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Le filosofie orientali L’induismo: tra politeismo e monoteismo Il giainismo e il principio della non-violenza Buddha e il buddhismo Il confucianesimo e l’aspirazione all’armonia Il taoismo La spiritualità giapponese: zen e shintoismo Le vie dell’illuminazione PROFILO ITINERARI DI LETTURA FILOSOFIA E ALTRI LINGUAGGI Lo zen e le arti marziali FILOSOFIA E CITTADINANZA Il buddhismo tra filosofia e religiosità popolare FILOSOFIA E CONOSCENZA DI SÉ Lo yoga e Platone La sapienza dell’oracolo QUESTIONI CHE CONTANO

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Le filosofie orientali

� L’induismo:tra politeismo e monoteismo

� Il giainismo e il principiodella non-violenza

� Buddha e il buddhismo� Il confucianesimo e

l’aspirazione all’armonia� Il taoismo� La spiritualità giapponese:

zen e shintoismo

� Le vie dell’illuminazione

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A FILOSOFIA E ALTRI LINGUAGGI

� Lo zen e le arti marziali

FILOSOFIA E CITTADINANZA

� Il buddhismo tra filosofiae religiosità popolare

FILOSOFIA E CONOSCENZA DI SÉ

� Lo yoga e Platone� La sapienza dell’oracolo

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Il contesto storico-culturaleLa filosofia e solo occidentale?

La filosofia e un prodotto peculiarmente greco di-

ventato poi patrimonio esclusivo della civilta occi-

dentale? Non e facile affrontare questo problema e

ogni risposta unica e definitiva risulterebbe dogma-

tica. La ragione e che la questione implica un giu-

dizio sulla natura essenziale dell’attivita filosofica,

ossia una risposta precisa alla domanda «che cos’e la

filosofia in se?» Certamente sono esistite e nascono

continuamente molte «filosofie», che possiamo ca-

talogare e confrontare, ma proprio la complessita e

l’eterogeneita della tradizione impedisce di tracciare

una netta linea di demarcazione fra cio che e filo-

sofico e cio che non lo e. La comunita dei filosofi

contemporanei e divisa su questo argomento, e non

esistono autorita superiori cui appellarsi.

Discrepanze tra la sapienza della tradizioneoccidentale e di quella orientale

Se e difficile formulare una definizione univoca ed

esaustiva della filosofia, a maggior ragione e difficile

risolvere il quesito relativo all’esistenza di filosofie

orientali. Da una parte nessuno nega che l’Oriente

abbia sviluppato dottrine di elevata spiritualita e abbia

raggiunto risultati in tutto comparabili con quelli della

tradizione occidentale, a volte con significative

coincidenze, in molti dei campi specifici in cui la

filosofia e stata tradizionalmente suddivisa (gnoseo-

logia, etica, estetica, politica ecc.). D’altra parte, cio

che sembra mancare nel pensiero orientale, mentre

per lungo tempo ha costituito l’asse portante di quello

occidentale, e la speculazione metafisica, la ricerca

della verita ultima dell’Essere, un livello di riflessione

che molti pensatori orientali hanno espressamente

rifiutato di approfondire. Non e certo per caso che in

nessuna delle numerose lingue orientali esista una

parola esattamente corrispondente a «filosofia».

Momenti di fecondo contattofra le due tradizioni

Se il relativo disinteresse per la questione ontologica,

unitamente a procedure argomentative non sempre

improntate a un rigoroso uso del logos (tanto che in

molte occasioni e difficile distinguerne l’aspetto

teoretico da quello religioso o mitico) basti a esclu-

dere il pensiero orientale dalla categoria del «filoso-

fico», per includerlo in quelle piu generiche della

sapienza e della ricerca della saggezza, e questione

ancora oggi controversa. Va comunque sottolineato

che, dal punto di vista storico, vi sono stati almeno

tre momenti di fecondo contatto fra le due tradizioni:

1) la nascita stessa del pensiero filosofico greco, de-

bitore nei confronti dell’Oriente di nozioni fonda-

mentali quali anima, reincarnazione ecc., giunte in

Grecia attraverso l’orfismo e i culti misterici;

