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L’INCHIESTA NOVEMBRE 2013 3 L’ESCALATION DELLA HOLDING DI ORIGINE PARTENOPEA FURIO LO FORTE I più attenti osservatori se lo domandano da sempre: qual è la buona stella che ha consentito ad Alfredo Romeo di scalare i gradini dell’alta finanza nazionale, fino a diventare una star che fa piazza pulita di appalti miliardari, in Italia ed ora anche oltre? L’ultimo colpo grosso riguarda la gestione del colossale patrimonio immobiliare targato Inps, una vicenda giudiziaria che ha dell’incre- dibile e vede ancora una volta il Consiglio di Stato scen- dere in campo per accogliere le ragioni del Gruppo Ro- meo, disponendone istantaneamente la collocazione in pole position come vincitore della gara d’appalto con una sentenza addirittura anticipata rispetto alle motiva- zioni. Qui ripercorriamo il cammino del cosiddetto “Si- stema Romeo” con una serie di vicende inedite. L’ex sindaco Valter Veltroni. A sinistra, il giudice Maurizio Meschino alla presentazione del libro di Gianni Borgna e, in apertura, Alfredo Romeo sullo sfondo di un colonnato di Palazzo Spada. B OCCONE GROSSO, l’ennesimo, per la holding dell’imprenditore di origini casertane Alfredo Romeo, che lo scorso 15 ottobre ha ricevuto su un piatto d’argento dalla sesta sezione del Consiglio di Stato un appalto per la bel- lezza di 44 milioni di euro. Secondo i giudici di Palazzo Spada che hanno sottoscritto il di- spositivo (il presidente Stefano Baccarini, il relatore Bernhard Lageder e i consiglieri Vin- cenzo Lopilato, Maurizio Meschino e Roberta Vigotti) sarà infatti la Romeo Gestioni spa, d’ora in poi, a gestire l’immenso patrimonio immobiliare dell’Inps, subentrando istantanea- mente - ed in maniera del tutto imprevedibile - alla Prelios, società che per il Tar Lazio era risultata vincitrice dell’appalto. «Una sentenza - commentano nella capi- tale alcuni esperti - mai vista prima, con un dispositivo addirittura anticipato rispetto alle motivazioni, senza che si riscontrino ragioni di particolare urgenza nell’assegnazione della gara. Per giunta - rincarano la dose - con effi- cacia immediata, tale dunque da rimuovere il vincitore ed insediare all’istante l’impresa targata Romeo, ribaltando la sentenza del Tar Lazio, terza sezione». Una “fretta” che i giu- dici motivano «considerato che la parte ap- pellante (Romeo Gestioni, ndr) ha dichiarato di avere interesse alla pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza». Può ba- stare, l’interesse di una parte, per emanare una sentenza a dir poco fulminea? Intanto, al di là del merito - che peraltro ha già fatto scattare le proteste dei lavoratori appartenenti alla storica società di gestione del patrimonio Inps, la Igei, che la Prelios avrebbe riassorbito nelle sue fila e sono invece ora tutti prossimi al licenziamento - scatta an- cora una volta il quesito rimasto per anni sen- za risposta: come fa l’ex cameriere di Cesa (piccolo comune in Terra di lavoro che ha da- to i natali ad Alfredo Romeo) a fare man bassa dei più grossi appalti pubblici in Italia? Esiste per lui una specialissima “buona stella”? E se c’è, come si chiama? Noi qui proviamo a tracciare un paio di ipotesi fondate su elementi concreti, partendo proprio dalla più recente vicenda: il disposi- tivo di Palazzo Spada del 15 ottobre scorso. PERCHE’ SEI TU, ROMEO? Già, potremmo chiedercelo shakespeariana- mente: perché sempre e proprio Romeo? Andiamo allora a cercare qualche parti- colare inedito. E facciamo un piccolo, picco- lissimo passo indietro. E’ la sera del 10 aprile 2013 quando tutto lo stato maggiore radical chic del Partito Democratico si dà appunta- mento al Teatro Quirinetta di Roma per la pre- sentazione del libro “Una città aperta”, del- l’ideologo di partito Gianni Borgna. Fra i mag- giorenti sul palco, ai lati dell’autore spiccano Valter Veltroni e Francesco Rutelli, i due sin- daci piddini che dovevano “cambiare il volto” della capitale. Nelle prime file, in sala, altri notabili dell’era veltroniana, da Goffredo Bet- tini a Vincenzo Vita, fino all’attuale plenipo- tenziario del Pd in Senato, l’onnipresente Lui- gi Zanda. Non potevano mancare i paparazzi di Dagospia che, irriverenti some sempre, im- mortalano i vip accorsi per la presentazione. Nella vastissima fotogallery un volto non pas- sa a noi inosservato: si tratta di Maurizio Me- schino (così indicato anche nella didascalia), la cui partecipazione all’evento appare tutt’al- tro che inusuale. «Il giudice Meschino, attual- mente tornato in servizio al Consiglio di Stato - spiega un dirigente del Campidoglio - è stato per anni capo Gabinetto di Valter Veltroni, do- po aver svolto analoghe, alte mansioni anche con Rutelli sindaco». La diatriba sulle doppie mansioni dei giu- dici, del resto, si trascina da tempo. E in un articolo pubblicato a giugno 2001 dall’autore- vole Diritto e Giustizia ci si confrontava, fra l’altro, proprio sul “caso Meschino”. «I magi- strati nell’esercizio delle funzioni politiche ROMEO E IL BUON CONSIGLIO

