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.2. Il giainismo e il principio della non-violenzaMahavira Il giainismo, la terza grande religione indiana accanto all’induismo e al buddhismo, e fon-
dato da Mahavira, vissuto secondo la tradizione fra il 540 e il 468 a. C. La tradizione lo
presenta come l’ultimo di una serie di altri
24 profeti, i quali avrebbero tutti predicato
la dottrina giaina (dall’epiteto del profeta,
Jina, letteralmente «il Vittorioso») in epo-
che diverse. Questa e sicuramente una
leggenda, ma dimostra che Mahavira si
presenta come il continuatore di una ten-
denza a lui precedente. Sul piano storico si
sa poco di lui. E contemporaneo del
Buddha, di qualche decina d’anni piu an-
ziano, come lui abbandona la famiglia
verso i trent’anni per una vita di medita-
zione e ascetismo, raggiungendo l’illu-
minazione dopo dodici anni di prepara-
zione. I suoi scritti sono andati tutti per-
duti, per cui il canone giainista comprende
45 opere messe per iscritto solo intorno al
VIVI secolo d. C. Nonostante l’enorme in-
fluenza sulla cultura indiana, il giainismo
non ha mai avuto uno straordinario se-
guito popolare; oggi vi aderisce solo poco
piu di un milione e mezzo di indiani. Non si e mai diffuso nel mondo contadino, forse per
l’insistenza sul principio di non nuocere ad alcun animale, dogma ben difficilmente con-
ciliabile con il lavoro agricolo.
Ahimsa: lanon-violenza
AA T2
La predicazione di Mahavira parte dalle questioni fondamentali poste dalla cultura induista:
come spezzare il ciclo di reincarnazioni successive cui e condannata l’anima umana e
raggiungere il nirvana? Come anticipare tale stato di beatitudine gia in questo mondo,
spezzando la legge del karma, l’eterno susseguirsi di cause ed effetti da cui dipende ogni
dolore? Mahavira condivide con il Buddha l’idea che l’esistenza di qualsivoglia divinita sia
un problema secondario. Infatti, da una parte, la legge del karma agisce autonomamente e
senza l’intervento di alcun creatore od ordinatore; dall’altra, le pratiche necessarie alla li-
berazione non prevedono la necessita di un salvatore e richiedono uno sforzo che non
supera le ordinarie capacita umane. L’originalita della proposta giainista consiste nel con-
siderare gli stretti legami che connettono il karma alla violenza. E del tutto evidente,
infatti, che sino a che si risponde all’ira con l’ira, all’offesa con l’offesa e alla violenza con la
violenza, la concatenazione negativa non finira mai. L’etica giainista propone di uscire da
questo circolo vizioso attraverso la pratica della ahimsa, ossia del principio della «non-
violenza».
Non-violenza
politica edecologica
Il principio giainista della non-violenza e diventato universalmente noto a seguito della lotta
di indipendenza indiana contro il colonialismo inglese guidata dal Mahatma Gandhi
(«Mahatma» significa «Grande Anima»). E evidente, infatti, che l’ambito privilegiato del-
l’azione non-violenta sia quello politico-sociale, in cui si esprime come resistenza passiva
all’aggressione. L’etica giainista, tuttavia, prevede l’applicazione radicale dello stesso prin-
cipio anche in altri ambiti. Verso la natura, ad esempio. Nessuna religione o filosofia ha mai
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Rappre-sentazione
di Mahavira,fondatore
del giainismo.
difeso tanto fortemente il
valore del rispetto di ogni
essere vivente. Un giainista
osservante sentiva il dovere
(il passato e d’obbligo, dato
che l’impatto della moder-
nizzazione sta velocemente
cambiando anche la societa
indiana, una delle piu tra-
dizionaliste dell’intero pia-
neta) di porre davanti alla
bocca un fazzoletto in modo
da evitare che, involonta-
riamente, il suo respiro uc-
cidesse anche il piu piccolo
insetto. Per gli stessi motivi attaccava sonagli alle sue scarpe, in modo da avvisare del suo
passaggio gli animali cosı piccoli da non poter essere visti e scansati. Ancora oggi i giainisti
praticano un vegetarianismo stretto, rifiutano ogni forma di sacrificio cruento e si prendono
cura degli animali ammalati. Ma in epoche passate gli asceti giainisti spingevano il digiuno
sino alla morte volontaria per inedia e praticavano una forma estrema di meditazione,
consistente nell’offrire il loro stesso corpo come cibo per gli animali, ponendosi a meditare
sul terreno di celle appositamente costruite accanto ai templi, molto umide e proliferanti di
piccoli insetti.
