Luglio-Agosto 2012 n° 4 - Cronache della Resistenza

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1 Cronache Luglio/Agosto 2012, n°4 25 luglio 1943 cade il fascismo IL POPOLO ITALIANO FESTEGGIA LA CADUTA DEL FASCISMO

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A proposito dell'intervista del Dott. Bonali su Riccardo Fedel alias Comandante Libero... di Carlo Sarpieri / Luglio 1960: Sopra l'Italia intera fischia il vento ed urla la bufera di Elvio Cicognani / Il sonno della ragione genera Mostre di Lodovico Zanetti / E' morta la ragazza di Bube di Elvio Cicognani / Le nuove sentinelle di Francesco Agatensi

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Cronache Luglio/Agosto 2012, n°4

25 luglio 1943cade il fascismo

IL POPOLO ITALIANO FESTEGGIA LA CADUTA DEL FASCISMO

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SOMMARIO:

-A PROPOSITO

DELL’INTERVISTA DEL

Dott. BONALI pag 2

-LUGLIO 1960 pag 4

-PER I MORTI DI REGGIO

EMILIA pag 7

-IL SONNO DELLA RAGIONE

pag 8

-E’ MORTA LA RAGAZZA DI

BUBE pag 8

-LE NUOVE SENTINELLE

pag 9

-COMUNICATO STAMPA

pag 10

-ANPI IN FESTA pag 11

A PROPOSITO DELL’INTERVISTA DEL

DOTT. BONALI SU RICCARDO FEDEL

ALIAS COMANDANTE LIBERO...

a cura di Carlo Sarpieri

Nel numero del Resto del Carlino

del 03 maggio u.s. il dott. Ennio

Bonali ci gratifi ca dell’ennesimo

intervento volto a riabilitare la fi -

gura di Riccardo Fedel, già par-

tigiano delle Brigate Romagna

poi confl uite nell’8° Brigata Ga-

ribaldi nella quale ha svolto fun-

zioni di Comandante con il nome

di battaglia di Libero. L’occasione

dell’intervista è data dalla recente

pubblicazione del libro realizzato,

a cura dell’Istituto storico della Re-

sistenza, dalle ricercatrici Roberta

Mira e Simona Sallustri avente

per titolo “Partigiani, popolazione

e guerra sull’Appennino”. E’ bene

precisare che il libro è stato pre-

sentato in molti Comuni del terri-

torio provinciale per iniziativa del-

le sezioni locali dell’ANPI in virtù

del suo particolare riferimento tra

movimento partigiano e popola-

zione civile. Alcuni di questi in-

contri, come a Santa Sofi a, sono

state l’occasione per l’espressione

di forti critiche alle autrici del libro

proprio per la parte riguardante la

tragica vicenda del comandante

Libero da parte del fi glio e di altri

tra cui lo stesso dott. Bonali.

L’intervista ci ha dunque colto di

sorpresa essendo la stessa fon-

data sul presupposto che il con-

tenuto del libro, secondo il dott.

Bonali, avrebbe tolto il velo che

ricopriva le verità nascoste dalle

quali si trarrebbe la prova che l’e-

secuzione del Comandante Libero

altro non sarebbe che il risultato

della vendetta dei “rossi stalinisti”

contro un “rosso libertario”. Fran-

camente ci sfugge il senso di una

tale distinzione e ci coglie il so-

spetto che, ancora una volta, la

tragica vicenda del Comandante

Libero venga estratta dal terribile

contesto storico in cui si è svolta

nel tentativo di imporre una lettura

di un altro tempo che nulla ha a che

fare con la situazione di grande in-

certezza e di grave rischio propria

delle lotta armata. Prima di entrare

nel merito delle questioni sollevate

nell’intervista, ci preme ricordare

che la nomina di Riccardo Fedel

a Comandante della Brigata, col

nome di battaglia di Libero, giunse

dopo un periodo di gravi diffi coltà

che avevano fi no ad allora reso

impossibile questa decisione adot-

tata dal Comando Militare Roma-

gnolo a causa della scarsa dispo-

nibilità di uomini idonei per effetto

dei molti arresti e delle tante fuci-

lazioni operati dai nazifascisti. Ad

un certo punto, il Comitato valutò

positivamente l’ipotesi della nomi-

na di Riccardo Fedel sulla base

delle informazioni ricevute da chi

lo aveva conosciuto nella sua qua-

lità di militare dell’esercito italiano.

Non si tratta quindi di mettere in di-

scussione le doti di coraggio e l’a-

bilità del Comandante Libero ma

di capire, attraverso la lettura dei

documenti e le testimonianze dei

sopravvissuti, se queste qualità si-

ano effettivamente state messe al

servizio della 8° Brigata Garibaldi

e delle sue esigenze organizzati-

ve ed operative. Tale valutazione

non può che essere fatta tenen-

do conto di quelle che erano le

indicazioni strategiche che erano

state fornite dall’organismo che

aveva i compiti del coordinamen-

to delle attività militari in Romagna

con riferimento agli indirizzi ed agli

obiettivi strategici fi ssati dal CLN e

cioè dall’organo avente composi-

zione politica unitaria con compiti

politici, militari ed organizzativi per

tutta l’Italia e come tale ricono-

sciuto come l’unico potere di rife-

rimento dagli angloamericani. Tali

indirizzi si possono sinteticamente

così riassumere:

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1) costruire un corretto e collabor-

ativo rapporto tra organizzazione

militare e popolazione civile;

2) dispiegare l’azione militare

con le caratteristiche proprie di

un’attività di guerriglia rifuggendo

da ogni ipotesi di formazione di un

esercito popolare;

