PRESTAZIONI PREVIDENZIALI E LAVORO IRREGOLARE: … · L’Osservatorio Veneto sul lavoro sommerso...
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L’Osservatorio Veneto sul lavoro sommerso è stato costituito nel gennaio 2001, per iniziativa dell’Inps regionale, con protocollo d’intesa tra un’ampia partnership: Regione Veneto, parti sociali, Università venete, istituti di ricerca regionali. L’Osservatorio, guidato da un Comitato esecutivo che elabora annualmente il programma di attività, si avvale di un gruppo di studio il cui coordinamento scientifico è affidato a Veneto Lavoro. Finalità dell’Osservatorio sono lo studio e la valutazione degli aspetti giuridici, sociali ed economici connessi direttamente ed indirettamente al fenomeno del sommerso. L’Osservatorio realizza ricerche, promuove seminari di studio, mette a disposizione del pubblico – tramite il Centro di Documentazione aperto presso la sede regionale dell’Inps – i materiali bibliografici che raccoglie o produce. Nel 2003 l’Osservatorio ha realizzato un ampio rapporto. “Attorno al lavoro sommerso in Veneto. Una ricognizione”. La collana monografie “Iceberg” raccoglie gli approfondimenti successivamente prodotti.
I firmatari del protocollo d’intesa sono: Regione Veneto, Università di Padova, Università di Venezia, Università di Verona, Unioncamere regionale del Veneto, Federazione regionale industriali Veneto, Federveneto Api, Confcommercio Veneto, Confesercenti Veneto, Federazione regionale artigianato Veneto, Cna Veneto, Casa, Unione regionale agricoltori, Cia Veneto, Federazione regionale coltivatori diretti Veneto, Federalberghi Veneto, Ance Veneto, Confcooperative unione regionale Veneto, Lega nazionale cooperative, Cgil regionale Veneto, Cisl regionale Veneto, Uil regionale Veneto, Ugl Veneto, Cisal, Centro Studi Cgia Mestre, Fondazione G. Corazzin, Coses, Crel, Ires Veneto, Veneto Lavoro, Inail - Direzione regionale Veneto, Inps - Direzione regionale Veneto, Inps - Comitato regionale Veneto. Questo “Iceberg” è stato redatto dall’Osservatorio veneto sul lavoro sommerso sintetiz-zando e rielaborando un più ampio documento predisposto dalla dott.ssa Elisa Rosteghin sul tema “Utilizzo degli ammortizzatori sociali in agricoltura e problematiche dell’econo-mia sommersa”. I riferimenti normativi e statistici sono aggiornati essenzialmente alle informazioni disponibili nell’autunno 2005.
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Sommario
1. IL LAVORO AGRICOLO ......................................................................................5
1.1 Tipologie di rapporto di lavoro dipendente utilizzate in agricoltura.............5 1.2 Disciplina previdenziale .............................................................................8 1.3 I lavoratori autonomi agricoli...................................................................10
2. GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: IL QUADRO GENERALE ..............................11
2.1. La cassa integrazione guadagni ...............................................................12 2.2. L’indennità di mobilità.............................................................................13 2.3. L’indennità di disoccupazione ordinaria...................................................14 2.4. L’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti .......................................16
3. GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI LEGATI ALL’AGRICOLTURA..........................16
3.1 Indennità ordinaria di disoccupazione agricola ........................................16 3.2 Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti agricola ............................18 3.3 Trattamento speciale di disoccupazione operai agricoli ............................20 3.4 Cassa integrazione salari agricola............................................................21 3.5 Casi particolari........................................................................................27 3.6 Uno schema di sintesi .............................................................................28
4. CONSISTENZA E DINAMICA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI ....................28
5. CRONOLOGIA DI UN PERCORSO. VERSO UNA RIFORMA SEMPRE RINVIATA .........................................................................................................35
6. ALTRE PROPOSTE DI RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI ..............43
7. RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI E LOTTA AL SOMMERSO IN AGRICOLTURA ................................................................................................47
8. IDEE E PROPOSTE RACCOLTE IN ALCUNE INTERVISTE AD ESPERTI............50
8.1 Sintesi dell’intervista al prof. Geroldi .......................................................51 8.2 La specificità del settore ..........................................................................54 8.3 Il lavoro in agricoltura e gli ammortizzatori sociali ...................................55 8.4 Parti sociali e riforme...............................................................................57 8.5 L’uso distorto degli ammortizzatori nel settore agricolo ............................60
9. CONCLUSIONI .................................................................................................63
Riferimenti bibliografici.............................................................................................65
Allegato: Avviso comune in materia di emersione del lavoro irregolare in agricoltura ..........................................................................................70
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1. IL LAVORO AGRICOLO
Il settore agricolo comprende tutte le produzioni primarie ed in particolare i
seguenti comparti: cereali, ortofrutta, florovivaismo, zootecnia, pesca e itticol-
tura, olio e vini.
È lavoratore agricolo colui che presta la propria attività alle dipendenze di un
datore di lavoro agricolo; imprenditore agricolo è colui che esercita una delle
attività inerenti ai comparti precedentemente elencati o ad essi connesse.
Al lavoro subordinato in agricoltura si applica la stessa classificazione prevista
per il resto dei lavoratori dipendenti: dirigenti, quadri, impiegati e operai a
tempo determinato e operai a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 12 d.lgs.
n. 375 del 1993.
Il rapporto di lavoro è soggetto ad una speciale regolamentazione, soprattutto
per quel che riguarda il regime di sicurezza sociale.
La disciplina del rapporto di lavoro vero e proprio è contenuta principalmente
nei contratti collettivi, cui occorre fare riferimento. In particolare:
− per gli operai agricoli, il Ccnl 10 luglio 2002;
− per i quadri e gli impiegati agricoli, il Ccnl 5 aprile 2000.
Le ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro sono uguali a quelle previste per
la generalità dei lavoratori dipendenti.
1.1 Tipologie di rapporto di lavoro dipendente utilizzate in agricoltura
Lavoro a termine
Il rapporto di lavoro agricolo è normalmente a tempo determinato, in relazione
ai cicli stagionali dell’attività.
Nel caso di assunzione a termine di impiegati, si applicano le disposizioni pre-
viste dal d.lgs. n. 368 del 2001 per la generalità dei lavoratori dipendenti. Tali
norme non si applicano, all’opposto, per il personale operaio, per il quale oc-
corre fare riferimento alla disciplina contrattuale, che consente l’assunzione a
termine nei seguenti casi:
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− per l’esecuzione di lavori di breve durata, stagionali o a carattere saltuario,
o per fase lavorativa, o per la sostituzione di operai assenti per i quali sus-
sista il diritto alla conservazione del posto;
− per l’esecuzione di più lavori stagionali e/o per più fasi lavorative nell’anno
con garanzia di occupazione minima superiore a 100 giornate, nell’arco di
12 mesi dalla data di assunzione;
− per un impiego di durata superiore a 180 giornate di effettivo lavoro, da
svolgersi nell’ambito di un unico rapporto continuativo.
Gli operai a tempo determinato che hanno effettuato presso la stessa azienda –
nell’arco di 12 mesi dalla data di assunzione – 180 giornate di effettivo lavoro,
hanno diritto alla trasformazione del loro rapporto in rapporto a tempo inde-
terminato. Tale diritto deve essere esercitato, a pena di decadenza, entro 6
mesi dal perfezionamento del requisito richiesto, attraverso una comunica-
zione scritta da esibire al datore di lavoro.
Il diritto alla trasformazione del rapporto non spetta agli operai a tempo de-
terminato:
− assunti inizialmente con contratto di lavoro a termine con garanzia minima
di 100 giornate;
− assunti inizialmente con contratto di lavoro a termine di durata superiore a
180 giornate di lavoro effettivo, da svolgersi in un unico rapporto continuativo;
− assunti per la sostituzione di operai assenti per i quali sussista il diritto
alla conservazione del posto.
Lavoro part-time
Nel settore agricolo vi è la possibilità di instaurare un contratto di lavoro part-
time con il lavoratore. La legge sul rapporto di lavoro a tempo parziale (d.lgs.
n. 61 del 2000), affidava le modalità di applicazione delle disposizioni sui rap-
porti di lavoro del settore agricolo (“anche con riguardo alla possibilità di effet-
tuare lavoro supplementare o di consentire la stipulazione di una clausola ela-
stica di collocazione della prestazione lavorativa nei rapporti a tempo determi-
nato parziale”1), ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati
1 D.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, art.7.
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comparativamente più rappresentativi. Successivamente il d.lgs. n. 276 del
2003, che ha dato attuazione alla legge 30/2003, ha esteso integralmente le
disposizioni del d.lgs. 61/2000 anche al settore agricolo.
Apprendistato e Cfl (contratti di formazione lavoro)
I lavoratori agricoli possono essere assunti anche con contratto di apprendi-
stato. Questa tipologia contrattuale è stata ampiamente modificata dal d.lgs.
n. 276 del 2003.
Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 276 del 2003 (24 ottobre 2003) è stato
abrogato il contratto di formazione lavoro che quindi non è più applicabile al
settore.
Sempre con il medesimo dispositivo legislativo è stato introdotto il contratto di
inserimento.
Lavoro temporaneo e somministrazione di manodopera
Con l’abrogazione delle disposizioni legislative sul lavoro temporaneo il d.lgs.
n. 276 del 2003 ha introdotto la somministrazione di manodopera applicabile
alla generalità dei lavoratori, inclusi quindi quelli agricoli.2
2 Fino a diversa determinazione delle parti stipulanti o recesso unilaterale conservano ancora efficacia le clausole limitative contenute nei CCNL in vigore alla data del 24 ottobre 2003. In particolare esse prevedevano che il contratto di fornitura di lavoro temporaneo in agricoltura può essere concluso nei seguenti casi: a) attuazione di adempimenti tecnici, contabili, amministrativi, commerciali, non ordinari o
non prevedibili, cui non sia possibile far fronte con l’organico in servizio; b) esigenze di lavoro per la partecipazione a fiere, mostre e mercati finalizzati alla pubblicizza-
zione e alla vendita dei prodotti aziendali; c) sostituzione di lavoratori temporaneamente inidonei a svolgere le mansioni a loro assegnate
ai sensi del d.lgs. n. 626/94; d) sostituzione di lavoratori assenti; e) esigenze non programmabili relative alla manutenzione straordinaria nonché al mantenimento
e/o al ripristino della funzionalità e della sicurezza delle attrezzature e degli impianti aziendali; f) necessità non programmabili e/o non prevedibili di attività lavorative urgenti connesse ad
andamenti climatici atipici e/o calamità, all’aumento temporaneo dell’attività e/o a com-messe e ordinativi straordinari, cui non sia possibile far fronte con i lavoratori in organico;
g) impossibilità o indisponibilità all’assunzione di lavoratori iscritti presso il Centro per l’impie-go competente;
h) temporanea utilizzazione in mansioni e profili professionali non previsti dai normali assetti produttivi aziendali.
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La proroga del contratto di lavoro temporaneo è ammessa:
− nel caso di sostituzione di lavoratori assenti, per l’intera durata dell’assenza;
− negli altri casi, una sola volta e per non più della durata inizialmente
convenuta, qualora persistano le condizioni che hanno dato origine all’uti-
lizzo del lavoro temporaneo.
Altre tipologie contrattuali
Le nuove forme contrattuali introdotte dal d.lgs. n. 276 del 2003 (lavoro a pro-
getto, lavoro occasionale, lavoro accessorio, lavoro ripartito, lavoro intermit-
tente) sono applicabili anche al settore agricolo.
1.2 Disciplina previdenziale
Contributi previdenziali
Per i lavoratori agricoli, il sistema di protezione sociale presenta delle specifi-
cità con riferimento agli operai, mentre per gli impiegati trovano applicazione
le regole in vigore per la totalità dei dipendenti (con la particolarità che, oltre
ai contributi che devono essere versati all’Inps, è dovuta all’Enpaia – Ente
Nazionale di Previdenza e Assistenza Impiegati Agricoli – una specifica con-
tribuzione a titolo di accantonamento Tfr, previdenza integrativa e assicura-
zione infortuni).
In base alla normativa previdenziale si individuano due classi di lavoratori
agricoli subordinati, escludendo quelli con qualifica impiegatizia:
1. Operai a tempo indeterminato (Oti);
2. Operai a tempo determinato (Otd).
Nella categoria degli operai a tempo indeterminato rientrano i seguenti soggetti:
− lavoratori assunti con rapporto di lavoro senza prefissazione di termine che
prestano la loro opera alle dipendenze di un’impresa singola o associata;
− operai a tempo determinato che hanno eseguito presso la stessa azienda,
nell’arco di 12 mesi dalla data di assunzione, 180 giornate di effettivo la-
voro e che hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro in quello
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a tempo indeterminato, con la stessa disciplina stabilita per gli operai as-
sunti originariamente con detta qualifica.3
La categoria degli operai agricoli a tempo determinato comprende gli operai
assunti con rapporto individuale di lavoro a tempo determinato per l’ese-
cuzione di lavori di breve durata, stagionali o saltuari, oppure assunti per fa-
si lavorative o per la sostituzione di operai assenti con diritto alla conserva-
zione del posto.
Per l’accertamento ai fini previdenziali e contributivi delle giornate di lavoro
degli operai agricoli a tempo determinato l’Inps provvede a compilare gli elen-
chi nominativi annuali e quelli trimestrali sulla base delle dichiarazioni della
manodopera occupata inviate dai datori di lavoro. Gli elenchi trimestrali, con
l’indicazione delle giornate di lavoro prestate presso ciascun datore di lavoro,
sono pubblicati entro il terzo mese successivo alla scadenza del termine di
presentazione delle dichiarazioni della manodopera occupata, mediante affis-
sione per 15 giorni all’albo pretorio del comune di residenza del lavoratore.
L’elenco nominativo annuale – compilato e pubblicato dall’Inps entro il 31
maggio dell’anno successivo – contiene l’indicazione delle giornate complessi-
vamente attribuite al lavoratore in base alle dichiarazioni trimestrali della ma-
nodopera occupata. Viene notificato ai lavoratori interessati mediante affis-
sione per 15 giorni all’albo pretorio del loro comune di residenza.
L’Inps invia al datore di lavoro il modello F24, già compilato con l’indicazione
dei contributi dovuti, calcolati sulla base delle retribuzioni effettive degli Oti e
di quelle convenzionali o contrattuali degli Otd vigenti nella provincia.
Indennità di malattia e di maternità
L’indennità di malattia e quella di maternità sono corrisposte agli operai agri-
coli direttamente dall’Inps. Tali indennità spettano anche agli Otd a condizione
che essi risultino iscritti negli appositi elenchi nominativi, nell’anno preceden-
te, per almeno 51 giornate.
3 La Cassazione, infatti, nonostante non ci sia la volontà contrattuale per la creazione di un rapporto di lavoro senza limite di durata, riconosce come indice di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ex art. 8, l. n. 457 del 1972, il superamento appunto delle 180 giornate di lavoro nell’anno presso la stessa azienda agricola.
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Assegno per il nucleo familiare
L’erogazione dell’assegno familiare – effettuata direttamente dall’Inps – è sog-
getta alle medesime regole previste per la generalità dei lavoratori dipendenti.
1.3 I lavoratori autonomi agricoli
In agricoltura si possono trovare diversi tipi di lavoratori autonomi: i coltivatori
diretti, i mezzadri, i coloni e gli imprenditori agricoli. Essi si aggiungono alla pla-
tea dei lavoratori subordinati ma hanno tutele diverse rispetto a questi ultimi.
I coltivatori diretti sono proprietari, affittuari oppure usufruttuari o enfiteuti
con almeno 20 anni di godimento del fondo, ma sono anche pastori o asse-
gnatari di fondi nonché appartenenti ai nuclei familiari che direttamente o
abitualmente si dedicano alla coltivazione dei campi, all’allevamento e governo
del bestiame e allo svolgimento di tutte quelle attività che risultano connesse a
queste ultime. L’impresa coltivatrice diretta è a conduzione familiare mentre il
coltivatore diretto è un piccolo imprenditore. L’attività dei coltivatori diretti
deve essere svolta in modo prevalente ed esclusivo (per maggior impegno di la-
voro e maggior reddito); può essere svolta da parenti o affini entro il quarto
grado. Il fabbisogno di lavoro dell’azienda agricola non deve essere inferiore a
104 giornate annue e la capacità lavorativa del nucleo familiare deve essere
superiore ad un terzo del fabbisogno di lavoro occorrente nell’azienda4.
I mezzadri sono coloro che, in proprio o quali capi della famiglia colonica, si
associano al proprietario del fondo apportando all’impresa agricola soprattutto
il lavoro personale e della loro famiglia, la quale è tenuta a partecipare alla di-
visione dei prodotti secondo le disposizioni legislative e contrattuali e deve ri-
siedere nel fondo in maniera stabile.
I coloni svolgono il loro lavoro solo con un impegno di tempo parziale e non de-
vono risiedere stabilmente nel fondo. Se il lavoro dei coloni è inferiore alle 120
giornate annue essi vengono equiparati ai lavoratori subordinati e si dicono
“piccoli coloni”. Se invece il fondo richiede un fabbisogno superiore alle 120
4 Artt. 2 e 3 della legge 9 gennaio 1963, n. 9.
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giornate annue essi sono equiparati ai lavoratori autonomi e sono soggetti alla
disciplina prevista per tali lavoratori.5
Imprenditori agricoli a titolo principale (Iatp) sono coloro che svolgono autono-
mamente attività di conduzione dell’azienda agricola finalizzata a una qual-
siasi utilità economica. L’imprenditore agricolo, dunque, è titolare dell’azienda
e svolge una funzione di direzione dell’impresa stessa. La sua attività consiste
nell’organizzare e coordinare in modo sistematico ed abituale la produzione,
con l’utilizzo di mezzi adeguati a tale scopo. Essendo un’attività tipicamente a
carattere direzionale non necessita l’esecuzione materiale dei lavori. L’impren-
ditore agricolo dedica all’attività agricola almeno due terzi del proprio tempo di
lavoro complessivo, ricavandone non meno di due terzi del proprio reddito
globale. Nelle zone di montagna e nelle aree svantaggiate il tempo di lavoro e la
quota di reddito si riducono ad un mezzo. Ai fini pensionistici, sono iscritti alla
gestione solamente i titolari delle aziende e non i familiari degli stessi che
eventualmente collaborino alla gestione dell’impresa.
Le fonti normative principali per quanto riguarda i coltivatori diretti, i coloni, i
mezzadri e gli imprenditori agricoli sono: l. 22 gennaio 1954, n. 1136; l. 26
ottobre 1957, n. 1047; l. 9 gennaio 1963, n. 9; l. 30 aprile 1969, n. 153; l. 3
giugno 1975, n. 160; l. 13 maggio 1988, n. 154; l. 2 agosto 1990, n. 233 ed
infine il d.lgs. 16 aprile 1997, n. 146.
2. GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: IL QUADRO GENERALE
Per “ammortizzatori sociali” si intendono gli strumenti di sostegno e di tutela del
reddito dei lavoratori che, per vari motivi, si trovano a dover affrontare periodi più
o meno lunghi di disoccupazione involontaria. L’assetto degli ammortizzatori so-
ciali in Italia ha privilegiato ampiamente la tutela degli occupati dal rischio di per-
dita del posto di lavoro, mentre non ha mai compreso le persone alla ricerca del
primo impiego, per quanto lungo fosse il loro periodo di effettiva disoccupazione.
5 Bisogna sottolineare che la mezzadria e il contratto di colonia sono in via di estinzione a se-guito della legge 203 del 1982 che ha stabilito la conversione di tutti i contratti di mezzadria e colonia, stipulati dopo l’entrata in vigore di tale legge, in contratti d’affitto. Rimangono in vigore, infatti, solo quelli antecedenti a tale legge.
