.2. Il giainismo e il principio della non-violenza · Il giainismo e il principio della...

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.2. Il giainismo e il principio della non-violenza Mahavira Il giainismo, la terza grande religione indiana accanto all’induismo e al buddhismo, e ` fon- dato da Mahavira, vissuto secondo la tradizione fra il 540 e il 468 a. C. La tradizione lo presenta come l’ultimo di una serie di altri 24 profeti, i quali avrebbero tutti predicato la dottrina giaina (dall’epiteto del profeta, Jina, letteralmente «il Vittorioso») in epo- che diverse. Questa e ` sicuramente una leggenda, ma dimostra che Mahavira si presenta come il continuatore di una ten- denza a lui precedente. Sul piano storico si sa poco di lui. E ` contemporaneo del Buddha, di qualche decina d’anni piu ` an- ziano, come lui abbandona la famiglia verso i trent’anni per una vita di medita- zione e ascetismo, raggiungendo l’illu- minazione dopo dodici anni di prepara- zione. I suoi scritti sono andati tutti per- duti, per cui il canone giainista comprende 45 opere messe per iscritto solo intorno al VI VI secolo d. C. Nonostante l’enorme in- fluenza sulla cultura indiana, il giainismo non ha mai avuto uno straordinario se- guito popolare; oggi vi aderisce solo poco piu ` di un milione e mezzo di indiani. Non si e ` mai diffuso nel mondo contadino, forse per l’insistenza sul principio di non nuocere ad alcun animale, dogma ben difficilmente con- ciliabile con il lavoro agricolo. Ahimsa: la non-violenza AA T2 La predicazione di Mahavira parte dalle questioni fondamentali poste dalla cultura induista: come spezzare il ciclo di reincarnazioni successive cui e ` condannata l’anima umana e raggiungere il nirvana? Come anticipare tale stato di beatitudine gia ` in questo mondo, spezzando la legge del karma, l’eterno susseguirsi di cause ed effetti da cui dipende ogni dolore? Mahavira condivide con il Buddha l’idea che l’esistenza di qualsivoglia divinita ` sia un problema secondario. Infatti, da una parte, la legge del karma agisce autonomamente e senza l’intervento di alcun creatore od ordinatore; dall’altra, le pratiche necessarie alla li- berazione non prevedono la necessita ` di un salvatore e richiedono uno sforzo che non supera le ordinarie capacita ` umane. L’originalita ` della proposta giainista consiste nel con- siderare gli stretti legami che connettono il karma alla violenza.E ` del tutto evidente, infatti, che sino a che si risponde all’ira con l’ira, all’offesa con l’offesa e alla violenza con la violenza, la concatenazione negativa non finira ` mai. L’etica giainista propone di uscire da questo circolo vizioso attraverso la pratica della ahimsa, ossia del principio della «non- violenza». Non- violenza politica ed ecologica Il principio giainista della non-violenza e ` diventato universalmente noto a seguito della lotta di indipendenza indiana contro il colonialismo inglese guidata dal Mahatma Gandhi («Mahatma» significa «Grande Anima»). E ` evidente, infatti, che l’ambito privilegiato del- l’azione non-violenta sia quello politico-sociale, in cui si esprime come resistenza passiva all’aggressione. L’etica giainista, tuttavia, prevede l’applicazione radicale dello stesso prin- cipio anche in altri ambiti. Verso la natura, ad esempio. Nessuna religione o filosofia ha mai 12 MODULO Le filosofie orientali & Loescher Editore, 2008 - da ISBN 97-888-201-2724-4 Rappre- sentazione di Mahavira, fondatore del giainismo.

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.2. Il giainismo e il principio della non-violenzaMahavira Il giainismo, la terza grande religione indiana accanto all’induismo e al buddhismo, e fon-

dato da Mahavira, vissuto secondo la tradizione fra il 540 e il 468 a. C. La tradizione lo

presenta come l’ultimo di una serie di altri

24 profeti, i quali avrebbero tutti predicato

la dottrina giaina (dall’epiteto del profeta,

Jina, letteralmente «il Vittorioso») in epo-

che diverse. Questa e sicuramente una

leggenda, ma dimostra che Mahavira si

presenta come il continuatore di una ten-

denza a lui precedente. Sul piano storico si

sa poco di lui. E contemporaneo del

Buddha, di qualche decina d’anni piu an-

ziano, come lui abbandona la famiglia

verso i trent’anni per una vita di medita-

zione e ascetismo, raggiungendo l’illu-

minazione dopo dodici anni di prepara-

zione. I suoi scritti sono andati tutti per-

duti, per cui il canone giainista comprende

45 opere messe per iscritto solo intorno al

VIVI secolo d. C. Nonostante l’enorme in-

fluenza sulla cultura indiana, il giainismo

non ha mai avuto uno straordinario se-

guito popolare; oggi vi aderisce solo poco

piu di un milione e mezzo di indiani. Non si e mai diffuso nel mondo contadino, forse per

l’insistenza sul principio di non nuocere ad alcun animale, dogma ben difficilmente con-

ciliabile con il lavoro agricolo.

