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L'indicazione di origine dei prodotti industriali nelle recenti evoluzioni normative e giurisprudenziali italiane Avv. Vito Rubino Ricercatore di Diritto U.E. Facoltà di Giurisprudenza - Università del Piemonte Orientale [email protected]

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L'indicazione di origine dei prodotti industriali nelle recenti evoluzioni

normative e giurisprudenziali italiane

Avv. Vito Rubino

Ricercatore di Diritto U.E.

Facoltà di Giurisprudenza - Università del Piemonte Orientale

[email protected]

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

La disciplina sull’etichettatura degli alimenti prevede alcune disposizioni specifiche dedicate all’origine.

La materia è estremamente complessa per l’intersecarsi di interessi spesso contrapposti e meritevoli di tutela

1) TUTELA DEL MERCATO INTERNO E LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI

>> sollecitare le scelte consumeristiche in base all’origine significa fare leva su dinamiche spesso capricciose e protezionistiche, contrarie al principio di libera circolazione delle merci (cfr. art. 34 TFUE già art. 28 TCE)

- sentenze CGE su origine delle merci ed obbligo di etichettatura 17.6.1981 in causa 113/80, Commissione c. Irlanda in Racc. 1981, p. 1625 e ss.; sentenza 24.11.1982 in causa 249/81 Commissione c. Irlanda in Racc. 1982 p. 4005 e ss.; 25.4.1985 in causa 207/83 Commissione c. Regno Unito, in Racc. 1985, p. 1201 e ss.

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

2) TUTELA CONSUMATORE + CONCORRENZA (lealtà comm.le)

>> nei limiti in cui dall’origine possa dipendere una caratteristica essenziale del prodotto (originalità; qualità organolettiche; caratteristiche microbiologiche o fisiche) l’indicazione dell’origine diventa fattore di trasparenza sul mercato e, dunque, costituisce una ESIGENZA IMPERATIVA per salvaguardare anzitutto l’interesse del consumatore

- determinazione obbligo di origine in ambito COMUNITARIO (miele, olio, frutta e verdura fresca, pesce fresco etc.)

- Cfr. CGE 25.4.1985 207/83 punto 21 > in caso di attestazioni volontarie sull’origine lo Stato conserva il potere-dovere di regolarne i contenuti per salvaguardare la lealtà commerciale

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

QUALE DUNQUE LA REGOLA GENERALE IN MATERIA DI ORIGINE?

Art. 3 dir. 2000/13 CE:

“alle condizioni e con le deroghe previste dagli articoli da 4 a 17, l’etichettatura dei prodotti alimentari comporta soltanto le seguenti indicazioni obbligatorie:

(…)

8) il luogo d’origine o di provenienza, qualora l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore circa l’origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare (…)

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

QUALE DUNQUE LA REGOLA GENERALE IN MATERIA DI ORIGINE?

Le condizioni sono due:

1) che l’etichetta possa generare confusione sul luogo di origine del prodotto;

2) che questa confusione possa essere rilevante per il consumatore (altrimenti violazione art. 34 TFUE);

Casi:

DENOMINAZIONE DI VENDITA

Prosciutto cotto > per altri Paesi può essere anche spalla > obbligo indicazione origine del prodotto

e.g. CGE 9.2.1999 Van Der Laan C- 383/97

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

QUALE DUNQUE LA REGOLA GENERALE IN MATERIA DI ORIGINE?

Le condizioni sono due:

1) che l’etichetta possa generare confusione sul luogo di origine del prodotto;

2) che questa confusione possa essere rilevante per il consumatore (altrimenti violazione art. 34 TFUE);

Casi:

NATURA TRADIZIONALE DEL PRODOTTO

Torta sbrisolona > interesse del Consumatore a comprare l’originale

NB= sentenza BUD II: possibilità per gli Stati di proteggere anche in forma assoluta le denominazioni geografiche semplici associate a prodotti determinati

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

Lo Stato italiano ha voluto però andare oltre…

> creazione di una serie di norme per IMPORRE l’indicazione di origine ed ANCORARLA alla materia prima prevalente;

> creazione di una disciplina specifica sul c.d. “made in Italy”

(tutela dell’economia nazionale e della trasparenza sul mercato)

