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PRESTAZIONI PREVIDENZIALI E LAVORO IRREGOLARE: NOTE SUL CASO DELL’AGRICOLTURA Iceberg n. 6/2006

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PRESTAZIONI PREVIDENZIALI E LAVORO IRREGOLARE: NOTE SUL CASO DELL’AGRICOLTURA Iceberg n. 6/2006

L’Osservatorio Veneto sul lavoro sommerso è stato costituito nel gennaio 2001, per iniziativa dell’Inps regionale, con protocollo d’intesa tra un’ampia partnership: Regione Veneto, parti sociali, Università venete, istituti di ricerca regionali. L’Osservatorio, guidato da un Comitato esecutivo che elabora annualmente il programma di attività, si avvale di un gruppo di studio il cui coordinamento scientifico è affidato a Veneto Lavoro. Finalità dell’Osservatorio sono lo studio e la valutazione degli aspetti giuridici, sociali ed economici connessi direttamente ed indirettamente al fenomeno del sommerso. L’Osservatorio realizza ricerche, promuove seminari di studio, mette a disposizione del pubblico – tramite il Centro di Documentazione aperto presso la sede regionale dell’Inps – i materiali bibliografici che raccoglie o produce. Nel 2003 l’Osservatorio ha realizzato un ampio rapporto. “Attorno al lavoro sommerso in Veneto. Una ricognizione”. La collana monografie “Iceberg” raccoglie gli approfondimenti successivamente prodotti.

I firmatari del protocollo d’intesa sono: Regione Veneto, Università di Padova, Università di Venezia, Università di Verona, Unioncamere regionale del Veneto, Federazione regionale industriali Veneto, Federveneto Api, Confcommercio Veneto, Confesercenti Veneto, Federazione regionale artigianato Veneto, Cna Veneto, Casa, Unione regionale agricoltori, Cia Veneto, Federazione regionale coltivatori diretti Veneto, Federalberghi Veneto, Ance Veneto, Confcooperative unione regionale Veneto, Lega nazionale cooperative, Cgil regionale Veneto, Cisl regionale Veneto, Uil regionale Veneto, Ugl Veneto, Cisal, Centro Studi Cgia Mestre, Fondazione G. Corazzin, Coses, Crel, Ires Veneto, Veneto Lavoro, Inail - Direzione regionale Veneto, Inps - Direzione regionale Veneto, Inps - Comitato regionale Veneto. Questo “Iceberg” è stato redatto dall’Osservatorio veneto sul lavoro sommerso sintetiz-zando e rielaborando un più ampio documento predisposto dalla dott.ssa Elisa Rosteghin sul tema “Utilizzo degli ammortizzatori sociali in agricoltura e problematiche dell’econo-mia sommersa”. I riferimenti normativi e statistici sono aggiornati essenzialmente alle informazioni disponibili nell’autunno 2005.

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Sommario

1. IL LAVORO AGRICOLO ......................................................................................5

1.1 Tipologie di rapporto di lavoro dipendente utilizzate in agricoltura.............5 1.2 Disciplina previdenziale .............................................................................8 1.3 I lavoratori autonomi agricoli...................................................................10

2. GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: IL QUADRO GENERALE ..............................11

2.1. La cassa integrazione guadagni ...............................................................12 2.2. L’indennità di mobilità.............................................................................13 2.3. L’indennità di disoccupazione ordinaria...................................................14 2.4. L’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti .......................................16

3. GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI LEGATI ALL’AGRICOLTURA..........................16

3.1 Indennità ordinaria di disoccupazione agricola ........................................16 3.2 Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti agricola ............................18 3.3 Trattamento speciale di disoccupazione operai agricoli ............................20 3.4 Cassa integrazione salari agricola............................................................21 3.5 Casi particolari........................................................................................27 3.6 Uno schema di sintesi .............................................................................28

4. CONSISTENZA E DINAMICA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI ....................28

5. CRONOLOGIA DI UN PERCORSO. VERSO UNA RIFORMA SEMPRE RINVIATA .........................................................................................................35

6. ALTRE PROPOSTE DI RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI ..............43

7. RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI E LOTTA AL SOMMERSO IN AGRICOLTURA ................................................................................................47

8. IDEE E PROPOSTE RACCOLTE IN ALCUNE INTERVISTE AD ESPERTI............50

8.1 Sintesi dell’intervista al prof. Geroldi .......................................................51 8.2 La specificità del settore ..........................................................................54 8.3 Il lavoro in agricoltura e gli ammortizzatori sociali ...................................55 8.4 Parti sociali e riforme...............................................................................57 8.5 L’uso distorto degli ammortizzatori nel settore agricolo ............................60

9. CONCLUSIONI .................................................................................................63

Riferimenti bibliografici.............................................................................................65

Allegato: Avviso comune in materia di emersione del lavoro irregolare in agricoltura ..........................................................................................70

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1. IL LAVORO AGRICOLO

Il settore agricolo comprende tutte le produzioni primarie ed in particolare i

seguenti comparti: cereali, ortofrutta, florovivaismo, zootecnia, pesca e itticol-

tura, olio e vini.

È lavoratore agricolo colui che presta la propria attività alle dipendenze di un

datore di lavoro agricolo; imprenditore agricolo è colui che esercita una delle

attività inerenti ai comparti precedentemente elencati o ad essi connesse.

Al lavoro subordinato in agricoltura si applica la stessa classificazione prevista

per il resto dei lavoratori dipendenti: dirigenti, quadri, impiegati e operai a

tempo determinato e operai a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 12 d.lgs.

n. 375 del 1993.

Il rapporto di lavoro è soggetto ad una speciale regolamentazione, soprattutto

per quel che riguarda il regime di sicurezza sociale.

La disciplina del rapporto di lavoro vero e proprio è contenuta principalmente

nei contratti collettivi, cui occorre fare riferimento. In particolare:

− per gli operai agricoli, il Ccnl 10 luglio 2002;

− per i quadri e gli impiegati agricoli, il Ccnl 5 aprile 2000.

Le ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro sono uguali a quelle previste per

la generalità dei lavoratori dipendenti.

1.1 Tipologie di rapporto di lavoro dipendente utilizzate in agricoltura

Lavoro a termine

Il rapporto di lavoro agricolo è normalmente a tempo determinato, in relazione

ai cicli stagionali dell’attività.

Nel caso di assunzione a termine di impiegati, si applicano le disposizioni pre-

viste dal d.lgs. n. 368 del 2001 per la generalità dei lavoratori dipendenti. Tali

norme non si applicano, all’opposto, per il personale operaio, per il quale oc-

corre fare riferimento alla disciplina contrattuale, che consente l’assunzione a

termine nei seguenti casi:

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− per l’esecuzione di lavori di breve durata, stagionali o a carattere saltuario,

o per fase lavorativa, o per la sostituzione di operai assenti per i quali sus-

sista il diritto alla conservazione del posto;

− per l’esecuzione di più lavori stagionali e/o per più fasi lavorative nell’anno

con garanzia di occupazione minima superiore a 100 giornate, nell’arco di

12 mesi dalla data di assunzione;

− per un impiego di durata superiore a 180 giornate di effettivo lavoro, da

svolgersi nell’ambito di un unico rapporto continuativo.

Gli operai a tempo determinato che hanno effettuato presso la stessa azienda –

nell’arco di 12 mesi dalla data di assunzione – 180 giornate di effettivo lavoro,

hanno diritto alla trasformazione del loro rapporto in rapporto a tempo inde-

terminato. Tale diritto deve essere esercitato, a pena di decadenza, entro 6

mesi dal perfezionamento del requisito richiesto, attraverso una comunica-

zione scritta da esibire al datore di lavoro.

Il diritto alla trasformazione del rapporto non spetta agli operai a tempo de-

terminato:

− assunti inizialmente con contratto di lavoro a termine con garanzia minima

di 100 giornate;

− assunti inizialmente con contratto di lavoro a termine di durata superiore a

180 giornate di lavoro effettivo, da svolgersi in un unico rapporto continuativo;

− assunti per la sostituzione di operai assenti per i quali sussista il diritto

alla conservazione del posto.

Lavoro part-time

Nel settore agricolo vi è la possibilità di instaurare un contratto di lavoro part-

time con il lavoratore. La legge sul rapporto di lavoro a tempo parziale (d.lgs.

n. 61 del 2000), affidava le modalità di applicazione delle disposizioni sui rap-

porti di lavoro del settore agricolo (“anche con riguardo alla possibilità di effet-

tuare lavoro supplementare o di consentire la stipulazione di una clausola ela-

stica di collocazione della prestazione lavorativa nei rapporti a tempo determi-

nato parziale”1), ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati

1 D.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, art.7.

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comparativamente più rappresentativi. Successivamente il d.lgs. n. 276 del

2003, che ha dato attuazione alla legge 30/2003, ha esteso integralmente le

disposizioni del d.lgs. 61/2000 anche al settore agricolo.

Apprendistato e Cfl (contratti di formazione lavoro)

I lavoratori agricoli possono essere assunti anche con contratto di apprendi-

stato. Questa tipologia contrattuale è stata ampiamente modificata dal d.lgs.

n. 276 del 2003.

Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 276 del 2003 (24 ottobre 2003) è stato

abrogato il contratto di formazione lavoro che quindi non è più applicabile al

settore.

Sempre con il medesimo dispositivo legislativo è stato introdotto il contratto di

inserimento.

Lavoro temporaneo e somministrazione di manodopera

Con l’abrogazione delle disposizioni legislative sul lavoro temporaneo il d.lgs.

n. 276 del 2003 ha introdotto la somministrazione di manodopera applicabile

alla generalità dei lavoratori, inclusi quindi quelli agricoli.2

2 Fino a diversa determinazione delle parti stipulanti o recesso unilaterale conservano ancora efficacia le clausole limitative contenute nei CCNL in vigore alla data del 24 ottobre 2003. In particolare esse prevedevano che il contratto di fornitura di lavoro temporaneo in agricoltura può essere concluso nei seguenti casi: a) attuazione di adempimenti tecnici, contabili, amministrativi, commerciali, non ordinari o

non prevedibili, cui non sia possibile far fronte con l’organico in servizio; b) esigenze di lavoro per la partecipazione a fiere, mostre e mercati finalizzati alla pubblicizza-

zione e alla vendita dei prodotti aziendali; c) sostituzione di lavoratori temporaneamente inidonei a svolgere le mansioni a loro assegnate

ai sensi del d.lgs. n. 626/94; d) sostituzione di lavoratori assenti; e) esigenze non programmabili relative alla manutenzione straordinaria nonché al mantenimento

e/o al ripristino della funzionalità e della sicurezza delle attrezzature e degli impianti aziendali; f) necessità non programmabili e/o non prevedibili di attività lavorative urgenti connesse ad

andamenti climatici atipici e/o calamità, all’aumento temporaneo dell’attività e/o a com-messe e ordinativi straordinari, cui non sia possibile far fronte con i lavoratori in organico;

g) impossibilità o indisponibilità all’assunzione di lavoratori iscritti presso il Centro per l’impie-go competente;

h) temporanea utilizzazione in mansioni e profili professionali non previsti dai normali assetti produttivi aziendali.

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La proroga del contratto di lavoro temporaneo è ammessa:

− nel caso di sostituzione di lavoratori assenti, per l’intera durata dell’assenza;

− negli altri casi, una sola volta e per non più della durata inizialmente

convenuta, qualora persistano le condizioni che hanno dato origine all’uti-

lizzo del lavoro temporaneo.

Altre tipologie contrattuali

Le nuove forme contrattuali introdotte dal d.lgs. n. 276 del 2003 (lavoro a pro-

getto, lavoro occasionale, lavoro accessorio, lavoro ripartito, lavoro intermit-

tente) sono applicabili anche al settore agricolo.

1.2 Disciplina previdenziale

Contributi previdenziali

Per i lavoratori agricoli, il sistema di protezione sociale presenta delle specifi-

cità con riferimento agli operai, mentre per gli impiegati trovano applicazione

le regole in vigore per la totalità dei dipendenti (con la particolarità che, oltre

ai contributi che devono essere versati all’Inps, è dovuta all’Enpaia – Ente

Nazionale di Previdenza e Assistenza Impiegati Agricoli – una specifica con-

tribuzione a titolo di accantonamento Tfr, previdenza integrativa e assicura-

zione infortuni).

In base alla normativa previdenziale si individuano due classi di lavoratori

agricoli subordinati, escludendo quelli con qualifica impiegatizia:

1. Operai a tempo indeterminato (Oti);

2. Operai a tempo determinato (Otd).

Nella categoria degli operai a tempo indeterminato rientrano i seguenti soggetti:

− lavoratori assunti con rapporto di lavoro senza prefissazione di termine che

prestano la loro opera alle dipendenze di un’impresa singola o associata;

− operai a tempo determinato che hanno eseguito presso la stessa azienda,

nell’arco di 12 mesi dalla data di assunzione, 180 giornate di effettivo la-

voro e che hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro in quello

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a tempo indeterminato, con la stessa disciplina stabilita per gli operai as-

sunti originariamente con detta qualifica.3

La categoria degli operai agricoli a tempo determinato comprende gli operai

assunti con rapporto individuale di lavoro a tempo determinato per l’ese-

cuzione di lavori di breve durata, stagionali o saltuari, oppure assunti per fa-

si lavorative o per la sostituzione di operai assenti con diritto alla conserva-

zione del posto.

Per l’accertamento ai fini previdenziali e contributivi delle giornate di lavoro

degli operai agricoli a tempo determinato l’Inps provvede a compilare gli elen-

chi nominativi annuali e quelli trimestrali sulla base delle dichiarazioni della

manodopera occupata inviate dai datori di lavoro. Gli elenchi trimestrali, con

l’indicazione delle giornate di lavoro prestate presso ciascun datore di lavoro,

sono pubblicati entro il terzo mese successivo alla scadenza del termine di

presentazione delle dichiarazioni della manodopera occupata, mediante affis-

sione per 15 giorni all’albo pretorio del comune di residenza del lavoratore.

L’elenco nominativo annuale – compilato e pubblicato dall’Inps entro il 31

maggio dell’anno successivo – contiene l’indicazione delle giornate complessi-

vamente attribuite al lavoratore in base alle dichiarazioni trimestrali della ma-

nodopera occupata. Viene notificato ai lavoratori interessati mediante affis-

sione per 15 giorni all’albo pretorio del loro comune di residenza.

L’Inps invia al datore di lavoro il modello F24, già compilato con l’indicazione

dei contributi dovuti, calcolati sulla base delle retribuzioni effettive degli Oti e

di quelle convenzionali o contrattuali degli Otd vigenti nella provincia.

Indennità di malattia e di maternità

L’indennità di malattia e quella di maternità sono corrisposte agli operai agri-

coli direttamente dall’Inps. Tali indennità spettano anche agli Otd a condizione

che essi risultino iscritti negli appositi elenchi nominativi, nell’anno preceden-

te, per almeno 51 giornate.

3 La Cassazione, infatti, nonostante non ci sia la volontà contrattuale per la creazione di un rapporto di lavoro senza limite di durata, riconosce come indice di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ex art. 8, l. n. 457 del 1972, il superamento appunto delle 180 giornate di lavoro nell’anno presso la stessa azienda agricola.

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Assegno per il nucleo familiare

L’erogazione dell’assegno familiare – effettuata direttamente dall’Inps – è sog-

getta alle medesime regole previste per la generalità dei lavoratori dipendenti.

1.3 I lavoratori autonomi agricoli

In agricoltura si possono trovare diversi tipi di lavoratori autonomi: i coltivatori

diretti, i mezzadri, i coloni e gli imprenditori agricoli. Essi si aggiungono alla pla-

tea dei lavoratori subordinati ma hanno tutele diverse rispetto a questi ultimi.

I coltivatori diretti sono proprietari, affittuari oppure usufruttuari o enfiteuti

con almeno 20 anni di godimento del fondo, ma sono anche pastori o asse-

gnatari di fondi nonché appartenenti ai nuclei familiari che direttamente o

abitualmente si dedicano alla coltivazione dei campi, all’allevamento e governo

del bestiame e allo svolgimento di tutte quelle attività che risultano connesse a

queste ultime. L’impresa coltivatrice diretta è a conduzione familiare mentre il

coltivatore diretto è un piccolo imprenditore. L’attività dei coltivatori diretti

deve essere svolta in modo prevalente ed esclusivo (per maggior impegno di la-

voro e maggior reddito); può essere svolta da parenti o affini entro il quarto

grado. Il fabbisogno di lavoro dell’azienda agricola non deve essere inferiore a

104 giornate annue e la capacità lavorativa del nucleo familiare deve essere

superiore ad un terzo del fabbisogno di lavoro occorrente nell’azienda4.

I mezzadri sono coloro che, in proprio o quali capi della famiglia colonica, si

associano al proprietario del fondo apportando all’impresa agricola soprattutto

il lavoro personale e della loro famiglia, la quale è tenuta a partecipare alla di-

visione dei prodotti secondo le disposizioni legislative e contrattuali e deve ri-

siedere nel fondo in maniera stabile.

I coloni svolgono il loro lavoro solo con un impegno di tempo parziale e non de-

vono risiedere stabilmente nel fondo. Se il lavoro dei coloni è inferiore alle 120

giornate annue essi vengono equiparati ai lavoratori subordinati e si dicono

“piccoli coloni”. Se invece il fondo richiede un fabbisogno superiore alle 120

4 Artt. 2 e 3 della legge 9 gennaio 1963, n. 9.

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giornate annue essi sono equiparati ai lavoratori autonomi e sono soggetti alla

disciplina prevista per tali lavoratori.5

Imprenditori agricoli a titolo principale (Iatp) sono coloro che svolgono autono-

mamente attività di conduzione dell’azienda agricola finalizzata a una qual-

siasi utilità economica. L’imprenditore agricolo, dunque, è titolare dell’azienda

e svolge una funzione di direzione dell’impresa stessa. La sua attività consiste

nell’organizzare e coordinare in modo sistematico ed abituale la produzione,

con l’utilizzo di mezzi adeguati a tale scopo. Essendo un’attività tipicamente a

carattere direzionale non necessita l’esecuzione materiale dei lavori. L’impren-

ditore agricolo dedica all’attività agricola almeno due terzi del proprio tempo di

lavoro complessivo, ricavandone non meno di due terzi del proprio reddito

globale. Nelle zone di montagna e nelle aree svantaggiate il tempo di lavoro e la

quota di reddito si riducono ad un mezzo. Ai fini pensionistici, sono iscritti alla

gestione solamente i titolari delle aziende e non i familiari degli stessi che

eventualmente collaborino alla gestione dell’impresa.

Le fonti normative principali per quanto riguarda i coltivatori diretti, i coloni, i

mezzadri e gli imprenditori agricoli sono: l. 22 gennaio 1954, n. 1136; l. 26

ottobre 1957, n. 1047; l. 9 gennaio 1963, n. 9; l. 30 aprile 1969, n. 153; l. 3

giugno 1975, n. 160; l. 13 maggio 1988, n. 154; l. 2 agosto 1990, n. 233 ed

infine il d.lgs. 16 aprile 1997, n. 146.

2. GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: IL QUADRO GENERALE

Per “ammortizzatori sociali” si intendono gli strumenti di sostegno e di tutela del

reddito dei lavoratori che, per vari motivi, si trovano a dover affrontare periodi più

o meno lunghi di disoccupazione involontaria. L’assetto degli ammortizzatori so-

ciali in Italia ha privilegiato ampiamente la tutela degli occupati dal rischio di per-

dita del posto di lavoro, mentre non ha mai compreso le persone alla ricerca del

primo impiego, per quanto lungo fosse il loro periodo di effettiva disoccupazione.

5 Bisogna sottolineare che la mezzadria e il contratto di colonia sono in via di estinzione a se-guito della legge 203 del 1982 che ha stabilito la conversione di tutti i contratti di mezzadria e colonia, stipulati dopo l’entrata in vigore di tale legge, in contratti d’affitto. Rimangono in vigore, infatti, solo quelli antecedenti a tale legge.