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2.1 La Cassa integrazione guadagni
La Cassa integrazione guadagni (Cig) rappresenta l’istituto di tutela dei redditi
dei lavoratori in caso di sospensione temporanea dell’attività produttiva, per
situazioni non imputabili all’impresa o ai lavoratori mantenendo dunque in es-
sere il rapporto di lavoro. La Cig risulta essere, pertanto, lo strumento tradi-
zionalmente utilizzato per gestire le crisi occupazionali.
La normativa generale riguardante la Cig si è sviluppata a partire dalla legge
n. 164 del 1975 e con le successive leggi n. 675 del 1977 e n. 160 del 1988.
Infine la Cig, mediante la legge 233 del 1991, ha subito una rilevante ristrut-
turazione che ne ha razionalizzato i criteri di concessione e limitato le durate
massime di utilizzo.
La Cassa integrazione guadagni ordinaria
La Cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) si configura come uno stru-
mento per ammortizzare le oscillazioni cicliche della domanda. La sua fun-
zione è quella di garantire il salario ai lavoratori sottoccupati, sollevando con-
temporaneamente il datore di lavoro dal pagamento di retribuzioni per presta-
zioni non necessarie.
Le caratteristiche imprescindibili che devono esservi per l’applicazione della
Cigo sono:
− l’involontarietà e la brevità della situazione che determina la sospensione o
la contrazione dell’attività;
− la certezza della ripresa dell’attività lavorativa.
La durata dell’intervento è per la maggior parte dei casi di 3 mesi, prorogabile
di 3 mesi in 3 mesi, con un massimo di 52 settimane in un arco temporale
biennale.
Il trattamento è erogato dall’Inps nella misura dell’80% della retribuzione glo-
bale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate.
La Cassa integrazione guadagni straordinaria
Con caratteristiche simili all’ordinaria ma con funzioni diverse opera la Cassa
integrazione guadagni straordinaria (Cigs).
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La Cassa integrazioni guadagni straordinaria può essere richiesta per finalità
diverse da quelle previste per l’ordinaria e cioè nei seguenti casi:
1. ristrutturazioni, riorganizzazioni, riconversioni aziendali;
2. crisi aziendali6 di particolare rilevanza sociale (l. 675/77);
3. casi di dichiarazioni di fallimento, di emanazione del provvedimento di
liquidazione coatta amministrativa, ovvero di sottoposizione all’ammi-
nistrazione straordinaria o ad altra procedura concorsuale con cessazio-
ne dell’attività, qualora la continuazione dell’attività non sia stata dispo-
sta o cessata (art. 31, l. 223/91).
A differenza dell’intervento ordinario, la Cigs si concretizza per la mancanza di
certezza di una definitiva ripresa dell’attività lavorativa al termine del periodo
che essa copre.
Tra i beneficiari del trattamento sono inclusi operai, impiegati e quadri inter-
medi7, con almeno 90 giorni di anzianità di servizio.
L’intervento di Cigs opera per un massimo di 36 mesi nell’arco di un quin-
quennio.
L’integrazione salariale avviene in misura pari all’80% dell’ultima retribuzio-
ne lorda.
2.2 L’indennità di mobilità
L’indennità di mobilità è stata introdotta con la legge 23 luglio 1991, n. 223,
con l’obiettivo di facilitare il trasferimento della forza lavoro in caso di ecce-
denze strutturali di imprese del settore industriale con almeno 15 addetti.
In base alla legge 223/1991, un’impresa può avviare le procedure di mobilità
se, durante l’attuazione del programma di trattamento straordinario di inte-
grazione salariale, ritiene di non essere in grado di garantire il reimpiego ai la-
voratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative.
6 I criteri che definiscono lo stato di crisi sono fissati dal Ministero del lavoro (art. 1, co. 6, l. 223/91 – d.l. 185/94). 7 Sono esclusi dalla possibilità di ottenere il trattamento di Cigs gli apprendisti e i lavoratori in contratto di formazione lavoro.
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L’indennità di mobilità spetta ai lavoratori (operai, impiegati e quadri inter-
medi) a seguito di:
− licenziamenti per cessazione dell’attività dell’azienda;
− licenziamenti per riduzione di personale o trasformazione di attività o di
lavoro;
− esaurimento della Cassa integrazione guadagni straordinaria.
I lavoratori posti in mobilità hanno diritto ad una prestazione economica di
entità corrispondente al 100% del trattamento di integrazione straordinaria
previsto con la Cigs, ma si riduce poi all’80% a partire dal tredicesimo mese.
La durata del trattamento varia a seconda dell’età del lavoratore e della localiz-
zazione geografica dello stesso.
2.3 L’indennità di disoccupazione ordinaria
Il trattamento ordinario di disoccupazione costituisce la più generale delle co-
perture vigenti contro la disoccupazione, con riferimento sia alle cause di per-
dita di lavoro che danno diritto alla prestazione, sia ai lavoratori che ne pos-
sono beneficiare.
L’indennità di disoccupazione interessa tutti i lavoratori dipendenti, senza di-
stinzione di qualifica o di caratteristiche del datore di lavoro (può trattarsi in-
fatti di qualsiasi forma giuridica operante in qualsiasi settore di attività).
Rimangono comunque esclusi i dipendenti della Pubblica Amministrazione, i
titolari di rapporti di lavoro con elementi associativi, i lavoratori soci di
cooperative, gli apprendisti di tutti i settori, il personale artistico, teatrale e i
sacerdoti.
L’indennità di disoccupazione garantisce un trattamento in caso di disoccupa-
zione involontaria per mancanza di lavoro, cioè in caso di cessazione dell’im-
piego per licenziamento individuale o collettivo, a meno che non intervenga un
altro trattamento specifico.
La legge n. 448 del 23 dicembre 1998 ha stabilito, all’art. 34, co. 5, che la ces-
sazione del rapporto di lavoro per dimissioni intervenuta con decorrenza suc-
cessiva al 31 dicembre 1998 non dà diritto alla corresponsione dell’indennità
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di disoccupazione, né ordinaria, né a requisiti ridotti, con l’eccezione rappre-
sentata dalle dimissioni volontarie per giusta causa.8
I requisiti necessari per l’ottenimento del sussidio di disoccupazione sono:
− avere lavorato almeno 52 settimane, anche non consecutive, nel biennio
antecedente la data di risoluzione dell’ultimo rapporto di lavoro (per il cal-
colo valgono i giorni di ferie, malattia, maternità e festività);
− avere almeno due anni di anzianità assicurativa presso l’Inps9;
− essere effettivamente disoccupati. A questo proposito valgono attualmente
le disposizioni varate con il d.lgs. n. 297 del 19 dicembre 2002. Tale de-
creto ha abrogato le liste di collocamento e il libretto di lavoro ed ha previ-
sto che, per accedere all’indennità ordinaria di disoccupazione, è necessa-
rio essere nello “stato di disoccupazione” con il quale ci si riferisce a “un
soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgi-
mento e alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con
i servizi competenti”. Lo stato di disoccupazione si acquisisce presentan-
dosi personalmente al Centro per l’impiego nel territorio del proprio domi-
cilio e firmando la dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento
di un lavoro. Il d.lgs. 297/2002 prevede il sostegno del disoccupato attra-
verso un progetto individualizzato e concordato con gli operatori.
Il lavoratore per ottenere l’erogazione dell’indennità deve presentare la do-
manda entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, alla sede del-
l’Inps o al Centro per l’impiego competente per residenza.
L’Indennità ordinaria di disoccupazione ammonta al 40% della media delle re-
tribuzioni lorde percepite nell’ultimo trimestre antecedente il licenziamento.
Tale indennità viene riconosciuta per un periodo massimo di sei mesi (180
giorni); per i lavoratori che hanno un’età uguale o superiore a 50 anni è estesa
fino a nove mesi.
8 Si ha giusta causa nei seguenti casi: mancato pagamento della retribuzione, molestie ses-suali, variazione delle mansioni ecc. 9 Ai fini della maturazione dell’anno e dell’anzianità assicurativa, il periodo di lavoro prestato in qualità di apprendista non è valido.
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2.4. L’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti
L’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti spetta ai lavoratori che, non
potendo fare valere 52 contributi settimanali negli ultimi due anni, hanno la-
vorato per almeno 78 giornate nell’anno precedente. I requisiti rimangono gli
stessi previsti in caso di disoccupazione ordinaria.
La domanda per l’ottenimento va presentata all’Inps competente entro il 31
marzo dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la disoccupazione.
L’ammontare del trattamento è pari al 30% del reddito imponibile mediamente
percepito nelle giornate lavorate.
Per quanto riguarda la durata dell’indennizzo, essa è pari ad un numero di
giornate corrispondente a quelle effettivamente lavorate nell’anno precedente.
L’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti non spetta al lavoratore che
abbia già percepito durante l’anno l’indennità ordinaria di disoccupazione.
3. GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI LEGATI ALL’AGRICOLTURA
In Italia gli operatori agricoli sono coperti da trattamenti specifici contro la di-
soccupazione:
1. Indennità ordinaria di disoccupazione agricola;
2. Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti agricola;
3. Trattamento speciale di disoccupazione operai agricoli;
4. Cassa integrazione salari agricola.
Se il disoccupato del settore agricolo ha persone a carico, può beneficiare, oltre
che di queste indennità, anche degli assegni per il nucleo famigliare.
Vediamo ora in dettaglio i tipi di sostegno al reddito riservati agli operatori del
settore agricolo.
3.1 Indennità ordinaria di disoccupazione agricola
L’indennità di disoccupazione ordinaria agricola10 spetta a tutti quei lavoratori
10 Art. 32, legge 264 del 1949.
17
che risultano iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli11, ma anche
a coloro che hanno lavorato come operai agricoli a tempo indeterminato per
parte dell’anno. Tale indennità, tuttavia, non viene più riconosciuta a quegli
operai la cui situazione di inattività sia la conseguenza di dimissioni volonta-
rie, a meno che esse non derivino da giusta causa. Dal gennaio 2001 (mess.
Inps n. 125 del 23/01/2001 e mess. Inps n. 244 del 21/02/2001) l’indennità
di disoccupazione interessa anche i collaboratori coordinati e continuativi e i
lavoratori autonomi titolari di partita Iva iscritti al Fondo gestione separata
dell’Inps, nel senso che l’iscrizione all’apposita gestione previdenziale non im-
pedisce l’erogazione dei trattamenti per disoccupazione agricola12.
I requisiti necessari per l’ottenimento dell’indennità ordinaria di disoccupa-
zione sono:
− iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli nell’anno solare
per il quale viene richiesta l’indennità (condizione che non si applica agli
operai agricoli a tempo indeterminato);
− aver maturato almeno due anni (anche non consecutivi) di anzianità
assicurativa contro la disoccupazione involontaria;
− avere una prevalente contribuzione in agricoltura nell’anno per il quale è
stata richiesta l’indennità e in quello precedente, con un accredito com-
plessivo nel biennio di almeno 102 contributi giornalieri.
Ai sensi dell’art. 3, dpr n. 1049 del 1970, il requisito dei 102 contributi gior-
nalieri si può maturare anche sommando i contributi non agricoli. Il minimo
contributivo può essere raggiunto anche con l’utilizzo, a determinate condi-
zioni, di alcuni contributi figurativi come il servizio militare, la maternità, il la-
voro all’estero13.
11 Ai sensi dell’art. 7, n. 5, del decreto legge 3 febbraio 1970, n. 7, convertito, con modifica-zioni, nella legge 11 marzo 1970, n. 83. Detti elenchi erano altresì previsti in precedenza dall’art. 12 del regio decreto legge 24 settembre 1940, n. 1949, secondo cui essi dovevano essere redatti dalle commissioni locali e l’iscrizione a tali elenchi condizionava il godimento delle prestazioni previdenziali. 12 Il periodo utile per determinare diritto e misura della prestazione di disoccupazione va determinato con le sole giornate di lavoro dipendente e le stesse devono essere prevalenti sul pe-riodo di lavoro parasubordinato o autonomo. 13 I contributi figurativi per malattia e infortunio sono esclusi. Essi determinano la retrodata-zione del biennio di un periodo pari a quello della malattia o infortunio, diventando perciò pe-riodi neutri.
18
Nel caso di contribuzione mista, agricola e non agricola, occorre valutare la
prevalenza dell’attività nel biennio. La domanda di disoccupazione va presen-
tata su apposito modulo alla sede Inps competente entro il 31 marzo dell’anno
successivo a quello cui si riferisce l’indennità.
Per gli operai a tempo determinato l’importo dell’indennità di disoccupazione
corrisposto ammonta al 30% della retribuzione media convenzionale su cui è
calcolata la contribuzione (salario congelato al 1996 oppure, se superiore, sa-
lario previsto dalla contrattazione collettiva provinciale o quello effettivo).14 Per
gli operai a tempo indeterminato l’indennità è pari al 30% della retribuzione
effettivamente percepita (salario giornaliero).
La durata della prestazione corrisposta dall’Istituto di previdenza per il soste-
gno al reddito in caso di disoccupazione ordinaria è pari al numero di giornate
lavorate nell’anno precedente.
L’indennità per i lavoratori agricoli viene erogata l’anno seguente a quello in
cui si è verificato lo stato di disoccupazione, indipendentemente dalla condi-
zione di occupazione o disoccupazione del lavoratore nel momento in cui il
sussidio viene chiesto e liquidato. I periodi di fruizione del trattamento di di-
soccupazione sono validi ai fini del diritto alla pensione.
3.2 Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti agricola
L’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti15 è rivolta ai lavoratori cosid-
detti stagionali ai quali la legge16 ha esteso i benefici del trattamento ordinario
di disoccupazione.
Sono considerati stagionali ai fini del trattamento di disoccupazione i seguenti
lavoratori dei settori agricoli e non agricoli (art. 40 rdl. n. 1.827 del 1935):
− coloro che prestano lavoro occasionale;
− coloro che sono occupati esclusivamente in lavorazioni che si compiono in
determinati periodi dell’anno.
14 La retribuzione convenzionale media sulla quale si calcola il trattamento ordinario di disoc-cupazione per i braccianti agricoli è quella dell’anno che precede il periodo di presentazione del-la domanda, come è stato chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 6455/2001. 15 Legge 160 del 1988. 16 Art.7, l. 160/1988 e art. 1, l. 169/91.
19
Risultano esclusi dai benefici della disoccupazione a requisiti ridotti, come av-
viene per quella ordinaria, i lavoratori disoccupati a seguito di dimissioni vo-
lontarie, ma anche quei lavoratori che vengono assunti con contratto part-time
verticale (Inps circolare n. 198 del 13.07.1995).
L’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti viene corrisposta a quei lavo-
ratori che presentano i medesimi requisiti richiesti per l’erogazione dell’inden-
nità di disoccupazione ordinaria, dunque:
− abbiano maturato due anni di anzianità assicurativa per la disoccupazione;
− non potendo fare valere 102 contributi nel biennio, abbiano svolto almeno
78 giornate di lavoro dipendente nel settore agricolo nell’anno a cui si rife-
risce la domanda.
Con messaggio 1133 del 15 dicembre 2003, l'Inps ha fornito chiarimenti sulla
indennità di disoccupazione agricola con requisiti ridotti. L'Istituto ha, infatti,
escluso che possano rientrare nel requisito minimo delle 78 giornate di occu-
pazione necessarie per il riconoscimento del diritto all'indennità anche le gior-
nate rientranti nel rapporto di lavoro agricolo ma non effettivamente lavorate.
L'unica eccezione riguarda le ipotesi di maternità, malattia o infortunio inden-
nizzate ove risultino susseguenti all'attività agricola dipendente.
Anche per questo ammortizzatore sociale la domanda va presentata alle com-
petenti sedi Inps entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è ve-
rificato lo stato di disoccupazione.
Sono da rilevare comunque alcune differenze rispetto all’indennità ordinaria:
− l’importo corrisposto è determinato in relazione al numero dei giorni effetti-
vamente lavorati nell’anno precedente, entro un limite prefissato che non
può essere superiore a 156 giorni. Questo rimedio si è reso necessario per
evitare il ripetersi della pratica diffusa nel settore agricolo di non de-
nunciare le giornate di lavoro effettivo eccedenti la soglia minima stabilita
per accedere alla prestazione;
− l’ammontare del trattamento corrisposto agli operai agricoli assunti a
tempo determinato è pari al 30% della retribuzione effettivamente perce-
pita, nei limiti di un importo massimo mensile lordo di euro 791,21, elevato
a euro 950,95 per i lavoratori che possono far valere una retribuzione lorda
mensile superiore a euro 1.711,71.
20
3.3 Trattamento speciale di disoccupazione operai agricoli
Questo tipo di trattamento è stato istituito nel 1972 per esigenze di ordine so-
ciale piuttosto che economico (l. n. 457 del 1972)17. Esso spetta esclusiva-
mente ai lavoratori iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli. Viene
corrisposto quando il lavoratore ha:
− 2 anni di assicurazione contro la disoccupazione involontaria;
− almeno 102 contributi giornalieri nel biennio;
− lavorato a tempo determinato nell’anno cui si riferisce la prestazione;
− prestato almeno 151 giornate da lavoratore dipendente ovvero risulta
iscritto negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli per un numero di
giornate comprese tra 101 e 150 nell’anno cui si riferisce la prestazione.
L’importo del trattamento speciale è pari:
− al 66% del salario medio convenzionale fissato annualmente con decreto
ministeriale (o del salario effettivo se superiore) per coloro che hanno lavo-
rato nell’anno almeno 151 giorni18;
− al 40% del salario medio convenzionale fissato con decreto ministeriale per
coloro che hanno lavorato nell’anno per un numero di giornate compreso
tra 101 e 15019.
La durata massima di fruizione del trattamento è di 90 giorni (le giornate resi-
due rispetto a quelle in totale lavorate nell’anno precedente danno diritto alla
sola contribuzione figurativa20).
Per gli operai a tempo determinato che abbiano lavorato tra 101 e 150 giornate
vengono comunque accreditati 270 contributi giornalieri (pari ad un anno di
contribuzione) ai fini del trattamento previdenziale delle pensioni di vecchiaia e
anzianità.
17 Disciplinano questo istituto l’art. 7, l. 37 del 1977 e l’art. 25 della già citata l. 457 del 72. 18 Per il trattamento speciale i “centocinquantunisti” possono sommare le giornate di lavoro dipendente agricolo e non agricolo, a condizione che le giornate di lavoro agricolo risultino pre-valenti (come avviene per l’indennità ordinaria). 19 Questo accade solamente dal 1977. 20 Contribuzione figurativa: sono i contributi “fittizi” riconosciuti agli assicurati per periodi du-rante i quali (malattia, maternità, disoccupazione, cassa integrazione guadagni ecc.) non c’è stata attività di lavoro e di conseguenza non c’è stato il versamento dei contributi obbligatori.
21
La domanda per l’ottenimento del contributo va presentata alla sede Inps
competente entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento della
presentazione. I lavoratori a tempo indeterminato non possono fruire del trat-
tamento speciale. Sono esclusi dal diritto all’indennità i lavoratori agricoli
iscritti negli elenchi dei coltivatori diretti o mezzadri.
3.4 Cassa integrazione salari agricola
La Cassa integrazione salari agricola è stata istituita nel 1972 con la legge n.
457. Detta legge, infatti, all’art. 8 stabilisce che agli operatori agricoli con con-
tratto a tempo indeterminato, che siano sospesi temporaneamente dal lavoro
per intemperie stagionali o per altre cause non imputabili al datore di lavoro o
al lavoratore, è dovuto un trattamento sostitutivo della retribuzione. La Cassa
integrazione salari agricola ha dunque per oggetto i salari fissi e gli operai oc-
cupati a tempo indeterminato presso la stessa azienda. A tale disciplina sono
state introdotte notevoli innovazioni con la legge n. 223 del 1991. Codesta
legge, all’art. 14 ha esteso agli impiegati e quadri le disposizioni concernenti le
integrazioni salariali ordinarie prima riservate esclusivamente ai lavoratori
agricoli con qualifica di operai. L’articolo 21 della medesima legge ha intro-
dotto nuove cause integrabili per il settore agricolo, come i casi di riconver-
sione e ristrutturazione aziendale nonché di eccezionali calamità o avversità
atmosferiche.