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LE FILOSOFIE ORIENTALI

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IX-VI sec. a.C.periodo delle

Upanishad(induismo)

I sec. a.C.i Discorsi del

Buddha sonomessi per

iscritto

VI-V sec. a.C.Lao-tzu(maestrodel taoismo)

565/486 a.C.Siddharta Gautama (fondatore del buddhismo)

551/479 a.C.Confucio (K’ung-fu-tzu)(fondatore delconfucianesimo)

540/468 a.C.Mahavira (fondatore del giainismo)

VI sec. a. C. /V sec. d.C.orfismo

540/480 a.C ca.Eraclito di Efeso

327/325 a. C.spedizione di

Alessandro Magnoin Oriente

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2) il periodo ellenistico-romano, in cui l’incontro fu

favorito da numerosi viaggi di filosofi al seguito dei

conquistatori occidentali;

3) il periodo attuale, a partire da Arthur Scho-

penhauer nell’Ottocento, in cui l’abbandono occi-

dentale delle pretese totalizzanti della ragione ha

creato la possibilita di un confronto vero e ap-

profondito tra le due culture.

IL CONTESTOIL CONTESTO

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INDIA BIRMANIA

AFGHANISTAN

TURKESTAN

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VIETNAM

COREA

GIAPPONE

I N D O N E S I A

NEPAL

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I sec. d.C.comparsa deltantrismo in India

700 d.C.in India,

l’induismosoppianta ilbuddhismo,

bandito dal paese

V-VI sec. d.C.in Giappone, crisi dello

shintoismo, sotto l’influenza delconfucianesimo e del buddhismo

III sec. a. C. /V sec. d.C.filosofie ellenistichee tardo-ellenistiche

II sec. d. C.gnosticismo

I LUOGHI DELLE FILOSOFIEORIENTALI

Induismo. Religione dell’India,databile dalla meta del I II I

millennio a. C., nelle sue fasivedica, brahmanica e induisticavera e propria.Giainismo. Religione deiseguaci del Mahavira (540-468a. C.), l’ultimo di una serie di 24profeti, diffusasi in tutta l’India.Tantrismo. Insieme di dottrinesviluppatesi in India al di fuoridei sistemi induisti ortodossi.Buddhismo. Il Buddha (565-486 a. C.) diffonde la suadottrina nell’India occidentale.Fin dal I I II I I secolo a. C. imissionari buddhisti sispingono verso la Birmania.Nel II e I II I secolo d. C. ilbuddhismo si propaga

attraverso l’Afghanistan el’Asia centrale (Turkestan) finoalla Cina e, da lı, fino alVietnam, alla Corea eGiappone. Nel VV secolo d. C.fiorisce in vaste aree dell’Asiasub-orientale e dell’Indonesia.Confucianesimo. Complessodi antiche dottrine tradizionalidella Cina classicasistematizzato da Confucio(551-479 a. C.).Taoismo. Dottrina filosofica ereligiosa della Cina,tradizionalmente collegata allafigura mitica di Lao-tzu (V IV I-VV

secolo a. C.).Shintoismo. Forma religiosaautoctona del Giappone,preesistente all’introduzione(nel V IV I secolo d. C.) delbuddhismo.

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Uno sguardo d’insieme

E difficile riassumere in uno schema unitario sistemi

di pensiero molto diversi fra loro per l’epoca e il

contesto culturale in cui sono nati. Forse l’unica

nozione unificante e quella di illuminazione, varia-

mente declinata, nelle diverse lingue, nei termini

«nirvana», «buddhita», «satori» ecc., e definibile in

termini molto generali come uno stato di pienezza e

completa realizzazione, oppure di assoluta liberta o

liberazione dell’individuo dalla realta fenomenica.

Ma, al di la di questo esile filo conduttore, prevalgono

le differenze. Mentre l’induismo e il giainismo si

presentano come vere e proprie religioni politeiste,

tale connotazioni non puo essere attribuita alle altre

correnti, che in realta si presentano, piu che come

religioni, come filosofie a sfondo religioso.

Le divergenze si approfondiscono quando si passa

a considerare il contenuto specifico di tale il-

luminazione e le vie adeguate per raggiungerla.

