φ( )B = =NB rr N

lIπ µ

π20

2 2

Dal confronto con la 13.36 si ha per il solenoide

Lr N

l= µ

π0

2 2

13.38

13.6.3 Composizione di induttanze

Se un tratto di conduttore ha una resistenza trascurabile, la sua induttanza si può determinare misurando la fem ai suoi capi quando la corrente viene fatta variare secondo una legge nota. È intuitivo che due tratti uguali di circuito posti uno di seguito all’altro (ossia, collegati in serie) presentino complessivamente una caduta di potenziale doppia rispetto al tratto singolo, e abbiano perciò una in-duttanza che è doppia di quella del singolo tratto. Due tratti uguali di circuito con entrambi gli estremi in comu-ne (ossia, collegati in parallelo) hanno la stessa differenza di potenziale tra gli estremi e si ripartiranno in modo u-

guale la corrente complessiva; per la 13.37 avranno una caduta di potenziale che è la metà di quella che si avreb-be, a parità di corrente totale, in un solo tratto.

Per due induttanze generiche L1 ed L2 in serie e paral-lelo le relazioni sono le seguenti:

V1

L2L1

V2I

V LdI

dt2 2= −V L

dI

dt1 1= −

serie

V V V

(L L )dI

dt

L L L

1 2

1 2

= + =

= − +

⇒ = +1 2

L1 serie L2 = L1+L2 13.39

I2

I1V

L

d(I I )

dt

V

L

V

L

L L L

1 2= −

+= +

⇒ = +

1 2

1 2

1 1 1

V LdI

dt2

2= −

V LdI

dt1

1= −parallelo

L1 parallelo L2 =1 1

1 2

11 2

1 2L L

L L

L L+

=

+

13.40

13.6.4 L’energia dell’induttanza

Come a un condensatore carico è associata un’energia potenziale elettrostatica, così all’induttanza L percorsa da corrente è associata un’energia magnetica. Se all’istante

t = 0 si chiude l’interruttore della figura su un generatore a fem costante VG, la corrente comincia a circolare au-mentando gradualmente. Inizialmente la corrente è nulla, I(0) = 0; non vi è caduta di tensione sulla resistenza e si ha

−VG+ V(0) = 0 ⇒ VG = V(0)

Dopo un tempo “abbastanza lungo” la corrente raggiunge un valore costante I∞ e la caduta di tensione ai capi dell’induttanza si annulla, V(t) = 0:

− + = ⇒ =∞ ∞V I R IV

RG

G0

280 Capitolo 13

IR

V(t)LVG

Questo ragionamento è analogo a quello fatto per i con-densatori nel Capitolo 12: quando si applica una diffe-renza di potenziale costante a un circuito a riposo, le in-duttanze al tempo iniziale possono essere considerate cir-cuiti aperti (senza corrente); per trovare i valori finali, o stazionari, delle correnti le induttanze si devono pensare come cortocircuiti. Al tempo generico la corrente I(t) è data dalla legge della maglia(*)

− + + = − + + =V I t R V t V I t R LI t

tG G

d

d( ) ( ) ( )

( )0

Questa equazione si riscrive

dI(t)

dt

R

LI(t)

V

R= − −

G 13.41

che, con la condizione I(0) = 0, è risolta da

I tV

Re

R

Lt

( ) = −

−G 1 13.42

I(t)

t (10−4s)0 42

4

2

0

Nella figura precedente è rappresentato l’andamento di I nel caso in cui VG = 60 V, R = 12 Ω e L = 10−3 H; la cor-

(*) Anche per il circuito della figura, illustriamo le conven-

zioni di segno usate per la legge della maglia. La differenza di potenziale di un bipolo è definita come potenziale del primo terminale (indicato con +) meno il potenziale del secondo ter-minale. Percorrendo la maglia in un senso il potenziale di un bipolo va preso con il suo segno se si incontra per primo il pri-mo terminale, con segno cambiato in caso contrario. Per una percorrenza in senso orario VG va preso con segno cambiato e V(t) con il suo segno. Inoltre V(t) = LdI/dt perché V(t) è positi-vo quando I aumenta.

rente asintotica è I∞ = 5 A, e la costante di tempo è

τ = = −L

R8 33 10 5. ( )s

La potenza elettrica assorbita dall’induttanza è una fun-zione del tempo e per definizione è pari a

P(t) = V(t)I(t) = LdI(t)

dtI(t)

Perciò l’energia richiesta per portare la corrente da I = 0 a I = I∞ vale

E I t LdI t

dtdt LIdI LIL

I

I

t

t

= = = ∞=

=∞

=

=∞

∫∫ ( )( ) 1

22

00

Questo risultato è valido in generale: l’energia di una

qualsiasi induttanza EL è pari al quadrato della corren-

te circolante moltiplicato per (1/2)L:

ELI

L =

2

2 13.43

Troviamo ora una espressione per l’energia di un sole-noide percorso dalla corrente I. Riscriviamo per comodità le espressioni del suo campo di induzione magnetica (13.15) e della sua induttanza (13.38):

BN

lI L

r N

l= =µ µ

π0 0

2 2

L’energia è perciò

( )ELI r N I

l

Br lL = = =

2

0

2 2 2 2

0

22 2 2

µπ

µπ

Come nel caso del condensatore, si è ottenuto che l’energia è proporzionale al quadrato del campo per il

volume dello spazio interno al solenoide dove (approssi-mativamente) il campo è uniforme. All’induzione magne-tica nel vuoto si può perciò associare una densità di ener-gia (energia ∆E per volume ∆V)

E

V

B=

2

02µ 13.44

13.6.5 Circuiti in corrente alternata

Qui vengono discussi due aspetti di grande importanza pratica: la relazione tra corrente assorbita e voltaggio si-

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 281

nusoidale applicato per un circuito con induttanze, resi-stenze e condensatori (circuito in corrente alternata), e la potenza assorbita dal circuito. Per una trattazione com-patta bisognerebbe ricorrere alla notazione complessa, come fatto per le oscillazioni forzate nel Capitolo 7. Qui però manterremo il formalismo al livello più semplice possibile e illustreremo gli aspetti salienti dei circuiti in corrente alternata mediante un esempio.

I(t)R

V(t)LVG(t)

Nel circuito dell’esempio precedente abbiamo sostituito alla batteria un generatore di voltaggio sinusoidale VG(t):

V t V tG 0( ) sin= ω 13.45

Ci aspettiamo che V(t) e I(t) cambino in modo sinusoida-le con la stessa pulsazione ω e che la corrente sia

I t I t( ) sin( )= +0 ω α 13.46

da cui (vedi 13.37)

V t LdI

dtLI t( ) cos( )= = +ω ω α0 13.47

Inserendo le espressioni di I(t) , V(t) e VG(t) nella 13.41 si ha

V t RI t LI t0 0sin sin( ) cos( )0ω ω α ω ω α= + + + 13.48

Per rendere il primo membro identico al secondo devono essere soddisfatte le equazioni

RI V

LI V

0 0

0 0

=

= −

cos

sin

α

ω α 13.49

come si può verificare sostituendo le 13.49 nella 13.48 e applicando le formule trigonometriche di addizione. Pri-ma dividendo membro a membro e poi sommando mem-bro a membro i quadrati delle 13.49 si ottengono α e I0 in forma esplicita:

tan

( )

αω

απ

ω ω

= − → = −

=+

→ =

L

R

IV

R L

IV

L

R

R

0

2 2

00

2

00 0 13.50

L’angolo α è lo sfasamento tra voltaggio applicato e cor-rente; cosα rappresenta il cosiddetto fattore di potenza del circuito RL. Infatti, la potenza media fornita dal gene-ratore è

< > = < > =W VG t I tV I

( ) ( ) cos0 0

ossia proporzionale al fattore di potenza. Poiché lo sfa-samento non è mai positivo la corrente è in ritardo rispet-to al voltaggio: l’angolo di ritardo raggiunge il valore massimo di 90° (α = π/2) quando R = 0, condizione in cui energia dissipata e fattore di potenza sono nulli.

