Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

12
1 Cronache Maggio/Giugno 2012, n°3 MAGGIO 1945 REIMS, 7 MAGGIO 1945, ORE 2,41 RESA INCONDIZIONATA DELLA GERMANIA FINE DELLA GUERRA IN EUROPA Il Generale Alfred Jodl firma la resa tedesca al quartier generale di Eisenhower

description

A Predappio il passaggio di testimone: dai nostalgici di mussolini ai giovani di forza nuova con il placet delle autorità locali / Gli Arditi del Popolo di Elvio Cicognani / Livio è taramot di Glauco Gardini / La storia di "Lum e Lanterna" di Rosalba Navarra / Ciao Italo di Mirko Masotti / Dove il duce governa senza paese... di Elvio Cicognani / Addio Partigiano Paolo di Elvio Cicognani

Transcript of Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

Page 1: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

1

Cronache Maggio/Giugno 2012, n°3

MAGGIO 1945

REIMS, 7 MAGGIO 1945, ORE 2,41 RESA INCONDIZIONATA DELLA GERMANIA

FINE DELLA GUERRA IN EUROPA

Il Generale Alfred Jodl fi rma la resa tedesca al quartier generale di Eisenhower

Page 2: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

2

SOMMARIO:

-PASSAGGIO DI TESTIMONE

A PREDAPPIO pag 2

-GLI ARDITI DEL POPOLO

pag 4

-LIVIO E’ TARAMOT

pag 7

-LA STORIA DI LUM E

LANTERNA pag 9

-CIAO ITALO!

pag 10

-DOVE IL DUCE GOVERNA

pag 11

-ADDIO PARTIGIANO PAOLO

pag 12

A PREDAPPIO IL PASSAGGIO DI

TESTIMONE:

DAI NOSTALGICI DI MUSSOLINI AI

GIOVANI DI FORZA NUOVA CON IL

PLACET DELLE AUTORITA’ LOCALI

Il Comitato Provinciale dell’ANPI

di Forlì-Cesena, nella sua seduta

del 10 marzo scorso, ha affronta-

to il tema del revisionismo storico

e della nascita di formazioni neo-

fasciste. Si tratta di un tema non

solo italiano ma che in Italia assu-

me contorni particolari, in ragione

di una mai compiuta condivisione

della lettura della storia e delle re-

sponsabilità politiche, nel tragico

percorso che portò alla distruzione

fi sica, politica e morale dell’Italia.

Oggi, dopo tanti anni e nel pieno

di una crisi la cui gravità non è

molto lontana da quella che diede

origine al fascismo, assistiamo ad

iniziative letterarie, a proposte di

legge e ad operazioni umanitarie

che si propongono di cancellare

le responsabilità e di mettere sul-

lo stesso piano vittime e carnefi ci.

Nello stesso tempo nascono e si

presentano sulla scena politica

gruppi e movimenti, come Forza

Nuova e Casa Pound, che stru-

mentalizzano il disagio sociale e

l’incertezza alimentando la paura

e l’odio per il diverso da noi, con

effetti dirompenti sulla convivenza

civile e pacifi ca delle popolazioni.

Questa tendenza, presente in va-

rie parti d’Italia, assume nella no-

stra Provincia una connotazione

particolare in virtù del fatto che

essa è il luogo di nascita e di se-

poltura di Benito Mussolini, per cui

essa è luogo di raduni e cerimonie

che, esorbitando dalla visita ad un

luogo di culto, si trasformano in

comizi apologetici delle virtù del-

lo statista e del movimento di cui

è stato protagonista assoluto: il

fascismo. Tale pratica, che a noi

sembra contrastare apertamente

con le leggi della Repubblica e con

la sua Costituzione, si ripete tutti

gli anni nel silenzio totale delle

Istituzioni e delle forze politiche

democratiche, diventando anzi

l’occasione per dare spazio ad at-

tività commerciali che, attraverso

la vendita di gadget, divulgano le

immagini e i simboli del fascismo

e di quel partito fascista che la Co-

stituzione ha defi nitivamente can-

cellato.

Quest’anno, tra il 28 aprile ed il

1° maggio, a Predappio, abbiamo

assistito quasi ad un passaggio di

consegne tra i nostalgici ( pochi )

che sono venuti a ricordare Mus-

solini e i membri di Forza Nuova

che hanno pensato bene di utiliz-

zare provocatoriamente il 1° mag-

gio per organizzare una manife-

stazione di carattere romagnolo

per lanciare le loro parole d’ordine

razziste e xenofobe.

L’ANPI di Forlì-Cesena, anche in

nome dei Comitati provinciali di Ri-

mini e di Ravenna, esprime tutta la

propria contrarietà per il fatto che,

nel giorno della Festa dei lavora-

tori, il 1° maggio, le autorità locali

abbiano ritenuto di poter autoriz-

zare una manifestazione organiz-

zata da un’associazione che, in

tutta Italia, si propone con il richia-

mo alle ideologie che si ponevano

l’obiettivo di distruggere con la vio-

lenza il movimento dei lavoratori,

le sue organizzazioni, le sue sedi.

A ciò si aggiunge il rammarico che

un’iniziativa del genere si sia rea-

lizzata in un Comune dalle gran-

di tradizioni antifasciste e guidato

da un’Amministrazione che, per la

sua natura politica, dovrebbe es-

sere vicino ai valori della Resisten-

za e della Costituzione.

Conosciamo già l’obiezione che si

farà alla nostra presa di posizione.

Si dirà che gli strumenti giuridici

per ostacolare tali iniziative sono

troppo deboli. Questo è vero ma

Page 3: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

3

non è suffi ciente per giustifi care il

comportamento che si sta tenen-

do poiché ci sono cose che appar-

tengono al comune sentire di una

comunità che ha un’anima ed una

storia antifascista cui non possia-

mo venire meno. E vogliamo an-

che dire che non stiamo parlando

dei fantasmi del passato ma dei

gravi rischi che, in Italia e in Euro-

pa, si tenti di uscire dalla gravissi-

ma crisi in corso con soluzioni po-

puliste, negatrici dei diritti e delle

libertà conquistate con il sacrifi cio

di milioni di morti. Non possiamo

e non dobbiamo farci ingannare

dall’apparente correttezza forma-

le di organizzazioni che, in realtà,

operano per obiettivi che contra-

stano con la Costituzione, che par-

lano di selezione, di uso della vio-

lenza ( non certo per l’autodifesa )