L’induismo assume il nirvana nel quadro della tra-

dizionale dottrina della metempsicosi, come inter-

ruzione del ciclo delle reincarnazioni dell’anima,

mentre il buddhismo suggerisce che tale condizione

puo essere raggiunta in questa vita, superando la

coscienza della propria esistenza come essere per-

manente (impermanenza). Un insegnamento che la

variante giapponese del buddhismo, lo zen, porta alle

estreme conseguenze mettendo in discussione lo

stesso principio di causa-effetto, in nome di un su-

peramento della razionalita, valore considerato

contrario alla libera espressione delle forze creative. In

questa posizione estrema e riconoscibile l’influsso del

taoismo cinese, anch’esso contrario all’egemonia

della razionalita, considerata, in questo caso, ostacolo

alla libera espressione delle forze naturali, con cui e

necessario porsi in sintonia. Un discorso particolare,

infine, riguarda il confucianesimo, che piu che una

religione sembra potersi definire una filosofia etico-

politica, che invita al rispetto delle gerarchie sociali.

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.1. L’induismo: tra politeismo e monoteismo

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1. L’induismo: tra politeismo e monoteismo PROFILO

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Il mosaicopoliteista

Descrivere una religione politeista e sempre difficile. Ai diversi dei che compongono un

pantheon, infatti, corrispondono sempre differenti pratiche di devozione e una molteplicita

di scuole religiose e filosofiche, ognuna delle quali e, in un certo senso, autonoma, perche

non sottoposta ad alcuna autorita gerarchica. Cio e vero anche per l’induismo, in cui non

esiste una ortodossia dogmatica, ne una catechesi omogenea, ne un fondatore noto, dato

che i testi sacri in cui esso si riconosce derivano da una sapienza le cui origini affondano in

epoche pre-storiche. L’unico elemento condiviso in questa pluralita di tendenze e una ricca

e lussureggiante mitologia, che non e pero interpretabile in maniera omogenea o dogmatica,

perche, come nell’antica Grecia, il mito vive in una pluralita di fonti e di varianti, de-

terminando solo uno sfondo culturale, atto a giustificare credenze diverse. Di fatto anche

oggi, pur dopo l’abolizione giuridica del sistema castale, il fedele indu trova nel gruppo in cui

e nato il suo punto di riferimento religioso, e con esso uno specifico orientamento spirituale,

norme di comportamento etico e particolari pratiche liturgiche.

La mitologiavedica

I Veda, letteralmente «scienza», sono composti fra il 1500 e l’800 a. C. e per lungo tempo

sono stati trasmessi oralmente. Si tratta di una raccolta di materiali di natura diversa: i

Rigveda, i piu antichi, comprendono 1028 inni dedicati alle divinita indu; il Samaveda o

«Veda delle melodie» e una collezione di 1810 strofe liturgiche da pronunciarsi durante i

sacrifici; l’Atharveda, o «Veda delle formule magiche», contiene inni, preghiere, prescrizioni

e incantesimi validi per ogni occasione della vita quotidiana. La tradizione considera i Veda

come la sintesi finale della saggezza originaria dell’umanita, ritenendoli quindi eterni, non

scritti da alcun autore umano. Ciononostante, e possibile individuare in essi una linea di

evoluzione: rispetto a quelli antichi, i piu recenti sono caratterizzati da un’esigenza di

semplificazione del ricco pantheon. In breve, la religiosita vedica puo essere definita un

politeismo naturalistico basato sulla divinizzazione dei fenomeni naturali: vi sono divinita

del cielo, dell’acqua, della terra e dell’atmosfera, le cui vicende formano una mitologia in cui

non mancano somiglianze con quella greca.

Il ritualismobrahmanico

I Brahmana, i testi sacri composti tra il XX e il VIIVII secolo a. C., segnano una netta evoluzione

rispetto ai Veda. Piu che narrare le storie degli dei, infatti, essi illustrano le pratiche rituali.

