LaVoce del Santuario diSant’Antonio settembre... · Festa di Sant’Antonio “ 8 S. Chiara...

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Gemona del Friuli, Udine PERIODICO DEL PRIMO SANTUARIO ANTONIANO DEL MONDO del Sant’Antonio di Anno LXXXVI - N. 3 - 2012 - Trimestrale - Poste Italiane spa - Sped. in a.p. D.L. 353/2003, (conv. in L. 27.2.2004, n. 46) art. 1, comma 2 - NE/UD Contiene I.R. N.3 - 2012 Voce Santuario La

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Gemona del Friuli, Udine

periodico del primo santuario antoniano del mondo

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SOMMARIO

VIVE CON LE VOSTREOFFERTE

CCP N. 10542330 - Tel. 0432 981113

Lettera del Padre Rettore pag. 2Sant’Antonio di Padova 2 “ 4Conoscere Francesco “ 6Festa di Sant’Antonio “ 8S. Chiara d’Assisi 10Antico e moderno 12Cronaca del Santuario 14

““

In copertina:13 giugno - Processione per le vie di Gemona

Periodico del SantuarioANNO LXXXVI

Mensile - Trib. di Udine, 27.04.53 R.S. 16N. 3 - Luglio - Agosto - Settembre 201233013 Gemona del Friuli (UD) - Italia

Tel. 0432 98.11.13 - CCP [email protected]

RedazioneFr. Luigi Bettin, Fr. Emidio Papinutti,Fr. Oreste Marcato, Fr. Fabio Longo,

Fr. Lorenzo Assolani,Clarisse di Moggio Udinese

Direttore ResponsabileLuigi Secco

Stampa: Tipografia OGV - Palmanova

Associato all’USPIUnione StampaPeriodica Italiana

LETTERA DEL PADRE RETTORE

Gemona del Friuli, Udine

periodico del primo santuario antoniano del mondo

di

Anno

LXX

XVI

- N

. 3

- 20

12 -

Trim

estra

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Pos

te It

alia

ne s

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Spe

d. in

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3, (c

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2.20

04, n

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art.

1, c

omm

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ntie

ne I.

R.

SantuarioLa

Cari fratelli, amici,benefattori e devoti del Santo,il Signore vi dia pace!

Mentre sta arrivando questo nuovo numero del bollettino del nostro Santuario nelle vostre case, qua-

si ottocento persone della nostra Regione il Friuli Venezia Giulia, stanno andando ad Assisi in Pellegrinaggio per partecipare alla Festa del Patrono d’Italia, S. Francesco.

Ogni anno, secondo una veneranda tradizione, una delle Regioni d’Italia, a tur-no, offre l’olio per alimentare la lampada che brilla accanto alla tomba di S. France-sco d’Assisi.

Quest’anno la nostra Regione ha il pri-vilegio di rappresentare tutto il Paese nel rendere onore al suo Patrono. È un evento che vede coinvolte le nostre Diocesi, le Isti-tuzioni e le autorità civili.

Questo evento così importante, i no-stri Vescovi hanno voluto qualificarlo as-segnandoli un titolo: “Con Francesco, var-chiamo la porta della fede”.

Questo, tenendo conto degli importan-ti eventi che qualificheranno i prossimi mesi della vita della Chiesa.

Infatti, ci dicono i Vescovi, Benedetto XVI ha convocato per il prossimo mese di ottobre (7-23) il Sinodo dei Vescovi, per riflettere sul tema della “Nuova evange-lizzazione per la trasmissione della fede” invitandoci, inoltre a qualificare un intero anno, a partire dal 11 ottobre, come “anno della Fede”.