contro di tutto ciò che è diverso dal

modello di società che loro hanno

in mente, che agitano l’antipolitica

per demolire la democrazia, che

non hanno mai preso le distanze

dell’esperienza del fascismo. Non

ci può essere dunque incertezza

o indifferenza. Lo diciamo con ri-

spetto e con fermezza alle Istitu-

zioni ed ai Partiti. E lo diciamo pro-

prio nel momento in cui si stanno

sviluppando diverse iniziative

volte a rilanciare l’immagine del-

le nostre città anche attraverso la

valorizzazione di aspetti culturali

che sono connessi al periodo del

regime fascista. Non ci sconvol-

ge l’idea che le nostre Istituzioni

svolgano iniziative fi nalizzate ad

approfondire la conoscenza ed il

senso degli avvenimenti del perio-

do fascista, del modo in cui esso

ha infl uenzato la cultura e la storia

del ‘900. Anzi, diciamo che siamo

interessati anche noi e che desi-

dereremmo essere coinvolti per

dare il nostro contributo all’appro-

fondimento storico. Ciò che non

possiamo accettare sono le inizia-

tive che tendono a banalizzare, a

spettacolarizzare per fi ni turistici

e di cassetta, fatti e personag-

gi che hanno causato grandi lutti

e rovine inenarrabili per le popo-

lazioni e per la dignità stessa del

Paese. Non vorremmo che qual-

cuno pensasse che qui si siano

create le condizioni per inserirsi

con iniziative strumentali come

quelle proposte in questi giorni a

Predappio. Non dimentichiamo

mai e ricordiamo sempre di esse-

re una Provincia decorata con la

medaglia d’oro al valor civile per il

contributo dato dalla popolazione

alla lotta di Liberazione e di quan-

to tale vicenda abbia segnato la

cultura politica e l’evoluzione civile

delle nostre comunità. Questo è il

nostro più grande patrimonio, una

risorsa che possiamo investire in

un nuovo e più avanzato progetto

di sviluppo e di crescita civile. Non

possiamo permettere che esso sia

offuscato ed offeso da iniziative e

da associazioni rivolte all’odio ed

alla divisione piuttosto che alla co-

esione sociale, alla violenza piut-

tosto che al confronto civile, all’e-

goismo sociale piuttosto che alla

solidarietà alla negazione dei diritti

piuttosto che alla libertà.

Fascisti di ieri...

...e fascisti di oggi a

Predappio

Page 4: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

4

GLI ARDITI DEL POPOLOA CURA DI ELVIO CICOGNANI

Gli “Arditi del Popolo” furono un'organizzazione antifascista nata nell'estate del 1921 da una scissione della

Sezione romana degli “Arditi d'Italia” per iniziativa di un gruppo di iscritti guidati dal simpatizzante anarchico

Argo Secondari ed appoggiati da Mario Carli: l'obiettivo della scissione fu quello di opporsi alla violenza delle

Camicie Nere. Il Movimento si opponeva alle spedizioni punitive fasciste e creò vere e proprie milizie per

la protezione dei quartieri e dei centri cittadini, oggetto di attacchi armati delle “squadracce” fasciste. Erano

formati da componenti anarchiche, comuniste e da Formazioni di Difesa Proletaria.

Nella realtà è sempre Golia a vincere. Ma non per questo Davide

smetterà di guardarsi intorno, cercando una nuova pietra da lanciare.

Pino Cacucci: “ Ribelli! “

Gli Arditi del Popolo nascono il

22 giugno 1921 presso l'Orto Bo-

tanico di Roma, da una scissione

della Sezione romana degli Arditi

d'Italia: loro fondatore è Arrigo

Secondari, di tendenze anarchi-

che, pluridecorato Tenente delle

Fiamme Nere, Arditi che proveni-

vano dalla Fanteria.

Gli Arditi del Popolo si propongo-

no di opporsi manu militari alla

violenza delle squadre fasciste.

Estenuate da mesi di spedizioni

punitive, le masse popolari col-

pite dallo squadrismo accolgono

la loro nascita con entusiasmo.

Stanche dei crimini fascisti esse

vedono concretizzarsi nelle nuova

organizzazione quella volontà di ri-

scossa che trae origine dal puro e

semplice istinto di sopravvivenza.

Arrigo Secondari chiarisce fi n da

subito le intenzioni del Movimento

in un articolo sul giornale “Il Pae-

se” del 27 giugno 1921: - Fino a

quando i fascisti continueranno

a bruciare le Case del Popolo,

case sacre ai lavoratori, fi no a

quando i fascisti assassineran-

no i fratelli operai, fi no a quando

continueranno la guerra fratrici-

da, gli “Arditi del Popolo” non

potranno con loro aver nulla di

comune. Un solco profondo di

sangue e di macerie fumanti di-

vide fascisti e Arditi -.

In seguito viene redatto un manife-

sto programmatico che è un appello

agli “Arditi e lavoratori e proletari

oppressi”, sul quale si legge tra l'al-

tro: “Come fummo Arditi in batta-

glia, con l'istinto insofferente

radicato nell’animo, noi siamo

sempre i ribelli...Il campo è or-

mai ben delineato: lavoratori da

un lato; parassiti, energumeni

e aggressori dall'altro...Noi Ar-

diti, che non ci vendemmo né

prostituimmo, noi restammo

incontaminati dalle imperialisti-

che passioni, reparto anarchico

per eccellenza...noi sovversivi

nel senso più vasto della parola,

non daremo mai il nostro brac-

cio per le tirannie...”.

La eco della nascita degli Arditi del

Popolo arriva fi no a Mosca e ver-

rà annunciata con gioia anche da

Lenin sulla Pravda del 10 luglio

1921. In un primo momento anche

Antonio Gramsci è favorevole al

Movimento, ecco cosa scrive sul

giornale “L'Ordine Nuovo” del 15

luglio 1921: “Iniziare un movi-

mento di riscossa popolare,

aderire a un movimento di ri-

scossa popolare ponendo pre-

ventivamente un limite alla sua

espansione, è il più grave errore

di tattica che si possa commet-

tere in questo momento...Biso-

gna far comprendere, bisogna

insistere per far comprendere

che oggi il proletariato non si

trova contro solo un associa-

zione privata, ma si trova con-

tro tutto l’apparecchio statale,

con la sua polizia, con i suoi

tribunali, con i suoi giornali che

manipolano l’opinione pubbli-

ca secondo il buon piacere del

governo e dei capitalisti...Sono

i comunisti contrari al Movi-

mento degli Arditi del Popolo?

Tutt’altro: essi aspirano all’ar-

mamento del proletariato, alla

creazione di una forma armata

proletaria che sia in grado di

La bandiera degli Arditi del Popolo

Page 5: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

5

sconfi ggere la borghesia...I co-

munisti sono anche del pare-

re che per impegnare una lotta

non bisogna neppure aspettare

che la vittoria sia garantita per

atto notarile. Spesse volte nella

Storia i popoli si sono ritrovati

al bivio: o languire giorno per

giorno; oppure arrischiare l’a-

lea di morire combattendo. E

si sono salvati quei popoli che

hanno avuto fede in se stessi

e nei propri destini e hanno af-

frontato la lotta audacemente.”

