Lezione 6 - Edizioni scolastiche · In questa lezione ci occuperemo del terzo settore. ... («Legge...

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1 PERCORSO B Le società Percorso B Le società N S O E Lezione 6 Il terzo settore Cosa studieremo In questa lezione ci occuperemo del terzo settore. Per esso si intendono le orga- nizzazioni di volontariato, ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale), associazioni di promozione sociale ed in genere i soggetti privati che esercitano il loro operato in campo socio-assistenziale, sanitario e culturale i quali producono beni e servizi di interesse collettivo senza alcuna finalità di lucro. L’attività di detti organismi riceve legittimazione in primis dalla Costituzione che all’articolo 38, comma 5, stabilisce che l’assistenza privata è libera. Studieremo quindi i principali attori del terzo settore, cioè associazioni di volon- tariato, ONLUS e imprese sociali. Prerequisiti • Conoscere la disciplina generale degli enti di fatto. • Conoscere il significato di attività svolta a scopo di lucro. Conoscenze e abilità Conoscere l’ambito del privato sociale e il suo apporto all’interesse collettivo. Comprendere il significato della qualifica ONLUS.

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Lezione 6Il terzo settore

Cosa studieremoIn questa lezione ci occuperemo del terzo settore. Per esso si intendono le orga-nizzazioni di volontariato, ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale), associazioni di promozione sociale ed in genere i soggetti privati che esercitano il loro operato in campo socio-assistenziale, sanitario e culturale i quali producono beni e servizi di interesse collettivo senza alcuna finalità di lucro.L’attività di detti organismi riceve legittimazione in primis dalla Costituzione che all’articolo 38, comma 5, stabilisce che l’assistenza privata è libera. Studieremo quindi i principali attori del terzo settore, cioè associazioni di volon-tariato, ONLUS e imprese sociali.

Prerequisiti• Conoscere la disciplina generale degli enti di fatto.• Conoscere il significato di attività svolta a scopo di lucro.

Conoscenze e abilità• Conoscere l’ambito del privato sociale e il suo apporto all’interesse collettivo.• Comprendere il significato della qualifica ONLUS.

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1 Il terzo settore

I principali organismi che operano nel terzo settore Il cd. terzo settore (o privato sociale) è costituito dalle organiz-zazioni di volontariato, ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale), associazioni di promozione sociale etc. ed in genere dai soggetti privati che operano in campo socio-assisten-ziale, sanitario e culturale e che producono beni e servizi di in-teresse collettivo senza alcuna finalità di lucro.L’attività svolta da tali organismi, che si integra nel sistema di interventi pubblici, riceve la sua legittimazione già dalla Costi-tuzione che, all’art. 38, co. 5, stabilisce espressamente che «l’assistenza privata è libera».L’art. 5 della L. 328/2000 rimette agli enti locali, alle Regioni e

allo Stato, nell’ambito delle risorse disponibili, il compito di promuovere azioni per il sostegno e la quali-ficazione dei soggetti operanti nel terzo settore. In particolare, alle Regioni spetta l’adozione di specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti loca-li e terzo settore e la disciplina delle modalità per valorizzare l’apporto del volontariato nell’erogazione dei servizi.

2 Le organizzazioni di volontariatoLa legge-quadro sul volontariato, L. 11 agosto 1991, n. 266, definisce organizzazione di volontariato ogni organismo liberamente costituito al fine di svolgere attività di volontariato, che si avvalga in modo determinan-te e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti. Ne sono caratteri distintivi:

— l’attività svolta in modo personale, spontaneo e gratuito;— l’assenza di scopo di lucro;— i fini di solidarietà.

Le organizzazioni di volontariato possono assumere qualunque forma giuridica, ma la legge prevede un contenuto obbligatorio dell’accordo di base, nonché un obbligo di formazione del bilancio.L’organizzazione può accedere a contributi pubblici, stipulare convenzioni e beneficiare di agevolazioni fiscali: queste prerogative sono subordinate all’iscrizione nei registri generali delle organizzazioni di volon-tariato, tenuti dalle Regioni e dalle Province autonome.Le risorse economiche sono ricavate dai contributi degli aderenti, dei privati, dello Stato o altri enti pub-blici, di organismi internazionali etc.