Per meglio prepararci, ci ha inviato una lettera intitolata: “la porta della fede” e in diverse circostanze ci ha indicato dove si trovi. La Fede ci ha detto il Papa, non consi-ste nell’adozione di un insieme di dottrine, nè tantomeno nell’adozione di un codice etico di comportamento, ma nell’incontro con il Signore Gesù, nella Chiesa, che deve

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LETTERA DEL PADRE RETTORE

“Desideriamo che questo Annosusciti in ogni credente

l’aspirazione a confessarela fede in pienezza e con

rinnovata convinzione, confiducia e speranza”.«Vorrei dire a tutti,

anche a chi è in un momentodi difficoltà nel suo cammino di fede,

a chi partecipa poco alla vita della Chiesa o a chi vive

“come se Dio non esistesse”,di non avere paura della Verità,

di non interrompere maiil cammino verso di essa,

di non cessare mai di ricercarela verità profonda su se stessi

e sulle cose con l’occhiointeriore del cuore».

Benedictum PP XVI

maturare in un rapporto stabile e profon-do, mediante il quale Egli può trasfor-marci e comunicarci una nuova vita.

S. Francesco ne è un esempio lumino-sissimo. La sua conversione e tutto il suo cammino verso la santità, non hanno altra spiegazione se non nell’incontro e nella re-lazione colma d’amore con Gesù, il Signo-re, mediante la lettura “semplice” del Van-gelo, sino al punto da diventare simile a Lui anche nel corpo, segnato dalle stimmate.

Molto preziosa, credo sia la luce che da S. Francesco può attingere l’intera so-cietà in questi anni difficili, non privi di ri-schi, che richiedono un serio ripensamento e profonde trasformazioni. Ormai è chiaro a tutti che la crisi dapprima monetaria, poi economica e ora anche sociale, nella quale siamo coinvolti, ha le sue radici in un pe-ricoloso decadimento etico, che rivela una grave carenza di valori nella nostra cultura.

Il poverello di Assisi, con il suo insegna-mento e il suo esempio, può indicare le vie di un risanamento spirituale che, solo, può aiutarci a camminare nella speranza verso un futuro più umano.

Egli, ci dicono i nostri Vescovi, ci può aiutare a vedere i pericoli di una avidità di possesso a scapito dei più poveri e abbiet-ti…. Ci aiuta a considerare la natura che sta attorno a noi come un insieme di creature a cui dobbiamo guardare con rispetto, umil-tà e gratitudine. Ci insegna le vie della non violenza e del dialogo fiducioso.

Ci indica, infine, le vie della limpidezza, della sincerità, della generosità, della frater-nità universale.

In comunione con questi nostri fratelli, con i Pastori delle nostre quattro diocesi in pellegrinaggio verso Assisi, viviamo questa festa per attingere anche noi dal Signore, attraverso colui che ne è la sua immagine più perfetta, tanta pace e tanta gioia per la vita di ogni giorno.

fr. Luigi Bettin

Anno della Fede2012-2013

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DALLE CATECHESI DI BENEDETTO XVI

getto privilegiato della predicazione di sant’Antonio. Egli conosce bene i difetti della natura umana, la nostra tendenza a cadere nel peccato, per cui esorta con-tinuamente a combattere l’inclinazione all’avidità, all’orgoglio, all’impurità, e a praticare invece le virtù della povertà e della generosità, dell’umiltà e dell’obbe-dienza, della castità e della purezza. Agli inizi del XIII secolo, nel contesto della rinascita delle città e del fiorire del com-mercio, cresceva il numero di persone in-sensibili alle necessità dei poveri. Per tale motivo, Antonio più volte invita i fedeli a pensare alla vera ricchezza, quella del cuore, che rendendo buoni e misericor-

diosi, fa accu-mulare tesori per il Cielo. “O ricchi – così egli esorta – fatevi amici… i poveri, accoglieteli nel-le vostre case: sa ranno po i essi, i poveri, ad accogliervi ne-gli eterni taber-nacoli, dove c’è la bellezza della pace, la fiducia della sicurez-za, e l’opulenta quiete dell’e-terna sazietà” (Ibid., p. 29).

Nello scorso articolo, seguen-do Papa Benedetto, avevamo visto Antonio come Maestro

di Preghiera, la quale si realizza in un “aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio, colloquiare affettuosamente con Lui, presentargli i nostri bisogni e, infine, lodarlo e ringraziarlo”.