Ahimsa: lanon-violenza

AA T2

La predicazione di Mahavira parte dalle questioni fondamentali poste dalla cultura induista:

come spezzare il ciclo di reincarnazioni successive cui e condannata l’anima umana e

raggiungere il nirvana? Come anticipare tale stato di beatitudine gia in questo mondo,

spezzando la legge del karma, l’eterno susseguirsi di cause ed effetti da cui dipende ogni

dolore? Mahavira condivide con il Buddha l’idea che l’esistenza di qualsivoglia divinita sia

un problema secondario. Infatti, da una parte, la legge del karma agisce autonomamente e

senza l’intervento di alcun creatore od ordinatore; dall’altra, le pratiche necessarie alla li-

berazione non prevedono la necessita di un salvatore e richiedono uno sforzo che non

supera le ordinarie capacita umane. L’originalita della proposta giainista consiste nel con-

siderare gli stretti legami che connettono il karma alla violenza. E del tutto evidente,

infatti, che sino a che si risponde all’ira con l’ira, all’offesa con l’offesa e alla violenza con la

violenza, la concatenazione negativa non finira mai. L’etica giainista propone di uscire da

questo circolo vizioso attraverso la pratica della ahimsa, ossia del principio della «non-

violenza».

Non-violenza

politica edecologica

Il principio giainista della non-violenza e diventato universalmente noto a seguito della lotta

di indipendenza indiana contro il colonialismo inglese guidata dal Mahatma Gandhi

(«Mahatma» significa «Grande Anima»). E evidente, infatti, che l’ambito privilegiato del-

l’azione non-violenta sia quello politico-sociale, in cui si esprime come resistenza passiva

all’aggressione. L’etica giainista, tuttavia, prevede l’applicazione radicale dello stesso prin-

cipio anche in altri ambiti. Verso la natura, ad esempio. Nessuna religione o filosofia ha mai

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MODULO Le filosofie orientali

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Rappre-sentazione

di Mahavira,fondatore

del giainismo.

difeso tanto fortemente il

valore del rispetto di ogni

essere vivente. Un giainista

osservante sentiva il dovere

(il passato e d’obbligo, dato

che l’impatto della moder-

nizzazione sta velocemente

cambiando anche la societa

indiana, una delle piu tra-

dizionaliste dell’intero pia-

neta) di porre davanti alla

bocca un fazzoletto in modo

da evitare che, involonta-

riamente, il suo respiro uc-

cidesse anche il piu piccolo

insetto. Per gli stessi motivi attaccava sonagli alle sue scarpe, in modo da avvisare del suo

passaggio gli animali cosı piccoli da non poter essere visti e scansati. Ancora oggi i giainisti

praticano un vegetarianismo stretto, rifiutano ogni forma di sacrificio cruento e si prendono

cura degli animali ammalati. Ma in epoche passate gli asceti giainisti spingevano il digiuno

sino alla morte volontaria per inedia e praticavano una forma estrema di meditazione,

consistente nell’offrire il loro stesso corpo come cibo per gli animali, ponendosi a meditare

sul terreno di celle appositamente costruite accanto ai templi, molto umide e proliferanti di

piccoli insetti.

GUIDA ALLO STUDIO

O Le religioni indiane, e il giainismo in particolare, danno molta importanza alla morale alimentare, ad

esempio praticando il vegetarianismo. Sai spiegarne le ragioni?

O Quale puo essere la relazione fra vegetarianismo e metempsicosi?

O Anche i culti misterici praticati in Grecia, ad esempio l’orfismo e i culti dionisiaci, prescrivevano precise

norme alimentari. Sai descrivere quali?

O Sai indicare eventi storici in cui sia stata praticata l’idea giainista della non-violenza?

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2. Il giainismo e il principio della non-violenza PROFILO

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PER IL DIBATTITO

Il pacifismo gandhiano

Oggi molti considerano il principio della non-violenza la via per risolvere i conflitti mondiali. Altri, pero,

notano che la stessa vicenda di Gandhi sembra smentire la possibilita di universalizzare la pratica della

ahimsa. Se questa, infatti, risulto vincente nella lotta di liberazione indiana, e dubbio che avrebbe

potuto aver ragione dell’aggressivita hitleriana, cosa che lo stesso Mahatma sembro riconoscere,

rinunciando a criticare il fatto che truppe indiane combattessero a fianco di quelle inglesi.