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2.1 La Cassa integrazione guadagni

La Cassa integrazione guadagni (Cig) rappresenta l’istituto di tutela dei redditi

dei lavoratori in caso di sospensione temporanea dell’attività produttiva, per

situazioni non imputabili all’impresa o ai lavoratori mantenendo dunque in es-

sere il rapporto di lavoro. La Cig risulta essere, pertanto, lo strumento tradi-

zionalmente utilizzato per gestire le crisi occupazionali.

La normativa generale riguardante la Cig si è sviluppata a partire dalla legge

n. 164 del 1975 e con le successive leggi n. 675 del 1977 e n. 160 del 1988.

Infine la Cig, mediante la legge 233 del 1991, ha subito una rilevante ristrut-

turazione che ne ha razionalizzato i criteri di concessione e limitato le durate

massime di utilizzo.

La Cassa integrazione guadagni ordinaria

La Cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) si configura come uno stru-

mento per ammortizzare le oscillazioni cicliche della domanda. La sua fun-

zione è quella di garantire il salario ai lavoratori sottoccupati, sollevando con-

temporaneamente il datore di lavoro dal pagamento di retribuzioni per presta-

zioni non necessarie.

Le caratteristiche imprescindibili che devono esservi per l’applicazione della

Cigo sono:

− l’involontarietà e la brevità della situazione che determina la sospensione o

la contrazione dell’attività;

− la certezza della ripresa dell’attività lavorativa.

La durata dell’intervento è per la maggior parte dei casi di 3 mesi, prorogabile

di 3 mesi in 3 mesi, con un massimo di 52 settimane in un arco temporale

biennale.

Il trattamento è erogato dall’Inps nella misura dell’80% della retribuzione glo-

bale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate.

La Cassa integrazione guadagni straordinaria

Con caratteristiche simili all’ordinaria ma con funzioni diverse opera la Cassa

integrazione guadagni straordinaria (Cigs).

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La Cassa integrazioni guadagni straordinaria può essere richiesta per finalità

diverse da quelle previste per l’ordinaria e cioè nei seguenti casi:

1. ristrutturazioni, riorganizzazioni, riconversioni aziendali;

2. crisi aziendali6 di particolare rilevanza sociale (l. 675/77);

3. casi di dichiarazioni di fallimento, di emanazione del provvedimento di

liquidazione coatta amministrativa, ovvero di sottoposizione all’ammi-

nistrazione straordinaria o ad altra procedura concorsuale con cessazio-

ne dell’attività, qualora la continuazione dell’attività non sia stata dispo-

sta o cessata (art. 31, l. 223/91).

A differenza dell’intervento ordinario, la Cigs si concretizza per la mancanza di

certezza di una definitiva ripresa dell’attività lavorativa al termine del periodo

che essa copre.

Tra i beneficiari del trattamento sono inclusi operai, impiegati e quadri inter-

medi7, con almeno 90 giorni di anzianità di servizio.

L’intervento di Cigs opera per un massimo di 36 mesi nell’arco di un quin-

quennio.

L’integrazione salariale avviene in misura pari all’80% dell’ultima retribuzio-

ne lorda.

2.2 L’indennità di mobilità

L’indennità di mobilità è stata introdotta con la legge 23 luglio 1991, n. 223,

con l’obiettivo di facilitare il trasferimento della forza lavoro in caso di ecce-

denze strutturali di imprese del settore industriale con almeno 15 addetti.

In base alla legge 223/1991, un’impresa può avviare le procedure di mobilità

se, durante l’attuazione del programma di trattamento straordinario di inte-

grazione salariale, ritiene di non essere in grado di garantire il reimpiego ai la-

voratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative.

6 I criteri che definiscono lo stato di crisi sono fissati dal Ministero del lavoro (art. 1, co. 6, l. 223/91 – d.l. 185/94). 7 Sono esclusi dalla possibilità di ottenere il trattamento di Cigs gli apprendisti e i lavoratori in contratto di formazione lavoro.

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L’indennità di mobilità spetta ai lavoratori (operai, impiegati e quadri inter-

medi) a seguito di:

− licenziamenti per cessazione dell’attività dell’azienda;

− licenziamenti per riduzione di personale o trasformazione di attività o di

lavoro;

− esaurimento della Cassa integrazione guadagni straordinaria.

I lavoratori posti in mobilità hanno diritto ad una prestazione economica di

entità corrispondente al 100% del trattamento di integrazione straordinaria

previsto con la Cigs, ma si riduce poi all’80% a partire dal tredicesimo mese.

La durata del trattamento varia a seconda dell’età del lavoratore e della localiz-

zazione geografica dello stesso.

2.3 L’indennità di disoccupazione ordinaria

Il trattamento ordinario di disoccupazione costituisce la più generale delle co-

perture vigenti contro la disoccupazione, con riferimento sia alle cause di per-

dita di lavoro che danno diritto alla prestazione, sia ai lavoratori che ne pos-

sono beneficiare.

L’indennità di disoccupazione interessa tutti i lavoratori dipendenti, senza di-

stinzione di qualifica o di caratteristiche del datore di lavoro (può trattarsi in-

fatti di qualsiasi forma giuridica operante in qualsiasi settore di attività).

Rimangono comunque esclusi i dipendenti della Pubblica Amministrazione, i

titolari di rapporti di lavoro con elementi associativi, i lavoratori soci di

cooperative, gli apprendisti di tutti i settori, il personale artistico, teatrale e i

sacerdoti.

L’indennità di disoccupazione garantisce un trattamento in caso di disoccupa-

zione involontaria per mancanza di lavoro, cioè in caso di cessazione dell’im-

piego per licenziamento individuale o collettivo, a meno che non intervenga un

altro trattamento specifico.

La legge n. 448 del 23 dicembre 1998 ha stabilito, all’art. 34, co. 5, che la ces-

sazione del rapporto di lavoro per dimissioni intervenuta con decorrenza suc-

cessiva al 31 dicembre 1998 non dà diritto alla corresponsione dell’indennità

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di disoccupazione, né ordinaria, né a requisiti ridotti, con l’eccezione rappre-

sentata dalle dimissioni volontarie per giusta causa.8

I requisiti necessari per l’ottenimento del sussidio di disoccupazione sono:

− avere lavorato almeno 52 settimane, anche non consecutive, nel biennio

antecedente la data di risoluzione dell’ultimo rapporto di lavoro (per il cal-

colo valgono i giorni di ferie, malattia, maternità e festività);

− avere almeno due anni di anzianità assicurativa presso l’Inps9;

− essere effettivamente disoccupati. A questo proposito valgono attualmente

le disposizioni varate con il d.lgs. n. 297 del 19 dicembre 2002. Tale de-

creto ha abrogato le liste di collocamento e il libretto di lavoro ed ha previ-

sto che, per accedere all’indennità ordinaria di disoccupazione, è necessa-

rio essere nello “stato di disoccupazione” con il quale ci si riferisce a “un

soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgi-

mento e alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con

i servizi competenti”. Lo stato di disoccupazione si acquisisce presentan-

dosi personalmente al Centro per l’impiego nel territorio del proprio domi-

cilio e firmando la dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento

di un lavoro. Il d.lgs. 297/2002 prevede il sostegno del disoccupato attra-

verso un progetto individualizzato e concordato con gli operatori.

Il lavoratore per ottenere l’erogazione dell’indennità deve presentare la do-

manda entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, alla sede del-

l’Inps o al Centro per l’impiego competente per residenza.

L’Indennità ordinaria di disoccupazione ammonta al 40% della media delle re-

tribuzioni lorde percepite nell’ultimo trimestre antecedente il licenziamento.

Tale indennità viene riconosciuta per un periodo massimo di sei mesi (180

giorni); per i lavoratori che hanno un’età uguale o superiore a 50 anni è estesa

fino a nove mesi.

8 Si ha giusta causa nei seguenti casi: mancato pagamento della retribuzione, molestie ses-suali, variazione delle mansioni ecc. 9 Ai fini della maturazione dell’anno e dell’anzianità assicurativa, il periodo di lavoro prestato in qualità di apprendista non è valido.

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2.4. L’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti

L’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti spetta ai lavoratori che, non

potendo fare valere 52 contributi settimanali negli ultimi due anni, hanno la-

vorato per almeno 78 giornate nell’anno precedente. I requisiti rimangono gli

stessi previsti in caso di disoccupazione ordinaria.

La domanda per l’ottenimento va presentata all’Inps competente entro il 31

marzo dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la disoccupazione.

L’ammontare del trattamento è pari al 30% del reddito imponibile mediamente

percepito nelle giornate lavorate.

Per quanto riguarda la durata dell’indennizzo, essa è pari ad un numero di

giornate corrispondente a quelle effettivamente lavorate nell’anno precedente.

L’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti non spetta al lavoratore che

abbia già percepito durante l’anno l’indennità ordinaria di disoccupazione.

3. GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI LEGATI ALL’AGRICOLTURA

In Italia gli operatori agricoli sono coperti da trattamenti specifici contro la di-

soccupazione:

1. Indennità ordinaria di disoccupazione agricola;

2. Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti agricola;

3. Trattamento speciale di disoccupazione operai agricoli;

4. Cassa integrazione salari agricola.

Se il disoccupato del settore agricolo ha persone a carico, può beneficiare, oltre

che di queste indennità, anche degli assegni per il nucleo famigliare.

Vediamo ora in dettaglio i tipi di sostegno al reddito riservati agli operatori del

settore agricolo.

3.1 Indennità ordinaria di disoccupazione agricola

L’indennità di disoccupazione ordinaria agricola10 spetta a tutti quei lavoratori

10 Art. 32, legge 264 del 1949.

17

che risultano iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli11, ma anche

a coloro che hanno lavorato come operai agricoli a tempo indeterminato per

parte dell’anno. Tale indennità, tuttavia, non viene più riconosciuta a quegli

operai la cui situazione di inattività sia la conseguenza di dimissioni volonta-

rie, a meno che esse non derivino da giusta causa. Dal gennaio 2001 (mess.

Inps n. 125 del 23/01/2001 e mess. Inps n. 244 del 21/02/2001) l’indennità

di disoccupazione interessa anche i collaboratori coordinati e continuativi e i

lavoratori autonomi titolari di partita Iva iscritti al Fondo gestione separata

dell’Inps, nel senso che l’iscrizione all’apposita gestione previdenziale non im-

pedisce l’erogazione dei trattamenti per disoccupazione agricola12.

I requisiti necessari per l’ottenimento dell’indennità ordinaria di disoccupa-

zione sono:

− iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli nell’anno solare

per il quale viene richiesta l’indennità (condizione che non si applica agli

operai agricoli a tempo indeterminato);

− aver maturato almeno due anni (anche non consecutivi) di anzianità

assicurativa contro la disoccupazione involontaria;

− avere una prevalente contribuzione in agricoltura nell’anno per il quale è

stata richiesta l’indennità e in quello precedente, con un accredito com-

plessivo nel biennio di almeno 102 contributi giornalieri.

Ai sensi dell’art. 3, dpr n. 1049 del 1970, il requisito dei 102 contributi gior-

nalieri si può maturare anche sommando i contributi non agricoli. Il minimo

contributivo può essere raggiunto anche con l’utilizzo, a determinate condi-

zioni, di alcuni contributi figurativi come il servizio militare, la maternità, il la-

voro all’estero13.

11 Ai sensi dell’art. 7, n. 5, del decreto legge 3 febbraio 1970, n. 7, convertito, con modifica-zioni, nella legge 11 marzo 1970, n. 83. Detti elenchi erano altresì previsti in precedenza dall’art. 12 del regio decreto legge 24 settembre 1940, n. 1949, secondo cui essi dovevano essere redatti dalle commissioni locali e l’iscrizione a tali elenchi condizionava il godimento delle prestazioni previdenziali. 12 Il periodo utile per determinare diritto e misura della prestazione di disoccupazione va determinato con le sole giornate di lavoro dipendente e le stesse devono essere prevalenti sul pe-riodo di lavoro parasubordinato o autonomo. 13 I contributi figurativi per malattia e infortunio sono esclusi. Essi determinano la retrodata-zione del biennio di un periodo pari a quello della malattia o infortunio, diventando perciò pe-riodi neutri.

18

Nel caso di contribuzione mista, agricola e non agricola, occorre valutare la

prevalenza dell’attività nel biennio. La domanda di disoccupazione va presen-

tata su apposito modulo alla sede Inps competente entro il 31 marzo dell’anno

successivo a quello cui si riferisce l’indennità.

Per gli operai a tempo determinato l’importo dell’indennità di disoccupazione

corrisposto ammonta al 30% della retribuzione media convenzionale su cui è

calcolata la contribuzione (salario congelato al 1996 oppure, se superiore, sa-

lario previsto dalla contrattazione collettiva provinciale o quello effettivo).14 Per

gli operai a tempo indeterminato l’indennità è pari al 30% della retribuzione

effettivamente percepita (salario giornaliero).

La durata della prestazione corrisposta dall’Istituto di previdenza per il soste-

gno al reddito in caso di disoccupazione ordinaria è pari al numero di giornate

lavorate nell’anno precedente.

L’indennità per i lavoratori agricoli viene erogata l’anno seguente a quello in

cui si è verificato lo stato di disoccupazione, indipendentemente dalla condi-

zione di occupazione o disoccupazione del lavoratore nel momento in cui il

sussidio viene chiesto e liquidato. I periodi di fruizione del trattamento di di-

soccupazione sono validi ai fini del diritto alla pensione.

3.2 Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti agricola

L’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti15 è rivolta ai lavoratori cosid-

detti stagionali ai quali la legge16 ha esteso i benefici del trattamento ordinario

di disoccupazione.

Sono considerati stagionali ai fini del trattamento di disoccupazione i seguenti

lavoratori dei settori agricoli e non agricoli (art. 40 rdl. n. 1.827 del 1935):

− coloro che prestano lavoro occasionale;

− coloro che sono occupati esclusivamente in lavorazioni che si compiono in

determinati periodi dell’anno.

14 La retribuzione convenzionale media sulla quale si calcola il trattamento ordinario di disoc-cupazione per i braccianti agricoli è quella dell’anno che precede il periodo di presentazione del-la domanda, come è stato chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 6455/2001. 15 Legge 160 del 1988. 16 Art.7, l. 160/1988 e art. 1, l. 169/91.

19

Risultano esclusi dai benefici della disoccupazione a requisiti ridotti, come av-

viene per quella ordinaria, i lavoratori disoccupati a seguito di dimissioni vo-

lontarie, ma anche quei lavoratori che vengono assunti con contratto part-time

verticale (Inps circolare n. 198 del 13.07.1995).

L’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti viene corrisposta a quei lavo-

ratori che presentano i medesimi requisiti richiesti per l’erogazione dell’inden-

nità di disoccupazione ordinaria, dunque:

− abbiano maturato due anni di anzianità assicurativa per la disoccupazione;

− non potendo fare valere 102 contributi nel biennio, abbiano svolto almeno

78 giornate di lavoro dipendente nel settore agricolo nell’anno a cui si rife-

risce la domanda.

Con messaggio 1133 del 15 dicembre 2003, l'Inps ha fornito chiarimenti sulla

indennità di disoccupazione agricola con requisiti ridotti. L'Istituto ha, infatti,

escluso che possano rientrare nel requisito minimo delle 78 giornate di occu-

pazione necessarie per il riconoscimento del diritto all'indennità anche le gior-

nate rientranti nel rapporto di lavoro agricolo ma non effettivamente lavorate.

L'unica eccezione riguarda le ipotesi di maternità, malattia o infortunio inden-

nizzate ove risultino susseguenti all'attività agricola dipendente.

Anche per questo ammortizzatore sociale la domanda va presentata alle com-

petenti sedi Inps entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è ve-

rificato lo stato di disoccupazione.

Sono da rilevare comunque alcune differenze rispetto all’indennità ordinaria:

− l’importo corrisposto è determinato in relazione al numero dei giorni effetti-

vamente lavorati nell’anno precedente, entro un limite prefissato che non

può essere superiore a 156 giorni. Questo rimedio si è reso necessario per

evitare il ripetersi della pratica diffusa nel settore agricolo di non de-

nunciare le giornate di lavoro effettivo eccedenti la soglia minima stabilita

per accedere alla prestazione;

− l’ammontare del trattamento corrisposto agli operai agricoli assunti a

tempo determinato è pari al 30% della retribuzione effettivamente perce-

pita, nei limiti di un importo massimo mensile lordo di euro 791,21, elevato

a euro 950,95 per i lavoratori che possono far valere una retribuzione lorda

mensile superiore a euro 1.711,71.

20

3.3 Trattamento speciale di disoccupazione operai agricoli

Questo tipo di trattamento è stato istituito nel 1972 per esigenze di ordine so-

ciale piuttosto che economico (l. n. 457 del 1972)17. Esso spetta esclusiva-

mente ai lavoratori iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli. Viene

corrisposto quando il lavoratore ha:

− 2 anni di assicurazione contro la disoccupazione involontaria;

− almeno 102 contributi giornalieri nel biennio;

− lavorato a tempo determinato nell’anno cui si riferisce la prestazione;

− prestato almeno 151 giornate da lavoratore dipendente ovvero risulta

iscritto negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli per un numero di

giornate comprese tra 101 e 150 nell’anno cui si riferisce la prestazione.

L’importo del trattamento speciale è pari:

− al 66% del salario medio convenzionale fissato annualmente con decreto

ministeriale (o del salario effettivo se superiore) per coloro che hanno lavo-

rato nell’anno almeno 151 giorni18;

− al 40% del salario medio convenzionale fissato con decreto ministeriale per

coloro che hanno lavorato nell’anno per un numero di giornate compreso

tra 101 e 15019.

La durata massima di fruizione del trattamento è di 90 giorni (le giornate resi-

due rispetto a quelle in totale lavorate nell’anno precedente danno diritto alla

sola contribuzione figurativa20).

Per gli operai a tempo determinato che abbiano lavorato tra 101 e 150 giornate

vengono comunque accreditati 270 contributi giornalieri (pari ad un anno di

contribuzione) ai fini del trattamento previdenziale delle pensioni di vecchiaia e

anzianità.

17 Disciplinano questo istituto l’art. 7, l. 37 del 1977 e l’art. 25 della già citata l. 457 del 72. 18 Per il trattamento speciale i “centocinquantunisti” possono sommare le giornate di lavoro dipendente agricolo e non agricolo, a condizione che le giornate di lavoro agricolo risultino pre-valenti (come avviene per l’indennità ordinaria). 19 Questo accade solamente dal 1977. 20 Contribuzione figurativa: sono i contributi “fittizi” riconosciuti agli assicurati per periodi du-rante i quali (malattia, maternità, disoccupazione, cassa integrazione guadagni ecc.) non c’è stata attività di lavoro e di conseguenza non c’è stato il versamento dei contributi obbligatori.

21

La domanda per l’ottenimento del contributo va presentata alla sede Inps

competente entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento della

presentazione. I lavoratori a tempo indeterminato non possono fruire del trat-

tamento speciale. Sono esclusi dal diritto all’indennità i lavoratori agricoli

iscritti negli elenchi dei coltivatori diretti o mezzadri.

3.4 Cassa integrazione salari agricola

La Cassa integrazione salari agricola è stata istituita nel 1972 con la legge n.

457. Detta legge, infatti, all’art. 8 stabilisce che agli operatori agricoli con con-

tratto a tempo indeterminato, che siano sospesi temporaneamente dal lavoro

per intemperie stagionali o per altre cause non imputabili al datore di lavoro o

al lavoratore, è dovuto un trattamento sostitutivo della retribuzione. La Cassa

integrazione salari agricola ha dunque per oggetto i salari fissi e gli operai oc-

cupati a tempo indeterminato presso la stessa azienda. A tale disciplina sono

state introdotte notevoli innovazioni con la legge n. 223 del 1991. Codesta

legge, all’art. 14 ha esteso agli impiegati e quadri le disposizioni concernenti le

integrazioni salariali ordinarie prima riservate esclusivamente ai lavoratori

agricoli con qualifica di operai. L’articolo 21 della medesima legge ha intro-

dotto nuove cause integrabili per il settore agricolo, come i casi di riconver-

sione e ristrutturazione aziendale nonché di eccezionali calamità o avversità

atmosferiche.