È possibile realizzare dispositivi con angolo di fase qualunque, ossia che causano il passaggio di enormi quantità di corrente pur assorbendo potenze molto mode-ste (cosα << 1) o che addirittura cedono energia al gene-ratore (cosα < 0). Ambedue questi tipi di dispositivi sono vietati dai contratti che regolano l’utenza elettrica per uso domestico. Infatti il contatore elettrico esegue l’integrale della potenza effettivamente consumata dall’utente, senza tenere conto delle perdite lungo la linea di distribuzione, che sono legate al quadrato del valore efficace della cor-rente e non dipendono dall’angolo di fase. Un dispositivo con angolo di fase piccolo pesa poco sulla bolletta in re-lazione al dispendio di energia e al carico con cui grava sulle linee di distribuzione.

Il prodotto ωL ha le dimensioni di una resistenza e viene chiamato reattanza: più alto è il suo valore, minore è l’ampiezza I0 della corrente sinusoidale. Si noti che il valore della corrente di picco si trova dividendo V0 per la radice quadrata della somma di resistenza al quadrato e di reattanza al quadrato. A tale termine viene dato il nome di impedenza del circuito, e si indica abitualmente con la lettera Z.

resistenza

ωL

Z

R

reattanza

α

L’impedenza costituisce una generalizzazione del concet-to di resistenza per circuiti dotati di elementi reattivi. E-lementi resistivi e reattivi in serie si combinano secondo la “regola di Pitagora”: si sommano tra loro i quadrati di resistenza e reattanza e si estrae la radice quadrata. Nel diagramma cartesiano precedente, l’angolo di fase del

282 Capitolo 13

circuito può essere interpretato come angolo alla base del triangolo rettangolo che ha per cateti resistenza e reattan-za e l’impedenza come ipotenusa.

Quando si ha a che fare con voltaggi e correnti varia-bili periodicamente nel tempo è comodo introdurre il va-

lore efficace, pari alla radice quadrata del valore quadra-tico medio, detto anche valore rms (abbreviazione di “root mean square”). Dal punto di vista fisico il voltaggio efficace Veff rappresenta il voltaggio di un generatore co-stante che dissiperebbe su una resistenza la stessa potenza media dissipata dal generatore variabile V(t):

<W> = V

R T

V t

Rt

Teff d2 2

0

1= ∫

( ) 13.51

Quando V(t) ha un andamento sinusoidale, il valore qua-dratico medio diventa

VV

Tt dt

T VV

Veff

0 0eff

022

22

0 2 2= ∫ = ⇒ =sin ( )ω 13.52

Per esempio, la tensione di 220 V che arriva nelle nostre case è in realtà una tensione all’incirca sinusoidale che oscilla tra −311 V e 311 V; 220 V è il valore efficace.

13.6.6 Circuiti oscillanti

Nel circuito della figura il generatore VG viene scollegato al tempo t = 0, quando nella resistenza e nell’induttanza circola una corrente I(0) = VG/R e il condensatore è sca-rico in quanto V(0) = 0.

I

C

R

V(t)LVG

Dopo l’apertura dell’interruttore la corrente I inizia a cir-colare nella maglia LC, il condensatore si carica progres-sivamente e il potenziale V(t) ai suoi capi diventa negati-vo; questo potenziale fa diminuire la corrente nella indut-tanza in base alla 13.37 fino a quando I si riduce a zero, V(t) raggiunge il massimo valore negativo e il condensa-tore la carica massima. A questo punto il condensatore i-nizia a scaricarsi attraverso l’induttanza, la corrente di-

venta negativa rispetto al senso di percorrenza che aveva al tempo iniziale sino a raggiungere il valore iniziale cambiato di segno. Quando V(t) è massimo, o minimo, tutta l’energia è immagazzinata nel condensatore; quando la corrente è massima, o minima, tutta l’energia è nell’induttanza. Negli istanti intermedi l’energia com-plessiva è

Etot = EL + EC = LI t CV t

LV

R

G2 2 2

2 2

1

2

( ) ( )+ =

13.53

La conversione di energia elettrica (nel condensatore) e magnetica (nell’induttanza) è descritta da una equazione formalmente uguale a quella per il moto del pendolo: ba-sta infatti associare x↔V e v↔I. Nel caso del pendolo (vedi Equazione 6.5) energia potenziale e cinetica si tra-sformano continuamente l’una nell’altra. In questo caso l’energia del condensatore si trasferisce all’induttanza e viceversa. Come la posizione e la velocità del pendolo, così anche il voltaggio e la corrente hanno un andamento sinusoidale:

I t I t

V t V t

IV

R

V IL

C

LC

( ) cos

sin

=

=

=

=

0

0

0G

0 0( ) =con

ω

ω

ω1

13.54

L’energia è mediamente ripartita in modo uguale tra con-densatore e induttanza. La frequenza propria del circuito oscillante, ν = ω /2π si chiama anche frequenza di riso-

nanza. La tecnologia delle trasmissioni radio sfrutta abbon-

dantemente le proprietà dei circuiti oscillanti LC. Il di-spositivo con cui Guglielmo Marconi riuscì a trasmette-re i primi segnali radio era simile al circuito che abbiamo discusso: azionando un interruttore si “avvia” un circuito LC con una frequenza di risonanza di alcuni MHz(*), il quale compie molte oscillazioni prima di smorzarsi. Que-ste oscillazioni producono onde elettromagnetiche (vedi Capitoli 11 e 15) che fanno oscillare un circuito distante caratterizzato da una uguale frequenza di risonanza. A-zionando a intervalli variabili l’interruttore si realizza in questo modo la cosiddetta telegrafia senza fili.

(*) È abbastanza facile avvolgere bobine con L ~ 1 µH, che

con comuni condensatori da ~102 pF danno frequenze di riso-nanza dell’ordine dei MHz.

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 283

13.7 Moto di cariche

nei campi magnetici

13.7.1 Lo spettrometro di massa

Una particella di massa m e carica q in moto con velocità v in un campo magnetico B è sottoposta a una forza di Lorentz (Equazione 13.5)

|f| = |qv × B| = |qvB sinϑ|

dove ϑ è l’angolo tra velocità e campo magnetico. La forza di Lorentz è sempre perpendicolare a v (oltre che a B) e perciò non compie lavoro. Il suo effetto è quello di curvare la traiettoria, che in genere assume l’aspetto di un’elica cilindrica con asse parallelo a B. Proiettata su un piano perpendicolare a B, l’elica è una circonferenza percorsa con velocità di modulo costante |v⊥| = |vsenϑ|.

ϑ

z

x

y

vzk vyj

v

BB

Nell’ambito della meccanica classica (valida per velocità piccole rispetto a quella della luce) la massa moltiplicata per l’accelerazione centripeta di questo moto deve ugua-gliare la forza centripeta di Lorentz:

mR

q B Rm

qB

vv

v2⊥

⊥⊥= ⇒ = 13.55

Questa è l’equazione fondamentale per lo spettrometro

di massa(*) e per il moto di cariche in presenza di campi magnetici; particelle con uguale velocità vengono defles-se da un campo magnetico lungo traiettorie con curvatura proporzionale al rapporto carica/massa.

(*) Lo spettrometro di massa è uno strumento utilizzato per

determinare la massa di ioni (sia semplici sia formati da fram-menti macromolecolari relativamente grossi) che copre un im-portantissimo ruolo in chimica analitica.

Nella maggior parte degli spettrometri di massa si usa il seguente metodo per ottenere un fascio di particelle con la stessa velocità. Le particelle cariche con velocità v, di-retta lungo l’asse y, generate da una sorgente possono ac-cedere, attraverso una prima fenditura, a una camera in cui vi è un campo elettrico uniforme E diretto lungo l’asse z e un campo magnetico uniforme B' diretto come l’asse x.

×

× ×

×

×sorgente

×

××

B'

B

E

v

x

y

z

La particella potrà emergere da una seconda fenditura in asse con la prima solo se percorre una traiettoria rettiline-a, ossia se la forza elettrica qE è uguale e opposta a quel-la magnetica qv × B', ossia se

qE = qvB'⇒ =vE

B' 13.56

Dopo la seconda fenditura, la particella passa in una ca-mera dove vi è solo un campo uniforme B diretto lungo x. Essendo B e v perpendicolari, per le 13.55 e 13.56 la par-ticella descrive una traiettoria di raggio

RE

BB

m

q= ⋅

' 13.57

in cui l’unica quantità incognita è il rapporto massa su carica. Ioni con uguale carica e massa leggermente diver-sa sono raccolti in punti diversi di uno schermo fotografi-co; si possono così determinare accuratamente le masse e le abbondanze relative dei vari isotopi di un elemento.