GUIDA ALLO STUDIO
O Le religioni indiane, e il giainismo in particolare, danno molta importanza alla morale alimentare, ad
esempio praticando il vegetarianismo. Sai spiegarne le ragioni?
O Quale puo essere la relazione fra vegetarianismo e metempsicosi?
O Anche i culti misterici praticati in Grecia, ad esempio l’orfismo e i culti dionisiaci, prescrivevano precise
norme alimentari. Sai descrivere quali?
O Sai indicare eventi storici in cui sia stata praticata l’idea giainista della non-violenza?
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2. Il giainismo e il principio della non-violenza PROFILO
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PER IL DIBATTITO
Il pacifismo gandhiano
Oggi molti considerano il principio della non-violenza la via per risolvere i conflitti mondiali. Altri, pero,
notano che la stessa vicenda di Gandhi sembra smentire la possibilita di universalizzare la pratica della
ahimsa. Se questa, infatti, risulto vincente nella lotta di liberazione indiana, e dubbio che avrebbe
potuto aver ragione dell’aggressivita hitleriana, cosa che lo stesso Mahatma sembro riconoscere,
rinunciando a criticare il fatto che truppe indiane combattessero a fianco di quelle inglesi.
O Anche coloro che negano la possibilita che la politica si adegui alla pratica della non-violenza
riconoscono comunque l’alto valore morale del principio. Con quali argomenti puo essere so-
stenuta tale distinzione?
O Anche la Chiesa cristiana sostiene l’idea pacifista, ma con accenti e modalita differenti dall’impo-
stazione gandhiana. Sai specificare quali? Il pacifismo gandhiano e compatibile con i princıpi della
legittima difesa, della sicurezza nazionale, della guerra giusta contro l’aggressione?
Monacogiainista con
la puttika,il velo cheimpedisce
agli insetti diessere
casualmenteinghiottiti
e uccisi.Miniatura
da un testosacro giaina.
.3. Buddha e il buddhismo
La vita del BuddhaIl principeSiddharta
Siddharta Gautama nasce nel 565 a. C. a Kapilavastu in Nepal da una ricca e nobile famiglia.
Stando alla tradizione, in cui e difficile discernere gli elementi leggendari da quelli storici, la
madre Maya (letteralmente «illusione») muore sette giorni dopo il parto ed e la zia materna,
che piu tardi andra sposa al padre, a prendersi cura di lui. Volendo preservarlo da un
doloroso contatto diretto con il mondo, il padre fa sı che il figlio viva tutta l’infanzia al-
l’interno delle mura domestiche, fra agi e piaceri di ogni genere. Riceve un’educazione
adeguata al suo rango e a sedici anni sposa una principessa sua cugina, da cui ha un figlio,
Rahula («legame»).
La scopertadel dolore
Giunto alla maturita, spinto da un irrefrenabile desiderio di conoscenza, Siddharta esce per
la prima volta dalla sua principesca dimora e inizia la sua esplorazione del mondo. Cio che
subito scopre e la realta della sofferenza, della miseria e della poverta: la prima volta che
esce dal palazzo si imbatte in un vecchio che si trascina a fatica sulle proprie gambe, la
seconda volta in un malato che respira a stento, infine in un corteo funebre. La quarta volta
che esce dal giardino del palazzo incontra un asceta mendicante e vede nella sua serena
dignita una prima via di liberazione dal dolore del mondo. Cio basta perche il giovane decida
di dedicare tutta la vita a un unico compito: estirpare il dolore dall’esistenza umana. Nella
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«notte della grande rinuncia», decide di abbandonare la famiglia per la
pratica ascetica. Prima di inoltrarsi nella foresta scrive al padre
queste parole: «Non si affligga per me che finora ho rinunciato al
mondo per sottrarmi al dolore; sono invece da compiangere co-
loro i quali, avidi di godere, concepiscono desideri che sono
appunto causa di dolore». Ha 29 anni.