Le aziende cui si applica la normativa in questione sono quelle esercenti atti-
vità di natura agricola21, ovverosia dirette alla coltivazione del fondo, alla silvi-
coltura, all’allevamento degli animali e attività connesse22. Tale regolamenta-
zione si applica anche alle:
− imprese appaltatrici o concessionarie di lavori di forestazione;
− consorzi di irrigazione o di miglioramento fondiario, consorzi di bonifica, di
rimboschimento e di sistemazione montana;
21 Anche in forma associata. 22 Sono considerate attività connesse le attività dirette alla trasformazione e all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nel normale esercizio dell’agricoltura.
22
− imprese che provvedono alla cura e protezione della fauna selvatica e
all’esercizio controllato della caccia;
− imprese che provvedono alla raccolta di prodotti agricoli, solo per il perso-
nale addetto;
− imprese che svolgono attività di acquacoltura, nel caso in cui i redditi che
ne derivano siano prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche;
− amministrazioni pubbliche che gestiscono aziende agricole o eseguono la-
vori di forestazione.
Intestatari della cassa integrazione guadagni agricola sono i lavoratori agricoli
con i seguenti requisiti:
− siano dipendenti23 di aziende agricole con contratto a tempo indeterminato;
− abbiano svolto annualmente presso la stessa azienda almeno 181 giornate
di effettivo lavoro.
Rimangono esclusi dal trattamento coloro che risultano assunti con contratto
di formazione e lavoro (poiché essi sono titolari di un lavoro a tempo determi-
nato); i lavoratori a tempo indeterminato dipendenti di società cooperative
agricole e loro consorzi, che svolgano attività di trasformazione, manipolazione
e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici, nonché le cooperative
agricole e loro consorzi di coltivazione, silvicoltura o allevamento del bestiame;
infine i lavoratori assunti o mantenuti in numero maggiore rispetto alle esi-
genze dell’impresa e, cioè, quando nel corso del periodo di sospensione o nei
15 giorni immediatamente precedenti vengano o siano stati assunti lavoratori
per le stesse mansioni alle quali erano adibiti quelli sospesi, salvo che la causa
di sospensione risulti imprevedibile o di breve durata, quali, ad esempio, la
pioggia o altre intemperie.
L’esclusione totale dei lavoratori a tempo determinato deriva dalle peculia-
rità del lavoro agricolo, caratterizzato da una stagionalità molto alta delle
prestazioni, collegate ai cicli delle colture. L’agricoltura risulta essere il set-
tore stagionale per eccellenza e per questo motivo ci possono essere dei pe-
23 Sono compresi tra i lavoratori dipendenti anche i soci delle cooperative di lavoro impegnate nel settore.
23
riodi dell’anno durante i quali i lavoratori vengono assunti anche per brevis-
simo tempo.24
Cause di sospensione dell’attività agricola
La dizione della norma è assai ampia per quanto concerne le cause di sospen-
sione dal lavoro, poiché, oltre all’indicazione specifica delle intemperie stagio-
nali, prevede poi genericamente altre cause non imputabili al datore di lavoro
e ai lavoratori. Non è possibile perciò indicare cause di sospensione ammissi-
bili in assoluto, perché ai fini della concessione della prestazione è sempre ne-
cessario valutare che la causa addotta:
− non sia imputabile né al datore di lavoro né ai lavoratori;
− abbia effettivamente determinato la sospensione dichiarata;
− abbia carattere di temporaneità.
Per quanto concerne le avversità atmosferiche l’Inps nella circolare n. 178 del
1993 precisa che:
− sono da riconoscere quali cause di sospensione le precipitazioni nevose, il
gelo e la pioggia di una certa consistenza; tali cause riguardano esclusiva-
mente le lavorazioni svolte all’aperto;
− le avversità atmosferiche non possono essere riconosciute quali cause di so-
spensione per i lavoratori adibiti a lavorazioni svolte al coperto o ad attività
che comunque non possono subire interruzioni (allevamento di animali);
− per la fungicoltura l’elevata temperatura può ritenersi causa di sospensione
solo qualora siano state attuate misure preventive idonee a contenere la
temperatura stessa nei luoghi di coltura;
− tra le avversità atmosferiche che possono determinare la sospensione dei
lavori può essere compresa la siccità qualora risulti effettivamente inci-
dente sul tipo di lavorazione.
Altre cause di sospensione possono essere costituite da:
− fenomeni infettivi e attacchi parassitari rilevanti;
− perdita consistente del prodotto;
24 Ragion per cui, nel trattamento economico-normativo degli operai agricoli a termine, è stato creato l’istituto del terzo elemento che consiste in un’indennità pari al corrispettivo di diversi diritti riconosciuti agli operai a tempo indeterminato e precisamente: festività nazionali e infra-settimanali, ferie, tredicesima e quattordicesima mensilità.
24
− breve stasi stagionale (fine lavori, mancanza lavoro) quando, in relazione
all’ordinamento colturale dell'azienda ed alla consistenza numerica degli
operai addetti, sia comunque assicurata una sostanziale continuità di oc-
cupazione;
− mancanza di materie prime quando la circostanza rivesta carattere di
imprevedibile eccezionalità e venga comprovata la irreperibilità delle stesse
sul mercato.
I motivi economici, quali la “mancanza di fondi” o il “mancato finanziamento”
in linea di massima non rientrano fra le cause che legittimano la concessione
delle integrazioni salariali, in quanto sono imputabili al datore di lavoro con
riferimento al normale rischio di impresa.
Requisito occupazionale
Per avere diritto alle integrazioni salariali, i lavoratori devono conseguire il
prescritto requisito occupazionale di almeno 181 giornate annue di effettivo la-
voro presso la medesima azienda. Per consentire l’immediata erogazione delle
prestazioni richieste, l’Inps accetta il semplice impegno del datore di lavoro a
far effettuare al lavoratore interessato almeno 181 giornate di lavoro annue,
salvo successivamente verificarne il rispetto.
Considerato che l’anno solare costituisce il periodo di riferimento ai fini
dell’accertamento dell’effettiva occupazione e del numero di giornate di contri-
buzione da accreditare ai lavoratori agricoli, la verifica del prescritto requisito
occupazionale annuo viene effettuata alla fine di ogni anno solare e con riferi-
mento all’anno stesso.
La verifica viene effettuata anche con riferimento ai dodici mesi susseguenti o
precedenti la data di inizio o rispettivamente di cessazione del rapporto di
lavoro, per non lasciare prive di tutela le sospensioni dal lavoro che si vengono
a verificare nei casi di inizio e di cessazione del rapporto di lavoro a tempo
indeterminato nel corso dell’anno solare25.
25 Criterio analogo a quello appena descritto viene seguito anche nei casi in cui il requisito non viene raggiunto nell’anno solare per motivi non imputabili al lavoratore o al datore di lavoro (in-fortunio, malattia…) sempre che le assenze verificatesi per tali eventi siano determinanti ai fini del mancato raggiungimento del requisito occupazionale.
25
L’erogazione del trattamento di integrazione viene, quindi, effettuata con ri-
serva di successiva verifica, come appena detto; di ciò viene data comunica-
zione alle parti interessate (datore di lavoro e lavoratore) alle quali viene espli-
citata espressa riserva di successivo recupero delle integrazioni erogate per il
caso in cui esse risultino indebite per mancanza dell’anzidetto requisito.26
Qualora risulti, comunque, insussistente il requisito delle 181 giornate di la-
voro, il trattamento di integrazione ordinario potrà essere convertito, purché
ne ricorrano le condizioni, nel trattamento speciale di cui all’art. 21, l. n. 223
del 1991.
Durata della concessione di integrazione salariale
L’integrazione salariale può essere concessa fino ad un massimo di 90 giornate
nell’anno solare. Le integrazioni spettano solamente per i giorni interi di
sospensione e non anche per riduzione dell’orario giornaliero.
L’integrazione salariale non è dovuta:
a) per le assenze che non comportino retribuzione oltre che, logicamente, per
quelle retribuite; peraltro, il datore di lavoro non deve includere tra le gior-
nate di sospensione:
− le domeniche (o se diverse, le giornate di riposo settimanale);
− le giornate di ferie, di riposo compensativo per le festività represse e di
permesso;
− le giornate di festività per le quali spetti per legge o per contratto la
retribuzione;
− le giornate di assenza volontaria;
− le giornate (singole) di sospensione dal lavoro oggetto di recupero;
b) per le giornate di assenza in cui i lavoratori sospesi si dedichino ad altre
attività remunerate; in tale ipotesi il lavoratore, che non dia preventiva co-
municazione all’Inps dello svolgimento, in concomitanza con il trattamento
26 “É da tenere presente – precisa l’Inps (circolare n. 178/93) – che al prescritto requisito delle 181 giornate di effettivo lavoro corrisponde un maggior numero di giornate di contribuzione (al-meno 220/222), in quanto, oltre ad esse, vanno retribuite e quindi assoggettate a contribuzione, le festività soppresse dalla legge n. 54 del 1977, ed ogni altro periodo di assenza per il quale spetti comunque la retribuzione (ad esempio congedo matrimoniale, permessi retribuiti, giornate di sospensione per le quali non è stata concessa o venga disconosciuta l’integrazione salariale, ecc…)”.
26
di integrazione salariale, di altra attività lavorativa, subordinata o auto-
noma, decade dal diritto al trattamento stesso per il periodo di concessione
indipendentemente dalla durata dell’attività stessa27.
Ammontare dell’integrazione
La misura dell’integrazione salariale è pari all’80% della retribuzione media
giornaliera corrisposta nel periodo mensile di paga precedente a quello in cui
si è verificata o ha avuto inizio la sospensione dell’attività lavorativa. Alla retri-
buzione vanno aggiunti i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità
quando tali mensilità non vengano corrisposte per intero ma in misura ridotta
in relazione alle giornate di lavoro sospese.28
Con la legge 223 del 1991 è stato previsto anche per i lavoratori agricoli
l’assoggettamento del trattamento di integrazione salariale al limite massimo
mensile stabilito per le integrazioni salariali straordinarie. La legge n. 549 del
1995, all’art. 2, co. 16, ha esteso l’applicazione del “tetto” alle integrazioni or-
dinarie29.
L’importo delle integrazioni salariali deve essere ridotto in misura pari a quella
prevista per i contributi a carico degli apprendisti (attualmente 5,54%). Il sue-
sposto importo deve essere assoggettato a ritenuta d’acconto Irpef diretta-
mente da parte dell’Inps con l’applicazione delle aliquote percentuali per sca-
glioni di reddito.
Per tutte le forme di integrazione salariale risultava fissato, per l’anno 2004,
un importo pari a euro 806,78 mensili, al lordo dell’aliquota del 5,54%. Tale
importo è elevato a euro 969,66 lorde quando la retribuzione lorda di riferi-
mento per il calcolo dell’integrazione salariale superava la cifra di euro
1.745,40.
I periodi di fruizione del trattamento sono validi ai fini del diritto alla pensione.
27 Per le giornate di assenza per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, gravi-danza e puerperio, sciopero e servizio militare, il lavoratore è tenuto a dare specifica comunica-zione all’Inps, mentre il datore di lavoro deve indicare i lavoratori assenti all’inizio dell’attività la-vorativa, precisando per ciascuno di essi i motivi ed i relativi periodi di assenza. 28 Dalla retribuzione in questo modo individuata si devono escludere eventuali somme corri-sposte a titolo di arretrati, competenze che non sono soggette a contribuzione, retribuzioni in natura e compensi corrisposti a titolo di integrazione delle prestazioni previdenziali. 29 Restano fuori solo le prestazioni per intemperie stagionali.
27
3.5 Casi particolari
Presenza dei requisiti per l’ottenimento di due diversi trattamenti
Esiste la possibilità che un lavoratore agricolo in possesso di tutti i requisiti
necessari all’ottenimento della disoccupazione ordinaria, possegga anche tutti
i requisiti per l’ottenimento del trattamento speciale di disoccupazione agri-
cola. In tal caso l’Inps con la circolare n. 24 del 1997, ha comunicato che: “A
seguito di precisa richiesta da parte delle organizzazioni sindacali di categoria,
si è convenuto che, in presenza di tutti i requisiti di legge, la procedura automa-
tizzata liquidi, in favore del richiedente, il trattamento speciale di disoccupazione
agricola pur se di importo inferiore rispetto all’indennità ordinaria cui avrebbe
avuto diritto in base al numero di giornate prestate. Ciò in quanto l’accredito dei
contributi figurativi corrispondenti alle giornate di trattamento speciale liquidate,
a differenza di quelle corrispondenti all’indennità ordinaria, è utile al perfezio-
namento dei requisiti necessari per il riconoscimento del diritto alla pensione di
anzianità. Peraltro, nell’ipotesi che l’importo dell’indennità ordinaria cui l’interes-
sato avrebbe avuto diritto sia superiore a quello del trattamento speciale, la pro-
cedura automatizzata rilascerà una lettera con la quale, nel comunicare all’in-
teressato l’importo dell’indennità ordinaria cui avrebbe avuto diritto, lo si avvisa
della possibilità di presentare una richiesta di riesame della domanda a seguito
della quale verrà liquidata al medesimo la differenza tra tale importo e quello del
trattamento speciale erogatogli.”
I soci delle cooperative agricole
L’Inps ha precisato, con messaggio n. 21.339 del 1998 che i soci lavoratori di
cooperative agricole hanno diritto all’ottenimento del sussidio di disoccupa-
zione quando l’attività lavorativa che ne giustifica la qualifica di socio venga a
cessare. Bisogna quindi che i presidenti delle cooperative cui appartengono i
lavoratori che richiedono il trattamento di disoccupazione, rilascino una di-
chiarazione dalla quale risulti che i medesimi lavoratori, pur conservando la
qualità di socio, non hanno effettuato presso la stessa cooperativa altra attività
oltre a quella per la quale essi risultano iscritti negli elenchi nominativi, a
causa della mancanza di lavoro.
28
3.6 Uno schema di sintesi
La fig. 1 sintetizza quanto siamo venuti evidenziando a proposito dell’articola-
zione, indubbiamente molto specifica, degli ammortizzatori sociali in agricoltura.
4. CONSISTENZA E DINAMICA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI
Il settore agricolo italiano prevalentemente caratterizzato da aziende di piccole
dimensioni orientate verso produzioni di qualità, piuttosto che di quantità.
Il mercato del lavoro agricolo è contraddistinto da una forte componente di la-
voro indipendente, data dalla prevalenza della manodopera familiare e delle
piccole aziende a conduzione diretta.
Per quanto riguarda il lavoro dipendente, caratteristica marcata è la fram-
mentarietà dei rapporti di lavoro, dovuta alle caratteristiche peculiari del set-
tore. L’occupazione dipendente, infatti, ha un andamento fortemente legato
alla stagionalità della produzione agricola.
SETTORE AGRICOLO (AMMORTZZATORI SOCIALI)
TRATTAMENTO SPECIALE
PER L’AGRICOLTURA
CASSA INTEGRAZIONE
GUADAGNI AGRICOLA
INDENNITA’ DI
DISOCCUPAZIONE AGRICOLA
ORDINARIA requisiti: almeno 102
gg. lav. nel biennio prec.
trattamento: 30% retrib. 180 gg durata
REQUISITI RIDOTTI
requisiti: almeno 78
gg. lav. trattamento: 30% retrib. gg. effettivi
lavorati (max 180)
requisiti: almeno 151
gg. lav. trattamento: 66% retrib. 90 gg. durata
requisiti: almeno 101
gg. lav. trattamento: 40% retrib. 90 gg. durata
requisiti: almeno 181
gg. lav. trattamento: 80% retrib. 90 gg. durata
lavoratori a tempo indeterminato e
determinato
esclusivamente lavoratori a tempo
determinato
lavoratori a tempo indeterminato
29
L’occupazione indipendente, meno legata alla stagionalità, negli anni ha subito
un calo continuo dovuto principalmente al mancato ricambio generazionale.
Elemento distintivo del settore agricolo è anche la presenza di una forte compo-
nente di lavoro irregolare. Il tasso di irregolarità risulta elevato e coinvolge oltre
il 30% delle unità di lavoro del settore complessivamente stimate (Campanelli,
Aresti, 2003). Un tasso così alto può essere spiegato dalle caratteristiche specifi-
che del settore agricolo (tra l’altro vi è un forte ricorso alla manodopera extra-
comunitaria, spesso senza permesso di soggiorno) e dalla presenza di normative
per il sussidio alla disoccupazione che possono incentivare il lavoro sommerso.
La dinamica dell’evoluzione del settore, in questi ultimi anni, è stata contrad-
distinta comunque da un progressivo calo occupazionale. In Italia il peso
dell’agricoltura, in termini di Pil, è passato dal 25% del 1951 al 3,5% del 2003:
questa flessione ha ridotto gli addetti dal 45% del 1951 all’8% del 2003.
Sebbene il settore evidenzi al suo interno interessanti dinamiche evolutive di
segno positivo, non appare nel suo insieme in grado di far fronte a fatti contin-
genti negativi. Nel 2004 si è notata una modesta ripresa del settore. I lavora-
tori agricoli sono infatti aumentati in Italia di 42.000 unità, con un incremento
di 27.000 lavoratori dipendenti e 15.000 lavoratori autonomi.
Secondo la Coldiretti (2004), “la crescita occupazionale che si è verificata è il ri-
sultato dell’impegno del sistema delle imprese che opera in agricoltura nel conti-
nuare il percorso di trasparenza dei rapporti di lavoro intrapreso negli ultimi
anni. Ma è anche la dimostrazione della necessità di valorizzare le risorse locali
che possono garantire uno sviluppo sostenibile in varie aree del Paese (…).”
Per il Veneto, con il 5° Censimento dell’agricoltura effettuato dall’Istat il 22 otto-
bre 2000, sono state rilevate 191.085 aziende agricole, con una riduzione ri-
spetto al censimento del 1990 del 15%. Nel Veneto, coerentemente al resto
dell’Italia, le aziende agricole sono di piccole dimensioni e la loro diffusione sul
territorio è molto disomogenea e solo in parte correlata alla superficie territoriale
dei comuni e all’area effettivamente disponibile per lo svolgimento di attività
agricole. Il quadro della forza lavoro impiegata appare caratterizzato da una lar-
ghissima prevalenza della manodopera familiare: solo l’1,5% delle aziende ri-
corre all’impiego di manodopera extrafamiliare assunta con contratti a termine.
