L'esigenza educativa

52
L’esigenza educativa PUBBLICAZIONE SCOUT PER EDUCATORI I.R. 2010 3

description

L'esigenza educativa - RS Servire 3-2010

Transcript of L'esigenza educativa

L’esigenza educativa

PUBBLICAZIONE SCOUT PER EDUCATORI

I.R.

20103

S O M M A R I O

L’esigenza educativa

La visione antropologica e il modello educativo dello scautismo Giancarlo Lombardi pag. 1

1. Il tema dell’educazione oggi

La Chiesa e l’“emergenza educativa” don Nicolò Anselmi pag. 5

Se improvvisamente scomparisse l’educazione Saula Sironi pag. 9

Il tema dell’educazione oggi: il mondo degli adulti Maurizio Crippa pag. 11

Scuola: istruzioni per l’uso Gian Maria Zanoni pag. 13

L’educazione dell’altro mondo Laura Galimberti pag. 16

2. I gesti e lo stile dell’educazione Stefano Pirovano pag. 19

3. Lettura antriopologica cristiana emondo dell’educazione fra Giacomo Grasso o.p. pag. 22

4. Pensare il futuro dello scautismo Franco La Ferla pag. 29

“Cento anni di scautismo: l’impegno per l’educazione dei giovani continua” pag. 33

5. Siamo ancora vivi... ed in buona salute! Davide Magatti, p. Davide Brasca pag. 41

6. L’educazione al tempo di Facebook Roberto Cociancich pag.45

interessante e importante notare chequando si parla di “educazione” deibambini e dei giovani nessuno nor-malmente solleva obiezioni sulla suaimportanza. Si discute molto di crisidella educazione, di mancata educazio-

ne, di difficoltà di educare nelle famiglie e nelle scuole, manessuno ne mette in discussione l’utilità e la doverosità.“Oggi la scuola non educa più…”, “oggi le famiglie nonsanno educare...”, “la società di oggi è diseducativa…”: ildibattito sulla realtà e sulle cause è talvolta appassionato mararamente si pone con chiarezza e rigore il problema “diquale educazione stiamo parlando?”La risposta a questa domanda si dà in larga misura perscontata, ma scontata non lo è davvero se si guardano an-che i più banali comportamenti educativi.Il professore in classe dice di non accendere il telefoninoe di rispettare una disciplina, ma i genitori difendono l’a-lunno che contesta; i genitori insegnano ai figli a non as-sumere certi atteggiamenti volgari, ma la TV e il costumepubblico ne abusa largamente, la Chiesa invita alla mori-

geratezza dei costumi ma la società risponde con eccessodi volgarità e di ostentazione, tutti sottolineano l’impor-tanza del rispetto dei poveri e dei bisognosi, ma lo sprecoè nelle abitudini di tutti, talvolta fino all’insolenza.Non parliamo poi della educazione alla pace, alla non vio-lenza, al rispetto degli altri, dei diversi.Appare evidente che i “modelli educativi” sono moltepli-ci, molto spesso contradditori, creando anche gravi pro-blemi di coerenza in chi è impegnato nella educazione deigiovani e constata come questi siano sottoposti non solo astimoli e pressioni contradditori, ma in alcuni casi a vereproposte alternative pur da parte di educatori che dovreb-bero essere “autorevoli” nei loro riguardi.Queste osservazioni sono per sottolineare come al di làdella generale affermazione sulla “importanza della educa-zione”, l’educazione non è neutra e perciò la vera do-manda, come ricordato, è “quale educazione sia impor-tante” e la riflessione debba riguardare proprio i contenu-ti della proposta educativa e non solo genericamente l’im-portanza del rapporto educativo.A questo punto è opportuno notare che se superiamo gli

1

E D I T O R I A L E

La visione antropologica e il modello educativo dello scautismo

È

aspetti più particolari, e oggettivamente meno importanti,della educazione, quelli cioè che spesso sono sintetizzatinel concetto di “buona educazione” e ci concentriamo in-vece sulle scelte più profonde, quelle che riguardano lo sti-le di vita, il rapporto con gli altri, il rapporto con il crea-to, il senso della propria vita, le varie, diverse, proposte edu-cative sono influenzate e anche determinate dalla visioneche si ha dell’uomo, del senso e dello scopo della sua esi-stenza, delle caratteristiche della sua vocazione.In questo senso mi sembra si possa parlare di una “visioneantropologica” che sottostà alle proposte educative piùprofonde, influenzandone i contenuti e le modalità.Quello che voglio sottolineare è che non si dà una veraproposta educativa se non partendo da riferimenti precisia una gerarchia di valori e di convinzioni.Se io non credo in nulla non vedo cosa posso indicare achi educo salvo, come già detto, alcune eventuali normedi “buona educazione”.Anche l’educazione al senso civico implica la convinzio-ne sul valore della cittadinanza e di un rapporto con gli al-tri basato sul rispetto reciproco e sulla accettazione di re-gole che tendono a tutelare il bene comune della pacificaconvivenza.In questa prospettava si pone doverosamente e legittima-mente la domanda su quali siano i fondamenti profondidella proposta educativa dello scautismo stante il fatto chelo scautismo si propone come metodo educativo che coin-volge tutta la persona in tutti i suoi aspetti più profondiper realizzare la sua vocazione.Come è noto Baden-Powell non è partito, nell’ideare loscautismo, da riflessioni filosofiche sulla natura dell’uomoe neppure da visioni pedagogiche teoriche sul modo mi-gliore di influenzarne la crescita, ma è sostanzialmente par-tito da osservazioni concrete cui ha fatto seguire riflessio-ni e scelte. Sicuramente un metodo sperimentale e nonideologico o teorico.

Ma a Baden-Powell non sarebbe stato possibile costruireuna proposta educativa, per le ragioni che precedente-mente ho cercato di evidenziare, se in lui non fosse stataradicata in profondità l’adesione a valori e convinzioni cheha posto alla base della sua proposta educativa. Per questomi sembra si possa parlare correttamente di una “visioneantropologica” dello scautismo intendendo con questo chelo scautismo parte da forti convinzioni sul senso della vi-ta dell’uomo, sulla sua vocazione, sulla modalità di convi-venza fra gli uomini, sul rapporto dell’uomo con la natu-ra. Queste convinzioni sono alla base della proposta edu-cativa scout, che non è certo confessionale, come dimostrala vitale presenza dello scautismo in tanti Paesi di diverseculture e religioni, ma che, a mio avviso, trova nel cristia-nesimo il suo punto profondo di riferimento valoriale.A queste scelte profonde la proposta educativa scout uni-sce forti elementi caratterizzanti che non possono rientra-re come elementi di una visione antropologica, ma chepermettono di individuare una “persona scout” riconosci-bile. La sintesi di tutti questi elementi è espressa con chia-rezza nella Legge e nella Promessa scout, ove sono affer-mati sia i valori più profondi della proposta educativascout, sia le sue scelte caratterizzanti.Evidentemente nella proposta educativa scout B.-P. ha poiportato anche elementi, soprattutto frutto della sua osser-vazione del mondo dei giovani e della società del suo tem-po, che possono essere superati, almeno nella loro formu-lazione, dalla società di oggi. Penso in particolare ai riferi-menti alla sua esperienza militare e alla cultura inglese delsuo tempo.Ma occorre stare molto attenti a non confondere elemen-ti contingenti con i riferimenti profondi, ancorché talvol-ta formulati con uno stile oggi superato. Mi riferisco inparticolare alla Legge scout, punto di riferimento centraleper tutti gli scout del mondo, che talvolta viene modifica-ta, per adeguarla alla cultura dei nostri giorni o di qualche

E D I T O R I A L E

2

3

Paese, non solo nella forma ma anche nella sostanza mo-dificando così elementi essenziali della proposta scout.Il problema non è certo mitizzare testi e parole che sonocertamente datati e possono essere modificati, come cer-tamente sono datate e modificabili certe proposte meto-dologiche e certi esempi educativi, ma è riconoscere che

lo scautismo, nella sua proposta educativa, esprime idee evalori forti da proporre e questi ne costituiscono la ragiond’essere, in assenza dei quali sarebbe difficile parlare con ri-gore di una vera proposta educativa.

Giancarlo Lombardi

E D I T O R I A L E

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

Don Nicolò Anselmi è direttore della pastorale giovanile

della CEI. È stato scout e A.E. regionale.

Gli abbiamo chiesto di illustrare e approfondire per

i lettori di R-S Servire il messaggio di Benedetto XVI°

sul tema dell’educazione.

La Chiesa e l’“emergenza educativa”altri e di dare un senso alla propria vita.Viene spontaneo, allora, incolpare le nuovegenerazioni, come se i bambini che nasconooggi fossero diversi da quelli che nascevanonel passato. Si parla inoltre di una “frattu-ra fra le generazioni”, che certamente esistee pesa, ma che è l’effetto, piuttosto che lacausa, della mancata trasmissione di certez-ze e di valori.Dobbiamo dunque dare la colpa agli adul-ti di oggi, che non sarebbero più capaci dieducare? È forte certamente, sia tra i geni-tori che tra gli insegnanti e in genere tra glieducatori, la tentazione di rinunciare, e an-cor prima il rischio di non comprenderenemmeno quale sia il loro ruolo, o meglio lamissione ad essi affidata. In realtà, sono in

Il 21 gennaio 2008 il Santo Padre Be-nedetto XVI, in occasione di un in-contro con il clero e la città di Roma,ha scritto una lettera sul tema dell’e-ducazione. Nel testo il Papa ha usatol’espressione, oggi diventata famosa, di“emergenza educativa”.

Educare però non è mai stato facile, e oggisembra diventare sempre più difficile. Losanno bene i genitori, gli insegnanti, i sa-cerdoti e tutti coloro che hanno dirette re-sponsabilità educative. Si parla perciò diuna grande “emergenza educativa“, con-fermata dagli insuccessi a cui troppo spessovanno incontro i nostri sforzi per formarepersone solide, capaci di collaborare con gli

5

questione non soltanto le responsabilità per-sonali degli adulti o dei giovani, che pur esi-stono e non devono essere nascoste, ma an-che un’atmosfera diffusa, una mentalità euna forma di cultura che portano a dubita-re del valore della persona umana, del si-gnificato stesso della verità e del bene, in ul-tima analisi della bontà della vita. Diven-ta difficile, allora, trasmettere da una gene-razione all’altra qualcosa di valido e di cer-to, regole di comportamento, obiettivi credi-bili intorno ai quali costruire la propria vi-ta.Cari fratelli e sorelle di Roma, a questopunto vorrei dirvi una parola molto sem-plice: Non temete! Tutte queste difficoltà, in-fatti, non sono insormontabili. Sono piutto-sto, per così dire, il rovescio della medagliadi quel dono grande e prezioso che è la no-stra libertà, con la responsabilità che giusta-mente l’accompagna. A differenza di quan-to avviene in campo tecnico o economico, do-ve i progressi di oggi possono sommarsi aquelli del passato, nell’ambito della forma-zione e della crescita morale delle personenon esiste una simile possibilità di accumu-lazione, perché la libertà dell’uomo è sem-pre nuova e quindi ciascuna persona e cia-scuna generazione deve prendere di nuovo,e in proprio, le sue decisioni. Anche i più

Il tema dell’educazione oggi

La riflessione che si sta sviluppando haalcuni temi portanti; vogliamo qui evi-denziare alcuni aspetti che sembranoessere particolarmente stimolanti.

L’educazione è un compito di tutta la Comunità cristianaUn primo aspetto riguarda la defini-zione del compito educativo come ap-partenente a tutta la comunità cristia-na; l’educazione non può essere dele-gata solo ad alcuni esperti, pur avendobisogno di alcune persone particolar-mente dedicate; in questo senso i geni-tori, gli insegnanti, gli educatori a tuttii livelli sono risorse indispensabili pertutto il processo educativo. Il soggetto della cura dei giovani èquindi la Comunità cristiana; trasmet-tere la Fede alle giovani generazionideve essere una preoccupazione di tut-ti. Ogni membro della comunità cri-stiana, giovani e adulti, chierici e laici,religiosi, uomini e donne, membri diaggregazioni laicali devono avere acuore la vita dei più piccoli, sia di quel-li che già appartengono alla comunitàcristiana sia di quelli che ancora non viappartengono o che da essa se ne sonoallontanati. Sono una molteplicità dipersone, di diversi carismi, di varie sen-sibilità possono riempire il cuore di unragazzo.È lecito a questo punto chiedersi: laComunità cristiana come si costruiscee cosa è?

grandi valori del passato non possono sem-plicemente essere ereditati, vanno fatti nostrie rinnovati attraverso una, spesso sofferta,scelta personale.(lettera del Santo Padre Benedetto XVI al-la diocesi e alla città di Roma sul compitourgente dell’educazione; 21 gennaio 2008)

La sottolineatura fatta dal Papa ha imme-diatamente raccolto una grande quantitàdi consensi, sia all’interno della Chiesache in tutta la società italiana. Il Pontefi-ce ha infatti esplicitato una serie di preoc-cupazioni che già abitano nel cuore dimolti genitori, insegnanti, educatori,adulti attenti al mondo dei giovani.

La situazione giovanile italianaSenza addentrarci in analisi sociologi-che complesse, è facile notare che gliultimi anni hanno visto alcuni profon-di cambiamenti sociali che hannocoinvolto vari aspetti dell’esistenza del-le persone, in particolare delle famiglie;lo stile ed il ritmo di vita è diventatosempre più veloce; sono cambiati i mo-delli di organizzazione del lavoro, si èrapidamente diffuso l’uso di internet edei telefoni cellulari. Accanto ad una grande quantità diaspetti positivi, questi cambiamentihanno portato ad alcuni risultati preoc-cupanti, quali, ad esempio, quello di unindebolimento generalizzato delle rela-zioni ed il prevalere di un certo indivi-dualismo; in queste situazioni le giova-

ni generazioni stanno soffrendo e con-temporaneamente sono alla ricerca disperanza, di significato, di esempi, dimodelli, di amore. Le nuove tecnologie e la facilità di crea-re contatti hanno reso più vicina ai ra-gazzi la possibilità di accedere a realtàdistruttive della persona, a dipendenze ecomportamenti morali capaci di ferireprofondante e la crescita dell’individuo.

L’impegno dei Vescovi italianiIn un contesto di questo tipo, i vescoviitaliani hanno deciso di rilanciare convigore una prassi pastorale educativache comunque, da sempre, ha visto daparte della Chiesa un grande impegno. Le parrocchie, le associazioni, gli orato-ri, le scuole e le università cattoliche,l’opera di una lunga schiera di Santi,hanno sempre contribuito a formarecristiani e cittadini secondo il Vangelo,i valori ed il diritto naturale. La Chiesa che è in Italia nel 2009 haprodotto e pubblicato un rapporto-in-chiesta denominato “La sfida educati-va”, frutto del lavoro e della riflessionedi esperti pedagogisti e teologi.Contemporaneamente, l’AssembleaGenerale dei Vescovi italiani ha decisodi impegnarsi, per il prossimo decen-nio, sul tema dell’educazione. I vescovidesiderano interpretare la volontà edu-cativa di Dio Padre che desidera la fe-licità di tutti i suoi figli, uniti nella per-sona del Figlio Gesù.

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

6

L’Eucarestia domenicaleIl primo luogo in cui si tende visibilee si realizza una vera comunità edu-cante secondo il Vangelo è l’Eucare-stia, in particolare quella domenicale.Nell’Eucarestia si costruisce la Co-munità cristiana; nell’Eucarestia trova-no luce le grandi questioni dell’uo-mo: le relazioni affettive, le fragilità, irapporti intergenerazionali, il lavoro,la festa, l’impegno socio-politico.

La vera ricchezza che la comunitàcristiana può offrire alle giovani ge-nerazioni è Gesù stesso ed il donodella Fede in Lui. Gesù è vivo in pie-nezza nella comunità cristiana inmolte forme ed in modo eminentenell’Eucarestia. Chi vuole educare hacome primo compito quello di ren-dere bella, visibile, luminosa la pre-senza di Gesù nelle varie forme: nel-l’Eucarestia domenicale, nei Sacra-menti, nella Parola di Dio, nell’amo-re fraterno, nell’attenzione a chi è nelbisogno, nel servizio gratuito e gene-roso alla società, nella ricerca dellapace, nella preghiera, nella venera-zione della Beata Vergine Maria, nel-la contemplazione della vita dei San-ti, nella conoscenza della catechesi,nel rispetto del creato, dono di Dioagli uomini, nell’appartenenza gioio-sa alla chiesa stessa, famiglia di Dio,nella docile obbedienza al Papa ed aivescovi.

I Consigli pastorali La Comunità cristiana si realizza an-che nelle relazioni fra persone, nel-l’incontro, nel dialogo, nella capacitàdi prendere delle decisioni insieme.I Consigli pastorali, a vari livelli, par-rocchiali, zonali, diocesani, sono iluoghi in cui la Comunità cristianacapisce la volontà di Dio e progetta lapropria attenzione educativa verso igiovani. Gli organismi di partecipa-zione, i Consigli pastorali sono luoghidecisivi per la corresponsabilità.Un corretto rapporto fra sacerdoti elaici fondato sulla corresponsabilità esulla distinzione dei carismi è di gran-de importanza per la comunità cri-stiana e per il discernimento vocazio-nale dei giovani. I sacerdoti hanno ilgrande compito di amministrare i Sa-cramenti dell’amore di Dio di esseremaestri, non unici, della preghiera edella Parola di Dio, di guidare le co-munità cristiane nell’amore fraterno.Ai laici spetta il compito dell’anima-zione del mondo secondo il Vangelo:il mondo dei mass media, del lavoro,della scuola, della politica, dell’econo-mia, guidati dal magistero e dalla Dot-trina sociale della Chiesa. I laici sonochiamati in virtù del loro battesimo, asentirsi corresponsabili nella vita del-la comunità cristiana ad aderire inpienezza ad una appartenenza com-pleta alla missione della comunità cri-stiana.

Il protagonismo e l’ascolto dei giovaniI giovani che già sono presenti nella co-munità cristiana non sono dei semplicidestinatari dell’azione educativa, anzi nesono fra i principali protagonisti.I giovani sono una risorsa, un dono; es-si posseggono l’entusiasmo, la freschez-za, l’attualità tipica dell’età giovanile;lasciare spazio ai giovani garantisce al-la Comunità cristiana uno slancio dinovità, una potenza di resurrezioneche altrimenti non avrebbe.I giovani sono i primi soggetti, respon-sabili protagonisti della propria crescita.Gli adulti devono offrire la propriaesperienza e competenza, essere mae-stri, testimoni e accompagnatori.Si tratta di crescere insieme attraversoil fare insieme.Nelle associazioni e nelle aggregazionilaicali i giovani possono esercitare il pro-prio protagonismo e vivere in modo fe-condo il rapporto intergenerazionale.Ascoltare i giovani vuol dire ascoltarlianche nei loro silenzi, nelle loro assen-ze, nei loro bisogni reali e concreti; ilVangelo infatti chiede di essere incar-nato; la presenza di Gesù vuole essereconsolazione e gioia nella realtà auten-tiche della vita. La catechesi e la pre-ghiera devono poter illuminare gli spa-zi della vita affettiva della fragilità, deirapporti generazionali, della gestionedel tempo, dei rapporti sociali, dellostudio e del lavoro.