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

1) creazione di una serie di norme per IMPORRE l’indicazione di origine

l. 204/04 art. 1bis  Indicazione  obbligatoria  nellʹetichettatura  dellʹorigine  dei  prodotti  alimentari

1.  Al  fine  di  consentire  al  consumatore  finale  di  compiere  scelte  consapevoli  sulle  caratteristiche  dei  prodotti  alimentari  posti in  vendita,  lʹetichettatura  dei  prodotti  medesimi  deve  riportare  obbligatoriamente,  oltre  alle  indicazioni  di  cui  allʹarticolo  3  del  decreto  legislativo  27  gennaio  1992,  n.  109,  lʹindicazione  del  luogo  di  origine  o  provenienza.   2.  Per  luogo  di  origine  o  provenienza  di  un  prodotto  alimentare  non  trasformato  si  intende  il  Paese  di  origine  ed  eventualmente  la  zona  di  produzione  e,  per  un  prodotto  alimentare  trasformato,  la  zona  di  coltivazione  o  di  allevamento  della  materia  prima  agricola  utilizzata  prevalentemente  nella  preparazione  e  nella  produzione.   3.  Con  decreti  del  Ministro  delle  politiche  agricole  e  forestali  di  concerto  con  il  Ministro  delle  attività  produttive  sono  indivduate,  entro  sei  mesi  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del  presente  decreto,  le  modalità  per  la  indicazione  del  luogo  di  origine  o  di  provenienza.   4.  La  violazione  delle  disposizioni  relative  alle  indicazioni  obbligatorie  di  cui  ai  commi  1,  2  e  3  eʹ punita  con  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  1.600  euro  a  9.500  euro  e  nel  caso  di  più  violazioni,  commesse  anche  in  tempi  diversi,  eʹ disposta la  sospensione  della  commercializzazione,  fino  a  sei  mesi,  dei  prodotti  alimentari  interessati.

>> N.B. tentativo di abrogare l’art. con legge comunitaria 2007 fallito. La norma resta in vigore ma è sostanzialmente disapplicata.

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

1) creazione di una serie di norme per IMPORRE l’indicazione di origine

Decr. Mipaf 17.2.2006  Passata di Pomodoro. Origine del Pomodoro fresco

Art. 1

Luogo di origine

1. Nell'etichettatura della passata di pomodoro, quale definita dal decreto ministeriale citato nelle premesse, deve essere indicata la zona di coltivazione del pomodoro fresco utilizzato.

2. Il riferimento di cui al comma 1 può essere realizzato indicando:

a) la zona effettiva di coltivazione del pomodoro fresco coincidente con la Regione oppure;

b) lo Stato ove il pomodoro fresco è stato coltivato.

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

1) creazione di una serie di norme per IMPORRE l’indicazione di origine

2009: notifica alla Commissione bozza decreto su origine latte e prodotti lattiero caseari  

decisione Commissione CE nr. 2010/229 (GUUE L 102 del 23.4.2010)

Articolo 1

L’Italia è tenuta a non adottare l’articolo 2, l’articolo 3, comma 1 e 3, nonché l’articolo 4 (per quanto riguarda l’obbligo di indicare il luogo di origine del latte impiegato nella cagliata) del decreto notificato, che disciplina l’etichettatura del latte sterilizzato a lunga conservazione, del latte UHT, del latte pastorizzato microfiltrato e del latte pastorizzato ad elevata temperatura, nonché dei prodotti

lattiero-caseari.

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

1) creazione di una serie di norme per IMPORRE l’indicazione di origine

d.lgs. 206/05 CODICE DEL CONSUMO  Art. 6.

Contenuto minimo delle informazioni

1. I prodotti o le confezioni dei prodotti destinati al consumatore, commercializzati sul territorio nazionale, riportano, chiaramente visibili e leggibili, almeno le indicazioni relative:a) alla denominazione legale o merceologica del prodotto;b) al nome o ragione sociale o marchio e alla sede legale del produttore o di un importatore stabilito nell'Unione europea;c) al Paese di origine se situato fuori dell'Unione europea;d) all'eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all'uomo, alle cose o all'ambiente;e) ai materiali impiegati ed ai metodi di lavorazione ove questi siano determinanti per la qualita' o le caratteristiche merceologiche del prodotto;f) alle istruzioni, alle eventuali precauzioni e alla destinazione d'uso, ove utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto.