Le aziende cui si applica la normativa in questione sono quelle esercenti atti-

vità di natura agricola21, ovverosia dirette alla coltivazione del fondo, alla silvi-

coltura, all’allevamento degli animali e attività connesse22. Tale regolamenta-

zione si applica anche alle:

− imprese appaltatrici o concessionarie di lavori di forestazione;

− consorzi di irrigazione o di miglioramento fondiario, consorzi di bonifica, di

rimboschimento e di sistemazione montana;

21 Anche in forma associata. 22 Sono considerate attività connesse le attività dirette alla trasformazione e all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nel normale esercizio dell’agricoltura.

22

− imprese che provvedono alla cura e protezione della fauna selvatica e

all’esercizio controllato della caccia;

− imprese che provvedono alla raccolta di prodotti agricoli, solo per il perso-

nale addetto;

− imprese che svolgono attività di acquacoltura, nel caso in cui i redditi che

ne derivano siano prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche;

− amministrazioni pubbliche che gestiscono aziende agricole o eseguono la-

vori di forestazione.

Intestatari della cassa integrazione guadagni agricola sono i lavoratori agricoli

con i seguenti requisiti:

− siano dipendenti23 di aziende agricole con contratto a tempo indeterminato;

− abbiano svolto annualmente presso la stessa azienda almeno 181 giornate

di effettivo lavoro.

Rimangono esclusi dal trattamento coloro che risultano assunti con contratto

di formazione e lavoro (poiché essi sono titolari di un lavoro a tempo determi-

nato); i lavoratori a tempo indeterminato dipendenti di società cooperative

agricole e loro consorzi, che svolgano attività di trasformazione, manipolazione

e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici, nonché le cooperative

agricole e loro consorzi di coltivazione, silvicoltura o allevamento del bestiame;

infine i lavoratori assunti o mantenuti in numero maggiore rispetto alle esi-

genze dell’impresa e, cioè, quando nel corso del periodo di sospensione o nei

15 giorni immediatamente precedenti vengano o siano stati assunti lavoratori

per le stesse mansioni alle quali erano adibiti quelli sospesi, salvo che la causa

di sospensione risulti imprevedibile o di breve durata, quali, ad esempio, la

pioggia o altre intemperie.

L’esclusione totale dei lavoratori a tempo determinato deriva dalle peculia-

rità del lavoro agricolo, caratterizzato da una stagionalità molto alta delle

prestazioni, collegate ai cicli delle colture. L’agricoltura risulta essere il set-

tore stagionale per eccellenza e per questo motivo ci possono essere dei pe-

23 Sono compresi tra i lavoratori dipendenti anche i soci delle cooperative di lavoro impegnate nel settore.

23

riodi dell’anno durante i quali i lavoratori vengono assunti anche per brevis-

simo tempo.24

Cause di sospensione dell’attività agricola

La dizione della norma è assai ampia per quanto concerne le cause di sospen-

sione dal lavoro, poiché, oltre all’indicazione specifica delle intemperie stagio-

nali, prevede poi genericamente altre cause non imputabili al datore di lavoro

e ai lavoratori. Non è possibile perciò indicare cause di sospensione ammissi-

bili in assoluto, perché ai fini della concessione della prestazione è sempre ne-

cessario valutare che la causa addotta:

− non sia imputabile né al datore di lavoro né ai lavoratori;

− abbia effettivamente determinato la sospensione dichiarata;

− abbia carattere di temporaneità.

Per quanto concerne le avversità atmosferiche l’Inps nella circolare n. 178 del

1993 precisa che:

− sono da riconoscere quali cause di sospensione le precipitazioni nevose, il

gelo e la pioggia di una certa consistenza; tali cause riguardano esclusiva-

mente le lavorazioni svolte all’aperto;

− le avversità atmosferiche non possono essere riconosciute quali cause di so-

spensione per i lavoratori adibiti a lavorazioni svolte al coperto o ad attività

che comunque non possono subire interruzioni (allevamento di animali);

− per la fungicoltura l’elevata temperatura può ritenersi causa di sospensione

solo qualora siano state attuate misure preventive idonee a contenere la

temperatura stessa nei luoghi di coltura;

− tra le avversità atmosferiche che possono determinare la sospensione dei

lavori può essere compresa la siccità qualora risulti effettivamente inci-

dente sul tipo di lavorazione.

Altre cause di sospensione possono essere costituite da:

− fenomeni infettivi e attacchi parassitari rilevanti;

− perdita consistente del prodotto;

24 Ragion per cui, nel trattamento economico-normativo degli operai agricoli a termine, è stato creato l’istituto del terzo elemento che consiste in un’indennità pari al corrispettivo di diversi diritti riconosciuti agli operai a tempo indeterminato e precisamente: festività nazionali e infra-settimanali, ferie, tredicesima e quattordicesima mensilità.

24

− breve stasi stagionale (fine lavori, mancanza lavoro) quando, in relazione

all’ordinamento colturale dell'azienda ed alla consistenza numerica degli

operai addetti, sia comunque assicurata una sostanziale continuità di oc-

cupazione;

− mancanza di materie prime quando la circostanza rivesta carattere di

imprevedibile eccezionalità e venga comprovata la irreperibilità delle stesse

sul mercato.

I motivi economici, quali la “mancanza di fondi” o il “mancato finanziamento”

in linea di massima non rientrano fra le cause che legittimano la concessione

delle integrazioni salariali, in quanto sono imputabili al datore di lavoro con

riferimento al normale rischio di impresa.

Requisito occupazionale

Per avere diritto alle integrazioni salariali, i lavoratori devono conseguire il

prescritto requisito occupazionale di almeno 181 giornate annue di effettivo la-

voro presso la medesima azienda. Per consentire l’immediata erogazione delle

prestazioni richieste, l’Inps accetta il semplice impegno del datore di lavoro a

far effettuare al lavoratore interessato almeno 181 giornate di lavoro annue,

salvo successivamente verificarne il rispetto.

Considerato che l’anno solare costituisce il periodo di riferimento ai fini

dell’accertamento dell’effettiva occupazione e del numero di giornate di contri-

buzione da accreditare ai lavoratori agricoli, la verifica del prescritto requisito

occupazionale annuo viene effettuata alla fine di ogni anno solare e con riferi-

mento all’anno stesso.

La verifica viene effettuata anche con riferimento ai dodici mesi susseguenti o

precedenti la data di inizio o rispettivamente di cessazione del rapporto di

lavoro, per non lasciare prive di tutela le sospensioni dal lavoro che si vengono

a verificare nei casi di inizio e di cessazione del rapporto di lavoro a tempo

indeterminato nel corso dell’anno solare25.

25 Criterio analogo a quello appena descritto viene seguito anche nei casi in cui il requisito non viene raggiunto nell’anno solare per motivi non imputabili al lavoratore o al datore di lavoro (in-fortunio, malattia…) sempre che le assenze verificatesi per tali eventi siano determinanti ai fini del mancato raggiungimento del requisito occupazionale.

25

L’erogazione del trattamento di integrazione viene, quindi, effettuata con ri-

serva di successiva verifica, come appena detto; di ciò viene data comunica-

zione alle parti interessate (datore di lavoro e lavoratore) alle quali viene espli-

citata espressa riserva di successivo recupero delle integrazioni erogate per il

caso in cui esse risultino indebite per mancanza dell’anzidetto requisito.26

Qualora risulti, comunque, insussistente il requisito delle 181 giornate di la-

voro, il trattamento di integrazione ordinario potrà essere convertito, purché

ne ricorrano le condizioni, nel trattamento speciale di cui all’art. 21, l. n. 223

del 1991.

Durata della concessione di integrazione salariale

L’integrazione salariale può essere concessa fino ad un massimo di 90 giornate

nell’anno solare. Le integrazioni spettano solamente per i giorni interi di

sospensione e non anche per riduzione dell’orario giornaliero.

L’integrazione salariale non è dovuta:

a) per le assenze che non comportino retribuzione oltre che, logicamente, per

quelle retribuite; peraltro, il datore di lavoro non deve includere tra le gior-

nate di sospensione:

− le domeniche (o se diverse, le giornate di riposo settimanale);

− le giornate di ferie, di riposo compensativo per le festività represse e di

permesso;

− le giornate di festività per le quali spetti per legge o per contratto la

retribuzione;

− le giornate di assenza volontaria;

− le giornate (singole) di sospensione dal lavoro oggetto di recupero;

b) per le giornate di assenza in cui i lavoratori sospesi si dedichino ad altre

attività remunerate; in tale ipotesi il lavoratore, che non dia preventiva co-

municazione all’Inps dello svolgimento, in concomitanza con il trattamento

26 “É da tenere presente – precisa l’Inps (circolare n. 178/93) – che al prescritto requisito delle 181 giornate di effettivo lavoro corrisponde un maggior numero di giornate di contribuzione (al-meno 220/222), in quanto, oltre ad esse, vanno retribuite e quindi assoggettate a contribuzione, le festività soppresse dalla legge n. 54 del 1977, ed ogni altro periodo di assenza per il quale spetti comunque la retribuzione (ad esempio congedo matrimoniale, permessi retribuiti, giornate di sospensione per le quali non è stata concessa o venga disconosciuta l’integrazione salariale, ecc…)”.

26

di integrazione salariale, di altra attività lavorativa, subordinata o auto-

noma, decade dal diritto al trattamento stesso per il periodo di concessione

indipendentemente dalla durata dell’attività stessa27.

Ammontare dell’integrazione

La misura dell’integrazione salariale è pari all’80% della retribuzione media

giornaliera corrisposta nel periodo mensile di paga precedente a quello in cui

si è verificata o ha avuto inizio la sospensione dell’attività lavorativa. Alla retri-

buzione vanno aggiunti i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità

quando tali mensilità non vengano corrisposte per intero ma in misura ridotta

in relazione alle giornate di lavoro sospese.28

Con la legge 223 del 1991 è stato previsto anche per i lavoratori agricoli

l’assoggettamento del trattamento di integrazione salariale al limite massimo

mensile stabilito per le integrazioni salariali straordinarie. La legge n. 549 del

1995, all’art. 2, co. 16, ha esteso l’applicazione del “tetto” alle integrazioni or-

dinarie29.

L’importo delle integrazioni salariali deve essere ridotto in misura pari a quella

prevista per i contributi a carico degli apprendisti (attualmente 5,54%). Il sue-

sposto importo deve essere assoggettato a ritenuta d’acconto Irpef diretta-

mente da parte dell’Inps con l’applicazione delle aliquote percentuali per sca-

glioni di reddito.

Per tutte le forme di integrazione salariale risultava fissato, per l’anno 2004,

un importo pari a euro 806,78 mensili, al lordo dell’aliquota del 5,54%. Tale

importo è elevato a euro 969,66 lorde quando la retribuzione lorda di riferi-

mento per il calcolo dell’integrazione salariale superava la cifra di euro

1.745,40.

I periodi di fruizione del trattamento sono validi ai fini del diritto alla pensione.

27 Per le giornate di assenza per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, gravi-danza e puerperio, sciopero e servizio militare, il lavoratore è tenuto a dare specifica comunica-zione all’Inps, mentre il datore di lavoro deve indicare i lavoratori assenti all’inizio dell’attività la-vorativa, precisando per ciascuno di essi i motivi ed i relativi periodi di assenza. 28 Dalla retribuzione in questo modo individuata si devono escludere eventuali somme corri-sposte a titolo di arretrati, competenze che non sono soggette a contribuzione, retribuzioni in natura e compensi corrisposti a titolo di integrazione delle prestazioni previdenziali. 29 Restano fuori solo le prestazioni per intemperie stagionali.

27

3.5 Casi particolari

Presenza dei requisiti per l’ottenimento di due diversi trattamenti

Esiste la possibilità che un lavoratore agricolo in possesso di tutti i requisiti

necessari all’ottenimento della disoccupazione ordinaria, possegga anche tutti

i requisiti per l’ottenimento del trattamento speciale di disoccupazione agri-

cola. In tal caso l’Inps con la circolare n. 24 del 1997, ha comunicato che: “A

seguito di precisa richiesta da parte delle organizzazioni sindacali di categoria,

si è convenuto che, in presenza di tutti i requisiti di legge, la procedura automa-

tizzata liquidi, in favore del richiedente, il trattamento speciale di disoccupazione

agricola pur se di importo inferiore rispetto all’indennità ordinaria cui avrebbe

avuto diritto in base al numero di giornate prestate. Ciò in quanto l’accredito dei

contributi figurativi corrispondenti alle giornate di trattamento speciale liquidate,

a differenza di quelle corrispondenti all’indennità ordinaria, è utile al perfezio-

namento dei requisiti necessari per il riconoscimento del diritto alla pensione di

anzianità. Peraltro, nell’ipotesi che l’importo dell’indennità ordinaria cui l’interes-

sato avrebbe avuto diritto sia superiore a quello del trattamento speciale, la pro-

cedura automatizzata rilascerà una lettera con la quale, nel comunicare all’in-

teressato l’importo dell’indennità ordinaria cui avrebbe avuto diritto, lo si avvisa

della possibilità di presentare una richiesta di riesame della domanda a seguito

della quale verrà liquidata al medesimo la differenza tra tale importo e quello del

trattamento speciale erogatogli.”

I soci delle cooperative agricole

L’Inps ha precisato, con messaggio n. 21.339 del 1998 che i soci lavoratori di

cooperative agricole hanno diritto all’ottenimento del sussidio di disoccupa-

zione quando l’attività lavorativa che ne giustifica la qualifica di socio venga a

cessare. Bisogna quindi che i presidenti delle cooperative cui appartengono i

lavoratori che richiedono il trattamento di disoccupazione, rilascino una di-

chiarazione dalla quale risulti che i medesimi lavoratori, pur conservando la

qualità di socio, non hanno effettuato presso la stessa cooperativa altra attività

oltre a quella per la quale essi risultano iscritti negli elenchi nominativi, a

causa della mancanza di lavoro.

28

3.6 Uno schema di sintesi

La fig. 1 sintetizza quanto siamo venuti evidenziando a proposito dell’articola-

zione, indubbiamente molto specifica, degli ammortizzatori sociali in agricoltura.

4. CONSISTENZA E DINAMICA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI

Il settore agricolo italiano prevalentemente caratterizzato da aziende di piccole

dimensioni orientate verso produzioni di qualità, piuttosto che di quantità.

Il mercato del lavoro agricolo è contraddistinto da una forte componente di la-

voro indipendente, data dalla prevalenza della manodopera familiare e delle

piccole aziende a conduzione diretta.

Per quanto riguarda il lavoro dipendente, caratteristica marcata è la fram-

mentarietà dei rapporti di lavoro, dovuta alle caratteristiche peculiari del set-

tore. L’occupazione dipendente, infatti, ha un andamento fortemente legato

alla stagionalità della produzione agricola.

SETTORE AGRICOLO (AMMORTZZATORI SOCIALI)

TRATTAMENTO SPECIALE

PER L’AGRICOLTURA

CASSA INTEGRAZIONE

GUADAGNI AGRICOLA

INDENNITA’ DI

DISOCCUPAZIONE AGRICOLA

ORDINARIA requisiti: almeno 102

gg. lav. nel biennio prec.

trattamento: 30% retrib. 180 gg durata

REQUISITI RIDOTTI

requisiti: almeno 78

gg. lav. trattamento: 30% retrib. gg. effettivi

lavorati (max 180)

requisiti: almeno 151

gg. lav. trattamento: 66% retrib. 90 gg. durata

requisiti: almeno 101

gg. lav. trattamento: 40% retrib. 90 gg. durata

requisiti: almeno 181

gg. lav. trattamento: 80% retrib. 90 gg. durata

lavoratori a tempo indeterminato e

determinato

esclusivamente lavoratori a tempo

determinato

lavoratori a tempo indeterminato

29

L’occupazione indipendente, meno legata alla stagionalità, negli anni ha subito

un calo continuo dovuto principalmente al mancato ricambio generazionale.

Elemento distintivo del settore agricolo è anche la presenza di una forte compo-

nente di lavoro irregolare. Il tasso di irregolarità risulta elevato e coinvolge oltre

il 30% delle unità di lavoro del settore complessivamente stimate (Campanelli,

Aresti, 2003). Un tasso così alto può essere spiegato dalle caratteristiche specifi-

che del settore agricolo (tra l’altro vi è un forte ricorso alla manodopera extra-

comunitaria, spesso senza permesso di soggiorno) e dalla presenza di normative

per il sussidio alla disoccupazione che possono incentivare il lavoro sommerso.

La dinamica dell’evoluzione del settore, in questi ultimi anni, è stata contrad-

distinta comunque da un progressivo calo occupazionale. In Italia il peso

dell’agricoltura, in termini di Pil, è passato dal 25% del 1951 al 3,5% del 2003:

questa flessione ha ridotto gli addetti dal 45% del 1951 all’8% del 2003.

Sebbene il settore evidenzi al suo interno interessanti dinamiche evolutive di

segno positivo, non appare nel suo insieme in grado di far fronte a fatti contin-

genti negativi. Nel 2004 si è notata una modesta ripresa del settore. I lavora-

tori agricoli sono infatti aumentati in Italia di 42.000 unità, con un incremento

di 27.000 lavoratori dipendenti e 15.000 lavoratori autonomi.

Secondo la Coldiretti (2004), “la crescita occupazionale che si è verificata è il ri-

sultato dell’impegno del sistema delle imprese che opera in agricoltura nel conti-

nuare il percorso di trasparenza dei rapporti di lavoro intrapreso negli ultimi

anni. Ma è anche la dimostrazione della necessità di valorizzare le risorse locali

che possono garantire uno sviluppo sostenibile in varie aree del Paese (…).”

Per il Veneto, con il 5° Censimento dell’agricoltura effettuato dall’Istat il 22 otto-

bre 2000, sono state rilevate 191.085 aziende agricole, con una riduzione ri-

spetto al censimento del 1990 del 15%. Nel Veneto, coerentemente al resto

dell’Italia, le aziende agricole sono di piccole dimensioni e la loro diffusione sul

territorio è molto disomogenea e solo in parte correlata alla superficie territoriale

dei comuni e all’area effettivamente disponibile per lo svolgimento di attività

agricole. Il quadro della forza lavoro impiegata appare caratterizzato da una lar-

ghissima prevalenza della manodopera familiare: solo l’1,5% delle aziende ri-

corre all’impiego di manodopera extrafamiliare assunta con contratti a termine.