7

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

8

il decennio dell’educazione sarà un de-cennio non solo dedicato ai ragazzi edai giovani; la cura ed il sostegno degliadulti avrà un ruolo fondamentale.

L’alleanza educativaLa cura dei giovani ha oggi bisogno diuna grande alleanza educativa che va-da al di là dei confini strettamente ec-clesiali, raggiungendo ogni persona dibuona volontà. Tutti siamo responsabi-li di tutti: gli adulti verso i giovani, igiovani verso i loro coetanei, i giova-ni verso gli adulti.La cura dei giovani, si è già detto, nonè un compito di qualcuno ma è undovere di tutti, credenti e non. Amareed aiutare i giovani non riguarda soloi genitori, gli insegnanti, gli educato-ri, i sacerdoti etc...; anche gli impren-ditori, i baristi, i medici, i giornalisti,gli allenatori, gli impiegati comunalietc..., ogni persona, con il propriocomportamento onesto e solidale,svolgendo bene il proprio lavoro, ilproprio compito, la propria vocazionecrea una cultura di speranza, di fidu-cia, un ambiente sano ed educativo.Educazione, fede e cultura interagisco-no, ponendo in rapporto dinamico ecostruttivo le varie dimensioni della vi-ta. La separazione e la reciproca estra-neità delle varie esperienze educative,famiglia, scuola, parrocchia, associazio-ni, sia all’interno della comunità cri-stiana sia in rapporto alle istituzioni ci-

Le associazioni di adulti, i cammini diFede per adulti, i “gruppi di auto-aiu-to” sono spazi importanti e necessari.Una cura particolare va riservata allecoppie di sposi, ai sacerdoti ed alle per-sone consacrate. Nella comunità cristia-na essi sono testimoni di vocazioni vo-lute da Dio per l’edificazione del suopopolo. Il Matrimonio e l’Ordine sacroin particolare, vanno presentati ai gio-vani in modo vivo e bello, nel loro si-gnificato di servizio.Per i sacerdoti, affinché siano testimonicredibili ed attraenti della loro vocazio-ne, è importante che vi siano esperien-ze vere e semplici di fraternità sacerdo-tale e di comunione con il Vescovo.La famiglia va dunque amata, sostenutae resa protagonista attiva dell’educazio-ne non solo per i figli, ma per l’interacomunità. La Chiesa deve aiutare le fa-miglie a diventare come “chiese dome-stiche” attraverso specifici itinerari dispiritualità. Le famiglie cristiane debbo-no a loro volta aiutare la parrocchia adiventare “famiglia di famiglie”1.In questa prospettiva, è determinante laformazione degli insegnanti-educatori,dei dirigenti e del personale ammini-strativo e ausiliario, chiamati a essere an-che testimoni di valori vissuti, di capa-cità di ascolto e di incontro con le espe-rienze e le emozioni che ogni alunnoporta con sé, a cui accostarsi conumiltà, rispetto e disponibilità interiore.Da queste considerazioni si evince che

Ascoltare, valorizzare, dare fiducia aigiovani deve avere due riscontri prati-ci in termini di spazi, di tempi, di ruo-li affidati ai giovani all’interno della co-munità cristiana. Negli organismi deci-sionali, nelle risorse economiche, neiluoghi e negli orari vanno tenute inconsiderazione le esigenze dei giovani.Ascoltare i giovani significa anche ascol-tare il grido dei giovani più sofferenti,quelli che sono caduti nella trappola del-la droga, della devianza, del vuoto inte-riore. La comunità cristiana deve esserecapace di incontrare questi giovani, diaccoglierli con un calore ed una pre-ghiera particolare, di offrire loro nuoveopportunità educative; anche i giovanicarcerati devono poter sentire la vici-nanza della preghiera, di tante persone.

L’importanza degli adultiL’educazione ha bisogno di adulti chetestimonino la bellezza della vita cri-stiana; con la loro esistenza devono es-sere capaci di mostrare che vale la penavivere seguendo Gesù, ascoltare la suavoce, vivere come lui è vissuto. Per da-re questa testimonianza gli adulti vannosostenuti, aiutati, accompagnati da tuttala comunità cristiana; deve essere offer-ta loro la possibilità di incontrarsi, di af-frontare le grandi questioni della vita, diapprofondire la propria Fede, di aiutar-si reciprocamente. Ad ogni adulto deveessere offerta la possibilità di alimentarela propria vocazione.

Se improvvisamente scomparisse l’educazione

Di fronte alla tentazione degli adulti di arrendersi

alle fatiche dell’educazione dobbiamo sottolineare ancora

una volta la necessità di essere persone significative, capaci

di creare relazioni con i più giovani, siano essi i nostri

figli, i nostri allievi, i nostri scout

FamigliaSul numero 2 di “Vita e pensiero” (pe-riodico dell’Università Cattolica delSacro Cuore) del 2007, Eugenia Sca-bini, direttore del Centro di Ateneo distudi e ricerche sulla famiglia, intitola-va il suo editoriale “E se d’improv-viso scomparisse la famiglia?” Im-maginava, per un momento, la possibi-

lità di esserci liberati dalla famiglia tra-dizionale, basata sul matrimonio di unuomo e una donna e sull’impegnoeducativo verso le nuove generazione,delegando a strutture efficienti e alta-mente specializzate la cura dei bambi-ni, degli anziani, dei disabili ed i pote-re soddisfare il nostro bisogno affettivoattraverso legami emotivamente grati-

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

9

ne, la relazione capo-ragazzo. Ancheper questo motivo lo scautismo deveessere in prima linea, durante il pros-simo decennio, nell’affrontare la sfidaeducativa che ci attende in nome del-la felicità delle giovani generazioni.

Don Nicolò Anselmi

tuale e vocazionale; su questi aspetti ènecessaria una proposta educativa.

Lo scautismoI temi ora presentati appartengono giàalla tradizione culturale ed educativadello scautismo:l’importanza dellaComunità, il protagonismo del giova-

vili, indebolisce l’efficacia dell’azioneeducativa fino a renderla sterile.Se si vuole che l’azione educativa ot-tenga il suo scopo, è necessario chetutti i soggetti che intervengono ope-rino armonicamente verso lo stesso fi-ne. Per questo occorre elaborare econdividere un progetto educativo sucui lavorare insieme.

Uno stileEducare non è solo un problema dicontenuti da trasmettere ma un mododi vivere; uno stile povero, sobrio, es-senziale, semplice aiuta molto la co-munione. L’amore fraterno deve esse-re capace di estendersi, partendo dallacomunità cristiana, a tutta la società edall’umanità intera. L’interesse per il be-ne comune, la politica ed i grandi pro-blemi dell’umanità intera e della chie-sa devono essere presenti nella propo-sta educativa, nelle preghiere e nelleazioni della comunità cristiana.Lo stile educativo esige sobrietà, sem-plicità, concretezza, povertà; uno stiledi questo tipo evidenzia l’importanzadella persona e di Gesù.Uno stile semplice e profondo aiutoad andare all’essenziale dei bisogni an-tropologici delle persone: affettivi, re-lazionali, legati alla fragilità, al tempolibero etc. Ad esempio, per il mondo giovanile, èimportante la vita scolastica, universi-taria, lavorativa e la dimensione spiri-

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

10

un luogo di educazione?) ai pedago-gisti e consulenti che operano nelconsultorio con cui collaboro e pen-sando alle famiglie che incontrano, ri-scontrano che la stanchezza, la fatica,la complessità porta i genitori a rife-rirsi sempre più all’esperto e i serviziterritoriali sono impegnati a organiz-zare corsi e progetti in supporto allagenitorialità.

Il rivolgersi agli esperti, la richiesta deicorsi ma anche tante trasmissioni tele-visive come la “Tata” rispondono al bi-sogno dei genitori di “non commette-re errori sentiti come irreparabili” per-dendo di vista il buon senso e anchel’ovvietà che guida l’essere genitori.L’esperto ricopre il ruolo che spessoavevano i nonni gli zii i vicini di casaossia figure che fungevano da sostegnoai genitori.L’esperto dovrebbe quindi supportareil genitore a credere nelle proprie abi-lità educative e a ridefinirsi lui stessocome esperto e conoscitore dei proprifigli accettando anche i propri sbagli.

Una possibile conclusioneSe l’educazione ha orientato il nostroagire, come genitori e più in generalecome adulti dobbiamo chiederci: cosapossiamo fare per aiutare i nostri figlia diventare grandi e narratori dellapropria storia? Come aiutarli a diven-tare autonomi?

agire a ogni passo e ci offre la possibi-lità di divenire narratori della nostrastoria. L’educazione si configura come l’in-crocio di due dimensioni: compren-sione (che produce fiducia in sé stessie autonomia) e riferimento ai valori(capacità di progettare).

La famiglia è un luogo di educazione?Forse i primi a crederci dobbiamo es-sere noi adulti e genitori.Ma noi adulti ci siamo o “ci siamo da-ti alla macchia”?Sempre secondo Demetrio gli adulti sisono dati alla macchia, incapaci di ge-stire la fatica se non addirittura lo sfi-nimento che la relazione educativacomporta.Gli adulti devono fare i conti con lacomplessità della propria esistenza,l’incertezza, l’apprensione ossia con lacomplessità della propria esistenzaquotidiana e allora la via più facile è lafuga dalle responsabilità.Educare stanca, avvilisce, demoralizza, ein questa ottica i genitori tendono afuggire da qualsiasi conflitto generazio-nale e demandano completamente lafunzione educativa alla scuola o alle al-tre agenzie educative. Questo meccani-smo porta a leggere l’eventuale falli-mento educativo non nelle proprieazioni ma negli errori degli altri.Ho rivolto la domanda (la famiglia è

ficanti fino a quando non esauriscanoil loro potenziale di gratificazione. La conseguenze prodotte potrebberoessere: che ogni forma di cura sarebbeaccentrata ed estrapolata dai mondi vi-tali e dalle relazioni primarie, la spari-zione delle relazioni personalizzate eprofondamente significative tra le ge-nerazioni sostituite da negoziazionicorporative tra soggetti appartenenti ainsiemi di età differenti.Questa è solo una fantasia, la famigliarimane una insostituibile organizza-zione relazionale: in essa si incrocianole relazioni verticali di parentela e lerelazioni orizzontali che legano lepersone conviventi in un particolaremomento di storia familiare.Rimane luogo degli affetti e dei con-flitti, nonostante i cambiamenti e letrasformazioni in atto.

EducazioneE se scomparisse anche l’educazioneche ne sarebbe di noi?Ci accorgeremmo che “l’educazione ètutto ciò che siamo diventati”, comescrive Duccio Demetrio perchè l’edu-cazione ha a che vedere con tutto ciòche siamo, che abbiamo cercato dimeglio per noi.I ricordi, di scuola, di climi familiarifelici o infelici, i giochi, gli amori ledelusioni le sofferenze o la morte so-no i nostri ricordi educativi.L’educazione ha orientato il nostro

Citando ancora Demetrio: cercando,nelle nostre storie, orme di educazio-ne sapendo che è “educazione tuttociò che ci trasforma, ci migliora, ci fastare meglio.”Questo compito educativo riguardatutti, genitori, educatori, capi scout in-segnanti...È importante costruire reti educative,alleanze che sappiano fare gioco disquadra nel prendersi cura in modoresponsabile della nuova generazione eche non lascino soli i genitori nelcompito di aiutare i figli a crescere.Su questo terreno si possono costrui-

re progetti educativi più solidi e dura-turi e il principio della delega si tra-sforma nel principio della reciprocitàe dell’incontro.

Saula Sironi

Riferimenti bibliografici

• Duccio Demetrio, L’educazione non èfinita, Raffaello Cortina editore, Mila-no, 2009

• Daniele Novara, Dalla parte dei genito-ri, Franco Angeli editore, Milano, 2009

aiuto in altre persone per sostenere lapropria scelta, in un clima favorevolee stimolante. Quando parliamo dieducazione permanente ci riferiamo aqualcosa che facendo leva sull’espe-rienza, è proiettato al futuro, tracciamodunque una parabola che non finiscemai. Osservando la realtà si coglie unevidente paradosso nella società con-temporanea della quale spesso si met-tono in luce - anche giustamente - dauna parte il senso della solitudine, l’in-voluzione della persona con il passaredel tempo e la mancanza di punti diriferimento e, dall’altra, come cer-cherò di illustrare, la ricchezza e l’ar-ticolazione degli ambiti in cui la di-mensione umana può essere sviluppa-ta secondo un progetto personale dicrescita. Il mondo degli adulti offre,infatti, tantissime occasioni di crescitase si vuole sviluppare un progetto dieducazione permanente: come sempreil punto debole è rappresentato dalprimo passo, che soltanto l’individuopuò decidere di compiere e di far se-guire da altri passi successivi, lungouna sequenza, appunto, permanente.

La ricerca delle motivazioni a crescereLa scelta di vivere secondo un proget-to non è naturale nella persona dalmomento che la prima parte della suavita è scadenzata da lunghe ed inten-se esperienze educative etero-dirette:

11

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

Il tema dell’educazione oggi: il mondo degli adulti

Il mondo degli adulti offre occasioni di riflessione e crescita

anche dopo l’esperienza dello scautismo. Ciò permette di

sviluppare l’aspirazione di ciascuno a vivere secondo un

progetto di educazione permanente

L’educazione per gli adulti è l’aspira-zione alla formazione permanente, os-sia l’attenzione e la volontà di cresce-re secondo un progetto rinnovato

continuamente e che per ciò presup-pone il rinnovarsi delle proprie moti-vazioni ad elaborarlo. È la ricerca,inoltre, dei luoghi nei quali trovare

la famiglia e la scuola, nelle quali c’èpoco spazio e spesso poca capacità dieducare per portare i figli/studenti al-la scoperta di sé, della definizione del-la propria identità e del gusto della scel-ta dell’autoeducazione, tramite un per-corso continuamente rinnovabile e pertutta la vita. L’approccio individuale al-la ricerca delle motivazioni/spinte allacrescita permanente è nella maggiorparte dei casi la conseguenza della vi-ta familiare che orienta bene o malesecondo il comportamento dei geni-tori. Vi sono altri numerosissimi casinei quali altri agenti educativi hannoun’influenza determinante nel crea-re la consapevolezza della parabolaesistenziale: la scuola (alcuni profes-sori), gli amici e, nel nostro caso – si-curamente – l’esperienza scout. Ciònon toglie che talvolta sia l’individuostesso a ritrovare in sé la spinta ad au-mentare la sensibilità e la predisposi-zione all’educazione permanente, inalcuni casi per le circostanze della vi-ta che impongono choc positivi enegativi, altri in cui, come ad esem-pio la vita di coppia e il matrimoniooppure il lavoro, per ragioni di rela-zioni interpersonali, riescono ad in-fluenzare e orientare maggiormentel’individuo verso la ricerca di signi-ficato della propria vita e delle ri-sposte, in termini di scelte e com-portamenti, che soddisfino questeaspirazioni.

Le dimensioni della persona e lasua tensione a crescereÈ stato sempre messo in evidenza inogni occasione che la crescita perma-nente è un processo armonico e dura-turo se tocca tutte le dimensioni dellapersona, secondo un ordine di valori.In Riuscire, Michel Quoist all’inizio of-fre questa efficace metafora: “L’uomo (ela donna) ben costruito risulta di trepiani così disposti, al terzo lo spirito, alsecondo il sensibile e al primo il fisi-co…” e se vogliamo aggiornare questovecchio libro di formazione possiamoidentificare una sfera più ampia di am-biti (i piani di Riuscire…) che possonoaiutare a pensare allo sviluppo armoni-co della propria vita. Innanzitutto la di-mensione spirituale, nella quale si ritrova-no il senso della propria vita e la con-tinua ricerca del suo significato; l’amorenella vita di coppia e di genitorialità; lasocialità nella relazione con gli altri nel-la comunità. E, ancora, il comportamentonell’agire e nel fare nell’ambito profes-sionale, la conoscenza ossia l’inclinazioneal conoscere, al sapere e all’impararesempre; infine la dimensione fisica che siriferisce alla autonomia nella mobilità,al benessere e alla salute. Se si ha ri-guardo a queste dimensioni è più faci-le acquisire la consapevolezza dei pro-pri punti forti e deboli e disegnare unatraiettoria di crescita equilibrata e pos-sibile. Queste considerazioni a qualcu-no potrebbero sembrare un po’troppo

schematiche in relazione alla comples-sità della persona, tuttavia non ho maivisto un progetto sviluppato senza al-meno tracciare uno schizzo e credo amaggior ragione sia ancora più impor-tante – trattandosi della nostra vita - dicercare di avere ben chiari i punti dipartenza e di avere almeno identificatiquelli di arrivo: scriverli oltre che pen-sarli potrebbe essere un buon passoavanti.

I luoghi dell’educazione permanente: il valore della relazione interpersonaleÈ forse quest’ultimo aspetto, la relazio-ne, che sembra garantire il sostegno piùefficace e duraturo agli adulti per man-tenere la loro tensione di crescita per-manente; vale la pena di approfondirlocercandola nei luoghi nei quali le per-sone la possono vivere pienamente. In-nanzitutto i luoghi della dimensione spi-rituale. Anche in questo caso, nella pri-ma parte della vita (e in misura minorenell’ultima) le persone trovano facil-mente nella Chiesa, più precisamentenella parrocchia, il luogo naturale del-l’educazione alla loro fede: dalla cate-chesi sacramentale dei ragazzi fino almatrimonio, è facile ritrovarsi per par-tecipare alla liturgia, ascoltare la parola,meditare e compiere gesti di carità e so-stegno nei confronti della comunità. Poila complessità e la difficoltà crescentedella vita moderna rendono questi mo-

12

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

Scuola: istruzioni per l’uso

Il saggio di Gian Maria guarda il mondo della scuola per

definire il suo senso autentico: è il luogo delle domande per il

cammino sulla strada della conoscenza

Tutti hanno qualcosa da dire sullascuola, e a ragione, perché la scuola èil futuro, o almeno una gran parte diesso. Che vada male è opinione diffu-sa. Ma troppo spesso le critiche si agi-tano in una gran confusione di ob-biettivi, di mezzi, di strategie.Il risultato è una mescolanza di velleitàe frustrazioni, che sfocia nella realizza-zione d’interventi sbrigativi, rozzi… e

siccome i risultati della formazionesono lontani nel tempo e facilmenteequivocabili, la scuola diventa terrenodi slogan, di baratti politici, di “razio-nalizzazioni” e di “risparmi” prete-stuosi e strumentali.Malgrado ciò (…e per fortuna) oggi ascuola ci vanno tutti, o quasi. Capi eragazzi, quindi, hanno un interesseoggettivo verso la scuola, anzi ne

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

13

Il mondo degli adulti è caratterizzato –come si è visto - da molteplici occa-sioni di riflessione e impegno che ri-chiedono innanzitutto la scelta inizialee fondamentale di “imparare a guidarela propria canoa”: in questa spinta alprimo passo lo scautismo ha il privile-gio di costituire un’esperienza formi-dabile per trovare le motivazioni a ri-cercare la pienezza di vita con un pro-getto e, per sempre.