Sono trattati liturgici, veri e propri manuali a uso

dei sacerdoti (i brahmani), in cui si descrivono in

modo dettagliato l’origine delle cerimonie religio-

se, la modalita di svolgimento dei riti sacri, le

formule magiche da pronunciarsi e il significato

dei simboli utilizzati. L’idea di fondo che giustifica

questo esasperato ritualismo e che la liturgia

cerimoniale sia potente in se, dotata di una effi-

cacia insita nelle formule e nei gesti sacerdotali,

esattamente come un atto magico. Un rito com-

piuto in perfetta osservanza delle regole, infatti,

sviluppa una potenza capace di condizionare il

brahman, la forza misteriosa che regge l’universo.

Ne consegue che i brahmani, unici depositari di

questo sapere sacrificale che li poneva in grado di

influire sulle leggi dell’universo, si proclamavano

detentori di un potere superiore agli stessi dei. In

effetti, dal punto di vista storico, lo sviluppo del

brahmanesimo puo essere letto come un tentativo

compiuto dalla casta dei sacerdoti di giustificare il

proprio potere sociale.

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MODULO Le filosofie orientali

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Dattatreya,divinita

induista cheriassume in sele tre persone

divine dellaTrimurti

(Brahma,Shiva e

Vishnu),dipinto sulegno del

Tanjore (Arles,Collezione

privata).

La tendenza almonoteismo

Dal punto di vista teologico, il brahmanesimo non supera il tradizionale politeismo, e

tuttavia sviluppa un’esigenza di unita potenzialmente monoteistica. Il brahman, infatti,

e l’Assoluto, la manifestazione di una forza suprema, uno spirito universale al di sopra

di tutte le altre divinita, principio e fondamento del mondo fenomenico. In alcune

tradizioni e concepito in forma astratta e impersonale, ossia come un principio assoluto

o una forza immanente alla natura; in altre e descritto in forma personale, come una

divinita specifica e superiore. In questo contesto si presenta come Brahma, il dio

Creatore, che successivamente e spesso associato ad altre due divinita supreme, Vishnu

il Conservatore e Shiva il Distruttore, a formare la Trimurti, la triade divina che as-

somma in se i tre aspetti o le tre funzioni fondamentali di Dio: creatore, conservatore e

distruttore.

Il periododelle

Upanishad

Il terzo periodo, fra il IXIX e il VIVI secolo a. C., e quello delle Upanishad, termine che

indica l’atto di «sedersi ai piedi del maestro», un modo figurato per indicare il carattere

elitario ed esoterico degli insegnamenti piu profondi, impartiti solo ai discepoli migliori,

in grado di recepire gli aspetti segreti della dottrina. Nei testi delle Upanishad, infatti, e

evidente una reazione al ritualismo brahaminico della fase precedente. Interrogandosi

sulla natura ultima del cosmo, sull’origine dell’uomo e sul suo destino, questi testi

pongono le questioni speculative fondamentali della spiritualita indiana. E nelle Upa-

nishad che si trovano per la prima volta teorizzate le nozioni centrali di dharma, karma,

e nirvana.

Il dharma,il karma

e il nirvana

L’idea che lo stato di perfezione cui anela l’uomo possa essere raggiunto solo tramite una

rottura della legge del karma e comune a tutte le religioni e scuole di pensiero indiane. Il

karma, infatti, definibile come legge della concatenazione causale, e cio che si oppone al

conseguimento della beatitudine (nirvana). Se, come predilige l’induismo, si intende il

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1. L’induismo: tra politeismo e monoteismo PROFILO

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" Dharma

E il concetto chiave dell’etica induista. Termine dalle

molteplici valenze semantiche, indica la legge religiosa

universale ed eterna che stabilisce la normativa etica,

castale e di culto; esso e inoltre identificabile con la

verita metafisica e il principio che governa e regge il

mondo. Nell’induismo si specifica nei precetti e doveri

relativi alle differenti caste. Nel buddhismo indica non

solo la Legge impersonale dell’esistenza, ma anche la

legge predicata dal Buddha e quindi la dottrina delle

quattro nobili verita.

" Karma

Termine sanscrito che letteralmente significa «azione»,

ma che nella speculazione indiana indica la «conse-

guenza ineluttabile dell’azione». Nell’induismo indica la

condizione di rinascita dell’anima, che si reincarna in un

essere commisurato alla qualita delle azioni compiute

dalla stessa anima nell’incarnazione precedente. Il

buddhismo intende il karma come conseguenza ine-

luttabile del desiderio o «sete» di vivere. Con la scom-

parsa del desiderio, il karma perde la sua forza cogente

e con esso si estingue il processo di metempsicosi.