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L’ORIGINE NELL’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI

2) creazione di una disciplina specifica sul c.d. “made in Italy”

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Il Made in Italy nella normativa e giurisprudenza italiana risalente

1° FASE: Disposizioni ed orientamento ANTE L. 350/03

L’ordinamento italiano antecedentemente al 2003 non possedeva una disciplina POSITIVA ED ARTICOLATA del c.d. “Made in Italy”. Esistevano certamente disposizioni sulla correttezza dei messaggi commerciali, sull’origine e la provenienza dei prodotti (cfr. per il ns. settore l. 283/62, art. 13) ma in linea generale la protezione del mercato nella sua duplice composizione consumeristica ed industriale era affidata alle norme contenute nel codice penale.

Fra queste ultime particolare rilievo ha sempre rivestito l’art. 517 c.p.

“vendita di prodotti industriali con segni mendaci”.

Versione risalentechiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell’ingegno o prodotti industriali con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri atti ad indurre il compratore in inganno sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino ad € 20.000.

Versione modificata dalla l. 99/09chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell’ingegno o prodotti industriali con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri atti ad indurre il compratore in inganno sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino ad € 20.000,00.

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Il Made in Italy nella normativa e giurisprudenza italiana risalente

1° FASE: Disposizioni ed orientamento ANTE L. 350/03

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha sempre ritenuto il termine “origine” come riferito all’impresa, non al luogo di fabbricazione.

Ciò in quanto sia dal punto di vista della “lealtà commerciale” sia della “tutela consumeristica” la “FRODE RILEVANTE” è quella QUALITATIVA, e l’unico elemento capace di alterare la “qualità” del prodotto è la diversità dell’impresa produttrice.

N.B.: il ragionamento non vale per le DOP - IGP per le quali il luogo di origine incide attraverso il legame agro-ambientale sulla qualità del prodotto >> art. 517 bis c.p.

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Il Made in Italy nella normativa e giurisprudenza italiana risalente

1° FASE: Disposizioni ed orientamento ANTE L. 350/03

Non ha importanza DOVE il prodotto è realizzato ma CHI lo realizza: solo l’azienda originale può garantire con il proprio know-how ed il controllo qualità che il prodotto venduto corrisponda ai propri standards produttivi.

D’altronde il cliente del prodotto “industriale” si attende un certo livello qualitativo in funzione del MARCHIO (cioè dell’imprenditore), non del luogo dove il prodotto è realizzato.

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Il Made in Italy nella normativa e giurisprudenza italiana risalente

1° FASE: Disposizioni ed orientamento ANTE L. 350/03

Cfr. Cass. Pen., sez. III, sent. 214438/1999

Oggetto: rilevanza penale ex art. 517 c.p. della errata indicazione di origine in caso di terziarizzazione produttiva all’estero

“non può negarsi che l'imprenditore, nel campo dell'attività industriale, possa affidare a terzi sub-fornitori l'incarico di produrre materialmente, secondo caratteristiche qualitative pattuite con l'esecutore, un determinato bene, e che possa imprimervi il proprio marchio con i suoi segni distintivi e quindi lanciarlo in commercio. Ciò è ammesso in quanto la garanzia che la legge ha inteso assicurare al consumatore riguarda l'origine e la provenienza del prodotto non già da un determinato luogo (ad eccezione delle ipotesi espressamente previste per legge), bensì da un determinato produttore, e cioè da un imprenditore che ha la responsabilità giuridica, economica e tecnica del processo di produzione. Ne consegue che anche una indicazione errata o imprecisa relativa al luogo di produzione non può costituire motivo di inganno su uno dei tassativi aspetti considerati dall'art. 517 c.p. in quanto deve ritenersi pacifico che l'origine del prodotto deve intendersi in senso esclusivamente giuridico, non avendo alcuna rilevanza la provenienza materiale, posto che origine e provenienza sono indicate, a tutela del consumatore, solo quali origine e provenienza dal produttore”.