Maurizio Crippa

sociale hanno perso capacità di attrazio-ne e non riescono a rinnovarsi, ciòspinge sempre più le persone a non al-lontanarsi troppo dal personale avvici-nandoli quasi esclusivamente al mondodel volontariato dove sia va non soloper far qualcosa ma anche perché si tro-va un ambiente protettivo per sé e pergli altri. Sembra invece riscuotere mol-to interesse la cura di sé mediante lamaggiore e diffusa attenzione alla pro-pria salute e alla maggiore attività fisicapraticata a tutte le età.

menti spesso più consuetudinari fino al-la progressiva e inevitabile marginalitàche solo con la maturità e con tantotempo libero può essere successivamen-te superata. Sul piano del rapporto senti-mentale e affettivo, la coppia e la famigliarappresentano un luogo privilegiato nelquale si conosce e si sperimenta questadimensione che inevitabilmente tende ainfluenzare i figli e a portarli spesso a ri-produrre – nel bene e nel male - l’e-sperienza di vita comune. Così come lascuola, il luogo di lavoro e la società nelsuo aspetto vissuto e percepito sonoambienti nei quali si forma e si modifi-ca il comportamento sociale e la rela-zione interpersonale. Un po’ più com-plessa ma non per questo da sottovalu-tare è la ricerca e frequentazione deiluoghi della conoscenza una volta conclu-so l’iter formativo scolastico e universi-tario, ciò non deriva dalla mancanza diofferta di cultura e conoscenza ma dal-la predominanza delle proposte “passi-ve” della televisione che spingono qua-si sempre al ridimensionamento drasti-co della predisposizione ad accogliere leproposte “attive” della conoscenza, apartire dalla lettura per arrivare a formeanche più coinvolgenti di “alfabetizza-zione di ritorno”, quali corsi di aggior-namento e apprendimento nella fasepiù matura della vita. La dimensione so-ciale sembra oggi quella più in sofferen-za dal momento che i tradizionali luo-ghi dell’offerta dell’impegno politico e

hanno due. Il primo è che la scuolavada bene. Questo dipende da loro,ma, purtroppo, non solo da loro, anzi,dipende prevalentemente da altri. An-che se le responsabilità degli altri so-no sempre anche le nostre, perché, unavolta maggiorenni, abbiamo il gover-no che ci meritiamo, l’organizzazionee l’efficacia della scuola rappresentanouna responsabilità remota, complessa,che richiede tante altre responsabilitàassai più vicine e concrete.L’altro interesse è quello di sfruttare almeglio la scuola che c’è, senza inge-nuità, disperazioni o biechi conformi-smi. Con un po’ d’intelligenza, discre-to impegno e un pizzico di sano cini-smo è possibile spremere dalla scuolamolto di ciò che è indispensabile, for-se moltissimo.Il capo scout, che accompagna verso lavita, non può onestamente disinteres-sarsi della scuola. Lo scautismo ha lesue attività, efficaci e coinvolgenti, maqueste attività hanno sempre bisognodi uno sfondo, di finalità, che non pos-sono mancare nella testa del capo. Di-sinteressarsi della scuola sarebbe comedisinteressarsi della famiglia: un nonsenso educativo.Per usare bene la scuola, esclusa, forse,l’università, bisogna aver chiaro un ob-biettivo: imparare a leggere. La pro-spettiva può sembrare troppo semplice,troppo banale, ma non lo è, e il capopuò fare molto in questa direzione.

Spiegazione ed esposizioneChe lo studente, ma non solo lui(qualsiasi lettore, ascoltatore, fruitore,ermeneuta), affronti solitario qualsivo-glia tipo di testo è cosa notissima edassodata.Se il termine “testo” viene inteso insenso adeguato (ossia come tutto ciòche deve essere compreso - sia pa-gina scritta, conferenza, problema,spiegazione, manifesto, fotografia oquant’altro abbia intenzionalità espres-siva -), allora si può facilmente capirecome ogni “spiegazione“ non siaaltro che una sostituzione di te-sto. Infatti delle due l’una: o la spie-gazione è identica al testo, e allora nonè spiegazione, o è diversa, e allora è,appunto ed evidentemente, un altrotesto. Questo vale per l’opera d’artecome per qualsiasi manuale, brano,problema, esercizio si abbia davanti.Una sintesi, una presentazione, uncommento sono sempre altra cosa dal-l’opera d‘arte o dal teorema che sidebbono comprendere. È un passo fondamentale e criticoquello che consente di distinguere ra-dicalmente una spiegazione da un’e-sposizione, una prolusione, una confe-renza…Se questo è vero, è indispensabile guar-dare con distacco e sospetto le cosid-dette “spiegazioni”. Perché il rischio èche la spiegazione, che è un testo, ri-chieda un’altra spiegazione e poi la

spiegazione della spiegazione e così via,all’infinito e che intanto il testo origi-nario, il problema, il “classico”, l’operad’arte svaniscano (se mai erano appar-si), per lasciare il posto ad un fantoccioschematico ed insignificante.Sappiamo per esperienza come certespiegazioni possano rendere noiosa esciocca anche l’opera più eccelsa, masappiamo anche che una spiegazione“brillante”, un professore bravo ed ap-passionato, possono rendere interes-sante anche l’argomento più banale eripetitivo. Quello che forse non sap-piamo è che in entrambi i casi c’è sta-ta una sostituzione, che ha messo la“spiegazione” al posto della cosa daconoscere.

La pre-comprensioneEsiste sempre e per chiunque, ancheper il più sprovveduto degli individui,una pre-comprensione, un proget-to interpretativo personale. Questapre-comprensione1, questo progettopersonale sono tutto ciò che introdu-ce, in tutta la sua incertezza, al veroconoscere. È a questo punto che sidebbono ricercare ed utilizzare la pa-zienza e la preparazione del docente,di chi “sa”, per fare in modo che pos-sano guidare e sorreggere quel circo-lo ermeneutico che è l‘unica garanziadi vera conoscenza. Solo nel momen-to del dialogo tra il “lettore” ed il “te-sto”, quando la pre-comprensione del

14

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

lettore si è scontrata con l’alterità deltesto ed egli inizia ad operare gli ag-giustamenti necessari, solo allora, enon prima, è utile attivare l’interven-to di sostegno e di guida, “giacchè ciòche stimola la comprensione deve es-sersi già prima fatto valere nella sua al-terità. Ciò da cui il comprenderemuove[...] è che qualcosa ci parla,c’interpella”.2

La problematicitàLa vera conoscenza, quindi, nasce so-lo da situazioni problematichenon fittizie. Solo così viene garanti-ta la dimensione “attiva” dell’appren-dimento e la possibilità di un saperenon ripetitivo. La scuola, per servirealla vita, deve introdurre ed abituaread “autonome attività d’indagine”, alconfronto con i problemi, alla loro so-luzione. Non è possibile sostituirequesta esperienza vitale e fondantecon la commedia retorica della spie-gazione nella quale l’insegnante, che“sa“, è l’unico autorizzato a porsi ledomande e a dare le risposte ai “veri”problemi. “Da Socrate a Dewey, filo-sofi e pedagogisti ci hanno dimostra-to che apprendere veramente è sem-pre scoprire qualcosa da noi stes-si. L’insegnamento non è altro che unastimolazione al processo di scoperta,cioè alla percezione di un problema edalla autonoma attività di indaginecondotta fino a una sia pur provviso-

ria conclusione.”3 “Sono state datemolte definizioni dell’attività del pen-siero. Ma non ne conosco che una laquale colga il nocciolo del problema,che è di essere una risposta al dubbioin quanto tale.”4 “Il pensiero ha origi-ne in una situazione che può abba-stanza bene essere chiamata cruciale,una situazione così ambigua dapresentare un dilemma o propor-re delle alternative“.5

Conclusione ed inizioLo studente quindi, se vuole conosce-re, deve cercare e deve cercare la ve-rità, la “cosa”, e non accontentarsi del-la sua manipolazione retorica o delsuo simulacro. Ma siccome non è Ada-mo nel giardino dell’Eden, per trova-re la “cosa” è utile che chieda, perchégià altri l’hanno cercata. “Un discorsoche voglia far luce sulla cosa, ha biso-gno di aprirsi la via della cosa me-diante la domanda. [...] Ogni doman-da trova il suo senso solo passando at-traverso una fase di sospensione, incui essa è problema aperto. Ognivero domandare esige questa apertura.Se tale apertura manca, essa è in realtàuna pseudo-domanda, che non ha unvero senso problematico. Possiamo ve-dere un fenomeno di questo generenella domanda che è posta a sco-po pedagogico, che ha il suo ca-rattere di difficoltà e di parados-so nel fatto che in essa non c’è un

vero domandare“.6 Chi cerca vera-mente, e non si accontenta di finzio-ni, sa chiedere, sa trovare le domandegiuste ed autentiche, perché vuole sa-pere. Le domande che servono per fa-re “bella figura” possono anche garan-tire un bel voto, ma non fanno fare unpasso sulla strada della conoscenza. So-lo chi domanda, perché vuole sapere,impara a leggere.

Gian Maria Zanoni

Note

1 Cfr. le riflessioni heideggeriane di Es-sere e tempo sull’ermeneutica (pagg.240e seg.) e le relative notazioni di Gada-mer in Verità e metodo (pagg. 312 eseg.).

2 GADAMER, H. G., Verità e metodo,Bompiani, Milano 1990, p.349.

3 VISALBERGHI, A., Insegnare ed ap-prendere, La Nuova Italia, Firenze 1990,p.13

4 DEWEY,J., La ricerca della certezza, LaNuova Italia, Firenze 1966, p.232

5 DEWEY,J.,Come pensiamo, La NuovaItalia, Firenze 1986, p.74.

6 GADAMER, H. G.,Verità e metodo, cit.,p.420.

15

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

L’educazione dell’altro mondo

In società diverse dalla nostra il tema dell’educazione è meno

complesso. È una lettura di grande interesse, ma dobbiamo

chiederci quanto sia adattabile alla società occidentale

2010 RoverMoot in Kenia, Africa.Strano paese, l’Africa. Impari che ibisogni dell’uomo sono davvero limi-tati, i desideri infiniti. Che la siccitàuccide, così come la corruzione. Chela povertà nei villaggi sorride, manon è più capace di farlo negli slumurbani. Che le donne portano la re-sponsabilità della famiglia, dei campie del cibo, insieme al peso della sot-tomissione e delle mutilazioni geni-tali. Che basta un bongo e un cantoper fare festa.

L’Africa è il paese dei bambini e nonè solo un’impressione da turista percaso. Nei paesi europei dell’Ocse neiprimi anni 2000, per ogni dieci an-ziani (persone con più di 65 anni) vierano tredici ragazzi (con meno di 15anni); nell’Africa subsahariana perogni dieci anziani vi erano 159 ra-gazzi. Una misura della vitalità de-mografica dei paesi meno sviluppati e

dell’invecchiamento demografico diquelli più progrediti. Nel futuro deipaesi occidentali c’è sicuramente unproblema di educazione dei piccoli,ma anche di invecchiamento deigrandi… In Africa comunque i bam-bini sono dappertutto, invadono libe-ri le strade, in divisa vanno a scuola,non tutti e non a lungo, ma ci vanno,percorrendo chilometri a piedi. In al-cuni paesi purtroppo imbracciano ilfucile e sparano. Molto raramentepiangono.

Questo mi ha colpito. Bambini anchemolto piccoli, sotto il sole nelle orepiù calde, infestati dagli insetti e for-se da altro, poca acqua, niente scarpe,TV o merendina. Ridono, dormono,corrono, non piangono. Avete prova-to ad organizzare un gioco con ibambini africani? Facilissimo, anchesenza conoscere la lingua, una palla,una squadra, una regola: è subito tor-

neo, staffetta, danza, rimpiattino. Ave-te mai provato a fare lo stesso con ibambini delle nostre periferie? Civuole un po’più di tempo diciamo…

Il problema dell’educazione è unproblema occidentale. In altre cultu-re, se è un problema, è evidentemen-te diverso. Faccio delle ipotesi, solocome spunto di discussione e senzapretesa di scientificità, senza conclu-sioni, solo supportata dall’osservazio-ne di brevi periodi, in tempi diversi epaesi diversi dell’Africa.

Io e la mia mammaSe i primi mesi di vita, come ci in-segnano, sono quelli decisivi per laformazione dell’individuo, la diffe-renza la può fare una relazione “for-te” proprio in questo periodo. Sesiete un neonato la prima e unicapersona significativa è la mamma, dacui il parto vi ha violentemente se-parati… poi altri componenti dellafamiglia. Relazione inevitabilmentedi contatto fisico. Le parole vengo-no molto dopo. Le mamme africaneindossano i loro bimbi per moltimesi dopo il parto, sulla schiena, tal-volta sulla pancia, corpi avvolti datessuti colorati. Intanto portano sec-chi d’acqua, coltivano la terra, puli-scono casa, preparano la zuppa, ac-cendono il fuoco, macinano il gra-no. Giorno o notte, caldo o freddo.

16

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

17

La torta con le candeline o la festa daMc Donald’s, è un rito di importan-za paragonabile? La cerimonia deipassaggi nella vita scout forse si e me-rita senz’altro di essere rispolverata.

Aspettative grandi, ma non troppoSe la scuola del villaggio arriva alleelementari, nessuno si aspetta da teche diventi avvocato oppure medico.Sei libero. Se hai volontà o determi-nazione, potrai andare in città e pro-seguire gli studi, forse emigrare. Seresti al villaggio accompagnerai ilgregge al pascolo, ti sposerai e avraifigli. Hai comunque altri cinque fra-telli e qualcuno baderà agli anzianigenitori. Non vivrai la frustrazione diaspettative disattese o deluse. Se invece sei figlio unico, in una so-cietà sempre più competitiva e atten-ta solo al profitto, fin da piccolo fre-quenterai un corso di inglese e poi dibasket e poi di management e di fit-ness e ti dovrai laureare alla Bocconie seguire un master in America e sepoi farai la cassiera all’Esselunga… ri-schi di doverti pagare lo psicanalistaper capire perché…

Limiti chiariQuando parlo di libertà nella naturae di vivere le proprie esperienze, nonparlo di libertà assoluta Anzi. La li-bertà dei piccoli in Mali ha limitimolto precisi: quelli imposti dalle

Un campo di esperienza infinito: la naturaUn villaggio in Africa è come abita-re in un campo scout per tutta la vi-ta: ogni bambino può fare esperienzadiretta della natura, mettersi alla pro-va, costruire, esplorare, verificare. Ac-qua, fuoco, terra, aria hanno un si-gnificato reale, vissuto sulla propriapelle. L’autonomia è questione di ne-cessità, ma anche di passione. La re-sponsabilità verso i più piccoli è pu-re immediata. Se la vita all’aria aperta è uno deifondamenti dell’educazione scout, vada sé che i bimbi chiusi nelle case dicittà faranno più fatica a socializzare,a rendersi autonomi, a non averepaura… anche se impareranno bene ausare il PC.

Vivere i riti di passaggioA 15 anni in Tanzania si diventa gran-di, i riti talvolta sono cruenti, sempreprevedono prove di coraggio, di for-za o di sottomissione. A segnare le di-verse tappe di maturazione sono or-namenti, gioielli o decorazioni delcorpo. Simboli e riti, diversi per i ma-schi e per le femmine, scandiscono lavita dell’uomo e della donna, dallaculla al sudario. Il matrimonio è spes-so un nodo cruciale nella vita del sin-golo e della tribù. Atteso e preparatoda tutti. Così pure le nascite e lemorti.

I bambini non piangono perché nontemono. Sono sereni. In simbiosicon l’unico essere che può davveroproteggerli.Se arriva un fratellino troppo infretta, a garantire il contatto fisico ela fiducia, subentra qualche sorellinamaggiore, a cui viene affidato il fa-gottino sulla schiena. Un redattore, di mestiere pediatra,racconta che i bambini africani nonsono soggetti alle fastidiosissime co-liche dei piccoli occidentali. Non sitratta evidentemente di alimenta-zione, ma di relazioni differenti.Certo le condizioni di vita dellemamme europee sono molto diver-se, ma i bambini forse sono sempreuguali…

Dormire nel lettoneLe capanne sono piccole, nelle barac-che in città gli spazi ancora più an-gusti. Lo spazio dove dorme la fami-glia è spesso uno solo, genitori e figliinsieme. Nelle tribù più tradizionaliper precisione lo spazio per dormireè per le mamme e i loro bambini, ipapà hanno talvolta più mogli e nonsempre sono presenti. Amen.Ma se la domenica lo facciamo veni-re nel lettone, non è che poi si abituamale? Ma a 10 anni può venire an-cora nel lettone, non sarà antieduca-tivo? Noi lo abbiamo messo fin dapiccolo nella sua stanzetta…

I L T E M A D E L L ’ E D U C A Z I O N E O G G I

18

so alla famiglia, alle tecnologie, allecomunicazioni, all’economia… Ma ilimiti servono per crescere. L’educa-zione diventa altrimenti una sfida im-possibile.

Laura Galimberti

degli anziani è sacro. I tempi della vi-ta sono scanditi dai rituali e decisi dalgruppo. Chi vuole essere protetto dalvillaggio non si mette contro le sueregole. Lo sanno anche i bambini. Il mondo occidentale oggi ha persoquasi il concetto stesso di limite. Pen-

condizioni fisiche naturali (le distan-ze, le piogge, il buio della notte…) equelle del mondo dei grandi. La ge-rarchia sociale è rigida, i genitori det-tano le regole (i padri come padri ele madri come madri) e i figli vi si at-tengono scrupolosamente. Il rispetto

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

19

Due osservazioni, per cominciareNella società così detta liquida, secon-do la fortunata e abusata espressione diBauman, non c’è spazio per parlare dieducazione. Il mondo contemporaneosi basa sulla cultura del disimpegno,della discontinuità e dell’oblio. L’edu-cazione è materia d’altri tempi e lega-ta alla stabilità della coscienza indivi-duale. I comportamenti soggettivi so-no misurati dalla risposta che ciascu-no si dà alla domanda “Che male c’è?”È sotto gli occhi di tutti noi, per tra-durre le citazioni in concretezza quo-tidiana, come ad esempio sia moltopiù marcata che in passato l’instabilitàconiugale. A cosa sono dovute le fre-

quentissime separazioni di coniugi senon al disimpegno, alla discontinuità,all’oblio?Se scopo dell’educazione è la forma-zione di una identità e di una co-scienza individuale, scopo della societàliquida è quello di impedire che ciòavvenga, perché l’identità è definitadal consumo: “sono ciò che ho”. Il so-lo mezzo per realizzare questa aspira-zione è la disponibilità di denaro.

Incontro spesso famiglie che al mo-mento di decidere a che scuola iscri-vere i figli – specialmente per la scuo-la elementare e media – la prima do-manda che si pongono è se in quell’i-stituto il figlio sia sufficientemente

protetto dagli elementi terrorizzanti:bullismo, droga, diversità eccetera. Aquesta richiesta rispondono nella granparte dei casi le scuole private confes-sionali, viste come oasi protette dallamalignità del mondo. Secondariamen-te, ma non sempre, interessano i con-tenuti educativi e di conoscenza che lascuola è in grado di dare e che devo-no, in generale, essere improntati adun’educazione conformista.

Se consideriamo quanto scritto da B.-P. nel libro dei capi: “ Il capo dà al ra-gazzo il desiderio e l’ambizione di im-parare da solo, suggerendogli attivitàche lo entusiasmano e a cui egli si de-dica finché, provando e riprovando,riesce a eseguirle correttamente” nontroviamo nessun punto in comunecon quanto descritto sopra. Tra la non-richiesta di educazione che ho sinte-ticamente semplificato sopra e la pro-posta dello scautismo l’abisso è incol-mabile.Allora, perché provarci? È la domandaalla quale cerca di rispondere questoquaderno. A questo articolo è deman-dato il compito di affrontare il come.