13.7.2 Effetti del magnetismo terrestre

La Terra è una grande calamita il cui polo Sud magnetico è posto in prossimità del Nord geografico. Le linee di forza di B non sono regolari, ma sono “schiacciate” dalla parte del Sole e deformate in prossimità della Terra a causa delle variazioni di permeabilità dei materiali che

284 Capitolo 13

costituiscono il nostro pianeta. Il campo magnetico alla superficie della Terra ha un valore relativamente basso, di circa 2(10−5) T. Basta però questo piccolo campo, e distanze interplanetarie, per deflettere una buona parte delle cariche provenienti dal cosmo, cariche capaci di io-nizzare la materia biologica e provocare alterazioni gene-tiche.

Polo Nord

Terra

Polo Sud

S

SN

N

Sole

Conviene distinguere i due casi limite in cui la particella si muove su un piano equatoriale, con componente della velocità nella direzione di B nulla, v|| ≈ 0, e quello in cui la particella ha una velocità diretta prevalentemente lungo il campo magnetico terrestre.

Moto sul piano equatoriale

Se la particella ha una grande quantità di moto (e la velo-cità v1 della figura), la forza di Lorentz ne deflette la tra-iettoria fino a che la particella rimane in prossimità della Terra: si può pensare in questo caso che il campo magne-tico terrestre abbia un valore medio costante in una re-gione di spazio molto più piccola del raggio R di traietto-ria dato dalla 13.36, e nullo altrove.

Nord

v2

v1

BB

+

+

+Ovest

Nella situazione opposta di quantità di moto che darebbe-ro, in campi dell’ordine di 10−5 T, traiettorie con raggi comparabili alla dimensione terrestre (velocità v2), la particella descrive archi di traiettoria con raggio di curva-tura “piccolo” quando è più vicina alla Terra, e raggio “grande” quando è più lontana. La traiettoria non è più un cerchio, ma una cicloide che si sposta da Est verso Ovest per particelle cariche positivamente, e nella direzione op-posta per particelle cariche negativamente.

Moto nella direzione di B

Se il campo fosse uniforme e la velocità avesse una com-ponente parallela a B, la traiettoria sarebbe una spirale di raggio proporzionale a v⊥ (vedi 13.36). Poiché dirigen-dosi verso uno dei poli l’intensità del campo magnetico aumenta, ci si aspetta che la spirale diventi sempre più stretta; la forza di Lorentz fL inoltre acquista una compo-nente che si oppone alla penetrazione della particella nel-le regioni dove B è più intenso.

B

fL

Perciò una particella diretta verso il polo Nord o il polo Sud della Terra compie spirali via via più strette e dimi-nuisce v|| fino a che questa velocità si annulla e poi cam-bia segno: è come se la particella rimbalzasse sul campo magnetico. Attorno alla Terra vi sono particelle cariche

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 285

intrappolate nelle fasce di Van Allen, regioni che si e-stendono dal polo Nord al polo Sud (a distanza di ~1.5 e ~5 raggi terrestri) nelle quali le cariche provenienti dal cosmo rimangono intrappolate e spiraleggiano in conti-nuazione avanti e indietro tra i due poli. Il moto di queste particelle nelle fasce di Van Allen causa tempeste magne-tiche e le cosiddette aurore polari.

Il campo magnetico terrestre non è costante nel tem-po, presentando anche inversioni di polarità con varie (non precise) periodicità, di centinaia di migliaia di anni e oltre. Ciò comporta intervalli di decine di migliaia di anni, in cui i valori del campo sono prossimi allo zero, molto inferiori a quelli attuali. Le oscillazioni del campo terrestre sono rivelate da rocce la cui magnetizzazione dipende dal valore del campo terrestre al momento della loro formazione. Sembra che l’evoluzione delle specie non proceda in modo regolare, ma che subisca forti acce-lerazioni proprio nei periodi in cui il campo magnetico terrestre è minimo, e offre una ridotta protezione dalle particelle cariche provenienti dal cosmo.

13.8 La magnetizzazione

della materia

Svolgiamo qui una trattazione analoga a quella della po-larizzazione elettrica, il cui scopo è quello di descrivere come un campo magnetico venga modificato dalla pre-senza della materia. La trattazione del problema nella sua generalità è complicata: a differenza del caso elettrico, è abbastanza comune trovare sostanze (per esempio i mate-riali ferromagnetici che costituiscono le calamite) che non rispondono in modo lineare neppure a campi esterni applicati relativamente deboli. In un primo tempo, do-vremo escludere esplicitamente questi materiali dalla no-stra considerazione.

Sia un magnete permanente sia una spira percorsa da corrente sono dei dipoli magnetici, o momenti magneti-

ci che tendono a orientarsi in un campo magnetico (vedi 13.27 13.28). Il momento magnetico è un vettore che ha le dimensioni di corrente × area. Come nel caso della po-larizzazione elettrica, si definisce magnetizzazione M la somma vettoriale dei dipoli magnetici nell’unità di volu-me. Applicando l’operatore rotore alla 13.2 si ottiene l’equivalente della 12.20b:

∇∇∇∇ × B = µ0(J + ∇∇∇∇ × M) = µ0µrJ 13.58

dove la seconda uguaglianza, valida solo in un mezzo omogeneo e lineare, consente di definire la permeabilità

magnetica relativa µr. Per visualizzare questa relazione si pensi a un sole-

noide infinito riempito con un materiale omogeneo non ferromagnetico in cui vi siano momenti magnetici ele-mentari, orientati come l’asse del solenoide, di entità proporzionale a |B|, e rappresentati da anelli di corrente.

In prossimità di ogni punto interno al materiale non fer-romagnetico vi sono correnti circolanti in senso inverso, dovuti a momenti magnetici adiacenti, i cui effetti si an-nullano. Solo ai bordi le correnti elementari compongono un intero anello di corrente, concentrico alle spire di cui si immagina costituito il solenoide, che contribuirà, al pa-ri delle correnti nelle spire, al campo magnetico comples-sivo. Corrispondentemente, il rotore della magnetizza-zione è diverso da zero solo ai bordi; infatti l’operatore rotore coinvolge derivate spaziali ed è identicamente nul-lo all’interno del materiale, dove la magnetizzazione è, nelle nostre ipotesi, uniforme. Si può ripetere per la ma-gnetizzazione molto di quanto si è detto per la polarizza-zione elettrica: in particolare la prima dipenderà da dipoli magnetici indotti o naturalmente presenti nel mezzo.

Prima di discutere le proprietà magnetiche dei mate-riali stimiamo l’ordine di grandezza dei dipoli magnetici elementari presenti nella materia e dei campi magnetici da questi generati. Immaginiamo che un elettrone (carica −e = −1.6 × 10−19 C) si trovi in un’orbita circolare, ap-partenente al piano del disegno, attorno a un protone (ca-rica +e). Se trascuriamo l’irraggiamento elettromagnetico (vedi Capitolo 15), si ha un’orbita stabile quando la forza d’attrazione coulombiana protone-elettrone egua-glia il prodotto massa dell’elettrone × accelerazione centripeta:

|fc| =e

r

m

r

2

2

2

4πε0

ev= 13.59

−e, me

+e, mp

m

vfc

r

286 Capitolo 13

Per un’orbita di raggio pari a quello dell’atomo di idro-geno, r ≈ 5.3(10−11) m, la velocità è v ≈ 2.18(106) m/s e il periodo di rotazione è

1 2

ν

π=

r

v≈1.53(10−16) s 13.60

Poiché l’elettrone passa ν volte al secondo da ogni punto dell’orbita, questa può essere pensata come una spira di raggio r con una corrente I = eν. Il momento di dipolo magnetico dell’elettrone dell’idrogeno è il prodotto di questa corrente per l’area dell’orbita:

µe = e rv

2≈ 9.24(10−24) A⋅m2 13.61

Il campo magnetico che l’elettrone orbitante genera nella posizione del protone è (vedi 13.18)

B = µ µ ν0 0

2 2

I

r

e

r= ≈ 12.4 T 13.62

Ci si aspetta che nella materia condensata i momenti ma-gnetici siano dell’ordine di grandezza di µe stimato dalla 13.61 e che i campi d’induzione magnetica da loro gene-rati, su distanze atomiche, siano dell’ordine di 101 T. An-che se un tale campo può sembrare enorme rispetto a quello terrestre, l’energia potenziale magnetica di µe in questo campo (vedi 13.28) è piccolissima rispetto all’energia potenziale elettrica dell’elettrone nel campo elettrico del protone:

energia magnetica ≈ µe B ≈10−22 J 13.63

energia elettrica ≈ e

r

2

4πε o ≈ 5(10−18) J 13.64

Le proprietà chimiche della materia dipendono dai lega-mi elettronici tra gli atomi la cui energia è quasi intera-mente determinata dalla interazione elettrica. Le proprie-tà magnetiche hanno perciò un effetto diretto del tutto trascurabile sulle proprietà chimiche.