O Anche coloro che negano la possibilita che la politica si adegui alla pratica della non-violenza

riconoscono comunque l’alto valore morale del principio. Con quali argomenti puo essere so-

stenuta tale distinzione?

O Anche la Chiesa cristiana sostiene l’idea pacifista, ma con accenti e modalita differenti dall’impo-

stazione gandhiana. Sai specificare quali? Il pacifismo gandhiano e compatibile con i princıpi della

legittima difesa, della sicurezza nazionale, della guerra giusta contro l’aggressione?

Monacogiainista con

la puttika,il velo cheimpedisce

agli insetti diessere

casualmenteinghiottiti

e uccisi.Miniatura

da un testosacro giaina.

.3. Buddha e il buddhismo

La vita del BuddhaIl principeSiddharta

Siddharta Gautama nasce nel 565 a. C. a Kapilavastu in Nepal da una ricca e nobile famiglia.

Stando alla tradizione, in cui e difficile discernere gli elementi leggendari da quelli storici, la

madre Maya (letteralmente «illusione») muore sette giorni dopo il parto ed e la zia materna,

che piu tardi andra sposa al padre, a prendersi cura di lui. Volendo preservarlo da un

doloroso contatto diretto con il mondo, il padre fa sı che il figlio viva tutta l’infanzia al-

l’interno delle mura domestiche, fra agi e piaceri di ogni genere. Riceve un’educazione

adeguata al suo rango e a sedici anni sposa una principessa sua cugina, da cui ha un figlio,

Rahula («legame»).

La scopertadel dolore

Giunto alla maturita, spinto da un irrefrenabile desiderio di conoscenza, Siddharta esce per

la prima volta dalla sua principesca dimora e inizia la sua esplorazione del mondo. Cio che

subito scopre e la realta della sofferenza, della miseria e della poverta: la prima volta che

esce dal palazzo si imbatte in un vecchio che si trascina a fatica sulle proprie gambe, la

seconda volta in un malato che respira a stento, infine in un corteo funebre. La quarta volta

che esce dal giardino del palazzo incontra un asceta mendicante e vede nella sua serena

dignita una prima via di liberazione dal dolore del mondo. Cio basta perche il giovane decida

di dedicare tutta la vita a un unico compito: estirpare il dolore dall’esistenza umana. Nella

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MODULO Le filosofie orientali

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«notte della grande rinuncia», decide di abbandonare la famiglia per la

pratica ascetica. Prima di inoltrarsi nella foresta scrive al padre

queste parole: «Non si affligga per me che finora ho rinunciato al

mondo per sottrarmi al dolore; sono invece da compiangere co-

loro i quali, avidi di godere, concepiscono desideri che sono

appunto causa di dolore». Ha 29 anni.

La praticaascetica

Dopo aver deciso di dedicare la propria vita alla ricerca spirituale,

va a vivere presso due stimati brahmani per ricevere il loro inse-

gnamento, ma gli basta un anno per capire che il rigido ritualismo

tradizionale non offre risposte all’inquietudine del suo

animo. Per sei anni, quindi, si ritira nella foresta insieme a

cinque compagni per svolgere una lunga serie di esercizi di

meditazione e di mortificazione corporale. Narra la tradizio-

ne che per tutto questo tempo si nutre solo di un chicco di

riso e di uno di sesamo al giorno. Ma, nonostante questa ri-

gidissima pratica ascetica, non riesce a raggiungere la pace

interiore e decide ancora una volta di cambiare vita, tentando

una via di mezzo fra i due modelli estremi che ha praticato sino

allora, cioe l’edonismo principesco dell’infanzia e l’autoumiliazio-

ne fisica dell’ascetismo estremo.

L’illumina-zione

L’illuminazione arriva a 35 anni, in una notte passata a meditare

sotto un albero. Seduto immobile a gambe incrociate nella posi-

zione del loto, Siddharta raggiunge un eccezionale stato di pro-

fonda meditazione, passando attraverso quattro gradi di estasi: la

suprema concentrazione, la lievita dell’animo, l’abbandono del

corpo e infine l’imperturbabilita assoluta, ovvero uno stato di

totale indifferenza verso la gioia e il dolore. Durante questa «notte

santa» ha tre grandi visioni: 1) vede il susseguirsi delle nascite e

delle reincarnazioni e comprende che il ciclo della vita e infinito;

2) vede che l’intero mondo e il risultato di questo ciclo e che la vita

dei singoli esseri viventi, uomini o animali, e condizionata dalle

azioni commesse nella vita precedente; 3) vede che tutto il dolore

del mondo proviene proprio da questo perenne susseguirsi di cause

ed effetti e che la soluzione sta quindi nello sfuggire alla sua

costrizione. Da quel momento diviene, ed e detto, il Buddha, ossia «l’illuminato».