3) garantire il rispetto delle regole

nella acquisizione e gestione del-

le risorse e delle funzioni gerar-

chiche Rispetto a questi indirizzi

fi ssati dall’organo militare supe-

riore il comportamento del Coman-

dante Libero presenta non poche

contraddizioni. Certamente è as-

sai discutibile il suo rapporto con

la popolazione civile: basti citare la

vicenda del bando di arruolamento

dei partigiani fatta sulla falsariga di

quelli usati per l’arruolamento alla

milizia fascista oppure le modalità

da lui adottate per l’acquisizione di

generi di prima necessità o di beni

voluttuari e che propvocarono non

poche tensioni con la popolazione

civile. Sicuramente ambigui i suoi

rapporti con la milizia fascista e

con i fascisti locali: il fatto che an-

che da altre parti, come si dice nel

libro, vi fossero stati dei contatti

tra partigiani e fascisti non signi-

fi ca che tale iniziativa, non auto-

rizzata da un organo superiore,

fosse meno grave. Chiaramente

contrastante con l’indirizzo del Co-

ordinamento militare era la volontà

del Comandante Libero di proce-

dere alla formazione di un esercito

popolare piuttosto che svolgere

un’attività di guerriglia senza tener

conto del livello di armamento e

della capacità tecnico-militare di

partigiani giovanissimi ed inesper-

ti, delle caratteristiche del terreno,

della quantità delle forze in cam

rpo, vantando contatti con gli alle

ati solo per aver incontrato alcuni

generali inglesi prigionieri che non

avevano alcuna voce in capitolo

nell’organizzazione militare. Sulla

base di questo suo orientamento

erano stati concentrati circa 900

partigiani, la metà dei quali disar-

mati, in un’unica zona e nell’immi-

nenza del rastrellamento dei nazi-

fascisti

Su questi delicatissimi aspetti e su

altri riguardanti la gestione delle

isorse della Brigata il comporta-

mento e gli atti del Comandante

Libero, si è pronunciato l’orga-

nismo militare deputato a tale

compito stabilendo che da tale

comportamento è derivato una

grave pericolo per l’attività milita-

re e per la vita stessa degli uomi-

ni della Brigata e che,secondo le

leggi di guerra, doveva pertanto

essere emessa una sentenza che

prevedeva la soppressione fi sica

dell’imputato.

In questo terribile contesto va in-

serita tutta la vicenda del Coman-

dante Libero e l’intervista del dott.

Bonali non aggiunge nulla di nuo-

vo a quanto è già stato accertato

dagli storici e che il libro a cui ci si

riferisce puntualmente conferma.

L’ANPI ritiene dunque che non ci

siano novità che giustifi chino una

diversa valutazione degli avveni-

menti che hanno contrassegnato

la vicenda del Comandante Libero

mentre, nello stesso tempo, espri-

me il proprio rammarico e la pro-

pria riprovazione per il fatto che il

corpo non sia mai stato consegna-

to alla famiglia. Ciò non toglie ov-

viamente che a fronte di eventuali

nuovi elementi che derivassero dal

prosieguo della ricer ca degli Istituti

storici si possano fare ulteriori pas-

si avanti nella ricostruzione

In alto Riccardo Fedel, in Monte-

negro con la divisa dell’Esercito

dei fatti, fermo restando il grande

valore e il senso della storia della

Resistenza e della lotta di libera-

zione in Romagna e in Italia. La

ricerca della verità ci troverà sem-

pre interessati quando si svilup-

perà nel segno del carattere pro-

fondamente unitario della vicenda

resistenziale. Con questo spirito

comprendiamo l’umana sofferen-

za della famiglia e affi diamo alla

ricerca storica il compito di fornirci

tutti gli elementi necessari per una

serena valutazione degli specifi ci

fatti e del contesto in cui gli stessi

si sono verifi cati.

Per la Segreteria Provinciale ANPI

Il Presidente

Carlo Sarpieri

"L'ANPI di Galeata esprime il proprio ringraziamento alla

CGIL di Galeata e Santa Sofi a per la generosa offerta di

garofani in occasione della Festa della Collinaccia che si

è svolta a Galeata lo scorso 1 maggio 2012."

Grazie Katia Collinelli

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LUGLIO 1960:SOPRA L’ITALIA INTERA

FISCHIA IL VENTO ED URLA LA BUFERAA CURA DI ELVIO CICOGNANI

Italia 1960. Il Paese è in pieno “miracolo economico” ma il benessere nasconde profonde lacerazioni sociopoli-

tiche. Si prova con fatica ad uscire dagli anni Cinquanta e far nascere il primo Governo di Centrosinistra, ma un giovane

democristiano, Fernando Tambroni, entra improvvisamente in scena e cerca una maggioranza in Parlamento con i voti

del Partito neofascista, il Movimento Sociale Italiano.

Con il corpo di Mussolini recentemente restituito al luogo nativo di Predappio il M.S.I. e la sua ideologia stanno

tornando alla ribalta. Quando però esso decide di tenere il suo sesto Congresso a Genova, città Medaglia d'Oro della

Resistenza Italiana, L'Antifascismo vecchio e nuovo dice “NO”. Come in occasione dell'attentato a Palmiro Togliatti

nel 1948, gli ex Partigiani dissotterrano le armi conservate per quindici anni. Compaiono insieme agli ex Partigiani e ai

portuali i nuovi Antifascisti, i giovani dalle “magliette a strisce”.

In tutta Italia la Resistenza sconfi ggerà ancora una volta il rigurgito fascista, ma sarà purtroppo una vittoria

amara perché a Reggio Emilia e in altre città la Polizia sparerà sulla folla causando numerose vittime.

...Gente del popolo, Partigiani e lavoratori, Genovesi di tutte le classi sociali. Le autorità romane sono particolarmente

interessate e impegnate a trovare coloro che esse ritengono i sobillatori, gli iniziatori, i capi di queste manifestazioni di

Antifascismo. Ma non fa bisogno che quelle autorità si affannino molto: ve lo dirò io, Signori, chi sono i nostri sobil-

latori: eccoli qui, eccoli accanto alla nostra Bandiera: sono i fucilati del Turchino, della Benedicta, dell'Olivella e di

Cravasco, son i torturati della Casa dello Studente che risuona ancora delle urla strazianti delle vittime, delle grida e

delle risate sadiche dei torturatori...