Alcuni studi attestano la consisten-

za delle Formazioni degli Arditi del

Popolo a 144 Sezioni e 20.000

uomini nell’estate del 1921. Le 12

Sezioni del Lazio, con più di 3.300

associati primeggiano con quelle

della Toscana, con 18 Sezioni e

3.000 iscritti. In Umbria gli Arditi

del Popolo sono quasi 2.000, sud-

divisi in 16 Sezioni. Nelle Marche

sono quasi 1.000, organizzate in

Strutture. In Italia Settentrionale,

la diffusione del Movimento è si-

gnifi cativa in Lombardia, 17 Se-

zioni che inquadrano più di 2.200

militanti, in Emilia-Romagna con

18 Sezioni e 1.400 associati, in

Liguria con 4 Battaglioni e 1.100

Arditi e in Piemonte con 8 Sezio-

ni e 1.300 iscritti. Nel Meridione le

Sezioni sono 7 sia in Sicilia che in

Campania, mentre gli iscritti in Pu-

glia e in Abruzzo sono rispettiva-

mente di 200, e in Sardegna 150.

Alcune stime invece fanno salire a

50.000 uomini la loro consistenza,

considerando insieme iscritti, sim-

patizzanti e partecipanti alle azio-

ni. Tra i più popolari dirigenti del-

le Compagnie rionali si ricordano

gli ex Uffi ciali degli Arditi Vittorio

Ambrosini, Antonio Cecchini e

Spartaco Provaglia, mentre tra

gli Arditi del Popolo, poi divenuti

celebri, vanno ricordati Riccardo

Lombardi, non iscritto ma par-

tecipante alle azioni, Giuseppe

Di Vittorio, Vincenzo Baldazzi (

detto Cencio), Comandante gene-

rale: molti di loro, in seguito, com-

batteranno nelle Brigate Interna-

zionali, durante la Guerra Civile

di Spagna. In Romagna un perso-

naggio di rilievo nelle Formazioni

antifasciste degli Arditi del Popolo,

nella zona di Ravenna, è Alberto

Acquacalda, anche lui ex Tenente

degli Arditi, massacrato l’11 ago-

sto 1921 da un gruppo di fascisti

di circa 40 elementi. Le cronache

raccontano della straordinaria for-

za d’urto degli Arditi del Popolo nei

confronti delle squadracce fasci-

ste, infatti ben presto si accendo-

no mischie in ogni parte d’Italia, e

a Sarzana avviene il primo impatto

di notevoli proporzioni. Il 21 luglio

1921 oltre 600 squadristi al coman-

do dell’assassino di Giacomo Mat-

teotti, Arrigo Dumini, convergono

da varie città della Toscana, decisi

a dare una lezione alla Sarzana

“sovversiva” che ha osato arresta-

re dieci camerati di Carrara. Qui

accade l’unico episodio che vede

i carabinieri tentare di fermare i

fascisti e non gli Arditi del Popolo,

coscienti del fatto che questi ultimi

hanno l’appoggio della totalità del-

la popolazione. I fascisti aprono il

fuoco ferendo gravemente un ca-

rabiniere ed uccidendo un Uffi ciale

dell’Esercito. Gli Arditi Sarzanesi

contrattaccano e scompaginano le

fi le degli aggressori, li mettono in

fuga, li inseguono per le strade e

i campi: alla fi ne della battaglia ne

avranno uccisi diciotto e feriti una

trentina. Successivamente, lo Sta-

to interviene arrestando in massa

gli Arditi del Popolo per “l’inaudita

strage a danno dei fascisti”, di-

menticando chi aveva sparato per

primo nel mucchio e calpestando

la memoria dell’Uffi ciale del suo

stesso esercito. Va ricordato, in

tale occasione, il Capitano dei

carabinieri Guido Jurgens, che

rifi utando di eseguire gli ordini

repressivi contro gli Arditi del Po-

polo, ordinati da Ivanoe Bonomi,

difese Sarzana, combattendo fi an-

co a fi anco degli Arditi. E’ super-

fl uo ricordare che, avendo esposto

pubblicamente il proprio astio nei

confronti del fascismo, il Capitano

fu esautorato da ogni posto di co-

mando.

A Roma i fascisti provano a ven-

dicarsi: un gruppo di squadristi

assalta la casa di Argo Seconda-

ri, decisi ad ucciderlo: ma davan-

ti al portone staziona sempre un

esiguo gruppo di Arditi del Popo-

lo, che comunque ingaggia su-

bito uno scontro difensivo. Argo

si affaccia alla fi nestra e punta la

pistola verso i fascisti, urlando: -

Eccomi qua, branco di cialtroni,

cercavate me?-. A questo punto

accorrono altri Arditi e gli assalitori

scappano, cavandosela con qual-

che bastonata.

Gli Arditi del Popolo creano vere

e proprie milizie per la protezio-

ne dei quartieri e dei centri citta-

dini, oggetto di attacchi armati da

parte delle squadracce fasciste,

assumendo connotazioni politi-

che talvolta differenti da un posto

all’altro, ma sempre accomunati

dalla coscienza della necessità di

organizzare la resistenza popola-

re contro la violenza delle camicie

nere.

Gli Anarchici aderiscono entusia-

sticamente alle Formazioni de-

gli Arditi del Popolo e spesso ne

sono i promotori individualmente

e collettivamente, basti pensa-

re che tra i difensori di Sarzana

e di altre città gli Anarchici sono

la maggioranza. L’evento forse di

maggior risonanza che coinvolge

gli Arditi del Popolo è la difesa del

Quartiere Oltre torrente di Par-

ma dallo squadrismo fascista dell’

agosto 1922. I primi del mese

10.000 squadristi emiliani, tosca-

ni, veneti e marchigiani, prima al

comando di Roberto Farinacci

e poi di Italo Balbo, assediano

Parma, dopo aver conquistato

Argo Secondari in divisa da Ardito

Page 6: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

6

ed occupato gli altri Centri emilia-

ni. A presidiare la città si trovano

gli Arditi del Popolo comandati dal

Deputato socialista Guido Picelli,

che in seguito troverà la morte il

5 gennaio 1937 in Spagna, nella

battaglia di Guadalajara, combat-

tendo nelle Brigate Internaziona-

li; ci sono inoltre il pluridecorato

di guerra Antonio Cieri, le For-

mazioni di “Difesa Proletaria”,

la Legione Proletaria “Filippo

Corridoni” e numerosi cittadini

dei quartieri popolari, mobilitati

contestualmente da uno sciopero

nazionale indetto dalla Alleanza

del Lavoro per il 1° giugno. I fa-

scisti, resosi conto, il 6 agosto,

dell’impossibilità di conquistare la

città senza scatenare una vera e

propria guerra, compiendo una

carnefi cina, decidono di passare il

controllo dell’ordine pubblico all’E-

sercito e si impegnano a ritirarsi.