Lo stile e i gestiSuggerisco di riprendere “Il libro deicapi”: se leggiamo quello schema cheB.-P. propone come “analisi del pro-gramma scout per l’educazione delbuon cittadino” non può sfuggirci co-

I gesti e lo stile dell’educazione

Lo scautismo chiede al capo di essere testimone credibile: solo

così la sua azione educativa riesce a essere determinante

nella crescita delle persone che gli sono affidate.

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

20

quente), ma per amore dei ragazzi; ètestimone generoso perché solidale: siappassiona delle vicende dei ragazzi ene condivide gioie e fallimenti. È te-stimone generoso perché sa che nondeve aspettarsi una ricompensa, maciò che fa è gratuito e, a volte, non ri-conosciuto.

Il capo testimonia non per esseremodello da imitare, ma per dimostra-re che è possibile vivere quello in cuisi crede. Il capo-modello è quello cheusa l’arma ambigua della seduzione:“ti conquisto perché ti piaccio” alposto di “ti faccio crescere perché latua vita ti piaccia”; non si mette indiscussione perché non ne ha biso-gno. Il capo seduttore è affetto danarcisismo: mi piace essere circonda-to da persone che mi apprezzano emi seguono. Il capo testimone è quel-lo che sa fare proposte difficili, ancheimpopolari, ma non tradisce la pro-pria vocazione per piacere. È anchedisposto a cambiare, perché anche luiè in crescita e la sua crescita è legataal rapporto con gli altri e alla capacitàdi ascolto e di sintesi successive.Infine il capo scout sa di non essereindispensabile e insostituibile. È ab-bastanza saggio da sapere quando èarrivato il momento di mettersi daparte.

Stefano Pirovano

cativo. Il più delle volte è un capoche non ha un’idea di uomo e didonna da proporre o che ne ha unacosì debole da dover essere impostacon la forza. Il capo che propone èquello che sa “usare l’esca che piaceal pesce”. È necessariamente ancheun capo attento, capace di cogliere imessaggi – verbali e non – che gli ar-rivano dai ragazzi: le mode, il lin-guaggio, gli atteggiamenti, le meta-morfosi, i travestimenti non sono maicasuali, ma, di volta in volta, espri-mono desiderio di attenzione, oppo-sizione, insicurezza, voglia di cresce-re, voglia di autonomia e via dicendo.Il capo testimonia perché non fareb-be mai fare ai propri ragazzi quelloche non sa fare lui.

Quindi lo scautismo esige un capoattivo, con una forte fiducia e cono-scenza di sé e un’altrettanto forte co-scienza retta. Capace di mettersi ingioco e di affrontare il confronto. Ca-pace di cambiare idea e di corregger-si se il rapporto con i suoi ragazzinon funziona. La testimonianza è as-sociata alla generosità. Il capo è testi-mone generoso perché condivide lafatica, l’appartenenza alla comunità, ilpane, le ansie e le speranze; è testi-mone generoso perché è altruista:quello che fa non è per proprio po-tere o per narcisismo (peccato fre-

me sia quanto mai attuale nella suasemplice e decisa azione controcor-rente. Nella società dei furbi, dei pre-potenti, degli irresponsabili, dei pavi-di, degli egoisti, questi semplici pun-ti appaiono come un programma ri-voluzionario.Mi piacerebbe che ogni capo si foto-copiasse la paginetta schematica diB.-P., la incollasse sulla copertina delproprio quaderno e la consultassecon intelligenza (cioè non pedisse-quamente) prima di programmare ilcampo, l’attività settimanale, la riu-nione.

Vedo due modalità che contraddi-stinguono lo stile del capo: la propo-sta e la testimonianza. Senza di essenon c’è stile, non c’è capo, non c’èeducazione. Il capo propone perché ha in mentein maniera chiara la forza della pro-pria idea. Ha un’idea di educazione.Non costringe, non si impone, nonsta a guardare, ma propone. È uno sti-le attivo e democratico non passivoné autoritario né paternalista. La pas-sività e l’autoritarismo sono le duefacce della stessa condizione: la man-canza di idee e di convinzioni perso-nali. Il capo che dice “aspetto che sia-no i ragazzi a proporre” o “si fa co-me dico io” rappresenta solo in appa-renza i due estremi del rapporto edu-

Lettura antropologica cristiana e mondo contemporaneo

Il dotto intervento di Giacomo Grasso ci impone una lettura

attenta e ci aiuta a comprendere a fondo le radici

dell’antropologia cristiana e i suoi rapporti con la filosofia e

l’antropologia contemporanee.

dell’Europa del Nord, perché il Dutyto God scomparisse con ogni altro pos-sibile riferimento religioso. Le Confe-renze Mondiali dello scautismo hannosempre respinto questo tentativo.Noi sappiamo bene che lo scautismoha due anime, come scriveva più ditrent’anni fa, Laslo Nagy, allora Segre-tario del Bureau Mondiale e assai po-tente per motivi che hanno nulla dafare con lo scautismo. 3 Le due animeesistono, e come! Per esemplificare re-stando in Europa, un’anima è quelladello scautismo di lingua inglese e deiPaesi scandinavi che è più pragmatico.Un’altra è quella dello scautismo deicattolici, o degli evangelici, in tutti glialtri Paesi europei che lascia più spa-zio alla riflessione teoretica. E non sitratta di stile da oratorio con un po’ digioia in più, ma di autentico scautismodove la “parabola scout” serve perquello che è, in quanto scout, metodoper l’educazione ad una umanità au-tentica e ad una fede viva, senza di-menticare la possibilità di dare ragio-ne della speranza che è in noi (cfr.1 Pt,3, 15 a), e di essere spinti dalla caritàche si esprime nell’amore verso Dio everso il prossimo (cfr. Mt 23, 37-39). 4

Questo non vuol dire che ogni Paesed’Europa non abbia Associazioni nel-le quali la dimensione religiosa, e conessa la fede, sia ridotta a pura forma-lità. Il secolarismo ha picchiato forte,prima nei Paesi protestanti e ora pic-

proposto da esperienze innovative“promosse in Inghilterra da C. Reddiee dallo scautismo”. 1 Tra gli elementidi fondo che B.-P. mette alla base del-la sua proposta educativa c’è quelloche si esprime col: Duty to God, chetradotto vuol dire: Essere corretti conDio. Un riferimento a Dio c’è anchenella Promessa, così come è propostadall’Organizzazione Mondiale delloScautismo e da quella del Guidismo. 2

Non penso ci possa essere uno scauti-smo agnostico, anche se molti sonostati i tentativi di alcune associazioni

Colloco questa “lettura” nell’ambitodello scautismo, e dello scautismo deicattolici italiani, cercando di non di-menticare lo scautismo tout court,avendo ben chiara l’idea che non esi-ste uno “scautismo cattolico” ma, esoltanto, uno “scautismo dei cattolici”.Lo scautismo contemporaneo fa rife-rimento fedele a B.-P., pur nel conti-nuo adeguamento del suo programmaeducativo che, è stato detto, deve mol-to al pensiero di Illuministi inglesi, emanifesta, ad un livello pre-scientifico,la necessità di un metodo che viene

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

22

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

23

cettarono formarono quella che sichiama Chiesa apostolica Assira d’O-riente, ora ridotta ai minimi termini,ma molto estesa in Asia, fino alla Ci-na, nel primo millennio; e quello diCalcedonia (451). Il monofisismo, Gesùha una sola natura, quella divina, fucondannato. I vescovi che non accet-tarono la condanna resero monofisitele loro Chiese, dette “Chiese ortodos-se Orientali”. Sono la Chiesa copta, inEgitto e in Etiopia, quella siriaca equella armena.7 All’inizio del II mil-lennio c’è la rottura tra la Chiesad’Occidente e quella di Oriente chenon accettò il primato non solo dionore ma anche di giurisdizione delPapa di Roma. A metà del II millen-nio c’è in Occidente, in Europa, lagrande frattura che iniziò nel 1517con il pensiero e l’azione di MartinLutero (1483-1546) e proseguì con al-tri importanti personaggi, Zwingli(1484-1531) e Calvino (1509-1564).Al Calvinismo, in qualche modo, ade-rirono i Valdesi (1532) che in Italiaerano stati confinati, e lo furono finoal 1846, nelle valli di Pinerolo (Tori-no). Intanto si stava celebrando ilConcilio di Trento (1545-1563) checondannò la Riforma Protestante ediede inizio alla così detta Contro-riforma.

l’uomo è dio a se stesso, come si affer-mava nell’800. Semmai l’uomo è undio caduto. L’esistenzialismo di Heideg-ger (1889-1976) e di Sartre (1905-1980), tra loro diversi, portano inqualche modo alla stessa conclusione.Il nichilismo di Nietzsche (1844-1900) grida che “Dio è morto”. Sobene che qui si potrebbe aprire unaprofonda discussione. Mi limito ad an-notare, comunque, che la filosofia nonpuò fuggire dal porsi la domanda: “Mal’uomo, chi è?”. 6

La fede cristiana ha dato una rispostache se ha una base comune, il Credoche viene professato da tutte le Chie-se cristiane, quelle che riconoscono iprimi sette Concili Ecumenici, ha poiuno sviluppo diversificato. NellaChiesa del primo secolo si dà già il do-cetismo, Gesù è solo apparentementeuomo. La sua condanna si intravvedenegli scritti giovannei. Poi vi fu l’aria-nesimo, che affermava che Gesù e il Pa-dre sono tra loro dissimili. Si negava ladivinità di Cristo. Fu condannato dalConcilio Ecumenico di Nicea del325. Fu molto presente nelle nazioni“barbare” che invasero l’impero roma-no. Nel secolo successivo vi fu unnuovo problema cristologico che videriuniti due Concili Ecumenici, quellodi Efeso (431), i vescovi che non l’ac-

chia forte anche in quelli cattolici. È ildramma di chi non ha saputo acco-gliere la “secolarizzazione” ed è cadu-to nel secolarismo che è una formapratica di ateismo. Per quel che ri-guarda l’Islam c’è una identificazionecompleta fra scautismo, religione e ilPaese di cui si fa parte. Se in quel Pae-se c’è una forte minoranza cattolica,ed esiste una associazione scout di cat-tolici, non è raro trovare in essa, anchea livello di capi, ragazzi musulmaniche si trovano meglio in associazionidi scout cattolici dove l’aspetto reli-gioso è più curato.Si tenga anche presente che in Paesicon alto numero di scout associati etradizione di associazione unica (peres. Regno Unito e USA) esistonocouncils o comitees delle diverse con-fessioni cristiane e delle altre religioniche seguono i gruppi locali di quellaconfessione o religione. Questo è par-ticolarmente evidente negli USA: uncapo cattolico, è stabilmente presso lasede della Conferenza Episcopale de-gli Stati Uniti a Washington DC, LaConferenza nomina anche un Vescovoche deve occuparsi dei comitees discout cattolici. 5

A prescindere da una fede religiosa sipuò dare un’antropologia solo filoso-fica dell’uomo? Cioè una visione del-l’uomo che si risolva piegandosi su sestessi? L’umanismo è finito. Non c’èpiù nessuno che ritenga davvero che

Altre differenze, all’interno dellaChiesa cattolica, si danno tra diversescuole teologiche. Ma pensando chenon sia il caso di considerarle qui,prendo come punto di riferimento ilCatechismo della Chiesa Cattolica(CCC), presentato al Popolo di Dio daGiovanni Paolo II con la Costituzio-ne Apostolica Fidei Depositum, del1992 e il Catechismo per Adulti dellaCEI, La verità vi farà liberi, del 1995. Nei due Catechismi non c’è una vo-ce dedicata all’antropologia cristiana.Occorre ritrovarla in diverse sezioni. 8

Partiamo dalla Creazione che è espres-sione dell’amore di Dio Padre (“nellaCreazione le creature escono dallemani di Dio aperte dalla chiave dell’a-more”, san Tommaso d’Aquino), ope-ra del Verbo (cfr. Gv 1, 1-3; Col. 1, 16-17). Anche lo Spirito santo che è Spi-rito creatore, è presente. Dunque tut-ta la SS. Trinità vede come propria laCreazione che ha come fine la gloriadi Dio e la gioia dell’uomo.Infatti tra le altre creature c’è l’uomoche è stato creato “ad immagine di Diolo creò, maschio e femmina li creò”(Gn 1, 27). Capace di riconoscere e diamare il suo Creatore, l’uomo, ognipersona umana, è al vertice della Crea-zione visibile. Tutto gli è sottomesso. Alui spetta servire e amare Dio, e offrir-gli tutte le creature. Di qui un gran ri-spetto per il creato. Data la comuneorigine il genere umano forma un’u-

nità. Questo vuol dire che tutti gli uo-mini sono veramente fratelli.

L’uomo è l’unica creatura che è insie-me, con unità sostanziale, anima-cor-po. Il corpo ci arriva dai nostri geni-tori, l’anima che lo informa, ed è spi-rituale, è creata direttamente da Dio.L’anima, essendo spirituale, è immor-tale. Dio ha creato la persona umana“uomo” e “donna”, entrambi sono adimmagine di Dio che certo non è ses-suato, ma si presenta nella Bibbia co-me Padre, Madre e Sposo. 9 La Chiesa,interpretando il simbolismo del lin-guaggio biblico, insegna che Adamoed Eva, i nostri progenitori, avevano lagrazia della santità originale che li ren-deva partecipi della vita divina (cfr. Gn1,26-2, 24).Ma avvenne la “caduta” (cfr. Gn 3, 1-24).Dio è infinitamente buono, le realtàcreate sono buone (o belle) o moltobuone (o molto belle).10 Eppure ci ap-pare, nella sua esistenza reale, il malefisico, e questo lo capiamo per la limi-tatezza di ogni creatura, e – peggio –il male morale, cioè quello che derivadalla libertà dell’uomo, intelligente evolitivo. È il rifiuto di accettare ilprofondo legame che c’è con Dio. Ilpeccato non è provocato, di solito, daun difetto di crescita, come una debo-

lezza psicologica, un errore, un condi-zionamento sociologico, ma dal catti-vo uso della libertà. Questo cattivo usofu già nei nostri progenitori che furo-no sedotti da Satana, chiamato anchediavolo.11 Così Adamo ed Eva, secon-do Genesi, hanno preferito loro stessi aDio, perdendo la condizione di graziain cui si trovavano. In Adamo tuttihanno peccato, ma in Cristo, nuovoAdamo, è salvata tutta l’umanità (cfr.Rm 5, 12-7, 25). Il peccato originale,che colpisce la natura umana, si ampliacoi peccati personali. Nella storia del-la Chiesa si sono date due posizioniestreme e opposte. Quella pelagiana(da Pelagio, IV-V secolo, che la soste-neva) che ritiene che senza bisognodella grazia l’uomo ce la faccia a vive-re bene e così a salvarsi.12 Questa po-sizione è presente in pensatori con-temporanei, negli Illuministi, in parti-colare in Jean Jacques Rousseau,(1712-1778), in Karl Marx (1818-1883) e nei marxisti, perché il maleper loro viene dalla società e dalle so-vrastrutture, in sé l’uomo è buono, oin Autori come lo spagnolo FernandoSavater,o l’italiano Carlo Augusto Via-no.13 Col Protestantesimo fu proposta,per esaltare il ruolo di Cristo nellaRedenzione, la tesi dell’uomo total-mente distrutto dal peccato originalee la necessità di una giustificazioneche sarebbe stata, ovviamente, soloesterna.14 Nel mondo cattolico dal

24

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

XVII al XIX secolo si sviluppò ilGiansenismo (da Cornelio Jansen,1585-1638, teologo olandese docentea Lovanio, poi vescovo di Ypres) cheaveva posizioni simili anche se piùmoderate. Fu condannato dalla Chie-sa, ma fu presente in molti teologi epastori, anche in Italia, lungo quasitutto l’800. Nel ‘600 vi avevano ade-rito le Monache di Port-Royal e Blai-se de Pascal (1623-1662). Si esprime-va con forme molto rigide, sia nel vis-suto che nel culto. Il giovane Alessan-dro Manzoni (1785-1873) che sposòin prime nozze, una ginevrina calvini-sta, dopo una giovinezza agnostica siconvertì al cattolicesimo, ma ad uncattolicesimo colorato del gianseni-smo moderato di alcuni suoi maestri.15

Nell’insegnamento della Chiesa catto-lica il peccato originale che è in Ada-mo ed Eva, è personale. In tutti i lorodiscendenti che formano un’unità,quello che chiamiamo il genere uma-no, il peccato originale colpisce la na-tura umana di ogni singola persona,ma non come peccato personale. Co-me si trasmetta è un mistero che nonpossiamo comprendere appieno. Quelche importa è che viene eliminatodalla Redenzione realizzata dalla Pas-sione, Morte, Risurrezione di Cristo.Questo avviene nella Chiesa col Bat-tesimo, che può essere celebrato se-condo le norme liturgiche, o essere

Battesimo di sangue, il martirio, o es-sere Battesimo di desiderio, pur re-stando la ferita che inclina al peccato.Ma le strade del Signore Iddio non so-no le nostre e si pensa che tutti gli uo-mini di buona volontà siano raggiun-ti dalla salvezza portata da Cristo. Èquanto insegnano san Tommaso d’A-quino (1225-1274) e il Concilio Ecu-menico Vaticano II.16 Cosa avvienenell’uomo salvato, redento da Cristo?È messo in grado di vivere la stessa vi-ta di Dio, avendo la grazia, che è lapartecipazione creata della stessa vitaincreata di Dio. Questa grazia permet-te ad ogni persona di avere fede, spe-ranza, carità infuse, e tutte le altrevirtù, anche esse infuse. Si tratta di“accogliere” questo dono e di viverlo.Viverlo nella Chiesa significa entrarvicol Battesimo, crescervi con la Con-fermazione, esservi nutriti (e tanto al-tro) con l’Eucaristia, essere nuova-mente riconciliato con la Riconcilia-zione o Penitenza, esservi aiutato esollevato quando la fine della vita, perestrema vecchiezza o per grave malat-tia, fa vedere all’orizzonte la morte, es-servi chiamato al servizio della comu-nità, esservi chiamato a manifestarel’amore fecondo, fedele e unico cheIddio ha per noi. Per poter vivere nel-la Chiesa e avere partecipazione neisacramenti è indispensabile che la no-stra natura umana sia pienamente vis-suta. La grazia non distrugge la natu-

ra, anzi la sostiene ponendola a livellosoprannaturale.L’uomo è chiamato alla vita eterna.Dopo la morte, con la quale la vitanon vien tolta ma è solo mutata, c’èun giudizio personale con la prospet-tiva del Paradiso, del Purgatorio e, an-che, dell’Inferno a seconda di come siè vissuta la propria vita. A questo ri-guardo occorre sempre affidarsi all’in-finita misericordia di Dio che nonvuole la morte del peccatore ma che siconverta e viva. L’uomo è chiamato al-la vita eterna in attesa della beata Ri-surrezione che vedrà il compiersi delGiudizio universale, a premio dei buo-ni e condanna senza fine per i malvagi.In questa prospettiva la Chiesa leggel’uomo, riferendosi all’insegnamentodell’Antico e Nuovo Testamento e al-la Tradizione che si sviluppa in ma-niera omogenea.Una sintesi dell’antropologia cristianasi trova nella Costituzione pastoraledel Concilio Ecumenico Vaticano II,Gaudium et spes, sulla Chiesa nel mon-do contemporaneo, a partire dall’affer-mazione della dignità umana. Infattil’uomo è creato ad immagine di Dio(GS, 12), costituito in santità, è cadu-to nel peccato (GS, 13). L’uomo èunità di anima e corpo (GS, 14). C’ènell’uomo la dignità dell’intelligenza,verità e sapienza e della coscienza mo-rale (GS, 15-16), la sua libertà eccellenel suo vissuto (GS, 17). L’uomo in-