La scelta delbodhisattva

Dopo aver ricevuto l’illuminazione, per sette giorni il Buddha e tormentato dai dubbi circa

l’opportunita di rivelare al mondo la propria scoperta. In una visione gli appare Mara, il

diavolo, che tenta di indurlo a suicidarsi, in modo da raggiungere immediatamente lo stadio

finale del nirvana. Ma riesce a resistere alla tentazione e, rinunciando temporaneamente alla

propria personale salvezza, decide di continuare a vivere per comunicare a tutti la verita

conquistata. Con questa scelta, sulla cui importanza insiste in particolare come vedremo il

buddhismo del Grande Veicolo, il Buddha dimostra di porre al centro della propria religiosita

non un ideale privato di salvezza personale, ma l’impegno nell’aiutare tutti gli uomini a

trovare la via della perfezione. Da quel momento si trasforma in bodhisattva, letteralmente

«colui la cui essenza e l’illuminazione».

Il discorsodi Benares

Il settimo giorno si mette in cammino per raggiungere la citta santa di Benares e, nel parco

delle gazzelle, al cospetto dei cinque asceti che sono stati suoi compagni, pronuncia il

discorso sulle quattro sante verita. Inizia cosı la sua opera di proselitismo, destinata a un

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3. Buddha e il buddhismo PROFILO

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Il principe Siddharta comebodhisattva, Gandhara, I - I II - I I

secolo (Parigi, Musee Guimet).

grande e immediato successo. I cinque asceti chiedono

subito i voti monastici, creando cosı la prima comunita

buddhista (sangha). Dopo tre mesi i monaci sono gia

sessanta e molto piu numerosi sono i fedeli laici, fra cui

svariate donne. Riconfermando la scelta di una pratica di

impegno, il Buddha li invita a diffondere la nuova dot-

trina con queste parole: «Andate, o monaci, a predicare

nel mondo la legge. Agite sempre nel vostro e nell’altrui

interesse. Portate a tutti questo messaggio di gioia».

Lapredicazione

Il Buddha trascorre i 45 anni che gli restano da vivere

come monaco mendicante e itinerante percorrendo la

valle del Gange, mentre schiere di numerosi ascoltatori

accorrono alle sue orazioni pubbliche. D’altra parte non

mancano i nemici, in particolare i brahmani, il cui potere

ritualistico e messo in discussione dal nuovo messaggio,

e gli asceti, che mal giudicano lo svuotamento di senso

delle loro eroiche astinenze. La tradizione buddhista e

ricca di storie relative ai miracoli compiuti da Siddharta

come estrema forma di autodifesa. Si narra, ad esempio,

che suo cugino Devadatta, che lo odiava e tento piu

volte di assassinarlo, un giorno gli aizzo contro un ele-

fante in un vicolo molto stretto, ma il Buddha con la forza del proprio amore fermo l’animale

e lo fece inginocchiare davanti a se.

Muore ormai ottantenne, dopo aver trascorso gli ultimi anni in un monastero. Nel-

l’imminenza della morte, avvenuta verso il 486 a. C., tiene un ultimo magistrale discorso,

rifiutandosi tuttavia di indicare successori. E cremato, e le sue ceneri sono divise fra i nove

regni indiani in cui ha predicato.

AA T4 Trasmandati oralmente per circa cinque secoli, i Discorsi del Buddha sono messi per iscritto

solo nel II secolo a. C. Comprendono materiali di natura diversa: poesie, prediche e dialoghi

che spesso prendono spunto da precise questioni sottoposte dai seguaci.

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Buddhadurante

la predicadel PrimoDiscorso,

465-85 ca.(Sarnath,

MuseoArcheo-logico).

La morte di Gautama Siddharta, il Buddha.

La dottrina buddhistaIl

buddhismoe una

religione?

Il buddhismo, almeno nella fase della sua nascita, non e e non vuole essere una religione. I

testi piu antichi attribuiscono al Buddha una natura e caratteristiche strettamente umane,

anche se ovviamente eccezionali, ed egli stesso non pretende mai di essere considerato un

profeta o un’incarnazione di Dio. Nega inoltre l’esistenza di un Principio Assoluto tra-

scendente e considera gli eccessi della speculazione teologica inutili e devianti. Non si puo

tuttavia negare che il buddhismo, ai giorni nostri, costituisce a tutti gli effetti una religione,

basata sull’insegnamento del Buddha e sugli scritti canonici, dotata di una propria liturgia,

una precettistica ecc. In effetti, contro la sua esplicita volonta, ben presto il Buddha e

divinizzato, cioe fatto oggetto del culto e della venerazione che si devono a un dio, e la sua

vicenda storica e interpretata come una manifestazione terrena della divinita. L’elaborazione

del concetto di buddhita ha inoltre comportato lo sviluppo di una sofisticata teologia, che

postula, ad esempio, l’esistenza di altri Buddha precedenti a Siddharta o di un Buddha

«futuro» oppure ancora di un Buddha per ognuno dei mondi possibili.