3 Le organizzazioni non lucrative di utilità socialePer ONLUS (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale) non s’intende una nuova figura associativa, ma una qualifica che una fondazione, un comitato, una associazione o un’altra organizzazione può assumere se ricorrono le condizioni indicate nel decreto. Le ONLUS costituiscono, dunque, un’autonoma categoria di enti solo ai fini fiscali essendo destinatarie di una disciplina tributaria di favore.

in pratica

Ne discende che le organizzazioni che compongono il terzo settore si distinguono chiaramente sia dal settore pubblico (primo settore), in quanto, pur ero-gando servizi di natura collettiva, hanno natura giu-ridica privata, sia dall’economia di mercato (secondo settore), per l’assenza dello scopo di lucro dell’attivi-tà esercitata.

in pratica

Si pensi ad esempio all’introduzione dell’istituto del 5 per mille per incentivare l’attività svolta dai soggetti che operano nel privato sociale, consistente nella possibilità per il contribuente di destinare, all’atto della dichiarazione dei redditi, una quota pari al 5 per mille dell’IRPEF (impo-sta sul reddito delle persone fisiche) per sostenere l’attività svolta da una serie di soggetti operanti nel privato sociale, indicando l’organizzazione cui destinare il contributo. Previsto per la prima volta in via sperimentale dalla L. 266/2005, è stato successivamente più volte prorogato.

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Possono assumere tale qualifica gli enti che perseguono esclusivamente finalità di solidarietà sociale e che svolgono attività in uno o più dei settori indicati dall’art. 10 del D.Lgs. 4-12-1997, n. 460 (assistenza, be-neficenza, istruzione etc.).Per finalità di solidarietà sociale si intende che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi relative all’atti-vità dell’associazione sono effettuate o a favore di propri soci, associati o partecipanti o nei settori dell’as-sistenza sociale, beneficenza, tutela del patrimonio artistico ecc.Alcuni soggetti sono considerati automaticamente ONLUS; si tratta degli organismi di volontariato, delle organizzazioni non governative e delle cooperative sociali. È tuttavia fatto salvo il regime di maggior favo-re eventualmente contenuto nelle leggi che disciplinano detti soggetti i quali, pertanto, possono scegliere quale normativa tributaria applicare.

4 L’impresa sociale

Nozione e tipologieIl D.Lgs. 24-3-2006, n. 155 ha introdotto la nuova figura dell’impresa sociale. Si tratta di un provvedimento particolarmente importante, poiché per la prima volta la nozione di «impre-sa» viene sganciata dal profitto e viene disciplinata in maniera organica l’impresa senza scopo di lucro.In sostanza, si ammette la possibilità di prevedere strutture imprenditoriali che perseguono finalità diverse da quelle del profitto: siamo in presenza di enti imprenditoriali privi del carattere lucrativo tipico dell’im-prenditore commerciale, sostituito dalla finalità di utilità sociale e di interesse collettivo.

Il D.Lgs. 155/2006 prevede due tipologie di impresa sociale, a seconda del tipo di attività esercitata e dei soggetti da inserire dal punto di vista lavorativo. In particolare:

1) possono acquisire la qualifica di «impresa sociale» le organizzazioni private, comprese le società e gli enti di cui al libro V del codice civile che esercitano, in via stabile e principale, un’attività economica organizzata per la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale con finalità di interesse generale, e che sono in possesso dei requisiti richiesti dal D.Lgs. 155/2006;

in pratica

Ai sensi dell’art. 2, comma 1, D.Lgs. 155/2006, si considerano «beni e servizi di utilità sociale» quelli prodotti o scambiati nei seguenti settori:— assistenza sociale, ai sensi della L. 8-11-2000, n. 328 («Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali»); — assistenza sanitaria, per l’erogazione delle prestazione di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29-11-2001 («Definizione

dei livelli essenziali di assistenza»); — assistenza socio-sanitaria, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14-2-2001 («Atto di indirizzo e coordinamento

in materia di prestazioni socio-sanitarie»); — educazione, istruzione e formazione, ai sensi della L. 28-3-2003, n. 53 («Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istru-

zione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale»); — tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ai sensi della L. 15-12-2004, n. 308 («Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’inte-

grazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione»), con esclusione delle attività, esercitate abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;

— valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi del D.Lgs. 22-1-2004, n. 42 («Codice dei beni culturali e del paesaggio»); — turismo sociale, di cui all’art. 7, comma 10, L. 29-3-2001, n. 135 («Riforma della legislazione nazionale del turismo»); — formazione universitaria e post-universitaria; — ricerca ed erogazione di servizi culturali; — formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo; — servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al settanta per cento da organizzazioni che esercitano un’impre-

sa sociale.Lo svolgimento di un’attività nei settori sopra indicati deve essere prevalente («attività principale», come indicato dall’art. 1), nel senso che i ricavi che si traggono da essa devono essere superiori al 70% dei ricavi complessivi dell’organizzazione che esercita l’impresa sociale (art. 2, comma 3, D.Lgs. 155/2006).Da questa elencazione emerge che l’ambito operativo dell’impresa sociale è più ampio di quello delle ONLUS, ricomprendendo quanti più settori possibili del non profit.

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2) indipendentemente dal settore di attività, possono acquisire la qualifica di «impresa sociale» le imprese che esercitano attività al fine dell’inserimento lavorativo di soggetti che siano lavoratori svantaggiati o lavoratori disabili. Tali lavoratori devono essere in misura non inferiore al 30% dei lavoratori impiegati nell’impresa.

Costituzione e amministrazioneAi sensi dell’art. 5 D.Lgs. 155/2006, l’impresa sociale si costituisce con atto pubblico, che deve espressa-mente indicare, oltre a quanto specificamente previsto per ciascun tipo di organizzazione, il carattere so-ciale dell’impresa, ed in particolare:

— l’oggetto sociale;— l’assenza di scopo di lucro.

Per poter acquisire la qualifica di impresa sociale l’organizzazione deve essere iscritta in un’apposita se-zione del registro delle imprese e in forma telematica.Se un’amministrazione pubblica o un ente for profit (finalizzato al profitto) partecipa a un’impresa sociale non può detenere il controllo o la direzione. Nel caso di decisione assunta con il voto o l’influenza deter-minante di uno di tali soggetti, il relativo atto è annullabile e può essere impugnato entro il termine di 180 giorni, anche da parte del Ministero del lavoro.

Scopo non lucrativo e responsabilità patrimonialeL’impresa sociale può assumere la veste giuridica più diversa (società commerciale, associazione, fonda-zione etc.), per cui è senz’altro configurabile, ad esempio, una s.p.a. senza scopo di lucro che persegue finalità di utilità sociale e di interesse collettivo.

L’assenza di scopo di lucro è il tratto caratterizzante dell’impresa sociale. In proposito:

— gli utili e gli avanzi di gestione devono essere destinati allo svolgimento delle attività statutarie (art. 3 D.Lgs. 155/2006);

— in caso di cessazione dell’impresa, il patrimonio residuo è devoluto ad enti similari (organizzazioni non lucrative di utilità sociale, associazioni, comitati, fondazioni ed enti ecclesiastici), secondo le norme statutarie (art. 13, comma 3, D.Lgs. 155/2006).