In questo insegnamento cogliamo uno dei tratti specifici della teologia francescana, di cui egli è stato l’iniziato-re, cioè il ruolo assegnato all’amore di-vino, che entra nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore, e che è anche la sorgente da cui sgorga una conoscenza spirituale, che sorpassa ogni conoscenza. Infatti, amando, conosciamo.

Scrive anco-ra Antonio: “La carità è l’ani-ma della fede, la rende viva; senza l’amore, la fede muo-re” (Sermones Dominicales et Festivi II, Mes-saggero, Pado-va 1979, p. 37).Soltanto un’a-nima che prega può compiere progressi nella vita spirituale: è questo l’og-

ant’Antonio di Padova 2S

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tà della persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovare nel Crocifisso e nella sua immagine un significato che arricchisce la vita. Scrive sant’Antonio: “Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio. Lì po-trai conoscere quanto mortali furono le tue ferite, che nessuna medicina avrebbe potuto sanare, se non quella del sangue del Figlio di Dio. Se guarderai bene, po-trai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità umana e il tuo valore… In nessun altro luogo l’uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce” (Sermones Dominicales et Festivi III, pp. 213-214).

“Meditando queste parole – afferma il Sommo Pontefice - possiamo capire meglio l’importanza dell’immagine del Crocifisso per la nostra cultura, per il no-stro umanesimo nato dalla fede cristiana. Proprio guardando il Crocifisso vediamo, come dice sant’Antonio, quanto grande è la dignità umana e il valore dell’uomo. In nessun altro punto si può capire quan-to valga l’uomo, proprio perché Dio ci rende così importanti, ci vede così impor-tanti, da essere, per Lui, degni della sua sofferenza; così tutta la dignità umana appare nello specchio del Crocifisso e lo sguardo verso di Lui è sempre fonte del riconoscimento della dignità umana”.

Antonio morì alle porte della Città di Padova, il 13 giugno 1231. Padova, che lo aveva accolto con affetto e venerazio-ne in vita, gli tributò per sempre onore e devozione. Lo stesso Papa Gregorio IX, che dopo averlo ascoltato predicare lo aveva definito “Arca del Testamento”, lo canonizzò solo un anno dopo la morte nel 1232.

“Non è forse questo - afferma il Papa - un insegnamento molto impor-tante anche oggi, quando la crisi e i gra-vi squilibri economici impoveriscono non poche persone, e creano condizioni di miseria?”.

È significativo che fu proprio grazie alla predicazione di Antonio che fu mo-dificata, a Padova la legge sui debiti: il podestà stabilì che il debitore insolvente senza colpa non venisse più imprigionato né esiliato. Oggi potremmo dire con le parole del Papa: “L’economia ha biso-gno dell’etica per il suo corretto funzio-namento, non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona” (Caritas in Veritate n. 45).

Antonio mirava, nei suoi sermoni, a presentare in modo efficace l’eterna bel-lezza di Cristo, “Se predichi Gesù, egli scioglie i cuori duri; se lo invochi, addol-cisce le amare tentazioni; se lo pensi, ti illumina il cuore; se lo leggi, egli ti sazia la mente” (Sermones Dominicales et Fe-stivi III, p. 59).

Egli, alla scuola di Francesco, mette sempre Cristo al centro della vita e del pensiero, dell’azione e della predicazio-ne. È questo un altro tratto tipico della teologia francescana: il cristocentrismo. Volentieri essa contempla, e invita a contemplare, i misteri dell’umanità del Signore, l’uomo Gesù, in modo partico-lare, il mistero della Natività, Dio che si è fatto Bambino, si è dato nelle nostre mani: un mistero che suscita sentimenti di amore e di gratitudine verso la bontà divina.