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Il Made in Italy nella normativa e giurisprudenza italiana risalente

2° FASE: modifiche portate dalla l. 350/03

Con la l. 350/03 (finanziaria 2004) il Legislatore italiano è intervenuto sulla materia dettando una disciplina articolata del c.d. “Made in Italy”:

1) Art. 4 co. 49 = introduce il concetto di “falsa o fallace indicazione di ORIGINE o PROVENIENZA” (corretta ex l. 80/05) agganciandolo all’art. 517 C.P.

Falsa indicazione= stampigliatura “Made in Italy” su prodotti e merci non originari dall’Italia AI SENSI DELLA NORMATIVA EUROPEA SULL’ORIGINE

Quale?

Codice Doganale europeo (cfr. Reg. 2913/92)> solo a fini doganali

reg. 510/06 CE >> IGP

reg. 834/07 biologico

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Il Made in Italy nella normativa e giurisprudenza italiana risalente

2° FASE: modifiche portate dalla l. 350/03

Fallace indicazione= uso di segni, figure o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ANCHE QUALORA SIA INDICATA L’ORIGINE E LA PROVENIENZA ESTERA DEL PRODOTTO.

Segni o figure= bandiere, loghi, immagini di monumenti, etc.

Quant’altro= Ogni altro elemento giudicato fuorviante … anche “- Italy” sull’indirizzo ??

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Il Made in Italy nella normativa e giurisprudenza italiana risalente

2° FASE: modifiche portate dalla l. 350/03

2) Art. 4 co. 61 = conferisce mandato al Ministero delle Attività produttive a promuovere il Made in Italy anche attraverso l’istituzione di un apposito marchio riservato alle merci interamente realizzate in Italia o assimilate ai sensi della normativa europea sull’origine;

3) Art. 4 co. 63 = rinvia a successiva decretazione (mai adottata) le modalità di regolamentazione delle indicazioni di origine e di istituzione/uso del marchio sul made in Italy.

NB= la l. 80/05, art. 7, ha inserito una sanzione amm.va fino a 10.000 euro per l’acquisto o l’accettazione di merci che inducano a ritenere violate le norme sull’origine o la provenienza (…)

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2° FASE: modifiche portate dalla l. 350/03

La giurisprudenza, salvo qualche tentennamento iniziale (cfr. Cass. Pen. Sez. III, sent. 2648/06) ha confermato l’impostazione tradizionale, SALVO MARCARE CON PIU’ NETTA DIFFERENZA IL CASO DELL’USO FALSO DEL MADE IN ITALY DALL’USO FALLACE DI INDICAZIONI GEOGRAFICHE.

Quanto all’uso FALLACE di indicazioni di provenienza:

1) il concetto di origine o provenienza nell’ambito dei prodotti industriali deve ritenersi riferito all’impresa e non al luogo geografico;

2) se il Legislatore avesse voluto estendere l’ambito di applicazione dell’art. 517 cp a tutte le ipotesi di violazione delle regole sull’origine si sarebbe espresso con disposizioni più dettagliate e chiare. Quindi attualmente la violazione delle regole sull’etichettatura in materia di origine dei prodotti industriali resta confinata nell’ambito amministrativo (d.lgs. 109/92 e/o pubblicità ingannevole);

3) tutto ciò è confermato dall’esistenza, in altri rami dell’ordinamento, di disposizioni che consentono operazioni di terziarizzazione (e.g. l. 192/98) o di cessione del marchio senza obbligo di evidenziare il reale produttore (cfr. anche Codice della Proprietà Industriale - d.lgs. 30/05) >cfr. Cass. 27250/07 Conserva di frutta

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2° FASE: modifiche portate dalla l. 350/03

Quanto all’uso FALSO dell’indicazione “Made in Italy”:

la Cassazione ribadisce che in questo caso il consumatore può essere spinto all’acquisto sul presupposto che l’intero ciclo produttivo sia svolto in Italia, per le più diverse motivazioni soggettive che ricevono tutela penale dagli artt. 515 - 517 c.p.