La praticaascetica
Dopo aver deciso di dedicare la propria vita alla ricerca spirituale,
va a vivere presso due stimati brahmani per ricevere il loro inse-
gnamento, ma gli basta un anno per capire che il rigido ritualismo
tradizionale non offre risposte all’inquietudine del suo
animo. Per sei anni, quindi, si ritira nella foresta insieme a
cinque compagni per svolgere una lunga serie di esercizi di
meditazione e di mortificazione corporale. Narra la tradizio-
ne che per tutto questo tempo si nutre solo di un chicco di
riso e di uno di sesamo al giorno. Ma, nonostante questa ri-
gidissima pratica ascetica, non riesce a raggiungere la pace
interiore e decide ancora una volta di cambiare vita, tentando
una via di mezzo fra i due modelli estremi che ha praticato sino
allora, cioe l’edonismo principesco dell’infanzia e l’autoumiliazio-
ne fisica dell’ascetismo estremo.
L’illumina-zione
L’illuminazione arriva a 35 anni, in una notte passata a meditare
sotto un albero. Seduto immobile a gambe incrociate nella posi-
zione del loto, Siddharta raggiunge un eccezionale stato di pro-
fonda meditazione, passando attraverso quattro gradi di estasi: la
suprema concentrazione, la lievita dell’animo, l’abbandono del
corpo e infine l’imperturbabilita assoluta, ovvero uno stato di
totale indifferenza verso la gioia e il dolore. Durante questa «notte
santa» ha tre grandi visioni: 1) vede il susseguirsi delle nascite e
delle reincarnazioni e comprende che il ciclo della vita e infinito;
2) vede che l’intero mondo e il risultato di questo ciclo e che la vita
dei singoli esseri viventi, uomini o animali, e condizionata dalle
azioni commesse nella vita precedente; 3) vede che tutto il dolore
del mondo proviene proprio da questo perenne susseguirsi di cause
ed effetti e che la soluzione sta quindi nello sfuggire alla sua
costrizione. Da quel momento diviene, ed e detto, il Buddha, ossia «l’illuminato».
La scelta delbodhisattva
Dopo aver ricevuto l’illuminazione, per sette giorni il Buddha e tormentato dai dubbi circa
l’opportunita di rivelare al mondo la propria scoperta. In una visione gli appare Mara, il
diavolo, che tenta di indurlo a suicidarsi, in modo da raggiungere immediatamente lo stadio
finale del nirvana. Ma riesce a resistere alla tentazione e, rinunciando temporaneamente alla
propria personale salvezza, decide di continuare a vivere per comunicare a tutti la verita
conquistata. Con questa scelta, sulla cui importanza insiste in particolare come vedremo il
buddhismo del Grande Veicolo, il Buddha dimostra di porre al centro della propria religiosita
non un ideale privato di salvezza personale, ma l’impegno nell’aiutare tutti gli uomini a
trovare la via della perfezione. Da quel momento si trasforma in bodhisattva, letteralmente
«colui la cui essenza e l’illuminazione».
Il discorsodi Benares
Il settimo giorno si mette in cammino per raggiungere la citta santa di Benares e, nel parco
delle gazzelle, al cospetto dei cinque asceti che sono stati suoi compagni, pronuncia il
discorso sulle quattro sante verita. Inizia cosı la sua opera di proselitismo, destinata a un
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3. Buddha e il buddhismo PROFILO
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Il principe Siddharta comebodhisattva, Gandhara, I - I II - I I
secolo (Parigi, Musee Guimet).
grande e immediato successo. I cinque asceti chiedono
subito i voti monastici, creando cosı la prima comunita
buddhista (sangha). Dopo tre mesi i monaci sono gia
sessanta e molto piu numerosi sono i fedeli laici, fra cui
svariate donne. Riconfermando la scelta di una pratica di
impegno, il Buddha li invita a diffondere la nuova dot-
trina con queste parole: «Andate, o monaci, a predicare
nel mondo la legge. Agite sempre nel vostro e nell’altrui
interesse. Portate a tutti questo messaggio di gioia».