Da una parte la Natività, un punto centrale dell’amore di Cristo per l’uma-nità, ma anche la visione del Crocifisso ispira ad Antonio pensieri di ricono-scenza verso Dio e di stima per la digni-

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DALLE CATECHESI DI BENEDETTO XVI

ant’Antonio di Padova 2

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CONOSCERE I SANTI

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Francesco con i suoi compagni si era trasferito a Santa Maria degli Angeli. Dopo pochi anni il numero dei fra-

ti era arrivato a 300, dopo cinque anni a 5.000 e questo portò l’assisiate a celebrare a Pentecoste e nella festa di S. Michele un ritrovo di tutti i frati, soprannominato Capi-tolo delle stuoie (perché le cellette venivano costruite con questo materiale, cfr FF 1564) per rivolgere ai frati ammonizioni, riprensio-ni e direttive che gli sembravano conformi al volere di Dio. Anzitutto parlava dell’os-servanza del Vangelo e della Regola, poi dell’obbedienza alle leggi della Chiesa, ai prelati e sacerdoti, dell’attenzione ai pove-ri. Invitava ad essere riverenti e devoti ver-so l’ufficio divino, all’ascolto della Messa, alla devozione del Corpo del Signore (Cfr FF 1466-1468). Anche oggi nel nostro tempo viziato dall’assenza di norme e di vincoli, dalle molteplici possibilità di espe-rienze e “convivenze” è facile dimenticare i valori del nostro stare insieme. Ripensare agli impegni assunti ti porta ad uno sguardo più attento alla quotidianità della vita e a ricordarti che il Signore non si aspetta da te “scalate spirituali” ma atteggiamenti vissuti con amore frutto di una responsabilità con-divisa. Francesco sottolinea molto l’obbe-dienza alla Chiesa e ai sacerdoti, tanto che a quest’ultimi voleva si baciassero le mani e, se fossero stati a cavallo, gli zoccoli dell’ani-male. Inoltre egli manifestava fiducia anche nei confronti di sacerdoti dalla vita morale dubbia. La sua esperienza lo portava, più che ad insistere in una critica verso di loro,

a credere nel dono del pentimento suscitato da un gesto di attenzione e tenerezza fatto con il cuore e donato oltre i meriti dei sin-goli. Anche questo atteggiamento di “mi-norità” era un valore con cui confrontarsi. Egli insisteva inoltre affinché: “I fratelli non giudicassero nessuno, e non guardassero con disprezzo quelli che vivono nel lusso e vestono con ricercatezza esagerata e fasto, poiché Dio è il Signore nostro e loro e ha il potere di chiamarli, e dopo averli chiamati di renderli giusti (cfr Rom 8,30). Prescrive-va anzi che riverissero costoro come fratelli e padroni. Tale doveva essere il comporta-mento dei frati in mezzo alla gente affinché chiunque li ascoltasse e li vedesse, glorifi-casse il Padre celeste e lo lodasse devota-mente (cfr FF 1469). Quando la parola è usata per denigrare più che per costruire, per giudicare più che per valorizzare, rischi di costruire la tua vita in una ricerca di ap-parenza, di superficialità, che ti porta ad un uso smodato di beni o alla ricerca del con-trollo sull’altro. Con questi mezzi cerchi di garantirti una incolumità personale davanti a Dio e ai fratelli che ti fa sentire grande, importante e perfetto. Francesco ti invita invece a coltivare un rapporto di fraternità per riconoscere la comune piccolezza (mi-norità), la tua fragile umanità come vincolo che ti unisce, ti lega e ti accomuna in un’e-guaglianza più profonda di tutte le possi-bili differenze temute. È possibile scoprire questa grandezza quando il tuo sguardo si sposta sulla presenza del Signore. Fran-cesco ricorda, infatti, che l’incontro con il