30
Tab. 1 - Erogazione trattamenti di disoccupazione agricoli
v.a. %
2001Belluno 313.280 13.671 582.025 908.976 4,50%Padova 411.240 24.227 2.018.108 2.453.575 12,20%Rovigo 1.112.233 81.721 4.195.958 5.389.911 26,80%Treviso 495.680 36.018 1.056.717 1.588.416 7,90%- Venezia 126.589 5.443 525.639 657.671 3,3%- San Donà 160.024 10.215 296.369 466.608 2,3%Tot. Venezia 286.613 15.658 822.009 1.124.280 5,6%Verona 2.251.475 211.501 4.585.995 7.048.972 35,1%Vicenza 392.491 21.847 1.150.997 1.565.334 7,8%VENETO 5.263.012 404.642 14.411.809 20.079.464 100,0%
2002Belluno 364.480 30.578 506.495 901.553 4,80%Padova 541.347 24.112 1.734.324 2.299.783 12,30%Rovigo 867.926 119.118 3.770.903 4.757.947 25,40%Treviso 580.279 30.682 986.604 1.597.565 8,50%- Venezia 128.735 10.902 392.140 531.777 2,8%- San Donà 157.830 5.426 301.492 464.748 2,5%Tot. Venezia 286.565 16.328 693.632 996.525 5,3%Verona 1.809.831 154.559 4.832.308 6.796.697 36,3%Vicenza 500.918 13.323 860.552 1.374.794 7,3%VENETO 4.951.347 388.700 13.384.817 18.724.863 100,0%
2003Belluno 370.981 11.060 564.310 946.350 5,30%Padova 535.889 27.949 1.570.105 2.133.943 11,80%Rovigo 782.170 74.559 3.627.602 4.484.331 24,90%Treviso 592.415 45.943 1.011.064 1.649.422 9,20%- Venezia 133.875 9.592 430.799 574.266 3,2%- San Donà 178.009 13.663 221.752 413.424 2,3%Tot. Venezia 311.884 23.255 652.551 987.690 5,5%Verona 2.052.023 98.155 4.241.232 6.391.410 35,5%Vicenza 520.497 27.217 876.874 1.424.588 7,9%VENETO 5.165.859 308.137 12.543.738 18.017.733 100,0%
Var. % 2003/2001Belluno 18,40% -19,10% -3,00% 4,10%Padova 30,30% 15,40% -22,20% -13,00%Rovigo -29,70% -8,80% -13,50% -16,80%Treviso 19,50% 27,60% -4,30% 3,80%- Venezia 5,8% 76,2% -18,0% -12,7%- San Donà 11,2% 33,8% -25,2% -11,4%Tot. Venezia 8,8% 48,5% -20,6% -12,1%Verona -8,9% -53,6% -7,5% -9,3%Vicenza 32,6% 24,6% -23,8% -9,0%VENETO -1,8% -23,8% -13,0% -10,3%
Fonte: ns. elab. su dati Inps
Tipologie di disoccupazione agricolaDisoccupazione
ordinariaDisoccupazione a
requisiti ridottiTrattamento
specialeTotale
Per quanto concerne il titolo di utilizzazione prevalgono, in linea di massima,
la proprietà e il contoterzismo passivo, cioè il lavoro con i mezzi forniti da terzi,
mentre la comproprietà riguarda solo una piccola parte dei mezzi.
31
L’agricoltura si configura come un settore che fa un ricorso intensivo al siste-
ma del sostegno al reddito. Secondo il Governo italiano, Presidenza del Consi-
glio dei Ministri (2004), “il sostegno pubblico complessivo all’agricoltura è di as-
soluto rilievo ed ammonta a circa 18 miliardi di euro, pari al 58,8% del valore
aggiunto del settore. Tale sostegno è costituito per il 65,1% da trasferimenti di-
retti e per la restante parte (34,9%) da agevolazioni fiscali, contributive e tariffa-
rie. (…) Tra le agevolazioni pesano, soprattutto, quelle previdenziali e contribu-
tive (16,1%) e quelle sui carburanti (8,7%)”.
In questo contesto la spesa per l’indennità di disoccupazione agricola è co-
munque scesa nel 2003 dell’11,2% rispetto al 2001 e del 24,9% rispetto al
2000. La riduzione si deve soprattutto, secondo il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali (2003), “alle somme convenzionalmente attribuite alle contribu-
zioni figurative”.
Analizzando i dati di fonte Inps si constata che anche per il Veneto, tra il 2001 e
il 2003, vi è stata una riduzione del costo degli ammortizzatori sociali utilizzati a
favore del settore agricolo (tab. 1, graf. 1): da 20.079.464 euro a 18.017.733
euro del 2003 (-10,3%).
Graf. 1 - Erogazione degli ammortizzatori agricoli. Distinzione per province, anno 2003
0
2.000
4.000
6.000
8.000
10.000
12.000
14.000
16.000
2001 2002 2003
anni
mig
liaia
di e
uro
DS
DS RR
TR SP
Fonte: ns. elab. su dati Inps
32
Graf. 2 - Erogazione ammortizzatori agricoli in Veneto
0
500
1.000
1.500
2.000
2.500
3.000
3.500
4.000
4.500
Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia San Donà Verona Vicenza
Province
Erog
azio
ne (
mig
liai
a di
eur
o)
DS
DS RR
TR SP
Fonte: ns. elab. su dati Inps
Diverse sono le interpretazioni di questo trend di contrazione della spesa per
prestazioni sociali.
Secondo un esperto di parte sindacale il fenomeno va ricondotto a “meno
addetti, oppure meno giornate lavorative, il che significa più lavoro nero.”
Secondo un esperto di parte datoriale “la riduzione tra il 2001 e il 2002 è
collegata ad una fase in cui il settore ha ridotto il numero di addetti; poi questa
fase si è bloccata e nel 2003 vi è stata una certa stabilizzazione, soprattutto in
province come Treviso e Verona, che sono quelle più specializzate e dove c’è
un’agricoltura più vivace e più diversificata. Dove domina un’agricoltura più
tradizionale, il lavoratore dipendente che va in pensione difficilmente viene rim-
piazzato da un altro lavoratore a tempo indeterminato: viene piuttosto sostituito
da un lavoratore che svolge 51 giornate di lavoro mentre tanti lavori vengono af-
fidati a ditte esterne. Tutto ciò significa meno lavoro dipendente ma più lavora-
tori autonomi che non sono necessariamente lavoratori agricoli, perché possono
essere anche artigiani, lavoratori che con i propri macchinari svolgono il lavoro in
aziende agricole.”
33
Per un altro esperto di parte sindacale “sono aumentate le quote di lavoratori
con permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Essi entrano in Italia, lavorano
uno o due mesi, poi se ne vanno e non hanno diritto alla disoccupazione. Per
quanto riguarda Verona, dove è concentrata l’industria del dolciario da ricor-
renza (panettoni, colombe …), è stato registrato un aumento del numero dei lavo-
ratori ma un accorciamento della campagna, perché il mercato è sempre più
schizofrenico e le aziende non vogliono sorprese, per cui stipulano contratti corti
e poi vedono se rinnovarli o meno; questa è la medesima dinamica che si os-
serva anche nel settore agricolo”.
Andando ad analizzare, a livello provinciale, il diverso impatto dei vari ammor-
tizzatori si notano le seguenti caratterizzazioni:
a. le province con una spesa maggiore per ammortizzatori sociali destinati a
lavoratori agricoli sono Verona e Rovigo, vale a dire le province in cui
l’agricoltura è più rilevante. L’erogazione di ammortizzatori sociali a Ve-
rona corrisponde, infatti, nel 2003, al 35,5% (circa 6.400.000 euro) del
totale regionale; a Rovigo essa è pari al 24,9% (circa 4.500.000 euro).
Belluno è la provincia con la minor spesa: 5,2% del totale regionale. Ve-
nezia (comprensiva sia della sede di San Donà che di quella di Venezia) è
destinataria anch’essa di un’erogazione abbastanza contenuta, pari al
5,5% (circa 1 ml. di euro) del totale regionale;
b. tra le diverse tipologie di integrazione del reddito in tutte le province pre-
vale il ricorso al trattamento speciale agricolo, vale a dire l’ammortizzato-
re cui si può accedere avendo lavorato a tempo determinato almeno 101
giornate. La prevalenza di tale ammortizzatore risulta generalizzata sia
nei vari anni che nei vari territori;
c. tra le tre tipologie di ammortizzatori, quella che nel periodo 2001–2003
subisce il calo maggiore è la disoccupazione a requisiti ridotti, per effetto
soprattutto della contrazione a Verona, mentre a Venezia, Treviso e Vi-
cenza si nota una crescita. Per la disoccupazione ordinaria, che a livello
regionale subisce un calo dell’1,8%, si verificano incrementi a Vicenza
(33%) e Padova (30%). Per quanto riguarda il trattamento speciale agrico-
lo il calo è diffuso in tutte le province.
34
Tab. 2 – Domande di disoccupazione Inps: pervenute, accolte e giacenze
VENETO 2001
MESEgiacenze
inizialiperven. accolte
giacenzafinale
resp./trasf.
giacenzeiniziali
perven. accoltegiacenza
finaleresp./trasf.
giacenzeiniziali
perven. accoltegiacenza
finaleresp./trasf.
gennaio 883 190 141 631 301 0 4 4 0 0 0 23 23 0 0
febbraio 631 373 419 441 144 0 137 2 134 1 0 47 22 25 0
marzo 441 6.895 124 7.166 46 134 320 1 453 0 25 315 8 322 10
aprile 7.166 1.119 20 8.056 209 453 221 1 601 72 322 665 2 985 0
maggio 8.056 289 3.063 3.966 1.316 601 71 53 278 341 985 875 1.618 234 8
giugno 3.966 161 2.388 552 1.187 278 77 24 44 287 234 807 945 84 12
luglio 552 252 405 249 150 44 9 14 0 39 84 57 115 2 24
agosto 249 122 144 173 54 0 4 4 0 0 2 58 58 2 0
settembre 173 411 259 54 271 0 9 9 0 0 2 45 44 2 1
ottobre 54 104 132 16 10 0 20 17 0 3 2 46 46 2 0
novembre 16 250 235 10 21 0 20 19 0 1 2 180 171 2 9
dicembre 10 15 12 10 3 0 3 3 0 0 2 7 7 2 0
Totale 22.197 10.181 7.342 21.324 3.712 1.510 895 151 1.510 744 1.660 3.125 3.059 1.662 64
VENETO 2002
MESEgiacenze
inizialiperven. accolte
giacenzafinale
resp./trasf.
giacenzeiniziali
perven. accoltegiacenza
finaleresp./trasf.
giacenzeiniziali
perven. accoltegiacenza
finaleresp./trasf.
gennaio 10 76 11 72 3 0 8 0 8 0 2 2 2 0 2
febbraio 72 705 584 60 133 8 81 29 56 4 0 125 125 0 0
marzo 60 3.904 31 3.857 76 56 21 29 20 28 0 411 7 399 5
aprile 3.857 1.559 7 5.371 38 20 0 0 20 0 399 25 2 422 0
maggio 5.371 494 530 5.159 176 20 0 0 20 0 422 32 73 379 2
giugno 5.159 1.580 3.705 1.535 1.499 20 90 108 1 1 379 2.515 2.789 37 68
luglio 1.535 164 834 29 836 1 33 34 0 0 37 484 497 0 24
agosto 29 216 193 8 44 0 40 40 0 0 0 140 140 0 0
settembre 8 221 168 21 40 0 1 1 0 0 0 23 23 0 0
ottobre 21 70 48 16 27 0 12 12 0 0 0 36 36 0 0
novembre 16 84 77 9 14 0 4 4 0 0 0 22 22 0 0
dicembre 9 5 4 10 0 0 1 0 0 1 0 2 2 0 0
Totale 16.147 9.078 6.192 16.147 2.886 125 291 257 125 34 1.239 3.817 3.718 1.237 101
VENETO 2003
MESEgiacenze
inizialiperven. accolte
giacenzafinale
resp./trasf.
giacenzeiniziali
perven. accoltegiacenza
finaleresp./trasf.
giacenzeiniziali
perven. accoltegiacenza
finaleresp./trasf.
gennaio 10 45 38 11 6 0 51 5 46 0 0 7 7 0 0
febbraio 11 69 5 74 1 46 0 0 0 46 0 1 0 0 1
marzo 74 6.273 7 6.234 106 0 15 0 15 0 0 416 2 407 7
aprile 6.234 703 7 6.897 33 15 14 14 15 0 407 21 21 407 0
maggio 6.897 335 7 7.224 1 15 0 0 15 0 407 4 4 407 0
giugno 7.224 328 2.981 3.125 1.446 15 52 57 9 1 407 1.986 2.155 208 30
luglio 3.125 236 1.360 1.168 833 9 52 48 6 7 208 598 756 17 33
agosto 1.168 121 267 800 222 6 17 16 6 1 17 176 176 12 5
settembre 800 104 419 59 426 6 23 28 0 1 12 312 316 3 5
ottobre 59 165 160 23 41 0 13 9 2 2 3 149 66 86 0
novembre 23 137 116 13 31 2 12 12 2 0 86 24 106 3 1
dicembre 13 12 15 2 8 2 2 2 2 0 3 2 2 3 0
Totale 25.638 8.528 5.382 25.630 3.154 116 251 191 118 58 1.550 3.696 3.611 1.553 82Fonte: ns. elab. su dati Inps
D. S. AGRICOLA D. S. REQUISITI RIDOTTI TRATTAMENTO SPECIALE AGRICOLO
D. S. AGRICOLA D. S. REQUISITI RIDOTTI TRATTAMENTO SPECIALE AGRICOLO
D. S. AGRICOLA D. S. REQUISITI RIDOTTI TRATTAMENTO SPECIALE AGRICOLO
Esaminando le domande presentate all’Inps (tab. 2) si riscontra, coerente-
mente con il decremento già osservato delle erogazioni, un calo del totale delle
domande pervenute: da 14.201 domande presentate nel 2001 a 12.475 del
2003 (-12%). La distribuzione per tipologia di ammortizzatore permette di os-
servare che:
35
a. per la disoccupazione ordinaria agricola vi è un calo da 10.181 domande
pervenute nel 2001 a 8.528 nel 2003.
b. per la disoccupazione a requisiti ridotti agricola, che sul complesso delle
domande pervenute ha una rilevanza modesta, si passa da 895 domande
nel 2001 a 251 nel 2003, con un calo del 72%;
c. per il trattamento speciale agricolo si constata un leggero incremento (la
quasi totalità di queste domande viene accolta).
Occorre osservare che, nonostante il trattamento speciale sia l’ammortizzatore
che comporta l’erogazione di spesa maggiore all’interno della regione, esso è
caratterizzato da un numero meno elevato di domande rispetto alla disoccupa-
zione ordinaria. La differenza dipende dal diverso importo del trattamento cui
danno diritto questi due ammortizzatori: mentre per la disoccupazione ordina-
ria il lavoratore ottiene un’indennità pari al 30% del salario medio, per il trat-
tamento speciale si innalza al 40% del salario se il lavoratore ha prestato un
numero di giornate comprese tra 101 e 150 e sale al 66% se il numero di
giorni lavorati in agricoltura è almeno di 151.
5. CRONOLOGIA DI UN PERCORSO. UNA RIFORMA SEMPRE RINVIATA
Di riforma organica della normativa relativa agli ammortizzatori sociali si parla
almeno dalla seconda metà degli anni novanta: da tutti è riconosciuto che il
sistema vigente è inadeguato soprattutto a fronte del venire meno della sicu-
rezza del posto di lavoro e conseguentemente della continuità del reddito per-
cepito. Ci sono stati molti interventi di ritocco, ma non si è mai arrivati a rea-
lizzare una vera e propria riforma. Rimangono documenti di proposta, decreti
di modifica della normativa e accordi/intese tra governo e parti sociali su li-
mitate questioni. Alla cronistoria di un lungo percorso fatto di tentativi, e di
scarsi risultati, è dedicato questo paragrafo.
Il punto da cui partire è la legge 223/91 (“Norme in materia di cassa integra-
zione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della
Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di
mercato del lavoro”) che contiene norme relative alla gestione delle situazioni
di eccedenza di personale. La legge definisce le tipologie e le procedure da se-
36
guire per l’applicazione dei contenuti normati, con riguardo alla cassa integra-
zione, alle liste di mobilità e ai trattamenti di disoccupazione per i lavoratori
del settore dell’edilizia. Si tratta di un dispositivo importante ma ancora in-
completo, non universale.
Degli anni successivi vanno ricordati, prima dell’istituzione della Commissione
Onofri, due documenti che contengono proposte in materia di ammortizzatori
sociali. Entrambi sono accordi tra governo e parti sociali: si tratta del Proto-
collo del 22 luglio del 1993 e del Patto per il lavoro del 24 settembre 1996.
Nel primo (“Schema di protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, su-
gli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produt-
tivo”) si richiama l’intenzione di definire programmi predisposti dallo Stato con
le Regioni che interessino i giovani disoccupati di lunga durata e i lavoratori in
cassa integrazione ordinaria o in mobilità. Inoltre il medesimo protocollo con-
tiene un paragrafo dedicato alla gestione delle crisi occupazionali. In partico-
lare si ravvisa la necessità di procedere:
− alla revisione della normativa sulla cassa integrazione per renderla più fun-
zionale al governo delle eccedenze del personale;
− all’innalzamento del trattamento ordinario di disoccupazione sino al 40%
“[…] per soddisfare in maniera adeguata le esigenze di protezione del red-
dito e le esigenze di razionale governo del mercato del lavoro, sia, in parti-
colare, con riferimento ai settori che non ricadono nel campo di applica-
zione della Cigs nonché nelle forme di lavoro discontinuo e stagionale”;
− all’inclusione nel sistema degli ammortizzatori sociali del settore dei servizi
tenendo conto delle peculiarità del settore.
Nel Patto (definito anche Accordo) del 1996 si trovano (ancora) i propositi per
una revisione del “sistema degli incentivi all’occupazione in modo da massi-
mizzare il rendimento in relazione agli obiettivi specifici che si intendono rag-
giungere [….]”. Il riordino degli incentivi, in base all’Accordo, avrebbe dovuto
essere orientato ad allargare la base occupazionale, obiettivo più facilmente
realizzabile nei settori nuovi con prospettive occupazionali e nelle piccole e
medie imprese.
A fronte dei propositi espressi nei due documenti, ci furono “interventi minori
effettuati nel frattempo su alcune modalità di funzionamento degli ammortiz-
zatori sociali (Cigo, Cigs, contratti di solidarietà, Lsu, decreti di prepensiona-
37
mento)” che seguirono “un percorso frammentato e assai poco coerente, dettato
perlopiù dalle emergenze occupazionali e dalle difficoltà di trovare un nuovo
impiego per le persone beneficiarie dei sostegni. […] La difficile situazione
occupazionale che ha segnato un punto particolarmente critico nel 1993, ha
rappresentato, quindi, la causa principale del ripiegamento della legislazione
che, da un indirizzo programmatico, orientato a una gestione più efficiente ed
attiva dei flussi di mobilità, si è invece concentrata nel corso degli anni novanta
su misure passive e frammentarie di proroga delle tutele per i disoccupati e per i
lavoratori delle aziende con eccedenze di manodopera.” (Geroldi, 2003).
In questo contesto, un fatto importante è rappresentato dai lavori prodotti,
all’inizio del 1997, dalla Commissione Onofri. In essi si prevedeva una
ristrutturazione dell’intero sistema delle misure volte a far fronte alle
situazioni di eccedenza di personale e, più in generale, alle condizioni di
precarietà e discontinuità lavorativa. Un’efficace sintesi delle conclusioni
propositive elaborate dalla Commissione è riportata nel riquadro tratto da uno
scritto di uno dei membri della Commissione (Geroldi, 2003b).