Lapredicazione
Il Buddha trascorre i 45 anni che gli restano da vivere
come monaco mendicante e itinerante percorrendo la
valle del Gange, mentre schiere di numerosi ascoltatori
accorrono alle sue orazioni pubbliche. D’altra parte non
mancano i nemici, in particolare i brahmani, il cui potere
ritualistico e messo in discussione dal nuovo messaggio,
e gli asceti, che mal giudicano lo svuotamento di senso
delle loro eroiche astinenze. La tradizione buddhista e
ricca di storie relative ai miracoli compiuti da Siddharta
come estrema forma di autodifesa. Si narra, ad esempio,
che suo cugino Devadatta, che lo odiava e tento piu
volte di assassinarlo, un giorno gli aizzo contro un ele-
fante in un vicolo molto stretto, ma il Buddha con la forza del proprio amore fermo l’animale
e lo fece inginocchiare davanti a se.
Muore ormai ottantenne, dopo aver trascorso gli ultimi anni in un monastero. Nel-
l’imminenza della morte, avvenuta verso il 486 a. C., tiene un ultimo magistrale discorso,
rifiutandosi tuttavia di indicare successori. E cremato, e le sue ceneri sono divise fra i nove
regni indiani in cui ha predicato.
AA T4 Trasmandati oralmente per circa cinque secoli, i Discorsi del Buddha sono messi per iscritto
solo nel II secolo a. C. Comprendono materiali di natura diversa: poesie, prediche e dialoghi
che spesso prendono spunto da precise questioni sottoposte dai seguaci.
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Buddhadurante
la predicadel PrimoDiscorso,
465-85 ca.(Sarnath,
MuseoArcheo-logico).
La morte di Gautama Siddharta, il Buddha.
La dottrina buddhistaIl
buddhismoe una
religione?
Il buddhismo, almeno nella fase della sua nascita, non e e non vuole essere una religione. I
testi piu antichi attribuiscono al Buddha una natura e caratteristiche strettamente umane,
anche se ovviamente eccezionali, ed egli stesso non pretende mai di essere considerato un
profeta o un’incarnazione di Dio. Nega inoltre l’esistenza di un Principio Assoluto tra-
scendente e considera gli eccessi della speculazione teologica inutili e devianti. Non si puo
tuttavia negare che il buddhismo, ai giorni nostri, costituisce a tutti gli effetti una religione,
basata sull’insegnamento del Buddha e sugli scritti canonici, dotata di una propria liturgia,
una precettistica ecc. In effetti, contro la sua esplicita volonta, ben presto il Buddha e
divinizzato, cioe fatto oggetto del culto e della venerazione che si devono a un dio, e la sua
vicenda storica e interpretata come una manifestazione terrena della divinita. L’elaborazione
del concetto di buddhita ha inoltre comportato lo sviluppo di una sofisticata teologia, che
postula, ad esempio, l’esistenza di altri Buddha precedenti a Siddharta o di un Buddha
«futuro» oppure ancora di un Buddha per ognuno dei mondi possibili.
Silenzio eprofonditametafisica
Raccontano le storie del Buddha che a chi gli chiede se il mondo e eterno o non eterno, se e
finito o infinito, se l’anima e il corpo sono uno o non sono uno, egli semplicemente rifiuta di
rispondere, scegliendo la pratica del silenzio metafisico. L’Illuminato non entra mai in
questo tipo di speculazioni, non perche le ignori o ne sia indifferente, ma perche le consi-
dera presuntuose e capaci di distogliere l’attenzione dai problemi veri. Non vuole neppure
dare alla sua dottrina una formulazione sistematica, preferendo spiegarsi attraverso il dia-
logo estemporaneo, e soprattutto offrendo l’esempio della sua esistenza come prova della
validita delle sue dottrine.
L’accezionebuddhista
di dharma,karma
e nirvana
Il buddhismo si caratterizza per una particolare interpretazione delle due nozioni fondanti
della religiosita indiana, il nirvana e il karma: 1) il nirvana, che l’induismo considera
possibile solo dopo la morte, come fuoruscita dell’anima dal ciclo delle reincarnazioni, e
uno stato di beatitudine raggiungibile gia durante l’esistenza terrena; 2) la legge di causa-
effetto che sostanzia l’idea di karma non deve essere applicata solo al ciclo delle rinascite,
ma esprime anche la concatenazione che nella vita terrena dell’individuo lega desiderio a
desiderio, dolore a dolore. Ogni desiderio provoca ulteriori desideri e ogni dolore provoca
ulteriori dolori: se si vuole smettere di desiderare e di soffrire bisogna interrompere defi-
nitivamente questo circolo vizioso in cui il passato pregiudica il futuro e fa sı che ogni azione
non sia altro che l’effetto di cause precedenti. Il buddhismo potrebbe essere definito una
tecnica di comportamento, una proposta di vita in vista dell’annullamento di ogni soffe-
renza (nirvana). In polemica con la tradizione sacra della rivelazione contenuta nei Veda e
con il rigido ritualismo formale del brahmanesimo, il Buddha pone la questione dell’effettiva
realta dell’esistenza umana, chiedendosi quale sia il giusto modo per affrontare la malattia,
la vecchiaia e la morte.