25

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

26

quella del 1929. Allora esistevano leideologie che si offrivano come alter-nativa. Oggi non ce ne sono. 2. La metafora della liquidità. Èsempre presa dal mare. L’usa con sin-golare flessibilità Zygmunt Bauman,sociologo e filosofo inglese di origineebree polacche. I modelli, oggi, nonsono più dati e assiomatici. Ce ne so-no troppi e in contrasto tra loro. Cosìmancano i punti di riferimento. Glistessi parametri etici del grande Codi-ce della Bibbia sembrano diluiti e po-co evidenti. Si parla allora di relativi-smo, di nichilismo, di pensiero debole,di ontologia del declino. L’aveva pre-visto il martire tedesco DietrichBonhoeffer (1906-1945) scrivendo di“décadénce”. Si dissolvono i valori,governanti e amministratori galleggia-no sulla liquidità. 3. La metafora dell’assemblaggio.Esprime il tentativo di mettere insiemetavole diverse per avere una nuova im-barcazione. È una condizione di “me-ticciato”. La tensione, dopo il 1989 el’11 settembre 2001. non è più ideolo-gica ma è legata alle differenze cultura-li. Scrive Amin Maalouf che occorrefermare la pantera identitaria prima checi divori. Il “meticciato” è un assem-blaggio non facile né esente da rischi.Quanto importa è che vi siano luoghidi reciproco riconoscimento. 4. La metafora della navigazione.Ha lo scopo di far finire la crisi in at-

diritti, la comunicazione mediatica,l’artificialità della vita, la durezza poli-tica (E. Levinas, P. Ricoeur, J. Haber-mas, J. Derrida). Come si può notare,qui e là si trovano anche aspetti posi-tivi. Del resto il moderno proponevaun tempo, non più ciclico ma linea-re,in vista del progresso. In questo sen-so in linea col pensiero giudeo cristia-no. 21

Il 13 giugno del 2010, Avvenire, hapubblicato alle pp. IV e V di Agorà (èl’inserto domenicale) un breve saggiodi mons. Bruno Forte, arcivescovometropolita di Chieti, e acuto pensa-tore, nel quale l’Autore espone la cri-si del “villaggio globale” proponendoquattro metafore per poi arrivare aquella che riguarda Babele e la suatorre. Sono le seguenti: 1. La metafora del naufragio. Ne fauso Hans Blumenberg come strumen-to interpretativo dell’epoca moderna edella sua crisi. Guardando, in piedi sul-la solida terra, un lontano naufragio,non ci si rallegra dell’altrui rovina madella distanza da una simile situazione.Lucrezio che descrive questa scena, èsicuro della sua certezza, l’uomo mo-derno, no. Perché, come dice Blaise dePascal “ vous étes embarqué”. Non c’èpiù uno stabile punto di vista, la scien-za non basta. Così noi del post-mo-derno viviamo la crisi economica inmodo ben diverso da come fu vissuta

contra la morte (GS, 18), può caderenell’ateismo (GS, 19-21), ma è solo nelVerbo che si è fatto carne, Gesù Cri-sto Signore, che si mostra l’uomonuovo (GS, 22).

L’antropologia teologica così descritta,in cosa rende non accettabili alcuneproposte che fa il mondo al cristiano?Il mondo qui è inteso in senso gio-vanneo. 17 Cioè un mondo incapace didare la vera pace, un mondo che rela-tivizza la verità, un mondo che vedenel piacere, nel successo effimero, nel-l’usa e getta, nel più forte, in colui“che ce la fa sempre”, nell’egoismo,nell’utile, i suoi punti di riferimento.Sono disvalori proposti ovviamentecome valori. 18

Un autore contemporaneo, in un’o-pera del 1995, 19 propone diverse con-siderazioni sul mondo in cui viviamo,quello post-moderno. È una societàdell’informazione (D. Bell; A. Fol-ler),20 della crisi della ragione (A. Le-vin; J. Derrida; R. Barthes), di una per-sistenza del moderno, ma alla deriva(L. Hutcheon; J. Barth), di una mo-dernità che deve ancora svolgere tut-te le sue potenzialità (J. Habermas), èuna società nella quale si è alla ricercadi atteggiamenti valoriali come l’ospi-talità, il dono, lo scambio, l’amicizia, i

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

27

1 Riccardo Massa (RMA) (1945-2000), voce Educazione, in Enciclope-dia Garzanti di Filosofia, Garzanti, Mi-lano 1994, p.299. Capo scout e Do-cente universitario di pedagogia,Riccardo Massa prematuramentescomparso si è occupato in diverseoccasioni dello scautismo, a livello diricerca scientifica.

2 In inglese la formula è rispettiva-mente WOSM, World Organisationof Scout Movement e WAGGGS,World Association Girl Guides andGirl Scouts. Cfr. Su Internet i rispet-tivi siti.

3 Prima di essere assunto, e profumata-mente pagato, dal Bureau Mondiale,Nagy (1921-2009), di famiglia prote-stante ungherese, sociologo, avevasvolto un’ indagine sociologica suigiovani in America Latina per contodel Bureau Mondiale, indagine che, sidice, abbia interessato molto anche laCIA.

4 Cfr. la Legge Scaut all’art. 4 che reci-ta: “lo scout e la guida sono amici ditutti e fratelli/sorelle di ogni altroscout o guida”.

5 Negli USA, nei grandi campi fissi cheesistono in quasi tutti gli Stati, c’è unachiesa cattolica, con un AE stabile, unTempio protestante, con un Pastorestabile, e in alcuni – mi è stato detto- anche una moschea.

6 In Italia è utile conoscere due noti fi-losofi – anche se le loro posizioni so-

costruttori della torre perché hannovoluto farsi un nome, assicurarsi da so-li una genealogia universale. Secondola metafora biblica non sarà l’omolo-gazione delle differenze il futuro del-l’umanità ma la loro convivialità, il re-ciproco riconoscersi e accettarsi sulfondamento comune della dignità as-soluta di ogni persona umana e il di-ritto di ciascuno all’eguaglianza for-male e sostanziale. Davanti al Dio del-la storia nessun uomo è un’isola. Sitratta di costruire insieme a tutti – ol-tre il naufragio e sulle onde della mo-dernità liquida – la barca che ci facciacompiere il viaggio verso il porto, in-travvisto dalla speranza e mai intera-mente posseduto nella realtà, portodella pace universale e della giustiziaper tutti.

Anche queste due riflessioni, quella diK. Kumar e quella di B. Forte, ci per-mettono di comprendere l’antropolo-gia cristiana nel suo ruolo nel mondocontemporaneo, ruolo che consistenel riconoscere nell’informazione labase per l’educazione e l’autoeduca-zione, nella speranza di arrivare al por-to della Pace e della Giustizia che cer-to sono doni di Dio che ci rendono“beati” secondo la buona notizia diGesù (cfr. Mt 5, 6.9-10).

fra Giacomo Grasso, o.p.

to. Cita il poeta Mario Luzi (1914-2005) che, nel 1935, scrive di una bar-ca da cui “si vede il mondo e in luiuna verità che procede intrepida…”.Dopo le azioni infauste del nazifasci-smo (il punto più in basso lo vive laShoah), in Italia si costruisce una Co-stituzione, la nostra, in cui si trova ilpensiero cattolico come effetto delCodice di Camaldoli, frutto del lavorosvolto in quel monastero da giovani diA.C. e della FUCI, che hanno allespalle un pensiero simile a quello diJacques Maritain (1882-1973) e anchedi E. Mounier (1905-1950), il perso-nalismo e quello comunitario. Ma vi sitrova anche il pensiero liberale e quel-lo socialista. Dalla Costituzione emer-ge un gran rispetto per i diritti inalie-nabili della persona, la sua dignità, ilsuo lavoro ecc. La crisi non si superase la persona, la sua dignità, il suo la-voro non tornano ad essere centro emisura dell’economia e della politica.

Ma c’è un’altra metafora, non piùliquida ma assai solida. È quella trattadal “grande codice” dell’ethos del-l’Occidente, la Bibbia che al cap. 11 diGenesi ci parla della Torre di Babele,immagine della confusione disgregan-te, origine di tutte le crisi nate dallascissione del virtuale e il reale. GiàVoltaire (1694-1778) avvertiva cheBabele vuol dire “el”, Dio, “baba”, pa-dre. Secondo J. Derrida, Dio punisce i

no diverse. Si tratta di Gianni Vattimoe di Massimo Cacciari. Tra i filosofi dimatrice cattolica non vanno dimen-ticati Evandro Agazzi, Vittorio Pos-senti, Ugo Perone, Marco Ivaldo, Ge-rardo Cunico, e tra quelli defuntiPietro Prini (1915-2008), l‘ampiaopera di Italo Mancini (1925-1993),nonché quella sistematica, con solidabase storica e con grande stile, di So-fia Vanni Rovighi,(1908-1993).

7 Nel 1973, 10 maggio, si ebbe una di-chiarazione congiunta di Papa PaoloVI e del Papa di Alessandria SherudaIII, che mostra una posizione cristo-logica unica. Il monofisismo non esi-ste più nella Chiesa copta d’Egitto.Cfr. EV, 4, 2488 e ss..E neppure nel-le altre. Ad ognuna di queste treChiese ortodosse orientali corrispon-dono altrettante Chiese unite a Ro-ma.

8 Nel CCC, dal n. 279 al n. 412, daln.1987 al n. 2016; nel CdA dellaCEI, dal n. 324 al. 349, dal n.. 351 aln. 407, dal.n. 1184 al n. 1232.

9 L’immagine perfetta del Dio l’invisi-bile è il “Figlio diletto”, Gesù cfr. Col1, 13.15.

10 In ebraico lo stesso termine sta ad in-dicare il “buono” e il “bello”.

11 Scrivendo della Creazione avrei do-vuto far cenno alla Creazione degli

angeli che sono puri spiriti. Ungruppo di angeli si è ribellato a Dio:sono gli angeli caduti, i diavoli, tra es-si Satana. Sono alla sorgente di ciòche è male. Il male, dunque, non è unEssere come lo è Dio. Non c’è, infat-ti, un Dio del Bene e un Dio del Ma-le (come sostenevano i Manichei),ma un unico Dio del bene. Il male èuna privazione di Bene, nient’altro.

12 Il Pelagianesimo fu combattuto dasant’Agostino e condannato dal Con-cilio di Cartagine del 418, Concilioapprovato da Papa Zosimo; nel IIConcilio di Orange del 529, fu con-dannato il semipelagianesimo, ilConcilio fu approvato da Papa Boni-fazio II. Cfr. DS, 222 e ss.; 370 e ss.

13 Savater propone un’etica dell’amorproprio, e un suo libro, Etica per un fi-glio, Laterza, Roma-Bari ha avuto inItalia, più di dodici ristampe negli an-ni 1992-1993. Viano propone unneo-utilitarismo. A livello teoretico sicolloca il “pensiero debole”. Ne è ilprincipale esponente il torinese prof.Gianni Vattimo, già citato.

14 Se l’uomo è solo perdizione, la gra-zia è un po’ come una coperta stesasu di lui. Copre e giustifica, ma restala corruzione.

15 Cfr. Tommaso Gallarati Scotti (1878-1966) La giovinezza del Manzoni, Mi-

lano, Mondadori 1982. È un libroche merita d’esser letto.

16 Cfr. Thomas Aquinatis, Summa theolo-giae, I-II, 89, 6 c che afferma chel’uomo giunto alla capacità di inten-dere e di volere, che sceglie il bene,per mezzo della grazia ottiene la sal-vezza; Concilio Ecumenico VaticanoII, Costituzione dogmatica sulla Chiesa,Lumen gentium, n. 16, quasi alla fine,dove si afferma che la Divina provvi-denza non nega gli aiuti necessari al-la salvezza a coloro che non sono an-cora arrivati alla chiara cognizione ericonoscimento di Dio e si sforzano,non senza la grazia divina, di rag-giungere la vita retta.

17 Cfr. Gv 8, 23; 15, 19; 17, 14.15.16.18 Il termine valore è termine equivoco, per-

ché corrisponde sia a “è un bene, perciòvale”, sia a “è un bene perché per me va-le”. Meglio dire “autentica realtà”.

19 Krishan Kumar, Le nuove teorie delmondo contemporaneo, tr. it., Einaudi,Torino 2000.

20 Che la nostra sia una civiltà dell’informazione lo proponeva già Vitto-rio Ghetti nei suoi Campi Scuola agliinizi degli anni ’70.

21 Cfr. Paolo VI, Enciclica Populorum pro-gressio (1967); Benedetto XVI, Enci-clica Caritas in veritate (2009) che citamolte volte la Populorum progressio.

28

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

Pensare il futuro dello scautismo

Ci siamo lasciati alla fine del convegno “Cento anni

di scautismo: l’impegno per l’educazione di giovani

continua” con l’idea di approfondire gli spunti lasciati dai

relatori per progettare lo scautismo dell’Agesci per

i prossimi anni. L’articolo di Franco è un passo avanti

per ipotizzare il futuro.

Nell’organizzare il convegno avevamoimmaginato di concluderlo con unelenco di interrogativi seri per il futu-ro, su cui riflettere poi in tranquillità,con più tempo per approfondire. Èstata una velleità insoddisfatta: il dibat-tito è stato molto contenuto e l’ideache seduta stante si potesse redigerequegli interrogativi peccava di presun-zione. Ma si può fare ora. Ecco perchéil punto interrogativo ritorna spessonelle righe che seguono; e anchequando non compare, occorre consi-derare i pensieri come discutibili, cioèche nessuno vieta di farlo! (potendoliperaltro immediatamente e tranquilla-mente gettare nel cestino).Il convegno intendeva sollecitare inAssociazione una riflessione soprattut-to di tipo pedagogico. Qui segue in-vece un miscuglio di idee che riguar-dano valori e sfide per la singola per-sona, la propria comunità ristretta, ilmondo intero; o che mirano a indica-zioni di impegno e di metodo per vi-verli sia nel quotidiano educativo, sianello strutturarci come associazione.Insomma un macello! Gli interrogati-vi li ho pensati come nodi di una re-te dinamica di rapporti: suggerisco dimantenere questa impostazione di re-te per conservare, pur nella semplifi-cazione che essa già presenta e conquelle necessarie per agire sulla retestessa, quella dinamica fra i pensieri,invece di renderli illusoriamente più

servire.org/), ho riassunto le idee prin-cipali comunicate nelle relazioni, con-vinto che queste non siano state suffi-cientemente utilizzate in Associazione econ la speranza che lo possano ancoraessere. La mia sintesi, seppur abbastan-za estesa, mi pare però mortifichi co-stantemente quelle idee, con il rischiotalvolta di stravolgerle: esorto quindi ilettori a leggere direttamente, il piùpresto possibile, gli atti del Convegno,pubblicati su Servire n. 4/2007 e sca-ricabili dallo stesso sito.

Uno sciame di interrogativiTutti gli articoli di questo numero giàanalizzano il presente restando sempreorientati al futuro, ma proverei con ilmio scritto a sbilanciarmi maggior-mente sul futuro, con qualche incur-sione temeraria. Il fondamento del mio pensiero resta ilConvegno organizzato da Servire nel2007 ”Cento anni di scautismo: l’impegnoper l’educazione di giovani continua”. In unallegato a questo articolo, scaricabile dalsito di Servire (http://www.rs-

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

29

comprensibili irrigidendoli nel rigormortis di tante tabelle a doppia entra-ta. Le semplificazioni sono state ap-portate anche per concentrarsi quimaggiormente sul tema dell’educazio-ne, non ignorando quanto questa sialegata a filo doppio ad altre tematichee problematiche del nostro vivere: maquel filo doppio non si riuscirà poiconsiderarlo efficacemente se non sicerca di concentrarsi in primo luogosul legame educazione/paradigma ge-nerale di riferimento (per il quale sirimanda agli atti del convegno).

Disinteresse della pedagogia perlo scautismo? E viceversa?Enver Bardulla nel suo primo inter-vento al convegno ha risposto sì alprimo interrogativo, introducendo an-che il sospetto di una sorta di autore-ferenzialità dello scautismo: ne parlanosolo pedagogisti per varie vie amicidello scautismo e, forse, entra nelloscautismo solo chi è già scout poten-zialmente. Io aggiungo che mi sembrache la pedagogia non sia nelle corde dinoi capi: siamo ben più portati allaconcretezza del fare educazione chenon al pensiero sul perché farla. Io al-meno sono così. Enver aggiunge poiche ciò non è necessariamente un ma-le, perché ci salva da un deriva di “pe-dagogizzazione e scolarizzazione”, cheperaltro ha costituito e costituisce tal-volta ancora un rischio reale per lo

scautismo. Fra noi amiamo dire cheutilizziamo un metodo sufficiente-mente adeguato nei valori proposti esemplice nella azioni da promuovere,che permette a chiunque sia dotato diintelligenza, cuore e carattere di farebene il capo.La domanda è “Allora, possiamo star-cene tranquilli?”. In questo interessan-te cambiamento di paradigma, daquello moderno a quello post-moder-no, che obbliga l’educazione tutta a ri-vedere la sua stessa essenza, addirittu-ra per il suo continuare a esistere, nondovremmo entrare (almeno un po’)nel dibattito che la pedagogia ha co-minciato ad affrontare? Non abbiamonulla da imparare da questo dibattito?Nulla da apportare?