30

Tab. 1 - Erogazione trattamenti di disoccupazione agricoli

v.a. %

2001Belluno 313.280 13.671 582.025 908.976 4,50%Padova 411.240 24.227 2.018.108 2.453.575 12,20%Rovigo 1.112.233 81.721 4.195.958 5.389.911 26,80%Treviso 495.680 36.018 1.056.717 1.588.416 7,90%- Venezia 126.589 5.443 525.639 657.671 3,3%- San Donà 160.024 10.215 296.369 466.608 2,3%Tot. Venezia 286.613 15.658 822.009 1.124.280 5,6%Verona 2.251.475 211.501 4.585.995 7.048.972 35,1%Vicenza 392.491 21.847 1.150.997 1.565.334 7,8%VENETO 5.263.012 404.642 14.411.809 20.079.464 100,0%

2002Belluno 364.480 30.578 506.495 901.553 4,80%Padova 541.347 24.112 1.734.324 2.299.783 12,30%Rovigo 867.926 119.118 3.770.903 4.757.947 25,40%Treviso 580.279 30.682 986.604 1.597.565 8,50%- Venezia 128.735 10.902 392.140 531.777 2,8%- San Donà 157.830 5.426 301.492 464.748 2,5%Tot. Venezia 286.565 16.328 693.632 996.525 5,3%Verona 1.809.831 154.559 4.832.308 6.796.697 36,3%Vicenza 500.918 13.323 860.552 1.374.794 7,3%VENETO 4.951.347 388.700 13.384.817 18.724.863 100,0%

2003Belluno 370.981 11.060 564.310 946.350 5,30%Padova 535.889 27.949 1.570.105 2.133.943 11,80%Rovigo 782.170 74.559 3.627.602 4.484.331 24,90%Treviso 592.415 45.943 1.011.064 1.649.422 9,20%- Venezia 133.875 9.592 430.799 574.266 3,2%- San Donà 178.009 13.663 221.752 413.424 2,3%Tot. Venezia 311.884 23.255 652.551 987.690 5,5%Verona 2.052.023 98.155 4.241.232 6.391.410 35,5%Vicenza 520.497 27.217 876.874 1.424.588 7,9%VENETO 5.165.859 308.137 12.543.738 18.017.733 100,0%

Var. % 2003/2001Belluno 18,40% -19,10% -3,00% 4,10%Padova 30,30% 15,40% -22,20% -13,00%Rovigo -29,70% -8,80% -13,50% -16,80%Treviso 19,50% 27,60% -4,30% 3,80%- Venezia 5,8% 76,2% -18,0% -12,7%- San Donà 11,2% 33,8% -25,2% -11,4%Tot. Venezia 8,8% 48,5% -20,6% -12,1%Verona -8,9% -53,6% -7,5% -9,3%Vicenza 32,6% 24,6% -23,8% -9,0%VENETO -1,8% -23,8% -13,0% -10,3%

Fonte: ns. elab. su dati Inps

Tipologie di disoccupazione agricolaDisoccupazione

ordinariaDisoccupazione a

requisiti ridottiTrattamento

specialeTotale

Per quanto concerne il titolo di utilizzazione prevalgono, in linea di massima,

la proprietà e il contoterzismo passivo, cioè il lavoro con i mezzi forniti da terzi,

mentre la comproprietà riguarda solo una piccola parte dei mezzi.

31

L’agricoltura si configura come un settore che fa un ricorso intensivo al siste-

ma del sostegno al reddito. Secondo il Governo italiano, Presidenza del Consi-

glio dei Ministri (2004), “il sostegno pubblico complessivo all’agricoltura è di as-

soluto rilievo ed ammonta a circa 18 miliardi di euro, pari al 58,8% del valore

aggiunto del settore. Tale sostegno è costituito per il 65,1% da trasferimenti di-

retti e per la restante parte (34,9%) da agevolazioni fiscali, contributive e tariffa-

rie. (…) Tra le agevolazioni pesano, soprattutto, quelle previdenziali e contribu-

tive (16,1%) e quelle sui carburanti (8,7%)”.

In questo contesto la spesa per l’indennità di disoccupazione agricola è co-

munque scesa nel 2003 dell’11,2% rispetto al 2001 e del 24,9% rispetto al

2000. La riduzione si deve soprattutto, secondo il Ministero del lavoro e delle

politiche sociali (2003), “alle somme convenzionalmente attribuite alle contribu-

zioni figurative”.

Analizzando i dati di fonte Inps si constata che anche per il Veneto, tra il 2001 e

il 2003, vi è stata una riduzione del costo degli ammortizzatori sociali utilizzati a

favore del settore agricolo (tab. 1, graf. 1): da 20.079.464 euro a 18.017.733

euro del 2003 (-10,3%).

Graf. 1 - Erogazione degli ammortizzatori agricoli. Distinzione per province, anno 2003

0

2.000

4.000

6.000

8.000

10.000

12.000

14.000

16.000

2001 2002 2003

anni

mig

liaia

di e

uro

DS

DS RR

TR SP

Fonte: ns. elab. su dati Inps

32

Graf. 2 - Erogazione ammortizzatori agricoli in Veneto

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

3.000

3.500

4.000

4.500

Belluno Padova Rovigo Treviso Venezia San Donà Verona Vicenza

Province

Erog

azio

ne (

mig

liai

a di

eur

o)

DS

DS RR

TR SP

Fonte: ns. elab. su dati Inps

Diverse sono le interpretazioni di questo trend di contrazione della spesa per

prestazioni sociali.

Secondo un esperto di parte sindacale il fenomeno va ricondotto a “meno

addetti, oppure meno giornate lavorative, il che significa più lavoro nero.”

Secondo un esperto di parte datoriale “la riduzione tra il 2001 e il 2002 è

collegata ad una fase in cui il settore ha ridotto il numero di addetti; poi questa

fase si è bloccata e nel 2003 vi è stata una certa stabilizzazione, soprattutto in

province come Treviso e Verona, che sono quelle più specializzate e dove c’è

un’agricoltura più vivace e più diversificata. Dove domina un’agricoltura più

tradizionale, il lavoratore dipendente che va in pensione difficilmente viene rim-

piazzato da un altro lavoratore a tempo indeterminato: viene piuttosto sostituito

da un lavoratore che svolge 51 giornate di lavoro mentre tanti lavori vengono af-

fidati a ditte esterne. Tutto ciò significa meno lavoro dipendente ma più lavora-

tori autonomi che non sono necessariamente lavoratori agricoli, perché possono

essere anche artigiani, lavoratori che con i propri macchinari svolgono il lavoro in

aziende agricole.”

33

Per un altro esperto di parte sindacale “sono aumentate le quote di lavoratori

con permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Essi entrano in Italia, lavorano

uno o due mesi, poi se ne vanno e non hanno diritto alla disoccupazione. Per

quanto riguarda Verona, dove è concentrata l’industria del dolciario da ricor-

renza (panettoni, colombe …), è stato registrato un aumento del numero dei lavo-

ratori ma un accorciamento della campagna, perché il mercato è sempre più

schizofrenico e le aziende non vogliono sorprese, per cui stipulano contratti corti

e poi vedono se rinnovarli o meno; questa è la medesima dinamica che si os-

serva anche nel settore agricolo”.

Andando ad analizzare, a livello provinciale, il diverso impatto dei vari ammor-

tizzatori si notano le seguenti caratterizzazioni:

a. le province con una spesa maggiore per ammortizzatori sociali destinati a

lavoratori agricoli sono Verona e Rovigo, vale a dire le province in cui

l’agricoltura è più rilevante. L’erogazione di ammortizzatori sociali a Ve-

rona corrisponde, infatti, nel 2003, al 35,5% (circa 6.400.000 euro) del

totale regionale; a Rovigo essa è pari al 24,9% (circa 4.500.000 euro).

Belluno è la provincia con la minor spesa: 5,2% del totale regionale. Ve-

nezia (comprensiva sia della sede di San Donà che di quella di Venezia) è

destinataria anch’essa di un’erogazione abbastanza contenuta, pari al

5,5% (circa 1 ml. di euro) del totale regionale;

b. tra le diverse tipologie di integrazione del reddito in tutte le province pre-

vale il ricorso al trattamento speciale agricolo, vale a dire l’ammortizzato-

re cui si può accedere avendo lavorato a tempo determinato almeno 101

giornate. La prevalenza di tale ammortizzatore risulta generalizzata sia

nei vari anni che nei vari territori;

c. tra le tre tipologie di ammortizzatori, quella che nel periodo 2001–2003

subisce il calo maggiore è la disoccupazione a requisiti ridotti, per effetto

soprattutto della contrazione a Verona, mentre a Venezia, Treviso e Vi-

cenza si nota una crescita. Per la disoccupazione ordinaria, che a livello

regionale subisce un calo dell’1,8%, si verificano incrementi a Vicenza

(33%) e Padova (30%). Per quanto riguarda il trattamento speciale agrico-

lo il calo è diffuso in tutte le province.

34

Tab. 2 – Domande di disoccupazione Inps: pervenute, accolte e giacenze

VENETO 2001

MESEgiacenze

inizialiperven. accolte

giacenzafinale

resp./trasf.

giacenzeiniziali

perven. accoltegiacenza

finaleresp./trasf.

giacenzeiniziali

perven. accoltegiacenza

finaleresp./trasf.

gennaio 883 190 141 631 301 0 4 4 0 0 0 23 23 0 0

febbraio 631 373 419 441 144 0 137 2 134 1 0 47 22 25 0

marzo 441 6.895 124 7.166 46 134 320 1 453 0 25 315 8 322 10

aprile 7.166 1.119 20 8.056 209 453 221 1 601 72 322 665 2 985 0

maggio 8.056 289 3.063 3.966 1.316 601 71 53 278 341 985 875 1.618 234 8

giugno 3.966 161 2.388 552 1.187 278 77 24 44 287 234 807 945 84 12

luglio 552 252 405 249 150 44 9 14 0 39 84 57 115 2 24

agosto 249 122 144 173 54 0 4 4 0 0 2 58 58 2 0

settembre 173 411 259 54 271 0 9 9 0 0 2 45 44 2 1

ottobre 54 104 132 16 10 0 20 17 0 3 2 46 46 2 0

novembre 16 250 235 10 21 0 20 19 0 1 2 180 171 2 9

dicembre 10 15 12 10 3 0 3 3 0 0 2 7 7 2 0

Totale 22.197 10.181 7.342 21.324 3.712 1.510 895 151 1.510 744 1.660 3.125 3.059 1.662 64

VENETO 2002

MESEgiacenze

inizialiperven. accolte

giacenzafinale

resp./trasf.

giacenzeiniziali

perven. accoltegiacenza

finaleresp./trasf.

giacenzeiniziali

perven. accoltegiacenza

finaleresp./trasf.

gennaio 10 76 11 72 3 0 8 0 8 0 2 2 2 0 2

febbraio 72 705 584 60 133 8 81 29 56 4 0 125 125 0 0

marzo 60 3.904 31 3.857 76 56 21 29 20 28 0 411 7 399 5

aprile 3.857 1.559 7 5.371 38 20 0 0 20 0 399 25 2 422 0

maggio 5.371 494 530 5.159 176 20 0 0 20 0 422 32 73 379 2

giugno 5.159 1.580 3.705 1.535 1.499 20 90 108 1 1 379 2.515 2.789 37 68

luglio 1.535 164 834 29 836 1 33 34 0 0 37 484 497 0 24

agosto 29 216 193 8 44 0 40 40 0 0 0 140 140 0 0

settembre 8 221 168 21 40 0 1 1 0 0 0 23 23 0 0

ottobre 21 70 48 16 27 0 12 12 0 0 0 36 36 0 0

novembre 16 84 77 9 14 0 4 4 0 0 0 22 22 0 0

dicembre 9 5 4 10 0 0 1 0 0 1 0 2 2 0 0

Totale 16.147 9.078 6.192 16.147 2.886 125 291 257 125 34 1.239 3.817 3.718 1.237 101

VENETO 2003

MESEgiacenze

inizialiperven. accolte

giacenzafinale

resp./trasf.

giacenzeiniziali

perven. accoltegiacenza

finaleresp./trasf.

giacenzeiniziali

perven. accoltegiacenza

finaleresp./trasf.

gennaio 10 45 38 11 6 0 51 5 46 0 0 7 7 0 0

febbraio 11 69 5 74 1 46 0 0 0 46 0 1 0 0 1

marzo 74 6.273 7 6.234 106 0 15 0 15 0 0 416 2 407 7

aprile 6.234 703 7 6.897 33 15 14 14 15 0 407 21 21 407 0

maggio 6.897 335 7 7.224 1 15 0 0 15 0 407 4 4 407 0

giugno 7.224 328 2.981 3.125 1.446 15 52 57 9 1 407 1.986 2.155 208 30

luglio 3.125 236 1.360 1.168 833 9 52 48 6 7 208 598 756 17 33

agosto 1.168 121 267 800 222 6 17 16 6 1 17 176 176 12 5

settembre 800 104 419 59 426 6 23 28 0 1 12 312 316 3 5

ottobre 59 165 160 23 41 0 13 9 2 2 3 149 66 86 0

novembre 23 137 116 13 31 2 12 12 2 0 86 24 106 3 1

dicembre 13 12 15 2 8 2 2 2 2 0 3 2 2 3 0

Totale 25.638 8.528 5.382 25.630 3.154 116 251 191 118 58 1.550 3.696 3.611 1.553 82Fonte: ns. elab. su dati Inps

D. S. AGRICOLA D. S. REQUISITI RIDOTTI TRATTAMENTO SPECIALE AGRICOLO

D. S. AGRICOLA D. S. REQUISITI RIDOTTI TRATTAMENTO SPECIALE AGRICOLO

D. S. AGRICOLA D. S. REQUISITI RIDOTTI TRATTAMENTO SPECIALE AGRICOLO

Esaminando le domande presentate all’Inps (tab. 2) si riscontra, coerente-

mente con il decremento già osservato delle erogazioni, un calo del totale delle

domande pervenute: da 14.201 domande presentate nel 2001 a 12.475 del

2003 (-12%). La distribuzione per tipologia di ammortizzatore permette di os-

servare che:

35

a. per la disoccupazione ordinaria agricola vi è un calo da 10.181 domande

pervenute nel 2001 a 8.528 nel 2003.

b. per la disoccupazione a requisiti ridotti agricola, che sul complesso delle

domande pervenute ha una rilevanza modesta, si passa da 895 domande

nel 2001 a 251 nel 2003, con un calo del 72%;

c. per il trattamento speciale agricolo si constata un leggero incremento (la

quasi totalità di queste domande viene accolta).

Occorre osservare che, nonostante il trattamento speciale sia l’ammortizzatore

che comporta l’erogazione di spesa maggiore all’interno della regione, esso è

caratterizzato da un numero meno elevato di domande rispetto alla disoccupa-

zione ordinaria. La differenza dipende dal diverso importo del trattamento cui

danno diritto questi due ammortizzatori: mentre per la disoccupazione ordina-

ria il lavoratore ottiene un’indennità pari al 30% del salario medio, per il trat-

tamento speciale si innalza al 40% del salario se il lavoratore ha prestato un

numero di giornate comprese tra 101 e 150 e sale al 66% se il numero di

giorni lavorati in agricoltura è almeno di 151.

5. CRONOLOGIA DI UN PERCORSO. UNA RIFORMA SEMPRE RINVIATA

Di riforma organica della normativa relativa agli ammortizzatori sociali si parla

almeno dalla seconda metà degli anni novanta: da tutti è riconosciuto che il

sistema vigente è inadeguato soprattutto a fronte del venire meno della sicu-

rezza del posto di lavoro e conseguentemente della continuità del reddito per-

cepito. Ci sono stati molti interventi di ritocco, ma non si è mai arrivati a rea-

lizzare una vera e propria riforma. Rimangono documenti di proposta, decreti

di modifica della normativa e accordi/intese tra governo e parti sociali su li-

mitate questioni. Alla cronistoria di un lungo percorso fatto di tentativi, e di

scarsi risultati, è dedicato questo paragrafo.

Il punto da cui partire è la legge 223/91 (“Norme in materia di cassa integra-

zione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della

Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di

mercato del lavoro”) che contiene norme relative alla gestione delle situazioni

di eccedenza di personale. La legge definisce le tipologie e le procedure da se-

36

guire per l’applicazione dei contenuti normati, con riguardo alla cassa integra-

zione, alle liste di mobilità e ai trattamenti di disoccupazione per i lavoratori

del settore dell’edilizia. Si tratta di un dispositivo importante ma ancora in-

completo, non universale.

Degli anni successivi vanno ricordati, prima dell’istituzione della Commissione

Onofri, due documenti che contengono proposte in materia di ammortizzatori

sociali. Entrambi sono accordi tra governo e parti sociali: si tratta del Proto-

collo del 22 luglio del 1993 e del Patto per il lavoro del 24 settembre 1996.

Nel primo (“Schema di protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, su-

gli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produt-

tivo”) si richiama l’intenzione di definire programmi predisposti dallo Stato con

le Regioni che interessino i giovani disoccupati di lunga durata e i lavoratori in

cassa integrazione ordinaria o in mobilità. Inoltre il medesimo protocollo con-

tiene un paragrafo dedicato alla gestione delle crisi occupazionali. In partico-

lare si ravvisa la necessità di procedere:

− alla revisione della normativa sulla cassa integrazione per renderla più fun-

zionale al governo delle eccedenze del personale;

− all’innalzamento del trattamento ordinario di disoccupazione sino al 40%

“[…] per soddisfare in maniera adeguata le esigenze di protezione del red-

dito e le esigenze di razionale governo del mercato del lavoro, sia, in parti-

colare, con riferimento ai settori che non ricadono nel campo di applica-

zione della Cigs nonché nelle forme di lavoro discontinuo e stagionale”;

− all’inclusione nel sistema degli ammortizzatori sociali del settore dei servizi

tenendo conto delle peculiarità del settore.

Nel Patto (definito anche Accordo) del 1996 si trovano (ancora) i propositi per

una revisione del “sistema degli incentivi all’occupazione in modo da massi-

mizzare il rendimento in relazione agli obiettivi specifici che si intendono rag-

giungere [….]”. Il riordino degli incentivi, in base all’Accordo, avrebbe dovuto

essere orientato ad allargare la base occupazionale, obiettivo più facilmente

realizzabile nei settori nuovi con prospettive occupazionali e nelle piccole e

medie imprese.

A fronte dei propositi espressi nei due documenti, ci furono “interventi minori

effettuati nel frattempo su alcune modalità di funzionamento degli ammortiz-

zatori sociali (Cigo, Cigs, contratti di solidarietà, Lsu, decreti di prepensiona-

37

mento)” che seguirono “un percorso frammentato e assai poco coerente, dettato

perlopiù dalle emergenze occupazionali e dalle difficoltà di trovare un nuovo

impiego per le persone beneficiarie dei sostegni. […] La difficile situazione

occupazionale che ha segnato un punto particolarmente critico nel 1993, ha

rappresentato, quindi, la causa principale del ripiegamento della legislazione

che, da un indirizzo programmatico, orientato a una gestione più efficiente ed

attiva dei flussi di mobilità, si è invece concentrata nel corso degli anni novanta

su misure passive e frammentarie di proroga delle tutele per i disoccupati e per i

lavoratori delle aziende con eccedenze di manodopera.” (Geroldi, 2003).

In questo contesto, un fatto importante è rappresentato dai lavori prodotti,

all’inizio del 1997, dalla Commissione Onofri. In essi si prevedeva una

ristrutturazione dell’intero sistema delle misure volte a far fronte alle

situazioni di eccedenza di personale e, più in generale, alle condizioni di

precarietà e discontinuità lavorativa. Un’efficace sintesi delle conclusioni

propositive elaborate dalla Commissione è riportata nel riquadro tratto da uno

scritto di uno dei membri della Commissione (Geroldi, 2003b).