Ma anche in tutta Italia gli Arditi

del Popolo conducono un’impari

lotta contro le milizie fasciste, ot-

tenendo importanti vittorie e co-

stituendo, persino nei giorni della

Marcia su Roma, una trincea che i

seguaci di Mussolini non riescono

a superare neppure con l’aiuto del

Regio Esercito e della Polizia.

Completamente diverso dagli

Anarchici è l’atteggiamento sia

dei Socialisti sia dei Comunisti,

quest’ultimi costituitisi in Partito

nel gennaio del 1921. Nonostan-

te la vasta e spontanea adesione

di molti loro militanti agli Arditi del

Popolo, entrambe le burocrazie

partitiche prendono le distanze e

cercano di sabotare lo sviluppo del

Movimento.

Pur condannati a scomparire, gli

Arditi del Popolo si battono fi no

all’ultimo. Durante il Terzo Con-

gresso Nazionale del Fascio, a

Roma, per ben quattro giorni in-

gaggiano scontri resistendo e con-

trattaccando.

A Civitavecchia respingono

squadristi e reparti militari che or-

mai agiscono in concerto, infl ig-

gendo, ancora una volta, ai fascisti

un duro colpo, anche grazie all’a-

iuto di 300 operai jugoslavi che la-

vorano alla ferrovia.

Anche a Livorno la resistenza è

accanita, mentre ad Ancona gli

Arditi prendono l’iniziativa ed at-

taccano per primi i fascisti. Lo

stesso epilogo a Genova e a Bari.

Nell’ottobre del 1922 la Marcia su

Roma porta purtroppo Mussolini e

la sua cricca al governo e l’Italia

sprofonda in quella dittatura ven-

tennale che si esaurirà con le im-

mani devastazioni della Seconda

Guerra Mondiale. Inizia così la cac-

cia fascista all’Ardito del Popolo.

Argo Secondari sarà il primo del-

la lista. Non ci sono più compagni

combattenti a poterlo difendere:

sono tutti in carcere, in esilio, morti

o braccati. Il 31 ottobre 1922 Argo

Secondari cade in un agguato.

Gli saltano addosso a decine, lui

è solo. Si batte come una furia, si

difende come può, gli fracassano il

cranio a colpi di mazza. Non si ri-

prenderà mai più. Il nemico ottiene

la più crudele delle vendette:non

la prigione, non la morte, ma il ma-

nicomio. Argo “L’Ardito” vive nel

microcosmo muto dei ricordi, nes-

suno sa cosa pensi, e perché per

ore ore compie...un gesto lineare,

ritmico e ossessivo sulla tua co-

scia: Avanti e indietro, avanti e in-

dietro. Lungo il percorso di quel

gesto coatto, il fustagno dei tuoi

calzoni è, al par tuo, ormai logo-

ro. A vederti è come se affi lassi il

tuo vecchio pugnale; e a volte è

proprio così: lo levighi con cura

e in un baleno, voltate le spalle

a quel luogo desolato, sei già in

trincea...( Eros Francescangeli: Ar-

diti del Popolo).

A quarantasei anni, alle soglie della

primavera del 1942, Argo Secondari

Guido Picelli

si spegne, liberandosi fi nalmente

del manicomio, degli infermieri-

carcerieri, del vuoto presente, di

ogni brandello della sua memo-

ria dolorosa. Il suo funerale per

ordine della Questura, che teme

il verifi carsi di disordini, si svolge

privatamente. Riposa nel Cimitero

Monumentale di Rieti.

Secondo talune tesi della Storio-

grafi a contemporanea, gli Arditi

del Popolo avrebbero potuto ab-

battere il fascismo se non fossero

stati abbandonati dai Partiti demo-

cratici e dal neonato Partito Co-

munista.Tom Behan, storico del

fascismo, nella sua opera “The

resistible rise of Benito Musso-

lini”, asserisce: “Diffi cile dire se

una maggiore unità tra gli Arditi

del Popolo e le Sinistre avrebbe

potuto fermare il fascismo. Ma

questo non avvenne soprattutto

per il settarismo del Partito Co-

munista d’Italia e per le divisioni

interne del P.S.I.”.

Una certa continuità storica oggi

può essere ravvisata fra gli Arditi

del Popolo e la Resistenza, anche

se gli scopi erano ben diversi: gli

Arditi, anche se in modo politica-

mente confuso, proponevano la

formazione di una Repubblica con

basi progressiste estreme, almeno

rispetto a quelle su cui poi si fon-

derà la Repubblica Italiana.

Alcune Formazioni partigiane nel-

la Resistenza assunsero il nome

di Arditi del Popolo: tra le più note

quella nella quale fu attivo Anto-

nello Trombadori, in seguito noto

esponente del P.C.I.

Antonio Cieri

Page 7: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

7

LIVIO E' TARAMOT DI GLAUCO GARDINIDI GLAUCO GARDINIDI GLAUCO GARDINI

Non era molto alto né molto

grosso, Livio, ma lo distingue-

va una corporatura così robusta,

così muscolosa da far pensare a

un campione di lotta libera.

Lo chiamavano Livio e' taramot

perché non stava mai fermo; an-

che quando si trovava tra amici si

spostava in continuazione da uno

all'altro come se avesse bisogno

di liberare un carico di energie ir-

refrenabili.

In cantina teneva un vecchio pun-

ching-ball che prendeva a pugni

nei momenti di maggiore tensio-

ne, ma non era violento né tanto

meno cattivo.

Il menage coniugale era nato sot-

to una buona stella perché anche

col passare degli anni Livio e la

moglie Adele avevano continuato

a volersi bene e a rispettarsi.

Si era formata una bella famiglia

di sei persone, con quattro fi gli

-tutti maschi- pieni di vitalità come

il padre, pronti in ogni momento a

riempire la casa di voci e di alle-

gria.

Livio era nato e cresciuto in Ro-

magna, in una zona periferica di

Faenza, dove i susseguirsi di mo-

deste casette formava un piccolo

quartiere. Vi viveva gente sempli-

ce e alla buona, in lotta continua

con i conti della spesa per arrivare

a fi ne mese.Concluse le elemen-

tari, Livio era stato messo subito

al lavoro come garzone di barbie-

re. Non è che quel tipo di lavoro

gli dispiacesse, qualche cliente gli

dava anche una buona mancia,

ma quello stare al chiuso tutto il

giorno lo immalinconiva un po'.