C’è un solo modo di fare scautismo?Ho vissuto fin da ragazzo diversi in-contri con scout di altri paesi e homolto spesso coltivato qualche com-plesso di superiorità. Mi ricordo, nel1960, lo sconcerto nel visitare una se-de di clan in Inghilterra, identica nel-l’arredamento a quella di un club(poltrone, bersaglio per le freccette, ar-madio di liquori); e lo stupore del lo-ro campeggiare in luoghi simili a cam-ping attrezzati, ben diversi dalle nostredure montagne piemontesi. Natural-mente non mi ero sforzato di capireche cosa ci fosse sotto la superficie,

con il giudizio che fossi di fronte a un“totalmente altro” rispetto al modo“puro” di fare scautismo. A occhiomantengo le mie perplessità per la se-de di clan (anche se per loro era pureil luogo di incontro al di fuori delleattività scout e dunque mantenevauno scopo secondario utile); ma vede-re oggi il nostro sforzo di trovare luo-ghi di campo, ripiegando sempre dipiù su nostri luoghi già attrezzati incoerenza alle leggi vigenti, mi fa capi-re che vedevo solo una parte dellarealtà. Gli esempi sono banali, ma misembra che permettano di affrontarecon animo più sgombro le differenzepiù serie che connotano oggi i diver-si scautismi italiani e mondiali. È pos-sibile ed è utile una omologazioneverso una visione di scautismo da “du-ri e puri”? E qual è l’essenza di que-sta purezza, il modo vero di fare scau-tismo? L’adesione alla “parola” di B.-P.? Ma non riderebbe di noi a vedereuna coerenza fondamentalista con lui,invece di guardare con testa nuova aigorghi impervi da superare con la no-stra canoa? Mi spingo su altre questio-ni ineludibili. Qual è il senso della ne-cessità di mantenere degli scautismiconfessionali, affiancati dal resto delmondo che entra in quelli “laici”?Quale prospettiva seria per l’Italia cista davanti, dopo decenni di coesisten-za di due scautismi cattolici?Nessuno di questi e altri quesiti ha ri-

30

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

sposte facili e nessuna risposta sarà in-dolore. La risposta chiede di misurarsisu alcune questioni inerenti la fratel-lanza in forza della Legge scout. Esse-re fratelli chiede necessariamente diabitare in perfetta sintonia sotto unostesso tetto? Oppure abitare sotto unostesso tetto con idee diverse? Oppurestare in pace lontani e diversi? Oppu-re altre abitabilità ancora? Possiamoforse essere aiutati nella scelta guar-dando con più attenzione al mondoche ci sta intorno, che ci pone sfideeducative avvincenti: quando si parladi “assenza di discriminazioni diorientamento sessuale” si intende unmodo seriamente umano di conside-rare l’omosessualità? la non discrimi-nazione in tema di “opinione politica”sottintende un modo intelligente eaperto di concepire l’educazione allapolitica nello scautismo? la “ricerca didialogo interculturale e religioso” ri-sponde all’interrogativo se il dualismocattolici/laici che connota le nostredue associazioni sia il modo più ap-propriato di affrontare il dialogo stes-so? il tema della “integrazione sociale”richiama il mai risolto dubbio se sia-mo capaci di accogliere poveri edemarginati”? l’affermazione che “lapace non può essere ottenuta conqualsiasi mezzo” mette in luce l’arduaquestione se essa possa essere garanti-ta con le armi in pugno? Insomma,frontiere davvero importanti che ci in-

vitano ad attraversarle e che ci appas-sionerà il farlo.

Perché non frontiere virtuali?Enver ha sottolineato come la metafo-ra dell’uomo di frontiera abbia segna-to il successo dello scautismo nelmondo; e come questo grande giocoavventuroso, in un ambiente naturalea misura dei ragazzi e in una simula-zione che riproduce le situazioni e lefunzioni fondamentali dell’esistenzaumana, abbia costituito la sua valenzaeducativa. Il canovaccio del gioco èevidentemente datato e risente di uncontesto sociale, culturale ed educati-vo superati da tempo. Ma la sua capa-cità di tenuta sta anche nella capacitàdello scautismo di adeguarsi in tempirapidi al cambiamento, dovuta al fattoche la gestione e la responsabilità delprocesso educativo sono affidate aigiovani, capi o ragazzi che siano. Di fatto in questo momento quellametafora è totalmente appannata e misono spesso chiesto se non si possacercarne una nuova. Alcuni anni fapensavo che la navigazione in rete dipersone coese nel movimento educa-tivo dello scautismo potesse costituireuna nuova metafora, avventurosa co-me quella dello scout d’inizio ‘900 eforiera di grandi risultati. Enver avevadissentito subito all’idea, perché oc-corre considerare meglio la dialetticareale/virtuale. Alla fine degli anni ’60

si denunciava il rischio di fuga dallarealtà, in uno scautismo che si ostina-va a portare i ragazzi nei boschi: la di-fesa del nostro gioco avventuroso con-sistette allora nel salvare il virtuale dal-le pretese monopolistiche del reale; etutto questo non in difesa dello scau-tismo, bensì dell’educazione comeprocesso di mediazione, come costru-zione di realtà per molti aspetti fittizia(l’ambiente fantastico, l’avventura, lastrada) ai fini del progressivo inseri-mento a pieno titolo nella realtà vera,nella realtà della storia. Nella fase at-tuale invece, a rischio è soprattutto ilreale, per la tendenza sempre più dif-fusa di riferimento ad aspetti virtualiin tante second life che non hanno, néforse vogliono avere, alcuna ricadutasulla first life. Quindi il grande giocodello scautismo, pur nella metafora,deve oggi svolgersi attraverso espe-rienze reali, concrete e prolungate divita all’aperto e di gestione compe-tente delle interazioni individuali e digruppo con l’ambiente naturale (cfr.Atti del convegno p. 42-43 e 66).Allora: ho capito che il navigare in re-te corre il rischio di evadere nel vir-tuale; che quindi non è una buonametafora; che quella dello scout-nella-natura permette invece di vivere espe-rienze reali (e non virtualmente me-diate) nell’ambiente; che si difendecosì il reale da un eccesso di virtuale.Ma la rete non potrebbe permetterci

31

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

di valicare frontiere virtuali per diven-tare donne e uomini più reali? Nonbasterebbe imparare ad utilizzare quelmezzo di informazione e comunica-zione da persone più libere e respon-sabili? Ci basta come oggi la rete vie-ne utilizzata ad esempio per dibatterequestioni educative e associative di-verse da quelle centro/periferia? A mefrancamente no.

Adulti di successo?All’interno del paradigma post-mo-derno ampio rilievo è dato al ruolodell’adulto e alle questioni del cosid-detto “conflitto generazionale”. Perquesta problematica rimando ancorauna volta a quanto contenuto negli at-ti del convegno, in particolare alle re-lazioni dei tre scout inviati nel futuroper dirci come esso sarà in ordine aquestioni importanti per l’educazione.Qui mi limito a interrogarmi su qua-le tipo di adulto vogliamo promuove-re di fronte ai ragazzi.È tale la nostra attenzione a metterci afianco dei ragazzi in una posizione diparità, sia nelle esperienze da vivere,sia nell’abbigliamento (cretini vestiti dabambini?), che vediamo molti aspettidella nostra vita adulta come inqui-nanti di questo rapporto. La nostra im-magine non deve essere offuscata dauna ricerca del successo (alla B.-P.) sullavoro; il nostro tempo dedicato allafamiglia deve essere minimale, per non

sottrarne troppo alla nostra vocazionedi capi; i nostri insuccessi scolasticinon ci turbano e quasi ci fanno senti-re più vicini ai nostri ragazzi in diffi-coltà; una ricerca di maturità politicaè bene che resti soffusa per il timoredi influenzare; è così via. Ma non èquesto il modo migliore di presentar-ci come “adulti a metà” (se va bene)?Quale processo di identificazione scat-terà dal rapporto fra il ragazzo e que-sto adulto, che tende a dissimularsi e anon percorrere le sue altre vocazionicui ha risposto “Eccomi”? A me sem-bra un tema tutt’altro che banale, cheva affrontato accettando che le rispo-ste potranno rendere necessaria la ri-duzione dei tempi dedicati all’esserecapo, per intensificare quelli da dedi-care al crescere come adulti. Solo co-sì il rapporto educativo sarà completo.

Legami deboli o legami forti?Sappiamo che i nostri ragazzi vivonorelazioni educative differenziate e dif-ferenti: nella famiglia, nella scuola, nel-lo scautismo e altrove ancora. E sap-piamo che questa differenziazione nonè immune da conflitti fra questi ambi-ti educativi. Spesso il sogno è quello diriuscire a comporre conflitti e a svi-luppare sinergie, impostando progettieducativi che prevedano un dialogofra questi ambiti.Ma è davvero possibile che questodialogo sia fecondo? Che si riesca a

pervenire a un approccio educativoche compenetri davvero famiglia-scuola-scautismo-altro, non ferman-dosi a un puro scambio di punti di vi-sta? Mentre è fondamentale incontra-re i genitori per meglio conoscersi efar capire come si può crescere attra-verso lo scautismo, è possibile artico-lare un progetto educativo o un pro-gramma derivandolo da un patto conloro? È proficuo parlare con gli inse-gnanti di un ragazzo per esplorare in-sieme le sue eventuali difficoltà? A tut-ti gli interrogativi a me viene da ri-spondere no e cerco di elencare qual-che argomento per le situazioni piùnormali (discutibile, come ho detto inapertura). Una volta che famiglia-scuola-scauti-smo-altro siano decorosamente pre-senti, è proprio la diversità fra questiambiti che costituisce una esperienzaricca per un ragazzo, che può contaresu opportunità, adulti, modi di intera-gire diversi e non omologati su ununico stile. Come in quasi tutte le re-ti di rapporti complesse, è spesso pro-prio un legame debole, e non uno for-te, a fare la differenza, a dare dinami-smo, a pescare nel mistero che è ognu-no di noi la risorsa finora ignota perdarci lo slancio a crescere. Mantenereperciò una sana individualità delloscautismo, con un legame consapevo-le e rispettoso ma debole con gli altriambiti di crescita, non dovrebbe avere

32

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

più capacità di successo? Parliamone,perché la tendenza generosa di strin-gere legami forti con gli altri ambiti (oalmeno la volontà di volerli stringere)è forse più frequente di quanto non siimmagini.

Altro ancora?Certamente sì. Ma non c’è qui spazio,né la certezza di aver individuato in-terrogativi giusti o almeno prioritari.Lo spazio c’è e tanto in Associazionee spero che venga occupato.

Franco La Ferla

La prima delle due mezze giornate diincontro era dedicata a cercare di ca-pire come sia stato possibile il suc-cesso di un movimento educati-vo quale lo scautismo, a partire da uncampo sperimentale di 20 ragazzi sul-l’isola di Brownsea. In apertura, si è ri-levato subito (Giancarlo Lombardi) l’a-nalogia di questo convegno con unevento di ben maggiore importanza,quale il Concilio, in cui la Chiesa si erafermata per cercare di ragionare su checosa stava facendo, su che cosa avevafatto in passato e [soprattutto] su checosa avrebbe dovuto fare in futuro perrispondere alla sua vocazione. Sono state allora ripercorse le linee diSviluppo dello scautismo cattolicoin Italia, dal primo sviluppo delloscautismo, alla nascita di Asci e Agi e in-fine dell’Agesci (Luciano Pazzaglia). Quindi si è riflettuto sul Posto delloscautismo nella pedagogia e sul-l’applicazione di alcuni suoi spuntimetodologici in altri ambiti (CesareScurati).

Rosy Bindi, all’epoca Ministro dellepolitiche per la famiglia, ha ragionatosul Valore sociale dell’educazione,guardando al futuro in termini di sfidedel presente (caratterizzate come dirit-ti dei giovani all’identità, al futuro, allaparola, a sperimentarsi) e di prospettiveimportanti per i giovani (aiutarli a os-servare in modo nuovo la propria vita,promuoverne la partecipazione oltre ilmero coinvolgimento, perseguire unavera cittadinanza attraverso una educa-zione - democratica - alla democrazia,favorire lo sviluppo di un dialogo in-tergenerazionale); ha rimarcato il ruo-lo della famiglia e la necessità di aiutar-la a essere sempre più all’altezza del suocompito; e ha sottolineato la fonda-mentale necessità della fiducia recipro-ca fra ragazzi ed educatori. In chiusura di questa prima parte, DonBruno Maggioni ha trattato il Temabiblico del cammino (da Gilgame-sh ad Abramo, all’Esodo, al pellegri-naggio al tempio, al cammino di Ge-sù), stimolo interessante per fondare

33

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

“Cento anni di scautismo: l’impegno per l’educazione di giovani continua”(Milano, Università Cattolica, 27-28 ottobre 2007)

Sintesi

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

35

con la perdita dell’esperienza di fini-tezza che la nascita naturale compor-ta. In termini di appartenenza, appenaoltre la frontiera dell’oggi, le possibi-lità spaziano dalle già consolidate tra-sfusioni di sangue e trapianti di alcuniorgani alla transgenesi (che mette inun organismo geni provenienti da spe-cie diverse), alla proteomica (che po-trà far esprimere il genoma di un or-ganismo umano in modo che risulti diaspetto simile a quello di uno scim-panzé), fino alle tecnologie cyborg (percombinare materia vivente e sostanzeartificiali). Il risultato di tutto ciò èuna “tecnimorfizzazione della realtà”,attraverso una tecnologia non priva dirischi, soprattutto per le modalità concui l’uomo comprende il mondo e sestesso. Si può oscurare la dimensionepassiva inscritta nel nascere, nel viveree nel morire, sempre più vista solo intermini negativi, dimenticando che ilnostro corpo è il primo “altro” che in-contriamo sulla strada della nostra cre-scita umana di soggetti consapevoli eche segna la nostra libertà, connotan-dola fin dall’inizio, in quanto intrinse-camente relazionale, a farci responsa-bili sul piano personale e sociale. Invece, il ritorno dal futuro-oltrefron-tiera di Fausto Colombo, in tema diScoprire e comunicare, ha messo inevidenza come oggi i temi della co-municazione non siano affatto estraneialle altre dimensioni della vita sociale,

che, in tema di educazione, esso nonha a che fare con i contenuti o i valo-ri specifici oggetto di trasmissione cul-turale, ma piuttosto con i presuppostidi fondo e con il ruolo attribuito al-l’azione educativa. (NdR Suspence finoalla seconda relazione di Enver per capirei tratti di questo nuovo paradigma!).Si è passati allora ad esplorare alcune“Visioni di futuro”, obbligando trerelatori a guardare in là nel tempo intre territori per noi interessanti e adirci sommariamente i tratti di questofuturo, anche senza troppe argomenta-zioni, imitando il modo sommario diuno scout inviato in terre sconosciuteche riferisce che cosa ci aspetta varca-ta la frontiera. Carlo Casalone haesplorato il tema del Nascere, vive-re, morire, facendone una panorami-ca in termini di tempo-spazio-appar-tenenza, dove si assiste a una diluizio-ne dei confini della vita e della cor-poreità. In termini di tempo, il mo-mento della nascita e della morte nonsono così facili da determinare in mo-do condiviso e la medicina predittivacondiziona delle scelte di vita primache essa avvenga, così come la medi-cina rigenerativa arriva a invertire iltempo negli stadi dello sviluppo cellu-lare anche quando questi stadi sonogià stati superati. In termini di spazio,dalla fecondazione in vitro si potreb-be arrivare, anche per l’uomo, a unprocesso generativo fuori dal corpo,

meglio la riflessione sul camminocentenario dello scautismo e sulla pra-tica della strada nella nostra metodo-logia educativa.La seconda mezza giornata era invecetotalmente dedicata al Futuro dell’e-ducazione. Enver Bardulla ha in pri-mo luogo delineato il sostanziale di-sinteresse della pedagogia per lo scau-tismo, richiamando il sospetto che sitratti quindi del successo di un pro-dotto ‘di nicchia’, di una proposta va-lida solo per settori ristretti della po-polazione giovanile, solo per chi è giàpotenzialmente scout… Ha quindimesso in risalto la necessità di legare lariflessione sullo scautismo e sull’edu-cazione tutta al quadro di riferimentoculturale dominante, al cosiddetto ‘pa-radigma’, che alla nascita dello scauti-smo era quello della modernità, mache è oggi quello della post-moder-nità. All’interno della modernità l’e-ducazione era vista: come strumentoed effetto del progresso e di un pro-cesso di civilizzazione concepito comeprocesso rettilineo; come chiave di ac-cesso ai valori universali e alla pienarealizzazione umana; come processofinalizzato al conseguimento dell’au-tonomia e della capacità di autodeter-minazione tipiche della condizioneadulta. Però il paradigma è cambiato e,nel riflettere su tale cambiamento, vatenuto presente che si tratta per suanatura un cambiamento “epocale” e

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

36

Mario Deaglio, il terzo scout ritornato,ci ha parlato del Futuro dell’Euro-pa in un mondo che cambia. Perun economista, la base solida su cuiappoggiarsi per guardare al futuro è lademografia, che ci riserva dati moltointeressanti e attendibili: la popolazio-ne mondiale cresce annualmente conun aggiunta equivalente a un paesecome l’Italia, verso una stabilizzazionesui 9 miliardi intorno al 2050; la tran-sizione demografica, percorsa daglieuropei in 150/250 anni, i cinesi lapercorreranno in poco più di 70 annie altri paesi in tempi ancora più bre-vi, nel senso che invecchieranno piùrapidamente; il patto relativo alla datadel pensionamento e alla lunghezzaprevista dalla vita genera via via siste-mi pensionistici insostenibili, con con-flitti generazionali crescenti; gli euro-pei si avviano a rappresentare non piùdel 5% della popolazione mondialesenza più essere noi a comandare, né inostri cugini americani; la produzioneindustriale dei paesi ricchi (Europa,USA, Giappone) era intorno al 60% diquella mondiale fino al 1990-95 e nelgiro di 10 anni è scesa sotto il 50%, uncalo che si sta manifestando anche nelsettore dei servizi (es. software dall’In-dia e microchips dall’Asia). Tutto ciòcomporta per noi un cambiamentoestremamente difficile e doloroso nelnostro modo di pensare e nel nostroorizzonte di vita (quali possessori di

salto generazionale. L’immediato emaggior uso di queste tecnologie daparte dei giovani, connotati così dauna maggiore “anzianità di servizio”sulla rete, che, venendo immediata-mente assorbito senza il faticoso per-corso di apprendimento attraverso lascuola e le famiglie, ha creato una sor-ta di ribaltamento fra giovani e anzia-ni. Su questa problematica il futuro ciriserva una doppia possibilità. La pri-ma è una frattura generazionale fortee crescente, dove però la generazionedei padri fa fatica a pensare al proprioinvecchiamento e continua a sentirsigiovane: con il “paradosso corporeo”dell’adolescente che dovrebbe cresce-re guardando a degli adulti, che a lorovolta guardano all’adolescenza come aun modello di comportamento. La se-conda possibilità è la chance senzaprecedenti di integrazione e di dialo-go, perché questa diversità generazio-nale è una ricchezza, queste differen-ze sono una straordinaria opportunitàdi scambio e di apprendimento, dovei padri hanno anche l’opportunità dirimettere in discussione le proprieconvinzioni. Anche nella costruzionedi questo terreno nuovo sta il giocoper le tradizionali agenzie di forma-zione, che dovranno recuperare quel-lo che hanno sempre fatto e ritrovarel’entusiasmo di farlo, avendo oggi a di-sposizione opportunità tecnologichesenza precedenti.

come l’economia, la politica, l’etica, lascienza, probabilmente perché l’evolu-zione tecnologica ha di fatto materia-lizzato, prima che fossimo pronti, al-cune metafore che la letteratura avevaprovveduto a indicare. Ad esempio l’i-dea dalla fantascienza di cyborg, nell’u-so che molti di noi fanno dei media:il tempo giornaliero di collegamentofisico con la rete è così elevato da di-ventarne noi stessi una sua estensione,tale da cambiare la nostra vita indivi-duale e sociale (essere contempora-neamente su piani diversi, circondatida persone con cui possiamo sceglie-re di non parlare, mentre comunichia-mo con molte altre assai lontane danoi. Una conseguenza interessante èuna sorta di supremazia dei giovani. Lagenerazione precedente è cresciutacon le tecnologie meccaniche, caratte-rizzate dalla aggiustabilità se si rompe-vano (e dunque dalla durevolezza) edalla comprensibilità, entro certi limi-ti. Ora, con l’elettronica, l’incompren-sibilità si è fortemente accentuata, contecnologie sempre più facili da capiree sempre più difficili da capire nel lo-ro reale funzionamento. In questa fasedi passaggio molto delicata, i nuovimedia che nascono appartengono allenuove generazioni: certo anche le al-tre generazioni le utilizzano, ma inmodo diverso rispetto a quelle piùgiovani e si pone in modo più dram-matico che in passato il problema del