Per le stime di ordine di grandezza abbiamo utilizzato un modello elementare di atomo che sembrerebbe avere molti difetti. Non c’è ragione per cui l’elettrone dell’idro-geno occupi un particolare piano orbitale: se tutte le orbi-te di un dato raggio hanno uguale probabilità, il momento magnetico non può puntare in alcuna direzione e deve es-sere nullo. Mentre in meccanica classica si possono avere

orbite di raggio qualsiasi (che dipendono dall’energia ci-netica del pianeta), gli atomi sembrano mantenere circa le stesse dimensioni al variare della temperatura.

Per superare queste difficoltà, Niels Bohr nel 1913 ipotizzò che l’elettrone potesse occupare solo orbite ca-ratterizzate da un momento della quantità di moto

mevr = n h 13.65

dove n è un intero e h (“acca-tagliato”) è

h ≡h

2π con h = 6.63(10−34) J⋅s 13.66

dove h è una costante fondamentale, detta costante di

Planck. Bohr utilizzò la 13.65 con n = 1 per introdurre il cosiddetto magnetone di Bohr, µB :

µB =e

me

h

2= 9.274(10−24) A⋅m2 13.67a

che risulta praticamente uguale alla stima del momento magnetico µe dell’elettrone dell'idrogeno ( 13.61).

Oltre al momento della quantità di moto dovuto al moto lungo l’orbita (momento angolare orbitale), si è trovato che l’elettrone ha anche un momento angolare

intrinseco, o di spin, (“to spin” = ruotare) pari a (1/2) h ,

a cui è associato un momento magnetico pari a µB. Anche i nuclei atomici hanno momenti di spin che sono multipli di (1/2) h ; a essi sono associati momenti magnetici che sono dell’ordine di un millesimo di µB. Qualitativamente, questo dipende dal fatto che, per la 13.67, il momento magnetico è inversamente proporzionale alla massa e che un protone pesa circa duemila volte più dell’elettrone. Il magnetone nucleare è riferito alla massa del protone mp:

µ Np

=e

m

h

2≈ 5.05(10−27) A⋅m2 13.67b

13.8.1 Diamagnetismo

La maggior parte di atomi e molecole hanno un momento magnetico complessivo che è una piccolissima frazione del magnetone di Bohr: le interazioni interatomiche ten-dono ad annullare i momenti angolari orbitali e gli elet-troni amano viaggiare in coppie con spin elettronici (e momenti magnetici intrinseci a questi associati) orientati in versi opposti. Queste sostanze esibiscono un debole diamagnetismo, un effetto per cui un campo magnetico

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 287

produce una magnetizzazione, proporzionale al campo applicato, di verso opposto a B.

Il fenomeno del diamagnetismo è interpretabile solo nell’ambito della meccanica quantistica, ma potrebbe in-genuamente venire compreso con il modello classico di atomo che abbiamo utilizzato in precedenza. Immaginia-mo che un atomo abbia due elettroni sulla stessa orbita piana i quali circolino in senso inverso con la stessa velo-cità angolare ω in modo che i due momenti magnetici, m+ e m− siano uguali e opposti.

m+

m−

δm+

BB

fL

fL

δm−

Quando applichiamo un campo magnetico normale al pi-ano dell’orbita, l’elettrone che gira in senso antiorario per un osservatore diretto come B, e ha momento magnetico

m−, avverte una forza di Lorentz fL, di modulo evB, di-retta verso il nucleo mentre l’altro elettrone avverte una forza di verso opposto. Supponiamo che il campo magne-tico abbia un effetto trascurabile sul raggio dell’orbita e produca un cambio di velocità angolare δω in modo che si ristabilisca l’equilibrio tra forza centripeta (fc = fE + fL) e accelerazione angolare. Poiché fL causa un cambio mol-to piccolo di fc per l’elettrone antiorario si può scrivere(*)

δfc ≡ erωB = δ (meω2r) = 2merω δω 13.68

o anche

δω =e

mB

2 e 13.69

Poiché la velocità aumenta di rδω, vi è un aumento del momento angolare e un corrispondente aumento del mo-dulo del momento magnetico m−:

δm−=e

m

er B

2 2

2

e⋅ =

e r B

m

2 2

4 e 13.70

(*) La variazione della forza è proporzionale al differenziale

dell’accelerazione rispetto a ω ; si usa il simbolo δ anziché quello di differenziale, d, per indicare che la variazione è picco-la ma non infinitesima.

Nell’orbita antioraria si sviluppa perciò un momento ma-gnetico addizionale δm− diretto in verso opposto a B. Nel caso dell’elettrone che gira in senso orario, la velocità angolare e i moduli di fc e µµµµ+ diminuiscono; perciò anche in questo caso il momento magnetico aggiuntivo indotto dal campo magnetico ha verso contrario a quello di B.

Calcoliamo per un mezzo diamagnetico l’ordine di grandezza della suscettività magnetica:

χm ≡ µr− 1 13.71

ossia del numero puro che rappresenta il rapporto tra µ0M e B (vedi 13.2). La magnetizzazione è la somma dei momenti elettronici indotti per unità di volume, che è pari alla 13.70 diviso per il volume occupato in media dal singolo elettrone ~r3. Dalla 13.70 segue

µµ

00

eM B≈ −

e

m r

2

4≈ (−10−4)B

La suscettività magnetica di una sostanza diamagnetica è praticamente indipendente dalla temperatura, e di solito ancora più piccola, in valore assoluto, del valore 10−4 che abbiamo stimato. Quasi tutte le sostanze organiche e la maggior parte di quelle inorganiche sono diamagnetiche.

13.8.2 Paramagnetismo

Il diamagnetismo, per quanto visto, è un fenomeno che si dovrebbe verificare in ogni sostanza. Tuttavia talvolta es-so è cancellato (e pertanto risulta non rilevabile) dal pa-ramagnetismo. In una sostanza paramagnetica vi sono a-tomi o molecole che hanno un momento magnetico m e-lettronico diverso da zero. Questo momento è parallelo al momento della quantità di moto I dell’elettrone:

m = γ I 13.72

dove γ è detto rapporto giromagnetico, ed è dell’ordine di e/2me per gli elettroni (e di e/2mp per i nuclei). In pre-senza di un campo d’induzione magnetica uniforme B sul dipolo magnetico agisce una coppia (vedi 13.27)

m × B = γ I × B

La legge di Newton per un corpo in rotazione attorno a un punto perciò si scrive

288 Capitolo 13

d

dt

II B= ×γ 14.73

Questa equazione è formalmente simile a quella che de-scrive il moto di una carica q di massa m in un campo magnetico uniforme B (vedi 13.20 e 13.36):

d

dt

q

m

vv B= ×

per la quale si è mostrato che la forza a secondo membro non compie lavoro e muta la direzione, ma non il modu-lo, della velocità. In modo del tutto analogo, la coppia a secondo membro della 13.73 non compie lavoro e fa cambiare nel tempo solo la direzione della componente di I perpendicolare a B. Si dice per questo che il momento angolare I precede (come una trottola) attorno a B; la sua velocità angolare

ω = γB 13.74

è detta velocità di precessione di Larmor. Questa equa-zione è alla base del fenomeno della risonanza magneti-

ca nucleare (NMR = nuclear magnetic resonance) ed e-lettronica (EPR = electron paramagnetic resonance): la magnetizzazione dovuta ai momenti magnetici di un tipo di particella (nucleo o elettrone) precede con una velocità angolare proporzionale al campo magnetico e al rapporto giromagnetico della particella. Il moto di precessione può essere rivelato grazie alla differenza di potenziale che la magnetizzazione rotante induce in un solenoide con asse perpendicolare a B. Lo studio di questo moto fornisce in-formazioni sui “disturbi” alla precessione prodotti dalle interazioni della specie atomica con le particelle circo-stanti.