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L’INCHIESTA

N O V E M B R E 2 0 1 3 3

L’ESCALATION DELLA HOLDING DI ORIGINE PARTENOPEA

FURIO LO FORTE

I più attenti osservatori se lo domandano da sempre: qual è la buona stella che haconsentito ad Alfredo Romeo di scalare i gradini dell’alta finanza nazionale, fino adiventare una star che fa piazza pulita di appalti miliardari, in Italia ed ora ancheoltre? L’ultimo colpo grosso riguarda la gestione del colossale patrimonio immobiliare

targato Inps, una vicenda giudiziaria che ha dell’incre-dibile e vede ancora una volta il Consiglio di Stato scen-dere in campo per accogliere le ragioni del Gruppo Ro-meo, disponendone istantaneamente la collocazione inpole position come vincitore della gara d’appalto conuna sentenza addirittura anticipata rispetto alle motiva-zioni. Qui ripercorriamo il cammino del cosiddetto “Si-stema Romeo” con una serie di vicende inedite.

L’ex sindaco Valter Veltroni. A sinistra, il giudiceMaurizio Meschino alla presentazione del libro diGianni Borgna e, in apertura, Alfredo Romeo sullosfondo di un colonnato di Palazzo Spada.

BOCCONE GROSSO, l’ennesimo, per laholding dell’imprenditore di originicasertane Alfredo Romeo, che loscorso 15 ottobre ha ricevuto su unpiatto d’argento dalla sesta sezione

del Consiglio di Stato un appalto per la bel-lezza di 44 milioni di euro. Secondo i giudicidi Palazzo Spada che hanno sottoscritto il di-spositivo (il presidente Stefano Baccarini, ilrelatore Bernhard Lageder e i consiglieri Vin-cenzo Lopilato, Maurizio Meschino e RobertaVigotti) sarà infatti la Romeo Gestioni spa,d’ora in poi, a gestire l’immenso patrimonioimmobiliare dell’Inps, subentrando istantanea-mente - ed in maniera del tutto imprevedibile- alla Prelios, società che per il Tar Lazio erarisultata vincitrice dell’appalto.

«Una sentenza - commentano nella capi-tale alcuni esperti - mai vista prima, con undispositivo addirittura anticipato rispetto allemotivazioni, senza che si riscontrino ragionidi particolare urgenza nell’assegnazione della

gara. Per giunta - rincarano la dose - con effi-cacia immediata, tale dunque da rimuovereil vincitore ed insediare all’istante l’impresatargata Romeo, ribaltando la sentenza del TarLazio, terza sezione». Una “fretta” che i giu-dici motivano «considerato che la parte ap-pellante (Romeo Gestioni, ndr) ha dichiaratodi avere interesse alla pubblicazione anticipatadel dispositivo rispetto alla sentenza». Può ba-stare, l’interesse di una parte, per emanare unasentenza a dir poco fulminea?

Intanto, al di là del merito - che peraltroha già fatto scattare le proteste dei lavoratoriappartenenti alla storica società di gestionedel patrimonio Inps, la Igei, che la Preliosavrebbe riassorbito nelle sue fila e sono inveceora tutti prossimi al licenziamento - scatta an-cora una volta il quesito rimasto per anni sen-za risposta: come fa l’ex cameriere di Cesa(piccolo comune in Terra di lavoro che ha da-to i natali ad Alfredo Romeo) a fare man bassadei più grossi appalti pubblici in Italia? Esiste

per lui una specialissima “buona stella”? E sec’è, come si chiama?

Noi qui proviamo a tracciare un paio diipotesi fondate su elementi concreti, partendoproprio dalla più recente vicenda: il disposi-tivo di Palazzo Spada del 15 ottobre scorso.

PERCHE’ SEI TU, ROMEO?Già, potremmo chiedercelo shakespeariana-mente: perché sempre e proprio Romeo?

Andiamo allora a cercare qualche parti-colare inedito. E facciamo un piccolo, picco-lissimo passo indietro. E’ la sera del 10 aprile2013 quando tutto lo stato maggiore radicalchic del Partito Democratico si dà appunta-mento al Teatro Quirinetta di Roma per la pre-sentazione del libro “Una città aperta”, del-l’ideologo di partito Gianni Borgna. Fra i mag-giorenti sul palco, ai lati dell’autore spiccanoValter Veltroni e Francesco Rutelli, i due sin-daci piddini che dovevano “cambiare il volto”della capitale. Nelle prime file, in sala, altri

notabili dell’era veltroniana, da Goffredo Bet-tini a Vincenzo Vita, fino all’attuale plenipo-tenziario del Pd in Senato, l’onnipresente Lui-gi Zanda. Non potevano mancare i paparazzidi Dagospia che, irriverenti some sempre, im-mortalano i vip accorsi per la presentazione.Nella vastissima fotogallery un volto non pas-sa a noi inosservato: si tratta di Maurizio Me-schino (così indicato anche nella didascalia),la cui partecipazione all’evento appare tutt’al-tro che inusuale. «Il giudice Meschino, attual-mente tornato in servizio al Consiglio di Stato- spiega un dirigente del Campidoglio - è statoper anni capo Gabinetto di Valter Veltroni, do-po aver svolto analoghe, alte mansioni anchecon Rutelli sindaco».