" Nirvana

Nelle tre grandi religioni indiane (induismo, buddhismo,

giainismo) indica la condizione della suprema e defini-

tiva salvezza. Per l’induismo, nel quadro della dottrina

della metempsicosi, coincide con l’interruzione del ciclo

delle rinascite dell’anima. Per il buddhismo, coincide

invece con l’interruzione del ciclo di causa-effetto che

determina l’esistenza dell’individuo, condizione otteni-

bile con l’estinzione della «sete», ossia del desiderio,

causa del dolore che contraddistingue l’esistenza em-

pirica.

nirvana come una condizione non raggiungibile in questa vita, allora il karma indica la legge

che regola la reincarnazione delle anime. Nel caso del buddhismo, come vedremo, il karma

ha un significato differente.

Latrasmigra-

zione delleanime

Anche se con accenti diversi, tutte le scuole di pensiero indiane condividono la nozione di

samsara (metempsicosi), ossia la teoria secondo cui esiste, in ogni essere vivente e quindi

anche in ogni individuo umano, un’anima eterna che

dopo la sua morte si potra reincarnare in un altro es-

sere vivente. L’obiettivo da perseguire e l’interru-

zione di questo ciclo di rinascite, in modo che

l’anima cessi di essere costretta all’interno di un

corpo e si affranchi definitivamente dal dolore. Il

nirvana, inteso come liberazione dal samsara, e

raggiungibile solo attraverso un lungo percorso di

perfezionamento dell’anima, la quale, a ogni rein-

carnazione, puo operare un avanzamento o un re-

gresso nella scala degli esseri. Al regresso non c’e

praticamente limite: anche l’anima piu malvagia,

incarnata nel corpo di un uomo, puo sempre peg-

giorare la sua condizione futura, perche la metem-

psicosi postula una continuita fra uomo e animale,

non escludendo che un’anima si degradi sino a

reincarnarsi in un animale. Anche nel mondo ani-

male esiste una gerarchia di perfezioni degradanti,

dagli animali domestici e socievoli, in qualche modo

piu simili all’uomo, via via sino alle bestie selvagge.

La leggedel karma

Storicamente la dottrina della metempsicosi e la connessa legge del karma sono state il

fondamento del tradizionale sistema castale, offrendo una giustificazione etico-religiosa

delle differenze sociali. La condizione di nascita non e frutto del caso, ma un effetto del

proprio karma, ossia una conseguenza delle azioni lodevoli o disdicevoli compiute dal-

l’anima dell’individuo nelle incarnazioni precedenti. La condizione di chi nasce servo non e

dovuta alla sfortuna o all’ingiustizia, ma e causata dalle colpe commesse nelle vite prece-

denti.

La leggedel dharma

AA T1

L’unico modo per progredire nella gerarchia castale e osservare rigidamente, nella propria

esistenza attuale, la legge del dharma, ottenendo cosı una migliore rinascita. Dharma, in

senso generale, indica il comportamento che ogni essere, vivente o non vivente, deve

assumere per essere in accordo con la propria natura. Esiste un dharma che regola il ciclo

del Sole, un dharma che governa il movimento delle onde e cosı via. Anche l’uomo e

naturalmente compreso fra gli esseri governati dal dharma, ma cio non implica affatto

l’esistenza di un unico dovere valido per tutti gli uomini, perche nell’induismo ogni indi-

viduo trova la specificazione della propria legge etica nella casta in cui e destinato alla

nascita.

Etichee caste

L’induismo pone uno strettissimo legame tra fede religiosa e prassi civile attraverso una

specificazione particolareggiata delle regole sociali, dei doveri e dei riti legati al sistema delle

caste. Ognuna di queste e una cerchia chiusa, con propri usi e costumi, divinita di riferi-

mento, pratiche liturgiche, uno specifico diritto religioso e civile (il dharma appunto). Sara

dunque il dharma a stabilire, sul piano giuridico, il dovere di ogni indu, collocando, per cosı

dire, ogni persona al proprio posto. Se si e nati servi, si potra migliorare solo adempiendo al

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Paginada un

manoscrittodelle

Upanishad,X V I IXVI I secolo.

meglio il proprio compito in questa vita; ogni tentativo di migliorare ora la propria condi-

zione castale condurra a peggiori disastri futuri.