Da circa 50 anni la risonanza magnetica affianca le spettroscopie ottiche e la diffrattometria a raggi X (vedi Capitolo 15) nello studio della materia condensata. A partire dagli anni Settanta si sono sviluppate tecniche capaci di ottenere informazioni sulla presenza di vari tipi di nuclei (in particolare, di quelli di idrogeno) in diverse regioni dello spazio. È nata la tomografia NMR, o MRI (magnetic resonance imaging), che, fornendo mappe di densità dei protoni nei tessuti biologici, si è affermata come potente e sofisticato strumento medico-diagnostico. Il suo fondamento è l’equazione “di risonanza” 13.74, che stabilisce una proporzionalità tra campo B applicato e frequenza. Basta fare in modo che parti diverse del corpo siano esposte a campi magnetici leggermente diversi per-ché i momenti magnetici di una specie chimica emettano

segnali con frequenza dipendente dalla posizione; si può così risalire alla quantità della specie chimica presente in una data regione e se ne possono studiare alcune proprie-tà.

Oltre che precedere, i momenti magnetici nella mate-ria possono cambiare la loro orientazione rispetto al cam-po B. Per fare questo deve essere scambiata una energia il cui ordine di grandezza è µBB per gli elettroni e µNB per i nuclei (vedi 13.67a e b). La meccanica quantistica stabilisce che questi scambi di energia possono avvenire solo per multipli interi della quantità

hγB

In un campo B di 1 T questa energia è dell’ordine di 10−23 J per un elettrone e di 5 × 10−27 J per un nucleo di idrogeno (protone): a temperatura ambiente (T ≈ 300 K) le energie magnetiche di nuclei ed elettroni sono perciò di diversi ordini di grandezza inferiori all’energia termica (kBT ≈ 4 × 10−21 J) che il principio di equipartizione as-socia a ogni particella o grado di libertà. In queste condi-zioni l’agitazione termica riesce perciò a mantenere un disordine quasi completo nelle orientazioni dei momenti magnetici microscopici: solo una frazione dei momenti magnetici, dell’ordine di hγB / kBT, è diretta nello stesso verso di B e aumenta il campo magnetico che si avrebbe nel vuoto. Gli altri momenti magnetici hanno uguale pro-babilità di essere paralleli e antiparalleli e non contribui-scono al valor medio di B. Ci si aspetta perciò che una sostanza con momenti magnetici intrinseci, lontana dallo zero assoluto e in un campo magnetico “moderato” abbia una componente paramagnetica, ossia acquisti una de-bole magnetizzazione diretta nel verso di B, proporzio-nale a B e inversamente proporzionale a T (legge del pa-

ramagnetismo, detta anche di Curie in onore di Pierre

Curie). Se il campo magnetico nella sostanza è superiore a quello che si avrebbe nel vuoto, la componente para-magnetica della magnetizzazione supera quella diama-gnetica e la sostanza si dice essere paramagnetica. La magnetizzazione dovuta ai momenti magnetici nucleari è di solito molto minore di quella, di segno opposto, asso-ciata al diamagnetismo; è invece abbastanza comune che sostanze metalliche o con elettroni “disaccoppiati” abbia-no µr leggermente superiore all’unità e siano perciò so-stanze paramagnetiche.

13.8.3 Ferromagnetismo

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 289

A una temperatura sufficientemente bassa i momenti ma-gnetici di una sostanza paramagnetica tendono ad alline-arsi parallelamente gli uni agli altri: la sostanza può man-tenere una magnetizzazione anche in assenza di un campo magnetico esterno e diventa ferromagnetica. Il ferroma-

gnetismo è un fenomeno cooperativo dovuto alle intera-zioni tra particelle dotate di momenti magnetici elettroni-ci nella materia allo stato condensato.

B V t dt∝ ∫ ( )

Br

I

(a)V(t)

I(t)

Il fenomeno può essere studiato con il dispositivo della figura: si dà alla sostanza una forma toroidale e vi si av-volge attorno un conduttore sul quale viene impressa una corrente I(t) che varia con il tempo. Il voltaggio V(t) in-dotto in un secondo avvolgimento è proporzionale al cambio nel tempo del campo B all’interno della sostanza, il quale dipende dalla permeabilità µr del toroide. Si trova che con un toroide ferromagnetico non vi è più una rela-zione di proporzionalità tra B e la corrente applicata I.

Se la sostanza ha inizialmente una magnetizzazione media nulla, l’accensione di una debole corrente può produrre un grande campo magnetico dovuto principal-mente alla magnetizzazione della sostanza. Per valori di corrente alle quali il processo di magnetizzazione della sostanza è praticamente completato, un cambio di corren-te genera voltaggi molto minori. Questo comportamento è rappresentato dalla curva (a) di “prima magnetizzazione”. Al successivo diminuire della corrente I, il campo magne-tico non diminuisce in modo corrispondente e mantiene un valore residuo Br anche quando la corrente applicata viene portata a zero. La sostanza è diventata un magnete

permanente. Per portare a zero il campo magnetico nella sostanza occorre applicare una corrente di segno opposto a quella che ha precedentemente prodotto la magnetizza-zione permanente. Al variare di I tra valori positivi e ne-gativi, il campo magnetico descrive la curva mostrata nel-la figura precedente, che viene detta curva di isteresi per significare che il campo magnetico è “in ritardo” rispetto

alla corrente. Più grande è il campo residuo Br, più il ma-teriale magnetico è “duro” e adatto alla costruzione di magneti permanenti. Quanto più piccolo è Br, tanto più il materiale magnetico è “soffice” e adatto alla costruzione di trasformatori: si opera in questo ultimo caso con cor-renti che producono solo una piccola frazione della ma-gnetizzazione massima in modo da avere quasi una pro-porzionalità tra B e I, corrispondenti a valori tipici di µr compresi tra 103 e 104.

Si conoscono da tempo regole per sintesi e trattamen-to di leghe metalliche e di ossidi di metalli di transizione con proprietà ferromagnetiche prossime a quelle deside-rate (gli elementi più adatti per la produzione di ferroma-gneti sono Fe, Co, Ni, Dy, Gd). La tecnologia di questi materiali nasce però da un’attenta osservazione delle loro proprietà più che da una interpretazione microscopica del ferromagnetismo. Abbiamo già notato come, secondo la fisica classica, il ferromagnetismo si dovrebbe avere solo a bassissime temperature; tuttavia il ferro dolce diventa paramagnetico attorno a 103 K, invece che a circa 1 K come predetto dal nostro ragionamento classico. La ra-gione è che l’interazione tra i momenti magnetici in alcu-ni solidi è determinata da una legge della meccanica quantistica nota come principio di esclusione di Pauli (1924): questa legge stabilisce un legame tra proprietà orbitali dell’elettrone atomico (determinate dall’interazione elettrica) e le sue proprietà di spin, prin-cipali responsabili dell’interazione magnetica. Una con-seguenza è che l’orientazione del momento magnetico in-trinseco di un elettrone in un atomo o molecola può esse-re in ultima analisi frutto di una interazione di natura elet-trica.