La diatriba sulle doppie mansioni dei giu-dici, del resto, si trascina da tempo. E in unarticolo pubblicato a giugno 2001 dall’autore-vole Diritto e Giustizia ci si confrontava, fral’altro, proprio sul “caso Meschino”. «I magi-strati nell’esercizio delle funzioni politiche

ROMEO E IL

BUON CONSIGLIO

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L’ESCALATION DELLA HOLDING DI ORIGINE PARTENOPEA

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MAGARI SI È VERAMENTE fatto da so-lo. Emulando quei self made

man dei telefilm americani di cui se-guiva appassionatamente le gestaquando era ancora ristretto nei con-fini di Cesa, il piccolo paese del ca-sertano che gli ha dato i natali. Ep-pure al balzo di Alfredo Romeo aivertici del potere economico naziona-le non deve essere stata del tuttoestranea l’amicizia di sempre con l’exdeputato di An Italo Bocchino cui lolegano, oltre alle comuni origini nelcasertano (l’ex proconsole finiano ènato a Frignano, appena 6 chilometrida Cesa), la lunga serie di intese sot-tobanco sugli appalti, venute alla luceattraverso le intercettazioni dell’inchie-sta Magnanapoli.

E poi, forse, c’è anche altro, tan-te vicende mai emerse nel corso de-gli anni che possono spiegare comemai, appena rimasto disoccupato (èstato travolto dal crollo di Fli alle po-

litiche 2013), il geometra ed ex ono-revole Bocchino ha subito trovato ca-sa - dal punto di vista professionale -nella holding Romeo, di cui è diven-tato da un giorno all’altro responsabi-le delle relazioni esterne.

Le voci più benevole dicono chedi mezzo ci sarebbe anche quelghiotto patrimonio da 60 milioni di eu-ro proveniente dalle storiche risorsedi Alleanza Nazionale, oggi al centrodi furibonda contesa fra le diverseanime del partito che fu di GiorgioAlmirante, ma sul quale Bocchinoesercita pur sempre un discreto po-tere. Tanto che qualcuno già avanzal’ipotesi che a gestirne le spoglie pos-sa essere proprio il super immobilia-rista d’Italia, Alfredo Romeo.

Poi ci sono le malelingue, quelliche a pensar male quasi sempre cisi azzecca. E sono proprio loro a faraleggiare, sul terreno delle ipotesi,l’ombra lunga di quel rapporto fra Ita-

lo e una certa parte dei Servizi no-strani che, fin dai tempi del Sisde,avrebbe benevolmente vegliato sullesue fortune politiche. Senza escludereche un qualche riverbero collaterale,di striscio, possa avere nel frattempolambito il destino dell’amico Alfredo,anche lui baciato dalla fortuna, siapur con alterne vicende giudiziarie.

Sulla trasversalità di certe intesequalcosa si comprende leggendo“Una storia di destra”, l’autobiografiadi Bocchino uscita nel 2011 e pre-sentata a Roma addirittura dall’ex sin-daco Valter Veltroni. Dalle pagineemerge la lunga frequentazione poli-tica fra Italo e l’ex capo dello StatoFrancesco Cossiga, conosciutoquando il giovane militante del Msiaveva appena 28 anni. Nè vanno inproposito dimenticati certi interventidel picconatore durante il caso Tele-kom Serbia, quando Bocchino sedevasulla poltrona bollente della commis-

sione parlamentare chiamata a far lu-ce sulla vicenda, costellata di depi-staggi, mentre era stato proprio luiad intercettare una parte della maxitangente, sotto forma di finanziamentiper il quotidiano Roma e per la casaproduttrice cinematografica di suamoglie Gabriella Buontempo. Dinan-zi al magistrato torinese che gli chie-deva spiegazioni, Bocchino affermòdi non conoscere la provenienza diquel denaro. E il caso si chiuse lì.

Un Bocchino per amico

con Nicola Zingaretti. L’attuale presidentePd della Provincia di Roma, come ha rivelatoReport - durante le amministrative del 2008aveva ricevuto dalla Holding Romeo un aiu-tino da 232mila euro. «Sì, Alfredo Romeo- risponde scocciato Zingaretti all’inviato diMilena Gabanelli - era nell'elenco degli im-prenditori che hanno sostenuto la mia cam-pagna elettorale. Ma con orgoglio, visto chela domanda è maliziosa, posso dire che laProvincia di Roma con quell’imprenditore nonha mai avuto rapporti».

Con il Comune invece sì. Come abbia-mo visto nell’articolo di apertura, Romeogestisce fin dai tempi di Rutelli la manuten-

zione degli alloggi di proprietà comunale(senza gran soddisfazione degli inquilini, vistoche secondo il consigliere regionale di op-posizione, Fabrizio Santori, la gestione Ro-meo si caratterizza «per latitanza e immo-bilismo, nella totale disperazione dei romaniche abitano quegli alloggi»).