C IL CAPITOLO DELLE STUOIEonoscere Francesco

XVIIa Puntata

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CONOSCERE I SANTI

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“fratello” nasce dal presupposto che ogni frate abbia ricevuto in dono una “voce” del Signore alla quale ciascuno è chiamato a dare testimonianza con le “parole e con le opere per far conoscere a tutti che non c’è nessuno onnipotente eccetto Lui” (cfr FF 216). Francesco, nel Capitolo delle Stuo-ie, sottolinea anche alcuni atteggiamenti di fondo per essere evangelizzatori. Uno è quello della mitezza: “Non provocate nes-suno all’ira o allo scandalo, ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla concordia della vostra mitezza” (cfr FF 1469). Mitez-za, bontà, concordia sono gli atteggiamenti di chi non fa nulla per forza, per costrizione, ma fa tutto nella pace, con gioia e dolcezza perché in ascolto della propria interiorità. La pace è il dono della presenza del Risorto in questo luogo profondo che unifica, lenisce, libera dalla tensione presente nel nostro fare e avvicina gli altri invece di respinger-li. Il desiderio di perfezione, al contrario, fa della vita una corsa frenetica senza direzio-ne, dove prima o poi si finisce con il cadere negli stessi errori del passato. Un altro at-teggiamento sottolineato è quello dell’em-patia: “Parlava con essi immedesimandosi nella loro situazione, non come un giudice, bensì come un padre comprensivo verso i suoi figli, e come un medico compassione-vole verso gli ammalati, capace di essere infermo con gli infermi, afflitto con gli af-flitti. Tuttavia riprendeva a dovere quelli che commettevano delle infrazioni e infliggeva le meritate punizioni ai recidivi e ai riottosi” (cfr FF 1470). L’empatia è la capacita di ca-larsi nei panni dell’altro, di immedesimarsi nel suo mondo senza tuttavia confonder-si con esso. Questo porta a sospendere il nostro giudizio sull’idea che ci siamo fatti della persona, a percepire la sua reale dif-ficoltà, ad andargli incontro lì dove si trova per donargli ciò di cui necessita veramente.

È da questo presupposto che Francesco ri-chiama, ammonisce, punisce... ricorda cioè come ciascuno è responsabile delle proprie azioni ed è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità pagando di persona. D’altro canto i gesti di misericordia acquistano il loro valore solo se sono supportati da gesti di verità e giustizia che ne fanno risplendere il loro contenuto. Il Capitolo pertanto aiu-tava a consolidare questi valori che se non attualizzati, condivisi, e annunciati sarebbe-ro stati facilmente disattesi.

ALCUNE DOMANDE PER TE: Ti con-fronti con la tua famiglia su un progetto di vita? Le responsabilità che ti sei assunto o hai demandato sono state condivise prima con il gruppo? Sai essere misericordioso e giusto nei confronti degli altri?

Fra Lorenzo A.

XVIIa Puntata

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Festa di Sant’Antonio 13 giugno 2012

settembre 2012

Anche quest’anno si è svolta la festa del nostro Patrono con solennità e tanta partecipazione dei fedeli di Gemona e di tutto il Friuli. La solennità è stata preparata dal Triduo predicato da Fr. Fabio Spiller. La giornata ha avuto il seguente programma: la S. Messa delle 7.30 con la benedizione del pane, la S. Messa delle 9.30 con la partecipazione della Parrocchia di Gemona e la S. Messa delle ore 11.00, presieduta dal Ministro Provinciale dei Frati Minori Fr. Antonio Scabio, animata dal Coro della Parrocchia di Gemona. Alle ore 16.00 ci fu la Benedizione dei bambini con le famiglie; alle ore 17.00, al canto del Vespro.

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Festa di Sant’Antonio 13 giugno 2012

settembre 2012

Anche quest’anno si è svolta la festa del nostro Patrono con solennità e tanta partecipazione dei fedeli di Gemona e di tutto il Friuli. La solennità è stata preparata dal Triduo predicato da Fr. Fabio Spiller. La giornata ha avuto il seguente programma: la S. Messa delle 7.30 con la benedizione del pane, la S. Messa delle 9.30 con la partecipazione della Parrocchia di Gemona e la S. Messa delle ore 11.00, presieduta dal Ministro Provinciale dei Frati Minori Fr. Antonio Scabio, animata dal Coro della Parrocchia di Gemona. Alle ore 16.00 ci fu la Benedizione dei bambini con le famiglie; alle ore 17.00, al canto del Vespro.