Buddhismoe sistema
castale
Una conseguenza di quanto detto e che il buddhismo intende il dharma non piu come
osservanza delle regole sociali, ma come la «legge», ossia come la dottrina predicata dal
Buddha, quindi come personale esercizio della virtu, i cui contenuti hanno valore uni-
versale. Sebbene questa interpretazione sia potenzialmente sovversiva nei confronti del si-
stema castale, il Buddha non fa nulla per eliminare tale rigido sistema. Solo all’interno della
comunita dei monaci buddhisti (il sangha) viene abolita ogni distinzione tra sacerdoti,
guerrieri, commercianti e artigiani. Ogni persona puo entrare nell’Ordine, indipendente-
mente dal suo diritto di nascita; solo gli stolti vengono esclusi, perche ostacolerebbero
l’insegnamento. Per tutti, dunque, vale il detto: «L’uomo dotato di saggezza e buona con-
dotta e il migliore tra gli dei e gli uomini».
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3. Buddha e il buddhismo PROFILO
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Le quattronobili verita
AA T3
Fra tutti i discorsi pronunciati dal Buddha, il piu importante e quello di Benares, in cui
l’Illuminato enuncia le seguenti «quattro nobili verita»: 1) la vita e dolore sotto tutti gli
aspetti; 2) la causa del dolore e la voglia di vivere, il desiderio di prolungare la propria
esistenza, la «sete» di esperienze il piu possibile piacevoli; 3) per annullare il dolore e
necessario annullare tutti i desideri, superare la dimensione dell’io personale; 4) al-
l’annullamento dei desideri si arriva vivendo secondo i princıpi dell’ottuplice sentiero, che
costituisce la parte prescrittiva della dottrina: retta visione (ossia retta comprensione della
dottrina), retta risoluzione, retto parlare, retto agire, retto modo di sostentarsi, retto sforzo,
retta concentrazione, retta meditazione. Anche il desiderio della santita puo essere peri-
coloso, puo tradursi in una sete di perfezione dagli effetti disastrosi. La giusta via e la
rinuncia al mondo accompagnata da una moderata pratica ascetica: e la «via media»,
lontana dai due estremi opposti dell’edonismo, cioe della vita dedita al piacere, e del-
l’eccessivo ascetismo.
L’imperma-nenza dell’io
L’osservanza delle otto regole, unita alla pratica della meditazione, permette di raggiungere
la beatitudine nirvanica, in cui la dimensione del dolore e abolita. Il nirvana consiste in un
superamento della coscienza della propria esistenza come essere individuale e perma-
nente. Cio che chiamiamo «io», indicando con cio qualcosa di unitario che ci accompagna
dalla nascita alla morte, semplicemente non esiste; a questo termine non corrisponde al-
cunche di reale. Reale e solo lo stato attuale, il momento presente, ma oltre ad esso nulla
esiste. Per spiegarlo il Buddha propone questa similitudine: come la dove le parti di un carro
si trovano riunite, si suole usare la parola «carro», che in se non esiste, cosı la dove i
fenomeni psicofisici sono riuniti, si suole usare la parola «io», ma in effetti l’io non esiste
come entita in se. Annullare l’io significa svuotare di significato ogni termine possessivo
(«mio» non ha piu senso); spezzare alla nascita ogni possibile desiderio, perche viene meno il
legame tra presente e futuro che mette in relazione il momento del desiderio con quello
della sua realizzazione; accettare il «vuoto», ossia l’idea della propria impermanenza (cioe
«non permanenza») come dimensione esistenziale.