Silenzio eprofonditametafisica

Raccontano le storie del Buddha che a chi gli chiede se il mondo e eterno o non eterno, se e

finito o infinito, se l’anima e il corpo sono uno o non sono uno, egli semplicemente rifiuta di

rispondere, scegliendo la pratica del silenzio metafisico. L’Illuminato non entra mai in

questo tipo di speculazioni, non perche le ignori o ne sia indifferente, ma perche le consi-

dera presuntuose e capaci di distogliere l’attenzione dai problemi veri. Non vuole neppure

dare alla sua dottrina una formulazione sistematica, preferendo spiegarsi attraverso il dia-

logo estemporaneo, e soprattutto offrendo l’esempio della sua esistenza come prova della

validita delle sue dottrine.

L’accezionebuddhista

di dharma,karma

e nirvana

Il buddhismo si caratterizza per una particolare interpretazione delle due nozioni fondanti

della religiosita indiana, il nirvana e il karma: 1) il nirvana, che l’induismo considera

possibile solo dopo la morte, come fuoruscita dell’anima dal ciclo delle reincarnazioni, e

uno stato di beatitudine raggiungibile gia durante l’esistenza terrena; 2) la legge di causa-

effetto che sostanzia l’idea di karma non deve essere applicata solo al ciclo delle rinascite,

ma esprime anche la concatenazione che nella vita terrena dell’individuo lega desiderio a

desiderio, dolore a dolore. Ogni desiderio provoca ulteriori desideri e ogni dolore provoca

ulteriori dolori: se si vuole smettere di desiderare e di soffrire bisogna interrompere defi-

nitivamente questo circolo vizioso in cui il passato pregiudica il futuro e fa sı che ogni azione

non sia altro che l’effetto di cause precedenti. Il buddhismo potrebbe essere definito una

tecnica di comportamento, una proposta di vita in vista dell’annullamento di ogni soffe-

renza (nirvana). In polemica con la tradizione sacra della rivelazione contenuta nei Veda e

con il rigido ritualismo formale del brahmanesimo, il Buddha pone la questione dell’effettiva

realta dell’esistenza umana, chiedendosi quale sia il giusto modo per affrontare la malattia,

la vecchiaia e la morte.

Buddhismoe sistema

castale

Una conseguenza di quanto detto e che il buddhismo intende il dharma non piu come

osservanza delle regole sociali, ma come la «legge», ossia come la dottrina predicata dal

Buddha, quindi come personale esercizio della virtu, i cui contenuti hanno valore uni-

versale. Sebbene questa interpretazione sia potenzialmente sovversiva nei confronti del si-

stema castale, il Buddha non fa nulla per eliminare tale rigido sistema. Solo all’interno della

comunita dei monaci buddhisti (il sangha) viene abolita ogni distinzione tra sacerdoti,

guerrieri, commercianti e artigiani. Ogni persona puo entrare nell’Ordine, indipendente-

mente dal suo diritto di nascita; solo gli stolti vengono esclusi, perche ostacolerebbero

l’insegnamento. Per tutti, dunque, vale il detto: «L’uomo dotato di saggezza e buona con-

dotta e il migliore tra gli dei e gli uomini».

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3. Buddha e il buddhismo PROFILO

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Le quattronobili verita

AA T3

Fra tutti i discorsi pronunciati dal Buddha, il piu importante e quello di Benares, in cui

l’Illuminato enuncia le seguenti «quattro nobili verita»: 1) la vita e dolore sotto tutti gli

aspetti; 2) la causa del dolore e la voglia di vivere, il desiderio di prolungare la propria

esistenza, la «sete» di esperienze il piu possibile piacevoli; 3) per annullare il dolore e

necessario annullare tutti i desideri, superare la dimensione dell’io personale; 4) al-

l’annullamento dei desideri si arriva vivendo secondo i princıpi dell’ottuplice sentiero, che

costituisce la parte prescrittiva della dottrina: retta visione (ossia retta comprensione della

dottrina), retta risoluzione, retto parlare, retto agire, retto modo di sostentarsi, retto sforzo,

retta concentrazione, retta meditazione. Anche il desiderio della santita puo essere peri-

coloso, puo tradursi in una sete di perfezione dagli effetti disastrosi. La giusta via e la

rinuncia al mondo accompagnata da una moderata pratica ascetica: e la «via media»,

lontana dai due estremi opposti dell’edonismo, cioe della vita dedita al piacere, e del-

l’eccessivo ascetismo.