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settembre 201210

Con la cele-brazione del-la solennità

di S. Chiara, presie-duta dall’Arcivesco-vo di Udine, mons. Andrea Bruno Maz-zocato, abbiamo concluso anche noi a Moggio l’ottavo centenario dagli ini-zi dell’ordine delle Clarisse.

Ora ci apprestia-mo a chiudere il 25° anniversario dalla apertura del Monastero S. Maria degli Angeli. Fondato dal Monastero di S. Chira di Venezia, da cui provangono le prime monache (20 giugno 1985), è stato ufficialmente aperto con la erezione canoni-ca l’8 dicembre 1987. È una data importante anche perché segna un nuovo inizio, dopo tanto tempo, della vita clariana in Friuli.

Il Friuli è stato in passato molto ricco di monasteri di vita contemplativa, femminile e maschile. I monasteri hanno sempre co-stituito un richiamo ai valori dello Spirito, in mezzo alla storia tumultuosa di queste con-trade.

L’ordine contemplativo fondato da S. Chiara, con S.Francesco, nel 1212, si è pre-sto diramato da Assisi in tutta l’Italia e fuori i confini dell’Italia.

Nel 1217-19 sono già 9 i monasteri cla-riani riconosciuti: Assisi, Spello, Foligno, Pe-rugia, Firenze, Arezzo, Siena, Lucca, Torto-na. Alla morte della Santa (1253) vi sono in Italia già 115 monasteri e, fuori d’Italia, 50. Nelle tre Venezie troviamo: a Verona, il mo-

nastero di “S. Maria in Campo Marzio”, già esistente nel 1224 (vivente S. Francesco +1226). A Trento vi è un mo-nastero fondato pri-ma del 1228 (da cui partiranno alcune clarisse per la fon-dazione di Praga). A Padova, il Mona-stero “S. Maria della Cella”, o “Arcella” del quale si hanno

documenti certi solo dal 1231, quando è nominato dalla “Leggenda” di S. Antonio di Padova (+1231).

Si ha notizie di un monastero di Claris-se anche a Treviso nel 1233, e a Vicenza (detto S. Maria della Cella o Aracoeli) nel 1244, mentre a Venezia un primo nucleo di Clarisse si costituì già nel 1234. Nella città vi fu una fioritura monasteri. Questo fervore di vita proseguì fino all’inizio dell’ottocento, quando, sotto il governo napoleonico, an-che i monasteri veneziani furono soppressi.

In Venezia il monastero di S. Croce fu demolito per far posto al giardino Papa-dopoli. Il monastero di S. Chiara, nell’isola omonima, fu trasformato in caserma, poi in ospedale militare e attualmente in caserma di Polizia. Quello di S. Maria dei Miracoli fu adattato ad abitazioni private.

Fu durante la soppressione napoleoni-ca che una Clarissa, costretta ad uscire dal soppresso monastero veneziano di S. Croce, nel 1806, sotto la guida prudente di un sa-cerdote, aprì con alcune giovani un mona-

S. Chiara d’AssisiIL MONASTERO DI S. MARIA DEGLI ANGELI DI MOGGIO

25 ANNI DI VITA CLARIANA

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stero che resistette ai provvedimenti perché si presentò come educandato di bambine. È il monastero di S. Chiara-Piazzale Roma, dal quale nel 1985 partrirono, dirette a Moggio, tre Clarisse.

Così si riallaccia la tradizione dei mo-nasteri di S. Chiara in Friuli, dove, già nel sec. XIII° a Gemona del Friuli, un gruppo di monache (sembra benedettine) era passa-to alla Regola di S: Chiara dando origine al monastero detto “della Cella”. Nel 1283 le monache di Gemona sono chiamate “Soro-res Cellae Sanctae Clarae” e, sin dal 1277, erano sottoposte al convento di S. Antonio di Gemona, retto dai Frati minori.