Sintesi del documento della Commissione Onofri
a) Integrazione temporanea al reddito Questo «primo livello» di protezione era pensato per dare maggiore stabilità ai rapporti contrat-tuali, in presenza di una normale variabilità del quadro economico dovuta a problemi di mercato o a riorganizzazioni aziendali. Lo schema proposto era di tipo assicurativo, simile alla Cig ordi-naria, con finanziamento contributivo proporzionale al salario. Le prestazioni previste avrebbero dovuto essere correlate ai contributi versati, salvo una quota di solidarietà ottenuta con l’applicazione di tetti massimi alle prestazioni. La durata del sostegno era prevista per periodi brevi, con un limite all’utilizzo in un dato arco temporale e con un tasso di copertura iniziale simile all’attuale e decrescente nel tempo. In base all’art. 2, comma 28, della Finanziaria 1997 si prevedeva l’istituzione di forme autonome complementari di integrazione del reddito, per esten-dere la copertura a nuove figure del mondo del lavoro, dipendenti e autonomi, e per consentire aumenti di protezione a categorie più soggette ad interruzioni del reddito.
b) Trattamento ordinario di disoccupazione Il «secondo livello» avrebbe dovuto inglobare le attuali diverse indennità (indennità ordinaria e speciale di disoccupazione, cassa integrazione speciale, indennità di mobilità). Il nuovo sistema comportava una gestione attiva dei disoccupati per aumentare le possibilità di reimpiego in tempi brevi. Il finanziamento del nuovo istituto avrebbe dovuto essere per la maggior parte di tipo assicurativo, con parziale integrazione fiscale e con versamenti da parte delle aziende che dimettono dipendenti. La misura dell’indennità era posta in linea con i livelli medi europei, cioè intorno al 50-60% della retribuzione di riferimento, per permettere ai beneficiari di dedicare il tempo necessario alla ricerca di nuova occupazione. La durata era prevista in almeno un anno e regolata in base all’introduzione di un’ulteriore forma di sostegno generalizzato di tipo solidari-stico per i lavoratori più svantaggiati, da attivare dopo un periodo di ricerca senza successo del posto di lavoro. L’accesso al trattamento prevedeva forme di selettività ottenibili, oltre che con misure di tipo amministrativo (durata massima, profilo temporale della copertura, ecc.), anche assoggettando obbligatoriamente i beneficiari alle procedure previste dai servizi per l’impiego e chiedendo la disponibilità, pena decadimento del beneficio, ad accettare forme di impiego anche
38
a termine, compatibili con la difesa della professionalità dei soggetti assistiti. I servizi per l’im-piego avrebbero svolto un ruolo chiave, non solo per selezionare i beneficiari, ma anche per applicare tutti i supporti tesi a migliorare le caratteristiche di impiegabilità dei soggetti interes-sati. Il potenziamento della rete dei servizi a livello decentrato avrebbe dovuto far leva su pro-getti locali, con la partecipazione diretta delle imprese nei processi di riallocazione delle ecce-denze di manodopera. Con accordi sindacali a livello aziendale e con l’intervento delle istituzioni locali nella valutazione dei programmi occupazionali e produttivi delle aziende, si dovevano pre-vedere misure di riduzione d’orario per facilitare i processi di riorganizzazione gestiti con la par-tecipazione delle imprese. I programmi di gestione delle eccedenze di manodopera dovevano co-munque avere una più rapida definizione rispetto al passato, in modo che l’erogazione dei servizi e degli incentivi fosse funzionale alle effettive prospettive di reimpiego.
c) Interventi di tipo assistenziale La definizione di un «terzo livello» di intervento per il sistema degli ammortizzatori rinviava ad aspetti più vicini ai compiti dell’assistenza sociale, anche se la presenza di un livello di prote-zione non direttamente collegato all’occupazione era vista come un punto rilevante per la ge-stione delle politiche del lavoro. Infatti, considerando che le probabilità di riassunzione per le persone in mobilità si riducono nel giro di pochi mesi dal momento della disoccupazione, la connessione tra periodo di ricerca attiva, in cui vigeva il trattamento ordinario di disoccupa-zione, e forme successive di sostegno assistenziale era ritenuta indispensabile. L’interruzione del trattamento ordinario non avrebbe dovuto rappresentare un drastico ridimensionamento delle condizioni di vita, né tantomeno una definitiva perdita delle prospettive di reimpiego. Le possibi-lità di ottenere forme parziali di integrazione abbinabili a regimi ad orario ridotto, impieghi in settori no-profit e in lavori di utilità pubblica, dovevano essere sviluppate sia per ragioni di so-stenibilità degli oneri di finanziamento sia per evitare il «circuito vizioso della dipendenza» da parte degli assistiti. Tali iniziative avrebbero potuto far leva anche su forme di pensionamento graduale, per consentire ai lavoratori maturi a rischio di disoccupazione di combinare quote di pensione con forme di lavoro part-time.
d) Incentivi all’occupazione Il nuovo sistema avrebbe dovuto far leva su un ammontare di risorse tale da compensare la pro-gressiva eliminazione degli sgravi contributivi destinati al Mezzogiorno. Il precedente sistema ri-chiedeva però sostanziali modifiche per avere un indirizzo più in linea con il resto dell’Europa. Gli incentivi avrebbero perciò dovuto essere gradualmente reindirizzati verso specifiche categorie dell’offerta di lavoro, a livello di bacini territoriali delimitati, dando priorità alla promozione dei giovani in cerca di primo impiego e all’assorbimento di particolari fasce deboli della manodo-pera. Inoltre doveva essere rinforzato il collegamento tra regimi d’incentivazione e quadro comu-nitario di sostegno, in modo da considerare esplicitamente le forme di intervento in ambiti lo-calmente delimitati, come i patti territoriali e i contratti d’area. Tenuto conto del decentramento di competenze territoriali, si sarebbe dovuto prevedere che una quota di risorse fosse ripartita in modo perequato tra le Regioni, per sostenere la creazione di nuova occupazione, assegnando un peso particolare agli obiettivi di riequilibrio territoriale e all’incentivazione di nuove attività nelle zone più svantaggiate del paese.
Fonte: Geroldi (2003b)
I propositi rimasero sulla carta. Ci fu un confronto con le parti sociali, che
portò alla stesura di un documento in cui ci si limitava alla formulazione di
ipotesi di aggiornamento della legge 223/91. La spiegazione dell’arresto di un
progetto di riforma importante come quello elaborato è da cercarsi nella cata-
lizzazione dell’attenzione politica sulle importanti modifiche previste nella fi-
nanziaria 1998 che ha “spinto le parti sociali a un atteggiamento molto pru-
dente che di fatto ha congelato la situazione” (Geroldi, 2003b).
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Continuando la ricostruzione del percorso per la revisione/riforma delle mi-
sure relative agli ammortizzatori sociali, si deve citare l’art. 45 della legge
144/99 (“Misure in materia di investimenti. Delega al Governo per il riordino
degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’Inail, nonché
disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”). L’art. 45 (Riforma degli in-
centivi all’occupazione e degli ammortizzatori sociali nonché norme in materia di
lavori socialmente utili) delega al governo l’emanazione di decreti legislativi ri-
guardanti gli ammortizzatori sociali, gli incentivi all’occupazione e gli stru-
menti per l’inserimento lavorativo.30 La delega contenuta nell’art. 45 mette in
evidenza “come le flessibilità contrattuali introdotte dalla legge Treu (l.
144/71998) e il decentramento territoriale delle competenze in materia di ser-
vizi per l’impiego” abbiano prodotto la convinzione che “la revisione degli stru-
menti monetari di sostegno al reddito passivo del reddito da lavoro debba ba-
sarsi su un approccio articolato, in cui siano considerati congiuntamente e in
modo organico i collegamenti tra tutti gli strumenti del sistema delle politiche
per il lavoro” (Geroldi, 2003a). Ma nonostante i buoni principi e la delega rice-
vuta, il governo non riuscì ad intervenire e la delega, per quanto attiene la ri-
forma degli ammortizzatori sociali, non si concretizzò in alcun atto normativo
del governo.
Sul tema ritorna successivamente, dopo l’elaborazione condotta dal nuovo go-
verno con il Libro bianco (2001)31, il Patto per l’Italia firmato tra governo e parti
sociali (con esclusione della Cgil) nel luglio 2002. Nel Patto si trovano tre para-
grafi che contengono proposte per una razionalizzazione e un riordino degli
strumenti per il sostegno al reinserimento lavorativo. L’obiettivo delle riforme è
“[…] realizzare un circolo virtuoso tra sostegno al reddito, orientamento e for-
mazione professionale, impiego e autoimpiego che rafforzi così la tutela del la-
voratore in situazioni di disoccupazione involontaria, ne riduca il periodo di
disoccupazione, ne incentivi un atteggiamento responsabile ed attivo verso il
lavoro”. Le principali proposte riguardano:
30 Si ricorda che in attuazione della delega sono stati emanati decreti legislativi che hanno avuto un’importanza notevole per la riforma delle disposizioni di funzionamento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro (D.Lgs. 181/2000 e D.Lgs. 297/2002). 31 Ministero del lavoro e delle politiche sociali (2001).
40
− una maggiore equità, attraverso una migliore corrispondenza tra contribu-
zioni e prestazioni;
− un miglioramento complessivo del grado di tutela economica garantita al
lavoratore disoccupato involontario, sia sotto il profilo della misura
dell’indennità sia della durata della corresponsione;
− una stretta correlazione tra erogazione dei sussidi e diritti-doveri del
disoccupato, attraverso verifiche periodiche circa l’effettivo stato di disoc-
cupazione involontaria, l’immediata disponibilità e adesione ad attività di
formazione, ad altra misura o occasione di lavoro secondo modalità defi-
nite, prevedendo la perdita di benefici in carenza di queste condizioni;
− una tutela di ultima istanza legata a particolari condizioni di disagio.
Tra le misure considerate di prima attuazione menzionate nel Patto si prevede
per quanto riguarda l’indennità di disoccupazione:
− un’indennità di base che garantisca un sostegno al reddito complessivo per
un periodo continuativo massimo di dodici mesi, con un meccanismo a
scalare che assicuri al lavoratore il 60% dell'ultima retribuzione nei primi
sei mesi, per poi scendere gradualmente al 40% e al 30% nei due successivi
trimestri;
− una durata massima complessiva dei trattamenti di disoccupazione non
superiore ai 24 mesi (30 mesi nel Mezzogiorno) nel quinquennio;
− un controllo periodico sulla permanenza nello stato di disoccupazione invo-
lontaria dei soggetti che percepiscono l'indennità;
− programmi formativi a frequenza obbligatoria per i soggetti che percepi-
scono l’indennità, con la certificazione finale del risultato ottenuto;
− un tavolo negoziale tra Governo, Regioni, Province e parti sociali per
concertare i modi con cui collegare efficacemente il sostegno al reddito dei
disoccupati con le attività di formazione e, più in generale, i servizi per
l’impiego con i programmi della formazione in alternanza e continua;
− la perdita del diritto al sussidio nel caso di rifiuto della formazione, di altra
misura o occasione di lavoro, secondo modalità definite, o di prestazione di
lavoro irregolare.
Viene precisato, inoltre, che “per quanto concerne i benefici concessi sulla
base di ‘requisiti ridotti’ appare opportuno un rafforzamento del principio di
proporzionalità tra trattamenti e periodo di contribuzione connesso ad effettiva
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prestazione d’opera che adegui tale istituto alle regole sulla durata massima
dei trattamenti sopra definita, anche allo scopo di promuovere l’emersione di
lavoro irregolare e di evitare abusi e distorsioni che spesso disincentivano il ri-
corso a rapporti di lavoro a tempo indeterminato.”
Si evidenzia un principio importante: “nell’ambito del processo di riforma sa-
ranno realizzate forme di contabilità separata per settore produttivo allo scopo
di stimolare la responsabilità degli attori sociali e l’equilibrio tra contribuzioni
obbligatorie e prestazioni in ciascun settore attraverso la trasparenza conta-
bile. […] La riforma ha, infatti, lo scopo di produrre attraverso una gestione
più responsabile dei sussidi alla disoccupazione nell’ambito di ciascun settore
la progressiva riduzione tanto dell’aliquota di equilibrio quanto della contribu-
zione di solidarietà.”
Si prevede che per i settori produttivi che non usufruiscono di ammortizzatori
sociali integrativi o sostitutivi dell’indennità di disoccupazione si promuovano
accordi collettivi mediante anche propri organismi bilaterali di prestazioni in-
tegrative o sostitutive del livello di base.
Per quanto riguarda il sistema di sostegno al reddito, il Patto prevede la predi-
sposizione di strumenti caratterizzati da elementi solidaristici finanziati con la
fiscalità generale. In particolare, si afferma che dopo l’esperienza del reddito
minimo di inserimento sia da preferire un sistema di cofinaziamento (Stato e
Regioni) di programmi regionali (approvati dall’amministrazione centrale) che
stabiliscano i criteri per l’individuazione dei cittadini assistiti.
Il Patto non è comunque servito a dar seguito alla riforma. Il suo seguito,
piuttosto, è da ravvisarsi in due articoli del Disegno di legge delega 848-bis/03
(Cnel, 2004). Tale Disegno di legge (“Delega al governo in materia di incentivi
alla occupazione, di ammortizzatori sociali, di misure sperimentali a sostegno
dell’occupazione regolare delle assunzioni a tempo indeterminato nonché di arbi-
trato nelle controversie individuali di lavoro”) definito anche Disegno di legge di
riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, risulta dallo stralcio di 4 arti-
coli contenuti nell’originale disegno di legge 848 poi divenuto legge 30/03.
All’articolo 2 (“Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali”) al
primo comma si dichiara: “Il Governo è delegato ad emanare, entro un anno
dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi
al fine di realizzare un riordino della disciplina vigente in materia di ammortiz-
42
zatori sociali e strumenti di sostegno al reddito a base assicurativa e a totale
carico delle imprese secondo criteri di autogestione e nel rispetto delle compe-
tenze delle Regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro […] senza oneri
aggiuntivi per lo Stato …”. Si precisano poi le linee guida che non si discostano
sostanzialmente da quelle enunciate nel Patto. L’articolo 2 bis stabilisce gli in-
crementi dell’indennità di disoccupazione e anche in questo caso sono ripresi
alcuni dei contenuti previsti nel Patto.
Nella nostra ricostruzione cronologica ci si imbatte, dopo il Ddl 848-bis/03,
non in decreti organicamente attuativi della riforma, ma nei più frequenti de-
creti per tamponare situazioni di emergenza. Si tratta di due decreti, il 328/03
(“Interventi urgenti in materia di ammortizzatori sociali e di formazione profes-
sionale”) del mese di novembre e decaduto nel gennaio 2004, e il decreto
249/04 (“Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali”). Si
tratta, come per altri decreti emanati nel corso degli anni, di interventi legisla-
tivi per concedere proroghe dei trattamenti concessi in materia di ammortiz-
zatori sociali.
Successivamente, tra le disposizioni più recenti, troviamo il Decreto legge
35/2005 (“Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo
economico, sociale e territoriale”) conosciuto anche come Provvedimento sulla
competitività. L’art. 13 è dedicato alle ‘Disposizioni in materia di previdenza
complementare, per il potenziamento degli ammortizzatori sociali e degli in-
centivi al reimpiego nonché conferma dell’indennizzabilità della disoccupazione
nei casi di sospensione dell’attività lavorativa’. In esso si adottano provvedi-
menti (per il 2005 e il 2006) “in attesa della riforma organica degli ammortiz-
zatori sociali e del sistema degli incentivi all'occupazione”. Il decreto prevede,
tra le altre misure, che32:
− per i trattamenti di disoccupazione la durata dell’indennità ordinaria sia
elevata a sette mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a 50 anni e a
dieci mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a 50 anni;
32 Si rinvia al decreto per il dettaglio sulle modifiche introdotte. In questa sede sono stati richiamati solo i principali contenuti relativi all’indennità di disoccupazione.
43
− la percentuale di commisurazione alla retribuzione della predetta indennità
sia elevata al 50% per i primi sei mesi ed è fissata al 40% per i successivi
tre mesi e al 30% per gli ulteriori mesi;
− gli incrementi di misura e di durata non si applichino ai trattamenti di
disoccupazione agricoli, ordinari e speciali, nè all'indennità ordinaria con
requisiti ridotti.
Si prevedono pure misure per agevolare, attraverso l’erogazione di una somma
variabile, i processi di mobilità territoriale finalizzati al reimpiego e al mante-
nimento dell'occupazione dei lavoratori in mobilità o sospesi in cassa integra-
zione guadagni straordinaria.
Questo percorso sintetico attraverso i provvedimenti che (non) hanno riformato
il sistema degli ammortizzatori sociali evidenzia come il continuo rinvio di una
riforma organica è stato accompagnato con interventi di emergenza e limitati.
6. ALTRE PROPOSTE DI RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI
In questo capitolo si passano in rassegna altre proposte di riforma in materia
di ammortizzatori sociali, avanzate da soggetti diversi dal Governo.
La proposta dell’Ulivo
Con il Ddl. 1674 comunicato alla Presidenza del Senato il 2 agosto del 2002,
l’Ulivo ha presentato una propria proposta di riforma degli ammortizzatori so-
ciali, partendo da due presupposti:
a. le misure di sostegno del reddito e dell’occupazione non possono conce-
pirsi solo in funzione di eventi saltuari, ma devono rispondere a bisogni
ricorrenti nella vita di tutti i lavoratori;
b. gli strumenti di sostegno del reddito devono essere integrati con i servizi
all’impiego, con la formazione continua e con le politiche attive di inseri-
mento al lavoro.
La proposta dell’Ulivo si orienta verso un sistema di tipo universalistico, che
risponde alle esigenze del lavoratore sia nel caso di disoccupazione (indennità
di disoccupazione), sia nel caso di sospensione del rapporto di lavoro (tratta-
mento di integrazione salariale). I trattamenti non si differenziano più in base
44
al settore e nemmeno in base al tipo di licenziamento, che può essere singolo o
collettivo. A questa previsione si aggiunge una modificazione rilevante della di-
soccupazione a requisiti ridotti, mediante una uniformazione del trattamento
rispetto a quelli diversificati attualmente esistenti (agricoltura, edilizia) nei di-
versi settori produttivi, subordinandone tuttavia l’erogazione a determinati re-
quisiti: controllo della effettività dello stato di disoccupazione e “test di mezzi”
(per es. il redditometro).
Si propone, in aggiunta, un aumento dell’indennità di disoccupazione portan-
dola al 60%, riconoscendo tale trattamento anche a favore dei lavoratori eco-
nomicamente dipendenti, cioè i collaboratori coordinati continuativi; altresì si
prospetta la generalizzazione del campo di applicazione dei trattamenti di inte-
grazione salariale, incentivando la costituzione di fondi bilaterali e
l’introduzione di un sostegno al reddito di natura solidaristica destinato ad
aiutare le persone in difficoltà, senza costituire disincentivo alla ricerca di la-
voro e al lavoro regolare.
Un’ulteriore estensione riguarda la Cassa integrazione guadagni ordinaria e
straordinaria, prevista per tutti i rapporti di lavoro subordinato alle dipen-
denze di imprese private.
Le proposte dei sindacati
La proposta di legge di riforma degli ammortizzatori sociali della Cgil è stata
presentata e depositata nell’aprile 2003 come Ddl. n. 2208. Le critiche della
Cgil al sistema attuale degli ammortizzatori vertono sul fatto che esso non è
un sistema universale, essendo riservato alle (poche) categorie che vi hanno
accesso; inoltre gli ammortizzatori intervengono con una logica risarcitoria nei
confronti del lavoratore che ha perso il posto di lavoro, non funzionando come
stimolo per la ricerca di una nuova occupazione e nemmeno come strumento
di politica attiva. Punto focale è perciò l’estensione dei diritti di tutela alla
stragrande maggioranza dei lavoratori, senza distinzione di settore di apparte-
nenza o di tipologia contrattuale o di modalità di licenziamento. La riforma
proposta da Cgil prevede un’indennità di disoccupazione meno selettiva e in
linea con gli standard europei, cioè con una durata di 12 mesi e un tasso di
copertura pari al 60% del reddito da lavoro. Per quanto riguarda la cassa inte-
grazione guadagni ordinaria e straordinaria, si prevede l’estensione del sistema
45
a tutti i lavoratori. La proposta Cgil prevede anche l’istituzione di un “sostegno
al reddito insufficiente, per tutte le persone che svolgono prestazioni di lavoro
con diritto a retribuzioni, compensi, emolumenti ovvero indennità sostitutive
dei medesimi.(…) Si porrà, successivamente, l’esigenza di armonizzazione del
nuovo sistema con ‘gestioni speciali’ come agricoltura ed edilizia”.
Nel luglio 2002 Cisl e Uil hanno siglato con il governo l’accordo denominato
“Patto per l’Italia - Contratto per il lavoro. Intesa per la competitività e
l’inclusione sociale”. Parte rilevante di questo accordo si riferisce alla riforma
degli ammortizzatori sociali: in particolare propone un sistema che assicuri
maggiore equità sia nei trattamenti di disoccupazione, sia nella tutela in caso
di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. In particolare si prevede un
sussidio di disoccupazione generalizzato per tutti i lavoratori, per una durata
di 12 mesi con un’erogazione iniziale pari al 60% della retribuzione. Cisl e Uil
propongono anche l’introduzione di requisiti specifici per i rapporti a termine
con un controllo sull’effettivo stato di disoccupazione. Infine, Cisl e Uil ritengo-
no necessaria l’istituzione di un livello assistenziale per coloro che versano in
particolare stato di disagio o in disoccupazione prolungata.