(Dal Discorso di Sandro Pertini, a Genova, Piazza della Vittoria, 28 giugno 1960)

Nel 1960 in Italia, Il Partito neo-

fascista M.S.I., guidato dal mode-

rato Arturo Michelini ma ancora

folto di ex gerarchi e picchiatori, dà

il suo appoggio decisivo ad un Go-

verno formato dal Democristiano

Fernando Tambroni, diventando

così un partito di Governo. In que-

sto modo, un Partito ed un'ideolo-

gia che parevano defi nitivamente

sconfi tti alla fi ne della Seconda

Guerra Mondiale, stavano tornan-

do clamorosamente alla ribalta.

In precedenza era previsto un pri-

mo Governo di Centrosinistra, con

l'appoggio esterno del Partito So-

cialista Italiano, ma il Presidente

Antonio Segni aveva rinunciato

dopo un incontro avuto con il Papa

Pio XII, chiaramente contrario all'i-

dea di una apertura a Sinistra.

Successivamente il M.S.I. annun-

cia che terrà il suo sesto Congres-

so nella Città di Genova, in un

cinema vicino al Sacrario della Re-

sistenza. Il Congresso non sareb-

be soltanto l'occasione di vedersi

e parlarsi tra “camerati” vecchi e

nuovi, ma celebrerebbe l'inizio di

una nuova fase nella storia del

Partito fascista e del Paese. E' la

molla che innesca la tensione.

Genova è città Medaglia d'Oro

della Resistenza ed è anche la

città che i Partigiani liberarono per

prima dai Tedeschi, precedendo

Milano di un giorno e Torino di due.

In più corre voce che la Presiden-

za del Congresso sarà offerta a

Carlo Emanuele Basile, Prefetto

nel periodo della Repubblica So-

ciale Italiana e accusato di respon-

sabilità in eccidi e deportazione;

“L'uomo più odiato dell'intera

Liguria”, come scriverà Andrea

Barbato sull' Espresso.

Ma le cose non andranno così! In

seguito ad una enorme manife-

stazione popolare che travalica le

stesse organizzazioni partitiche di

Sinistra e che vede duri scontri tra

Genova, 28 giugno 1960, parla Pertini

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manifestanti e Forze dell’ordine a

Genova, il Congresso sarà cancel-

lato. L'impressionante ondata in

Italia di scioperi, di manifestazioni

antifasciste e, purtroppo, di morti

che verrà sulla scia delle giornate

di Genova, condurrà in breve tem-

po alla caduta del Governo Tam-

broni.

Tra i molti aspetti nuovi di questi

avvenimenti, che da allora ven-

gono chiamati “I fatti di luglio”,

spicca il ruolo delle Forze della Re-

sistenza, infatti molti ex Partigiani

partecipano alle manifestazioni e a

Genova saranno soprattutto loro,

gli ex componenti delle Formazio-

ni “Coduri”, “Mingo”,”Balilla” e

i Gappisti, i veri protagonisti della

rivolta.

Benché le giornate di Genova e i

fatti di luglio portino al crollo di un

Governo fi lofascista ed a un lun-

go isolamento politico per il M.S.I.,

esse, purtroppo non entreranno a

far parte della memoria storica d'I-

talia.

La situazione sarà diversa a Reg-

gio Emilia dove, qualche giorno

dopo le giornate di Genova, muo-

iono cinque persone sotto i colpi di

arma da fuoco delle Forze dell'or-

dine. Ed è forse perché Reggio

Emilia ha i suoi morti da comme-

morare e da “memorializzare” che

“i fatti di luglio” fanno ancora oggi

parte dell'identità stessa della cit-

tà. La canzone di Fausto Amo-

dei, “Per i morti di Reggio Emi-

lia”, che entrerà poi a far parte del

repertorio delle canzoni politiche

italiane negli anni successivi, svol-

gerà anche un ruolo decisivo nel

fi ssare l'immaginazione di morti in

piazza nella coscienza degli Italia-

ni.

A Genova la prima manifestazione

antifascista di massa ha luogo il 28

giugno 1960, cioè qualche giorno

prima della data in cui si dovrebbe

svolgere il Congresso fascista. La

manifestazione, con oltre 100.000

partecipanti venuti da tutta Italia,

si ferma a Piazza della Vittoria

dove la folla ascolta il discorso di

Sandro Pertini: “...Io nego - e

tutti voi legittimamente negate

-la validità della obiezione, se-

condo la quale il neofascismo

avrebbe il diritto di svolgere a

Genova il suo Congresso. Infatti

ogni atto, ogni manifestazione,

ogni iniziativa di quel movimen-

to è una chiara esaltazione del

fascismo e poiché il fascismo,

in ogni sua forma, è considerato

reato dalla Carta Costituzionale,

l'attività dei missini si traduce

in una continua e perseguibile

apologia di reato...A voi che ci

guardate con ostilità, nulla di-

cono queste spontanee manife-

stazioni di popolo? Nulla vi dice

questa improvvisa ricostituita

unità delle Forze della Resi-

stenza? Essa costituisce la più

valida diga contro le forze della

reazione, contro ogni avventura

fascista e rappresenta un moni-

to severo per tutti. Non vi riuscì

il fascismo, non vi riuscirono i

nazisti, non ci riuscirete voi.

Noi, in questa rinnovata uni-

tà, siamo decisi a difendere la

Resistenza, ad impedire che

ad essa si rechi oltraggio.Que-

sto lo consideriamo un nostro

preciso dovere: per la pace dei

nostri morti e per l'avvenire dei

vivi, lo compiremo fi no in fondo,

costi quello che costi!”