Così appena usciva dal negozio

faceva lunghe corse ne i campi o

seguendo la massicciata della fer-

rovia, sempre in movimento, sem-

pre instancabile.

Al suo rientro a casa, la mamma

lo spediva a lavarsi e gli prepara-

va, quando si poteva, una doppia

razione di tagliatelle. Gli veniva poi

consentito di bere mezzo bicchiere

di vino rosso che lui centellinava

sentendosi già uomo.

Dopo cinque anni era stato assun-

to come bracciante in un'azienda

agricola del posto, utilizzava un

grosso badile, che si portava ap-

presso come un trofeo. Divenne

un bravo bracciante, ben voluto

dai compagni di lavoro, pronto ad

aiutarli quando li vedeva in diffi col-

tà, avvalendosi della sua grande

forza fi sica.

Non solo i parenti e gli amici, ma

tutti quelli che lo conoscevano di-

cevano che Livio non sarebbe mai

potuto diventare un fascista.

Grazie ai suoi genitori, in casa

aveva respirato l'aria profetica

del pensiero mazziniano, che i

più grandi di lui sintetizzavano in

quattro parole: Patria, Repubblica,

Pensiero Azione; quelle idee gli

giravano attorno senza però con-

vincerlo del tutto anche perché il

suo più caro amico, giovane come

lui, gli parlava di Filippo Turati, uno

dei fondatori del Partito Socialista

Italiano, e di Andrea Costa, prima

socialista ad essere eletto deputa-

to, di sangue romagnolo essendo

nato a Imola. Tutto però nelle sue

idee doveva decidersi il 10 giugno

1924, allorché alcuni sicari di Mus-

solini assassinarono il deputato

socialista Giacomo Matteotti, lea-

der di grande prestigio e uno degli

uomini politici più degno di essere

ricordato nella storia italiana del

'900. Con questo gesto il fascismo

mostrò il suo vero volto, instauran-

do una dittatura che tra il 1925 e il

1928 soppresse la libertà di stam-

pa, sciolse i partiti e i sindacati,

esautorando il Parlamento.

Fu proprio infatti proprio dal gior-

no dell'assassinio di Matteotti che

Livio si votò all'idea socialista giu-

rando a se stesso che non l'avreb-

be più abbandonata.

Ritagliò da un giornale la foto di

Matteotti e ne fece un piccolo

quadro; sopra il letto c'era il croci-

fi sso che sua moglie aveva messo il

giorno del loro matrimonio, sulla

parete opposta lui mise il quadret-

to di Matteotti.

Nel quartiere dove abitavano si

conoscevano un po' tutti, special-

mente i giovani che si incontra-

vano nelle loro passeggiate o al

campo sportivo o in qualche locale

da ballo.

Erano soliti muoversi in gruppetti

questi giovani: c’erano quelli dei

fascisti e c’era quello degli ope-

rai di “sinistra”, con Livio sempre

in testa. Al termine di una manife-

stazione non autorizzata era stato

trattenuto in questura per alcune

ore e aveva subìto una diffi da.

L’anno 1938 era arrivato con i suoi

presagi di guerra e di morte.

Livio, che di anni ne aveva 36, non

abitava più a Faenza ma a Forlì

dove lavorava dal 1928 come can-

toniere delle Ferrovie dello Stato;

nel 1934 aveva ottenuto la qualifi -

ca di Capo Squadra per la manu-

tenzione dei binari.

A quei tempi non esisteva nelle

stazioni l’automatismo che regola

oggi la circolazione dei treni; mol-

te operazioni venivano eseguite a

mano e quando d’inverno le gior-

nate si facevano particolarmente

rigide, con strati di neve che ghiac-

ciavano sugli scambi e sugli incro-

ci dei binari, la squadra di Livio

doveva intervenire sollecitamente.

Sua moglie lo aveva visto più volte

alzarsi di notte, vestirsi in fretta e

furia mentre lei gli preparava il caf-

fè; lo vedeva poi allontanarsi sulla

sua vecchia bicicletta avvolto in un

mantello che gli copriva giacca e

pantaloni.

Rimasta sola Adele non tornava

a dormire; si sedeva sulla sedia a

dondolo vicino alla fi nestra, con un

plaid sulle ginocchia, e guardava

la neve che incattivita dal vento

batteva sui vetri. Aspettava così,

nel silenzio della notte, il ritorno

del suo uomo.

La squadra di Livio era considera-

ta tra le migliori nel compartimento

Page 8: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

8

Bologna-Ancona e all’ingegnere

di zona, responsabile del traffi co,

Livio era subito piaciuto per quel

suo senso pratico di affrontare

ogni tipo di lavoro e per il suo ca-

rattere schietto e leale, sia pure un

po’ ribelle. E fu proprio l’ingegnere

a dire a Livio che l’Amministrazio-

ne delle Ferrovie dello Stato stava

per indire un concorso per sorve-

gliante al quale potevano parteci-

pare tutti i capo squadra. Era una

qualifi ca molto ambita, perché il

passaggio di ruolo consentiva un

sensibile aumento di paga.

C’era una cosa sulla quale l’inge-

gnere però non si era soffermato,

ma che Livio aveva inteso bene

lo stesso, e cioè che per vincere

occorreva essere iscritti al Partito

Fascista.

Quella notte Livio e Adele non riu-

scirono a prendere sonno.

Dopo cena si erano seduti sul vec-

chio divano posto davanti al cami-

netto acceso e avevano parlato a

lungo, a bassa voce; ogni tanto lui

si alzava ad attizzare il fuoco.

Esporre all’Adele come stavano le

cose non fu diffi cile per Livio, ma

le considerazioni che seguirono,

sue e di sua moglie, evidenziaro-

no un alto grado di tensione legato

alla consapevolezza che dalla loro

decisione sarebbe dipeso un

pezzo di futuro di tutta la fami-

glia. Quante volte si erano detti

che appena fosse stato possibile

avrebbero dovuto cambiar casa,

ma quell’appena possibile non era

mai arrivato. Vecchia e piccola era

infatti la casetta dove abitavano,

con i muri scrostati, le pareti da

imbiancare, gli infi ssi arrugginiti e

grosse macchie scure nel soffi tto,

e quante volte i loro quattro fi gli

maschi si erano lamentati di dover

dormire in un’ unica stanza sui letti

a castello e di dover uscire all’a-

perto, nel ballatoio, per andare al

gabinetto.

C’era poi un pensiero che Livio

non riusciva a togliersi dalla men-

te e che non gli dava tregua ed

era che “i suoi ragazzi” (come lui li

chiamava) continuassero a studia-

re fi no al diploma.