Situazioni opinabili, evidentemente. Altri-menti non si spiegherebbe come mai il Co-mune di Roma a maggio di quest’anno(mentre il ballottaggio dava già vincenteIgnazio Marino sull’uscente Gianni Ale-manno) ha deciso di assegnare alla Romeoanche l’intero processo di alienazione del-l’Edilizia pubblica residenziale (Erp): dagli al-

loggi popolari a quelli di lusso, fino alle ca-serme. Tutta l’operazione, definita dalla Cgilun autentico colpo di mano, è stata resapossibile grazie alla determina dirigenzialefirmata dal direttore del dipartimento Patri-monio, che ha fatto saltare due atti pubbliciprecedentemente varati: «la delibera 120del 13 aprile 2011 - ringhia un sindacalista- che affidava la dismissione del patrimoniopubblico a Risorse per Roma, e la delibera46 dell’8 febbraio di quest’anno, con cui lagiunta decideva di avviare una gara d’appaltoper esternalizzare i servizi di gestione inte-grata amministrativa, tecnica e di valorizza-zione del patrimonio immobiliare». Particolarecurioso: proveniva proprio dal cda di Risorseper Roma Luigi Bardelli, che era nella cor-data Romeo (vedi pezzo base) ai tempi del-l’appalto targato Veltroni.

Benedetto dal leader in pectore MatteoRenzi, Ignazio Marino s’insedia sulla poltronapiù alta del Campidoglio il 12 giugno scorso.Ed anche al sindaco di Firenze il generosoRomeo non aveva fatto mancare le sue at-

tenzioni. Finanziando, per esempio, la suaFondazione Big Bang con circa 60mila euronel momento strategico del decollo.

Una riconoscenza, quella dei renziani,che va apprezzata fino in fondo. Ed è in que-sto contesto che era maturata anche la scel-ta di Graziano Delrio (allora presidente An-ci, oggi ministro degli Affari regionali) in fa-vore del Gruppo Romeo, quando si era trat-tato di dotare i Comuni italiani d’un partnerper la riscossione dei tributi in sostituzionedella “odiata” Equitalia.

Nonostante le buone intenzioni di Delrioe l’entusiasmo degli esattori made in Ro-meo, oggi Anci Riscossioni, rimasta al paloper oltre un anno, pare avviata ad una irre-vocabile liquidazione. Una decisione alla qua-le non sarebbe estranea la condanna in ap-pello a tre anni per corruzione ricevuta daRomeo ad aprile di quest’anno.

Di sicuro il rapporto tra Alfredo Romeoe la classe politica non era stato sempreimprontato al gentlemen's agreement dellesue buone relazioni con Renzi o con Zinga-

retti. Tanto è vero che a fine anni ottanta,quando a Napoli gettava le basi per quelloche sarebbe divenuto il suo impero, Romeodefiniva Alfredo Vito, cui confessò di averpagato per anni tangenti, “una cavalletta”.

Già perché era stato proprio lui, il fami-gerato “Mister Centomila”, allora plenipoten-ziario della Dc, a tenere a battesimo il de-collo del piccolo imprenditore di Cesa chevoleva diventare uno degli uomini più potentid’Italia. E ci è riuscito. Potenza delle coinci-denze: prima del tracollo politico di Gian-franco Fini e dei suoi, Vito si era avvicinatoa Fli. Con un presentatore d’eccezione: l’uo-mo ovunque di Alfredo Romeo, Italo Boc-chino (vedi box in alto).

DONAZIONI. GESTI D’AFFETTO E UMANA SOLIDARIETÀ. SOSTEGNO CHE ARRIVA DA UNAPROFONDA COMUNIONE D’INTENTI. SONO PIÙ O MENO QUESTE, OGGI, LE RAGIONIALLA BASE DELLE FREQUENTI DAZIONI DI DENARO CHE IL GRUPPO ROMEO ELARGISCEA SOGGETTI DI DIVERSE AREE POLITICHE (CON LA SOLITA PREFERENZA PER LA SUAANTICA PASSIONE, GLI EX PCI) QUANDO SI TROVANO ALLE PRESE COI COSTI DELLECAMPAGNE ELETTORALI. E DEVE ESSERE ANDATA COSÌ ANCHE NEL SUO RAPPORTO

hanno o meno limitazioni per incompatibilitàfunzionale? La domanda ricorre incalzante du-rante la seduta pubblica del Consiglio di pre-sidenza della giustizia amministrativa, tenutasiieri (il 5 giugno 2001, ndr) a Palazzo Spada».Questo l’incipit del pezzo che poi, arrivandoalla vicenda specifica, così continuava: «Al-l’ordine del giorno troviamo anche la questio-ne di Maurizio Meschino presentata dal pre-sidente della prima commissione, Rastrelli.Meschino è stato indicato per la nomina a ca-po di gabinetto o di direttore di dipartimentoal Comune di Roma. Rastrelli, nel presentarela posizione del consigliere Meschino - già ca-po gabinetto quando Veltroni era il vicepre-mier - sostiene che si deve autorizzare la fun-zione di capo gabinetto del comune di Romaed escludere tassativamente quella di direttoredi dipartimento sempre presso lo stesso entecomunale».