Per assicurare l’effettivo perseguimento di finalità sociali non lucrative, il D.Lgs. 155/2006 precisa oppor-tunamente che le imprese private con finalità lucrative e le amministrazioni pubbliche non possono eserci-tare attività di direzione e detenere il controllo di un’impresa sociale.Per quanto riguarda, poi, il regime della responsabilità patrimoniale, l’art. 6 prevede un sistema di respon-sabilità limitata per le imprese sociali il cui patrimonio è superiore a 20.000 euro, stabilendo che in tal caso «delle obbligazioni assunte risponde soltanto l’organizzazione con il suo patrimonio». Al comma 2 dell’art. 6, analogamente a quanto previsto per le società di capitali, si prevede che tale re-sponsabilità limitata viene meno quando risulta che, in conseguenza di perdite, il patrimonio è diminuito di oltre 1/3, nel qual caso delle obbligazioni assunte rispondono personalmente e solidalmente anche coloro che hanno agito in nome e per conto dell’impresa.

5 Le associazioni di promozione socialeLe associazioni di promozione sociale sono associazioni, movimenti o gruppi costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati (art. 2, L. 7-12-2000, n. 383).Le fonti di finanziamento di tali associazioni sono indicate all’art. 4: quote e contributi degli associati; eredità, donazioni e legati; contributi pubblici; entrate derivanti da prestazioni di servizi convenzionati; proventi delle cessioni di beni e servizi agli associati e a terzi, anche attraverso lo svolgimento di attività economiche svolte in maniera ausiliaria e sussidiaria e comunque finalizzate al raggiungimento degli obiet-tivi istituzionali; erogazioni liberali; altre entrate derivanti da iniziative di autofinanziamento.

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O E riePilogo

Il terzo settore è composto dalle organizzazioni di volontariato, dalle associazioni di promozione sociale ed in genere dai soggetti privati che operano in campo socio-assistenziale, sanitario e culturale e che producono beni e servizi di interesse collettivo senza fina-lità di lucro.

Le organizzazioni di volontariato sono organismi liberamente costituiti per svolgere attività di volontariato, che si avvalgono in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti.

Le fondazioni, associazioni, comitati o altre organizzazioni le quali perseguono esclusivamente fini di solidarietà sociale possono rice-vere, a determinati condizioni, la qualifica di ONLUS.Le associazioni di volontariato e le organizzazioni non governative acquisiscono tale qualifica in modo automatico.

Il D.Lgs. 155/2006 disciplina l’impresa sociale, prevedendo per la prima volta un tipo di impresa che persegue finalità diverse dal profitto.

Infine, le associazioni di promozione sociale svolgono attività di utilità sociale senza fine di lucro, nel rispetto della libertà e dignità degli associati.

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verifiche sommative

a) Rispondi alle seguenti domande utilizzando lo spazio a disposizione:

1 • Quali sono i principali organismi che operano nel terzo settore?

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2 • Come definiresti le organizzazioni di volontariato?

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3 • Cosa si intende per ONLUS?

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4 • Quante tipologie di impresa sociale prevede la legge?

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5 • Cosa sono le associazioni di promozione sociale?

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b) Scegli la lettera cui corrisponde la risposta esatta:

1 • Cosa si intende, ai sensi della L. 328/2000, per terzo settore?

L’insieme dei soggetti pubblici che operano in campo socio assistenziale, sanitario e cultu-rale e che producono beni e servizi di interesse collettivo (a)L’insieme degli enti locali che operano in campo socio assistenziale, sanitario e culturale e che producono beni e servizi di interesse collettivo (b)L’insieme dei soggetti privati che operano in campo socio assistenziale, sanitario e culturale e che producono beni e servizi di interesse collettivo con finalità di lucro (c)L’insieme dei soggetti privati che operano in campo socio assistenziale, sanitario e culturale e che producono beni e servizi di interesse collettivo senza alcuna finalità di lucro (d)

Lezione 6 • Il terzo settore    area operativa    verifiche sommative

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2 • Quale articolo della Costituzione prevede che l’assistenza privata è libera?