Infatti, secondo la Cassazione, il concetto di “made in Italy” viene generalmente interpretato dal consumatore come “INTERAMENTE PRODOTTO IN ITALIA”

Ne consegue che l’apposizione dell’indicazione “made in Italy” o equivalenti su prodotti anche solo parzialmente realizzati all’estero è reato >> Cfr. Cass 34103/05 > magliette

Compatibile con art. 34 TFUE???

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

3° FASE: modifiche portate dalla l. 99/09

Nel mese di Agosto con la l. 99/09 il Legislatore torna a modificare le “regole del gioco”:

Art. 15 = introduce modifiche al C.P. anche per quanto concerne l’art. 517 c.p. (raddoppio della pena detentiva)

Art. 17= modifica la l. 80/05 e la l. 350/03 nel senso di estendere l’ipotesi delittuosa ex 517 c.p. all’uso fallace del marchio (marchi contenenti richiami all’Italia) se non indicata in modo assolutamente evidente l’origine, e vieta la sanatoria amministrativa della fallace indicazione per i prodotti già immessi in libera pratica, disponendone la confisca.

Art. 18= introduce obblighi specifici per i prodotti della pesca e gli oli d’oliva

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

4° FASE: modifiche d.l 135/09

L’art. 17 è stato successivamente riscritto per l’opposizione di Confindustria ed il rischio dell’avvio di una procedura di infrazione in sede comunitaria:

>> ART. 16 d.l. 135/09

- specifica il concetto di “prodotto interamente realizzato in Italia” e gli estende la disciplina sanzionatoria di cui all’art. 517 c.p.

- estende la disciplina della l. 350/03 ai marchi differenziandone però la tutela (> sanzione amministrativa in luogo del reato).

- specifica la disciplina della confisca dei prodotti irregolari

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

“1. Si intende realizzato interamente in Italia il prodotto o la merce, classificabile come made in Italy ai sensi della normativa vigente, e per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano.

2. Con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, per le politiche europee e per la semplificazione normativa, possono essere definite le modalità di applicazione del comma 1.”

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

Osservazioni:

1) l’indicazione non si riferisce al c.d. “marchio made in Italy” di cui alla l. 350/03, ma all’utilizzo di claims con la scritta in questione;

esempio:

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

Osservazioni:

1) Di cosa si occupa questo primo comma?

Riferimento: PRODOTTO INTERAMENTE REALIZZATO IN IT.

La norma vuole dare una definizione di cosa si intenda per prodotto interamente italiano.

Per inciso richiama il concetto di Made in Italy, ma solo come “CLASSIFICAZIONE”, non come aspetto sostanziale

(> non integra la definizione con fonti diverse).

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

Osservazioni:

2) Di cosa si occupa questo primo comma?

È possibile che questo 1° comma voglia dettare una disciplina positiva del termine “Made in Italy”?

Per risolvere il dubbio occorre fare riferimento alla normativa europea che regola l’attribuzione dell’origine sul piano doganale

Art. 16

Vuole regolare SOLO le indicazioni tipo 100%...

Vuole dettare una definizione di Made in...

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

Art. 23 Codice doganale:

1. Sono originarie di un paese le merci interamente ottenute in tale paese.2. Per merci interamente ottenute in un paese s'intendono: (…)b) i prodotti del regno vegetale ivi raccolti;c) gli animali vivi, ivi nati ed allevati;d) i prodotti che provengono da animali vivi, ivi allevati;e) i prodotti della caccia e della pesca ivi praticate;f) i prodotti della pesca marittima e gli altri prodotti estratti dal mare, al di fuori delle acque territoriali di un paese, da navi immatricolate o registrate in tale paese e battenti bandiera del medesimo;g) le merci ottenute a bordo di navi-officina utilizzando prodotti di cui alla lettera f), originari di tale paese, sempreché tali navi-officina siano immatricolate o registrate in detto paese e ne battano la bandiera;j) le merci ivi ottenute esclusivamente dalle merci di cui alle lettere da a) ad i) o dai loro derivati, in qualsiasi stadio essi si trovino.

= nel codice doganale interamente ottenuto significa 100% (anche materia prima)

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

Art. 24 Codice doganale:

“Una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi èoriginaria del paese in cui è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata inun'impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione”.