L’eternalegge
del karma
Un’altra celebre similitudine buddhista paragona la legge del karma al movimento della
ruota del vasaio: spezzare la catena dei rapporti di causa-effetto che provoca la sofferenza in
questa vita e lega l’anima al ciclo delle reincarnazioni e come fermare il giro vorticoso della
ruota, facendo venir meno la spinta che la muove. Ebbene, come questa ruota continuera a
girare per forza di inerzia anche quando cessa l’energia propulsiva, cosı il perfetto buddhista,
cioe colui che ha gia conosciuto l’esperienza del nirvana, deve rimanere vigile guardiano di
se stesso per combattere gli ultimi residui del suo karma, la cui continua rinascita e pres-
soche inevitabile finche l’anima permane nel corpo. Il perfetto e completo stato del nirvana
e raggiungibile solo quando la vita si spegne del tutto e una definitiva morte corporale libera
lo spirito da ulteriori reincarnazioni.
Il Piccoloe il Grande
Veicolo
Il Buddha non volle designare alcun successore, ne si curo di costruire alcuna chiesa o piu in
generale una organizzazione capace di garantire l’ortodossia del movimento da lui fondato.
Ben presto, dopo la sua morte, iniziano le discussioni interpretative dei seguaci. Nonostante
il tentativo di formalizzare un’ortodossia tramite la convocazione di quattro concili generali
dei monaci, le divergenze portano a una spaccatura insanabile fra due tendenze ancora oggi
presenti: la corrente del Piccolo Veicolo e quella del Grande Veicolo, cosı chiamate per
indicare metaforicamente l’aspetto piu elitario della prima rispetto alla seconda.
Hinayana,il Piccolo
Veicolo
La corrente del Piccolo Veicolo (oggi nota come scuola del buddhismo Theravada) opta per
l’eroismo dell’impegno e professa uno stile di vita rigidamente ascetico. E la via preferita dai
monaci, che al rispetto delle norme dell’ottuplice sentiero aggiungono i voti di poverta,
castita e distacco dal mondo. E la via di chi, interpretando in modo integrale il messaggio del
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maestro, punta alla propria salvezza individuale, ossia a raggiungere la perfezione del
nirvana liberandosi dai vincoli del mondo e spezzando il ciclo di reincarnazioni che incatena
l’anima.
Mahayana,il Grande
Veicolo
I sostenitori del Grande Veicolo riconoscono che i propri avversari si rifanno alla lettera
all’insegnamento del Buddha, ma rivolgono loro una domanda: perche il Buddha stesso, pur
avendo raggiunto lo stato nirvanico dell’annullamento di se, continuo tuttavia a rimanere
nel mondo? Egli non volle perseguire egoisticamente la propria liberazione, ma decise di
posporre la propria salvezza per aiutare gli altri a raggiungere il nirvana adoperandosi
dunque per il bene e la salvezza altrui. Il Mahayana pone al centro della propria dottrina un
ulteriore precetto, non codificato nell’ottuplice sentiero ma presente in ogni atto e parola del
Buddha: la compassione, ossia l’impegno per ridurre non la propria sofferenza ma quella
degli altri. Piu aperto alle vicende mondane, il Grande Veicolo non richiede una fuga dal
mondo ma una partecipazione attiva al dolore di ogni essere vivente.
GUIDA ALLO STUDIO
O Induismo e buddhismo usano spesso le stesse parole, attribuendo loro un significato parzialmente
differente. Sai specificare il diverso senso del termine dharma nell’induismo e nel buddhismo?
O Il buddhismo Mahayana da molta importanza al fatto che il Buddha non si sia suicidato. Perche
avrebbe potuto farlo? Perche e cosı importante che non lo abbia fatto?
O Ponendosi il compito di curare i mali dell’anima, il buddhismo puo in qualche modo essere
paragonato alle filosofie occidentali dell’epoca ellenistica. Confronta la dottrina delle quattro nobili
verita con la filosofia stoica e con quella epicurea. Quali sono le somiglianze e quali le differenze?