Precettisticacastale

Le regole sancite dal dharma castale sono dettagliatamente descritte in una specie di ma-

nuale, il Codice di Manu, e riguardano ogni aspetto della vita. Il matrimonio puo essere

contratto solo con membri della stessa casta e il lavoro deve essere quello specifico asse-

gnato alla casta di appartenenza. La semplice struttura arcaica della societa indu prevedeva

l’esistenza di cinque caste fondamentali: 1) sacerdoti (brahmani); 2) guerrieri; 3) contadini;

4) commercianti; 5) servi. La graduale specializzazione del lavoro ha prodotto un sistema

complicatissimo in cui si annoverano dalle 2000 alle 3000 sottocaste. La diseguaglianza

sociale sancita dal sistema e in qualche modo riequilibrata dalla pesantezza e dalla rigidita

delle regole che compongono il dharma delle caste piu elevate. Ai brahmani, ad esempio,

e rigidamente vietato il consumo di carne, che e invece parzialmente consentito ai com-

ponenti delle classi piu basse. I brahmani devono anche praticare rigorosamente la regola

della non-violenza, con il divieto assoluto di danneggiare qualunque forma di vita. Devono

scandire la loro vita secondo quattro fasi prefissate, prima come allievo, poi come padre di

famiglia e infine come eremita e pellegrino asceta. Il dharma brahminico prevede, infatti,

l’obbligo di abbandonare la famiglia nella seconda fase dell’esistenza.

Il tantrismo Un prodotto originale della cultura indiana e il tantrismo, letteralmente «trama» e, quindi,

«testo», comparso in India nei primi tre secoli dopo Cristo, all’epoca in cui in Occidente

fioriscono le sette gnostiche. Riscuote grande successo e a partire dal VIVI secolo si radica

saldamente nella cultura indiana. Influenza non solo la vita degli asceti, ma ogni aspetto

della cultura, ed e assimilato da tutte le grandi religioni del subcontinente indiano: indui-

smo, buddhismo e giainismo. Il tantrismo infatti non e una religione, ma una dottrina

esoterica, un movimento misterico che

comprende un complesso di riti, mito-

logie, prescrizioni etiche e soprattutto

tecniche di meditazione. La sua speci-

ficita sta nel ritenere che la via all’il-

luminazione debba essere trovata non in

una rinuncia al mondo o nell’annul-

lamento della fisicita in nome dello

spirito, ma, al contrario, nel totale do-

minio del proprio corpo. L’idea base

del tantrismo e che l’accesso alla di-

mensione mistica, ovvero la soppres-

sione della normale attivita mentale,

l’abbandono dell’io e l’unione con l’As-

soluto, sia acquisibile tramite facolta

straordinarie derivanti da un completo

controllo della propria fisicita.

La visione tantrica e debitrice di molte

categorie dello yoga. La disciplina dello

yoga prevede innanzi tutto l’osservanza

di norme etiche propedeutiche, senza le

quali ogni forma di meditazione si rive-

lerebbe inutile. Lo yogi (il praticante)

deve osservare i princıpi della non-vio-

lenza, dell’onesta, dell’astinenza sessuale

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1. L’induismo: tra politeismo e monoteismo PROFILO

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Savitri, sposadi Brahma

e madre deiquattro Veda,

nell’aspettodel Sacro

verso vedicogayatri,stampa

popolareindiana.

e della poverta; deve poi «lavorare» sulla propria mente per distruggere tutti gli ostacoli che

impediscono l’accesso a una vita spirituale superiore, come l’ira, l’ansia e tutte le passioni. Solo

dopo aver assunto un tale stile di vita, lo yogi puo affrontare con successo l’esperienza della

meditazione, che lo yoga pone in stretta relazione con il controllo del respiro. E esperienza

universale che il respiro controlla le emozioni e funge da regolatore dello stato d’animo: in una

condizione di paura o di ansia, ad esempio, il suo ritmo accelera. Il rapporto pero e reversibile,

poiche e possibile influire sullo stato mentale regolando la propria respirazione secondo

criteri di ritmo, durata e intensita. Lo yoga estende questo principio fino a farne una norma

metafisica: il respiro e la via privilegiata al superamento del dualismo fra il corpo e la mente.