Art. 38 (a)Art. 12 (b)Art. 1 (c)Art. 32 (d)

3 • L’attività è svolta in modo personale, spontaneo e gratuito nelle:

S.n.c. (a)Imprese sociali (b)Organizzazioni di volontariato (c)Società cooperative (d)

c) Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere o false, spiegandone il motivo:

1 • Il terzo settore indica l’ambito privato sociale (V)  (F)perché

2 • Le organizzazioni di volontariato non possono assumere qualunque forma giuridica (V)  (F)perché

3 • L’impresa sociale si costituisce con atto pubblico (V)  (F)perché

4 • Nelle imprese sociali con capitale superiore ai 10.000 euro delle obbligazioni risponde solo l’organizzazione con il suo patrimonio (V)  (F)

perché

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verifiche d’ecceLLenza

Meno Welfare, l’Italia è una repubblica fondata sul volontariato«Oggi in Italia le presta-zioni dello Stato sociale sono assicurate dalla fa-miglia e dal Volontaria-to». Questa affermazione si sente ormai in manie-ra sempre più insistente e frequente.Ma è vera o è solo una per-cezione diffusa non ba-sata tuttavia su dati reali? Lasciamo da parte il pri-mo termine del binomio perchè il tema della fa-miglia, del sostegno fami-liare, delle dinamiche tra giovani e anziani, tra red-diti e rendite è molto arti-colato e arduo da dipana-re e puntiamo, invece, la nostra attenzione sul mon-do del Volontariato. Prima di tutto dobbiamo capire bene cosa intendiamo de-finire con questo termine.In Italia ci sono moltissi-me Associazioni (in gene-re no profit), volte alla pro-duzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva, basate su per-sone che ad esse dedica-no volontariamente e sen-za retribuzione tutto o par-te del proprio tempo. Tali Associazioni vengono co-munemente chiamate con il nome di «Terzo settore».Considerate tutte insie-me ed escludendo tutti i loro dipendenti stipendia-ti, è stata stimata nell’an-no 2010 una base di cir-ca 6,5 milioni di persone di età superiore ai 14 anni coinvolta in varia misura e con vario impegno tem-porale nelle attività di vo-lontariato.

È interessante osservare come nel decennio 2001 – 2010 l’andamento del nu-mero di Volontari abbia re-gistrato un incremento di circa 1,2 milioni di unità, pari al 17,9%, nonostante che in alcuni anni (2002, 2006, 2008) si sia verifi-cato un lieve decremen-to rispetto all’anno pre-cedente.La sensibilità verso il fe-nomeno del Volontariato rivela una diversa intensi-tà in Italia e analizzando i dati delle tre aree geogra-fiche, in cui si ripartisce il Paese, risulta in modo evi-dente che, per tutti i 10 anni considerati, essa è molto più diffusa nel Nord e decresce man mano che si passa dal Centro al Sud.In tali anni, difatti, l’in-cremento dell’Indice di penetrazione dei volon-tari rispetto alla popola-zione oltre i 14 anni del-le diverse grandi Riparti-zioni geografiche italiane evidenzia, non solo, una partecipazione del Meri-dione all’incirca pari alla metà di quella che si ma-nifesta nel Settentrione e un Centro baricentrico ri-spetto alle precedenti due aree, ma anche linee ten-denziali di crescita che determinano una situa-zione di sviluppo genera-le del fenomeno a livello Italia nel periodo conside-rato (+ 1,6 punti), ma a rit-mi differenziati tra Nord (2 punti), Centro (1,7 punti) e Sud (1 punto), senza una modificazione del gap tra