Riassunto

Il magnetismo è un fenomeno complicato, e per certi ver-si ancora misterioso. Questo capitolo ne ha trattato gli aspetti principali, iniziando dalla travagliata convivenza delle equazioni di Maxwell per elettrostatica e magneto-statica: vi sono corrispondenze formali che purtroppo so-no diverse dalle corrispondenze fisiche. A chi vuole pre-servare la simmetrica bellezza delle equazioni di Ma-xwell, che sembrano ignorare le diversità tra elettricità e magnetismo, va ricordata la frase di Einstein: “Sottile è il

Signore, ma non malizioso”. Infatti il magnetismo sem-bra, in più di un senso, qualcosa di sottile: a livello mi-croscopico, le interazioni magnetiche sono sempre tra-scurabili rispetto a quelle elettriche, anche se i fenomeni magnetici, molto più di quelli elettrici, sono alla base

290 Capitolo 13

dell’intera elettrotecnica. La parte centrale del capitolo riguarda il calcolo del

campo magnetico, mediante le formule di Ampère e La-place/Biot-Savart, e delle forze su correnti e cariche elet-triche, mediante la legge dell’induzione di Faraday e la forza di Lorentz. Con la legge dell’induzione si spiega il funzionamento dei principali dispositivi magnetici: indut-tanze, trasformatori, motori e generatori elettrici. Con la forza di Lorentz si spiega come funzioni lo spettrometro di massa e come il campo magnetico terrestre riesca a proteggere la Terra dalla pioggia cosmica di particelle ca-riche ionizzanti. Ricordiamo però che non vi è ancora una

interpretazione certa sull’origine del magnetismo terrestre e delle sue oscillazioni: questo è un altro degli affascinan-ti misteri del magnetismo.

Anche se i fenomeni di magnetizzazione della materia non possono essere spiegati mediante la fisica classica, si sono usati argomenti intuitivi per stimare l’ordine di grandezza dei momenti magnetici elettronici e per “spie-gare”, in modo volutamente ingenuo, diamagnetismo, pa-ramagnetismo e risonanza magnetica. Per il ferromagneti-smo ci si è arresi: secondo noi, non si può neppure finge-re di interpretarlo a livello microscopico senza far ricorso alla meccanica quantistica.

ESERCIZI RISOLTI ______________________________________________________________

Esercizio R13.1 In un punto della superficie terrestre dove la componente orizzontale del campo magnetico vale 50 µT, una piccola bussola viene posta orizzontalmente nel centro di un avvolgimento circolare che appartiene al piano individuato dalla verticale e dalla direzione del Nord magne-tico.

g

Nord

Se l’avvolgimento consiste di N = 50 spire e ha raggio r = 40 cm, per quale corrente l’ago magnetico defletterà di 45° rispetto alla direzione del Nord magnetico?

(A) 0.314 A (B) 0.64 A (C) 0.80 mA (D) 1.56 mA (E) 27.4 mA

Soluzione L’ago della bussola ruoterà di 45° quando il campo prodotto dalla spira, perpendicolare al piano del disegno, sarà uguale alla componente orizzontale di quello terrestre, BT. Perciò

( )( )

BNI

rI

B r

NTT

0.64 A= ⇒ = =× ×

×≈

µ

µ π

0

0

5

72

2 2 5 10 0 4

4 10 50

.

Esercizio R13.2 Una spira rettangolare di lunghezza a = 10 cm e altezza b = 5 cm percorsa da una corrente

Is = 5 A è collocata in prossimità di un lungo filo percorso dalla corrente If = 100 A, come in-dicato nel disegno.

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 291

d = 4 cm

Is = 5 A

If = 100 A

a = 10 cm

b = 5 cm

La risultante delle forze agenti sulla spira vale circa

(A) 0.25 mN (B) 0.11 mN (C) 2.6 mN (D) 3.14 mN (E) 0.14 mN

Soluzione Il lato lungo, prossimo al filo, è attirato verso questo da una forza

f aI B d aII

d+ = =s f s

f( )µ

π0

2

mentre quello distante è respinto da

f aI B d b aII

d b− = + =+s f sf

( )( )

µ

π0

2

Sui due lati normali al filo agiscono due forze uguali e contrarie, una diretta verso destra e l’altra verso sinistra. La risultante è diretta verso il filo e vale

( )

( ) ( )

f f f aI B d B d b aII

d d b

I Iab

d d b

= − = − + = −+

=

=+

= ××

×≈

+ −

− −

s f f sf

f s N

( ) ( )

( ).

µ

π

µ

π

0

0 7 4

2

1 1

22 10 100 5

10 5

4 9139 10

(Risposta E) Esercizio R13.3 Due spire circolari coassiali sono percorse dalla stessa corrente diretta in senso opposto e si

trovano a distanza d = 1 m; il primo avvolgimento consiste di N1 = 360 spire di 20 cm di di-ametro (r1 = 0.1 m); il secondo avvolgimento ha un diametro di 30 cm (r2 = 0.15 m).

I

50 cm50 cm30 cm20 cm

I

Quante spire N2 deve avere approssimativamente il secondo avvolgimento perché il campo d’induzione magnetica si annulli nel punto medio della congiungente i centri delle due spire?

(A) 160 (B) 240 (C) 171 (D) 540 (E) 237

Soluzione Il campo magnetico sull’asse di una spira circolare di raggio r a distanza d dal suo centro è

( )B

NIr

r d

=+

µ02

2 2 3 22

/

Il problema si risolve in modo esatto richiedendo l’uguaglianza dei moduli dei due contributi a B che, lungo l’asse, hanno sempre versi opposti. Semplificando per il comune fattore µ0I/2 si ha

292 Capitolo 13

( ) ( )( )( )

N r

r d

N r

r d

N Nr

r

r d

r d

1 12

12 2 3 2

2 22

22 2 3 2 2 1

12

22

22 2 3 2

12 2 3 2

3600 01

0 0225

0142

0133171

+

=

+

⇒ =+

+

≈ × × ≈/ /

/

/

.

.

.

.

Una soluzione approssimata si trova quando r1 e r2 possono essere considerati molto minori di d; in tal caso basta imporre l’uguaglianza dei momenti magnetici dei due avvolgimenti:

N r N r N Nr

r1 1

22 2

22 1

12

22 160= ⇒ = =

Sono perciò accettabili sia la risposta C sia la A, anche se in questo caso la A non è una ap-prossimazione “ottimale”.

Esercizio R13.4 La spira triangolare della figura giace nel piano zy ed è percorsa da una corrente I = 30 A nel

verso indicato mentre è immersa in un campo di induzione magnetica B = 10i (T).

B(0.4, 0)

A(0, 0.3)

O(0, 0)

I

Bϑ x

y

Se |OA| = 0.3 m e |OB| = 0.4 m, la spira è sottoposta a una coppia Mj con M pari a (in N⋅m)

(A) 90 (B) −18 (C) 36 (D) −36 (E) 180

Soluzione La forza sul lato OA ha modulo |OA|IB = 0.3 × 30 × 10 = 90 N ed è diretta nel verso entrante nel foglio. La forza su AB vale in modulo |AB|IBsinϑ = |OA|IB = 90 N ed esce dal piano del foglio. La forza su BO è nulla. Si noti che la risultante delle forze agenti su una spira chiusa in campo magnetico uniforme è sempre nulla. Le forze agenti su OA e AB si possono pensare applicate ai punti medi di questi lati, i quali sono distanti |OB|/2 = 0.2 m. Perciò il momento della coppia vale 90 × 0.2 = 18 N⋅m ed è diretto nel verso negativo dell’asse y. La risposta è perciò B:

M = −18j (N⋅m)

Esercizio R13.5 Una spira rettangolare è posta su un piano inclinato di 30° rispetto all’orizzontale. Un lato orizzontale della spira è fisso e ha lunghezza l = 50 cm; l’altro lato orizzontale è costituito da una barra conduttrice di m = 0.1 kg che può scivolare senza attriti sul piano.

30°

IB

ly

z

x

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 293

Se il circuito è immerso in un campo magnetico B = −0.8k (T) diretto come la verticale di-scendente, per quale valore della corrente I nella spira la barra mobile resterà ferma?

(A) 1.4 A (B) 3.2 A (C) 4.8 A (D) 9.8 A (E) 31.4 A

Soluzione La forza magnetica fm sulla barra è diretta come l’asse delle y e vale in modulo fm = IlB ; la sua componente lungo il piano inclinato, fmcos30°, deve essere uguale alla componente della forza di gravità, fg = −mgk, lungo il piano inclinato:

f f mg IlB

Img

lB

g m

A

sin cos sin cos

tan. .

. ..