Sintesi del documento della Commissione Onofri

a) Integrazione temporanea al reddito Questo «primo livello» di protezione era pensato per dare maggiore stabilità ai rapporti contrat-tuali, in presenza di una normale variabilità del quadro economico dovuta a problemi di mercato o a riorganizzazioni aziendali. Lo schema proposto era di tipo assicurativo, simile alla Cig ordi-naria, con finanziamento contributivo proporzionale al salario. Le prestazioni previste avrebbero dovuto essere correlate ai contributi versati, salvo una quota di solidarietà ottenuta con l’applicazione di tetti massimi alle prestazioni. La durata del sostegno era prevista per periodi brevi, con un limite all’utilizzo in un dato arco temporale e con un tasso di copertura iniziale simile all’attuale e decrescente nel tempo. In base all’art. 2, comma 28, della Finanziaria 1997 si prevedeva l’istituzione di forme autonome complementari di integrazione del reddito, per esten-dere la copertura a nuove figure del mondo del lavoro, dipendenti e autonomi, e per consentire aumenti di protezione a categorie più soggette ad interruzioni del reddito.

b) Trattamento ordinario di disoccupazione Il «secondo livello» avrebbe dovuto inglobare le attuali diverse indennità (indennità ordinaria e speciale di disoccupazione, cassa integrazione speciale, indennità di mobilità). Il nuovo sistema comportava una gestione attiva dei disoccupati per aumentare le possibilità di reimpiego in tempi brevi. Il finanziamento del nuovo istituto avrebbe dovuto essere per la maggior parte di tipo assicurativo, con parziale integrazione fiscale e con versamenti da parte delle aziende che dimettono dipendenti. La misura dell’indennità era posta in linea con i livelli medi europei, cioè intorno al 50-60% della retribuzione di riferimento, per permettere ai beneficiari di dedicare il tempo necessario alla ricerca di nuova occupazione. La durata era prevista in almeno un anno e regolata in base all’introduzione di un’ulteriore forma di sostegno generalizzato di tipo solidari-stico per i lavoratori più svantaggiati, da attivare dopo un periodo di ricerca senza successo del posto di lavoro. L’accesso al trattamento prevedeva forme di selettività ottenibili, oltre che con misure di tipo amministrativo (durata massima, profilo temporale della copertura, ecc.), anche assoggettando obbligatoriamente i beneficiari alle procedure previste dai servizi per l’impiego e chiedendo la disponibilità, pena decadimento del beneficio, ad accettare forme di impiego anche

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a termine, compatibili con la difesa della professionalità dei soggetti assistiti. I servizi per l’im-piego avrebbero svolto un ruolo chiave, non solo per selezionare i beneficiari, ma anche per applicare tutti i supporti tesi a migliorare le caratteristiche di impiegabilità dei soggetti interes-sati. Il potenziamento della rete dei servizi a livello decentrato avrebbe dovuto far leva su pro-getti locali, con la partecipazione diretta delle imprese nei processi di riallocazione delle ecce-denze di manodopera. Con accordi sindacali a livello aziendale e con l’intervento delle istituzioni locali nella valutazione dei programmi occupazionali e produttivi delle aziende, si dovevano pre-vedere misure di riduzione d’orario per facilitare i processi di riorganizzazione gestiti con la par-tecipazione delle imprese. I programmi di gestione delle eccedenze di manodopera dovevano co-munque avere una più rapida definizione rispetto al passato, in modo che l’erogazione dei servizi e degli incentivi fosse funzionale alle effettive prospettive di reimpiego.

c) Interventi di tipo assistenziale La definizione di un «terzo livello» di intervento per il sistema degli ammortizzatori rinviava ad aspetti più vicini ai compiti dell’assistenza sociale, anche se la presenza di un livello di prote-zione non direttamente collegato all’occupazione era vista come un punto rilevante per la ge-stione delle politiche del lavoro. Infatti, considerando che le probabilità di riassunzione per le persone in mobilità si riducono nel giro di pochi mesi dal momento della disoccupazione, la connessione tra periodo di ricerca attiva, in cui vigeva il trattamento ordinario di disoccupa-zione, e forme successive di sostegno assistenziale era ritenuta indispensabile. L’interruzione del trattamento ordinario non avrebbe dovuto rappresentare un drastico ridimensionamento delle condizioni di vita, né tantomeno una definitiva perdita delle prospettive di reimpiego. Le possibi-lità di ottenere forme parziali di integrazione abbinabili a regimi ad orario ridotto, impieghi in settori no-profit e in lavori di utilità pubblica, dovevano essere sviluppate sia per ragioni di so-stenibilità degli oneri di finanziamento sia per evitare il «circuito vizioso della dipendenza» da parte degli assistiti. Tali iniziative avrebbero potuto far leva anche su forme di pensionamento graduale, per consentire ai lavoratori maturi a rischio di disoccupazione di combinare quote di pensione con forme di lavoro part-time.

d) Incentivi all’occupazione Il nuovo sistema avrebbe dovuto far leva su un ammontare di risorse tale da compensare la pro-gressiva eliminazione degli sgravi contributivi destinati al Mezzogiorno. Il precedente sistema ri-chiedeva però sostanziali modifiche per avere un indirizzo più in linea con il resto dell’Europa. Gli incentivi avrebbero perciò dovuto essere gradualmente reindirizzati verso specifiche categorie dell’offerta di lavoro, a livello di bacini territoriali delimitati, dando priorità alla promozione dei giovani in cerca di primo impiego e all’assorbimento di particolari fasce deboli della manodo-pera. Inoltre doveva essere rinforzato il collegamento tra regimi d’incentivazione e quadro comu-nitario di sostegno, in modo da considerare esplicitamente le forme di intervento in ambiti lo-calmente delimitati, come i patti territoriali e i contratti d’area. Tenuto conto del decentramento di competenze territoriali, si sarebbe dovuto prevedere che una quota di risorse fosse ripartita in modo perequato tra le Regioni, per sostenere la creazione di nuova occupazione, assegnando un peso particolare agli obiettivi di riequilibrio territoriale e all’incentivazione di nuove attività nelle zone più svantaggiate del paese.

Fonte: Geroldi (2003b)

I propositi rimasero sulla carta. Ci fu un confronto con le parti sociali, che

portò alla stesura di un documento in cui ci si limitava alla formulazione di

ipotesi di aggiornamento della legge 223/91. La spiegazione dell’arresto di un

progetto di riforma importante come quello elaborato è da cercarsi nella cata-

lizzazione dell’attenzione politica sulle importanti modifiche previste nella fi-

nanziaria 1998 che ha “spinto le parti sociali a un atteggiamento molto pru-

dente che di fatto ha congelato la situazione” (Geroldi, 2003b).

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Continuando la ricostruzione del percorso per la revisione/riforma delle mi-

sure relative agli ammortizzatori sociali, si deve citare l’art. 45 della legge

144/99 (“Misure in materia di investimenti. Delega al Governo per il riordino

degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’Inail, nonché

disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”). L’art. 45 (Riforma degli in-

centivi all’occupazione e degli ammortizzatori sociali nonché norme in materia di

lavori socialmente utili) delega al governo l’emanazione di decreti legislativi ri-

guardanti gli ammortizzatori sociali, gli incentivi all’occupazione e gli stru-

menti per l’inserimento lavorativo.30 La delega contenuta nell’art. 45 mette in

evidenza “come le flessibilità contrattuali introdotte dalla legge Treu (l.

144/71998) e il decentramento territoriale delle competenze in materia di ser-

vizi per l’impiego” abbiano prodotto la convinzione che “la revisione degli stru-

menti monetari di sostegno al reddito passivo del reddito da lavoro debba ba-

sarsi su un approccio articolato, in cui siano considerati congiuntamente e in

modo organico i collegamenti tra tutti gli strumenti del sistema delle politiche

per il lavoro” (Geroldi, 2003a). Ma nonostante i buoni principi e la delega rice-

vuta, il governo non riuscì ad intervenire e la delega, per quanto attiene la ri-

forma degli ammortizzatori sociali, non si concretizzò in alcun atto normativo

del governo.

Sul tema ritorna successivamente, dopo l’elaborazione condotta dal nuovo go-

verno con il Libro bianco (2001)31, il Patto per l’Italia firmato tra governo e parti

sociali (con esclusione della Cgil) nel luglio 2002. Nel Patto si trovano tre para-

grafi che contengono proposte per una razionalizzazione e un riordino degli

strumenti per il sostegno al reinserimento lavorativo. L’obiettivo delle riforme è

“[…] realizzare un circolo virtuoso tra sostegno al reddito, orientamento e for-

mazione professionale, impiego e autoimpiego che rafforzi così la tutela del la-

voratore in situazioni di disoccupazione involontaria, ne riduca il periodo di

disoccupazione, ne incentivi un atteggiamento responsabile ed attivo verso il

lavoro”. Le principali proposte riguardano:

30 Si ricorda che in attuazione della delega sono stati emanati decreti legislativi che hanno avuto un’importanza notevole per la riforma delle disposizioni di funzionamento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro (D.Lgs. 181/2000 e D.Lgs. 297/2002). 31 Ministero del lavoro e delle politiche sociali (2001).

40

− una maggiore equità, attraverso una migliore corrispondenza tra contribu-

zioni e prestazioni;

− un miglioramento complessivo del grado di tutela economica garantita al

lavoratore disoccupato involontario, sia sotto il profilo della misura

dell’indennità sia della durata della corresponsione;

− una stretta correlazione tra erogazione dei sussidi e diritti-doveri del

disoccupato, attraverso verifiche periodiche circa l’effettivo stato di disoc-

cupazione involontaria, l’immediata disponibilità e adesione ad attività di

formazione, ad altra misura o occasione di lavoro secondo modalità defi-

nite, prevedendo la perdita di benefici in carenza di queste condizioni;

− una tutela di ultima istanza legata a particolari condizioni di disagio.

Tra le misure considerate di prima attuazione menzionate nel Patto si prevede

per quanto riguarda l’indennità di disoccupazione:

− un’indennità di base che garantisca un sostegno al reddito complessivo per

un periodo continuativo massimo di dodici mesi, con un meccanismo a

scalare che assicuri al lavoratore il 60% dell'ultima retribuzione nei primi

sei mesi, per poi scendere gradualmente al 40% e al 30% nei due successivi

trimestri;

− una durata massima complessiva dei trattamenti di disoccupazione non

superiore ai 24 mesi (30 mesi nel Mezzogiorno) nel quinquennio;

− un controllo periodico sulla permanenza nello stato di disoccupazione invo-

lontaria dei soggetti che percepiscono l'indennità;

− programmi formativi a frequenza obbligatoria per i soggetti che percepi-

scono l’indennità, con la certificazione finale del risultato ottenuto;

− un tavolo negoziale tra Governo, Regioni, Province e parti sociali per

concertare i modi con cui collegare efficacemente il sostegno al reddito dei

disoccupati con le attività di formazione e, più in generale, i servizi per

l’impiego con i programmi della formazione in alternanza e continua;

− la perdita del diritto al sussidio nel caso di rifiuto della formazione, di altra

misura o occasione di lavoro, secondo modalità definite, o di prestazione di

lavoro irregolare.

Viene precisato, inoltre, che “per quanto concerne i benefici concessi sulla

base di ‘requisiti ridotti’ appare opportuno un rafforzamento del principio di

proporzionalità tra trattamenti e periodo di contribuzione connesso ad effettiva

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prestazione d’opera che adegui tale istituto alle regole sulla durata massima

dei trattamenti sopra definita, anche allo scopo di promuovere l’emersione di

lavoro irregolare e di evitare abusi e distorsioni che spesso disincentivano il ri-

corso a rapporti di lavoro a tempo indeterminato.”

Si evidenzia un principio importante: “nell’ambito del processo di riforma sa-

ranno realizzate forme di contabilità separata per settore produttivo allo scopo

di stimolare la responsabilità degli attori sociali e l’equilibrio tra contribuzioni

obbligatorie e prestazioni in ciascun settore attraverso la trasparenza conta-

bile. […] La riforma ha, infatti, lo scopo di produrre attraverso una gestione

più responsabile dei sussidi alla disoccupazione nell’ambito di ciascun settore

la progressiva riduzione tanto dell’aliquota di equilibrio quanto della contribu-

zione di solidarietà.”

Si prevede che per i settori produttivi che non usufruiscono di ammortizzatori

sociali integrativi o sostitutivi dell’indennità di disoccupazione si promuovano

accordi collettivi mediante anche propri organismi bilaterali di prestazioni in-

tegrative o sostitutive del livello di base.

Per quanto riguarda il sistema di sostegno al reddito, il Patto prevede la predi-

sposizione di strumenti caratterizzati da elementi solidaristici finanziati con la

fiscalità generale. In particolare, si afferma che dopo l’esperienza del reddito

minimo di inserimento sia da preferire un sistema di cofinaziamento (Stato e

Regioni) di programmi regionali (approvati dall’amministrazione centrale) che

stabiliscano i criteri per l’individuazione dei cittadini assistiti.

Il Patto non è comunque servito a dar seguito alla riforma. Il suo seguito,

piuttosto, è da ravvisarsi in due articoli del Disegno di legge delega 848-bis/03

(Cnel, 2004). Tale Disegno di legge (“Delega al governo in materia di incentivi

alla occupazione, di ammortizzatori sociali, di misure sperimentali a sostegno

dell’occupazione regolare delle assunzioni a tempo indeterminato nonché di arbi-

trato nelle controversie individuali di lavoro”) definito anche Disegno di legge di

riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, risulta dallo stralcio di 4 arti-

coli contenuti nell’originale disegno di legge 848 poi divenuto legge 30/03.

All’articolo 2 (“Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali”) al

primo comma si dichiara: “Il Governo è delegato ad emanare, entro un anno

dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi

al fine di realizzare un riordino della disciplina vigente in materia di ammortiz-

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zatori sociali e strumenti di sostegno al reddito a base assicurativa e a totale

carico delle imprese secondo criteri di autogestione e nel rispetto delle compe-

tenze delle Regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro […] senza oneri

aggiuntivi per lo Stato …”. Si precisano poi le linee guida che non si discostano

sostanzialmente da quelle enunciate nel Patto. L’articolo 2 bis stabilisce gli in-

crementi dell’indennità di disoccupazione e anche in questo caso sono ripresi

alcuni dei contenuti previsti nel Patto.

Nella nostra ricostruzione cronologica ci si imbatte, dopo il Ddl 848-bis/03,

non in decreti organicamente attuativi della riforma, ma nei più frequenti de-

creti per tamponare situazioni di emergenza. Si tratta di due decreti, il 328/03

(“Interventi urgenti in materia di ammortizzatori sociali e di formazione profes-

sionale”) del mese di novembre e decaduto nel gennaio 2004, e il decreto

249/04 (“Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali”). Si

tratta, come per altri decreti emanati nel corso degli anni, di interventi legisla-

tivi per concedere proroghe dei trattamenti concessi in materia di ammortiz-

zatori sociali.

Successivamente, tra le disposizioni più recenti, troviamo il Decreto legge

35/2005 (“Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo

economico, sociale e territoriale”) conosciuto anche come Provvedimento sulla

competitività. L’art. 13 è dedicato alle ‘Disposizioni in materia di previdenza

complementare, per il potenziamento degli ammortizzatori sociali e degli in-

centivi al reimpiego nonché conferma dell’indennizzabilità della disoccupazione

nei casi di sospensione dell’attività lavorativa’. In esso si adottano provvedi-

menti (per il 2005 e il 2006) “in attesa della riforma organica degli ammortiz-

zatori sociali e del sistema degli incentivi all'occupazione”. Il decreto prevede,

tra le altre misure, che32:

− per i trattamenti di disoccupazione la durata dell’indennità ordinaria sia

elevata a sette mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a 50 anni e a

dieci mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a 50 anni;

32 Si rinvia al decreto per il dettaglio sulle modifiche introdotte. In questa sede sono stati richiamati solo i principali contenuti relativi all’indennità di disoccupazione.

43

− la percentuale di commisurazione alla retribuzione della predetta indennità

sia elevata al 50% per i primi sei mesi ed è fissata al 40% per i successivi

tre mesi e al 30% per gli ulteriori mesi;

− gli incrementi di misura e di durata non si applichino ai trattamenti di

disoccupazione agricoli, ordinari e speciali, nè all'indennità ordinaria con

requisiti ridotti.

Si prevedono pure misure per agevolare, attraverso l’erogazione di una somma

variabile, i processi di mobilità territoriale finalizzati al reimpiego e al mante-

nimento dell'occupazione dei lavoratori in mobilità o sospesi in cassa integra-

zione guadagni straordinaria.

Questo percorso sintetico attraverso i provvedimenti che (non) hanno riformato

il sistema degli ammortizzatori sociali evidenzia come il continuo rinvio di una

riforma organica è stato accompagnato con interventi di emergenza e limitati.

6. ALTRE PROPOSTE DI RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI

In questo capitolo si passano in rassegna altre proposte di riforma in materia

di ammortizzatori sociali, avanzate da soggetti diversi dal Governo.

La proposta dell’Ulivo

Con il Ddl. 1674 comunicato alla Presidenza del Senato il 2 agosto del 2002,

l’Ulivo ha presentato una propria proposta di riforma degli ammortizzatori so-

ciali, partendo da due presupposti:

a. le misure di sostegno del reddito e dell’occupazione non possono conce-

pirsi solo in funzione di eventi saltuari, ma devono rispondere a bisogni

ricorrenti nella vita di tutti i lavoratori;

b. gli strumenti di sostegno del reddito devono essere integrati con i servizi

all’impiego, con la formazione continua e con le politiche attive di inseri-

mento al lavoro.

La proposta dell’Ulivo si orienta verso un sistema di tipo universalistico, che

risponde alle esigenze del lavoratore sia nel caso di disoccupazione (indennità

di disoccupazione), sia nel caso di sospensione del rapporto di lavoro (tratta-

mento di integrazione salariale). I trattamenti non si differenziano più in base

44

al settore e nemmeno in base al tipo di licenziamento, che può essere singolo o

collettivo. A questa previsione si aggiunge una modificazione rilevante della di-

soccupazione a requisiti ridotti, mediante una uniformazione del trattamento

rispetto a quelli diversificati attualmente esistenti (agricoltura, edilizia) nei di-

versi settori produttivi, subordinandone tuttavia l’erogazione a determinati re-

quisiti: controllo della effettività dello stato di disoccupazione e “test di mezzi”

(per es. il redditometro).

Si propone, in aggiunta, un aumento dell’indennità di disoccupazione portan-

dola al 60%, riconoscendo tale trattamento anche a favore dei lavoratori eco-

nomicamente dipendenti, cioè i collaboratori coordinati continuativi; altresì si

prospetta la generalizzazione del campo di applicazione dei trattamenti di inte-

grazione salariale, incentivando la costituzione di fondi bilaterali e

l’introduzione di un sostegno al reddito di natura solidaristica destinato ad

aiutare le persone in difficoltà, senza costituire disincentivo alla ricerca di la-

voro e al lavoro regolare.

Un’ulteriore estensione riguarda la Cassa integrazione guadagni ordinaria e

straordinaria, prevista per tutti i rapporti di lavoro subordinato alle dipen-

denze di imprese private.

Le proposte dei sindacati

La proposta di legge di riforma degli ammortizzatori sociali della Cgil è stata

presentata e depositata nell’aprile 2003 come Ddl. n. 2208. Le critiche della

Cgil al sistema attuale degli ammortizzatori vertono sul fatto che esso non è

un sistema universale, essendo riservato alle (poche) categorie che vi hanno

accesso; inoltre gli ammortizzatori intervengono con una logica risarcitoria nei

confronti del lavoratore che ha perso il posto di lavoro, non funzionando come

stimolo per la ricerca di una nuova occupazione e nemmeno come strumento

di politica attiva. Punto focale è perciò l’estensione dei diritti di tutela alla

stragrande maggioranza dei lavoratori, senza distinzione di settore di apparte-

nenza o di tipologia contrattuale o di modalità di licenziamento. La riforma

proposta da Cgil prevede un’indennità di disoccupazione meno selettiva e in

linea con gli standard europei, cioè con una durata di 12 mesi e un tasso di

copertura pari al 60% del reddito da lavoro. Per quanto riguarda la cassa inte-

grazione guadagni ordinaria e straordinaria, si prevede l’estensione del sistema

45

a tutti i lavoratori. La proposta Cgil prevede anche l’istituzione di un “sostegno

al reddito insufficiente, per tutte le persone che svolgono prestazioni di lavoro

con diritto a retribuzioni, compensi, emolumenti ovvero indennità sostitutive

dei medesimi.(…) Si porrà, successivamente, l’esigenza di armonizzazione del

nuovo sistema con ‘gestioni speciali’ come agricoltura ed edilizia”.