Fatto sta che il consigliere Meschino è sta-to poi realmente autorizzato ed ha svolto peranni la delicata funzione di capo gabinettocon Veltroni sindaco della capitale. Ma la suavicinanza politica all’ex Pci risale a tempi an-cor più lontani. Perlomeno a quando, l’11 di-cembre del 1998, le agenzie batterono la se-guente notizia: «Il consigliere della Cameradei deputati, Maurizio Meschino, è stato no-minato consigliere di Stato dal Consiglio deiministri su proposta del presidente del consi-glio Massimo D’Alema. Lo ha annunciato ilsottosegretario alla Presidenza del ConsiglioFranco Bassanini in una conferenza stampaa Palazzo Chigi al termine della riunione digoverno».

TUTTE LE STRADE PER ROMAE fu proprio durante la travagliata permanenzadi “Uolter” in Campidoglio che alle impresemade in Romeo andò il consistente appaltoriguardante la manutenzione dell’intera retestradale di Roma. Correva l’anno 2006 quandoa Romeo veniva aggiudicata dalla giunta Vel-troni la gara da 576 milioni di euro per pren-dersi cura delle arterie capitoline. Nell’inchie-sta giudiziaria che era stata aperta sulla vicen-da nel 2008, gli inquirenti facevano notare unalunga serie di stranezze, a cominciare dal fattoche all’aggiudicatario non veniva richiesta, nelbando, una competenza specifica per le strade.Bastava, guarda caso, quella nel campo dei pa-trimoni immobiliari.

Inoltre fra i partner della cordata Romeospuntava un conflitto d’interessi palese, perla presenza d’un ex consigliere della societàcomunale Risorse per Roma, Luigi Bardelli.Tanto che anche l’Autorità di vigilanza suicontratti pubblici scende in campo e diffidail Comune di Roma dall’aggiudicare l’appaltoa Romeo. La prima delle società escluse ricor-re al Tar Lazio. E vince. Ma anche stavolta in-terviene il Consiglio di Stato. Che in tempi ra-pidissimi (siamo a novembre 2007) dichiaralegittima l’aggiudicazione alla Romeo.

Intercettato nell’ambito di un’indagine del-la magistratura di Napoli, Alfredo Romeo par-lava con Renzo Lusetti del Pd anche della vi-cenda romana pendente dinanzi al Consiglio

di Stato. Una faccenda da lui stesso definita«questione di vita o di morte». Del resto, nonmeno decisivo per le casse della Romeo Hol-ding era stato l’appalto vinto, sempre nella ca-pitale, fin dai tempi dell’amministrazione Ru-telli: quello per gestire l’intero patrimonio abi-tativo comunale della città eterna (93 milionidi euro per 44.800 unità immobiliari, distri-buite su 1.239 edifici a prevalente destinazio-ne residenziale).

All’indomani di quella vittoria del novem-bre 2007, per Alfredo Romeo arriva un 2008zeppo di guai. Si comincia con i temporali,che si abbattono sulla capitale devastandonele strade e provocando la ribellione dei citta-dini contro le imprese addette alla “manuten-zione”, le sue. E così a novembre 2008 il neo-sindaco Gianni Alemanno revoca l’appaltostradale a Romeo, cui intanto il Comune ave-va già corrisposto 45 milioni di euro per dueanni di attività.

Sono solo i primi lampi. Perchè pochigiorni dopo, il 17 dicembre, l’imprenditoreviene arrestato e tradotto nel carcere di Pog-gioreale. L’ordinanza è firmata dai pm parte-nopei che indagano sull’appalto “Global Ser-vice” bandito dal Comune di Napoli e, secon-do l’accusa, tagliato su misura per le impresedi Romeo (vedi pagina accanto).

Arriveranno tempi migliori. A parte lacondanna in primo grado a due anni per cor-ruzione nell’ambito di quel processo (marzo2010) e l’inasprimento della pena in appello(tre anni comminati ad aprile 2013), nel frat-tempo l’immobiliarista continua a macinaregrandi appalti.

E quando qualcosa va storto, interviene ilConsiglio di Stato. «Non foss’altro - dice undipendente di Palazzo Spada - che per la sti-ma reciproca necessariamente esistente fra

questa alta sede della magistratura e l’impren-ditore casertano, visto che è proprio alle sueimprese che il Consiglio ha affidato la manu-tenzione e la gestione dell’intero complesso...».

Se quindi perfino il Consiglio di Stato èfra i “clienti” della Romeo, non meno altolo-cato è il portafoglio degli altri enti pubbliciche hanno prescelto i suoi servigi. Davvero unparterre de roi: si va dal Quirinale alle sedidei ministeri, dall’Agenzia del Demanio alleintere caserme di Guardia di Finanza e Cara-binieri, senza contare Avvocatura dello Stato,Consip (che significa tutti gli edifici pubblicidi proprietà dello Stato), Corte dei Conti, e chipiù ne ha più ne metta: i poteri di controllo,a quanto pare, ci sono tutti, o quasi.