NB= questa fattispecie è diversa dalla precedente. Non si tratta di PRODOTTO INTERAMENTE ORIGINARIO DI… ma di un prodotto ottenuto in Paesi differenti, per il quale si debba stabilire la semplice ORIGINE.

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

specificazioni contenute nel regolamento 2454/93 CE della Commissione (artt. 35 e ss.).Art. 37 > trasformazioni sufficienti all’attribuzione doganale: quelle che hanno l’effetto di classificare i prodotti ottenuti in una voce della nomenclatura combinata diversa da quella relativa a ciascuno dei prodotti non originari utilizzati (c.d. “cambio della voce doganale);

Art. 38 > non rientrano in questa categoria le manipolazioni finalizzate alla conservazione dei prodotti per il trasporto o il magazzinaggio, vagliatura, cernita, confezionamento etc.

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

Alla luce delle indicazioni contenute nel Codice Doganale Comunitario si può ritenere che l’art. 16 co. 1 INTENDA DISCIPLINARE SOLO UN ASPETTO BEN DELIMITATO DEL MADE IN… (ossia il 100%…) e NON L’INTERO MADE IN… (che può essere utilizzato anche solo per l’ultima trasformazione sostanziale).

Made in Italy

100% IT.

Formaggio così realizzato:

cagliata tedesca, trasformazione in

PROVOLA

con stagionatura in Italia

Prodotto interamente realizzato in Italia

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

Accanto al richiamo della normativa vigente l’art. 16 dl135/09

2. > Come definisce il concetto di “interamente prodotto in…”?

per essere interamente realizzato in Italia il prodotto deve essere stato

> disegnato

> progettato

> lavorato

> confezionato

IN ITALIA

NON SI FA ALCUN CENNO ALLA MATERIA PRIMA

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Il Made in Italy nella nuova disciplina

4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

1° PROBLEMA INTERPRETATIVO:

Il co. 1 art. 16 vuole introdurre una nozione autonoma di “prodotto interamente realizzato in…”?

Se l’inciso “classificabile come…” non consente di integrare la definizione è evidente l’AUTONOMIA della norma, NON SUPERABILE PER VIA INTERPRETATIVA.

Io posso dire “prodotto interamente realizzato in Italia” anche se la materia prima è estera, purché la filiera progettuale e realizzativa sia tutta italiana.

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

1° PROBLEMA INTERPRETATIVO:

esempi:

PASTA realizzata e confezionata in Italia, con grano estero è PASTA INTERAMENTE REALIZZATA IN ITALIA

Però per assurdo:

Aranciata realizzata in Italia, con Arance di Sicilia ed ingredienti italiani, confezionata in Francia… NON E’ ARANCIATA INTERAMENTE ITALIANA…

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

2° PROBLEMA INTERPRETATIVO:

è ammissibile questa disciplina?

2 POSSIBILI PROBLEMI:

A) CONTRASTO CON DEFINIZIONE DEL CODICE DOGANALE;

B) CONTRASTO CON DISCIPLINA SULLA PUBBLICITA’, e, per il nostro settore, l’etichettatura (dir. 2005/29 CE + DIR. 2000/13 CE).

Il Codice Doganale Comunitario diventa criterio guida per le aspettative.

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

1) CONCETTO DI “PRODOTTO INTERAMENTE IN...”:

3° PROBLEMA INTERPRETATIVO:

La disposizione di cui al co. 1 può esplicare già oggi una qualche forma di efficacia?

Il Co. 2 ne condiziona l’applicazione ai decreti attuativi (sospensione), ma la norma, dettando un criterio interpretativo, potrebbe dispiegare già oggi alcuni effetti in funzione della normativa vigente, che è sul punto “aperta” a soluzioni differenti (vedi giurisprudenza di Cassazione su Made in Italy)

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

2) SANZIONI E DISCIPLINA “100 % ITALIANO”

Il co. 4 del D.L. 135/09 recita:

“Chiunque fa uso di un'indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, quale «100% made in Italy», «100% Italia», «tutto italiano», in qualunque lingua espressa, o altra che sia analogamente idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione, al di fuori dei presupposti previsti nei commi 1 e 2, e' punito, ferme restando le diverse sanzioni applicabili sulla base della normativa vigente, con le pene previste dall'articolo 517 del codice penale, aumentate di un terzo”.