Lui era un uomo del popolo, di ori-

gine contadine, di cui andava fi e-

ro, ma avrebbe voluto che i suoi

fi gli acquistassero con lo studio

cultura e una migliore posizione

sociale. Qualche risparmio era riu-

scito a farlo, ma poca cosa; ecco,

le circostanze ora lo mettevano

nelle condizioni di ridisegnare la

vita sua e della sua famiglia; gli

bastava scegliere.La decisione la

presero insieme, lui e sua moglie,

dopo una notte insonne: Livio non

si sarebbe iscritto al Partito Fasci-

sta, non sarebbe mai diventato un

sorvegliante.

I fi gli erano ormai grandicelli e in

grado di arrangiarsi anche da soli:

Adele avrebbe potuto andare a la-

vorare, avrebbe fatto la stagione

estiva in pensione sulla riviera ro-

magnola, non è che così si sareb-

bero risolti i problemi economici

della famiglia, sicuramente no, ma

era pur sempre un modo per poter

guardare al domani con maggiore

fi ducia.

Intanto il mondo si apprestava

alla follia insensata della guerra,

con gli uomini asserviti alla vio-

lenza, alla malvagità, senza pietà

per nessuno e con i nazisti tede-

schi pronti a preparare i campi di

sterminio e le camere a gas, che

avrebbero segnato per sempre

nella memoria l’orrore di questo

confl itto mondiale.

La guerra attraversò anche la vita

della famiglia di Livio, portando le

diffi coltà e le sofferenze che pochi

poterono evitare. Ma almeno sen-

za i lutti che affl issero i più sfortu-

nati. E dopo qualche tempo Livio,

e’ taramot, diventò sorvegliante.

Glauco Gardini è nato a Imola nel 1925 e vive a Forlì. Pur costretto a lasciare la scuola

per lavoro, continuò a studiare. Laureato in Economia e Commercio all'Università di

Bologna, negli anni ottanta è stato direttore della Banca d'Italia, prima a Ravenna e poi

a Forlì. Fin da giovane ha coltivato l'interesse per la letteratura, cimentandosi in poesie

e critica teatrale. Il suo ultimo romanzo: Diario di un adolescente degli anni Sessanta

(Edizioni Tempo Libero, Faenza 2008) ha ottenuto grande successo di critica e pubblico

in tutta Italia. E' fratello di Ovidio Gardini, Medaglia d'Argento al Valore Militare nella

Resistenza.

AVVISOL’ANPI di Forli’- Cesena, comunica che allo scopo di in-

contrare gli iscritti e confrontarsi con loro sul tema della

Resistenza, è aperta al pubblico tutti i venerdì, a partire

dalle 20:30, nella sua sede di Forlì in via Albicini 25.

Confi diamo in una numerosa partecipazione.

Page 9: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

9

di “Lanterna”. Segue in senso let-

terale, ricorda Silvia, perché stava

sempre dietro al giovane, che la

proteggeva con la sua mitragliet-

ta, nella cui canna avevano inciso

“ Lum e Lanterna con la tua fi am-

ma difendici”. Arrivata al monte

Cerchio , dove c’era il gruppo dei

partigiani, il comandante Walter

“celebra” con rito civile il suo ma-

trimonio con Libero, vero nome di

“Lum” . Dopo la semplice “cerimonia”

Recentemente ho incontrato Sil-

via Bianco, una signora novantu-

nenne, dalla memoria molto lu-

cida, gentile, simpatica, ironica,

che mi ha subito conquistata.

E’ nata nel 1921 in Svizzera, da

genitori piemontesi di Camando

na, un paesino montano vicino a

Biella dove la famiglia Bianco ave-

va un albergo.Non avevano pro-

blemi economici. Il padre era uno

chef molto bravo e conosciuto: da

giovane aveva girato il mondo la-

vorando nei grand’ hotel a cinque

stelle di alcune capitali europee,

dove faceva la stagione estiva o

invernale a seconda del perio-

do. Da sposato si era fermato ad

esercitare la sua arte nell’albergo

di famiglia. Agli inizi del ’43, alla

morte del padre, avvenuta 10 anni

dopo quella della madre, rimasta

sola, Silvia incontrò la Resistenza

nella persona di “Lum” un giovane

partigiano dell’8ª Brigata Biellese,

di cui si innamorò. Il paese viveva

la terribile “rabbia” dei fascisti che,

trascurando gli ordini dei tedeschi

di non infi erire sulla popolazione

civile- ribadisce indignata Silvia-

arrivavano nei paesini sospettati

di solidarizzare con i partigiani, si

ubriacavano, insidiavano le don-

ne, terrorizzavano le famiglie, fa-

cevano razzie, incendiavano le ca-

scine e nell’andarsene portavano

via gli uomini.

Le furono tagliati i capelli, probabil-

mente per una delazione che l’ac-

cusava di connivenza con i parti-

giani, a causa della sua amicizia

con “Lum”. Nel ricordare l’episodio

che le procura dolore e risentimen-

to, spiega che era frequente che i

fascisti si comportassero così nei

confronti delle donne sospettate di

non condividere la loro ideologia.

Pur essendo giovane e poco poli-

ticizzata, offesa da quanto aveva

subìto, impaurita dalle cattiverie

dei fascisti, segue in montagna il

giovane fi danzato e diventa anche

lei partigiana con lo pseudonimo di

i compagni presenti rendono loro

omaggio facendoli passare sotto

il picchetto d’onore. Era una mat-

tina fredda dice “Lanterna” com-

muovendosi ancora alla visione di

lei sposina fuori dal comune che

indossava un largo giaccone mas-

chile; poi ridendo, aggiunge che i

festeggiamenti si limitarono ad un

grosso salame offerto dalla cugi-

na, che comunque non mangiaro-

no, perché avvisati dell’arrivo dei

fascisti si misero precipitosamente

in marcia. Racconta che doveva-

no spostarsi spesso di notte e di

solito raggiungevano la località di

Sala Biellese, un gruppo di case i

cui abitanti li ospitavano e li rifo-

cillavano con grande generosità,

seppure con pochi mezzi. Fino al

’45 lei e Libero rimasero in

In alto:

Il giorno del matrimonio

col picchetto d’onore.

A sinistra:

Lanterna e Lum il giorno

del matrimonio.

La storia di “ Lum e Lanterna”DI ROSALBA NAVARRA

Page 10: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

10

Nei primi mesi dell’anno è scomparso il compagno Italo Farina, di Modi-

gliana.