Subito dopo il discorso, Giorgio

Gimelli, Presidente dell’A.N.P.I. di

Genova, intervenendo su richiesta

dello stesso Pertini, preoccupato di

avere troppo eccitato gli animi, rac-

comanda l’ordine, la calma e l’e-

ventuale scioglimento del Comizio

in via XX Settembre. Il 30 giugno

è il giorno della grande manifesta-

zione. Il giorno prima la Segreteria

della Camera del Lavoro aveva

proclamato lo sciopero generale

e si era impegnata, insieme alla

C.G.I.L., per ottenere l’adesione

totale di tutti i lavoratori genovesi.

Si è molto discusso su come fos-

se stata preparata la protesta dei

lavoratori genovesi, che il Depu-

tato missino Giano Accame de-

fi nirà “sedizione”. Il Presidente

dell’A.N.P.I., Giorgio Gimelli aveva

ordinato ai suoi Partigiani di scen-

dere in piazza “a mani vuote”, ma

di essere preparati “in caso di ne-

cessità”. Questa è la testimonian-

za di Primo Moroni, allora giova-

ne dimostrante con la “maglietta

a strisce” e in seguito noto libraio

di Bologna: -Quando siamo arri-

vati da Milano con l’autostrada,

lì quando si scende a Genova

dall’alto, i dimostranti avevano

piazzato un cannoncino da cen-

toventi, montato su un camion

degli ortolani, a controllare la

strada. Dove cazzo l’avessero

tirato fuori non so bene, ma era

un centoventi...E poi c’erano

armi, che non sono state usa-

te, non si è sparato, sono state

usate come deterrente...-

In quel giorno si videro unite forze

organizzative dei Comunisti, tec-

nica di guerriglia degli ex gappisti

e soprattutto il sentimento popo-

lare di sollevazione antifascista.

Sfi lano i Comandanti Partigiani. Al centro Gelasio Adamoli,

Luigi Longo e Ferruccio Parri

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Sorsero barricate, si incendia-

rono camionette della Polizia, si

catturarono carabinieri. I giovani

operai, i “camalli” del porto, ma

anche gli studenti, con le caratte-

ristiche magliette a strisce, allora

di moda, si facevano inseguire nei

vicoli, i “carrugi” di Genova, dove

i poliziotti venivano facilmente in-

trappolati, mentre la gente dalle

fi nestre buttavano pietre sulle loro

teste. In quel giorno tutto il popolo

genovese si sollevò in uno slancio

ardente da ogni parte, da Bolza-

neto, da Portona, da Caricamen-

to, da Sturla, da Pre, da Marassi,

per impedire il Congresso fascista,

assistendo alla fuga ingloriosa, die-

tro le garanti schiere della Forza

Pubblica, dei “temerari” rivendicatori

ed eredi delle infamie del ventennio

fascista. Quei giovani operai o quei

giovani studenti, che non avevano

conosciuto il “vecchio fascismo” si

scagliavano ora contro il “nuovo fa-

scismo” con una presa di coscienza,

una maturazione apparentemente

improvvise e inconsulte che erano

invece il frutto di un processo che

era maturato lungo l’arco di anni di

inganni, di delusioni, di promesse

non mantenute dalla classe dirigen-

te. Giorgio Gimelli racconta che te-

lefonò in Questura: - Mi rispose il

Funzionario Capo della Squadra

Politica, piangendo terrorizzato.

“Ci ammazzano tutti, ci ammaz-

zano tutti!” gridava-.

In un'agghiacciante previsione

di quello succederà pochi giorni

dopo a Reggio Emilia e in altre

città italiane, il Prefetto di Genova

scrive che “per avere il sopravven-

to” contro questa “vera e propria

guerriglia”: - Non resta che colpi-

re a distanza i singoli gruppetti

e snidarli, il che ovviamente non

può farsi se non facendo uso

delle armi, o dando alle Forze di

Polizia nuovi mezzi idonei allo

scopo -.

I missini rinunceranno al loro Con-

gresso, accusando il Governo di

non averli protetti. - Che Arturo

e Arturo!.... Mi dia del lei e mi

chiami onorevole!- urlò Arturo

Michelini a Tambroni.

Anche lo sciopero generale di 24

ore per il 2 luglio venne revocato

“No al fascismo” titolarono molti

giornali. Ma la vittoria a Genova fu

solo l'inizio della protesta antifasci-

sta. L'Antifascismo divenne infatti

la nuova forma politica della Lotta

di Classe. Dopo i sonnolenti Anni

Cinquanta, il mito resistenziale ri-

emerse come un nuovo modello

di Lotta Sociale. Mentre i missini

incendiano a Ravenna, in via Santi

Muratori, la casa di Arrigo Boldri-

ni, Deputato comunista, Medaglia

d'Oro della Resistenza

e Presidente dell'A.N.P.I. e attac-

cano le Sedi comuniste, socialiste

e radicali, in tutta Italia si organiz-

zano manifestazioni antifasciste

che chiedono la fi ne del Governo

Tambroni, compromesso con i ne-

ofascisti, e al tempo stesso espri-

mono le rivendicazioni per riforme

sociali e una più equa distribuzio-

ne dei redditi.

Il risultato sarà un drammatico

bilancio di scontri in tutta Italia.

Cinquanta Deputati comunisti e

socialisti, tra i quali Parri, Ingrao,

Boldrini, Amendola, Pezzino,

Audisio, Lizzadri, Vidali e tanti

altri, picchiati il 6 luglio a Roma,

quando un corteo viene caricato

dai carabinieri a cavallo, coman-

dati dalle Medaglie olimpiche Rai-

mondo e Piero D’ Inzeo. Più tar-

di, conversando coi giornalisti, i D’

Inzeo diranno di aver preso parte

all’operazione di repressione poli-

ziesca con “spirito sportivo”!