L’imperma-nenza dell’io

L’osservanza delle otto regole, unita alla pratica della meditazione, permette di raggiungere

la beatitudine nirvanica, in cui la dimensione del dolore e abolita. Il nirvana consiste in un

superamento della coscienza della propria esistenza come essere individuale e perma-

nente. Cio che chiamiamo «io», indicando con cio qualcosa di unitario che ci accompagna

dalla nascita alla morte, semplicemente non esiste; a questo termine non corrisponde al-

cunche di reale. Reale e solo lo stato attuale, il momento presente, ma oltre ad esso nulla

esiste. Per spiegarlo il Buddha propone questa similitudine: come la dove le parti di un carro

si trovano riunite, si suole usare la parola «carro», che in se non esiste, cosı la dove i

fenomeni psicofisici sono riuniti, si suole usare la parola «io», ma in effetti l’io non esiste

come entita in se. Annullare l’io significa svuotare di significato ogni termine possessivo

(«mio» non ha piu senso); spezzare alla nascita ogni possibile desiderio, perche viene meno il

legame tra presente e futuro che mette in relazione il momento del desiderio con quello

della sua realizzazione; accettare il «vuoto», ossia l’idea della propria impermanenza (cioe

«non permanenza») come dimensione esistenziale.

L’eternalegge

del karma

Un’altra celebre similitudine buddhista paragona la legge del karma al movimento della

ruota del vasaio: spezzare la catena dei rapporti di causa-effetto che provoca la sofferenza in

questa vita e lega l’anima al ciclo delle reincarnazioni e come fermare il giro vorticoso della

ruota, facendo venir meno la spinta che la muove. Ebbene, come questa ruota continuera a

girare per forza di inerzia anche quando cessa l’energia propulsiva, cosı il perfetto buddhista,

cioe colui che ha gia conosciuto l’esperienza del nirvana, deve rimanere vigile guardiano di

se stesso per combattere gli ultimi residui del suo karma, la cui continua rinascita e pres-

soche inevitabile finche l’anima permane nel corpo. Il perfetto e completo stato del nirvana

e raggiungibile solo quando la vita si spegne del tutto e una definitiva morte corporale libera

lo spirito da ulteriori reincarnazioni.

Il Piccoloe il Grande

Veicolo

Il Buddha non volle designare alcun successore, ne si curo di costruire alcuna chiesa o piu in

generale una organizzazione capace di garantire l’ortodossia del movimento da lui fondato.

Ben presto, dopo la sua morte, iniziano le discussioni interpretative dei seguaci. Nonostante

il tentativo di formalizzare un’ortodossia tramite la convocazione di quattro concili generali

dei monaci, le divergenze portano a una spaccatura insanabile fra due tendenze ancora oggi

presenti: la corrente del Piccolo Veicolo e quella del Grande Veicolo, cosı chiamate per

indicare metaforicamente l’aspetto piu elitario della prima rispetto alla seconda.

Hinayana,il Piccolo

Veicolo

La corrente del Piccolo Veicolo (oggi nota come scuola del buddhismo Theravada) opta per

l’eroismo dell’impegno e professa uno stile di vita rigidamente ascetico. E la via preferita dai

monaci, che al rispetto delle norme dell’ottuplice sentiero aggiungono i voti di poverta,

castita e distacco dal mondo. E la via di chi, interpretando in modo integrale il messaggio del

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maestro, punta alla propria salvezza individuale, ossia a raggiungere la perfezione del

nirvana liberandosi dai vincoli del mondo e spezzando il ciclo di reincarnazioni che incatena

l’anima.

Mahayana,il Grande

Veicolo

I sostenitori del Grande Veicolo riconoscono che i propri avversari si rifanno alla lettera

all’insegnamento del Buddha, ma rivolgono loro una domanda: perche il Buddha stesso, pur

avendo raggiunto lo stato nirvanico dell’annullamento di se, continuo tuttavia a rimanere

nel mondo? Egli non volle perseguire egoisticamente la propria liberazione, ma decise di

posporre la propria salvezza per aiutare gli altri a raggiungere il nirvana adoperandosi

dunque per il bene e la salvezza altrui. Il Mahayana pone al centro della propria dottrina un

ulteriore precetto, non codificato nell’ottuplice sentiero ma presente in ogni atto e parola del

Buddha: la compassione, ossia l’impegno per ridurre non la propria sofferenza ma quella

degli altri. Piu aperto alle vicende mondane, il Grande Veicolo non richiede una fuga dal

mondo ma una partecipazione attiva al dolore di ogni essere vivente.

GUIDA ALLO STUDIO

O Induismo e buddhismo usano spesso le stesse parole, attribuendo loro un significato parzialmente

differente. Sai specificare il diverso senso del termine dharma nell’induismo e nel buddhismo?