aree, che rimane invaria-to nell’arco dei 10 anni di osservazione.Dall’ultimo Censimen-to Istat sul Terzo Setto-re del 2003, risulta che l’età media dei Volontari tende a salire. Così, men-tre il peso delle due clas-si di età comprese tra 30 e 54 anni e oltre i 54, dal 1995 al 2003 passa, ri-spettivamente, dal 39,3% al 41,1% e dal 30,4% al 36,8%, la fascia di coloro che si collocano al di sot-to dei 30 anni scende dal 30,4% al 22,1%.Sempre nell’ambito di tale Censimento è anche inte-ressante vedere come è distribuito il numero del-le associazioni di volonta-riato in funzione delle spe-cifiche finalità per le quali esse operano.La maggior parte delle As-sociazioni è concentrata nei settori della Sanità e dell’Assistenza sociale e, nell’arco di tempo esami-nato, il peso di queste due categorie è in diminuzio-ne rispetto alle altre che sono, invece, in crescita.Inoltre, il numero totale delle associazioni è cre-sciuto da 8.343 a 21.021 con un incremento di cir-ca il 152%, in appena 8 anni, confermando come il Volontariato stia sempre più assumendo un ruo-lo significativo nel setto-re sociale.Parallelamente a quanto sta accadendo nel mondo del Volontariato, nella ge-stione dello Stato Sociale

si sta, invece, verificando un progressivo e sempre più netto disimpegno da parte delle Istituzioni pub-bliche, sia a livello centra-le che periferico.[…] Nel periodo dal 2001 al 2012 il totale degli stan-ziamenti per i vari Fondi è in netto calo passando da 1.115 milioni a 193 mi-lioni, con un decremen-to di circa l’83%. E’ inte-ressante notare come tale tendenza a decrescere ab-bia subito una notevole in-versione di segno solo ne-gli anni dal 2006 al 2007.Un’ulteriore conferma di tale tendenza è possibi-le riscontrarla negli stan-ziamenti per le prestazio-ni di tutela contro la po-vertà (es. assegni sociali, bonus incapienti, fondo usura) che, negli anni dal 2007 al 2009, sono pas-sati da 7.127 a 5.562 mi-lioni con un decremen-to pari al 22% (fonte: Mi-nistero del Lavoro e del-le Politiche Sociali – nota sull’analisi della spesa so-ciale in Italia).In conclusione, nell’ul-timo decennio è iniziata una progressiva e sempre più accelerata tendenza ad un disimpegno da par-te dello Stato nei confron-ti degli interventi a soste-gno della parte più disa-giata della popolazione e dei settori che fanno tradi-zionalmente parte del co-siddetto Stato sociale.Parallelamente è evidente come il Terzo settore, e in generale il mondo del Vo-

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lontariato, sia cresciuto in maniera massiccia, sia in termini numerici che eco-nomici, per compensare il continuo disimpegno da parte dello Stato. Ne conse-gue, quindi, che l’afferma-zione riportata all’inizio di questo Articolo non è solo

una semplice percezione diffusa, ma un dato di fatto tangibile e reale che, con il passare degli anni, sta di-ventando sempre più vero. Tuttavia, è altresì evidente come l’assenza di un co-ordinamento nelle attivi-tà svolte dal Terzo Settore

e l’estrema frammentazio-ne delle associazioni che vi operano, faccia sì che il grande sforzo compiuto dal mondo del Volontariato possa sopperire solo in par-te – e forse in modo meno efficiente e efficace di quan-to potrebbe – alle carenze e

alle lacune lasciate dal pro-gressivo e sempre più velo-ce disimpegno dello Stato nel prendersi cura dei bi-sogni sociali degli Italiani.

(di F. Vespignani e e. Farne-ti, Il fatto quotidiano, 16 dicembre 2012)

a)  Come viene definito, nell’articolo appena letto, il terzo settore?b)  Negli ultimi dieci anni si è notato un aumento o una diminuzione del numero di volontari?c)  Qual è, invece, la situazione nell’ambito della gestione dello Stato sociale?d) Qual è la conclusione alla quale arrivano gli Autori dell’articolo?

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verifiche di recupero

Sviluppa il seguente argomentoSpiega cosa è l’impresa sociale, evidenziandone in particolare lo scopo non lucrativo e il regime di responsabi-lità patrimoniale.

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RicercaFai una ricerca in Internet delle ONLUS presenti nella tua città, indicando il settore in cui esse operano e le prin-cipali caratteristiche.

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