Sarà quella l’ultima volta che una

carica di carabinieri a cavallo,

con le sciabole sguainate, verrà

lanciata contro un comizio. Non

sarà l’ultima volta che la Polizia,

in servizio d’ordine pubblico, farà

uso delle armi. Il 6 luglio un morto

e cinque feriti a Licata in Sicilia,

per un corteo contro la disoccu-

pazione guidato da un Sindaco

democristiano, Angelo Cetelli,

dove la Polizia spara raffi che di

mitra. Durante uno sciopero proc-

lamato dalla Camera del Lavoro,

muoiono cinque cittadini inermi,

fra cui quattro giovani, il 7 luglio a

Reggio Emilia, “Bersaglio di un

atroce tiro a segno”, come scriv-

erà più tardi lo scrittore e pittore

Carlo Levi. L’8 luglio sciopero a

Palermo e Catania con negozi

devastati, una Banca incendiata,

Municipi assaltati, con quattro

morti e un centinaio di feriti. Pier

Paolo Pasolini scriverà su “Vie

Nuove”: -La Polizia italiana si

confi gura quasi come l’esercito

di una potenza straniera- ma ag-

giunge -Sono alieno dalla violen-

za: e spero che mai più si debba

scendere in piazza a morire. Noi

abbiamo un potente mezzo di

lotta: la Forza della Ragione-.

I dimostranti attaccano una camionetta della Polizia.

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All’indomani dei fatti

di luglio, il 12 lug-

lio 1960, Ferruccio

Parri, pur preveden-

do l’esito spiacevole,

presentò al Senato

un Progetto di Legge

sullo “Scioglimento

del Movimento So-

ciale Italiano in appli-

cazione della Norma

contenuta nel primo

comma della XII dis-

posizione transitoria

e fi nale della Costi-

tuzione”; progetto al

quale la maggioranza

della Assemblea negò

il passaggio alla dis-

cussione degli Arti-

coli, provocandone di

fatto il rigetto. Si schi-

erarono a favore del

Disegno di Legge,

Comunisti, Socialisti e Indipen-

denti di Sinistra, si schierarono

contro i Partiti di Governo, il Gov-

erno stesso e le Destre.

Quei giorni del luglio 1960 rap-

presentano l’ultima volta che

l’Antifascismo riuscì a farsi inter-

prete diretto della protesta sociale,

saltando la mediazione dei Partiti

politici.

Fu la prima volta che si cominciò

a parlare “uffi cialmente” di una

Repubblica “nata dalla Resisten-

za”.

Sepolto, in seguito, dalla retorica

dell’uffi cialità, quell’Antifascismo

avrebbe poi smarrito i caratteri che

gli avevano consentito di cogliere

i fermenti più vivi della moderniz-

zazione del Paese, la sua capac-

ità di rappresentare un surplus di

Democrazia così forte da attrarre

nella propria orbita anche lo stes-

so Partito Comunista Italiano.

Un cannoncino improvvisato

su un carretto

PER I MORTI DI REGGIO EMILIA

Compagno cittadino fratello partigiano

teniamoci per mano in questi giorni tristi

di nuovo a Reggio Emilia di nuovo là in Sicilia

son morti dei compagni per colpa dei fascisti

di nuovo come un tempo sopra l'Italia intera

urla il vento e soffia la bufera

A diciannove anni è morto Ovidio Franchi

per quelli che son stanchi o sono ancora incerti

Lauro Farioli è morto per riparare il torto

di chi si è già scordato di Duccio Galimberti

son morti sui vent'anni per il nostro domani

son morti come vecchi partigiani

Marino Serri è morto, è morto Afro Tondelli

ma gli occhi dei fratelli si son tenuti asciutti

compagni sia ben chiaro che questo sangue amaro

versato a Reggio Emilia è sangue di noi tutti

sangue del nostro sangue nervi dei nostri nervi

come quello dei fratelli Cervi

Il solo vero amico che abbiamo al fianco adesso

è sempre quello stesso che fu con noi in montagna

ed il nemico attuale è sempre ancora eguale

a quel che combattemmo sui nostri monti e in Spagna

uguale la canzone che abbiamo da cantare

scarpe rotte eppur bisogna andare

Compagno Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli

e voi Marino Serri, Reverberi e Farioli

dovremo tutti quanti aver d' ora in avanti

voialtri al nostro fianco per non sentirci soli

morti di Reggio Emilia uscite dalla fossa

fuori a cantar con noi bandiera rossa.

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Il sonno della ragione genera mostre... l'anno prossimo ne aprirà a Forlì una dal

titolo "DUX. L’arte in Italia negli anni del consenso” . Credo che chi l'ha orga-

nizzata non abbia problemi di insonnia ma soffra di qualche amnesia. Dimentica

che quel termine, apologetico, contraddistingue uno dei peggiori dittatori del se-

colo scorso. Esalta il ruolo di condottiero che Mussolini ebbe nell'Italia del ven-

tennio, di quel condottiero che portò il nostro paese a farsi complice di assassi-

ni come Franco e Hitler, che ci portò a compiere massacri esecrabili in Etiopia,

Libia , Jugoslavia. In un paese civile, su quel nome ci sarebbe una damnatio

memoriae, e su chi lo pronunciasse ricadrebbe il biasimo dell'opinione pubblica.

E che sia inopportuna questa scelta lo ha fatto capire la polemica che si è

innescata all'apertura di una piccola mostra dedicata a Mussolini a Forlì, dove

l'intervento di alcuni nostalgici ha costretto a sospendere la presentazione. In

un momento come questo, dove si sta facendo di tutto, per stravolgere i va-

lori della nostra Repubblica, che nasce dalla Resistenza, le parole sono pie-

tre. E su certe parole, come dux, un’unica pietra è opportuna, quella tombale.