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3. Buddha e il buddhismo PROFILO
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.4. Il confucianesimo e l’aspirazione all’armonia
Il fine enel passato
AA T5
Vissuto in un’epoca di grande inquietudine politica, come testimonia la sua vicenda per-
sonale, Confucio pone come scopo della sua riflessione la restaurazione di un ordine ar-
monico fra individuo, societa e natura, sostenendo che tale armonia puo essere raggiunta
solo attraverso la restaurazione della saggezza originaria contenuta nei testi sacri. Non
pretende di fondare alcuna nuova dottrina e presenta il suo pensiero come una mera si-
stemazione della sapienza tradizionale. Dimostrando un approccio essenzialmente con-
servativo, contrario a ogni innovazione, sostiene che ogni novita e giustificabile solo se
consiste in un ritorno ai costumi del passato, tanto che uno degli aforismi attribuitigli recita
cosı: «Io tramando, non creo».
Il principiodi gerarchia
Per evitare qualsiasi turbamento della vita sociale, bisogna affidarsi al principio di gerarchia.
Confucio sottolinea che le relazioni sociali non sono mai paritarie, perche si sviluppano
sempre fra individui superiori e inferiori. Vi sono cinque relazioni fondamentali che av-
vengono tra: 1) sovrano e suddito; 2) padre e figlio; 3) fratello maggiore e fratello minore;
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4) marito e moglie; 5) amico e amico. Nessuna di queste si svolge fra pari, le prime quattro
per evidenti ragioni, l’ultima perche anche in un rapporto d’amicizia si distingue sempre tra
l’amico piu anziano e quello piu giovane. Fulcro della societa ideale confuciana e la famiglia,
al cui interno si svolgono ben tre delle cinque possibili relazioni sociali. Anche lo Stato e
concepito in termini paternalistici, come «una grande famiglia» di cui l’imperatore e pre-
sentato come «padre e madre». Nel sistema confuciano, dato che il valore risiede sempre nel
passato, l’anzianita e sinonimo di saggezza e assume un valore di per se. Corollario sul
piano politico di questo principio e la tradizionale gerontocrazia cinese, nella quale il potere
e preferibilmente affidato ai piu vecchi.
Compene-trazionefra etica
e politica
Il confucianesimo insiste sullo stretto legame che unisce l’uomo alla societa, rifiutando ogni
possibile separazione tra sfera privata e sfera pubblica. A un discepolo che gli chiede quale
sia il primo dovere di un governante, Confucio risponde che l’essenziale e correggere i nomi
delle cose. Infatti, se i nomi sono sbagliati, i discorsi sono incoerenti; se i discorsi sono
incoerenti, gli affari sono compromessi; se gli affari sono compromessi, riti e musica (ossia la
sostanza delle tradizioni) vengono trascurati; se i riti e la musica vengono trascurati, castighi
e pene risultano inadeguati e se i castighi e le pene sono inadeguati, allora il popolo non ha
piu una guida. Alla virtu, in ambito politico, non e estranea la buona educazione, in cui
confluiscono sia l’interiore gentilezza d’animo sia la formale osservanza dell’etichetta e
delle convenienze sociali.
I princıpidello yen
e del li
Sullo sfondo di questo ideale di stabilita e conservazione e dunque comprensibile come, per
Confucio, le piu importanti virtu etiche siano la rettitudine del comportamento e la be-
nevolenza verso il prossimo. Il loro esercizio permette all’individuo di essere in sintonia con
lo yen. Tale nozione e a grandi linee traducibile come «principio di umanita». Indica l’at-
titudine intrinseca in ogni individuo a porsi in positiva sintonia con il resto dell’umanita,
assumendo verso il mondo nel suo complesso un atteggiamento di disponibilita.
Strettamente connessa alla nozione di yen e quella di li, la cui significanza in ambiti
diversi ne rende difficile la traduzione. Anticamente era applicata in ambito strettamente
religioso, a indicare i riti che accompagnavano le pratiche religiose. Passo poi a indicare le
regole e le convenzioni che strutturano la vita sociale, i riti matrimoniali, militari, di governo
ecc. In questo senso, il li esprime la ragione profonda delle leggi, dei codici di comporta-
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4. Il confucianesimo e l’aspirazione all’armonia PROFILO
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NOTIZIE BIO-BIBLIOGRAFICHE
Confucio, italianizzazione di K’ung-fu-
tzu, che in cinese significa «Maestro
K’ung», secondo la tradizione nasce nel
551 a. C. da un’unione extraconiugale.