Nel luglio 2002 Cisl e Uil hanno siglato con il governo l’accordo denominato

“Patto per l’Italia - Contratto per il lavoro. Intesa per la competitività e

l’inclusione sociale”. Parte rilevante di questo accordo si riferisce alla riforma

degli ammortizzatori sociali: in particolare propone un sistema che assicuri

maggiore equità sia nei trattamenti di disoccupazione, sia nella tutela in caso

di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. In particolare si prevede un

sussidio di disoccupazione generalizzato per tutti i lavoratori, per una durata

di 12 mesi con un’erogazione iniziale pari al 60% della retribuzione. Cisl e Uil

propongono anche l’introduzione di requisiti specifici per i rapporti a termine

con un controllo sull’effettivo stato di disoccupazione. Infine, Cisl e Uil ritengo-

no necessaria l’istituzione di un livello assistenziale per coloro che versano in

particolare stato di disagio o in disoccupazione prolungata.

La proposta della Coldiretti

Coldiretti, associazione datoriale del settore agricolo, a partire dalla fine degli

anni ’90 in diverse occasioni ha formulato una propria proposta. L’associazio-

ne datoriale mira a garantire al lavoratore a tempo determinato, vale a dire al

95% dei lavoratori agricoli, un reddito da lavoro.

La proposta prevede tre fasi: l’emersione, la stabilizzazione e lo sviluppo.

Per la fase dell’emersione si propone di attivare strumenti che incentivano

l’emersione favorendo anche la trasparenza del lavoro dei pensionati che ope-

rano in agricoltura, eliminando il divieto di cumulo e garantendo la possibilità

ai lavoratori autonomi di andare in pensione al raggiungimento dei termini

temporali previsti dalle legge. In un documento del 200033 si sottolinea che “la

fase di emersione in ultima ipotesi sarebbe ulteriormente avvantaggiata dalla

previsione di sgravi contributivi per le imprese che aumentano il numero di gior-

33 Coldiretti, Lavoro in agricoltura: le proposte della Coldiretti, mimeo.

46

nate dichiarate nell’anno precedente” e così facendo “potrebbero beneficiare di

sgravi contributivi totali sulle nuove giornate dichiarate per un massimo di 5 anni”.

Per la fase della stabilizzazione Coldiretti propone interventi di snellimento della

burocrazia e in particolare dei tempi di ottenimento delle varie autorizzazioni.

Per la terza fase, infine, si individua come necessario un monitoraggio del co-

sto del lavoro e una revisione della struttura dei contributi agricoli con una

parificazione dell’aliquota del settore agricolo con gli altri settori.

Si chiede poi una formazione mirata per le produzioni tipiche e la multifunzio-

nalità: in sostanza le nuove esigenze del settore devono essere accompagnate

da percorsi formativi che aiutino a crescere la versatilità delle professionalità

dei lavoratori agricoli.

Il documento si conclude indicando una prospettiva di “stabilità occupazio-

nale” per il lavoratore. Si prevede in particolare un’agenzia per lo sviluppo oc-

cupazionale costituita dalle parti sociali, riconosciuta e monitorata dal Mini-

stero del lavoro, la quale dovrebbe saper intrecciare le necessità dell’azienda

con le necessità del lavoratore, unendo domanda e offerta di lavoro. Nei periodi

di diminuzione di attività sono previsti corsi di formazione professionale su si-

curezza e riqualificazione per i lavoratori. Il tutto supportato dalla previsione di

uno sgravio contributivo per le imprese che assumono per più giornate ri-

spetto a quelle dell’anno precedente, misura che ha la finalità di evitare il for-

masi di convenienze a ricorrere al lavoro nero.

Le proposte di Cia, Confagricoltura e Copagri

In occasione della riunione del Tavolo agroalimentare a Palazzo Chigi (2002),

Cia, Confagricoltura e Copagri hanno presentato un documento congiunto che

contiene valutazioni e proposte per quanto riguarda il settore agricolo.

Nel documento presentato le associazioni prendono in considerazione vari

aspetti del mondo agricolo moderno, proponendo soluzioni ai problemi pre-

senti. Esse trattano anche il mercato del lavoro agricolo e gli ammortizzatori

sociali ad esso collegati: “è necessario portare avanti le riforme in materia di la-

voro, al fine di realizzare un mercato del lavoro più flessibile e rispondente alle

esigenze di imprese e lavoratori. Un problema che preoccupa le imprese è rap-

presentato dalla crescente difficoltà di reperire manodopera professionalizzata”,

che le associazioni propongono di risolvere con “un’efficiente riforma del collo-

47

camento (con contestuale unificazione e semplificazione degli adempimenti) che

dia spazio ad una pluralità di soggetti abilitati ad operare in tale delicata fun-

zione. È inoltre necessario riqualificare i lavoratori, utilizzando la formazione

continua e adeguando il sistema scolastico alle nuove esigenze del settore e

della società”.

Per quanto riguarda i lavoratori extracomunitari, il loro ingresso deve essere

commisurato alle “esigenze delle imprese, sia dal punto di vista qualitativo, che

quantitativo, con garanzia di forme adeguate d’accoglienza e di formazione. Non

può essere infine trascurato il fenomeno del lavoro sommerso, che continua a

destare forti preoccupazioni, sia per ragioni economico-sociali, sia per la concor-

renza sleale che essa determina nei confronti delle (tante) imprese regolari.

L’emersione è questione cruciale che va affrontata con decisione e con misure

specifiche per il settore agricolo, calibrate alle differenze territoriali, in modo da

superare le difficoltà applicative. Una volta emerse, però, va assicurata alle im-

prese, la competizione sul mercato, prevedendo interventi anche al termine del

percorso di emersione e considerando l’emerso come ‘nuova occupazione’.

La Confederazione italiana agricoltori già nel 2001 aveva espresso il suo pa-

rere, dichiarando che l’obiettivo della riforme deve essere quello di realizzare

l’equilibrio di tutte le componenti del sistema. “Soltanto con il pieno e convinto

coinvolgimento delle parti interessate sarà possibile realizzare una riforma effi-

cace che tenga conto della delicatezza e della complessità della materia per i

suoi risvolti non solo economici ma anche sociali”. Oltre al riordino delle ali-

quote contributive, secondo la Cia le questioni prioritarie sono la razionalizza-

zione degli ammortizzatori sociali e il conseguente miglioramento delle presta-

zioni a favore di coloro che ne hanno effettivamente diritto, nonché l’amplia-

mento dell’area contributiva.

7. RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI E LOTTA AL SOMMERSO IN

AGRICOLTURA

Il settore agricolo assorbe la maggioranza delle risorse economiche messe a di-

sposizione per l’indennità di disoccupazione. “Ogni anno sono quasi 600.000 i

lavoratori agricoli che beneficiano dell’indennità di disoccupazione agricola. Un

48

numero impressionante sia se paragonato al numero complessivo dei lavora-

tori agricoli (circa 900.000) e sia se paragonato al numero dei lavoratori di

tutti gli altri settori che beneficiano dell’indennità di disoccupazione non agri-

cola (circa 550.000). Per cercare se non di risanare, almeno di migliorare i

conti di gestione è dunque necessario rivedere in profondità la disciplina delle

prestazioni erogate in favore dei lavoratori agricoli dipendenti, con particolare

riferimento all’indennità di disoccupazione, per rimuovere quei meccanismi

(requisiti assicurativi irrisori, procedure di accertamento farraginose, inden-

nità speciali, etc.) che hanno favorito e favoriscono la impropria (ed in alcuni

casi indebita) percezione dell’indennità” (Caponi, 2004).

Il testo riportato sintetizza efficacemente lo status quaestionis. Il medesimo

autore spiega: “per ottenere l’indennità di disoccupazione bastano 51 giornate

di lavoro all’anno, fermo restando il biennio assicurativo. Se poi se ne effet-

tuano 101 o 151 si accede ai trattamenti specifici di disoccupazione, economi-

camente più consistenti. Ma quello che più sorprende è che in caso di avver-

sità atmosferica o calamità naturale sono sufficienti 5 giornate di lavoro per

vedersi riconfermare le giornate e le indennità dell’anno precedente. Ipotesi

quest’ultima tutt’altro che eccezionale o residuale se si pensa che nel 2000

quasi 170.000 lavoratori agricoli hanno beneficiato di tale disposizione.”

È per quanto sopra scritto che la revisione delle misure di protezione sociale

nel settore agricolo lambiscono e si intersecano con le misure di lotta al lavoro

sommerso. La convenienza per lavoratori e datori di lavoro sta nel lavorare il

minimo di giorni che danno diritto a percepire l’indennità di disoccupazione

per poi continuare a lavorare evadendo la contribuzione.

Nel binomio ‘riforma degli ammortizzatori sociali in agricoltura’ e ‘lotta al la-

voro sommerso nel settore agricolo’ si inserisce l’Avviso comune in materia di

emersione del lavoro irregolare in agricoltura. Si tratta di un accordo di intenti

firmato, nel maggio del 2004, dalle parti sociali del mondo agricolo (Confagri-

coltura, Coldiretti, Cia, Federalimentare, Cgil, Cisl, Uil) nell’ambito delle atti-

vità promosse dal Comitato nazionale per l’emersione del lavoro non regolare.

In tale Avviso si indica il sommerso in agricoltura come “fenomeno preoccu-

pante e diffuso”, che si accompagna, inoltre, ad un altro fenomeno che sembra

interessare in modo forse esclusivo l’agricoltura: il ‘lavoro fittizio’ “lavoro non

49

prestato ma denunciato all’Inps al solo fine di far percepire i previsti benefici

economici e previdenziali”.

Le parti firmatarie propongono di34:

− adottare misure finalizzate a favorire la stabilizzazione dell’occupazione di-

pendente mediante agevolazioni contributive aggiuntive per le imprese;

− revisionare i criteri e meccanismi di erogazione delle prestazioni tempora-

nee al fine di evitare la convenienza per il lavoratore e il datore di lavoro a

non denunciare le giornate effettive di lavoro al di sopra di certe soglie e a

denunciare, invece, giornate mai effettuate;

− superare, per le ragioni indicate al punto precedente, l’attuale regime delle

soglie di occupazione adottando un criterio di trattamento direttamente

proporzionale alle giornate effettuate;

− istituire forme di incentivazione per favorire l’emersione del lavoro dei

pensionati;

− semplificare le procedure per l’ottenimento delle autorizzazioni al lavoro dei

cittadini extracomunitari a partire dall’adozione di un apposito regolamento

di attuazione che snellisca le procedure di avviamento al lavoro;

− introdurre incentivi economici in favore delle imprese che incrementano il

numero di giornate denunciate per almeno un triennio;

− rendere più efficace l’azione di controllo e vigilanza per la lotta al lavoro

sommerso e al lavoro fittizio, in particolare per la lotta a quest’ultimo si

propone di focalizzare l’attenzione sui punti critici che sono rappresentati

dal grado di parentela col titolare dell’azienda, il numero delle giornate de-

nunciate e le ridotte dimensioni aziendali in termini di fabbisogno di ma-

nodopera.

Per quanto riguarda la revisione delle soglie di occupazione riportiamo quanto

Caponi, nell’articolo già citato, afferma essere necessario:

− elevare da 51 a 78 giornate di lavoro il limite per l’accesso al trattamento di

disoccupazione ordinario agricolo;

34 Si rinvia al testo dell’Avviso riportato in allegato per la completa descrizione delle misure da adottare.

50

− eliminare le soglie (101, 151 giornate) per le indennità speciali di disoccu-

pazione introducendo una progressività direttamente proporzionale al nu-

mero di giornate denunciate;

− rivedere la norma (art. 21, legge 223/91) che in caso di avversità atmosfe-

rica o calamità naturale riconosce al lavoratore che abbia effettuato (solo) 5

giornate di lavoro le stesse giornate di iscrizione negli elenchi e le stesse in-

dennità dell’anno precedente.

Secondo l’autore, l’applicazione dei criteri descritti porterebbe a un risparmio

di 284 milioni di euro che potrebbero essere utilizzati per “migliorare i tratta-

menti previdenziali ed assistenziali in favore dei (veri) lavoratori, per misure di

sostegno per l’incentivazione dell’occupazione e per il finanziamento del Fondo

settoriale per la formazione continua”.

E’ storia recente l’avvio del tavolo sulla riforma previdenziale, nel cui ambito

rientra anche la revisione dell’intero “sistema agricoltura”. L’Avviso comune è

comunque individuato dalle parti sociali come punto di partenza per la modi-

fica degli attuali parametri/meccanismi che concedono le indennità di disoc-

cupazione ai lavoratori in agricoltura.

8. IDEE E PROPOSTE RACCOLTE IN ALCUNE INTERVISTE AD ESPERTI

In questo paragrafo si sintetizzano pareri ed indicazioni raccolte tramite inter-

viste dirette ad esperti dei problemi e delle tematiche esaminate.

In particolare si è chiesto un contributo al prof. Gianni Geroldi, noto esperto in

materia.35 Inoltre sono state svolte quattro interviste a rappresentanti delle

parti sociali che conoscono approfonditamente il settore agricolo: due di parte

datoriale (che chiameremo esperto A ed esperto B) e due di parte sindacale

(che chiameremo esperto C ed esperto D).36 Le opinioni raccolte da questi

esperti non hanno, evidentemente, una funzione “rappresentativa” quanto di

guidarci all’analisi della problematica specifica del settore e delle riforme pro-

poste per esso.

35 Già membro della Commissione Onofri, dal 1999 al 2001 presidente della Commissione interministeriale per la “Riforma degli ammortizzatori sociali e degli incentivi all’occupazione”. 36 Si ringraziano tutti gli intervistati, per l’ampia disponibilità assicurata.

51

Le interviste sono state condotte sulla base di una traccia di intervista predi-

sposta allo scopo. Le domande poste hanno riguardato essenzialmente: 1) le

principali caratteristiche di funzionamento del settore agricolo rispetto agli al-

tri settori; 2) le posizioni delle associazioni sindacali in merito al funzionamen-

to e ad una possibile riforma degli ammortizzatori agricoli; 3) la conoscenza

sull’uso distorto degli stessi nel contesto attuale.

8.1 Alcune indicazioni dall’intervista al prof. Geroldi37

Secondo il prof. Geroldi un ragionamento sugli ammortizzatori sociali in Italia

non può prescindere dal considerare come “l’ambito delle pensioni sia stato in-

vaso sistematicamente, soprattutto in passato, per funzioni tipiche degli ammor-

tizzatori. In altre parole la mancanza di ammortizzatori con certi tipi di finalizza-

zione (per esempio per l’inserimento lavorativo dei lavoratori più anziani) come

pure la mancanza di un sistema di sostegno al reddito di base hanno fatto sì

che in Italia si utilizzasse la spesa pensionistica per coprire queste assenze”.

In agricoltura la commistione tra ammortizzatori e funzioni di integrazione al

reddito è piuttosto chiara, infatti “il numero di coloro che beneficiano

dell’integrazione, sul totale della platea dei potenziali beneficiari, arriva a per-

centuali superiori al 90% e anche al 95%. (…) Non esiste alcuna assicurazione al

mondo, e nessun modello assicurativo, che prenda in considerazione una pro-

babilità del 95% che si verifichi l’evento assicurato. Nel settore agricolo, siccome

tutti coloro che sono iscritti alle liste beneficiano degli ammortizzatori sociali, ciò

sta a significare che di fatto gli ammortizzatori costituiscono una sistematica in-

tegrazione di reddito. Se si va poi a osservare chi siano i principali beneficiari di

tale trattamento, si scopre agevolmente che alcune concentrazioni, di territorio,

di genere e di età, confermano le fasce deboli della popolazione come quelle che

maggiormente usufruiscono del sostegno. Per quanto riguarda il territorio, vi è

una concentrazione al Sud e nelle Isole; per il genere, sono le donne le maggiori

beneficiarie; per l’età è la fascia sopra i 50 anni ed oltre ad essere interessata.

37 La sintesi dell’intervista è stata predisposta redazionalmente, senza revisioni dell’Autore che si ringrazia, comunque, per il tempo accordato.

52

Questo vuol dire che c’è una schiera di donne (e di anziani) che sistematica-

mente vedono integrato il loro reddito, con un unico onere per esse: l’iscrizione

(nelle liste degli operatori agricoli) che comprovi il fatto che sono lavoratrici del

settore agricolo”.

Ci si trova quindi di fronte ad una distorsione nell’utilizzo delle risorse perché

si utilizzano “parti di spesa pubblica con finalità che non rispondono alle finalità

idealmente ipotizzate per essa”. Inoltre, c’è anche un problema rilevante di effi-

cacia delle misure “poiché oggettivamente ci sono delle fasce deboli legate alle

attività agricole che avrebbero bisogno di sostegno. In quel caso ci si chiede per-

ché non fare diventare questo sostegno direttamente uno schema esplicito di in-

tegrazione del reddito, di modo che si possa costruire una modalità di eroga-

zione che è tipica dell’integrazione al reddito”. Nel caso di misure di sostegno al

reddito “potrebbero essere considerate alcune caratteristiche del soggetto, quali

l’età, il rapporto con il mercato del lavoro, la continuità o discontinuità del rap-

porto di lavoro, ecc. accanto ad altri indicatori di situazione economica equiva-

lente, come un ‘redditometro’ per valutare, nel caso specifico di ciascun lavora-

tore, la necessità o meno di integrarne il reddito”.

A proposito del funzionamento degli ammortizzatori in agricoltura (ma non

solo) è da rilevare che “se un lavoratore fosse effettivamente dipendente dagli

ammortizzatori, dato che il relativo importo è calcolato sulla base degli eventi di

un dato periodo e viene pagato spesso nell’anno successivo, come farebbe a

sopravvivere?”

Ancora, occorre tener conto che ci possono essere strategie ‘speculative’ per il

massimo godimento delle indennità di disoccupazione: “per esempio, quella di

passare da un tipo di ammortizzatore ad un altro, superando la soglia dei sei

mesi in modo da poter disporre a fasi alterne dell’indennità di disoccupazione or-

dinaria anziché di quella a requisiti ridotti; ciò implica poi, per il lavoratore, la

possibilità di programmarsi un tipo di lavoro nell’arco di un anno per cui, di fatto,

da stagionale il lavoratore si trasforma in un soggetto a tempo determinato prefe-

rendo alla fine tale collocazione anziché quella, magari, di un part-time verticale.”

Il problema vero è “capire come si potrebbe creare un sistema di sostegno, di

ammortizzatori o di integrazione del reddito, per i soggetti che hanno lavori di-

scontinui veri. Il lavoro discontinuo, difatti, è un fenomeno che si sta ampliando

anche in altri settori (terziario, turismo etc.) e in attività precedentemente carat-

53

terizzate da forme di lavoro più stabili, poiché c’è un panorama di contratti uti-

lizzabili che consente interruzioni più frequenti del rapporto di lavoro. A tutto

questo, si aggiunge il fatto che i sistemi di protezione sociale riformulati in questi

anni fanno sì che la relativa precarietà del lavoratore nell’arco della vita lavora-

tiva si trasferisca completamente nel livello di protezione che egli avrà da an-

ziano. Se i lavoratori hanno forti discontinuità nell’erogazione dell’attività lavo-

rativa, rischiano poi di diventare dei pensionati sotto la soglia di povertà.

L’attuale disavanzo di tutto il sistema degli ammortizzatori sociali in Italia è per

il 90% dovuto al disavanzo della componente agricola e questo disavanzo è do-

vuto ad una platea di soggetti beneficiari ancora relativamente contenuta; la

questione potrebbe preoccupare ancora molto di più se la platea si espandesse.

Lo sbilanciamento dovuto all’intenso utilizzo delle risorse nel settore agricolo

crea delle discussioni anche all’interno delle stesse organizzazioni dei lavoratori

e dei sindacati. Infatti i lavoratori dei settori industriali che chiudono grosso-

modo alla pari i loro conti in materia di ammortizzatori sociali (vale a dire bilan-

ciano entrate e uscite per Cassa integrazione guadagni ordinaria e straordina-

ria, indennità di mobilità e disoccupazione ordinaria) si sentono sempre sotto

accusa, perché il settore degli ammortizzatori sociali crea dei disavanzi. In realtà

tali disavanzi provengono quasi integralmente dal settore agricolo, ma nono-

stante questo, i trasferimenti dello Stato, formalmente, vengono fatti in direzione

del settore industriale, anche se poi vengono dirottati dall’Inps a saldare i disa-

vanzi del settore agricolo, dal momento che il settore industriale non ne ha biso-

gno perché chiude già alla pari.”