IN VOLO SU MILANOMancavano in realtà gli scali aeroportuali, maRomeo ha provveduto nella primavera di que-st’anno, aggiudicandosi la gara da 48 milionie passa bandita dalla Sea per la gestione degliaeroporti di Milano. Tutto liscio come l’olio?«Ma quando mai! Anche stavolta - dice fra identi un’impiegata della holding partenopea- siamo dovuti arrivare in Consiglio di Statoper vedere tutelate le nostre ragioni...». Ariec-colo. E’ il 20 settembre 2013 quando il Colle-gio presieduto da Stefano Baccarini (con Mau-rizio Meschino fra i tre consiglieri) si pronun-cia definitivamente sulla controversia insortafra la Sea (Società Esercizi Aeroportuali, chegestisce Linate e la Malpensa) e tre società cheavevano partecipato alla gara d’appalto: il CNS(Consorzio Nazionale Servizi), escluso, la srlDussmann Service, esclusa, e la spa RomeoGestioni, vincitrice. Una questione intricata,fatta di postille, ricorsi al Tar ed appelli inci-dentali. In particolare, il CNS si era rivolto alTribunale amministrativo per l’annullamento

della gara, sostenendo che le altre due siglenon possedessero neppure i requisiti richiestiper essere ammesse. Il Consiglio di Stato, conuna sentenza articolata in quasi 60 pagine, ac-coglie le ragioni addotte dalla difesa di RomeoGestioni sulle diverse questioni sotto esame,a cominciare dal costo della manodopera uti-lizzata per i servizi di pulizia («appare con-gruo l’operato di Romeo Gestioni (...)»), percontinuare con la quantificazione delle ore ne-cessarie per le lavorazioni («Romeo Gestioniha, sul punto, offerto puntuali giustificazioni»)o sul «valore medio presunto di ore necessarieper svolgere le lavorazioni su base giornalie-ra», argomento sul quale il collegio recepiscequanto «condivisibilmente osservato dalla Ro-meo Gestioni».

Le controparti obiettavano che Romeo in-tendeva dislocare i lavoratori ad altre mansioni,in violazione delle regole. Ma la Corte così ri-batte: «Neppure può trovare accoglimento ilmotivo di appello con cui si torna a sottolinea-re che la Romeo Gestioni avrebbe apodittica-mente preannunciato la propria intenzione didestinare il personale impegnato nella commes-sa per cui è causa verso altri appalti nella Re-gione Lombardia. Al riguardo, l’esame della do-cumentazione di causa mostra che l’afferma-zione che viene contestata alla Romeo Gestionifa riferimento semplicemente all’intenzione dispostare verso ulteriori e diverse commesse ri-cevute da Consip il personale assunto al primolivello (con oneri di lavoro molto favorevoli) einizialmente destinato ai servizi di pulizia, unavolta che (decorsi i primi nove mesi dall’assun-zione) si sarebbe reso necessario inquadrarli alsecondo (e più oneroso) livello».

Tutto è bene quel che finisce bene.

TU CHIAMALE SE VUOI DONAZIONI...

Nicola Zingaretti. In alto, Italo Bocchino.

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nita anche “Operazione Magnanapoli”. Per ipubblici ministeri Vincenzo D'Onofrio e Raffa-ello Falcone, Alfredo Romeo aveva organizzatoun comitato d’affari comprendente tecnici e pro-fessionisti, ma anche assessori e pubblici fun-zionari che in cambio di posti di lavoro, incari-chi, consulenze o denaro, gli assicuravano l’ag-giudicazione di appalti con gare cucite su mi-sura, tanto da essere redatte dal suo staff. «Laprospettiva ultima - si leggeva nell’ordinanza dicustodia cautelare - è quella del saccheggio si-stematico delle risorse pubbliche, spesso già diper sè insufficienti a rispondere alla drammaticasituazione in cui versano Napoli e la sua pro-vincia. Risorse che vengono veicolate versol’esclusivo ed egoistico interesse di Alfredo Ro-meo e delle sue imprese in totale dispregio delleregole fondamentali della buona ed efficienteamministrazione».

ITALO, ALFREDO E LA DELIBERAFitto, a tratti convulso, il dialogo di quei mesicaldi tra Romeo e Italo Bocchino, così comeappare nelle tante intercettazioni alla base del-l’inchiesta. Il 27 marzo del 2007 l’imprenditoreè preoccupato per la serie di emendamenti chein consiglio comunale stanno creando problemial varo della delibera Global Service: un affareda 400 milioni di euro, peraltro mai realizzatoper mancanza di fondi da parte della giuntaIervolino.

Bocchino: AlfredoRomeo: Italo, come stai?Bocchino: Bene, lì si è rinviato so, ho seguito

tutto...Romeo: Sì, hanno fatto una ottantina di

emendamenti, ma come mai?Bocchino: No, tutti hanno fatto una ottantina

di emedamenti.Romeo: No, soltanto AN perché gli altri sono

usciti... Bocchino: Comunque è stato rinviato il con-

siglio in modo che ritirano gli emendamenti e...avrebbero trovato un’intesa per fare una sortadi.... di... comitato di sorveglianza sulla proce-dura, giusto così per trovare una via d’uscita po-litica, però è tutto a posto.

Romeo: Ah, ma non c’è nessuna volata aqualcuno?

Bocchino: Nessun problemaRomeo: Quindi possiamo entrare un po’ nel

merito di queste cose, di questi emendamenti?Bocchino: Come no come no come noRomeo: Che dici?Bocchino: Io domani vengo a...domani mat-

tina ti chiamo e veniamo io e quel mio amicoche ti avevo detto a trovarti.

Non meno amichevoli gli “inciuci” con Ren-zo Lusetti, ex demitiano doc, poi Margherita.«L’imprenditore Alfredo Romeo - scrivevano ipm - riceveva illecito sostegno anche dall’ono-revole Renzo Lusetti del Pd», il quale «si è ado-perato per consentire all’imprenditore il prose-

VEDI MAGNANAPOLI E POI...