La proposta della Coldiretti
Coldiretti, associazione datoriale del settore agricolo, a partire dalla fine degli
anni ’90 in diverse occasioni ha formulato una propria proposta. L’associazio-
ne datoriale mira a garantire al lavoratore a tempo determinato, vale a dire al
95% dei lavoratori agricoli, un reddito da lavoro.
La proposta prevede tre fasi: l’emersione, la stabilizzazione e lo sviluppo.
Per la fase dell’emersione si propone di attivare strumenti che incentivano
l’emersione favorendo anche la trasparenza del lavoro dei pensionati che ope-
rano in agricoltura, eliminando il divieto di cumulo e garantendo la possibilità
ai lavoratori autonomi di andare in pensione al raggiungimento dei termini
temporali previsti dalle legge. In un documento del 200033 si sottolinea che “la
fase di emersione in ultima ipotesi sarebbe ulteriormente avvantaggiata dalla
previsione di sgravi contributivi per le imprese che aumentano il numero di gior-
33 Coldiretti, Lavoro in agricoltura: le proposte della Coldiretti, mimeo.
46
nate dichiarate nell’anno precedente” e così facendo “potrebbero beneficiare di
sgravi contributivi totali sulle nuove giornate dichiarate per un massimo di 5 anni”.
Per la fase della stabilizzazione Coldiretti propone interventi di snellimento della
burocrazia e in particolare dei tempi di ottenimento delle varie autorizzazioni.
Per la terza fase, infine, si individua come necessario un monitoraggio del co-
sto del lavoro e una revisione della struttura dei contributi agricoli con una
parificazione dell’aliquota del settore agricolo con gli altri settori.
Si chiede poi una formazione mirata per le produzioni tipiche e la multifunzio-
nalità: in sostanza le nuove esigenze del settore devono essere accompagnate
da percorsi formativi che aiutino a crescere la versatilità delle professionalità
dei lavoratori agricoli.
Il documento si conclude indicando una prospettiva di “stabilità occupazio-
nale” per il lavoratore. Si prevede in particolare un’agenzia per lo sviluppo oc-
cupazionale costituita dalle parti sociali, riconosciuta e monitorata dal Mini-
stero del lavoro, la quale dovrebbe saper intrecciare le necessità dell’azienda
con le necessità del lavoratore, unendo domanda e offerta di lavoro. Nei periodi
di diminuzione di attività sono previsti corsi di formazione professionale su si-
curezza e riqualificazione per i lavoratori. Il tutto supportato dalla previsione di
uno sgravio contributivo per le imprese che assumono per più giornate ri-
spetto a quelle dell’anno precedente, misura che ha la finalità di evitare il for-
masi di convenienze a ricorrere al lavoro nero.
Le proposte di Cia, Confagricoltura e Copagri
In occasione della riunione del Tavolo agroalimentare a Palazzo Chigi (2002),
Cia, Confagricoltura e Copagri hanno presentato un documento congiunto che
contiene valutazioni e proposte per quanto riguarda il settore agricolo.
Nel documento presentato le associazioni prendono in considerazione vari
aspetti del mondo agricolo moderno, proponendo soluzioni ai problemi pre-
senti. Esse trattano anche il mercato del lavoro agricolo e gli ammortizzatori
sociali ad esso collegati: “è necessario portare avanti le riforme in materia di la-
voro, al fine di realizzare un mercato del lavoro più flessibile e rispondente alle
esigenze di imprese e lavoratori. Un problema che preoccupa le imprese è rap-
presentato dalla crescente difficoltà di reperire manodopera professionalizzata”,
che le associazioni propongono di risolvere con “un’efficiente riforma del collo-
47
camento (con contestuale unificazione e semplificazione degli adempimenti) che
dia spazio ad una pluralità di soggetti abilitati ad operare in tale delicata fun-
zione. È inoltre necessario riqualificare i lavoratori, utilizzando la formazione
continua e adeguando il sistema scolastico alle nuove esigenze del settore e
della società”.
Per quanto riguarda i lavoratori extracomunitari, il loro ingresso deve essere
commisurato alle “esigenze delle imprese, sia dal punto di vista qualitativo, che
quantitativo, con garanzia di forme adeguate d’accoglienza e di formazione. Non
può essere infine trascurato il fenomeno del lavoro sommerso, che continua a
destare forti preoccupazioni, sia per ragioni economico-sociali, sia per la concor-
renza sleale che essa determina nei confronti delle (tante) imprese regolari.
L’emersione è questione cruciale che va affrontata con decisione e con misure
specifiche per il settore agricolo, calibrate alle differenze territoriali, in modo da
superare le difficoltà applicative. Una volta emerse, però, va assicurata alle im-
prese, la competizione sul mercato, prevedendo interventi anche al termine del
percorso di emersione e considerando l’emerso come ‘nuova occupazione’.
La Confederazione italiana agricoltori già nel 2001 aveva espresso il suo pa-
rere, dichiarando che l’obiettivo della riforme deve essere quello di realizzare
l’equilibrio di tutte le componenti del sistema. “Soltanto con il pieno e convinto
coinvolgimento delle parti interessate sarà possibile realizzare una riforma effi-
cace che tenga conto della delicatezza e della complessità della materia per i
suoi risvolti non solo economici ma anche sociali”. Oltre al riordino delle ali-
quote contributive, secondo la Cia le questioni prioritarie sono la razionalizza-
zione degli ammortizzatori sociali e il conseguente miglioramento delle presta-
zioni a favore di coloro che ne hanno effettivamente diritto, nonché l’amplia-
mento dell’area contributiva.
7. RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI E LOTTA AL SOMMERSO IN
AGRICOLTURA
Il settore agricolo assorbe la maggioranza delle risorse economiche messe a di-
sposizione per l’indennità di disoccupazione. “Ogni anno sono quasi 600.000 i
lavoratori agricoli che beneficiano dell’indennità di disoccupazione agricola. Un
48
numero impressionante sia se paragonato al numero complessivo dei lavora-
tori agricoli (circa 900.000) e sia se paragonato al numero dei lavoratori di
tutti gli altri settori che beneficiano dell’indennità di disoccupazione non agri-
cola (circa 550.000). Per cercare se non di risanare, almeno di migliorare i
conti di gestione è dunque necessario rivedere in profondità la disciplina delle
prestazioni erogate in favore dei lavoratori agricoli dipendenti, con particolare
riferimento all’indennità di disoccupazione, per rimuovere quei meccanismi
(requisiti assicurativi irrisori, procedure di accertamento farraginose, inden-
nità speciali, etc.) che hanno favorito e favoriscono la impropria (ed in alcuni
casi indebita) percezione dell’indennità” (Caponi, 2004).
Il testo riportato sintetizza efficacemente lo status quaestionis. Il medesimo
autore spiega: “per ottenere l’indennità di disoccupazione bastano 51 giornate
di lavoro all’anno, fermo restando il biennio assicurativo. Se poi se ne effet-
tuano 101 o 151 si accede ai trattamenti specifici di disoccupazione, economi-
camente più consistenti. Ma quello che più sorprende è che in caso di avver-
sità atmosferica o calamità naturale sono sufficienti 5 giornate di lavoro per
vedersi riconfermare le giornate e le indennità dell’anno precedente. Ipotesi
quest’ultima tutt’altro che eccezionale o residuale se si pensa che nel 2000
quasi 170.000 lavoratori agricoli hanno beneficiato di tale disposizione.”
È per quanto sopra scritto che la revisione delle misure di protezione sociale
nel settore agricolo lambiscono e si intersecano con le misure di lotta al lavoro
sommerso. La convenienza per lavoratori e datori di lavoro sta nel lavorare il
minimo di giorni che danno diritto a percepire l’indennità di disoccupazione
per poi continuare a lavorare evadendo la contribuzione.
Nel binomio ‘riforma degli ammortizzatori sociali in agricoltura’ e ‘lotta al la-
voro sommerso nel settore agricolo’ si inserisce l’Avviso comune in materia di
emersione del lavoro irregolare in agricoltura. Si tratta di un accordo di intenti
firmato, nel maggio del 2004, dalle parti sociali del mondo agricolo (Confagri-
coltura, Coldiretti, Cia, Federalimentare, Cgil, Cisl, Uil) nell’ambito delle atti-
vità promosse dal Comitato nazionale per l’emersione del lavoro non regolare.
In tale Avviso si indica il sommerso in agricoltura come “fenomeno preoccu-
pante e diffuso”, che si accompagna, inoltre, ad un altro fenomeno che sembra
interessare in modo forse esclusivo l’agricoltura: il ‘lavoro fittizio’ “lavoro non
49
prestato ma denunciato all’Inps al solo fine di far percepire i previsti benefici
economici e previdenziali”.
Le parti firmatarie propongono di34:
− adottare misure finalizzate a favorire la stabilizzazione dell’occupazione di-
pendente mediante agevolazioni contributive aggiuntive per le imprese;
− revisionare i criteri e meccanismi di erogazione delle prestazioni tempora-
nee al fine di evitare la convenienza per il lavoratore e il datore di lavoro a
non denunciare le giornate effettive di lavoro al di sopra di certe soglie e a
denunciare, invece, giornate mai effettuate;
− superare, per le ragioni indicate al punto precedente, l’attuale regime delle
soglie di occupazione adottando un criterio di trattamento direttamente
proporzionale alle giornate effettuate;
− istituire forme di incentivazione per favorire l’emersione del lavoro dei
pensionati;
− semplificare le procedure per l’ottenimento delle autorizzazioni al lavoro dei
cittadini extracomunitari a partire dall’adozione di un apposito regolamento
di attuazione che snellisca le procedure di avviamento al lavoro;
− introdurre incentivi economici in favore delle imprese che incrementano il
numero di giornate denunciate per almeno un triennio;
− rendere più efficace l’azione di controllo e vigilanza per la lotta al lavoro
sommerso e al lavoro fittizio, in particolare per la lotta a quest’ultimo si
propone di focalizzare l’attenzione sui punti critici che sono rappresentati
dal grado di parentela col titolare dell’azienda, il numero delle giornate de-
nunciate e le ridotte dimensioni aziendali in termini di fabbisogno di ma-
nodopera.
Per quanto riguarda la revisione delle soglie di occupazione riportiamo quanto
Caponi, nell’articolo già citato, afferma essere necessario:
− elevare da 51 a 78 giornate di lavoro il limite per l’accesso al trattamento di
disoccupazione ordinario agricolo;
34 Si rinvia al testo dell’Avviso riportato in allegato per la completa descrizione delle misure da adottare.
50
− eliminare le soglie (101, 151 giornate) per le indennità speciali di disoccu-
pazione introducendo una progressività direttamente proporzionale al nu-
mero di giornate denunciate;
− rivedere la norma (art. 21, legge 223/91) che in caso di avversità atmosfe-
rica o calamità naturale riconosce al lavoratore che abbia effettuato (solo) 5
giornate di lavoro le stesse giornate di iscrizione negli elenchi e le stesse in-
dennità dell’anno precedente.
Secondo l’autore, l’applicazione dei criteri descritti porterebbe a un risparmio
di 284 milioni di euro che potrebbero essere utilizzati per “migliorare i tratta-
menti previdenziali ed assistenziali in favore dei (veri) lavoratori, per misure di
sostegno per l’incentivazione dell’occupazione e per il finanziamento del Fondo
settoriale per la formazione continua”.
E’ storia recente l’avvio del tavolo sulla riforma previdenziale, nel cui ambito
rientra anche la revisione dell’intero “sistema agricoltura”. L’Avviso comune è
comunque individuato dalle parti sociali come punto di partenza per la modi-
fica degli attuali parametri/meccanismi che concedono le indennità di disoc-
cupazione ai lavoratori in agricoltura.
8. IDEE E PROPOSTE RACCOLTE IN ALCUNE INTERVISTE AD ESPERTI
In questo paragrafo si sintetizzano pareri ed indicazioni raccolte tramite inter-
viste dirette ad esperti dei problemi e delle tematiche esaminate.
In particolare si è chiesto un contributo al prof. Gianni Geroldi, noto esperto in
materia.35 Inoltre sono state svolte quattro interviste a rappresentanti delle
parti sociali che conoscono approfonditamente il settore agricolo: due di parte
datoriale (che chiameremo esperto A ed esperto B) e due di parte sindacale
(che chiameremo esperto C ed esperto D).36 Le opinioni raccolte da questi
esperti non hanno, evidentemente, una funzione “rappresentativa” quanto di
guidarci all’analisi della problematica specifica del settore e delle riforme pro-
poste per esso.
35 Già membro della Commissione Onofri, dal 1999 al 2001 presidente della Commissione interministeriale per la “Riforma degli ammortizzatori sociali e degli incentivi all’occupazione”. 36 Si ringraziano tutti gli intervistati, per l’ampia disponibilità assicurata.
51
Le interviste sono state condotte sulla base di una traccia di intervista predi-
sposta allo scopo. Le domande poste hanno riguardato essenzialmente: 1) le
principali caratteristiche di funzionamento del settore agricolo rispetto agli al-
tri settori; 2) le posizioni delle associazioni sindacali in merito al funzionamen-
to e ad una possibile riforma degli ammortizzatori agricoli; 3) la conoscenza
sull’uso distorto degli stessi nel contesto attuale.
8.1 Alcune indicazioni dall’intervista al prof. Geroldi37
Secondo il prof. Geroldi un ragionamento sugli ammortizzatori sociali in Italia
non può prescindere dal considerare come “l’ambito delle pensioni sia stato in-
vaso sistematicamente, soprattutto in passato, per funzioni tipiche degli ammor-
tizzatori. In altre parole la mancanza di ammortizzatori con certi tipi di finalizza-
zione (per esempio per l’inserimento lavorativo dei lavoratori più anziani) come
pure la mancanza di un sistema di sostegno al reddito di base hanno fatto sì
che in Italia si utilizzasse la spesa pensionistica per coprire queste assenze”.
In agricoltura la commistione tra ammortizzatori e funzioni di integrazione al
reddito è piuttosto chiara, infatti “il numero di coloro che beneficiano
dell’integrazione, sul totale della platea dei potenziali beneficiari, arriva a per-
centuali superiori al 90% e anche al 95%. (…) Non esiste alcuna assicurazione al
mondo, e nessun modello assicurativo, che prenda in considerazione una pro-
babilità del 95% che si verifichi l’evento assicurato. Nel settore agricolo, siccome
tutti coloro che sono iscritti alle liste beneficiano degli ammortizzatori sociali, ciò
sta a significare che di fatto gli ammortizzatori costituiscono una sistematica in-
tegrazione di reddito. Se si va poi a osservare chi siano i principali beneficiari di
tale trattamento, si scopre agevolmente che alcune concentrazioni, di territorio,
di genere e di età, confermano le fasce deboli della popolazione come quelle che
maggiormente usufruiscono del sostegno. Per quanto riguarda il territorio, vi è
una concentrazione al Sud e nelle Isole; per il genere, sono le donne le maggiori
beneficiarie; per l’età è la fascia sopra i 50 anni ed oltre ad essere interessata.
37 La sintesi dell’intervista è stata predisposta redazionalmente, senza revisioni dell’Autore che si ringrazia, comunque, per il tempo accordato.
52
Questo vuol dire che c’è una schiera di donne (e di anziani) che sistematica-
mente vedono integrato il loro reddito, con un unico onere per esse: l’iscrizione
(nelle liste degli operatori agricoli) che comprovi il fatto che sono lavoratrici del
settore agricolo”.
Ci si trova quindi di fronte ad una distorsione nell’utilizzo delle risorse perché
si utilizzano “parti di spesa pubblica con finalità che non rispondono alle finalità
idealmente ipotizzate per essa”. Inoltre, c’è anche un problema rilevante di effi-
cacia delle misure “poiché oggettivamente ci sono delle fasce deboli legate alle
attività agricole che avrebbero bisogno di sostegno. In quel caso ci si chiede per-
ché non fare diventare questo sostegno direttamente uno schema esplicito di in-
tegrazione del reddito, di modo che si possa costruire una modalità di eroga-
zione che è tipica dell’integrazione al reddito”. Nel caso di misure di sostegno al
reddito “potrebbero essere considerate alcune caratteristiche del soggetto, quali
l’età, il rapporto con il mercato del lavoro, la continuità o discontinuità del rap-
porto di lavoro, ecc. accanto ad altri indicatori di situazione economica equiva-
lente, come un ‘redditometro’ per valutare, nel caso specifico di ciascun lavora-
tore, la necessità o meno di integrarne il reddito”.
A proposito del funzionamento degli ammortizzatori in agricoltura (ma non
solo) è da rilevare che “se un lavoratore fosse effettivamente dipendente dagli
ammortizzatori, dato che il relativo importo è calcolato sulla base degli eventi di
un dato periodo e viene pagato spesso nell’anno successivo, come farebbe a
sopravvivere?”
Ancora, occorre tener conto che ci possono essere strategie ‘speculative’ per il
massimo godimento delle indennità di disoccupazione: “per esempio, quella di
passare da un tipo di ammortizzatore ad un altro, superando la soglia dei sei
mesi in modo da poter disporre a fasi alterne dell’indennità di disoccupazione or-
dinaria anziché di quella a requisiti ridotti; ciò implica poi, per il lavoratore, la
possibilità di programmarsi un tipo di lavoro nell’arco di un anno per cui, di fatto,
da stagionale il lavoratore si trasforma in un soggetto a tempo determinato prefe-
rendo alla fine tale collocazione anziché quella, magari, di un part-time verticale.”
Il problema vero è “capire come si potrebbe creare un sistema di sostegno, di
ammortizzatori o di integrazione del reddito, per i soggetti che hanno lavori di-
scontinui veri. Il lavoro discontinuo, difatti, è un fenomeno che si sta ampliando
anche in altri settori (terziario, turismo etc.) e in attività precedentemente carat-
53
terizzate da forme di lavoro più stabili, poiché c’è un panorama di contratti uti-
lizzabili che consente interruzioni più frequenti del rapporto di lavoro. A tutto
questo, si aggiunge il fatto che i sistemi di protezione sociale riformulati in questi
anni fanno sì che la relativa precarietà del lavoratore nell’arco della vita lavora-
tiva si trasferisca completamente nel livello di protezione che egli avrà da an-
ziano. Se i lavoratori hanno forti discontinuità nell’erogazione dell’attività lavo-
rativa, rischiano poi di diventare dei pensionati sotto la soglia di povertà.
L’attuale disavanzo di tutto il sistema degli ammortizzatori sociali in Italia è per
il 90% dovuto al disavanzo della componente agricola e questo disavanzo è do-
vuto ad una platea di soggetti beneficiari ancora relativamente contenuta; la
questione potrebbe preoccupare ancora molto di più se la platea si espandesse.
Lo sbilanciamento dovuto all’intenso utilizzo delle risorse nel settore agricolo
crea delle discussioni anche all’interno delle stesse organizzazioni dei lavoratori
e dei sindacati. Infatti i lavoratori dei settori industriali che chiudono grosso-
modo alla pari i loro conti in materia di ammortizzatori sociali (vale a dire bilan-
ciano entrate e uscite per Cassa integrazione guadagni ordinaria e straordina-
ria, indennità di mobilità e disoccupazione ordinaria) si sentono sempre sotto
accusa, perché il settore degli ammortizzatori sociali crea dei disavanzi. In realtà
tali disavanzi provengono quasi integralmente dal settore agricolo, ma nono-
stante questo, i trasferimenti dello Stato, formalmente, vengono fatti in direzione
del settore industriale, anche se poi vengono dirottati dall’Inps a saldare i disa-
vanzi del settore agricolo, dal momento che il settore industriale non ne ha biso-
gno perché chiude già alla pari.”