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

2) SANZIONI E DISCIPLINA “100 % ITALIANO”

Il co. 3 del D.L. 135/09 recita:

“Ai fini dell'applicazione del comma 4, per uso dell'indicazione di vendita o del marchio si intende la utilizzazione a fini di comunicazione commerciale ovvero l'apposizione degli stessi sul prodotto o sulla confezione di vendita o sulla merce dalla presentazione in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e fino alla vendita al dettaglio”.

Problema di coordinamento: il co. 4 non parla di marchio. Ne parla il co. 5… Probabilmente il Legislatore voleva riferire il chiarimento ad entrambe i commi.

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

2) SANZIONI E DISCIPLINA “100 % ITALIANO”

1° PROBLEMA INTERPRETATIVO:

Il co. 4 introduce una fattispecie diversa dal co. 1?

Il fatto che nell’esemplificazione il concetto di “Made in Italy” sia stato omesso sembrerebbe differenziare le due ipotesi.

La relazione di accompagnamento della norma alla Camera cita le dichiarazioni del Ministro delle politiche comunitarie, che sembrerebbe confermare la distinzione della fattispecie.

In quest’ottica:

made in Italy = anche con materie prime differenti.

100% Italia= tutto italiano.

>> ipotesi che giustificherebbe la duplicazione della disciplina.

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

2) SANZIONI E DISCIPLINA “100 % ITALIANO”

1° PROBLEMA INTERPRETATIVO:

Tuttavia il co. 4 reca con sé un inciso importante:

“al di fuori dei presupposti previsti dai commi 1 e 2”.

Il riferimento è chiaro, e trasforma il co. 4 in una SEMPLICE NORMA SANZIONATORIA DELLA VIOLAZIONE DEL CO. 1-2.

>>Chi viola le regole sul Made in Italy dettate dal co. 1 e 2 è punito con il 517 c.p.

N.B.= coincide anche la definizione “realizzazione interamente in Italia”

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

2) SANZIONI E DISCIPLINA “100 % ITALIANO”

2° PROBLEMA INTERPRETATIVO:

Quali segni, figure o diciture possono essere analogamente idonee ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto?

L’interpretazione è aperta e deve essere declinata caso per caso.

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

2) SANZIONI E DISCIPLINA “100 % ITALIANO”

2° PROBLEMA INTERPRETATIVO:

> Utilizzo di denominazioni di vendita dal significato esplicito

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

2) SANZIONI E DISCIPLINA “100 % ITALIANO”

2° PROBLEMA INTERPRETATIVO:

> Utilizzo di CLAIMS o SIMBOLI

Prodotto italiano

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2) SANZIONI E DISCIPLINA “100 % ITALIANO”

2° PROBLEMA INTERPRETATIVO:

> Inserimento combinato di immagini, claims e simboli

Richiamo monumenti italiani (torre di Pisa)

Bollino “all’italiana Authentic italian”

Marchio allusivo

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3) SANZIONI E DISCIPLINA “100 % ITALIANO”

Sanzioni:

1) quelle previste dall’art. 517 c.p. aumentate di un terzo ( co. 4 d.l. 135/09) =

l. 99/09 > fino a due anni di reclusione e 20.000 euro di multa

>> diventa >> fino a 2 anni e 8 mesi di reclusione + 26.000,00 euro di multa

2) ferme restando le diverse sanzioni applicabili (co. 4 d.l. 135/09)

>> Agcm per pubblicità ingannevole

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4) MODIFICA L. 350/03Co. 5 - 6 d.l. 135/09:

“All'articolo 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo le parole: «pratiche commerciali ingannevoli» sono inserite le seguenti: «, fatto salvo quanto previsto dal comma 49-bis,».

6. Dopo il comma 49 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono aggiunti i seguenti:

"49-bis - Costituisce fallace indicazione l'uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull'origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull'origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Il contravventore e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000.

49-ter. E' sempre disposta la confisca amministrativa del prodotto o della merce di cui al comma 49-bis, salvo che le indicazioni ivi previste siano apposte, a cura e spese del titolare o del licenziatario responsabile dell'illecito, sul prodotto o sulla confezione o sui documenti di corredo per il consumatore.»”.