Nel 1806, per decreto napoleonico, ven-nero unite al monastero clarisse di Gemo-na anche le Clarisse di Venzone. Nel 1810 il monastero gemonese veniva soppresso dagli ordinamenti napoleonici e adibito a filandia.

Un’altra fondazione importante in Friuli è quella del monastero clariano di Cividale che nel 1284 aveva la Chiesa ed era sotto la Regola di S. Chiara.

Nel 1294 (esattamente cento anni dopo la nascita di S. Chiara) il Patriarca Raimondo della Torre favorì la erezione in Udine di un monastero di Clarisse presso la porta detta di Gemona, su un fondo donato dal nobi-luomo udinese Uccelluto de’uccellis. Il primo nucleo di monache proveniva dai monasteri di Gemona e Cividale. Questo non era l’uni-co monastero monastero clariano di Udine.

Tutti questi monasteri di S. Chiara in Friuli hanno subìto le vicende della storia, con le soppressioni del 1803 e del 1866. Questo non era l’unico monastero di claris-se in Udine.

Tutti questi monasteri di S. Chiara in Friuli hanno subito le vicende della storia, con le soppressioni del 1800 e del 1866. Oggi non esistono più.

Quest’anno 2012: l’8 dicembre, il mo-nastero di S. Maria degli Angeli di Moggio compirà 25 anni di vita: è un monastero ancora giovane!

Come sempre, ma ancor più oggi, i monasteri suscitano molte domande: come comprendere la vita monastica? Molti si chiedono perché si debba rimanere rinchiusi in una clausura.

È “utile” la vita delle monache? Ma un monastero di S. Chiara non può essere all’insegna della produttività, come viene intesa socialmente. I monasteri hanno un altro ruolo da vivere.

Questa umanità che ci circonda va cer-cando nei monasteri soprattutto quella pace e armonia interiore che viene trasmessa dalla preghiera, dalla contemplazione: “le monache offrono alla comunità cristiana e al mondo d’oggi, bisognoso più che mai di autentici valori spirituali, un silenzioso an-nuncio e un’umile testimonianza del miste-ro di Dio1.

Quest’anno della fede, che si aprirà l’11 ottobre, più che mai ci interpellerà come monache cristiane. Essere monache cristia-ne è un fatto che non appartiene solo a noi: “…La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui. E questo “stare con Lui” introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede”2.

Quale il motivo, la ragion d’esere di un monastero?

I monasteri sono luoghi creati perché coloro che vi abitano “gridino” a tutti che Cristo è l’unico per cui valga la pena di vive-re, per cui valga la pena che questo mondo esista e che questa storia umana giunga al suo compimento.

Il monastero di S. Maria degli Angeli di Moggio, un piccolo tassello tra i monaste-ri clariani, vuole continuare la sua missione nella Chiesa friulana perché è con la preghie-ra che si costruisce - o ri-costruisce - il tessu-to della fede, nella Chiesa e nel mondo.

25 ANNI DI VITA CLARIANA

1 Cfr. “Verbi Sponsa” n. 7 Istruzione sulla vita contempla-tiva e la clausura delle monache, 1999.

2 Motu proprio “Porta Fidei” n 10, di Papa Benedetti XVI-II.10.2011.

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La voce deL Santuario di Sant’antonio

settembre 201212

Antico e ModernoDell’originale cappella, danneggiata

dal terremoto, si sono salvate solamente poche parti, sufficienti però per apprez-zarne l’originale bellezza, in particolare la mensa dell’altare e gli affreschi del soffitto.

Dopo il terremoto è stata rinvenuta la tomba del Widmar, che si riteneva perduta, ed è visibile sul pavimento all’entrata della cappella.