O Il buddhismo Mahayana da molta importanza al fatto che il Buddha non si sia suicidato. Perche

avrebbe potuto farlo? Perche e cosı importante che non lo abbia fatto?

O Ponendosi il compito di curare i mali dell’anima, il buddhismo puo in qualche modo essere

paragonato alle filosofie occidentali dell’epoca ellenistica. Confronta la dottrina delle quattro nobili

verita con la filosofia stoica e con quella epicurea. Quali sono le somiglianze e quali le differenze?

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3. Buddha e il buddhismo PROFILO

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.4. Il confucianesimo e l’aspirazione all’armonia

Il fine enel passato

AA T5

Vissuto in un’epoca di grande inquietudine politica, come testimonia la sua vicenda per-

sonale, Confucio pone come scopo della sua riflessione la restaurazione di un ordine ar-

monico fra individuo, societa e natura, sostenendo che tale armonia puo essere raggiunta

solo attraverso la restaurazione della saggezza originaria contenuta nei testi sacri. Non

pretende di fondare alcuna nuova dottrina e presenta il suo pensiero come una mera si-

stemazione della sapienza tradizionale. Dimostrando un approccio essenzialmente con-

servativo, contrario a ogni innovazione, sostiene che ogni novita e giustificabile solo se

consiste in un ritorno ai costumi del passato, tanto che uno degli aforismi attribuitigli recita

cosı: «Io tramando, non creo».

Il principiodi gerarchia

Per evitare qualsiasi turbamento della vita sociale, bisogna affidarsi al principio di gerarchia.

Confucio sottolinea che le relazioni sociali non sono mai paritarie, perche si sviluppano

sempre fra individui superiori e inferiori. Vi sono cinque relazioni fondamentali che av-

vengono tra: 1) sovrano e suddito; 2) padre e figlio; 3) fratello maggiore e fratello minore;

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4) marito e moglie; 5) amico e amico. Nessuna di queste si svolge fra pari, le prime quattro

per evidenti ragioni, l’ultima perche anche in un rapporto d’amicizia si distingue sempre tra

l’amico piu anziano e quello piu giovane. Fulcro della societa ideale confuciana e la famiglia,

al cui interno si svolgono ben tre delle cinque possibili relazioni sociali. Anche lo Stato e

concepito in termini paternalistici, come «una grande famiglia» di cui l’imperatore e pre-

sentato come «padre e madre». Nel sistema confuciano, dato che il valore risiede sempre nel

passato, l’anzianita e sinonimo di saggezza e assume un valore di per se. Corollario sul

piano politico di questo principio e la tradizionale gerontocrazia cinese, nella quale il potere

e preferibilmente affidato ai piu vecchi.

Compene-trazionefra etica

e politica

Il confucianesimo insiste sullo stretto legame che unisce l’uomo alla societa, rifiutando ogni

possibile separazione tra sfera privata e sfera pubblica. A un discepolo che gli chiede quale

sia il primo dovere di un governante, Confucio risponde che l’essenziale e correggere i nomi

delle cose. Infatti, se i nomi sono sbagliati, i discorsi sono incoerenti; se i discorsi sono

incoerenti, gli affari sono compromessi; se gli affari sono compromessi, riti e musica (ossia la

sostanza delle tradizioni) vengono trascurati; se i riti e la musica vengono trascurati, castighi

e pene risultano inadeguati e se i castighi e le pene sono inadeguati, allora il popolo non ha

piu una guida. Alla virtu, in ambito politico, non e estranea la buona educazione, in cui

confluiscono sia l’interiore gentilezza d’animo sia la formale osservanza dell’etichetta e

delle convenienze sociali.

I princıpidello yen

e del li

Sullo sfondo di questo ideale di stabilita e conservazione e dunque comprensibile come, per

Confucio, le piu importanti virtu etiche siano la rettitudine del comportamento e la be-

nevolenza verso il prossimo. Il loro esercizio permette all’individuo di essere in sintonia con

lo yen. Tale nozione e a grandi linee traducibile come «principio di umanita». Indica l’at-

titudine intrinseca in ogni individuo a porsi in positiva sintonia con il resto dell’umanita,

assumendo verso il mondo nel suo complesso un atteggiamento di disponibilita.

Strettamente connessa alla nozione di yen e quella di li, la cui significanza in ambiti

diversi ne rende difficile la traduzione. Anticamente era applicata in ambito strettamente

religioso, a indicare i riti che accompagnavano le pratiche religiose. Passo poi a indicare le

regole e le convenzioni che strutturano la vita sociale, i riti matrimoniali, militari, di governo

ecc. In questo senso, il li esprime la ragione profonda delle leggi, dei codici di comporta-

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4. Il confucianesimo e l’aspirazione all’armonia PROFILO

& Loescher Editore, 2008 - da ISBN 97-888-201-2724-4

NOTIZIE BIO-BIBLIOGRAFICHE

Confucio, italianizzazione di K’ung-fu-

tzu, che in cinese significa «Maestro

K’ung», secondo la tradizione nasce nel

551 a. C. da un’unione extraconiugale.