Nacque nel 1925 e da subito, nel pieno della sua adolescenza, aderì alla

causa antifascista. Assieme al fratello entrò a far parte dei movimenti parti-

giani della zona, più esattamente all’interno del distaccamento Celso Stroc-

chi, comandato da Sesto Liverani (nome di battaglia: Palì).

Ebbe anche modo di collaborare in delicate azioni partigiane con il gruppo

del battaglione Corbari.

Infatti Farina ricordava spesso che quando il loro distaccamento fu avvi-

sato dalla staffetta che nel Lavane, proprio a ridosso della Linea Gotica,

ci sarebbe stato un aviolancio di armi e di rifornimenti da parte delle forze

alleate, si unì, per quella occasione, al gruppo di Silvio Corbari. Assieme i

due gruppi partigiani lavorarono tutta la notte tra il 17 ed il 18 luglio 1944 per

raccogliere le munizioni, le armi, i viveri, paracadutati dagli aerei, non prima

di aver defi nito un quadrato di fuochi sul terreno per segnalare il luogo in

cui effettuare l’aviolancio. I partigiani, tra cui Farina, lavorarono alacremente

tutta la notte per raccogliere e montare le armi, per selezionare le munizioni

e per imballare i viveri.

Nonostante l’immediato attacco dei tedeschi e dei fascisti, accorsi al Lavane in diverse centinaia, i partigiani

misero in atto, con straordinario coraggio e con ammirevole destrezza nel combattimento, la sconfi tta del

nemico.

L’impresa straordinaria meritò l’encomio del comando delle truppe alleate ed addirittura radio Londra trasmi-

se l’elogio del Generale Alexander ai partigiani che combatterono sul Lavane.

Italo ha affermato in diverse occasioni che la diffi cile esperienza della lotta partigiana, sulle montagne, fu

possibile anche grazie al grande contributo dei braccianti: “I contadini sono stati utilissimi per noi partigiani,

per tutte le formazioni partigiane. Utilissimi per motivi materiali e anche morali, per le informazioni che spes-

so ci davano: qui a Modigliana, quando venivano messi in atto i rastrellamenti, i contadini esponevano fuori

lenzuola bianche per avvertire i partigiani della presenza dei nazisti.

Inoltre all’occorrenza, nonostante la penuria di risorse e la miseria sempre più incalzante, i braccianti erano

sempre pronti ad offrirti qualcosa da mangiare. Quindi anche i contadini sono stati a mio avviso splendidi eroi;

senza i quali la nostra Resistenza sarebbe stata impossibile.”

Ecco, questo è stato ITALO FARINA, partigiano, uomo generoso e determinato, che si è battuto per regalarci

democrazia e libertà attraverso la lotta al fascismo. Gliene saremo per sempre grati.

E al termine della guerra, Italo, in relazione con quegli stessi contadini, che tanto aveva amato durante la

resistenza, coi braccianti agricoli di Modigliana, intraprese la sua grande opera all’interno della CGIL, per

conquistare i diritti sino allora negati a quegli stessi lavoratori: attività, quella del sindacalista, che caratte-

rizzò tutto il resto della sua importante esistenza.per ANPI MODIGLIANA-TREDOZIO

Sezione Alfredo Samorì

CIAO ITALO, MIRKO MASOTTI MIRKO MASOTTI I MIRKO MASOTTI I

sobbalzarono nel vedere la scritta

“Lum e Lanterna, con la tua fi am-

ma difendici”.

Stabilitisi a Cossila, il paese di Li-

bero, dopo sette anni misero al

mondo una bambina che, diven-

tata adulta, incontrò un giovane

romagnolo, lo sposò e venne a

vivere a Forlì. Silvia la piemonte-

sina, dalla tranquillità dei monti,

rimasta sola, accettò l’invito della

fi glia e si trasferì a Forlì, dove at-

tualmente risiede .

montagna. Finita la guerra dovet-

tero deporre con rammarico tutte

le armi. Al ritorno alla vita civile

ebbero la sorpresa di scoprire che

il loro matrimonio non era stato

registrato e quindi non solo non

potevano ricevere gli assegni fa-

miliari, ma quel che più contava

non risultavano sposati.

A differenza di quanto avevano

promesso e assicurato, gli alleati

non avevano trasmesso il docu-

mento del loro matrimonio e quindi

dopo due anni dovettero ripetere

la cerimonia, anche con rito reli-

gioso. Ride di cuore quando pen-

sa al suo sgomento provocato

dall’annuncio del “supposto” mari-

to che la defi niva nubile.

Racconta infi ne che una sera, an-

dati ad assistere alla proiezione di

un fi lm, erano in piedi al buio as-

pettandone la fi ne.

Appena si accesero le luci, videro

un giovane militare di servizio con

in spalla una mitraglietta e

Page 11: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

11

DOVE IL DUCE GOVERNA SENZA PAESE...DI ELVIO CICOGNANI

Superata la crisi invernale me-

diante la mobilitazione popolare,

la Resistenza Italiana si avvia ver-

so la sua conclusione. Il febbraio

e il marzo 1945 sono due mesi

incalzanti e veloci, in cui il Movi-

mento partigiano non subisce più

soste o incertezze, è carico d'e-

nergia come un arco che sta per

scagliare la freccia decisiva.

Dalla parte opposta, gli ultimi

scatti irosi dei nazifascisti diven-

tano invece slegati e incerti, si

esauriscono in colpi vibrati a vuo-

to, senza la decisione che porta

a fondo l'offesa. I rastrellamenti

compiuti “in extremis” in Val Se-

sia, in Val d'Ossola, nel Biellese,

nelle Langhe, in Liguria sono un

completo e disastroso fallimento.

In tutte queste azioni i nazifascisti

subiscono cocenti sconfi tte e dure

perdite in morti, feriti e prigionieri,

mentre le Formazioni partigiane,

combattendo con abilità e valore,

mantengono la loro piena effi cien-

za. Sorge così lo sconforto tra le

fi le del nemico e il loro morale di-

venta bassissimo.

Tale mutamento profondo non è

dovuto alla scarsità di mezzi bel-

lici, sempre di molto superiori a

quelli dei Partigiani, e nemmeno

nei rapporti tattici stabiliti fra i due

Eserciti contrapposti, poiché or-

mai da tempo i Partigiani si sono

impossessati della capacità di ma-

novra sul terreno e l'offensiva na-

zifascista non presenta più alcun

motivo di “sorpresa”, essendo

già prevista e scontata in anticipo.

Il mutamento profondo dei nazi-

fascisti è nel morale. I Tedeschi

combattono ormai portando den-

tro di loro l'incubo del territorio del

grande Reich, invaso da Oriente

e da Occidente, sentendosi chiusi

come in una trappola senza via di

scampo.