I magistrati contabili del capoluogo partenopeo chiedono al gruppodell’immobiliarista di restituire oltre 80 milioni di euro. A tanto am-monterebbe il danno erariale causato dalla cattiva gestione del patri-monio comunale negli anni della giunta guidata da Rosa Russo Ier-volino. Il procedimento, che è tuttora in corso, scaturisce dalle indaginidell’operazione “Magnanapoli” che è costata ad Alfredo Romeo unacondanna a tre anni di reclusione in appello.

QUELLO CHE LO STESSO FONDATORE definisce,nel portale del Gruppo, il “Sistema Ro-meo”, è oggi una holding le cui principali

costole sono rappresentate da Romeo Alberghi(al centro l’omonimo hotel da nababbi sul lun-gomare di Napoli), Romeo Gestioni (con inca-richi che vanno dal Quirinale in giù), RomeoImmobiliare (mercato retail e valorizzazione dipatrimoni pubblici) e Romeo Legal, addetta agestire l’immane contenzioso delle consorelle.Pur dichiarata attiva dal 2004, Romeo Legal èuna srl il cui sito web risulta tuttora “in costru-zione”. Colpa, forse, delle tante traversie giudi-ziarie andate a colpire proprio quella che dove-va essere la costola legale del Gruppo.

Il 17 dicembre del 2008, giorno in cui l’im-prenditore Alfredo Romeo viene arrestato dallaProcura partenopea nell’ambito dell’inchiestaGlobal Service, un ordine di sequestro preven-tivo si abbatte anche sulla srl Romeo Legal. Soloche in questo caso ad emanarlo è la Dda, Dire-zione Distrettuale Antimafia, e a notificarlo è laDia. Con il provvedimento viene «disposto il se-questro di tutte le società (beni aziendali e conticorrenti compresi) formalmente intestate a terzi,ma di fatto e sostanzialmente riconducibili allostesso Romeo». Amministratori dei beni seque-strati vengono nominati Cosimo Rispoli e Fran-cesco Nicola Maresca, soci della Romeo Legal,che era amministrata da Enrico Trombetta, clas-se 1955, già presente al fianco di Romeo nellasocietà dedita alle riscossioni tributi. Il 29 gen-naio 2009 arriva la convalida del sequestro e lanomina a custode dell’altro socio della srl, LucioSpanò. Bisognerà attendere il 30 marzo del 2010per il dissequestro dei beni della Romeo Legalsrl, che forse proprio per questo risulta ancoraoggi in liquidazione.

UN CERTO LUIGI POMICINOMa da dove derivavano le attenzioni della Di-rezione Distrettuale Antimafia su questa societàdi Alfredo Romeo? «Bisogna ricordare - raccontaun penalista partenopeo che aveva seguito davicino la vicenda - che l’inchiesta Global Ser-vice era nata per caso da tutt’altro filone di in-dagine, aperto dalla Procura di Santa Maria Ca-pua Vetere sugli illeciti di alcuni componentidell’amministrazione comunale di Orta di Atellaall’epoca del sindaco Pd Angelo Brancaccio.Nelle intercettazioni a carico di quest’ultimoerano emersi contatti con un imprenditore diSuccivo, Gaetano Lampitelli, destinatario di unappalto da 1 milione di euro nel Polo dellaQualità di Marcianise, nonché a sua volta in af-fari con Luigi Cirino Pomicino», altro managerfai da te che, con quel cognome, non potevanon essere esponente della famiglia di ‘O mi-nistro Paolo Cirino Pomicino.

Ed era stato proprio Luigi Pomicino a con-tattare Alfredo Romeo per chiederne l’aiuto atrovare una nuova sede per la sua impresa. Diqui le intercettazioni sulle utenze di Romeo ela nascita del gigantesco filone Global Serviceche a dicembre 2008 porta in carcere Romeo edalcuni assessori della giunta comunale retta daRosa Russo Iervolino. «Nessuna sorpresa - com-mentano in ambienti politici partenopei - se lavicenda di Romeo va ad incrociare quella dellaPomicino Family, visto che fra le due dinastieesiste da tempo un solido, benché inconfessa-bile, trait d’union: la comune amicizia d’affaricon Italo Bocchino».

Ma torniamo all’inchiesta giudiziaria, defi-

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aveva percepito dalla giunta Iervolino «senza aver prodotto i risultati dovuti, vio-lando i canoni di buona amministra-zione e di corretta interpretazionedel contratto». In totale, il dannoerariale quantificato dalle FiammeGialle e dalla Corte dei Conti am-monta ad oltre 87 milioni di eu-ro, somma di cui ora la Procura con-tabile chiede la restituzione allo stesso GruppoRomeo e ai pubblici amministratoricoinvolti.

LA FINE DELLE DISMISSIONIVedremo come andrà a finire. Ma intanto valela pena di ricordare che già nel 2004, alla vi-gilia del rinnovo del contratto con Romeo, laCorte dei Conti invitava il Comune alla cautela,chiedendo «di effettuare un’attenta analisi e,contemporaneamente, di valutare, qualora siorienti per il rinnovo, di fissare condizioni checonsentano all’Amministrazione di riappro-priarsi del ruolo suo proprio di indirizzo e con-trollo». «Va rilevata inoltre - rincaravano la do-se i magistrati - che la scelta dell’Amministra-zione di affidare a terzi la gestione completadel proprio patrimonio immobiliare non sem-bra aver comportato effettivi risparmi in terminieconomico-finanziari, né tantomeno apprezza-bili benefici, rimanendo, comunque e sempre,in capo all’Amministrazione, la responsabilitànei confronti della collettività amministrata».