È per questo che in un disegno di riforma complessiva degli ammortizzatori
sociali è facile si verifichi “che un settore, tipo quello industriale, acconsenta
all’unificazione complessiva, ma purché ci sia una separazione, almeno per
grandi categorie, dei conti, in modo che ognuno metta in evidenza il proprio risul-
tato. Questo è il dato di maggiore problematicità quando si affronta questo tema.
Si vorrebbe cioè far partire un sistema di ammortizzatori che dentro abbia tutte
le caratteristiche che la letteratura in questi anni ci ha insegnato:
− evitare che i trattamenti si allunghino in maniera passiva nel tempo;
− evitare che siano troppo scarsi nella prima fase, quella più facilmente dedica-
bile a cercare lavoro, e in tale direzione andrebbero quindi potenziati;
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− legare maggiormente i trattamenti alle politiche di inserimento in modo da
favorire un tipo di welfare più attivo;
− investire di più sulla formazione.”
La stessa sopravvivenza della Cassa integrazione guadagni dovrebbe essere
accompagnata “ad interventi adeguati, come per esempio il piano sociale d’im-
presa alla francese in cui le imprese vengono incentivate ad esternare rapida-
mente i loro programmi circa il fabbisogno di manodopera”.
Se peraltro la questione più rilevante implicata nella riforma degli ammortiz-
zatori sociali è relativa alla tutela dei lavoratori che svolgono lavori caratteriz-
zati da discontinuità lavorativa, allora forse occorre ripensare alle forme di
part-time verticale. “Il part-time verticale è una forma di garanzia e sicurezza, in
quanto il posto di lavoro rimane in capo al lavoratore stesso anche nei periodi di
non lavoro. Il problema però del part-time verticale è quello dell’integrazione al
reddito”. Come dire che il contratto di part-time verticale potrebbe essere uno
strumento utile per risolvere il problema della precarietà del lavoratore ma non
risolverebbe le questioni legate al reddito: per cui occorrono appositi interventi.
8.2 La specificità del settore
In tutte le interviste rivolte agli esperti delle parti sociali sono stati evidenziati i
punti chiave caratterizzanti il settore: da ciò discendono, più o meno implici-
tamente, anche importanti contributi di riflessione sul tema della riforma degli
ammortizzatori sociali in agricoltura.
Risulta innanzitutto che la specificità del settore agricolo è tale da non con-
sentire facili confronti con altri settori. Ne consegue che i meccanismi di rego-
lazione dei rapporti di lavoro nelle aziende agricole e le tutele del lavoro in
questo settore devono necessariamente essere diverse da quelle previste al-
trove. La specificità dipende innanzitutto dal tipo di produzione, soggetta ad
eventi esterni che, anche se non di natura calamitosa, rendono non prevedibile
con puntualità lo svolgimento delle “fasi” produttive.
Lo stesso “Rapporto sullo stato dell’agricoltura italiana 2004” (Inea, 2004) ri-
porta nelle considerazioni conclusive come ‘passaggio chiave’ per il mondo
agricolo “il riconoscimento delle specificità dell’agricoltura, nell’ambito delle poli-
55
tiche economiche generali, affinché, in esse, sia sempre adeguatamente conside-
rata la ‘dimensione agricola e rurale’ che, continua, comunque, a caratterizzare,
segmenti non trascurabili del sistema socio-economico della Nazione”. Il settore
è legato alla stagionalità ed è soggetto non solo, come gli altri settori, alle flut-
tuazioni del mercato, ma anche ai fattori climatici e alle stagioni. Specificità si-
gnifica prima di tutto che non si può decidere a priori quando inizia il ciclo di
produzione e questo ha ricadute sulle durate fissate dei contratti di lavoro.
Specificità implica anche ampia varietà delle tipologie di aziende: si va dalle
grandi aziende che si occupano pure della trasformazione del prodotto alle pic-
cole aziende che si avvalgono di lavoratori agricoli in modo saltuario o che ri-
corrono alle prestazioni del terzismo.
8.3 Il lavoro in agricoltura e gli ammortizzatori sociali
La particolarità delle tipologie lavorative applicate riflette la specificità del set-
tore agricolo. “Un settore che ha delle caratteristiche e delle peculiarità per cui
non può essere trattato come qualsiasi altro settore, infatti, è legato a fattori cli-
matici e non si può prevedere in anticipo un contratto che abbia un inizio ed una
fine, con delle date precise, e nemmeno prevede con certezza quante saranno le
giornate di lavoro. É giusto che il lavoratore del settore agricolo abbia degli am-
mortizzatori sociali tarati sulle condizioni specifiche dell’agricoltura” (esperto C).
Per l’esperto D “il primo punto su cui è assolutamente necessario fare chiarezza
è quello che, quando si parla del mondo agricolo, si parla di un settore molto
particolare, fortemente legato al lavoro dei campi e dunque alla stagionalità. La
specificità dell’agricoltura ha bisogno non solo di imprenditori, di piccoli agricol-
tori, di coltivatori diretti ma ha bisogno anche di operai specializzati, che spesso
non sono più gli operai di un tempo (i braccianti) ma tecnici che operano con ele-
vata professionalità e con alle spalle percorsi formativi importanti. Se un lavora-
tore accetta di operare in un settore in cui la stagionalità incide molto, gli si deve
garantire una contrattualistica specifica, un reddito decente e una copertura
previdenziale che gli permettano di poter continuare a lavorare all’interno del
medesimo settore. Per quanto riguarda il sussidio alla disoccupazione agricola,
esso nasce dal fatto che si è riconosciuta una specificità per quanto riguarda il
56
settore agricolo e perciò tramite questo strumento si garantisce la manodopera
interessata al settore agricolo”.
In accordo con queste osservazioni, l’esperto B ribadisce la specificità del la-
voro legato al settore agricolo, “che è diverso da quello degli altri settori, perché
è un lavoro che comincia all’inizio dell’anno e finisce alla fine dell’anno, ma non
è continuativo; non è cioè come il lavoro nel turismo che dura 2 o 3 mesi, caratte-
rizzato allo stesso tempo da stagionalità e continuità. Il lavoro agricolo non è
così. C’è bisogno di un lavoratore una volta alla settimana, un giorno, oppure
per 10 giorni di fila e poi per 2 mesi quel lavoratore non fa nient’altro, concreta-
mente è un soggetto che ha bisogno di un ammortizzatore sociale, perché non
potrebbe vivere solo con il lavoro agricolo. Il lavoro in agricoltura è intermittente,
ed è sempre stato così per questo settore: se non si prevedono degli ammortizza-
tori adeguati per i soggetti che vi lavorano, si rischia di perdere completamente
la manodopera, creando seri problemi per le aziende. D'altronde il settore non è
oggettivamente in grado di garantire alla manodopera impieghi stabili e dura-
turi. Bisogna inoltre confrontarsi con tutte le realtà presenti nel vario mondo
delle imprese agricole: molte hanno bisogno di un numero ridotto di giornate, al-
tre hanno bisogno di un numero maggiore. L’alternativa all’assenza di un am-
mortizzatore che tuteli il lavoratore assunto per breve tempo è, o fare lavorare
completamente in nero il lavoratore, oppure far ‘sparire’ la manodopera dipen-
dente mediante il ricorso ad altre forme di utilizzo del lavoro, come per esempio
le figure dei professionisti e degli autonomi il cui utilizzo però non è scevro da
controindicazioni”.
Per l’esperto D “il sistema degli ammortizzatori sociali in agricoltura risponde
all’agricoltura tradizionale. Per certi versi l’agricoltura moderna conserva ancora
i tratti e le caratteristiche legate all’ambiente e al clima che la distinguevano un
tempo, ma poiché l’agricoltura si è molto evoluta in alcune produzioni, soprat-
tutto nel settore della carne, gli attuali ammortizzatori sociali non consentono di
affrontare problemi oggi emergenti; perciò gli ammortizzatori vanno necessaria-
mente modificati”.
Anche l’esperto A concorda con la necessità di revisionare i criteri di fondo di
funzionamento degli ammortizzatori sociali nel settore agricolo.
57
8.4 Parti sociali e riforme
Si è visto in precedenza che tra i vari disegni di riordino degli ammortizzatori
sociali in Italia, vi è spesso concordanza sulla necessità di creare un unico
sussidio di disoccupazione a carattere universalistico, per tutti i settori e, in
alcuni casi, per tutte le tipologie di lavoratori.
A questo proposito l’esperto B si dichiara “sicuramente favorevole ad una ri-
forma, poiché certe cose non possono continuare in questo modo. Serve peraltro
una riforma che non sia un’omogeneizzazione del nostro settore agli altri, perché
questa è la cosa più pericolosa che si possa verificare. Se riforma vuol dire uni-
formare tutto significa creare grossi problemi al settore agricolo”. Per l’esperto B,
dunque, riforma sì, ma a condizione che si mantenga l’indipendenza del set-
tore rispetto agli altri. La riforma deve produrre un adeguamento degli am-
mortizzatori sociali a quella che è la realtà effettiva dello sviluppo del settore,
riconoscendo che alcuni ammortizzatori sono diventati completamente ana-
cronistici. Egli si aspetta perciò “che gli ammortizzatori siano adeguati a quelle
che sono le imprese in questo momento e alle esigenze dei lavoratori (…) ci
aspettiamo che il ridisegno degli ammortizzatori serva, se possibile, ad evitare il
più possibile gli abusi, gli sfruttamenti e le rendite di posizione. La riforma va
fatta e va fatta anche velocemente, perché se si riuscisse a calmierare un po’
quello che è il costo previdenziale per le aziende sarebbe effettivamente un gran-
de risultato. Questo perché per il settore è un grande sacrificio sopportare una
contribuzione al livello degli altri settori, quando non c’è la stessa redditività,
quando il reddito dell’azienda non dipende dall’imprenditore ma da una serie di
fattori esterni che egli non è in grado di controllare e che generano costi non tra-
sferibili sul consumatore finale in modo proporzionale all’aumento sopportato.
L’aumento di costi causa invece una riduzione del reddito dell’imprenditore agri-
colo e ciò porta alla chiusura di molte aziende”.
Anche secondo l’esperto A, pur non essendo possibile né auspicabile creare un
ammortizzatore unico per tutti settori, “sono da rivedere i criteri di fondo di
come e perché viene erogata la disoccupazione in agricoltura. Sicuramente biso-
gna cominciare a ragionare sulla pro-attività della sovvenzione, perché di fatto
erogando la prestazione un anno dopo, non è più possibile attivare lo strumento
di verifica del diritto ovvero l’accertamento dell’effettivo stato involontario di di-
58
soccupazione della persona. Questo non vale solo per l’agricoltura, vale per
qualsiasi lavoratore e per qualsiasi settore. Controlli e verifiche sull’effettivo sta-
to di disoccupazione non sono mai stati attuati e la disoccupazione non governa-
ta è deviante e produce effetti incoerenti con le finalità stesse dello strumento.”
In una possibile riforma per l’esperto A ci dovrebbero dunque essere proattivi-
tà, proporzionalità e incentivazione all’emersione, “scardinando” la logica del
cointeresse al sommerso tra datore di lavoro e lavoratore dipendente. Richia-
mando il problema del lavoro sommerso presente nel settore, secondo l’esperto
A “posto che nessuno mette in dubbio la necessità del sostegno al reddito, so-
prattutto in un settore che ha un’occupazione che non si connota per la stabilità
assoluta, ci sono altri due elementi che devono essere di accompagnamento nel
ridisegno di un meccanismo complessivo di protezione sociale. Il primo consiste
in un sistema di formazione in grado di rendere possibile, sostenere e promuo-
vere la multifunzionalità del lavoratore, perché se nell’ambito di un territorio si
riuscisse a comporre un mosaico delle esigenze professionali delle imprese, col-
locando temporalmente le corrispondenti prestazioni presso un gruppo di diverse
aziende con copertura di un intero ciclo annuale, si potrebbe garantire ad un lavo-
ratore la stabilità occupazionale attraverso non un rapporto a tempo indetermi-
nato ma un mosaico ricomposto di rapporti a termine non necessariamente ricon-
ducibili a prestazioni esclusivamente di bassa qualifica. Il secondo punto con-
cerne lo ‘strumento’ in grado di governare i meccanismi di incrocio della do-
manda-offerta di lavoro nell’ambito di un territorio, sul modello “agenzia di inter-
mediazione”: un’agenzia cioè con il compito di garantire disponibilità di mano-
dopera alle imprese e opportunità di collocamento “a mosaico” dei lavoratori”.
Per l’esperto C, punto fondamentale di una riforma è che all’operaio agricolo
vengano garantiti gli stessi diritti che hanno gli altri lavoratori per dare conti-
nuità all’agricoltura, e soprattutto all’agricoltura di qualità. “Questo è un punto
fondamentale specialmente perché c’è stata un’evoluzione importante dal punto
di vista della qualità soprattutto in alcune regioni, tra cui il Veneto, e se si vuole
difendere questo settore non si può non partire da chi vi lavora e l’operaio agri-
colo ha un ruolo importante in questo”. Inoltre l’esperto C conviene sul fatto che
la formazione è un punto importante, anche perché (non a caso) attualmente
molti lavori sono ancora eseguiti da lavoratori in pensione mancando la mano-
dopera specializzata necessaria e dunque “o si interviene in maniera forte per
59
salvaguardare questo lavoro, oppure è solo questione di tempo e ci si troverà in
grandissima difficoltà, senza la possibilità di costruire un ambito lavorativo im-
portante per le nuove generazioni, completamente diverso rispetto a cinquanta
anni fa, ma ancora sicuramente interessante per i giovani. Chi lavora in agricol-
tura, con i tempi e con gli spazi che ci sono, deve avere anche, per quanto ri-
guarda la parte contributiva, la copertura piena, deve avere la possibilità di un
reddito e una copertura previdenziale. Sono convinto che è arrivato il momento
di effettuare un riordino degli ammortizzatori sociali, fosse solo perché oggi il
mondo del lavoro è totalmente trasformato rispetto a quello che era qualche
anno fa. Sappiamo che gli attuali ammortizzatori coprono solo una parte del la-
voro, che un po’ alla volta sta diventando la minoranza, mentre c’è un’ampia
parte di lavoratori (quelli che entrano nel mondo del lavoro in modo discontinuo,
intermittente, precario) che oggi non godono di adeguate forme di copertura so-
ciale. C’è bisogno di mettere insieme domanda ed offerta rispetto a quella che è
la richiesta del mercato e i bisogni che i singoli settori hanno rispetto al tipo di
manodopera e alle professionalità richieste”.
L’esperto D pone il tema della riforma a partire dalle carenze attualmente pre-
senti: “la regolamentazione dell’agricoltura in questo momento è soddisfacente
ma deve essere corretta. Nel Veneto bisogna confrontarla, ad esempio, con i pro-
blemi legati agli allevamenti, dove non è previsto che le conseguenze connesse
alle varie epidemie (mucca pazza etc.) siano considerate alla stregua di eventi
calamitosi come le tempeste, le alluvioni o la siccità. Bisognerebbe dunque
estendere una tutela anche a questo tipo di calamità, oggi non considerate come
tali. Per quanto riguarda le calamità naturali c’è infatti una sorta di “paraca-
dute” per i lavoratori coinvolti; ciò invece non è previsto per la produzione di
carne, nel Veneto tra l’altro assai considerevole. L’agricoltura, infatti, a fronte di
alcuni ammortizzatori, rappresentati dalla disoccupazione agricola, sconta una
minor tutela per quanto riguarda i casi di crisi delle aziende, dato che la Cassa
integrazione guadagni è limitata a 90 giorni e l’indennità di mobilità non esiste
proprio. Gli ammortizzatori sociali agricoli andrebbero diversificati dagli altri set-
tori e aggiornati ad un’agricoltura moderna che vede da un lato la presenza di
una tipologia di lavoratori diversa e dall’altro lato una tipologia produttiva in
parte ancora legata ai cicli naturali”.
60
8.5 L’uso distorto degli ammortizzatori nel settore agricolo
Il problema del lavoro sommerso viene affrontato dalle diverse parti sociali con
valutazioni e proposte sensibilmente differenti.
Secondo l’esperto A, “guardando alla realtà italiana nel suo insieme è un
fenomeno molto particolare quello dei meccanismi e delle dinamiche che si sono
create in agricoltura in merito al ricorso agli ammortizzatori sociali, perché sono
emersi nel tempo fenomeni pressoché sconosciuti in altri settori, come ad
esempio quello del lavoro fittizio, di cui forse esiste qualcosa di analogo anche
nel settore turistico ma non certo ai medesimi livelli di rilevanza. Per lavoro
fittizio si intende quello di chi non ha mai prestato nemmeno una giornata
lavorativa come bracciante o come operaio agricolo e, in alcuni casi anche con il
cointeressamento di un datore di lavoro, si ritrova denunciate le giornate che lo
portano a conseguire, nell’anno successivo, il diritto a prestazioni quali la
disoccupazione o la copertura in caso di maternità. Tale fenomeno non presenta
assolutamente una diffusione omogenea sul territorio nazionale: il suo rilievo in
una regione come il Veneto è decisamente marginale. Legata al meccanismo
delle prestazioni è anche parte del fenomeno del lavoro nero: in questo caso la
questione è ribaltata, ovverosia comporta che le giornate di lavoro effettivo sono
superiori a quelle denunciate. Rilevabile ed evidente è in questo caso il
cointeressamento tra il datore di lavoro (riduzione dell’onere contributivo) e il
dipendente (evasione delle ritenute fiscali e l’anno successivo, prestazione di
disoccupazione, una sorta di quindicesima)”. Nel lavoro fittizio, a volte, oltre
all’inesistenza del lavoro si affianca anche l’inesistenza dell’azienda stessa.
Come soluzione a questo problema, si propone un elemento di rottura dell’asse
di cointeresse di datori di lavoro e lavoratori dipendenti rispetto all’accesso alle
prestazioni. “Un buon meccanismo era stato introdotto, come logica, già nella
finanziaria 1999 (legge 448/98 ). La norma ‘premiava’ la stabilizzazione dei
rapporti e l’incremento delle unità produttive, però la stabilizzazione doveva
essere conseguita attraverso la trasformazione dei contratti a tempo determinato
in rapporto di lavoro a tempo indeterminato: pertanto né la finanziaria 1999, né
quella dell’anno successivo, parzialmente modificata su nostra richiesta ma non
a sufficienza, hanno introdotto modifiche tali da rendere lo strumento adattabile
al settore agricolo. Lo strumento della stabilizzazione, intesa come conversione a
61
tempo indeterminato del rapporto di lavoro, non trova un senso in un settore
dove di default il rapporto normale è a tempo determinato. In agricoltura, la
normalità del rapporto lavorativo è il rapporto a tempo determinato - l’85-90%
dei rapporti di lavoro sono rapporti a termine - quindi non si può pensare di
premiare la stabilizzazione intendendola come conversione a tempo indetermi-
nato. Per questo era stato proposto che venisse premiato l’incremento comples-
sivo delle giornate di prestazione denunciate dall’azienda rispetto all’anno pre-
cedente” e per monitorare il fenomeno sarebbe sufficiente rilevare “le giornate
denunciate dall’azienda, incentivando poi l’incremento delle giornate rispetto
all’anno assunto a riferimento”; l’incentivo potrebbe riguardare “la decontribu-
zione sull’incremento delle giornate stesse”.