E' evidente che le sorti del gran-

de confl itto si vanno decidendo in

Germania, mediante l'offensiva

sovietica in direzione di Berlino e

la contemporanea avanzata alle-

ata oltre il Reno. La Wehrmacht

insolente ed arrogante che aveva

conquistato e devastato gran par-

te dell'Europa continentale duran-

te i primi tre mesi di guerra ora è

una bestia morente e le sue Arma-

te sono avviate verso la disfatta

più completa.

I suoi uffi ciali e i suoi soldati guar-

dano con occhi ansiosi le Alpi.

Le notizie terribili che, malgrado

il velo della propaganda nazista,

giungono loro dalla Germania

sono l'ultimo e decisivo colpo a

un morale profondamente minato

dalla Guerra partigiana in Italia,

quella guerra che lo stesso Hit-

ler aveva giudicato come più pe-

ricolosa delle reiterate offensive

alleate, decorando con particolari

ricompense i rastrellatori o i mas-

sacratori più esperti.

Perfi no l'ultimo fantaccino tedesco

sa che la guerra è ormai persa,

che nella sua patria i suoi camerati

si arrendono a migliaia.

D'altra parte, il crollo defi nitivo ed

irrevocabile del mito dell'invinci-

bilità tedesca, delle armi segrete,

dell'impossibilità che il suolo tede-

sco possa essere calpestato dal

passo degli eserciti nemici vitto-

riosi, non può non avere profonde

ripercussioni anche sul morale del

popolo, delle Truppe tedesche e

degli stessi nazisti.

Un esempio del sentimento di

sconforto che opprime i Tedeschi

si esprime chiaramente nella can-

zone diffusa tra i soldati della già

invincibile Wehrmacht, il cui testo

completo fu trovato nella “Cartel-

la della Evidenza”, in Prefettura

a Milano, il 26 aprile 1945, e di cui

trascriviamo uno stralcio:

Dove il Duce governa senza

paese e senza potenza,

dove i partigiani non danno

pace,

dove la notte in ogni angolo

si spara e si strepita,

dove ogni notte ci saltano le

rotaie,

dove il treno salta per aria,

dove le lettere ci arrivano

dopo molte settimane,

non è questa la nostra patria;

eppure perseveriamo

dalle foci del Tevere fi no alle

Alpi...

Al diavolo questo maledetto

paese,

tutti i tedeschi gridano in

coro:

Non lasciarci qua, Fuhrer,

prendici in patria, nel Reich!

Una canzone che descrive chiara-

mente l’atmosfera di terrore in cui

gli stessi soldati tedeschi devono

vivere per le continue minacce

di guerriglia nelle retrovie; una

canzone che è utile contrappor-

re come espressione autentica e

popolare dell’animo tedesco nel

suo stato di disperazione alla can-

zoni partigiane, invece così piene

di speranze pur nelle più tragiche

occasioni.

Militare tedesco esausto e

addormentato, forse pensa

alla casa e alla famiglia in

Germania

Page 12: Maggio-Giugno 2012 n° 3 - Cronache della Resistenza

12

I NOSTRI LUTTIE’ deceduto il Compagno ALBERTO BOATTINI di Dovadola.

E’ deceduto il Compagno SILVANO FANTINELLI, per molti anni partecipe membro del Comitato di Ge-stione di Valpisella

SOTTOSCRIZIONIPaolo Boattini e coniuge, grazie a raccolta pubblica, versano euro 319,50 a favore di “Cro-

nache della Resistenza” in ricordo di ALBERTO BOATTINI (foto)

Nel trentennale della scomparsa di BRUNO PATRIGNANI, partigiano dell’VIII° Brigata

Garibaldi, lo ricordano la moglie Giovanna, i fi gli Mariella e Umberto, la nuora Silvia, i ni-

poti Marcello e Fabrizio e sottoscrivono euro 50,00 a favore di “Cronache della Resistenza”.

Il 24 Aprile sono 27 anni dalla morte di CIANI ALBERTO (CURPET): la nuora Iride e

Daniela, Cinzia e Bruno sottoscrivono euro 25,00 a favore di “Cronache della Resistenza”.

A 41 anni dalla morte di TERESA VALMORI CIANI la nuora e le nipoti sottoscrivono euro 25,00 a favore

di “Cronache della Resistenza”.

Anna Masotti, in memoria di SIRIO SINTONI, sottoscrive euro 10,00 a favore di “Cronache della Resisten-

za”.

Maris Senzani Pezzi sottoscrive euro 40,00 a favore di “Cronache della Resistenza”.

Succi Gilberto sottoscrive euro 30,00 a favore di “Cronache della Resistenza” in memoria di UGO SUCCI e

RIZIERO FIORI.

Manuela Orioli, in memoria di GIORGIO ORIOLI, sottoscrive euro 346,00 raccolti durante lo svolgimento

del funerale.

Tiziana Dal Fiume, sottoscrive euro 15,00 in memoria di GIORGIO ORIOLI.

Il 2 aprile 2012, all'età di novanta anni, Rosario Bentivegna, “Sasa” per gli amici, ci ha lasciato.

Fin da giovane studente svolse attività clandestina, aderendo, a soli diciassette anni, al GUM

(Gruppo di Azione Marxista), una organizzazione di orientamento trotskista, insieme a Corrado

Nourian e Nino Baldini.

Nell'aprile 1941 partecipò all'occupazione dell'Università di Roma, in cui seguiva i Corsi di

Facoltà di Medicina. Arrestato nel settembre dello stesso anno, fu rilasciato solo nel 1943 con

diffi da di Polizia.

Nel 1943 aderì al Partito Comunista Italiano, e dopo l'8 settembre 1943, col nome di battaglia

di “Paolo”, fu dapprima Vicecomandante militare della IV Zona Garibaldina (Roma Centro), poi

Comandante del G.A.P. (Gruppo di Azione Patriottica) “Carlo Pisacane”.

Il 23 marzo 1944, insieme ad altri sedici Partigiani, tra cui Carla Capponi sua futura moglie

prese parte, a Roma, all'azione di Via Rasella, in cui furono uccisi trentatré soldati delle SS

Tedesche.

Pochi mesi dopo la Liberazione di Roma, “Sasa” decise di continuare la sua lotta personale

contro i nazifascisti, combattendo in Jugoslavia e Montenegro.

Rientrato in Italia, dopo la conclusione della Guerra, divenne Redattore dell'organo del Partito

Comunista, Unità, praticando anche la professione di medico.

E' stato sottoposto, per le sue imprese di Partigiano, a numerosi processi, dai quali è uscito

sempre assolto per la legittimità delle sue azioni.

Per le sue azioni di Partigiano è stato decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare.

ADDIO PARTIGIANO PAOLO

Elvio Cicognani