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

37

con precisione, non possono che fareriferimento alle tendenze individuatenella prima parte di questa relazione(NdR Parte che ognuno a questo puntoavrà certamente letto!). Bardulla elencaben 15 tendenze, rilevando come permolte di esse lo scautismo sia senzadubbio da considerare un precursoredel paradigma educativo che si sta de-lineando; e pensando che ciò sia sem-plicemente la conseguenza dell’essen-zialità della proposta educativa scout,della sua adesione, più che a un para-digma specifico (ossia alle credenze easpettative condivise in materia di edu-cazione da una società storicamente egeograficamente determinata), all’es-senza stessa dell’educazione. Il merito èsenza dubbio della genialità del fonda-tore, oltre che delle circostanze e dellemodalità che hanno caratterizzato l’o-rigine e lo sviluppo del movimento. Siè trattato della proposta di un grandegioco avventuroso, da svolgere in unambiente a misura dei ragazzi, in cui es-si operano acquisendo certe compe-tenze, rispettando certe regole e adot-tando un certo stile; il gioco consistenel gestire con successi, come singoli ecome gruppo, il rapporto con l’am-biente naturale, muovendosi con mol-ta libertà, imparando per esperienza di-retta, nella simulazione che riproducele situazioni e le funzioni fondamenta-li dell’esistenza umana. Il canovacciodel gioco è evidentemente datato e ri-

si rimanda alla lettura diretta degli atti).L’intervento si è concluso con un “pic-colissimo sguardo all’Italia”, incentratosul considerare una generazione di gio-vani che non ha più le motivazioni diuna volta, che riesce ad affrontare que-stioni tecnico-scientifiche molto ardue,senza poi saper sbrigare le cose norma-li della vita, assumendosi le necessarieresponsabilità. L’educazione scout èprobabilmente in grado di aiutare acrescere in questa concretezza respon-sabile.Forti di tutte queste riflessioni, si ègiunti al considerare gli interrogativiper il futuro dell’educazione (En-ver Bardulla). In apertura sono stati ri-letti in chiave pedagogica le visioni difuturo espresse dai tre scout, quindi si èavviata la riflessione sui limiti coi qua-li è chiamata a misurarsi la nostra fidu-cia nella possibilità dell’azione educati-va. Una prima parte, molto ben argo-mentata, per giungere al futuro delloscautismo ha toccato i seguenti impor-tanti temi: Adulto e crescita educativa –Adulti incerti del futuro – I tempi dell’edu-cazione – La scuola tra formazione ed edu-cazione: si rimanda per questi alla lettu-ra diretta degli atti, per non dilatare ol-tre misura questa “finestrona”. E si ègiunti così a pensare sullo Scautismo enuovo paradigma educativo, promessa chechiudeva il primo intervento di Enver.Le componenti principali di questo pa-radigma, benché non ancora definibili

tecnologie avanzate, ricchezza, moder-nità, valori riconosciuti superiori al re-sto del mondo): si impone un enormeesercizio di umiltà, perché essere polismondiale richiede prepararci rinuncia-re alla pretesa di una nostra superiorità,non foss’altro perché non abbiamo piùi mezzi con i quali esercitare questopredominio. Oltre alla dimensionetemporale della polis futura che i datihanno fin qui descritto, per quanto ri-guarda la sua dimensione spaziale ci so-no due orizzonti mondiali interessanti.Il primo, ad integrazione del peso mag-giore che va dato alla Cina, è la rispo-sta alla domanda di ingresso della Tur-chia nell’UE. Dal punto di vista eco-nomico i motivi per l’ingresso ci sonotutti; permangono invece gli interroga-tivi morali (che cosa abbiamo noi incomune con i turchi, per molto temponemici storici della nostra civiltà?). An-drà poi fatto l’esercizio mentale di pen-sare che nel giro di 10-15 anni po-tremmo essere una polis con una pre-senza islamica intorno al 20%, con lanecessità di regole di comportamentonella vita civile che devono essere tut-te rimesse in discussione. Il secondoorizzonte (lanciandosi in previsioni ar-dite, come chi lo ha invitato lo ha pre-gato di fare) è la forte probabilità che laCina nei prossimi 15-30 anni diventilargamente cattolica: quattro considera-zioni ben argomentate rendono ragio-nevole questo orizzonte (NdR Per esse

sente di un contesto sociale, culturaleed educativo superati da tempo. Ma lasua capacità di tenuta sta anche nellacapacità dello scautismo di adeguarsi intempi rapidi al cambiamento, dovuta alfatto che la gestione e la responsabilitàdel processo educativo sono affidate aigiovani, capi o ragazzi che siano. Per cuiil metodo-movimento ideato da B.-P.appare, come si è detto, con molti deitratti distintivi del nuovo paradigmaeducativo e le prospettive su Quale fu-turo per lo scautismo parrebbero quindipiuttosto rassicuranti, almeno nel breveperiodo. Se non fosse però che i re-stanti tratti distintivi ascrivibili al nuo-vo paradigma mettono in discussione,più che una particolare declinazionestorica dell’educazione, l’educazione inquanto tale. Ciò potrebbe comportarela presa d’atto, da parte del movimen-to, di una restrizione del suo ambientedi operatività e l’abbandono definitivodel suo proporsi come terzo ambienteeducativo o come completamento del-la formazione attuata da altre agenzie;dove l’ipotesi di uno scautismo autore-ferenziale diviene ancora più fondata.Gli spunti per il futuro tratteggiati daEnver hanno poi toccato principal-mente l’applicazione del metodo. Eccoun sommario elenco. Sarà opportunofavorire, anziché contrastare, la molte-plicità e flessibilità dei modelli, rinun-ciando alla omogeneizzazione deglistrumenti formativi. Fra le conseguen-

ze di ciò, potrebbe anche esserci ab-bandono di qualsiasi iniziativa volta aricomporre la frattura prodotta dallanascita degli Scout d’Europa, nono-stante le sollecitazioni in senso contra-rio provenienti dall’episcopato. L’edu-cazione va letta anche come un pro-cesso di mediazione fra il virtuale e ilreale: oggi è a rischio soprattutto il rea-le per la tendenza sempre più diffusa diriferimento ad aspetti virtuali in tantesecond life che non hanno, né forse vo-gliono avere, alcuna ricaduta sulla firstlife: quindi il grande gioco dello scauti-smo dovrà svolgersi attraverso espe-rienze concrete e prolungate di vita al-l’aperto e di gestione competente del-le interazioni individuali e di gruppocon l’ambiente naturale. Anche il gio-co nella natura si va facendo semprepiù artificiale, aumentando così il ri-schio di pedagogizzazione, ossia di pro-grammazione a tavolino e di abbando-no dell’approccio empirico adottatodal fondatore, orientandosi verso unoscautismo virtuale, vissuto più che altroa livello discorsivo. Anche l’insuccessonegli anni scorsi del lungo impegnodella Pattuglia Ambiente testimonia lapotenziale deriva verso uno scautismoscolasticizzato, in cui i problemi del-l’ambiente tendono a essere affrontaticome uno dei temi da trattare median-te attività specifiche, ossia come qual-cosa di esterno alla vita scout. Adottan-do comunque, in via provvisoria, l’idea

genericissima dell’essere lo scautismo“un grande gioco educativo basato sul-l’avventura in ambiente naturale”, peril futuro nessuna di queste qualificazio-ni può venire azzerata, anche a costo difare del marchingegno ideato da Ba-den-Powell un metodo o movimentogiovanile fuori moda e in controten-denza rispetto agli orientamenti domi-nanti, proprio perché finalizzato all’e-ducazione (anziché al disimpegno inquesto ambito). Occorrano, per questo,adulti disposti a fare la propria parte ead aiutare i ragazzi a formarsi un carat-tere e ad acquisire le competenze chesi richiedono, oggi più di ieri, a chivuole affrontare “l’avventura degli uo-mini liberi”. È anche o soprattutto perquesto che occorre riscoprire lo scau-tismo come “scuola di capi”. Il Convegno è stato chiuso da due in-terventi importanti: L’impegno perl’educazione dei giovani continuadi Giancarlo Lombardi, che ha sottoli-neato i valori profondi che ci debbonopermeare, sia come persone che comegruppo e Associazione, nell’appassio-nante cammino educativo che ci aspet-ta; e Un nuovo centenario davantia noi del Capo Scout Eugenio Gara-vini, che ha richiamato lo stile che cideve guidare nello sforzo educativo,all’indomani della “sbornia di visibilitàrappresentata dal Centenario. Si rac-comandala lettura diretta dei due testinegli atti del convegno.

38

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

39

Il termine paradigma (paradigmatico), spesso usato nelsenso di esempio (esemplare), è stato utilizzato come ter-mine tecnico in campo filosofico, ad es. da Platone col si-gnificato di modello (il mondo sensibile è un p. del mon-do degli esseri eterni).Nella filosofia della scienza indica l’insieme coerente e ar-ticolato di teorie, metodi e procedimenti che contraddistin-guono in modo predominante una fase dell’evoluzione diuna determinata scienza. È stato in particolare l’epistemo-logo americano Thomas S. Kuhn (1922-1996) a introdur-re il termine p. nella descrizione della struttura delle rivo-luzioni scientifiche (1962). Tale struttura è descritta comeuna successione di sei fasi: periodo pre-paradigmatico; ac-cettazione del paradigma; scienza normale; nascita delleanomalie; crisi del paradigma; rivoluzione scientifica. So-no leggibili quindi, come risultato di questa successione difasi, la rivoluzione copernicana, la rivoluzione della chi-mica operata da Lavoisier, la rivoluzione dell’elettrostaticadi Franklin, la rivoluzione darwiniana, la relatività di Ein-stein. Una crisi determina la falsificazione del paradigmafino ad allora accettato e, nel periodo della scienza rivolu-zionaria, si creano paradigmi diversi e si apre una discus-sione all’interno della comunità scientifica su quali di que-sti accettare. Questo punto di vista di Kuhn, che si con-trapponeva all’empirismo logico, non è da tutti condiviso(un critico è ad es. Karl Popper).

L’impostazione di Kuhn si è comunque diffusa anche inaltri campi, ad esempio in quello storico. Qui per p. si èintesa l’intera costellazione di credenze, valori, tecniche, ecc.

condivisi dai membri di una intera comunità. Tale letturaper paradigmi è stata anche utilizzata nella storia delle re-ligioni. Lo ha fatto ad esempio il teologo svizzero HansKüng nei suoi tre recenti volumi in cui descrive, per far-le reciprocamente conoscere, le tre religioni monoteisti-che: Ebraismo, Cristianesimo, Islam. Il Cristianesimoavrebbe ad es. percorso cinque paradigmi: P I) apocalitti-co dei giudeo-cristiani; P II) ellenistico-bizantino-russo; PIII) medievale della chiesa cattolico-romana; P IV) prote-stantico-riformato; P V) illuministico–moderno; e oggi,nella crisi della modernità, esso si starebbe avviando versoil P VI) della post-modernità. Importante notare: a) che, nelpassaggio da un paradigma all’altro, permangono alcuni deitratti delle “costellazioni” precedenti che possono agevo-lare, osservando il costante nel mutevole, la ricerca dell’es-senza di una religione; b) che la diffusione della religionein aree geografiche diverse fa convivere nello stesso tem-po p. diversi.Anche la pedagogia, e all’interno di essa l’educazione, pos-sono essere lette in chiave paradigmatica.Per quanto riguarda lo scautismo si può dire che: a) sonotroppo brevi i suoi cent’anni per darne una lettura para-digmatica; b) quello nato in ambito cristiano è vissuto al-l’interno dei paradigmi P IV), P V) e di quello attuale del-la crisi della modernità; c) alcuni suoi attuali e interessan-ti aspetti critici possono essere indagati facendo qualcheanalogia con i veri e propri cambiamenti paradigmatici,ipotizzando che si stia passando da quello “del fondatore”a uno “successivo”, cui sarà possibile attribuire una deno-minazione corretta solo a cambiamento avvenuto.

Paradigma

Siamo ancora vivi… ed in buona salute!

I due articoli che seguono sono il tentativo di allargare

la visuale sui temi del Convegno 2007, riprendendo

le sollecitazioni dell’articolo di Franco La Ferla.

L’intervento di Davide Magatti e Davide Brasca

contestualizza nello scautismo dell’Agesci

le sfide educative per il futuro

Lo scautismo educa ancoraLo scautismo, concepito secondo ilsuo metodo classico, ha ancora la for-za per incidere significativamente sulpercorso di crescita delle persone?Guardiamo a chi è già partito da qual-che anno. In molte comunità tra quel-le che conosciamo meglio, i capi di-mostrano, se non sempre almeno conuna frequenza che merita attenzione,di saper maturare scelte significative divita adulta e cristiana. Premesso che l’orientamento esisten-ziale di un adulto è sintesi di molti di-

IntroduzioneQuesto articolo nasce in un pomerig-gio di settembre sotto il portico di unapiccola chiesa sul lago di Como. Unadecina di minuti di sentiero dal picco-lo borgo. Libri aperti sul muretto, fo-gli di appunti, lettura dell’articolo diFranco presente in questo numero diServire, idee, discussione, ragionamen-ti. Lo stile di scrittura porta il segnodel modo ‘all’aria aperta’ con cui è na-to: al rigore del procedere si preferiscela forza evocativa di una idea a cui sitiene veramente.

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

41

versi contributi esperienziali e diuna necessaria elaborazione personale,tuttavia pensiamo, tenendo presenti lestorie ed i volti che conosciamo diret-tamente, che per molti di questi uo-mini e donne lo scautismo sia statodavvero un campo da gioco fonda-mentale nel dare una direzione allapropria vita.Va osservato che lo scautismo incidesulla vita delle persone dove pratica-to con costanza, dove il roverismo/scoltismo è ben fatto e spessissimoanche dove in qualche modo ‘rivis-suto e ripensato’ attraverso l’espe-rienza di capo.Va riconosciuto inoltre che, quasisempre, chi si incammina verso meteimportanti ha saputo integrare il pro-prio percorso educativo scout con ele-menti significativi ‘esterni’ e successivialla ‘Partenza’ che gli hanno permessodi rileggere e di valorizzare, arric-chendolo, quanto ricevuto dagli am-bienti educativi frequentati, scautismoincluso. Ovvero: occorre andare più afondo e, secondo il mandato della Par-tenza, occorre anche saperlo fare inconsapevole autonomia.In questo senso, è bene non attribuireallo scautismo tutti i compiti dell’edu-cazione e neppure proiettare sull’edu-cazione stessa un’aspettativa di esausti-vità. Lo scautismo, in quanto percorsodi accompagnamento del ragazzo allavita adulta, persegue compiti ‘antropo-

logici’ essenziali sapendo che anchenell’ambito di questi ultimi molto cisarà da fare anche a conclusione delpercorso educativo scout.Il capo scout si prende cura soprattut-to di alcuni ambiti personali del ra-gazzo, quelli fondamentali, quelli atti-nenti all’umano: il valore dato da rela-zioni stabili, leali e significative, il sen-so della fatica, componente irriducibi-le dell’esistenza, il senso della bellezzaprofonda della natura e della vita, ilsenso del mistero, l’incontro con ilVangelo.

Scautismo e tempo presenteQuesto sguardo volto all’essenzialesolleva, in parte, dalla rincorsa affan-nosa ai dettagli molteplici della con-temporaneità, verso la quale è comun-que bene mantenere un’attenzioneconsapevole, cercando una lettura maibanalizzante.Come ogni altra persona, anche il ca-po scout fatica nel confronto con i ra-pidi cambiamenti della città degli uo-mini. Ci si divide tra l’esaltazione delcontingente, delle tecnologie, in mo-do spesso poco equilibrato, e l’oppo-sta tentazione di resistenza nostalgica;in entrambi i casi si fatica a leggeredentro all’oggi ciò che è davvero del-l’uomo e ciò che è di sempre.Non è particolarmente interessanteproporre una scelta tra la danza intor-no alla novità o, all’opposto, la fuga da

ogni distrazione del mondo: compitoben più prezioso è provare ad accen-dere la capacità di riconoscere tra lecose mutevoli del mondo l’essenzialedi sempre presente in esse.In questo percorso di discernimentonon è difficile riconoscere che oggi al-cuni valori ‘essenziali’ hanno raggiun-to una possibilità di fruizione più altache in passato (il valore della fraternitàmondiale, consolidato dall’immedia-tezza dei contatti tra le persone), men-tre altri sono stati erosi dalla moder-nità (si è sempre meno inclini alla fa-tica, a percorsi di vera ascesi, è semprepiù scontata l’idea di una naturale pu-rezza degli istinti). Lo scautismo che conosciamo sembrapiù facilmente incline a seguire le ‘no-vità’ raccogliendo, come è naturaleche sia, le tipicità delle stagioni e del-le generazioni che attraversa. Per con-trasto si hanno poi momenti di sco-raggiamento e delusione circa il tem-po che ci è dato da vivere. L’atteggia-mento più convincente e difficile cisembra quello che accoglie il presentecon serenità ritrovandovi cose bellissi-me da sostenere e cose di cattiva qua-lità da contrastare, dando alle une edalle altre nomi precisi.

Non a qualsiasi vento, non suqualsiasi sentieroIl rover e la scolta che partono versola vita possono raccogliere diversi li-

velli di eredità educativa dello scauti-smo: la spinta verso le proprie scelte divita, capacità di relazioni autentiche,competenze pratiche, il gusto per ilcammino, molti amici, racconti e ri-cordi. Qualche Partenza si spegne nel tem-po breve, qualcuno si spende finché ilgruppo lo accompagna, qualche altroapre invece la traccia di una significa-tiva e duratura testimonianza attraver-so la propria vita. Il capo scout accet-ta il rischio evangelico della semina elascia al Signore il compito di separa-re grano e zizzania. Per contro portacon se il principio: ‘meglio niente chequalsiasi scautismo’ e si interroga seper caso il suo sia uno scautismo qual-siasi.Fare il capo scout è un servizio checontamina e condiziona anni decisividella vita: ha un valore, ma ha ancheun prezzo. Chi fa il capo scout resi-stendo alla contaminazione esistenzia-le del suo servizio vive anni di tensio-ne; chi invece si lascia modificare nel-la vita concreta dal suo servizio di ca-po apre vie interiori e vitali di granderespiro. In primis impara che dentro lerichieste di tempo, energia, spirito disacrificio che gli vengono fatte si na-sconde una singolarissima unione spi-rituale con il Cristo ‘pastore della pe-corella smarrita’, buon samaritano,servo che da la vita per noi. Il caposcout è questo per i suoi ragazzi!

42

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

Fare il capo non è, tuttavia, la dimen-sione ultima della Partenza. Solo guar-dando al campo grande della Chiesa edel mondo ci si appropria in mododefinitivo del posto di voga sulla pro-pria canoa, cercando con responsabi-lità ed autonomia quel procedere co-stante che dovrebbe essere il lascitoprimo di un’autentica Partenza.Non sovraccarichiamo lo scautismo diaspettative. Il sentiero che dalla Pro-messa conduce alla Partenza offre, cre-diamo, un’ottima ascesi giovanile, mail ragazzo divenuto adulto non puòfermarsi. Non basta: occorre fare nuo-vi passi, acquisire nuove prassi, conso-lidare nella maturità il fondamento delproprio percorso.Così, ad esempio, se lo scautismo cat-tolico fornisce un’efficace iniziazionealla vita ed alla fede cristiana, occorreda adulti continuare sul proprio per-corso di fede, rinnovando una conver-sione profonda attingendo ad altriluoghi e ad altri linguaggi da quelliesclusivamente scout.