È per questo che in un disegno di riforma complessiva degli ammortizzatori

sociali è facile si verifichi “che un settore, tipo quello industriale, acconsenta

all’unificazione complessiva, ma purché ci sia una separazione, almeno per

grandi categorie, dei conti, in modo che ognuno metta in evidenza il proprio risul-

tato. Questo è il dato di maggiore problematicità quando si affronta questo tema.

Si vorrebbe cioè far partire un sistema di ammortizzatori che dentro abbia tutte

le caratteristiche che la letteratura in questi anni ci ha insegnato:

− evitare che i trattamenti si allunghino in maniera passiva nel tempo;

− evitare che siano troppo scarsi nella prima fase, quella più facilmente dedica-

bile a cercare lavoro, e in tale direzione andrebbero quindi potenziati;

54

− legare maggiormente i trattamenti alle politiche di inserimento in modo da

favorire un tipo di welfare più attivo;

− investire di più sulla formazione.”

La stessa sopravvivenza della Cassa integrazione guadagni dovrebbe essere

accompagnata “ad interventi adeguati, come per esempio il piano sociale d’im-

presa alla francese in cui le imprese vengono incentivate ad esternare rapida-

mente i loro programmi circa il fabbisogno di manodopera”.

Se peraltro la questione più rilevante implicata nella riforma degli ammortiz-

zatori sociali è relativa alla tutela dei lavoratori che svolgono lavori caratteriz-

zati da discontinuità lavorativa, allora forse occorre ripensare alle forme di

part-time verticale. “Il part-time verticale è una forma di garanzia e sicurezza, in

quanto il posto di lavoro rimane in capo al lavoratore stesso anche nei periodi di

non lavoro. Il problema però del part-time verticale è quello dell’integrazione al

reddito”. Come dire che il contratto di part-time verticale potrebbe essere uno

strumento utile per risolvere il problema della precarietà del lavoratore ma non

risolverebbe le questioni legate al reddito: per cui occorrono appositi interventi.

8.2 La specificità del settore

In tutte le interviste rivolte agli esperti delle parti sociali sono stati evidenziati i

punti chiave caratterizzanti il settore: da ciò discendono, più o meno implici-

tamente, anche importanti contributi di riflessione sul tema della riforma degli

ammortizzatori sociali in agricoltura.

Risulta innanzitutto che la specificità del settore agricolo è tale da non con-

sentire facili confronti con altri settori. Ne consegue che i meccanismi di rego-

lazione dei rapporti di lavoro nelle aziende agricole e le tutele del lavoro in

questo settore devono necessariamente essere diverse da quelle previste al-

trove. La specificità dipende innanzitutto dal tipo di produzione, soggetta ad

eventi esterni che, anche se non di natura calamitosa, rendono non prevedibile

con puntualità lo svolgimento delle “fasi” produttive.

Lo stesso “Rapporto sullo stato dell’agricoltura italiana 2004” (Inea, 2004) ri-

porta nelle considerazioni conclusive come ‘passaggio chiave’ per il mondo

agricolo “il riconoscimento delle specificità dell’agricoltura, nell’ambito delle poli-

55

tiche economiche generali, affinché, in esse, sia sempre adeguatamente conside-

rata la ‘dimensione agricola e rurale’ che, continua, comunque, a caratterizzare,

segmenti non trascurabili del sistema socio-economico della Nazione”. Il settore

è legato alla stagionalità ed è soggetto non solo, come gli altri settori, alle flut-

tuazioni del mercato, ma anche ai fattori climatici e alle stagioni. Specificità si-

gnifica prima di tutto che non si può decidere a priori quando inizia il ciclo di

produzione e questo ha ricadute sulle durate fissate dei contratti di lavoro.

Specificità implica anche ampia varietà delle tipologie di aziende: si va dalle

grandi aziende che si occupano pure della trasformazione del prodotto alle pic-

cole aziende che si avvalgono di lavoratori agricoli in modo saltuario o che ri-

corrono alle prestazioni del terzismo.

8.3 Il lavoro in agricoltura e gli ammortizzatori sociali

La particolarità delle tipologie lavorative applicate riflette la specificità del set-

tore agricolo. “Un settore che ha delle caratteristiche e delle peculiarità per cui

non può essere trattato come qualsiasi altro settore, infatti, è legato a fattori cli-

matici e non si può prevedere in anticipo un contratto che abbia un inizio ed una

fine, con delle date precise, e nemmeno prevede con certezza quante saranno le

giornate di lavoro. É giusto che il lavoratore del settore agricolo abbia degli am-

mortizzatori sociali tarati sulle condizioni specifiche dell’agricoltura” (esperto C).

Per l’esperto D “il primo punto su cui è assolutamente necessario fare chiarezza

è quello che, quando si parla del mondo agricolo, si parla di un settore molto

particolare, fortemente legato al lavoro dei campi e dunque alla stagionalità. La

specificità dell’agricoltura ha bisogno non solo di imprenditori, di piccoli agricol-

tori, di coltivatori diretti ma ha bisogno anche di operai specializzati, che spesso

non sono più gli operai di un tempo (i braccianti) ma tecnici che operano con ele-

vata professionalità e con alle spalle percorsi formativi importanti. Se un lavora-

tore accetta di operare in un settore in cui la stagionalità incide molto, gli si deve

garantire una contrattualistica specifica, un reddito decente e una copertura

previdenziale che gli permettano di poter continuare a lavorare all’interno del

medesimo settore. Per quanto riguarda il sussidio alla disoccupazione agricola,

esso nasce dal fatto che si è riconosciuta una specificità per quanto riguarda il

56

settore agricolo e perciò tramite questo strumento si garantisce la manodopera

interessata al settore agricolo”.

In accordo con queste osservazioni, l’esperto B ribadisce la specificità del la-

voro legato al settore agricolo, “che è diverso da quello degli altri settori, perché

è un lavoro che comincia all’inizio dell’anno e finisce alla fine dell’anno, ma non

è continuativo; non è cioè come il lavoro nel turismo che dura 2 o 3 mesi, caratte-

rizzato allo stesso tempo da stagionalità e continuità. Il lavoro agricolo non è

così. C’è bisogno di un lavoratore una volta alla settimana, un giorno, oppure

per 10 giorni di fila e poi per 2 mesi quel lavoratore non fa nient’altro, concreta-

mente è un soggetto che ha bisogno di un ammortizzatore sociale, perché non

potrebbe vivere solo con il lavoro agricolo. Il lavoro in agricoltura è intermittente,

ed è sempre stato così per questo settore: se non si prevedono degli ammortizza-

tori adeguati per i soggetti che vi lavorano, si rischia di perdere completamente

la manodopera, creando seri problemi per le aziende. D'altronde il settore non è

oggettivamente in grado di garantire alla manodopera impieghi stabili e dura-

turi. Bisogna inoltre confrontarsi con tutte le realtà presenti nel vario mondo

delle imprese agricole: molte hanno bisogno di un numero ridotto di giornate, al-

tre hanno bisogno di un numero maggiore. L’alternativa all’assenza di un am-

mortizzatore che tuteli il lavoratore assunto per breve tempo è, o fare lavorare

completamente in nero il lavoratore, oppure far ‘sparire’ la manodopera dipen-

dente mediante il ricorso ad altre forme di utilizzo del lavoro, come per esempio

le figure dei professionisti e degli autonomi il cui utilizzo però non è scevro da

controindicazioni”.

Per l’esperto D “il sistema degli ammortizzatori sociali in agricoltura risponde

all’agricoltura tradizionale. Per certi versi l’agricoltura moderna conserva ancora

i tratti e le caratteristiche legate all’ambiente e al clima che la distinguevano un

tempo, ma poiché l’agricoltura si è molto evoluta in alcune produzioni, soprat-

tutto nel settore della carne, gli attuali ammortizzatori sociali non consentono di

affrontare problemi oggi emergenti; perciò gli ammortizzatori vanno necessaria-

mente modificati”.

Anche l’esperto A concorda con la necessità di revisionare i criteri di fondo di

funzionamento degli ammortizzatori sociali nel settore agricolo.

57

8.4 Parti sociali e riforme

Si è visto in precedenza che tra i vari disegni di riordino degli ammortizzatori

sociali in Italia, vi è spesso concordanza sulla necessità di creare un unico

sussidio di disoccupazione a carattere universalistico, per tutti i settori e, in

alcuni casi, per tutte le tipologie di lavoratori.

A questo proposito l’esperto B si dichiara “sicuramente favorevole ad una ri-

forma, poiché certe cose non possono continuare in questo modo. Serve peraltro

una riforma che non sia un’omogeneizzazione del nostro settore agli altri, perché

questa è la cosa più pericolosa che si possa verificare. Se riforma vuol dire uni-

formare tutto significa creare grossi problemi al settore agricolo”. Per l’esperto B,

dunque, riforma sì, ma a condizione che si mantenga l’indipendenza del set-

tore rispetto agli altri. La riforma deve produrre un adeguamento degli am-

mortizzatori sociali a quella che è la realtà effettiva dello sviluppo del settore,

riconoscendo che alcuni ammortizzatori sono diventati completamente ana-

cronistici. Egli si aspetta perciò “che gli ammortizzatori siano adeguati a quelle

che sono le imprese in questo momento e alle esigenze dei lavoratori (…) ci

aspettiamo che il ridisegno degli ammortizzatori serva, se possibile, ad evitare il

più possibile gli abusi, gli sfruttamenti e le rendite di posizione. La riforma va

fatta e va fatta anche velocemente, perché se si riuscisse a calmierare un po’

quello che è il costo previdenziale per le aziende sarebbe effettivamente un gran-

de risultato. Questo perché per il settore è un grande sacrificio sopportare una

contribuzione al livello degli altri settori, quando non c’è la stessa redditività,

quando il reddito dell’azienda non dipende dall’imprenditore ma da una serie di

fattori esterni che egli non è in grado di controllare e che generano costi non tra-

sferibili sul consumatore finale in modo proporzionale all’aumento sopportato.

L’aumento di costi causa invece una riduzione del reddito dell’imprenditore agri-

colo e ciò porta alla chiusura di molte aziende”.

Anche secondo l’esperto A, pur non essendo possibile né auspicabile creare un

ammortizzatore unico per tutti settori, “sono da rivedere i criteri di fondo di

come e perché viene erogata la disoccupazione in agricoltura. Sicuramente biso-

gna cominciare a ragionare sulla pro-attività della sovvenzione, perché di fatto

erogando la prestazione un anno dopo, non è più possibile attivare lo strumento

di verifica del diritto ovvero l’accertamento dell’effettivo stato involontario di di-

58

soccupazione della persona. Questo non vale solo per l’agricoltura, vale per

qualsiasi lavoratore e per qualsiasi settore. Controlli e verifiche sull’effettivo sta-

to di disoccupazione non sono mai stati attuati e la disoccupazione non governa-

ta è deviante e produce effetti incoerenti con le finalità stesse dello strumento.”

In una possibile riforma per l’esperto A ci dovrebbero dunque essere proattivi-

tà, proporzionalità e incentivazione all’emersione, “scardinando” la logica del

cointeresse al sommerso tra datore di lavoro e lavoratore dipendente. Richia-

mando il problema del lavoro sommerso presente nel settore, secondo l’esperto

A “posto che nessuno mette in dubbio la necessità del sostegno al reddito, so-

prattutto in un settore che ha un’occupazione che non si connota per la stabilità

assoluta, ci sono altri due elementi che devono essere di accompagnamento nel

ridisegno di un meccanismo complessivo di protezione sociale. Il primo consiste

in un sistema di formazione in grado di rendere possibile, sostenere e promuo-

vere la multifunzionalità del lavoratore, perché se nell’ambito di un territorio si

riuscisse a comporre un mosaico delle esigenze professionali delle imprese, col-

locando temporalmente le corrispondenti prestazioni presso un gruppo di diverse

aziende con copertura di un intero ciclo annuale, si potrebbe garantire ad un lavo-

ratore la stabilità occupazionale attraverso non un rapporto a tempo indetermi-

nato ma un mosaico ricomposto di rapporti a termine non necessariamente ricon-

ducibili a prestazioni esclusivamente di bassa qualifica. Il secondo punto con-

cerne lo ‘strumento’ in grado di governare i meccanismi di incrocio della do-

manda-offerta di lavoro nell’ambito di un territorio, sul modello “agenzia di inter-

mediazione”: un’agenzia cioè con il compito di garantire disponibilità di mano-

dopera alle imprese e opportunità di collocamento “a mosaico” dei lavoratori”.

Per l’esperto C, punto fondamentale di una riforma è che all’operaio agricolo

vengano garantiti gli stessi diritti che hanno gli altri lavoratori per dare conti-

nuità all’agricoltura, e soprattutto all’agricoltura di qualità. “Questo è un punto

fondamentale specialmente perché c’è stata un’evoluzione importante dal punto

di vista della qualità soprattutto in alcune regioni, tra cui il Veneto, e se si vuole

difendere questo settore non si può non partire da chi vi lavora e l’operaio agri-

colo ha un ruolo importante in questo”. Inoltre l’esperto C conviene sul fatto che

la formazione è un punto importante, anche perché (non a caso) attualmente

molti lavori sono ancora eseguiti da lavoratori in pensione mancando la mano-

dopera specializzata necessaria e dunque “o si interviene in maniera forte per

59

salvaguardare questo lavoro, oppure è solo questione di tempo e ci si troverà in

grandissima difficoltà, senza la possibilità di costruire un ambito lavorativo im-

portante per le nuove generazioni, completamente diverso rispetto a cinquanta

anni fa, ma ancora sicuramente interessante per i giovani. Chi lavora in agricol-

tura, con i tempi e con gli spazi che ci sono, deve avere anche, per quanto ri-

guarda la parte contributiva, la copertura piena, deve avere la possibilità di un

reddito e una copertura previdenziale. Sono convinto che è arrivato il momento

di effettuare un riordino degli ammortizzatori sociali, fosse solo perché oggi il

mondo del lavoro è totalmente trasformato rispetto a quello che era qualche

anno fa. Sappiamo che gli attuali ammortizzatori coprono solo una parte del la-

voro, che un po’ alla volta sta diventando la minoranza, mentre c’è un’ampia

parte di lavoratori (quelli che entrano nel mondo del lavoro in modo discontinuo,

intermittente, precario) che oggi non godono di adeguate forme di copertura so-

ciale. C’è bisogno di mettere insieme domanda ed offerta rispetto a quella che è

la richiesta del mercato e i bisogni che i singoli settori hanno rispetto al tipo di

manodopera e alle professionalità richieste”.

L’esperto D pone il tema della riforma a partire dalle carenze attualmente pre-

senti: “la regolamentazione dell’agricoltura in questo momento è soddisfacente

ma deve essere corretta. Nel Veneto bisogna confrontarla, ad esempio, con i pro-

blemi legati agli allevamenti, dove non è previsto che le conseguenze connesse

alle varie epidemie (mucca pazza etc.) siano considerate alla stregua di eventi

calamitosi come le tempeste, le alluvioni o la siccità. Bisognerebbe dunque

estendere una tutela anche a questo tipo di calamità, oggi non considerate come

tali. Per quanto riguarda le calamità naturali c’è infatti una sorta di “paraca-

dute” per i lavoratori coinvolti; ciò invece non è previsto per la produzione di

carne, nel Veneto tra l’altro assai considerevole. L’agricoltura, infatti, a fronte di

alcuni ammortizzatori, rappresentati dalla disoccupazione agricola, sconta una

minor tutela per quanto riguarda i casi di crisi delle aziende, dato che la Cassa

integrazione guadagni è limitata a 90 giorni e l’indennità di mobilità non esiste

proprio. Gli ammortizzatori sociali agricoli andrebbero diversificati dagli altri set-

tori e aggiornati ad un’agricoltura moderna che vede da un lato la presenza di

una tipologia di lavoratori diversa e dall’altro lato una tipologia produttiva in

parte ancora legata ai cicli naturali”.

60

8.5 L’uso distorto degli ammortizzatori nel settore agricolo

Il problema del lavoro sommerso viene affrontato dalle diverse parti sociali con

valutazioni e proposte sensibilmente differenti.

Secondo l’esperto A, “guardando alla realtà italiana nel suo insieme è un

fenomeno molto particolare quello dei meccanismi e delle dinamiche che si sono

create in agricoltura in merito al ricorso agli ammortizzatori sociali, perché sono

emersi nel tempo fenomeni pressoché sconosciuti in altri settori, come ad

esempio quello del lavoro fittizio, di cui forse esiste qualcosa di analogo anche

nel settore turistico ma non certo ai medesimi livelli di rilevanza. Per lavoro

fittizio si intende quello di chi non ha mai prestato nemmeno una giornata

lavorativa come bracciante o come operaio agricolo e, in alcuni casi anche con il

cointeressamento di un datore di lavoro, si ritrova denunciate le giornate che lo

portano a conseguire, nell’anno successivo, il diritto a prestazioni quali la

disoccupazione o la copertura in caso di maternità. Tale fenomeno non presenta

assolutamente una diffusione omogenea sul territorio nazionale: il suo rilievo in

una regione come il Veneto è decisamente marginale. Legata al meccanismo

delle prestazioni è anche parte del fenomeno del lavoro nero: in questo caso la

questione è ribaltata, ovverosia comporta che le giornate di lavoro effettivo sono

superiori a quelle denunciate. Rilevabile ed evidente è in questo caso il

cointeressamento tra il datore di lavoro (riduzione dell’onere contributivo) e il

dipendente (evasione delle ritenute fiscali e l’anno successivo, prestazione di

disoccupazione, una sorta di quindicesima)”. Nel lavoro fittizio, a volte, oltre

all’inesistenza del lavoro si affianca anche l’inesistenza dell’azienda stessa.

Come soluzione a questo problema, si propone un elemento di rottura dell’asse

di cointeresse di datori di lavoro e lavoratori dipendenti rispetto all’accesso alle

prestazioni. “Un buon meccanismo era stato introdotto, come logica, già nella

finanziaria 1999 (legge 448/98 ). La norma ‘premiava’ la stabilizzazione dei

rapporti e l’incremento delle unità produttive, però la stabilizzazione doveva

essere conseguita attraverso la trasformazione dei contratti a tempo determinato

in rapporto di lavoro a tempo indeterminato: pertanto né la finanziaria 1999, né

quella dell’anno successivo, parzialmente modificata su nostra richiesta ma non

a sufficienza, hanno introdotto modifiche tali da rendere lo strumento adattabile

al settore agricolo. Lo strumento della stabilizzazione, intesa come conversione a

61

tempo indeterminato del rapporto di lavoro, non trova un senso in un settore

dove di default il rapporto normale è a tempo determinato. In agricoltura, la

normalità del rapporto lavorativo è il rapporto a tempo determinato - l’85-90%

dei rapporti di lavoro sono rapporti a termine - quindi non si può pensare di

premiare la stabilizzazione intendendola come conversione a tempo indetermi-

nato. Per questo era stato proposto che venisse premiato l’incremento comples-

sivo delle giornate di prestazione denunciate dall’azienda rispetto all’anno pre-

cedente” e per monitorare il fenomeno sarebbe sufficiente rilevare “le giornate

denunciate dall’azienda, incentivando poi l’incremento delle giornate rispetto

all’anno assunto a riferimento”; l’incentivo potrebbe riguardare “la decontribu-

zione sull’incremento delle giornate stesse”.