Oltre al controllo del respiro e delle posizioni del corpo, altre tecniche sono praticate dal

mistico orientale. Importanti sono la concentrazione visiva sui mandala (costruzioni

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LA STORIA E LA CULTURA DEL TEMPO

Il tantrismo

Per quanto il misticismo rappresenti una parte importante

della tradizione cristiana, non ne e pero l’elemento co-

stitutivo. Il pensiero teologico europeo, innestandosi sul

razionalismo filosofico greco, ha sempre concesso uno

spazio prestigioso ma delimitato a un’esperienza certo

devota ma fondamentalmente irrazionale. In Oriente, in-

vece, il misticismo si e sviluppato all’interno di una cultura

che ha sempre privilegiato il rapporto religioso con il

mondo e ha quindi raggiunto una notevole consapevo-

lezza teorica ed elaborato originali tecniche adatte alla

meditazione contemplativa.

Il tantrismo – letteralmente «cio che estende la co-

noscenza» – comparve in India nei primi tre secoli della

nostra era, all’epoca in cui in Occidente fiorivano le sette

gnostiche. Ebbe un successo improvviso ed enorme; a

partire dal V IV I secolo dilago come una moda. Accettato e

assimilato da tutte le grandi religioni del subcontinente

indiano (buddhismo, induismo, giainismo) influenzo non

solo gli asceti (yogi) ma anche ogni aspetto della cultura.

Non e propriamente una dottrina ma un complesso di

riti, mitologie, prescrizioni etiche e tecniche di medi-

tazione. La sua specificita sta nel ritenere che la via al-

l’illuminazione estatica debba essere trovata non in una

rinuncia al mondo, ma nel totale dominio del proprio

corpo.

La dottrina fondamentale riguarda il sistema del-

l’energia Kundalini. Il fine dello yoga tantrico e quello di

risvegliare la dea serpente, che risiede in stato di quie-

scenza in fondo alla spina dorsale, e far sı che rialzi la testa

e risalga lungo il canale, o nervo sottile, che percorre la

colonna vertebrale, fino a raggiungere la sommita del

capo. Il risveglio di Kundalini avviene attraverso molteplici

forme che corrispondono a diverse tradizioni tantriche.

La piu antica pratica tantra prevedeva il controllo

dell’energia sessuale. Nei templi indiani sono molto

frequenti le raffigurazioni dell’amplesso, fondamentale

simbologia dell’unita. Infatti la diversita sessuale e la

metafora piu evidente di una concezione dualistica, e

quindi l’amplesso e, in opposizione, un simbolo della

riunione mistica nell’Uno. Il tema delle «nozze mistiche»,

del resto, e presente anche nell’alchimia occidentale, che

descrive la fusione dei metalli come un rapporto magico-

sessuale. Oltre che un simbolo metafisico, l’amplesso e nel

tantrismo anche una fondamentale pratica mistica e

ascetica.

La tradizione fondamentale del tantrismo e lo yoga, la

cui tecnica piu conosciuta e il controllo del respiro. E

esperienza universale che il respiro controlla le emozioni e

funge da regolatore dello stato d’animo: in una condizione

di paura o di ansia, ad

esempio, il suo ritmo

accelera. Il rapporto pero

e reversibile, poiche e

d’altra parte possibile in-

fluire sullo stato emotivo

regolando la propria re-

spirazione. Lo yoga esten-

de questo principio fino a

farne una norma metafi-

sica: il respiro e la via

privilegiata al supera-

mento del dualismo fra il

corpo e la mente. Mente

e respiro sono la stessa

cosa. Il canale assiale su

cui risale Kundalini e

grafiche che facilitano la meditazione) e la ripetizione ossessiva di parole, sillabe sacre o

preghiere (mantra). La piu antica pratica tantrica prevedeva un rituale sessuale, il mai-

thuna, in cui l’adepto, unendosi con una donna iniziata il cui corpo era stato consacrato

precedentemente da un guru, doveva dimostrare di saper controllare la propria energia

sessuale.