30 30 30 30

3001 9 8

0 5 08

1

314

° = °⇒ ° = °⇒

⇒ = ° =×

×× ≈

Esercizio R13.6 La candela di un motore a scoppio è alimentata attraverso un avvolgimento, di resistenza trascurabile, costituito da 7000 spire su un cilindro ferroso di raggio r = 1 cm in cui il campo d’induzione magnetica B viene portato da 1 T a 0.1 T in ∆t = 0.2 ms. Il valore medio della differenza di potenziale ai capi dell’avvolgimento è di circa

(A)1.4 V (B) 10 V (C) 100 V (D) 103V (E) 104 V

Soluzione Si applica la legge di Faraday a una spira:

( )fem

t

B r

t= = =

× ×=

∆Φ

π π2 2

3

0 9 0 01

0 2 101414

. .

.. V

e si moltiplica per il numero delle spire ottenendo circa 9896 V, ossia circa 104 V. Esercizio R13.7 Una striscia di metallo di spessore s = 0.2 mm e larghezza d = 1 cm è percorsa da una corren-

te I = 0.5 A.

B

J

yx

z

s

d

Sapendo che la corrente elettrica è prodotta da elettroni (q = e =1.6 × 10−19 C) e che, quando la striscia è posta in un campo magnetico uniforme e perpendicolare B = 0.3 T, sulla sua lar-ghezza si misura una tensione, detta tensione di Hall VH = 0.2 mV, stimare la densità di elet-troni mobili n (in numero di elettroni mobili per m3).

(A) 3.75(106) (B) 6.02(1023) (C) 2.34(1025) (D) 3.14(1024) (E) 980

Soluzione Occorre collegare la tensione VH alla forza di Lorentz sulle cariche q in moto con velocità v e la corrente I alla velocità e densità delle cariche mobili:

294 Capitolo 13

( ) ( )( )

f qE q B V Ed Bd

I Jds J n e =I

dsne

neBI

sV

= = ⇒ = =

= = ⇒

⇒ = =×

×=

− −

v v

v v

C / m

H

H

3

,

. ..

0 3 0 5

2 10 2 103 75 10

4 46

da cui: n ≈ 2.34 (1025) elettroni/m3. Esercizio R13.8 Un anello di alluminio (µr ≈ 1) è coassiale con un cilindro di ferro (µr ≈ 500) orizzontale

coperto di vernice isolante su cui sono avvolte 500 spire di rame smaltato.

anello

x

y

z

L’anello di alluminio è inizialmente nella posizione della figura quando l’avvolgimento viene chiuso su un alimentatore che, per un osservatore diretto come l’asse y, produce una corrente circolante in senso antiorario nell’avvolgimento. Tra le seguenti affermazioni sono vere

(A) l’anello comincia a ruotare in senso orario

(B) l’anello comincia a ruotare in senso antiorario

(C) l’anello non si sposta né ruota

(D) l’anello tende a spostarsi verso destra

(E) l’anello tende a spostarsi verso sinistra

Soluzione Per la legge dell’induzione elettromagnetica, nell’anello di alluminio si genera una corrente di senso opposto a quella dell’avvolgimento; anello e avvolgimento si respingono perché per-corsi da correnti in versi opposti e l’anello viene spinto verso destra.

Esercizio R13.9 Una spira con raggio r = 8 cm e una resistenza R = 10−3 Ω è inizialmente in un piano perpen-

dicolare a un campo magnetico uniforme e costante con B = 0.5 T. Se la spira viene ruotata di 90° attorno a un suo diametro, quanta carica elettrica fluirà complessivamente attraverso un settore della spira?

(A) 10 nC (B) 10 µC (C) 10 mC (D) 10 C (E) 105 C

Soluzione La carica che fluisce quando, nell’intervallo di tempo dt, il flusso concatenato cambia di dΦ è

( )

Ifem

R R

d

dtdQ Idt

d

R

QR

r B

R

= = ⇒ ≡ = ⇒

⇒ =−

= =× ×

≈−

1

0 08 0 5

1 1010

2 2

3

Φ Φ

Φ Φtot

in fin Cπ π . .

Il risultato vale in generale: la quantità di carica che fluisce non dipende dai dettagli del mo-

to ma solo dal cambio di flusso magnetico e dalla resistenza del circuito.

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 295

Esercizio R13.10 Una spira rettangolare di altezza l = 40 cm è completata da un contatto mobile che viene

spostato verso destra alla velocità costante di v = 3 m/s.

B = 0.2 T

3 m/s40 cm 3 Ω

Se il piano della spira è perpendicolare a un campo d’induzione magnetica uniforme B = 0.2 T e la resistenza complessiva della spira è R = 3 Ω, la forza necessaria per spostare il contatto mobile è pari a

(A) 0.24 N (B) 0.08 N (C) 3.14 mN (D) 6.40 mN (E) 9.80 mN

Soluzione La fem generata ai capi della barra è fem = Blv = 0.2 × 0.4 × 3 = 0.24 V e la corrente indotta nella spira, in senso antiorario, è I = fem/R = 0.08 A. La forza è

IlB = 0.08 × 0.4 × 0.2 = 6.4 mN

Esercizio R13.11 Per rivelare le vibrazioni di un macchinario si collega a questo un avvolgimento quadrato,

lato medio l = 5 cm, costituito da N = 1000 spire e posto per circa la metà tra i poli di un ma-gnete permanente dove B = 0.3 T.

z

yx

B

Se i terminali dell’avvolgimento vanno a un oscilloscopio che consente di stimare al massimo una fem di 0.5 mV, qual è approssimativamente la minima velocità di spostamento rilevabile?

(A) 1 m/s (B) 33 mm/s (C) 1 mm/s (D) 33 µm/s (E) 10 µm/s

Soluzione Se la spira si sposta con velocità v, la fem indotta e la minima velocità rilevabile sono

( )fem Nl B mV

fem

NlB= ≥ ⇒ = ≥

× ×≈

v v0 50 5 10

1000 0 05 0 333

3

..

. .µm/s

Esercizio R13.12 Una bobina con una induttanza L = 0.2 H viene inserita in un circuito a corrente continua con

tempo caratteristico L/R molto maggiore di 1 s. Dopo 0.3 s dal collegamento, la tensione ai capi della bobina è 6 V. Qual è l’energia immagazzinata in quell’istante nella bobina?

296 Capitolo 13

(A) 27 J (B) 16.2 J (C) 9.8 J (D) 8.1 J (E) 3.14 J

Soluzione Si usano le equazioni

fem LI

tI t

fem

Lt E LI

fem t

L= ⇒ = = = =

×

×=

∆∆

∆( )

.

..e J

1

2 2

6 0 3

2 0 2812

2 2 2 2

Esercizio R13.13 Nel circuito della figura seguente R = 15 Ω, L = 0.15 H e V = 6 V. Quale deve essere il valore di C affinché, dal momento della chiusura dell’interruttore in poi, dalla batteria fluisca una corrente costante I = 0.4 A se prima della chiusura nella maglia RLC non fluiva alcuna cor-rente?

(A) 10 mF (B) 667µF (C) 333 µF (D) 10 µF (E) 67 nF

L

VCR

R

Soluzione Le correnti nel ramo RL e in quello RC, dal momento della chiusura del contatto con la batte-ria, sono date da

IV

Re

IV

Re

L

R

Lt

C

t

RC

= −

=

1

Perciò, la corrente complessiva IL + IC è costante se le due funzioni esponenziali hanno la stessa costante di tempo, ossia se la crescita della corrente IL è esattamente compensata dalla diminuzione di IC

R

L RCC

L

R= ⇒ = = =

1 015

15667

2 2

.µF

Esercizio R13.14 Un toroide ha una circonferenza media lunga l = 60 cm ed è costituito da ferro con permeabi-

lità relativa µr = 500 su cui sono avvolte N = 300 spire che portano una corrente I = 0.2 A.

L’induzione magnetica nel toroide vale

(A) 0.314 T (B) 0.0628 T (C) 31.4 mT (D) 15.7 mT (E) 6.28 mT

Soluzione Poiché tutto il percorso delle linee di flusso di B è all’interno di un mezzo di permeabilità µr, la formula da usare è quella di un solenoide con N/l spire per metro e permeabilità µr:

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 297

BN

lI= = × × × =−µ µ π0

74 10 500300

0 60 2 0 0628r T( )

.. .