Per l’esperto C il problema dell’uso distorto degli ammortizzatori deriva in pri-

mis da un sistema di versamenti ‘distorto’: “dentro al mondo agricolo ci possono

essere delle distorsioni, e una di queste distorsioni è legata al fatto che, per

quanto riguarda il versamento dei contributi, c’è chi versa (coltivatori diretti) an-

cora i contributi previdenziali sul reddito dominicale, mentre gli operai agricoli

versano la quota di previdenza al pari di qualsiasi altro lavoratore all’interno del

mondo del lavoro. È stato fatto un lavoro importante in agricoltura contro il la-

voro nero, con il contributo di tutti nel rapporto tra il sindacato, gli organi ispet-

tivi e l’Inps. Quello che in qualche maniera ha fatto saltare alcune risposte posi-

tive, non solo al Sud ma anche al Nord, è stato il fatto che l’arrivo di immigrati

da una parte e una regolamentazione che non ha favorito la regolarizzazione

degli stessi dall’altra, ci hanno fatto ritornare indietro, poiché la complessità per

poter regolarizzare e far lavorare un immigrato è così alta che spesso le aziende

preferiscono rischiare e fare lavorare in nero”. Secondo l’esperto C, diversamen-

te da quanto affermato dall’esperto A, non esiste un cointeressamento all’abu-

so degli ammortizzatori agricoli e quindi al ricorso al lavoro nero, ma sarebbe

unicamente l’azienda interessata a mettere in opera queste pratiche distorsive

in quanto per il lavoratore non vi è convenienza “perché comunque se il lavora-

tore lavorasse normalmente tutto l’anno, avrebbe una condizione lavorativa e di

reddito sicuramente migliore. Oltretutto su questa questione dobbiamo tenere

conto che il potere contrattuale che ha il lavoratore è molto limitato, perché non

esistono più delle imprese agricole molto grandi, ma solo le piccole imprese”. Per

quanto riguarda il lavoro fittizio, “esso si riesce a superare nel momento in cui

62

tutti fanno la loro parte, ma ciò si può fare non agendo su tutti indistintamente

oppure, ancora peggio, su coloro che pagano regolarmente i contributi e che han-

no solo il reddito agricolo come unico sostentamento. Se si vuole un’agricoltura

di qualità si deve investire in questa direzione e si devono assicurare ai lavora-

tori del settore gli stessi diritti che hanno tutti gli altri lavoratori. Le distorsioni ci

sono, e spesso le soluzioni dipendono solo dalla volontà politica”.

L’esperto B conferma che l’utilizzo degli ammortizzatori sociali viene distorto,

“forse nel Veneto in misura minore che non in altre regioni. Rimane tuttavia que-

sta possibilità”. In accordo con l’esperto A conferma il cointeressamento del-

l’azienda e del lavoratore: “sfortunatamente l’ammortizzatore sociale è uno stru-

mento altamente pericoloso poiché è evidente la possibilità di un uso distorto,

però è altrettanto vero che se effettivamente l’azienda ha bisogno di quelle 51

giornate di lavoro fatte da gennaio a dicembre, non potrebbe fare in altra ma-

niera che assumere il lavoratore per il tempo strettamente necessario. L’alterna-

tiva a questa situazione, a parte il controllo e la possibilità di verificare che effet-

tivamente vi sia lo stato di disoccupazione, sarebbe togliere via completamente il

meccanismo di integrazione del reddito? Toglierlo via completamente vorrebbe

dire che quel tipo di lavoro non si potrebbe più fare, perché il lavoratore non

avrebbe convenienza a farlo. D’altra parte non si può nemmeno dire all’azienda

che poiché non ha bisogno di 300 giorni lavorativi allora non deve avere mano-

dopera. Ciò vorrebbe dire eliminare gran parte della manodopera agricola e ob-

bligare le aziende a ricorrere ai contoterzisti, lasciando che questi lavori vengano

fatti solo da lavoratori autonomi e da nessun altro e cancellando completamente

un comparto di manodopera che ha comunque una sua ragione di esistenza”.

Infine, secondo l’esperto B, occorre tener conto che spesso è il lavoratore il

primo a chiedere di lavorare in nero.

Per l’esperto D nella realtà veneta non vi è un uso distorto degli ammortizzato-

ri, e comunque “il lavoratore non ha convenienza a svolgere lavoro nero perché

la copertura contributiva è bassa. Per quanto riguarda il lavoro fittizio, in Veneto

non esiste, non abbiamo casi particolari di persone che sono ricorse a questo

strumento per poter avere la disoccupazione.”

Come possibile soluzione alla precarietà dei lavoratori agricoli del settore è

stato chiesto agli intervistati se, dal loro punto di vista, l’introduzione del part-

time verticale potrebbe agevolare la risoluzione del problema, tenuto conto che

63

il lavoratore mantiene il suo posto di lavoro nell’azienda anche nei periodi di

non lavoro. Per tutti gli intervistati il part time verticale appare applicabile

molto difficilmente in quanto troppo rigido rispetto ad altre forme di reolazione

del lavoro, essendo disponibili per le imprese agricole tipologie di contratti a

termine molto più funzionali rispetto alle esigenze reali.

9. CONCLUSIONI

La convergenza delle testimonianze raccolte su alcuni elementi chiave con-

sente di sintetizzare in pochi punti il rapporto (complesso) tra lavoro agricolo,

riforma degli ammortizzatori e lavoro nero.

1. La specificità del settore si riflette nella regolazione dei rapporti di lavoro

con il ruolo rilevante assunto dai lavori intermittenti, di breve durata (raccolte

stagionali) e ricorrenti, oppure differenziati nel tempo (i lavori nelle vigne), la-

vori che talvolta richiedono professionalità ed esperienza (è il caso ad es. della

potatura) più facilmente reperibili tra lavoratori anziani magari già pensionati.

2. La regolazione dei rapporti di lavoro deve far corrispondere alla massima

specificità (e imprevedibilità delle fasi della produzione) la massima flessibilità:

una flessibilità, peraltro, adeguatamente e correttamente tutelata mediante il

sistema degli ammortizzatori sociali.

3. Il problema del legame tra interventi di sostegno e forme di lavoro nero e di

lavoro fittizio esiste, anche se in Veneto - a parere almeno degli intervistati – non

in modo così diffuso come accade nelle regioni del Sud.38 Il lavoro nero coin-

volge, in Veneto, essenzialmente pensionati e immigrati. Il lavoro fittizio implica

il più delle volte la dichiarazione da parte di un’azienda fittizia essa stessa; altre

volte sottende l’intenzione di un’impresa familiare di dare copertura ad un

membro della famiglia per l’erogazione successiva dell’assegno di maternità.

4. Gli ammortizzatori sociali in agricoltura rappresentano una forma di soste-

gno al reddito; d’altra parte lo stesso lavoro agricolo ha avuto (spesso) una

funzione di integrazione al reddito delle famiglie. Probabilmente, se non ci fos-

sero le integrazioni al reddito consentite dagli ammortizzatori sociali sarebbe

38 Per un’ampia documentazione sul tema cfr. C. Lagala (2005).

64

ancora più difficile trovare lavoratori disponibili a lavorare in questo settore.

Occorre nondimeno evitare gli abusi che si possono instaurare.

5. Le forme regolative incentrate sul part-time verticale, se risolvono il problema

dal punto di vista della copertura contributiva, non rappresentano una solu-

zione adeguata né alle esigenze dell’impresa né alla questione reddituale che ha

centrale importanza per i lavoratori del settore agricolo. Meno investiti dal pro-

blema sembrano i lavoratori extracomunitari e i pensionati, gli uni perché più

mobili e disponibili per un lavoro stagionale in Italia, i secondi perché il reddito

in agricoltura può rappresentare solo l’integrazione ad un reddito già percepito.

6. Per assicurare un reddito adeguato ed evitare comportamenti collusivi tra

datore di lavoro e lavoratore in merito alla pratica del lavoro nero occorre svi-

luppare adeguatamente la formazione professionale: una formazione che con-

senta la flessibilità dei lavoratori capaci di inserirsi in più cicli produttivi,

mantenendo e rilanciando le professionalità che rischiano di disperdersi per-

ché in capo ai lavoratori più anziani. (Un esempio di integrazione tra lavora-

zioni afferenti a ‘cicli produttivi’ diversi è rappresentato dal caso del settore

dolciario a Verona, che costituisce uno sbocco lavorativo infraannuale – pe-

riodi di Pasqua e Natale – per i lavoratori agricoli).

7. La lotta al lavoro nero deve essere condotta affiancando nuove misure (volte,

come in altri ambiti economici, a spezzare il co-interesse al lavoro nero tra im-

prenditore e lavoratore) e soprattutto nuove prassi (es. in materia di accerta-

mento dello stato di disoccupazione) a quelle più tradizionali come i controlli e

le verifiche; queste vanno comunque intensificate, facendo leva sul fatto che

da circa un decennio l’Inps ha in mano unitariamente il “governo” dell’inter-

vento pubblico in agricoltura (accertamento delle giornate lavorate; riscossione

delle contribuzioni; pagamento delle prestazioni).

8. Per quanto riguarda la riforma dell’attuale sistema di ammortizzatori sociali

non c’è soggetto interessato che non la auspichi, ma si chiede che sia una ri-

forma distinta da quella degli ammortizzatori tout court proprio perché non si

può correre il rischio di omologare il settore agricolo agli altri settori.39

39 Anche se va ricordato che l’attuale specificità agisce anche in senso sfavorevole all’agricoltu-ra come nel caso della minore tutela in caso di crisi aziendali non essendo prevista l’indennità di mobilità ed essendo limitata a 90 giorni la cassa integrazione.

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AVVISO COMUNE

IN MATERIA DI EMERSIONE DEL LAVORO IRREGOLARE

IN AGRICOLTURA L’anno 2004, il giorno 4 del mese di maggio, in Roma, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nell’ambito del Tavolo Nazionale sul Sommerso – Agricoltura, attivato di concerto con il Comitato Nazionale per l’Emersione del Lavoro non regolare, alla presenza dell’on. Maurizio Sacconi, Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e del prof. Luca Meldolesi, Presidente del Comitato Nazionale per l’Emersione del Lavoro non regolare,

tra la Confederazione Generale dell’Agricoltura Italiana (CONFAGRICOLTURA) la Confederazione Nazionale Coldiretti (COLDIRETTI) la Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) la Federazione Italiana dell’Industria Alimentare (FEDERALIMENTARE) la FLAI – CGIL la FAI – CISL la UILA – UIL la Confederazione Italiana Dirigenti Quadri e Impiegati dell’Agricoltura (CONFEDERDIA) è stato definito il seguente Avviso Comune in materia di emersione del lavoro irregolare in agricoltura:

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ALLEGATO:
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Premessa Il sommerso in agricoltura è un fenomeno preoccupante e diffuso, sia pure in misura diversa, su tutto il territorio nazionale, e che presenta caratteristiche indubbiamente particolari. La presenza di tale fenomeno rappresenta un problema – oltre che per lo Stato – anche per le imprese agricole in regola, che adempiono puntualmente agli obblighi burocratici ed economici connessi ai rapporti di lavoro dipendente. Dette imprese infatti si trovano costrette a competere con aziende “sommerse”, che operano con costi di produzione notevolmente inferiori. Il lavoro sommerso, inoltre, incide negativamente sui lavoratori dipendenti non denunciati regolarmente che subiscono l’ingiustizia sociale della mancanza di un’adeguata copertura previdenziale ed assistenziale. In agricoltura poi, esiste un altro preoccupante fenomeno che non ha riscontro nelle stesse dimensioni negli altri settori: quello del lavoro “fittizio”, e cioè del lavoro non prestato ma denunciato all’INPS al solo fine di far percepire i previsti benefici economici e previdenziali. Di qui la condivisa necessità, peraltro da sempre sottolineata dalle Organizzazioni firmatarie del presente documento, di contrastare adeguatamente il preoccupante fenomeno del lavoro sommerso, coerentemente con le indicazioni dell’Unione Europea, contenute da ultimo nel Progetto di risoluzione del Consiglio del 10/10/2003 sulla trasformazione del lavoro non dichiarato in occupazione regolare. Il progetto infatti invita tutti gli Stati Membri a combattere il sommerso attraverso un approccio globale basato su azioni preventive che incoraggino i datori di lavoro ed i lavoratori ad operare all’interno dell’economia ufficiale e nel contesto dell’occupazione regolare. Tutto ciò premesso, le Parti propongono l’adozione dei seguenti provvedimenti: Monitoraggio ed analisi del fenomeno Realizzazione di un approfondito studio specifico del fenomeno del lavoro sommerso in agricoltura, con il coinvolgimento delle Parti sociali e/o loro organismi bilaterali, e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, degli enti previdenziali ed assicurativi, e delle altre istituzioni competenti (Università, etc.), finalizzato ad individuare, attraverso un’indagine scientifica condotta nelle aree territoriali considerate maggiormente a rischio, le peculiari caratteristiche e le specifiche ragioni che connotano il fenomeno in questione. A livello territoriale, verrà svolto un compito di monitoraggio dei flussi della manodopera, al fine di valutare l’incidenza delle misure sotto indicate sul fenomeno del lavoro sommerso. A livello nazionale, gli esiti del monitoraggio e dello studio del fenomeno, nonché i risultati delle iniziative adottate con il presente avviso e le eventuali sopravvenute problematiche in materia di lavoro sommerso, saranno oggetto di analisi e confronto nell’ambito del Tavolo nazionale sul sommerso – Agricoltura, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

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Stabilizzazione dell’occupazione Fermo restando che il lavoro in agricoltura è caratterizzato da una rilevante componente stagionale, si condivide la necessità di adottare misure finalizzate a favorire la stabilizzazione dell’occupazione dipendente in agricoltura mediante apposite agevolazioni contributive aggiuntive per le imprese: − che attivano nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato o che trasformano a tempo

indeterminato rapporti a tempo determinato; − che rinnovano l’anno successivo, con lo stesso lavoratore, rapporti a tempo determinato

disciplinati dagli articoli 19 e 20, lettere b) e c) del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 10 luglio 2002.

Sempre al fine di favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro subordinato in agricoltura, alle imprese che per legge o per contratto sono obbligate ad anticipare al lavoratore alcune prestazioni temporanee, deve essere riconosciuta la possibilità di portare a conguaglio, in sede di denuncia o di pagamento dei contributi, le somme anticipate per conto degli Enti previdenziali ed assicurativi. Riforma dei criteri di erogazione delle prestazioni temporanee Revisione dei criteri e dei meccanismi di erogazione delle prestazioni temporanee in favore dei lavoratori agricoli, finalizzata ad evitare possibili convenienze per il lavoratore ed il datore di lavoro a non denunciare le giornate di lavoro effettuate al di sopra di certe soglie, ovvero a denunciare giornate di lavoro mai effettuate. A questo fine si conviene sulla necessità di superare l’attuale regime per soglie di occupazione ed adottare il criterio di un trattamento direttamente proporzionale alle giornate di occupazione effettuate, apportando le conseguenti modifiche alla disciplina della contribuzione figurativa utili ad evitare penalizzazioni per il lavoratore. Occorre inoltre modificare l’attuale disciplina relativa alle calamità limitandone l’applicazione ai lavoratori dipendenti dalle aziende agricole calamitate ed estendendole ai lavoratori delle aziende di prima lavorazione dei prodotti agricoli. Incentivi Le Parti propongono l’adozione delle seguenti misure incentivanti: − istituire forme di incentivazione per favorire l’emersione del lavoro dei pensionati; − semplificare le procedure per l’ottenimento delle autorizzazioni al lavoro dei cittadini

extracomunitari, a partire dall’adozione di un apposito regolamento di attuazione che snellisca le procedure di avviamento al lavoro. Lo studio proposto nel primo paragrafo, riferito al monitoraggio ed analisi del fenomeno, dovrà prevedere un’apposita sessione sulle tematiche in oggetto;

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− applicare anche all’agricoltura l’oscillazione della contribuzione antinfortunistica in relazione al numero degli infortuni verificatisi ed al grado di sicurezza delle aziende, in modo tale da premiare le aziende che, rispettando le norme in materia di sicurezza sul lavoro, riducano il rischio di infortunio;

− introdurre incentivi economici in favore delle imprese che incrementano il numero di giornate

denunciate per almeno un triennio; − prevedere adeguate misure incentivanti per le imprese con maggiore int ensità occupazionale e/o

operanti nei territori che non usufruiscono delle agevolazioni previste dalla legislazione vigente. Rispetto della legislazione del lavoro e dei contratti collettivi L’applicazione delle forme incentivanti previste nei paragrafi precedenti in favore delle imprese agricole deve essere subordinata al rispetto (sostanziale) da parte delle aziende della legislazione in materia di lavoro e previdenza e dei contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Vigilanza e controllo Le parti auspicano che, nell’ambito del riassetto della disciplina sulle attività ispettive in materia di previdenza sociale e lavoro, si realizzi il coordinamento nelle attività degli organi ispettivi al fine di un migliore e più razionale svolgimento dell’attività di vigilanza. Al fine di rendere più efficace l’azione di controllo le parti auspicano l’adozione di un codice unico per ogni singola azienda agricola che serva ad identificare l’impresa nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni per lo svolgimento delle registrazioni, gli adempimenti ed i controlli relativi alla stessa. Con specifico riferimento al fenomeno del lavoro fittizio le parti, al fine di agevolare l’azione di controllo da parte delle amministrazioni competenti individuano dei punti di criticità sui quali è opportuno un approfondimento straordinario per sconfiggere il fenomeno. Tali punti sono rappresentati dal grado di parentela col titolare dell’azienda agricola, dal numero delle giornate denunciate sostanzialmente corrispondenti alle soglie minime di accesso alle prestazioni, dalle ridotte dimensioni aziendali in termini di fabbisogno di manodopera. Le parti – al fine di rendere più efficace la lotta al sommerso in agricoltura, nonché di favorire la modernizzazione e l’integrazione del sistema previdenziale agricolo, salvaguardandone le specificità – auspicano che alla materia della previdenza ed assistenza in agricoltura gli Enti previdenziali ed assicurativi, ed in primo luogo l’INPS, garantiscano adeguata e specifica attenzione rafforzando, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e funzionale, il ruolo di coordinamento ai vari livelli, in ossequio a quanto previsto dall’articolo 19, legge 724/1994 e dall’articolo 9-sexies, legge 608/1996.

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L’introduzione delle misure incentivanti sopra specificate non comporterebbe oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, in quanto il minor introito contributivo e fiscale, nonché il miglioramento delle prestazioni per alcune categorie, sarebbe sicuramente compensato dall’ampliamento della platea dei contribuenti, dall’incremento del numero di giornate denunciate e dai risparmi conseguenti alla razionalizzazione del sistema di erogazione delle prestazioni. Il riordino della contribuzione figurativa dei lavoratori, inoltre, comporterebbe risparmi previdenziali crescenti nel tempo. CONFAGRICOLTURA ________________________ COLDIRETTI ________________________ CIA ________________________ FEDERALIMENTARE ________________________ FLAI – CGIL ________________________ FAI – CISL ________________________ UILA – UIL ________________________ CONFEDERDIA ________________________

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Gli Iceberg già pubblicati: 1/2004 REGOLAMENTAZIONE E PROBLEMATICHE APPLICATIVE DEL LAVORO ACCESSORIO IN ITALIA ALLA

LUCE DI ALCUNE ESPERIENZE STRANIERE di Matteo Borzaga

2/2004 INDAGINE ESPLORATIVA SULLA PRODUZIONE DI STATISTICHE DELL’ATTIVITÀ ISPETTIVA

di Stefania Bragato 3/2004 STATISTICHE SULLE VISITE ISPETTIVE. ANNI 2000 - 2003

di Stefania Bragato 4/2005 UN LINK TRA ARCHIVI NETLABOR E ARCHIVI INPS PER CONTROLLARE LE MISURE DI STOCK DEGLI

OCCUPATI EXTRACOMUNITARI IN VENETO di Leda Accosta, Bruno Anastasia, Maurizio Gambuzza, Danilo Maurizio, Marco Giovannini

5/2005 FORME ORGANIZZATIVE DELL’ATTIVITA’ PRODUTTIVA E LAVORO SOMMERSO

di Antonio Benaglio 6/2006 PRESTAZIONI PREVIDENZIALI E LAVORO IRREGOLARE: NOTE SUL CASO DELL’AGRICOLTURA