Per l’esperto C il problema dell’uso distorto degli ammortizzatori deriva in pri-
mis da un sistema di versamenti ‘distorto’: “dentro al mondo agricolo ci possono
essere delle distorsioni, e una di queste distorsioni è legata al fatto che, per
quanto riguarda il versamento dei contributi, c’è chi versa (coltivatori diretti) an-
cora i contributi previdenziali sul reddito dominicale, mentre gli operai agricoli
versano la quota di previdenza al pari di qualsiasi altro lavoratore all’interno del
mondo del lavoro. È stato fatto un lavoro importante in agricoltura contro il la-
voro nero, con il contributo di tutti nel rapporto tra il sindacato, gli organi ispet-
tivi e l’Inps. Quello che in qualche maniera ha fatto saltare alcune risposte posi-
tive, non solo al Sud ma anche al Nord, è stato il fatto che l’arrivo di immigrati
da una parte e una regolamentazione che non ha favorito la regolarizzazione
degli stessi dall’altra, ci hanno fatto ritornare indietro, poiché la complessità per
poter regolarizzare e far lavorare un immigrato è così alta che spesso le aziende
preferiscono rischiare e fare lavorare in nero”. Secondo l’esperto C, diversamen-
te da quanto affermato dall’esperto A, non esiste un cointeressamento all’abu-
so degli ammortizzatori agricoli e quindi al ricorso al lavoro nero, ma sarebbe
unicamente l’azienda interessata a mettere in opera queste pratiche distorsive
in quanto per il lavoratore non vi è convenienza “perché comunque se il lavora-
tore lavorasse normalmente tutto l’anno, avrebbe una condizione lavorativa e di
reddito sicuramente migliore. Oltretutto su questa questione dobbiamo tenere
conto che il potere contrattuale che ha il lavoratore è molto limitato, perché non
esistono più delle imprese agricole molto grandi, ma solo le piccole imprese”. Per
quanto riguarda il lavoro fittizio, “esso si riesce a superare nel momento in cui
62
tutti fanno la loro parte, ma ciò si può fare non agendo su tutti indistintamente
oppure, ancora peggio, su coloro che pagano regolarmente i contributi e che han-
no solo il reddito agricolo come unico sostentamento. Se si vuole un’agricoltura
di qualità si deve investire in questa direzione e si devono assicurare ai lavora-
tori del settore gli stessi diritti che hanno tutti gli altri lavoratori. Le distorsioni ci
sono, e spesso le soluzioni dipendono solo dalla volontà politica”.
L’esperto B conferma che l’utilizzo degli ammortizzatori sociali viene distorto,
“forse nel Veneto in misura minore che non in altre regioni. Rimane tuttavia que-
sta possibilità”. In accordo con l’esperto A conferma il cointeressamento del-
l’azienda e del lavoratore: “sfortunatamente l’ammortizzatore sociale è uno stru-
mento altamente pericoloso poiché è evidente la possibilità di un uso distorto,
però è altrettanto vero che se effettivamente l’azienda ha bisogno di quelle 51
giornate di lavoro fatte da gennaio a dicembre, non potrebbe fare in altra ma-
niera che assumere il lavoratore per il tempo strettamente necessario. L’alterna-
tiva a questa situazione, a parte il controllo e la possibilità di verificare che effet-
tivamente vi sia lo stato di disoccupazione, sarebbe togliere via completamente il
meccanismo di integrazione del reddito? Toglierlo via completamente vorrebbe
dire che quel tipo di lavoro non si potrebbe più fare, perché il lavoratore non
avrebbe convenienza a farlo. D’altra parte non si può nemmeno dire all’azienda
che poiché non ha bisogno di 300 giorni lavorativi allora non deve avere mano-
dopera. Ciò vorrebbe dire eliminare gran parte della manodopera agricola e ob-
bligare le aziende a ricorrere ai contoterzisti, lasciando che questi lavori vengano
fatti solo da lavoratori autonomi e da nessun altro e cancellando completamente
un comparto di manodopera che ha comunque una sua ragione di esistenza”.
Infine, secondo l’esperto B, occorre tener conto che spesso è il lavoratore il
primo a chiedere di lavorare in nero.
Per l’esperto D nella realtà veneta non vi è un uso distorto degli ammortizzato-
ri, e comunque “il lavoratore non ha convenienza a svolgere lavoro nero perché
la copertura contributiva è bassa. Per quanto riguarda il lavoro fittizio, in Veneto
non esiste, non abbiamo casi particolari di persone che sono ricorse a questo
strumento per poter avere la disoccupazione.”
Come possibile soluzione alla precarietà dei lavoratori agricoli del settore è
stato chiesto agli intervistati se, dal loro punto di vista, l’introduzione del part-
time verticale potrebbe agevolare la risoluzione del problema, tenuto conto che
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il lavoratore mantiene il suo posto di lavoro nell’azienda anche nei periodi di
non lavoro. Per tutti gli intervistati il part time verticale appare applicabile
molto difficilmente in quanto troppo rigido rispetto ad altre forme di reolazione
del lavoro, essendo disponibili per le imprese agricole tipologie di contratti a
termine molto più funzionali rispetto alle esigenze reali.
9. CONCLUSIONI
La convergenza delle testimonianze raccolte su alcuni elementi chiave con-
sente di sintetizzare in pochi punti il rapporto (complesso) tra lavoro agricolo,
riforma degli ammortizzatori e lavoro nero.
1. La specificità del settore si riflette nella regolazione dei rapporti di lavoro
con il ruolo rilevante assunto dai lavori intermittenti, di breve durata (raccolte
stagionali) e ricorrenti, oppure differenziati nel tempo (i lavori nelle vigne), la-
vori che talvolta richiedono professionalità ed esperienza (è il caso ad es. della
potatura) più facilmente reperibili tra lavoratori anziani magari già pensionati.
2. La regolazione dei rapporti di lavoro deve far corrispondere alla massima
specificità (e imprevedibilità delle fasi della produzione) la massima flessibilità:
una flessibilità, peraltro, adeguatamente e correttamente tutelata mediante il
sistema degli ammortizzatori sociali.
3. Il problema del legame tra interventi di sostegno e forme di lavoro nero e di
lavoro fittizio esiste, anche se in Veneto - a parere almeno degli intervistati – non
in modo così diffuso come accade nelle regioni del Sud.38 Il lavoro nero coin-
volge, in Veneto, essenzialmente pensionati e immigrati. Il lavoro fittizio implica
il più delle volte la dichiarazione da parte di un’azienda fittizia essa stessa; altre
volte sottende l’intenzione di un’impresa familiare di dare copertura ad un
membro della famiglia per l’erogazione successiva dell’assegno di maternità.
4. Gli ammortizzatori sociali in agricoltura rappresentano una forma di soste-
gno al reddito; d’altra parte lo stesso lavoro agricolo ha avuto (spesso) una
funzione di integrazione al reddito delle famiglie. Probabilmente, se non ci fos-
sero le integrazioni al reddito consentite dagli ammortizzatori sociali sarebbe
38 Per un’ampia documentazione sul tema cfr. C. Lagala (2005).
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ancora più difficile trovare lavoratori disponibili a lavorare in questo settore.
Occorre nondimeno evitare gli abusi che si possono instaurare.
5. Le forme regolative incentrate sul part-time verticale, se risolvono il problema
dal punto di vista della copertura contributiva, non rappresentano una solu-
zione adeguata né alle esigenze dell’impresa né alla questione reddituale che ha
centrale importanza per i lavoratori del settore agricolo. Meno investiti dal pro-
blema sembrano i lavoratori extracomunitari e i pensionati, gli uni perché più
mobili e disponibili per un lavoro stagionale in Italia, i secondi perché il reddito
in agricoltura può rappresentare solo l’integrazione ad un reddito già percepito.
6. Per assicurare un reddito adeguato ed evitare comportamenti collusivi tra
datore di lavoro e lavoratore in merito alla pratica del lavoro nero occorre svi-
luppare adeguatamente la formazione professionale: una formazione che con-
senta la flessibilità dei lavoratori capaci di inserirsi in più cicli produttivi,
mantenendo e rilanciando le professionalità che rischiano di disperdersi per-
ché in capo ai lavoratori più anziani. (Un esempio di integrazione tra lavora-
zioni afferenti a ‘cicli produttivi’ diversi è rappresentato dal caso del settore
dolciario a Verona, che costituisce uno sbocco lavorativo infraannuale – pe-
riodi di Pasqua e Natale – per i lavoratori agricoli).
7. La lotta al lavoro nero deve essere condotta affiancando nuove misure (volte,
come in altri ambiti economici, a spezzare il co-interesse al lavoro nero tra im-
prenditore e lavoratore) e soprattutto nuove prassi (es. in materia di accerta-
mento dello stato di disoccupazione) a quelle più tradizionali come i controlli e
le verifiche; queste vanno comunque intensificate, facendo leva sul fatto che
da circa un decennio l’Inps ha in mano unitariamente il “governo” dell’inter-
vento pubblico in agricoltura (accertamento delle giornate lavorate; riscossione
delle contribuzioni; pagamento delle prestazioni).
8. Per quanto riguarda la riforma dell’attuale sistema di ammortizzatori sociali
non c’è soggetto interessato che non la auspichi, ma si chiede che sia una ri-
forma distinta da quella degli ammortizzatori tout court proprio perché non si
può correre il rischio di omologare il settore agricolo agli altri settori.39
39 Anche se va ricordato che l’attuale specificità agisce anche in senso sfavorevole all’agricoltu-ra come nel caso della minore tutela in caso di crisi aziendali non essendo prevista l’indennità di mobilità ed essendo limitata a 90 giorni la cassa integrazione.
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AVVISO COMUNE
IN MATERIA DI EMERSIONE DEL LAVORO IRREGOLARE
IN AGRICOLTURA L’anno 2004, il giorno 4 del mese di maggio, in Roma, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nell’ambito del Tavolo Nazionale sul Sommerso – Agricoltura, attivato di concerto con il Comitato Nazionale per l’Emersione del Lavoro non regolare, alla presenza dell’on. Maurizio Sacconi, Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e del prof. Luca Meldolesi, Presidente del Comitato Nazionale per l’Emersione del Lavoro non regolare,
tra la Confederazione Generale dell’Agricoltura Italiana (CONFAGRICOLTURA) la Confederazione Nazionale Coldiretti (COLDIRETTI) la Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) la Federazione Italiana dell’Industria Alimentare (FEDERALIMENTARE) la FLAI – CGIL la FAI – CISL la UILA – UIL la Confederazione Italiana Dirigenti Quadri e Impiegati dell’Agricoltura (CONFEDERDIA) è stato definito il seguente Avviso Comune in materia di emersione del lavoro irregolare in agricoltura:
Premessa Il sommerso in agricoltura è un fenomeno preoccupante e diffuso, sia pure in misura diversa, su tutto il territorio nazionale, e che presenta caratteristiche indubbiamente particolari. La presenza di tale fenomeno rappresenta un problema – oltre che per lo Stato – anche per le imprese agricole in regola, che adempiono puntualmente agli obblighi burocratici ed economici connessi ai rapporti di lavoro dipendente. Dette imprese infatti si trovano costrette a competere con aziende “sommerse”, che operano con costi di produzione notevolmente inferiori. Il lavoro sommerso, inoltre, incide negativamente sui lavoratori dipendenti non denunciati regolarmente che subiscono l’ingiustizia sociale della mancanza di un’adeguata copertura previdenziale ed assistenziale. In agricoltura poi, esiste un altro preoccupante fenomeno che non ha riscontro nelle stesse dimensioni negli altri settori: quello del lavoro “fittizio”, e cioè del lavoro non prestato ma denunciato all’INPS al solo fine di far percepire i previsti benefici economici e previdenziali. Di qui la condivisa necessità, peraltro da sempre sottolineata dalle Organizzazioni firmatarie del presente documento, di contrastare adeguatamente il preoccupante fenomeno del lavoro sommerso, coerentemente con le indicazioni dell’Unione Europea, contenute da ultimo nel Progetto di risoluzione del Consiglio del 10/10/2003 sulla trasformazione del lavoro non dichiarato in occupazione regolare. Il progetto infatti invita tutti gli Stati Membri a combattere il sommerso attraverso un approccio globale basato su azioni preventive che incoraggino i datori di lavoro ed i lavoratori ad operare all’interno dell’economia ufficiale e nel contesto dell’occupazione regolare. Tutto ciò premesso, le Parti propongono l’adozione dei seguenti provvedimenti: Monitoraggio ed analisi del fenomeno Realizzazione di un approfondito studio specifico del fenomeno del lavoro sommerso in agricoltura, con il coinvolgimento delle Parti sociali e/o loro organismi bilaterali, e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, degli enti previdenziali ed assicurativi, e delle altre istituzioni competenti (Università, etc.), finalizzato ad individuare, attraverso un’indagine scientifica condotta nelle aree territoriali considerate maggiormente a rischio, le peculiari caratteristiche e le specifiche ragioni che connotano il fenomeno in questione. A livello territoriale, verrà svolto un compito di monitoraggio dei flussi della manodopera, al fine di valutare l’incidenza delle misure sotto indicate sul fenomeno del lavoro sommerso. A livello nazionale, gli esiti del monitoraggio e dello studio del fenomeno, nonché i risultati delle iniziative adottate con il presente avviso e le eventuali sopravvenute problematiche in materia di lavoro sommerso, saranno oggetto di analisi e confronto nell’ambito del Tavolo nazionale sul sommerso – Agricoltura, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Stabilizzazione dell’occupazione Fermo restando che il lavoro in agricoltura è caratterizzato da una rilevante componente stagionale, si condivide la necessità di adottare misure finalizzate a favorire la stabilizzazione dell’occupazione dipendente in agricoltura mediante apposite agevolazioni contributive aggiuntive per le imprese: − che attivano nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato o che trasformano a tempo
indeterminato rapporti a tempo determinato; − che rinnovano l’anno successivo, con lo stesso lavoratore, rapporti a tempo determinato
disciplinati dagli articoli 19 e 20, lettere b) e c) del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 10 luglio 2002.
Sempre al fine di favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro subordinato in agricoltura, alle imprese che per legge o per contratto sono obbligate ad anticipare al lavoratore alcune prestazioni temporanee, deve essere riconosciuta la possibilità di portare a conguaglio, in sede di denuncia o di pagamento dei contributi, le somme anticipate per conto degli Enti previdenziali ed assicurativi. Riforma dei criteri di erogazione delle prestazioni temporanee Revisione dei criteri e dei meccanismi di erogazione delle prestazioni temporanee in favore dei lavoratori agricoli, finalizzata ad evitare possibili convenienze per il lavoratore ed il datore di lavoro a non denunciare le giornate di lavoro effettuate al di sopra di certe soglie, ovvero a denunciare giornate di lavoro mai effettuate. A questo fine si conviene sulla necessità di superare l’attuale regime per soglie di occupazione ed adottare il criterio di un trattamento direttamente proporzionale alle giornate di occupazione effettuate, apportando le conseguenti modifiche alla disciplina della contribuzione figurativa utili ad evitare penalizzazioni per il lavoratore. Occorre inoltre modificare l’attuale disciplina relativa alle calamità limitandone l’applicazione ai lavoratori dipendenti dalle aziende agricole calamitate ed estendendole ai lavoratori delle aziende di prima lavorazione dei prodotti agricoli. Incentivi Le Parti propongono l’adozione delle seguenti misure incentivanti: − istituire forme di incentivazione per favorire l’emersione del lavoro dei pensionati; − semplificare le procedure per l’ottenimento delle autorizzazioni al lavoro dei cittadini
extracomunitari, a partire dall’adozione di un apposito regolamento di attuazione che snellisca le procedure di avviamento al lavoro. Lo studio proposto nel primo paragrafo, riferito al monitoraggio ed analisi del fenomeno, dovrà prevedere un’apposita sessione sulle tematiche in oggetto;
− applicare anche all’agricoltura l’oscillazione della contribuzione antinfortunistica in relazione al numero degli infortuni verificatisi ed al grado di sicurezza delle aziende, in modo tale da premiare le aziende che, rispettando le norme in materia di sicurezza sul lavoro, riducano il rischio di infortunio;
− introdurre incentivi economici in favore delle imprese che incrementano il numero di giornate
denunciate per almeno un triennio; − prevedere adeguate misure incentivanti per le imprese con maggiore int ensità occupazionale e/o
operanti nei territori che non usufruiscono delle agevolazioni previste dalla legislazione vigente. Rispetto della legislazione del lavoro e dei contratti collettivi L’applicazione delle forme incentivanti previste nei paragrafi precedenti in favore delle imprese agricole deve essere subordinata al rispetto (sostanziale) da parte delle aziende della legislazione in materia di lavoro e previdenza e dei contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Vigilanza e controllo Le parti auspicano che, nell’ambito del riassetto della disciplina sulle attività ispettive in materia di previdenza sociale e lavoro, si realizzi il coordinamento nelle attività degli organi ispettivi al fine di un migliore e più razionale svolgimento dell’attività di vigilanza. Al fine di rendere più efficace l’azione di controllo le parti auspicano l’adozione di un codice unico per ogni singola azienda agricola che serva ad identificare l’impresa nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni per lo svolgimento delle registrazioni, gli adempimenti ed i controlli relativi alla stessa. Con specifico riferimento al fenomeno del lavoro fittizio le parti, al fine di agevolare l’azione di controllo da parte delle amministrazioni competenti individuano dei punti di criticità sui quali è opportuno un approfondimento straordinario per sconfiggere il fenomeno. Tali punti sono rappresentati dal grado di parentela col titolare dell’azienda agricola, dal numero delle giornate denunciate sostanzialmente corrispondenti alle soglie minime di accesso alle prestazioni, dalle ridotte dimensioni aziendali in termini di fabbisogno di manodopera. Le parti – al fine di rendere più efficace la lotta al sommerso in agricoltura, nonché di favorire la modernizzazione e l’integrazione del sistema previdenziale agricolo, salvaguardandone le specificità – auspicano che alla materia della previdenza ed assistenza in agricoltura gli Enti previdenziali ed assicurativi, ed in primo luogo l’INPS, garantiscano adeguata e specifica attenzione rafforzando, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e funzionale, il ruolo di coordinamento ai vari livelli, in ossequio a quanto previsto dall’articolo 19, legge 724/1994 e dall’articolo 9-sexies, legge 608/1996.
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L’introduzione delle misure incentivanti sopra specificate non comporterebbe oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, in quanto il minor introito contributivo e fiscale, nonché il miglioramento delle prestazioni per alcune categorie, sarebbe sicuramente compensato dall’ampliamento della platea dei contribuenti, dall’incremento del numero di giornate denunciate e dai risparmi conseguenti alla razionalizzazione del sistema di erogazione delle prestazioni. Il riordino della contribuzione figurativa dei lavoratori, inoltre, comporterebbe risparmi previdenziali crescenti nel tempo. CONFAGRICOLTURA ________________________ COLDIRETTI ________________________ CIA ________________________ FEDERALIMENTARE ________________________ FLAI – CGIL ________________________ FAI – CISL ________________________ UILA – UIL ________________________ CONFEDERDIA ________________________
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Gli Iceberg già pubblicati: 1/2004 REGOLAMENTAZIONE E PROBLEMATICHE APPLICATIVE DEL LAVORO ACCESSORIO IN ITALIA ALLA
LUCE DI ALCUNE ESPERIENZE STRANIERE di Matteo Borzaga
2/2004 INDAGINE ESPLORATIVA SULLA PRODUZIONE DI STATISTICHE DELL’ATTIVITÀ ISPETTIVA
di Stefania Bragato 3/2004 STATISTICHE SULLE VISITE ISPETTIVE. ANNI 2000 - 2003
di Stefania Bragato 4/2005 UN LINK TRA ARCHIVI NETLABOR E ARCHIVI INPS PER CONTROLLARE LE MISURE DI STOCK DEGLI
OCCUPATI EXTRACOMUNITARI IN VENETO di Leda Accosta, Bruno Anastasia, Maurizio Gambuzza, Danilo Maurizio, Marco Giovannini
5/2005 FORME ORGANIZZATIVE DELL’ATTIVITA’ PRODUTTIVA E LAVORO SOMMERSO
di Antonio Benaglio 6/2006 PRESTAZIONI PREVIDENZIALI E LAVORO IRREGOLARE: NOTE SUL CASO DELL’AGRICOLTURA