Esercizio R13.15 Con riferimento al problema precedente, si supponga di tagliare un settore di lunghezza me-

dia l1 = 5 cm nel toroide di ferro e riempirlo con materiale avente permeabilità magnetica re-lativa pari a 1 (per esempio, aria).

l1

Il campo di induzione magnetica ora vale all’incirca

(A) 56.5 mT (B) 31.4 mT (C) 6.28 mT (D) 3.14 mT (E) 1.48 mT

Soluzione Poiché il settore di toroide tagliato è piccolo, si può assumere che le linee di flusso di B se-guano anche nell’interruzione il percorso circolare seguito nel ferro, e che quindi B abbia lo stesso valore nel ferro e nel materiale non ferromagnetico. Lungo il percorso della mediana del toroide, un tratto l2 = (60 − 5) cm = 55 cm è percorso in ferro e il resto in aria. Per il teo-rema di Ampère:

Bl

Bl NI B

NI

l lµ µ µµ

µ

π0

10

2 01 2

7

1

4 10300 0 2

0 050 55

500

148+ = ⇒ =

+

= ××

+

≈−

r

r

mT( ).

.. .

Indicata con A l’area della sezione del toroide e con Φ = BA, il flusso di B attraverso tale se-zione, l’equazione precedente si riscrive:

Φ Φl

A

l

ANI

r

1

0

2

0µ µ µ+ =

La quantità l1/Aµ0 è detta riluttanza magnetica del tratto in aria, la quantità l2/Aµ0µr è la ri-luttanza del tratto nel ferro; la somma delle due riluttanze è la riluttanza complessiva del cir-cuito. NI è chiamata forza magnetomotrice. Questa equazione esprime perciò la relazione

flusso di B × riluttanza = forza magnetomotrice

analoga alla legge di Ohm per un circuito

corrente × resistenza = forza elettromotrice

Si noti che la riluttanza si compone in serie e parallelo con le stesse regole della resistenza. In particolare, due tratti consecutivi (in serie) di un circuito magnetico (che portano perciò lo stesso flusso magnetico) danno complessivamente una riluttanza che è la somma delle rilut-tanze dei due tratti.

ESERCIZI PROPOSTI____________________________________________________________

298 Capitolo 13

Esercizio 13.1 Una bobina circolare di N = 200 spire e di raggio r = 5 cm crea un campo magnetico con B = 1 mT al suo centro. La corrente che percorre l’avvolgimento è di circa

(A) 0.2 A (B) 0.4 A (C) 0.001 A (D) 80 A (E) 160 A

Esercizio 13.2 Un solenoide in aria di lunghezza l = 20 cm è costituito da N = 500 spire di 3 cm di diametro.

L’induzione magnetica nel suo interno quando I = 5 A vale circa

(A) 3.14 mT (B) 6.28 mT (C) 15.7 mT (D) 628 mT (E) 9.8 T

Esercizio 13.3 Un avvolgimento quadrato di lato l = 10 cm composto da N = 60 spire e percorso da una

corrente antioraria Is = 20 A giace in un piano a cui appartiene anche un filo percorso da una corrente di If = 5 A a una distanza di 10 cm dal centro dell’avvolgimento e avente la stessa di-rezione e verso della corrente nel lato prossimo dell’avvolgimento.

10 cm

10 cm

Le forze magnetiche sull’avvolgimento hanno momento lungo il filo pari a (in N⋅m)

(A) 4.8(10−4) (B) 2.4(10−4) (C) 1.2(10−4) (D) 0.8(10−4) (E) 0

Esercizio 13.4 Il campo magnetico terrestre all’Equatore vale circa B ≈ 50 µT ed è diretto verso Nord. Su un

tratto di filo lungo l = 2 m percorso da una corrente I = 40 A diretta da Est a Ovest si esercita una forza di

(A) 4 mN verso il basso

(B) 0 N

(C) 2 mN verso l’alto

(D) 4 mN verso l’alto

(E) 4 mN verso Nord

Esercizio 13.5 Un avvolgimento rettangolare di 2 × 6 cm costituito da N = 200 spire è percorso da una cor-

rente I = 50 mA ed è immerso in un campo magnetico uniforme B = 7 T diretto parallelamen-te al lato lungo 6 cm. La coppia agente sull’avvolgimento vale (in N⋅m)

(A) 0.042 (B) 0.14 (C) 3.14 (D) 0.50 (E) 0.084

Esercizio 13.6 Un protone (q = +e, m = 1.67 × 10−27 kg) con una velocità iniziale di

v = 4(106 m/s)i + 4(106 m/s)j

entra in una zona dove vi è un campo magnetico uniforme B = 0.3i (T). La traiettoria del pro-tone sarà un’elica con passo (= avanzamento per ogni giro) di

(A) 21 m (B) 3.14 m (C) 1.7 m (D) 0.87 m (E) 98 mm

Magnetostatica e induzione elettromagnetica 299

Esercizio 13.7 Una barra di metallo di lunghezza l = 0.5 m ruota attorno a uno dei suoi estremi alla frequen-za ν = 5 Hz in un campo magnetico uniforme e costante perpendicolare al piano di rotazione con B = 0.4 T. La differenza di potenziale agli estremi della barra vale circa

(A) 3.14 V (B) 1.57 V (C) 0.628 V (D) 0.412 V (E) 31.4 mV

Esercizio 13.8 Quando una barra conduttrice di lunghezza l = 0.9 m viene spostata con una velocità

v = 5 m/s in un campo magnetico perpendicolare alla barra e agli estremi si misura una fem = 3.1 V il valore del campo magnetico è circa

(A) 0.93 T (B) 17.2 T (C) 3.44 T (D) 0.69 T (E) 0.314 T

Esercizio 13.9 Una bobina con induttanza L = 0.3 H e resistenza R = 1 Ω è collegata a una batteria con

fem = 12 V. A che velocità cambia la corrente nell’induttanza quando la corrente circolante è di 10 A? (arrotondare all’intero più vicino)

(A) 12 A/s (B) 10 A/s (C) 7 A/s (D) 2 A/s (E) 0 A/s

Esercizio 13.10 La corrente in un circuito diminuisce da 21 A a 0 A in un tempo ∆t = 3 ms. Se nel circuito si

misura, in tale tempo, una fem media di 220 V, la sua induttanza vale circa

(A) 3500 H (B) 0.66 H (C) 31.4 mH (D) 0.29 mH (E) 0.65 µH

Esercizio 13.11 Un circuito consiste di una batteria da 12 V alla quale sono connessi in serie un interruttore,

una resistenza R = 15 Ω e un’induttanza L = 20 mH.

R

L

Nell’istante in cui l’interruttore viene chiuso, la corrente circolante nel circuito è

(A) 0.8 A (B) 0.016 A (C) 0.0016 A (D) 0 A (E) indeterminata

Esercizio 13.12 Un voltaggio oscillante di 220 V efficaci e 50 Hz è applicato a una resistenza R = 40 Ω in

serie a una induttanza L = 0.2 H. La potenza dissipata nella resistenza è di circa

(A) 1210 W (B) 350 W (C) 24 W (D) 605 W (E) 0 W

Esercizio 13.13 Un’induttanza in serie a una resistenza R = 100 Ω è collegata a una presa elettrica

(Vrms = 220 V, ν = 50 Hz). Se un voltmetro legge una caduta di tensione efficace ai capi della resistenza di 158 V, l’induttanza vale circa

(A) 0.1 H (B) 0.2 H (C) 0.3 H (D) 0.4 H (E) 0.5 H

Esercizio 13.14 Un solenoide di lunghezza d = 10 cm è costituito da N = 500 spire circolari in aria aventi

raggio medio r = 6 cm. La sua induttanza L vale all’incirca

300 Capitolo 13

(A) 3 H (B) 3.77 µH (C) 36 mH (D) 3.14 mH (E) 128 µH

Esercizio 13.15 Un solenoide di lunghezza d = 50 cm è costituito da N = 1000 spire avvolte su un supporto

cilindrico di ferro (µr = 500) di raggio r = 15 cm. La sua induttanza è pari a circa

(A) 980 H (B) 89 H (C) 0.593 H (D) 31.4 mH (E) 22.5 mH