Adulti di successoChe cosa significa?Chi ha trent’anni oggi si rende facil-mente conto che, rispetto alle genera-

zioni precedenti, il tema del successoè stato gradualmente esteso dalle tra-dizionali categorie economiche e dipotere (successo in quanto hai, oppu-re, per contro, anche in quanto non-hai) alle categorie della relazione (suc-cesso in quanto hai il dono di una vi-ta felice, con la grazia di relazioni sta-bili e profonde: la famiglia non è piùun dato di fatto).

Io credo che noi siamo stati posti in questomondo di meravigliose bellezze con unaparticolare capacità per apprezzarle, taloraper avere la gioia di collaborare al loro svi-luppo, ed anche per poter aiutare gli altri,invece di scavalcarli e, tutto ciò facendo, go-dere la vita - ossia raggiungere la felicità.Questo è ciò che io chiamo «successo», es-sere felice.

(B.-P., La strada verso il successo)

La competenza della relazione si ac-quisisce attraverso l’esperienza dellarelazione stessa. Lo scautismo proponeuno scenario reale nel quale vivere in-sieme ad altri, esercitando uno stile diconvivenza, di confronto e di perdo-no, attraverso la presenza viva di adul-ti che partecipano al gioco, all’avven-tura ed alla strada insieme ai ragazzi.

La direzionalità della proposta educa-tiva scout, scandita da passaggi irrever-sibili, comunica il senso della linearitàdell’esistenza e della storia delle per-sone, orienta la vita alle scelte future,aiuta il giovane a leggersi dentro alproprio tempo, prepara l’adulto ad af-frontare con speranza le prove cheverranno.All’eterno ritorno nichilista, ancoraradicato nel cuore dell’uomo contem-poraneo, si contrappone la strada chesi apre verso l’orizzonte; all’idea cheogni giorno si possa esaurire in se stes-so come un ennesimo giro di danza, sicontrappone la capacità di contare ipropri giorni per farne un camminodi grazia.

Su questa generazione, quella dei capidi oggi, aspettiamo ad affrettare ungiudizio; crediamo che non abbia daesprimere nulla in meno, in quanto acapacità di testimonianza, di quelleche l’hanno preceduta, incontriamogiovani donne e giovani uomini capa-ci di coraggio, umiltà, dialogo e gran-de slancio ideale. In questo senso per-sone in cammino verso il successo.

Davide Magatti – p. Davide Brasca

43

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

L’educazione al tempo di Facebook

Uno dei temi lanciati al Convegno del 2007 riguardava le

nuove possibilità di comunicazione. L’articolo di Roberto

evidenzia il ruolo della rete nel mondo contemporaneo e ne

illustra le opportunità educative

Pochi, però, si sono resi conto che inpoco più di “un sol giorno e una sola not-te” un nuovo immenso continente stanascendo sotto i nostri occhi i cui abi-tanti circolano indisturbati nelle nostrecittà e nelle nostre case, usando per in-tendersi fra loro, segni e linguaggi allamaggior parte di noi ancora scono-sciuti, dotati di intraprendenza e astu-zia e ai cui voleri presto soggiaceremosenza poterci ribellare.

Mi riferisco ovviamente agli utenti diFacebook (familiarmente: “FB”) unarete sociale che conta ormai 500 mi-lioni di iscritti in tutto il mondo. Sefosse una terra ferma sarebbe il terzo

È noto come Platone, nei dialoghi Ti-meo e Crizia, abbia narrato di un’im-mensa isola leggendaria, situata oltre leColonne d’Ercole, il cui nome eraAtlantide. Essa scomparve “in un solgiorno e una notte di disgrazia”. Moltosi è dibattuto sulla veridicità storica diquesto racconto. Strabone e Posido-nio credettero alla sua esistenza, Teo-pompo la negò; Francis Bacon la di-pinse come la terra dell’utopia, geo-grafi svedesi la identificarono in Iper-borea, una mitica terra del Nord; car-tografi alsaziani sostennero di avererinvenuto le tracce di questo perdutocontinente sotto la crosta di ghiacciodell’Antartide.

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

45

paese più popoloso al mondo dopo laCina e l’India. Come tante altre ini-ziative di successo nate nei pressi del-la Sylicon Valley anche FB è stato con-cepito nel garage di uno studentello,tale Marck Zuckerberg, che l’avevaideato come un sistema per tenere in-sieme le foto dei compagni di classe.Ragazzi: stiamo parlando del 2005,non dell’epoca di Posidonio. Oggi ilventiseienne plurimiliardario detta lenuove regole della comunicazione,della privacy, ridefinisce il linguaggio,ci costringe a ripensare al nostro ruo-lo nella società e persino ai valori suiquali intendiamo costruirla. Ovvia-mente anche al tipo e agli strumentidell’educazione.

Come funziona?Breve intermezzo per quei pochi fra ilettori (ma certamente la maggioran-za tra gli autorevoli redattori di R-SServire...) che non hanno un accountsu FB e magari non sanno neppure diche si tratta (non sono ancora, cioè,cittadini pieni di questo nuovo, po-tenzialmente sconfinato continenteche sta emergendo tra i gorghi impe-tuosi di una tecnologia che ci affasci-na e ci spaventa insieme). Cosa è, co-me funziona, come ci si iscrive a FB?Molto semplice: è un sito web(www.facebook.com) al quale ci siiscrive gratuitamente indicando sem-plicemente il proprio nome (quello

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

46

no i blog, Myspace, le messaggerie ti-po MSN, la condivisione della musicasu Thounds e su Itunes. Con SKYPEci parliamo anche a gruppi di dieci. Ingenere la tecnologia WIKI consente achiunque abbia un collegamento a in-ternet di partecipare, interagire e con-tribuire alla formazione di una cono-scenza comune (da qui Wikipedia lanuova enciclopedia universale, Wiki-leaks per sapere tutto che avreste vo-luto chiedere alla CIA o all’FBI e nonavete mai avuto il coraggio di chiede-re loro, e ovviamente Wikiscout che vispiega in dettaglio ora quel che i sitiufficiali dell’Agesci vi diranno in sin-tesi fra qualche mese).L’elenco potrebbe continuare ma nonè questo lo scopo di questo articolo.Il quale, invece, tra le tante domandeche questa nuova e per molti aspettisconosciuta realtà solleva, vorrebbecercare di circoscriverne alcune lega-te al tema dell’educazione. Anzi, peressere più precisi, a quel tipo partico-lare di educazione che è lo scautismoche con i suoi antichi riti degli uo-mini dei boschi che cantano intornoal fuoco e guardano le stelle sembre-rebbe essere completamente fuorigioco nelle nuove liturgie del mon-do virtuale e digitale.

Social network e uomini dei boschiLa prima domanda è quasi scontatabenché doverosa: c’è uno spazio per lo

sto pensando, possono incoraggiarmi(o più probabilmente suggerirmi diabbandonare l’ardua impresa), possonoinviare commenti, materiali o sempli-cemente segnalarmi con il simbolo delpollice verso l’alto che sono contentidi quel che sto facendo (tre amici ef-fettivamente sono contenti).A mia volta posso osservare quel cheessi fanno (o quanto meno quel cheessi dicono di fare), mandare loro mes-saggi, eccetera. Eccoci dunque tuttiuniti, connessi fra di noi, una grandefamiglia di amici che si parlano, si os-servano, si commentano l’un l’altro.Stretti stretti. Ma ben separati da tec-nologici schermi luminosi che igieni-camente mantengono le distanze.Dunque uniti nonostante le migliaiadi chilometri che ci distanziano, malontanissimi, nonostante che io sia inuna stanza e voi nell’altra affianco.

Va anche subito detto che FB è solouna piccola parte di questo immensocontinente che sta emergendo e che,per quanto mi riguarda esso è solo unesempio una metafora di una realtàpiù articolata e complessa. Molti altrisocial network ci permettono facilmen-te di condividere e interagire: tramiteYou Tube possiamo scambiarci video efilmati, tramite Flickr immagini e fo-tografie, con Twitter i pensieri dell’i-stante, con Linkedin i curriculum e leaspettative di nuovo lavoro. Poi ci so-

vero o, ahi, ahi, ahi: uno finto) e unapassword. Dopodiché al vostro buoncuore: potete aggiungere una foto,l’indicazione dei vostri libri o filmpreferiti, l’orientamento politico, reli-gioso, quello sportivo o sessuale, i mo-tivi per i quali ritenete di esistere equelli per i quali volete andare a man-giare una pizza, se siete single, fidanza-ti o sposati (e ovviamente se siete tor-nati single: ciao Elisa, possiamo torna-re a incontrarci!). Insomma: una vetri-na di quel che siete e fate. Ma ovvia-mente non è solo questo. Una serie difunzioni semplici da usare permette discambiare messaggi con altri utenti(come con la tradizionale posta elet-tronica), di telefonarsi, di chattare, discambiare foto o filmati. È possibilegiocare, sfidarsi a poker e ad altri in-trattenimenti più o meno insulsi. Lacosa che rende però veramente pecu-liare FB è che posso dare notizie di mestesso agli altri utenti: in pratica diquel che sto facendo o pensando. Adesempio, pochi minuti fa ho annun-ciato sulla mia pagina di FB che stavoscrivendo un articolo per R-S Servi-re sull’educazione al tempo di Face-book e ho messo una mia foto tuttosudato e stropicciato per lo sforzo da-vanti al computer. Questo importan-tissimo annuncio viene evidenziatosulla mia bacheca e segnalato a tutti imiei “amici” i quali dunque sanno intempo reale quello che sto facendo, o

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

47

per la tutela del parco ittico di SanGregorio, dopodomani per la diffu-sione dell’esperanto nelle scuole me-die. Tutto è bello, nobile, estrema-mente facile, poco faticoso e noncomporta alcun sacrificio. Esiste dav-vero uno scautismo che non implichialcuna fatica e alcun sacrificio? Op-pure è solo una sua perversione e unsuo imbastardimento? Una caricatu-ra di ciò che abbiamo tanto amato?

Quali conquiste sono durature senza sa-crificio? Quali vittorie ci danno gioia senon ci sono costate fatica? Quale cre-scita, quale maturazione, quale primave-ra se il chicco non muore?

Respiri e pixelE poi una terza domanda: nella di-mensione del virtuale dove tutto puòessere vero e al tempo stesso può es-sere fittizio, dove le nostre relazionipossono essere sincere ma anche fa-cilmente camuffate, dove non è pos-sibile guardarsi negli occhi, sentire iltuo respiro, toccare la tua pelle, graf-fiarti, ferirti, abbracciarti mentrepiangiamo insieme, farti capire che tiamo anche senza dirtelo, in questa di-mensione di immagini riflesse, dipixel, di bit, di trucchi digitali chepossono adulterare ciò che è vero efar apparire vivo ciò che neppure esi-ste, ebbene in questo mondo semiimmaginario nel quale ci ritroviamo

di queste nuove tecniche può consi-derarsi una semplice nuova forma distrumenti di comunicazione e quan-do invece queste diventano parte es-senziale del nostro modo di essere, direlazionarci agli altri e a noi stessi,elementi costitutivi della nostra realtàpiù profonda? Lo scautismo al com-puter è sempre scautismo o rischia didiventare qualcosa di profondamentediverso? I ragazzi che passano ottoore al giorno davanti allo schermosono gli stessi che B.-P. lanciava inavanscoperta delle linee nemiche da-gli spalti di Mafeking? Probabilmen-te no e probabilmente non lo eranopiù già negli anni ‘70 e ‘80 quandoben altri modelli e miti ispiravano ipartecipanti RS alla Route dellaMandria o a quella dei Piani di Pez-za. Eppure anche allora una radicecomune rimaneva: la dimensione diun rapporto franco, diretto talvoltaconflittuale tra capi e ragazzi, l’amo-re per la natura, la passione per lastrada come luogo di verità, la vogliadi misurarsi con le difficoltà reali e diconoscere uomini e donne concreta-mente impegnati per cambiare ilmondo rendendolo più giusto eumano. L’insidia di uno scautismovirtuale sta invece in questo: la faci-lità di lanciare appelli, slogan che inun istante si propagano da un capoall’altro della rete: oggi per salvareSakineh dalla lapidazione, domani

scautismo in questa nuova dimensio-ne? Anche la risposta appare sconta-ta, direi persino banale: certo che c’è.Anzi dobbiamo prendere atto chemoltissimi scout sono stati fra i primiad impossessarsi di questa nuova tec-nologia e di questi nuovi strumenti dicomunicazione. Non passa giornosenza che gruppi scout aprano sedivirtuali, annuncino on-line eventi ediniziative, creino gruppi e persino in-contri internazionali tipo Jamboreetramite la rete (pensiamo a JOTI –Jamboree on The Internet che si è af-fiancato a JOTA l’evento realizzatotramite le radio scout).Una volta le circolari si passavanocon la catena telefonica, poi via e-mail, oggi si mettono sul sito web delGruppo. In tutto questo non c’èniente di male, anzi c’è un entusia-smo e una adesione spontanea di tan-tissimi ragazzi che hanno scelto que-sto mezzo come loro prediletto. Ri-tengo giusto che i capi si sforzino diimparare l’uso di queste nuove tecni-che e di questo nuovo linguaggio. Inquesto essi si dimostrano esploratoridi quel mondo sempre sconosciuto enuovo che è il mondo vitale dei lororagazzi, un mondo da scoprire conentusiasmo, coraggio allegria e sanavoglia di imparare.

Mi pongo però anche una secondadomanda: fino a che punto l’utilizzo

immersi e che i social network ci ar-redano e ci organizzano che ne èdella verità delle nostre relazioni? Sa-prai mai se sono io che ti parlo, chedico di crederti, di avere fiducia in teoppure se è un mio alias, un gruppodi scienziati che ti ha scelto come ca-via per un esperimento inventato atavolino?

In Facebook quando gli utenti entra-no in contatto fra loro si chiamano“amici”, friends. Parole che in noievocano una ricchezza di sentimenti,una comunanza di sogni, di speranze,di serate passate a chiacchierare da-vanti al portone di casa. Il concetto di

amicizia su FB è diverso: condividia-mo tante cose, notizie, informazionima nella massa di messaggi la mag-gior parte va ad alimentare un rumo-re di sottofondo che accompagna in-cessantemente le nostre esistenze, in-sieme ai messaggi della TV, il rumoredel tram e quello della pioggia sui ve-tri. È evidente che stiamo parlando ditutto un altro genere di amicizia.

Facebook dunque ri-definisce le pa-role, il loro significato, quello dei no-stri ruoli (può un capo essere “ami-co” dei suoi ragazzi su FB? Probabil-mente no. E nella vita? Quasi certa-mente si!).

Ecco, dunque, che la sapienza educa-tiva dei capi si trova di fronte ad unanuova sfida. Non c’è nulla da demo-nizzare ma c’è ancora molto da com-prendere. Un certo maturale entusia-smo (che io faccio pienamente mio)per le novità di strumenti di comuni-cazione non deve farci dimenticarche essi devono rimanere utensili adisposizione dell’arte del capo, veico-li da utilizzare lungo il viaggio, nondiventare la sua destinazione ultima(un labirinto nel quale forse ci per-deremmo, una misteriosa Atlantideche ci trascina a picco).

Roberto Cociancich

48

L ’ E S I G E N Z A E D U C A T I V A

SERVIREPubblicazione scout per educatori

Fondata da Andreae Vittorio Ghetti

Direttore: Giancarlo Lombardi

Condirettore: Gege Ferrario

Capo redattore: Stefano Pirovano

Redazione: Alessandro Alacevich, Andrea Biondi,Stefano Blanco, p. Davide Brasca, Achille Cartoccio,Roberto Cociancich, Anna Cremonesi, Maurizio Crippa,Roberto D’Alessio, Federica Fasciolo, Laura Galimberti,Mavi Gatti, Piero Gavinelli, don Giuseppe Grampa,Franco La Ferla, Davide Magatti, Agostino Migone, SaulaSironi, Raoul Tiraboschi, Gian Maria Zanoni.

Collaboratori: Maria Luisa Ferrario, p. Giacomo Grassoo.p., Cristina Loglio, Giovanna Pongiglione, p. RemoSartori s.i.

Grafica: Gigi Marchitelli

Disegni: Fabio Bodi

Direttore responsabile: Sergio Gatti

Sito web: www.rs-servire.org

C A R T O L I N A D I S O T T O S C R I Z I O N EP E R L ’ A B B O N A M E N T O 2 0 1 1

Mi abbono per il 2011 ai quaderni di SCOUT R-S Servire

Nome ...................................... Cognome ........................................................

Indirizzo ...........................................................................................................

CAP ...................... Città .......................................................... Prov .............

ho versato l’importo di sul ccp. 54849005 intestato a Agesci, piazza Pasquale Paoli 18, 00186 Roma, indicando la causale

firma ................................................................

abbonamento annuo 20 abbonamento biennale 35 sostenitore 60 estero 25

Tutela della privacy - Consenso al trattamento dei dati personali

Preso atto dell’informativa resami ai sensi dell’art. 13, Dgls n. 196/2003 e noti i diritti a me riconosciuti ex art. 7, stesso decreto:

acconsento non acconsento al trattamento dei miei dati comuni e nei limiti indicati nella menzionata informativa;

acconsento non acconsento al trattamento dei miei dati sensibili, per le finalit� e nei limiti indicati nella menzionata informativa.

Firma _________________________________________________

fotocopia il coupon e invialo in busta chiusa a: Agesci - Segreteria stampa - piazza Pasquale Paoli 18, 00186 Roma

I.R.

Educare è bello!

U n’altra virtù essenziale per chi vuole educare è la speranza paziente. L’educatore deve sapere che

1’evoluzione psicologica e morale della persona è paragonabile alla sua crescita fisica ed organica.

Gesù dice che l’uomo è come il seme che cresce da sé, ma che ha bisogno di ambiente, persone e tempo.

Bisogna saper attendere pazientemente, con l’animo del contadino che semina generosamente, sopporta con

resistenza le fatiche del travaglio educativo, e rinvia sempre la decisione di tagliare la pianta infruttuosa o di

sradicare la gramigna.

L’uomo paziente è ottimista: crede nella bontà della persona e nelle risorse della natura nonostante i limiti e

gli errori, e spera senza delusioni nell’aiuto di Dio che si preoccupa prima e più di lui della salvezza e della

felicità dei suoi figli.

La speranza dell’educatore deve poi contagiare l’educando: senza questa speranza egli troverebbe inutile o

assurdo impegnarsi e collaborare con l’educatore. Il ragazzo deve avere fiducia che l’esperienza del suo

educatore lo aiuterà a imparare modi migliori di comportamento, a trovare risposte soddisfacenti alle sue

domande, soluzioni-adeguate ai suoi problemi.

Soprattutto deve convincersi che, anche se a piccoli passi, può arrivare al traguardo del vero uomo, quello

redento.

L’educatore responsabile, amorevole, ottimista, diventa così modello e ideale di vita. Bambini, ragazzi e

giovani imparano a vivere da chi sa vivere, tramite un rapporto affettuoso.

Tutto questo suscita un’atmosfera contagiosa di gioia e di entusiasmo: educare è bello!

C.M. Martini, Dio educa il suo popolo, Centro ambrosiano di documentazione e studi religiosi, Milano, 1987