GUIDA ALLO STUDIO

O Sai specificare la differenza fra le nozioni di casta e di classe?

O Anche alcuni filosofi greci professarono la dottrina della metempsicosi: quali?

O Il sistema castale indiano e stato a volte paragonato a quello delineato da Platone nella Repubblica: sai

indicare le principali differenze?

11

1. L’induismo: tra politeismo e monoteismo PROFILO

& Loescher Editore, 2008 - da ISBN 97-888-201-2724-4

fiancheggiato e attraversato da altri due: quello detto Ida

sale serpeggiando dal testicolo sinistro alla narice destra

ed e associato alle energie fresche e «lunari» della psiche.

Il secondo, detto Pingala, sale dal testicolo destro alla

narice sinistra e la sua energia e solare, infuocata come il

calore dei tropici, secca e distrugge ogni cosa. Il compito

dello yogi e riunire l’energia di queste due potenze op-

poste alla base del canale e poi farle risalire, trasportate

dallo svolgersi e innalzarsi della dea serpente. Lo yogi

inizia inspirando attraverso la narice destra, immagi-

nando che l’aria scenda lungo il canale Ida, per cosı dire

ripulendolo. Trattiene il respiro contando fino a un certo

numero poi espira attraverso l’altro canale, Pingala. Poi si

inspira dalla narice sinistra, ripetendo l’operazione al

contrario, e cosı via. In questo modo la mente si placa e

l’intero sistema nervoso viene purificato. Improvvisa-

mente, affermano gli yogi, un giorno ci si accorge che la

dea serpente comincia a muoversi e a risalire.

Dove i due canali si

incrociano sono posi-

zionati i sette chakra,

come stazioni su questo

cammino, immaginati

come fiori di loto che

sbocciano aprendosi al

passaggio di Kundalini

(la sua presenza si ma-

nifesta con un eccezio-

nale riscaldamento nel

punto del corpo cor-

rispondente). Dal piu

basso al piu alto, attraverso i 5 intermedi, l’asceta speri-

menta mutamenti sostanziali nella propria psicologia e

personalita. Nel caso estremo, solo dopo molti anni di

esercizio, riesce a far risalire l’energia fino alla sommita

del capo, dove lo sbocciare del loto-dai-mille-petali indica

il raggiungimento del samadhi, lo stato di estasi.

I sette chakra segnano le tappe dell’elevazione spi-

rituale. Raggiungere il livello superiore significa non solo

un aumento della conoscenza, ma soprattutto una tra-

sformazione complessiva e definitiva del soggetto. La

scala orientale e nettamente divisa in due: i primi tre

chakra descrivono modelli di vita ottimali ma praticabili

conducendo un’esistenza normale, mentre la vita medi-

tativa inizia solo quando l’energia Kundalini si eleva ai

centri superiori. Da questo livello diventano decisive le

pratiche yoga, le quali comunque, ben lungi dall’essere

tecniche risolutive, devono essere accompagnate da un

adeguato stile complessivo della vita. Ad ogni chakra

corrisponde un simbolo, un fiore di loto contrassegnato

da un crescente numero di petali, che riassume alcune

delle tecniche usate dallo yogi. Le sillabe inscritte sono i

particolari suoni e vocalizzazioni, detti «mantra», ossia

formule invocatorie che l’adepto deve imparare a emet-

tere durante gli esercizi di controllo del respiro (ad

esempio la OM).

Oltre al controllo del respiro, esistono altre pratiche

yoga finalizzate al superamento del dualismo mente-

corpo. Nello «yoga del corpo illusorio» l’adepto guarda la

propria immagine riflessa in uno specchio fino a identi-

ficarsi con essa e sperimentare un senso di illusorieta del

proprio corpo materiale.

Due posizioni classiche dello yoga: Kandasana, posizione del bulbo,e Utthita-Pascimottanasana, posizione dell’estensione della schiena in verticale.