Spero che chi ha scelto il titolo dell'esposizione fosse in buona fede, ma

sono altrettanto sicuro che la comunicazione della mostra, con un bel te-

stone di Wildt , magari, aumenterà le visite a Forlì dei turisti in camicia nera

che frequentano Predappio,magari con i manganelli "commemorativi" con

stampato un boia chi molla. E la città che ha visto in piazza i cadaveri di Iris

Versari, Corbari , Spazzoli e Casadei, non merita questo. I caduti dell'ecci-

dio dell'aeroporto, di San Tomè, di Branzolino, non meritano questo oltraggio.

Piuttosto, si vada a visitare nella mostra di Wildt, la stanza che contiene due

busti del dittatore.

Uno intonso, l’altro in cui il popolo italiano espresse, a colpi di piccone, in esempio di pop art ante litteram, il suo parere,

indelebile, su quel duce.

Per la mostra mi permetto di suggerire un titolo alternativo, in ricordo del libro di testo che il consenso voleva creare tra

i giovani, Quadro e moschetto..

Il sonno della ragione genera Mostre DI LODOVICO ZANETTI

E’ MORTA LA RAGAZZA DI BUBE DI ELVIO CICOGNANI

A 85 anni è morta Nada Giorgi, la ragazzina di Pontassieve che innamorata

di Bube, Partigiano ribelle e coraggioso di Volterra, ispirò allo scrittore Carlo

Cassola, il celebre romanzo.

Nata a Pontassieve, Firenze, il 25 gennaio 1927, per tutta la vita Nada Giorgi

si è impegnata per rendere giustizia al suo uomo, Renato Ciandri, accusato

ingiustamente di omicidio, per la vicenda della Madonna del Sasso, nei pressi

di Firenze, in cui due carabinieri vennero disarmati e uccisi dalla folla.

Nada disconosceva il libro: - Non ho nemmeno fi nito di leggerlo – diceva –

Cassola ha utilizzato la storia mia e di Renato prendendosi la libertà di

variarla in funzione della buona riuscita del romanzo -.

Nada Giorgi, pur sacrifi cando gli anni migliori della sua vita, saprà attendere

con una fedeltà ostinata il suo “Baffo”, questo il vero nome di battaglia di Re-

nato Ciandri, e potrà sposarlo solo dopo una lunga reclusione, durata quasi

vent’anni. In quei interminabili vent’anni Nada si è sempre battuta e impegnata,

purtroppo invano, perché fosse fatta vera giustizia.

Renato Ciandri, infatti, fu scarcerato solo nel 1961. L’incontro con Carlo Cas-

sola avvenne a Colle Val D’Elsa. Il padre dello scrittore era stato insegnante di

Renato a Volterra. Gli ex ragazzi gli raccontarono i fatti che ispirarono Cassola

a scrivere “La Ragazza Di Bube”.

La “Ragazza di Bube” se n’è andata ma resteranno per sempre con noi il suo

coraggio e l’amore per la libertà che hanno permesso di ristabilire una verità

storica che il romanzo di Cassola aveva tradito.

Il busto di Benito Mussolini

Page 9: Luglio-Agosto 2012 n° 4 - Cronache della Resistenza

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Ho deciso di mettere per iscritto

tutto ciò che ho provato nell’e-

sperienza della visita ai campi

di Auschwitz dal 27 gennaio al

1 febbraio 2012, nell’ambito del

progetto “Treno della Memo-

ria” i cui responsabili, assieme a

quelli dell’associazione “Terra del

Fuoco”, ringrazio sinceramente.

La prima cosa che abbiamo vi-

sto è stata Cracovia : è una città

bellissima,senza palazzoni con-

temporanei e insegne fuori luogo.

Nel suo centro storico, sembra di

passeggiare per l’Europa dell’Ot-

tocento. Enormi spazi aperti, dai

numerosi giardini, alle vie princi-

pali, danno alla città un aspetto di

vivibilità molto allettante. E quanto

era bello pensare in Zloti! Questa

è una cosa, se vogliamo, anche

poco rispettosa nei confronti dei

polacchi, ma vi giuro che fare una

spesa che defi nire consistente è

un eufemismo, spendendo 36 zlo-

ti, cioè 8 euro, ti fa sorridere ec-

come! I campi. Auschwitz è bello.

Non sto scherzando: il nucleo cen-

trale dell’immenso complesso di

morte Auschwitz-Birkenau-Mono-

vitz è composto da poche decine

di case ben costruite, in muratura,

dall’aria solida, mentre l’insieme si

presenta, così come doveva es-

sere allora, pulito e ordinato. In-

somma ad Auschwitz, una faccia-

ta limpida, che comprende, oltre

all’illusoria scritta “Il Lavoro Rende

Liberi”, anche quella che sembra

una piscina attrezzata(in realtà è

la vasca per gli incendi) nasconde

ciò che avviene nei blocchi.

Ovviamente i letti sono quelli che

tutti noi abbiamo visto nei fi lm: nu-

merosi, ammassati, senza alcun

rispetto della condizione di intimi-

tà, sacra per ognuno di noi.Ora mi

voglio soffermare su alcuni edifi ci

particolari e spendere qualche pa-

rola sul museo di Auschwitz.

Quest’ultimo è un contenitore di

foto terrifi canti, ma ciò che vera-

mente ha scioccato molti di noi

sono le cataste di oggetti: 40000

paia di scarpe, centinaia di scarpe

da bambino, montagne di pettini,

rasoi, occhiali e la cosa più orribi-

le: 2000 chili di capelli umani. Gli

oggetti scioccano perché sono in

grado di ricondurci al proprieta-

rio. Tanti nelle scarpe da bambino

hanno riconosciuto il loro fratelli-

no, tanti i propri cari e amici nelle

scarpe degli adulti. Ognuno pote-

va vedere nella massa di capelli

una ciocca dei propri. Ed era ve-

ramente triste osservare la catasta

di protesi o strumenti per persone

portatrici di handicap e pensare

che quelle creature indifese fosse-

ro le prime a morire, con un’inie-

zione di fenolo al cuore, perché

non degne di portare gloria alla

Germania del Fhurer.