La cappella che si trova a destra di chi entra in Santuario è dedicata alla Madonna del Rosario. Per il suo ec-

cezionale valore storico e artistico è stata dichiarata monumento nazionale. Risale al 1682 ed è opera dell’artista svizzero Mel-chior Widmar. Era di vaste proporzioni. Alle pareti laterali della cappella erano esposte le due grandi tele che ora sono appese alla parete interna della facciata: l’Adorazione dei Magi e la Circoncisione di Gesù.

storia del santuario

Altare del Rosario (prima del terremoto).

L’Adorazione dei Magi di Widmar. Circoncisione di Gesù di Widmar.

Catino absidale del Widmar.

La Cappella del Rosario

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La voce deL Santuario di Sant’antonio

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Santo in un processo intentato contro di lui. Al centro esisteva un altare barocco, su cui campeggiava un’immagine dell’Imma-colata su tela. Vi si entrava per una porta stretta aperta a fianco del presbiterio.

Con il terremoto la cappellina venne seriamente danneggiata ma, nei lavori di ricostruzione, sono ritornate alla luce le tre pareti originali e l’importante affresco trecentesco che si può leggere sulla parete di fondo a destra. “Sia noto a ciaschedu-na persona chomo Miser Scto Antonio de Padua fece hedificar questa cappella…”. L’immagine di Sant’Antonio che si venera in questo luogo, è la stessa che si venerava nella cappella a lui dedicata nel precedente Santuario. Porta i segni del terremoto.

Davanti a questa immagine di Sant’An-tonio, sempre ornata di fiori e illuminata da ceri, sostano in preghiera i fedeli, sicuri che, per l’intercessione del Santo dei mira-coli, “giovani e vecchi riceveranno aiuto e conforto”.

Emidio Papinutti

Chi entra per la prima volta in San-tuario rimane sorpreso nel vedere, alla destra del presbiterio, tre muri diroccati. Questi tre muri sono di somma impor-tanza storica, perché ricordano il passag-gio di Sant’Antonio per Gemona. Questi sono i resti della chiesetta fatta costruire da Sant’Antonio durante il suo soggiorno a Gemona (1227ca): pochi metri quadrati di superficie, piuttosto bassa, con soffitto a volta, con la caratteristica finestrella ad in-ferriata al fondo. Nel 1795 l’antica cappella era stata riformata e dipinta da Giuseppe Girolamo Fantoni, che sulle pareti laterali vi descrisse i miracoli delle due risurrezio-ni operate dal Santo. Rimaneggiata nella generale riforma del Santuario, nel 1877 i pittori Giuseppe Rossi e Antonio Bianchi la decorarono di nuovo e ridipinsero a fresco l’episodio dei due miracoli: la risurrezione del figlio del contadino beffardo di Gemo-na e la risurrezione di un nobile di Lisbona che testimonia l’innocenza del padre del

La Cappella delle Grazie

storia del santuario

Cappella della Vergine Maria delle Grazie.

Interno del Santuario.

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Cronaca del Santuario

La voce deL Santuario di Sant’antonio

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VITA NOSTRA

Gruppo di MILANO in visita al Santuario

I due gemellini GABRIELE e MICHELE COLLAVIZZA nati l’8.02.11affidati a Sant’Antonio dai genitori nel giorno del loro battesimo 18.09.11

I genitori affidano a Sant’Antonio la figlia ANNA NORMA MARIA

CAPUANO nata il 16.02.12

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Cronaca del Santuario

La voce deL Santuario di Sant’antonio

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VITA NOSTRA

Gruppo di volontari del Santuario in pellegrinaggio alla grotta di Lourdes a CHIAMPO

La zia Mariagrazia affida a Sant’Antonioil nipotino GABRIELE SIEGA nato il 26.01.12

TOMMASINOMARDERO

è TORNATOALLA CASA

DEL PADRE...

Mamma Maria,familiari e amici

lo ricordanocon affetto

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ore 7.30 - 9.30 - 11.00 - 17.00 (solare) - 18.00 (legale)

CANTO DEL VESPROore 16.00 (solare) - 17.00 (legale)

Feriale SS. Messe 8.00 e 9.007.40 lodi mattutine e 18.30 vespro

Santuario di Sant’Antonio