La Iervolino e i suoi decisero di ignorarequel pesante monito, affidando la gestione aRomeo per altri sette anni (fino al ciclone giu-diziario del 2008, che non aveva comunqueinterrotto il rapporto contrattuale). Con l’arrivodella giunta arancione guidata da Luigi de Ma-gistris l’immobiliarista, vedendo profilarsi al-l’orizzonte lo stop, chiede ed ottiene dal tribu-nale la possibilità di pignorare interi pezzi de-gli immobili comunali, costringendo la giuntaarancione a pagare una transazione da 50 mi-lioni di euro. Di mezzo - ricordano le cronache- c’era il Progetto Insula, ovvero il piano va-gheggiato da Romeo di trasformare un’ampiazona immediatamente adiacente al water frontpartenopeo (e collocata alle spalle del suoGrand Hotel) in un’Insula di stampo vagamen-te extraterritoriale, una sorta di zona franca incui esercitare il suo predominio nella gestionedelle attività commerciali.

Bocciato dal Comune, il progetto resta perora nel limbo dei sogni. Anche se con Romeo -la storia ce lo insegna - non è mai detta l’ultimaparola. Di sicuro a dicembre 2012 l’eterno con-tratto con il Comune, che era scaduto, non è sta-to rinnovato. Ora tutto passa nelle mani delladecotta Napoli Servizi, società in house costatafinora ai napoletani ben 65 milioni di euro l’an-no per il solo mantenimento di dipendenti incerca di collocazione. Che ora sembrano avernetrovata una. Forse.

LA RESA DEI CONTIAlfredo Romeo. Sullo

sfondo, la sede del suogruppo al Centro

Direzionale di Napoli.Nella foto a sinistra

Rosa Russo Iervolino.

guimento dei propri fini illeciti nel settore degliappalti, sia nella città di Napoli che nella cittàdi Roma, in questo secondo caso intervenendopresso esponenti del Consiglio di Stato per so-stenere Romeo nell’atto di appello interpostocontro una decisione del Tar favorevole a unaimpresa concorrente».

La sentenza di primo grado è del 19 marzo2010. Giudicati con rito abbreviato, alla sbarraerano finiti, oltre allo stesso Alfredo Romeo, l’exsovrintendente alle opere pubbliche di Lazio eMolise Mario Mautone, e gli ex assessori del co-mune di Napoli, dimissionari dopo lo scoppiodell’inchiesta, Giuseppe Gambale, Enrico Car-dillo, Ferdinando Di Mezza, Felice Laudadio.Uno degli imputati, l’ex assessore Giorgio Nu-gnes, si era nel frattempo tolto la vita in circo-stanze tuttora misteriose. Condanna a due anni(pena sospesa) per Romeo e per Mautone. Tuttiassolti i politici. E per Bocchino e Lusetti, cheerano stati iscritti nel registro degli indagati,nemmeno la richiesta di rinvio a giudizio

12 aprile 2013: arriva la sentenza di appello.Condanna inasprita per Romeo (da due a tre an-ni), cui vengono attribuiti anche i reati di corru-zione, turbativa d’asta e rivelazione di segreto.Ribadita l’assoluzione per i politici della giuntaIervolino. Tutto a posto? Per qualcuno, no.

CORTE DEI CONTI IN CAMPOEra stata fissata per il 12 giugno di quest’annodalla Corte dei Conti della Campania l’udienzaper fare luce sui tanti punti controversi della ge-stione esercitata da Romeo sul patrimonio im-mobiliare del Comune al tempo della Iervolino.Un’udienza di quelle che, con immancabile ri-tualità, servono solo per chiedere un rinvio. Siarriva così a ottobre, quando i responsabili dellaholding immobiliare presentano un’eccezionedi nullità dell’intera istruttoria, che sarebbe ca-rente dei requisiti della specificità e della con-cretezza in merito al presunto danno erariale.La questione passa alla Corte dei Conti della ca-pitale, cui va il compito di decidere in meritoalla ipotizzata nullità.

Sotto i riflettori dei magistrati contabili c’èla gestione del patrimonio comunale dal 1998in poi. La disamina comincia con la stipula delcontratto d’appalto fra Palazzo San Giacomo ela E.R. spa (così era denominata all’epoca la Ro-meo), passando per il rinnovo del 2005, fino aldecreto ingiuntivo azionato da Romeo contro ilComune nel 2008 per recuperare presunti creditida lui vantati.

Per contro, le ipotesi di danno erariale vannodalla mancata riscossione dei canoni relativi agliimmobili del patrimonio (83 milioni di euro inmeno nelle casse comunali) ai piani di rateizzodei canoni non riscossi, fino agli incarichi con-feriti dalla holding immobiliare ad avvocati (pa-gati 3 milioni di euro) senza procedure di evi-denza pubblica. Infine, l’incentivo di gestione(pari ad oltre 1 milione di euro) che la Romeo