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

4) MODIFICA L. 350/031° INCLUSIONE DEL MARCHIO NEGLI ELEMENTI DA VALUTARE

I co. 5- 6 INCLUDONO IL MARCHIO fra gli elementi di possibile ingannevolezza da valutare ai fini della sanzionabilità della condotta.

> FINALITA’: evitare che l’uso malizioso del marchio possa trarre in inganno il consumatore sull’origine del prodotto.

Nel ns. settore riferimento normativo possibile: art. 2 dir. 2000/13 CE

> STRUMENTO: obbligo di accompagnare il marchio con EVIDENTI E PRECISE INDICAZIONI SULL’ORIGINE.

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4) MODIFICA L. 350/031° INCLUSIONE DEL MARCHIO NEGLI ELEMENTI DA VALUTARE

In pratica si impone, anche in caso di licenza, la modifica dell’etichetta a prescindere dalla localizzazione del licenziatario.

>> CGE 25.4.1985, C-207/83, Comm.ne c. Regno Unito

> è vietato agli Stati imporre l’indicazione dell’origine nell’etichetta. È consentito regolare le indicazioni nell’interesse dei consumatori (tutela lealtà commerciale)

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4) MODIFICA L. 350/031° INCLUSIONE DEL MARCHIO NEGLI ELEMENTI DA VALUTARE

È sicuramente un ostacolo alla circolazione dei marchi (e delle merci).

Può essere giustificato da ragioni attinenti la lealtà commerciale?

>> PROPORZIONALITA’

>> IL CONSUMATORE HA INTERESSE A CONOSCERE COMUNQUE L’ORIGINE DEL PRODOTTO???

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4) MODIFICA L. 350/032° PER IL NOSTRO SETTORE:

Coordinamento con la normativa alimentare.

Etichettatura = armonizzata. Divieto di iniziative individuali degli Stati.

Introduzione di un obbligo di indicazione di origine addizionale?

Se leggiamo l’art. 2 dir. 2000/13 CE in modo autonomo rispetto all’art. 3 la norma si trasforma in un obbligo non previsto dalla direttiva…

Ogni qualvolta c’è un marchio che richiama l’Italia >> obbligo di indicazione di origine...

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4) MODIFICA L. 350/033° NOTIFICA?

Dir. 98/34 CE: impone l’obbligo di notifica di tutte le “norme e regole tecniche” capaci di incidere sulla circolazione delle merci«regola tecnica»: una specificazione tecnica o altro requisito o una regola relativa ai servizi, comprese le disposizioni amministrative che ad esse si applicano, la cui osservanza è obbligatoria, de jure o de facto, per la commercializzazione, la prestazione di servizi, lo stabilimento di un fornitore di servizi o l'utilizzo degli stessi in uno Stato membro o in una parte importante di esso, nonché, fatte salve quelle di cui all'articolo 10, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che vietano la fabbricazione, l'importazione, la commercializzazione o l'utilizzo di un prodotto oppure la prestazione o l'utilizzo di un servizio o lo stabilimento come fornitore di servizi.

Le disposizioni del d.l. 135/09 sembrano includere la fattispecie.

Se la norma non è stata notificata è inefficace.

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4° FASE: modifiche d.l 135/09

4) MODIFICA L. 350/03ATTUALE PRASSI APPLICATIVA

L’Agenzia delle dogane sta sanzionando anche il marchio generico non accompagnato da indicazioni sull’origine o documento di cui alla circolare MAP sull’impegno ad integrare prima della commercializzazione l’imballo

rubino

Interpretazione restrittiva della norma

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5) SANZIONI PER VIOLAZIONI CO. 5 - 6

1) TRATTAMENTO DIFFERENZIATO DALLE ALTRE IPOTESI:

>> Viene introdotta una sanzione amministrativa in caso di uso fallace del marchio:

da 10.000 a 250.000 euro (problema dell’accertamento del dolo)

2) VIENE DISPOSTA LA CONFISCA DELLA MERCE IRREGOLARE, salvo sanatoria amministrativa a cura e spese del responsabile prima della vendita al consumatore

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Documentazione citata disponibile on line su www.alimenservice.it