Il blocco 11 era chiamato “il bloc-

co della morte”. Qui avvenivano

gli interrogatori, i fi nti processi ai

detenuti. E nel seminterrato

erano situate le celle delle torture,

o quelle di punizione, quadrati di

un metro dove venivano ammas-

sati fi no a quattro uomini in piedi

per ore o giorni infi niti, e le celle

dove i prigionieri erano condannati

a morire di fame. Qui trovò anche

la morte un prigioniero martire:

padre Kolbe. Egli salvò un padre

di famiglia, che in effetti uscì vivo

dal campo, offrendosi al posto suo

assieme ad altri dieci prigionieri. Il

suo sacrifi cio non fu vano e Kol-

be rappresenta tutti i martiri della

follia nazista, per cui mi sembra

giusto ricordarlo. Poi siamo entrati

nella camera a gas. Uno stanzone

senza fi nestre, affatto illuminato,

con due bocchettoni per il gas. E

nella stanza accanto quattro lun-

ghi forni. Questa camera a gas

con i forni e la ciminiera è l’unica

rimasta in piedi, poiché le SS la

trasformarono in un rifugio antiae-

reo, dal momento in cui la “capien-

za” della camera, 800 persone alla

volta, e la capacità di “smalti

LE NUOVE SENTINELLE DI FRANCESCO AGATENSI

Il cancello d’entrata di Auschwitz

Page 10: Luglio-Agosto 2012 n° 4 - Cronache della Resistenza

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come quella che assieme abbiamo

vissuto: la sfi da è mantenere viva

la fi amma che lì, ognuno di noi, col

suo fi ammifero, ha contribuito ad

accendere. Ora le sentinelle di Au-

schwitz non sono più le SS, siamo

noi, noi che abbiamo visto la prova

di quanto è scritto nei libri. Sorve-

gliamo Auschwitz non perché nes-

suno esca, ma perché nessuno

entri. Affi nchè tra settant’anni non

ci sia un altro ragazzo costretto

ad urlare al vento, nella comme-

morazione dei defunti, il nome di

Adam Nosvinski, entrato ad Au-

schwitz con questo nome, uscito

dal camino con il numero 1937.

Ora mi rivolgo direttamente ai miei

compagni di viaggio, ai miei amici

e alle mie amiche e agli educato-

ri, noi tutti che ora siamo legati da

questa intensissima esperienza:

mi avete lasciato un ricordo dol-

ce, bello, intenso. Mi avete lascia-

to amicizie preziose.

Grazie. Grazie, grazie, grazie.

mento” dei cadaveri dei forni, 250

al giorno, divenne insuffi ciente

a coprire il “fabbisogno” nazista.

Questo è Auschwitz.Quello che si

vede sempre nei fi lm è Auschwiz

II-Birkenau. Chilometri di fi lo spi-

nato e torrette formano il perime-

tro. Un binario, lungo, isolato, in-

fi nito, entra nel cuore del campo

attraverso un’arcata, che sembra

quella dell’inferno. Birkenau è

enorme, cinque volte più grande

del primo campo di Auschwitz, e

qui le baracche sono prefabbricati

ideati per bestie, quasi sempre sa-

rebbero dovuti essere destinati ai

cavalli. Birkenau vuol dire “Posto

delle Betulle”. E in fondo al cam-

po sorge un boschetto di questi

alberi,maestosi quanto belli, attra-

versato da un piccolo fi ume. Incan-

tevole. Ma ospitava molte, troppe,

camere a gas con i crematori, di

cui oggi rimangono solo rovine,

distrutti dai nazisti per tentare di

nascondere … non so che cosa …

il loro crimine? Si può defi nire solo

crimine quello che è avvenuto

ad Auschwitz, Dakau, Bergen-

Belsen, Mathausen … come si

può defi nire? Follia? Malvagità?

Non voglio soffermarmi molto sul

funzionamento del lager, avremo

modo di parlarne in altre occasio-

ni. Voglio scrivere le sensazioni.

Entrare a Birkenau signifi ca cam-

minare sulle ceneri di un milione di

persone. Signifi ca entrare in uno

sterminato cimitero. Birkenau è

una terra morta. Ha visto troppo.

Birkenau non appartiene ai vivi ma

ai morti, ed è lì a loro memoria.

A Birkenau abbiamo avuto freddo.

L’aria tagliente si univa al gelo inte-

riore. I campi sono questo.Ma all’e-

sperienza che ho vissuto appartiene

un altro elemento fondamentale: la

compagnia degli amici. Le amici-

zie che sono nate in quella setti-

mana mi hanno lasciato un segno.

Tornare a casa, per quanto bello,

mi ha rattristato profondamente.

Ma funziona così. La sfi da non è

vivere bene un’esperienza

Il Comitato Provinciale di Forlì – Cesena e la Sezione locale dell’ANPI di Galeata prendono atto con ram-

marico della evoluzione della situazione politica e amministrativa del Comune di Galeata che ha portato al

commissariamento del Consiglio Comunale e a future nuove elezioni.

Le contrapposizioni in essere hanno determinato una situazione di paralisi che rischiava ormai di dan-

neggiare una comunità locale che vive tutte le diffi coltà della crisi economica e sociale in atto nel Paese.

Non spetta certo all’ANPI proporre le soluzioni politiche più idonee per il futuro, ma, nello stesso tempo,

sente il dovere di indicare quali siano gli obiettivi da perseguire e quali debbano essere i valori di riferi-

mento, propri della memoria,della storia della cultura della comunità locale, che devono essere posti alla

base di un progetto da perseguire nei prossimi anni.

Il Comitato Provinciale e la Sezione locale dell’ANPI ritengono che su ogni cosa debba prevalere il senso

del bene comune e cioè la necessità di garantire, per il futuro,azioni positive volte a sostenere lo sviluppo

economico e sociale e a rafforzare i caratteri di una comunità come quella di Galeata dalle profonde radici

civili e democratiche.