Dotato di eccezionali capacita, detiene diversi incarichi

al servizio del sovrano dello Stato di Lu, nell’attuale

Shantung, sino a diventare ministro della giustizia e

primo ministro ad interim. Questa posizione di premi-

nenza sociale e pero incrinata da intrighi politici, che

nel 496 lo costringono a prendere la via dell’esilio,

condizione nella quale trascorre circa dodici anni. Vi-

sita le piu importanti citta cinesi, cercando di convin-

cere sovrani e amministratori ad adottare i princıpi

della sua dottrina. Deluso da troppi fallimenti, e per

sottolineare la sua opposizione alla corruzione dila-

gante, decide di ritirarsi dalla vita pubblica per con-

sacrarsi sia all’insegnamento sia alla raccolta e alla

sistemazione degli antichi testi della saggezza cinese,

la cui origine affonda nella piu remota antichita. La

tradizione gli attribuisce la revisione e il commento

dello Shi-ching (Libro delle odi), dello Shu-ching (Libro

della storia) e dello I-ching (Libro dei mutamenti).

Muore nel 479 a. C. La sua biografia, in cui non e facile

discernere tra verita e leggenda, e scritta da Ssu-ma

Ch’ien intorno all’86 a. C. La divinizzazione della sua

persona risale all’epoca della dinastia Han (206 a. C. -

220 d. C.), alla fine della quale il confucianesimo di-

venta dottrina ufficiale dello Stato cinese.

mento e della morale comune. Infine, in particolare con l’insegnamento di Confucio, la

stessa nozione e stata generalizzata sino a significare il principio di ordine e di razionalita

che governa non solo la societa umana ma anche il mondo naturale nel suo complesso.

Eticaprecettistica

Il peso ideologico e il potere di convinzione del confucianesimo si basano su una ricca

precettistica, ossia su un insegnamento costituito dall’esposizione minuziosa delle regole di

comportamento da assumere in ogni relazione sociale. Affinche ciascuno svolga appieno il

proprio ruolo, Confucio specifica i compiti che gli spettano: il figlio deve essere obbediente,

il padre amorevole ma soprattutto autoritario, il fratello minore rispettoso verso il piu an-

ziano, il suddito reverente verso l’autorita e questa benevolente verso di lui. Ognuno deve

occupare il proprio posto e sapere esattamente quali sono i suoi doveri. La nozione di liberta

individuale non ha grande spazio nel sistema confuciano, limitata com’e all’interno di quelle

poche attivita che non sono condizionate dalla relazione sociale.

Il sistemadegli esami

imperiali

Il confucianesimo si configura, dunque, in primo luogo come un’ideologia, ossia un com-

plesso di concezioni atte a giustificare il potere politico. E per questo che in esso il problema

della fonte e della natura dell’autorita assume un’importanza straordinaria. Vissuto in

un’epoca in cui il principio ereditario su cui si fonda il potere dell’aristocrazia dominante e

messo in dubbio dall’inquietudine sociale, Confucio cerca di rifondare la struttura sociale su

basi piu solide, ossia sull’educazione e sulla cultura. Ottiene che i funzionari dello Stato

siano scelti solo fra gli intellettuali che hanno svolto con successo un lungo percorso edu-

cativo, fondamentalmente di tipo umanistico. La selezione deve avvenire secondo il prin-

cipio della meritocrazia, ossia con un sistema di riconoscimenti, compensi e assunzioni

basato esclusivamente sulle capacita individuali. Un’invenzione che il mondo intero deve al

confucianesimo, recepita in Occidente solo in epoca moderna, e il sistema degli «esami

imperiali», concorsi pubblici e aperti a tutti per la selezione e il reclutamento degli am-

ministratori pubblici.

GUIDA ALLO STUDIO

O L’idea paternalistica dello Stato, che considera la societa come una grande famiglia, e compatibile con

la moderna concezione occidentale della democrazia?

O Il confucianesimo ha inventato il principio della meritocrazia. Sai definirlo? A quali pratiche diede

origine in Cina? Come e oggi praticato nelle societa occidentali?

O Una caratteristica tipica almeno fino a pochi anni fa della societa cinese consiste nell’affidare il governo

del Paese a persone anziane. Su quali basi filosofiche si basa tale usanza?

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MODULO Le filosofie orientali

& Loescher Editore, 2008 - da ISBN 97-888-201-2724-4