Dotato di eccezionali capacita, detiene diversi incarichi
al servizio del sovrano dello Stato di Lu, nell’attuale
Shantung, sino a diventare ministro della giustizia e
primo ministro ad interim. Questa posizione di premi-
nenza sociale e pero incrinata da intrighi politici, che
nel 496 lo costringono a prendere la via dell’esilio,
condizione nella quale trascorre circa dodici anni. Vi-
sita le piu importanti citta cinesi, cercando di convin-
cere sovrani e amministratori ad adottare i princıpi
della sua dottrina. Deluso da troppi fallimenti, e per
sottolineare la sua opposizione alla corruzione dila-
gante, decide di ritirarsi dalla vita pubblica per con-
sacrarsi sia all’insegnamento sia alla raccolta e alla
sistemazione degli antichi testi della saggezza cinese,
la cui origine affonda nella piu remota antichita. La
tradizione gli attribuisce la revisione e il commento
dello Shi-ching (Libro delle odi), dello Shu-ching (Libro
della storia) e dello I-ching (Libro dei mutamenti).
Muore nel 479 a. C. La sua biografia, in cui non e facile
discernere tra verita e leggenda, e scritta da Ssu-ma
Ch’ien intorno all’86 a. C. La divinizzazione della sua
persona risale all’epoca della dinastia Han (206 a. C. -
220 d. C.), alla fine della quale il confucianesimo di-
venta dottrina ufficiale dello Stato cinese.
mento e della morale comune. Infine, in particolare con l’insegnamento di Confucio, la
stessa nozione e stata generalizzata sino a significare il principio di ordine e di razionalita
che governa non solo la societa umana ma anche il mondo naturale nel suo complesso.
Eticaprecettistica
Il peso ideologico e il potere di convinzione del confucianesimo si basano su una ricca
precettistica, ossia su un insegnamento costituito dall’esposizione minuziosa delle regole di
comportamento da assumere in ogni relazione sociale. Affinche ciascuno svolga appieno il
proprio ruolo, Confucio specifica i compiti che gli spettano: il figlio deve essere obbediente,
il padre amorevole ma soprattutto autoritario, il fratello minore rispettoso verso il piu an-
ziano, il suddito reverente verso l’autorita e questa benevolente verso di lui. Ognuno deve
occupare il proprio posto e sapere esattamente quali sono i suoi doveri. La nozione di liberta
individuale non ha grande spazio nel sistema confuciano, limitata com’e all’interno di quelle
poche attivita che non sono condizionate dalla relazione sociale.
Il sistemadegli esami
imperiali
Il confucianesimo si configura, dunque, in primo luogo come un’ideologia, ossia un com-
plesso di concezioni atte a giustificare il potere politico. E per questo che in esso il problema
della fonte e della natura dell’autorita assume un’importanza straordinaria. Vissuto in
un’epoca in cui il principio ereditario su cui si fonda il potere dell’aristocrazia dominante e
messo in dubbio dall’inquietudine sociale, Confucio cerca di rifondare la struttura sociale su
basi piu solide, ossia sull’educazione e sulla cultura. Ottiene che i funzionari dello Stato
siano scelti solo fra gli intellettuali che hanno svolto con successo un lungo percorso edu-
cativo, fondamentalmente di tipo umanistico. La selezione deve avvenire secondo il prin-
cipio della meritocrazia, ossia con un sistema di riconoscimenti, compensi e assunzioni
basato esclusivamente sulle capacita individuali. Un’invenzione che il mondo intero deve al
confucianesimo, recepita in Occidente solo in epoca moderna, e il sistema degli «esami
imperiali», concorsi pubblici e aperti a tutti per la selezione e il reclutamento degli am-
ministratori pubblici.
GUIDA ALLO STUDIO
O L’idea paternalistica dello Stato, che considera la societa come una grande famiglia, e compatibile con
la moderna concezione occidentale della democrazia?
O Il confucianesimo ha inventato il principio della meritocrazia. Sai definirlo? A quali pratiche diede
origine in Cina? Come e oggi praticato nelle societa occidentali?
O Una caratteristica tipica almeno fino a pochi anni fa della societa cinese consiste nell’affidare il governo
del Paese a persone anziane. Su quali basi filosofiche si basa tale usanza?
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MODULO Le filosofie orientali
& Loescher Editore, 2008 - da ISBN 97-888-201-2724-4