Una comunità libera e solidale in cui ciascuno abbia pari dignità e pari opportunità per costruire la propria

esistenza contro ogni forma di separazione, di razzismo, di xenofobia e di violenza: questo è il tipo di co-

munità che avrebbero voluto coloro che hanno combattuto contro il nazifascismo per costruire un’Italia

nuova. Per questi obbiettivi l’ANPI si sente impegnata a dare il proprio contribuito e richiama le forze de-

mocratiche ed antifasciste alla concordia e a uno sforzo unitario affi nché il governo del comune non sia

consegnato a forze politiche lontane da questi valori, dalla tradizione e dalla storia di questa comunità e si

possa riprendere il cammino verso nuove opportunità di progresso civile e sociale.

Comitato Provinciale Forlì-Cesena

Il Presidente

Carlo Sarpieri

Sezione ANPI Galeata

Il Presidente

Corrado Giannetti

COMUNICATO STAMPA

Page 11: Luglio-Agosto 2012 n° 4 - Cronache della Resistenza

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Anpi in festaCom itato d i Santa Sof ia

Sabato 7 e Domenica 8 Luglio 2012 Nell’area Parco della Resistenza di Santa Sofia

Due giornate dedicate alla cultura, al buon cibo e alla musica

S abato 7 luglio 2012 alle ore 17,00

Nella Biblioteca Comunale di Santa Sofia

Andrea Brigliadori

presenta il libro

“Loro”

di Cesarina Lucca

Dalle ore 18,00 “Ore Felici” - Happy Hours

Aperitivo: stuzzichini, tartine e tartellette.

Vino e cocktail analcolico.

Vino “Placido Rizzotto” della Cooperativa Centopassi delle

Terre Libere dalle Mafie

Domenica 8 luglio 2012 alle ore 12,30

Pranzo del Partigiano

Menu

Crostini misti, frittatine di verdure

Lasagne

Arista e patate al forno

Cosce di pollo farcite e verdure saltate

Torta del Partigiano

Prenotare entro giovedì 5 luglio:

Rossi Liviana 0543 971399

Rossi Giorgio – Barbiere – in via Martiri della

Libertà, Santa Sofia

Domenica 8 luglio 2012 alle ore 16,00

Parco della Resistenza di Santa Sofia la musica del gruppo

“Contrada Lamierone”

Violino&Fisarmonica&Organetto&Basso - Lo spettacolo vi trasporterà in un suggestivo viaggio tra i valzer

francesi di inizio '900, i ritmi dell'est Europa, alcune celebri colonne sonore e composizioni originali.

Vino e piadina fritta

8a Brigata Con il Patrocinio del Comune di Santa Sofia

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I NOSTRI LUTTI

E’ deceduto WERTER BASSETTI, di Forlì.

Il 12 Maggio è deceduto ROMEO BANDINI, nome di battaglia “FILIPPO”, partigiano dell’Ottava Bri-gata Garibaldi dal 28-2-1944 al 30-11-1944 conformamente al suo desiderio Romeo Bandini è stato cremato portando con sè il fazzoletto Rosso della Brigata, il suo berretto e le decorazioni militari.

SOTTOSCRIZIONIEnrico Bettini sottoscrive euro 10,00 in memoria del padre GIULIO, a favore di Cronache della Resistenza.

Katia e Fauzia Piraccini sottoscrivono euro 20,00 in memoria del padre ALVARO, a favore di Cronache della

Resistenza.

Secondina Ricci sottoscrive euro 20,00 in memoria del padre GIUSEPPE a favore di Cronache della Resi-

stenza.

Grazia Cattabriga sottoscrive euro 5,00 a favore di Cronache della Resistenza.

Guido Turoni sottoscrive euro 5,00 a favore di Cronache della Resistenza.

La famiglia Mariani di Roversano di Cesena sottoscrive euro 30,00 in ricordo di NANDO

MARIANI e WLADIMIRO MARIANI a favore di Cronache della Resistenza.

Pierpaolo Parisi di Forlimpopoli sottoscrive a favore di Cronache della Resistenza.

Renza Ravagli sottoscrive euro 30,00 in memoria di MICHELE RAVAGLI, a favore di

Mirella Nanni sottoscrive euro 50,00 nel I° Anniversario della morte, in memoria del Parti-

giano dell’Ottava Brigata LINO VITALI (foto).

ANNIVERSARIO ECCIDI DEL PASSO DEL CARNAIO E DI TAVOLICCI

PROGRAMMA:

DOMENICA 22 LUGLIO ORE 9:30 Passo del Carnaio

Santa Messa presso il cippo dei caduti e deposizione di corone d’alloro.

Ore 10:15Saluto ai convenuti del Sindaco del Comune di Bagno di Romagna LORENZO SPIGNOLI.

Intervento commemorativo di PAOLO BOLOGNESI, Presidente dell’Associazione tra i famigliari delle vittime

della Strage della Stazione di Bologna del 2 Agosto 1980.

Deposizione di corone d’alloro ai caduti presso la lapide e presso la cripta sacraria del

Cimitero di San Piero in Bagno.

ORE 15:30 TavolicciRitrovo dei partecipanti presso l’ex Ristorante e sfi lata dei gonfaloni sino alla casa dell’eccidio. Deposizione di

Corone d’alloro presso il Sacrario delle vittime della Strage.

Saluto ai convenuti da parte del Sindaco del Comune di Verghereto GUIDO GUIDI.

Commemorazione da parte del Presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime di Ustica,

DARIA BONFIETTI, e deposizione di corone d’alloro presso la casa dell’eccidio.

ORE 16:30Santa Messa presso il sacrario delle vittime.

MARTEDI’ 31 LUGLIO ORE 21:00 PIAZZA MARTIRI, S.PIERO in BAGNO

Spettacolo teatrale “LA BANDA CORBARI” della compagnia BRIACABANDA.